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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, alla vigilia delle competizioni elettorali c'è la tendenza ad inserire nei provvedimenti cosiddetti economici norme recanti misure di spesa. Ciò è avvenuto in precedenti occasioni; ricordo, a tale proposito, quanto avvenne con la legge n. 388 del 2000 (la legge finanziaria per l'anno 2001).
Il decreto-legge n. 203 e la legge finanziaria per l'anno 2006 dimostrano invece che il Governo in questa materia sta intervenendo in modo serio; non adottando, quindi, misure di spesa ma tenendo sotto controllo quei fenomeni evasivi che hanno avuto notevole manifestazione, soprattutto negli ultimi tempi. Proprio questo è il «cuore» del provvedimento, che è volto a contrastare le varie forme di evasione fiscale. Le combatte, innanzitutto, attraverso la partecipazione dell'ente locale - il comune - all'accertamento. Questa è una misura già contenuta nel decreto n. 600 del 1973, ma ora viene resa attuale sia con gli interventi previsti dalla legge finanziaria per il 2005 sia con quelli previsti nel decreto-legge in esame. In tal modo, i comuni sono in grado di intervenire, soprattutto nel comparto immobiliare, e fornire elementi all'Agenzia delle entrate al fine di recuperare materia imponibile. Da questo punto di vista, il provvedimento in esame è sicuramente efficace; come pure è efficace laddove interviene, prima che sia presentata la dichiarazione dei redditi o la dichiarazione ai fini IVA, per riscontrare se i versamenti sono stati correttamente eseguiti. Anche quest'ultima è una misura di sicura efficacia nella lotta all'evasione fiscale.
Il provvedimento in esame contiene altre misure che ritengo debbano essere evidenziate. Mi riferisco, in particolare, alla revisione, alla rivisitazione del procedimento di riscossione. Sappiamo che uno degli anelli deboli del procedimento tributario è rappresentato dalla riscossione delle imposte. A tale riguardo, tutti ricordiamo la vicenda delle cosiddette cartelle pazze. Con il riassetto del procedimento di riscossione, l'Agenzia delle entrate, che è l'ente impositore, potrà riscuotere più efficacemente i tributi senza lungaggini e danni per l'erario.
Va ricordato, altresì, anche l'intervento importante previsto in tema di giustizia tributaria. Vengono, finalmente, risolte alcune complesse questioni, contenute nel decreto n. 545 del 1992, che attenevano alla composizione degli organi di giustizia tributaria. In particolare, viene rimossa quella norma anacronistica ed illogica che prevedeva ogni nove anni una turnazione
dei giudici nell'ambito delle diverse commissioni tributarie; al suo posto è stata prevista una norma che consente di spostare i singoli giudici, nell'ambito della singola commissione tributaria, in un lasso temporale quinquennale.
Il provvedimento in esame contiene poi molte norme importanti che riguardano le imprese. Mi riferisco, in particolare, alla rivisitazione della participation exemption e alla norma sul dividend washing: norme che hanno creato non poche difficoltà alle imprese ed hanno sottratto materia imponibile allo Stato. Rispetto a queste norme, inviterei il Governo a svolgere riflessioni ed approfondimenti ulteriori perché non è pensabile che si vada ad incidere su un settore delicato, come quello dell'IRES, senza tener conto che, a fronte di plusvalenze che vengono ad essere tassate ora in misura più tenue rispetto alle plusvalenze ordinarie, non vi sia la possibilità di dedurre in modo corrispondente le minusvalenze.
Infine, sempre in ordine al comparto imprenditoriale, ricordo la norma in tema di deduzione più lenta dell'ammortamento dell'avviamento. Anche a tale riguardo, sarebbe forse opportuno che il Governo svolgesse un'ulteriore riflessione sulla possibilità di accorciare il termine di ammortamento dell'avviamento o perlomeno prevedere che l'ammortamento decorra a far data dall'entrata in vigore del provvedimento e non riguardi periodi di imposta precedenti quando la spesa è stata sostenuta.
Su questi aspetti, in particolare sulle questioni che attengono alle imprese, spererei che il Governo, in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2006, si impegnasse ad intervenire, soprattutto in questa fase in cui è opportuno assicurare un sostegno alla crescita, in modo da intraprendere la strada della ripresa economica.
Non va dimenticato che il provvedimento reca una serie di misure di semplificazione per quanto attiene all'iscrizione nel registro delle imprese e per rendere coerente il meccanismo di iscrizione nel registro delle imprese con la riforma del diritto societario introdotto per effetto del decreto legislativo n. 6 del 2003, entrato in vigore a far data dal 1o gennaio 2004.
Quindi, il giudizio che il gruppo di Alleanza nazionale esprime sul provvedimento in esame è sicuramente positivo. È un provvedimento efficace che rispetta gli impegni che sono stati assunti a livello di Unione europea, sia per il contenimento del deficit relativo all'anno 2005 sia in vista degli interventi che verranno realizzati nel 2006 per assicurare il rapporto deficit-PIL nel limite del 3,8 per cento.
Si tratta di un tassello che compone la manovra finanziaria. Avremo un quadro organico, quando verrà definitivamente approvato il disegno di legge finanziaria. Ritengo che sia questo provvedimento sia il disegno di legge finanziaria, che prossimamente sarà sottoposto all'esame dell'Assemblea, potranno costituire capisaldi su cui realizzare una ripresa del sistema paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sergio Rossi. Ne ha facoltà.
SERGIO ROSSI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo della Lega nord, precisando che il provvedimento in esame interviene a contenere la spesa pubblica, in coerenza con gli impegni assunti in seno all'Unione europea.
Pur essendo già in clima di campagna elettorale, il Governo e la maggioranza hanno impostato un provvedimento, collegato alla manovra di bilancio per il 2006, di responsabilità, senza cadere nel tentativo di impostare una spesa elettorale, come fece invece l'Ulivo nella precedente legislatura. Meritano di essere evidenziati l'intervento incentivante con riferimento agli enti locali nell'azione di contrasto all'evasione fiscale e la consistente riduzione della spesa dei ministeri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romoli. Ne ha facoltà.
ETTORE ROMOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 203 del 2005, su cui giustamente il Governo ha posto, anche in questo ramo del Parlamento, la questione di fiducia, fa parte della manovra di finanza pubblica per il 2006 e ne costituisce una sostanziale anticipazione con il vantaggio di esplicare i suoi effetti fin dal 1o ottobre e cioè ben tre mesi prima rispetto alla data presumibile di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2006.
L'insieme delle misure che compongono la manovra di finanza pubblica per il 2006 sono dirette a correggere l'andamento tendenziale del disavanzo in modo da farlo rientrare, sia per il 2005 sia per il 2006, entro i limiti massimi rispettivamente del 4,3 e del 3,6 per cento del PIL, concordati con le istituzioni europee, ai fini del rientro graduale entro il parametro di Maastricht del 3 per cento del PIL a fine 2007.
Va, a questo punto, sottolineato che lo scostamento del deficit pubblico verificatosi nel corso del corrente anno dipende da un andamento non favorevole dell'economia che, a sua volta, affonda le proprie radici lontano nel tempo e, in particolare, nella pessima politica economica dei Governi precedenti all'attuale. A causa di scelte politiche miopi ed errate si sono determinate diverse debolezze strutturali che, nel tempo, hanno fatto perdere competitività al sistema Italia.
Valga per tutti l'esempio dell'eccessiva compressione delle spese per infrastrutture pubbliche attuata dai Governi di centrosinistra, che ha contribuito a perpetuare l'arretratezza e l'inefficienza della dotazione infrastrutturale del nostro paese e costituisce uno dei principali elementi di debolezza della nostra economia.
A questo annoso problema sta ponendo rimedio l'azione del Governo Berlusconi con il varo del programma delle grandi opere infrastrutturali, ormai in fase di concreta realizzazione.
Vorrei a questo proposito ricordare che altri importanti paesi europei con un'economia assai ben strutturata, come Germania e Francia, hanno da diversi anni largamente superato il limite massimo del 3 per cento di deficit pubblico rispetto al PIL, mentre noi, grazie ad un'oculata e innovativa politica finanziaria e di bilancio, di cui è stato artefice il ministro Tremonti, abbiamo sostanzialmente tenuto questo limite di deficit malgrado il pesante handicap costituito dall'enorme stock del debito pubblico pregresso che ci ha lasciato in eredità la prima Repubblica e che è quasi il doppio rispetto alla media europea.
Per tali ragioni il nostro sforamento deve essere considerato un peccato veniale rispetto a quello di maggiore entità e più datato di molti altri paesi dell'Unione europea.
Tornando al contenuto specifico del provvedimento, vorrei sottolineare che, nella nota di variazione del bilancio dello Stato, agli effetti del decreto-legge come emendato dal Senato, sono valutati 7.104 miliardi di euro di maggiori entrate, ulteriori contenimenti di spesa riguardo all'anno 2005, e precisamente 300 milioni di euro per i consumi intermedi, 1,6 miliardi di euro per spese in conto capitale, con una correzione complessiva quindi di quasi 2 miliardi di euro, che vanno a ridurre il deficit statale relativo al 2005.
Come si vede siamo di fronte ad un provvedimento di ampia portata, il quale, per tale motivo, deve essere senza indugio convertito in legge. Le misure contenute nel decreto-legge si caratterizzano in modo virtuoso, così come avviene per la legge finanziaria, in quanto sono indirizzate a proseguire l'obiettivo del riequilibrio della finanza pubblica, non con inasprimenti fiscali e tagli agli investimenti, bensì con misure dirette a contenere gli sprechi e le dispersioni di risorse e a combattere l'elusione e l'erosione fiscale delle basi imponibili.
Pertanto, è evidente che questo provvedimento rientra a pieno titolo nell'ambito dell'azione di buon governo e di buona amministrazione portati avanti in
questa legislatura dal Governo Berlusconi e dalla maggioranza della Casa delle libertà che lo sostiene con convinzione.
Le misure salienti che compongono il provvedimento, peraltro notevolmente arricchito ed ampliato nell'ambito della discussione dell'altro ramo del Parlamento, sono dirette a combattere l'evasione fiscale attraverso la partecipazione dei comuni alle attività di accertamento che vengono incentivate con l'attribuzione di una quota del 30 per cento delle maggiori riscossioni ai comuni e con il rafforzamento dell'attività accertativa dell'Agenzia delle entrate, dell'Agenzia delle dogane e della Guardia di finanza.
Una grande modernizzazione è senz'altro la riforma della riscossione e delle disposizioni in materia di giustizia tributaria. Viene soppresso, a partire dal 1o ottobre 2006, il sistema di affidamento in concessione del Servizio nazionale della riscossione e le funzioni di riscossione sono attribuite all'Agenzia delle entrate che, insieme all'INPS, procede alla costituzione della società Riscossione Spa, il cui capitale è versato per il 51 per cento dall'Agenzia delle entrate e per il 49 per cento dall'INPS. La Riscossione Spa avrà la funzione di effettuare riscossione mediante i ruoli delle imposte erariali; in tal modo viene superato completamente il sistema dei concessionari, che si è dimostrato farraginoso, costoso, poco efficiente e anche terreno favorevole allo sviluppo, nel passato recente, di comportamenti distorti. Da queste misure, secondo la relazione tecnica, sono previste entrate per 386 milioni di euro nel 2006, 600 milioni di euro nel 2007 e 950 milioni a partire dal 2008.
Siamo di fronte - è bene sottolinearlo - ad un'ulteriore grande riforma attuata dal Governo Berlusconi, paragonabile per importanza alle altre grandi riforme di questo Governo, come quella della scuola, della giustizia, delle pensioni e dell'università.
Altre misure, riguardanti le plusvalenze finanziarie delle società, le imprese di assicurazione e le svalutazioni dei crediti delle banche, comportano ulteriori gettiti per quasi un miliardo di euro l'anno; è previsto, inoltre, un drastico contenimento delle spese dello Stato e degli enti non territoriali relative all'anno 2005 per un importo di 300 milioni di euro, per le spese per consumi intermedi, di 1,6 miliardi di euro, per le spese in conto capitale. Come si vede, ne è scaturito un provvedimento complesso, ma comunque perfettamente conforme alla logica ispiratrice dell'azione di politica economica e finanziaria portata avanti dal Governo Berlusconi: niente nuove tasse a carico dei cittadini ed ampio spazio a contenimenti di spesa ed al contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale come strumento per conseguire, in modo equo e duraturo, l'obiettivo di mantenere e salvaguardare l'equilibrio finanziario dello Stato.
Altre norme riguardano la facilitazione delle dismissioni immobiliari, strumento fondamentale per consentire una valorizzazione economica della troppo vasta manomorta pubblica in campo immobiliare, la cui vendita ha dato un forte contributo per contenere entro i limiti previsti dall'Unione europea il deficit di bilancio annuale e per ridurre lo stock del debito pubblico.
Tralascio le altre misure di contorno introdotte soprattutto nel corso dell'esame svoltosi al Senato e che arricchiscono il provvedimento su vari versanti.
Concludo dichiarando che in questo quadro riteniamo il provvedimento in esame equo, efficace ed utile per il risanamento delle finanze pubbliche; per tale motivo, il gruppo di Forza Italia annuncia il suo convinto voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni, che «compulsa» gli appunti... Prego, onorevole, ha facoltà di parlare.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, Rifondazione comunista esprimerà un voto contrario sulla conversione in legge del decreto al nostro esame per ragioni di testo e di contesto.
Peccato che il Presidente Casini abbia momentaneamente abbandonato l'Assemblea,
anche se l'ha lasciata in ottime mani; devo infatti osservare che questa materia richiama un termine da lui spesso usato in qualità, non di Presidente della Camera ma di libero uomo politico, ossia quello di «illusioni». Il Governo di centrodestra, infatti, aveva illuso i suoi sostenitori - per la verità in decrescita - sul fatto che, almeno in limine mortis, avrebbe cercato, per così dire, di rifarsi l'immagine attraverso un colpo inferto all'evasione fiscale, e fors'anche alla rendita speculativa e finanziaria. Ma in questo lunghissimo decreto, che l'onorevole Romoli ha avuto sicuramente la compiacenza e la diligenza di illustrare nel dettaglio, non vi è nulla di sostanziale per quanto riguarda il recupero dell'evasione fiscale e soprattutto per quanto concerne la tassazione delle plusvalenze o delle altre forme di rendita finanziaria. Si gira largamente attorno al problema, si tracciano norme ampollose ed inutili e si moltiplicano gli enti - ad esempio, la Riscossione Spa e altri simili -, dimentichi del famoso rasoio di Occam, che recitava: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem; è inutile, Presidente, che traduca per lei, che conosce il latino alla perfezione. Pare, invece, che il Governo si diletti a moltiplicare gli organismi.
Vorrei ricordare che un lontano e compianto ministro del lavoro, Donat Cattin, per quanto ben distante dalla mia parte politica, dichiarò in questa Assemblea che non si crea lavoro facendo dei comitati; allo stesso modo, non si combatte l'evasione fiscale semplicemente stabilendo enti, strutture e società.
Si tratta di un gioco di scatole cui mancano elementi essenziali, quali la determinazione politica nel colpire gli evasori fiscali, l'organizzazione della capacità di effettuare controlli incrociati e la diffusione sul territorio non di enti, bensì di soggetti fisici in grado di scovare gli evasori, di punirli e di recuperare introiti per lo Stato.
Come sanno tutti i colleghi che si occupano di finanza, ci troviamo in una situazione tragica, poiché l'Italia, nell'ambito dell'Unione europea a 15 paesi membri, detiene il record dell'evasione fiscale. Infatti, siamo 10 punti percentuali al di sopra del livello di evasione che, nei paesi capitalisticamente più forti (come la Francia e la Germania), viene considerato fisiologico. Se negli Stati citati essa è pari al 5 per cento, nel nostro paese, invece, oscilla tra il 14 e il 16 per cento. In altri termini, in questo paese vi è un'enorme ricchezza nascosta che non paga le tasse, è persino orgogliosa di non farlo e vive all'ombra di un sistema politico che ha acquisito voti e consenso da questa grande marea di evasione fiscale.
Vorrei osservare, peraltro, che l'evasione fiscale non è un male del Mezzogiorno, poiché sono proprio le regioni a più alta produttività (prima tra tutte, la Lombardia) ad essere in testa nella «classifica» dell'evasione fiscale su scala nazionale. Ciò, d'altro canto, risulta ovviamente logico: più ce ne è e più si evade dal fisco, mentre non accade il contrario!
Ci troviamo di fronte, pertanto, ad un provvedimento che non serve; di contro, anche con la complicità dell'altro ramo del Parlamento, esso si è «gonfiato», e presenta le caratteristiche dell'ultimo «treno» che passa, a fine legislatura, in attesa del disegno di legge finanziaria. È prevista, infatti, la privatizzazione dell'ANAS, e vi è altresì contenuto un intervento sulle linee aeree: si tratta di argomenti che c'entrano poco con le disposizioni sulla giustizia tributaria e quelle per contrastare l'evasione fiscale. Il decreto-legge in esame, inoltre, contiene una misura - che ritengo francamente incredibile - volta ad alleggerire dal peso dell'ICI gli immobili afferenti ad attività religiose, inclusi quelli nei quali si svolgono affari di natura commerciale.
Vi è, in sostanza, una captatio benevolentiae ben chiara verso alcuni settori. Si tratta di un provvedimento dal chiaro sapore preelettorale e che, se qualcuno avesse la voglia e la pazienza di leggerlo (attività davvero complicata), susciterebbe ulteriori disillusioni in chi ha seguito fin qui il Governo delle destre. Con il decreto-legge in esame, infatti, non si combatte la rendita, non si contrasta l'evasione fiscale,
non si combattono le zone di privilegio e non si colpisce la grande ricchezza. Con esso, al contrario, si «limano» alcune norme e si costituiscono ulteriori inutili e superflui organismi, cercando tuttavia di spendere tutto ciò come l'impegno assunto dal Presidente del Consiglio contro l'evasione fiscale dopo che egli, di fronte alla Guardia di finanza, ha lodato (come riportato, a suo tempo, da tutti i giornali) gli evasori fiscali stessi!
Ci troviamo di fronte, in sostanza, ad un velo molto sottile, che lascia trasparire la sostanza della questione. È ovvio che questo Governo concluda la sua parabola così come l'ha cominciata. Infatti, l'aveva iniziata con l'abolizione della tassa di successione - in sé, un provvedimento non di enorme entità, ma odioso, dal punto di vista simbolico, proprio perché adottato a difesa della grande ricchezza e della grande proprietà, assenteista e passiva di fronte alle esigenze di ripresa economica e di sviluppo del paese - e la conclude varando un disegno di legge finanziaria ed un decreto-legge fiscale che rientrano tutti all'interno della stessa logica.
La parabola, tuttavia, è conclusa. Questo contesto motiva, ancor più del testo, un voto contrario, ed è tale contesto che, nei prossimi mesi, saremo chiamati a cambiare. Intanto, signor Presidente, ribadisco il voto contrario del nostro gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, abbiamo avuto modo di discutere, soprattutto nella settimana scorsa, delle motivazioni per cui l'opposizione tutta - quindi l'Unione - voterà convintamente contro la conversione in legge del decreto-legge n. 203 del 2005. Dalle discussioni, si è potuto capire - credo che anche i nostri concittadini lo abbiano capito in modo sufficientemente chiaro - che vi sono questioni di principio, questioni di metodo e questioni di contenuto.
Onorevoli colleghi, stiamo discutendo di un decreto-legge, cosiddetto «fiscale», che rappresenta abbondantemente gran parte della legge finanziaria che il Parlamento dovrebbe varare per l'anno prossimo, un anno che sappiamo essere elettorale. Questo decreto-legge ed il disegno di legge finanziaria in discussione presso questo ramo del Parlamento, sostanzialmente, in Senato non hanno avuto alcuna discussione. Né su questo decreto-legge, né sulla proposta di legge finanziaria si sono avuti un contributo, un approfondimento, una discussione e, soprattutto, non ci si è avvalsi nemmeno degli apporti di ragionamento delle audizioni che ormai ci siamo abituati - negli ultimi cinque anni - a considerare una mera «normalità» a cui la maggioranza ed il Governo non hanno attribuito alcun tipo di fiducia, di affidamento e di riflessione complessiva.
Vi è stato un pronunciamento, con un voto di fiducia dapprima sul decreto-legge e, successivamente, anche sul disegno di legge finanziaria per l'anno 2006 ed è stata la prima volta che in Senato non è stata apportata alcuna modifica ai due disegni di legge, che successivamente sono stati oggetto di maxiemendamenti su cui il Governo ha posto - ed ottenuto - la fiducia da parte della propria maggioranza.
