Allegato B
Seduta n. 711 del 24/11/2005


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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

COSSA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 23 dicembre 1985, a Cagliari, nel corso di un tentativo di rapina, venne ucciso il signor Giovanni Battista Pinna, titolare di un super market;
dopo pochi giorni, venne arrestato con l'accusa di omicidio a scopo di rapina, il signor Aldo Scardella, cagliaritano, di 24 anni;
dopo l'arresto, l'imputato venne condotto nel carcere di Oristano senza che, a quanto risulta all'interrogante, gli fosse data la possibilità di comunicare ai congiunti l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti, né del luogo della sua detenzione, in violazione a quanto previsto dalla legge, e fu posto in isolamento;
dopo quattro mesi, ed esattamente il 24 aprile 1986 il signor Scardella fu trasferito nel carcere cagliaritano di Buoncammino, e fu mantenuto in regime di isolamento;


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per lungo tempo non ebbe la possibilità di incontrare i propri parenti (dei quattro incontri avuti con loro il primo risale al 10 aprile 1986, ben tre mesi dopo l'arresto);
non ebbe mai la possibilità di incontrare il proprio difensore;
dopo ulteriori due mesi, ed esattamente il 2 luglio 1986, Aldo Scardella, senza aver mai avuto la possibilità di incontrare il proprio difensore, fu trovato impiccato nella sua cella nel carcere di Buoncammino;
le indagini condotte sul caso condussero a ritenere la morte del signor Scardella dovuta a suicidio;
dopo dieci anni, nel 1996, in seguito alle indagini sul tentativo di rapina sfociato in omicidio sono state processate e condannate con sentenza passata in giudicato nel 2002 due persone (Walter Camba e Adriano Peddio) ed emerse, nel corso del processo ed in maniera inequivocabile, la totale estraneità di Aldo Scardella alla rapina, all'omicidio ed a qualunque altro reato ascrittogli;
la famiglia di Aldo Scardella sostiene che - dopo che con varie iniziative, si è rivolta all'autorità giudiziaria senza però riuscire ad ottenere informazioni soddisfacenti - vi sarebbero, in realtà, aspetti poco chiari nell'ambito della vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il loro familiare;
un elemento di particolare rilievo evidenziato dalla famiglia è il fatto che l'autopsia disposta dalla magistratura avrebbe evidenziato una palese incongruenza: sarebbero state infatti rilevate tracce di metadone nel corpo dello Scardella, nonostante le stesse cartelle cliniche del carcere non prevedessero nei suoi confronti alcuna terapia a base di stupefacenti in generale e metadone in particolare;
risulta inoltre che, alcuni anni dopo il suicidio, un'altra persona, detenuta negli stessi giorni in una cella vicina a quella nella quale si suicidò il signor Aldo Scardella - avrebbe riferito alla Magistratura di essersi accordato con lui per simulare un suicidio, al preciso fine di indurre l'autorità di vigilanza all'assegnazione di un piantone che, in qualche modo, alleviasse l'alienante condizione di isolamento;
proprio in considerazione delle tante situazioni poco chiare che sono presenti nella vicenda giudiziaria, la famiglia Scardella, oltre a nutrire forti dubbi rispetto alla volontarietà del suicidio del loro familiare, ritiene che vi siano state una serie di circostanze che avrebbero minato la resistenza psicologica di Aldo Scardella, inducendolo quindi all'atto autolesionistico che ne ha determinato la morte;
le pretese di chiarezza della famiglia sono ancor più giustificate dal fatto che le vicende hanno riguardato un innocente ed è quindi da escludere che il suicidio possa essere causato da sensi di colpevolezza in ordine ai capi di imputazione -:
quali siano le informazioni a disposizione del Ministro sulla vicenda del signor Aldo Scardella esposta in premessa;
quali siano i motivi per i quali ai familiari di Aldo Scardella non è stata per lungo tempo data la possibilità, dopo l'arresto, non solo di avere colloqui con il loro congiunto, ma anche di conoscere il luogo ove fosse detenuto;
quali siano i motivi per i quali al difensore di Aldo Scardella non è stata data la possibilità, dopo l'arresto, di avere colloqui con il proprio assistito;
se non ritenga necessario e urgente assumere idonee iniziative per fare la dovuta chiarezza sulla grave vicenda giudiziaria di Aldo Scardella promuovendo una inchiesta amministrativa presso il carcere in cui è avvenuto il suicidio di cui in premessa per accertare i fatti e le circostanze che hanno indotto il giovane al suicidio.
(4-18352)


