XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3689




        Onorevoli Colleghi! - Il sistema radiotelevisivo italiano è ormai di fronte all'esigenza di una profonda modificazione del suo assetto.
        Molte e rilevanti sono le motivazioni che spingono a questo. E' sufficiente citarne alcune:

            la necessità di inquadrare nel sistema la disponibilità nella trasmissione della tecnica digitale, che migliora la qualità delle immagini, ma soprattutto amplia di molto la possibilità di offerta di programmi eliminando così uno dei limiti che oggi impediscono una adeguata molteplicità di presenze, favorendo di conseguenza la concorrenza ed il pluralismo;

            la debolezza del fatturato del nostro sistema radiotelevisivo (nel 2000 esso sfiorava i 6 miliardi di euro, circa la metà di quello inglese - 12,5 miliardi - o di quello tedesco - 11,9 miliardi - più basso anche di quello francese - 7,2 miliardi; così come il fatturato dei nostri operatori maggiori - RAI e Mediaset - è circa la metà dei più forti in Gran Bretagna, Francia, Repubblica federale tedesca) e quindi la necessità del suo sviluppo;

            la troppo lenta evoluzione delle nostre principali imprese radiotelevisive, poco diversificate, poco rilevanti sui mercati esteri e quindi a rischio di debolezza nel confronto con forti soggetti internazionali e rispetto alla sopravvenienza di questi nel nostro sistema;

            l'involuzione della complessiva offerta di programmi caratterizzati in misura rilevante dalla degenerazione della cosiddetta "reality Tv" e dall'intrattenimento in funzione della promozione commerciale: questi programmi risultano complessivamente poco adatti a corrispondere ad una richiesta di buona qualità diffusa ed alla comunicazione di valori socialmente condivisi;

            il permanere di forti ingerenze politiche di parte, in specie nella attività di servizio pubblico, che ne minano la funzione legata all'interesse generale e nel caso della società RAI-Radiotelevisione italiana ne feriscono anche la condizione aziendale;

            il protrarsi da lungo tempo della forte prevalenza di due soli soggetti, che hanno dominato il sistema, ostacolandone la struttura pluralistica e frenandone l'evoluzione tecnica, economica e dell'offerta di programmi.