Dunque, onorevole Leo, non è assolutamente vero quanto lei affermava poc'anzi, ossia che in questo decreto-legge - che va considerato nel complesso dei provvedimenti di natura finanziaria per il prossimo anno che il Parlamento si accinge ad approvare, con il nostro voto contrario - non vi siano provvedimenti di spesa «spicciola», clientelare, che gridano vendetta rispetto alla situazione economica, finanziaria e sociale del nostro paese! Dobbiamo dirlo con forza, perché, sia il decreto-legge fiscale, sia il disegno di legge finanziaria che è stato approvato dal Senato, non solo comportano tali disposizioni, ma ne comportano a centinaia, con una vergogna assoluta! Infatti, gli enti locali sono chiamati, in modo vergognoso, da questa maggioranza e da questo Governo, a fare economie nelle spese, e si
impedisce loro di predisporre bilanci concreti che soddisfino le comunità che governano. Stessa politica si può riscontrare anche riguardo al Fondo sociale, un fondo che deve affrontare le questioni evidenti e fondanti, che toccano la «carne viva» dei nostri cittadini: viene dimezzato di 500 milioni di euro per quest'anno e, in proiezione, anche per il 2006. Nel contempo, si riscontrano i 5 milioni di euro a favore dell'arcidiocesi o della curia di Trento e molte altre disposizioni che causano vergogna a quei parlamentari che le hanno pensate, a quel Governo che ha avuto l'ardire e l'ardore di inserirli nel maxiemendamento ed a voi che li avete votati; voi, infatti, li avete votati! Quindi, non potete, da un lato, dire: cari concittadini, cari italiani, «facciamo un buco di più alla cinghia», perché non vi sono risorse e, nel contempo, fare il clientelismo più becero e squallido! Questa è la verità che vi è nel decreto-legge fiscale su cui voi avete posto la questione di fiducia e sul disegno di legge finanziaria che stiamo per discutere!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi facciamo la nostra parte, convintamente e fino in fondo. Voi direte che non riusciamo a convincervi, ma il problema è che non siete più in grado di svolgere una reale politica nazionale nell'interesse del paese.
Vorrei portare alcuni esempi banalissimi, che però sono assolutamente importanti e rappresentano anche la cartina di tornasole della veridicità di quanto sto dicendo, certamente con calore, in quest'aula.
Guardiamo solo a gran parte del territorio nazionale: la montagna. Vedremo se alcune grida di dolore sono reali o se si consumeranno, come l'intervento del collega Scherini della settimana scorsa in sede di discussione sulle linee generali di questo decreto-legge. Questa parte del territorio nazionale non ha bisogno di parlamentari proni alla maggioranza, bensì di parlamentari in grado di manifestare fino in fondo le esigenze di quel territorio. È certo che la riforma elettorale penalizzerà ancora di più tali aree: infatti, i collegi uninominali e maggioritari legavano il parlamentare al territorio e lo rendevano anche portatore di alcune politiche nell'ambito di un ragionamento più ampio a livello nazionale.
Non abbiamo bisogno di parlamentari che chiedono «per favore». Il 50 per cento del territorio nazionale esige politiche ed esige risposte alle richieste effettive. Voi volevate sopprimere le comunità montane: non siete stati in grado di portare avanti questa riforma, perché metà Italia si è ribellata, compresa anche gran parte dei vostri amministratori.
Ora, ci proponete un provvedimento fiscale ed una legge finanziaria che non prevedono nulla a favore del 50 per cento del territorio nazionale. Avete azzerato il fondo nazionale sulla montagna: vedremo cosa faranno i Napoli ed i colleghi intervenuti a quella importante manifestazione tenutasi al teatro Capranica a fine ottobre per protestare. Vedremo se sarete in grado di disobbedire alla vostra maggioranza, per fare effettivamente, in modo trasversale, gli interessi della montagna! Voi vi siete impegnati, e noi effettueremo una verifica sul campo.
Non avete stanziato un euro sul fondo di incentivazione delle politiche associative! Dirò di più: non avete assolutamente tenuto in considerazione la reale necessità del 50 per cento del territorio nazionale, ossia fare in modo che i nostri giovani abbiano la possibilità di vivere su quel territorio. Se su tali aree non vi sono le stesse condizioni e prospettive di futuro esistenti in altre parti del paese, è inutile partecipare agli stati generali della montagna - come avete fatto voi - predicando bene e poi razzolando male!
In questi quattro anni e otto mesi di Governo del centrodestra, noi abbiamo continuamente assistito ad un continuo intervento diminutivo e di totale disinteresse di fatto sulla montagna.
Avete azzerato il fondo nazionale per la montagna, come ho detto poc'anzi. Quando avete assunto il governo del paese su quel fondo vi erano 130 miliardi di lire (ossia, 61 miliardi di euro). Voi, man mano, avete azzerato quelle risorse: l'anno scorso le avete dimezzate con il cosiddetto
provvedimento «taglia spese» (e la Corte costituzionale è intervenuta censurando gran parte di quell'intervento normativo); quest'anno la disponibilità di quel fondo è di zero euro!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, è inutile che predicate, perché con i provvedimenti al nostro esame (tra poco vi sarà anche la possibilità di discuterne in Assemblea) non solo non avete fatto nulla, ma ciò che avete realizzato, lo avete fatto male e in dispregio delle comunità montane e del 50 per cento del territorio nazionale. Avete persino abolito un emendamento che un collega della maggioranza, con il nostro sostegno e con il nostro contributo di opposizione, era riuscito ad inserire nella legge finanziaria per il 2006. Esso riguardava le province montane (cioè quelle province nel cui territorio il 90 per cento dei comuni sono montani), cui sarebbero andate le risorse del demanio idrico.
Avete inserito nella normativa un comma che le sopprime, rendendo impossibile un ragionamento di natura economica e sociale in province importanti, che, guarda caso, sono governate, purtroppo, ancora dal centrodestra. Mi riferisco al Veneto, con Belluno, e alla Lombardia, con Sondrio.
Ci viene detto che tutto ciò deriva da una richiesta di quei governatori, perché sono diventati ormai totalmente centralisti, e negano ciò che loro giustamente pretendono nei confronti dello Stato.
Allora, signor Presidente, voi, colleghi della maggioranza, dovete fare un grande esame di coscienza e una riflessione. Noi avevamo presentato una serie di emendamenti, sui quali non si è potuta svolgere alcuna discussione né votazione, perché avete posto la questione di fiducia su questo maxidecreto. Lo faremo anche sulla legge finanziaria e lì vi verificheremo. I nostri concittadini, come giustamente tutti gli altri, sapranno cosa hanno fatto i parlamentari di quei territori e ciò che hanno fatto questo Governo e questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, quest'ultima manovra economica della legislatura - che noi ci auguriamo davvero sia l'ultima di questa maggioranza - è del tutto coerente con l'indirizzo politico degli ultimi cinque anni, che si è contraddistinto per approssimazione normativa e contabile, assenza di progettualità, individuazione di cespiti a dir poco aleatori, riduzione dei servizi, finanziamenti a pioggia sfacciatamente clientelari e tagli alla sanità, all'ambiente e agli enti locali.
Il quadro è più che confermato dall'esame della legge finanziaria e, in particolare, di questo decreto-legge, che contiene una parte rilevante dell'impianto della manovra complessiva e che è già stato oggetto di numerose integrazioni, per non dire stravolgimenti. Mi riferisco all'intramontabile e deprecato assalto alla diligenza delle finanziarie di vecchio stile.
Insomma, siamo alla degna conclusione di cinque anni di politiche finanziarie, economiche e fiscali dissennate, che non hanno prodotto nel nostro paese né crescita, né sviluppo e che, anzi, hanno peggiorato i conti pubblici.
La situazione dei conti pubblici è pericolosamente critica e ha portato il paese al declino. Il disavanzo tendenziale per il 2006 sembra si attesti al 5,1 per cento. Ricordo che con il Governo Prodi si era scesi sotto il 3 per cento. Anche se gli aggiustamenti contabili previsti dalla manovra economica per il 2006 si rivelassero efficaci, ma dubitiamo fortemente, si arriverebbe appena al 4,3 per cento, ben al di sopra non solo del limite stabilito in ambito comunitario, ma anche della deroga del 3,8 per cento ottenuta dopo lunghe trattative con i nostri partner europei. Il saldo primario, come certifica la stessa Banca d'Italia, è praticamente azzerato.
In questi ultimi anni abbiamo subito una continua caduta delle quote e del mercato globale e, tra il 2001 e il 2004, grazie alla vostra incosciente inerzia,
siamo scivolati dal ventiseiesimo al trentasettesimo posto nella classifica mondiale della competitività.
Anche in questa finanziaria, come nelle quattro precedenti, non vengono destinati fondi adeguati per le politiche della formazione, della ricerca e a favore dell'innovazione, ossia quelle voci che, più di altre, possono farci tornare su un sentiero positivo di crescita.
I principali punti deboli del provvedimento in esame e della manovra economica nel complesso sono riferibili all'incertezza delle maggiori entrate appostate in bilancio ed alla mancanza di misure davvero strutturali, per non parlare di misure davvero trasparenti o accompagnate da dati e informazioni che siano davvero tali.
Avete apportato, ancora una volta, tagli molto pesanti al bilancio di alcune parti della pubblica amministrazione, di alcuni settori - a nostro giudizio - strategici. Ma ciò che è veramente incredibile dal punto di vista politico è che avete accompagnato (fatto non nuovo) un taglio così consistente, che inevitabilmente si ripercuote sulla qualità della vita e sui servizi fondamentali nei confronti dei cittadini, con una campagna sfacciatamente propagandistica verso l'opinione pubblica, assolutamente fuorviante, affermando come non vi fossero tagli ai servizi ma soltanto riduzione degli sprechi, come nel caso delle «auto blu» (neanche fosse il solo problema in Italia), delle consulenze e dei progetti inutili (questi, sì, problemi veri). Avete così compiuto un'operazione di falsità davvero fortissima.
La realtà è opposta. Avete tagliato drasticamente «voci», per noi e oggettivamente, importanti come il risanamento ambientale, le politiche sociali, l'agricoltura, i fondi a favore dei paesi in via di sviluppo, il sud e persino la sicurezza stessa. Dietro la pantomima sulle «auto blu», le consulenze, gli sprechi degli enti locali avete fatto e state facendo passare una decurtazione alla possibilità di gestione da parte di tali enti in favore dei cittadini e delle cittadine. Ma, se osserviamo attentamente l'andamento della spesa pubblica dal 2001 al 2005, ci troviamo paradossalmente dinanzi ad un incremento della medesima, sottratta agli investimenti e alle spese produttive che potevano essere bene indirizzate ad un governo che stesse alla dura realtà della crisi economica e sociale a cui dobbiamo, purtroppo, assistere senza che il Governo provveda adeguatamente.
A cosa è stato destinato questo incremento di spesa? Bisognerebbe avere i dati precisi, ma in parte è stato finalizzato a consulenze e ad accontentare clientele varie. La manovra complessiva presentata non affronta nessuno dei problemi veri dei cittadini e del paese, come nel caso della «famiglia», parola di cui vi riempite tanto la bocca, anche se ancora una volta vi apprestate ad erogare poco più che elemosine e briciole senza mettere in campo una politica vera, nemmeno a favore della famiglia, e provvedimenti seri ed utili a migliorare davvero le condizioni di vita dei cittadini e delle famiglie, appunto.
Ricordo il problema del 50 per cento del fondo per le politiche sociali da erogare alle regioni (oltre 500 milioni di euro), risorse già stanziate a legislazione vigente, cioè destinate al fondo sociale che le regioni amministrano direttamente e che distribuiscono ai comuni per la gestione dei servizi alla cittadinanza, per gli asili nido, le disabilità, gli anziani, la tossicodipendenza, le indigenze di vecchia e nuova generazione. Di questi soldi non vi è alcuna traccia.
Inoltre, sempre a proposito di politiche sociali e per la famiglia, i dati ISTAT dello scorso mese ci hanno consegnato (lo facevo già osservare all'Assemblea in un'altra occasione) un paese in cui una famiglia su quattro è a rischio di povertà. Lo scorso anno, tuttavia, avete praticato i «tagli» all'IRPEF che, come la maggior parte dei provvedimenti fiscali, sono andati a favore soltanto di fasce di reddito alto della popolazione.
Essi non hanno prodotto alcun effetto, se non uno ridicolo e davvero secondario, per non dire umiliante, per le fasce più basse e più esposte. I sei miliardi, che sono serviti lo scorso anno a finanziare la
riduzione dell'IRPEF per i redditi medio-alti, potevano ben essere utilizzati, tra l'altro, per portare il cuneo fiscale al 3 per cento, con un'operazione molto più fruttuosa anche sul fronte della riduzione del costo del lavoro, con una parte di proventi da redistribuire ai lavoratori dipendenti. Questo era un intervento che avrebbe potuto essere non solo d'aiuto al reddito, bensì anche di sostegno alla domanda interna.
Noi, signor Presidente, abbiamo presentato numerose proposte emendative, che com'è noto, a causa della posizione della questione di fiducia, non è stato possibile non dico discutere, ma neanche accennare in Assemblea, così come in Commissione. Per esempio, abbiamo proposto l'unificazione delle aliquote di tassazione sui redditi da capitale, essendo l'Italia l'unico paese europeo dove la tassazione sulle rendite finanziarie è del 12,5 per cento, mentre quella sui conti correnti è del 27 per cento. Abbiamo poi proposto anche altre misure.
A questo punto concludo, signor Presidente, rimarcando come con il provvedimento in esame, arrivato completamente blindato a causa del voto di fiducia, si siano volute far passare anche misure che non hanno niente a che fare con il titolo stesso del provvedimento, come addirittura il regime di deroga introdotto con il comma 5 dell'articolo 11 quaterdecies del decreto-legge, per dare la possibilità di caccia degli ungulati al di fuori dei limiti temporali stabiliti dalla legislazione vigente. Questo dice della serietà dell'attuale Governo e di questa maggioranza, che ancora una volta, anche attraverso il decreto che è parte integrante della manovra fiscale, vogliono allargare a tutti i costi la possibilità di cacciare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole De Franciscis, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Questa è una dichiarazione di voto su un provvedimento che ha la caratteristica di essere più ampio di una legge finanziaria. Esso infatti parla di tutto; basta scorrerne l'indice: dagli aspetti di carattere più generale, che trattano di disposizioni in materia di finanza pubblica, fino ai dettagli più piccoli, minuti, alcuni di scarsissima rilevanza, che probabilmente un esame da parte di questo ramo del Parlamento avrebbe giudicato inammissibili, in fase di predisposizione del maxiemendamento da parte del Governo.
Il dato complessivo che emerge, nella confusione generale di questo provvedimento, è la mancanza di una linea generale. Non si capisce quali siano gli obiettivi di governo generale ai quali questo Governo vuole tendere. Non sono indicati gli obiettivi, così come non lo sono le modalità per raggiungerli. Vi è solo una lista di alcune prese d'atto delle osservazioni che, in ambito internazionale, ci hanno rivolto; quindi, di conseguenza, si è proceduto a tagliare un po' di risorse qua e là, ma su questo tornerò più avanti. Vi sono poi misure che accontentano l'uno o l'altro parlamentare, come si nota in particolare alla fine del provvedimento.
Il collega di Forza Italia, che ha fatto la dichiarazione di voto, ha detto che questo Governo è riuscito ad investire sulle infrastrutture. Questa mi sembra veramente una bella barzelletta!
Basta andare a leggere veramente questo provvedimento dove tutti gli operatori, nelle loro rappresentanze istituzionali - dall'ANCE all'Assoporti, dall'Assoaeroporti ai diversi collegi professionali -, lamentano la carenza strutturale di questi documenti di bilancio e delle politiche governative degli ultimi anni rispetto ai settori infrastrutturali. Con questo provvedimento si tagliano altri 300 milioni di euro sulle politiche di sviluppo della portualità italiana, che già è bloccata e non ha più le risorse per progredire rispetto ad una competitività che si sta perdendo nei confronti dei paesi a noi vicini, della Francia
e della Spagna, e nei confronti dei grandi porti del nord Europa che sono i nostri diretti e primi concorrenti.
È stato lasciato il tetto di spesa, nonostante più ordini del giorno avessero impegnato questo Governo, il quale si era fatto carico di eliminare il blocco alla spesa nelle autorità portuali, lasciando che mutui accesi continuassero ad essere pagati e impedendo che le opere venissero realizzate. Si è voluto intervenire su tutto il sistema aeroportuale del paese, con una scelta sbagliata nel metodo e nei contenuti. Abbiamo avuto una serie di audizioni congiunte tra le Commissioni V e IX sul tema ed è emersa una sostanziale univocità di pareri e di vedute da parte di tutti i soggetti coinvolti. È un provvedimento sbagliato, che tende unicamente a portare un po' di ossigeno ad Alitalia, ma che non riesce nell'obiettivo prefissato. Mette in crisi tutto il nostro sistema aeroportuale ed infrastrutturale connesso al trasporto aereo, già debole di per sé; rende più competitivi i competitors di Alitalia, senza dare risposte alla nostra ex compagnia di bandiera. In sostanza, è un provvedimento profondamente sbagliato. Abbiamo cercato di spiegarlo, abbiamo cercato di motivare la nostra posizione, lo hanno fatto in maniera autorevole anche colleghi di maggioranza che non stati ascoltati. È un vero peccato.
Si interviene sulle questioni di carattere ambientale ed anche qui senza avere una reale attenzione ai bisogni del paese. Si interviene nuovamente sulla normativa dei siti inquinati, ma non si è compreso - e su questo io credo che ci sia una colpevolezza di fondo nella latitanza del Ministero dell'ambiente e del Ministero delle attività produttive - quale vincolo si è posto a tantissime aziende ricomprese nei perimetri dei siti di interesse nazionale. Abbiamo un Governo che ha in mano delle deleghe e che non le esercita su materie così complesse e delicate: in questi anni, nessuna norma è stata adottata, anche se ci sono state numerose sollecitazioni non solo da parte dei deputati del centrosinistra, ma anche delle rappresentanze delle forze sociali e imprenditoriali di questo paese, per consentire che al disinquinamento di queste aree importanti del paese si possa procedere anche con incentivi di carattere fiscale che motivino l'imprenditore, che si è trovato su un sito che non ha inquinato, a potervi intervenire per rendere finalmente di nuovo produttive aree importanti e spesso strategiche per il paese.
Voglio poi intervenire su due aspetti, forse di carattere più locale, ma che rendono bene il senso di un provvedimento fatto dimostrando disattenzione ai problemi esistenti. Signor Presidente, il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno proposto da alcuni colleghi di maggioranza che riguarda il credito di quasi 2 miliardi di euro che la mia regione, il Friuli-Venezia Giulia, vanta nei confronti dello Stato. Si tratta di un credito maturato in questi anni a fronte di un disimpegno dello Stato, che non ha voluto trasferire le quote di competenza della regione al bilancio regionale, mettendolo in difficoltà, privando i cittadini della regione Friuli-Venezia Giulia di risorse che sono di loro competenza.
In tale contesto, il Governo non è stato nemmeno capace di accettare quell'ordine del giorno con il quale si chiedeva unicamente di aprire un confronto per rientrare dal debito, come se vi fosse la necessità di un accordo per eliminare tale fenomeno che rappresenta un dato di fatto (le normative, inoltre, prevedono che i trasferimenti avvengano in maniera coerente).
Ritengo, inoltre, privo di ogni giustificazione il mancato accoglimento dell'ordine del giorno riguardante il cosiddetto fondo Trieste e Gorizia, in ordine al quale sono state tagliate risorse, che competevano a quei territori, già assegnate ed attribuite; risorse che sono già state spese dai beneficiari, i quali, a loro volta, stanno attendendo l'incasso da parte dello Stato. L'incasso a favore dei soggetti beneficiari è, tuttavia, reso impossibile dal provvedimento che ha tagliato le risorse iscritte a bilancio.
Credo che non sia questo il metodo per gestire la finanza pubblica, poiché si fa in modo che lo Stato rappresenti unicamente
una controparte rispetto alle amministrazioni, alle istituzioni, alle imprese ed ai cittadini e non un partner che pensa allo sviluppo. Credo, inoltre, che questa sia un'immagine con la quale il Governo ben conclude la legislatura, dimostrando una certa disattenzione soprattutto nei confronti dei problemi economici e sociali del paese!
Le grandi strategie non esistono e, rispetto alle questioni sottolineate dal territorio, vi sono orecchie disattente (non mi riferisco ai sottosegretari di turno che, magari, avrebbero anche la buona volontà di affrontare le questioni sollevate); manca, inoltre, una visione generale che possa aiutare questo paese ad uscire dalla spirale in cui è stato introdotto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, il gruppo dei Socialisti democratici italiani è totalmente d'accordo con il Presidente Casini, soprattutto quando ha sostenuto che si poteva governare meglio questo paese. Siamo convinti di ciò, perché dai dati con i quali ci confrontiamo emerge l'incapacità e l'insipienza di questo Governo relativamente all'obiettivo di fare uscire il nostro paese da una situazione di grave difficoltà economica, sociale e politica.
