Allegato B
Seduta n. 700 del 7/11/2005

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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
pervengono incessantemente all'attenzione dell'interrogante indignate segnalazioni di esacerbati contribuenti continuamente vessati da cartelle esattoriali inviate dalle diverse società concessionarie per richiedere tributi ingiustificati, inesistenti, prescritti o comunque non dovuti;
la questione delle cosiddette «cartelle pazze» investe da tempo un numero sempre crescente di cittadini per via di una emissione indiscriminata di cartelle esattoriali non preceduta da attente verifiche sull'effettiva esistenza e sull'entità dei crediti contributivi vantati dai diversi enti interessati;
moltissimi consumatori (l'Adusbef stima decine di migliaia), hanno denunciato di aver ricevuto tutta una serie di sollecitazioni al pagamento da parte di banche e concessionario delle esattorie che gestiscono la riscossione dei tributi, che non contengono alcuna specifica né alcun richiamo delle tasse che dovrebbero pagare;
nella quasi totalità dei casi segnalati, le cartelle, così come vengono notificate, appaiono verosimilmente nulle per difetto assoluto di motivazione, in quanto non si comprende chi siano i soggetti chiamati a pagare (in alcuni casi soggetti addirittura deceduti da decenni!), e a che titolo siano richieste le somme indicate, data l'assoluta mancanza di indicazione dei necessari parametri che devono essere indicati in cartella al fine di consentire al contribuente di effettuare le opportune verifiche;
molti ancora sono i casi di richieste avanzate per crediti caduti in prescrizione e ciò induce il sospetto di possibili speculazioni in danno di cittadini che, in buona fede, pagano tributi non dovuti, o che preferiscono pagare pur di evitare spiacevoli sanzioni (vedi fermo amministrativo di autoveicoli) o avviare procedimenti che si protraggono a volte anche per anni e a costi più elevati dello stesso credito vantato;
si continua, dunque, impunemente a chiedere agli utenti pagamenti di tributi «fantasma», già assolti o prescritti, il tutto in palese violazione di precise norme di legge che regolano la trasparenza degli atti, i controlli e gli accertamenti;
la legge 212/2000 istitutiva della Carte dei diritti del Contribuente o Statuto del Contribuente, stabilisce infatti, che i cittadini hanno il sacrosanto diritto alla conoscenza degli atti ed alla trasparenza. Recita l'articolo 6: Tutti gli atti di accertamento o liquidazione dei tributi devono essere motivati. La motivazione dell'atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto e non ricevuto


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dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduce il contenuto essenziale. L'atto è nullo se non sono osservate queste disposizioni;
si tratta di una situazione assolutamente inaccettabile che costringe i cittadini a dover intraprendere snervanti iniziative difensive, anche di carattere giudiziario, con un aggravio incredibile del contenzioso civile e amministrativo del nostro già intasato apparato giudiziario;
risulta all'interrogante che almeno nel 75 per cento dei casi i ricorsi presentati dai contribuenti hanno dato luogo a pronunce di sospensiva dell'esecuzione del ruolo esattoriale e che la gran parte dei casi arrivati a sentenza ha visto sancita l'erroneità dei crediti imputati;
peraltro, già da alcuni anni, molti Giudici di Pace hanno abbandonato il vecchio atteggiamento di favore verso la pubblica amministrazione condannandola, se soccombente, al risarcimento dei danni da «cartella pazza» ed al pagamento delle spese di giudizio;
secondo l'interrogante, le «cartelle pazze» sono solo la punta dell'iceberg di una evidente disorganizzazione del sistema di riscossione dei tributi che vede lo Stato italiano, pressoché unico in Europa, non riscuotere le tasse in prima persona ma affidarsi a una rete di società concessionarie nella quasi totalità filiazioni dirette di istituti bancari che operano prevalentemente con logiche di profitto aziendale e non certamente secondo finalità di «pubblico servizio»;
tale sistema ha comportato grave pregiudizio al momento della omogeneizzazione dei dati, fondamentale per qualunque amministrazione tributaria statale, che ha notevolmente aumentato le possibilità di errore nella raccolta dei tributi e moltiplicato in maniera esponenziale la fisiologia degli errori;
chi si è sempre battuto contro l'evasione e l'elusione fiscale, ritenendo che solo allargando la base imponibile si può abbassare la pressione fiscale tra le più elevate d'Europa, a fronte di abusi e vessazioni del fisco, dei concessionari, dell'Agenzia delle entrate o dello stesso Ministero dell'Economia, che pur di incassare non guardano tanto per il sottile, non può fare a meno di denunciare questo scandalo delle «cartelle pazze» che purtroppo continua a ripetersi a ciclo continuo nonostante le ripetute rassicurazioni dello stesso Governo -:
se, in considerazione di quanto riferito, quali interventi urgenti il Ministro in indirizzo intenda porre in essere per ristabilire nel nostro Paese una situazione di legalità tributaria gravemente compromessa dal fenomeno delle cosiddette «cartelle pazze»;
se e quali iniziative intenda assumere per imporre il rispetto dei diritti degli utenti consumatori in riferimento alle negligenze, agli abusi, alle vessazioni presenti nel sistema di gestione della riscossione di crediti dovuti a vario titolo dai cittadini italiani;
se non ritenga disporre con urgenza un'opportuna verifica sulle concessionarie di riscossione dei tributi per verificare la concreta attuazione dei diritti del contribuente sanciti da apposito Statuto, e, in particolare, se:
a) nelle cartelle esattoriali inviate ai contribuenti vengano rispettati o meno i principi della legge 212/2000;
b) sia correttamente esercitato il potere di autotutela per l'annullamento o la rettifica dei provvedimenti fiscali di accertamento e di riscossione;
c) sia posto in essere un corretto svolgimento delle verifiche fiscali;
d) sia assicurata la chiara e tempestiva conoscibilità dei provvedimenti fiscali, dei modelli per gli adempimenti e delle relative istruzioni;
e) sia garantita la qualità dei servizi di assistenza ed informazione agli utenti;


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in caso contrario, se non ritenga attivare le previste sanzioni.
(4-12856)

Risposta. - In riferimento alle problematiche prospettate dall'interrogante con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'Agenzia delle entrate ha preliminarmente rappresentato che le cartelle esattoriali, emesse dall'Agenzia stessa, consentono al contribuente di individuare, con certezza, l'atto da cui scaturisce l'iscrizione a ruolo.
Infatti, sulla cartella di pagamento sono riportati: gli estremi dell'atto di accertamento notificato, nel caso in cui l'iscrizione a ruolo derivi da accertamento; gli estremi della decisione dei giudici tributari, qualora l'iscrizione a ruolo sia conseguente ad un contenzioso; gli estremi della comunicazione di irregolarità, nei casi in cui l'iscrizione a ruolo derivi dalla liquidazione ai sensi dell'articolo 36-
bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero dal controllo formale della dichiarazione operato ai sensi dell'articolo 36-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Inoltre, in questi ultimi casi, le cartelle, cosiddette speciali, contengono anche, in modo sintetico, gli elementi di calcolo che hanno portato all'iscrizione a ruolo.
In particolare, circa le iniziative da adottare nei confronti delle società concessionarie, al fine di verificare che, nell'esercizio della loro attività, siano rispettose dei principi contenuti nello Statuto del contribuente - articolo 6 della legge 27 giugno 2000, n. 212 -, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che le cartelle di pagamento riproducono il ruolo sulla cui base sono emesse.
Inoltre, per quanto riguarda l'individuazione del debitore, del credito e le motivazioni, le cartelle si limitano a riproporre - ai sensi del combinato disposto degli articoli 1, commi 1 e 2, e 6 del decreto interministeriale del 3 settembre 1999, n. 321 - i dati forniti dall'ufficio impositore in sede di iscrizione a ruolo.
Pertanto, eventuali vizi di merito della predetta iscrizione a ruolo e di motivazione sono imputabili non alle società concessionarie, bensì all'ente creditore. Per quanto concerne la tempestiva conoscibilità dei provvedimenti fiscali, dei modelli per gli adempimenti e delle relative istruzioni, la predetta Agenzia ha evidenziato che, in particolare, i modelli per la presentazione delle dichiarazioni e le relative istruzioni sono pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale con un congruo anticipo, rispetto al termine di presentazione delle dichiarazioni stesse. Detto anticipo varia da un minimo di tre mesi (per il modello 730 presentato ai sostituti d'imposta) ad un massimo di sette mesi per i modelli Unico presentati in via telematica.
I modelli 730 e Unico Persone fisiche (I e II fascicolo) e le relative istruzioni di compilazione, oltre che disponibili sul sito dell'Agenzia delle entrate o acquistabili sul mercato come tutta la modulistica fiscale, sono diffusi gratuitamente presso i comuni.
L'Agenzia delle entrate organizza annualmente, inoltre, un efficace servizio di assistenza presso i propri uffici locali, ai quali il contribuente, oltre all'assistenza per la compilazione del modello Unico, può richiederne la trasmissione gratuita in via telematica. I contribuenti possono accedere, in ogni caso, ai servizi di assistenza erogati dagli uffici locali anche attraverso la prenotazione degli appuntamenti (tramite telefono al n. 199.126.003 o via internet collegandosi al sito www.agenziaentrate.gov.it) ed è fornito anche un apprezzato servizio di assistenza telefonica al n. 848.800.444.
I dati delle dichiarazioni pervenuti in via telematica sono elaborati con procedure automatizzate e confrontati con la banca dati dei versamenti eseguiti. Nei casi in cui risultino errori di compilazione e/o carenze o tardività nei versamenti, è inviata al contribuente apposita comunicazione, nella quale sono esposti i motivi delle anomalie o irregolarità riscontrate.
Al riguardo, la suddetta Agenzia ha precisato che tale comunicazione evidenzia la possibilità di chiedere la correzione dell'eventuale irregolarità riscontrata quando, di fatto, non sussiste, essendo stata causata


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da meri errori materiali di compilazione della dichiarazione o della delega di pagamento, ovvero da dati ed elementi non considerati nella fase del controllo.
Relativamente a dette comunicazioni, l'Agenzia delle entrate garantisce un efficace servizio di assistenza al contribuente per mezzo dei propri uffici locali. Nella maggior parte dei casi (fatta eccezione per i casi più complessi) la correzione può essere richiesta anche telefonicamente al numero 848.800.444 sopra citato.
Qualora l'irregolarità sussista, in tutto o in parte, può essere sanata con il versamento delle imposte dovute entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione; in questo caso, è ridotta ad un terzo la sanzione ordinariamente prevista al 30 per cento delle somme non versate o versate in ritardo.
Soltanto in caso di mancata correzione della comunicazione per inerzia del contribuente o di omesso pagamento spontaneo delle somme richieste, se effettivamente dovute, l'Agenzia procede all'iscrizione a ruolo delle imposte, dei relativi interessi e delle sanzioni nella misura ordinaria.
Infine, a seguito della notifica della cartella di pagamento, il contribuente può sempre chiedere, prima di instaurare eventualmente il contenzioso, la correzione o l'annullamento della stessa in base al principio dell'autotutela, e gli uffici dell'Agenzia delle entrate ne garantiscono l'applicazione riconoscendo, ove sussistano, le ragioni del contribuente.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ANNUNZIATA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una recente inchiesta dell'associazione di consumatori «Altroconsumo», pubblicata nel numero di aprile della rivista Salutest e diffusa dai principali organi di informazione, ha evidenziato che i prodotti alimentari cosiddetti light, non sono poi così leggeri come si tende a far credere nella loro pubblicità;
l'inchiesta ha preso in esame due aspetti di questi prodotti: le effettive differenze nutrizionali e di gusto tra il prodotto classico e la sua versione light e il grado di chiarezza e trasparenza delle dichiarazioni in etichetta dei prodotti leggeri;
su 42 etichette analizzate, tra formaggi, yogurt, maionese, tonno, patatine, prodotti da forno, ben 24 sono state bocciate, sia per l'evidenza grafica data a caratteristiche già presenti anche nella versione tradizionale del prodotto (come ad esempio «ricotta magra» quando la ricotta è un prodotto magro per definizione) e sia per la riduzione riportata in etichetta, che dovrebbe essere chiara e comprensibile, non generica («meno calorie»), ma riferita, in percentuale, a una sostanza nutritiva (come ad esempio il grasso e non a un ingrediente - «30 per cento di olio in meno»);
questo, tra l'altro, è quanto prevede il regolamento europeo, in fase di discussione, sulle «Indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari»;
dal punto di vista del contenuto dell'alimento, l'inchiesta di «Altroconsumo» evidenzia la presenza in questo tipo di prodotti di un risparmio calorico non sempre tale da giustificare l'acquisto della versione light dello stesso prodotto. È il caso dei prodotti da forno, come i sostituti del pane e i biscotti, dove, per il tipo di monoporzione proposta, si rischia di assumere più calorie con il prodotto leggero;
altro aspetti emerso dall'indagine è che in taluni casi questi cibi «alleggeriti» possono contenere conservanti assenti nella versione classica del prodotto (come ad esempio il sorbato, presente nella mozzarella light o amido e fibre usati come riempitivi);
dal punto di vista del prezzo, poi, non sono emerse sostanziali differenze tra l'alimento light e il suo corrispettivo tradizionale, ma nella versione light spesso si paga il peso dell'acqua, aggiunta al posto


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di altri ingredienti. Dunque si paga lo stesso prezzo per una quantità effettiva di prodotto inferiore, anche se formato e aspetto sono identici;
gli spot pubblicitari di questi prodotti propongono persone felici che gustano grandi quantità di questi alimenti sentendosi pieni di energie e vitalità. A giudizio dell'interrogante, alla luce di quanto emerso dall'inchiesta di «Altroconsumo» si tratta di immagini fuorvianti e ingannevoli perché mostrano, comunque, cibi molto calorici (formaggi, burro, maionese, eccetera) ai quali è stata certamente tolta una percentuale di grasso o di zuccheri, ma non abbastanza da farne un cibo davvero «leggero»;
sulla confezione dei prodotti in questione viene infatti evidenziata spesso la percentuale di grasso in meno contenuta, omettendo, invece, di segnalare quella residua e questo può indurre i consumatori a commettere pericolosi errori di valutazione;
chi ha problemi di colesterolo, ad esempio, deve limitare il consumo di formaggi, ma può ritenere cosa possibile mangiare intere confezioni di formaggi light, senza sapere esattamente quanti grassi sta assumendo;
un altro aspetto da considerare nei cibi light è il gusto. Riducendo grassi e zuccheri si modifica il sapore degli alimenti ai quali, conseguentemente, in molti casi si aggiungono additivi artificiali, la cui presenza può essere causa di disturbi anche seri in soggetti particolarmente sensibili -:
se il ministro in indirizzo, alla luce dei fatti, delle considerazioni esposte, e delle allarmanti proporzioni assunte dal fenomeno/moda dei cibi light, non ritenga doveroso assumere le necessarie iniziative, anche attraverso una segnalazione all'Autorità anti-trust, affinché verifichi, nel caso in specie, la eventuale sussistenza degli estremi di «pubblicità ingannevole» ai sensi degli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 1, del decreto legislativo n. 74 del 1992, e conseguentemente ne vieti l'ulteriore diffusione in modo da non violare la pubblica fede, la salute e i diritti del consumatore;
se il Ministro, non ritenga, intanto, opportuno, per quanto di sua competenza, intervenire con una mirata campagna di informazione al fine di chiarire in maniera corretta tutti gli aspetti legati al dilagante consumo dei cosiddetti cibi light.
(4-14523)

Risposta. - L'attuale disciplina normativa, di livello nazionale e comunitario, in materia di additivi edulcoranti nei prodotti alimentari ne consente l'impiego in sostituzione degli zuccheri, per la riduzione del valore energetico, solo se tale riduzione risulta pari ad almeno il 30 per cento rispetto al prodotto analogo contenente gli stessi zuccheri; solo in questa fattispecie è consentita l'eventuale attribuzione del termine «light» ai prodotti sopra indicati.
Il Ministero della salute è consapevole sia dell'esigenza di una produzione alimentare di qualità, associata ad una etichettatura chiara e comprensibile, che contribuisca ad accrescere le informazioni per i consumatori, sia della necessità di promuovere campagne di informazione per una corretta educazione alimentare; a tale scopo dal 2002 è stata istituita una Commissione di esperti, con l'obiettivo di coordinare le misure necessarie alle suddette finalità.
Relativamente all'ambito comunitario, si segnala che presso gli organi europei è stata discussa la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute riportate sui prodotti alimentari.
La proposta, sulla quale è stato raggiunto un accordo politico, rappresenta un passo decisivo nell'ambito del processo di armonizzazione della legislazione alimentare, in conformità agli intendimenti delineati nel Libro bianco sulla sicurezza alimentare del 2001.
Nel mercato europeo sono già in uso numerosi «
claims», riferiti non solo agli aspetti nutrizionali della composizione dell'alimento, ma anche, in modo più o meno particolareggiato, al benessere dell'organismo umano.