        Non è inopportuno segnalare che l'evoluzione tecnica incidente sul sistema radiotelevisivo non si limita alla disponibilità della tecnica digitale nella trasmissione mediante onde hertziane, ma investe la capacità di trasmissione in fibra ottica e anche in tecnica DSL nella normale rete telefonica, che potranno fornire, in un futuro non lontano, immagini in movimento di buona qualità destinate al terminale televisivo.
        Se si considera inoltre il fatto che servizi e prodotti forniti fino ad ora con tecniche diverse potranno convergere verso la stessa tecnica trasmissiva ed accrescere l'incidenza su identici mercati, compreso quello pubblicitario, la conseguenza sarà una rilevante modificazione di questi ultimi e l'inserirsi nel sistema di nuovi soggetti. In quest'ultimo caso può trattarsi di imprenditori di telecomunicazioni, di editori, ma anche di nuovi imprenditori che possono fornire, sul terminale televisivo, programmi e nuovi servizi anche interattivi. In un futuro non lontano, si concreterà anche la possibilità di accedere ad INTERNET mediante un televisore modicamente più attrezzato. Per quest'ultimo aspetto basta solo accennare che influenza avrebbe sulla trasmissione di nozioni la grande diffusione del terminale televisivo rispetto al computer.
        Tutto questo, come accennavamo, induce la necessità che la normazione del sistema radiotelevisivo sia rapidamente rinnovata e messa in grado di accogliere le nuove tecniche, le complesse modificazioni dei soggetti che vi operano, o che sopravvengono, e le variazioni di mercato.
        Gli obiettivi principali del riassetto possono essere lo sviluppo del sistema, un'offerta di programmi coerente con l'interesse generale ad obiettivi di evoluzione civile e democratica, un nuovo servizio pubblico tutelato rigorosamente da ingerenze politiche di parte.
        Il nostro settore radiotelevisivo è, come si è accennato, troppo contratto e lascia perciò poco spazio economico ad una adeguata molteplicità di soggetti e ad una loro aperta concorrenza. Lo sviluppo economico del settore è quindi una delle premesse importanti, anche se non esaustiva, per un aumento della offerta di programmi ed una sua conseguente molteplicità di contenuti e di fonti, ma anche per un aumento complessivo del fatturato del sistema che consenta appunto la equilibrata presenza di soggetti più numerosi e sia fattore di crescita economica generale. Questo sviluppo, peraltro ovviamente legato ad alcuni aspetti di fondo del nostro sistema economico, molto si può giovare della evoluzione tecnica che la ricerca scientifica e tecnologica mettono a disposizione. Per questo motivo l'imprenditorialità privata, l'impegno finanziario pubblico e l'iniziativa politica devono mirare alla promozione della tecnica digitale nella trasmissione per onde hertziane ed alla evoluzione della trasmissione per rete. E però, condizioni di particolare limitazione delle risorse complessive, non solo trasmissive, pongono l'esigenza di precise norme contro le posizioni dominanti anche in relazione alla delicatezza dei prodotti della comunicazione ed al loro stretto rapporto con la condizione civile e democratica. Occorre definire mercati in grado di garantire aperta concorrenza fra soggetti molteplici per numero e caratteristiche, garantendo alla base del sistema il disposto costituzionale della libertà di impresa, ben consapevoli però che la concorrenza non garantisce necessariamente il pluralismo politico, sociale, culturale, religioso. Da questo consegue che l'attenzione al pluralismo dovrà essere cura più particolare, rispetto al sistema in sé, delle attività di servizio pubblico e queste devono essere oggetto di rigorosa tutela rispetto alle ingerenze politiche di parte.
        L'offerta complessiva di programmi è oggi molto influenzata da due importanti tendenze. La prima è la promozione pubblicitaria che ha bisogno di raggiungere quantità e qualità di pubblico adatta alla commercializzazione dei prodotti e quindi di programmi funzionali a questo fine e che, perciò, non possono certo essere prioritariamente informati all'obiettivo di comunicare valori largamente condivisi.
        L'altra è una tendenza con aspetti, diciamo così, intimisti, molto studiata nella società moderna, che tende a misurare la società in termini psicologici, come se contassero quasi solo le circostanze immediate della vita. Il rischio correlato a questi programmi è che i valori sociali siano intesi come prodotti dei sentimenti individuali e che ne derivi una grande difficoltà a diffondere valori collettivi.
        Questa situazione rende necessari programmi che, nell'interesse generale, inseriscano nella offerta complessiva un flusso consistente di contenuti ispirati a valori sociali largamente condivisi: anche da questo deriva la indispensabilità della attività di servizio pubblico. Questo flusso di programmi deve fare riferimento ad indirizzi generali, non condizionati dalla contingenza politica e della semplice maggioranza parlamentare, ma relativi ai tratti fondamentali della identità del nostro Paese ed a valori ed obiettivi largamente condivisi. Questi indirizzi devono essere emessi da un organo inequivocabilmente abilitato ad interpretare i princìpi generali disposti in legge, la Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, di seguito denominata "Commissione parlamentare di vigilanza", ed essere formulati in modo da non interferire sulla responsabilità professionale della società concessionaria rispetto alla loro attuazione.
        E' evidente che per esercitare questa funzione di riequilibrio complessivo dei programmi l'attività di servizio pubblico non può essere destinata ad una audience ristretta o per tipologia dei programmi o per tempo di trasmissione. E' altrettanto evidente che la riproposizione di grandi obiettivi di servizio pubblico pretende che questo sia salvaguardato da ingerenze politiche di parte. Ci siamo perciò posti di raggiungere almeno questi obiettivi:

            1) ricondurre nell'alveo parlamentare, con esercizio della maggioranza qualificata, la responsabilità della nomina degli organi responsabili del servizio pubblico radiotelevisivo e dell'indirizzo e controllo dei suoi programmi;

            2) eliminare interferenze nello stesso da parte dell'Esecutivo;

            3) coinvolgere (e garantire) tutte le forze parlamentari nella responsabilità dell'indirizzo e del controllo, come sarà meglio chiarito in seguito;

            4) assicurare la corretta gestione del servizio pubblico, del suo finanziamento con conseguente certezza delle entrate. Abbiamo ritenuto che una Fondazione, titolare delle azioni, e separata dalla gestione, corrisponda meglio di altre soluzioni ad una funzione di duplice garanzia: nei confronti della Commissione parlamentare di vigilanza, per la correttezza gestionale del servizio pubblico, e nei confronti della società RAI per l'eliminazione di indebite influenze politiche di parte o dell'Esecutivo.