Credo che anche tanti parlamentari del centrodestra siano convinti dell'affermazione del Presidente della Camera e la dimostrazione pratica e plastica di ciò è che questo Governo ha dovuto, di fatto, porre la questione di fiducia anche su tale provvedimento; il che dimostra che il Governo era consapevole di non disporre di una maggioranza politica all'interno di quest'aula. E non solo i parlamentari del centrodestra sono convinti delle difficoltà che questo Governo ha creato ai cittadini italiani; ne sono convinti gli stessi cittadini italiani, che sono stufi delle chiacchiere e delle barzellette che questo Governo e questo Presidente del Consiglio sistematicamente esterna nelle sue trasmissioni televisive.
La gente non è più ricca, ma è più povera e ciò sta a dimostrare che il Presidente del Consiglio ed il Governo non conoscono il paese reale e che i cittadini italiani ormai sono stufi delle chiacchiere di questo Presidente del Consiglio.
Come dicevo, i dati sono sotto gli occhi di tutti: aumenta il debito pubblico e il disavanzo, non vi è crescita, anzi il nostro paese è quello che cresce meno rispetto ai paesi dell'Unione europea. È un paese che non ha più competitività, è un paese che non investe sulla ricerca e sulla formazione permanente, è un paese che ormai ha fatto perdere la fiducia perfino ai cittadini italiani. Fiducia che sarà difficile riconquistare, ma che sicuramente il Governo di centrosinistra nella prossima legislatura riconquisterà, perché darà agli italiani la certezza della crescita e delle grandi opportunità che l'Italia ha insite nella sua storia, nella sua cultura, nella sua professionalità e nella sua fantasia.
Il provvedimento oggi al nostro esame è contraddittorio dal primo all'ultimo articolo, è un provvedimento che nelle sue intenzioni vorrebbe diminuire l'elusione e l'evasione fiscale. In realtà, è un testo contraddittorio per quanto concerne la costituzione della società per i tributi, nel tentativo di attribuire maggiore responsabilità agli enti locali ben sapendo che nella manovra finanziaria saranno proprio gli enti locali ad essere penalizzati. Vi saranno tagli soprattutto con riferimento alle politiche sociali, che incideranno inevitabilmente sui ceti più deboli della nostra società, rendendo ancora più evidente lo sfilacciamento già esistente all'interno del tessuto sociale.
Questo Governo non è stato in grado di fornire risposte, in quanto ha pensato semplicemente ad arricchire i ricchi e a far diventare più poveri i poveri del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista e Margherita, DL-L'Ulivo)!
Come si può pensare, in un provvedimento nel quale si tenta di ridurre l'elusione
e l'evasione fiscale, di inserire la cosiddetta «legge mancia» per i parlamentari dei collegi? Non vi rendete conto che avete votato una riforma elettorale, una legge sciagurata oggi in discussione al Senato, che cambia il sistema elettorale e, quindi, anche il meccanismo dei collegi uninominali. Ebbene, nonostante ciò, inserite in questo provvedimento interventi per i collegi, facendo riferimento a somme che potrebbero essere destinate alle attività sociali che ancora oggi non coprite. Prevedete tagli sulla ricerca in agricoltura, sulla scuola con particolare riferimento ai disabili, sul made in Italy, sull'energia e sulle carceri. Ritengo si tratti di un problema grandissimo, che ormai è all'attenzione di tutti e che farà esplodere contraddizioni enormi all'interno della nostra società. E per tutta risposta, voi date delle «mance» mance laute, come ad esempio l'esenzione dall'ICI per gli istituti commerciali religiosi. Ebbene, è questa la politica che volete attuare per risanare il paese, o non sarebbe stato più opportuno che su questo decreto-legge in cui si discute delle specificità, delle possibilità di intervenire sui tagli e del rilancio del sistema della finanza pubblica e quindi dell'economia del paese, vi fosse stato un confronto serio con l'opposizione?
Sarebbe stato necessario un confronto responsabile, che non avete voluto intraprendere, perché avete la necessità di tentare di realizzare una manovra squisitamente elettorale, per cercare di ridurre quello che ormai è un dato certo: la sconfitta nel 2006 (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)! Vedete, neppure con questo provvedimento e con la legge finanziaria i cittadini italiani vi crederanno e il 2006 segnerà la rivincita del centrosinistra e dei cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Il collega ha espresso le sue opinioni e anche i suoi presagi: non ve la prendete...
CESARE CAMPA. Auguri!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariotti. Ne ha facoltà.
Anche lei fa qualche vaticinio...?
ARNALDO MARIOTTI. Signor Presidente, i Democratici di sinistra esprimeranno voto contrario sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005, e lo faranno certamente nel merito, per il contenuto del provvedimento, ma anche, signor Presidente, per il metodo con cui conduciamo i nostri lavori. Ritengo che l'esigenza di levare una voce da parte nostra per difendere la dignità del Parlamento possa essere da lei condivisa, dal momento che è sempre attento alla dignità della Camera.
Votiamo contro, dopo aver votato «no» alla fiducia posta dal Governo, e quindi al Governo stesso. Lo facciamo perché ci troviamo di fronte ad un provvedimento pasticciato, confuso, contraddittorio nei suoi contenuti. Si tratta di un provvedimento che ha rimesso insieme una serie di decreti, nel tentativo, a mio avviso disperato in quanto a tutt'oggi non conosciamo il quadro macroeconomico in cui stiamo operando, di correggere i conti, che sono fuori controllo, per il 2005, e di introdurre una manovra correttiva per il 2006, con l'illusione - in questo caso il termine è particolarmente appropriato - di rispettare quanto concordato dal Governo Berlusconi e dal ministro dell'economia e delle finanze con il Consiglio Ecofin e con la Commissione europea. In virtù di tali accordi, dobbiamo riportare il deficit nel 2005 al di sotto del 4,3 per cento, per poi scendere al di sotto del 3,8 per cento nel 2006 e raggiungere il 2,7 - dunque entro il parametro del 3 per cento - nel 2008.
Si tratta, naturalmente, di un percorso che può realizzarsi se sappiamo da dove partire, e a tutt'oggi - parlo anche in qualità di componente della Commissione bilancio - abbiamo iniziato il dibattito sulla legge finanziaria in assenza dei membri del Governo competenti per l'economia, vale a dire del ministro e del viceministro.
Pare che oramai sia diventata un'abitudine, quella di fuggire dal dibattito da parte dei rappresentanti del Governo competenti nella materia di bilancio.
Non è la prima volta: vorrei ricordare, per esempio, che questa Assemblea ha approvato il rendiconto per il 2004 alla presenza «casuale» del sottosegretario Aprea, cosa che ha consentito appunto che la Camera esaminasse quel provvedimento.
Ebbene, noi diciamo che questo decreto-legge difficilmente potrà ottenere gli obiettivi in termini di correzione dei conti che si intendono raggiungere. Intanto, perché la situazione dinanzi a noi è quella che conosciamo tutti: infatti, si registra un debito pubblico che continua a crescere, dopo dieci anni di continuo decremento, vanificando così tutto lo sforzo compiuto per risanare e per ridare anche una base di partenza a questo paese sul piano economico e finanziario.
Questo decreto-legge è «pasticciato»: un elemento positivo era sì contenuto nel suo testo, ma è stato in qualche modo venduto politicamente. Si prevedeva infatti la copertura finanziaria per la previdenza integrativa: mentre il Parlamento si cimentava in tal senso, il Governo, per tutelare gli interessi della famiglia Berlusconi, ha «bloccato» la riforma per l'attuazione della previdenza integrativa, dal momento che occorreva difendere gli interessi delle assicurazioni. È questa la realtà! Tale elemento positivo è stato di fatto «scippato» al Parlamento: questo è avvenuto anche per altri aspetti.
Guardate, molti colleghi della maggioranza affermano di volere esprimere un voto favorevole alla conversione in legge di questo decreto-legge. A tali colleghi, vorrei sommessamente ricordare che abbiamo dinanzi un «malloppo» di emendamenti presentati al disegno di legge finanziaria, quattromila e settecento, dei quali duemila e venticinque sono sottoscritti da parlamentari della maggioranza. Molti di questi emendamenti tendono a modificare il testo del decreto-legge sul quale vi accingete ad esprimere un voto favorevole. Dovete mettervi d'accordo con voi stessi! Se questo decreto-legge è opportuno, non si capiscono le ragioni che stanno alla base della presentazione di emendamenti correttivi. Sapete poi che si tratta di propaganda, perché, probabilmente, anche sulla legge finanziaria vi sarà un voto di fiducia. In tal modo, però ancora una volta il Parlamento è stato zittito.
Si comprime la spesa nell'anno in corso e la si fa «scivolare» all'anno successivo. Oramai, siamo comunque arrivati alla fine, perché per l'anno successivo non avrete la possibilità di continuare con la propaganda, essendoci le elezioni. Per questo, gli elettori sapranno fare i conti e farvi pagare il prezzo del vostro malgoverno.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi, dice, a destra e a manca, di aver rispettato integralmente il programma sottoscritto davanti a Bruno Vespa, ed anche quello presentato, in modo più ridotto, dinanzi a questo Parlamento.
Credo che occorra credere alle cose che dice il Presidente del Consiglio. È vero: è stato applicato integralmente il programma della Casa delle libertà e del Governo Berlusconi ed i risultati sono quelli che abbiamo di fronte nel paese. I conti sono fuori controllo, l'economia in stagnazione, se non in recessione. Se chiuderemo l'anno 2005 registrando lo 0,2- 0,1 per cento in termini di crescita, metteremo le bandiere italiane ai balconi per festeggiare! Quindi, abbiamo un paese in affanno, con i conti fuori controllo e con una crisi industriale che sta distruggendo il tessuto produttivo. Vi è una competitività del sistema Italia che è a livelli bassissimi, quasi di terzo mondo.
Si registra poi l'incremento della povertà: sei milioni di cittadini italiani sono al di sotto della soglia di povertà. Guardate, questi cittadini non sono i cosiddetti clochard, che vivono sotto i loggioni. Sono i rappresentanti dell'ex ceto medio: lavoratori con una loro dignità ed una loro storia. È gente che ha perso il posto di lavoro e non ha alcun sostegno da parte dello Stato, non potendosi avvalere degli ammortizzatori sociali. Si tratta di una
povertà di ritorno. È una povertà che si va ad insediare in fasce sociali che non hanno mai conosciuto il brutto effetto di non avere i soldi per arrivare alla quarta settimana del mese. Tale situazione, chiaramente, è il risultato di un malgoverno che voi avete portato avanti nel corso di questi anni.
In questi giorni sono state dette anche altre cose. A tale riguardo, mi rivolgo a lei, caro Presidente, che, oltre ad essere un difensore della dignità del Parlamento, è anche un parlamentare di lungo corso nonché un grande liberale: le cose che sto per dire assumono quindi un senso nell'ambito del rapporto di interlocuzione con la Presidenza della Camera.
PRESIDENTE. Onorevole Mariotti, le sono grato di questo.
ARNALDO MARIOTTI. Il Presidente della Camera ha recentemente affermato che è finito il tempo delle illusioni e che non è più il tempo degli illusionisti. Credo che quando certe affermazioni provengono da colui che ricopre la terza carica dello Stato sia difficile sdoppiare il comizio di un capopartito dall'intervento svolto da chi è Presidente della Camera. L'onestà intellettuale e la funzione di Presidente della Camera impongono che sia chiarito chi è l'illusionista e quale effetto ha determinato l'illusionismo nel paese.
Noi sappiamo che cos'è l'illusionismo: il problema è che vogliamo che ciò sia detto con chiarezza anche al paese. L'illusionismo è quello che voi della Casa delle libertà avete praticato, tutti quanti insieme, in questi anni. Avete promesso un miracolo economico e, come sostiene qualche amico mio, avete sostenuto che i maiali hanno quattro prosciutti (in pratica, maiali tutti formati da prosciutto); oggi, invece, ci si accorge che il maiale è composto da tanti pezzi per cui non si può dare il prosciutto a tutti...
PRESIDENTE. Non solo i maiali, ma anche...
ARNALDO MARIOTTI. Questa è l'illusione che oggi è stata scoperta. Con l'illusionismo si tende a fare una campagna propagandistica per cercare, ancora volta, di convincere gli italiani a sbagliare nuovamente. Ma questa volta, credo che la chiarezza che noi avremo la forza di garantire di fronte al paese farà in modo che i cittadini italiani non commettano un nuovo errore. Conseguentemente, la Casa delle libertà, dopo il voto elettorale del prossimo anno, sarà all'opposizione nel paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, la discussione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge del 30 settembre 2005, n. 203, recante misure correttive dell'andamento del trend dei conti pubblici per l'anno 2005, va congiunta strettamente al dibattito, in corso in Commissione bilancio, sul disegno di legge finanziaria per l'anno 2006, approvato in prima lettura dal Senato.
Siamo di fronte a due provvedimenti che, nella loro sintesi unitaria e complessiva, disegnano il volto della manovra finanziaria che il Governo ha predisposto per il nuovo anno. Siamo, pertanto, nella condizione di poter esprimere un giudizio sufficientemente completo su entrambi i provvedimenti e, conseguentemente, anche un giudizio politico sulle linee di politica economica che il Governo intende seguire.
Il nostro è un giudizio fortemente critico, negativo e preoccupato per le sorti della finanza pubblica e dei suoi delicati equilibri, per la rispondenza a verità dei dati prefissati in ordine alla crescita del prodotto interno lordo e al contenimento, nel rispetto dei parametri di Maastricht, del deficit pubblico.
Il nostro giudizio è anche negativo sulle misure che il Governo, sorretto dalla sua maggioranza parlamentare, intende adottare per ridare fiato ed ossigeno ad una condizione economica del paese che, su diversi aspetti, denota «spie rosse» preoccupanti
che indicano una profonda crisi e una sostanziale stasi economica, nonché su una situazione sociale che vede sempre di più impoverite le famiglie le quali incontrano notevoli difficoltà a giungere alla fine del mese.
Da questo punto di vista, sento il dovere di sottolineare che il nostro giudizio sul decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, è assolutamente negativo.
Siamo di fronte ad una manovra finanziaria che tende a scaricare sul sistema dei governi regionali e delle autonomie locali una serie di scelte che, a livello statale, non sono assunte per tentare un gioco furbo, ma, francamente, squallido e anche scoperto di scarico della responsabilità politica. Il taglio dei trasferimenti e delle risorse assegnate alle regioni e gli enti locali, inevitabilmente, costringe ad un incremento dell'imposizione del livello della pressione fiscale, a partire dalla sfera dei governi regionali e locali. Ma vi è di più.
Vi è una serie di decurtazioni di risorse e di attribuzioni finanziarie per la spesa sociale per venire incontro a settori assolutamente vitali della nostra comunità in cui più forti dovrebbero essere l'attenzione e la tutela dei principi di solidarietà e di rinnovata socialità.
Vi è poi una vera e propria paralisi nella politica infrastrutturale del paese. Siamo di fronte all'ultimo percorso di una legislatura partita nel segno di grandi proclami, di grandi slogan e di ambiziosissimi e mastodontici programmi di ammodernamento infrastrutturale del nostro intero territorio nazionale.
Con questa manovra finanziaria, sostanzialmente, siamo di fronte....
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Iannuzzi, se la interrompo. Vorrei pregare i colleghi che fanno capannello di parlare con discrezione e rispetto nei confronti di chi sta intervenendo, rivolgendosi a tutti e non a se stesso. Lo dico, onorevole Iannuzzi, perché sta esprimendo concetti che forse, se fossero ascoltati, non farebbero male ad alcuno...
TINO IANNUZZI. Grazie, Presidente.
Siamo, soprattutto, di fronte ad una serie di misure che colpiscono duramente il sistema degli investimenti infrastrutturali e delle spese dell'ANAS e delle Ferrovie dello Stato. Di conseguenza, l'intero settore del trasporto stradale, autostradale e ferroviario, alla faccia degli intendimenti e degli slogan del Presidente del Consiglio e del ministro delle infrastrutture, viene duramente penalizzato e mortificato.
In questo decreto-legge abbiamo anche una norma specifica, l'articolo 6-ter, che, attraverso un sistema incomprensibile, pasticciato, confuso, di difficile, se non impossibile, funzionamento, disegna un meccanismo di scatole cinesi per cercare di trasportare l'ANAS al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione. Apre la via ad una privatizzazione confusa, strisciante, selvaggia, di tratte non ancora precisate del sistema stradale e autostradale la cui identificazione è rimessa ad un atto di indirizzo del Ministero dell'economia. Un sistema di società a prevalente partecipazione pubblica o privata, legata all'ANAS da meccanismi, anche dal punto di vista giuridico e normativo, del tutto inattendibili ed assolutamente confusi nella delineazione che ne fa il legislatore, a fronte della quale vi è però la previsione di una riduzione consistente dei trasferimenti dell'ANAS.
Sappiamo che, per il 2005, per la capacità di liquidità e di cassa dell'ANAS, occorrevano un miliardo e 200 milioni di euro, che a tutt'oggi non sono stati ancora assegnati. Per il 2006, con riferimento alla liquidità di cassa, corrispondente al pagamento dei lavori già in corso, che, quindi, verranno ad essere completamente eseguiti e contabilizzati nei prossimi mesi (non si tratta di nuovi investimenti), l'ANAS avrebbe bisogno di 3 miliardi e 600; l'assegnazione nella finanziaria è di appena un miliardo e 700.
Sappiamo che per gli investimenti già previsti per le nuove opere nella legge obiettivo, ma anche nel contratto di programma tra ANAS e Ministero, quindi per quanto riguarda la manutenzione, la gestione, la sicurezza della rete stradale
ordinaria, a fronte dei 2 miliardi necessari nelle previsioni, vi è uno stanziamento di appena 100 milioni di euro.
E la situazione è ancora più delicata e grave per quanto riguarda le Ferrovie. Infatti, siamo di fronte ad un investimento complessivo sulla linea dell'alta velocità ferroviaria di 2 miliardi e 200 milioni di euro, assolutamente insufficiente, ed a tagli durissimi per quanto riguarda la rete ferroviaria ordinaria, che subisce decurtazioni per gli investimenti già programmati, per i pagamenti per i lavori in corso e per il contratto di servizio tra le Ferrovie ed il Ministero; anche in questo caso, si tratta di interventi su manutenzione, ammodernamento, adeguamento tecnologico, potenziamento della rete ferroviaria ordinaria e tutela della sicurezza della circolazione ferroviaria.
Siamo, quindi, di fronte ad un complesso di misure che segnano il blocco della politica infrastrutturale del paese. Lo si fa colpendo le Ferrovie e l'ANAS, che, notoriamente, sono i principali soggetti che hanno il compito di curare e realizzare commesse di lavori pubblici in tutto il paese. Particolarmente e pesantemente viene colpito, tagliato, penalizzato e mortificato il Mezzogiorno. In tutto questo quadro, si continuano a enunciare programmi di ambiziosissime realizzazioni laddove, invece, la condizione della politica infrastrutturale del paese segna un bilancio totalmente negativo, in rosso, rispetto alla manovra configurata dalla legge finanziaria.
Sottolineo che con questo decreto fiscale, con le modifiche apportate dal Senato e blindate in maniera miope dal Governo in fase di seconda lettura alla Camera, si colpisce duramente anche l'unico istituto che in tutto il paese e in tutte le valutazioni politiche degli operatori economici e sociali aveva funzionato in maniera straordinariamente positiva dal 1998 ad oggi: mi riferisco alle agevolazioni fiscali ai fini IRPEF, con l'IVA agevolata per i lavori di ristrutturazione edilizia. Tale agevolazione è stata impiegata in ben 2 milioni 300 mila fattispecie dal 1998 ad oggi, contribuendo a modernizzare il patrimonio immobiliare urbano ed a recuperare l'edificato esistente, fortemente inadeguato. A tale proposito sottolineiamo il fatto che una politica di contenimento della nuova edificazione (che significa maggior consumo di territorio, ambiente, paesaggio, natura e maggiori costi sociali) si può realizzare innanzitutto con una politica attiva di recupero, di ristrutturazione e di riadeguamento del patrimonio abitativo immobiliare esistente. Si tratta di una misura che, tra l'altro, ha dato grande respiro allo sviluppo dell'edilizia e dei settori produttivi collegati, ai livelli occupazionali che vi sono connessi, alla riemersione di aree importanti di economia sommersa e di lavoro nero irregolare, una misura che, nonostante la cecità del ministro Tremonti, sostanzialmente si autofinanza, visto che i minori introiti per le agevolazioni fiscali sono abbondantemente compensati e interamente colmati dal maggior numero di interventi edilizi che vengono realizzati e, soprattutto, dal maggior numero di lavori che vengono sottoposti a prelievo fiscale, contribuendo a riportare l'emersione alla ufficialità.
