La seduta comincia alle 10,05.
TIZIANA VALPIANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Armani, Boato, Brancher, Gianfranco Conte, Di Virgilio, Giordano, Mauro, Moroni, Palumbo, Pistone, Rosso, Trupia, Vitali e Zanella sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'11 gennaio 2006.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro della giustizia, senatore Roberto Castelli.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, se mi consente, avendo depositato il testo integrale della relazione, per non annoiare i colleghi deputati ne leggerei soltanto alcuni passaggi, non perché li ritenga più importanti ma ai fini dell'economia dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, signor Ministro.
GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, chiedo che la relazione sia letta integralmente.
PIERO RUZZANTE. Mi associo alla richiesta del collega Fanfani, tanto più che oggi abbiamo tempo fino alle 14.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Sono disponibile.
PRESIDENTE. Prendo atto della pressante richiesta da parte degli esponenti di due importanti gruppi parlamentari.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Non ho nulla in contrario. Avevo formulato la proposta solo perché il testo della relazione è lungo.
PRESIDENTE. La ascolteremo con interesse e pazienza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ringrazio i deputati per questo segno di attenzione.
Signor Presidente, colleghi, certamente non facciamo esercizio di retorica se diciamo che oggi, per la giustizia italiana, è una data da ricordare. Infatti, diamo concretezza, con questo atto davanti al Parlamento, al dettato dell'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150, di riforma dell'ordinamento giudiziario. Una legge ordinaria in termini strettamente tecnici e formali, ma, come concordano tutti gli osservatori, in termini sostanziali essa si colloca più vicino a una legge costituzionale.
Vorrei a questo proposito ricordare le parole del Presidente Ciampi, che ebbe a dire: «La legge in esame - preordinata com'è a dare attuazione alla VII Disposizione transitoria, primo comma, della Costituzione - rappresenta un atto normativo di grande rilievo costituzionale e di notevole complessità, come è confermato anche dall'ampiezza del dibattito cui ha dato luogo».
In effetti, il testo è assolutamente rilevante per le novità sostanziali che introduce nel nostro ordinamento; ma, prima di ogni altra considerazione, vorrei richiamare il significato più profondo che ha assunto l'approvazione di questa legge.
Il nostro Paese ha sofferto e soffre ancora, come dimostrano alcuni recenti avvenimenti e le polemiche stesse che hanno accompagnato il tormentato iter di questa riforma, di un rapporto fra i tre fondamentali poteri dello Stato non equilibrato. Come è ormai storia, il culmine di questo squilibrio è stato raggiunto nella prima metà degli anni Novanta, quando vasta parte della classe politica fu delegittimata dall'azione della magistratura. Non è questa la sede per analizzare il fenomeno e per darne giudizi storici o politici, ma solo ci preme significare che quello fu il periodo, probabilmente, di massima subalternità del potere politico rispetto a quello giudiziario.
Non possiamo, però, dimenticare il principio fondamentale che la nostra Costituzione esprime al comma 2 dell'articolo 1: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Alla Costituzione, dunque, dobbiamo ispirarci per verificare come e in quali termini essa sancisca il dispiegarsi della sovranità popolare e quale sia la formazione delle leggi. Riguardo a ciò, non vi è il minimo dubbio che, secondo il dettato dell'articolo 70, essa spetta alle Camere, cioè agli eletti dal popolo.
Ecco, quindi, il significato profondo della presenza del Guardasigilli oggi qui, in Parlamento: davanti ai rappresentanti della sovranità popolare, egli rende conto dell'attività del Governo relativamente alle competenze statuite dall'articolo 110 della Costituzione.
Viene ristabilita la centralità del Parlamento ed il riequilibrio dei poteri. Possiamo, pertanto, affermare che, in occasione di questa seduta, il tasso di democrazia del nostro Paese si accresce. Ma, soprattutto, colleghi, dovete essere orgogliosi di aver raggiunto, con l'approvazione della riforma dell'ordinamento giudiziario, un risultato mai realizzato da alcun Parlamento prima di noi.
È stato un cammino aspro, difficile, sofferto, ma possiamo dire, con legittima soddisfazione, che il Parlamento è stato capace, per la prima volta nella storia della Repubblica, di raggiungere questo fondamentale traguardo restando fedele alle proprie prerogative costituzionali, senza lasciarsi intimorire da lusinghe, minacce e scioperi. Azioni che possono prefigurare un tentativo di coercizione del Parlamento e, quindi, della sovranità popolare, se letti in un quadro di insieme.
Il ripristino e la difesa dell'equilibrio dei poteri, così come vuole il nostro dettato costituzionale, dicevo: questa è stata la stella polare a cui costantemente ho guardato in questi cinque anni, anche utilizzando appieno i poteri conferitemi dagli articoli 107 e 110.
È un'azione che ho dovuto dispiegare diuturnamente, senza mai abbassare la
guardia; molte e potenti sono, infatti, le forze che da sempre vogliono alterare questo equilibrio. Nel nostro Paese sono ancora forti le spinte oligarchiche; forti sono le spinte che vogliono sostituire - mi sia concesso un neologismo - la «dicastocrazia» alla democrazia. Esse sono presenti in Parlamento, nel Paese e anche in Europa.
È della scorsa settimana il tentativo di condizionamento del Parlamento italiano da parte di «dicastai» anche stranieri, in alcun modo rappresentanti della volontà popolare. Ad essi rispondo con le parole di Locke: «Il potere legislativo non è solo il potere supremo della comunità politica, ma è anche sacro ed inalterabile nelle mani nelle quali la comunità lo ha una volta collocato e nessun editto di nessuna altra persona, quale che sia la forma in cui è concepito o il potere dal quale è sostenuto, ha la forza e l'obbligazione di una legge, se non riceve la sanzione del potere legislativo che il pubblico ha scelto e designato».
Una delle armi più efficaci in mano ai nemici della democrazia è sicuramente quella relativa all'uso illecito delle intercettazioni. Non vi è alcun dubbio, d'altra parte, che le intercettazioni telefoniche siano un'arma insostituibile per la lotta alla criminalità e al terrorismo. Ne siamo talmente convinti che il Governo, con la legge 15 dicembre 2001, n. 438, ha dato al paese lo strumento più avanzato nell'Unione Europea, che è servito, tra l'altro, da guida per il recente raggiungimento dell'accordo sul testo europeo. Ma, come tutte le armi potenti, essa porta in sé il pericolo di arrecare gravi danni, se usata in modo scorretto.
Due sono i problemi che abbiamo dovuto affrontare in questi anni. Il primo è il rischio di abuso di questo strumento, che sembra essere diventato il principale mezzo di indagine. Siamo infatti passati da 32 mila bersagli nel 2001 a 106 mila nel 2005, con una spesa aumentata da 126 milioni a 302 milioni di euro. Come si può notare, essa però non è aumentata in modo proporzionale, poiché il Ministero si è attivato su questo fronte e, attraverso una serie di efficaci misure, il costo unitario medio giornaliero è stato ridotto da 80 a 20 euro, mentre quello di ogni bersaglio si è quasi dimezzato, passando da 5.165 a 2.842 euro mediamente.
Peraltro, già nel gennaio 2004, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, denunciai l'aumento straordinario, che non ha uguali in tutto il mondo delle grandi democrazie, dell'uso di questo strumento, auspicando il ricorso ad esso solo nei casi in cui ve ne fosse effettiva necessità.
Ancor più rilevante è la seconda questione, relativa all'uso distorto ed alcune volte illegale delle intercettazioni telefoniche.
Siamo da poco usciti da un periodo tormentato, in cui l'avviso di garanzia, nato al fine di tutelare l'indagato, era divenuto, se usato strumentalmente, il mezzo principe per squalificare presso l'opinione pubblica il soggetto che si voleva colpire.
In questi ultimi anni, sia perché la classe politica ha accresciuto la propria credibilità, sia per la conclamata infondatezza di alcune accuse, questo strumento non ha più impatto sull'opinione pubblica e si è pertanto passati ad un altro mezzo, che è quello della divulgazione delle intercettazioni coperte dal segreto, da trasmettere a giornalisti complici.
Questo meccanismo è assai efficace dal punto di vista mediatico perché si presta a ben due livelli di strumentalizzazione. Il primo è quello posto in essere dalla fonte, che passa spezzoni che gli interessano e cela quelli che ritiene opportuno non divulgare. Il secondo livello è quello adottato dal giornale che, a sua volta, decide cosa pubblicare e cosa no.
Anche se, in sostanza, questa pratica è scevra da rischi, è comunque necessario commettere un reato, e allora, per evitare ciò, oggi si assiste all'uso di un altro strumento di squalifica, più raffinato in quanto formalmente legittimo. Per un qualunque procedimento, infatti, la motivazione è redatta ad libitum dall'estensore, che può alternativamente depositare tutto il materiale relativo alle intercettazioni
oppure depositare soltanto quelle parti di cui ha deciso di avvalersi in sede di motivazione, citando conversazioni, parti delle stesse o addirittura riassunti.
Colleghi, qui entriamo sul terreno dei diritti fondamentali previsti dalla prima parte della Costituzione. Essi devono valere per tutti. L'articolo 15 deve essere rispettato. Dobbiamo dire chiaramente - e spero che siate d'accordo - che occorre una condanna morale, prima che giudiziaria, contro la malapratica della diffusione illegittima di intercettazioni.
Le importanti questioni di cui sopra non ci hanno però impedito di tenere nella massima considerazione quello che, da molti anni, è il problema che grava nell'immediato sui cittadini italiani: l'eccessiva durata dei processi, a cui consegue necessariamente quell'accumulo di arretrato che ho definito «debito pubblico giudiziario».
È questa un'occasione importante per cercare di ragionare con obiettività e rigore scientifico su questo tema. Da anni vado ripetendo che, anche se divisi sui rimedi, occorre trovare un terreno comune su cui ragionare. Il Ministero, da parte sua, ha fatto un grande sforzo di chiarezza, potenziando la raccolta e l'elaborazione dei dati, affinché fossero il più possibile attendibili ed esaustivi, compito non facile, atteso che essi vanno raccolti da 1.601 uffici giudiziari diversi.
Tre sono le questioni principali percepite come causa dell'insoddisfacente funzionamento della giustizia italiana (e sottolineo percepite, perché su alcune personalmente non sono d'accordo): l'inadeguatezza delle risorse; la scarsa efficienza; la normativa obsoleta.
Prima di addentrarci nella disamina di questi aspetti, auspico che vengano abbandonati i pregiudizi, le lenti ideologiche e deformanti, le ragioni propagandistiche e che si possa esaminare la situazione per quella che è e non per quella che si vorrebbe che fosse. I dati, nella loro oggettività, parlano chiaro. Essi ci aiutano nella diagnosi. Se infatti una diagnosi corretta può farci sperare in una cura efficace, di certo una sbagliata o distorta non ci può dare nessuna speranza di successo.
Esaminiamo ora, per semplicità, i dati che scaturiscono da macroaggregazioni. A questo proposito dobbiamo fare alcune precisazioni per maggior chiarezza. Indichiamo come sopravvenuti tutti i procedimenti che entrano in ciascun ufficio giudiziario. Questi danno la misura del carico di lavoro degli uffici. Indichiamo invece come «nuovi procedimenti» quelli che entrano ogni anno nella «macchina giustizia». Essi danno la misura della domanda di giustizia che ogni anno si genera nel paese.
Per quanto riguarda la giustizia civile, un dato si evidenzia immediatamente: in tutta la storia della Repubblica si registra un continuo aumento del contenzioso civile. Siamo passati da un milione di «nuovi procedimenti» stimati nel 1960 a 3 milioni 670 mila del 2001. Questi dati ci dicono che siamo il popolo più litigioso dell'Unione europea. Si tratta di una domanda che promana dalla società, sulla quale evidentemente non abbiamo molte azioni da esperire. Ricordo che il Governo ha introdotto la pratica dell'arbitrato ma, a fronte di questi numeri, lo scorso anno ci sono stati 20 mila casi di ricorso ad arbitrati.
Anche durante il corso di questa legislatura il trend si è attestato in aumento. Siamo infatti passati dai 3 milioni 670 mila procedimenti di cui sopra ai 4 milioni 200 mila del 2004, con un aumento di più di 500 mila all'anno. Un dato che non può non fare pensare a misure di natura alternativa o deflattiva. Se infatti non correggiamo questo trend, qualsivoglia intervento è destinato ad essere vanificato.
La giacenza media si attestava nel 2001 intorno a 87 mesi per i tre gradi di giudizio. Contestualmente, i procedimenti pendenti ammontavano a 5 milioni.
Quanto alla giustizia penale, nel 2001 i «nuovi procedimenti» iscritti a carico di «noti» erano attestati intorno al milione 473 mila, mentre i relativi procedimenti pendenti al gennaio 2001 erano pari a circa 3 milioni 800 mila.
Se esaminiamo anche i procedimenti a carico di ignoti, le cifre aumentano considerevolmente. I nuovi procedimenti ammontavano infatti, sempre nel 2001, a 3 milioni 500 mila con 5 milioni 800 mila pendenti, mentre la giacenza media si attestava intorno agli 82 mesi.
Occorre dire che la lunga durata ha determinato un aumento costante delle prescrizioni, che sono passate da 98 mila nel 2001 a circa 200 mila nel 2005.
A proposito di questo argomento, preciso che la legge n. 251 del 5 dicembre 2005, che varia alcuni termini di prescrizione, porterà, secondo le stime del Ministero, ad un ulteriore aumento di prescritti di circa 35 mila procedimenti.
Occorre poi segnalare che esiste il fenomeno delle cosiddette «false pendenze», che sono quei procedimenti già di fatto definiti, ma non dichiarati tali dagli uffici e quindi non presenti nel sistema informatico. Su questo tema, il Ministero ha avviato un'approfondita indagine, di concerto con l'ispettorato. Non disponiamo a tutt'oggi di dati esaustivi ma si può stimare che il fenomeno interessi una quantità oscillante fra il 5 e il 10 per cento delle pendenze.
Vengo ora all'impiego delle risorse umane e finanziarie. I paesi europei dedicano alla giustizia un ammontare del proprio bilancio mediamente pari allo 0,5 per cento del PIL. Il nostro paese non si discosta da questa linea: siamo passati infatti dallo 0,5 per cento del 1996 allo 0,53 per cento del 2005 in termini di consuntivo. Quindi, come si può vedere, siamo allineati con i parametri degli altri paesi europei, i cui tempi della giustizia sono tuttavia più rapidi dei nostri. Dunque evidentemente, a mio parere, le cause dei ritardi vanno cercate altrove e non nell'insufficienza delle risorse.
Sul fronte delle risorse umane si è perseguito l'obiettivo di migliorare l'efficienza. Quindi più capacità di smaltimento dei procedimenti, ottimizzando le risorse a disposizione, il che significa, nell'ottica di questo Governo, più magistrati e meno personale amministrativo.
I magistrati togati in servizio sono aumentati da 8.659 a 9.201, mentre per i giudici di pace si registra un incremento da 6.043 a 7.974. Segnalo che, in data 10 gennaio, ho inviato al Consiglio superiore della magistratura una proposta per l'aumento dell'organico di ulteriori 116 magistrati togati.
Contestualmente il personale amministrativo è passato da 44.027 presenze a 42.673, in ottemperanza agli obiettivi di fondo del Governo relativamente alla diminuzione della spesa pubblica.
Per quanto riguarda gli interventi organizzativi, fin da subito siamo stati consapevoli che, al fine di intervenire efficacemente sui ritardi alla giustizia italiana, occorreva dispiegare molte energie per introdurre, sia nell'organizzazione dell'esercizio della giurisdizione, sia nella macchina ministeriale, una mentalità nuova volta all'eliminazione degli sprechi, al contenimento della burocrazia, alla cultura dell'efficienza, ad una maggiore agilità della struttura.
Su questo fronte abbiamo incontrato le stesse fortissime resistenze che abbiamo dovuto affrontare in sede di azione legislativa, in questo caso aggravate da un'azione di controllo esasperato da parte della Corte dei conti sull'attività del Ministero che, a mio avviso, in alcuni momenti ha assunto aspetti che hanno travalicato le usuali funzione di controllo. Mi rendo conto di fare un'affermazione impegnativa, della quale mi assumo la responsabilità, ma ritengo mio dovere rendere noto al Parlamento che solo al Ministero della giustizia è stato di fatto impedito di avvalersi di consulenze, che in tutte le organizzazioni, pubbliche e private, portano spesso un fattivo apporto di nuova cultura e conoscenza, e soprattutto consentono di raggiungere risultati rilevanti sul piano dell'efficienza.
Malgrado questi ostacoli abbiamo raggiunto significativi risultati. Sul piano della spesa abbiamo drasticamente ridotto i costi unitari delle intercettazioni - come dicevo prima - e della stenotipia. Abbiamo fornito tutti i magistrati di computer; è stato avviato il processo telematico;
è stato varato lo strumento della notifica a mezzo posta con circa un milione e 700 mila notifiche solo nel 2005.
È stato ideato e realizzato, anche con la collaborazione del Consiglio superiore della magistratura, un potente strumento per la valutazione dell'efficienza degli uffici giudiziari, denominato «Cruscotto». La necessità di tale strumento è resa evidente dal fatto che, se disaggreghiamo i dati nazionali, emerge una eclatante disparità di efficienza tra gli uffici. Vi sono infatti realtà in cui un processo civile di primo grado dura mediamente 300 giorni e altre realtà in cui il medesimo processo ne dura 1.500. Il «Cruscotto» consente di individuare oggettivamente i nodi critici e di intervenire tempestivamente al fine di scioglierli.
Uno strumento in cui confidiamo molto è il processo telematico; esso è in fase di avanzata sperimentazione ed è già operativo, relativamente ai decreti ingiuntivi, al tribunale di Bologna.
Un grande sforzo, in termini progettuali ed umani è stato espletato sul fronte dell'edilizia giudiziaria. Siamo infatti convinti che ambienti moderni e razionali migliorino di molto la qualità e la quantità dei servizi resi, compresi quelli relativi alla giustizia. Ricordo che nel corso della passata legislatura sono stati finanziati 87 progetti per un totale di 435 milioni di euro. In questa ultima, i progetti finanziati sono stati 170 per un totale di 313 mila metri quadrati, con una spesa pari a 616 milioni, in aumento quindi del 50 per cento. Se ad essi aggiungiamo gli investimenti relativi all'edilizia demaniale, abbiamo raggiunto complessivamente investimenti pari a 771 milioni di euro, quindi nettamente superiori a quelli della passata legislatura.
Nel corso della legislatura è stata varata una serie considerevole di riforme al fine di ovviare all'ammodernamento della normativa, troppe volte obsoleta, come sopra richiamato. Ricordo le più importanti: la legge n. 366 del 2001, riforma del diritto societario; la legge n. 44 del 2002, norme sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura; la legge n. 279 del 2002, che proroga l'articolo 41-bis; la legge 18 luglio 2003, n. 180, che modifica le norme di accesso all'avvocatura, ponendo fine al cosiddetto turismo forense; la legge n. 80 del 2005, che ha delegato il Governo a riformare parte del codice di procedura civile e le procedure concorsuali ed infine la già ricordata legge n. 150 del 2005, di riforma dell'ordinamento giudiziario. Si tratta di un corpus di riforme che vanno ad incidere profondamente sulla competitività del sistema paese, rendendolo più moderno, efficiente e più preparato per affrontare la grande sfida della globalizzazione. Possiamo affermare, senza tema di smentita, che nessuna legislatura ha mai portato a termine una così vasta opera riformatrice, in termini ordinamentali, sostanziali e procedurali. Il merito di ciò va soprattutto a voi, colleghi della maggioranza, e alla vostra preziosa opera. A voi dico: grazie, siate orgogliosi del lavoro svolto. Ringrazio anche i colleghi dell'opposizione per tutte le occasioni nelle quali hanno inteso abbandonare sterili posizioni ostruzionistiche per portare invece un fattivo e positivo apporto alla stesura dei testi. Ciò è accaduto in più di un'occasione.
Naturalmente occorrerà qualche tempo prima che questa vasta opera riformatrice possa dispiegare appieno i propri effetti. Possiamo invece soffermarci a valutare se l'azione riorganizzatrice, portata avanti unitamente agli effetti di alcune riforme varate nella passata legislatura, abbia prodotto effetti positivi. I dati prodotti dal Ministero, oggi assai più attendibili di ieri, sia perché elaborati con criteri più rigorosi sia perché l'informatizzazione degli uffici è sempre più compiuta, ci lasciano elementi di moderato ottimismo.
Partiamo dalla più grande macroaggregazione: il totale dei procedimenti pendenti. Il debito giudiziario ammontava a 10 milioni 700 mila procedimenti pendenti nel 2001; oggi ammonta a meno di 10 milioni. Si conferma, quindi, che da qualche tempo il trend di crescita dell'arretrato è stato fermato e oggi assistiamo ad un trend in diminuzione sia in campo civile che penale.
È un dato positivo, che va a merito, soprattutto, degli operatori della giustizia.
Naturalmente, disaggregando i dati, il quadro si presenta con luci ed ombre. Nel processo civile, infatti, verifichiamo dati sicuramente positivi per i tribunali ordinari, mentre un deciso aumento di sopravvenienze ha messo in difficoltà i giudici di pace.
Preoccupante, invece, è la situazione delle Corti di appello dove un forte aumento delle sopravvenienze, dovute soprattutto alla cosiddetta legge Pinto e alle nuove competenze in materia di lavoro e previdenza, ha fatto sì che le pendenze siano aumentate notevolmente.
Nel processo penale si nota una capacità di smaltimento delle procure leggermente superiore alle sopravvenienze, con effetti positivi sulle pendenze. Al contrario, i dibattimenti in tribunale segnalano un deficit di capacità di smaltimento, con conseguente aumento delle pendenze. Analoghe considerazioni si possono fare per le Corti di appello.
Vengo ora alla vexata quaestio della durata dei procedimenti. Com'è noto, infatti, fin dal 1980 il nostro paese è sotto osservazione dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. Questo organismo ha rilasciato in data 30 novembre 2005 la risoluzione interinale n. 114 in cui, tra l'altro, si può leggere: «Il Comitato dei ministri (...), accogliendo favorevolmente gli sforzi ripetuti del Governo e del Parlamento italiano e delle autorità giudiziarie stesse in questi ultimi anni e, in particolare, il recente piano d'azione che è stato sottoposto al Comitato dei ministri, incentrato sulle riforme legislative volte ad accelerare i procedimenti civili; osservando che la persistenza e l'evoluzione di questa situazione, dagli anni Ottanta, ha messo chiaramente in luce la natura strutturale e complessa dei problemi che colpiscono la maggior parte delle giurisdizioni italiane civili, penali e amministrative, anche ai più alti livelli; chiede alle autorità competenti di realizzare una politica nazionale efficace, coordinata ai più alti livelli governativi, per giungere ad una soluzione globale del problema, e di presentare, al più tardi entro la fine del 2006, un nuovo piano d'azione fondato sul bilancio dei risultati ottenuti e che comprenda un approccio efficace per l'attuazione dello stesso»... Colleghi, se non interessa mi fermo... Non so, Presidente, veda lei!
PRESIDENTE. Prego i colleghi di seguire ordinatamente...
ROBERTO GIACHETTI. Ci interessa molto!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. I dati statistici ci dicono che i risultati raggiunti non sono negativi. Nel processo civile si può riscontrare un miglioramento significativo del primo grado, dove si passa da una durata media di 16 mesi del 2001 ad una di 13 del 2004, mentre invece si registra un leggero aumento della Cassazione, dove si passa da una giacenza media di 28 mesi nel 2001 ad una di 30,5 nel 2004. Ciò è dovuto al numero assai elevato di procedimenti pervenuti, non consono alla peculiarità di una suprema Corte, che vanifica gli indubitabili sforzi organizzativi che sono stati posti in essere dalla Corte stessa. Il dato aggregato finale resta pertanto stazionario. Ricordo che, per rientrare nella media europea, occorre guadagnare circa 17 mesi. Anche nel processo penale la durata si è mantenuta stazionaria, intorno agli 82 mesi. Ricordo che l'atto Senato 3600, approvato dall'Assemblea in data 12 gennaio 2006, porterà ad una riduzione dei tempi che sarà presumibilmente compensata, in misura al momento non prevedibile, da un aumento della pendenza in Cassazione.
Veniamo ora alla situazione penitenziaria. L'aumento tendenziale della popolazione penitenziaria è un fenomeno comune a molte società occidentali. In questi anni il fenomeno ha visto un'accelerazione dovuta all'accresciuta domanda di sicurezza da parte dei cittadini, da un lato, e all'aumento costante degli stranieri clandestini, dall'altro. Il nostro paese non sfugge a queste logiche. Oltre ai crimini tradizionali, ha assunto rilevanza il fenomeno
della contraffazione di prodotti protetti da marchi e brevetti, con l'utilizzo di manovalanza tratta, appunto, da soggetti immigrati clandestinamente.
La Guardia di finanza, nel solo 2005, ha denunciato 11.551 persone, di cui 584 tratte in arresto. La positiva attività dell'Alto commissario per la lotta alla contraffazione, recentemente istituito, contribuirà certamente ad aumentare questi numeri, con ricadute sulla popolazione penitenziaria. Fino agli anni Novanta, essa è stata tenuta sotto controllo con periodici provvedimenti di amnistia e indulto.
Soluzioni accettate dai cittadini se aventi carattere straordinario, ma non condivise se usate come strumento usuale di governo del fenomeno.
Il costante ricorso a provvedimenti di natura clemenziale contraddice alcuni capisaldi dell'esercizio di una giustizia percepita come equa dall'opinione pubblica. Viola il principio della certezza della pena e insinua, soprattutto nelle classi sociali più deboli, che sono quelle che pagano il prezzo più alto ai cosiddetti crimini minori, un inaccettabile senso di insicurezza e di abbandono da parte dello Stato. Vorrei citare, a questo proposito, un pensiero del Beccaria: «Ma si consideri (...) che il far vedere agli uomini che si possono perdonare i delitti e che la pena non ne è la necessaria conseguenza è un fomentare la lusinga dell'impunità, è un far credere che, potendosi perdonare, le condanne non perdonate siano piuttosto violenza della forza che emanazioni della giustizia».
Negli anni Novanta, soprattutto a seguito della novella della Costituzione, questa pratica è stata abbandonata senza che a ciò facesse seguito alcuna seria politica per la gestione del fenomeno. A questo proposito, ricordo che nel decennio scorso è stata programmata la costruzione di un solo nuovo penitenziario, ponendo così le inevitabili premesse per l'attuale difficile situazione, atteso che tra la programmazione e l'avvio di una nuova struttura passano almeno, con gli strumenti tradizionali, dieci anni.
Consapevoli che l'aumento della popolazione, legato soprattutto al fenomeno dell'immigrazione clandestina, è ormai diventato un dato fisiologico del sistema, abbiamo dato vita ad un vasto piano di costruzione di nuovi penitenziari. Di essi, 23 sono stati programmati con lo strumento tradizionale delle poste in finanziaria e realizzazione da parte del Ministero delle infrastrutture.
Per questa via sono stati aggiudicati i lavori di 4 penitenziari e altri 2, Savona e Rovigo, saranno aggiudicati nei prossimi giorni, per un totale di 2 mila posti.
Poiché questa procedura richiede tempi lunghi, abbiamo ricercato vie innovative, trovandone due: lo strumento del leasing e la costituzione di una società, la Dike Aedifica, che potesse impiegare fondi derivanti dalla dismissione di carceri obsoleti.
Attraverso il primo strumento, sono già stati aggiudicati i lavori per l'ampliamento dell'istituto di Bollate, mentre, invece, sul secondo fronte, la Patrimonio spa, società deputata a valorizzare i vecchi penitenziari, non è ancora riuscita a garantire sufficienti finanziamenti.
Consapevoli del fatto che costruire nuovi penitenziari non è una risposta esaustiva, abbiamo agito sul fronte del contenimento del numero dei detenuti.
Atteso che il problema fondamentale è costituito dagli stranieri, abbiamo individuato anche qui strumenti innovativi. Attraverso la legge Bossi-Fini, rimpatriamo, liberi - ripeto, liberi -, circa cento detenuti al mese nei paesi di origine, e abbiamo stipulato, fatto senza precedenti, accordi con Albania, Bulgaria e Romania al fine di far scontare la pena in patria. Il bilancio è, fino ad ora, di 3.890 detenuti stranieri espulsi.
Segnalo che il bilancio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è passato da 2.312 milioni di euro nel 2000 a 2.807 milioni previsti per il 2006. Ciò significa che un detenuto costa ai cittadini italiani circa 130 euro al giorno, mentre negli Stati Uniti costa 63 dollari, cioè meno della metà.
A fronte di un organico di 44 mila unità, il Corpo di polizia penitenziaria ne conta attualmente 43 mila. Ciò significa un agente ogni 1,4 detenuti. La media europea è di un agente ogni 3 detenuti, mentre quella degli USA è di un agente ogni 7 detenuti.
E ancora, lo Stato spende pro capite, per la salute dei detenuti, il doppio che per i cittadini liberi. I suicidi sono passati dall'1,25 per mille del 2001 allo 0,88 per mille del 2005, con un significativo calo.
Segnalo che il 16 gennaio è stato inaugurato il nuovo istituto di Ancona; con ciò, il totale di nuovi posti realizzati, rispetto al 2001, è di 3.500 (regolamentari; se, invece, consideriamo il numero dei posti tollerabili, saliamo a 5 mila). Adottando i parametri di massima tollerabilità, la capienza è aumentata da 60 mila a 65 mila, a fronte di un numero di detenuti pari a 59.500 unità rilevate al 15 gennaio scorso.
Quanto all'attività internazionale, in tutta la nostra attività abbiamo sempre cercato di ispirarci ad un principio ben preciso: contribuire con decisione alla realizzazione di tutte le iniziative che abbiamo ritenuto positive per il nostro paese ma, per contro, contrastare decisamente quelle che andassero contro gli interessi o i principi fondamentali dello Stato. Ciò senza alcun timore reverenziale.
A questo proposito, occorre precisare che non è stato facile, atteso che, nel 2001, l'imperativo categorico sembrava fosse riassunto nel detto «Europa a tutti i costi» e che, conseguentemente, si dovesse appoggiare acriticamente ogni iniziativa di origine comunitaria, anche se contraria agli interessi nazionali, pena la perdita di prestigio in campo internazionale.
Ebbene, devo dire che, più di una volta, le ferme prese di posizione assunte ci hanno consentito di conseguire risultati a prima vista ritenuti irraggiungibili. Possiamo dire, senza tema di smentita, che oggi il nostro prestigio è aumentato, siamo ascoltati e considerati. Ricordo, a questo proposito, che molti dei dubbi e delle perplessità che, a suo tempo, avevamo sollevato riguardo al testo della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, sono oggi confermati dalle sentenze di incostituzionalità che le Corti costituzionali di alcuni Stati membri hanno emanato relativamente al rispetto del principio di legalità.
L'attività europea ed internazionale del Ministero della giustizia ha conosciuto, nel corso degli ultimi anni, una notevole espansione, il cui carattere appare strutturale. Tale attività si può ripartire, a grandi linee, tra l'ambito europeo, quello bilaterale e gli altri ambiti multilaterali.
Il primo settore ha avuto un rilievo affatto particolare, anche in relazione alla circostanza che l'Italia ha ricoperto, come è noto, la Presidenza dell'Unione europea nel secondo semestre 2003. Tra i risultati della nostra Presidenza, che è stata concordemente ritenuta un successo, tengo a segnalare la cooperazione in materia civile, l'adozione del regolamento sulla responsabilità parentale. Si tratta di una disciplina nuova, che regola i casi di separazione o divorzio tra cittadini di diversi paesi membri, di sottrazione di minori e di definizione delle questioni patrimoniali. Altro risultato nel settore civile è stato l'approvazione della posizione comune sul titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, che consente al creditore di rivalersi del proprio credito in uno qualsiasi dei paesi membri, ove in possesso di una sentenza esecutiva.
In campo penale, è stata approvata la decisione quadro sul traffico di droga, che introduce in Europa una disciplina minima comune per il contrasto a tale abietto fenomeno. Merita, inoltre, segnalazione l'adozione della decisione quadro contro la pedopornografia, cui si era lavorato già prima del nostro semestre di presidenza, che è stata infine resa possibile con la rimozione delle ultime riserve parlamentari pendenti sul testo.
