XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 193
Onorevoli Colleghi! - La nascita e il parto sono eventi
strettamente legati alla cultura e definiti dalla società in
cui si realizzano e, in quanto esperienza centrale della vita,
ne esprimono pienamente i valori. Le modalità e i rituali di
assistenza alla gravidanza e al parto rispecchiano in
particolar modo la posizione e il ruolo che sono attribuiti
alla donna nella società. Essendo cambiata profondamente la
donna, il suo ruolo sociale, e quindi la famiglia, la coppia,
la maternità e la paternità, devono cambiare necessariamente
le modalità del parto e della nascita.
La progressiva medicalizzazione ed ospedalizzazione
avvenuta negli ultimi cinquanta anni, giustificata
inizialmente dalle precarie condizioni socio-economiche ed
igieniche, applicata in seguito indiscriminatamente a tutte le
donne, ha modificato significativamente l'esperienza fisica ed
emozionale del parto, relegando la donna ad un ruolo passivo,
chiedendone la delega al tecnico, vero protagonista della
scena del parto, e riducendo il parto ad un evento meccanico,
svuotandolo dei suoi aspetti emotivi, affettivi, sessuali e
sociali, togliendo così alla partoriente e al neonato il
diritto al rispetto dei loro bisogni fondamentali.
L'attuale modello culturale basato sull'efficientismo,
sulla promessa di garanzia della tecnologia, sul benessere
materiale, razionalizzando e controllando tutta la parte
emotiva ed irrazionale della vita, da tempo è in crisi e non
soddisfa più un numero crescente di persone; si fanno sempre
più forti le voci che chiedono una migliore qualità di vita,
che desiderano riempire i vuoti che si sono creati.
Nell'ambito della nascita già da tempo c'è uno sviluppo verso
"l'umanizzazione" del parto; consistenti settori di donne e di
operatori dei servizi materno-infantili chiedono di dare alla
maternità e alla paternità caratteristiche qualitative tali da
poterle vivere come scelta consapevole, da protagonisti, e
nell'ambito delle proprie convinzioni personali.
Se si vuole tenere conto di questi profondi mutamenti
culturali in atto, ciò significa attuare una revisione critica
delle procedure mediche comunemente accettate, limitandone
l'uso ai pochi casi di reali necessità; accettare che la
gravidanza e il parto non sono un evento medico bensì un
evento biosociale; creare nuovi luoghi del parto che tengano
conto di quanto esposto e che non abbiano le caratteristiche
di una struttura rigida, governata da regole prefissate,
scandita da tempi e procedure standardizzate e protocollabili,
che annullano i bisogni del singolo in nome delle esigenze
organizzative dell'istituzione; riqualificare gli operatori
materno-infantili nel senso di una scienza ostetrica diversa,
rispettosa degli aspetti emozionali e sociali dell'evento
nascita, e capace di mettersi in discussione.
Le esperienze sviluppate in altre nazioni prima, in Italia
poi, l'osservazione diretta dei travagli di parto di donne in
situazioni di non interferenza medica, nei parti a domicilio e
in piccoli ospedali "umanizzati" consentono di comprendere
quanto la nascita, intesa come evento culturale e sessuale,
sia lontana da schemi rigidi, da regole prefissate, e quanto
sia invece carica di potenzialità espressive sempre nuove e
sempre diverse.
I reparti ospedalieri invece, attualmente, sono dei luoghi
di negazione con rituali e regole che sottolineano la
negazione alla donna, ma anche agli uomini e ai bambini, della
loro identità, della loro competenza, della loro sessualità,
dei loro bisogni individuali, della loro necessità di rimanere
insieme dopo un'esperienza così profonda come la nascita del
loro bambino.
Mentre molte associazioni culturali, movimenti di
opinione, gruppi di volontari, cooperative di donne, e qualche
singolo istituto pubblico da anni lavorano nella direzione
dell'umanizzazione della nascita, offrendo anche un servizio
di assistenza al parto a domicilio con nuovi criteri
d'intervento, promuovendo una nuova scienza ostetrica per una
nuova cultura della nascita, l'attuale politica sanitaria
italiana si muove nella direzione opposta, chiudendo i piccoli
reparti di maternità che permetterebbero un'organizzazione
meno rigida, centralizzando le nascite sempre di più nei
grandi centri ospedalieri, con un conseguente aumento della
medicalizzazione del parto e dei disagi per la donna e la sua
famiglia.