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Il Regolamento in questione è finalizzato ad elevare il livello di tutela dei consumatori, orientandoli al consumo degli alimenti più idonei a costituire una razione alimentare adeguata, nel contesto di un sano stile di vita; potrà, inoltre, servire agli Stati membri per contrastare la presenza, in etichetta, di «
claims» fuorvianti per i consumatori.
Per quanto riguarda, in particolare, la realizzazione di una campagna mirata di informazione che abbia l'obiettivo di fare chiarezza su tutti gli aspetti legati al consumo dei cibi «
light», è opportuno ricordare che essa rientra nella più generale campagna di comunicazione sugli stili di vita salutari che il Ministero della salute sta realizzando già dal 2003, ricompresa nei dieci progetti-obiettivo individuati nel Piano sanitario nazionale 2003-2005.
La campagna in questione, focalizzata sulle sane abitudini alimentari e sulla promozione della dieta mediterranea, prende come riferimento la «piramide alimentare» e promuove l'importanza di una dieta equilibrata e variata, comprensiva di tutti gli alimenti, assunti nelle giuste quantità.
Va, inoltre, sottolineato che il compito di fornire ai cittadini una comunicazione più dettagliata rientra negli ambiti della professionalità e competenza dei medici di medicina generale e dei medici specialisti della nutrizione.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

ANNUNZIATA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'aspartame è un dolcificante artificiale consumato nel mondo da centinaia di milioni di persone. È utilizzato in oltre 6.000 prodotti dietetici, fra i quali bevande, gomma da masticare, dolciumi, caramelle, yogurt, farmaci, in particolare sciroppi e antibiotici per bambini;
è stato calcolato che la quantità media di aspartame assunta giornalmente da coloro che ne fanno uso è di circa 2-3 mg/ Kg di peso corporeo e, per quanto riguarda bambini e donne in età di gravidanza, ancora di più. La quantità giornaliera di assunzione di aspartame permessa dalle normative vigenti è di 50 e 40 mg/Kg di peso corporeo, rispettivamente negli USA ed l'UE;
negli anni 1970, prima dell'inizio della commercializzazione dell'aspartame, furono condotti dalle industrie produttrici studi sperimentali di cancerogenicità su ratti e topi. I risultati di questi studi complessivamente non evidenziarono la cancerogenicità dell'aspartame, anche se qualche dubbio fu sollevato da alcuni della comunità scientifica in relazione alla qualità della conduzione degli esperimenti ed al fatto che erano stati rilevati alcuni casi di tumore al cervello tra gli animali trattati con aspartame, e nessuno fra gli animali di controllo;
per i limiti di questi studi, e soprattutto per la grande espansione che ha avuto nel corso degli anni l'uso dell'aspartame, alla fine degli anni '90 l'autorevole Fondazione Europea di Oncologia e Scienze Ambientali «Bernardino Ramazzini» decise di programmare uno studio che, per numero complessivo di animali, numero di livelli di dose studiati e conduzione dell'esperimento secondo le buone pratiche di laboratorio correntemente in uso, consentisse una valutazione adeguata dei potenziali effetti cancerogeni del composto;
i risultati dell'esperimento sono stati comunicati al Ministero della salute e all'Istituto Superiore di Sanità nel mese di aprile del corrente anno. Nella seconda metà di giugno, sono stati presentati all'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, all'Herbert Irving Comprehensive Cance Center della Columbia University, al National Cancer Institute del governo americano ed al US National Institute of Environmental Health Sciences;
primi risultati dello studio hanno evidenziato che:
1) l'aspartame induce un aumento dose-correlato, statisticamente significativo,


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dell'incidenza di linfomi e leucemie nelle femmine. Tale aumento statisticamente significativo è stato osservato anche alla dose di 20 mg/Kg di peso corporeo, una dose inferiore a quella ammessa per l'uomo dalla normativa vigente (50-40 mg/Kg di peso corporeo);
2) l'aggiunta di aspartame al cibo induce una diminuzione dell'assunzione di cibo correlata con la dose del composto, senza però determinare una differenza del peso corporeo tra gli animali trattati e non trattati;
sulla base di questi risultati viene dimostrato per la prima volta che, sperimentalmente, l'aspartame è un agente cancerogeno, in grado di indurre linfomi e leucemie nei ratti femmina, anche a dosi ammesse per l'alimentazione umana. I dati inoltre dimostrano che l'integrazione della dieta con aspartame non induce alcuna modificazione dell'andamento del peso corporeo degli animali trattati rispetto ai non trattati -:
se e quali urgenti iniziative il Ministro della salute intenda assumere in ordine a quanto esposto in premessa;
in particolare, se, in considerazione del fatto che i risultati dei saggi sperimentali condotti sui roditori, topi e ratti, sono altamente predittivi dei rischi cancerogeni per l'uomo, come riconosciuto dall'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) dell'organizzazione mondiale della Sanità, il Ministro interrogato non ritenga che le conclusioni del suddetto autorevole studio impongano un urgente riesame da parte degli organi sanitari competenti dei livelli di assunzione permissibili dell'aspartame, al fine di meglio proteggere la salute pubblica, soprattutto quella dei bambini maggiormente esposti al consumo di questo dolcificante.
(4-15974)

Risposta. - L'aspartame (E 951) è un additivo alimentare appartenente alla categoria degli edulcoranti; il suo impiego, nell'uso da tavola e nella produzione di alimenti e bevande, è da ricondurre all'elevato potere dolcificante, privo di apporto calorico.
L'aspartame viene utilizzato diffusamente in tutti gli alimenti ipocalorici, cioè nei prodotti, in cui la sua presenza in sostituzione dello zucchero, comporta una notevole riduzione del valore energetico degli stessi.
La regolamentazione dell'uso è disciplinata a livello comunitario dalla direttiva 94/35/CE, concernente gli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari, e a livello nazionale, dal decreto ministeriale 27 febbraio 1996, n. 209, che, fra l'altro, ha recepito la direttiva suddetta.
Nel settore degli additivi, ormai armonizzato legislativamente a livello comunitario, vige il principio della «lista positiva»; si possono impiegare soltanto gli additivi in essa elencati, nei soli alimenti indicati e alle dosi fissate, e qualsiasi sostanza, prima di essere inserita nell'elenco degli additivi consentiti, dev'essere valutata tossicologicamente al fine di assicurare la tutela della salute dei consumatori.
Prima dell'inclusione nella suddetta lista, l'aspartame è stato giudicato idoneo dal JECFA (Comitato misto FAO/OMS per la valutazione degli additivi alimentari) e dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana dell'Unione europea (SCF); l'ultimo parere espresso nel 2002 dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana dell'Unione europea ha confermato per l'aspartame una Dose giornaliera accettabile (DGA), pari a 40 mg/kg di peso corporeo, precisando che il consumatore deve essere informato della presenza della fenilalanina.
L'informazione, diretta ai consumatori affetti da «fenilchetonuria», deve essere riportata, come avvertenza, sulle etichette degli edulcoranti da tavola e dei prodotti alimentari contenenti aspartame.
Lo studio di cancerogenesi sui ratti, presentato dall'Istituto Ramazzini di Bologna, avrebbe evidenziato un possibile ruolo dell'aspartame nel favorire l'insorgenza di alcuni tumori.
Tale studio è stato preso in considerazione dall'Autorità europea per la sicurezza


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alimentare (European food safety authority - EFSA), che, in data 14 luglio 2005, ha diramato un comunicato, nel quale dichiarava non appropriato, sulla base delle attuali informazioni, suggerire, per l'aspartame, un cambiamento nella dieta dei consumatori.
In data 19 luglio 2005 il Consiglio superiore di sanità, nel corso di una riunione a cui hanno partecipato anche esperti dell'Istituto superiore di sanità, ha esaminato la questione relativa all'aspartame pervenendo alle seguenti conclusioni, analoghe a quelle dell'Efsa: «lo studio dell'Istituto Ramazzini, così come presentato, non possa identificarsi come elemento di certezza sperimentale; al momento non vi siano elementi scientifici tali da proporre all'Autorità sanitaria di adottare misure volte a modificare le indicazioni dell'uso e del consumo dell'aspartame e chiede che gli Autori comunque forniscano a questo Consiglio, come peraltro richiesto dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, tutti i dati grezzi relativi allo studio nonché tutte le informazioni correlate al protocollo sperimentale per un'adeguata valutazione».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BALLAMAN. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
preso atto che la «sindrome dei Balcani» continua a mietere vittime tra i nostri militari reduci da missioni nell'ex Jugoslavia;
centinaia di questi reduci, e le loro famiglie, sono in attesa di sapere se e quando potranno avere diritto alla causa di servizio;
al momento questa patologia ha già causato venti morti;
le conclusioni del rapporto Mandelli, per quanto non condivise dallo scrivente, hanno comunque individuato dei sistemi per continuare il monitoraggio sia dei reduci tuttora in servizio sia di quelli non più in servizio (volontari in ferma annuale, volontari in ferma breve) consistente in visite periodiche per almeno 5 anni dall'ultima missione svolta da effettuarsi presso gli ospedali militari;
tali visite non sono possibili presso queste strutture in quanto le stesse oltre a non aver avuto direttive in merito, non hanno nemmeno la strumentazione necessaria -:
il motivo per il quale non siano state emanate direttive specifiche in merito all'ultima perizia Mandelli;
cosa stia facendo il Ministero in merito alla vicenda dei militari malati o deceduti in seguito alla sindrome dei Balcani.
(4-06012)

BALLAMAN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche hanno riportato un'intervista ad un alto funzionario alla sanità alla Difesa, che ha voluto mantenere l'anonimato, in cui emerge tutta la pericolosità dell'uranio impoverito utilizzato per scopi bellici;
nell'intervista emerge inoltre chiaramente che è da quasi vent'anni la Difesa riceve dalla Nato e dagli Usa rapporti sulla nocività del metallo;
il funzionario ha dichiarato di essere stato rimosso dall'incarico quando cercò di far presente i rischi;
tali rischi di cui la Difesa era, secondo l'intervista, al corrente sarebbero di origine chimica e non radioattiva, esattamente come concluso dalle analisi svolte dalla dottoressa Gatti per conto dell'osservatorio militare;
ad oggi, nonostante la morte di 23 militari italiani impiegati in zone belliche dove si è fatto uso di proiettili ad uranio impoverito e di oltre 200 ammalati, nonostante ci siano studi scientifici che dimostrano un inequivocabile nesso tra le


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patologie e l'uso di tali proiettili, la Difesa e le Forze Armate continuano a negarne la pericolosità;
nell'opinione pubblica serpeggia il sospetto che non si voglia far emergere le verità per coprire le colpe di qualcuno -:
se non si ritenga opportuno, a cinque anni dal primo decesso di un militare operante nell'area in cui fu sparato uranio impoverito, fare finalmente chiarezza;
se non si ritenga opportuno prendere in considerazione gli studi sopra citati;
quali siano le precauzioni prese per i nostri militari inviati in missione in Iraq, e quali sono le differenze con le precauzioni prese nelle missioni nell'ex Jugoslavia.
(4-07587)

Risposta. - La Difesa pone grande attenzione sulla tematica dell'uranio impoverito (UD) e si è impegnata nella ricerca di verità scientifiche in tutte le direzioni e con la massima determinazione.
Sino ad ora le indagini effettuate e gli studi condotti, sia in ambito nazionale che internazionale, non hanno dimostrato scientificamente l'esistenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito - peraltro mai usato dalle forze armate italiane - e le patologie riscontrate nei militari.
Per quanto concerne le iniziative finalizzate all'accertamento dei casi di tumore ed eventuali fatti espositivi eziopatogenetici verificatisi nell'impiego nelle aree operative di Bosnia e Kosovo, è stato previsto (ex legge n. 27/2001) un monitoraggio volontario e gratuito su tutti i cittadini italiani che si fossero trovati in quelle zone a far data dall'agosto 1994.
In esito a ciò, il Ministero della difesa, con l'attivazione della Commissione ministeriale tecnico-scientifica presieduta dal professor Mandelli, ha avviato, sin dal 2001, il monitoraggio sui militari in servizio che ne avessero titolo, secondo un protocollo definito dalla Commissione.
Con il decreto interministeriale 22 ottobre 2002, che ha formalmente recepito il protocollo definito dalla Commissione Mandelli nel 2001, sono state disciplinate le modalità di accesso a tale iniziativa per tutte le altre categorie di cittadini italiani presenti nelle medesime aree balcaniche (personale della Polizia di Stato, personale di rappresentanza diplomatica e familiari, Organizzazioni non governative, eccetera.
Infine, con l'Accordo Stato-regioni del 30 maggio 2002 è stato attivato un Comitato tecnico-scientifico interministeriale, presieduto dal Ministero della salute, con partecipazione di rappresentanti del Ministero della difesa e di altri comparti interessati, con il compito di dirigere le necessarie iniziative volte a dare piena realizzazione a tutte le attività previste dal monitoraggio stesso.
Le suddette attività comportano, fra l'altro, l'implementazione di un archivio informatico centralizzato del personale avente titolo al monitoraggio. L'archivio consentirà l'accurata registrazione di tutte le patologie tumorali del personale in questione.
È di tutta evidenza, pertanto, che il monitoraggio è stato avviato nei tempi indicati dalla citata Commissione «Mandelli» e nei termini previsti dalle norme vigenti.
Relativamente, invece, all'indagine cui si fa riferimento, la dottoressa Gatti dell'università di Modena ha esaminato un numero imprecisato di campioni bioptici di alcuni militari italiani affetti da patologia emolinfoproliferative, reduci da aree operative balcaniche, mediante un'innovativa metodica di microscopia elettronica a scansione ambientale.
L'esame ha evidenziato: la presenza di nanoparticelle di elementi, anche metallici (fra i quali, alluminio, rame, mercurio, magnesio), normalmente non presenti. Il deposito di tali nanoparticelle, alla luce di un'ipotesi formulata dalla Gatti, sarebbe dovuto o all'inalazione e/o all'ingestione di esse; l'assenza di nanoparticelle di uranio depleto nei campioni esaminati.
Dal punto di vista scientifico, la presenza di tali nanoparticelle nelle cellule tumorali non viene, di per sé sola, considerata causa delle neoplasie.


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A tal proposito, viene richiamato che per le patologie ad eziologia monofattoriale o tendenzialmente monofattoriale, per le quali, cioè, sia possibile delineare un nesso di causalità piuttosto che un nesso di probabilità, il processo di individuazione di un agente causale dovrebbe soddisfare i cosiddetti «postulati di Evans».
Ciò posto, si ritiene che i risultati dello studio della dottoressa Gatti costituiscano, al momento, un ulteriore importante contributo al quadro complessivo delle ipotesi.
Naturalmente i risultati sperimentali conseguiti potranno avere maggiori riscontri con approfondimenti degli studi e possibili pubblicazioni scientifiche recensite a livello nazionale o internazionale.
In particolare, il lavoro dovrà venire corredato della metodologia statistica di supporto indispensabile per l'attendibilità scientifica.
Per quanto riguarda le misure adottate a tutela della salute dei militari italiani in territorio iracheno, si precisa che l'immissione del personale nel teatro operativo è subordinata al completamento degli accertamenti previsti prima dell'invio in missione (preimpiego), nonché all'effettuazione delle misure di profilassi e di vaccinazione disciplinate dalla competente direzione generale per la sanità militare.
Tutto il personale, peraltro, è opportunamente addestrato in patria sulle misure cautelative da adottare nelle zone ipotizzate a rischio.
Tali misure si concretizzano in una serie di norme comportamentali riportate, peraltro, anche in due manuali pieghevoli in distribuzione ed oggetto di apposite lezioni.
Lo stesso, inoltre, ha come dotazione individuale l'indumento protettivo permeabile completo di maschera anti-NBC e di dosimetro per il rilevamento dell'eventuale esposizione a radiazioni presenti in teatro.
Nell'ambito delle misure di protezione nucleare, batteriologica e chimica (NBC), va sottolineato che una componente NBC ha il compito di verificare l'assenza di aggressivi chimici e/o di anomali livelli di radioattività nelle aree di responsabilità, nonché di delimitare eventuali aree contaminate e di effettuare la decontaminazione di emergenza di persone, mezzi e materiali interessati da aggressivi chimici e radiologici.
Tuttavia, proprio per porre in atto ogni possibile iniziativa volta a comprendere meglio il fenomeno, la Difesa ha avviato uno complesso progetto di ricerca e sviluppo in forma di studio prospettico seriale sulle unità militari attualmente operanti nel teatro iracheno.
Il protocollo di una simile ricerca - la prima a livello mondiale - è il risultato di un ponderato lavoro di revisione scientifica promosso dal professor Mandelli, congiuntamente alla Sanità militare e vede la partecipazione di Istituzioni nazionali di rilievo internazionale.
Con questo studio, denominato Signum (Studio sull'impatto genotossico nelle unità militari), potranno essere identificati eventuali nessi di causalità o concausalità esistenti fra fattori genotossici eventualmente presenti nelle aree di operazioni, e patologie degenerative.
Si deve, infine, rimarcare come tale studio prenda in esame non solo l'eventuale impatto genotossico dell'uranio impoverito, ma anche molti fattori di pericolo, capaci di lasciare un segno anche indiretto della loro esistenza ed azione, mediante campionamento ed analisi incrociate su diverse matrici biologiche (urina, sangue e capelli).
È evidente come, sulla base delle indicazioni risultanti potranno essere tratti utili indizi per meglio comprendere, ed eventualmente gestire, le problematiche sanitarie ipotizzate.
Dunque, nulla si sta tralasciando per acquisire ulteriori elementi di certezza sulla questione e si intende fermamente procedere a tutto campo sino alla determinazione di conoscenze scientifiche che portino alla comprensione del fenomeno nei suoi aspetti eziologici, diagnostici e profilattici.
Anche l'attività in atto della Commissione parlamentare d'inchiesta a base monocamerale (Senato), istituita il 17 novembre 2004, potrà contribuire ad individuare elementi nuovi per fare ulteriore chiarezza su tale questione che attiene alla sicurezza e alla salute dei nostri militari.