In campo bilaterale, sono stati siglati importanti accordi, tra i quali quelli con vari paesi dell'Europa sud-orientale, volti al rimpatrio delle persone condannate - come ho già ricordato - per il proseguimento dell'esecuzione della pena, anche in assenza del consenso dell'interessato. Altro
accordo di carattere fortemente innovativo è stato quello sull'estradizione firmato con il Canada.
L'altro aspetto fondamentale è stato quello della cooperazione e dell'assistenza. Cito in primo luogo l'Afghanistan, dove l'Italia ha, in questi anni, il «ruolo guida» per la giustizia, attraverso il quale è stato apportato un contributo fondamentale al quadro giuridico del paese, in particolare nella redazione del codice di procedura penale, del codice penitenziario e di quello minorile.
Numerose iniziative hanno avuto poi luogo nell'area mediterranea e in quella balcanica. Con i paesi arabi si segnalano la prima Conferenza ministeriale della Lega araba, svoltasi in un paese terzo, e l'assistenza alla redazione di un modello di legge araba sulla cooperazione penale, ufficialmente adottato dalla Lega stessa, oltre a una specifica attività di formazione rivolta all'Iraq.
È proseguita la cooperazione verso l'Albania e gli altri paesi balcanici in termini di risorse materiali e di formazione.
È in atto, tra l'altro, dal 2003, un ampio progetto europeo svolto dall'Italia in partenariato con l'Austria, che mira all'avvicinamento delle legislazioni nazionali al diritto comunitario.
Anche negli altri fori internazionali, infine, quali il Consiglio d'Europa e il G8, abbiamo posto l'accento, oltre che sulla minaccia del terrorismo internazionale, sulla difesa dei minori dal turpe fenomeno della pedopornografia, che si avvale oggi anche delle nuove tecnologie.
Quanto all'attività per il 2006, l'anno in corso sarà caratterizzato dalle elezioni generali che, secondo le regole della democrazia, in linea teorica, potrebbero portare anche ad un cambio della maggioranza parlamentare. Pertanto, non è da escludere un mutamento di indirizzo su alcune linee di azione.
Non vi è dubbio però che, quale che sia il nuovo Governo, occorrerà agire su alcune linee di continuità.
Sarà pertanto necessario monitorare gli effetti delle importanti riforme approvate. Mi riferisco alla riforma del diritto societario, a quella delle procedure concorsuali, alla novellazione del codice di procedura civile. Come tutte le grandi riforme, esse necessitano sicuramente di messe a punto e correzioni, così come, d'altra parte, le relative leggi delega già prevedono.
Con la riforma dell'ordinamento giudiziario è stata creata una macchina sofisticata, complessa, che necessita di un'attenta ma soprattutto capace gestione. Questa sarà sicuramente la sfida maggiore per l'anno in corso. Occorrerà anche un'interlocuzione costante con il Consiglio superiore della magistratura, organo a cui, per Costituzione, spetta un ruolo fondamentale per l'armonico dispiegarsi degli effetti della legge. Pensiamo alla creazione della scuola, alla gestione dei concorsi per l'accesso, per l'avanzamento in carriera. Pensiamo, infine, al decentramento amministrativo, passaggio fondamentale per una giustizia più vicina ai cittadini.
Sul piano normativo, non vi è dubbio che occorre portare a termine il vasto piano di riforme avviato in questa legislatura e, quindi, sotto questo aspetto, approfittando anche dell'avvio di una nuova legislatura, che necessariamente porta con sé grandi afflati di novità, è necessario sottoporre all'esame del Parlamento testi di riforma del codice penale e del codice di procedura penale. Sia nella passata sia nella presente legislatura sono stati realizzati positivi sforzi in tal senso, che purtroppo non sono andati al di là di una sia pur utile e significativa operazione di natura culturale.
Da parte mia, ho apprezzato sia il lavoro della commissione Grosso sia quello della commissione Nordio, che ha fatto peraltro tesoro di molti principi espressi dalla prima. Confido che la prossima legislatura possa raggiungere il risultato storico del superamento del codice penale. Peraltro, non va dimenticato il proficuo lavoro della commissione D'Alia in materia di codice di procedura penale.
A questo proposito, non posso che rivolgere un accorato appello ai colleghi parlamentari. Abbiamo la grande occasione di cancellare alcuni reati di opinione ancora presenti nel nostro ordinamento e
ringrazio la Camera per aver licenziato un testo assolutamente condivisibile; ritengo che l'approvazione di tale testo, che aumenta il tasso di libertà e democrazia del paese, sarebbe un fiore all'occhiello per questa legislatura e un ottimo viatico per quella che verrà.
Vi è inoltre la stringente necessità di presentare al Parlamento un testo di riforma del tribunale dei minori, anche per superare una pagina non commendevole di questa legislatura che ha visto un testo, presentato dal Governo e profondamente elaborato dalla Commissione giustizia, bocciato in aula alla Camera, non a seguito di un franco e leale dibattito e di un voto palese, come sarebbe stato peraltro legittimo, ma attraverso un proditorio agguato per mezzo di un voto segreto. I problemi in questo campo permangono gravi e danno vita a vere e proprie tragedie esistenziali e familiari. Il Governo e il Parlamento non possono più restare indifferenti.
Infine, non è più procrastinabile la riforma delle professioni intellettuali, che può e deve essere varata, partendo dal vasto e articolato lavoro fatto in Parlamento e nelle commissioni ministeriali. Ritengo assolutamente possibile giungere ad un testo largamente condiviso, che possa coniugare la necessità di liberalizzazione, da un lato, e di assicurare le garanzie di professionalità e deontologia che gli utenti richiedono ai professionisti, dall'altro.
Colleghi, senza nulla togliere ai principi di autonomia e indipendenza della magistratura, abbiamo il dovere di intervenire per correggere alcuni aspetti che rischiano di assumere un carattere patologico. Uno di questi è sicuramente l'autoreferenzialità, sicuramente non voluta dalla Costituzione. Al riguardo, si pone il problema millenario: «Quis custodiet (...) custodes»?
Occorre pertanto presentare un disegno di legge di riforma costituzionale che istituisca un organo indipendente, formato da esimie personalità, che funga da sezione disciplinare per i magistrati. Occorre anche riflettere sulla necessità, in nome del principio della terzietà, di una ulteriore riforma costituzionale che istituisca tribunali indipendenti, quando tra le parti in causa vi siano magistrati. È questo un principio fondamentale di garanzia che eliminerebbe ogni conflitto di interessi, così come deve avvenire per ogni manifestazione di una ordinata società fondata su principi democratici.
Per quanto riguarda la politica penitenziaria, sono profondamente convinto che, in questo momento storico caratterizzato, da un lato, da una sempre maggiore richiesta di sicurezza che promana dalla società e, dall'altro, dalla percezione di insicurezza che la piccola criminalità, legata al fenomeno dell'immigrazione clandestina, crea, non possa esservi altra politica se non quella di fermezza, pena una grave protesta da parte dei cittadini. Ciò porta, come coerente conseguenza, l'aumento della popolazione penitenziaria, e pertanto occorre proseguire con determinazione sulla strada intrapresa, anche e soprattutto al fine di garantire ai detenuti una sistemazione civile. Ho sempre sostenuto, infatti, che lo Stato ha il diritto-dovere di togliere la libertà a chi viola le leggi, ma non può privarlo della dignità.
Contestualmente, dovranno essere individuate misure decongestionanti, che possono essere perseguite senza offendere la sete di giustizia dei cittadini e delle vittime dei reati. Penso al lavoro come forma di risarcimento nei confronti della società; penso ad interventi a favore delle detenute madri e, più in generale, verso quei detenuti che hanno figli a carico.
Infine, i provvedimenti in materia di lotta alla criminalità organizzata, voluti e varati dal Governo, vanno mantenuti e incrementati, atteso che si sono dimostrati efficaci.
Ricordo, tra l'altro, che nel 2005, utilizzando gli articoli 1 e 2 della legge n. 279 del 23 dicembre 2002, per la prima volta nella storia della Repubblica è stato applicato il regime cosiddetto del 41-bis anche ad alcuni terroristi, a testimonianza della determinazione del Governo nella lotta a questo triste fenomeno.
È necessario, infine, che il Parlamento vari la legge di trasposizione relativa alla
decisione quadro in materia di congelamento dei beni da sottoporre a sequestro o confisca.
Signori deputati, possiamo dire, con orgoglio e senza tema di smentita, che mai una legislatura ha dispiegato un'azione riformatrice così vasta e profonda in tema di giustizia.
La riforma dell'ordinamento giudiziario, mai realizzata nella storia della Repubblica, la riforma del diritto societario, mai realizzata nella storia della Repubblica, la riforma delle procedure concorsuali, mai realizzata nella storia della Repubblica, la riforma di una parte significativa del codice di procedura civile, mai realizzata, con questa ampiezza, nella storia della Repubblica, testimoniano il grande e fattivo impegno del Parlamento e del Governo. Ma, soprattutto, dobbiamo essere orgogliosi di aver riaffermato, dopo anni di difficoltà, la centralità del Parlamento, il diritto-dovere di realizzare il programma presentato al popolo sovrano, davanti al quale ci ripresentiamo certi di aver fatto il nostro dovere.
Possiamo dire con soddisfazione ai cittadini italiani: «Abbiamo mantenuto l'impegno assunto nel 2001».
Vi ringrazio, infine, anche per il sostegno, soprattutto umano, che non mi avete mai fatto mancare, anche in momenti difficili. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Saluto gli alunni ed i docenti del Liceo classico Francesco Vivona di Roma e dell'Istituto comprensivo Fratelli Bandiera, sempre di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Immagino per un richiamo al regolamento...
ROBERTO GIACHETTI. Sì, Presidente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, faccio riferimento all'articolo 48-bis del regolamento per dire che, al di là di quello che abbiamo ascoltato, la presenza dei colleghi del gruppo della Lega Nord ha maturato un applauso lungo e scrosciante, e noi ne siamo lieti; però...
PRESIDENTE. Non è proibito dal regolamento...
MASSIMO POLLEDRI. Per adesso...!
ROBERTO GIACHETTI. Assolutamente: sto illustrando il mio richiamo al regolamento.
Vorrei tuttavia fare presente, signor Presidente, che, in quest'aula, oggi c'è la metà dei deputati che c'erano il giorno della convocazione straordinaria della Camera dei deputati, che non era di mercoledì, giorno di votazioni. Dico questo anche per informare il ministro Castelli, il quale in quell'occasione, dimostrando la sua forza e la sua capacità di statista, rilasciò le dichiarazioni riferite al Parlamento che tutti conosciamo (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Ecco, vorrei semplicemente che si sapesse, per gli alunni che sono in tribuna...
ELIO VITO. Presidente, non è un richiamo al regolamento!
ROBERTO GIACHETTI. ... e per coloro che ci ascoltano (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) attraverso i mezzi di informazione, che oggi in aula, per questo importante argomento, è presente la metà dei deputati che c'erano il giorno della convocazione straordinaria dell'Assemblea (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Quelli della sinistra! Guarda quanti ce ne sono!
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, la inviterei a richiamare il collega Giachetti a non voler abusare, con una prassi costante, dei richiami al regolamento, anche perché le considerazioni appena svolte non hanno nulla a che fare con il richiamo al regolamento. Se questa è la prassi, aggiungo solo una osservazione nel tempo massimo di un minuto, ricordando al collega Giachetti che oggi siamo ad un consuntivo di cinque anni di attività in materia di giustizia che consente a questo paese di divenire un paese moderno.
La convocazione della seduta straordinaria chiesta dal collega Giachetti si è scontrata con un nulla di fatto in aula su una materia che non aveva nulla a che fare con i lavori, se non in termini di vetrina elettorale, che ancora oggi si presenta in forma maldestra (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, atteso che sono un ex alunno di liceo classico, volevo che lei mi consentisse di esprimere un saluto particolarmente caloroso agli allievi che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune e di complimentarmi con loro per la scelta fatta (Applausi).
PRESIDENTE. Sta bene. Le è consentito, signor ministro.
Onorevole Giachetti, capisco il desiderio legittimo di vedere sempre i nostri banchi pieni, che risponde anche alle norme contenute nel regolamento, ma ho l'impressione che questa volta ella abbia un po' abusato della sua facoltà di richiamo al regolamento. In questo caso non mi pare che vi siano profili che richiedano al Presidente di intervenire nel senso indicato.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia.
Poiché vi è un deputato che sta fischiettando, ritengo che potrebbe anche farlo fuori, per rallegrare i passanti (Applausi)...
ROBERTO GIACHETTI. Fare fuori il deputato o fare fuori il fischio?
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, anzitutto vorrei ringraziare il ministro per la relazione esaustiva, puntuale e coraggiosa, che ha testé reso in aula. Infatti, abbiamo avuto il coraggio di avviare molti provvedimenti, come ha appena evidenziato il ministro nella sua relazione, e portare a compimento la più ampia attività di riforma in materia di giustizia. Siamo riusciti a realizzare ciò grazie al coraggio di portare avanti un importantissimo processo di riforme, che penso non possa essere contestato nemmeno da chi, in questi cinque anni di governo della Casa delle libertà, deliberatamente, ha scelto di non voler condividere con noi tale percorso di riforma. È bene ricordarlo, non lo ha fatto forse il ministro, ma moltissime sono state le polemiche, gli attacchi, l'assoluta mancanza di dialogo che abbiamo registrato nelle aule parlamentari ed anche moltissime sono state le resistenze al di fuori di quest'aula, nel paese, portate avanti da oligarchie di potere - perché è giusto definirle così - che avevano sicuramente più a cuore la tutela e la difesa di prerogative personali, anziché l'interesse dei cittadini, dei cittadini utenti della giustizia, che sono stati il «faro» che ha orientato
il percorso del processo di riforma della Casa delle libertà e del ministro Castelli.
È vero, onorevole Giachetti, oggi siamo qui ad inaugurare, per la prima volta, in maniera solenne l'anno giudiziario. È un'innovazione importantissima questa, che abbiamo apportato con l'approvazione del nuovo ordinamento giudiziario. Per la prima volta, in un'aula parlamentare e non in un'aula piena solo di persone che indossano ermellini o, comunque di «addetti ai lavori», si inaugura l'anno giudiziario e lo si fa nella sede più opportuna, ossia quella dell'aula parlamentare in cui siedono gli eletti del popolo sovrano.
Forse, lo dico con rammarico, avremmo dovuto comprendere tutti maggiormente l'importanza di questa nostra assise. Tuttavia, è chiaro, non si può rispondere dei comportamenti di tutti. Comunque, come dicevo, il ministro ha rilevato l'importanza di approvare la riforma dell'ordinamento giudiziario.
Era dal 1934, ancora in epoca fascista, che si attendeva una riforma dell'ordinamento, che lo adeguasse finalmente ai principi e ai dettami della Costituzione repubblicana. Lei, ministro Castelli, e noi maggioranza di Governo, appartenenti alla Casa della libertà, abbiamo realizzato questa importante riforma. Ciò, certamente, non per minare l'autonomia o l'indipendenza della magistratura (questo è il ritornello che abbiamo sentito ripetere nelle piazze «girotondine») e non certo per sottoporre il potere giudiziario al controllo del potere esecutivo, cosa che, fra l'altro, avviene in moltissimi paesi europei, senza che nessuno gridi allo scandalo e alla violazione delle regole delle moderne democrazie. Eppure, lo abbiamo sentito ripetere tante volte dai magistrati scioperanti nel corso delle loro assemblee.
Noi abbiamo voluto riformare l'ordinamento giudiziario per un riequilibrio doveroso di poteri, ma soprattutto per consentire alla macchina giudiziaria, al sistema giustizia, di avere una classe di magistrati più preparata, più professionale, più efficace, più efficiente, la cui carriera, ad esempio, sia svincolata da criteri di meri automatismi e sia legata, finalmente, a criteri di meritocrazia.
Vi sono ancora degli spunti che sicuramente colgo dall'intervento del ministro Castelli. È vero che, in questi cinque anni, di strada ne è stata fatta molta. Siamo a fine legislatura ed occorre fare un bilancio; ma occorre anche impostare l'attività futura in materia di giustizia. La riforma dell'ordinamento giudiziario è un primo passo importante per il riequilibrio dei poteri; tuttavia, come ha sottolineato il ministro, occorre riflettere su alcuni aspetti che ancora non rendono effettiva l'assoluta e totale indipendenza fra tutti i poteri dello Stato. Non si può sempre rivendicare l'autonomia e l'indipendenza a senso unico; dopodiché, il potere giudiziario, i magistrati sono i primi a travalicare i limiti preassegnati dalla Costituzione, ingerendosi, ad esempio, nell'attività del potere esecutivo, ma soprattutto del potere legislativo. E ricordiamo che il Parlamento, in quanto istituzione rappresentantativa del popolo sovrano, dovrebbe essere assolutamente libero nella sua attività di legiferare. Troppe volte abbiamo assistito ad atteggiamenti, da parte della magistratura, che travalicavano i propri compiti. Si dice che la politica ed il potere legislativo non devono criticare le sentenze; ma penso che i magistrati, a volte, siano andati oltre, spingendosi al limite del comportamento eversivo. Non mi riferisco solo allo sciopero, ma ai proclami contro leggi approvate in modo assolutamente democratico da questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! E siamo andati anche oltre, perché nelle aule giudiziarie, tante volte, le leggi approvate da questo Parlamento e già in vigore vengono disattese dai magistrati!
Il ministro ha toccato il problema dell'immigrazione e del contrasto alla criminalità legata anche al fenomeno dell'immigrazione clandestina. Ebbene, quante volte abbiamo visto magistrati che hanno reso inefficaci le nuove norme in materia di immigrazione, che hanno magari annullato decreti di espulsione o non applicato
le norme penali previste dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, adducendo semplicemente una serie innumerevole di motivazioni? Ricordo dei casi estremi in cui, ad esempio, alcuni extracomunitari trovati sul nostro territorio, già clandestini, che non avevano ottemperato al decreto di espulsione, non sono stati sottoposti a sanzioni penali dal magistrato, asserendo quest'ultimo che non avevano ottemperato al decreto di espulsione perché non lo avevano capito, perché non era scritto nella loro lingua, perché non conoscevamo l'italiano!
Allora, contro queste ingerenze, ministro, è giusto aprire un'ampia riflessione, che non può prescindere da una riflessione sull'attività del CSM in questi anni. Quante critiche all'attività legislativa del Parlamento sovrano! Troppe critiche, al di là dei limiti e dei poteri che la Costituzione assegna a quello che ormai è diventato un «parlamentino» politicizzato, più che l'organo di autogoverno della magistratura.
Allora, è chiaro, è giusto riflettere sul discorso della autoreferenzialità e prevedere anche una riforma dell'organo di autogoverno della magistratura, soprattutto quando si parla di responsabilità dei magistrati, perché non è possibile che ci sia un'identificazione di soggetti fra il controllore e i controllati. Questo è un principio di democrazia, che gli stessi cittadini ci chiedono.
È giusto riflettere, per quanto riguarda le sanzioni disciplinari, sulla possibilità di prevedere un'autorità indipendente, che si occupi di sanzionare i magistrati laddove violino i doveri loro assegnati dalla Costituzione.
L'ordinamento giudiziario ha fatto molto in questa direzione. Finalmente, abbiamo previsto la tipizzazione dell'illecito disciplinare. Abbiamo eliminato l'eccessiva discrezionalità che c'era in materia. Abbiamo scritto, nero su bianco, quali sono i comportamenti che debbono essere sanzionati. Non può essere, però, lo stesso organo cui si applicano le sanzioni a decidere sulle stesse.
Come forza della Casa delle libertà, vorrei dare un altro spunto, che non è stato trattato nella sua relazione, onorevole ministro. In questi giorni - lo abbiamo visto e lei lo ha ripreso benissimo nella sua relazione -, si è tanto parlato di amnistia e di indulto per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. La Lega condivide pienamente la sua posizione. Non si può scaricare sul paese onesto, sui cittadini onesti e sulle vittime dei reati il problema del sovraffollamento carcerario. Altre misure sono da adottare. Bisogna depenalizzare, laddove è possibile. Questo Parlamento ha una grande occasione di depenalizzare i reati di opinione, perché è impossibile che ancora oggi si vada in carcere per aver espresso un pensiero, una semplice opinione (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Questi sono i retaggi di un paese che ancora ricorda l'epoca fascista, il codice Rocco. In questo, i colleghi della sinistra dovrebbero seguirci (Commenti del deputato Lettieri). In questo tipo di battaglia, dovreste essere uniti a noi, invece di opporvi.
Bisogna applicare, laddove possibile, le sanzioni alternative alla detenzione, quando non vi sia la pericolosità del soggetto che viene rimesso in libertà.
È vero: bisogna insistere sull'aspetto rieducativo della pena e, quindi, sul lavoro, che restituisce dignità al detenuto, ossia a un soggetto privato della dignità. È il lavoro che occorre al detenuto per reinserirsi nella società e per evitare, quindi, il problema, che esiste, di essere lasciato solo dallo Stato, perché, magari, si aprono le porte delle carceri prima che sia completato il processo di rieducazione.
Ebbene, i detenuti sono lasciati troppe volte soli dal paese civile. Bisognerebbe anche responsabilizzare gli enti locali affinché aumentino, per esempio, la possibilità di lavoro all'esterno da parte dei detenuti, che, altrimenti, torneranno facilmente a delinquere. Il tasso di recidiva, infatti, è molto alto.
Allora, si deve discutere, senza ipocrisia, su proposte di legge, come quella
presentata dalla Lega nord, sul lavoro civico non retribuito, che abbinano un regime di liberazione anticipata per quei detenuti che scelgano deliberatamente di compiere lavori utili, quali la pulizia degli argini o dei boschi, o lavori particolarmente sentiti dai cittadini.
Un'altra riflessione: si è parlato tanto di amnistia...
PRESIDENTE. Onorevole Lussana, ha finito il suo tempo...
CAROLINA LUSSANA. Concludo, signor Presidente.
Sull'amnistia come colpo di spugna per liberare le scrivanie dei pubblici ministeri non siamo assolutamente d'accordo.
Si è parlato molto di prescrizione; magari ci saranno polemiche sul fatto che lei ha citato i dati relativi alla cosiddetta ex Cirielli sui 35 mila processi che si prescriveranno. Ma la prescrizione è fisiologica nel nostro sistema. Allora, onorevoli colleghi, non la si risolve con l'amnistia, ma in modo chiaro: non lasciamo in mano ai giudici lo strumento della prescrizione dei processi. Non consentiamo che siano i giudici a scegliere i processi che debbono essere prescritti. Riflettiamo sull'obbligatorietà dell'azione penale e ridiamo piena sovranità al Parlamento.
Che sia il Parlamento a dettare le linee dei reati che debbono essere perseguiti in prima battuta, quei reati che sono particolarmente offensivi e che i cittadini ci chiedono di perseguire senza clemenza, senza scorciatoie e senza il rischio che, magari, qualche magistrato, per perseguire delle inchieste eccellenti, li lasci, alla fine, decadere (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, mi creda, ha profondamente deluso (Commenti del ministro Castelli). So che a lei interessa poco e so che la cosa non la commuove, né potrebbe essere diversamente, ma le esprimo il mio parere come cittadino, come conoscitore dal di dentro del sistema giudiziario, come parlamentare.
Credevo che, dopo cinque anni di Governo a condizioni irripetibili - a nessun altro sarà consentito di agire con tanta libertà e tanto grande maggioranza, come è stato consentito a lei -, ella avesse la possibilità di venire in quest'aula prospettandoci, in una visione organica ed ampia, i problemi che aveva incontrato nel 2001 e le soluzioni che il Governo aveva dato ai problemi della giustizia, le prospettive, gli obiettivi ed i metodi per perseguire tali obiettivi. Invece, ci siamo trovati di fronte ad una relazione che avrebbe potuto scrivere chiunque, qualunque procuratore generale all'inaugurazione di un anno giudiziario, con un elenco di problemi inevasi e di questioni ancora aperte, con una summa di inefficienze alle quali non si indicano le soluzioni adeguate.
A pagina 6 della sua relazione, lei parla di tre problemi fondamentali concepiti come causa di insoddisfazione del funzionamento della giustizia: l'inadeguatezza delle risorse, la scarsa efficienza e la normativa obsoleta. Le domando: chi, se non il Governo, avrebbe dovuto porre rimedio all'inadeguatezza delle risorse, aumentate in maniera ridicola? Chi, se non lei, o il Governo di cui fa parte, avrebbe dovuto porre rimedio alla scarsa efficienza del sistema, e ha avuto cinque anni per farlo? Chi, se non la maggioranza di questo Parlamento, avrebbe dovuto porre rimedio ad una normativa obsoleta, della quale lei si è vantato definendola un corpus, quasi fosse Giustiniano? Infatti, come lei ricorderà, tale parola figurò per la prima volta in maniera organica in quello che viene definito il corpus iuris civilis iustinianeum, che era una summa delle leggi esistenti all'epoca nell'impero.
Non le contesto di avere vantato la realizzazione di leggi che lei definisce enfaticamente famose e mai realizzate nella storia della Repubblica, come l'ordinamento giudiziario, il diritto societario, le
procedure concorsuali, la riforma della procedura civile. Signor ministro, ci vorrebbe un po' di memoria e di visione organica, perché lei si è dimenticato altre leggi che non si erano mai viste in maniera così vergognosamente strutturata nella storia della Repubblica. Lei si è dimenticato delle rogatorie, lei si è dimenticato del falso in bilancio, lei si è dimenticato della legge sul legittimo sospetto, lei si è dimenticato della legge sulla sospensione dei processi, lei si è dimenticato della ex Cirielli, se non per indicarne risultati disastrosi che noi le avevamo preannunciato ed a cui lei fece orecchie da mercante (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
Lei non si ricorda la prima volta che è venuto in questa sede a riferirci, più volte sollecitato da noi, quelle che sarebbero state le prospettive circa gli effetti disastrosi della ex Cirielli? Lei non lo ricorda, ma lo ricordo io: minimizzò, disse che i processi prescritti sarebbero stati quattro bazzecole. Quando la Corte di cassazione, qualche giorno dopo, tramite la voce del suo presidente, la richiamò all'ordine dicendo di fare attenzione perché i processi prescritti sarebbero stati da 40 mila ad 80 mila, anche allora furono fatte orecchie da mercante. Fin quando l'autorevole intervento di chi ha il dovere di vegliare anche sulla correttezza dei rapporti tra istituzioni, costrinse la maggioranza dell'Assemblea ad introdurre una norma transitoria che avrebbe dovuto limitare gli effetti negativi.
Se oggi lei ci dice che la legge cosiddetta ex Cirielli porterà nel nostro ordinamento un danno gravissimo, quantificato in 35 mila prescrizioni (del carcere parleremo dopo), nega la validità di tutto ciò che aveva dato come impostazione alla legge ma, soprattutto, sottolinea la negatività del contributo che lei ha fornito alla legge. Lei, infatti, aveva il dovere di opporsi se conosceva i risultati, aveva il dovere di dire «no» se conosceva il pericolo che questa normativa avrebbe comportato in termini di prescrizioni, aveva il dovere di mettersi di traverso contro la sua stessa maggioranza e contro il suo stesso Governo, se avessero voluto varare comunque una legge che lei dice, oggi, produrrà 35 mila prescrizioni in più!
Ai colleghi che hanno votato la normativa domando chi conoscesse questo dato che lei, ministro, aveva il dovere di procurarsi e di riferire in Assemblea, mettendo coloro che l'avrebbero votata di fronte all'alternativa di votare a favore o contro il provvedimento, sapendo che, se l'avessero approvato, avrebbero portato alla prescrizione di 35 mila processi in più, tra cui anche processi gravi. La legge - come noto - incide particolarmente sui processi più gravi.
Non posso, inoltre, apprezzare le parole da lei pronunciate in relazione al Consiglio superiore della magistratura, perché, nel momento stesso in cui fa riferimento al conflitto tra poteri dello Stato, parlando di subalternità del potere politico rispetto a quello giurisdizionale, quando evoca la centralità del Parlamento nel riequilibrio dei poteri, quando arroga a se stesso il merito, attraverso la riforma del Consiglio superiore della magistratura e la riforma dell'ordinamento giudiziario, del ripristino della difesa dell'equilibrio dei poteri, quando accusa il potere giurisdizionale di «dicastocrazia» e quando fa riferimento a Locke quale precursore del pensiero liberale moderno per sostenere la prevalenza del potere legislativo rispetto agli altri poteri del nostro ordinamento, lei compie un'operazione distruttiva rispetto agli assetti istituzionali consegnatici dalla nostra Costituzione. Lei compie un'azione distruttiva perché nega la validità della divisione dei poteri, perché nega il frutto operoso della collaborazione che varie culture ebbero quando, uscendo da un periodo di dittatura nel quale non vi era libertà da parte della magistratura nell'esercizio delle proprie funzioni, si ritenne che questo fosse l'assetto migliore per il futuro del nostro paese.
Lei si lamenta del malfunzionamento del Consiglio superiore. Le chiedo: quale riforma ha compiuto? Non ricorda che nel 2001 l'unica riforma del Consiglio superiore che avete ipotizzato riguardava il
sistema elettorale, perché in quel momento vi serviva per conseguire all'interno del Consiglio superiore una maggioranza che avevate già previsto e nella quale speravate per creare le condizioni, all'interno del Consiglio superiore, di un assetto che vi fosse favorevole? Questa è la riforma che avete fatto. Perché non ha presentato una proposta diversa? Oggi, viene a lamentarsi e sono passati cinque anni da quella riforma. Ma, se lei aveva in mente un modello diverso di autogoverno della magistratura, aveva il dovere di proporlo alla sua maggioranza e questa di proporlo in Assemblea e tutti insieme, d'accordo, avremmo potuto immaginare un futuro diverso anche degli assetti di relazioni istituzionali nel nostro paese.
Ma non può oggi lei sostenere che queste cose non funzionano e che quel modello non funziona, senza aver avuto in cinque anni la possibilità e l'autonomia di pensiero per proporre un sistema diverso!
Posso svolgere le medesime considerazioni in ordine alla questione delle intercettazioni, rispetto alla quale vorrei richiamarla all'ordine per ciò che mi è possibile e per la dignità che mi deriva dall'essere un parlamentare: signor ministro, lei non può usare parole come quelle che ha utilizzato nella relazione!
Lei ha detto testualmente che «una delle armi più efficaci in mano ai nemici della democrazia è sicuramente quella relativa all'uso illecito delle intercettazioni».
Ma si rende conto di ciò che afferma come ministro della giustizia? Lei non può definire i magistrati come i nemici della democrazia! Lei può definire i magistrati come persone che sbagliano ed ha il dovere di richiamare all'ordine i magistrati che sbagliano! Lei ha il dovere di intervenire, ma non può usare un linguaggio di questo tipo, perché è destabilizzante!
È vero che lei ha degli esempi pessimi, soprattutto da parte del suo Presidente del Consiglio, ma proprio perché lei è diverso, anche culturalmente, e le accredito, come fanno in molti in questa sede, una sensibilità diversa, avrebbe il dovere di non seguirne l'esempio, perché un esempio di questo tipo è devastante per quanto riguarda i rapporti, non solo presenti, ma anche futuri, nel nostro assetto istituzionale!
Lei ha ragione, quando sostiene che le intercettazioni sono utilizzate malamente da quelle persone poco serie che le diffondono e che ne fanno un uso assolutamente illecito nei confronti anche dei parlamentari.
Al riguardo, avevo proposto una legge concernente la segretazione di quelle intercettazioni (forse, è opportuno rifletterci), ma, nel momento stesso in cui lei propone di ridurre le intercettazioni, deve proporre dei sistemi alternativi di indagine che oggi non esistono, soprattutto quando esiste una legge sulle rogatorie che rende ancora più difficili le indagini; quando esiste una legge sul falso in bilancio che ha reso il falso in bilancio un reato bagattellare, da quattro soldi; quando in paesi civili (da voi indicati come esempi di civiltà), come l'America, questi reati sono puniti in maniera pesantissima, perché attengono, come noto, all'equilibrio complessivo dei rapporti economici di un'intera collettività e, soprattutto, della tutela di risparmiatori.