Tale orientamento è contrario ai bisogni emergenti e anche
allo spirito della stessa riforma sanitaria. In Italia è
mancata per anni una moderna programmazione dell'assistenza
ostetrica, che tenesse conto dei dati scientifici acquisiti,
che analizzasse diverse competenze professionali e il loro
impiego migliore al fine di un'assistenza ottimale e
continuativa alla donna nella sua maternità, e al fine di una
diminuzione della mortalità perinatale attraverso interventi
di prevenzione, consistenti in una buona assistenza ostetrica
di base che restituisse competenza e fiducia alla donna
stessa, e in una collaborazione ed integrazione delle
competenze degli operatori di base e degli specialisti.
Solo nell'ultimo decennio, grazie ad un diffuso interesse
ed al coinvolgimento dei soggetti direttamente interessati ed
operanti nel settore, le cure perinatali ospedaliere sono
state classificate in tre livelli (I, II e III), individuando
le competenze necessarie per un'adeguata assistenza alla
gravida, al feto e al neonato in funzione dei livelli di
rischio perinatale.
Si definiscono "unita' perinatali funzionali di I livello
(cure minime)" le unità che, in assenza di patologie
accertate, controllano la gravidanza a basso rischio,
garantendo il diritto della madre di vivere il parto come
evento naturale con adeguati livelli di sorveglianza della
progressione del travaglio-parto e del benessere fetale e
neonatale, mediate utilizzo di strumenti idonei.
Si definiscono "unità funzionali perinatali di II livello
(cure medie)" le unità che assistono gravidanze e parti a
rischio e i relativi nati con patologia che non richiedano
ricovero presso il III livello di cura. La "sala travaglio e
parto" è considerata luogo di assistenza intensiva.
Si definiscono "unità funzionali perinatali di III livello
(cure intensive)" le unità che assistono gravidanze e parti a
rischio elevato e i nati patologici, ivi inclusi quelli
bisognosi di terapia intensiva.
I requisiti e gli standard minimi assistenziali per
le unità operative di ostetricia e neonatologia di I, II e III
livello sono stati definiti dal decreto del Presidente della
Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio
1997 e dal Piano sanitario nazionale 1998-2000, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 1998. L'Organizzazione
mondiale della sanità (OMS) approvava nel 1985 le
raccomandazioni "Tecnologia appropriata per la nascita",
proponendo migliori livelli di assistenza e demedicalizzazione
del parto fisiologico.
Le raccomandazioni dell'OMS si basano sul principio che
ogni donna ha il diritto di ricevere un'assistenza prenatale
appropriata e che i fattori sociali, emotivi e psicologici
sono estremamente importanti per un'assistenza adeguata.
L'alto livello tecnologico raggiunto e, per contro, la
richiesta crescente di umanizzazione della nascita, hanno
portato alla necessità di una legislazione nel campo ostetrico
che renda possibile il confluire di queste due esigenze:
umanizzazione e sicurezza. Esigenza che ha trovato, in
particolare, attuazione normativa soprattutto al livello degli
enti locali. Infatti già molte regioni hanno predisposto leggi
regionali in materia che spesso, però, restano una carta di
buoni propositi non attuati. La presente proposta di legge,
relativa ai diritti della partoriente e del bambino
ospedalizzato, si propone di armonizzare i princìpi ispiratori
delle leggi regionali in un quadro omogeneo e,
contemporaneamente, di favorirne l'applicazione nelle realtà
in cui esse esistono, oltre che di stimolare gli interventi
nelle realtà in cui non sono ancora stati stabiliti.
La presente proposta di legge si ispira ai princìpi
stabiliti dalla citata raccomandazione dell'OMS in materia di
uso appropriato della tecnologia in ostetricia di
organizzazione sanitaria e di aggiornamento del personale, che
possono fornire un modello valido e ai quali la presente
proposta di legge fa riferimento, ponendosi in primo luogo
l'obiettivo di soddisfare al massimo livello i bisogni di
benessere psicofisico della donna e del neonato durante la
gravidanza e il parto-nascita, favorendo la libertà di scelta
da parte della donna circa i luoghi dove partorire, creando
nuovi spazi per il parto, e circa le modalità con cui tale
evento debba svolgersi.