        Come si dirà meglio in seguito pensiamo sia utile affidare al dibattito parlamentare la considerazione che la soluzione del problema che abbiamo inteso affrontare con la istituzione della Fondazione ammette di essere valutata anche alla luce del nuovo diritto societario (modifica del codice civile introdotta con il decreto legislativo n. 6 del 2003) che istituisce una nuova figura giuridica di società per azioni (spa) con un sistema dualistico di amministrazione e controllo. Siamo anche ben consapevoli che questa soluzione potrebbe riportare il meccanismo entro i binari del diritto comune e però, pur considerando aperta la soluzione, ci sembra che la Fondazione risolva meglio il problema.
        Conclusivamente non riteniamo velleitaria l'ipotesi di un equilibrio virtuoso, usufruendo anche della inevitabilità di importanti modificazioni di assetto del sistema radiotelevisivo, che contestualmente avvalori pluralismo, sviluppo, concorrenza, indipendenza della società concessionaria dall'ingerenza politica di parte e rispetto dell'autonomia professionale.


Il Governo del servizio pubblico radiotelevisivo.

        La proposta di legge intende fissare (articolo 1), in primo luogo, i princìpi generali che informano il sistema radiotelevisivo ed il suo inserimento nel delicato campo della libertà di trasmissione del pensiero e dell'informazione, nella consapevolezza dello straordinario rilievo che essa ha assunto nella formazione delle idee, del consenso, e, in definitiva, nella stessa forma di democrazia presente negli ordinamenti più evoluti della tradizione occidentale.
        Si indicano i principali, ma non esaustivi, profili di questi princìpi che si applicano indifferentemente al servizio pubblico come agli esercenti privati: alla libertà d'impresa e di garanzia di concorrenza come momenti importanti ma non esaustivi della libertà di espressione e di opinione, si accompagna quindi l'obbligo (che in sostanza è un vincolo) della apertura alle diversità politiche, sociali e culturali che caratterizzano in modo inscindibile la moderna società democratica. Al comma 2 si prevedono ulteriori finalità e vincoli allo strumento radiotelevisivo che attengono ai contenuti (pari opportunità nella comunicazione elettorale e politica, tutela dei minori, rispetto delle minoranze), alla modalità di azione degli operatori (correttezza professionale, completezza dell'informazione), alla rappresentazione dei fatti (veridicità). Conseguenza dell'allargamento non anarchico dell'attività radiotelevisiva è la progressiva riduzione della sfera d'imperio preventiva dello Stato (articolo 2): dalla attuale concessione per la diffusione in tecnica analogica si prevede il passaggio alla più semplice licenza per la tecnica digitale in considerazione della sostanziale libertà dell'uso di questa tecnica, garante di per sé di concorrenza ed ostacolo a facili monopoli od oligopoli, il cui rilascio è affidato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
        Nel nuovo quadro di assetto del sistema, e, più in generale, della loro posizione nella organizzazione costituzionale, anche le regioni devono essere chiamate ad assumere responsabilità di indirizzo politico: ci è sembrato necessario affidare, con l'articolo 3, alle loro decisioni, la disciplina dell'attività radiotelevisiva locale, nell'ambito ovviamente delle leggi di principio statali. L'attività regionale deve rispondere a particolari caratteristiche: in primo luogo, deve costituire il luogo privilegiato della valorizzazione delle culture regionali e locali. Si è previsto di mantenere nell'ambito nazionale la procedura di assegnazione delle radiofrequenze da destinare a ciascuna regione o provincia autonoma e di prevedere il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite un apposito Comitato per il coordinamento, sulla proposta di concessioni, licenze ed autorizzazioni da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Integrano il quadro della partecipazione regionale le disposizioni dell' articolo 9, comma 8, che pone l'obbligo al contratto di servizio stipulato con la RAI per la gestione del servizio pubblico radiotelevisivo dell'individuazione di spazi della programmazione nazionale dedicati alla valorizzazione della identità nelle regioni e nelle province autonome, il cui indirizzo è demandato alle determinazioni della Conferenza dei presidenti d'assemblea, dei consigli regionali e delle province autonome, che delibera a maggioranza dei due terzi.
        Gli articoli 7, 8 e 9 rivisitano profondamente il sistema di governance dell'intero servizio pubblico radiotelevisivo.