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La Difesa ha affrontato con particolare attenzione anche l'aspetto relativo alle iniziative assistenziali e di sostegno in favore del personale che ha contratto patologie neoplastiche e dei loro congiunti.
In particolare, l'assistenza sanitaria in patria a favore del personale in servizio viene resa a titolo sostanzialmente gratuito, con le modalità fissate dai rispettivi regolamenti amministrativi, da strutture della Sanità militare o del Servizio sanitario nazionale, ad esclusiva scelta dell'interessato.
Quanto ai militari reduci, nel frattempo congedati, essa viene resa con le stesse modalità da strutture del Servizio sanitario nazionale e a titolo di ulteriore tutela, anche dalla Sanità militare, alla luce delle indicazioni del decreto interministeriale Sanità-Difesa del 31 ottobre 2000.
Il rimborso delle spese assistenziali sostenute dal personale, in servizio oppure congedati, reduci da impieghi operativi in area balcanica, è previsto anche laddove le infermità lamentate non siano state valutate ai fini della riconducibilità ad eventi di servizio.
È stata, peraltro, prevista la possibilità che i singoli Comandi di corpo, a semplificazione dell'iter burocratico e qualora ravvisino la necessità di intervenire in via preventiva, possano richiedere la concessione di anticipazione dei contributi.
Ai familiari dei militari gravemente ammalati, anche laddove non sia stata valutata un'eventuale dipendenza dell'infermità dal servizio svolto, sono stati concessi titoli di sussidio, per spese di viaggio e soggiorno in sedi di assistenza, da parte dell'amministrazione Difesa su istanze presentate dagli interessati.
Inoltre, ai familiari di personale deceduto o dichiarato permanentemente inabile a seguito di infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, ai sensi della legge 27/2001, sono estesi i benefici del collocamento obbligatorio con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e preferenza a parità di titoli.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BRUSCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i requisiti specifici di ammissione al concorso per titoli ed esami per primo livello dirigenziale veterinario sono disciplinati dall'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483, lettera c);
nella disciplina di medicina veterinaria l'esperienza, soprattutto se prolungata per un considerevole lasso di tempo, consente di raggiungere livelli di professionalità adeguata allo svolgimento anche di quelle attività per le quali è prescritto il titolo di specializzazione;
ciò è tanto più vero se l'esperienza professionale si sia consolidata in un lungo arco temporale pari a due decenni;
ad avviso dell'interrogante, su questi presupposti il decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483, lettera c) potrebbe essere integrato nel senso che l'iscrizione all'Albo per non meno di 20 anni è titolo equipollente alla specializzazione di cui alla lettera b) -:
se siano allo studio del Ministro competente iniziative normative finalizzate ad integrare la disciplina descritta nel senso di cui in premessa.
(4-16678)

Risposta. - L'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997 n. 483 «Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale», nello stabilire i requisiti specifici di ammissione per l'accesso al primo livello dirigenziale veterinario, indica il diploma di laurea in medicina veterinaria, la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso, e l'iscrizione all'albo del rispettivo ordine.
La citata norma regolamentare ha introdotto nell'ordinamento legislativo, la disciplina di dettaglio, già delineata, peraltro, in via generale, dai Decreti legislativi 30 dicembre 1992, n. 502 e 3 febbraio 1993, n. 29, i quali a suo tempo, avevano individuato i criteri per l'ammissione a tutti i


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profili dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, tra cui anche la specializzazione nella disciplina.
Relativamente alla proposta dell'interrogante, concernente la possibile equipollenza dell'iscrizione all'Albo, per non meno di vent'anni, come requisito alternativo a quello della specializzazione, si precisa che il decreto presidenziale n. 483/97 ha dato attuazione alla norma primaria (articolo 15 del decreto legislativo n. 502/92), la quale ha indicato la specializzazione come requisito essenziale per l'accesso alla dirigenza sanitaria.
Nel corso della definizione delle norme regolamentari, peraltro, era stata prevista, tra le norme transitorie e finali, la possibilità, sia pure temporanea, della partecipazione ai concorsi anche senza specializzazione, in alternativa ai cinque anni di anzianità di servizio nella disciplina.
La previsione non è, tuttavia, stata accolta in sede di riunione preliminare della seduta del Consiglio dei ministri, in quanto in contrasto con la disposizione primaria.
È stato possibile, tuttavia, prevedere, in un primo momento, per un periodo limitato (due anni), e successivamente con il correttivo sancito dal decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 254, un requisito di accesso alternativo, quale la specializzazione in disciplina affine.
Va sottolineato come il quadro normativo delineato dal decreto legislativo n. 502/92 preveda un organigramma, strutturato sull'inserimento del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale direttamente nella dirigenza; tale percorso di accesso non può essere conseguito solamente con il diploma di laurea, ma necessita di una maggiore capacità ed esperienza professionale, individuata dal legislatore delegato nel possesso della specializzazione nella disciplina oggetto di concorso.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BUEMI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 23 settembre 2002, il Consigliere Marcello Alessio, Capo Missione, presso l'Ambasciata italiana a Lima-Perù, aveva constatato, presso la DGPC, direzione generale Promozione e Cooperazione Culturale, un esposto formulato dal Consigliere di legazione Marco F. Tornetta, nei confronti del professor Anacleto Massari, direttore, dal 1996 fino al luglio 2000, dell'Istituto italiano di Cultura di Urna, presentato relativamente ad alcune conferenze effettuate nelle Università del Perù, ed informato, da parte del nuovo Ambasciatore designato, Sergio Busetto, del fatto che sulla vicenda era in corso una denuncia penale, e che, appena giunto a Lima, avrebbe dovuto far luce sui fatti accaduti;
appena giunto a Lima, il Consigliere Marcello Alessio venne a conoscenza del conflitto tra Torretta ed il professor Massari, le accuse mosse dal Tornetta nei confronti di Massari riguardavano tutta la gestione di Massari, gestione elogiata, ripetutamente e più volto, dalle più alte Autorità ministeriali per il coraggio e la lungimiranza;
l'opera del professor Massari si era concretizzata nello sviluppo della cultura italiana, attraverso l'insegnamento della lingua italiana ma, arche, attraverso il dislocamento in diverse Università del Perù, in particolare nelle città dell'interno ed anche a Lima, di docenti invitati dall'Italia, o scelti tra i giovani laureati o intellettuali presenti sul posto, per avviare un progetto culturale di ampia portata;
tali docenti venivano pagati in parte dalle Università peruviane in cui operavano e in parte dall'Istituto di Cultura;
la normativa in vigore, non potendo, però, far gravare, in base ad un'interpretazione restrittiva, tali integrazioni salariali sul capitolo riguardante le prestazioni lavorative, imputava le relative spese al capitolo riguardante «le manifestazioni culturali», soluzione definita «probabilmente discutibile dal punto di vista amministrativo-contabile», ma, comunque «ben nota ai competenti dei servizi del Ministero» come si legge nella richiesta di archiviazione dei p.m. datato 15 ottobre 2005 e seguito da decreto di archiviazione


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del GIP del 22 gennaio 2005 (procedimento n. 30239/04), da cui emerge l'infondatezza piena delle accuse mosse al professor Massari dal Consigliere di legazione Marco F. Tornetta;
tali prestazioni svolte dai docenti, risultavano concordate con le diverse Università Peruviane ed alla fine del 1998 alcuni di tali accordi vennero formalizzati in apposite convenzioni, quali quelle con l'Università «Andina» del Cusco, in data 5 novembre 1998, e l'Università «Sant'Antonio Abad del Cusco», tale situazione venne regolarizzata con la Convenzione approvata dal Ministero degli Esteri peruviano (NV 6-16/6 dell'8 febbraio 1999), firmata fra l'Istituto di Cultura ed il locale Ufficio Internazionale delle Migrazioni, e, successivamente, dalla Conferenza nazionale dei Rettori delle Università del Perù e dalle Università interessate;
tale regolarizzazione dei docenti durò solo fino alla partenza del professor Massari, cioè per l'anno 2000, poco dopo l'Ambasciata, con una circolare inviata a tutti i Rettori interessati, adducendo «una improvvisa mancanza di fondi», lasciò i docenti senza retribuzione, bloccando l'opera importante, iniziata dal professor Massari di divulgazione della lingua e della cultura italiana in Perù;
da allora, non essendo stata modificata la normativa in materia, si é praticamente bloccata la possibilità di proseguire nell'importante opera di divulgazione della lingua e della cultura italiana all'estero -:
come si intenda intervenire in tempi rapidi e con quali provvedimenti per superare questa grave situazione creatasi in Perù, affinché sia data la possibilità, a tutte le sedi consiliari all'estero, di adoperarsi per sviluppare la conoscenza e lo studio della lingua italiana nel mondo.
(4-15851)

Risposta. - Per quanto attiene alle premesse riportate nell'atto parlamentare in esame, in particolare circa la situazione venutasi a creare in Perù a seguito dell'interruzione dell'attività promossa dal dottor Massari per la divulgazione della lingua e della cultura italiana nel Paese, si osserva preliminarmente quanto segue.
Il progetto avviato dal dottor Massari, di natura sperimentale, per quanto interessante, ha incontrato in fase di realizzazione una serie di ostacoli di natura finanziaria e connessi allo stato giuridico e assicurativo dei docenti utilizzati, nonché problemi derivanti da situazioni oggettive quali la cessazione dal servizio dello stesso Capo dell'Istituto e l'impossibilità - data la carenza di personale di ruolo - di effettuare con la richiesta professionalità le necessarie valutazioni sull'opportunità di proseguire il progetto.
Secondo quanto emerso, da ultimo, dall'ispezione effettuata a Lima dal Ministero degli affari esteri nel febbraio 2004, fatta salva l'indubbia utilità dell'iniziativa, la sua interruzione non sembra aver condizionato la capacita del nostro Istituto di Cultura di far fronte, in raccordo con l'Ambasciata, alla crescente domanda di lingua e cultura italiana espressa da quel Paese.
Dai dati acquisiti da questo Ministero risulta che l'Istituto italiano di Cultura ha organizzato nel 2004 n. 398 corsi di lingua italiana con un numero di 6.121 iscritti. A livello nazionale 18 istituzioni scolastiche ed universitarie hanno sottoscritto con l'Istituto convenzioni per l'insegnamento dell'italiano, per un totale di circa 5.000 allievi. Integrano l'azione di diffusione dell'italiano promossa dall'Istituto i due lettorati presso l'Università di Lima e l'Università di Arequipa, nonché le istituzioni italo-peruviane, le associazione regionali italiane, il Comites e la Scuola Antonio Raimondi di Lima.
Per quanto concerne infine il quesito inerente le attività di promozione della lingua italiana, si segnala che - oltre agli 89 Istituti italiani di Cultura che hanno organizzato nell'anno 2004 n. 6.533 corsi di lingua italiana per n. 74.931 iscritti - il Ministero degli affari esteri utilizza i seguenti strumenti:
a) 275 lettorati di ruolo per un bacino di utenza di 36.200 studenti;


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b) 138 lettori locali con contributo del Ministero degli affari esteri per un bacino di utenza di 14.500 studenti;
c) 169 scuole italiane;
d) 109 sezioni italiane in scuole locali;
e) 30.683 corsi per le comunità italiane che hanno raggiunto nell'anno scolastico 2004/05 546.188 utenti.

In conclusione, sebbene grande sia l'interesse del progetto sperimentale del professor Massari, anche come modello riproducibile in realtà diverse da quella peruviana, non vanno sottovalutati gli ostacoli - in primis finanziari - che ne limitano allo stato l'attuabilità, né va sottovalutata la qualità dell'offerta culturale e formativa espressa dal sistema di promozione esistente.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Giampaolo Bettamio.

BULGARELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ogni anno muoiono in Italia circa 1500 motociclisti. La maggior parte degli incidenti fatali sono determinati dai guard-rail e dalle buche colpevoli;
i motociclisti sono quindi vittime sia della scarsa manutenzione che, nel triennio 2001/2003 ha subìto un forte calo in termini di investimenti, sia dell'improprio ed eccessivo uso dei guard-rail;
l'evoluzione del guard-rail ha infatti fatto sì che essi siano divenuti sempre più rigidi al fine di evitare la fuoriuscita dalla carreggiata anche dei mezzi pesanti il che li ha trasformati in vere e proprie «ghigliottine» d'acciaio che, anche a soli 40-50 km/h si rivelano implacabilmente letali per i motociclisti. Le normative vigenti che regolano la progettazione dei guard rail, non contemplano gli utenti su due ruote che sono i più esposti in caso di caduta, non avendo alcuna cellula protettiva a loro difesa. Inoltre, a differenza degli altri paesi europei, i guard-rail sono montati anche là dove non ce n'è alcun bisogno, ad esempio nelle gallerie, per delimitare zone pedonali, eccetera. Occorrerebbe quindi ridurne al minimo l'impiego rendendoli a tempo stesso più sicuri anche per i motociclisti almeno nei punti più a rischio, ad esempio riciclando copertoni usati;
la legge italiana ha recepito la norma internazionale sulla sicurezza stradale EN 1317 del gennaio 2002 con decreto ministeriale del 21 giugno 2004, ma lascia alla buona volontà degli enti proprietari l'ammodernamento delle strutture esistenti;
le amministrazioni locali sono chiamate a fornire dati circostanziati sugli incidenti stradali ma nessuna norma sanziona l'inadempienza in gesto senso che è largamente diffusa -:
se non si ritenga opportuno per quanto di propria competenza attuare ogni utile iniziativa volta a salvaguardare la vita dei motociclisti e, in particolare ad eliminare tutti i guard-rail superflui, dotandoli, dove possibile, di forme di protezione adeguate;
se non si ritenga altresì di predisporre, attraverso ogni strumento necessario, un esauriente quadro informativo degli incidenti stradali, sufficientemente circostanziato.
(4-15908)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'interrogazione in esame, l'ANAS fa presente che non sono presenti sulla rete stradale nazionale di competenza della società medesima barriere di sicurezza installate su tratti di strada ove non sia stata riscontrata, ai sensi delle norme vigenti, la loro effettiva necessità.
L'ANAS, in qualità di gestore della rete stradale nazionale, deve attenersi, nell'installazione di nuove barriere o nell'adeguamento di quelle già esistenti, alle normative tecniche per la progettazione, l'omologazione e loro impiego di cui ai decreti ministeriali n. 223 del 28 febbraio 1992, del 3 giugno 1998 e del 21 giugno 2004 senza


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possibilità di variazione alcuna dalle tipologie in essi stabilite.
Per quanto attiene al quadro normativo degli incidenti stradali, si pone in evidenza che la rilevazione dell'incidentalità viene effettuata da Polizia stradale, dall'Arma dei carabinieri e dai Corpi di polizia municipale ed i relativi dati sono pubblicati dall'Istituto nazionale di statistica con periodicità annuale.
In ogni caso, al fine di sviluppare le attività previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale e monitorare gli effetti delle misure e degli interventi normativi effettuati per migliorare la sicurezza stradale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ritenendo necessario il rafforzamento delle basi dati sugli incidenti stradali, sta portando avanti, con la collaborazione della segreteria tecnica della Consulta nazionale sulla sicurezza stradale, un lavoro di coinvolgimento delle amministrazioni locali mirato al miglioramento delle basi informative sull'incidentalità stradale con l'obiettivo di acquisire tutti i dati di interesse in modo più completo, tempestivo e georeferenziato rispetto all'attuale situazione.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

BULGARELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa e da alcuni quotidiani - Il Giornale di Sardegna e La nuova Sardegna, in data 16 settembre 2005 -, gli Usa intenderebbero prossimamente rafforzare la loro presenza nella base per sottomarini nucleari dell'isola della Maddalena; il progetto prevederebbe un ampliamento della base pari a più del doppio delle volumetrie concesse (da 50.000 metri cubi si passerebbe a 120.000);
il progetto di ampliamento sarebbe finalizzato alla costruzione di un nuovo comando, alla realizzazione di ulteriori 350 alloggi per marinai e installazioni per i servizi di sicurezza e antiterrorismo sull'isola di Santo Stefano, oltre a garantire l'incremento della capacità operativa di assistenza ai sottomarini e alle navi da guerra nucleari, e comprenderebbe l'acquisizione anche di gran parte dell'ex arsenale della Marina, che sarebbe stato offerto da quest'ultima agli Usa già nel 2003;
l'attuale ampliamento andrebbe ad aggiungersi a quello concesso nell'ottobre del 2003 (50.000 metri cubi); già in quella occasione, sia l'opinione pubblica che le istituzioni sarde manifestarono tutta la loro contrarietà a questa decisione, ritenendo che l'ampliamento della base comportasse un gravissimo pregiudizio all'ecosistema dell'isola e alla nostra sovranità nazionale e anche oggi, alla notizia dell'imminente ulteriore ampliamento, il Presidente della Regione Sardegna ha affermato che se fosse confermato il nuovo progetto Usa «si tratterebbe di un fatto gravissimo che troverà la contrapposizione della Regione» -:
se corrisponda al vero quanto riportato dagli organi di stampa e, in tal caso, se non ritenga che il nuovo progetto di ampliamento della base di La Maddalena costituisca un intollerabile offesa nei confronti della popolazione e delle istituzioni sarde, che in numerosissime occasioni si sono espresse non solo contro ogni allargamento della base ma per la sua definitiva chiusura;
se corrisponda al vero che la Marina italiana avrebbe offerto agli Usa l'acquisizione dell'ex arsenale già nel 2003.
(4-16717)

Risposta. - Il comprensorio militare dell'isola di S. Stefano è una base italiana, una parte della quale, sotto il comando nazionale italiano, è concessa alla U.S. Navy quale area di supporto navale, sulla base di Accordi sottoscritti nell'ambito della storica alleanza tra i due Paesi.
Per l'utilizzazione delle basi non vige alcuna condizione di extraterritorialità, permanendo allo Stato italiano l'esercizio dalla piena sovranità.


