XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 62
Onorevoli Colleghi! - L'articolo 211 della legge 19
maggio 1975, n. 151, recante "riforma del diritto di famiglia"
prevede che il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in
ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia
che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia
che di essi sia titolare l'altro coniuge. Con l'articolo 2 del
decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con
modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, sono state
introdotte modifiche in materia di trattamento di famiglia
spettante ai lavoratori dipendenti e pensionati. Questa norma
tutela la condizione del coniuge affidatario, considerando la
necessità di garantire le sue condizioni economiche attraverso
la corresponsione dell'assegno familiare.
Peraltro, una circolare dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) del 13 luglio 1977 (n. 11025),
specifica che il reddito familiare da prendere in
considerazione deve essere quello riferito allo stesso coniuge
affidatario.
Tuttavia, in risposta ad una interrogazione parlamentare
presentata il 18 luglio 1996, che pone quesiti in ordine
all'applicazione della normativa che disciplina la concessione
dell'assegno per il nucleo familiare tra coniugi divorziati e
affidatari di figli minori (interrogazione n. 5-00296), il
Ministero del tesoro ha fornito indicazioni contraddittorie
rispetto alla citata circolare dell'INPS che non tutelano in
maniera idonea la condizione del coniuge affidatario.
Secondo la risposta pervenuta, infatti, ai fini
dell'accertamento dei requisiti necessari per il
riconoscimento del diritto all'assegno per il nucleo familiare
tra coniugi divorziati e affidatari di figli minori, va
considerata la situazione reddituale del titolare del
trattamento di attività o di quiescenza. Non ha quindi alcuna
rilevanza giuridica la circostanza che i benefìci siano
materialmente corrisposti al coniuge affidatario della prole.
Nei casi di separazione legale o di cessazione degli effetti
civili del matrimonio, il coniuge al quale sono affidati i
figli, non avente titolo al trattamento di famiglia, ha
diritto a percepire per i figli stessi la quota di aggiunta di
famiglia eventualmente spettante all'altro coniuge divorziato,
titolare di un trattamento di attività o di quiescenza. Questa
interpretazione pertanto non conferma le indicazioni della
legge n. 151 del 1975, che prevede che il coniuge cui i figli
sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni
familiari per i figli.
Con la presente proposta di legge si interviene quindi per
chiarire l'ambito e l'esatta applicazione della normativa che
disciplina la concessione dell'assegno per il nucleo familiare
tra coniugi divorziati ed affidatari di figli minori. Per
risolvere la questione che si è venuta a creare è opportuno
intervenire a modifica del citato articolo 211 della legge n.
151 del 1975. Tale norma infatti dispone che per quantificare
l'entità dell'assegno spettante al coniuge affidatario non
titolare di un diritto proprio, occorre fare riferimento al
reddito del titolare, in quanto l'affidatario non ha un
diritto proprio all'assegno, ma può riscuotere quello dovuto
all'altro coniuge.
Con la presente proposta di legge quindi si tende a
modificare il citato articolo 211 della legge n. 151 del 1975,
nel senso di stabilire che ai fini della determinazione
dell'assegno familiare, il reddito del nucleo familiare si
intende comunque costituito dall'ammontare dei redditi
complessivi, assoggettabili all'imposta sul reddito delle
persone fisiche, conseguiti nell'anno solare precedente il 1^
luglio di ciascun anno dal coniuge cui i figli sono affidati.
In questo modo, non essendo possibile intervenire
sull'attribuzione del diritto all'assegno all'affidatario, si
interviene sulla quantificazione e sui criteri di
determinazione dell'assegno familiare per i figli a favore del
coniuge affidatario.