        Il primo nodo da sciogliere riguarda la opportunità che il capitale azionario della società RAI rimanga nella esclusiva disponibilità dello Stato, per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze. Se si prescinde dai profili squisitamente (quanto virtualmente) patrimoniali di questa titolarità, rimane il fatto che per quanto il Ministero non eserciti poteri sostanziali nei confronti della società di cui è proprietario quasi esclusivo, la titolarità astratta in capo al Governo si pone in contraddizione con il principio affermato da oltre venticinque anni dalla Corte costituzionale della netta prevalenza del Parlamento nella funzione di indirizzo e controllo nei confronti dell'esercente il servizio pubblico; e costituisce, indirettamente, una lata giustificazione di imprevedibili, ma concreti, poteri o influenze di altri organi dell'Esecutivo che si aggiungono, aumentandone la confusione, ai vari organi che in base ad una normativa non sempre coordinata, sono titolari di segmenti di potere. E' apparsa soluzione più adeguata eliminare questa sorta di cordone ombelicale, costituendo una Fondazione alla quale affidare l'intero pacchetto azionario statale, assicurando il suo finanziamento per il tramite del versamento di una minima quota (pari all'uno per cento) dei proventi del canone di abbonamento, la cui riscossione rimane affidata alla società concessionaria.
        A questa Fondazione sono attribuiti significativi poteri sulla organizzazione societaria della società RAI, che rimane titolare della concessione di gestione del servizio pubblico radiotelevisivo: la nomina dell'amministratore unico della RAI e del relativo collegio sindacale, l'approvazione del bilancio, la garanzia degli equilibri di bilancio. L'organo di direzione della Fondazione, denominato "comitato direttivo", è formato da cinque membri, tutti nominati dalla Commissione parlamentare di vigilanza, quattro dei quali con un sistema di voto limitato che assicura la rappresentanza della opposizione mentre il presidente è nominato con la maggioranza di due terzi, in modo da costituire un punto di assoluta garanzia per tutte le componenti politico-parlamentari.
        Alla Fondazione sono attribuiti, poi, ulteriori quanto fondamentali poteri, dalla revoca dell'amministratore unico, obbligata in casi di particolare gravità, alla autorizzazione della costituzione di società, con partecipazione azionaria anche di privati, per la gestione di singole attività di produzione e di commercializzazione. In sostanza, la Fondazione acquisisce una funzione di duplice garanzia: nei confronti della Commissione parlamentare di vigilanza, per la correttezza gestionale del servizio pubblico, e nei confronti della società RAI e del suo amministratore unico per l'eliminazione di indebite influenze politiche di parte o dell'Esecutivo. Come si è già accennato, pensiamo però sia utile affidare al dibattito parlamentare la considerazione che la soluzione del problema, che abbiamo inteso affrontare con la istituzione della Fondazione, ammette di essere valutata anche alla luce del nuovo diritto societario (modifica del codice civile introdotta con il decreto legislativo n. 6 del 2003) che istituisce una nuova figura giuridica di spa. In essa si prevedono un consiglio di sorveglianza che detta la strategia e un consiglio di gestione, nominato dal consiglio di sorveglianza, che amministra e gestisce operativamente la società. Al consiglio di sorveglianza sono attribuite sia funzioni di vigilanza e la responsabilità del collegio sindacale, sia larga parte delle funzioni della assemblea ordinaria (nomina e revoca del consiglio di gestione, approvazione del bilancio, promozione della azione sociale di responsabilità) sottraendole alla proprietà, e nel nostro caso specifico escludendo l'influenza dell'organo politico-istituzionale, titolare delle azioni della società RAI, sulla gestione. Il consiglio di sorveglianza potrebbe essere espressione della Commissione parlamentare di vigilanza, secondo le modalità indicate, attribuendo ad esso specifici e codificati poteri di controllo e di supervisione escludendo diretti poteri di gestione. Il sistema dualistico di amministrazione e controllo, che è largamente ispirato agli ordinamenti tedesco e francese e, soprattutto, allo Statuto della Società europea stabilito dal regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, attua un modello di "governance" in cui le più importanti funzioni dell'assemblea ordinaria, che nel modello tradizionale spettavano ai soci e, quindi, alla proprietà, sono attribuite ad un organo quale è il consiglio di sorveglianza. Si tratta pertanto di un sistema in cui la proprietà non nomina gli amministratori e non approva il bilancio. Il ricorso a tale figura societaria riporterebbe il meccanismo entro i binari del diritto comune ed entro questi è un modello di amministrazione che tende a realizzare la dissociazione fra proprietà e potere degli organi sociali: ma avrebbe bisogno di essere rivisitato per adeguarlo compiutamente alle esigenze del servizio pubblico radiotelevisivo.
        Innovazioni altrettanto profonde sono apportate alle funzioni ed alla organizzazione della società RAI. Fulcro della nuova scelta sono state:

