XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 43




        Onorevoli Colleghi! - A seguito di un'indagine condotta negli scorsi anni dagli uffici giudiziari di Roma risulta che, nonostante la notorietà di Enrico Nicoletti, accusato del riciclaggio dei proventi illeciti del sodalizio criminale conosciuto come "banda della Magliana", la Cassa di risparmio di Rieti (CARIRI) dal 1991, partecipata con un forte ingresso di capitali e di uomini dalla CARIPLO, ha avuto rapporti sempre più onerosi ed importanti con il gruppo Nicoletti.
        Il 31 ottobre 1995 gli uffici giudiziari di Roma, che stavano indagando su queste vicende e sull'ipotesi che le malversazioni all'interno della CARIRI avessero una matrice massonica, hanno conferito mandato ad un gruppo di periti bancari per fare luce sui fatti.
        Nel frattempo la CARIPLO non aveva pensato di intraprendere alcuna azione legale contro i funzionari che per anni avevano consentito ad un soggetto qual era Nicoletti di compiere nella CARIRI e tramite la stessa una serie di azioni, per le quali era accusato della commissione di molteplici reati.
        Questo porta ad ipotizzare che la non volontà di distinguere le posizioni tra il consiglio di amministrazione della CARIPLO e la struttura operativa della medesima all'interno della CARIRI, sia conseguenza del fatto che anche il consiglio di amministrazione della CARIPLO potesse essere informato dei movimenti e dei traffici illeciti che sono avvenuti dal 1991 nella CARIRI e che la perizia, redatta dal gruppo di periti bancari incaricato degli uffici giudiziari di Roma, ha evidenziato con una lucidità sconvolgente.
        Anche la centrale dei rischi bancari della Banca d'Italia ha costantemente avuto sotto gli occhi i dati della CARIRI relativi ai fidi di decine di miliardi di lire accordati alle società del gruppo Nicoletti.
        Tuttavia anche quest'ultima, nonostante la conoscenza dei fidi per miliardi di lire concessi al Nicoletti e dei relativi sconfinamenti, degli affari sporchi, delle relazioni pericolose, non ha ritenuto opportuno intervenire con una ferma ed immediata ispezione.
        Comunque, l'aspetto rilevante è che nonostante le varie interdizioni, l'arresto del 1984, la continua serie di richieste di materiale alla CARIRI da parte delle autorità inquirenti su operazioni e persone collegate allo stesso Nicoletti, la CARIRI ha continuato a mantenere ed accrescere le operazioni con quest'ultimo fino a raggiungere importi di notevolissimo rilievo.
        In tale azione sono state trascurate fondamentali istanze di interesse generale e di tipo etico ed anche normali regole per la profittevole condotta degli affari. Nella relazione dei periti si legge che anche rimanendo nel ristretto campo della logica economica appare singolare che la Cassa abbia voluto così platealmente ignorare i cosiddetti "rischi di business distruption" (dissesto degli affari) collegati con l'alta probabilità che i continui rapporti con la giustizia del suo cliente potessero essere all'origine di ulteriori, dopo quello già verificatosi nel 1984, periodi di interruzione dell'attività o di maggiore diffusione operativa con conseguenti perdite economiche e difficoltà di recupero dei crediti. Nella relazione si dice inoltre che gli affidamenti concessi alle aziende di Nicoletti appaiono non rispondere ai normali criteri della logica economica e finanziaria, essendo vistosamente sproporzionati all'ammontare ed inopportuni nei tempi. Si consideri il seguente esempio. Dai dati della centrale rischi della Banca d'Italia risulta che la Cassa abbia messo a disposizione della COFIM Srl crediti per 12 miliardi e 650 milioni di lire, effettivamente utilizzati per 8 miliardi e 774 milioni di lire.
        Il bilancio depositato dalla COFIM Srl indica che l'azienda valeva 32 milioni di lire e non riporta altri investimenti dei soci. L'intero giro di affari era pari a 5 miliardi e 534 milioni di lire, e questo significa che in caso di fallimento dell'azienda la CARIRI avrebbe perso 8 miliardi e 700 milioni di lire ed i proprietari 32 milioni di lire.
        Numerosi altri esempi risultano dalla relazione dei consulenti degli uffici giudiziari di Roma che non si ferma solo a queste descrizioni ma riporta anche le singole movimentazioni di tutti i conti correnti riconducibili al Nicoletti, evidenziando alcune allucinanti realtà a cui hanno partecipato lo stesso, suoi prestanome e personaggi insospettabili.
        I consulenti hanno evidenziato come il modo di operare del gruppo Nicoletti con la CARIRI, fin dai primi rapporti intrattenuti, appare caratterizzato da continue ed importanti irregolarità tali da rendere inopportuno ogni mantenimento dei rapporti. La CARIRI ha, invece, continuato ad incrementare in numero ed importo le proprie operazioni con Enrico Nicoletti fino a farne il principale cliente. Tra l'altro le varie caratteristiche ed attività del Nicoletti erano ben note sulla piazza, ed è significativo il fatto, assolutamente inusuale nel nostro mercato, che nessuna banca partecipasse ai finanziamento delle sue aziende. La situazione finanziaria della CARIRI appare incrinata da una serie di crediti inesigibili, di fideiussioni che sarebbero state concesse con troppa leggerezza, di fidi ed extrafidi per decine di miliardi di lire e dal coinvolgimento negli affari illegali del suo principale cliente Nicoletti. I periti hanno anche indicato come al momento dello svolgimento delle operazioni irregolari oggetto della perizia vi erano alcune anomalie nella struttura organizzativa, nelle procedure operative e nei sistemi di controllo che, pur essendo generali e quindi non necessariamente funzionali all'effettuazione delle operazioni, hanno avuto un ruolo di rilievo nel rendere possibile e nel facilitare il verificarsi delle irregolarità.
        I responsabili della CARIRI, inclusi gli alti funzionari della CARIPLO ivi operanti dal luglio 1991, avevano, quindi, l'obbligo di conoscere, e di fatto si deve presumere conoscessero, il campo di azione dei loro clienti ed in particolare del Nicoletti.
        In considerazione di quanto esposto si rileva la necessità di procedere alla istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta al fine di individuare la responsabilità amministrativa della voragine finanziaria all'interno delle casse dell'istituto, di sapere chi, oltre i diretti responsabili locali, è stato al corrente degli affari di Nicoletti nella CARIRI.
        Una tale situazione non si sarebbe potuta realizzare se non in assenza di adeguati controlli da parte degli organi di vigilanza esterni ed interni. E' preciso dovere del Parlamento accertare i fatti, le irregolarità, i rapporti con la malavita organizzata, nonché la reale situazione delle sofferenze della CARIRI, che già nel 1993 erano di circa 200 miliardi di lire, con particolare riguardo verso i personaggi ed i gruppi indicati.
        E' necessario verificare tutte le condizioni che hanno consentito a funzionari, dirigenti ed amministratori incapaci o disonesti di favorire quei meccanismi illeciti per i quali migliaia di miliardi di lire si sono volatilizzati e per questo auspichiamo una rapida approvazione della presente proposta di legge.




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