Inoltre intende promuovere la conoscenza e la diffusione
di una nuova cultura della nascita e delle conseguenti
pratiche ostetriche, rispettose di ciascun nuovo nato e del
suo divenire persona e di ciascuna donna nel suo divenire
madre. Si vogliono rendere concrete e accessibili a tutti
scelte e modalità pratiche che oggi sono frutto solo di
impegno personale e volontario di alcuni operatori del
settore, promuovendo un'ostetricia che opera con "coscienza ed
intelletto d'amore" (M. Montessori).
Con la proposta di legge s'intende garantire la fruizione
di corsi di preparazione al parto e alla maternità intesi come
scambio di esperienze fra donne, conoscenza e analisi critica
delle tecniche in uso e informazione sui possibili luoghi del
parto, tutto questo allo scopo di favorire la consapevolezza e
la gestione attiva dell'evento nascita da parte della donna e
della coppia.
S'intende rendere possibile alla donna la libertà di
scelta circa i luoghi dove il parto debba svolgersi, tutelando
sempre e comunque il suo diritto al rispetto della propria
persona, dei ritmi spontanei suoi e del suo bambino, della
loro individualità e centralità. Al fine di garantire la
suddetta libertà di scelta, e di superare gradualmente
l'ospedalizzazione generalizzata e i disagi creati dalla
centralizzazione dei parti nei grandi centri ospedalieri, con
la proposta di legge si aprono nuovi spazi, istituendo dei
servizi che sono in grado di rispondere ai bisogni emergenti
degli operatori e delle donne, e di esprimere i nuovi valori
culturali che chiedono una migliore qualità dell'esperienza
unita ad una migliore qualità dell'assistenza.
I nuovi servizi sono:
il parto a domicilio, garantito da équipe
itineranti di ostetriche che operano secondo le loro mansioni
(articolo 14) ed hanno una formazione pluridisciplinare per
affrontare le vaste tematiche legate al mettere al mondo un
figlio;
le case di maternità, che sono strutture per il parto di
piccole dimensioni, staccate dall'ospedale fisicamente ed
amministrativamente, gestite da ostetriche, che ospitano la
partoriente e le persone da lei scelte per vivere l'evento
della nascita in ambienti conviviali. Non vi sono previste né
sala parto né nursery.
Tali servizi sono previsti per le donne con gravidanza a
basso rischio, il cui parto si presenti nei limiti della
fisiologia (85 per cento delle primipare, 95 per cento delle
secondipare), che vogliono vivere il parto con i propri ritmi,
senza interferenze esterne e senza medicalizzazione, che
desiderano i vantaggi di un ambiente familiare o domestico,
che desiderano accogliere e tenere con sé il loro bambino e
dividere l'esperienza con le persone da loro scelte. Le case
di maternità offrono queste possibilità a quelle donne che non
possono partorire a casa per motivi personali, familiari,
abitativi o geografici.
Le équipe di ostetriche operanti in questi servizi
garantiscono la continuità dell'assistenza, seguendo le donne
durante la gravidanza, offrendo corsi di preparazione al parto
e, dopo il parto, corsi per madri e bambini. Esse promuovono,
altresì, la socializzazione dell'evento nascita tra le donne e
le coppie superando l'attuale isolamento della donna-madre.
La sicurezza dell'assistenza è garantita:
da una buona assistenza ostetrica di base che favorisce
ed aiuta la donna a stabilire un buon equilibrio
psicofisico;
da un'accurata selezione delle situazioni a medio e ad
alto rischio che saranno seguite presso centri
specializzati;
dalla continuità dell'assistenza, che garantisce una
conoscenza individuale della donna;
da un buon livello socio-economico della donna;
da una buona salute di base della donna;
da una conduzione ostetrica protettiva, non invasiva,
eliminando così la patologia iatrogena;
dalla collaborazione con specialisti e dai collegamenti
con le strutture ospedaliere.
L'OMS ha dimostrato che l'uso di tali criteri rende il
parto a domicilio sicuro in misura uguale se non superiore a
quello nelle strutture ospedaliere.
Al fine di migliorare la qualità della nascita negli
ospedali si affermano i diritti della partoriente attraverso
una serie di norme che garantiscono alla donna il rispetto
della sua persona, la permanenza del partner o di altra
persona da lei scelta per l'intera degenza, la scelta delle
posizioni per il parto, la possibilità della dimissione
precoce con assistenza domiciliare, la vicinanza ininterrotta
del neonato presso la donna, se lo desidera, nonché un uso
appropriato della tecnologia secondo le indicazioni
dell'OMS.