Sulla cosiddetta ex Cirielli, da lei citata quando parla di 35 mila prescrizioni, mentre l'onorevole Lussana, che ascolto sempre con interesse, parla di dovere di tutela delle vittime dei reati, mi trovate d'accordo, ma non potete, da una parte, invocare il dovere di tutela delle vittime dei reati e, dall'altra, creare le condizioni per la prescrizione dei reati, perché, altrimenti, la conseguenza è una e una sola, quella che voi stessi avete portato in quest'aula: l'uso legittimo delle armi all'interno della propria abitazione!
Nel momento stesso in cui le persone offese dal reato si rendono conto che lo Stato non è in grado di tutelarli fino in fondo, anche nei loro processi, voi legittimate (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo) ciò che, in maniera, mi creda, poco civile, viene prospettato come una riforma nell'interesse dei cittadini!
Lei ha affermato che le carceri scoppieranno, anzi (affermando una cosa contraria) che la capienza carceraria è diventata, nel suo limite massimo, di 65 mila posti. Plaudo al fatto che siano state realizzate nuove carceri, anche perché nelle suddette vi sono condizioni di vita certamente civili, ma non si può negare, di fronte ad una popolazione carceraria che raggiunge, come da lei indicato, le 59.500 presenze, diciamo 60 mila, la drammaticità della situazione carceraria.
Lei aveva il dovere di dirlo! La situazione rimane drammatica! Non venga a dirci che oggi la situazione è sostanzialmente equilibrata, perché non lo è! Nelle carceri vi è una situazione pesantissima e l'irrigidimento indotto dalla legge Cirielli in ordine al sistema premiale esistente, come lei stesso ha affermato, comporterà un aumento di 20 mila presenze all'interno delle carceri.
Chi sarà in grado di gestirle? Lei, signor ministro, se l'anno prossimo siederà ancora in quel banco, crede veramente di poter gestire 20 mila presenze in più in carcere? O crede effettivamente che, fin da oggi, vi siano le condizioni per immaginare un futuro diverso? E se un futuro diverso è da immaginare, ci vuol dire per favore qual è il futuro che lei immagina? Ci vuol dire dove metterà le 20 mila persone in più?
A tutto ciò si doveva pensare prima, come si doveva pensare prima anche agli effetti di alcune leggi che oggi vengono indicate come soffocatrici della Cassazione.
Credo che ai cittadini interessi veramente poco se i magistrati sono uniti o divisi in carriera, credo che ai cittadini interessi solo una giustizia corretta, resa da giudici onesti, liberi, imparziali e affidabili, resa a costi bassi, in tempi veloci e in modo civile.
Su ciò, signor ministro, questo Governo per i cittadini non ha fatto nulla, come non ha fatto nulla per i carcerati. La sua relazione e il suo manifesto, in buona sostanza, sono l'indice del fallimento di questo Governo in materia di giustizia e dell'amministrazione che l'ha contraddistinta (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor ministro, desidero premettere a queste brevi considerazioni - brevi perché non credo sia possibile nel giro di pochi minuti soffermarsi sui vasti temi della giustizia - l'apprezzamento per la sua attività di ministro. Lo dico senza piaggeria, senza indulgere più di tanto sulla pur doverosa lealtà di coalizione; lo dico con convinzione.
La sua opera si è svolta, signor ministro, in un settore difficile, in un momento difficile e con interlocutori difficili; dico ciò con la consapevolezza delle luci e delle ombre. Le luci per le riforme approvate e le ombre per le riforme non approvate e per le divergenze che ci sono state e che non potevano non esservi su un argomento per un verso opinabile e per altro verso tormentato quale quello della giustizia. Su tale tema ciascuno è convinto di possedere le soluzioni in tasca, ma non è così. Le soluzioni nascono dal confronto, dall'esperienza, dalla verifica.
Un autorevole procuratore generale, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario alcuni anni fa, affermò che la giustizia italiana è fatta di troppe leggi e di un enorme numero di processi. Affermazione che pervade anche la relazione che lei, signor ministro, ha presentato al Parlamento. E quel procuratore generale suggerì un rimedio banale nell'enunciazione e vero nella sostanza: occorre semplicità ed efficienza. Tuttavia, il tema non è quello della semplicità e dell'efficienza, il tema è dato dagli strumenti e dai modi con i quali queste due finalità da tutti condivise si realizzano. E qui si innestano le divergenze all'interno del Parlamento e tra quest'ultimo e le altre istituzioni.
Il Parlamento, infatti, privilegia la modifica delle norme, questo è il suo compito. Modifiche necessarie, ma troppo
spesso distorte da interpretazioni abili, talvolta acrobatiche, che snaturano e stravolgono la volontà del legislatore. L'autoreferenzialità della magistratura - il termine è stato utilizzato dal ministro - ha infatti non come effetto, bensì come dato intrinseco a se stessa, che la magistratura interpreta ed applica le leggi - in questi anni, ahimé, ciò è accaduto talvolta spesso - con precise finalità che nulla hanno a che vedere con la corretta amministrazione della giustizia.
GIAN FRANCO ANEDDA. Intendo affermare che talvolta le lungaggini processuali non hanno causa nelle norme che ci affatichiamo a modificare, ma nella loro applicazione. E per quanto le modifichiamo, per quanto il Parlamento le modifichi, ci si ritroverà sempre ad urtare contro un'interpretazione che non appartiene al Parlamento, ma ai primi destinatari delle norme, vale a dire coloro i quali le debbono applicare.
Intendo ancora affermare, per chiarezza, che l'Italia, per quanto riguarda il settore del quale ci stiamo occupando, ha istituzioni di altissimo livello per competenza, per preparazione, per cultura. Mi riferisco alla magistratura ordinaria, all'Avvocatura dello Stato, alla giurisdizione amministrativa in tutte le sue articolazioni, ma soprattutto in quelle di vertice, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti.
Da tali considerazioni e da tale convinzione profonda discendono due corollari. In primo luogo, non sono favorevole all'aumento del numero dei magistrati. Non è la soluzione dei problemi, non è neanche l'avvio alla soluzione dei problemi, giacché oggi in Italia ci sono all'incirca 20 mila magistrati, tra magistrati ordinari, giudici di pace e magistratura onoraria. Dunque, la domanda che mi sono posto e quotidianamente mi pongo è la seguente: se 20 mila magistrati non riescono a garantire un minimo di efficienza e di accettabile celerità ai processi, non nel numero sta la soluzione, ma nel modo in cui le norme vengono applicate.
Non guardo con preoccupazione all'aumento del numero dei procedimenti, in particolare di quelli del contenzioso civile, e del ricorso alla giustizia, perché, pur nella consapevolezza degli abusi e della pretestuosità di alcune vertenze che nascono, pretestuosità e vertenze, dall'eccessivo numero degli avvocati che certe vertenze inventano, ciò significa fiducia nella giustizia. La mancanza di fiducia nella giustizia significa il ricorso a quel bricolage e a quel «fai da te» che sconfina e trasborda nei delitti e nel sangue. Quindi, ben venga il ricorso alla giustizia di chi giustizia chiede a colui che la giustizia è preposto a dare.
Spetta a coloro che amministrano la giustizia dare alle norme un'interpretazione che consenta celerità senza inutili perdite di tempo, molto spesso dovute ad una non corretta amministrazione del tempo dedicato al lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Condivido le sue osservazioni sul Consiglio superiore della magistratura, lo dico anche qui con grande umiltà, perché reputo intangibili i principi della autonomia della magistratura e della indipendenza del magistrato e perché non ho soluzioni miracolistiche; ma allo stesso tempo osservo che il Consiglio superiore della magistratura è largamente venuto meno ai suoi compiti, trasformandosi in organo di mera difesa corporativa, sconfinando talvolta in organo politico, spinto a conciliare e soddisfare le esigenze delle diverse componenti dell'Associazione nazionale magistrati, rinunziando al giusto per raggiungere un equilibrio tra le correnti. Lo dimostrano, e lei lo sa, signor ministro, i lunghi tempi per la decisione sull'assegnazione degli incarichi e sulle promozioni, tempi che determinano vacanze e vuoti che talvolta si protraggono per anni, con un «tramestio» all'interno della magistratura e all'interno del CSM per trovare l'equilibrio della lottizzazione correntizia, che è l'esatto opposto della funzione che la Costituzione attribuisce al Consiglio superiore
della magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
Quanto ai tempi processuali della giustizia penale, signor ministro, certo ciascuno di noi ha delle visioni personali e particolari del problema, ma anche qui io penso a quei fascicoli che rimangono chiusi negli armadi per anni e che giungono poi al dibattimento senza che vi sia stato un filo di indagine, non dico da parte dei pubblici ministeri, che ormai non ne fanno più nei processi che non danno notorietà e lustro, ma neanche da parte della polizia giudiziaria per quei fascicoli in cui non vi sia una richiesta di indagine. Quando un fascicolo giace per anni in uno scaffale, la colpa è delle norme o di chi la giustizia amministra? A cosa serve cambiare le norme se quello scaffale rimarrà chiuso ed il fascicolo resterà inevaso?
Signor ministro, lei ha accennato alla prossima legislatura, quando spetterà ai colleghi che verranno riprendere questi temi, ma, se mi è consentito, con una esortazione: occorre smettere di parlare di giustizia con pregiudiziali e posizioni preconcette, che con la giustizia nulla hanno a che vedere, ma sono dettate soltanto da non apprezzabile interesse partitico. Nella giustizia non si difendono aprioristicamente gli uni e gli altri, ma si cerca di lavorare insieme per trovare una soluzione condivisa o, quantomeno, meditata. Questo dovranno fare i colleghi della prossima legislatura, ma la sinistra deve dismettere i suoi atteggiamenti assolutamente negativi.
La sinistra la deve smettere di fare, in tema di giustizia, affermazioni inesatte e deve, comprendendo i nostri punti di vista, offrire la sua collaborazione per far sì che la norma sia migliore.
Se all'interno del Parlamento, se tra il Parlamento e l'associazione nazionale magistrati, quindi non i magistrati, continuerà ad esserci questo clima di scontro, non vi sarà pace per la giustizia, né serenità per il paese e non vi sarà soluzione per i problemi che affliggono la giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, signor ministro, ho ascoltato senza pregiudizio e prevenzione alcuna la sua relazione anche perché nel corso dell'intera legislatura abbiamo cercato in ogni occasione di confrontarci concretamente in ordine alle vostre proposte, prospettando soluzioni alternative e con un atteggiamento propositivo. Ma oggi, tenendo conto della realtà in cui versa la nostra giustizia civile e penale, debbo con amarezza constatare che gli impegni assunti dal ministro Castelli all'inizio della legislatura - che in seguito ricorderò - non sono stati mantenuti. Dico ciò con amarezza perché, quando il senatore Castelli è venuto a presentare il suo programma ministeriale in Commissione giustizia, avevamo offerto la massima disponibilità al fine di instaurare un confronto politico nell'interesse reale della giustizia, degli utenti della giustizia, dei cittadini, indipendentemente da qualsiasi tendenza corporativa.
Cito alcuni dati. Signor ministro, l'Italia per più di cinque secoli ha avuto il triste record europeo degli omicidi. Dal 1992 la tendenza si era però invertita, portando il nostro paese ai tassi più bassi d'Europa. Dal 2003 la curva degli omicidi, per la prima volta dopo dieci anni, è ripresa a salire, facendo registrare un aumento del 10,3 per cento rispetto al 2002. Lo stesso si è verificato per i furti e le rapine. Negli ultimi anni le rapine hanno raggiunto il tasso più alto in assoluto: nel 2003, quindi nei primi anni della legislatura che vi ha visto al Governo, sono ulteriormente aumentate del 4,3 per cento. Nel 2002 le truffe hanno fatto registrare un balzo in avanti enorme, con 54 mila casi di frode a fronte dei 33 mila del 2000. Come potete, quindi, sostenere di aver dato un contributo per rendere la nostra giustizia più celere e più efficiente, in grado di tutelare maggiormente la sicurezza dei cittadini?
Ritengo che ormai nessuno possa negare che il settore della giustizia, dopo le riforme e le controriforme di questi ultimi cinque anni, è sull'orlo di un collasso quasi irreversibile, che speriamo e confidiamo di riuscire a ribaltare, nella prossima legislatura, con un progetto organico di riforme complessive, tali da rendere la nostra giustizia degna di un paese civile.
Signor ministro, più volte, e lo dico con rispetto alla persona, ascoltando la sua relazione, mi è venuto da pensare: tra il ridicolo ed il tragico spesso il confine è sottilissimo. Se non si trattasse di uno degli aspetti fondanti della nostra democrazia - dell'amministrazione della giustizia e, quindi, della tutela dei diritti individuali e collettivi dei cittadini -, tale considerazione si attaglierebbe perfettamente alla situazione che lei, signor ministro, ci ha descritto nella sua relazione.
La situazione della giustizia del nostro paese è tragica! Ciò, malgrado il nostro sforzo di formulare sempre proposte alternative e critiche costruttive, purtroppo rimaste inascoltate.
È vero, è indubbio: la politica è l'arte del possibile ed il politico, come diceva Winston Churchill, deve essere in grado di predire ciò che avverrà domani, ciò che si verificherà nel prossimo mese e nel prossimo anno, e di spiegare, poi, perché non è avvenuto. Nella relazione che il ministro ci ha presentato non ci spiega perché gli impegni e le promesse che avete fatto all'inizio della legislatura non sono stati portati avanti, non sono diventati leggi dello Stato e perché l'attuale maggioranza non è riuscita ad invertire la situazione già disastrosa della nostra giustizia.
Rispetto agli impegni assunti, signor ministro, nulla è stato fatto: nelle sue parole non ho trovato altro che la presa d'atto di un fallimento rispetto alle promesse fatte agli italiani! La situazione della giustizia è sull'orlo di un collasso ormai quasi irreversibile, di cui porta la responsabilità il suo Ministero. Il bilancio complessivo dell'amministrazione della giustizia, e delle leggi approvate contro la giustizia in questa legislatura, è del tutto fallimentare.
Non una - ripeto: non una! - delle leggi approvate in questa legislatura ha accorciato i tempi della giustizia civile.
Rispetto all'edilizia giudiziaria, di cui tanto si è parlato in questa legislatura, nella sua stessa relazione, signor ministro - e comprendo perché si sia assentato da quest'aula - non è contenuto alcun riferimento ad un fatto concreto, ma vi sono solo impegni e promesse per il futuro. Eppure, quegli impegni erano già stati assunti cinque anni fa!
La giustizia penale è allo sbando sotto ogni profilo: mi riferisco, in particolare, ai tempi processuali; alla situazione organizzativa; ai mezzi, che mancano; agli organici ed ai fondi insufficienti; alla diminuzione delle garanzie per imputati e vittime del reato.
Non vi è stato un provvedimento di questo Governo che sia stato condiviso - e questo dovrebbe farvi riflettere - dall'avvocatura, dalla magistratura, dalla Polizia penitenziaria - se vogliamo riferirci alle questioni del problema del carcere e della pena -, dai giudici onorari, dall'area del reinserimento sociale, dalla cultura giuridica e, infine, da quella universitaria.
Altro che riforme epocali! Quelle le abbiamo fatte noi nella scorsa legislatura: il giudice unico; la depenalizzazione dei reati minori; le indagini difensive; il giusto processo, con le norme di attuazione, creando la parità tra le parti processuali ed una maggiore terzietà del giudice; il patrocinio gratuito per i non abbienti; l'effettività del diritto di difesa così come sancito dall'articolo 24 della Costituzione.
Inoltre, non dimentichiamo che, se non vi fosse stata la cosiddetta legge Simeone-Saraceni, oggi i detenuti in carcere sarebbero oltre 110 mila, con le conseguenze maggiori di inciviltà, di disumanità, di violazione dei principi costituzionali alle quali dobbiamo impietosamente assistere, nonostante 50 mila detenuti si trovino, per fortuna, in una situazione di sospensione dell'esecuzione della pena, proprio per merito della legge poc'anzi menzionata, la prima approvata nella scorsa legislatura.
Le vostre riforme, diciamocelo con chiarezza, sono consistite nelle rogatorie,
nell'abolizione, di fatto, del falso in bilancio, nella cosiddetta legge ex Cirielli, dannosa sia rispetto al reinserimento sociale sia rispetto alle situazioni carcerarie sia, ancora, rispetto al problema gravissimo della prescrizione dei reati, problema reale su cui bisognava necessariamente intervenire e in merito al quale abbiamo formulato proposte concrete ben diverse da quelle provenienti dal centrodestra.
Ancora una volta, avete seguito una direzione del tutto opposta. Né si può omettere un riferimento al riordino dell'ordinamento giudiziario, necessario, obbligato e dovuto. Ancora una volta, lo avete realizzato contro tutto e contro tutti e, soprattutto, contro la ragione e la ragionevolezza. Questo è ciò che lasciate al paese!
Invece, dopo le riforme introdotte nel corso della precedente legislatura, nonostante tutte le difficoltà che ben comprendo, avevate la concreta possibilità - lei, signor ministro, aveva la concreta possibilità - di invertire, finalmente, la rotta della nostra giustizia. Una giustizia addormentata, nel paese culla del diritto, che voi avete definitivamente portato sull'orlo del collasso. Il disastro è totale! È sufficiente frequentare le aule di giustizia, visitare le carceri, parlare con gli operatori del diritto per avere la certezza amara, dura e impietosa di un disastro totale di cui il Ministero della giustizia è istituzionalmente responsabile.
La mia, la nostra è la presa d'atto di una realtà oggettiva, è una constatazione alla quale risponderemo con quel progetto organico di riforme organizzative e normative, di verifiche effettive della professionalità, della laboriosità e della deontologia di chi opera quotidianamente nelle aule di giustizia, di modifica sostanziale del rapporto tra carcere e società e del concetto stesso di pena, tese a dare al nostro paese quella giustizia che quest'ultimo attende da decenni. Mi riferisco a quella giustizia con la «G» maiuscola, che non ha bisogno di aggettivi perché è, non solo percepita, ma vissuta come efficiente e celere da chi della giustizia è un utente.
Per evitare che si pensi che le mie considerazioni scaturiscano da una valutazione di contrapposizione frontale politica e non da una analisi seria della realtà, ritengo opportuno riferire le parole del ministro della giustizia. Il 24 maggio 2001, signor ministro, illustrando in sede di Commissione giustizia le linee programmatiche del suo dicastero, lei così concludeva: «Nel corso della seconda parte del 2001, si cercherà di giungere alla presentazione di un disegno di legge per la abolizione dei reati di opinione. Entro la fine dell'anno, saranno presentati i disegni di legge per la abbreviazione dei tempi della giustizia civile e per la riforma dell'ordinamento giudiziario» Diceva anche, signor ministro: «Vengo ora ad esporre cosa prevediamo di fare nei prossimi anni. Contiamo, nel 2002, di giungere all'approvazione della riforma che porterà all'abbreviazione dei tempi della giustizia civile. Entro il 2003, abbiamo programmato di approvare la riforma del codice penale mentre, entro l'anno, saranno presentati i 4 codici fondamentali nella loro nuova formulazione: codice civile, codice di procedura civile, codice penale e codice di procedura penale». Questi sono stati i suoi impegni, queste sono state le sue promesse nulla di tutto questo è stato realizzato! I reati di opinione sono ancora contemplati all'interno del nostro ordinamento; non vi è un nuovo codice penale; non vi è un nuovo codice civile e non vi è una nuova e diversa giustizia.
PRESIDENTE. Onorevole Pisapia...
GIULIANO PISAPIA. Concludo, signor Presidente.
Nulla di tutto questo è stato fatto, lo ripeto. I suoi impegni ed il suo programma sono rimasti lettera morta, parole vuote. Mi dispiace: il mio giudizio politico, lo ripeto, non ha nulla di personale. Il paese non può ringraziarla. Lei lascia al cittadino una giustizia più ingiusta, più lenta, più inefficace e - ciò che è ancora più grave - una giustizia ancor più discriminatoria a danno dei soggetti economicamente e socialmente più deboli; cioè
l'esatto opposto del concetto stesso di giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Finocchiaro ed altri n. 6-00110 e Pecorella ed altri n. 6-00111 (Nuova formulazione) (vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
Avverto che l'allegato alle comunicazioni del ministro della giustizia, già trasmesso alla Presidenza della Camera, sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marotta.
ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, questo dibattito ci consente di informarci sull'attuale stato generale della giustizia; ci permette di riflettere sui complessi temi della stessa; ci aiuta a mettere a fuoco le ragioni che inducono a parlare di crisi della giustizia; contribuisce, infine, a potenziare la responsabile tensione ad un sempre maggiore impegno nella soluzione dei problemi.
Ho seguito con molto interesse l'intervento e la relazione del ministro, il quale ha offerto un quadro esauriente della giustizia, evidenziandone le problematiche più delicate quali sono emerse dal monitoraggio dei dati statistici. Sono le cifre della crisi della giustizia, che parlano il linguaggio crudo, ma eloquente ed ineludibile, dei numeri; l'analisi severa ed impietosa, ma purtroppo vera, dei drammatici problemi sul tappeto.
Il problema della giustizia italiana non può essere esaminato né in un'ottica puramente locale e neppure in una solo nazionale; dopo Maastricht, è con l'Europa che ci dobbiamo confrontare. E dinanzi all'Europa, il punto dolente diventa principalmente, se non esclusivamente, quello dell'insopportabile durata dei tempi della giustizia.
Proprio i dati cui faceva riferimento il ministro rivelano che persiste una eccessiva durata dei processi che assume connotazioni di particolare gravità in quanto la lentezza della risposta giudiziale alla domanda di giustizia rappresenta un rischio per la tutela effettiva dei diritti controversi e può determinare, soprattutto rispetto alle controverse di entità minore, un motivo di progressivo allontanamento dalla giurisdizione, nel senso di una rinuncia alla tutela giurisdizionale. Certo, non dobbiamo perdere la speranza della ripresa di un dialogo, serrato quanto costruttivo, tra le forze politiche e dobbiamo impegnarci con tutte le nostre energie in questa direzione; il vero nodo della giustizia, oggi, è la ragionevolezza della durata dei processi e, più in generale, la tempestività e l'efficienza del servizio giustizia. Nei giudizi civili bisogna attendere troppo tempo per ottenere la tutela dei propri diritti, mentre i procedimenti penali, dopo la prima fase, affannata, delle indagini, vivono i tempi lunghissimi del giudizio, che può trovare definizione a distanza di anni.
Non si deve dimenticare che, se è vero che il fine non può consentire l'accettazione di mezzi non garantisti, è altrettanto vero, però, che, reciprocamente, nessuna garanzia può fare accettare la non realizzazione del fine. Una giustizia più rapida per un effettivo ripristino della legalità violata; una giustizia che assicuri il rispetto del principio di eguaglianza con le garanzie del giusto processo: è questa, oggi, la priorità. Per realizzare tale fine, ognuno deve fare la sua parte, con impegno e senso della responsabilità.
Nel dibattito odierno, abbiamo sentito, dalle forze di opposizione, quanto, da parte di questo Governo, non è stato fatto o è stato fatto male; non abbiamo sentito, invece, una sola proposta, benché minima,
per la soluzione dei problemi che riguardano la giustizia. Una proposta che fosse concreta e seria.
Dunque, al di là dei risultati raggiunti in questi cinque anni, di cui alla relazione del ministro e ai quali tra breve faremo riferimento, vogliamo essere noi, il gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, a porre sul tappeto i problemi ancora sussistenti e le soluzioni che individueremo per il futuro e sulle quali chiediamo di aprire un dibattito serio.
Allora, se è vero che il problema è costituito dalla ragionevole durata del processo, mi domando che cosa possiamo proporre, al di là dei dati illustrati. Infatti, anche se tali dati fanno riferimento ad un modesto decremento del numero totale dei processi, essi segnalano ancora l'esistenza di tempi eccessivamente lunghi.
Pertanto, valutando positivamente l'analisi svolta dal ministro della giustizia, che fa riferimento alle esigue risorse finanziarie disponibili - ma si tratta delle risorse che tutti gli altri Stati dell'Europa dedicano o intendono destinare alla giustizia -, proponiamo, al di là della scarsa efficienza del sistema giudiziario (su cui questo Governo è intervenuto molto) e della normativa esistente (rispetto alla quale bisogna porsi, una volta per tutte, il problema di intervenire in maniera seria), l'eliminazione dei tempi morti del processo.
La durata del processo, infatti, è concretamente legata all'esistenza di tempi morti, che ciascuno di voi conoscerà, quali i rinvii ed i passaggi da un grado all'altro del giudizio, sui quali bisogna intervenire in maniera seria e costruttiva.
Al di là di tutto ciò, mi chiedo quali siano le forme per tentare di intervenire seriamente, una volta per tutte, sulla durata dei processi. Chiediamo di svolgere un confronto su questo argomento, ed auspichiamo di ricevere una risposta.
Esiste sicuramente il problema iniziale dell'adozione di un provvedimento di clemenza, vale a dire di un condono. Ne abbiamo discusso qualche giorno fa, ma purtroppo - perché eravamo d'accordo - non è stato possibile intervenire in tal senso. Se consideriamo tuttavia che, dal 1990 ad oggi, in questo Stato non è stato varato alcun provvedimento di clemenza, mentre prima ne veniva adottato, in media, uno ogni due anni e mezzo, allora vi renderete conto di come ciò diventi un'esigenza che un Parlamento responsabile e serio, che voglia affrontare in maniera organica il problema della giustizia, dovrebbe affrontare.
Ma questo non basta. Il primo intervento serio che occorrerebbe varare è un provvedimento di clemenza, vale a dire una legge di amnistia e di indulto. Il secondo intervento, sul quale dobbiamo e possiamo successivamente confrontarci, è costituito da una seria depenalizzazione dei reati.
Vorrei infatti osservare, al di là di tutto, che, se non interveniamo cercando di individuare tutte le ipotesi di reato, da quelle minime a quelle più gravi ed importanti (comprese le sanzioni contravvenzionali), che in questo momento le esigenze della società ci segnalano, e che pensiamo di poter perseguire con le risorse finanziarie disponibili per il sistema giustizia, allora ciò significa veramente che non abbiamo la volontà di risolvere i problemi della giustizia in Italia! Questa è la verità!
Un altro problema riguarda il settore civile. Infatti, bisogna seriamente pensare di istituire un sistema di conciliazione per le liti di modesta importanza. Mi riferisco, in altri termini, ad un sistema di arbitrato che non impegni il sistema della giustizia. Guardate, anche questo è un patrimonio di tutti. Infatti, per risolvere le controversie del valore sia di poche decine di euro, sia di milioni di euro, lo Stato investe in risorse umane, nonché in mezzi e strutture, le stesse risorse finanziarie. Si tratta di una circostanza decisamente assurda, poiché a tali controversie sono legati interessi ed esigenze diversi!
Sono questi, dunque, i punti importanti sui quali chiediamo di avviare un confronto. Ho ascoltato affermare, nel corso del dibattito, che abbiamo finalmente ottenuto dal ministro della giustizia l'indicazione
dell'impatto che la legge ex Cirielli ha avuto sulle prescrizioni. Ebbene, diciamoci ancora una volta la verità.
Vorrei innanzitutto rilevare che sono 35 mila i processi che si prescrivono, o che si prescriveranno nel tempo. Infatti, è chiaro che, per come è stata approvata nella sua stesura finale, la legge Cirielli non entra immediatamente in vigore ai fini della prescrizione in corso, ma viene applicata solamente ai processi che si aprono in questo momento (quindi, dobbiamo pensare al futuro). Inoltre, se, al di là di una analisi che non abbiamo ancora compiuto, valutiamo per quali altri processi la stessa legge non ne consente la prescrizione, perché ne ha aumentato i termini prescrizionali, allora constatiamo che il dato rilevante che emerge è costituito da 35 mila prescrizioni.
Considerate che in Italia - leggete, in merito, le relazioni del procuratore generale in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione - dal 1990 in poi circa 200 mila processi si prescrivono ogni anno! Ed allora, rapportate i due numeri e dite se 35 mila processi possono costituire una preoccupazione o un pericolo rispetto ad una legge che fonda la sua esistenza su un principio importante! È tornata nella disponibilità - come era giusto che fosse - e della volontà del Parlamento l'indicazione del limite massimo di prescrizione per i reati, mentre in precedenza, tale indicazione era affidata ai giudici, il che rappresentava una circostanza assolutamente anomala.
Ci dobbiamo, poi, confrontare sulle intercettazioni. Mi sembra che anche in proposito si apra un discorso sul quale potremmo trovare un accordo di fondo. Infatti, i rilievi che vengono mossi, mi sembra siano giusti. Oltre l'importanza - e nessuno lo nega, altrimenti non faremmo un'operazione di verità, ma di mistificazione della realtà - delle intercettazioni, che sono necessarie nell'ambito dei processi legati alla criminalità organizzata ed in altri processi, poiché sono l'unico mezzo che consente di scoprire determinate situazioni e giungere a determinati meccanismi ed associazioni e che pertanto rappresentano - in tal caso sì - un aspetto importante, il problema non è eliminare le intercettazioni dal procedimento penale, ma regolarizzarle, capire fino a che punto se ne stia facendo un abuso e fino a che punto se ne stia facendo un uso distorto. Anche su tale aspetto si potrebbe trovare un momento di intesa. È vero che sono trascorsi quindici anni da «tangentopoli» e che la comunicazione giudiziaria in precedenza era il «marchio» che non consentiva più a chi ne fosse raggiunto di uscire fuori dall'ambito domestico, calpestando la dignità dell'indagato rispetto ad ipotesi di reato e ad accuse che, successivamente, nella maggior parte dei casi - secondo le statistiche - risultavano infondate. È oggi necessario trovare una soluzione che consenta di bilanciare il diritto alla privacy, che è anche un diritto costituzionalmente protetto, con il diritto a portare avanti le indagini per affermare la responsabilità ed individuare la commissione dei crimini. È possibile che, come forze politiche, non riusciamo a misurarci su tale problema e continuiamo ad accusarci, o ad affermare sempre, in questo sistema bipolare, che tutto ciò che fa uno è da demonizzare e tutto ciò che l'altro non fa - e non propone nemmeno - potrebbe essere il bene e la verità?
Consideriamo pertanto con serenità il lavoro che ci è stato prospettato oggi. Sono state riforme importanti, che vanno - non vi sottrarrò molto tempo - dal diritto societario al prosieguo del regime del 41-bis - momento importante -, alla riforma delle procedure concorsuali, al codice di procedura civile, alla riforma dell'ordinamento giudiziario.
Onorevoli colleghi, anche su tale ultimo aspetto non ci si misurava da sessant'anni e bisognava avere il coraggio di mettervi mano, perché, a prescindere da tutte le altre considerazioni, un sistema valido sessant'anni fa come può oggi essere trasferito ed avere efficienza e riscontro in una società, in un sistema, in una giustizia che cammina con i tempi e che è molto maturata rispetto all'ordinamento giudiziario
cui in precedenza ho fatto riferimento? Si è intervenuti su forme importanti e su problemi importanti, con riferimento alla separazione delle funzioni, all'organizzazione delle procure, all'azione disciplinare, agli incarichi extragiudiziari ed alla formazione professionale.
PRESIDENTE. Onorevole Marotta, si avvii a concludere.
ANTONIO MAROTTA. Confrontiamoci, pertanto. Si è intervenuti su situazioni che dovevano essere affrontate.
L'ultimo riferimento - e concludo - è al Consiglio superiore della magistratura. Mi sembra che, oltre le indicazioni provenienti dal ministro, sulla sezione disciplinare sono pienamente d'accordo e mi pare...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Marotta.
ANTONIO MAROTTA. Concludo, signor Presidente. Dicevo che mi sembra che il dibattito vada nella direzione di creare una sezione disciplinare autonoma. Non mi trovo d'accordo, invece, sull'indicazione di un «doppio binario» per i procedimenti che riguardano i magistrati. Ciò lo dico correttamente e realmente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cento, al quale ricordo che ha cinque minuti di tempo a disposizione per svolgere il suo intervento.