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Esse sono concesse in uso alle Forze militari dalla Nato o statunitensi, senza che la sovranità nazionale sia in alcun modo messa in discussione.
Ciò premesso, in merito all'ampliamento dalla base, il Governo e la Difesa hanno già avuto modo di chiarire sia le motivazioni della riqualificazione della Base stessa, sia il carattere di urgenza e la reale portata dei lavori.
Al riguardo, le notizie secondo cui l'ampliamento della base «risulti andare oltre i 50 mila metri cubi», sono prive di fondamento.
Infatti, la Difesa non ha, ricevuto richieste per progetti infrastrutturali che si discostino da quanto precedentemente concordato, cioè di contenute variazioni ricomprese nel recupero di superfici oggi destinate, in una situazione di profondo degrado, a depositi di materiali a cielo aperto, e relative, soprattutto, all'adeguamento dei manufatti alle norme in materia di sicurezza e protezione fisica del personale militare e civile.
Tali valutazioni sono state istituzionalmente condivise anche dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Sassari che, dopo vari sopralluoghi ed incontri in loco, ha giudicato il progetto migliorativo sotto l'aspetto dell'insediamento nel paesaggio, esprimendo parere favorevole.
Altresì, l'Ente parco «Arcipelago della Maddalena», interessato in proposito, non ha rappresentato alcuna eccezione.
A conferma di ciò, basti rammentare le parole del presidente del Parco nazionale dell'arcipelago di La Maddalena che, nel corso dell'audizione tenutasi il 3 marzo scorso presso la 13a Commissione territorio, ambiente, beni ambientali del Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione ambientale dell'Arcipelago Maddalenino, ha dichiarato testualmente: ...«le critiche che sono state indirizzate presso la base militare dovrebbero essere corrette perché ingiustamente si è parlato di un ampliamento della base quando in realtà si è trattato di sostituire alcune costruzioni fatiscenti... Peraltro, bisognerebbe ricordare che l'economia dell'Arcipelago di La Maddalena oltre che sul turismo si fonda proprio sulla presenza dei militari americani...».
Inoltre, la tipologia ed il livello di attività svolte, il sistema di monitoraggio e controllo messo in atto nell'arcipelago escludono pericoli per l'ambiente e per la salute dei cittadini.
Quanto all'arsenale di La Maddalena, non è in atto alcuna attività per l'eventuale cessione in uso di parte o di tutto il comprensorio arsenalizio alla U.S. Navy.
Riguardo, poi, all'ipotizzato «gravissimo pregiudizio all'ecosistema dell'isola», l'azione svolta dal Governo è sempre stata improntata alla massima trasparenza ed indirizzata ad armonizzare i molteplici aspetti che attengono alla sicurezza, all'impatto ambientale ed allo sviluppo turistico ed economico dell'area, nel rispetto dell'autonomia politica ed amministrativa della regione Sardegna.

Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CARDIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il giovane Opromolla Matteo a seguito di incidente stradale, decedeva in data 22 giugno 1996;
all'epoca dei fatti era titolare di polizza per il caso di morte con la Compagnia di Ass.ni SARP SpA, con sede in Milano alla via F. Turati n. 7, con un massimale di copertura di lire 75.000.000;
nel mese di settembre 1996, gli eredi sottoscrivevano atto di quietanza per un importo di lire 40.000.000, somma inferiore al dovuto, ma accettata per necessità economica dalla famiglia;
con decreto ministeriale del 22 gennaio 1997, detta compagnia veniva posta in liquidazione coatta amministrativa, e nonostante i solleciti legali, a tutt'oggi la famiglia non è stata risarcita -:
quali utili interventi intenda adottare affinché agli eredi vengano assegnate le


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somme dovute da parte della Compagnia di Ass.ni SARP SpA.
(4-14026)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, al quale si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
La vicenda oggetto dell'interrogazione parlamentare in esame scaturisce da un ritardo nel risarcimento di un sinistro del 1996 gravante su una polizza emessa dalla Compagnia di assicurazioni Sarp, posta in liquidazione coatta con decreto ministeriale del 22 gennaio 1997.
Al riguardo, si rende noto che, in data 3 agosto 2005, l'Isvap ha autorizzato, ai sensi dell'articolo 213, comma 1, della legge fallimentare, il commissario liquidatore della Sarp assicurazioni spa a depositare presso il tribunale di Milano un piano di riparto parziale dell'attivo, che prevede, salvo opposizioni, la corresponsione a favore della categoria dei creditori di assicurazione, nel cui elenco risultano iscritti gli eredi di Matteo Opromolla (posizione n. 13079 - sez. 20), di una somma pari a circa il 27 per cento del credito ammesso.
Dell'avvenuto deposito dovrà essere data notizia, oltre che a mezzo inserzione sulla
Gazzetta Ufficiale, mediante pubblicazione sui quotidiani Il Corriere della Sera, Il Messaggero ed Il Mattino nonché sul sito web: www.fallimentitribunalemilano.it.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Roberto Cota.

CENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
dal sito internet di Assaeroporti si rilevano i dati relativi al traffico aereo e al transito passeggeri dell'aeroporto romano di Ciampino «G. B. Pastine», concernenti gli anni 2000-2004: questi indicano un aumento di movimenti aerei da 28.471 a 44.263 e passeggeri da 829.511 a 2.556.046, nei dati non sono inclusi i voli dell'Aeronautica militare e dei servizi diplomatici e di Stato;
l'amministratore delegato della società Aeroporti di Roma in una recente conferenza stampa ha spiegato i progetti di rinnovamento degli aeroporti romani: per quanto riguarda lo scalo «G.B. Pastine» di Ciampino sono previsti investimenti per 51,1 milioni di euro, fondi che arriveranno in parte da finanziamenti statali e in parte da privati, e che saranno destinati alla riqualificazione e alla ristrutturazione del sito per far fronte alle necessità ordinarie e dei voli low coast, per i quali si prevede un incremento notevole di passeggeri che nel 2013 dovrebbe raggiungere circa 8 milioni;
l'Aeroporto militare di Ciampino «G. B. Pastine», oltre al traffico civile e al trasporto merci, svolge operazioni di aviotrasporto militare, servizio di Stato, di protezione civile e di rappresentanza diplomatica, l'intensa l'attività aeroportuale produce nelle aree di competenza territoriale dei comuni di Ciampino e Marino, in cui ha sede l'aeroporto, alti livelli d'inquinamento acustico ed atmosferico in particolare lungo il corridoio aereo di avvicinamento e decollo degli aeromobili e nei pressi delle vie di rullaggio;
il ministero dei trasporti, con proprio Decreto n. 44/T del 4 luglio 1997, ha affidato ad Assoclearance la responsabilità della gestione delle bande orarie, per conto dei gestori aeroportuali e delle compagnie aeree, definite CTOT (Calculated Take-Off Time) assegnate dal CFMU (Central Flow Management Unit) di Bruxelles per i decolli in base alle esigenze aeroportuali (atterraggi, smaltimento bagagli ed altre necessità di servizio dei singoli aeroporti);
non è ancora stata completata l'installazione del sistema di monitoraggio previsto dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 «Legge quadro sull'inquinamento acustico» e dei successivi decreti ministeriali applicativi e non è ancora stato determinato da parte della Commissione


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aeroportuale, prevista dalla suddetta legge, l'indice LVA (impronta acustica) per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti e per la predisposizione da parte delle società e degli enti gestori dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore;
come riportato dalle agenzie di stampa l'amministratore delegato di Alitalia, ha messo in luce i trattamenti riservati alle compagnie low coast da enti locali e scali aeroportuali -:
quali iniziative si intendano adottare per la tutela della salute dei cittadini residenti nella zona e per la limitazione dell'impatto ambientale sul territorio interessato;
se le infrastrutture realizzate o da realizzare siano conformi alle normative ICAO così come indicato dall'ENAC nel Regolamento per la costruzione e l'esercizio delle infrastrutture aeroportuali (derivato dell'Annesso 14 - ICÀO - Aerodrome) ed evidenziato dall'Agenzia Nazionale della Sicurezza Volo (ANSV) per la parte RESA (Runway and Safety Area) e SMS (Safety and Management System);
se non si ritenga opportuno attivarsi affinché sia chiesta una moratoria della concessione degli CTOT su Ciampino fino alla definizione delle problematiche ambientali.
(4-16078)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'Aviazione Civile (Enac) e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
L'Enac interessato in ordine alle problematiche dell'impatto ambientale sul territorio, ha riferito che le stesse sono disciplinate da un quadro normativo ampio ed esauriente ed in tale contesto va esaminata la situazione dell'aeroporto di Ciampino.
La legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 26 ottobre 1995 definisce gli ambiti di intervento e le responsabilità conseguenti al rumore provocato dagli aeromobili, la cui attuazione è disciplinata da una serie di decreti interministeriali.
Il decreto del Ministero dell'ambiente 31 ottobre 1997 assegna alle Commissioni aeroportuali per il rumore, nominate per ogni singolo aeroporto, il compito di elaborare le procedure antirumore ritenute idonee per lo specifico aeroporto.
Sulla base delle rotte di ingresso e di uscita stabilite, ciascuna Commissione elabora, mediante modelli matematici previsionali, le curve isofoniche sul territorio, con cui vengono definiti i confini di tre zone di rispetto (A, B, C), a diversa destinazione d'uso, tenendo conto del piano regolatore aeroportuale e degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
In corrispondenza di ciascuna zona tale decreto ha assegnato un indice di livello di valutazione del rumore aeroportuale (Lva) ammesso in funzione della destinazione d'uso prevista.
La Commissione aeroportuale, composta dai rappresentanti della regione, dei comuni e delle province interessate, dell'Agenzia regionale protezione ambiente, dell'Enav, dei gestori aeroportuali e dei vettori, è presieduta dal direttore d'aeroporto.
Il decreto citato prevede, in particolare, che, fatti salvi gli insediamenti esistenti alla data della sua entrata in vigore, i piani regolatori devono essere conformati alle indicazioni previste per gli usi del suolo.
Per quanto riguarda il sistema di monitoraggio, la disciplina è affidata al decreto 20 maggio 1999 del Ministero dell'ambiente ed al decreto del Presidente della Repubblica n. 496 del 1997.
Tale sistema deve:
a) confrontare i valori di Lva misurati sul territorio con quelli riportati sulle curve isofoniche ed ottenuti su base previsionale;
b) registrare in continuo i dati di ogni singolo evento ed effettuare il calcolo per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti;
c) monitorare le singole operazioni di decollo e di atterraggio per il rispetto delle procedure antirumore.


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Il ministero dell'ambiente finanzia l'installazione dei sistemi di monitoraggio sugli aeroporti e provvede al relativo collaudo.
La società di gestione, qualora il livello del rumore effettivo misurato sul territorio superi i valori limiti previsti per le singole zone di rispetto, presenta ai comuni interessati ed alla Regione il piano di contenimento ed abbattimento del rumore (risanamento e bonifica acustica, isolamento acustico, barriere acustiche artificiali eccetera) di cui al decreto del Ministero dell'ambiente 29 novembre 2000.
La Regione, d'intesa con le autonomie locali, in considerazione della entità del superamento dei limiti e della complessità degli interventi da apportare per bonificare il territorio, tenuto conto anche dell'eventuale esigenza di delocalizzazione di insediamenti ed edifici, fissa i termini temporali per conseguire gli obiettivi previsti dai piani.
Di recente vi è stato un aggiornamento al quadro normativo che completa gli interventi consentiti per migliorare l'impatto acustico.
Il decreto legislativo 17 gennaio 2005 n. 13, che ha recepito la direttiva comunitaria 2002/30, prevede che, qualora il livello del rumore misurato sul territorio superi i valori limiti previsti per le singole zone di rispetto e nel caso che le misure di contenimento adottate dalla regione e dai comuni non siano sufficienti a mantenere gli indici di inquinamento nei valori previsti, la Commissione acustica aeroportuale, fatte le dovute valutazioni, presenti ad Enac proposte di restrizioni al traffico aereo o misure operative correttive.
L'Enac sottolinea che, in ogni caso, eventuali restrizioni operative o misure correttive allo scenario di traffico, in virtù del decreto legislativo n. 13, vanno stabilite nel rispetto dell'«approccio equilibrato», ossia salvaguardando le esigenze del mercato del trasporto aereo e valutando il costo/efficacia dell'adozione di tali misure, tenuto conto dei relativi effetti socio economici sugli operatori aerei, sui viaggiatori e sugli enti locali.
Risulta evidente dal quadro delineato che le modalità per affrontare il problema dell'impatto ambientale sono chiaramente fissate dalle vigenti norme ed hanno una precisa consequenzialità che chiama in causa diversi attori, tra cui essenzialmente le autonomie locali (regione, province, comuni).
Premesso il quadro normativo generale, con riferimento all'aeroporto di Ciampino, in relazione al quale il Ministero dell'ambiente - Direzione generale per la salvaguardia ambientale ha riferito di non avere ricevuto precedenti informazioni circa il disagio provocato nel territorio del suddet- to comune dall'attività dell'aeroporto G.B. Pastine, l'Enac fa conoscere quanto segue.
La Commissione acustica, costituita dall'Ente medesimo in data 21 dicembre 2000, ha individuato lo scenario di rotte di uscita ed entrata e definito la procedura antirumore che è stata adottata con ordinanza del Direttore d'aeroporto e quindi pubblicata sull'
Aeronautical Information Publication (Aip) Italia.
Ciò sta a significare che sono stati attuati gli interventi operativi essenziali per minimizzare l'impatto acustico sul territorio.
Attualmente è in corso la definizione delle curve isofoniche da parte della Commissione, da cui scaturirà la definizione delle zone di rispetto.
È stata completata l'installazione delle centraline per il monitoraggio che sono attualmente in fase di
test.
Sono, infine, in corso di definizione gli accordi tra l'Enav e l'Aeronautica militare italiana (Ami) per la fornitura dei dati
radar.
L'Ente assicura che non appena il sistema di monitoraggio sarà reso pienamente operativo, sarà possibile accertare se i livelli misurati sono compatibili con i dati previsionali.
Eventuali restrizioni operative al traffico aeroportuale potranno essere stabilite qualora:
il livello del rumore misurato sul territorio superi i valori limiti previsti per le singole zone di rispetto;
le misure di contenimento del rumore adottate risultino inefficaci;


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sia stata fatta una valutazione sul costo/efficacia dell'adozione di eventuali restrizioni operative.

Per quanto di competenza l'Enac, ai fini dell'attuazione di quanto previsto dalle vigenti disposizioni, ha in programma le seguenti iniziative:
a) la definizione delle modalità di contestazione, prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 496 del 1997, nel caso in cui i dati del sistema di monitoraggio rivelassero violazioni alle procedure antirumore da parte degli esercenti;
b) la creazione di una banca dati per le opportune analisi della situazione acustica del territorio nazionale.

In aggiunta alle iniziative di cui sopra, l'Ente fa presente che verrà attivato entro il 2005 un comitato rappresentativo delle differenti parti interessate al tema di protezione ambientale sia a livello centrale che periferico.
A tal riguardo, il direttore generale dell'Enac ha peraltro già provveduto a dare una prima informativa sulla prossima implementazione del sistema di controllo del livello acustico aeroportuale a tutti gli utenti ed associazioni consumatori.
Circa le procedure di V.I.A. l'Ente fa conoscere, altresì, che la società Aeroporti di Roma, concessionaria della gestione totale dell'aeroporto, ha in elaborazione uno studio di fattibilità per lo sviluppo aeroportuale di Ciampino e, a conclusione dello stesso, saranno avviate le consultazioni di legge relativamente all'impatto ambientale.
In ordine alla conformità delle infrastrutture aeroportuali alle norme quali l'Annesso 14 - Icao e il Regolamento Enac, l'ente aeroportuale fa presente che esse sono state valutate nell'ambito della «Certificazione di Aeroporto», riscontrandone l'idoneità all'esercizio con il rilascio del relativo certificato.
L'Enac fa presente che l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha posto in evidenza, in merito alla realizzazione della Area di fine pista (Resa) e del sistema di implementazione della sicurezza (S.M.S) che la Resa è stata opportunamente realizzata compatibilmente agli aspetti orografici e di sito; mentre per il Sms è in fase di elaborazione una circolare coerente a quanto stabilito dall'Annesso 14 a partire dal mese di novembre 2005.
L'Enac sottolinea, infine, come l'aeroporto di Ciampino sia tra gli aeroscali nazionali per i quali è previsto a breve il cambio di
status da «Aeroporto militare aperto al traffico civile» ad «Aeroporto civile» e come sia in corso di elaborazione, a cura della citata società Aeroporti di Roma S.p.A., la redazione dello studio di impatto ambientale connesso con la razionalizzazione delle aree del sedime, tenendo conto della minima crescita fisiologica del traffico che l'aeroscalo, con i suoi limiti, può consentire a medio termine.
Nel contesto della procedura di impatto ambientale, inerente lo studio di cui sopra, propedeutica alla verifica della compatibilità urbanistica, sarà attuato il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati a seguito dell'avviso pubblico previsto dalla vigente normativa.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

CIRIELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il signor Angelo Marchesi vanterebbe un credito nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale dell'Emilia Romagna, Sezione Rimborsi, pari a 26.150,28 euro (lire 50.634.000);
l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Bologna, avrebbe predisposto la proposta manuale di rimborso Irpef per lire 50.634.000 in data 16 gennaio 2002;
il credito vantato dal signor Angelo Marchesi risale all'anno 1986;
dall'informativainoltrata al signor Angelo Marchesi dall'Agenzia delle Entrate, risulterebbe predisposto il rimborso


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di quanto richiesto anche se lo stesso Ufficio Servizi al Contribuente, così come testualmente indicato, non sarebbe in grado di formulare una precisa previsione circa i tempi effettivi dell'erogazione;
ancora oggi, dopo vent'anni, il credito del signor Angelo Marchesi risulterebbe ancora inevaso con un certo danno erariale per lo Stato che potrebbe pagare forti interessi per tale credito -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intende adottare.
(4-14570)

Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, chiede di conoscere i tempi di erogazione, a favore del signor Angelo Marchesi, del rimborso Irpef, relativo all'anno 1986, da parte dell'Agenzia delle entrate.
L'Agenzia delle entrate ha comunicato, in proposito, che il rimborso Irpef spettante al signor Angelo Marchesi, nato a Mirandola (MO) il 2 luglio 1930 e residente a Casalecchio di Reno (BO), in via Respighi n. 9, codice fiscale MRCNGL30L02F240G, riferito all'anno d'imposta 1986 ed ammontante ad euro 26.150,28, oltre ai relativi interessi, è stato erogato dal centro operativo di Pescara con i fondi a disposizione.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

COSTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Tunnel del Colle di Tenda, costruito nel 1882, costituisce a tutt'oggi un collegamento indispensabile per il traffico turistico-commerciale tra Piemonte, Costa Azzurra e Ponente ligure;
l'inadeguatezza dell'opera in questione, soprattutto sotto il profilo della sicurezza, è da tempo nota tanto agli addetti ai lavori quanto agli utenti che da decenni sollecitano il raddoppio del Tunnel;
anche gli ultimi, drammatici eventi di cronaca, relativi all'incidente all'interno del traforo del Frejus ribadiscono una volta di più, qualora ce ne fosse stato il bisogno, l'urgenza di una sistematica messa in sicurezza del Tunnel di Tenda;
un'apposita Conferenza Intergovernativa costituita negli anni Novanta dal governo italiano e da quello francese avrebbe dovuto approntare nel più breve tempo possibile le idonee soluzioni per il miglioramento dei collegamenti delle Alpi del Sud;
un apposito gruppo di lavoro italo-francese in seno alla suddetta Conferenza Intergovernativa è da anni al lavoro proprio con l'obiettivo del raddoppio e della messa in sicurezza del Tunnel di Tenda;
dalle recenti conferenze della CIG, nel settembre scorso a Marsiglia e, poi, nel marzo scorso a Roma, era emersa in modo chiaro e netto la volontà dei due governi di convergere su un progetto preliminare condiviso, che prevedeva, nell'ordine, la costruzione di un nuovo tunnel e l'ampliamento e la messa in sicurezza dell'attuale, così da poter disporre di due gallerie parallele e monodirezionali;
dal confronto costante con amministratori e parlamentari francesi, portato avanti anche dall'interrogante soprattutto nella sua veste di presidente della Provincia di Cuneo, emergerebbe un crono-programma tutt'altro che incoraggiante che, dopo la firma e la ratifica del trattato, l'approvazione di tutti i dossier, l'elaborazione e il perfezionamento del progetto definitivo, vedrebbe l'avvio dei lavori soltanto nel 2007;
cittadini ed utenti transfrontalieri del Tunnel di Tenda, in particolare gli abitanti di Piemonte e Liguria così come della Regione PACA, non riescono più a nascondere il proprio scetticismo e la propria inquietudine rispetto ad una vertenza che pare procrastinarsi di mese in mese e di anno in anno senza che un termine certo e credibile per l'inizio dei lavori sia finora stato espresso ufficialmente;


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si auspica che non avvengano episodi dannosi per le persone in una galleria che non offre né margini di sufficiente sicurezza, né vigili del fuoco che potrebbero intervenire tempestivamente -:
quali siano le informazioni del Ministero in ordine alle vicende summenzionate;
se non ritenga il Ministro di attivarsi per garantire l'inizio dei lavori entro il 2006, offrendo una risposta immediata ai disagi ed alle esigenze degli utenti di questa opera, nonché la messa in sicurezza dell'attuale galleria.
(4-15245)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, l'Anas spa, interessata al riguardo, fa presente quanto segue.
Nella riunione della commissione intergovernativa Italia-Francia del 18 marzo 2005 a Roma è stato presentato il progetto preliminare e lo studio ambientale delle due soluzioni del tracciato del nuovo tunnel del Colle di Tenda «Alta» e «Bassa» corredati da una relazione di sintesi che, illustrando le caratteristiche tecnico-economiche ambientali delle due ipotesi, ne consente una comparazione utile per la scelta.
Al termine dell'esame dei progetti presentati dal gruppo di lavoro costituito da Anas e prefetto delle Alpi Marittime per la Francia la citata commissione ha adottato le seguenti decisioni: è stato approvato il lavoro svolto dal gruppo di lavoro; è stata scelta la soluzione «Alta» tra le due possibili; è stato conferito mandato al gruppo di lavoro di predisporre la programmazione delle attività volte alla acquisizione dei pareri - secondo le procedure dei rispettivi paesi - ed alla redazione del progetto definitivo della soluzione scelta.
In data 18 aprile 2005 i competenti Ministri italiano e francese hanno sottoscritto una nota congiunta che conferma quanto indicato dalla CIG del 18 marzo 2005 ed hanno invitato le due delegazioni a procedere con le attività di progettazione e di acquisizione dei permessi necessari per l'avvio dei lavori nei due Paesi; tale invito è stato accolto dalla CIG che, con lettera del 21 aprile 2005 ha richiesto all'Anas di «attivarsi con la massima possibile urgenza per lo sviluppo del progetto definitivo...».
Nella riunione della CIG di Parigi del 24, giugno 2005 sono stati discussi i seguenti tre aspetti necessari ad una corretta conclusione della progettazione: bozza del trattato italo-francese da sottoporre ai rispettivi Governi; ripartizione degli oneri di costruzione, gestione e manutenzione tra i due Stati; cronoprogramma delle fasi per la redazione e per l'approvazione del progetto definitivo da mandare in appalto integrato.
L'Anas fa conoscere, inoltre, che il Gruppo di lavoro di progettazione del nuovo tunnel ha predisposto un documento che illustra le procedure di redazione del progetto definitivo e di approvazione dello stesso secondo le normative vigenti in Francia ed in Italia.
Infatti, nel corso degli incontri con i rappresentanti francesi, è emersa la differente procedura legata alla redazione dei successivi livelli progettuali ed alle conseguenti fasi approvative ad essi legate.
In particolare, mentre l'acquisizione dei pareri sul versante italiano avrebbe potuto svolgersi con la redazione di un progetto definitivo di 1a fase (che poteva essere prodotto nel mese di ottobre 2005) rispetto al quale acquisire tutte le prescrizioni utili per il completamento del progetto definitivo per l'Appalto integrato, la normativa francese prevede il completamento dell'Avant project sommaire (APS) prima di attivare qualsiasi forma di richiesta autorizzativa.
Tale situazione ha imposto tempi minimi di progettazione in territorio francese (caratterizzato anche da un discreto numero di opere all'aperto) di almeno 6 mesi legati sia all'approfondimento progettuale richiesto che ai rilievi vegetazionali e floristici da effettuarsi nelle diverse stagioni all'interno del Parco naturale del Mercantur.
Ne consegue che le tempistiche complessive dell'intero progetto sono regolate dalle procedure normate in territorio francese che, rispetto alle equivalenti italiane, necessitano di un periodo di tempo superiore di circa 6-9 mesi.
Dal punto di vista della sicurezza, la società stradale ricorda che all'interno della


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CIG è stato istituito un gruppo di lavoro misto italo-francese con il mandato di studiare la situazione attuale e predisporre interventi operativi tesi a migliorare la sicurezza della circolazione dell'attuale galleria e, contemporaneamente, indirizzare le scelte progettuali per gli allestimenti previsti nelle nuove gallerie in progetto.
L'Anas ha fatto conoscere alcuni elementi di descrizione del citato cronoprogramma approvato nel corso della riunione CIG del 24 giugno 2005 che di seguito si elencano:
giugno 2005 - Avvio progetto definitivo: in seguito alla sollecitazione del Ministero (18 aprile 2005) ed alle indicazioni della CIG del 24 giugno 2005, è stata avviata la progettazione definitiva della Soluzione alta (sulla base di quanto emerso nel corso del progetto preliminare approvato dalla CIG il 18 marzo 2005);
gennaio 2006 - Conclusione progetto definitivo/Avant Project Sommaire: verrà predisposto un progetto definitivo in grado di contenere e descrivere tutte le scelte e le opere previste - sia in territorio italiano che in territorio francese - in modo da consentire l'avvio delle fasi approvative (Conferenza dei servizi e Via) con il territorio e gli enti interessati. Nel frattempo i colleghi francesi porteranno a termine il loro Avant project sommaire (APS) necessario ad attivare le richieste autorizzative ministeriali e le procedure di Dichiarazione di pubblica utilità (DUP);
settembre 2006 - Conclusione procedure autorizzative Italia progetto definitivo: una volta concluse le procedure di Conferenza dei servizi e di VIA in territorio italiano, verrà avviata la revisione del progetto in modo da acquisire tutte le indicazioni e le prescrizioni pervenute. Nel frattempo, in Francia sono in corso le procedure per la Dichiarazione di pubblica utilità che, presumibilmente, potranno concludersi entro il mese di ottobre 2006;
ottobre 2006 - Conclusione procedure autorizzative Francia DUP: una volta concluse le procedure approvative in Francia sarà possibile completare l'adeguamento del progetto anche alle eventuali prescrizioni che dovessero intervenire e, contemporaneamente, procedere alle procedure per gli espropri in Italia;
aprile 2007 - Conclusione progetto definitivo per l'appalto integrato: in contemporanea con la finalizzazione delle procedure di Dup previste dalla normativa francese a carico dell'autorità prefettizia, verrà chiuso il progetto in tutte le sue parti (comprese le eventuali prescrizioni) e verrà richiesta l'approvazione definitiva dalla CIG prima di indire la gara di appalto integrato (maggio 2007). Contestualmente a questa si potrà procedere alla acquisizione delle aree interessate dal progetto sia in Italia che in Francia;
gennaio 2008 - Affidamento dell'appalto integrato.

È previsto il completamento delle procedure.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

TITTI DE SIMONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa che ad un cittadino italiano di Catania è stata ritirata la patente dalla Motorizzazione civile in quanto omosessuale;
cinque anni fa il giovane aveva dichiarato la sua omosessualità esplicitamente in sede di visita per il servizio militare per la leva;
in seguito alle sue dichiarazioni la Motorizzazione civile provinciale di Catania ha ritenuto di ritirare la patente di guida in quanto ritenuto «non in possesso dei requisiti d'idoneità psicofisica legalmente richiesti per la guida»;
in concreto la Motorizzazione ha rinvenuto negli orientamenti sessuali del giovane motivi per sottoporlo a revisione per l'idoneità psico-fisica di guida;


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il fatto appare all'interrogante gravissimo in quanto denota estrema ignoranza da parte di uffici della pubblica amministrazione in merito alle normative vigenti e in particolare alla direttiva europea 78/2000 sul diritto a non essere discriminati in base all'orientamento sessuale;
a parere dell'interrogante, il fatto appare gravissimo anche e soprattutto perché sintomo di una cultura che ancora considera l'omosessualità alla stregua di una malattia, è profondamente lesivo dei diritti della persona costituzionalmente protetti all'uguaglianza e alla non discriminazione;
la vicenda del giovane di Catania non è degna di un Paese civile, moderno e democratico -:
se il ministro sia a conoscenza dei fatti e quali provvedimenti intenda assumere per accertare le responsabilità e le dinamiche che hanno portato ad un tale atto di discriminazione nei confronti di un cittadino.
(4-15114)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, occorre innanzitutto evidenziare che gli uffici della motorizzazione della regione Sicilia in virtù del decreto del Presidente della Repubblica 6 agosto 1981, n. 485, articolo 2 sono posti alle dipendenze della medesima regione. Conseguentemente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcun potere dispositivo o di indagine o disciplinare nei confronti dei personale in servizio presso tali uffici.
Ciò premesso si evidenzia che il direttore dell'ufficio della motorizzazione di Catania ha operato nel rispetto delle norme vigenti, disponendo sulla base di una segnalazione del dirigente sanitario del Marinifer di Augusta la revisione di patente di guida in oggetto mediante sottoposizione a visita medica in ossequio al disposto dell'articolo 128 del codice della strada.
Infatti nella certificazione medica acquisita in copia ed in via informale dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attesa la necessità di chiarire la vicenda il medico procedente alla visita ha attestato che l'interessato «è risultato non essere in possesso dei requisiti di idoneità psicofisica legalmente richiesti per la condotta di automezzi» pur non essendo specificato di quale patologia fosse affetta la persona in questione.
A fronte di tale attestazione dell'Autorità sanitaria che ha anche precisato che il soggetto è stato riformato alla visita di leva, l'emissione del provvedimento di revisione della patente di guida è risultato un atto dovuto
ex lege.
Sulla base di quanto esposto, va ribadito che il direttore dell'ufficio provinciale della motorizzazione di Catania non poteva esimersi dall'emettere il provvedimento di revisione stante l'esistenza di una norma di posta a tutela non solo e primariamente della collettività ma anche del destinatario stesso del provvedimento. Questi, davanti alla dichiarazione di inabilità alla guida per problemi psico-fisici può attraverso il provvedimento di revisione sottoporsi alle valutazioni di una Commissione medica per ottenere, ricorrendone i presupposti, la riforma della valutazione sanitaria e riottenere così a pieno titolo la patente di guida.
Non si può tuttavia non rilevare che la vicenda si sarebbe potuta chiarire immediatamente se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti fosse stato adito in via gerarchica dal destinatario del provvedimento che invece ha preferito adire il giudice amministrativo. A tale proposito si rileva che il provvedimento di revisione della patente è datato 18 settembre 2001 e che l'ordinanza di sospensione emessa dal TAR di Catania è stata depositata nella segreteria dello stesso tribunale in data 16 gennaio 2002.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

DEIANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Taranto ha da lungo tempo una base navale nel Mar Piccolo e anche se da moltissimi anni la popolazione e le forze sociali chiedono un piano per il disimpegno


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dalla presenza militare da questo tratto di mare. La Marina Miliare ha invece chiesto, a gennaio del 2004, di sottrarre all'allevamento dei mitili ulteriori tre milioni di metri quadrati da adibire a uso militare;
in questa parte del golfo di Taranto oltre all'Arsenale Militare, è situato anche un deposito sotterraneo di rifornimento per l'Aeronautica militare, il più grande del Sud Italia che viene periodicamente rifornito con una petroliera che entra nel Mar Piccolo con grave rischio ambientale;
una nuova base navale, iniziata a metà degli anni ottanta, non ancora terminata finora è costata 150 milioni di euro, di cui un terzo proviene da finanziamenti Nato è stata invece posizionata nel Mar Grande in zona Chiapparo. Essa è integrata con una base aerea della Marina Militare situata a Grottaglie, a poco più di venti chilometri, dove sono collocati sia elicotteri della Marina Militare sia gli Harrier della portaerei Garibaldi a decollo verticale, in grado tecnicamente di trasportare e di lanciare bombe nucleari;
dall'ottobre del 2002 questa base è diventata sede del comando Nato COMITMARFOR e come riportato da numerose notizie stampa (Il Mondo 13 febbraio 2004 - Carta) diventerà la più grande base militare navale e di intelligence americana in Europa, avamposto Nato per il quadrante sudorientale dell'Europa, la maggiore del Mediterraneo. In questo modo la base di Taranto diventerà un HQ High Readiness Force (comando proiettabile ad alta prontezza) per la Us Navy. Anzi per quanto risulta da un documento del Pentagono rintracciabile all'indirizzo internet www.defenselink.mil/comptroller/fmr/11a/11a09.pdf lo è già dall'ottobre 2002. Sul sito Internet del Centro Studi Alta Difesa esiste una pagina web in cui l'ammiraglio De Donno spiega la funzione nell'ambito della Nato del COMITMARFOR. La pagina web dove si trova tale relazione ufficiale è http://www.casd.difesa.it/eventi/eventi-istituto/detail.jsp\u?codice=158 anche se occorre digitare un'altra pagina web http://www.analisidifesa.it/articolo.shtm/id/3101/ver/ per apprendere che la sede del COMITMARFOR è Taranto;
nella conferenza riportata come documento ufficiale del CASD (Ministero della Difesa) il Capo del SMM Amm. di Sq. De Donno, del 19 giugno 2003 al CASD Centro Alti Studi (www.csad.difesa.it), afferma «I Comandi Joint ed i Component Commanders propri della struttura statica di comando opereranno attraverso i nuovi Comandi proiettabili ad alta prontezza (HRF) di cui la NATO sta progressivamente dotando la propria struttura delle forze. Nel settore marittimo i comandi proiettabili saranno tre (COMITMARFOR, COMUKMARFOR e COMSPMARFOR) in grado di gestire operazioni NATO a livello TASK FORCE (NTF), ad essi si aggiunge il comando americano COMSTRIKFORSOUTH al quale potrebbero essere affidate eventuali operazioni di più ampie dimensioni e di più consistente Power Projection»;
in tale relazione non viene detto che il COMITMARFOR della Nato ha sede a Taranto. Ciò lo apprendiamo sul sito Intenet della rivista Analisi Difesa www.analisidifesa.it, nella pagina web citata sopra: «Il COMITMARFOR è stato istituito ufficialmente il 4 settembre del 2002 sulla più importante base navale della Marina Militare, quella di Taranto, e si avvale di uno staff multinazionale composto da una ottantina di uomini e donne tra Ufficiali e Sottufficiali, in quella che possiamo chiamare una normale situazione di pace, ma che possono diventare circa 110 durante le situazioni di crisi, risultato della combinazione degli staff di comando del «COMFORAL» (Comando Forze d'Altura) e di «COMGRUPNAVIT» (Comando Gruppo Navale Italiano), in cui sono stati integrati ufficiali e sottufficiali di Stati Uniti, Gran Bretagna, Grecia, Turchia, Francia, Spagna e Germania per un buon 25 per cento del totale citato in precedenza. Una delle caratteristiche peculiari del «COMITMARFOR» è la capacità di intervenire