Ebbene, con questo decreto-legge, l'aliquota dell'IVA su quei lavori edilizi viene riportata al 20 per cento; il Governo rinuncia a svolgere un'azione anche in sede di Unione europea per avere la proroga e la riconferma delle agevolazioni almeno per il 2006 e tutto questo non è casuale: dall'inizio della legislatura abbiamo dovuto combattere faticosamente, soprattutto attraverso proposte promosse dal gruppo della Margherita, per evitare che questa esperienza terminasse e si bloccasse. Di volta in volta, siamo andati incontro a proroghe per periodi di tempo circoscritti e limitati, strappate al Governo e al Ministero dell'economia per consentire la prosecuzione di una misura che andasse nella direzione virtuosa di utilizzo della leva fiscale, la quale non può avere obiettivi indistinti, neutrali o indifferenti, ma deve porsi obiettivi virtuosi, mirati a grandi realizzazioni di trasformazione economica, di rinnovamento sociale, di tutela di uno sviluppo sostenibile.
Da questo punto di vista, anche il decreto-legge in esame interviene con la mannaia dell'eliminazione dell'IVA agevolata e ciò la dice lunga rispetto alla volontà politica di un Governo che continua a fare danni a 360 gradi al paese, al Mezzogiorno in particolare, e rispetto al quale l'appello che si prospetta, per scadenza naturale del Parlamento, alle urne, al giudizio democratico è salvifico per l'equilibrio politico, ma soprattutto per un paese che non ne può più di una politica economica così negativa e fallimentare (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Susini. Ne ha facoltà.
MARCO SUSINI. Signor Presidente, vorrei soffermarmi sul tema della portualità, la cui situazione, anche guardando ai contenuti della legge finanziaria in corso di approvazione, è a dir poco estremamente preoccupante.
Emerge, infatti, un quadro critico che riguarda più aspetti, di cui quello più grave e acuto è senz'altro il blocco dei finanziamenti alle autorità portuali: non solo non vengono previsti, come sarebbe necessario, rifinanziamenti per i porti italiani, ma viene mantenuto assurdamente per il biennio 2006-2007 il vincolo alle spese infrastrutturali del 2 per cento sull'anno precedente.
A nostro giudizio, le autorità portuali avrebbero dovuto essere escluse dall'elenco degli enti cui si applica tale vincolo; diversamente, siamo certi che si bloccheranno tutti gli investimenti produttivi nei porti, persino i mutui già accesi. Tale situazione accrescerà ancor più il divario tra i porti italiani e gli altri scali del Mediterraneo e del nord Europa, che, invece, continuano ad usufruire di ingentissime risorse pubbliche. A nostro avviso, vi è invece un bisogno assoluto di una nuova e mirata - peraltro, nemmeno costosissima - opera di innovazione infrastrutturale per i porti italiani; porti che - lo sanno bene tutti gli operatori del settore - hanno ormai esaurito la spinta propulsiva che si era determinata prima con la legge n. 84 del 1994 e poi - soprattutto - con la strategia dell'attenzione che si era riversata verso i porti e verso l'economia del mare durante la stagione del centrosinistra.
Oggi si registra una stagnazione dei traffici, specialmente nel settore dei container; stagnazione ancor più preoccupante se confrontata con la crescita a due cifre della portualità spagnola, di quella francese e di quella dei grandi scali nordeuropei. Il blocco degli stanziamenti, paradossalmente anche di quelli già oggetto di mutui - mutui sui quali, dunque, lo Stato paga gli interessi senza utilizzare le risorse -, sta addirittura impedendo ad alcune autorità portuali di far fronte a servizi essenziali e delicatissimi, come, ad esempio, quelli relativi alle opere di security contro il terrorismo. È stato calcolato che l'entità dei fondi congelati non impiegabili per la realizzazione di nuove infrastrutture portuali raggiungerebbe la quota consistente di un 1,5 miliardi di euro ed è stato, altresì, valutato che tale blocco sta paralizzando, in quasi tutti i principali porti del nostro paese, opere assolutamente decisive. In alcuni di questi casi, si prospetta una vera e propria corsa contro il tempo per non cadere nelle more del decreto «salva spese» e poter, perciò, appaltare gli interventi entro fine anno.
È anche questo stato di incertezza, insieme con lo stallo normativo ed istituzionale in cui versano colpevolmente le presidenze di alcune autorità portuali - e, tra tutte spicca il clamoroso caso di Livorno -, che condiziona negativamente le scelte di insediamento dei grandi container carrier: questi ultimi, infatti, finiscono spesso per optare per alternative portuali forse meno convenienti ma sicuramente disponibili in tempi certi. Ed è sempre questa incertezza che condiziona, più in generale, gli investimenti privati nel settore.
Se questo è il quadro, non è casuale che per la prima volta tutte le categorie del comparto portuale - è stato un fatto davvero inedito -, dalle authority agli
agenti marittimi, dagli armatori alle organizzazioni sindacali, abbiano sentito il bisogno di rivolgere unitariamente un grido di allarme per denunciare la perdita di competitività dei porti italiani e per denunciare, altresì, il rischio di una loro progressiva, dura emarginazione dai grandi flussi dello shipping mondiale.
Si è voluto quindi denunciare, da parte di tutti gli operatori e delle organizzazioni dei lavoratori, le gravi carenze e le gravi sottovalutazioni della politica economica del Governo verso un settore strategico per l'economia del paese, considerato che esso concorre per circa il 2,3 per cento al prodotto interno lordo e tenuto conto che l'80 per cento del volume complessivo dell'import-export è movimentato attraverso gli scali portuali, chiamati ad intercettare le correnti di traffico che - lo sappiamo bene - in misura sempre più esponenziale passeranno attraverso la rotte del Mediterraneo.
Vedete, per rilanciare la portualità italiana occorrerebbero senz'altro più risorse, ma non cifre iperboliche; sarebbe necessario imprimere una spinta, come quella che seguì alla legge n. 412; sarebbe sufficiente un programma minimo di infrastrutture per far compiere un balzo di qualità alla portualità nazionale.
Ciò che invece risulta incredibile è che si faccia il contrario. Infatti, si bloccano le risorse già stanziate, si addossano alle authority gli oneri finanziari dei mutui contratti che le stesse authority non possono spendere, e si aggrava anche la situazione delle autorità portuali, poiché non si risolve il contenzioso relativo al pagamento dell'IVA sui canoni di concessione e si tagliano le spese correnti, incidendo direttamente, come ho precedentemente affermato, sulla sicurezza e sull'operatività quotidiana dei nostri scali.
Vorrei infine osservare che, nell'ambito del disegno di legge finanziaria per il 2006, non è stato previsto il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per i lavoratori che operano in tale settore, nonché nelle imprese escluse dal registro generale. A tale proposito, è indispensabile, a nostro giudizio, rifinanziare la cassa integrazione in deroga, se non si vuole che i porti piombino in una crisi di natura sociale difficilmente governabile.
Insomma, anche per la portualità italiana, il bilancio di cinque anni di governo del centrodestra fa registrare un fallimento clamoroso: l'evidentissima caduta d'attenzione verso l'economia del mare e la sistematica destrutturazione della logica di programmazione che presiedeva il piano generale dei trasporti, approvato durante la stagione del centrosinistra, ne sono la riprova più lampante.
Vorrei osservare che, anche se attuato parzialmente, il piano generale dei trasporti avrebbe consentito all'Italia di cogliere quelle opportunità che nascono dalla ritrovata centralità del Mediterraneo quale principale centro di scambi nell'arena mondiale; assistiamo, invece, al paradosso di un sistema economico e produttivo in evidente declino all'interno di un contesto che, al contrario, cresce e può crescere ancora, e molto.
In questi cinque anni, il Governo in carica ha «vivacchiato» sulla base del lavoro svolto, nella precedente legislatura, dai ministri Burlando e Bersani. Ricordo che si è in parte rifinanziato, attraverso la legge n. 166 del 2002 e la legge n. 413 del 2001, il settore in questione; tuttavia, le somme assegnate hanno subito, e subiscono tuttora, le vicissitudini di cui prima ho abbondantemente parlato. Si è istituita la tonnage tax: anche se si tratta di una scelta positiva, vorrei tuttavia rilevare che il decreto attuativo del ministero competente non è stato ancora adottato.
Si sono completamente abbandonati, inoltre, i provvedimenti riguardanti la cantieristica, e si sono altresì ridotte del 30 per cento le risorse destinate agli sgravi dei contributi per i naviganti. Si è provveduto, infine - di questo ne abbiamo discusso più volte, signor Presidente, anche in questa Assemblea -, ad occupare manu militari i porti, attraverso i commissariamenti, facendo saltare con forzature evidentissime, sancite persino da sentenze della Corte costituzionale, le regole della concertazione istituzionale! Clamoroso, a tale riguardo, è il caso di Livorno,
la cui autorità portuale è stata commissariata, per ben due volte, dal 2003 ad oggi. Vedo che il Presidente mi ammonisce, forse perché è pisano...
PRESIDENTE. Anche se provo amore per Livorno, ciò è noto...!
MARCO SUSINI. Ebbene, in tal modo sono stati arrecati danni ingentissimi alle attività ed alle prospettive di quel porto! Si tratta di una situazione disastrosa, di cui portano l'intera la responsabilità il Governo e, segnatamente, il ministro Lunardi, il quale si è comportato da re travicello, nonché il ministro Matteoli, il grande regista di questa disastrosa operazione!
La verità - e concludo, signor Presidente - è che, anche considerando il settore delle infrastrutture e dei trasporti, si è «sfracellata» la strategia di politica economica condotta, in questi ultimi anni, dal Governo. Si è trattato di una linea ideologica, confusa e, per certi aspetti, demagogica e populista, come ha rilevato anche - parliamoci chiaro! - il Presidente della Camera. Mi riferisco alla strategia del meno Stato, meno tasse, meno Europa e meno relazioni sociali!
Si è trattato di una linea perdente, che ha contribuito ad indebolire il paese, che lo ha reso...
PRESIDENTE. Onorevole Susini, concluda!
MARCO SUSINI. ... più fragile e più esposto, e che ha altresì prodotto disastri nella tenuta dei conti pubblici!
Toccherà al centrosinistra, quando tra poco governerà nuovamente il paese, rimediare ai vostri danni e far ripartire, finalmente, l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Susini: vorrei rilevare che ha riscosso un successo di pubblico e di critica straordinario!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
Onorevole Frigato, rivolgo tanti auguri anche a lei: immagino che, in quella zona, si sia un po' più moderati...
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, debbo dire che intervenire in quest'aula con la sua guida e sotto la sua Presidenza è sempre un fatto positivo, perché la sua capacità di stemperare - spesso - le situazioni ci aiuta notevolmente.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizio il mio intervento richiamando un titolo di molti - se non di tutti - giornali di questi giorni, che hanno voluto riportare un'affermazione del Presidente Casini con la quale egli ha sostanzialmente affermato che l'Italia è stanca di illusionismi. Voglio subito dire che condivido, fino in fondo, tale affermazione. Ha ragione il Presidente Casini, perché negli ultimi anni, obiettivamente, di illusioni ne sono state vendute parecchie ed il problema credo sia individuare l'illusionista, ossia chi pratica l'illusionismo e propone continuamente le illusioni. Ahimè, il Presidente Casini ha avuto grande coraggio nel denunciare la malattia; mi sembra che abbia avuto un po' meno coraggio nell'individuare la causa di tale malattia. Sono, tuttavia, fiducioso che il Presidente Casini voglia ritrovare, nelle «prossime puntate», la capacità, la forza ed il coraggio per aprire gli occhi all'Italia e dire che le illusioni, oltre che rappresentare un elemento grave, una malattia pesante, vanno combattute alla base e vanno sradicate proprio nella persona che le produce e che fa delle illusioni stesse il suo mestiere e la sua bandiera.
Per quanto riguarda il provvedimento, signor Presidente, credo che, essendo ormai arrivati al quinto anno di Governo - questa è la quinta manovra finanziaria che il Governo ci propone -, siamo nelle condizioni di fare un bilancio di natura più generale. Vorrei svolgere un paio di considerazioni: una di metodo ed una più di sostanza. Quella di metodo la voglio evidenziare partendo dalle manifestazioni
cui abbiamo assistito tutti - alcuni di noi vi hanno anche partecipato - venerdì scorso, indette per lo sciopero generale, proprio per evidenziare le carenze ed anche i pericoli di questo disegno di legge finanziaria. È stato, dal mio punto di vista, un grido di disagio e di sofferenza che si è levato da più parti, da larghi strati della nostra popolazione e che ha voluto denunziare i contenuti del disegno di legge finanziaria ed - a mio avviso - anche il modo con il quale il Governo continua ad agire, a fare ed a non fare, ad andare avanti, non curante che il paese c'è, che nel paese vi sono le categorie economiche, che nel paese vi sono i sindacati, che il paese è ricco di quei corpi sociali intermedi che sono, dal mio punto di vista, un patrimonio straordinario di ogni ordinamento complesso e di ogni democrazia moderna.
Le parole del Presidente del Consiglio, che ha voluto definire «assolutamente inutile» tale sciopero mi pare siano una testimonianza dell'arroganza e della pericolosa sufficienza con le quali il Governo continua ad agire. Noi - lo faccio a nome del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo - vogliamo rilanciare il valore della concertazione quale metodo per governare i processi e quale valore di un paese, di chi sa mettere insieme un paese che, soprattutto nelle difficoltà, credo abbia bisogno di trovare elementi di sintesi, abbia bisogno di più ascolto, di più confronto, insomma di concertare insieme un processo, oltre che gli obiettivi.
Signor Presidente, vorremmo rassicurare i pensionati, i lavoratori, i giovani che si sono recati nelle piazze e che hanno riempito le strade del nostro paese venerdì scorso: non è vero che il loro grido di disagio e di sofferenza è inascoltato. In Parlamento vi è anche chi ritiene che il paese sia costituito da una pluralità di soggetti, che è impegnato a cogliere le differenze e ad ascoltare le proposte e che intende rendere la politica, di nuovo, il luogo della sintesi e della progettualità comune.
Detto ciò sul piano del metodo, che ritengo comunque importante, vorrei esprimere qualche valutazione sul piano del contenuto. Il titolo di questo provvedimento - come ho già avuto modo di affermare in quest'aula - recita «misure di contrasto all'evasione fiscale». Vorrei ricordare che, in questi quattro anni e mezzo di governo, se vi è stato un grande assente nelle politiche fiscali, è stata proprio la lotta all'evasione e all'elusione fiscale. Infatti, i condoni fiscali, previdenziali ed edilizi sono andati in una direzione diversa; il provvedimento sullo scudo fiscale ha premiato i furbi e la depenalizzazione del falso in bilancio, certamente, non andava nella direzione di rafforzare la legalità nel nostro paese, anche in riferimento al tema della fiscalità.
Allora, signor Presidente mi permetto di dire: ben venga, su questi temi, un vostro ravvedimento! Ma ho l'impressione che si tratti, ancora una volta, di un manifesto. Per dirla con le parole del Presidente Casini, mi sembra si tratti del pericoloso esercizio di un altro pericoloso illusionismo.
Signor Presidente, basta guardare i dati della produzione industriale, delle esportazioni, dei consumi e del turismo: purtroppo, il nostro è un paese fermo, che sembra seduto, che non riesce a rialzare la testa. Le difficoltà esistenti nei diversi comparti produttivi sono chiare ed evidenti, e sono denunciate dai rappresentanti di quelle categorie economiche. Tuttavia, pare che il Governo - come dicevo prima - non ritenga che il paese sia costituito da diversi soggetti e da diverse pluralità. Secondo il Governo, il nostro è un paese che va semplicemente comandato.
A proposito delle diverse difficoltà dei comparti produttivi, vorrei citarne un paio. Per quanto riguarda il tema dell'agricoltura, vorrei ricordare che i nostri coltivatori, proprio in questi giorni, anche a seguito dell'accordo sullo zucchero intervenuto in sede europea, non sanno assolutamente cosa seminare. Gli agricoltori e i coltivatori grandi o piccoli, che fino a ieri avevano una qualche certezza per quanto riguarda il settore bieticolo, oggi sono nelle condizioni di dover abbandonare anche
quella certezza. Il gran parlare attorno ai temi dell'utilizzo, a fini energetici, delle produzioni agricole, deve superare la convegnistica e i documenti. Ma in questa legge finanziaria ed in questi provvedimenti non troviamo alcun cenno di natura economica, né un segno di investimento, né un elemento che possa dirci non solo che state concretamente ipotizzando degli obiettivi, ma che state anche predisponendo percorsi concreti, fatti di progetti, di azione, di elementi di natura finanziaria e di investimenti.
Per non parlare del comparto delle diverse manifatture! Sappiamo quanto sia pesante il confronto dell'Italia e dell'Europa con i paesi emergenti della Cina, dell'India, solo per citare i più grandi. A tal proposito, signor Presidente, l'Europa si è data una strategia che, per comodità e per velocità, definiamo «strategia di Lisbona».
Il nostro paese, con questa finanziaria, ha fatto un elenco di grandi azioni da finanziare rispetto alla strategia di Lisbona...
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, non faccia l'elenco: dovrebbe concludere!
GABRIELE FRIGATO. Concludo, signor Presidente. Non faccio l'elenco perché è già compreso nella finanziaria. Questo elenco, purtroppo, viene finanziato soltanto con la vendita di immobili. Se pensiamo che l'ultima correzione alla finanziaria per il 2005 è stata dovuta al fatto che i seimila miliardi di lire che dovevano essere incassati dalla vendita di immobili nel 2005 non sono stati incassati, perché tali immobili non sono stati venduti, ci viene da dire - e lo diciamo con preoccupazione - che la strategia di Lisbona resterà ancora agli atti di questo Parlamento e nelle buone intenzioni: resterà, purtroppo, un'altra facile e pericolosa illusione.
Concludo, signor Presidente, ma volevo soltanto segnalare...
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, si fermi davvero! Il tempo è trascorso. Le voglio bene, ma il tempo è finito...!
GABRIELE FRIGATO. Sta bene, Presidente. La ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzarello. Ne ha facoltà.
GRAZIANO MAZZARELLO. Signor Presidente, vorrei motivare le ragioni del nostro voto contrario sul provvedimento, che sono profonde e di merito e sulle quali sono già intervenuti diversi colleghi.
Si tratta anche di ragioni di metodo, perché ci è stato impedito un confronto su temi rilevantissimi per la vita del nostro paese alle quali, successivamente, farò qualche accenno.
Persino sugli ordini del giorno facciamo passi indietro. Lo dico al rappresentante del Governo. Tempo fa, sulle questioni sottolineate, da ultimo, dall'intervento dell'onorevole Susini, riguardanti lo sblocco della possibilità di investire da parte delle autorità portuali, la Camera votò all'unanimità e il Governo accolse un ordine del giorno che impegnava il Governo ad operare in quella direzione. Se posso usare questo termine, ne fu «garante» persino il Presidente Casini, quando faceva il Presidente della Camera: ho visto, signor Presidente, che anche lei ha posto un certo problema questa mattina, se ho letto bene i giornali...
Quindi, si tratta di un ordine del giorno approvato con una significativa solennità. Ebbene, con la finanziaria e con questo decreto si continua a mantenere il blocco degli investimenti in un settore fondamentale della nostra vita economica e che rappresenta un'opportunità di sviluppo. In seguito, mi soffermerò meglio su tale questione.
Il nostro voto contrario rappresenta un'opposizione anche all'atteggiamento che avete assunto. Fate continuamente dei passi indietro anche rispetto a ciò che voi stessi, in certi momenti, magari sotto la pressione di una parte politica, affermate.
In questo caso, siamo di fronte ad una ribellione - potrei usare questo termine - non solo di tutti i presidenti delle
autorità portuali, ma anche dei rappresentanti di tutte le categorie che si occupano e che sono impegnate nell'economia del mare.
Voi, su questo aspetto, prima acconsentite, o fate finta, e poi approvate subito una correzione. Potremmo chiamarvi «quelli delle manovre correttive». Questo provvedimento è proprio di questo tipo. Tuttavia, purtroppo per il paese, esso non è in grado di correggere i problemi fondamentali e la situazione grave cui siamo arrivati: un debito alto; sviluppo zero; le famiglie dei ceti medi o medio-bassi e i giovani che mai sono stati male come in questo periodo, che mai hanno potuto verificare una diminuzione del loro tenore di vita così seria come in questo periodo, che mai hanno avuto problemi circa la sicurezza delle loro prospettive, soprattutto i giovani, come in questo periodo.