Prego, onorevole Cento, ha facoltà di parlare.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, userò i pochi minuti a mia disposizione per confermare il giudizio politico che i Verdi, e ritengo anche l'intero centrosinistra (considerati gli interventi degli esponenti dell'opposizione), hanno maturato con convinzione in questi cinque anni di legislatura con riferimento all'attività politica del Ministero della giustizia, del ministro Castelli e della maggioranza di centrodestra. È un giudizio politico nettamente negativo, direi fallimentare dal punto di vista degli effetti nell'ambito del rapporto esistente tra giustizia e cittadini nel nostro paese.
Ho sentito dire che una delle ragioni di tale giudizio negativo è che il centrodestra ed il ministro Castelli non hanno ottemperato alle promesse che sono state alla base del consenso elettorale del centrodestra nelle elezioni del 2001. Credo che ciò sia vero, ma solo in parte.
In realtà, il ministro Castelli ed il centrodestra hanno svolto fino in fondo gran parte del loro lavoro di demolizione del rapporto equilibrato, garantito dalla nostra Costituzione, esistente tra i diversi poteri dello Stato. In particolare, mi riferisco al rapporto che sovrintende ad una garanzia fondamentale del nostro paese, ossia quella dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura. Hanno compiuto fino in fondo il loro lavoro di demolizione di tale garanzia insita nel nostro sistema; il che era e rimane per il centrodestra una delle premesse dell'intervento poi messo in atto con l'insieme delle modifiche legislative portate avanti.
Se è vero che il centrosinistra nella propria azione di riforma - che dovrà sottoporre al consenso degli italiani in una prospettiva di governo - dopo il 9 aprile non dovrà rincorrere l'idea di un'abrogazione tout court di tutte le leggi del centrodestra, è altrettanto vero che, sul terreno della giustizia, qualsiasi intervento riformatore del centrosinistra non può non avere (questa, almeno, è l'opinione dei Verdi) come premessa la finalità di abrogare gli effetti devastanti che il centrodestra ha prodotto in questo settore. Mi riferisco all'ordinamento giudiziario, ma non solo. Penso anche agli effetti, che in questi giorni si stanno materialmente producendo, di una delle ultime riforme imposte dal centrodestra a questo Parlamento, ossia la legge Cirielli; penso alla seconda parte di tale legge, ai suoi effetti devastanti con riferimento all'aumento della popolazione carceraria ed alla sua capacità di perseguire i reati tipici del degrado e del disagio sociale, che hanno bisogno di risposte che non possono essere solo puramente repressive.
Vi è bisogno di risposte più complesse, che vanno dalla prevenzione sociale alla capacità di realizzare interventi di recupero e di reinserimento, in particolare con riferimento a tutta la fascia dei reati legati alla tossicodipendenze. Non ci potrà essere un nuovo codice penale, non ci potrà essere un'azione riformatrice se, nell'ambito del giudizio negativo che esprimiamo riguardo all'operato del centrodestra e del ministro Castelli in questo settore, non ci poniamo nella condizione politica di dire con chiarezza agli italiani che, ad esempio, la seconda parte della legge Cirielli va abrogata tout court, che va cancellata dal nostro ordinamento per i suoi effetti disastrosi.
Il bilancio fallimentare nasce dal fatto che questo Governo e questa maggioranza, da una parte, hanno demolito ed alterato i rapporti tra i poteri dello Stato, costruendo una legislazione che seguiva le necessità momentanee del centrodestra, e, dall'altra, niente hanno portato alla capacità di costruire un sistema di garanzie e certezze per l'insieme del rapporto tra i cittadini e la giustizia nel nostro paese.
Questo è il fallimento politico e questa è la necessità non solo di respingere e di bocciare le dichiarazioni del ministro Castelli, ma anche di una forte riforma che il centrosinistra dovrà proporre agli italiani e di cui dovrà farsi carico, se, come mi auguro, vincerà le prossime elezioni politiche (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e Misto-La Rosa nel Pugno).
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Boccia?
ANTONIO BOCCIA. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ormai è un po' di tempo che il ministro Castelli ha abbandonato l'aula. Il Governo sicuramente è rappresentato, però ritengo che, avendo egli svolto una relazione, un minimo di prassi e di correttezza richiederebbero che fosse presente in quest'aula.
Non so se la Presidenza abbia notizia di situazioni particolari o eccezionali. Però, è certo che per i deputati intervenuti tale comportamento non è proprio corretto.
Mi consenta, signor Presidente, di dire che questa circostanza è ancora più grave perché proprio il ministro della giustizia, il 28 dicembre scorso, ha coperto di insulti i deputati assenti. Io non scendo a quel livello, ma mi limito a dire che non è corretto che egli sia assente in questo dibattito.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, lei stesso ha riconosciuto che il Governo è legittimamente rappresentato in quest'aula.
Lei pone un problema politico, che comprendo. Quindi, riferirò al ministro la sua richiesta. Naturalmente, il ministro deciderà come meglio ritiene. Probabilmente, è uscito un momento. Comunque, lo faremo avvertire.
DAVIDE CAPARINI. Era qui fino a cinque minuti fa...
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palma. Ne ha facoltà.
NITTO FRANCESCO PALMA. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione la relazione del ministro, così come gli interventi che si sono succeduti da parte dei colleghi dell'opposizione e della maggioranza.
La prima cosa che intendo dire è che, a mio avviso, ha ragione il ministro quando afferma che oggi si restituisce centralità al Parlamento in un settore delicatissimo, come quello della giustizia.
Oggi, dopo i malvezzi che hanno caratterizzato le celebrazioni degli ultimi anni, si parla di politica sulla giustizia nell'aula a ciò deputata. L'inaugurazione degli anni giudiziari non sarà più occasione, per i procuratori generali e per i magistrati in genere, di sconfinare dal
proprio campo ed utilizzare quell'occasione per fare ragionamenti assolutamente e squisitamente politici.
Ciò - credo lo condividiamo tutti - ha recato grave danno all'immagine di serenità, di terzietà, di imparzialità e, principalmente, di apoliticità della magistratura.
Vi sono luci e ombre, come sempre. Questa legislatura è stata caratterizzata da una grande asprezza del confronto o, meglio, del contrasto tra maggioranza ed opposizione, non solo nel settore della giustizia. Non vi è mai stato un sereno confronto. Ha ragione l'onorevole Anedda quando ricorda che nel settore della giustizia i pregiudizi ed i preconcetti dovrebbero essere messi da parte perché si dovrebbe ragionare insieme per raggiungere l'obiettivo dell'efficienza di un servizio su cui si fonda la serena convivenza civile.
Potevamo fare di più? Forse, senz'altro. Credo sia un'occasione persa, ad esempio, non essere riusciti a varare la legge delega sul codice penale, ma non ricordo che voi abbiate fatto di meglio nel passato. Il vostro progetto Grosso è rimasto lì ed è stato riutilizzato dalla commissione Nordio. Mi auguro che nella prossima legislatura, qualunque sia la maggioranza a cui verrà affidato il Governo del paese, riprenda rapidamente il lavoro della commissione Grosso e della commissione Nordio e non crei un'ulteriore commissione che ultimi il lavoro per la legge delega a fine legislatura. Dunque, proseguiremo nel tempo portandoci appresso un codice che, nella sua geniale e scientifica conformazione, è ormai non più adatto ai nostri tempi.
Avete fatto di nuovo accenno alla legge sul falso in bilancio, alla legge sulle rogatorie, alla legge sul legittimo sospetto ed all'eterogenetica legge sulla sospensione dei procedimenti per le alte cariche dello Stato. Questo è stato, sostanzialmente, negli ultimi cinque anni, il paravento dove vi siete nascosti e dietro il quale avete giustificato il vostro silenzio ed il vostro contrasto su un'attività del Governo nel settore della giustizia che - come giustamente rilevava il ministro nella sua relazione - è un'attività di tutto rispetto.
Abbiamo portato a termine la riforma del diritto societario, quella che nella precedente legislatura era partita su vostra iniziativa, ma che voi non eravate stati in grado di ultimare. Abbiamo modificato il sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Abbiamo, ciò che voi non siete stati in grado di fare nella precedente legislatura, reso stabile il regime dell'articolo 41-bis, che prima aveva un carattere eccezionale e temporaneo. Siamo intervenuti sul codice di procedura civile; siamo intervenuti anche sulla normativa di accesso all'avvocatura cercando di eliminare le anomalie che troppo spesso ed in maniera troppo grave avevano nel passato inquinato le forme di accesso. Siamo intervenuti sull'ordinamento giudiziario.
Onorevole Cento, lei poco fa ha affermato che la nuova maggioranza - immagino che sia, nella speranza, quella che attualmente è opposizione - non dovrà demolire quanto fatto dal centrodestra, ma sicuramente dovrà ispirare, nel settore della giustizia, la propria azione a tali intenti demolitori. Onorevole Cento, la sfido oggi a vedere se nella prossima legislatura, ove mai voi doveste diventare maggioranza, toccherete l'impianto dell'ordinamento giudiziario varato da questo Governo. L'ordinamento giudiziario che abbiamo varato tende esclusivamente a rendere trasparenti tutti i momenti della vita di un magistrato, consapevoli come siamo tutti che tale trasparenza non è stata assicurata dal precedente sistema. Guardate che in questa legge sull'ordinamento giudiziario vi è un passo fondamentale quale quello concernente, ad esempio, le azioni disciplinari.
Ha ragione il ministro quando dice che è anomalo che all'interno dello stesso ordine vi sia il giudice della disciplina. Tuttavia, io credo che sia ancora più anomala una normativa sull'azione disciplinare che si ancori ad una discrezionalità dell'azione disciplinare e a fattispecie che non sono tipizzate, sicché, come troppo spesso è accaduto nel passato,
vediamo zero procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati più forti e popolari e troppi procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati meno noti, quelli che spesso voi richiamate quando parlate della magistratura come di un ordine sereno, imparziale, professionalmente elevato. Certo, la magistratura in tutti questi anni ha dimostrato di essere uno dei capisaldi di questo Stato democratico, ma all'interno di essa proprio il coacervo degli interessi correntizi che hanno trovato nel Consiglio superiore la loro massima espressione ha ridotto nell'idea della gente questa nostra grande magistratura ad essere divisa e spesso politicizzata. Infatti, non si è riusciti dall'interno stesso della magistratura ad espellere quelle voci che sicuramente portavano disdoro all'onore e al prestigio della magistratura stessa.
Noi riteniamo di avere fatto un buon lavoro, voi avete un'idea assolutamente opposta; vedremo quello che saprete fare voi se avrete la maggioranza nella prossima legislatura e, in particolare, vedremo se toccherete qualcosa, ad esempio, della riforma dell'ordinamento giudiziario.
Signor ministro, in un momento in cui non vi è una dissonanza di vedute, attesi gli accadimenti degli ultimi giorni, lei ha ragione nel toccare un tasto dolente nell'azione investigativa della magistratura e nelle anomalie che spesso la caratterizzano, le intercettazioni telefoniche. L'onorevole Fanfani ha affermato di non volere che si indebolisca un formidabile strumento investigativo, ma l'onorevole Fanfani stesso dovrebbe ricordare che al bilanciamento dei vari interessi - ad esempio, la riservatezza da un lato e dall'altro l'azione repressiva dello Stato -, che viene effettuato dalla nostra stessa Costituzione, si ispira quella norma che considera le intercettazioni telefoniche un mezzo di investigazione eccezionale, da utilizzare solo quando è assolutamente indispensabile.
Mi chiedo, al di là del risultato, perché il fine non sempre giustifica i mezzi, se davvero noi possiamo considerare normale l'utilizzo di un istituto che vede, nel 2005, oltre 100 mila utenze sotto intercettazione telefonica e quasi 300 milioni di spesa per l'adozione di questo strumento investigativo. Quante di queste intercettazioni sono utili? Quante di queste intercettazioni vengono proseguite in permanenza dei requisiti della legge? Quante di queste intercettazioni vengono concesse perché vi sono i gravi o i sufficienti indizi, a seconda del doppio regime, o perché vi è quella assoluta indispensabilità, in un caso, e quella necessità, in altro caso, che viene richiamata dalla legge?
Diciamo la verità fino in fondo; l'ha detta bene l'onorevole presidente Anedda: le indagini, le investigazioni, essendo un passaggio faticoso dell'attività di un magistrato, spesso sono messe da parte a vantaggio di scorciatoie. Che poi queste scorciatoie vadano a toccare il diritto alla riservatezza dei cittadini poco importa, così come poco importa quando, ad esempio, intercettazioni destinate a restare segrete o riservate vengono pubblicate sulla stampa, con una sola eccezione: che il clamore e «l'apriti cielo» si verifica solo quando, come negli ultimi giorni, tali intercettazioni riguardano esponenti anche autorevoli del centrosinistra.
Voi siete stati abituati a ritenere che quando la fuoriuscita di notizie, come nel caso dell'avviso di garanzia al Presidente Berlusconi, viene veicolata attraverso giornali a voi vicini è cosa legittima, come è legittimo veicolare sul giornale e rendere pubbliche le notizie riservate che riguardano esponenti che non fanno parte della vostra fazione politica. Salvo poi - ripeto - insorgere e lamentarvi quando quella prassi, che non potete più controllare, in qualche modo vi tocchi.
Sulle intercettazioni, signor ministro, bisogna intervenire sia rendendo più cogenti i requisiti di legge per la loro emissione sia creando un sistema che garantisca in maniera più seria la segretezza di ciò che segreto deve rimanere.
Inoltre, signor ministro, lei ha compiuto una meritoria opera per quanto riguarda le strutture carcerarie. Il potenziamento della disponibilità di posti è utile perché porta - diciamo così - acqua al mulino di quella qualità della vita anche
all'interno della struttura carceraria, che è sintonica con la dignità della persona umana. La sua è un'attività e un'opera difficile; proseguirà nel tempo. Certo è, signor ministro, che si è trovato di fronte ad una situazione ferma, che vedeva la classe politica precedente molto attenta, a parole, a ragionare sulle garanzie della gente, ma molto disattenta e distratta quando dalle parole bisognava passare ai fatti.
Si era attenti ai diritti degli imputati, ma poi non importava se gli imputati, una volta divenuti detenuti ed internati, avessero dovuto vivere in una situazione di totale assenza di dignità. Il sistema funzionava, la gente andava in carcere, e gli strumenti dell'amnistia e dell'indulto (prima utilizzati ben ventiquattro volte in solo quarantacinque anni e, quindi, mezzi di deflazione dei procedimenti penali e del carcere), non si potevano adoperare o comunque solo con tanti «cappi e cappiuoli» da renderli sostanzialmente inefficaci.
Dall'Unione, dai radicali ed altri, è partita una forte iniziativa per l'amnistia. Le posizioni in Parlamento erano chiare. I gruppi della Lega Nord e di Alleanza nazionale erano contrari; voi eravate favorevoli. Eppure, incredibilmente, quando è stata posta in votazione la norma sull'amnistia, qualche giorno fa, perché Forza Italia e l'UDC - come sempre - hanno confermato il loro favore per il provvedimento, siete «usciti dalla porta» con una scusa davvero risibile, dicendo che non potevate votare l'amnistia perché l'impatto sui procedimenti in corso sarebbe stato minimo. Sicché, mi permetto di dirvi, se vorrete essere consequenziali e se, per ipotesi, doveste vincere le elezioni, all'inizio della prossima legislatura varate l'amnistia con effetti molto più importanti stabilendo - magari - la data di inizio al 1o gennaio 2005! Così, nel cercare questo grande impatto vi potrete disinteressare, questa volta veramente, della sicurezza dei cittadini e degli interessi delle parti offese perché non andrete ad incidere, come nel progetto precedente, su reati commessi al massimo fino al gennaio 2001, ma su reati che in questo momento, adesso, mentre stiamo parlando, i delinquenti stanno commettendo.
Inoltre, avete parlato della cosiddetta legge Cirielli, criticando un'informazione data dal ministro.
Ministro, si prescrivono 35 mila processi in più: è un dato di una gravità inaudita, specialmente se lo si rapporta ai 150 mila procedimenti che, normalmente, senza l'intervento della legge Cirielli, si prescrivono ogni anno!
Questi 35 mila processi in più si prescrivono in ragione della legge Cirielli? Certamente! Ma sarebbero ugualmente prescritti se seguissero il loro normale corso, indipendentemente dalla legge Cirielli?
Diciamoci, allora, la verità fino in fondo: ha ragione il ministro. Invece di fare demagogia e propaganda su una cosa che tocca gli interessi dei cittadini, ragioniamo sui dati. Se si ragiona sui dati, vi renderete conto - è questa la ragione per cui non lo fate - che la vostra è solo ed esclusivamente propaganda!
Ministro, immagino che lei non abbia goduto in questi cinque anni di una grande popolarità. Non parlo dei giornali (a cui siamo abituati) che, spesso, veicolano le opinioni politiche delle parti a loro più vicine. Sicuramente lei non ha ricevuto popolarità tra i magistrati e tra gli avvocati, ma consideri ciò una medaglia al suo merito.
Quando ero uditore giudiziario, un giudice presso cui svolgevo il tirocinio mi disse: «Nitto, fai attenzione, i magistrati non devono avere popolarità. Sono quelli che il giorno di Natale entrano in casa, prendono il papà o il padrone di casa e lo portano in carcere; non sono come il medico che il giorno di Natale entra in casa per salvarlo».
Ministro, il giudice voleva dire una cosa semplicissima: quando si hanno delle responsabilità, non bisogna avere paura delle decisioni che rendono impopolari, perché toccano benefici o rendite di posizione che sono proprie delle lobby che si muovono in quel settore.
Lei lo ha fatto e questa è non solo una dimostrazione del suo coraggio, ma del senso delle istituzioni che ha dimostrato di avere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Vorrei rivolgere un saluto ai docenti ed agli studenti del liceo socio-psico-pedagogico, istituto linguistico Emanuele Gianturco di Potenza, presenti in tribuna.
Gli studenti sono impegnati nella giornata di formazione a Palazzo Montecitorio, alla quale, anche in questa legislatura, il mondo della scuola ha aderito con grande interesse, segno di rinnovata attenzione verso l'attività del Parlamento. Buon lavoro, ragazzi (Applausi)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà. Onorevole Buemi, le ricordo che ha sette minuti di tempo a disposizione.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi, signor ministro, la relazione che ha letto in questa sede non è esaustiva, come affermato dalla collega del gruppo della Lega. È una relazione di una giustizia esausta ed inceppata, come esausto è il Parlamento, nel quale si è parlato per cinque anni di giustizia per poi approvare, facendo strame di principi di giustizia vera, leggi ingiuste o, nella migliore delle ipotesi, inutili. I numeri della relazione evidenziano, in maniera chiara, questo fallimento.
Oggi in Italia non vi è giustizia vera. La lentezza dei processi civili e penali, l'arretrato dei processi (8 milioni e 300 mila processi) e le prescrizioni negli ultimi cinque anni (una media di 160 mila all'anno), dimostrano che il nostro sistema giudiziario è assolutamente inefficiente. Tuttavia, il Parlamento in questi anni si è occupato di giustizia, ha discusso e ha approvato leggi quali la Cirielli, quella sul falso in bilancio, la Cirami, quella sulle rogatorie, sul legittimo sospetto e sull'inappellabilità da parte del pubblico ministero. Tutte leggi che certamente sono servite a qualcosa, ma non a realizzare nel nostro paese un sistema giudiziario che assicurasse ai cittadini - vittime o rei, innocenti o colpevoli - una vera giustizia.
Nel nostro paese continua a mancare la realizzazione effettiva dell'articolo 111 della Costituzione, che riguarda il giusto processo. Risulta completamente inattuato il principio del giudice terzo, la separazione delle carriere e la parità tra accusa e difesa rispetto agli strumenti. L'inappellabilità aggiunge a tale disparità altra disparità, ponendo in una posizione più debole il pubblico ministero nel ricorso in appello.
Si continua a non prendere in considerazione il problema della obbligatorietà dell'azione penale, principio sostanzialmente eluso e non realizzato. Esso ormai rappresenta una finzione rispetto ad una realtà completamente diversa.
Certo, in qualche occasione vi è stato un eccesso di protagonismo dei magistrati, ma anche una interferenza continua del potere politico all'interno dei processi, attraverso la modifica delle regole del gioco con riferimento a processi già in corso.
Voglio chiedere al ministro, che critica l'intervento della magistratura: quante volte ha esercitato il diritto-dovere di promuovere azione di responsabilità civile nei confronti dei magistrati? Risponda a questa domanda, signor ministro!
Inoltre, appare completamente inattuata la riforma del codice penale. È vero, sono stati realizzati alcuni risparmi in settori indispensabili per lo svolgimento dei processi, tagliando, ad esempio, i fondi per la stenotipia. Dunque, come sarà possibile svolgere i processi senza una moderna, tempestiva e puntuale modalità di verbalizzazione degli stessi?
Se il risparmio, signor ministro, vuol dire risparmiare sugli stipendi dei magistrati che non vengono reintegrati, certo in questo momento vi è risparmio nel nostro paese. Si registrano situazioni di forte carenza negli organici dei magistrati e in questo senso non si svolgono i concorsi, ma vi sono forti carenze anche nelle file del personale amministrativo, del personale
di supporto, dei cancellieri, degli ufficiali giudiziari. E, anche in questo caso, non si svolgono i concorsi o si bloccano quelli già espletati. E ci si chiede perché i processi sono lenti! Sono lenti perché vi è una strategia di rallentamento dei processi, perché non si vogliono amnistia e indulto, ma si accetta in maniera silenziosa e irresponsabile una amnistia surrettizia in base alla quale 160 mila processi vengono prescritti per decorrenza dei termini!
ENRICO BUEMI. Inoltre, non si registra quasi nessuna attività seria per quanto concerne la rieducazione dei condannati. La pena non è in grado di perseguire la sua finalità principale, quella della rieducazione del condannato.
In particolare, nelle carceri ozio e depressione sono protagonisti, mentre meno del 10 per cento della popolazione carceraria viene sottoposto a una vera attività di rieducazione. Per chi non ha molta dimestichezza con i numeri ciò vuol dire, signor ministro, che il 90 per cento dei detenuti esce dal carcere in una condizione peggiore di quella in cui è entrato, contrariamente a ciò che lei intende realizzare con la costruzione di nuove carceri, che, nella migliore delle ipotesi, arriveranno fra dieci anni. Ci deve dunque spiegare come potrà gestire l'incremento di detenzione che già è in atto e di cui si prevede un'ulteriore crescita con i provvedimenti irresponsabili che avete approvato.
In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, i cittadini, innocenti o colpevoli, vittime o rei, non possono essere soddisfatti di uno Stato che non rispetta in primo luogo le leggi fondamentali che si è dato, di una giustizia che arriva tardi, nella migliore delle ipotesi, e a volte non arriva mai, a causa della prescrizione, di condanne che non raggiungono l'obiettivo per cui sono emesse, di processi e di sentenze che non risarciscono i danni e che arrivano troppo tardi per essere considerate giuste.
Questo è lo stato della giustizia che lei ci consegna con questa relazione, e sull'operato di questi cinque anni il giudizio della Rosa nel Pugno non può che essere negativo e sconfortato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, signor ministro, ascoltata la sua relazione, debbo francamente dirle che ancora una volta mi sono rallegrato che la giustizia amministrativa, alla quale, per ragioni professionali, sono più vicino, sia sottratta alla sua competenza.
Lei ha svolto una relazione che, devo dire, rispetto ad altri suoi interventi, è più razionale. Alla fine della sua relazione lei afferma che chi verrà nella prossima legislatura - naturalmente mi auguro che nella prossima legislatura venga un Governo di centrosinistra - dovrà pur garantire qualche elemento di continuità. Ed è vero, perché quando lei sostiene che dovremo continuare a mettere mano alla riforma del diritto societario, alle procedure concorsuali, alle modifiche al codice di procedura civile, sarebbe da sprovveduti risponderle che dobbiamo rompere completamente con tutto quello che c'è stato, perché qualcosa da salvare c'è. Tuttavia, lo avete rovinato, perché, ad esempio, la riforma del diritto societario, predisposta nella scorsa legislatura dall'allora sottosegretario, professor Mirone, era certamente migliore di quella, molto confusa, che è stata proposta ora.
Ma non è questo il problema. Infatti, signor ministro, il giudizio negativo sul suo operato non nasce tanto dalle cose che ella ha detto, anche se le cose che ella ha detto sono sufficienti per esprimere un giudizio negativo - pacato, ma negativo -, ma soprattutto dalle cose che ella ha taciuto. Ella non ha detto quali sono state le leggi sulle quali c'è stata bagarre, c'è stata battaglia in Parlamento. Non ci ha parlato dell'abolizione del falso in bilancio. Nulla
ci ha detto sulle rogatorie. Nulla ci ha detto sulle conseguenze, in ordine alle prescrizioni, della cosiddetta legge ex Cirielli. Nulla ci ha detto sulla questione che tanto appassiona i cultori del diritto processuale penale, vale a dire l'impossibilità per il pubblico ministero di impugnare in appello le pronunce di assoluzione in primo grado. Questi sono i problemi che avete trattato.
Di queste cose nella sua relazione non vi è traccia; di tutte queste leggi ad personam, anche se poi nei risultati non sono state così favorevoli per chi le ha volute - forse per disegno della sorte o per merito dei magistrati -, non vi è traccia.
Parliamo, allora, di quello che c'è nella sua relazione. Nella sua relazione c'è un'esaltazione della riforma dell'ordinamento giudiziario. In quest'aula, ho avuto l'onore di parlare a nome di tutti i gruppi dell'Unione contro la legge di riforma dell'ordinamento giudiziario e in quella occasione mi ero permesso di rilevare che non si trattava di un intervento di diritto sostanziale, in quanto l'ordinamento giudiziario ha una funzione servente per il migliore esercizio dell'attività della giurisdizione ordinaria. Abbiamo detto allora, e lo ripetiamo oggi, pur senza ripercorrere, per ragioni di tempo, tutti i vari passaggi, che la riforma dell'ordinamento giudiziario complica le cose e non le risolve. Con questo sistema di concorsi a catena, se tutti i giudici sono impegnati - ripeto una battuta fatta allora - non sapremo chi è in grado di stilare sentenze, perché una parte sarà soggetta a valutazione e un'altra comporrà le commissioni che queste valutazioni operano.
Tuttavia, quello che non è seriamente concepibile, signor ministro, è che si possa pensare ad una riforma della giustizia contro i giudici. Io non sono assolutamente - del resto, faccio l'avvocato - nella condizione di sostenere che i giudici hanno sempre ragione: che talvolta qualche giudice possa avere un eccesso di protagonismo o che l'Associazione nazionale dei magistrati possa avere ecceduto nella difesa del corporativismo - la categoria dei professori universitari ordinari, a cui appartengo, ha perso credibilità proprio perché la difesa della corporazione ci ha portato a non sapere escludere qualche volta le «pecore nere» - è comprensibile, perché ciò si verifica in tutte le aree dove esiste una corporazione chiusa, ma - ripeto - non si può pensare di procedere ad una riforma della giustizia contro i giudici. La tesi di volere esautorare il Consiglio superiore della magistratura del potere disciplinare per conferirla ad una authority contrasta radicalmente con i principi dello stato di diritto, a meno che, come pare evincersi dalla sua formulazione, non la si voglia considerare una barzelletta.
Ho l'impressione, quindi, che il giudizio sulla sua relazione debba essere negativo, un po' meno negativo di quello che riguarda invece l'operato del Ministero sotto la sua direzione, perché le cose più gravi nella sua relazione non compaiono. Per queste ragioni, il giudizio del nostro gruppo è negativo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, signori del Governo, gli interventi dei colleghi del centrosinistra che mi hanno preceduto mi esimono dal riproporre una serie di argomenti già richiamati con grande cura e precisione. Vorrei parlare a lei, ministro Castelli, operando non una finzione, ma adottando uno schema di ragionamento che tenga conto esclusivamente del suo operato. Voglio cioè scindere la valutazione sul lavoro di questi cinque anni da una serie di elementi che pure sarebbero necessari per contribuire ad una valutazione di insieme dell'operato della maggioranza e del Governo, ossia gli elementi su cui si sono soffermati altri colleghi, con riferimento a quelle leggi concepite, in sede parlamentare che hanno poi portato una serie di vantaggi per qualcuno e ad una serie di guasti per tutto l'ordinamento.
Perché, signor ministro, prendo a riferimento esclusivamente il suo operato e la sua relazione, che è estremamente reticente sulle parti cui facevo riferimento prima? Per la semplice ragione che trovo assai singolare il modo in cui lei ha predisposto questa relazione e molte delle osservazioni che in tale documento sono contenute.
ANNA FINOCCHIARO. Inizio dall'incipit di quella relazione. Le prime pagine sono dedicate, ovviamente in maniera frettolosa perché capisco che lei non volesse affliggere il Parlamento con un tomo, al tema del perturbato equilibrio tra i poteri dello Stato. Da esse emerge con grande forza un'idea, forse due. La prima è quella che doveva sostenere, come asse teorico essenziale, la riforma dell'ordinamento giudiziario, la necessità cioè che venisse espropriato il Consiglio superiore della magistratura da molti compiti e che, per la prima volta, inopinatamente e fuori di ogni quadro costituzionale, al ministro della giustizia venissero attribuiti compiti di polizia giudiziaria. Su questo aspetto, com'è noto, è intervenuto il richiamo del Presidente della Repubblica.
Ora, se nella lettera del testo questo rischio è stato in gran parte arginato, certamente non è stata arginata, nella sua concezione, la filosofia di fondo che lo sosteneva e cioè che è il ministro della giustizia che deve esercitare compiti di politica giudiziaria e deve, in qualche modo, rendere vivo un principio che lei, signor ministro, cita, scisso da ogni dato costituzionale, proprio all'inizio della sua relazione quando dice: state attenti, la sovranità appartiene al popolo, sia pure con le forme e con i limiti dettati dalla Costituzione. Questo principio è citato più volte nella sua relazione e lei su di esso si sofferma.
Si rinviene, quindi, intatta un'idea, che per tanto tempo ha serpeggiato nel dibattito politico nel corso di questi cinque anni di legislatura, che ritengo sbagliata. Si tratta dell'idea, che poi ha sostenuto anche una riforma voluta dalla sua maggioranza, che il popolo, e chi da quest'ultimo è designato, è sottratto al controllo e che l'unico controllo che può essere esercitato è quello operato dal popolo. Liberi di pensare come volete. La pensavano così anche molti studiosi alla fine del Romanticismo e furono quelli che supportarono, sotto il profilo teorico, la nascita, ad esempio, della base teoretica del nazismo, del nazionalsocialismo. Tuttavia, non è possibile sostenere, tanto meno in una relazione al Parlamento, di poggiare la propria inclinazione verso questo modello soltanto su un comma estrapolato dall'articolo 1 della Costituzione dimenticando però sia l'articolo 101, in base al quale la giustizia è amministrata in nome del popolo e che i giudici sono soggetti solo alla legge, sia, soprattutto, l'articolo 110, dal quale si evince che spettano al ministro della giustizia l'organizzazione, il funzionamento e i servizi relativi alla giustizia.
Che la riforma dell'ordinamento giudiziario, approvata dal Parlamento, abbia un rilievo di natura costituzionale è lecito trarlo, prima ancora dalle autorevoli parole del Presidente della Repubblica, dalla stessa lettera delle disposizioni transitorie alla Costituzione. Difatti, un minimo di sobria attività interpretativa fa comprendere che per essere legge, citata nelle disposizioni transitorie, essa, sia pure non sotto il profilo formale, ha un rilievo di natura costituzionale.
Ciò detto, a lei, signor ministro, spettava l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, mentre il resto non era compito suo. Magari le sarebbe toccato governare questa partita, questa materia essenziale per la competitività del paese, e governarla magari secondo i proponimenti fatti all'inizio della legislatura e con qualche mistificazione in meno: tra queste ultime, faccio riferimento, in particolare, ad una. Signor ministro, ricordo bene l'intervento da lei svolto in Commissione giustizia quando
venne per la prima volta, in maniera un po' riluttante, a presentare il programma del suo dicastero.