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SERENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Georges Theil (65 anni) è stato condannato 8 novembre 2005 dal tribunale penale di Limoges ad una pena di sei mesi di reclusione e ad una valanga di altre pene per aver inviato, ad alcune persone una copia della sua testimonianza, «Un cas d'insoumission / Comment on devient révisionniste» («Un caso d'inarrendevolezza / Come si diventa revisionista»). L'opuscolo (115 pagine) era stato pubblicato nel 2002 con il nome di Gilbert Dubreuil e non era stato oggetto di nessun procedimento giudiziario;
le altre pene sono le seguenti:
1) confisca di tutto ciò che era stato sequestrato presso il domicilio di Theil a Grenoble: computer, libri, documenti;
2) privazione per cinque anni del diritto di eleggibilità;
3) 30.000 euro di ammenda;
4) risarcimento dei danni con relativi interessi alle parti civili;
5) pubblicazione (economicamente rovinosa) della sentenza sui giornali Le Monde, Le Figaro, Le Populaire e L'Echo du Centre. Eric Delcroix, avvocato di Georges Theil, ha interposto appello presso la corte d'appello di Limoges. La pena detentiva è quindi sospesa;
di tutti i processi a revisionisti per delitto di opinione da un quarto di secolo a questa parte, questo è stato di gran lunga il più sbrigativo. L'udienza è iniziata alle 9.20; il tribunale si è ritirato alle 10.50, ed è rientrato in aula, già alle 11.20, per pronunciare la sentenza. La sua deliberazione non è durata dunque che 25 minuti, al massimo, il che non può aver permesso di prendere conoscenza dei documenti depositati nel fascicolo e, in particolare, di esaminare le sei pagine delle conclusioni dell'avvocato Delcroix;
nei suoi diversi interventi il presidente si è mostrato particolarmente ostile. Ha elencato i beni dell'imputato, funzionario della pubblica amministrazione in pensione («due appartamenti e due automobili, di cui una Mercedes»). Ha manifestato dei dubbi sull'appartenenza del padre di Georges Theil alla Resistenza (Georges Theil percepisce una pensione per l'uccisione del padre avvenuta nel 1944 nel dipartimento della Corrèze). Il presidente ha in seguito insinuato che l'imputato avrebbe forse bisogno di una visita psichiatrica. Infine - fatto gravissimo - il presidente ha letto solo l'inizio della lunga e articolata lettera che l'imputato gli aveva indirizzato in sua difesa;
Eric Delcroix, difensore dell'imputato, ha potuto parlare solo per 30 minuti, così articolati: 25 minuti sulla forma e 5 minuti sul merito;
il magistrato di Limoges che ha condannato Georges Theil si chiama Francois Casassus-Buihlé; è nato in Normandia il 31 dicembre 1952. In un recente passato, secondo l'interrogante, si è reso ridicolo con la condanna, il 12 dicembre 2003, del revisionista Vincent Reynouard ad una pena di un anno di reclusione, di cui nove mesi con la condizionale. In appello, i suoi colleghi di Limoges hanno confermato il suo verdetto ma in cassazione la loro sentenza è stata annullata per un errore madornale: avevano confuso «crimini di guerra» (contestabili) con «crimini contro l'umanità» (dichiarati incontestabili);
Georges Theil sarà nuovamente giudicato a Lione, il 29 novembre, sempre per delitto di opinione -:
se il Ministro della giustizia, che già in passato si è battuto contro l'introduzione in Europa di leggi e norme contrarie alla libertà di espressione, non intenda attivarsi elevando la sua protesta nelle sedi europee competenti al fine di metter fine a queste persecuzioni, frequenti soprattutto in Francia, Austria e Germania, contro studiosi e ricercatori storici non allineati con la storiografia ufficiale.
(4-18358)