PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE - C1457


Onorevoli Colleghi! - L'abuso dell'istituto referendario registratosi in questi ultimi anni è un indice preoccupante della crisi in cui versa la forma di governo fissata dalla nostra Costituzione. La stessa idea di democrazia rappresentativa è da più parti demagogicamente attaccata in nome di una malintesa concezione della sovranità popolare, la quale si esprimerebbe, anzitutto, attraverso lo strumento di cui all'articolo 75 della Costituzione.
Profondamente diversa era, però, l'intenzione originaria dei costituenti allorchè introdussero nel testo della Costituzione l'istituto del referendum abrogativo: esso doveva rappresentare il mezzo attraverso il quale chiamare il corpo elettorale ad esprimere grandi scelte di principio su questioni di sicura rilevanza nazionale. Tale strumento attualmente sembra, il più delle volte, utilizzato come un grimaldello per espropriare progressivamente il Parlamento della funzione legislativa.
Questo fenomeno risulta particolarmente preoccupante se si considera il processo di svuotamento subito dallo stesso istituto referendario a causa della proliferazione del numero dei quesiti simultaneamente sottoposti al voto popolare senza che su di essi vi sia una sufficiente informazione per gli elettori chiamati ad esprimere le loro scelte.
Si propone, pertanto, la riformulazione dell'articolo 75 della Costituzione, apportando modifiche rispondenti alle esigenze sopra descritte.
In primo luogo, si reputa opportuno innalzare il numero delle firme necessarie per richiedere un referendum e prevedere altresì che la richiesta da parte di cinque Consigli regionali possa comunque essere presentata soltanto se le regioni interessate abbiano una popolazione complessiva non inferiore ai tre milioni di elettori.
Particolarmente rilevante risulta l'introduzione - quale fase preliminare ed obbligatoria del procedimento referendario - di una speciale procedura legislativa azionata su iniziativa, vincolata ed esclusiva, dei promotori del referendum e finalizzata al raggiungimento di una soluzione in sede parlamentare della «controversia» referendaria (questa procedura viene introdotta mediante la modifica contestuale dell'articolo 71 della Costituzione). Un tale procedimento permetterebbe, senza evadere le legittime aspettative dei promotori, una assunzione di responsabilità da parte del Parlamento. Del resto le aspettative del comitato promotore troverebbero, comunque, la garanzia rappresentata dal ricorso alla consultazione popolare qualora le Camere non riuscissero a varare una nuova disciplina relativa alla materia oggetto del referendum entro un termine perentorio non superiore a sei mesi.
Inoltre, allo scopo di impedire esiti manipolativi dei referendum, appare opportuno prevedere la possibilità di ammettere referendum abrogativo parziale soltanto per quelle disposizioni normative che abbiano un senso compiuto (intere disposizioni; singoli articoli o singoli commi).
La riforma dell'articolo 75 della Costituzione inevitabilmente comporta la contestuale modifica dell'articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n.352, al fine di salvaguardare le prerogative costituzionali del Parlamento senza comprimere, oltre misura, quelle istanze di democrazia diretta che trovano la loro massima espressione nei referendum abrogativi e nell'iniziativa legislativa popolare.
In tal senso, l'attribuzione al comitato promotore - nella sua qualità di ente esponenziale di una determinata frazione del corpo elettorale - dell' iniziativa legislativa nella materia oggetto di richiesta referendaria, rappresenta una equilibrata soluzione di compromesso capace di riassorbire le esigenze di partecipazione e di democrazia diretta.


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