Ci annunciò che, nel corso della legislatura, avrebbe varato la riforma del codice civile, del codice di procedura civile, del codice penale e del codice di procedura penale (ce lo ricordava poc'anzi il collega Fanfani). Fortunatamente, non abbiamo preso sul serio l'annuncio, di talché possiamo non prendere sul serio anche il fatto che, ovviamente, di tutto ciò non vi sia traccia alcuna nel resoconto dell'attività di questi cinque anni!
Governare, come dicevo, è arte complessa: lei lo sa bene, signor ministro. Ora le dico con franchezza cosa si pensa leggendo la sua relazione (forse, io la leggo con maggiore avvedutezza, essendomi occupata per molti anni, in quest'aula, insieme ad altri colleghi, proprio delle materie in essa trattate).
Io penso che non faccia una buona impressione, signor ministro, il fatto che lei dica di avere governato solo contro tutti. Ma insomma! Qui si approvavano le «leggi vergogna» e a lei non dicevano niente! Gli avvocati erano scontenti; i magistrati erano scontenti; il personale giudiziario era scontento; il CSM era scontento; la Corte di cassazione era scontenta; la dottrina era scontenta; e lei era solo contro tutti!
Lo sa che lei ha un'idea molto singolare del Governo, signor ministro? Probabilmente, ha un'idea particolare della fermezza delle proprie idee e dei propri convincimenti. Ma sa, signor ministro, se non si traduce in atti concreti che modificano la realtà, che - come dire? - producono risultati, giusti o sbagliati, criticabili o non criticabili, tale fermezza può generare un apprezzamento di natura solipsistica, ma non serve al paese ... Da questo punto di vista - lei sa che il nostro rapporto è stato molto civile, ma il rapporto personale è una cosa, il rapporto politico un'altra - io non credo affatto che lei sia stato un buon ministro della giustizia!
Trascuro una parte della relazione che pure mi ha intrigato. Come mai su venticinque pagine di relazione se ne dedicano due alle intercettazioni telefoniche? Potrebbe anche essere umoristica la cosa, visti i tempi che corrono e visto l'uso abbastanza spregiudicato che se ne sta facendo in campagna elettorale, in favore di una parte politica e in danno di un'altra ... Tuttavia - come dire? - io penso che la mia curiosità sarà presto soddisfatta.
Infine, arriva la sua diagnosi: inadeguatezza delle risorse, scarsa efficienza e normativa obsoleta sono le tre ragioni dell'insoddisfacente funzionamento della giustizia italiana alle quali lei perviene, signor ministro, alla fine dei cinque anni. Signor ministro, non ci volevano cinque anni per arrivare alla conclusione che la crisi della giustizia italiana è determinata da inadeguatezza delle risorse, da scarsa efficienza e dalla normativa obsoleta! Se avesse ascoltato, almeno un poco, ciò che veniva detto in queste aule e fuori, forse ci saremmo arrivati un po' prima e lei avrebbe guadagnato un bel po' di tempo ...!
La fase degli impegni - l'ha già detto l'onorevole Pisapia - mi pare francamente fumosa, piena di buoni proponimenti. Le dico solo questo: mi sarebbe bastato che, in questa legislatura, come lei, peraltro, si ripromette di fare nella prossima, avessimo assunto in servizio quei famosi mille magistrati di cui alla cosiddetta legge Fassino (vi erano già la copertura finanziaria ed il regolamento). Invece, ancora non ci siamo!
Trovo abbastanza bizzarro che, di fronte ad una mancanza di organico del personale amministrativo pari a 5 mila unità, lei dica che bisogna ridurre le unità di personale amministrativo, perché ciò significa dare una mano al contenimento della spesa pubblica. Non solo: indicandolo come un risultato, afferma di averle già diminuite! Ma ce ne siamo accorti che le ha già diminuite! Ci siamo accorti, ad esempio, che le udienze finiscono all'una, perché non ci sono i soldi per lo straordinario! Ci siamo accorti, ad esempio, che gran parte delle disfunzioni degli uffici giudiziari è dovuta al fatto che manca il personale! Ci siamo accorti - me ne sono
accorta io, ma immagino che se ne sia accorto a maggior ragione lei ... - che le richieste provenienti dagli uffici giudiziari, i quali hanno fame di personale in grado di consentire lo svolgimento dell'ordinario lavoro d'ufficio, a cominciare dalle udienze, sono sempre più numerose e sempre più pressanti!
In tutto questo, mi lasci dire una cosa, signor ministro: non è vero che l'opposizione, come ha sostenuto anche l'onorevole Marotta, è stata assolutamente arroccata in un pregiudiziale contrasto ad ogni iniziativa. Certo, confesso che le «leggi vergogna» non ci sono piaciute! Debbo aggiungere, però, che ogni volta abbiamo ragionato di possibili alternative. Inoltre, abbiamo anche tentato di dimostrare che tali leggi, guardate sotto un profilo diverso da quello della loro idoneità a sanare un particolare processo, determinavano, in realtà, uno sconquasso nel resto dell'ordinamento. Questa era una preoccupazione di ordine generale. Perché non ci ha ascoltato, signor ministro? Eppure, io ricordo che, nel corso della precedente legislatura, numerose riforme sono state proposte dal centrosinistra. Numerose, onorevole Marotta, onorevole Palma, ministro Castelli! Ne ho citato un piccolissimo elenco che, però, è già un lunghissimo elenco! Lo vogliamo ripercorre insieme? Lo ha già fatto l'onorevole Pisapia. Quelle riforme sono state approvate con una larghissima maggioranza, se non all'unanimità. Ciò mi fa ritenere che quelle numerose riforme, alcune delle quali di carattere strutturale, trovavano nell'attuale maggioranza ascolto e ne era condiviso il fine generale. Ovviamente, è probabile che alcune di esse fossero perfettibili - non ne dubito in alcun modo - ma, probabilmente, se avessimo continuato quel processo riformatore il paese si sarebbe trovato in migliori condizioni, la giustizia avrebbe funzionato meglio e lei, signor ministro, avrebbe fatto una miglior figura.
Voglio limitarmi - per rispondere all'onorevole Marotta - soltanto ad una questione, quella relativa alla famosa riforma del processo civile. Onorevole Marotta, ciascuno di noi sa bene che non basta riformare il processo civile per rendere possibile l'esaurimento del contenzioso civile, che è elevatissimo, come afferma il ministro, poiché siamo uno dei paesi più litigiosi al mondo. Molte sono le cause che a ciò contribuiscono. Nel corso della presente legislatura, attraverso le proposte di legge che noi abbiamo depositato in Parlamento, alcune delle quali sono già in discussione, ritengo che avremmo potuto introdurre una serie di strumenti di risoluzione delle controversie (l'onorevole Bonito, più volte, ci ha intrattenuto su questo) diversi dagli arbitrati, che sono per la gente ricca. Per la gente normale, avremmo potuto introdurre le class action, ad esempio, che sono uno strumento essenziale per tutelare interessi identici di soggetti coinvolti nello stesso fatto dal quale derivano richieste risarcitorie. Pensate: su questo c'era stata una buona possibilità di ragionamento, nel momento in cui (cito un episodio che, in questi giorni concitati, è stato sempre pretermesso) abbiamo deciso delle decine di migliaia di controversie che nel paese si erano accese, a seguito - come ricorderete - del famoso rimborso di 43 euro, al quale gli italiani contraenti una polizza per responsabilità civile automobilistica avevano diritto, da parte delle assicurazioni italiane, Unipol compresa, in virtù di una decisione intervenuta a livello europeo. Sappiamo che quelle decine di migliaia di procedimenti erano stai affidati, come è giusto e normale, alla soluzione di tipo giudiziario.
La maggioranza impose una soluzione tale per cui la competenza a giudicare era trasferita dal giudice di pace al tribunale, in modo da dare luogo anche all'eventuale giudizio di appello (per 43 euro!). Peraltro, ciò implicava che le decine di migliaia di assicurati italiani avrebbero dovuto rivolgersi ad un avvocato. Non a caso uso il condizionale perché, di fatto, per 43 euro, moltissimi rinunciarono.
Quella fu un'occasione nella quale il Governo avrebbe potuto dimostrare la propria volontà di andare in fondo ad una questione che rappresentava una delle
ostruzioni nel disbrigo delle cause civili, peraltro di modestissimo ammontare e di facilissima soluzione.
Ebbene, in quel caso, piuttosto che ragionare sulle class action, la sua maggioranza ed, addirittura, il Governo (infatti, fu un decreto a risolvere la questione) decisero che bisognava fare in modo che le assicurazioni evitassero questo esborso e che i cittadini, che già una volta erano stati gabbati, continuassero ad essere gabbati e affrontassero la spesa di un legale e di un giudizio di primo e secondo grado, se non, addirittura, di un giudizio di Cassazione. Lo dico, onorevole Marotta, perché i fatti, spesso, sono assai più testardi delle opinioni e delle insinuazioni.
Avremmo potuto approvare, per esempio, il provvedimento che riguarda le camere di conciliazione. In una parola, avremmo potuto ragionare su un complesso di strumenti che sollevassero i giudici civili da una serie di controversie e, soprattutto, sollevassero i cittadini dal dilemma di dovere affrontare anni di contenzioso e spese legali per ottenere la soddisfazione di un diritto; e nessuno di noi, dall'esterno, è in grado di affermare se, per quel soggetto, quel diritto sia importante o meno.
Ma di ciò, naturalmente, non vi è traccia alcuna.
Lei si vanta della riforma del codice di procedura civile; le posso obiettare che tale riforma riporta indietro le lancette del nostro codice all'epoca post-unitaria; osservo anche che la stessa operazione è stata compiuta con l'altra riforma della quale lei si vanta, ovvero quella del processo societario. Mentre, per quanto riguarda il regime societario, avete giustamente copiato la nostra proposta dello scorso anno - e vi è andata bene, perché era di qualità e su di essa si registravano ampi consensi da parte dei soggetti interessati -, per quanto concerne il processo societario, con una violazione della legge delega, si è introdotto un meccanismo, modulato sul progetto Vaccarella e con una gestione diretta dell'avvocatura nei processi, che ormai registra una serie di critiche che provengono da moltissimi convegni e da tutti gli esperti del settore.
PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro...
ANNA FINOCCHIARO. Tralascio le osservazioni sul «proditorio agguato» che sarebbe conseguente ad un voto segreto: quest'ultimo, quando vi conviene, è uno strumento di garanzia; quando non vi contiene, invece, dà luogo a «proditori agguati». Dico piuttosto, signor ministro, che il vostro consuntivo è francamente ridicolo. Avrei preferito che lei si occupasse meno di intercettazioni telefoniche e assai più di finanziaria; noto la finezza di aver citato il dato del 1996 e poi quello del 2005, saltando tutti gli anni intermedi che avevano registrato, durante i Governi di centrosinistra, un serio - e mai riscontrato, né prima, né dopo, evidentemente! - stanziamento a favore della giustizia.
Noto che lei continua a compiacersi della sua solitudine eburnea. Sono convinta che lei lascia la giustizia italiana in uno stato assai peggiore di quello in cui l'ha trovata. Ha interrotto un processo riformatore.
Osservo soltanto che sul processo penale lei fa alcune affermazioni a mio avviso incomprensibili perché incompatibili con quanto è avvenuto. Osservo solo questo: lei dichiara che con le norme sulla prescrizione recate dalla legge ex Cirielli vi sarebbero 35 mila nuove prescrizioni.
PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro, si avvii a concludere!
ANNA FINOCCHIARO. Concludo, signor Presidente. Ebbene, ha ragione l'onorevole Nitto Palma: cosa sono 35 mila di fronte a 150 mila? Ma allora, fatemi capire quale sia la ragione di accorciare, da una parte, i tempi della prescrizione e, dall'altra, di allungare i tempi del processo, per esempio attribuendo alla Cassazione il terzo grado di merito.
Insomma, signor ministro, ritengo che lei abbia avuto in questi cinque anni le idee molto confuse; i suoi colleghi della maggioranza le hanno avute più chiare: alcuni
obiettivi topici li hanno raggiunti. Il fatto è che la giustizia, in questo paese, sta male, malissimo; ma, soprattutto, stanno male i diritti dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia.
Desidero rivolgere un saluto al presidente del Parlamento della Bulgaria, signor Georgi Pirinski, presente in tribuna (Applausi).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il ministro della giustizia, senatore Castelli, che esprimerà altresì il parere sugli atti di indirizzo presentati.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. La ringrazio, signor Presidente. Devo, altresì, rivolgere un ringraziamento alla Camera dei deputati per avere ascoltato la mia relazione integrale, sulla quale poi ognuno ha espresso legittimamente un parere. Ma, soprattutto, vorrei ringraziare anche l'opposizione, che non è caduta nella tentazione, da me registrata ieri al Senato, di trasformare tutto in rissa. Vi sono stati, come era ovvio, accenti fortemente critici, ma tutto è rimasto nel quadro di un civile confronto democratico. Apprezzo la circostanza e ne prendo atto con piacere.
Cercherò di limitare al massimo la mia replica, ma alcune questioni vanno evidenziate. È ovvio che bisogna lasciare a tutti la facoltà di esprimere le critiche, anche le più feroci; ma almeno sui dati cerchiamo di trovare un momento comune.
Quindi, applicherò a me stesso, prima ancora che agli altri, la maieutica, che credo sia un'arte che tutti noi dovremmo coltivare diuturnamente.
Parto da una questione che, tra l'altro, mi fa piacere. Infatti, ho constatato come la maggior parte degli interventi sia stata capace soltanto di ricordare le solite trite e ritrite «leggi vergogna» che, veramente, ci hanno francamente stancato un pochino!
PIERO RUZZANTE. Anche gli italiani si sono stancati!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Torniamo, allora, alla cosiddetta legge Cirami, alle rogatorie e a tutti questi continui ricordi!
Bene: se voi siete stati costretti a ricordare sempre tali leggi, evidentemente non avete trovato accenti di critica sulla relazione del ministro. Ricordo che, ai sensi della legge, non ho citato questi provvedimenti per un motivo molto semplice: infatti, la legge chiede al ministro della giustizia di relazionare sull'attività del Governo, e tali leggi sono state approvate dal Parlamento.
Ciò significa non una sottrazione di responsabilità ma, semplicemente, rispetto delle prerogative del Parlamento. Vedete, forse sbaglierò - ma non credo! -, tuttavia tendo sempre a distinguere l'attività del Governo da quella, sovrana, del Parlamento. È stato questo il motivo per il quale non ho ricordato tali leggi: non perché non le condivida in larga parte, ma perché, semplicemente, non sono state il frutto dell'attività governativa. Tutto qua!
Veniamo adesso alla cosiddetta legge Cirielli. Ho ascoltato l'onorevole Fanfani
accusarmi di aver negato la comunicazione di dati al Parlamento. Vede, onorevole Fanfani, almeno sui conti lasciatemi la primazia che credo di dover avere! Se lei ricordasse bene, come ricordo bene io (perché ho buona memoria, soprattutto riguardo alle scelte che compio), confermerebbe che, con riferimento ai dati che allora rilasciai alla Commissione giustizia prima e al Parlamento in generale dopo, io parlai, pur con tutte le riserve del caso, di una previsione di ulteriori prescrizioni, determinate dalla legge in questione, per circa il 16 per cento.
Se lei fosse capace di fare i conti, verificherebbe che i 35 mila processi caduti in prescrizione per tale legge, rapportati ai 200 mila processi già prescritti, costituiscono il 17,5 per cento, frutto di un ulteriore considerazione. Quindi, come può constatare, i dati che avevo fornito allora sono esattamente gli stessi che illustro adesso, perché, almeno sulla mia onestà intellettuale e sulla mia capacità di fare i conti, credo di non essere secondo a nessuno!
Vi è un'altra questione che vorrei sottolineare. L'onorevole Pisapia mi accredita, o mi addebita (non so bene quale termine usare), l'aumento dei delitti in Italia. Ringrazio l'onorevole Pisapia, che pensa che io sia onnipotente: in realtà, quindi, ho anche la facoltà di gestire l'aumento dei delitti italiani! Tuttavia, anche in questo caso, do più credito alle cifre fornite dal collega Pisanu, il quale, pochi giorni fa, ha comunicato dati che, invece, sono molto confortanti, poiché indicano che i reati sono in diminuzione. Si tratta di capire, dunque, se dare più credito alle cifre fornite dal Governo o a quelle esposte dal collega Pisapia: con tutto il rispetto per l'onorevole Pisapia, però, do un credito maggiore ai dati del Ministero dell'interno.
Vorrei dire all'onorevole Finocchiaro, inoltre, che è vero che siamo andati avanti cinque anni con un dialogo tra sordi, ma almeno leggiamo quanto è scritto nella relazione. Non ho attribuito a tre cause la percepita crisi della giustizia: ho dichiarato che erano percepite tre cause di malfunzionamento della giustizia. Rileggo testualmente: «Tre sono le questioni principali percepite come causa dell'insoddisfacente funzionamento della giustizia italiana».
Ho altresì dichiarato che non ritengo che la prima causa percepita - vale a dire l'inadeguatezza delle risorse - sia veramente un «motore» della crisi della giustizia. Ho citato i dati europei, ho affermato che siamo in linea con tali dati ed ho anche sostenuto che, così come in Europa si svolgono processi più veloci con la medesima destinazione di risorse, lo stesso si potrebbe fare anche nel nostro paese.
Condivido, invece, le altre due cause, costituite dalla scarsa efficienza della giustizia e dalla normativa obsoleta: nella mia relazione, infatti, troverete una serie di azioni che il Governo ha cercato di porre in essere in tal senso. È stato affermato che sarebbero insufficienti. È chiaro che si tratta di un dato soggettivo: pertanto, accetto la critica. Si può certamente affermare che sono insufficienti, però, onorevole Finocchiaro, su questo punto la sfido, così come sfido qualsiasi parlamentare, a misurarci sui numeri. Le cifre, infatti, indicano che, sia pur di poco, la giustizia nel 2006 sta comunque meglio rispetto al 2001!
Queste sono cifre incontestabili, su cui sfido chiunque a misurarsi. Quindi, siamo sicuramente riusciti, in maniera insufficiente - lo ripeto, è una valutazione soggettiva, ma è una critica che posso accettare -, a ridurre l'arretrato. Perché ho definito l'arretrato dei processi il «debito pubblico giudiziario»? Perché ritengo che esso debba essere considerato esattamente come il debito pubblico finanziario. Nessun ministro del tesoro ha mai ottenuto l'azzeramento del debito in pochi anni. Sappiamo che si tratta di un processo lungo, tormentoso, faticoso ed articolato. Lo stesso vale per la cancellazione - o, comunque, per la diminuzione - del debito pubblico giudiziario, a meno che non si voglia varare un'amnistia generalizzata che, mi pare, il Parlamento, ancora una volta nella sua sovranità, abbia rifiutato.
Dunque, era necessario fermare il trend in salita. L'abbiamo fatto. Era necessario cambiare la natura del trend stesso, che non è più positiva, nel senso di aumento delle cause e dei tempi, ma negativa, e pertanto di diminuzione. Ciò ci lascia ben sperare.
Abbiamo, dunque, la consapevolezza e la coscienza di lasciare al paese una giustizia che funziona male? Può darsi: quest'ultima è una valutazione soggettiva. Vi ricordo che la giustizia italiana, comunque, è in grado di «macinare» ogni anno dieci milioni di cause! Non mi pare un risultato così negativo. Mi sembra soprattutto offensivo nei confronti dei magistrati e di tutti gli operatori della giustizia affermare che siamo al disastro se riusciamo soltanto a gestire dieci milioni di cause l'anno. In ogni caso, questi sono i dati oggettivi: vi è stato un trend in salita; è stato fermato ed oggi sta scendendo.
L'onorevole Palma ha detto che non sono stato popolare tra i magistrati e gli avvocati. Può darsi. Onorevole Palma, ho sempre avuto un'idea - chiara, in questo caso, onorevole Finocchiaro -, forse sbagliata, in base alla quale le riforme possono essere di duplice natura. O la riforma non tocca nulla, nessun interesse costituito, lasciando le cose come stanno, e si tratta di una riforma finta che non avrà il plauso di tutti; se si tratta invece di una riforma vera, essa andrà ad incidere sugli equilibri, modificando gli interessi in campo, ed allora sicuramente crea tensioni. Quasi sempre le riforme non sono positive sia per chi agisce all'interno della macchina dello Stato sia per gli utenti. Si pensi alla scuola: da un lato, vi sono gli insegnanti, il personale; dall'altra, i discenti. Si pensi alla sanità: da un lato, vi è il corpo medico, i paramedici, gli amministrativi; dall'altra, i cittadini. Lo stesso avveniva nella giustizia: da un lato, vi erano gli operatori della giustizia; dall'altro, i cittadini. Io, forse sbagliando, non lo metto in dubbio - è una critica che bisogna accettare - ho privilegiato i cittadini rispetto agli avvocati ed ai magistrati. Questa è stata la linea che abbiamo seguito in questa riforma (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Onorevole Palma, le posso garantire che ho avuto la soddisfazione - io, leghista, e, quindi, anche fatto segno di un certo pregiudizio antimeridionale - di essermi recato dappertutto, da Palermo a Napoli, a Bari, a Catanzaro, a raccogliere applausi da tutti i cittadini, che hanno apprezzato la nostra opera. Credo che ciò sia il miglior viatico anche per il prossimo esame al quale il popolo sovrano ci sottoporrà (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Infine, onorevole Acquarone, mi perdoni se ho voluto tendere, magari un po' maliziosamente, una piccola trappola, in cui lei è caduto. Lo dico con affetto. Lei ha definito le mie affermazioni su un organismo indipendente, per quanto riguarda l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, «una barzelletta». Mi sono divertito - poiché condivido l'idea - a trascrivere nella mia relazione le parole - identiche - che ha adoperato l'onorevole Violante. Mi fa piacere che lei consideri le idee dell'onorevole Violante una «barzelletta» (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
MASSIMO POLLEDRI. QuAcquarone...!
PRESIDENTE. Signor ministro, la invito ad esprimere il parere del Governo sulle due risoluzioni presentate.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario sulla risoluzione Finocchiaro ed altri n. 6-00110, mentre esprime parere favorevole sulla risoluzione Pecorella ed altri n. 6-00111 (Nuova formulazione) con un'avvertenza di natura tecnica: a me sembra che tutto ciò che è previsto in tale ultima risoluzione abbia carattere legislativo e non organizzativo. In ogni caso - ripeto - il Governo esprime su di essa un parere positivo.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Avverto che, poiché alle ore 14 è prevista la riunione del Parlamento in seduta comune, le dichiarazioni di voto dovranno essere contenute complessivamente in 30 minuti. Pertanto, a seconda del numero di coloro che chiederanno di parlare, deciderò in ordine ai tempi.
Prego quindi i colleghi di comunicare alla Presidenza i nominativi di coloro che intendono parlare in rappresentanza dei rispettivi gruppi, in modo da organizzare adeguatamente quest'ultima parte del dibattito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella, al quale ricordo che ha cinque minuti a disposizione. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, è difficile non ricordare come l'opposizione cercò in tutti i modi di non far approvare la disposizione in base alla quale oggi ci siamo confrontati su un tema così importante come quello dell'amministrazione della giustizia.
Ancora una volta, l'opposizione non ha saputo trasferire in un contributo effettivo, nella possibilità di guardare oltre, quella che era una grande occasione per il Parlamento. Tutto si è risolto in una inutile critica, perché ripetitiva; mentre ciò che noi ci aspettavamo e che il paese si aspettava era che fossero indicate le prospettive future, ciò che il Parlamento si sarebbe impegnato a fare: il Parlamento di oggi lo lascerà in eredità al Parlamento di domani. Questo sarebbe dovuto essere il nostro obiettivo: non fare di questa occasione uno scontro politico, attribuendole una ragione fondamentalmente elettorale.
Vorrei rapidissimamente illustrare la risoluzione presentata dalla Casa delle libertà, enunciando le ragioni per cui è stata presentata; credo abbia un grande significato politico il fatto che l'intera Casa delle libertà l'abbia sottoscritta e abbia affidato ad un solo rappresentante il compito di illustrarla. Questa risoluzione va al di là di tutto ciò che è stato detto ed indica gli scopi, gli obiettivi del programma che abbiamo davanti a noi e che vogliamo lasciare al Parlamento come una preziosa eredità.
In tale risoluzione, innanzitutto, si pone in primo piano (ciò non è mai avvenuto) non solo il problema delle carceri in quanto tali, ma anche quello della revisione del sistema delle sanzioni. Ci siamo impegnati già su questo terreno, e pensiamo che il nuovo sistema delle sanzioni debba considerare il carcere come uno strumento eccezionale, da utilizzare nei confronti di coloro che si presentino alla società come soggetti altrimenti non controllabili; riteniamo, invece, debba essere inserita nei nostri futuri programmi un altro tipo di sanzione, con una funzione fortemente rieducativa.
Il secondo punto che abbiamo voluto mettere in rilievo è che consideriamo la politica criminale non come un fenomeno limitato, da affrontarsi settorialmente, ma come un momento integrante della politica sociale. Ogni scelta che in futuro dovrà essere compiuta dal Parlamento dovrà tener conto dei suoi effetti in ordine al contrasto alla criminalità.
Diciamo anche che deve essere compiuto ogni sforzo per realizzare l'obiettivo della ragionevole durata del processo; il che non significa, però, perdita di garanzie.
Sosteniamo, inoltre, che è possibile l'eliminazione di quelle forme processuali che non hanno alla base una vera tutela dei diritti costituzionali.
Vorrei solo svolgere un'osservazione con riferimento all'intervento dell'onorevole Finocchiaro, la quale ha affermato che vogliamo allungare i tempi dei processi attraverso la Cassazione intesa come giudice di merito di terzo grado. L'onorevole Finocchiaro dice una cosa che sa bene non essere vera. Semplicemente, abbiamo introdotto una regola di giudizio fondamentale, ossia che il giudice di Cassazione deve tener conto non solo di ciò che risulta dalla sentenza, ma del processo. E,
se si svolge un processo, è in base ad esso che si deve valutare se la motivazione sia integra, corretta e convincente.
Diciamo anche che si deve realizzare un nuovo modello di processo penale, sul quale nessun contributo è venuto né oggi né in passato dall'opposizione, ossia un processo penale che si ispiri alla parità delle parti, al pieno diritto alla prova e alla formazione della prova in contraddittorio.
Vi è un problema di fondo che andrà risolto, ovvero il conflitto che si è creato nella Costituzione tra la nuova norma recata dall'articolo 111, ispirato ad un sistema di garanzie strettamente accusatorio, ed altre norme, come quella che rende impossibile una vera e definitiva separazione delle carriere, contenute nella Costituzione del 1948.
Dunque, nella risoluzione vi è un invito e un impegno ad intervenire affinché la Costituzione, per la parte che riguarda il processo penale, rispetti totalmente i principi del processo accusatorio.
Per quanto riguarda il codice penale, l'impegno indicato nella risoluzione è quello di un codice penale che sia profondamente innovatore, che riguardi la società di oggi, che modifichi sostanzialmente il sistema delle sanzioni, proprio - come abbiamo detto prima - per considerare la sanzione del carcere come l'estrema ratio cui si deve ricorrere solo eccezionalmente.
Infine - nel breve tempo che mi è stato dato, queste sono le indicazioni di alcune priorità -, credo che si dovranno sottoporre ad un attento vaglio le grandi riforme che sono state compiute. Credo che non sia leale da parte dell'opposizione non riconoscere che alcuni elementi fondamentali ed importanti del sistema sociale sono stati toccati: il diritto societario, la legge sul risparmio, l'ordinamento giudiziario, la legge sul fallimento e il processo civile.
Ebbene, lasciamo questo messaggio a chi verrà in quest'aula dopo di noi: che si facciano funzionare queste riforme, che non si intervenga su queste riforme finché non vi sia la possibilità reale di valutarne l'efficienza e la congruità, che non si proceda semplicemente, per isteria legislativa, a cambiamenti prima che vi siano tutte le certezze necessarie.
Concludo con questa osservazione: noi, come Casa delle libertà, abbiamo due punti di riferimento che ci accomunano tutti e che consideriamo un grande patrimonio in materia di giustizia. Il primo è un vero equilibrio tra la sicurezza e le garanzie dei cittadini. Senza sicurezza non vi è convivenza civile; senza garanzie dei cittadini la convivenza civile è poca cosa, è triste cosa.
Il secondo aspetto è che noi consideriamo al centro del sistema giudiziario, al centro della giustizia, la persona umana come punto di riferimento cui si deve ispirare ogni riforma. Questi sono i valori, queste sono le priorità e questi sono i progetti che abbiamo.
Questo è il modo di costruire positivamente la giustizia, senza ricorrere soltanto a critiche sterili, quali quelle che oggi abbiamo ascoltato (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, noi voteremo contro la risoluzione Pecorella ed altri n. 6-00111 (Nuova formulazione), perché intendiamo esprimere voto favorevole sulla risoluzione Finocchiaro ed altri n. 6-00110, sottoscritta anche dagli altri gruppi del centrosinistra.
Le ragioni sono molto semplici. Innanzitutto, giova ricordare che la nostra opposizione - espressa nel corso dell'esame parlamentare del nuovo ordinamento giudiziario - rispetto alla relazione annuale del ministro al Parlamento aveva una giustificazione solidissima, giacché, com'è noto, nella sua prima versione quella relazione non doveva certo essere un momento di discussione politica generale sull'attività del Governo in materia di politica giudiziaria e sui suoi proponimenti in materia di politica del diritto, poiché l'impostazione
che inizialmente venne data e che noi abbiamo contrastato vittoriosamente era ben altra.
Il Parlamento avrebbe dovuto esprimere gli indirizzi ai quali la magistratura indipendente avrebbe dovuto ispirarsi nell'esercizio della sua funzione autonoma e - lo ripeto - indipendente.
Il dibattito di oggi, diversamente da quanto opina il presidente della Commissione giustizia, non è stato certamente contrassegnato da critiche sterili. Non si può pensare al futuro senza considerare criticamente ciò che è stato il passato e, nel caso particolare, i cinque anni che abbiamo alle spalle.
Comprendiamo il fastidio del ministro allorché si evocano in questa sede le cosiddette leggi vergogna, quelle che egli stesso ha definito leggi vergogna, ma di esse non possiamo non parlare in una valutazione storica e politica. Il ministro si difende - perché di difesa si tratta - assumendo che non ha trattato delle leggi vergogna nella sua relazione giacché quelle furono tutte di iniziativa parlamentare, di guisa che, a suo avviso, non avrebbero impegnato il Governo. Niente di più falso: un Governo che governa dovrebbe valutare con attenzione l'impatto che le normative di iniziativa parlamentare hanno sulla vita della collettività e delle istituzioni nazionali. Il ministro ed il Governo questo non hanno fatto giacché, viceversa, hanno messo in campo tutti gli interventi necessari per appoggiare tali leggi, anzi le hanno sostenute con forza e con vigore.
Questo significa che si assumono tutte le responsabilità per quanto riguarda il contenuto delle stesse e, soprattutto, per gli effetti devastanti - ed è quanto interessa in questa sede - che quelle leggi hanno avuto sull'ordinamento della giustizia e sul modello giudiziario del nostro paese.
Il ministro si vanta nel 2006 di consegnare al paese una giustizia che, ancorché in termini assai contenuti, funziona meglio di quella del 2001. Voglio ricordare al ministro - che è certamente distratto - che se quegli effetti positivi ci sono stati nel corso del quinquennio - e ci sono stati - essi non sono certo la conseguenza dell'attività del Governo Berlusconi. Se effetti positivi ci sono stati è perché nel precedente quinquennio approvammo quasi all'unanimità la riforma del giudice unico di primo grado, intervenimmo sul sistema penale con una massiccia depenalizzazione, riconoscemmo la competenza penale in capo al giudice di pace, aumentammo la competenza in materia civile del giudice di pace stesso, introducemmo una serie di altre riforme di impatto immediato sulla vita quotidiana dei tribunali del nostro paese, ci inventammo le sezioni stralcio per aggredire le ragioni congiunturali della crisi, così come mettemmo in campo riforme strutturali per affrontare le cause strutturali della crisi stessa.
