XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2139
Onorevoli Colleghi! - La principale esigenza per
affrontare una complessiva riforma della legge quadro della
polizia locale deriva dalla necessità, da tutti ormai sentita,
di favorire un processo che consenta di superare l'insicurezza
che i cittadini avvertono nei vari centri urbani, governando i
conflitti e costruendo una convivenza più libera. L'elezione
diretta dei sindaci, introdotta dalla legge 25 marzo 1993, n.
81, e ampiamente assorbita nella cultura popolare, ha posto a
carico di queste figure nuovi e più marcati poteri e
aspettative rispetto al disagio di quanti vivono da vicino
l'impatto con la violenza, la droga e la criminalità. Infatti
non possiamo nasconderci come l'insicurezza e la paura di
restare vittime della cosiddetta "criminalità di strada" siano
ormai fonte di vere e proprie disuguaglianze tanto fra i
cittadini che fra i territori.
Partendo da questa consapevolezza intendiamo contribuire
ad un utile confronto parlamentare che superi i due approcci
tradizionalmente noti: quello che affida la soluzione del
problema alle sole politiche repressive (e quindi
prevalentemente - o esclusivamente - alle Forze di polizia e
alla magistratura) e quello che tende invece ad usare
prevalentemente (se non esclusivamente) le azioni di
prevenzione e di recupero sociale.
E ormai matura in tutte le forze politiche la convinzione
che la sicurezza e la solidarietà siano valori del tutto
inscindibili e che la sicurezza sia conseguentemente un
diritto fondamentale di ogni cittadino.
Tutti ormai abbiamo maturato la convinzione che diritti e
doveri sono due piatti della bilancia che devono essere posti
perfettamente in equilibrio. Quando lavoriamo quindi su
questioni che hanno un diretto impatto sugli aspetti della
sicurezza noi, con il maggior equilibrio possibile, dobbiamo
far leva sulla responsabilità di ciascuno e sulla cooperazione
di tutti verso il pieno e totale rispetto delle regole di
convivenza.
A questo scopo, nella passata legislatura, la Commissione
affari costituzionali della Camera dei deputati a lungo ha
lavorato sul testo delle numerose proposte di legge presentate
sull'argomento: passando attraverso un intenso impegno del
Comitato ristretto - che ha compiuto anche alcune missioni
all'estero per verificare i modelli organizzativi nelle realtà
a noi più vicine - è stato predisposto ed approvato un testo
base (atto Camera n. 1118-A), che ha tenuto conto degli
sviluppi più generali del dibattito sulla sicurezza urbana che
si è vieppiù concatenato con il confronto parlamentare
sull'argomento.
Le questioni essenziali nel confronto svoltosi in sede di
Commissione sono così riassumibili: la competenza dei comuni,
tradizionalmente consolidata in materia di polizia locale, si
è evoluta in presenza dell'elezione diretta dei sindaci e
dell'assunzione di un ruolo generale di governo del territorio
da parte dell'ente locale sino a richiedere, da parte dei
sindaci, maggiori poteri in materia di politiche per l'ordine
e la sicurezza pubblica. Tali esigenze, raccolte dai passati
Governi de "L'Ulivo", con l'introduzione dei protocolli di
sicurezza e quindi delle intese, ha richiesto
l'implementazione dei compiti degli operatori della polizia
locale; contestualmente le regioni, nell'ambito del confronto
con lo Stato, per un processo di reale trasformazione
federale, hanno richiesto anch'esse maggiori poteri in materia
di sicurezza dei loro territori giungendo in taluni casi ad
auspicare la possibilità di svolgere direttamente funzioni di
polizia locale con la ipotesi di costituire corpi
regionali.
Su tali questioni si innestava, poi, la rivendicazione dei
sindacati e delle organizzazioni rappresentative delle
categorie che richiedevano una normativa più adeguata al fine
di: precisare i compiti e le funzioni in presenza di ruoli
assunti in sovrapposizione con le Forze di polizia dello
Stato; ottenere maggiori garanzie in materia di tutela e di
sicurezza sul lavoro; definire aspetti normativi in materia di
organizzazione del lavoro, tali da garantire le peculiarità
della funzione, nonchè in materia di formazione ed
aggiornamento professionale, in una funzione di grande
delicatezza poiché inerisce ai diritti dei cittadini alla
sicurezza e alla legalità.
Il testo, predisposto tenendo conto anche delle
intervenute modifiche al titolo V della Costituzione, mantiene
la funzione in capo ai comuni e alle province, anche alla luce
del principio di sussidiarietà introdotto, dapprima con la
legge 15 marzo 1997, n. 59, e sancito, poi, dalla nuova
formulazione dell'articolo 118 della Costituzione, ed
interviene nella direzione di meglio precisare compiti e
funzioni della polizia locale, di garantire un processo
formativo adeguato, di stimolare i comuni minori ad un
processo di accorpamento delle funzioni attraverso l'istituto
dell'associazione intercomunale, di fornire agli operatori
adeguate garanzie e strumenti per poter svolgere compiutamente
il loro lavoro.
