XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2909




        Onorevoli Colleghi! - Gli statuti delle regioni autonome sono leggi costituzionali, pertanto l'approvazione di loro eventuali modifiche deve seguire la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione. Solo alcune disposizioni statutarie, generalmente quelle che riguardano finanze, demanio e patrimonio, possono essere modificate con leggi ordinarie, sentita la regione interessata. La procedura di revisione contenuta nei singoli statuti in qualche caso, come lo statuto della Sardegna, prevede che le proposte di riforma di iniziativa parlamentare o governativa debbano essere notificate - a cura del Governo - al consiglio regionale interessato; quest'ultimo esprime un parere da allegare agli atti parlamentari, affinché il Parlamento, nell'esaminare le proposte, tenga presente il parere espresso. Si tratta naturalmente di un parere non vincolante; inoltre, in assenza di espressione del parere nei termini previsti, il Parlamento può senz'altro procedere all'esame della proposta.
        Questa procedura appare ineccepibile sul piano costituzionale, perché affida al Parlamento la decisione ultima sugli statuti regionali in conseguenza della loro natura di leggi costituzionali. Anche nel caso citato della Sardegna, pur prevedendo il coinvolgimento del consiglio regionale, riserva al Parlamento la decisione ultima sulle proposte di revisione.
        Tuttavia, questa procedura ha dato luogo recentemente a rilevanti perplessità, derivanti da due ordini di motivi.
        In primo luogo, la circostanza che il Parlamento possa approvare revisioni degli statuti senza intervento, o al più con parere non vincolante, da parte dei consigli regionali genera un evidente squilibrio nei ruoli affidati al Parlamento e ai consigli regionali, che non appare più in linea con le tendenze e la sensibilità maturate verso concezioni federaliste, che contemplino una situazione di pari dignità fra i ruoli assegnati al Parlamento e ai consigli regionali in materia di revisione degli statuti.
        In secondo luogo, la circostanza che, per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, gli statuti e le loro modifiche siano approvati dai consigli regionali interessati, accentua ancor più l'impressione che proprio alle regioni a statuto speciale sia riservata una sorta di "eccesso di tutela" da parte del Parlamento in materia di statuti, ponendole in condizioni di svantaggio nei confronti delle regioni a statuto ordinario.
        Questa circostanza ha generato un notevole dibattito nelle regioni a statuto speciale. E' il caso della Sardegna, il cui consiglio regionale ha approvato una proposta di legge costituzionale - già presentata alla Camera dei deputati, atto Camera n. 1521 - che prevede, fra l'altro, una modifica della procedura di revisione dello statuto della Sardegna; pur mantenendo al Parlamento il potere di approvare le modifiche secondo la procedura dell'articolo 138 della Costituzione, la proposta prevede che il testo esaminato dal Parlamento non possa essere emendato, ma debba essere approvato o respinto nel testo trasmesso dalla regione.
        Tuttavia, noi riteniamo che la procedura vigente, e la disparità esistente fra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, derivi dalla natura di leggi costituzionali degli statuti speciali. Permanendo tale natura, è inevitabile che la "chiusura" della procedura sia nelle mani del Parlamento, come accade per tutte le leggi costituzionali. D'altra parte non sembra a noi ipotizzabile la riduzione degli statuti speciali a leggi ordinarie. La specialità delle regioni interessate, infatti, comporta che i rapporti fra esse e lo Stato debbano avere natura pattizia, e quindi, che debbano essere definiti nel modo più proprio fra soggetti che reciprocamente si impegnano nei termini del patto, cioè nel modo più rigido e controllato connesso alle revisioni della Costituzione. La natura pattizia del rapporto impedisce di pensare a procedure di revisione degli statuti che siano unilaterali e che siano elastiche.
        Occorre dunque affrontare questa situazione mantenendo fermi princìpi e vincoli che denotano la natura pattizia del rapporto e conseguentemente la natura costituzionale del patto. Contemporaneamente occorre - anche in virtù della natura pattizia del rapporto - individuare una procedura che non attribuisca né al Parlamento né al consiglio regionale il ruolo di decisore ultimo in materia statutaria.
        La soluzione che proponiamo ci sembra soddisfare entrambe le esigenze: istituire una procedura di revisione degli statuti che prevede l'approvazione di un identico testo, sia da parte del Parlamento che da parte del consiglio regionale interessato. Analogamente a quanto accade per le leggi, che vengono approvate in un identico testo dai due rami del Parlamento, le proposte di revisione degli statuti speciali verrebbero approvate secondo la procedura dell'articolo 138 della Costituzione, ma inserendo nell'iter di approvazione anche il consiglio regionale interessato.
        Pertanto le proposte in questione dovranno essere approvate in doppia lettura dalla Camera dei deputati, dal Senato della Repubblica e dal consiglio regionale interessato.
        La presente proposta consiste di un solo articolo, che aggiunge due commi all'articolo 138 della Costituzione. Il nuovo quarto comma stabilisce che le leggi di revisione degli statuti delle regioni a statuto speciale vengono approvate da ciascuna Camera e dall'organo legislativo della regione interessata, nel rispetto della procedura prevista dal primo comma dell'articolo 138.
        Il nuovo quinto comma esclude il referendum nazionale per le leggi di revisione degli statuti speciali, mentre per i referendum regionali restano ferme le disposizioni eventualmente contenute nei singoli statuti.




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