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con estrema rapidità alla guida di forze aeronavali e anfibie NATO o comunque caratterizzate da una composizione multinazionale, in crisi che si possono sviluppare in quello che viene definito il Mediterraneo «allargato», ovvero la porzione di spazio che comprende oltre al Mediterraneo stesso, il Mar Rosso, il Golfo Persico ed i mari limitrofi. Il comandante del nuovo comando, che adesso si può considerare operativo al 100 per cento dopo un inevitabile periodo di assestamento, è un Ammiraglio italiano imbarcato con tutto il suo Staff sul rifornitore di Squadra ETNA. Attualmente esso è il Contrammiraglio Maurizio Gemignani»;
l'indicazione di Taranto rientra dunque nella nuova strategia del Pentagono per l'Europa. Per quanto riguarda l'Italia le truppe americane dovrebbero essere dislocate in due basi: a Galbiate Olona, nei pressi dell'aeroporto di Milano Malpensa, e l'altra appunto nel capoluogo ionico, dove secondo indiscrezioni, gli investimenti (escluse le attrezzature tecniche e militari) non sono inferiori a 500 milioni di euro, come previsto dall'accordo Cheney con il Governo italiano. La base dovrebbe inglobe aere dimesse nella zona industrialportuale e disporre anche di un nuovo molo. Inoltre, potrebbe includere anche il centro di ascolto, ora situato anche a San Vito dei Normanni, che è entrata nella rete Echelon, fin dal 30 settembre 1998 con il sistema Usa di comunicazione satellitare e spionaggio telematico C4i, senza che di tale accordo, come di tutto questa vasta e strategica operazione, sia mai stato messo al corrente, né tanto meno interpellato il Parlamento italiano. Anche tale notizia è facilmente reperibile sul sito ufficiale del Pentagono alla pagina www.defensclink.mil/contracts/1998/c09301998-ct507-98.html -:
se non ritenga il Governo, che la progressiva militarizzazione strategica impressa alla città di Taranto da parte del Pentagono non sia in contraddizione con la sicurezza del territorio e delle popolazioni locali;
se non ritenga ancora che l'automatica accoglienza delle richieste del Pentagono in materia di utilizzazione del territorio italiano, in un contesto in cui si vanno ridefinendo i rapporti e le relazioni internazionali, non sia lesivo del principio della sovranità nazionale del nostro Paese;
sulla base di quali considerazioni politiche, in quali sedi e attraverso quali passaggi formali il Governo sia arrivato a concedere una tale utilizzazione della stazione navale di Mare Grande e perché queste scelte siano state prese senza che il Parlamento ne venisse informato e messo nella condizione di pronunciarsi in merito.
(4-09815)

Risposta. - L'Alleanza atlantica costituisce per l'Italia un cardine essenziale della nostra sicurezza e, insieme all'appartenenza all'Unione europea, il pilastro della nostra politica internazionale, volta al rafforzamento della pace, della stabilità e della sicurezza nell'area euro-atlantica ed attorno a questa.
L'impegno assunto dal nostro Paese di appartenenza all'Alleanza atlantica ed i relativi vincoli sono conseguenti a decisioni assunte in passato ribadite nel tempo e condivise dalla stragrande maggioranza del Parlamento.
Ciò premesso, con riferimento specifico alla nuova stazione navale in Mar Grande a Taranto, essa è stata realizzata per soddisfare le esigenze operative delle Unità della Marina Militare italiana.
In relazione agli accordi vigenti potranno, occasionalmente e su base di reciprocità, essere ormeggiate anche Unità navali di passaggio, appartenenti alla Nato.
Ciò detto, nell'ambito del processo di ristrutturazione delle Forze della Nato, volto a dotare l'Alleanza di forze proiettabili, si è provveduto nel contesto dei programmi di ristrutturazione dei comandi dipendenti dal comando in capo della Squadra navale (CINCNAV), ad operare la riconfigurazione del comando delle Forze d'Altura (COMFORAL), che ha sede a Taranto, in una nuova struttura di Comando


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destinata ad operare sia in ambito nazionale sia nel quadro dell'Unione europea che in quello Nato (COMFORAL/COMITMARFOR).
Analoghi Comandi sono stati riconfigurati in Gran Bretagna (COMUKMARFOR) e in Spagna (COMSPMARFOR).
Il Comando in questione, il cui staff è costituito da personale italiano, è integrabile nei rispettivi contesti per le operazioni a guida europea e Nato da alcuni rappresentanti multinazionali (Spagna, Germania, Paesi Bassi, Gran Bretagna, USA, Turchia).
Lo stesso Comando è deputato, a rotazione con i Comandi navali spagnolo e britannico, alla condotta delle operazioni marittime della Forza di risposta Nato (NRF).
A tale riguardo, la creazione di una Forza di reazione rapida della Nato risponde appunto all'esigenza di far fronte ai nuovi rischi e alle nuove minacce. È infatti necessario poter contare su Forze di reazione rapidamente dispiegabili e dotate di una capacità operativa e interoperabilità molto spinte, diverse da quelle che erano richieste precedentemente per fronteggiare una minaccia sostanzialmente «statica».
Alla luce del quadro delineato, si assicura l'interrogante che la base navale di Taranto è e rimane ad esclusivo controllo nazionale.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DEIANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da agenzie stampa (Ansa) e articoli di quotidiani (Unione Sarda, La Nuova Sardegna, Liberazione del 2 giugno 2004) si apprende che nella giornata del 1 giugno scorso, nella spiaggia di Sant'Anna Arresi sulla costa occidentale della Sardegna, alcuni proiettili sparati da una autoblindo durante un'esercitazione militare nel Poligono di Teulada, sono finiti sull'arenile. I tre bossoli di «Centauro», grosse munizioni esplose da carri dell'unità di cavalleria blindata della Brigata Garibaldi, inerti e senza esplosivo, ma ugualmente letali se avessero colpito una persona, hanno mancato il bersaglio situato nel poligono di tiro di Teulada e sono finiti in acqua sull'arenile provocando panico tra i presenti in spiaggia;
l'agenzia di pubblica informazione del comando militare della Sardegna, ha fatto sapere che i proiettili «sono finiti leggermente al di fuori della campana di sgombro... e non c'è stato nessun danno a persone o cose e sono in corso accertamenti per stabilire l'esatta dinamica dell'accaduto»;
le dichiarazioni tendenti a ridimensionare l'accaduto nulla tolgono alla gravità dell'episodio, infatti, a giudizio dell'interrogante, è gravissimo che durate un'esercitazione di tiro sia sufficiente un errore di mira per mettere a repentaglio la sicurezza della popolazione e dei pescatori della zona, che già subiscono le vessazioni delle servitù militari sull'isola;
il giorno 3 giugno (agenzia Agi) una dozzina di imbarcazioni, con a bordo i pescatori delle marinerie di Teulada e Sant'Anna Arresi - che protestavano contro le penalizzanti limitazioni del diritto di pesca nell'area di mare prossima al poligono di tiro di Capo Teulada - intorno alle 10.30 si sono ritrovate nel bel mezzo di un'esercitazione militare. Secondo quanto riferito dai pescatori, i colpi di cannone hanno raggiunto il mare, arrivando a circa duecento-trecento metri dalle imbarcazioni. Sempre secondo le testimonianze, l'esercitazione è proseguita per circa un quarto d'ora dal momento in cui le barche sono state intercettate dalle motovedette -:
cosa abbia da riferire il Governo in merito a questi ripetuti episodi che mettono seriamente a repentaglio l'incolumità degli abitanti dell'area, rivelando, secondo l'interrogante, una preoccupante irresponsabilità e indifferenza nei confronti della popolazione civile oltre a limitare lo sviluppo turistico del territorio e la capacità lavorativa dei pescatori, a tutto svantaggio dell'economia locale;


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quali siano i tempi e i programmi previsti dal Ministero per attuare la bonifica del mare della Sardegna dai residuati delle esercitazioni militari, e se il Ministro non ritenga indispensabile, di fronte all'escalation dell'uso militare del territorio e alla ricaduta in termine di sicurezza sull'ambiente e la salute pubblica, mettere in atto la sospensione di tutte le attività militari nella zona ripensando complessivamente la questione delle servitù militari sull'isola.
(4-14661)

Risposta. - In via preliminare, si reputa significativo porre in luce la notevole importanza che riveste l'intesa raggiunta l'8 settembre scorso fra la Difesa e la regione Sardegna con la sottoscrizione del protocollo integrativo a quello siglato nel 1999, ai fini della ridefinizione degli indennizzi da corrispondere agli operatori economici delle marinerie di Capo Teulada e S. Anna Arresi.
La Difesa, già dal mese di ottobre 2004 aveva avviato alcune iniziative - concordate con i rappresentanti di categoria e le Autorità politiche e militari regionali - per andare incontro alle aspettative delle Marinerie interessate.
Tale accordo - ove ce ne sia necessità - conferma, pertanto, la sensibilità e l'attenzione che l'Amministrazione ha sempre dimostrato nei confronti di tale categoria.
Il documento, infatti, riconosce ufficialmente le «specialità» dei pescatori mediante la corresponsione di indennizzi maggiorati per il blocco delle attività in seguito alle esercitazioni militari ed è stata disposta, altresì, la riduzione del 50 per cento delle aree perennemente interdette.
Per di più, con tale documento l'Amministrazione si è impegnata a fornire entro il 30 ottobre 2005 gli esiti delle indagini scientifiche affidate all'Istituto di scienze marine (ISMAR) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e, sulla base delle risultanze che emergeranno, a valutare la possibilità, ove saranno garantite le condizioni di sicurezza, di trasformare l'area da permanentemente interdetta a zona regolamentata, ovvero dove poter svolgere particolari modalità di pesca.
Ciò premesso, con specifico riferimento agli episodi citati nell'atto, le attività a fuoco dei giorni 1 e 3 giugno 2004, presso il Poligono di Capo Teulada, si sono svolte in aderenza a specifiche norme tese a garantire il rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale, ivi inclusa l'emanazione delle relative ordinanze di sgombero da parte delle competenti Autorità.
In particolare, il 1o giugno si è svolta un'esercitazione a fuoco del reggimento «Cavalleggeri Guide», nel corso della quale, le vedette preposte al controllo dello sgombero dell'area, segnalavano alla centrale poligono che alcuni colpi (proiettili inerti da esercitazione) erano terminati nelle acque antistanti le cosiddette «spiagge bianche».
La centrale faceva, quindi, sospendere l'attività, accertando successivamente che si trattava di tre colpi finiti nello specchio d'acqua compreso nelle zone sgomberate, senza, pertanto, creare alcun problema per l'incolumità delle persone.
Sulla vicenda, sono in corso da parte della Procura militare di Cagliari gli accertamenti del caso.
Riguardo, invece, ai fatti del 3 giugno, l'esercitazione è iniziata alle ore 9, ossia con un'ora di ritardo rispetto all'orario programmato, per la presenza di un'imbarcazione all'interno dello specchio d'acqua, per la quale è stato necessario disporre l'allontanamento dalla zona di esercitazione.
L'attività a fuoco è, quindi, proseguita regolarmente fino alle ore 10 circa, quando nel tratto di mare antistante Punta Niedda venivano individuate imbarcazioni da pesca provenienti dal porto di Teulada e dirette verso l'area di esercitazione che, tuttavia, per la loro posizione non pregiudicavano in quel momento il regolare svolgimento dell'attività in argomento.
Alle ore 10.20 durante lo svolgimento del secondo esercizio a fuoco, per il sopraggiungere dal citato porto di Teulada del corteo di barche da pesca, veniva disposta l'interruzione dell'attività di fuoco.
Successivamente, allo scopo di esaurire alcuni colpi ancora inseriti nelle bocche da fuoco ed evitare, per motivi di sicurezza, la complessa procedura per il disinnesco dei


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proiettili e solo dopo che le vedette preposte al controllo della sicurezza dell'area avevano verificato che le imbarcazioni si trovavano esternamente alla campana di sgombero, veniva autorizzata la ripresa dell'attività.
Il reparto sospendeva le attività alle ore 10.40, mentre le imbarcazioni erano ancora ampiamente al di fuori della campana di sgombero.
Pertanto, in nessun momento il corteo di barche da pesca ha corso il benché minimo rischio.
Le circostanze di luogo e di tempo fin qui descritte sono documentate in una ripresa filmata effettuata dal reparto che ha svolto l'esercitazione e messa a disposizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Cagliari.
A tal riguardo, altresì, è meritevole di riflessione il fatto che l'azione delle marinerie - oltre a violare palesemente le ordinanze emanate a norma di legge - ha inciso sia sotto il profilo addestrativo, stante l'annullamento di tutte le altre attività previste per il giorno 3 giugno, sia sotto quello finanziario per gli oneri connessi allo svolgimento di tale attività.
Quanto, invece, alle ipotizzate limitazioni allo «sviluppo turistico» ed alla «capacità lavorativa dei pescatori», la Difesa ha sempre perseguito l'obiettivo imprescindibile di contemperare al meglio le attività di natura addestrativa svolte presso il Poligono di Capo Teulada con le esigenze di natura turistica e di esercizio della pesca nelle aree interdette.
Peraltro, non è mai risultato, ad oggi, che nel poligono sussista una situazione di «grave pregiudizio» per l'ecosistema; al contrario, la zona risulta essere molto ambita per l'esercizio della pesca.
Per quanto riguarda le preoccupazioni dell'interrogante circa le ricadute negative delle attività addestrative militari svolte in Sardegna, premesso che tali operazioni sono propedeutiche e necessarie a conseguire quella capacità operativa che è requisito imprescindibile di uno strumento militare moderno ed efficace, non si mette in dubbio il fatto che lo svolgersi di attività addestrative possa comportare qualche ripercussione sul contesto territoriale, sotto diversi aspetti.
Tuttavia, proprio per compensare tali ripercussioni, la Difesa si muove attraverso diversi istituti, organismi e procedure tese a mitigarne l'impatto sulla cittadinanza.
In particolare, per quanto concerne le servitù militari e l'uso dei poligoni, quest'ultimo, peraltro, limitato ai mesi non interessati dal turismo balneare, le decisioni in merito sono assunte in seno al Comitato paritetico misto, ove le realtà regionali e le esigenze militari trovano il corretto alveo di confronto e di decisioni concordate.
In conclusione, l'azione della Difesa è finalizzata ad armonizzare i molteplici aspetti che attengono alle esigenze addestrative, alla sicurezza e all'impatto ambientale con le esigenze connesse all'esercizio della pesca nelle aree interdette.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DELL'ANNA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dall'anno 1993 è stata istituita l'imposta comunale sugli immobili (ICI);
presupposto dell'imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa;
secondo il decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992 per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità;
l'articolo 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (testo unico degli enti


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locali) individua, tra le attribuzioni del consiglio comunale, l'ordinamento e la disciplina dei tributi comunali;
la Corte Suprema di Cassazione - sezione tributaria - con sentenza n. 21644 del 16 novembre 2004, ha stabilito, in tema di ICI, che affinché possa sussistere il presupposto impositivo relativo a un'area edificabile, è necessaria la compresenza del piano di lottizzazione e della possibilità concreta ed effettiva di edificare, ritenendo insufficiente la semplice previsione di edificabilità nel PRG, se mancano piani particolareggiati e l'edificabilità è «di fatto bloccata» da misure normative di salvaguardia che la precludono;
in molti comuni vi sono aree solo formalmente ma non concretamente edificabili con regolari piani di lottizzazione approvati, e che hanno comunque riscosso il tributo fissato in rapporto alla destinazione urbanistica formale delle aree -:
quali iniziative il Ministro dell'economia e delle finanze intenda adottare perché sia fornita una chiara ed univoca interpretazione della legislazione, che valga per tutto il territorio nazionale, al fine di evitare ai contribuenti, ai liberi professionisti ed ai funzionari pubblici di esercitare una non corretta ed univoca applicazione delle disposizioni riguardanti le aree non concretamente edificabili.
(4-15798)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante chiede che venga fornita da parte del Ministero dell'economia e delle finanze un'interpretazione univoca dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, chiarendo cosa si intende per area fabbricabile ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), visto che l'attuale formulazione della norma darebbe luogo a numerosi dubbi interpretativi tanto da alimentare un notevole contenzioso.
Al riguardo, si osserva che l'articolo 2, comma 1, lettera
b), del decreto legislativo n. 504 del 1992, stabilisce che «per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità».
In proposito, il Dipartimento per le politiche fiscali ha fatto presente che, proprio sul momento del riconoscimento dell'efficacia del piano regolatore ai fini del tributo in questione, la giurisprudenza ha avuto un orientamento contrastante. Infatti, in merito alla norma in esame, la Corte di cassazione, nella sentenza n. 21644 del 16 novembre 2004, ha affermato che fino all'approvazione dei piani attuativi non è sostenibile che un'area possa essere utilizzata a scopo edificatorio e pertanto fino a quel momento il terreno deve essere considerato agricolo con la conseguenza che l'ICI va calcolata in base al reddito dominicale del terreno stesso e non in base al valore di mercato.
Detta sentenza è di tenore diverso rispetto ad una precedente pronuncia della Suprema Corte - la sentenza n. 16751 del 24 agosto 2004 - ove viene, invece, affermato che ai fini ICI è sufficiente che l'edificabilità del terreno risulti da un piano regolatore generale e che l'esistenza di un piano attuativo può influenzare semplicemente il valore dell'area ai fini della determinazione della base imponibile.
Quest'ultima pronuncia riflette, peraltro, l'orientamento del Ministero dell'economia e delle finanze che nella risoluzione n. 209/E del 17 ottobre 1997 ha chiarito che l'edificabilità emerge già dal piano regolatore generale senza che siano necessari piani particolareggiati, in quanto ciò che effettivamente rileva è la vocazione edificatoria dell'area stessa risultante già dal piano regolatore generale. Tuttavia, l'inserimento di un'area in un piano particolareggiato non è di poco conto, in quanto ciò comporta inevitabili riflessi sulla quantificazione della base imponibile, che è rappresentata dal valore venale in comune commercio dell'area edificabile. È evidente, infatti, che il valore di un'area è man mano decrescente a seconda che si tratti di