Il capo III, relativo ai diritti del bambino
ospedalizzato, si pone come obiettivo prioritario la
progressiva deospedalizzazione del bambino e l'introduzione, a
tale fine, in ogni reparto ospedaliero pediatrico di un
servizio di day hospital.
Si garantisce al bambino ospedalizzato, che deve essere
ricoverato sempre e comunque in reparto pediatrico, la
presenza permanente del genitore o di persona a lui
affettivamente legata, per l'intera degenza, vengono favoriti
i contatti con amici e parenti e istituiti spazi destinati a
regolare l'attività ludica e scolastica.
I genitori vengono costantemente informati sull'andamento
della malattia e sulle terapie intraprese; anche il bambino,
con modalità adeguate alla sua età, viene informato, previa
intesa con i genitori, delle pratiche terapeutiche a cui viene
sottoposto.
Per poter fare fronte alle nuove esigenze, occorrono
operatori "nuovi". Essendo le nuove modalità del parto
espressione di un rinnovamento culturale, l'operatore deve
acquisire degli strumenti per potersi porre innanzitutto in
modo più diretto ed in modo più critico. Ciò presuppone un
aggiornamento che prevede:
il decondizionamento culturale attraverso un'analisi
storica del percorso "parto-maternità", al fine di poter
riconoscere i rituali e attuare una revisione critica delle
procedure in atto;
un aggiornamento emozionale che si ottiene attraverso
seminari esperienziali pratici, al fine di imparare a
conoscere e a contenere le proprie ansie e quelle delle
utenti;
un aggiornamento cognitivo e scientifico sugli sviluppi
più moderni nell'ostetricia non invasiva, e l'analisi sulla
effettiva efficacia degli interventi ostetrici più in uso;
un aggiornamento nelle scienze sociali epidemiologiche,
antropologiche, psicologiche;
la disponibilità di strumenti per la comunicazione che
consentano di interagire correttamente con gli utenti e con i
collaboratori attraverso le nuove tecniche della
comunicazione.
L'articolo 1 definisce i princìpi a cui devono fare
riferimento le strutture del Servizio sanitario nazionale per
perseguire l'obiettivo di favorire la soddisfazione del
benessere psicofisico della donna e del neonato.
Gli articoli 2 e 3 affrontano la questione del
coordinamento a livello regionale dei servizi e quella
relativa ai corsi di preparazione al parto e alla maternità,
indispensabili per favorire la gestione attiva dell'evento
nascita da parte della donna e della coppia.
Gli articoli 4, 5 e 6 affrontano la questione dei luoghi
del parto e, al fine di un graduale superamento della
ospedalizzazione generalizzata, stabiliscono norme per
l'assistenza al parto a domicilio e per l'istituzione delle
case di maternità.
L'articolo 7 stabilisce i diritti fondamentali della
partoriente in ospedale.
L'articolo 8, nel quadro delle competenze regionali in
materia di informazione e studio affronta, tra l'altro, la
questione dei comitati scientifici incaricati di valutare le
pratiche di assistenza ostetrica, mentre l'articolo 9 indica
le competenze del Ministero della sanità in materia di
informazione e di coordinamento.
Gli articoli 10, 11, 12 e 13 affrontano la complessa e
delicata questione dei diritti del bambino ospedalizzato, per
favorire il suo benessere, ridurre i tempi di degenza e, nel
caso di lunghe degenze, garantire i suoi rapporti affettivi e
sociali e l'informazione dei genitori.
Gli articoli 14 e 15 definiscono le questioni relative
alle figure professionali e agli interventi di
riqualificazione ed aggiornamento necessarie per l'attuazione
della legge.
L'articolo 16 disciplina la copertura finanziaria.
Onorevoli colleghi, con la presente proposta di legge, su
cui chiediamo le più ampie convergenze per una sollecita
approvazione, intendiamo aprire degli spazi concreti anche sul
piano istituzionale, per consentire non soltanto
l'affermazione della massima tutela della partoriente e del
bambino ospedalizzato, ma anche l'affermazione della
consapevolezza che la nascita è un momento di arricchimento
per la donna, per la coppia, per chi è presente, e, infine,
per tutti. E che pertanto non può essere ridotta ad un evento
medico a rischio, da affrontare con protocolli definiti a
priori, e con una forte interferenza tecnologica, anziché
con modalità flessibili ed adattabili caso per caso alle
esigenze della donna.