Legge 1° marzo 2006, n. 67
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2006
(Finalità e ambito di applicazione)
1. La presente legge, ai sensi dellarticolo 3 della Costituzione, promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui allarticolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
2. Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilità relative allaccesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
(Nozione di discriminazione)
1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità.
2. Si ha discriminazione diretta quando,
per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata
meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona
non disabile in situazione analoga.
3. Si ha discriminazione indiretta
quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un
comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità
in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4. Sono, altresì, considerati
come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati,
posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano
la dignità e la libertà di una persona con disabilità,
ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità
nei suoi confronti.
(Tutela giurisdizionale)
1. La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui allarticolo 2 della presente legge è attuata nelle forme previste dallarticolo 44, commi da 1 a 6 e 8, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Il ricorrente, al fine di dimostrare
la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può
dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti,
che il giudice valuta nei limiti di cui allarticolo 2729, primo comma,
del codice civile.
3. Con il provvedimento che accoglie
il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento
del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento,
della condotta o dellatto discriminatorio, ove ancora sussistente,
e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere
gli effetti della discriminazione, compresa ladozione, entro il termine
fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni
accertate.
4. Il giudice può ordinare
la pubblicazione del provvedimento di cui al comma 3, a spese del convenuto,
per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno
dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato.
(Legittimazione ad agire)
1. Sono altresì legittimati ad agire ai sensi dellarticolo 3 in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullità, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalità statutaria e della stabilità dellorganizzazione.
2. Le associazioni e gli enti di cui
al comma 1 possono intervenire nei giudizi per danno subìto dalle
persone con disabilità e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa
per lannullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse.
3. Le associazioni e gli enti di cui
al comma 1 sono altresì legittimati ad agire, in relazione ai comportamenti
discriminatori di cui ai commi 2 e 3 dellarticolo 2, quando questi
assumano carattere collettivo.