Altro che dire che non avete messo le «mani in tasca» agli italiani! Non avete fatto nessun controllo sul processo di aumento verticale dei prezzi nel paese e su ciò cercate di togliervi ogni responsabilità. L'aumento dei prezzi ha determinato un tasso di inflazione maggiore degli altri paesi europei (dato che con l'introduzione dell'euro non è accaduto così in tutti i paesi europei), ma non avete reso il fiscal drag, cioè quanto i lavoratori hanno pagato in più in termini reali a causa dell'aumento dei prezzi. Vi è una situazione gravissima, soprattutto delle famiglie giovani e dei giovani, una situazione generalizzata, per la casa, per gli affitti. Avete dimezzato il fondo sugli affitti. Costringete gli enti locali e le regioni ad aumentare le tariffe, i costi per i cittadini ed a «tagliare» i servizi.
Sono convintissimo che Berlusconi abbia applicato e raggiunto gli obiettivi del suo programma. Ripeto, sono convinto. Non lo contesto e non dovremmo farlo noi dell'opposizione. Lo ha realizzato davvero ed ha portato l'Italia in una situazione così grave e pesante che da tempo il paese non viveva!
Vi è un nodo fondamentale su cui il paese potrebbe svilupparsi ed essere competitivo a livello internazionale, perché la grande trasformazione dei commerci ci mette al centro del mondo, ma neanche su questo ci si muove, anzi si «frena». Scusate se insisto con un po' di calore, ma mi sembrano davvero occasioni ed opportunità perdute per il lavoro e per le prospettive del paese. Vorrei segnalare (lo hanno già fatto altri colleghi) che, mentre nel Mediterraneo raddoppiano, in termini di milioni, le tonnellate di merce in mare, con navi e flotte diverse, ed il numero dei contenitori che si muovono, i porti italiani non hanno registrato alcun incremento nell'anno in corso. I porti spagnoli, invece, crescono del 9 per cento e di quasi altrettanto quelli francesi.
E voi, per il secondo anno, che decisioni assumete? Decidete di bloccare ogni investimento nei porti. Il Governo ha questa responsabilità gravissima. Impedite, persino, che possano essere investiti i soldi propri. Ripeto: è una responsabilità gravissima che andrebbe corretta e voi, qualche mese fa, avete detto che l'avreste corretta, mentre oggi non lo fate e non accettate neanche l'ordine del giorno che vi propone di correggerla! Anzi, con il provvedimento in esame tagliate altre risorse nei porti, 300 milioni. Diventerà difficile anche intervenire sui grandi problemi della sicurezza, e diventerà più difficile che i nostri porti, non essendo attrezzati sul tema della sicurezza, possano commerciare con quei porti che ciò richiedono per avere linee di commercio e collegamento con l'Italia.
Inoltre, cosa aggiungete? Nel provvedimento aggiungete alcune misure sul sistema aeroportuale che portano uno «sconquasso». Non solo bloccate, frenate, fate arretrare l'opportunità che abbiamo nel sistema dei porti, ma anche nel sistema degli aeroporti provocate uno «sconquasso». Indebolite L'ENAC e l'ENAV. Certo, mettete in discussione le questioni riguardanti la sicurezza, problema serio che hanno avuto presente anche molti colleghi della maggioranza mentre ne discutevamo in Commissione,
quando ancora questi temi non erano inseriti in un decreto-legge su cui è stata posta la questione di fiducia.
Poi, date un colpo durissimo alle società aeroportuali e al sistema aeroportuale. Date un colpo durissimo a società che sono un ganglo vitale del nostro sistema logistico. Impedirete così, anche nel sistema degli aeroporti, di fare investimenti, di acquisire nuove linee di trasporto e di investire nelle infrastrutture. A questo punto, l'avete fatta completa! I nodi vitali del sistema logistico italiano rischiano di saltare in aria. Si tratta di colpi durissimi. Segnalo questo perché so che i colleghi della maggioranza in Commissione trasporti hanno ben chiaro che vi sono alcuni hub aeroportuali italiani che da questo provvedimento riceveranno un colpo durissimo, e i primi a pagare saranno i lavoratori, con licenziamenti e messa in mobilità. Vi sono poi una serie di altri aeroporti, «medi o minori», che salteranno in aria, perché non avranno più le risorse per pagare gli stipendi a chi ci lavora o per asfaltare le piste o per fare una qualsiasi azione promozionale nei confronti delle compagnie aeree. Tutto questo per fare cosa?
PRESIDENTE. Onorevole Mazzarello, la invito a concludere.
GRAZIANO MAZZARELLO. Peraltro, anche l'aeroporto di Genova, di cui noi siamo...
PRESIDENTE. Guardi, onorevole Mazzarello, che non vengo sedotto dalle sue visioni campanilistiche...!
GRAZIANO MAZZARELLO. La capisco, Presidente! Guardate, noi rischiamo grosso. Se non si corregge questo intervento che state realizzando, sul sistema degli aeroporti, colpirete - dopo aver colpito i porti - anche il sistema degli aeroporti. Tutto il sistema della logistica italiana subirà un colpo molto, molto forte, con il pericolo di licenziamenti e contraccolpi economici piuttosto significativi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stradiotto. Ne ha facoltà.
MARCO STRADIOTTO. Innanzitutto, come premessa, vorrei dire che le norme contenute in questo decreto-legge sembrano rappresentare un modo assolutamente sbagliato di legiferare. Il provvedimento in questione contiene una miriade di microinterventi che sono fuori tema rispetto all'obiettivo del provvedimento. Il provvedimento infatti, che reca il titolo «misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria», alla fine tratta una miriade di tante altre questioni. Se non erro, uno degli obiettivi programmatici del Governo era quello di semplificare, delegificare e rendere efficace la pubblica amministrazione, ma non mi pare che il modo migliore per semplificare ed aumentare l'efficienza della pubblica amministrazione sia di produrre testi legislativi come quello oggi al nostro esame.
Ho l'impressione che la maggioranza non si sia resa conto che sta costruendo un quadro normativo che genera tanta confusione e tante complicazioni, appesantendo di molto l'attività delle pubbliche amministrazioni e le attività economiche in genere, con conseguenti ricadute sui cittadini, che si trovano a godere di servizi meno efficienti e più costosi. Se vogliamo far ripartire veramente l'economia italiana e se vogliamo veramente combattere l'evasione fiscale, dobbiamo produrre norme più semplici.
Entrando nel merito del provvedimento, occorre ricordare che sono quattro anni che, in occasione dell'esame delle leggi finanziarie, sosteniamo la necessità di combattere l'evasione fiscale; lo abbiamo detto tante volte. Anche quando avete previsto condoni, concordati e la legge sul falso in bilancio: quante volte vi abbiamo detto che il modo migliore sarebbe stato quello di creare una sinergia con quelle parti della pubblica amministrazione più vicine al territorio e ai cittadini, appunto gli enti locali?
MARCO STRADIOTTO. All'articolo 1 del testo in esame, si prevede che gli enti locali partecipino al procedimento di ricerca dell'evasione. Certo, se non si fossero persi quattro anni e se in questi quattro anni non si fosse dato in più occasioni uno schiaffo al senso civico dei cittadini, molto probabilmente i risultati sarebbero stati completamente diversi e le casse dello Stato verserebbero sicuramente in una situazione di maggiore salute. Nel presente decreto-legge si prevede che ai comuni che partecipano alla ricerca dell'evasione spetti il 30 per cento di quanto viene accertato. Ciò non appare coerente con quanto abbiamo visto scritto in tanti manifesti esposti nelle nostre piazze in questo periodo, dove alcuni partiti di maggioranza non hanno fatto altro che dichiarare ai cittadini che uno dei problemi del nostro paese è quello degli sprechi effettuati dagli enti locali. Credo che questo dato all'esterno sia un messaggio sbagliato tanto è vero che, con questo provvedimento, si dimostra viceversa che c'è assolutamente necessità di lavorare insieme con gli enti locali ed in modo particolare con i comuni. È un esempio sbagliato quello per cui una parte dello Stato centrale critica una parte della pubblica amministrazione, che tra l'altro, come è stato dimostrato dalle relazioni della Corte dei conti e del Ragioniere generale dello Stato, è quella branca di pubbliche amministrazioni che meglio di altre rispetta i parametri dettati dall'Unione europea, i parametri di Maastricht.
Il testo al nostro esame è connesso alla legge finanziaria ed in tal senso è stato considerato anche una sorta di «collegato», tanto che qualche collega di maggioranza ci ha detto - nel momento in cui avete deciso porre la questione la fiducia - che vi era la possibilità, eventualmente, di correggere alcuni errori con la legge finanziaria. Ebbene, anche questo dimostra, ancora una volta, il modo sbagliato di legiferare. Tuttavia, sull'articolo 1, il quale prevede che una parte delle maggiori entrate derivanti dagli accertamenti sull'evasione fiscale spettino ai comuni, volevo far presente che è in contraddizione con quanto contenuto nella legge finanziaria. In quest'ultima, infatti, si impone un meccanismo perverso di patto di stabilità che, anziché monitorare e tenere sotto controllo i saldi - quindi la differenza fra le entrate e le spese -, pone dei vincoli solo sulle spese. Facendo in questo modo, i comuni sicuramente non saranno incentivati alla ricerca dell'evasione, perché anche qualora accertassero l'evasione - e quindi gli spettasse quel 30 per cento in più -, avrebbero poi delle risorse in più senza poterle spendere, perché i vincoli sulla spesa gli impedirebbero di erogare maggiori servizi. Spero che questo tipo di ragionamento venga accolto dai colleghi che conoscono come funzionano gli enti locali e quindi, nel momento in cui affronteremo sia in Commissione che in Assemblea l'esame della legge finanziaria, mi auguro che ci sia la possibilità di modificare questo aspetto.
Con questo meccanismo assurdo si va tra l'altro a penalizzare gli enti che sono più virtuosi, gli enti che hanno maggiori entrate proprie, senza offrire un sistema di incentivi, rispetto a quegli enti che eventualmente sprecano di più. Vi è inoltre la necessità di intervenire sull'articolo 1 perché è troppo generico, chiarendo meglio le competenze dei comuni in termini di evasione. Molta evasione da ricercare vi è soprattutto nella questione degli immobili e su questa partita credo sia di fondamentale importanza attuare il decentramento del catasto. In questo senso, molte volte ne hanno parlato anche esponenti della maggioranza, ma concretamente in questi anni non si è fatto assolutamente niente.
Infine, mi soffermo sul comma 2-bis dell'articolo 7, relativo alla famosa interpretazione sull'ICI. Tale norma prevede che alcuni immobili commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative e culturali, ricreative
e sportive, nonché di attività religiosa e di culto siano esentati dall'ICI. Proprio su tale questione volevo riferirmi per quanto concerne il rapporto con gli enti locali: non si può affermare che questo tipo di norma non provochi una minore entrata all'ente locale. Quanto noi chiediamo alla maggioranza è di prevedere con la legge finanziaria una adeguata copertura che vada a compensare le minori entrate che questo tipo di norma e di interpretazione determinano sugli enti locali. Infatti, risulta che dall'applicazione di questa disposizione, dalla sua interpretazione, i comuni avranno una minore entrata, pari a circa 50 milioni di euro.
Credo sia importante considerare tale aspetto, perché già la finanziaria prevede tagli agli enti locali molto sostanziosi e ciò impedirà loro la fornitura di servizi; di conseguenza, a rimetterci saranno ancora una volta i cittadini ed, in modo particolare, le famiglie.
Concludo, dicendo che, se intendete veramente combattere l'evasione fiscale, dovete pensare innanzitutto a fornire maggiori risorse alla Guardia di finanza. Lo scorso anno, infatti, attraverso il cosiddetto metodo Gordon Brown, avete tagliato le disponibilità dei capitoli relativi alla Guardia di finanza, tanto che, in questi mesi, spesso e volentieri in alcuni distretti si è avvertita la necessità di risorse addirittura per rifornire di benzina le autovetture e per dotare di vestiario la Guardia di finanza. Credo che si tratti di un aspetto importante, in ordine al quale occorre dare alcune risposte.
L'evasione non si combatte solo formulando provvedimenti di questo tipo, poiché occorre una loro successiva attuazione e per farlo serve il senso civico dei cittadini che va sicuramente incentivato insieme al lavoro delle Forze dell'ordine ed, in questo caso, della Guardia di finanza.
Rispetto al senso civico, i danni commessi in questi anni con le proposte sul condono e sul falso in bilancio hanno diffuso un messaggio assolutamente distorto.
Per quanto riguarda gli enti locali, è assolutamente necessario che la smettiate con gli illusionismi! In questi mesi, avete dichiarato in più occasioni che, se i conti pubblici andavano male, la colpa era degli enti locali!
Noi, invece, abbiamo letto le relazioni della Corte dei conti e dell'ISTAT ed ascoltato le dichiarazioni del Ragioniere dello Stato, dalle quali risulta che gli enti locali sono quella parte della pubblica amministrazione più virtuosa che rispetta i parametri di Maastricht!
Ha ragione il Presidente Casini: bisogna smetterla con gli illusionismi, bisogna dire la verità ed è proprio per tale motivo che preannunzio l'espressione del voto contrario sulla conversione in legge del decreto-legge, in quanto contiene troppe illusioni che non si concretizzeranno (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, siamo di fronte ad una manovra che rappresenta un ennesimo aggiustamento di conti. Anche al termine della campagna elettorale, vi è stato il primo segnale in questa direzione; è poi stato varato il provvedimento in esame che non è collegato alla finanziaria, secondo la tradizione parlamentare, poiché deve essere approvato prima della stessa. In altri termini, se non si approva tale provvedimento, la finanziaria non si riesce varare, perché i conti non tornano.
Per ciò che riguarda la finanziaria in quanto tale, vi è un altro provvedimento che cambia ancora i conti della stessa; pertanto, già non si capiva se la manovra finanziaria fosse da 19 o 22 miliardi (come è noto, vi è il grande interrogativo dei tre miliardi che «ballano» e che potranno essere spesi solo se entreranno nel bilancio dello Stato, in seguito alla vendita di immobili pubblici); comunque, tutti gli obiettivi della cosiddetta agenda Lisbona (competitività, crescita, qualità) sono letteralmente in grembo a Giove!
Tuttavia, al di là di tale problematica, che sarà in discussione in modo più dettagliato nei limiti resi possibili dalla volontà preannunziata di porre la questione di fiducia anche su quel provvedimento, resta il fatto che è intervenuta un'ulteriore disciplina normativa di aggiustamento per quasi 6 miliardi di euro, poiché il Fondo monetario ha sottoscritto le osservazioni, le critiche mosse dall'opposizione.
Noi avevamo già affermato che nei conti che risultano necessari per la manovra di bilancio mancavano circa 6 miliardi di euro (mi riferisco alle entrate che la vendita degli immobili pubblici non ha reso possibile conseguire) e, di conseguenza, questi soldi rappresentano il segnale di una finanza largamente fuori controllo.
Quando lo ha affermato l'opposizione, voi avete fatto le orecchie da mercante, facendo finta di nulla e continuando a chiedere voti di fiducia su provvedimenti, salvo poi smentirli pochi minuti dopo!
In questo caso, evidentemente, ha prevalso la preoccupazione che il Fondo monetario affermasse queste verità, sempre più a ridosso della campagna elettorale e, per non trovarsi smentiti rapidamente, si è preferito varare un'ulteriore manovra di aggiustamento.
Tale ulteriore manovra di aggiustamento, indotta dal Fondo monetario ma già denunciata dall'opposizione in sede di esame dei conti pubblici dispersi in diversi provvedimenti - il bilancio e la finanziaria sono soltanto una parte del tappeto sotto cui la maggioranza e il Governo nascondono la polvere dei conti pubblici fuori controllo -, denota nonostante tutto una situazione molto delicata.
Inoltre, occorre domandarsi cosa resterà, come traccia finanziaria, del rinvio al prossimo anno del pagamento dei contratti pubblici. È evidente che tale rinvio viene previsto perché in questo momento non sono disponibili i circa 6 milioni di euro necessari per il rinnovo dei contratti; dunque si trovano pretesti di natura tecnica pur di non giungere all'erogazione materiale di tali soldi. E magari qualcuno più avveduto degli altri si chiede se non sia meglio erogare addirittura tali risorse nel momento in cui la campagna elettorale sarà più vicina, dimenticando tuttavia che l'erogazione in quel momento provocherà sul 2006 anche un aggravio della cassa del 2005, con la conseguenza che chi vincerà le elezioni dovrà trovare anche la copertura di quell'ulteriore aggravio di milioni di euro.
Questa è la sostanza del problema: il rischio evidente di una situazione finanziaria fuori controllo dal punto di vista del debito, come confermano anche le stime attuali che per l'anno prossimo indicano un deficit corrente in crescita. Dopo la ripresa della crescita e dello stock del debito pubblico - cioè del debito complessivo, che è dato comunque in crescita stante anche il fatto che l'avanzo primario è ormai praticamente azzerato - si crea un rischio di credibilità del tutto evidente, che non si riduce solo ad un problema di immagine, ad un problema finanziario ed economico. È tutti questi elementi insieme, ma è anche qualcosa di ulteriore, in quanto caduta di credibilità vuol dire che i tassi di interesse, che la Banca centrale europea dichiara in crescita anche per quanto riguarda l'Unione europea, subiranno un ulteriore aggravio dovuto al «tasso» di credibilità dell'economia e delle politiche italiane.
Del resto, il Presidente della Repubblica, che è persona avveduta e competente, non a caso ha messo in guardia rispetto ad un rischio di aumento dei tassi di interesse. L'euro ci difende da un lato, ma non ci può difendere relativamente alla credibilità della politica e dell'economia italiana in riferimento ai prestatori di denaro esteri.
Non dimentichiamo che la metà del debito pubblico italiano - dello stock, per essere chiari - è in mano a risparmiatori stranieri - in genere gruppi finanziari o altro - che ci mettono poco a capire qual è l'aria che tira e a lasciarci in una difficoltà finanziaria che avrebbe quale unica conseguenza quella di un ulteriore aggravio della finanza pubblica italiana.
Conducendo il paese in questa situazione, vi siete assunti una grave responsabilità,
non adottando misure credibili e non affrontando un principio di verità, ma decidendo di continuare a sommare a tutte le misure sbagliate e costose che avete realizzato altre misure, come queste, senza affrontare la radicale modifica della politica economica. Avete abbandonato grandi obiettivi, come la riduzione fiscale e l'abolizione dell'IRAP, ma tutto ciò non vi salva dal fatto che i conti continuano ad essere fuori controllo, pesando sulla situazione economica e sulle prospettive del nostro paese.
Entrando nel merito del provvedimento in esame, si tratta di un testo veramente divertente, se non fosse un provvedimento sul quale vi è ragione di piangere.
Ad esempio, è da tempo che si parla di semplificazione del modo in cui la pubblica amministrazione affronta i rapporti con i cittadini, in particolare con l'economia. Vi sono misure che vengono denominate, in modo molto divertente, «semplificazione dei rapporti con la pubblica amministrazione». Per «semplificazione» normalmente si intende rendere le cose più semplici, di modo che i rapporti siano più rapidi, che vi siano meno moduli, che vi siano, in sostanza, norme che vengono semplificate o abrogate, per garantire che il cittadino o l'impresa abbia con la pubblica amministrazione un rapporto più rapido e più semplice. Si scopre, esaminando l'articolo 1-bis, comma 1, lettera h, che ci si occupa perfino della modulistica di cui ci si deve avvalere per poter affrontare i rapporti con la pubblica amministrazione. Per semplificazione, a mio avviso, si dovrebbe intendere che il ministro è delegato a semplificare e a stabilire le modifiche dei moduli. Nel momento in cui per semplificare si legifica, vale a dire si introduce l'elemento, obiettivamente più rigido, della forma legislativa, cosa vi sia di semplificato in tutto ciò francamente lo sa soltanto il cielo.
Vi sono altre norme sulle quali soffermarsi, restando agli aspetti più divertenti. Si pensi alla norma programmatica per cui ai comuni - che vengono drammaticamente tartassati dai tagli della legge finanziaria - viene promesso il 30 per cento delle maggiori entrate fiscali che aiuteranno a portare in cassa. Sembrerebbe una norma positiva, quasi una norma a contrappasso di quella negativa contenuta nella legge finanziaria. Niente di tutto questo. Non riesce assolutamente ad essere una norma positiva nemmeno quella scritta come tale. Si tratta di una norma scritta in modo tale, anche con riferimento alle disposizioni attuative, che peraltro ancora non vi sono...
PRESIDENTE. Onorevole Grandi, la prego di concludere.
ALFIERO GRANDI. Concludo, signor Presidente. Non si capisce come la norma verrà attuata, nel momento in cui la pubblica amministrazione, in particolare la Guardia di finanza e l'Agenzia delle entrate, lavora sulla base di programmi centrali nazionali cui gli enti locali non hanno alcun accesso. Se si vuole far funzionare una norma di questo tipo, occorre raccordare il sistema degli enti locali con l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, sulla base di disposizioni impartite dal ministro e di tavoli che abbiano un potere di concertazione dei diversi livelli istituzionali.