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un'area per la quale è stata rilasciata la concessione edilizia, di un'area priva di concessione, ma compresa in un piano particolareggiato, o di un'area semplicemente compresa in un piano regolatore generale.
Il diverso orientamento giurisprudenziale di cui si è innanzi fatto cenno è, allo stato, al vaglio delle sezioni unite della Corte di cassazione per cui, secondo il Dipartimento delle politiche fiscali, appare opportuno attendere tale pronuncia.
Non sembra, infatti, che si possa in qualche modo risolvere questa dibattuta questione con un semplice atto di carattere amministrativo che non potrebbe che confermare quanto evidenziato con la citata risoluzione n. 209/E del 1997.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

DELMASTRO DELLE VEDOVE e MEROI. - Al Ministro per l'innovazione e le tecnologie. - Per sapere - premesso che:
il codice dell'amministrazione digitale costituisce indubbiamente un passo in avanti di enorme portata per l'ammodernamento della nostra pubblica amministrazione e per il miglioramento della qualità dei servizi resi al mondo delle imprese ed ai privati;
gli ambiti di intervento sono significativi ed importanti: la nascita del cosiddetto «documento informatico», le firme elettroniche e la loro certificazione di autenticità, il sistema informatizzato di gestione dei documenti pubblici e dei procedimenti della pubblica amministrazione, i dati delle pubbliche amministrazioni ed i servizi in rete lo sviluppo ed il riuso di sistemi informatici nelle pubbliche amministrazioni, costituiscono elementi di grande rilievo nel rapporto, nel passato difficile ed inadeguato, fra pubblica amministrazione e cittadini;
peraltro è stato osservato, giustamente, che la disciplina in esame pone una serie di compiti e di doveri di carattere gestionale ed organizzativo per le pubbliche amministrazioni, certamente suscettibili di determinare oneri, in taluni casi anche in misura consistente, per la finanza pubblica;
tale problema è considerato ancor più rilevante in quanto non ci si trova dinnanzi ad un processo di modifica graduale e prolungato, in quanto, in realtà, numerose disposizioni appaiono immediatamente precettive ovvero suscettibili di completa applicazione entro termini perentori;
la questione, in particolare, si pone in modo estremamente serio per gli Enti Locali e, particolarmente, per i piccoli Comuni, le cui condizioni finanziarie appaiono certamente inidonee a garantire grandi trasformazioni, seppure importanti -:
se siano stati valutati gli impatti finanziari della rivoluzione tecnologica imposta dal codice dell'amministrazione digitale sui bilanci degli Enti Locali in genere e, segnatamente, dei piccoli Comuni, al fine di prevenire una situazione di inevitabile disapplicazione della grande ed importante riforma da parte delle amministrazioni meno fortunate dal punto di vista finanziario.
(4-13616)

Risposta. - In via preliminare va sottolineato che il Codice dell'amministrazione digitale rappresenta lo strumento fondamentale, il vero fulcro normativo del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana, che, riconoscendo ai cittadini e alle imprese i diritti di una nuova cittadinanza, rende possibile, in concreto, realizzare la riforma digitale dell'attività amministrativa.
La pubblica amministrazione sia centrale che locale spende attualmente cifre congrue per l'acquisizione di nuove tecnologie ed ha informatizzato una alta percentuale delle postazioni dei suoi dipendenti; tuttavia tale impegno, spesso, non ha prodotto un incremento effettivo di efficienza e un conseguente risparmio dei costi di funzionamento.


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Il Codice pone le condizioni per dar vita, finalmente, ad una amministrazione pubblica più efficiente, che elimini gli sprechi e in definitiva costi meno; in tale senso anche gli enti locali potranno beneficiare degli effetti del processo «virtuoso» di digitalizzazione, reso possibile appunto dall'attuazione del Codice.
In tal senso, ad esempio, il riconoscimento della validità giuridica ai messaggi di posta elettronica, incrementandone l'uso tra le pubbliche amministrazioni e nei contatti di queste con l'esterno, porterà ad una sostituzione quasi totale della tradizionale trasmissione cartacea; ciò produrrà certamente rilevanti risparmi già dal prossimo anno.
Inoltre il Codice attribuendo ad atti, documenti, scritture contabili e corrispondenza riprodotti in forma digitale nel rispetto delle regole che ne garantiscono la conformità agli originali, la stessa validità giuridica del formato cartaceo, rende possibile la realizzazione degli archivi digitali; tale forma di conservazione dei documenti riduce sensibilmente non solo il costo di gestione e di manutenzione degli archivi, ma anche i tempi di ricerca: quindi processi più veloci, risparmi di costo per le Amministrazioni, enorme recupero di spazi prima occupati da ingombranti archivi cartacei.
È prevista, altresì, la possibilità di svolgere conferenze di servizi
on line, evitando così le spese di trasferta dei responsabili degli enti pubblici interessati, e realizzando in tal modo notevoli risparmi e significative riduzioni dei tempi di conclusione del procedimento.
Il Codice stabilisce, tra l'altro, il nuovo diritto all'uso delle tecnologie nei rapporti con la pubblica amministrazione; non sarà più possibile obbligare i cittadini a recarsi agli sportelli degli uffici pubblici per presentare un documento o per richiedere un certificato, è sufficiente che il cittadino invii tale comunicazione o effettui la richiesta mediante un semplice messaggio di posta elettronica. Ciò consentirà di ridurre il numero degli sportelli pubblici e dei relativi costi di gestione, nonché di ottenere il reimpiego ottimale di risorse umane già impegnate in quelle mansioni.
È dunque evidente che anche sul piano delle conseguenze di carattere finanziario l'entrata in vigore del Codice costituirà per gli enti locali innanzi tutto una grande opportunità di risparmio, e, si badi bene, fonte di economie strutturali, poiché l'intera azione amministrativa avrà, a regime, costi inferiori ed efficienza maggiore.
Passando, ora, ad esaminare quanto sostenuto dagli interroganti circa il fatto che «non ci si trova dinanzi ad un processo di modifica graduale e prolungato, in quanto, in realtà, numerose disposizioni appaiono immediatamente precettive, ovvero suscettibili di completa applicazione entro termini perentori», si osserva che il Codice, di cui al decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, entrerà in vigore il 1o gennaio 2006; di conseguenza le Amministrazioni, ove riscontrino la necessità di apportare le necessarie modificazioni organizzative e gestionali, hanno a disposizione un ragionevole lasso di tempo per intervenire.
A ciò si aggiunge che lo stesso articolo 10 della legge n. 229 del 2003 (legge di semplificazione per l'anno 2001), la cui delega è stata attuata con l'emanazione del citato Codice, ha altresì previsto un termine di dodici mesi, già prorogato di ulteriori tre mesi, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 17 agosto 2005, n. 168 di conversione del decreto-legge n. 115 del 2005, per l'adozione dei provvedimenti integrativi e correttivi del Codice stesso.
Come è noto, l'iniziativa normativa rappresentata dal Codice dell'amministrazione digitale nasce dalla convinzione che gli interventi legislativi e regolamentari costituiscano un prezioso strumento per realizzare una svolta nel settore dell'innovazione e delle tecnologie, con particolare riferimento ai processi di digitalizzazione dell'attività delle pubbliche amministrazioni e di implementazione dei servizi di
e-government.
Il legislatore non intende, tuttavia, introdurre nuovi compiti e nuovi oneri per le amministrazioni, ma, al contrario, individuare principi uniformi e fissare regole omogenee che disciplinano gli aspetti fondanti dell'azione amministrativa informatica; dal documento informatico sottoscritto


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con la firma elettronica, alla sua trasmissione per posta elettronica sino alla realizzazione di siti web, al fine di evitare che ciascun soggetto pubblico provveda all'informatizzazione della propria attività in modo autonomo.
Tale linea di indirizzo risulta, peraltro, conforme al disposto costituzionale che attribuisce al legislatore statale la competenza legislativa esclusiva in materia di «coordinamento informatico dei dati» (articolo 117, secondo comma lettera
r, della Costituzione).
Per quanto riguarda, poi, le disposizioni la cui attuazione richiede alle Amministrazioni di porre in essere modifiche di carattere organizzativo, si precisa che tali obblighi si riferiscono alle Amministrazioni centrali, quali Ministeri ed enti pubblici non economici nazionali, organismi che utilizzano le risorse allo scopo già stanziate. D'altra parte, l'inapplicabilità di tali disposizioni agli enti locali trova il suo fondamento nell'esplicito dettato costituzionale che al comma quarto dell'articolo 117 riserva alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni la materia relativa ai profili organizzativi di Regioni ed Enti locali.
Va comunque ricordato che gli Enti locali e più specificamente i piccoli Comuni, come tutte le pubbliche amministrazioni, dispongono di ordinarie risorse finanziarie per il proprio funzionamento, destinate, quindi, a sostenere le spese per i beni ed i servizi di cui gli stessi usufruiscono; pertanto, attraverso un corretto utilizzo di tali risorse, i medesimi enti potranno sostenere gli interventi di riorganizzazione e di innovazione tecnologica resi necessari dall'introduzione nel nostro ordinamento del Codice dell'amministrazione digitale realizzando, così facendo; importanti economie e, dunque, migliorando la propria efficienza.
Al riguardo, giova inoltre segnalare che negli ultimi anni a fronte della crescente attenzione rivolta alle politiche di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni si sono registrati numerosi interventi legislativi statali di finanziamento di progetti di innovazione tecnologica: in particolare, dopo gli investimenti a suo tempo destinati al settore dell'
e-government attraverso il riutilizzo di parte dei proventi della gara Umts, in questa legislatura si segnalano, a titolo esemplificativo, alcune disposizioni in cui sono previsti finanziamenti per la realizzazione di progetti di e-government: articolo 29, comma 7, della legge 28 dicembre 2001 n. 448, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002); articoli 26 e 27 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003); articolo 4, commi 8, 9, 10, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).
Dunque lo Stato ha sostenuto e sostiene finanziariamente il processo di innovazione tecnologica presso gli enti locali con significativi interventi.
In tale contesto appare di tutta evidenza che obiettivo del Codice non è quello di introdurre nuovi oneri a carico delle Amministrazioni locali; al contrario le norme contenute nel decreto legislativo in questione tendono a razionalizzare ed ottimizzare gli investimenti per implementare l'uso delle nuove tecnologie presso le pubbliche amministrazioni, offrendo il quadro normativo di riferimento e al contempo favorendo la creazione del contesto strategico ed operativo, nel cui ambito dovranno appunto utilizzarsi risorse già disponibili.
Voglio ricordare, comunque, qualche dato finanziario. Negli anni 2002-2004 le sole amministrazioni centrali hanno speso circa quattro miliardi di euro per la gestione, la progettazione e lo sviluppo dei sistemi informativi, come risulta dalle tabelle pubblicate nelle relazione annuali del Cnipa presentate al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 4 del decreto legislativo 12 marzo 1993, n. 39.
A ciò si aggiunga che per quanto riguarda gli enti locali negli anni 2001-2005 a fronte di ben 400 progetti aventi come oggetto la realizzazione di servizi di
e-government rivolti a cittadini ed imprese e di servizi infrastrutturali, sono stati erogati


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finanziamenti per complessivi circa 500 milioni di euro (di cui 120 milioni utilizzati per cofinanziarne 134); i soggetti interessati sono tutte le Regioni, 93 Province, più di 170 Comunità montane e più di 4000 Comuni.
Inoltre, nell'ambito della cosiddetta «seconda fase dell'
e-government» è stato previsto un ulteriore stanziamento di 118,5 milioni di euro per cofinanziare progetti proposti dai soggetti suindicati, di cui, in particolare, 10 milioni destinati all'avviamento di piani per lo sviluppo della cittadinanza digitale (e-democracy), 35 milioni finalizzati a promuovere e sostenere i servizi infrastrutturali locali ed infine 4,5 milioni da impiegare per la formazione e l'assistenza agli enti locali.
Infine, allo scopo di sostenere i processi di associazionismo e di cooperazione tra i piccoli Comuni, favorirne economie di gestione con particolare riferimento alla spesa Ict, migliorarne la qualità dei servizi offerti a cittadini ed imprese, attivando iniziative per la riduzione del divario digitale sul territorio, il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (Cnipa) ha avviato, con la pubblicazione di apposito avviso sulla
Gazzetta Ufficiale del 13 settembre scorso, la selezione dei progetti proposti dai Cst (centri di servizio territoriali composti prevalentemente dai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti) da cofinanziare per un importo complessivo di 13,5 milioni di euro.
Tale iniziativa va, poi, integrata con quanto previsto dalla delibera Cipe n. 17 del 2003 che prevede un finanziamento di circa 26 milioni di euro in favore dei piccoli Comuni per la costituzione dei Cst, da erogare attraverso la sottoscrizione di accordi di programma quadro con le Regioni.
Come ben si vede, dunque, gli enti locali, per gli obiettivi suindicati, potranno beneficiare non soltanto degli stanziamenti ordinari di bilancio, ma altresì potranno utilizzare le risorse erogate dallo Stato al fine di completare il processo di innovazione e di semplificazione per migliorare la qualità dei servizi forniti ai cittadini ed alle imprese.
Alla luce di quanto illustrato appaiono, quindi, infondate le pur comprensibili preoccupazioni espresse dagli interroganti relativamente ai possibili disagi legati all'attuazione del Codice da parte dei piccoli Comuni in quanto questi ultimi potranno far fronte all'ammodernamento dell'organizzazione amministrativa anche avvalendosi, in un'ottica di leale cooperazione istituzionale, del supporto statale, e comunque potranno beneficiare di rilevanti e strutturali economie derivanti proprio dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie: Lucio Stanca.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere quanti siano stati i procedimenti penali conclusisi con declaratoria di non doversi procedere per essere il reato prescritto negli anni 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14149)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si riporta il prospetto concernente il numero dei procedimenti definiti per prescrizione, rilevati dalla Direzione generale di statistica, presso gli uffici giudiziari nel periodo 2000-2004.
Dato nazionale del numero di procedimenti penali definiti con sentenza di non doversi procedere per prescrizione negli anni 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004. Dato nazionale:
Ufficio GIP - registro noti: n. 14.153 procedimenti penali nel 2000, n. 5.794 procedimenti penali nel 2001, n. 5.713 procedimenti penali nel 2002, n. 6.465 procedimenti penali nel 2003, n. 6.857 procedimenti penali nel 2004;
Ufficio GUP - registro ignoti: n. 429 procedimenti penali nel 2000; n. 308 procedimenti penali nel 2001, n. 1.037 procedimenti penali nel 2002, n. 913 procedimenti penali nel 2003, n. 902 procedimenti penali nel 2004;
Ufficio Tribunale - dibattimento monocratico: n. 13.581 procedimenti penali nel 2000, n. 17.141 procedimenti penali nel


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2001, n. 16.291 nel 2002, n. 16121 procedimenti penali nel 2003, n. 15.563 nel 2004;
Ufficio tribunale - dibattimento collegiale: n. 1.162 procedimenti penali nel 2000, n. 909 procedimenti penali nel 2001, n. 591 procedimenti penali nel 2002, n. 425 procedimenti penali nel 2003, n. 293 procedimenti penali nel 2004;
Ufficio Corte di Assise: n. 4 procedimenti penali nel 2000, n. 5 procedimenti penali nel 2002, n. 1 procedimento penale nel 2003;
Ufficio Giudice di Pace: n. 85 procedimenti penali nel 2003, n. 80 procedimenti penali nel 2004;
Ufficio Corte di Appello: n. 12.227 procedimenti penali nel 2000, n. 10.796 procedimenti penali nel 2001, n. 9.027 procedimenti penali nel 2002, n. 9.618 procedimenti penali nel 2003, n. 8.522 procedimenti penali nel 2004.