Il provvedimento che viene proposto è il testo elaborato
dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei
deputati nella scorsa legislatura, e che era il frutto di
un'ampia intesa nell'ambito della stessa: esso si compone di
nove articoli.
L'articolo 1 definisce il quadro di applicazione della
legge. Rispetto alla legge 7 marzo 1986, n. 65, che entrava
nel merito dei modelli organizzativi individuandone due (corpi
e servizi), il testo lascia all'autonomia locale (mediante le
norme dello statuto e del regolamento), in conformità alle
norme dell'ordinamento regionale, la definizione dei modelli
organizzativi, limitandosi a definirli "strutture di polizia
locale". E' attribuita ai comuni (singoli o associati) e alle
province la funzione esclusiva in materia di polizia
amministrativa relativamente a tutte le materie di competenza
degli enti locali o ad essi attribuite o delegate, nonché la
messa in atto di attività di prevenzione e repressione delle
situazioni e dei comportamenti che possano pregiudicare la
convivenza civile, il decoro dell'ambiente, la qualità della
vita locale e che non siano riservate alla competenza
esclusiva delle Forze di polizia dello Stato.
Tuttavia è espressamente previsto che le strutture di
polizia locale possano concorrere alla sicurezza pubblica,
collaborando con le Forze di polizia dello Stato alla
prevenzione e repressione dei reati, non in modo generico e
indefinito, ma in base all'intesa tra il prefetto e il sindaco
(o il presidente della provincia).
E' stabilito che, nel rispetto del principio generale di
separazione delle funzioni di indirizzo
politico-amministrativo da quelle attinenti alla gestione
operativa, i comandanti delle strutture dipendano direttamente
dal sindaco (o dal presidente della provincia) ad eccezione,
ovviamente, delle funzioni di polizia giudiziaria.
L'articolo 2 individua le funzioni in materia di polizia
giudiziaria, di polizia stradale e di pubblica sicurezza degli
operatori di polizia locale.
L'articolo 3 estende la qualifica di polizia giudiziaria
nelle materie di cui al comma 2 dell'articolo 1 (il concorso
alla sicurezza pubblica).
L'articolo 4 prevede che, per ottenere la qualifica di
agente di pubblica sicurezza, occorra effettuare un'apposita
formazione con esame di idoneità finale. L'articolo cerca poi
di fissare alcuni limiti lasciando alla autoregolamentazione
locale e regionale la definizione dei corsi. La ratio
del provvedimento è duplice: da un lato rendere obbligatoria
la formazione che la legge n. 65 del 1986 non era riuscita a
garantire e dall'altro stabilire che la formazione localmente
organizzata tenga comunque conto di alcune materie
obbligatorie, al fine di rendere gli operatori in grado di
svolgere quelle funzioni sino ad ora garantite esclusivamente
dalle Forze di polizia dello Stato. L'articolo si propone
anche di fornire un indirizzo tale da favorire una formazione
permanente nel corso della carriera.
L'articolo 5 disciplina l'armamento lasciando, come oggi,
ogni determinazione se armare o meno la polizia locale al
singolo ente, con una articolazione maggiore rispetto all'
alternativa secca attuale e cercando di risolvere la questione
del tipo di armamento consentito. La materia delle armi ed
esplosivi resta, peraltro, di stretta pertinenza dello Stato.
Si cerca altresì di risolvere l'annoso problema del porto
d'armi per gli operatori della polizia locale a ciò
autorizzati dal proprio ente di appartenenza, cercando di
superare inoltre la contraddizione data dal fatto che le
guardie giurate private oggi hanno il porto d'armi anche fuori
dal servizio e dal territorio, cosa invece esclusa per gli
operatori della polizia locale.
L'articolo 6 introduce la patente di servizio, prevedendo
altresì la formazione specifica per la guida in sicurezza.
L'articolo 7 affronta la questione della parificazione
previdenziale e assicurativa degli operatori di polizia locale
a quelli della Polizia di Stato ad ordinamento civile,
richiamando esplicitamente le norme in vigore che debbono
essere applicate alla categoria. Si prevede che l'indennità di
vigilanza prevista dall'attuale normativa confluisca in una
più compiuta indennità di polizia locale, pensionabile nella
misura determinata dai contratti collettivi nazionali di
lavoro in relazione al sistema di classificazione, al grado di
responsabilità attribuita e alla natura delle funzioni svolte,
lasciando così alla contrattazione la definizione di un'ampia
graduazione di opportunità. L'articolo affronta inoltre, al
comma 1, la contrastata questione del contratto di lavoro,
richiamando il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con
la esclusione dell'inserimento nel comparto sicurezza. Per
tenere in conto le peculiarità della polizia locale anche
rispetto agli altri servizi del comune (o della provincia) è
previsto che, in conformità alle procedure previste
dall'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
siano adottate in sede contrattuale apposite specifiche misure
riguardanti la categoria.
L'articolo 8 reca modifiche ed abrogazioni della normativa
vigente.
L'articolo 9 reca la copertura finanziaria.