XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 4560
Onorevoli Deputati! - Il tema della sicurezza è uno dei
banchi di prova della politica di oggi e gli strumenti
appropriati sono forse i più difficili da individuare.
Dobbiamo rifuggere dalla tentazione di rispondere alla giusta
esigenza di sicurezza della collettività aumentando a
dismisura la quantità di forze dell'ordine, intervenendo
legislativamente con continui provvedimenti di emergenza e
delegando le regioni a risolvere il problema in modo separato
ed autarchico, costituendo tante polizie regionali.
L'Emilia-Romagna e le altre regioni italiane hanno deciso
di regolare il tema della polizia locale in una ottica
rispettosa dell'unità nazionale, puntando decisamente sulla
valorizzazione del ruolo dei comuni.
Come noto la proposta di legge nazionale che ci
apprestiamo a discutere nasce da un lungo iter di
elaborazione svolto da un gruppo di lavoro costituito
congiuntamente fin dal 2001 dalla Conferenza dei Presidenti
delle regioni e dall'Associazione nazionale comuni italiani
(ANCI), poi integrato con la partecipazione dell'Unione
province d'Italia (UPI). All'attività di questo gruppo di
lavoro la giunta regionale ha dato un importante contributo
per il ruolo di coordinamento che svolge in seno alla
Conferenza sulle materie relative alle riforme istituzionali e
ai rapporti con gli enti locali.
Il risultato politico di questo lavoro, concluso nel
giugno scorso, è di tutto rispetto tenendo conto del rilievo
della materia trattata, ovvero il "coordinamento in materia di
sicurezza pubblica e polizia amministrativa locale" e "la
realizzazione di politiche integrate per la sicurezza", e
dell'ampiezza dei consensi via via acquisiti.
Non è infatti un avvenimento ordinario l'approvazione
unanime da parte della Conferenza dei Presidenti delle
regioni, dell'UPI e del Consiglio nazionale dell'ANCI di un
comune progetto di legge da sottoporre all'attenzione del
Governo e del Parlamento.
Un percorso che si è già avviato con la presentazione
formale della proposta in sede di Conferenza Stato-città e
autonomie locali e con la sollecitazione dell'ANCI alle
regioni affinché la proposta venisse portata all'attenzione
del Parlamento anche attraverso la procedura prevista dal
secondo comma dell'articolo 121 della Costituzione, con cui si
prevede che il Consiglio regionale possa fare proposte di
legge alle Camere.
Una sollecitazione che la giunta regionale
dell'Emilia-Romagna ha voluto raccogliere immediatamente anche
per il ruolo svolto in sede di Conferenza nella
predisposizione della proposta.
Prima di passare all'illustrazione vera e propria della
proposta si vuole anche sottolineare lo spirito costruttivo
che ha animato la discussione in sede di commissione e che ha
portato ad una sostanziale convergenza di tutti i gruppi,
segnalata dal voto di astensione delle opposizioni.
Gli emendamenti adottati in commissione sono stati pochi,
ma significativi, e hanno ulteriormente contribuito ad
arricchire e migliorare il testo base.
Si tratta infatti di emendamenti che hanno permesso di
delineare meglio i rapporti tra enti locali, regioni, organi
rappresentativi del Ministero dell'interno - i prefetti - e
organi della magistratura nell'ambito delle Conferenze
provinciali e regionali per la sicurezza, che la proposta di
legge va ad istituire.
Emendamenti suggeriti in parte dallo stesso presidente
della Commissione, il Consigliere Nervegna, e in parte dal
Procuratore della Repubblica di Bologna che la giunta ha fatto
propri.
Passiamo ora all'illustrazione vera e propria della
proposta.
Questo progetto di legge si fonda e trae legittimità da
quattro princìpi costituzionali: la competenza dello Stato in
materia di ordine e sicurezza pubblica (articolo 117 della
Costituzione); la competenza legislativa delle regioni in
materia di polizia amministrativa (articolo 117 della
Costituzione); la previsione di una legge nazionale di
coordinamento tra le due materie (articolo 118 della
Costituzione); la disciplina statale delle funzioni essenziali
dei comuni, nelle quali viene ricompresa la funzione di
"polizia locale" (articolo 117 della Costituzione).
La prima parte della proposta di legge riguarda
fondamentalmente i rapporti tra comuni, province, regioni e
autorità di pubblica sicurezza, con la finalità di realizzare
politiche integrate di sicurezza. La seconda riguarda la
collaborazione tra polizie nazionali e locali, ovvero il tema
più specifico del coordinamento tra sicurezza pubblica e
polizia amministrativa.
Gli elementi che caratterizzano la prima parte della
proposta di legge sono: la definizione di "politiche integrate
di sicurezza" (vero nodo della nuova politica per la sicurezza
nelle nostre città, destinato a risolvere in questo modo anche
le possibili ambiguità della materia); l'individuazione di
strumenti pattizi, accordi, contratti, come strumento per
realizzare le politiche integrate; il superamento dell'attuale
composizione dei Comitati provinciali per l'ordine e la
sicurezza - restituiti alla loro originaria funzione - e la
previsione, come già accennato, di conferenze provinciali e
regionali sulla sicurezza incardinate sugli enti locali e con
la partecipazione delle autorità di pubblica sicurezza; un
diffuso diritto all'informazione a favore dei sindaci, da
parte delle forze di polizia nazionali (anche su questo punto
si intende sollecitare la risoluzione di un problema spesso
sollevato: la mancanza di dati aggiornati e completi su quanto
accade e su quanto è in grado di fare il sistema sui diversi
aspetti della sicurezza).