Ecco perché, signor ministro, il carico della giustizia civile e di quella penale ha subito un ancorché lieve decremento. Hanno lavorato molti giudici di pace, hanno lavorato molti giudici delle sezioni stralcio; molti più magistrati, tra quelli togati e quelle onorari, hanno messo a disposizione della collettività le loro energie e questo ha reso possibile tali risultati.
In ben altra direzione vi siete mossi voi. Ella, signor ministro, ha voluto ricordare, e bene ha fatto, che le sue riforme, o per meglio dire le sue controriforme, avranno effetti nel tempo che oggi non possono essere valutati. Ha perfettamente ragione perché quegli effetti saranno devastanti: ella ha operato l'omicidio della Cassazione, ella ha annullato la funzione di giudice di legittimità del supremo organismo del modello giurisdizionale del nostro paese.
Oggi, in queste ore, si sta celebrando lo sciopero dei penalisti che protestano contro un'altra delle sue leggi vergogna: la cosiddetta ex Cirielli, anche questa di iniziativa parlamentare, ma che ella ha voluto in tutti i modi sostenere. Ebbene, tale legge entra in clamorosa contraddizione con quel documento al quale ella ha dato assenso a nome del Governo. Nella risoluzione Pecorella ed altri n. 6-00111 (Nuova formulazione), sottoscritta anche dagli altri capigruppo del centrodestra, leggiamo che «si deve rivedere il pregiudizio
che la pena detentiva sia l'unico mezzo di contrasto della criminalità» e che «il carcere sia l'extrema ratio».
Eppure, solo pochi giorni fa i presidenti dei gruppi del centrodestra hanno sostenuto e votato la legge ex Cirielli che, sotto questo aspetto, è un monumento al carcere, giacché, attraverso di essa, si infligge un colpo mortale alla legge penitenziaria del nostro paese. L'effetto di quella normativa sarà un incremento a breve termine proprio della popolazione carceraria. Questa è una delle tante contraddizioni nelle quali si è dibattuto in questi cinque anni il suo Governo e, soprattutto, la maggioranza che quel Governo ha sostenuto.
Ebbene, concludendo a nome dell'intero schieramento di centrosinistra, che mi ha fatto l'onore di invitarmi a intervenire come rappresentante per questa dichiarazione di voto, voglio guardare al futuro, che è dopo le elezioni della prossima primavera. Mi auguro, come tutti noi del centrosinistra ci auguriamo, che quanto noi percepiamo oggi nell'aria possa poi diventare realtà effettiva, rinnovamento profondo della vita politica del nostro paese, che non potrà realizzarsi se non con un cambio nel governo dell'Italia e del suo popolo.
Con grande fiducia noi aspettiamo quella data; dopo di che metteremo in campo le nostre idee e i nostri programmi. Voglio ricordare che il centrosinistra ha già elaborato un suo programma sulla giustizia ampio ed articolato. Sarà cosa del tutto diversa da ciò cui abbiamo dovuto assistere in questo quinquennio. Si guarda al futuro con la forza dei pensieri lunghi; affronteremo le cause congiunturali e strutturali della crisi, metteremo in campo idee nuove, cercheremo di costruire un nuovo modello giurisdizionale degno di una grande democrazia. Lo faremo nel campo del giustizia, ma lo faremo nella vita degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, intervengo molto brevemente in sede di dichiarazione di voto per affermare che noi del gruppo di Rifondazione comunista voteremo a favore della risoluzione Finocchiaro ed altri n. 6-00110, di cui siamo anche firmatari, per le argomentazioni che questa mattina ha già esposto in maniera molto ampia il collega Pisapia, le quali corrispondono ad un comportamento che per i cinque anni dell'intera legislatura il nostro gruppo ha tenuto all'interno dell'opposizione di centrosinistra e a volte anche in maniera autonoma rispetto alle posizioni e al voto delle altre formazioni del centrosinistra.
Noi riteniamo che questi siano stati cinque anni disastrosi, come ha spiegato questa mattina il collega Pisapia, di degrado dello Stato di diritto e del sistema delle garanzie, dove una visione securitaria ha prevalso sulla cultura della legalità. Potremmo parlare del problema dei migranti, del problema del carcere e di un disegno di legge che tenteremo di bloccare la prossima settimana con la presentazione di questioni pregiudiziali sospensive e di costituzionalità, un disegno di legge grave, in materia di cosiddetta autodifesa, che addirittura permette di concepire che vi sia una presunzione ex lege fra difesa della persona e difesa della merce. Penso alle leggi «mafiogene», perché, signor ministro, la legge sul falso in bilancio, come quelle sulle rogatorie e sullo scudo fiscale, sono - appunto - leggi «mafiogene», come è evidente perfino nei dossier della Guardia di finanza.
Quindi, noi ci batteremo contro i comportamenti, le leggi e il degrado dello Stato di diritto che in questi cinque anni vi sono stati, affrontando, ci auguriamo con una maggioranza diversa, nella prossima legislatura, i problemi della riforma, della ricostruzione del codice penale, in nome di una concezione del diritto penale minimo, per una diversa concezione ed articolazione dei reati, a partire dall'abrogazione dei reati di opinione, per una diversa concezione della pena, che ritorni allo spirito e alla lettera della Costituzione (la concezione della pena come socializzazione),
in altre parole a quella giustizia giusta e a quel processo giusto che sono i cardini fondamentali dello Stato di diritto.
Per questi motivi, anche con un apporto peculiare, dovuto all'autonomia oltre che all'unità di comportamento all'interno del centrosinistra in questi cinque anni, voteremo a favore della risoluzione Finocchiaro ed altri n. 6-00110 che abbiamo firmato insieme agli altri componenti dell'Unione (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Finocchiaro ed altri n. 6-00110, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 395
Votanti 394
Astenuti 1
Maggioranza 198
Hanno votato sì 164
Hanno votato no 230).
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Zanella, che intendeva esprimere un voto favorevole, non ha funzionato.
Prendo inoltre atto che l'onorevole Grillini ha espresso erroneamente un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pecorella ed altri n. 6-00111 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 403
Votanti 402
Astenuti 1
Maggioranza 202
Hanno votato sì 234
Hanno votato no 168).
Prendo atto che l'onorevole Siniscalchi non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto, inoltre, che il dispositivo di voto dell'onorevole Olivieri non ha funzionato.
È così esaurita la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione del Parlamento in seduta comune.
La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 17,20.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Armani, Ballaman, Enzo Bianco, Boato, Brancher, Bricolo, Gianfranco Conte, de Ghislanzoni Cardoli, Di Virgilio, Dozzo, Molgora, Rosso, Santelli, Saponara, Scarpa Bonazza Buora, Soro, Stefani, Stucchi, Tortoli, Valentino, Valpiana, Vitali e Zanella sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza i seguenti disegni di legge, che sono stati assegnati, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa):
«Conversione in legge del decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 9, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione internazionale in Iraq» (6271) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XIV;
«Conversione in legge del decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 10, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali» (6272) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIV.
I suddetti disegni di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, sono altresì assegnati al Comitato per la legislazione.
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, 18 gennaio 2006, la XII Commissione permanente (Affari sociali), ha approvato, in sede legislativa, i seguenti progetti di legge:
GIACCO ed altri: «Modifiche alla legge 14 febbraio 1974, n. 37, in materia di accesso dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico» (294), con l'assorbimento della seguente proposta di legge: BATTAGLIA e GIACCO: «Modifiche alla legge 14 febbraio 1974, n. 37, in materia di accesso dei cani guida per privi della vista nei mezzi di trasporto pubblico e nei pubblici esercizi» (633), che pertanto sarà cancellata dall'ordine del giorno;
S. 396-B Senatori CALDEROLI ed altri: «Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto» (Approvata dalla XII Commissione permanente del Senato, modificata dalla Camera, nuovamente modificata dalla XII Commissione permanente del Senato). (4248-B).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, l'emendamento Parolo 5.13.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6236 sezione 1), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6236 sezione 2).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6236 sezione 3).
Ricordo che non vi sono proposte emendative ammissibili non esaminate riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Dobbiamo ora passare all'esame dell'emendamento Parolo 6.10, ritirato dal presentatore e fatto proprio, a norma dell'articolo 86, comma 8, del regolamento, dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villari. Ne ha facoltà.
RICCARDO VILLARI. Signor Presidente, facciamo nostro questo emendamento anche per evidenziare le contraddizioni di una parte della maggioranza, che in buona sostanza è contraria a questo decreto-legge, come ha manifestato, ma formalmente cerca di defilarsi. L'articolo 6 di questo provvedimento affronta il problema dei siti di stoccaggio ed in queste aree della Campania giacciono oltre quattro milioni di tonnellate delle cosiddette ecoballe. Noi abbiamo la necessità di immaginare, di proporre e di programmare lo smaltimento di questo materiale. È infatti necessario, realistico, pragmatico, se si vuole anche giusto e corretto, che una classe dirigente, veramente tale, in qualche modo si faccia carico di immaginare una via di uscita da una situazione tanto pesante.
Del resto, anche se creiamo le condizioni per una nuova gara e quindi un nuovo soggetto affidatario, se immaginiamo un nuovo soggetto che subentra alla FIBE Campania a farsi carico di questa giacenza, sappiamo benissimo che tutto ciò è irrealistico.
Allora l'emendamento in esame propone, anzi affronta l'argomento, ma non propone alcuna via d'uscita.
La discussione di ieri ha bene evidenziato le posizioni dei gruppi ed anche la frattura all'interno della maggioranza, una frattura «timida» in quanto la Lega Nord ha in qualche modo battuto in ritirata. Noi, invece, siamo qui a ribadire come la posizione dell'opposizione sia limpida. L'emergenza ha molti padri. Dobbiamo disegnare l'uscita da questa fase, prevedendo un periodo interlocutorio nel quale la partecipazione alla programmazione di questa emergenza, quindi lo smaltimento di milioni di tonnellate di ecoballe, veda partecipi tutti gli enti locali che dovranno gestirla.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Sono passate ventiquattro ore dalla sospensione dell'esame del decreto-legge e dobbiamo ritornarci sopra.
Colgo l'occasione dell'emendamento in esame, che il mio gruppo ha fatto proprio per cogliere l'occasione di affrontare le questioni all'ordine del giorno e non certo per votare a favore di questi emendamenti, che non condividiamo.
PIETRO ARMANI, Presidente della VIII Commissione. Ecco, ci siamo capiti!
DONATO PIGLIONICA. Sì, li facciamo nostri per avere l'occasione di parlare, ma sarà sufficiente arrivare alla prima votazione per cogliere la linea che terremo d'ora in avanti.
In questi quattro anni, dall'avvio del funzionamento degli impianti di CDR si vive una situazione paradossale: è come se si continuasse ad estrarre petrolio, a produrre benzina, carburante senza avere a disposizione le macchine deputate ad utilizzare quel carburante. Il risultato è che questo carburante continua ad accumularsi sui piazzali e alcune decine di ettari del territorio campano sono ormai occupati dalle ecoballe.
Non voglio ricordare che in alcune occasioni, anzi con una certa frequenza, si sono verificati incendi sulla cui spontaneità persistono molti dubbi e quando si verifica la combustione spontanea di rifiuti, e non in termovalorizzatori, il risultato
finale è che la temperatura di combustione è più bassa e ciò libera quantità di diossine sicuramente superiori e pericolose.
Oggi - ripeto - diverse decine di ettari del territorio campano sono discariche abusive.
SERGIO COLA. Devi chiedere a Bassolino come mai!
DONATO PIGLIONICA. Onorevole Cola, non sto dicendo di chi è la responsabilità, ma che vi è una situazione talmente oggettiva...
FRANCESCO MARIA AMORUSO. Diciamolo di chi è la responsabilità!
DONATO PIGLIONICA. Il collega Amoruso mi perdonerà, ma sa che vi è una «collezione» di problemi.
Come già affermato ieri, il problema non è attardarci su tale aspetto, ma impedire di attardarci su altre questioni, per cui o abbiamo una reciproca comprensione della situazione o non andremo da nessuna parte (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Comunque, onorevole Cola, poiché il futuro potrà riservarvi l'occasione di fare cose di questo tipo, non siate molto critici su ruoli che domani potranno essere assunti da altri!
SERGIO COLA. Lo abbiamo subito noi!
DONATO PIGLIONICA. Il dato finale è che ad aggravare la situazione vi è il fatto che il carburante prodotto non viene ritenuto idoneo.
Ieri si è fatto riferimento a 4 milioni e mezzo di tonnellate accumulate, a 3 milioni di ecoballe; se oggi si realizzassero i due termovalorizzatori di Acerra e di Santa Maria La Fossa, se, per un miracolo, intervenisse un soggetto che, domani mattina, fosse in grado di mettere in funzione i due termovalorizzatori, essi avrebbero una capienza di 3 mila tonnellate al giorno di CDR, mentre la regione Campania ne produce 2700 al giorno.
Quindi, la differenza tra ciò che potrebbe accadere in termini potenziali e la produzione è di solo 300 tonnellate al giorno.
Non ci vuole molto per fare dei calcoli e scoprire che da domani mattina occorrerebbero 40 anni per smaltire questi rifiuti, nel caso queste ecoballe fossero eleggibili alla termovalorizzazione, cosa che, come abbiamo affermato, non è.
Allora, cosa avrebbe dovuto provvedere a fare, a nostro modo di vedere, il provvedimento in esame? Aggiungere alla questione della Protezione civile, a quella dell'emergenza nazionale, problema non risolvibile oggettivamente con le energie di nessuna regione del nostro paese, la vicenda delle ecoballe accumulate.
Ad aggravare la questione delle ecoballe è il fatto che nella gestione delle aree utilizzate si è infiltrata la malavita organizzata. Avremo occasione di continuare su tale tema, perché, a nostro modo di vedere, è il tema centrale della questione e rappresenta il deficit più serio di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, vorrei in dire, in primo luogo, che l'architettura di questo provvedimento mi sembra un po' arcaica, molto complessa e quasi barocca e rischia di ipotecare una serie di soluzioni non solo per la Campania, ma anche per le altre regioni.
ALDO PREDA. Credo, però, che occorra inquadrare il fenomeno in termini generali ed è in tale contesto che occorre porre la problematica della regione: esiste
il problema generale dei rapporti con le regioni, il problema generale dei siti di stoccaggio, il problema dello smaltimento dei rifiuti, della raccolta differenziata, della programmazione non solo dei rifiuti e dei siti dei rifiuti, ma anche di tutte le fonti energetiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, come affermato dai colleghi che mi hanno preceduto, non solo del gruppo dei Democratici di sinistra, il provvedimento in discussione non solo non risolve il problema specifico della regione Campania (che ha ispirato il Governo a varare una disciplina normativa secondo i presupposti di necessità ed urgenza), ma tende ad aggravarlo.
Poc'anzi, il collega Piglionica ha messo in evidenza il fatto che la normativa di urgenza non solo non è sufficiente a realizzare ciò che si era proposta, ma non risolve la problematica in questione.
PRESIDENTE. Vorrei rivolgere un saluto agli studenti della scuola media di Palazzo Adriano in provincia di Palermo, accompagnati dal sindaco e dal preside, presenti in tribuna (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, desidero chiarire che sull'emendamento Parolo 6.10 il gruppo dei Democratici di sinistra esprimerà un voto contrario.
Tuttavia, ritengo che anche gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto abbiano inquadrato il tema in oggetto, che va considerato in un ambito più ampio, che è quello della gestione del problema ambientale.
Non dobbiamo nascondere il fatto che nel corso di questa legislatura abbiamo contestato la maggioranza rispetto ad un tentativo di accentramento delle problematiche ambientali, posto in essere emarginando le regioni e gli enti locali. Ciò è avvenuto con la legge delega ambientale e con il mancato rispetto del Protocollo di Kyoto.
Questo è uno dei motivi che ci induce ad esprimere un voto contrario sul presente emendamento, con l'intenzione comunque di proseguire la nostra battaglia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.
MASSIMO ZUNINO. Tutti i colleghi del centrosinistra intervenuti in precedenza hanno già evidenziato come questo decreto-legge non risolva alcuno dei problemi posti dal tema dei rifiuti nel territorio campano. Un tema che, com'è stato detto, è divenuto una vera e propria emergenza nazionale.
Ebbene, di fronte a ciò, il provvedimento in esame non risolve il problema specifico della Campania e non è certamente sufficiente a rispondere alle problematiche esistenti. Tuttavia, questo dato non ci meraviglia, in quanto si tratta non solo di un problema della Campania, ma di un ritardo generale del Governo su tutti i temi che attengono più in generale alla gestione dei rifiuti a livello nazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.
SERGIO SABATTINI. Signor Presidente, intervenendo in dissenso dal mio gruppo, preannunzio il mio voto favorevole sull'emendamento in esame (Applausi del deputato Polledri). Ciò in quanto, nel comma 1, noto la possibilità che in questi siti di stoccaggio provvisorio siano presenti materiali nocivi o comunque pericolosi. Pertanto, non essendo specificato che tali materiali non sono nocivi o comunque pericolosi - mi riferisco anche alle ceneri dei cosiddetti termovalorizzatori -, ritengo che la soppressione del comma sia assolutamente sensata.
Dico ciò in quanto - specifico che il mio intervento non è strumentale -, quando ci si occupa di smaltimento dei rifiuti, si deve tener conto del fatto che vi sono materiali, che vengono stoccati in alcuni bacini, nocivi e pericolosi per le popolazioni. Dunque, la soppressione del comma 1 è assolutamente sensata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Signor Presidente, i Verdi esprimeranno un voto favorevole sull'emendamento in esame, essendo estremamente preoccupati di questo malvezzo del Governo di continuare a prevedere siti di stoccaggio provvisorio estremamente pericolosi - in quanto contengono rifiuti tossici nocivi e pericolosi, come ad esempio i residui dei termovalorizzatori - e dunque incapaci di garantire, essendo provvisori, la sicurezza della popolazione.
Non intendo trattare ulteriormente il merito del presente provvedimento, che è già stato approfondito dal collega Lion, ma vorrei sottolineare comunque il fatto che il Governo ha rinunciato ad individuare un sito definitivo per le scorie nucleari, imponendo al Piemonte, a Saluggia, un sito definitivo mascherato da un sito provvisorio che costa molto meno.
Su questo i Verdi si stanno mobilitando, vi saranno manifestazioni anche davanti al consiglio comunale di Vercelli, ma in via generale il problema è riconducibile al Governo, il quale, dopo la rivolta sacrosanta di Scanzano, non ha portato avanti nulla, pur avendo un commissario straordinario - come l'arcinoto Carlo Jean alla guida della Sogin - e si arrabbatta per imporre un sito provvisorio.
Mi auguro che i colleghi della Lega, che hanno presentato l'emendamento volto ad eliminare la possibilità di siti provvisori, si ricordino che esiste questa situazione sulle scorie nucleari, e portino avanti, insieme anche all'opposizione, una critica profonda ai mancati interventi del Governo e richiamino l'attenzione sulla necessità fondamentale dell'individuazione di siti definitivi che garantiscano la sicurezza delle persone e dell'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI. Signor Presidente, immagino che l'onorevole Parolo, che è persona intelligente, abbia proposto l'emendamento in esame in maniera provocatoria. Siamo infatti ovviamente interessati a far fuoriuscire la Campania da una condizione di perenne emergenza e dal commissariamento, ma pensare di azzerare, da subito, gli stoccaggi provvisori di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti è chiaramente improponibile e non praticabile dal punto di vista ambientale, sanitario, tecnico. Per tali motivi esprimeremo voto contrario sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, è pur vero che in Italia vale il detto che nulla è più definitivo di quello che viene definito provvisorio, ma è altrettanto vero che ha ragione il collega Realacci, che mi ha preceduto, quando osserva che non si può determinare un vuoto non solo normativo, ma anche fisico, per quanto riguarda la situazione che si è determinata nel corso degli anni e sulla quale la discussione del decreto-legge in esame ha consentito alla Camera di dibattere in modo approfondito. È dunque necessario trovare una via effettivamente provvisoria ma incisiva, assumendo determinazioni coraggiose, molto diverse da quelle che il Governo ha adottato nel caso di Scanzano e di altre vicende, affinché si esca dalla situazione attuale. In tal senso, l'approvazione dell'emendamento in esame sarebbe negativa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indico...
GABRIELE FRIGATO. Presidente...!
GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente...!
PRESIDENTE. Ma se non mi ha chiesto di parlare, come faccio...
Prego, onorevole Frigato, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, intervengo brevemente perché anche a me sembra strano che alcuni colleghi vogliano presentare un emendamento nel quale sostanzialmente si dice che non vi è alcuna necessità di stoccare, seppure in via provvisoria, una certa quantità di rifiuti, siano essi pericolosi, speciali, meno pericolosi e quant'altro. Dal momento che nel nostro paese questo problema esiste, ritengo si tratti di facile demagogia che non serve assolutamente a risolvere i problemi. Vi sono alcuni emendamenti successivi che tentano di indicare dei limiti, ma che comunque tengono conto del problema e ne propongono la soluzione. La soppressione dell'articolo in esame mi pare del tutto demagogica (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, esprimeremo voto favorevole sull'emendamento in esame, soppressivo non dell'intero articolo, bensì del comma 1. Ovviamente votiamo a favore di tale emendamento e non solo in quanto esso corrisponde all'insieme degli emendamenti che prefigurano peraltro un sistema del tutto alternativo per quanto riguarda la raccolta di rifiuti in Campania, e non solo in Campania, che abbiamo presentato, insieme con il collega Folena, e che abbiamo ampiamente illustrato nelle sedute precedenti (alcuni di essi sono stati approvati).
Noi pensiamo che non si sia trattato esclusivamente di una rivolta, bensì di un dato di criticità profonda per le scelte scientiste fatte, che prefiguravano, attraverso questa critica, un'altra prospettiva, un'altra soluzione. Non si trattava, quindi, soltanto di rivolte ma di un movimento e di una comunità che sul piano territoriale prefiguravano un'alternativa vera e propria.
Del resto, l'emendamento Parolo 6.10. è simile ad un emendamento successivo (che non si limita a sopprimere il primo comma), che abbiamo presentato a nome del nostro gruppo con il collega Folena. Esso dispone che fino all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto negli impianti di lavorazione i rifiuti solidi urbani esistenti nella regione Campania non possono essere mantenuti a riserva negli attuali siti di stoccaggio. Nelle more del nuovo piano dell'affidamento del servizio il commissario delegato gestisce la fase di transizione, adottando tutte le misure atte a garantire il corretto svolgimento del servizio nel rispetto dell'ambiente e del territorio.
Con questo emendamento, che corrisponde nel contenuto all'emendamento soppressivo presentato dal collega Parolo, vogliamo evitare che si continuino a stoccare le cosiddette ecoballe nella regione Campania. Il punto è che con il decreto-legge in discussione si prevede che si possano continuare a tenere in riserva le ecoballe, mentre contestualmente sappiamo che per smaltirle occorrono decenni. Vogliamo evitare proprio questo, seguendo le indicazioni fornite dalle popolazioni con i loro movimenti nel corso di due anni di mobilitazione, di convegni e di confronti anche a livello internazionale con gli altri paesi (penso ai movimenti in Germania o in Francia).
Questo emendamento vuole far rilevare come occorra evitare che le ecoballe rimangano di fatto in riserva per decenni, devastando il territorio. Esso va esattamente in senso contrario a quanto prevede il Governo - lo sappia il collega Parolo; è lui che è schizofrenico - in quanto al comma 1 il Governo prevede che i materiali
destinati al recupero siano mantenuti a riserva negli attuali siti di stoccaggio provvisorio fino alla definitiva messa a regime del sistema regionale.
Votando a nome del gruppo questo emendamento, rilevo la schizofrenia e l'impostazione completamente alternativa che esso ha in quanto presentato da un membro della maggioranza rispetto all'impostazione complessiva, e non ad un singolo punto, colleghi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vigni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO VIGNI. Presidente, non si può, come fa invece questo emendamento, guardare con indifferenza o, peggio ancora, con il cinismo del tanto peggio tanto meglio, alla situazione di emergenza che si è determinata in Campania per quanto riguarda i rifiuti, ignorando che tale situazione è il frutto di una lunga catena di errori, di responsabilità e di ragioni che richiedono comunque un'assunzione di responsabilità. In tal senso, se da un lato è del tutto evidente che è necessaria una definitiva messa a regime del sistema regionale integrato di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è inevitabile al tempo stesso avere la consapevolezza che ciò richiede una gestione per questa fase transitoria.
Altro conto è, invece, prevedere, come noi suggeriremo con alcuni dei prossimi emendamenti, in particolare gli emendamenti Realacci 6.2. e 6.3, la necessità di indicare una data limite entro la quale superare questa situazione di gestione emergenziale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Adduce. Ne ha facoltà.
SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, l'importanza del provvedimento e degli emendamenti da noi presentati al fine di migliorarne il testo e, quindi, la sostanza delle previsioni in esso contenute, è testimoniata dalle gravissime difficoltà nelle quali da anni si trovano quei territori.
Negli anni passati certo non ha aiutato la modalità seguita per la valutazione dei problemi ambientali e delle reazioni, anche ovvie, delle popolazioni che risiedono in quei territori, le quali sicuramente meritavano un'attenzione diversa e particolare, soprattutto a livello nazionale.
Signor rappresentante del Governo, noi siamo consapevoli che una difficoltà di carattere generale...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Adduce.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Parolo 6.10, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 381
Votanti 366
Astenuti 15
Maggioranza 184
Hanno votato sì 29
Hanno votato no 337).
Prendo atto che l'onorevole Filippo Drago non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto, inoltre, che l'onorevole Cima ha espresso erroneamente un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto, altresì, che l'onorevole De Mita ha espresso erroneamente un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo all'emendamento Folena 6.11.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villari. Ne ha facoltà.
RICCARDO VILLARI. Signor Presidente, anche l'emendamento in esame - Folena 6.11 - affronta il problema dei siti di stoccaggio dei rifiuti e, quindi, dei milioni di tonnellate di ecoballe che in essi vi giacciono. La soluzione che viene prospettata per risolvere tale problema è, a nostro avviso, una non soluzione. Anche allorquando dall'opposizione si levano proteste in ordine alle modalità di gestione dell'emergenza rifiuti, la riflessione che noi dovremmo svolgere si dovrebbe incentrare sul ruolo e la funzione che la politica, in casi come questi, deve svolgere, vale a dire, analizzare la problematica e proporre per essa una soluzione, una via di uscita.
Quando si procede, come si è proceduto nell'esame del precedente emendamento (Parolo 6.10), e si propone di sopprimere quelle che potrebbero essere le misure, discutibili o meno, che indicano una soluzione al problema o quantomeno l'affrontano, si finisce per lasciare lo stato delle cose in balia dell'anarchia assoluta; così facendo, la politica abdica e non svolge il ruolo che è chiamata in questi casi a svolgere. Colleghi, noi dobbiamo invece affrontare i problemi ed essere in grado di indicare per essi delle soluzioni. Questo è il nostro compito!
L'attribuzione delle responsabilità politiche, che noi dobbiamo sottolineare e rappresentare, non possono esimerci dall'esercitare la funzione alla quale noi siamo chiamati che, ripeto, è quella di risolvere i problemi dei cittadini. Se ci limitassimo soltanto ad una denuncia politica - le denunce di altro genere attengono ad altri organi dello Stato - noi non indicheremmo una soluzione per risolvere la problematica in questione: la carenza del provvedimento in esame si estrinseca, per certi aspetti, proprio in ciò, per altri versi nella posizione assunta dalla maggioranza, e segnatamente della Lega Nord.
Sulle responsabilità derivanti da tale situazione si è già discusso; tuttavia, noi continueremo a farlo perché mai come oggi il tempo non è tiranno e, conseguentemente, vi è la possibilità di approfondire questi argomenti.
Come diceva poc'anzi il collega Piglionica, il continuo aumento della produzione di ecoballe - oltre i 4,5 milioni tonnellate - richiede ettari di territorio sempre più vasti della nostra regione. Riguardo a tale situazione, lo ripeto, noi dobbiamo farci carico di indicare una soluzione.
Anche nel prosieguo della discussione emergerà che porre alcuni paletti, che sarebbero vincolanti, in qualche modo ostacolerebbe una soluzione, sicuramente parziale, se si vuole, come quella che il commissariato ha adottato fino ad oggi per lo smaltimento. Quindi, anche il trasporto fuori regione non fa altro che rendere ancora più realizzabile e, se volete, non fa altro che esasperare l'infiltrazione della malavita organizzata, che in questo settore c'è e continua a prosperare.
Da questo punto di vista, la nostra posizione è chiara. Oggi, dobbiamo assolutamente farci carico - non possiamo abdicare a questa funzione - di potenziare gli strumenti e di indicare una via di soluzione. L'ho già indicata, ma non mi stancherò di ripeterla: la nostra convinzione è che, in questa fase, gli enti locali devono essere chiamati a gestire e che va allargata la platea dei protagonisti che possono in qualche modo contribuire a programmare ...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Villari.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, mi permetto di continuare il ragionamento che ho cominciato in precedenza.
Abbiamo detto che siamo in presenza di una quantità vastissima, enorme, di materiale accumulato. Provo a dare un'idea: ogni mese, occorrono quattro ettari di territorio per stoccare le ecoballe prodotte in quel mese! Ebbene, l'acquisto o l'affitto dei predetti quattro ettari di
territorio, per un periodo, mediamente, di alcune decine di anni, è uno degli elementi che ha finanziariamente strangolato la FIBE. Infatti, in moltissimi casi, come hanno evidenziato le indagini della magistratura, nell'attività di intermediazione per l'acquisto o l'affitto dei territori si inseriva, quale soggetto mediatore, la malavita organizzata. È accertato, ad esempio, che i terreni interessati da passaggio di proprietà hanno visto il proprio valore moltiplicarsi per cinque o per dieci nello spazio di ventiquattr'ore! Spesso, i soggetti venditori sono gli stessi, ed anche i notai. Quindi, anche in questa vicenda svolge un ruolo la malavita organizzata, che sappiamo essere già presente in maniera fortemente pervasiva nel territorio campano (il trasporto e la movimentazione di terra sono i settori usualmente e notoriamente infiltrati).
Posto che si tratta di quattro milioni e mezzo di tonnellate di materiale non utilizzabili per la termovalorizzazione, il decreto-legge in esame avrebbe dovuto offrire una chiara e realistica soluzione tecnica al problema. Immaginare, come qualcuno ha ipotizzato, di realizzare un ulteriore termovalorizzatore, dedicato alla combustione di tale materiale, oltre che essere problematicissimo, perché già si fa fatica a costruire i due identificati, sarebbe illusorio, perché si dovrebbe individuare un terzo sito, avviare le pratiche di valutazione di impatto ambientale e confrontarsi con il territorio, il che appare improponibile.
Peraltro, qualora si decidesse di realizzare un ulteriore termovalorizzatore, ci troveremmo di fronte alla necessità di trattare nuovamente i suddetti quattro milioni e mezzo di tonnellate, al fine di ottenere un CDR conforme alle norma di cui al decreto ministeriale del 1998. A tale proposito, ricordo che uno dei tribunali del territorio campano che si sono occupati della vicenda ha disposto una perizia ed ha chiesto ai consulenti di determinare la natura del materiale stoccato sui piazzali. La risposta, proveniente da un'ARPA tra le più importanti e più affidabili del nostro territorio nazionale, è stata la seguente: trattasi di rifiuto che andrebbe smaltito in discariche o portato in impianti - badate bene! - per la produzione di effettivo CDR.
In sostanza, si dice: quello che è qui non è un effettivo CDR. Allora, costruire un termovalorizzatore e ritrattare il materiale avrebbe un costo che neanche le provvigioni che sono previste da parte del gestore della rete elettrica nazionale come contributo per la produzione di energia dalla termovalorizzazione dei rifiuti riuscirebbe a coprire. Questo è uno dei temi che sarà anche occasione di confronto nelle aule dei tribunali perché la FIBE continua ad attribuire a questi quattro milioni e mezzo di rifiuti un valore economico e vuole che le sia riconosciuto. Invece, essi rappresentano un intralcio ed un costo, certamente non un valore economico.
PRESIDENTE. Onorevole Piglionica...
DONATO PIGLIONICA. Concludo, signor Presidente.