Inoltre, come si calcola il 30 per cento? Su quale risultato, in che modo? Francamente sembra essere una delle tante norme che vengono scritte esattamente per non essere applicate. Si tratta di un aspetto con cui ci troviamo purtroppo a fare i conti in molte parti dei provvedimenti di politica economica che stiamo esaminando in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, al pari dei colleghi della Margherita che mi hanno preceduto, annuncio il voto contrario sul provvedimento in esame, in quanto esso non coglie le esigenze vere oggi presenti
nel nostro paese, un paese in difficoltà e in declino nei settori produttivi, che continuano a perdere posti di lavoro.
Il Governo avrebbe dovuto utilizzare questa opportunità legislativa per definire un quadro di agevolazioni fiscali, utili al sostegno delle imprese che ancora non hanno mollato e che vogliono creare produttività. Il provvedimento in esame avrebbe potuto rivestire il significato di un aiuto vero alle industrie che sono disponibili a trasferirsi da nord a sud. Ci chiediamo perché tutto ciò non sia stato fatto. E viene inoltre naturale chiedersi dove siano finite le tante promesse che erano state formulate all'atto dell'insediamento del Governo Berlusconi-bis: la riduzione dell'IRAP per le aziende del sud; la fiscalità di vantaggio per coloro che dovrebbero creare aziende nel Mezzogiorno.
Erano queste le pirotecniche dichiarazioni che venivano fatte da tanti ministri, da Tremonti all'onorevole Micciché. Invece, si sono riempiti i giornali di un'elencazione di promesse, che sono quindi svanite nel nulla, dimostrandosi delle vere e proprie bolle di sapone. In compenso, nei giorni scorsi alcuni organi di stampa siciliani hanno fatto da cassa di risonanza ad un'euforia strumentale del presidente della regione siciliana sulla chiusura del contenzioso fra lo Stato e le regioni in tema di articoli 37 e 38 dello statuto, attraverso il recepimento attuato da questo provvedimento.
Noi vogliamo tuttavia svolgere una considerazione preliminare rispetto a queste dichiarazioni così ottimistiche e trionfalistiche. In primo luogo, siamo dinanzi al riconoscimento di un diritto, e non di una concessione, che è stato ripristinato - lo voglio ricordare - con la legge finanziaria del 2000, quando al Governo vi era il centrosinistra.
Riguardo ai crediti vantati dalla regione derivanti dalle quote dell'IRPEF, dell'IVA, dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi raffinati in Sicilia da parte delle aziende che pur operando nel nostro territorio hanno sede legale fuori da quella regione, e di quelle relative alla produzione di energia elettrica, già nel 1996, la commissione paritetica Stato-regione definì i conteggi in termini di dare e avere, che risultavano essere di 20 mila miliardi di lire, pari a circa 10 mila milioni di euro.
Il conteggio era stato già allora calcolato al ribasso ed è ragionevole ritenere che oggi il vero credito vantato dalla Sicilia ammonti a non meno di 25 mila milioni di euro. Siamo quindi ben lontani dalle somme predisposte in questo provvedimento, che sono state ampiamente pubblicizzate e strumentalmente presentate come risorse compensative.
In verità, si tratta di pochi fondi che già la regione siciliana ha definito di spendere male al fine di chiudere i «buchi» di una gestione del Governo regionale parassitaria e clientelare.
Quindi, noi francamente non comprendiamo tutto questo trionfalismo; tra l'altro, non si tiene conto del fatto che i contributi alla regione siciliana, a fronte delle imposte sull'assicurazione Rc auto, furono bloccati dal ministro dell'economia di questo Governo nel 2002, e vengono ora riconosciuti solo perché è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale.
A noi pare che vengano invece sottovalutati gli effetti che deriveranno dalle riforme costituzionali, in particolare dalla cosiddetta devolution, tanto voluta dalla Lega e dalle altre componenti del centrosinistra. Conseguenze che saranno registrate soprattutto in settori delicatissimi, come quelli dell'assistenza alla salute.
Proprio in Sicilia si determineranno condizioni disastrose: oggi infatti la regione siciliana ha definito i propri livelli essenziali di assistenza attraverso un forte contributo di solidarietà da parte dello Stato, che nella filosofia della riforma costituzionale sarà invece fortemente limitato, se non annullato.
A queste motivazioni di fondo, che riassumono la nostra contrarietà ad un provvedimento che non coglie i bisogni del paese (che sono quelli dell'innovazione tecnologica), e che non consente di superare la crisi economica (che si materializza attraverso la perdita di posti di lavoro),
noi aggiungiamo anche la valutazione che deriva dalla nostra comunità regionale, la Sicilia.
Respingiamo pertanto i toni trionfalistici finora adottati e diciamo subito che continueremo la nostra battaglia, la quale sarà improntata soprattutto sui temi generali che afferiscono ad un paese che deve riprendere vigore e impulso dal punto di vista produttivo. Porteremo avanti il nostro impegno nel corso dell'iter legislativo del disegno di legge finanziaria per l'anno 2006; in quella sede proporremo una serie di provvedimenti fondamentali per i settori produttivi e tenteremo, altresì, di reintrodurre procedure trasparenti e non burocratizzate per gli incentivi alle imprese, in termini di credito di imposta e di bonus all'occupazione, strumenti questi che sono stati fortemente limitati da questo Governo per effetto di scelte sbagliate e scellerate che hanno condotto al blocco di siti produttivi importanti, in modo particolare nel Mezzogiorno.
Certo, c'è un timore. Il timore è che il Governo possa, ancora una volta, anche con riferimento al disegno di legge finanziaria per l'anno 2006, chiedere un voto di fiducia e così ridurre gli spazi per la democrazia. Ma c'è, comunque, una consolazione: queste sono sicuramente le ultime battute del Governo Berlusconi, che sarà cacciato democraticamente dagli italiani (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.
PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame è parte della manovra di finanza pubblica per il 2006 anche se contiene, come è stato già rilevato, aggiunte di svariati argomenti. Il provvedimento, infatti, è il frutto della confluenza di ben quattro decreti, tre dei quali sono stati ritirati o sono decaduti. Tale provvedimento è anche il risultato di manovre e di «manovrine» aggiuntive che il Governo è stato costretto a predisporre in conseguenza di errori di valutazione, come è avvenuto, ad esempio, nel caso delle previsioni sul gettito derivante dalle dismissioni immobiliari, il quale era stato valutato in 6 miliardi, ma che poi si è rivelato del tutto inconsistente.
Il nostro giudizio complessivo sulla manovra finanziaria è che essa peggiora i conti pubblici; è iniqua dal punto di vista sociale e da quello territoriale; è una manovra pre-elettorale e depressiva in quanto incide negativamente sulle potenzialità di sviluppo del paese.
Bisogna porre in evidenza che tale manovra è anche il frutto delle regole e delle direttive - credo sia il caso di chiamarle così - che sono state dettate al Governo italiano dalla Commissione dell'Unione europea. Direttive che, a loro volta, sono il frutto di un'analisi puntuale sullo stato effettivo della finanza pubblica, la quale ha rivelato la falsità e l'illusorietà dei conti che il Governo italiano usava presentare. La manovra, in sostanza, è stata dettata dall'Unione europea al Governo italiano proprio perché le autorità europee si sono rese conto che la nostra finanza pubblica era fuori controllo, come noi avevamo da tempo denunciato. Il tetto del 3 per cento del rapporto deficit-PIL è stato sfondato da tempo dall'Italia ed esso oggi tendenzialmente oscilla fra il 4 e il 5 per cento. Non possiamo, pertanto continuare a dire, come fanno alcuni esponenti del Governo e della maggioranza, che la situazione italiana è uguale a quella della Germania e della Francia solo perché anche questi paesi hanno sfondato il tetto del 3 per cento. In primo luogo, perché lo sforamento del tetto da parte di quei paesi è assolutamente inferiore a quello dell'Italia. In secondo luogo, perché la struttura economica di Francia e Germania è assolutamente diversa da quella dell'Italia. In terzo luogo, perché il debito pubblico per il nostro paese si aggira intorno al 110 per cento del prodotto interno lordo. A questo proposito, è bene ricordare che nella scorsa legislatura il debito pubblico è stato abbattuto di ben
11 punti percentuali in cinque anni, in quella attuale, invece, se andrà tutto bene, l'abbattimento sarà di 2 punti percentuali, mentre, se andrà come prevedono alcuni istituti specializzati, esso rimarrà inchiodato a livello del 2001.
Questo decreto-legge e la manovra nel suo complesso sono caratterizzati dai tagli agli enti locali. Al riguardo, si apre un problema che ci siamo sforzati di inquadrare e di illuminare nel corso della discussione sul provvedimento (lo faremo anche in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria): è il problema del rapporto tra questo Governo e le autonomie.
Come è stato rilevato dalla Corte dei conti, le regioni e gli enti locali hanno rispettato il patto di stabilità ed i tetti alle spese stabiliti dalle leggi finanziarie (semmai, è il Governo che non li ha rispettati). Ma il rapporto con le autonomie fa sì che il Governo, per l'ennesima volta, detti le regole, alcune delle quali incostituzionali, agli enti locali, regole che gli enti locali hanno sempre più difficoltà a sopportare.
Naturalmente, in questa situazione, le autonomie si difendono. Infatti, la Corte costituzionale ha dato ragione al ricorso di alcune regioni a proposito del contenuto dei tetti stabiliti dalla legge finanziaria per il 2004. Anche le leggi finanziarie successive, compresa la manovra di quest'anno, sono caratterizzate dalle stesse modalità di rapporto tra il Governo e gli enti locali. Altro che devoluzione! Qui, siamo alla più profonda e vera tentazione di neocentralismo da parte del Governo.
Ho già avuto modo di parlare di tale questione con riferimento ai crediti vantati dalla Sardegna in conto compartecipazione dell'IRPEF e dell'IVA. Poco fa, il collega Burtone ha sollevato la stessa questione con riferimento alla Sicilia. Anche la Sardegna ha un contenzioso di questo tipo e penso che anche altre regioni a statuto speciale lo abbiano. Ebbene, in Commissione e in Assemblea, in sede di discussione sulle linee generali, abbiamo sollevato tale problema, ma non abbiamo avuto il piacere di sentire dalla voce del Governo quale sia la sua valutazione e cosa intenda fare di fronte ai crediti vantati dalla Sardegna e anche, sembra, da altre regioni a statuto speciale.
A proposito del rapporto fra Stato e regioni, vorrei sottolineare che non c'è alcuna regione o alcun comune che si rifiuti di contribuire al patto di stabilità. Quello che non viene accettato è che il Governo pretenda di dettare regole che le autonomie non possono sopportare e che sono profondamente inique.
C'è, però, un regalo che, in questo decreto-legge, il Governo fa ai comuni; si stabilisce che vada ai comuni il 30 per cento delle imposte recuperate all'evasione fiscale da parte degli stessi comuni. Si dà il caso che la maggior parte dei comuni non abbia né strutture né competenze di personale per combattere con efficacia l'evasione fiscale. Quindi, il Governo può essere generoso in questo caso e promettere il 30 per cento di tale presunto gettito, semplicemente perché il gettito presumibilmente sarà vicino allo zero. Quindi, il regalo che fate ai comuni è il 30 per cento di zero!
Giudichiamo questa manovra iniqua. C'è una fondamentale iniquità distributiva anche in questo decreto-legge, oltre che nella legge finanziaria, iniquità distributiva nei confronti degli enti locali e delle persone. Basti citare il caso delle famiglie.
Si fa un gran parlare dei provvedimenti a favore delle famiglie che sarebbero previsti in questa manovra. È stato fatto un calcolo: a fronte di provvedimenti a favore delle famiglie che ammontano ad 1 miliardo e 140 milioni di euro nella manovra, vi sono tagli alle spese sociali che ricadono naturalmente sulle famiglie e che ammontano ad 1 miliardo e 485 milioni: 345 milioni meno alle famiglie, non in più. Questo è il trattamento che il Governo riserva alle famiglie di cui alcuni partiti, in particolare della maggioranza, menano grande vanto.
Vi è poi il problema territoriale di cui parlavo, quello del Mezzogiorno. Non intendo parlare di soldi nei confronti del Mezzogiorno: ne parleremo, perché anche
quello è un capitolo che andrà affrontato quando discuteremo specificamente della legge finanziaria. Intendo parlare, invece, di strumenti. Quelli esistenti erano ovviamente criticabili, come tutto, cioè la programmazione negoziata e il credito d'imposta. Il Governo, però ha di fatto cancellato tali strumenti, non sostituendoli con alcunché.
Il Governo fa un gran parlare di fiscalità di vantaggio che intende chiedere all'Unione europea di poter applicare alle regioni dell'obiettivo 1, ma tale fiscalità di vantaggio, che era esistente e che era stata accettata dall'Unione europea, anzi da essa indicata e suggerita, era proprio quella del credito d'imposta che il Governo ha cancellato.
PRESIDENTE. Onorevole Maurandi...
PIETRO MAURANDI. Concludo, signor Presidente.
Tutto ciò significa che voi mettete le mani nelle tasche dei cittadini e lo fate nel modo più iniquo, proseguendo nell'infausta linea del secondo modulo della riforma fiscale, quando avete regalato molti soldi a chi non ne aveva bisogno, spendendo ben 6 miliardi di euro! Ciò vuol dire, signor Presidente, che gli illusionisti stanno qui, cioè stanno dentro il Governo e nella sua politica, anche se manca ancora la legge finanziaria per completare il quadro dell'illusionismo: questa è l'ultima manovra del Governo, ed è una certezza; naturalmente, noi lo speriamo e lavoreremo affinché sia anche l'ultima manovra del centrodestra. Vorrà dire che se sarà così, come noi auspichiamo, saranno finiti gli illusionismi e si potrà parlare dell'Italia, cioè del risanamento della finanza pubblica, dell'equità sociale e delle misure per lo sviluppo del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bottino. Ne ha facoltà.
ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimiamo il voto contrario su questo provvedimento (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
Credo che non si combatta l'evasione fiscale creando, come ha ben detto chi mi ha preceduto, organi diversi, regole complesse e complesse autorizzazioni: abbiamo bisogno di soggetti che velocemente possano trovare la soluzione dell'accertamento e del pagamento con la relativa entrata. Ci fa sorridere su questo punto chi dice che bisogna colpire chi evade e, poi, avendone la responsabilità, dice che forse il fiscalismo attuale può anche consentire l'evasione: non si comprende bene dove si voglia arrivare, forse al sistema del condono!
Noi, comunque, abbiamo una crisi, quella italiana che va verso le elezioni politiche del prossimo anno, con un centrodestra al Governo che forse in questo momento è privo di identità e di capacità di governare: la situazione richiederebbe l'opposto. Sono tanti i problemi e su più versanti: il debito pubblico, la competitività, la politica industriale; e poi, ancora, solo per aggiungerne altri, la politica della sicurezza, la tutela dei diritti individuali e collettivi in una società sempre più complessa, multietnica e multireligiosa. Questi scenari richiederebbero una forte assunzione di responsabilità, una ricerca di obiettivi definiti e di terreni condivisi, non solo, ma è solo per l'interesse del nostro paese. Non si può, come pare ora si faccia, navigare a vista su tante questioni essenziali.
Questo provvedimento è in funzione del rispetto dei criteri di manovra approvati collegialmente a Bruxelles, frutto di accordi sull'andamento dei conti, diretti a correggere tale andamento, che non va bene, al fine del rientro graduale degli stessi.
I dati recenti a livello mondiale determinano un prodotto interno lordo in aumento attestato intorno ai 4,5-5 punti in percentuale; alcuni paesi dell'Estremo oriente registrano aumenti più consistenti.
Il nostro paese non riesce a marciare nel settore produttivo, nel settore del commercio mondiale.
Non riusciamo a salire sul treno. Anche l'Europa ha dei problemi; però, noi siamo il fanalino di coda. Dovremmo discutere di soluzioni e di provvedimenti utili al miglioramento del nostro sistema; devo rilevare, però, che la logica seguita da questa maggioranza non risiede nella ricerca del dialogo e della condivisione e nell'accettazione dei suggerimenti utili. Anzi, si passa al voto di fiducia, ovvero non si discute.
Sul versante interno, continua a farsi sentire la debolezza della domanda, la crisi dei consumi, la crisi dei consumi delle famiglie su cui nessun effetto ha prodotto la politica del taglio delle tasse adottata dal Governo Berlusconi a partire dalla finanziaria del 2002. È evidente l'insuccesso di questa politica; basta ascoltare, e confrontarsi, con la gente comune. Vi era la speranza, la garanzia di un provvedimento che avrebbe portato vantaggi; ma questo decreto non ha attuato la politica attesa, la politica della difesa del potere di acquisto delle famiglie; ha polarizzato un grande aspetto negativo, ha fallito; non servono certe pagelle e certi rapporti per valutare la gravità della situazione, che richiederebbe ben altre attenzioni e ben altri provvedimenti.
A livello nazionale, un dato veramente preoccupante è costituito dall'indice di povertà, rilevato dal rapporto ISTAT sulla povertà relativa in Italia nel 2004; ebbene, in tale rapporto, si evidenzia l'andamento e l'aumento della povertà nel Mezzogiorno, che è sempre in crescita tra le famiglie numerose e tra quelle con minori e anziani, del centro e del centro-sud. Il dato attesta che, nel sud, una famiglia su quattro è ormai povera; il divario tra Mezzogiorno e centro-nord è stato segnalato in maniera preoccupante. Non a caso, sarebbero utili sistemi di progetti opportuni nel campo del mondo del lavoro, dell'occupazione, del sistema di tutela del lavoro, nel campo della solidarietà sociale; sarebbero utili come difesa attiva di questi settori.
Sono evidenti il sistema delle riforme mancate e le sfide sulla competitività e sulla modernizzazione infrastrutturale che si sono perdute; quale politica, questa politica può garantire? Manca un confronto collegiale; il Governo non sa mantenere i patti - mi riferisco ai patti di stabilità! -, imponendo nuove strette alle autonomie territoriali. Sugli enti locali è stata prevista una nuova stretta, con un'ennesima revisione del patto di stabilità interno orientata a produrre una riduzione del deficit per oltre 3,1 miliardi di euro nel 2006. Un recupero del deficit al quale le regioni dovrebbero contribuire per un ammontare di 1,1 miliardi di euro e gli altri enti locali per 2 miliardi. Questa ennesima revisione denota che l'attuale Governo non riesce a mantenere alcun patto, neppure quello di stabilità; per le regioni, per il 2006, si dispone un taglio della spesa corrente del 3,8 per cento rispetto al valore raggiunto nel 2004, consentendo una crescita contenuta; per i comuni e le province, si stabilisce una riduzione del 6,7 rispetto al livello del 2004. In questo caso, però, sarebbe veramente critica la percentuale di spesa primaria di rilevanza sociale; in primo luogo, per le scuole materne e per la politica della casa. Si rischia di determinare, in alcuni casi, la completa cancellazione di prestazioni sociali essenziali in favore dei cittadini.
Per le imprese, sul piano del loro sviluppo, si discute sui costi e sui pesi fiscali; esse si troveranno di fronte ad aumenti diversi di tassazione. Ad esempio, nell'articolo 5-bis, come è stato ben documentato da un collega, si parla di spese di avviamento e si dispone che il periodo di ammortamento delle stesse sostenute dalle imprese passi da dieci a vent'anni. La misura, che porta una grossa valutazione nelle entrate, credo però determini qualche problema per le imprese, che pagheranno sicuramente più tasse. Anche la modifica del leasing, che permette anch'essa forti entrate, porta sicuramente, però, una negatività per il sistema dell'impresa. Si prende sempre di più e sempre
più si individuano entrate; ma non si fa nulla per una politica di sviluppo industriale.
Vi è all'orizzonte un aumento del tasso di riferimento della Banca centrale europea; questo segnale ha riaperto il dibattito sulla politica monetaria. L'evenienza potrà servire a garantire poca inflazione oppure potrà mettere a rischio la ripresa; su ciò è il dibattito, che si presenta attento e preoccupato; preoccupato soprattutto per il nostro paese, che di crescita ne ha assai poca. Forse, la Banca centrale europea, assieme al «buco» di allora, ai provvedimenti insensati di questi anni ed all'euro, sarà il capro espiatorio, la causa degli eventuali, futuri nostri problemi. Forse non vi sarà più questo Governo a decidere le riforme di politica economica; noi lo speriamo. Certo, sarebbe meglio affrontare i veri problemi e dare nome alle vere cause.
Bisogna affrontare i problemi veri, come il rapporto tra la macro e la microeconomia. Mi riferisco, in altri termini, al rapporto tra stabilità, deficit pubblico ed inflazione da un lato e l'efficienza e la crescita del sistema economico dall'altro.