Tutti elementi caratterizzati da due opzioni politiche di
carattere generale su cui regioni, città e province hanno
cementato la propria intesa: a) la centralità dei comuni
e dei sindaci nella promozione e nello sviluppo delle
politiche integrate; b) l'esigenza di un coordinamento
complessivo di tali politiche su scala regionale.
Veniamo ora alla seconda parte della proposta di legge.
L'elemento che caratterizza questa seconda parte, quella
che si riferisce più direttamente al coordinamento tra polizie
locali e nazionali, riguarda, prima di tutto, una migliore
definizione della polizia locale: non è infatti possibile
coordinarsi se non c'è chiarezza su uno dei due soggetti che
si devono coordinare.
In quest'ottica la proposta di legge individua:
1) la funzione unitaria di polizia locale come l'insieme
delle funzioni effettivamente espletate, sia quelle attribuite
dallo Stato perché di competenza statale (come le funzioni di
polizia giudiziaria o le funzioni ausiliarie di pubblica
sicurezza), sia quelle di polizia amministrativa che derivano
dalle competenze proprie dei comuni e delle province, entrambe
regolate sul piano degli assetti organizzativi dalle regioni,
in forza della competenza legislativa che è attribuita loro
dalla Costituzione;
2) la qualifica giuridica di agente o ufficiale di
polizia locale, attribuita dal Sindaco o dal Presidente della
provincia, come qualifica che incardina l'insieme delle
competenze di polizia locale, comprese quelle di derivazione
statale.
Si tratta di un impianto fortemente innovativo che
definisce finalmente in maniera diretta e unitaria ruolo,
qualifica specifica e dipendenza istituzionale degli operatori
di polizia locale, superando una volta per tutte la possibile
dicotomia tra funzioni di "polizia locale" e funzioni di
"polizia amministrativa locale".
In sostanza questa proposta di legge, sulla quale si sono
riconosciute tutte le regioni, semplifica e risolve alcune
contraddizioni e alcuni timori indotti dalla proposta di
devoluzione in materia di "polizia locale". Il progetto che
viene oggi presentato chiarisce cosa si intende per polizia
locale, crea le condizioni per un più efficace coordinamento
tra polizie dello Stato e polizie locali, ribadisce la
dipendenza della polizia locale dai comuni e, per la parte di
propria competenza, dalle province, riconosce infine il ruolo
di coordinamento delle regioni; quindi nessuna nuova polizia
regionale.
Si ricorda infine che in questa seconda parte della
proposta vengono affrontati altri temi di sicura rilevanza per
le amministrazioni locali e per le polizie locali:
1) vengono disciplinate le funzioni ausiliarie di
polizia amministrativa locale rese da dipendenti pubblici, le
modalità e i limiti di utilizzo delle agenzie private di
sicurezza, le condizioni e i requisiti per l'utilizzo di
volontari a supporto delle attività di vigilanza della polizia
locale. E tutti sappiamo quanto questo sia importante in un
momento in cui tali utilizzi si moltiplicano senza precise
regole e con tentazioni di ruoli non propri per chi non
appartiene alle forze dell'ordine. D'altra parte l'utilizzo di
ausiliari, se opportunamente limitato nelle funzioni e
regolato nei modi, può essere importante per aumentare la
diffusione di vigilanza e quindi la sensazione di
sicurezza;
2) viene disciplinata la collaborazione tra tutte le
polizie locali e tutte le polizie nazionali. Tutti concorrono
infatti alla sicurezza delle città e dei territori, ma
concorrono in funzione delle "proprie competenze";
3) la proposta di legge affronta molti problemi pratici
per l'effettivo e qualificato esercizio dell'attività di
polizia locale: l'accesso alle banche dati, comprese quelle
del Ministero dell'interno, la patente di servizio, il numero
unico nazionale, la materia previdenziale e assicurativa.
Infine la proposta di legge prevede diversi interventi
abrogativi di legislazioni precedenti, di cui due di grande
significato.
L'abrogazione della legge 7 marzo 1986, n. 65 ("Legge
quadro sull'ordinamento della polizia municipale"), superata
dalla recente riforma del Titolo V della Costituzione, che
viene sostituita, da un lato, da questa nuova legge nazionale,
dall'altro dalle nuove leggi regionali di disciplina della
polizia locale, per la parte di competenza regionale.
La seconda abrogazione di rilievo riguarda il decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 279 ("Disposizioni integrative
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di
composizione e funzionamento del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica"), ovvero il decreto
legislativo che ha integrato il suddetto comitato con la
partecipazione del sindaco del capoluogo e del presidente
della provincia.
Coerentemente con la previsione di una sede di
concertazione tra autonomie locali, regione e autorità di
pubblica sicurezza quali sono le nuove Conferenze provinciali
e regionali per la sicurezza, si è previsto di restituire il
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica alla
sua originaria funzione di organo di coordinamento interno
all'amministrazione dello Stato.
Pur esprimendo una valutazione positiva dell'esperienza
sviluppata nei comitati, è ormai matura l'individuazione di
una sede istituzionale di coordinamento più congrua, tenuto
anche conto che il comitato provinciale attuale è pur sempre
un organo di "consulenza" del prefetto.
Onorevoli deputati, come si vede, la strada percorsa dal
sistema delle autonomie e dalle regioni è stata lunga e
proficua. La nostra speranza è che il Parlamento e le forze
politiche ivi rappresentate sappiano fare tesoro
dell'esperienza di chi si è trovato, le città in primo luogo,
a reggere in prima persona i radicali cambiamenti avvenuti in
Italia a cavallo dei due millenni. Di questi scenari la
problematica della sicurezza è uno degli elementi che più
hanno travagliato le nostre comunità e a cui occorre dare
risposte adeguate, se vogliamo costruire un futuro sereno per
i nostri figli e più in generale per i cittadini di oggi e di
domani.