            1) la considerazione che il futuro avvento della tecnica digitale dovrebbe consentire di uscire da un sistema di duopolio consensuale, i cui frutti, in termini di qualità della programmazione, specie in questo recentissimo periodo, non sono esaltanti, con un netto ampliamento della concorrenza, o almeno della concorribilità nel mercato televisivo;

            2) la necessità di recepire le numerose sollecitazioni dell'Unione europea ad impostare una contabilità separata tra le risorse di origine pubblica (sostanzialmente canone di abbonamento) e quelle provenienti dal mercato (pubblicità);

            3) la trasparente e conoscibile indicazione dei diritti e dei doveri del gestore del servizio pubblico, con l'affermazione del ruolo centrale del Parlamento nella stipula del contratto di servizio tra Stato e società di gestione;

            4) la rivitalizzazione della centralità del Parlamento nell'indirizzo e controllo sul servizio pubblico.

        In questo quadro generale vanno lette le numerose disposizioni recate dagli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della proposta di legge in materia.
        Lo schema organizzativo dell'azienda (articolo 8) dovrà garantire unitarietà strategica e operativa, assicurata dalla politica editoriale di reti e di testate autonome e culturalmente aperte ad apporti equilibratamente pluralisti. Questa esigenza sarà perseguita attraverso una forte responsabilizzazione gestionale dell'amministratore unico che si avvarrà dei direttori di reti e di testate per il raggiungimento degli obiettivi informativi, educativi, culturali e di intrattenimento formulati dalla Commissione parlamentare di vigilanza per le attività di servizio pubblico e di una adeguata qualità dei programmi per quelle rivolte al mercato.
        Obiettivi di servizio pubblico e attività rivolte al mercato dovranno essere distinti, nell'operatività della RAI, tanto dal punto di vista della loro efficacia quanto dal punto di vista del loro finanziamento. E' una esigenza questa che risponde in primo luogo alla domanda dei cittadini di conoscere i fini e le modalità con cui vengono spesi i soldi da essi versati attraverso il pagamento del canone: ma è anche una scelta gestionale che viene incontro alle prescrizioni che, sulla materia, ispira la normativa comunitaria orientata alla netta separazione contabile tra risorse pubbliche e risorse provenienti dal mercato.
        Separazione contabile delle risorse, unitarietà aziendale ed editoriale, garanzie di compatibilità e di efficienza gestionale saranno garantite dalla creazione, all'interno della RAI, di distinte divisioni cui faranno capo, separatamente, le risorse finanziarie, umane e produttive destinate alle attività di servizio pubblico e a quelle di carattere commerciale. Sulla base dei piani editoriali presentati dalle reti e dalle testate e approvati dall'amministratore unico dopo le verifiche di compatibilità complessiva, le divisioni erogheranno e renderanno disponibili alle reti e alle testate le risorse necessarie per la realizzazione dei loro piani di produzione e di acquisto, verificando, nell'attuazione dei progetti approvati, che le compatibilità singole e complessive vengano rispettate.
        L'offerta della RAI, articolata per reti e testate singolarmente ed unitariamente responsabili della politica editoriale, risulterà così articolata - anche all'interno delle singole strutture di programmazione - in aree di servizio pubblico e aree di programmazione di carattere commerciale: queste ultime saranno regolate dalle norme generali sulla materia, ma potranno garantire un forte rapporto con le attività di servizio pubblico in modo da favorire anche il perseguimento degli obiettivi specifici di questo. Gli obiettivi, infatti, non saranno esclusivamente misurati sulla base della coerenza dei contenuti, della quantità delle ore e delle risorse destinate: ma anche dalla efficacia delle politiche comunicative adottate, di cui i risultati di ascolto sono un elemento non irrilevante.
        Un punto qualificante riguarda il ruolo della Commissione parlamentare di vigilanza che viene razionalizzato e rivitalizzato da un sistema che, eliminate le confusioni preesistenti tra poteri e responsabilità di organi non omogenei, incentra tutti i poteri di indirizzo e controllo nel Parlamento e per esso, secondo prassi cinquantennale, in questa Commissione bicamerale. Centralità questa che se trova legittimazione nel particolare rilievo nel nostro sistema democratico di una forte presenza pubblica nel settore della informazione radiotelevisiva, impone la ricerca del più ampio consenso nelle decisioni assunte in sede parlamentare. Di conseguenza l'esercizio dei più qualificanti poteri non è mai rimesso alla volontà della maggioranza (anche se occasionale) ma impone un consenso molto ampio, in genere elevato ai due terzi dei membri dell'organo.
        Ciò premesso, si è ritenuto necessario prevedere la partecipazione della Commissione ai principali snodi della vita e della gestione del servizio pubblico, quali:

            1) nella vita della Fondazione, la Commissione, come già rilevato, ha il compito di eleggere i membri e il presidente del comitato direttivo, con le particolari maggioranze indicate dall'articolo 7, comma 2, e di provvedere alla loro sostituzione;

            2) nell'attività della società RAI, la Commissione è l'unica titolare del potere di indirizzo, tramite l'approvazione di indirizzi generali, adottati sulla base di un'ampia istruttoria che preveda anche la predisposizione periodica (triennale) di un libro bianco sullo stato del sistema delle comunicazioni finalizzato alla verifica degli orientamenti e delle aspettative dell'opinione pubblica nazionale. Provvede, inoltre, all'approvazione del contratto di servizio predisposto dal Governo, ne controlla la corretta attuazione e riceve i rapporti annuali sul sistema delle comunicazioni predisposti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nonché i referti sull'uso delle risorse pubbliche deliberati dalla Corte dei conti;

            3) nei collegamenti con la Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.


La disciplina del periodo transitorio e norme antitrust.

        La disciplina del periodo transitorio deve essere tenuta in considerazione anche per un corretto ed equilibrato sviluppo del nascente mercato della televisione via etere in tecnica digitale. A tal fine è necessario elaborare regole certe e precise sia per la fase di transizione dall'analogico al digitale sia per la fase successiva in cui sarà completato il trasferimento da una tecnologia all'altra.
        In particolare, il periodo transitorio è qualificato dalle seguenti previsioni normative:

            a) viene mantenuto nella misura del 20 per cento dei programmi irradiati il limite alle concentrazioni nella televisione in chiaro in tecnica analogica, prevedendo che alla restituzione dei titoli abilitativi da parte dei soggetti che superino quei limiti segua una procedura di assegnazione delle frequenze che dovrà assicurare una pluralità di operatori; con riferimento alle diffusioni in tecnica digitale il limite alle concentrazioni viene fissato nel 15 per cento del totale dei programmi televisivi irradiati via etere terrestre in tecnica digitale;

            b) viene mantenuto il tetto alla raccolta di risorse fissato dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, con riferimento ai singoli mercati come individuati nella stessa legge;

            c) non viene indicata una data precisa per il completo trasferimento da una tecnologia ad un'altra; si confida però che il sistema di incentivi (diretti e indiretti) previsto sino al 31 dicembre 2006 consenta una conclusione rapida del processo. Si prevedono in particolare incentivi di natura economica (contributi statali alla sostituzione degli apparati ricevitori-decodificatori) e amministrativa (l'applicazione delle procedure di cui al decreto legislativo n. 198 del 2002), e si consente inoltre un mercato secondario per l'uso delle frequenze più ampio rispetto a quello attualmente ammesso dall'articolo 2-bis, comma 2, del decreto-legge n. 5 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 66 del 2001, consentendo anche agli operatori nazionali di vendere tali diritti d'uso ad altri operatori nazionali a condizione che le frequenze vengano utilizzate esclusivamente per la diffusione sperimentale in tecnica digitale;

            d) si consente, sin dalla fase di sperimentazione, l'ingresso di nuovi operatori, attribuendo anche a questi ultimi la facoltà di richiedere la relativa abilitazione nonché di acquistare sul mercato i diritti d'uso delle frequenze necessarie (mediante un ulteriore allargamento soggettivo dell'istituto del trading delle frequenze disciplinate del citato decreto-legge n. 5 del 2001). Si realizzano così i presupposti per una piena apertura del mercato delle reti DTT che dia spazio a nuovi potenziali investitori;