C'è chi afferma di aver mantenuto gli impegni, vale a dire quel famoso contratto. Anche adesso, sembra che chi ha firmato quel contratto, convinto di averlo rispettato e completato, ne voglia proporre un altro. Vorrei ricordare - perché occorre rammentarlo - che, tra i primi provvedimenti approvati dal Parlamento, c'è stata la cancellazione del reato di falso in bilancio, che ha certamente risolto diversi problemi seri (probabilmente a qualcuno, non a tutti).
A seguire, sono stati varati il condono fiscale, nonché la sanatoria per i denari illecitamente esportati, che probabilmente fecero comodo a qualcuno e comunque a pochi; inoltre, venne approvata l'esenzione dei grandi patrimoni dall'imposta di successione. Oltre a tutto ciò, mi sembra di poter aggiungere qualche sgravio fiscale, probabilmente quantificabile in circa 6 miliardi di euro....
PRESIDENTE. Onorevole Bottino...
ANGELO BOTTINO. ... di cui hanno beneficiato sempre, guarda caso, le classi più benestanti!
Questo era l'inizio di un contratto. Escludo, poi, le grandi opere, poiché preferisco pensare, dal momento che sono ottimista, che comunque qualcosa ci sia e qualcosa verrà, come i valichi, le nuove linee di trasporto ed il ponte sullo Stretto, che sarebbero necessari.
Ad ogni modo, ritengo che siano troppe le questioni di fiducia che avete posto, nonché quelle che porrete ulteriormente. È certo che, nell'ambito di una ripresa economica a livello mondiale, noi, con l'aiuto dei nostri concittadini e degli enti locali, cui chiederemo sicuramente l'adesione, siamo convinti di potercela fare (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, desidero aggiungere anch'io alcune considerazioni finali sul decreto-legge in esame, che avrebbe meritato lo svolgimento di un confronto vero. Il voto contrario sia mio, sia del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, tuttavia, dipende non soltanto dal merito - di cui ho già parlato, in sede di discussione sulle linee generali -, ma anche dal metodo adottato. Infatti, si fa passare il presente decreto-legge come un provvedimento banale, secondario ed ininfluente, mentre così non è, poiché si tratta di una parte corposa dell'intera manovra economico-finanziaria che il Governo ha presentato, in questi giorni, al Parlamento.
Si tratta di una manovra che definirei, in un certo senso, disperata, poiché l'esecutivo non è stato in grado di offrire, nell'ambito di un'operazione-verità, un quadro limpido, chiaro e comprensibile anche per l'ultimo cittadino italiano! Così non è stato, tanto è vero che lo stesso
ministro dell'economia e delle finanze, dopo aver fatto male i conti, ha dovuto far ricorso a ben due correzioni; e sono certo che, nei prossimi mesi, ne presenterà qualcun'altra. Vorrei ricordare che non sono stato io ad osservare che il ministro Tremonti non sa fare i conti! Desidero ricordare, infatti, che, quando Tremonti fu costretto a rassegnare le proprie dimissioni, lo affermò il Vicepresidente del Consiglio Fini. Le vicende successive lo hanno poi riportato alla direzione dello stesso ministero: con quanta e quale credibilità, lascio oggettivamente a voi ed ai cittadini italiani giudicare!
La circostanza che il Governo abbia scelto - non me ne voglia l'onorevole sottosegretario Armosino - di porre la questione di fiducia sull'approvazione del decreto-legge in esame, senza sostenere un confronto in Parlamento, la dice lunga sul grado di democrazia esistente nel nostro paese. Il rifiuto del confronto parlamentare, infatti, rappresenta una grande offesa al Parlamento; altrimenti, c'è qualcuno che ritiene veramente che il lavoro svolto dal Parlamento italiano, in questi quattro anni e mezzo di legislatura, sia stato semplicemente l'occasione illusoria per affrontare i problemi reali del paese?
Il Presidente Casini - non me ne voglia il Presidente di turno, onorevole Mastella, ma io lo voglio dire! - non si può limitare ad affermare che non è più tempo di illusioni e di illusionismi: probabilmente, dovrebbe fare anche molta autocritica, non fosse altro per aver appoggiato il grande illusore, il grande incantatore di serpenti che, in questo paese, è stato ed è il nostro Presidente del Consiglio (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Questo è un dato e, quindi, probabilmente, il Presidente della Camera una buona dose di autocritica dovrebbe farla (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
È diventata, questa, un'aula in cui ognuno di noi, forse, si esercita - in maniera più o meno efficace - a fare denunce e considerazioni; spesso lo fanno anche i colleghi di maggioranza che si vedono - come in questo caso - costretti a presentare alcuni emendamenti validi e, poi, a fare marcia indietro e ritirarli, perché si impone la disciplina di partito e vengono, in tal modo, nascoste, omesse, messe da parte le esigenze della popolazione e dei territori. Voglio citare, ad esempio, gli emendamenti presentati dall'onorevole Scherini in materia di territori montani, di cui non parlerò. Tutti abbiamo detto che la montagna è il cuore del nostro paese, che 5 mila piccoli comuni sono in montagna e che coloro che vivono nei piccoli comuni sono degli «eroi». Ebbene, quando si tratta, poi, di affrontare piccoli provvedimenti a sostegno di quelle comunità, ce ne dimentichiamo, così come è stato fatto a proposito della legge sui piccoli comuni, che giace in qualche cassetto del Senato della Repubblica da oltre due anni.
Questo decreto-legge, il cosiddetto decreto fiscale che, come ricordava poc'anzi il collega Stradiotto, è strettamente collegato alla manovra finanziaria - costituita non solo dal testo dello stesso disegno di legge finanziaria, ma anche dal maxiemendamento e dal decreto fiscale -, ha come titolo - ho avuto modo di definirlo pretenzioso - la lotta all'evasione ed all'elusione. Scusate, onorevoli colleghi, come si possa fare la lotta all'evasione ed all'elusione se, in questi quattro anni, abbiamo abituato i cittadini ai condoni e se ai grandi potenti, che avevano esportato migliaia di miliardi illegalmente all'estero, è stato offerto lo «scudo fiscale», garantendo loro l'anonimato e che nessuna indagine sarebbe stata avviata sulla natura di quelle ricchezze portate all'estero, nonché - scandalosamente - il pagamento di un semplice 2,5 per cento, mentre gli operatori onesti ed i cittadini onesti le tasse le hanno pagate e le hanno pagate di più, onorevole Antonio Pepe!
Onorevole Antonio Pepe, lei è stato un puntuale relatore, ma un'inesattezza gliela devo contestare. In questi quattro anni, il Governo di centrodestra le mani nelle tasche degli italiani le ha messe! E le ha messe con una miriade di piccoli aumenti,
dal bollo sugli atti giudiziari all'aumento delle accise sulle sigarette, alla rivalutazione del valore catastale dei terreni e delle case, ed altro fino a ciò che viene fatto ora, anche per le imprese. Voi, ora, scoprite per la prima volta il cosiddetto cuneo contributivo e lo riducete di un 1 per cento. Bene, bravi! Io stesso vi dico che quella è la strada seguire, ma da quanti anni noi del centrosinistra e della Margherita abbiamo posto l'esigenza di ridurre il cuneo fiscale e contributivo? Lo abbiamo fatto in occasione della legge delega al Governo, che non è stata attuata per quanto riguarda questa parte. Ci rendevamo, infatti, conto che occorreva incidere su questa riduzione del costo per le imprese, aumentando anche i salari ai lavoratori, per fare in modo che vi fosse una ripresa della capacità competitiva del nostro mondo imprenditoriale.
Tutto ciò, dicevo, voi lo fate con una riduzione dell'1 per cento. È poca cosa - meglio di nulla, non ho difficoltà ad affermarlo -, ma contestualmente - badate bene, lo sanno gli imprenditori ed i titolari di piccole e medie imprese - spalmate da dieci a venti anni l'ammortamento dell'avviamento, che comporterà una spesa per le imprese italiane di ben 1.680 milioni di euro! Questi sono i dati che ci sono stati forniti. Se dovessi essere impreciso in merito, non è certamente colpa del sottoscritto.
Comunque, riteniamo che la lotta all'evasione e all'elusione fiscale vada fatta anche adeguando la struttura e il personale degli organismi allo scopo preposti: la Guardia di finanza, l'Agenzia delle entrate e così via. Occorrono, anzitutto, l'indirizzo politico e la volontà politica! Avreste dovuto dare indicazioni precise, volte a colpire le grandi ricchezze, a partire da quelle immobiliari di chi ha fatto lievitare i prezzi degli immobili nelle nostre città, dove per una famiglia normale non è più possibile acquistare un alloggio e dove vi sono situazioni di vera e propria disperazione! Avreste dovuto impartire un indirizzo politico all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza e chiedere loro di leggere bene i bilanci delle grandi società, dei grandi immobiliaristi alla Ricucci o alla Gnutti, di coloro che hanno approfittato nei mesi scorsi di operazioni stravolgenti dei mercati finanziari, tentando l'assalto anche a strumenti di informazione importanti, quali il Corriere della sera, con effetti deleteri anche sulla vita democratica del paese.
Ebbene, cosa ha fatto il Governo e quali indirizzi ha impartito? Quale vero indirizzo? Vi presentate con una proposta inserita in questo decreto-legge, in cui si dice che il 25 per cento del personale della Guardia di finanza deve essere utilizzato a tale scopo. Ma quale 25 per cento? Il 100 per cento, tutti i finanzieri devono essere impegnati in tal senso! Ma devono essere adeguatamente istruiti a tale scopo e - vivaddio! - c'è un'ottima scuola tributaria, capace di formare personale in grado di leggere i bilanci, perché lì si annidano le grandi evasioni.
Non vorrei dilungarmi ulteriormente, signor Presidente. Questo provvedimento meritava davvero una discussione seria, per puntare anche ad una fiscalità di vantaggio a favore del Mezzogiorno, che resta il problema di prima grandezza, che incide negativamente sull'arretratezza della nostra economia e sulla situazione drammatica che viviamo.
Non venderemo illusioni, parleremo alla gente in maniera molto chiara e proporremo un patto di verità, di equità, di sviluppo, di solidarietà; e quel patto non lo scriveremo, ma la gente ci crederà, perché ha vissuto un'esperienza amara, quella vostra!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morgando. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO MORGANDO. Signor Presidente, ribadirò quanto già detto da molti colleghi: peraltro, ripetere argomentazioni che, inevitabilmente, si sovrappongono è evidentemente frutto di una strategia parlamentare, più che un atteggiamento volto a reiterare talune riflessioni per farle comprendere meglio; ma naturalmente, serve anche questo.
Illustrerò molto sinteticamente le ragioni per cui il gruppo della Margherita esprimerà un voto contrario sul provvedimento in esame; ragioni che hanno già esposto altri colleghi in modo molto articolato.
Vorrei cominciare dicendo che il nostro voto è molto importante perché, in realtà - lo sappiamo bene e qualcuno lo ha anche detto - si tratta del primo voto sulla manovra finanziaria. Il provvedimento in esame è parte integrante della manovra di bilancio, è stato dichiarato collegato ad essa e contiene al suo interno grande parte della copertura della legge finanziaria, come ci ricorda il prospetto di copertura.
Quindi, hanno ragione coloro che hanno ricordato come una parte così importante della manovra finanziaria passi attraverso la doppia fiducia al Senato e alla Camera e, quindi, fondamentalmente non possa essere discussa seriamente. Nel momento in cui esaminiamo, di fatto, la parte relativa alle entrate della legge finanziaria, discutiamo, più o meno, di metà della manovra finanziaria. Si tratta, quindi, di un elemento notevolmente importante.
È quindi il primo voto sulla manovra finanziaria ed avviene nel contesto di una grande confusione.
Mi ha colpito molto uno degli articoli de «La voce», il sito degli economisti che è diventato abbastanza noto, che fa l'elenco, sotto un titolo che chiama «procedure caotiche», di tutti i diversi provvedimenti che sono stati adottati dal Governo con riferimento alla manovra finanziaria: 29 settembre, presentazione del disegno di legge finanziaria; 30 settembre, presentazione del decreto-legge n. 203, quello che stiamo discutendo, che contiene la parte fiscale, ossia una parte della copertura della manovra finanziaria; 17 ottobre, decreto-legge n. 211, che è stato ricompreso in questo decreto e che, sostanzialmente, costituisce la manovra correttiva per il 2005; 28 ottobre, emendamento al bilancio a legislazione vigente, che corregge il tendenziale per il 2006; 30 ottobre, relazione previsionale programmatica, seconda sezione; 8 novembre, emendamento al decreto-legge n. 203, che inserisce proprio il decreto-legge n. 211; infine, 9 novembre, il maxiemendamento alla legge finanziaria, sul quale il Senato ha votato la fiducia.
Non ho contato il numero dei provvedimenti, non ce la faccio, ma è un gran numero di provvedimenti che rende evidente quale sia la confusione di fronte alla quale ci troviamo e anche come non sia poi così semplice muoversi tra tutti questi testi e questi elementi della manovra finanziaria.
In questa grande confusione, come ricordavo, il provvedimento che stiamo discutendo svolge una funzione molto importante. Il 48 per cento dei mezzi di copertura della legge finanziaria è determinato da questo provvedimento. Quindi, esso costituisce la metà della copertura e si basa su alcuni elementi forti, che sono fondamentalmente due: la lotta all'evasione fiscale e gli effetti della riforma della riscossione, oltre ad una serie di altri aspetti meno importanti.
Se non ricordo male, la lotta all'evasione vale circa il 50 per cento dell'intero valore del decreto, ossia delle maggiori entrate, e, quindi, ne costituisce un elemento molto importante, non diversamente da quanto accaduto nella finanziaria dello scorso anno.
Se ricordate, anche la finanziaria dello scorso anno basava larga parte della sua copertura su un intervento di repressione dell'evasione fiscale e di recupero di base imponibile e di entrate fiscali, tant'è che noi l'anno scorso avevamo salutato come un'inversione di tendenza questa impostazione.
Purtroppo, l'anno scorso è finito male, nel senso che le maggiori entrate previste dalla lotta all'evasione fiscale non si sono realizzate. La nostra preoccupazione è che finisca male anche quest'anno e che, quindi, una parte importante della copertura della legge finanziaria prevista in questo decreto difficilmente si concretizzerà.
Questa, per la verità, non è nemmeno un'opinione dell'opposizione, ma è l'opinione prevalente che emerge dal dibattito
sulla politica economica in questo periodo nel nostro paese. Non c'è economista, di qualunque tendenza, di destra o di sinistra, di centrodestra o di centrosinistra, che non metta in evidenza come il problema di questa finanziaria sia costituito soprattutto dalla credibilità della copertura. Noi oggi decidiamo proprio sulla copertura della legge finanziaria.
Se il buongiorno si vede dal mattino, siamo molto preoccupati sulla coerenza interna e sugli effetti della manovra di bilancio che voteremo tra qualche settimana.
Questo decreto serve, inoltre, a fare una seconda operazione, come ricordavo prima, ossia esso incorpora il decreto-legge n. 211 di correzione dei conti del 2005. Potrei fare dell'ironia sul fatto che si fa un po' il gioco delle parti da un po' di tempo a questa parte: noi diciamo che le finanziarie non funzioneranno, che ci sarà bisogno di un provvedimento straordinario o di un intervento di correzione dei conti, mentre il Governo e la maggioranza dicono che non è vero e che tutto andrà benissimo. Ma sono due anni, questo è il terzo, che in qualche modo il provvedimento di correzione dei conti viene fuori: in primavera, in estate, in autunno, mascherato in un modo o in un altro. Il provvedimento di correzione dei conti per il 2005 è il decreto-legge n. 211.
Come hanno ricordato molti colleghi, il decreto-legge si rende necessario perché il Governo ha assunto l'impegno in sede europea di assicurare un rapporto deficit-prodotto interno lordo del 4,3 per cento per l'anno 2005 ed era, quindi, necessario effettuare una manovra di correzione.
Emerge ora la seconda preoccupazione, cioè il fatto che non riteniamo che la manovra di correzione funzionerà permettendo di rispettare, per il 2005, le indicazioni e gli accordi raggiunti con l'Unione europea o, perlomeno, abbiamo fondati dubbi di ciò, e il Governo non li ha fugati perché non siamo riusciti (è mancato anche lo spazio per la discussione) ad avere spiegazioni in merito ad alcune questioni confuse, ad alcuni problemi aperti.
Porto due esempi tra molti. La manovra di finanza pubblica del 2005 era largamente basata su un'importante dismissione di patrimonio pubblico, dell'importo (vado a memoria) di 6,5 miliardi. Nella relazione al decreto-legge n. 211 si riporta che vi sono problemi nella realizzazione di questo importo, ma nulla di più. Il Ragioniere generale dello Stato, audito dalla Commissione bilancio della Camera, ha affermato che si recupererà una parte modesta dei 6,5 miliardi. La correzione dei conti effettuata dal decreto-legge n. 211 è pari a 2,5 miliardi. Vorremmo capire quanto manca, quanti soldi non si incassano per le dismissioni patrimoniali e, quindi, se i 2,5 miliardi considerati dal decreto-legge n. 211 siano sufficienti. Questo è il primo elemento di ambiguità che porremo al ministro dell'economia e delle finanze nell'esame del disegno di legge finanziaria, sempre che il ministro e i sottosegretari del Ministero dell'economia e delle finanze vengano in Commissione. È, infatti, incidentalmente noto che abbiamo iniziato la discussione sul disegno di legge finanziaria in Commissione bilancio con la presenza del sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, senza che neanche il viceministro dell'economia e delle finanze con la delega per la gestione del disegno di legge finanziaria (come sempre è avvenuto in Parlamento) assicurasse la partecipazione ai lavori della Commissione.
Il secondo esempio...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Morgando.
GIANFRANCO MORGANDO. Concludo rapidamente, signor Presidente.
PRESIDENTE. Concluda onorevole, non rapidamente...
GIANFRANCO MORGANDO. Posso concludere anche subito.
Il provvedimento in esame, come ho cercato di dimostrare, è incoerente e non funziona e metterà in discussione la validità stessa della manovra di bilancio. Il
voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, che annuncio, anticipa l'opposizione che faremo al disegno di legge finanziaria, che non sarà in grado di risolvere i problemi della finanza pubblica e, di conseguenza, quelli dell'economia del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, debbo rilevare che il provvedimento in esame, come altri che in questi ultimi tempi hanno riguardato settori e materie diverse, è stato gestito dal Governo e dalla maggioranza in modo strano. Vi è stato l'annullamento del contributo che la minoranza poteva fornire; le nostre proposte sono state ignorate. Vi è stata una «blindatura» assoluta che, probabilmente, riguarderà anche il disegno di legge finanziaria e si è giunti a porre la questione di fiducia. Eppure, si tratta di un provvedimento non banale ma parte importante della manovra finanziaria riguardante il 2006, di ciò che dovrà avvenire nel 2006 in Italia.
A noi della minoranza sorge il dubbio che il Governo si stia sottraendo al confronto, che la linea economica portata avanti sia strana, dato che si procede per avvenimenti e fatti strani, quasi «alla ventura», replicando i provvedimenti, assumendoli in un'altra norma per poi correggerla. In ogni caso, credo che occorra capire quale sia la linea che il Governo intende portare avanti in questa manovra finanziaria, soprattutto di fronte ad alcune questioni abbastanza eclatanti. Il primo problema che le forze politiche e il Parlamento devono tenere presente è quello delle povertà esistenti nel nostro paese. Analizzando i dati che ci vengono forniti quasi quotidianamente dagli istituti di ricerca, possiamo constatare come oggi quello della povertà sia diventato un problema per i singoli, per le famiglie e per le imprese. Il provvedimento in esame e la manovra finanziaria non mettono le mani su questo grande problema, che interessa i singoli, i quali registrano difficoltà nella quarta settimana del mese, le famiglie, che non arrivano a fine mese, e le imprese, che non sono competitive.
Nel nostro paese vi sono 2 milioni 800 mila famiglie sotto il livello di povertà mentre, per quanto riguarda le imprese - peraltro richiamo dati non recentissimi, perché, se andiamo a vedere i dati di quest'anno, la situazione si è aggravata -, troviamo sotto tale livello il 28 per cento delle imprese agricole, il 16 per cento di quelle del commercio e il 10 per cento delle imprese industriali. Le nostre imprese non possono raggiungere la competitività e, se andiamo a verificare la media di addetti, constatiamo come essa sia di nove addetti per impresa. Il che vuol dire che le nostre imprese non sono in grado di affrontare i mercati più grandi, né quelli europei né quelli mondiali, in una epoca di globalizzazione e di competitività.
Vi è dunque un problema di competitività delle imprese, laddove oggi la competitività, il mettersi in rete e la capacità di aggregarsi rappresentano aspetti obbligatori perché, diversamente, non riusciamo a reggere la crescita economica, a migliorare il nostro sistema produttivo, a promuovere nuovi settori e ad essere presenti sui mercati esteri.