La presenza di questa immane quantità di materiale avrebbe dovuto trovare in questo provvedimento una risposta concreta. Che cosa ne facciamo? Non si possono caricare questi quattro milioni e mezzo sulla futura gestione. Quale soggetto imprenditoriale può ragionevolmente partire con una zavorra di quattro milioni e mezzo di tonnellate da smaltire? Non troveremo nessuno disposto a farsene carico (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA. Signor Presidente nella seduta di ieri, il collega Piglionica ha parlato di aspetti-luce e aspetti-ombra del decreto-legge in conversione. Sarà per un difetto ottico, ma noi abbiamo una certa difficoltà a vedere la luce. Certamente, l'articolo 6 del decreto-legge rappresenta il buio pesto, la notte fonda. Il meccanismo diabolico da esso previsto, di fatto, crea le
condizioni affinché nella regione Campania si continuino a stoccare a tempo indefinito le cosiddette ecoballe che, come già ricordato da altri colleghi dell'opposizione, sono costituite da materiale totalmente inutilizzabile anche secondo i più fanatici difensori della soluzione della termovalorizzazione. Infatti, non sono state realizzate sulla base dei principi della raccolta differenziata e, se fossero termovalorizzate, rischierebbero di determinare conseguenze assolutamente drammatiche, dal punto di vista ambientale. Con questo decreto-legge e, in particolare, con l'articolo 6 che stiamo esaminando, si prevede la possibilità di continuare a tenere in riserva queste ecoballe. In realtà, noi sappiamo - anche se non vi è stato scritto - che per smaltirle occorrerebbero decenni. Noi vogliamo evitare, con il nostro emendamento, che esse rimangano in questi siti di stoccaggio per decenni, in attesa della realizzazione delle soluzioni per il problema. Detto articolo, che mette insieme la realizzazione delle discariche di servizio e dei siti di stoccaggio occorrenti fino alla cessazione dello stato di emergenza e la prosecuzione della realizzazione dei termovalorizzatori di Acerra e Santa Maria la Fossa, crea, di fatto, un combinato disposto dalle conseguenze catastrofiche dal punto di vista ambientale e, se passerà questa scelta, anche dal punto di vista economico, per le casse pubbliche.
Il nostro emendamento cerca di intervenire, invece, alla radice, precisando con chiarezza che questi materiali negli impianti di lavorazione «fino all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (...) non possono essere mantenuti a riserva negli attuali siti di stoccaggio». Nella transizione, bisogna trovare altre soluzioni, che non siano ipocrite e, alla fine, controproducenti perché sarebbero destinate, poi, a gravare negativamente anche sui nuovi affidatari cui si riferisce l'articolo 1. Affidatari che dovranno essere individuati dal commissario e che si troverebbero nella impossibilità di concepire una attività economicamente compatibile rispetto all'obiettivo di smaltire tale enorme quantità di ecoballe.
Voglio anche aggiungere che nell'ultima parte, in qualche modo indipendente, del secondo comma dell'articolo 6 si prevede la prosecuzione della realizzazione dei termovalorizzatori nei siti di Acerra e di Santa Maria la Fossa. Si tratta di un aspetto del quale ci siamo già occupati in occasione della seduta di ieri, con la discussione di talune nostre proposte emendative sulle quali hanno espresso il loro voto favorevole anche altri colleghi (mi riferisco ai deputati della componente dei Verdi).
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Folena.
PIETRO FOLENA. Concludo, Presidente.
Abbiamo ricordato fino alla noia che non è stata effettuata la valutazione di impatto ambientale per nessuno di questi due siti, sicché l'approvazione di questo nostro emendamento sarebbe l'ultima occasione - ho concluso - per realizzare quella moratoria degli impianti di termovalorizzazione che è la condizione...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.
SERGIO SABATTINI. Signor Presidente, per coerenza con quanto dichiarato precedentemente, sottoscrivo l'emendamento 6.11 a firma degli onorevoli Folena e Russo Spena.
Con riferimento al testo in questione, Presidente, osservo che la legge deve essere prescrittiva. Sottoscrivo dunque l'emendamento in esame, così come mi sono espresso favorevolmente sull'emendamento a firma Parolo. Qualcuno, infatti, deve spiegarmi cosa significhi, in termini formali, prevedere, al primo comma dell'articolo 6 «(...) assicurando comunque adeguate condizioni di tutela igienico-sanitaria e ambientale.» Come si assicura? Cosa vuol dire «comunque adeguate»? Qual è il grado di adeguatezza, e quale la qualità delle condizioni igienico-sanitarie?
Parliamo di niente, Presidente. Ecco perché voterò a favore di questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, alle parole già alate ed importanti che il collega Sabattini poc'anzi pronunziava aggiungerei un'ulteriore motivazione. Vi è infatti anche un altro aspetto che emerge dal comma 2 dell'articolo 6 e che è una sorta di confessione della «bancarotta» del decreto. Si tratta del punto dove si dichiara che «Al fine di garantire, in termini di somma urgenza,» - si noti sia il sostantivo sia l'aggettivo -, si decide di proseguire «(...) i lavori per la realizzazione dei termovalorizzatori di Acerra e di Santa Maria la Fossa». Abbiamo già spiegato ieri - e l'ha chiarito poc'anzi il collega Folena - perché siamo per la moratoria.
PRESIDENTE. Onorevole...
GIOVANNI RUSSO SPENA. Ma quale somma urgenza, se occorrono perlomeno dieci o undici anni per costruire i termovalorizzatori? E come si risolverebbero i problemi dell'urgenza dello stoccaggio delle ecoballe oggi, quando la stessa Protezione civile prevede 27 mutamenti strutturali perché è mancata la valutazione di impatto ambientale? Questo è...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, penso che tutti i colleghi proverebbero un certo imbarazzo se avessero cognizione - come ritengo ed auspico - di ciò cui stiamo discutendo. Mi riferisco al merito del decreto-legge che stiamo convertendo e che, nella logica della «riduzione del danno», stiamo tentando di emendare.
Credo che rappresenti un problema generale - vale a dire, che riguarda tutto il mondo, ed in modo particolare l'Europa ed i paesi cosiddetti civilizzati -, la necessità di individuare un sistema in grado di...
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, si avvii a concludere!
LUIGI OLIVIERI. ... smaltire i rifiuti solidi urbani che ciascuno di noi e l'insieme del contesto producono.
Tuttavia, non riuscire a trovare una soluzione adeguata avendo a disposizione...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Olivieri!
LUIGI OLIVIERI. ... sistemi migliori...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
LINO RAVA. Signor Presidente, il collega Olivieri giustamente sottolineava il fatto che lo smaltimento dei rifiuti rappresenta un problema su scala ormai planetaria. Infatti, anche tutte le nostre città e le nostre regioni avvertono fortemente la necessità di smaltire correttamente i rifiuti prodotti. Vi è, inoltre, un problema di sostenibilità sociale degli impianti, con il quale tutta la politica deve fare i conti.
È indubbio che la situazione che si è determinata in Campania...
PRESIDENTE. Onorevole Rava...
LINO RAVA. ... sia frutto di precise responsabilità, e che si siano manifestate, altresì, specifiche inadempienze.
Proprio per questo motivo, tuttavia - e concludo immediatamente, signor Presidente -, il collega Piglionica ha evidenziato la portata quantitativa dei rifiuti di cui stiamo discutendo. Per tale ragione, si rende necessario uno sforzo di realismo
che, tuttavia, non ritengo essere contenuto nelle proposte emendative attualmente al nostro esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, preannuncio che voteremo contro l'emendamento in esame, nonostante ponga alcune questioni rilevanti, che verranno successivamente affrontate dall'emendamento Realacci 6.2.
Vorrei evidenziare che la provvisorietà deve avere un termine, poiché la garanzia della salute dei cittadini è un elemento che, in qualche modo, dobbiamo sempre assicurare, anche ai fini del rispetto del territorio. Con l'articolo 6 del provvedimento, invece, si prevede che i siti di stoccaggio provvisorio avranno termine alla cessazione dello stato di emergenza.
Riteniamo, allora, che non fissare un limite...
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, si avvii a concludere!
PIERO RUZZANTE. ... all'esistenza di siti di stoccaggio provvisorio costituisca un errore.
Noi cerchiamo di affrontare tale problema con il successivo emendamento Realacci 6.2, stabilendo un limite temporale. La provvisorietà e la precarietà, infatti, devono avere un termine certo, altrimenti si rischia di riprodurre uno stato di emergenza infinito!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.
MASSIMO ZUNINO. Signor Presidente, vorrei ricordare che, nel mio precedente intervento, ho sottolineato come il problema dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania sia ormai diventato una vera e propria emergenza nazionale, come altri colleghi hanno messo in evidenza.
Vorrei osservare che la difficoltà della situazione emergenziale in Campania viene sottolineata proprio nelle premesse al provvedimento in esame, nelle quali si afferma, per l'appunto, che la gravità del contesto socio-economico-ambientale derivante dalla situazione di emergenza in atto, per quanto attiene alla gestione dei rifiuti, è addirittura tale - testuali parole - da compromettere gravemente i diritti fondamentali della popolazione della regione Campania, anche rispetto a possibili conseguenze di natura igienico-sanitaria ed a ripercussioni sull'ordine pubblico.
Se tutto ciò è vero - come noi crediamo -, emerge con grande forza, a maggior ragione, l'inadeguatezza...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Zunino.
MASSIMO ZUNINO. ...di ciò che nel decreto-legge è contenuto rispetto a tali promesse, che ritengo assolutamente valide.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Adduce. Ne ha facoltà.
SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, parlo soprattutto a beneficio dei miei colleghi di gruppo che, in precedenza, sono rimasti male perché ho dovuto bruscamente interrompere il mio intervento. Stavo dicendo che la responsabilità è sicuramente generale, ma ciò cui abbiamo assistito in questi anni è una deresponsabilizzazione, soprattutto a livello centrale, rispetto ad una situazione della Campania che, invece, avrebbe meritato un sostegno e, non dico un occhio di riguardo, ma una considerazione molto particolare per le necessità...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Adduce.
SALVATORE ADDUCE. ...ed anche per le ricadute che, più in generale sull'intera
area del Mezzogiorno...(Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Adduce.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Chianale. Ne ha facoltà.
MAURO CHIANALE. Signor Presidente, credo che l'opportunità che avrebbe dovuto essere messa in atto con questo decreto-legge sarebbe stata davvero quella di affrontare la straordinarietà degli eventi e creare occasioni che definissero e completassero la transizione in materia di stoccaggio provvisorio, che rischia di divenire perenne. Infatti, oltre alla definizione, come alcuni colleghi hanno evidenziato, di una termine di tale transizione e dell'uso dei siti di stoccaggio provvisorio, occorre organizzare in modo più sistematico il recupero dei depositi, così intensamente compromessi.
I quattro milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti, che non possono essere ricondotti a CDR comportano, infatti, un problema davvero insormontabile...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Chianale.
MAURO CHIANALE. ...se non viene trattato attraverso una riorganizzazione impiantistica generale, che con questo articolo, potrebbe essere definita.
La genericità, appunto, di tale...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Chianale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coronella. Ne ha facoltà.
GENNARO CORONELLA. Signor Presidente, ritengo che, a questo punto, sia opportuno un chiarimento: stiamo soffrendo fortemente a causa delle inesattezze che sono state dette ieri ed anche oggi. Dobbiamo chiarire che il Governo è stato sollecitato a predisporre questo decreto-legge dal presidente della regione Campania, dal commissario per l'emergenza rifiuti, il prefetto Catenacci, e dal dottor Bertolaso, capo dipartimento della Protezione civile.
Se dobbiamo rimanere in quest'aula due settimane per approvare un provvedimento sensato, siamo anche disponibili a ritirarlo (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia - Una voce dai banchi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana: Bravo! - Applausi), se voi ritenete opportuno che non si debba approvare.
Se, poi, vogliamo aprire una discussione sulle responsabilità della situazione dei rifiuti in Campania, lo possiamo fare. Si potrebbe andare ad un convegno e parlarne. Le responsabilità, infatti, sono riconducibili ad una data precisa: il «ribaltone» 1999-2004, quindi alla gestione del centrosinistra!
FRANCESCO GIORDANO. Rastrelli!
PIETRO FOLENA. Matteoli!
GENNARO CORONELLA. Ed allora, per favore, abbassiamo i toni e recuperiamo un poco di ragionevolezza.
Questo è un decreto-legge che ci è stato sollecitato. Del resto, il Governo, sulla Campania, appena si è insediato, ha trovato l'istituto del commissariamento, lo ha confermato ed ha adottato tutti i provvedimenti che ci sono stati sollecitati dal governatore della regione Campania. Quindi, si tratta di un esempio di correttezza istituzionale, anche se siamo stati pure noi, spesso, a contestare queste iniziative del Governo precedente, che sul territorio creavano notevoli problemi.
Ciò senza trascurare il fatto - e mi rivolgo al collega di Rifondazione comunista di cui non ricordo il nome, all'onorevole Folena, all'onorevole Russo Spena - che la Corte dei conti, inesorabilmente, ha scritto quanto sto dicendo. Inoltre, il Consiglio di Stato ha dichiarato l'illegittimità dell'ordinanza del Ministero dell'interno del dicembre 2000. È quella l'ordinanza
che ha «drogato» il sistema dei rifiuti in Campania (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!
Oggi, dobbiamo ascoltare cose orrende sulla situazione dei rifiuti in Campania; senza ovviamente parlare delle indagini che vi hanno coinvolto e che vi hanno stravolto! Mi riferisco alle indagini che si sono concluse con la richiesta di arresto di qualcuno che aveva delle responsabilità straordinarie nella vicenda dei rifiuti in Campania...
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Immonda!
GENNARO CORONELLA. Dico ciò perché faremmo qualcosa di buono recuperando un po' di ragionevolezza. Capisco la strategia di perdere tempo e di fare ostruzionismo; ma ogni pazienza ha un limite e, aggiungo, ogni limite ha una pazienza...
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Facciamo tutti insieme ostruzionismo!
GENNARO CORONELLA. Allora, recuperiamo un po' di ragionevolezza e convertiamo in legge il decreto-legge in esame. Si tratta di un provvedimento di buonsenso, che indica alla Campania un percorso per uscire da questa fase. La regione sconta alcune sfortune e registra alcuni primati. È stata la prima regione nella quale si è consumato il ribaltone: è lì l'«inghippo»!
Caro collega di Rifondazione comunista, il contratto con la FIBE lo ha firmato Antonio Bassolino nel giugno del 2000 (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)! Rastrelli ha solamente fatto il piano, il che è stata cosa buona e giusta (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!
Mi rivolgo soprattutto a voi che avete tirato in ballo il nome di Antonio Rastrelli: non è giusto dire fandonie - consentitemelo - che sono smentite dai fatti. Vi siete gettati contro la FIBE per coprire il governatore della regione Campania, e vi abbiamo accontentati con questo provvedimento che prevede la risoluzione del contratto. Adesso, finiamola e convertiamo in legge il decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per chiedere al Governo come intenda procedere nel dibattito su questo decreto-legge. Non resta che prendere atto di una opposizione che passa da un contributo costruttivo ad una forma di ostruzionismo palese. Tutti in quest'aula riconosciamo che vi è una situazione di emergenza: ho ascoltato gli interventi dei colleghi dell'opposizione, della maggioranza e dello stesso Governo. Ciò, però, non sembra toccare l'opposizione.
Prenda atto, il Governo, che in quest'aula la stessa maggioranza che sostiene le istituzioni pubbliche della regione Campania è la stessa che - essendo qui opposizione - impedisce la conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU), di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana)!
È un invito caloroso che rivolgo al Governo, cui chiedo di fare una riflessione non polemica ma obiettiva sul prosieguo del lavoro della maggioranza su questo decreto-legge.
Chiedo anche all'opposizione - se non vi sono motivi eclatanti di merito che lo impediscano - di dare il via libera alla conversione di questo provvedimento urgente, come affermate voi stessi e come oggettivamente appare agli occhi dell'opinione pubblica. Se ve ne sarà qualche motivo, si potrà entrare nel merito del provvedimento o esaminare le questioni di merito che sono oggetto di contrasto. Ma non è possibile tenere l'Assemblea in tale situazione, di fronte a questa emergenza (non voglio parlare di procura della Repubblica
e neanche della pubblicistica, dai libri di Bocca a quelli di Salvi) che è davanti agli occhi dei cittadini italiani e di quelli napoletani.
Ritengo valga la pena che il Governo svolga una riflessione sul prosieguo dei nostri lavori e sull'attuazione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU), di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come voi sapete, io ho seguito i lavori relativi a questo provvedimento di urgenza al Senato. I senatori sono la metà di voi e, quindi, credo che il tempo utilizzato sia stato la metà del vostro.
Però, anche per vie brevi, ho compreso quale poteva essere la strategia dell'opposizione dopo avere legittimamente criticato gli aspetti che essa fortemente non condivide questo decreto-legge.
Vedendo l'ordine del giorno della seduta odierna, mi sembra che dopo questo provvedimento vi siano ben 13 disegni di legge di ratifiche da approvare. Dopodiché, vi è un provvedimento sul quale mi è stato detto per vie brevi che c'è qualche perplessità.
Allora, poiché mi pare di aver ascoltato ampiamente, sia ieri, sia nei giorni passati e nella discussione generale, le vostre argomentazioni, invito i capigruppo dell'opposizione a verificare se sia possibile ridurre gli interventi al fine di poter approvare questi ultimi dieci emendamenti che sono rimasti. Altrimenti, è chiaro che bisognerà prendere una decisione, perché mancano quattro giorni allo scioglimento delle Camere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, contrariamente all'invito che il rappresentante del Governo ha rivolto ai capigruppo dell'opposizione, rivolgo personalmente un invito ai capigruppo di maggioranza, perché decidano, non domani o dopodomani, ma a breve, una strategia di difesa.
Noi stiamo concludendo il nostro mandato e la legislatura e dobbiamo portare a termine un programma elettorale sottoscritto e votato dai cittadini elettori. Non è possibile stare qui a perdere tempo e a farsi prendere in giro.
Il nostro Governo, con questo decreto-legge, sta dando una mano al governatore di una regione, che è l'unico di un paese occidentale e civile che costringe i propri cittadini a vivere in mezzo all'immondizia, tanto per parlare chiaro (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).
Questa non era una priorità del Governo perché, se i cittadini campani hanno deciso di rieleggere quel governatore e quel presidente della provincia di Napoli (che stanno in piedi grazie a maggioranze che hanno bisogno dei voti di due esponenti dei verdi e di due confusi, che sono contro le cave, contro gli inceneritori e contro tutto), è giusto che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Non ha neanche gran senso stare qui a perdere tempo con chi pensa che un paese povero come il nostro possa permettersi il lusso di portare la propria immondizia in un paese più ricco, quale la Germania, perché bisogna essere scriteriati, completamente scriteriati!
Non possiamo continuare a perdere tempo e a perdere le ultime battute che possono consentirci di migliorare un po' l'andamento complessivo del paese, anche sotto questo aspetto, per meri giochi di bottega.
I nostri presidenti di gruppo debbono decidere se chiedere la sospensione di questo provvedimento o un'inversione dell'ordine dei lavori, perché è chiaro che
sarà per colpa dell'opposizione, che ha lo stesso colore politico del governatore della Campania, se questo provvedimento decadrà.
Mi auguro che i presidenti dei gruppi della maggioranza e della Casa delle libertà decidano, entro una manciata di secondi, di non farsi prendere in giro da chi ha tempo da perdere e non si assume le responsabilità del governo del proprio territorio, e che si vada avanti ad approvare gli ultimi tre punti che abbiamo sottoscritto nel 2001 con i cittadini, che, tra l'altro, stanno ancora aspettando. (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, credo che gli atti dei lavori della nostra Assemblea stiano a dimostrare che c'è stato un salto tra ciò che discutiamo in questo momento e ciò che è avvenuto nei giorni scorsi.
Ho sentito il sottosegretario Ventucci fare garbatamente riferimento alle posizioni che noi, come opposizione, teniamo su questo decreto-legge. Ho sentito un po' meno garbatamente accuse e critiche nei confronti dell'opposizione di atteggiamenti ostruzionistici e quant'altro per impedire la conversione in legge di un decreto-legge che costituisce una misura importante per il territorio campano e non solo. Come hanno dimostrato gli interventi dei colleghi, infatti, si tratta di una questione che riguarda sicuramente una parte importante del nostro paese e ha riflessi, per quanto attiene alla situazione emergenziale, anche in altre direzioni.
Il provvedimento in esame è stato sollecitato dalle autorità locali e dalle autorità di Governo e noi abbiamo dimostrato di non avere su di esso una posizione pregiudizialmente contraria. Infatti, nel merito - non credo di rivelare alcun tipo di segreto - abbiamo un giudizio che non è di opposizione al decreto-legge che ci accingiamo a convertire, nonostante non siano state accolte le nostre proposte emendative che tendevano a migliorarne il contenuto e ad aumentarne l'efficacia. Mi riferisco, soprattutto, ad alcune questioni che sono tali da creare oggi le condizioni - come ricordava, in ultimo, il collega Piglionica - per avviare strutturalmente a soluzione il problema dello smaltimento dei rifiuti senza commettere gli errori del passato. Quindi, non c'è una volontà di far decadere il decreto-legge.
Peraltro, vorrei ricordare, a me stesso prima che agli altri, che il decreto-legge decade il 29 gennaio: sappiamo che è necessario un ulteriore passaggio al Senato e che oggi è il 18 gennaio 2006 e, come ricordava il sottosegretario Ventucci, siamo allo scadere della legislatura. Dunque, assicuro che non vogliamo che il decreto-legge in esame non venga convertito. Se vi è stata qualche polemica, più o meno violenta in termini di parola, vorrei ricordare che questa appartiene alla vita della nostra democrazia parlamentare e non si tratta di una polemica che punta a minare la conclusione dell'esame del provvedimento.
Vorrei rispondere ai colleghi, in ultimo al collega Dussin, suggerendo di rileggersi gli atti di quanto accaduto la settimana scorsa, quando proprio la Lega nord ha iniziato, dichiarandolo, un ostruzionismo sul decreto-legge in esame con numerosi interventi in sede di discussione sulle linee generali e sul complesso degli emendamenti.
MASSIMO POLLEDRI. Ma piantala!
RENZO INNOCENTI. Non solo: se ci ricordiamo tutti, al termine dalla settimana scorsa, quando noi come opposizione - sottosegretario Ventucci, collega Volontè - ci dichiarammo disponibili a rimanere in aula per concludere giovedì pomeriggio l'esame del decreto-legge, non fu un rappresentante dell'opposizione ad alzarsi per dire al Presidente dell'Assemblea Casini che era inutile affrontare il
provvedimento perché l'ostruzionismo sarebbe continuato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
LUCA VOLONTÈ. Oggi è mercoledì però!
RENZO INNOCENTI. Dunque, non si può giocare «à gogo», caro collega Volontè...
LUCA VOLONTÈ. Bravo!
RENZO INNOCENTI. ...e utilizzare il senso di responsabilità delle opposizioni quando fa comodo (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
RENZO INNOCENTI. Allora, da tale punto di vista, le responsabilità non stanno da questa parte. Noi siamo disponibili, sottosegretario Ventucci, a continuare tale rapporto dando tutte le garanzie che il decreto-legge in esame non decadrà. Alla maggioranza ed al Governo, ovviamente, spetta la responsabilità di seguire una linea che consenta di esercitare il ruolo di opposizione ed arrivare in fondo al traguardo convinti di fare bene (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
EDMONDO CIRIELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per dire che noi, ovviamente, siamo dell'opinione che l'esame di questo provvedimento vada portato avanti, perché esiste un problema grave in Campania reso non soltanto manifesto a tutti coloro che lo vivono, ma anche dal fatto eclatante per cui un presidente della regione, peraltro dello stesso colore dell'attuale opposizione in Parlamento, si è dimesso dando forfait rispetto alla gravità della situazione. Posso aggiungere che si è dimesso dopo diversi anni e centinaia di milioni di euro spesi senza risolvere il problema, e che il Governo ha sempre dato il massimo sostegno, piena carta bianca - aggiungo a titolo personale, forse, troppa carta bianca - al presidente Bassolino per affrontare la questione. Per cui, oggi la Lega pone un problema che è anche legittimo. Io li comprendo e capisco l'indignazione che purtroppo mortifica anche noi campani, di vedere una regione, importante dal punto di vista demografico, ma anche da quello delle capacità economiche potenziali, bruciare centinaia di milioni di euro senza risolvere la questione, provocando anche un grave problema di diossina che si è verificato l'anno scorso.
Allora, l'esame del provvedimento deve continuare e noi denunciamo un atteggiamento ostruzionistico. Apprezzo il lavoro svolto dal gruppo di Rifondazione comunista, ma li invito a controllare meglio l'attività dei gruppi regionali in Campania che in questi anni hanno condiviso tutto - dico tutto - dell'esperienza Bassolino. Per la verità, mi sarei aspettato dalle forze del centrosinistra un'altra questione importante e sapere come sono stati spesi questi centinaia di milioni di euro in questi anni.
Allora, visto che della questione morale il centrosinistra si è fatto una bandiera, spero che su questo nella prossima legislatura una Commissione d'inchiesta possa accertare, non tanto fantomatici intrecci tra politica e camorra, che ci saranno pure, ma qualcosa di ben più concreto: come sono stati spesi i soldi dall'alto commissariato in questi anni. Credo che su questo dobbiamo confrontarci e su questo dobbiamo rispondere alla nazione.
FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vorrei dire pacatamente sia all'onorevole Volontè, sia al sottosegretario Ventucci che non capisco di quale discostamento dalla nostra posizione parlano, insomma, di cosa ci accusano. Noi abbiamo
fatto una limpida battaglia di opposizione su questo decreto-legge. Lo abbiamo fatto al Senato, in Commissione ed in aula, e lo stiamo facendo qui con chiarissime questioni di merito, in maniera motivata ed argomentata.
So che a qualcuno questo Parlamento può apparire oramai un po' desueto e quindi, a mo' di consiglio di amministrazione, gli ultimi provvedimenti anche di una certa importanza devono essere trattati senza alcun ingombro e difficoltà. Non è questa la concezione che abbiamo noi del Parlamento e non è questa quella che intendiamo portare avanti come battaglia politica.
D'altronde, è un po' singolare che ci accusiate oggi di ostruzionismo quando stiamo facendo una limpida battaglia di merito perché per due giorni, come ha ricordato l'onorevole Innocenti, su un tema che nulla aveva a che fare con questo provvedimento, abbiamo avuto un gruppo della maggioranza, la Lega, contrario all'amnistia e all'indulto, che ha bloccato lo stesso provvedimento, esattamente, non per una ragione di merito, come stiamo facendo noi, ma solo ed esclusivamente per prendere tempo contro l'amnistia. Quindi, è un po' singolare questa levata di scudi oggi da parte di alcuni esponenti della maggioranza.
Vorrei anche aggiungere che sul provvedimento in esame, che presenta caratteristiche d'urgenza, abbiamo detto che vi sono almeno due grandi questioni che non hanno nessuna caratteristica d'urgenza e che meriterebbero una discussione di merito molto più approfondita: la costruzione di termovalorizzatori ad Acerra e a Santa Maria la Fossa e l'affidamento alla FIBE, il cui contratto è stato revocato.
Ovviamente, se dal provvedimento in esame fossero espunte le due questioni citate, la materia sarebbe molto più semplice e noi potremmo rendere i nostri interventi molto più rapidi e stringenti. Comunque, la nostra è una battaglia di merito.
Sottosegretario Ventucci, ho espresso nella Conferenza dei presidenti di gruppo una critica molto netta alla proposta di legge in materia di diritto all'autotutela. Ciò non c'entra nulla con la battaglia che stiamo facendo sulla norma in esame (Commenti del deputato Antonio Leone).
Voglio solo dire che, al contrario, nella maggioranza un altro gruppo ha utilizzato esattamente questo decreto-legge per impedire l'approvazione del provvedimento relativo all'amnistia e all'indulto. Se una critica doveva farla, signor sottosegretario, forse doveva rivolgerla all'interno della sua maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista e dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, vorrei innanzitutto comprendere la chiosa del collega Giordano perché mi sembra attinente a quel famoso brocardo: «excusatio non petita, accusatio manifesta», altrimenti non vi sarebbe ragion d'essere nel momento in cui ha detto certe cose.
Non comprendo alcune affermazioni del collega Giordano, né tantomeno alcune del collega Innocenti, che, nel tentativo - diciamo così - di arrampicarsi sugli specchi per salvare capra e cavoli, per quanto sta accadendo in Assemblea, è arrivato alla fine ad ammettere che chi sta giocando a «à gogo» è proprio lui, con l'opposizione fatta dal suo schieramento.
Se Giordano afferma che l'opposizione portata avanti inizialmente dalla Lega Nord (fatto palese; tutti sanno che la Lega Nord ha fatto ostruzionismo sul provvedimento) era solo un'opposizione tout court senza entrare nel merito, un'opposizione - permettetemi il termine - a cavolo, mi volete spiegare perché avete fatto vostri gli emendamenti presentati dalla Lega Nord? Voi li avete fatti vostri (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e della Lega Nord Federazione Padana)!
Dovete spiegare perché! Altrimenti stiamo giocando!
Mi associo all'invito rivolto dal collega Volontè al Governo di riflettere sull'eventualità di prendere una decisione seria e definitiva in costanza del vostro atteggiamento. Ma tutti dovranno sapere, e non solo all'interno dell'aula e per primo dovrà saperlo Bassolino, che se il provvedimento decadrà la colpa sarà solo e soltanto vostra (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e della Lega Nord Federazione Padana).
ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI. Ritengo che il collega Innocenti abbia chiarito bene quale sia il punto di vista almeno dei partiti dell'Ulivo. Riteniamo che il provvedimento in esame non risolva in maniera definitiva la questione, perché la «partita» dei commissariamenti è fallimentare per il paese ed anche per la Campania, ma ha elementi positivi, ad iniziare dall'annullamento dell'appalto con la FIBE. Stiamo conducendo un'opposizione di merito cercando di ottener miglioramenti.
Aggiungo che, tra poco, verrà posto in votazione un emendamento, accolto dalla relatrice, che induce un termine alla politica degli stoccaggi provvisori delle ecoballe, che sono più «balle» che «eco» vista la qualità dei rifiuti stoccati. Avvertiamo quindi una responsabilità condivisa.
Voglio essere chiaro rispetto all'intervento dell'onorevole Coronella. Quanto avvenuto in Campania è responsabilità di tutti, del centrosinistra che governa la Campania da dieci anni, di Rastrelli, responsabile delle modalità con cui fu svolto l'appalto vinto dalla FIBE, e di tutte le amministrazioni locali e dei partiti politici coinvolti in esse che, ovunque si è trattato di collocare un impianto in Campania, si sono opposti all'unanimità.
Questo vale per i partiti di sinistra, di centro, di destra, per tutti i partiti dalla Campania. È chiaro, quindi, che bisogna fare un passo in avanti in termini di responsabilità da parte delle istituzioni e della politica, anche perché quella regione, martoriata dalla presenza della camorra e dell'illegalità, ha bisogno di un respiro diverso nell'affrontare la questione.
Stiamo cercando, nel corso del dibattito che si sta svolgendo - mi rendo conto - con una certa tattica rispetto ai successivi punti all'ordine del giorno che creano alcune apprensioni nelle forze di opposizione, di discutere del merito della questione; vi è assolutamente la volontà di terminare l'esame del provvedimento, perché sappiamo che, anche se non si tratta di quella disciplina normativa che avremmo voluto, è comunque una normativa che fa compiere dei passi in avanti nella giusta direzione.
Come ricordava l'onorevole Innocenti, abbiamo preannunziato l'astensione in sede di votazione del provvedimento. Per questo direi, se tutti sono d'accordo, di riprendere la discussione, evitando da parte nostra atteggiamenti più prolissamente ostruzionistici per portare a termine l'esame del provvedimento; siamo consapevoli che tale normativa non risolverà la problematica in questione, ma rappresenta senz'altro un passo in avanti in termini di responsabilità da parte di tutti. Purtroppo, nei decenni passati a tutti è imputata una certa responsabilità per quanto riguarda il proliferare dell'illegalità, anche con riferimento al contrasto mancato o inefficace della camorra ed alla gestione della «partita» dei rifiuti.