            e) si stabilisce il principio che le frequenze radioelettriche terrestri utilizzate in tecnica analogica, in quanto risorsa scarsa, non possano essere destinate ad una offerta televisiva a pagamento. Quale conseguenza di tale divieto si prevede la restituzione dei titoli abilitativi per le pay tv analogiche terrestri e una procedura di assegnazione delle frequenze così restituite che dovrà assicurare una pluralità di operatori;

            f) per il periodo transitorio si è ritenuto opportuno mantenere il rispetto dei contenuti fondamentali del regolamento di cui alla deliberazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 435/01/CONS del 15 novembre 2001, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2001, con obblighi (quali la riserva di blocchi di diffusione per gli operatori indipendenti da parte dei soggetti titolari di più di una concessione o di una concessione e una autorizzazione e per gli operatori locali) che garantiscono, anche nella fase sperimentale, la crescita di un mercato concorrenziale almeno nel settore dei contenuti e dei servizi;

            g) sempre con riferimento alla fase di sperimentazione, quanto specificamente agli operatori di rete, si fissano dei limiti alle risorse che possono far capo ad uno stesso soggetto, sia stabilendo che ciascun operatore non può acquistare sul mercato frequenze per più di un multiplex a diffusione nazionale, sia fissando un limite al numero di multiplex nazionali che comunque possono far capo allo stesso soggetto;

            h) nella fase transitoria non sono previsti obblighi di simulcast, per evitare che gli operatori siano costretti a riproporre i canali analogici, riducendo l'appeal della nuova tecnologia e le possibilità di fornire servizi nuovi caratterizzati anche da un maggior grado di interattività;

            i) la riserva da parte degli operatori di rete di una quota della capacità trasmissiva (40 per cento) in favore dei fornitori di contenuto indipendenti viene prevista anche con riferimento alla fase "a regime" e graverà sugli operatori di rete che siano titolari di più di una licenza per l'uso delle frequenze per le diffusioni in tecnica digitale;

            l) sempre nella fase a regime del digitale, in assenza di una effettiva concorrenza nel mercato delle reti televisive digitali (avendo riguardo anche alle reti via cavo e via satellite) si impongono incisivi obblighi a tutela dei fornitori di contenuto che vincolano la remunerazione ai soli costi incrementali di lungo periodo per la realizzazione delle strutture;

            m) in materia pubblicitaria, vengono agevolate le emittenti locali mediante la possibilità di avvalersi - nei limiti concentrativi previsti - di una concessionaria di pubblicità nazionale, e viene mantenuto (ma reso asimmetrico) il divieto di incroci tra la proprietà o il controllo di emittenti televisive e di quotidiani;

            n) ispirandosi al principio della neutralità tecnologica, si stabiliscono meccanismi di incentivazione allo sviluppo della televisione digitale (specie con riferimento ai set top boxes) che non operino discriminazioni tra le varie tecnologie in grado di distribuire i programmi televisivi. Promuovendo una maggiore concorrenza tra piattaforme tecnologiche in ultima istanza si persegue l'obiettivo di un più elevato grado di pluralismo esterno, grazie all'aumento degli spazi diffusivi;

            o) la proposta di legge vuole infine creare le condizioni favorevoli affinché vi sia un rapporto maggiormente equilibrato fra network televisivi (anche a pagamento) e produttori di audiovisivo che rappresentano una risorsa fondamentale per l'industria e la cultura del nostro Paese.

        Onorevoli colleghi, la proposta di legge che sottoponiamo al vostro giudizio ed alla vostra approvazione si inserisce in un complesso tessuto normativo che si è consolidato in altre leggi di sistema che, nell'ultimo decennio, hanno qualificato l'intervento pubblico in questo delicato settore; non poche di quelle disposizioni, ampiamente sperimentate negli anni, mantengono la loro validità e la loro attualità ed hanno indotto i proponenti a non riproporle in questo testo, che pure è connotato da forti contenuti innovativi, specie sui profili di governo del servizio pubblico e di apertura alle innovazioni tecnologiche e ad un reale pluralismo di attori. Riteniamo, pertanto, che la difficile opera di composizione del sistema a seguito dell'approvazione di questa nuova legge e la connessa individualizzazione della abrogazione delle norme superate e incompatibili possa e debba essere fatta nel corso dell'iter di approvazione quando, con il fondamentale contributo del dibattito parlamentare, si sarà meglio definito il rapporto di compatibilità tra vecchio e nuovo sistema.




Frontespizio Testo articoli