Vi è poi un terzo problema, che voglio adesso sottolineare, perché proprio pochi giorni fa è stato raggiunto, a Bruxelles, un accordo a livello europeo, con l'assenso del ministro Alemanno e del Governo italiano, sull'OCM del settore bieticolo-saccarifero. Il problema è quello di essere protagonisti a livello europeo. Per far questo, è necessario garantire la presenza del nostro paese, che non sempre c'è; al riguardo, ho denunciato in quest'aula un incontro abbastanza importante, che si è svolto dieci giorni fa a Parigi, che il nostro paese ha invece ritenuto di declassare a livello di qualche funzionario del ministero! C'è la necessità di avere iniziativa, capacità di dialogo e, soprattutto, una linea da portare avanti, altrimenti restiamo al palo.
Riguardo all'accordo raggiunto pochi giorni fa a Bruxelles in ordine al settore bieticolo-saccarifero, si tratta di un settore nel quale noi, da oggi al 2009, avremo dei problemi grandissimi: in particolare, avremo il problema dei prezzi, che produrrà disoccupazione e abbandono del comparto. Diciannovemila aziende del nostro paese si ridurranno, bene che vada, a tre o quattro, con grossissimi problemi per quanto riguarda il futuro; e stiamo attenti che il futuro è il 2009!
Siamo stati carenti sotto il profilo dell'iniziativa e, soprattutto, non abbiamo affermato un principio, che è importante anche per i nostri settori deboli. In particolare, a livello europeo, non abbiamo sostenuto il principio della solidarietà; ciò, in un momento in cui viene avanti il principio della competitività a livello dei paesi europei addirittura tra le stesse produzioni. Il settore bieticolo-saccarifero rappresenta dunque la dimostrazione del peso che abbiamo e che possiamo avere a livello europeo.
Vi è poi il problema dei conti pubblici, che sono quelli che sono. Negli ultimi quattro anni, la spesa è aumentata di 2,5 punti percentuali e le entrate sono calate di 1,2 punti. Ciò - ripeto - è avvenuto negli ultimi quattro anni. E non è il centrosinistra a governare, perché negli ultimi quattro anni ci siete stati voi al Governo! Sono questi i dati del vostro Governo! C'è stato Tremonti, poi Siniscalco, poi ancora Tremonti - che dà i numeri perché se ne intende! -, ma la situazione non è cambiata. È peggiorata! È disastrosa!
Non è cambiata la linea. Anzi, è saltato un valore, un principio, quello dell'egualitarismo, della solidarietà, del solidarismo, che faceva parte della cultura politica delle grandi forze popolari del nostro paese, per cui non si possono fare parti uguali tra diseguali, perché ciò determinerebbe un aumento delle disuguaglianze. Noi ci aspettavamo che su questo valore, applicato e non proclamato - molte volte in quest'aula ho sentito proclamare il valore del solidarismo e della solidarietà, ma esso non è applicato -, ci fosse un grande appello, del Governo e della maggioranza, per richiamare alla verità dei conti del nostro paese, alla responsabilità degli imprenditori, delle famiglie, dei cittadini, dei sindacati, cioè ad un'ampia concertazione, per scrivere insieme le linee di una legge finanziaria e quindi anche dei provvedimenti collegati ad essa, come questo che siamo esaminando, che assicurassero questa speranza, che è importante per la nostra gente. Infatti, oggi rischia di non esserci la speranza; ci sono solo le illusioni o, non so, gli illusionisti, i contratti falsi con gli italiani. In ogni caso, c'è una speranza che noi stiamo cogliendo nel paese e che rappresentiamo sulla promozione dei ceti sociali, sulla crescita dell'intera società, sullo sviluppo economico, sulla costruzione di un futuro che tenga conto che anche la politica del Governo e del Parlamento sia al servizio delle donne e degli uomini del nostro paese, per una società che dovrà essere sempre più solidale.
Vedete, questo provvedimento, sul quale voi avete chiesto la fiducia, parte integrante della legge finanziaria per il 2006, non è conforme a questo spirito, non ha questo valore; non è conforme così come non lo sarà la prossima legge finanziaria, blindata, senza l'apporto di alcuno, nemmeno della vostra maggioranza. Non lo è, peraltro, la vostra politica sul Mezzogiorno; anche la politica sulla casa non lo è e nel 2006 avremo 49 mila sfratti. Cosa facciamo? Teniamo presente che il 50 per cento degli sfrattati è rappresentato da famiglie che hanno un reddito da pensione. Ancora, non lo è nel battere le disuguaglianze sociali e non lo è nelle riforme non fatte ma anche in quelle fatte, con le quali avete perso grandi occasioni. Non avete capito lo spirito di questo paese e di alcuni valori che ancora in esso esistono. Avete fallito (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, quante bugie! Che forma catastrofistica di presentare le cose! Amico Preda, ma negli ultimi quattro anni non si è accorto che in tutta Europa si è verificata una situazione come la nostra? Non c'è mica Berlusconi che governa in Europa! In questi giorni, stiamo ascoltando veramente falsità continue. Io, invece, vorrei dare un segnale di speranza. Oggi stiamo approvando un provvedimento molto importante e sbagliano quei colleghi che sostengono che forse non avremmo dovuto inserire al suo interno alcuni segnali per determinate categorie.
Signor Presidente, voglio solo citare alcuni esempi che mi stanno particolarmente a cuore, iniziando dall'articolo 3-ter, che proroga il termine per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi. Questa proroga ci consente di acquisire i risultati di quel tavolo di lavoro tra Governo, regioni e categorie, volto a determinare un aumento, fermo restando il gettito previsto. Va detto che dobbiamo essere responsabili ed io vorrei che sempre in quest'aula ci dimenticassimo di essere uomini di parte: siamo di parte quando andiamo alle elezioni, ma quando siamo qui - amico Preda, amici della sinistra -, dovremmo governare sentendoci tutti uomini nei confronti di tutti i cittadini, non quindi solamente di parte!
Nel merito, fermo restando il gettito previsto, siamo intervenuti per non penalizzare i concessionari, come quelli del Veneto, che da sempre corrispondono regolari canoni e che sarebbero fortemente danneggiati se non si recuperasse l'evasione esistente e non si effettuasse una diversa classificazione dei canoni, parametrando il recupero dell'evasione alla effettiva redditività delle aziende turistiche e ricettive, non solo sulle superfici connesse. Qualcuno ha prima ricordato che è ridicola la percentuale del 30 per cento che il Governo intende riservare ai comuni che operano nel recupero dell'evasione; vorrei ricordare che, rispetto ai paventati tagli, nel conto consuntivo che proprio questa sera il comune di Venezia si accinge a votare si evidenzia che, nel 2004, si sono registrate maggiori entrate - a fronte di una diminuzione di 7 milioni di euro che sarebbero previsti in base al 6,3 per cento - per 9 milioni di euro, dei quali 6 a titolo di trasferimenti erariali maggiori e compartecipazione. Allora, bando alle Cassandre che sono incapaci di fare il loro lavoro, il loro mestiere di amministratori!
Per non parlare poi dell'articolo 11-quaterdecises, comma 4, concernente la proroga delle discariche. Sono particolarmente soddisfatto che il Governo abbia recepito gli emendamenti che il gruppo di Forza Italia ha presentato e che lo ha fatto, perché consentono il conferimento del cocciame di vetro, che, per sua natura (vorrei ricordarlo ai nostri verdi, agli amici della natura) non è inquinante, in discariche autorizzate fino al 30 dicembre 2006.
Tale proroga, colleghi della sinistra, consentirà, quindi, alle aziende vetraie muranesi di continuare la loro preziosa lavorazione artigianale che tutto il mondo ci ammira. Ora però deve esservi da parte di tutti i livelli di responsabilità, locali e nazionali, la volontà di affrontare, in termini concreti ed esaustivi, i limiti delle prescrizioni necessarie, non fantasiose ed irrealizzabili, per consentire il prosieguo di dette attività, a difesa dell'occupazione e della tradizione muranese, anche nel reale obiettivo del rispetto dell'ambiente.
Signor Presidente e signor sottosegretario, bastano solo questi due accenni per esprimere il ringraziamento del gruppo di Forza Italia nei confronti di un Governo concreto che cerca di risolvere i problemi, al di là della demagogia, della faziosità e delle bugie proprie degli amici della sinistra!
Forse, la sinistra storica può dire le bugie, ma mi meraviglio quando gli amici della Margherita e gli amici del mondo cattolico continuano, in maniera pervicace, a dire tali bugie! Non so che frati di manica larga dovranno trovare per ricevere i sacramenti nel mese di dicembre, con il Santo Natale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scherini. Ne ha facoltà.
GIANPIETRO SCHERINI. Signor Presidente, non voglio in questa occasione ripetere l'intervento svolto nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento sul quale il Governo ha giustamente chiesto ed ottenuto la fiducia, perché è una parte integrante della manovra finanziaria per il 2006 e ne costituisce un'anticipazione.
Sui tratti generali che contraddistinguono il provvedimento in esame i deputati che mi hanno preceduto si sono già soffermati e, quindi, non voglio abusare dell'attenzione dei colleghi e del Governo. Mi sia però concesso (non ritengo di essere fuori tema) di intervenire in ordine alla manovra finanziaria per il 2006 che, a giorni, sarà discussa in quest'aula e che è strettamente connessa al disegno di legge di conversione che ci accingiamo a votare.
Per un parlamentare eletto in una zona alpina non è possibile ascoltare silente gli attacchi che provengono dall'opposizione nei confronti del Governo, accusato di non aver fatto nulla per le realtà montane.
Come ho avuto già modo di fare, sia in Commissione finanze sia in aula durante la discussione sulle linee generali del provvedimento, dobbiamo riconoscere al Governo il lavoro effettuato a favore delle comunità che vivono in queste parti di territorio; in maniera particolare, mi riferisco alla proroga dei benefici, in primis dello sconto per il gasolio utilizzato nelle zone fredde, che sono contraddistinte con la lettera f), e nelle zone climatiche un po' meno fredde, solo parzialmente metanizzate.
Questo sgravio, come si riesce bene ad intendere, è direttamente rivolto alle famiglie. È stata adottata una scelta precisa di ridurre il costo dei combustibili utilizzati per riscaldare le case, un costo che incide non poco sulle famiglie che vivono in queste zone.
Parimenti - si dimostra in questo modo pur sempre una certa attenzione per la montagna, per l'ambiente alpino - sono stati prorogati fino al 2006 i benefici per l'utilizzo della biomassa, vale a dire per quegli impianti che bruciano gli sfalci di legname, non altrimenti utilizzabili, ed altri prodotti organici e che producono acqua calda ed energia diretta alle abitazioni.
Anche in questo caso si registra una attenzione verso le famiglie e i cittadini. Non solo, ma si tocca anche un aspetto ambientale parlando di energia pulita, dunque nel pieno rispetto del Protocollo Kyoto.
Da ultimo, vorrei ricordare che il Governo Berlusconi ha accettato un ordine del giorno sulla riforma costituzionale dello Stato che lo impegna a perseguire forme di autonomia finanziaria possibili per le province alpine non soggette a regime speciale. È chiaro quindi l'interesse per la zona montana.
Ciononostante - come già evidenziato in sede di discussione sulle linee generali -, mi permetto di sottolineare - e lo faccio quale esponente della maggioranza, senza alcun timore riverenziale nei confronti dell'esecutivo - che è necessario un ripensamento sulla parte di finanziaria contenuta in un maxiemendamento, che sicuramente è stato difficile gestire. Mi riferisco in particolare al Fondo nazionale per la montagna, che deve essere dotato di adeguate risorse finanziarie, e alla questione del demanio idrico, che riguarda in maniera particolare le province alpine e il loro patrimonio idrico utilizzato a scopo idroelettrico.
Sul primo punto non ritengo vi sia null'altro da aggiungere, se non rimarcare l'affidamento che le comunità locali fanno su tali risorse, la cui riduzione provoca seri problemi per i loro bilanci. Sulla seconda questione, vale a dire quella del demanio idrico, vorrei ricordare a chi non conosce a fondo la vicenda che con un ordine del giorno, presentato prima nel 2003 e poi in occasione della finanziaria del 2004 dal sottoscritto e dagli onorevoli Paniz e Zanetta, si è riconosciuta alle
province alpine la titolarità dei diritti correlati ai canoni demaniali delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica. Ricordo anche che tale questione fu sollevata e risolta dalla maggioranza di centrodestra, che ha affrontato una problematica atavica per le mie zone; problematica che i governi precedenti hanno sempre ignorato, anzi affrontato penalizzando le popolazioni alpine. A tal proposito, ricordo il tacito rinnovo delle concessioni idriche da parte di un Governo di sinistra.
Si tratta ora di ripristinare questo diritto che è stato riconosciuto e che sono convinto non possa essere intaccato da una sentenza della Corte costituzionale che, a parere di numerosi giuristi e anche secondo il mio umile punto di vista, non c'entra nulla con la questione. Posso comprendere le motivazioni che prudenzialmente hanno indotto il Governo a tener conto di questa sentenza, ma sono convinto che la determinazione di questa Assemblea e l'importanza delle zone alpine, che costituiscono quasi il 50 per cento del nostro territorio, possano fare da volano per un ripensamento.
Rimando al mittente le accuse - mi rivolgo ai colleghi della sinistra - formulate nei confronti del sottoscritto e degli altri membri della maggioranza, che stanno combattendo per veder riconosciuti questi diritti alle zone alpine. L'accusa era quella di essere supini nei confronti del Governo; non lo siamo, con il Governo dialoghiamo per il rispetto e la tutela dei diritti delle popolazioni di montagna. Mi riferisco in particolare agli attacchi del collega Olivieri che, nella sua furia verbale e nel suo antagonismo al Governo, non è in grado di riconoscere le cose positive che si sono realizzate e di rimarcare quelle che devono essere modificate nell'interesse della collettività che vive in quelle zone.
Questa è l'ottica nella quale va vista questa parte della legge finanziaria. La sterile contrapposizione politica non è di aiuto alla mia gente, vale a dire a coloro che vivono nelle valli alpine. Anche su tale questione, in ordine alla quale si sarebbe potuta registrare una sintonia tra maggioranza e opposizione, l'opposizione di sinistra si è limitata a svolgere una mera critica politica.
Vorrei infine che il Governo rivolgesse un chiaro messaggio nei confronti delle popolazioni alpine, facendo loro comprendere quanto all'esecutivo e alla maggioranza sia cara questa parte d'Italia.
Su tale linea, devo darne atto, si è già posto il parere della Commissione finanze sulla legge finanziaria, che contiene osservazioni in sintonia con quanto da me sottolineato. Sono convinto che il Governo riuscirà a trovare una via d'uscita sulla questione.
Concludo ricordando che le popolazioni alpine hanno avuto molto dal Governo Berlusconi, e sono convinto che su di esse vi è l'attenzione dell'esecutivo stesso e del sottosegretario Armosino.
Chiedo, infine, l'autorizzazione alla pubblicazione del testo integrale del mio intervento in calce al resoconto della seduta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, il Governo ha imposto l'ennesima fiducia sul decreto-legge in esame, che costituisce una parte importante della manovra finanziaria per il 2006. Si tratta di un provvedimento su cui il dibattito parlamentare è stato «strozzato» sia al Senato sia in questo ramo del Parlamento, e per il quale avete concesso poche ore per la presentazione degli emendamenti e ancora meno per il dibattito di merito in Commissione.
È l'ultimo atto, l'ultima finanziaria, l'ultimo provvedimento con il quale giocate con i conti pubblici, sperando di elargire qualche mancia per cercare di perdere il meno possibile. Avete stravolto la Costituzione, state cambiando la legge elettorale, state mettendo in ginocchio il paese. È di ieri l'ennesima brutta notizia:
sono stati persi altri 10 mila posti di lavoro nell'industria.
Avete vinto le elezioni del 2001 suscitando grandi emozioni. State consegnando ai cittadini un paese fiaccato, massacrato, che ha perso la fiducia nel futuro. Al sud, che è stato molto generoso con voi, avete lasciato le briciole, eppure ancora cercate di gettare fumo negli occhi.
Il taglio delle tasse è un ricordo. Oggi leggiamo che per accontentare la richiesta di Pescara di ospitare i Giochi del Mediterraneo nel 2009 puntate sulla tassa del caffè, eppure i soldi per le cose che contano non li trovate. Non trovate i soldi per il fondo per le politiche sociali, per gli enti locali, per il welfare e la sanità, per la non autosufficienza, per i disabili e per le loro indennità. Per queste legittime richieste, non vi è nulla. È questo il carniere di cui parla il Presidente del Consiglio? Ebbene, è molto vuoto, e i cittadini hanno tutti gli strumenti per capire e per scegliere di conseguenza.
Il decreto-legge in esame non è altro che l'ennesimo provvedimento «rattoppato», senza un filo logico se non quello di raschiare il fondo del barile. C'è di tutto, con il solito maquillage, per non parlare di ciò che arriverà con la legge finanziaria: ci sono quasi 5 mila emendamenti, molti dei quali presentati da colleghi della maggioranza. È ovvio che qualcosa non va al vostro interno, siete insoddisfatti, la situazione non piace neppure a voi, e pertanto anche sulla legge finanziaria porrete la fiducia, per evitare lacerazioni, scontri e tensioni. Dal TFR all'una tantum non siete d'accordo su nulla, e ogni forza politica vuole mostrare i propri muscoli perdendo quella visione di insieme che in una difficile fase della congiuntura economica dovrebbe essere la priorità.
Ma si sa che con il bene del paese non avete molto a che fare. Il Presidente del Consiglio è sempre a caccia di streghe e di comunisti, quando sa benissimo che spesso i suoi nemici sono al proprio interno. Invece di pensare a come far crescere il paese, ha pensato ai processi, e mentre il Governo dell'Italia si impegnava su questo, il mondo aveva capito il vero problema, vale a dire quello di migliorare il proprio sistema produttivo. Si pensi alla Francia, che con un Governo di centrodestra ha avviato una politica industriale colossale per dimensioni, per finanziamenti e per precisione, promuovendo nuovi settori come quelli delle nuove tecnologie, dell'elettronica, dei trasporti e dell'aviazione. Lo stesso ha fatto la Germania. L'Italia è l'unico paese industrializzato ad essere rimasto fermo. I dati forniti dall'OCSE dimostrano che il 2004 è stato l'anno migliore degli ultimi vent'anni. Tutti i paesi stanno progredendo, chi come un espresso, chi come un treno diretto ordinario. C'è solo un paese al palo, il nostro.
Il secondo record negativo è rappresentato dal fatto che i conti pubblici sono quelli che sono, e ciò emergerà con forza in sede di esame della legge finanziaria. Avete fatto dimettere il ministro Siniscalco, che pur non avendo grandi meriti aveva lo scrupolo di studioso e di tecnico di non poter giocare con la matematica. Il terzo record negativo è dato dal fatto che è aumentato il tasso di ingiustizia nel nostro paese. Nella crescita, il nostro paese non aveva mai abbandonato le persone a se stesse: è il valore dello Stato sociale che voi avete smantellato.
Parlate con la gente normale, operai ed insegnanti, per verificare che quello che era il nostro ceto medio è divenuto più povero, molto più povero. Sopravvive, non vive: è preoccupato per i figli, per la pensione e per la sanità. Non compra, non consuma, non esiste!
Gli unici consumi sono quelli alimentari: il resto è rappresentato dalle bollette per le utenze. Questo è lo «scavo» che è stato prodotto nella società italiana: anziché seguire la strada dell'equità, si è percorsa quella delle iniquità.
Ritengo che occorra ragionare su tali aspetti e porre rimedio a questa situazione, recuperando anche i nostri punti di riferimento. Se la gente sciopera, voi la insultate e non ne capite il malessere. Siete talmente presuntuosi da pretendere
di comprendere tutto e non vi accorgete del malessere. Umiliate spesso le persone e i ceti sociali.
È iniziato per voi il conto alla rovescia: vi è l'esigenza di voltare pagina, dopo cinque anni di buio. Siamo qui a lavorare per costruire una vera alternativa di governo con Romano Prodi.
Il nostro programma partirà purtroppo da questa pessima eredità che vi apprestate a lasciare. Non andremo a raccontare bugie, come quelle che sono state dette nel 2001. Andremo a dire che ognuno di noi deve fare la propria parte, imprenditori, lavoratori, famiglie ed enti locali, ma tutti sulla base di un patto di sviluppo che ci permetta di rilanciare il paese.
Potete chiedere ancora qualche voto di fiducia, come questo, in Parlamento; tuttavia, fuori da qui, nel paese reale, la fiducia vi è stata tolta da un pezzo!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Come convenuto, la votazione finale sul provvedimento avrà luogo nella seduta di domani.
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