Vorrei ricordare, peraltro, a tutti i colleghi che è un grave danno il fatto che questa legislatura si concluda senza che siano stati approvati provvedimenti più duri per quanto riguarda il contrasto dei reati che colpiscono l'ambiente e la salute dei cittadini. A tale riguardo, vi è stato un lavoro comune che si è concluso all'unanimità da parte della Commissione bicamerale di inchiesta sui rifiuti che, peraltro, è diretta da un parlamentare campano, l'onorevole Russo.
Tale lavoro, tuttavia, non ha trovato un adeguato ascolto in Parlamento nel corso di questa legislatura e, pertanto, lasceremo un vuoto in ordine ad un problema molto grave. Quindi, andiamo avanti e concludiamo i lavori (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 6.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 399
Votanti 395
Astenuti 4
Maggioranza 198
Hanno votato sì 40
Hanno votato no 355).
Prendo atto che gli onorevoli Buontempo, Calzolaio e Grillo non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.12, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di sinistra.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villari. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Sospendiamo!
RICCARDO VILLARI. Signor Presidente, sono intimidito dagli argomenti che la maggioranza ha espresso con tanta veemenza, perché non si può fare un «bignamino» della discussione; noi, con responsabilità, senza ipocrisie, abbiamo, come suol dirsi (poiché sono state usate tante espressioni, mi si consenta anche questa!) allungato un po' il brodo, ma le posizioni sono chiare e noi, da questo punto di vista, continuiamo a dare il nostro contributo e non ci facciamo intimidire.
L'emendamento in questione, signor Presidente, ad esempio, stabilendo un termine che di fatto non è praticabile, vale a dire il 31 maggio 2006, non risolve il problema delle ecoballe.
Nessuno, in una normale dialettica parlamentare, può, come è accaduto in questo caso da parte di alcuni colleghi della Lega, impartirci lezioni sulle posizioni che l'opposizione mantiene in aula.
Noi rivendichiamo il nostro diritto di esprimere i nostri convincimenti nella maniera che riteniamo più opportuna. Non saremo proni alle pressioni che provengono dalla maggioranza! Non uso parole più altisonanti, come i termini «intimidazioni», «ricatti», ma se vi è senso di responsabilità, deve essere esercitato!
Potremmo affermare che le ecoballe che si accumulano nei piazzali non sono di qualità e che quindi rappresentano un problema che resta insoluto, in quanto la gara vinta dalla FIBE - com'è stato più volte ribadito - privilegiava le offerte economiche rispetto al dato tecnico, con la conseguenza che il CDR prodotto è di scarsissima qualità. Inoltre, potremmo indicare chi ha impostato la gara in questo modo, ma tale denuncia non è un esclusivo compito della politica, che deve fornire una soluzione ai problemi. Dunque, la dialettica parlamentare non deve essere un intralcio, non deve essere vissuta con fastidio, ma occorre comprendere anche le ragioni altrui in quanto, in questi anni, ne abbiamo viste tante. In ogni caso, l'importante è mantenersi entro un binario di correttezza e di tolleranza.
Potremmo rivolgerci provocatoriamente ad una parte della maggioranza, la Lega, che ha infarcito di emendamenti questo provvedimento per poi ritirarli tutti. D'altra parte, ognuno si esprime secondo la sensibilità e la cultura che possiede! Noi esprimiamo la nostra posizione con dignità e senza dover essere sottoposti al giudizio della maggioranza che, evidentemente, persegue un fine diverso dal nostro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, il tema è stato sufficientemente analizzato; in ogni caso riteniamo che occorra indicare un ragionevole termine per affrontare la questione del materiale accumulato nei piazzali. Non è attraverso un decreto che prevede che, entro il 31maggio, questo materiale debba sparire dai piazzali che si può ottenere il miracolo di eliminare questa immane quantità di rifiuti. La Protezione civile, d'intesa con la regione Campania e con il commissariato per l'emergenza rifiuti, sta elaborando una soluzione credibile, praticabile e realistica, che comprende anche la possibilità di smaltire definitivamente questo materiale in discariche, ponendosi, tra le altre mille questioni, il problema del trasporto di una immensa quantità di rifiuti e quello dell'individuazione del luogo dove stoccarli; trasporto che, qualora fosse effettuato al di fuori della regione Campania, diventerebbe estremamente oneroso e complesso. Non è materia che si cassa con due righe di un decreto!
Ciò che invece condividiamo - e che è contenuto nel prossimo emendamento - è che comunque non si può, in nome di questa difficoltà, affidare sine die la legittimazione a questo stoccaggio provvisorio. A nostro avviso, il 31 maggio 2007 rappresenta un termine ragionevole, che sarà possibile rispettare, sempre che vi sia condivisione e che si trovino le risorse necessarie per affrontare il trasporto di tale materiale.
Ciò consentirebbe di sottrarre la materia alla prossima gara d'appalto, perché soltanto in questo modo è pensabile che soggetti imprenditoriali forti e credibili siano in condizioni di affrontare una partita che dura da tempo. Non intendo rispondere alle irritate osservazione del collega Coronella, il quale, da tempo, fatica ad orientarsi anche nelle date, e ho comprensione per queste sue difficoltà. Egli fatica a ricordare che nel 1997 si svolse la gara d'appalto e che nel 1998 fu di fatto stilata la graduatoria. È come se qualcuno oggi dicesse: la Juventus è campione d'inverno, la responsabilità è tua; no, la responsabilità è delle partite che si sono giocate finora. Chi arriva in una determinata situazione, trova una graduatoria e ne prende atto non è responsabile della graduatoria. Le responsabilità della graduatoria erano di altri, ma ciò è del tutto inutile alla soluzione dei problemi. Riteniamo che il termine del 31 maggio 2006 sia velleitario e che il termine del 31 maggio 2007 abbia maggiori possibilità di essere rispettato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA. Signor Presidente, il gruppo di Rifondazione comunista si asterrà nella votazione dell'emendamento Parolo 6.12 in esame, che sicuramente è stato scritto con una ratio diversa da quella che ci ha spinto a presentare il precedente emendamento 6.11 a mia firma.
Intendo dialogare anche con altre componenti dell'opposizione, visto che non si può nascondere il fatto che in Campania, già dalla precedente nonché nell'attuale legislatura regionale, esiste un punto di vista assai diverso da parte del Partito della rifondazione comunista e di altre forze rispetto alle soluzione adottate. La forza del mio emendamento 6.11, che può essere definito «radicale», era una forza, per usare un termine che va molto di moda, riformistica e di governo. Infatti, l'approvazione di un emendamento volto ad impedire di proseguire nello stoccaggio delle ecoballe, che non potranno mai essere bruciate in termovalorizzatori che non verranno mai realizzati (è questo infatti il paradosso del provvedimento in esame), avrebbe costretto il Governo a dare immediatamente corso alle altre soluzioni tecniche, che sono e saranno onerose, cui faceva riferimento, seppure tra le righe, il collega Piglionica, e che costituiscono l'unica strada possibile.
È evidente che tale strada, vale a dire quella dello smaltimento delle ecoballe al di fuori del territorio della regione Campania con costi elevati per la collettività, può essere presa solo nel momento in cui
vi è un nuovo piano dei rifiuti, la raccolta differenziata diviene realtà e non si producono nuove ecoballe che rischiano di ricreare molto rapidamente la situazione di blocco e di ipocrisia che è sottesa all'articolo 6. Ho apprezzato al riguardo l'intervento dell'onorevole Cirielli che, a differenza del suo collega di maggioranza Coronella, ha rivendicato la politica condotta in questi anni dal Governo.
Il collega Coronella, oltre ad essere un po' confuso sulle date, occulta il fatto che il responsabile massimo della decisione dell'assegnazione - attraverso la gara che fu voluta dal presidente della regione Campania Rastrelli - è il dottor Paolo Togni, attuale capo di gabinetto del ministro dell'ambiente Matteoli. In realtà, il decreto che, nel contesto di una sorta di compromesso di comodo - questa è la ragione della nostra critica politica - è accettato dall'attuale presidente e dall'attuale giunta della regione Campania, trasferisce in modo permanente, attraverso l'attuale figura del commissario, al Ministero dell'ambiente ed ai suoi funzionari e dirigenti larga parte delle funzioni che dovrebbero essere ordinariamente degli enti locali, delle province e degli enti territoriali.
Non provate, quindi, a mescolare le carte in tavola! La minaccia da parte del collega Volonté di far decadere questo decreto è una minaccia contro Alleanza Nazionale e quelle parti del Governo che hanno attivamente voluto questo decreto e questa politica. Noi, che abbiamo contestato questo provvedimento, continueremo a farlo, perché riteniamo che la strada da seguire sia un'altra.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Parolo 6.12, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 366
Votanti 354
Astenuti 12
Maggioranza 178
Hanno votato sì 40
Hanno votato no 314).
Prendo atto che l'onorevole Rampelli non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Realacci 6.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Questo emendamento, accolto dal relatore e dal Governo, dimostra che la nostra discussione non è del tutto vana, perché su alcuni aspetti, che generano preoccupazione, constatiamo come alcune proposte trovino poi la possibilità di essere accolte nel testo. Nella sostanza, noi riteniamo che in situazioni di emergenza vadano certamente previsti ed attuati strumenti straordinari come prevede l'articolo 6. Tuttavia, questi strumenti di natura straordinaria hanno anche bisogno di alcuni paletti, di alcuni criteri e di alcune scadenze di natura temporale.
In particolare, si è ritenuto di proporre una scadenza di tipo temporale che serva sostanzialmente a sollecitare un'iniziativa, una soluzione, prevedendo anche in maniera certa i tempi di realizzazione. Sottoscrivo, quindi, l'emendamento in essere e sottolineo come effettivamente il nostro lavoro sia finalizzato non ad allungare i tempi con intenti ostruzionistici bensì a migliorare il testo, per fornire concretezza alle soluzioni proposte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Salutiamo con soddisfazione l'approvazione di questo emendamento, che pone soltanto un rimedio temporale e, tutto sommato, ancora
scritto sulla carta, al problema dei rifiuti in Campania, e che deve, quindi, essere verificato e concretizzato nella realtà. È certo, però, che nei fatti il contratto con FIBE risulta rescisso già a partire dal 15 dicembre, ai sensi di quanto previsto dal decreto che stiamo convertendo in legge. Occorre che vi sia la capacità di mettere finalmente in campo quella che dovremmo definire l'etica della responsabilità.
Dalla fase della protesta si dovrà passare ora alla individuazione responsabile delle soluzioni dei problemi che si sono incancreniti anche per il sovrapporsi, per l'incastrarsi e per il bloccarsi reciproco di qualsiasi soluzione messa in atto fino ad ora. Non è, infatti, pensabile che in Campania qualcuno decida di scaricare le responsabilità su altri perché, quando ci si oppone sostanzialmente alla realizzazione di ogni impianto, ad ogni provvedimento di localizzazione degli stessi, sia che si tratti della realizzazione di un termovalorizzatore, di una stazione di trasferenza o di una semplice piazzola di stoccaggio, non si aiuta certo a trovare le soluzioni ai problemi.
Oggi, forti anche della drammatica esperienza acquisita nel corso di questi dodici anni, mi pare risibile che si dica che questo Governo ha trovato una gestione dei rifiuti in Campania commissariale, anche perché, lo ricordo ai colleghi, tale tipo di gestione la trovò anche il Governo di centrosinistra nel 1996 e, ancora prima, il primo Governo Berlusconi nel 1994. Pertanto, dire che chi trova una gestione commissariale non la rimuove non è, a mio avviso, certamente un alibi.
Che la situazione in questione sia complessa lo testimonia anche il fatto che tra un mese e mezzo la gestione commissariale di Catenacci compie due anni e, sebbene questi abbia potuto contare sull'ausilio, anche finanziario, del Dipartimento della protezione civile, si può affermare che la situazione è oggi forse anche un po' più complessa di quanto lo fosse due anni fa. Conseguentemente, nessuno può invocare soluzioni miracolistiche, ma occorre che tutti mettano insieme, da qui al 31 maggio 2007, tanta volontà e tanta responsabilità per trovare soluzione a quei problemi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA. Signor Presidente, sull'emendamento Realacci 6.2 il gruppo di Rifondazione comunista esprimerà un voto di astensione. Con tale emendamento si stabilisce al 31 maggio 2007 il termine ultimo dopo il quale non si potrà più mantenere a riserva, negli attuali siti di stoccaggio, le ecoballe.
La ragione della nostra astensione intende, da un lato, evidenziare positivamente la fissazione di un termine, il 31 maggio 2007, che è sicuramente migliore rispetto alla formulazione prevista nel provvedimento; dall'altro, però, noi temiamo fortemente che quella data, spostata di un anno e mezzo, ci trovi, di fatto, in una condizione nella quale quel materiale - le ecoballe - sia drammaticamente aumentato in termini quantitativi. Per porre rimedio a tale situazione non sono state studiate soluzioni alternative; si è fatto solo finta di andare avanti con i progetti di costruzione dei termovalorizzatori, oramai obsoleti, che suscitano legittimo e giustificato allarme nelle popolazioni dei comuni interessati. Così facendo, si dovrà, ancora una volta, ricominciare da zero ed occuparsi nuovamente di questo problema.
A nostro parere, sarebbe stata necessaria una netta e forte discontinuità. Quest'ultima ha rappresentato il tema dominante dei nostri interventi, della nostra battaglia, sia al Senato, nel corso dell'esame in prima lettura del provvedimento, sia qui alla Camera. E tale discontinuità poteva passare attraverso la sospensione, la moratoria della realizzazione dei termovalorizzatori: impianti, da realizzare in quei siti e con quelle caratteristiche, individuati sulla base di una gara d'appalto truccata e, quindi, evidentemente illegittima e irregolare.
È bene dirlo con chiarezza anche questa sera: in quella gara, su un valore fatto
uguale a 100, larga parte del punteggio dell'offerta, 40 punti, era determinato dall'offerta economica, 40 punti erano assegnati per la brevità del tempo (da quando la FIBE si è aggiudicata la gara sono passati otto anni, e oggi siamo in questa situazione!) e solo 10 punti erano attribuiti all'offerta tecnica (ricordo che alcuni tecnici della commissione avevano dato una valutazione nettamente al di sotto della sufficienza e che taluno aveva addirittura dato «zero»).
Sto ricordando quei fatti perché non stiamo discutendo di opere contestate, che, però, qualcuno difende sul piano tecnico, ma di opere indifendibili sotto l'aspetto tecnico anche per chi ritiene - e questo non è il nostro punto di vista - che lo smaltimento dei rifiuti debba avvenire, esclusivamente o principalmente, attraverso la termovalorizzazione.
Il fatto che oggi, mediante il decreto-legge in esame, si debbano realizzare i siti e le discariche e si debba continuare a concentrare questi materiali, queste ecoballe, nelle segnalate condizioni, la dice lunga sulla ratio del provvedimento: si tratta di un regalo alla FIBE ...
SERGIO COLA. A Bassolino!
PIETRO FOLENA. ... la quale continua a gestire il servizio anche nella transizione!
Ciò renderà impossibile trovare un nuovo affidatario che possa avere una convenienza a gestire il servizio e metterà il prossimo Governo, dopo le elezioni politiche, nella situazione di dovere intervenire nuovamente ed in modo radicale. Mi auguro che lo si faccia cambiando strada ed ascoltando le ragionevoli opinioni espresse da tanta parte del mondo ambientalista, imprenditoriale, sociale e civile della Campania. Purtroppo, nel corso di questi anni, con la politica dell'emergenza, la camorra e l'illegalità non sono state combattute, ma si sono fatte ancora più forti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Realacci 6.2, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 374
Votanti 360
Astenuti 14
Maggioranza 181
Hanno votato sì 352
Hanno votato no 8).
Avverto che, a seguito dell'esito della precedente votazione, l'emendamento Realacci 6.3 risulta precluso.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Parolo 6.13, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.
DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, anche l'emendamento in esame è stato fatto proprio dal mio gruppo per le motivazioni che sono già sufficientemente note.
In sostanza, riteniamo che la soluzione in loco sia piuttosto complessa da realizzare. Le dimensioni del problema, infatti, sono ormai tali da sfuggire ad una soluzione locale e richiedono uno sforzo che deve sì coinvolgere pienamente gli attori locali, ma che non può non vedere una compartecipazione del territorio nazionale, ovviamente attraverso la ricerca di intese.
Ricordo che, già da anni, la regione Campania trasferisce in Germania, attraverso il sistema ferroviario, una quota consistente dei propri rifiuti solidi urbani. Al riguardo, sarebbe auspicabile che nessuno salisse in cattedra per impartire lezioni. Voglio ricordare che la civilissima città di Milano esporta anch'essa, da
tempo, parte dei propri rifiuti solidi urbani in Germania, essendo il suo piano ancora in fase di realizzazione, e che un termovalorizzatore importantissimo, il Silla 2, ha visto la luce soltanto un anno e mezzo o due anni fa (anche in quel caso non è stato semplicissimo superare i problemi ...).
Dunque, poiché la città di Milano esporta anch'essa i propri rifiuti all'estero, sorprende che la Lega Nord, che fa riferimento alla Padania, voglia impedire alla Campania di fare ciò che viene praticato in Lombardia!
UGO PAROLO. Smettila, Donato!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA. Anche noi esprimeremo voto contrario sull'emendamento Parolo 6.13 che la dice lunga sulla concezione di chi lo aveva presentato e strumentalmente ritirato e sul modo in cui si intende effettuare la politica di smaltimento dei rifiuti. Il collega Piglionica ha citato uno degli esempi; ma è solo uno degli esempi che riguardano realtà del nord.
Con il decreto-legge in esame, voglio ricordarlo, sono stati commessi abusi incredibili come quello del commissariamento di fatto del TAR della Campania, soltanto perché vuole il rispetto della legalità riguardo alle opere che si stanno realizzando in quella regione. Esso è stato espropriato delle funzioni che, invece, gli altri TAR, nelle altre regioni, possono e debbono svolgere, sulla base dell'ordinamento vigente.
Ebbene, con questo decreto-legge, con il quale il TAR della Campania è stato commissariato dal TAR del Lazio e in base al quale il Ministero dell'ambiente, di fatto, si sostituisce agli enti territoriali, si vuole impedire alla sola regione Campania di smaltire i propri rifiuti attraverso procedure di trasferimento. Affermare questo significa effettuare una operazione di cui è abbastanza evidente il retropensiero antimeridionalista e contrario alla Campania che, in qualche modo, vuole occhieggiare a sentimenti di tipo antiunitario e secessionista, i quali, purtroppo, non sono una novità in questa Assemblea.
Perciò, mentre qualcosa vale solo per alcune parti del territorio, per altre parti, secondo una doppia morale che ben conosciamo, si può autorizzare quanto in Campania, invece, non si vuole autorizzare.
Visto che tutti sanno che le ecoballe attualmente stoccate e collocate nei siti della Campania non potranno mai essere termovalorizzate né nelle strutture esistenti nella regione, né in alcun altro impianto la cui realizzazione possa essere immaginata, in tempi ravvicinati, in quel territorio, approvare questo emendamento, e modificare in tal senso il decreto-legge in esame, significa stabilire che, in eterno, le popolazioni locali dovranno convivere, oltreché con il grave impatto ambientale derivante dai disastri compiuti fino ad oggi, anche con l'impatto ambientale derivante dallo stoccaggio di queste ecoballe che non sono state smaltite.
Per tutte queste ragioni, sinceramente, non si può aggiungere al danno grave costituito da questo decreto-legge anche la beffa rappresentata dall'emendamento presentato dalla Lega Nord.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO. Signor Presidente, io capisco che l'intenzione, ormai risaputa, dei gruppi parlamentari di opposizione è quella impedirci di proseguire i lavori. Tuttavia, credo che anche alla decenza ci sia un limite e che all'onorevole Folena una risposta comunque debba essere fornita, rispetto alle parole che ho appena sentito. Non si può ascoltare tutto in silenzio. Abbiano pazienza i colleghi della maggioranza, ma (Commenti)...
Da quale pulpito viene la predica? Com'è possibile che si abbia la faccia tosta di rendere certe affermazioni quando si sa bene che cosa sta accadendo in Campania?
Come si fa a mettere sullo stesso piano la legittima possibilità di qualunque regione di potere, in casi eccezionali, anche trasportare fuori del proprio territorio i rifiuti - e tale possibilità, appunto, del tutto legittima, senz'altro non potrebbe essere negata nemmeno alla regione Campania - ebbene, dicevo come si fa a mettere sullo stesso piano tale possibilità che è nella logica delle cose con la situazione verificatesi in Campania?
Caro Folena, io volevo evitare queste osservazioni che sono state già ribadite più volte, ma forse è giusto che i numeri vengano ricordati ancora una volta. Ebbene, con la scusa dell'emergenza, in Campania sono state fatte 2 mila 361 assunzioni di lavoratori, di cui 600 tra i lavoratori socialmente utili; 470 sono ex detenuti, che hanno così trovato posto stabile senza partecipare ad alcun concorso; 900 sono disoccupati di prima classe; 361 sono stati assunti nei consorzi di servizio. Sono state spesi quasi 40 milioni per consulenze, affidate anche a parenti stretti di importanti uomini politici che siedono anche in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Con la scusa di rifare i piani di bacino, ne spenderete ancora altrettanti, in ipotesi anche per coprire qualcuno che siede tra le vostre fila (Commenti del deputato Piglionica) o che è amico dei vostri amici di partito...
GIOVANNI BELLINI. Dicci i nomi!
UGO PAROLO. ... e magari faremo anche i nomi, cari colleghi (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
MASSIMO POLLEDRI. Presidente!
GIOVANNI BELLINI. Fuori i nomi!
UGO PAROLO. Cosa vogliamo dire dei 70 mila euro spesi per telefonate erotiche (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)? Cosa ne vogliamo dire?
PRESIDENTE. Colleghi, consentite all'onorevole Parolo di parlare.
UGO PAROLO. Sono tutti dati riportati dai giornali nazionali; non notizie da me inventate.
E cosa vogliamo dire dei 160 milioni di euro che avete speso per portare i rifiuti in Germania? 160 milioni di euro spesi per portare i rifiuti in Germania (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! E volete mettere sullo stesso piano la Lombardia, il Veneto, la Toscana rispetto a questa vergogna? Ma lei, onorevole Folena, prima di parlare, dovrebbe accendere il cervello, quando dice certe cose, me lo permetta (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!
GIOVANNA MELANDRI. Non si possono insultare le persone!
UGO PAROLO. Cosa dire dei 210 assunti solo per fare quattro o cinque telefonate al giorno? Sono dichiarazioni del presidente della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, non della Lega Nord! Cosa vogliamo dire di tutta questa situazione?
ALFONSO GIANNI. Presidente! Presidente, adesso parliamo tutti...
UGO PAROLO. Come si fa a strumentalizzare il lavoro onesto di tante amministrazioni del centro-nord che si assumono la responsabilità di far pagare lo smaltimento dei rifiuti ai propri cittadini emettendo i ruoli, rispetto ai tanti sindaci - quasi tutti della vostra parte politica - che adducono il pretesto di un servizio reso male? Un pretesto, perché è pur vero che il servizio è stato reso male, ma, dal punto di vista della legittimità certamente non potevano non emettere i ruoli perché altrimenti, secondo questo principio, tutti i sindaci potrebbero decidere di non far pagare le tasse ai loro cittadini semplicemente
quando ritengono che un lavoro, a loro giudizio, non è giusto oppure è svolto male.
Insomma, se la Campania, come dite voi, vuol essere una parte dell'Italia - ed è giusto che lo sia: ve lo dice un leghista -, allora deve rispettare le leggi ed i suoi sindaci devono assumersi la propria responsabilità di fronte ai loro cittadini. Dovete smetterla con questo teatrino perché voi siete i primi a volere questo decreto in ragione degli 80 milioni di euro che vengono stanziati. Sono una minima parte rispetto a quelli che servono per chiudere questa vergognosa vicenda, perché mancano ancora 300 o 400 milioni di euro - e lo sapete bene - per via dei debiti pendenti pregressi. Ma questi soldi vi servono per «tirare a campare» fino alle prossime elezioni politiche, per non farvi, per così dire, scoppiare in mano una emergenza che vi metterebbe alla gogna di fronte al mondo intero, di fronte all'Europa; non solo di fronte all'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Se l'onorevole Parolo o il gruppo della Lega vogliono portare la discussione sul piano della rissa, (Commenti del deputato Guido Giuseppe Rossi), noi non ci spaventiamo mica, Parolo! Se qualcuno vuole prendersela con le regioni del sud in nome del centro-nord, guardi alla realtà delle regioni e sappia, allora, che il più alto tasso di evasione fiscale - ve lo dice un milanese - è in Lombardia, naturalmente (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana); ma l'onorevole Parolo non lo sa perché, da piccoli, gli raccontano la favoletta del nord virtuoso e del sud peccaminoso (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...
ALFONSO GIANNI. Che vi sia un problema in Campania, è evidente, cari colleghi. Problema naturalmente innestato dal governatore di Alleanza Nazionale Rastrelli e che l'amministrazione di sinistra, nel bene o nel male, ha ereditato (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Tuttavia, noi di Rifondazione comunista, che abbiamo saputo assumere e difendere una indipendenza politica...
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, mi scusi...
ALFONSO GIANNI. Mi dica, signor Presidente!
PRESIDENTE. Lei ha «consumato» il tempo a sua disposizione...
ALFONSO GIANNI. Caro Presidente....
PRESIDENTE. Volevo dirglielo...
ALFONSO GIANNI. Se l'ho consumato, l'ho consumato: è lei che doveva dare il tempo!
PRESIDENTE. Gliel'ho fatto notare: ho suonato più volte il mio campanello, ed adesso intendevo informarla che lei ha esaurito il minuto che aveva a disposizione!
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, pensavo fosse stato improvvisamente preso da «entusiasmo melodico» (Commenti)...
PRESIDENTE. Mi capita spesso, ma non era questa la circostanza...!
ALFONSO GIANNI. Non in questa circostanza (Commenti)?
PRESIDENTE. No...
ALFONSO GIANNI. Va bene, comunque vi sono ancora gli altri emendamenti, e continuerò a spiegare (Commenti)...
PRESIDENTE. Dopo, grazie!
ALFONSO GIANNI. ...a parole qual è la realtà (Commenti)...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villari. Ne ha facoltà.
RICCARDO VILLARI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Alfonso Gianni ha opportunamente spento un po' la reazione alle «baggianate» - mi sia permesso di usare questo termine! - che ho ascoltato dall'onorevole Parolo!
Noi potremmo rispondere, ma non lo faremo; potremmo rispondere, caro Presidente, che l'appalto che ha portato alla qualità degli impianti che producono il CDR in discussione reca certamente una responsabilità precisa, ma non lo faremo. Potremmo rispondere, come suggerito dall'onorevole Alfonso Gianni, che ogni parte di questo paese unitario ha, in ogni caso, le sue colpe.
Potremmo affermare - bontà dell'onorevole Parolo! - che la Campania in Italia ci sta bene, e potremmo infine dire - questo sì, che lo che faremo! - che continuare ad offrire questa visione dualistica del paese è assolutamente poco utile, è poco funzionale ed è scarsamente rispettoso del ruolo del Parlamento repubblicano (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Parolo 6.13, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 411
Maggioranza 206
Hanno votato sì 4
Hanno votato no 407).
Prendo atto che l'onorevole Mondello non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Onorevoli colleghi, giunti a questo punto, ritengo si possa sospendere la trattazione del provvedimento in esame.
Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico che la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento in sede legislativa della seguente proposta di legge, già assegnata alla stessa Commissione in sede referente, a norma del comma 6 dell'articolo 92 del regolamento.
BOATO: «Norme in favore dei familiari superstiti degli aviatori italiani vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961» (5692) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
La Presidenza, data l'urgenza del provvedimento e acquisito l'assenso di tutti i gruppi, derogando al termine di cui al comma 1 dell'articolo 92 del regolamento, ne propone direttamente l'assegnazione in sede legislativa alla I Commissione permanente (Affari costituzionali).
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 19 gennaio 2006, alle 9,30:
(ore 9,30; dopo l'esame del punto 7 e ore 16)
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3669 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania (Approvato dal Senato) (6236).
- Relatore: Pinto.
2. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Ungheria nel campo della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico, fatto a Roma il 21 maggio 2003 (5246-A).
- Relatore: Pacini.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Sud Africa, con Allegato, fatto a Città del Capo il 13 novembre 2003 (5335-A).
- Relatore: Cirielli.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla istituzione dell'Organizzazione internazionale per lo sviluppo della pesca in Europa centrale ed orientale (Eurofish), con Atto finale, fatto a Copenhagen il 23 maggio 2000 (5488-A).
- Relatore: Landi di Chiavenna.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Namibia sulla promozione e protezione degli investimenti, con Protocollo, fatto a Windhoek il 9 luglio 2004 (6086).
- Relatore: Rizzi.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica gabonese sulla promozione e la protezione degli investimenti, con Protocollo, fatto a Libreville il 28 giugno 1999 (6107).
- Relatore: Rizzi.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale, fatto a New York il 10 settembre 2002 (6145).
- Relatore: Landi di Chiavenna.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio Federale della Confederazione svizzera sulla effettuazione di attività congiunte di addestramento e formazione militare delle rispettive Forze armate, fatto a Berna il 24 maggio 2004 (6146-A).
- Relatore: Selva.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui privilegi e le immunità dell'Autorità internazionale dei fondi marini, fatto a Kingston il 27 marzo 1998 (6169).
- Relatore: Landi di Chiavenna.
S. 3323 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica kirghiza in materia di cooperazione turistica, fatto a Roma il 3 marzo 1999 (Approvato dal Senato) (6190).
- Relatore: Rivolta.
S. 3423 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea alla Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore
doganale, relativo al riciclaggio di proventi illeciti e all'inserimento nella Convenzione del numero di immatricolazione del mezzo di trasporto, fatto a Bruxelles il 12 marzo 1999 (Approvato dal Senato) (6191).
- Relatore: Deodato.
S. 3550 - Adesione al Protocollo del 1997 di emendamento della Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi del 1973, come modificata dal Protocollo del 1978, con Allegato VI ed Appendici, fatto a Londra il 26 settembre 1997 (Approvato dal Senato) (6192).
- Relatore: Cirielli.
S. 3552 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato) (6193).
- Relatore: Cirielli.
S. 3585 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul trasporto marittimo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Governo della Repubblica popolare cinese, dall'altro, fatto a Bruxelles il 6 dicembre 2002 (Approvato dal Senato) (6195).
- Relatore: Rivolta.
3. - Seguito della discussione della proposta di legge (previa esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità e della questione sospensiva presentate):
S. 1899 - D'iniziativa dei senatori GUBETTI ed altri: Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio (Approvata dal Senato) (5982)
e delle abbinate proposte di legge: LUCIANO DUSSIN ed altri; CÈ ed altri; PERROTTA (4115-4926-5417).
- Relatore: Guido Giuseppe Rossi.
4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ASCIERTO ed altri; LAVAGNINI; LUCIDI ed altri: Delega al Governo per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (3437-4376-5400-A).
- Relatori: Saia (per la I Commissione) e Ascierto (per la IV Commissione).
5. - Seguito della discussione delle mozioni Bielli ed altri n. 1-00464, Violante ed altri n. 1-00481 e Biondi ed Antonio Leone 1-00496 sulle questioni applicative concernenti la normativa in favore delle vittime del terrorismo.
6. - Discussione del progetto di legge:
S. 1645-1928-2159-3236 - D'iniziativa dei senatori: TOMASSINI; TOMASSINI; BETTONI ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali (Approvati, in un testo unificato, dal Senato) (6229)
e delle abbinate proposte di legge: FRANCESCA MARTINI; BATTAGLIA ed altri; LUCCHESE ed altri; BATTAGLIA ed altri; ANNA MARIA LEONE ed altri; BATTAGLIA ed altri; FRANCESCA MARTINI; MORONI; MILANESE e TARANTINO (2360-2613-2617-2936-3656-3881-4057-5274-5769).
- Relatore: Lucchese.
(ore 11)
7. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione (6259).
(ore 15)
8. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(al termine delle votazioni)
9. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 19,30.