Dato nazionale del numero di procedimenti penali definiti con decreto di archiviazione per prescrizione negli anni 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004:
Ufficio GIP - registro noti: n. 23.525 procedimenti penali nel 2000, n. 94.283 procedimenti penali nel 2001, n. 127.316 procedimenti penali nel 2002, n. 164.952 procedimenti penali nel 2003, n. 171.009 procedimenti penali nel 2004;
Ufficio GUP - registro ignoti: n. 945 procedimenti penali nel 2000, n. 3.914 procedimenti penali nel 2001, n. 3.368 procedimenti penali nel 2002, n. 6.059 procedimenti penali nel 2003, n. 5.076 procedimenti penali nel 2004.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
uno dei problemi più importanti - e per certi versi drammatico - del sito storico-archeologico di Pompei unico ed irripetibile per ricchezza di beni culturali ed archeologici e attrazione di enormi flussi turistici da tutto il mondo è da sempre costituito dalla imponenza del fenomeno dei furti;
il Ministero per i beni culturali ha avviato la realizzazione di un sofisticato sistema di videosorveglianza strutturato per controllare un'area, fra l'altro molto estesa, che, laddove sorvegliata con sistemi tradizionali, non avrebbe mai potuto essere ripulita dalla sciagura dei furti e dal depauperamento di un patrimonio appartenente, fra l'altro, all'intera umanità -:
quale sia l'evoluzione, dal 2001 al 2004, del fenomeno dei furti di oggetti archeologici dalla vasta area di Pompei e se il sistema di videosorveglianza dia buoni risultati al fine di tutelare un patrimonio immenso, ma, a parere dell'interrogante, troppo disperso su un'area di grande vastità e dunque difficilmente sorvegliabile anche in ragione della straordinaria ricchezza di beni disseminati lungo tutto il territorio.
(4-15317)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in esame, concernente il fenomeno dei furti nell'area archeologica di Pompei, nel segnalare che nei dieci anni precedenti alla realizzazione dell'impianto di videosorveglianza si sono verificati n. 10 furti, si rende noto che l'attuale sistema, funzionante dall'ottobre 2004, consente un controllo molto più dettagliato del sito archeologico e che, sino ad oggi, non si sono registrati illeciti in tal senso.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
L'Asmara, e più precisamente il centro storico della città eritrea, edificata fra il 1935 ed il 1941 dai coloni italiani, è stato incluso nella lista dei cento siti


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storici a rischio, lista compilata ogni due anni dal World Monument Fund (Wmf);
il Fondo è una istituzione privata statunitense, che, in collaborazione con American Express, richiama l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sui monumenti in pericolo;
il Fondo ha presentato a New York la sua «top 100» e all'interno di tale lista è stata inclusa L'Asmara;
secondo il Fondo, «L'Asmara ha una delle più alte concentrazioni del mondo di architettura modernista. Il suo centro urbano rappresentò un ardito tentativo di creare una città ideale basata sugli ideali della pianificazione architettonica» (cfr. Il Giornale di mercoledì 22 giugno 2005 alla pagina 17);
si tratta di salvare più di 400 edifici rimasti dall'epoca coloniale, fra cui lo straordinario teatro disegnato in uno stile eclettico e affreschi Art Nouveau da Eduardo Cavagnari;
L'Asmara rappresentò un interessante esperimento architettonico radicale ideato dal fascismo, tutto proteso ad edificare in tempi brevi, secondo un progetto urbanistico di difficile comprensione per il quadro culturale dominante in Europa;
è bene ricordare che L'Asmara fu edificata in sei anni a partire dal 1935, per soddisfare il bisogno di case dei nostri coloni, che portarono il numero di abitanti, in cinque anni, da 4.000 a 45.000;
dal punto di vista architettonico la costruzione della città destò rispetto ed ammirazione, tanto che il famoso architetto Naigzy Gebremedhin ha scritto, nel volume «Asmara: Africa's Secret Modernist City», quanto segue: «I coloni italiani in Eritrea usarono la città come una tela bianca per progettare e costruire la loro utopia in Africa»;
fra l'altro, anche gli architetti, proprio perché lavoravano a grande distanza dalla madrepatria, poterono attivare un interessante sperimentalismo, come dimostra,a titolo meramente esemplificativo, il garage Fiat Tagliero costruito per sembrare un aeroplano;
il tentativo di salvare L'Asmara, che viene promosso negli Stati Uniti d'America, sembra all'interrogante non riscuotere particolari palpitazioni emotive nel nostro Paese, che pure dovrebbe sentire l'orgoglio per la realizzazione di un'opera di dimensioni straordinarie e comunque di grandissimo interesse architettonico;
è del resto bene sottolineare che L'Asmara rappresenta la «summa architettonica» del lavoro, della fatica, della creatività del popolo italiano, capace di recarsi all'estero non già per rapinare, come altri fecero nelle colonie, ma per costruire, realizzare pregevoli opere durature nel tempo;
vari, dunque, sono, secondo l'interrogante, le ragioni che debbono indurre il nostro Paese ad interessarsi della questione ed a promuovere il salvataggio dei 400 edifici che caratterizzano la produzione italiana più significativa -:
se non ritenga di dover assumere gli opportuni contatti con il World Monument Fund (Wmf) per conoscere i dettagli del progetto di salvataggio della Città di L'Asmara;
se non vi sia la possibilità di arricchire il World Monument Fund (Wmf) con la documentazione ancora reperibile presso lo Stato italiano e relativa al profilo culturale ed architettonico del monumentale progetto di edificazione di una Città nuova e destinata a grandi sperimentazioni da parte di prestigiosi professionisti;
quali iniziative intenda comunque assumere per promuovere, corroborare e sostenere le iniziative che il Wmf riterrà di dover assumere in tutte le sedi, ed infine se non si ritenga di dover tentare di coinvolgere l'Unione europea in un progetto ambizioso e, per il nostro Paese, particolarmente prestigioso.
(4-15387)

Risposta. - La Direzione Generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici suddetta, ha reso noto che è in fase conclusiva


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la preparazione del I Programma esecutivo di collaborazione culturale italo-eritreo per il triennio 2006-2009 che, relativamente al «Patrimonio culturale» al c. 3.6: Archeologia, Musei, Restauro, Architettura e Arte Contemporanea, Paesaggio, recita: «le due Parti incoraggeranno lo scambio di informazioni, pubblicazioni ed esperti nel campo archeologico, museografico e restauro del patrimonio culturale e della promozione dell'architettura e dell'arte contemporanea tra le istituzioni competenti dei due paesi».
Tale programma permetterà di entrare in contatto con i membri del
World Monuments Found al fine di conoscere i dettagli del progetto di salvataggio della città eritrea e favorirà la collaborazione di esperti italiani per contribuire all'avvio di una campagna di restauro delle architetture dell'epoca razionalista presenti all'Asmara.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, convertito con legge 212 del 1 agosto 2003, da parte di numerosi soggetti che ritenevano di essere legittimati e di possedere i titoli richiesti, è stata presentata richiesta per l'acquisto di aree demaniali;
a seguito dell'esame delle competenti Agenzie del demanio, queste ultime hanno verificato il non possesso dei titoli previsti dalla legge in capo ai richiedenti e, di conseguenza, è stato comunicato a questi ultimi il non accoglimento delle istanze presentate. Ne segue che, in ragione della reiezione delle predette istanze, debbono essere restituite le somme che erano state versate per l'acquisto delle aree demaniali, somme stabilite dal già citato articolo 5-bis, legge n. 212/2003;
a tutt'oggi le competenti Agenzie del demanio sono impossibilitate ad effettuare alcun tipo di rimborso per carenza di fondi. È il caso, ad esempio, dell'Agenzia del demanio dell'Emilia-Romagna, ufficio di Piacenza, rispetto all'istanza di restituzione presentata dai signori Granelli Arturo e Gandolfi Anna, entrambi residenti in Castell'Arquato, via Montebasso 15, che avevano presentato richiesta di acquisto di terreno demaniale in data 30 gennaio 2004, prot. n. 1419 -:
se e quali urgenti provvedimenti intenda assumere affinché alle competenti Agenzie del demanio sia data la possibilità di effettuare i rimborsi dovuti e, in particolare, se a ciò possa prevedere l'Agenzia del demanio dell'Emilia Romagna, ufficio di Piacenza, anche per il caso più sopra evidenziato.
(4-14693)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde all'interrogante che chiede chiarimenti in merito alla problematica dei rimborsi dovuti a seguito del rigetto delle istanze di acquisto di aree demaniali ex articolo 5-bis, del decreto-legge 24 giugno 2003, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 1o agosto 2003, n. 212.
In particolare, l'interrogante segnala il caso del mancato rimborso da parte della filiale Emila-Romagna, Ufficio di Piacenza dell'Agenzia del demanio nei confronti dei signori Granelli Arturo e Gandolfi Anna.
Al riguardo, l'Agenzia del demanio ha riferito che, con nota del 27 settembre 2005, ha trasmesso al Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, per gli adempimenti di competenza e per il successivo inoltro all'Ufficio centrale del bilancio, n. 8 ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati dell'Agenzia del demanio, da imputare sul capitolo 3866 (Restituzioni e rimborsi) dello stato di previsione della spesa del predetto Ministero per il corrente esercizio finanziario.
Pertanto, non appena si renderanno disponibili tali risorse, rientrando i nominativi sopraindicati nell'elenco dei destinatari dei rimborsi che la citata filiale dovrà effettuare, l'Agenzia del demanio provvederà


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a quanto dovuto utilizzando parte del predetto stanziamento.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 23 del 2 febbraio 2002 e il decreto dirigenziale del 2 aprile 2003 dettano disposizioni riguardanti l'istituzione di organismi notificati ed autorizzati ad operare nel campo dei serbatoi trasportanti materie della classe 2 ADR -:
se non ritenga doveroso adottare apposite iniziative normative volte ad estendere la detta normativa anche alle altre classi di trasporto ADR (3 - 4.1 - 4.2 - 4.3 - 5.1 - 5.2 - 6.1 - 6.2 - 8.9) non essendovi ragione per cui quest'ultima sia riservata unicamente ad attività di trasporto di fatto più rischiosa (la classe 2 ADR si riferisce, infatti, ai gas compressi e/o liquefatti sotto elevate pressioni).
(4-15323)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che il decreto legislativo n. 23 del 2 febbraio 2002 concerne l'attuazione della direttiva 1999/36/CE e della decisione 2001/107/CE in materia di attrezzature a pressione trasportabili.
La direttiva sopra citata persegue il duplice scopo di accrescere la sicurezza delle attrezzature a pressione trasportabili omologate per il trasporto di merci pericolose e per ferrovia e di garantire la messa in servizio e l'utilizzazione ripetuta anche con riguardo agli aspetti relativi all'immissione sul mercato.
Tale direttiva stabilisce che il campo di applicazione sia limitato alle attrezzature a pressione destinate al trasporto dei gas della classe 2 dell'ADR di nuova fabbricazione, cioè rispondenti agli standard di sicurezza comunitari, escludendo quindi le attrezzature a pressione già in uso per le quali continuano ad applicarsi le precedenti normative nazionali vigenti nei singoli Stati della Comunità.
Il decreto dirigenziale del 2 aprile 2003, nell'ambito del sopra citato decreto legislativo, definisce le procedure operative per la destinazione degli organismi notificati ed autorizzati.
L'immissione in servizio e le verifiche periodiche delle cisterne destinate al trasporto delle materie appartenenti alle altre classi dell'ADR ricadono nel campo di applicazione della normativa nazionale, in particolare i decreti ministeriali 8 e 9 agosto 1980 e successive modificazioni ed integrazioni. Nello specifico il decreto ministeriale 8 agosto 1980, emanato di concerto con il Ministero dell'interno, all'articolo 3 demanda la competenza per l'attuazione delle norme esplicitamente all'ex direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione.
Da quanto sopra esposto consegne che gli organismi notificati ed autorizzati designati in virtù del decreto legislativo n. 23 del 2002 sono competenti ad operare sulle attrezzature e serbatoi di nuova costruzione rispondenti al complesso normativo comunitario.
Eventuali iniziative atte ad allargare il campo di applicazione della direttiva 1999/36/CE anche alle altre classi dell'ADR devono, ovviamente, essere precedute dall'armonizzazione delle norme di progettazione, costruzione, approvazione e mantenimento in servizio delle cisterne destinate al trasporto delle altre materie pericolose ancora allo studio delle competenti Istituzioni comunitarie.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

GALVAGNO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alla signora Gioconda Carzitti è stato riconosciuto il diritto di ottenere il rimborso di 2.947.000 lire per Irpeg, più


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6.083.000 per Ilor, più 486.000 di addizionale Ilor, oltre agli interessi;
tali rimborsi sono relativi all'anno 1983 e sono stati convalidati al Centro operativo di Pescara il 23 ottobre 2002;
numerose sollecitazioni dell'interessata, quanto meno per poter conoscere le date presunte entro cui verranno effettuati i rimborsi, nessuna risposta è stata finora data dagli uffici competenti -:
se non ritenga opportuno impartire agli uffici competenti le opportune disposizioni affinché gli stessi forniscano alla signora le indicazioni precise circa i tempi di pagamento dei rimborsi in questione.
(4-15879)

Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, chiede di conoscere i tempi di pagamento, a favore della signora Gioconda Carzitti, dei rimborsi, relativi all'anno 1983, concernenti Irpeg, Ilor e addizionale Ilor, oltre agli interessi.
L'Agenzia delle entrate ha comunicato, in proposito, che la signora Gioconda Carzitti, nata a Sequals (UD) il 6 agosto 1935 e residente a Refrancora (AT), in via Alessandria n. 31, codice fiscale CRZGND35M46I621S, risulta liquidatore dei crediti, vantati dalla Serart Società a responsabilità limitata, codice fiscale 03996330019.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che i rimborsi spettanti alla Serart Società a responsabilità limitata, riferiti all'anno d'imposta 1983 e riguardanti l'Irpeg per euro 1.522,00, l'Ilor per euro 3.141,60 e l'addizionale Ilor per euro 251,00, oltre ai relativi interessi, sono stati erogati dal centro operativo di Pescara con i fondi a disposizione.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

GIACCO, LABATE, GALEAZZI e ZANOTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge del 24 novembre 2003 n. 326, ha eliminato la possibilità di ricorrere in via amministrativa contro i provvedimenti in materia di invalidità civile e ha introdotto il termine di decadenza di sei mesi dalla data di comunicazione del provvedimento amministrativo per la presentazione del ricorso giudiziario;
tale disposizione è entrata definitivamente in vigore, per effetto del decreto-legge 24 dicembre 2004 n. 355, articolo 23 comma 2, convertito nella legge 27 febbraio 2004 n. 47, il 10 gennaio 2005;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha espresso un parere, contenuto nella lettera prot. n. 38884 del 14 febbraio 2005, in cui si precisa che permane la possibilità di ricorrere in via amministrativa in caso di provvedimenti di rigetto legati a motivi estranei al possesso dei requisiti medico-legali -:
se il Governo non ritenga che anche per motivi legati al possesso di requisiti medico-legali sia necessario introdurre degli strumenti di mediazione o ricorso preventivi rispetto al ricorso in giudizio, unico strumento oggi in vigore a tutela del richiedente, per promuovere l'obiettivo di non incrementare il contenzioso già di per sé massiccio sia nei primi sei mesi di vigore della norma sia nei tempi successivi;
se il Governo non ritenga che il termine di decadenza di sei mesi per la presentazione del ricorso giudiziario abbia consentito di superare i ritardi e le inefficienze burocratiche del sistema di accertamento delle invalidità o che, piuttosto, fissando un termine oltremodo breve, non abbia determinato, al contrario, l'impossibilità di accedere al ricorso per persone in particolare situazione di gravità e/o esclusione da reti familiari;
se il Governo non ritenga oltremodo inibente la previsione della possibilità di condanna del ricorrente in giudizio nei


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confronti di tutte le controparti (Regioni, Inps e Ministero) se soccombente, introdotta con decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269 articolo 42, anche se entro limiti di reddito definiti.
(4-16159)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente le modifiche al regime del contenzioso in materia di invalidità civile introdotte dall'articolo 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
Al riguardo, sulla base degli elementi forniti dal Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi del tesoro, si fa presente che il regime del contenzioso amministrativo nella materia dell'invalidità civile si suddivide in due fasi: la fase dell'accertamento dei requisiti sanitari e la fase dell'accertamento degli altri requisiti prescritti dalla legge per il godimento dei benefici in questione (posizione reddituale, eccetera).
L'accentramento del potere decisorio in capo ad un unico organo (commissione medica superiore) avente competenza per l'intero territorio nazionale, l'elevatissima mole di ricorsi che mensilmente venivano presentati, le complesse istruttorie (nel corso delle quali erano richiesti, spesso, approfondimenti medici, anche presso organi di altre pubbliche amministrazioni per valutare la situazione sanitaria del ricorrente) sono tra i fattori che hanno concorso a ritenere superato e, anzi, contrastante con l'esigenza di una tutela in via amministrativa in tempi ragionevoli, lo strumento del ricorso alla commissione medica superiore contro i verbali dell'invalidità emessi dalle commissioni di prima istanza, quale rimedio preventivo rispetto alla tutela giurisdizionale.
Pertanto, l'eliminazione della possibilità di presentare ricorso amministrativo avverso i verbali di accertamento dell'invalidità trova fondamento nella constatazione che tale strumento si è dimostrato obsoleto e scarsamente funzionale, essendo inadeguato a corrispondere alle esigenze di soluzione in via preventiva di situazioni controvertibili, altrimenti destinate a generare contenzioso giudiziale.
L'abolizione del ricorso amministrativo, da un lato, ha il fine di fluidificare il procedimento, razionalizzandolo, in funzione di una più rapida definizione delle situazioni e, dall'altro, di consentire maggiore efficienza del personale, chiamato a presiedere l'azione amministrativa nella sede giudiziale.
I motivi sopra esposti tenderebbero, quindi, ad escludere l'eventuale possibilità di reintrodurre il ricorso amministrativo avverso i verbali di accertamento dell'invalidità.
Per quanto concerne, poi, il termine di decadenza per la presentazione del ricorso dinanzi al giudice, il citato Dipartimento ha espresso l'avviso che il periodo di sei mesi sia congruo al fine di valutare l'opportunità di promuovere o meno l'azione giurisdizionale.
Per quanto riguarda, infine, il riferimento alle spese di giudizio che il ricorrente deve sostenere nel caso in cui risulti soccombente e, in particolare, nel caso in cui possieda redditi entro limiti definiti, giova precisare che tale norma ha lo scopo di produrre un effetto deflattivo sul contenzioso giurisdizionale; spesso, infatti, i ricorsi dinanzi al Giudice del lavoro si sono dimostrati infondati, generando una situazione di criticità nel funzionamento della macchina giudiziaria.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

INNOCENTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 16 gennaio 2004 la Commissione Europea ha avviato un procedimento di infrazione contro l'Italia ed altri Paesi affinché vengano modificate le legislazioni ed i regolamenti attuativi che prevedono la gratuità del prestito pubblico effettuato da biblioteche ed altri enti pubblici;
tale decisione ha giustamente sollevato vive proteste da parte degli utenti


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delle biblioteche i quali manifestano in varie forme la loro contrarietà all'introduzione del prestito a pagamento che penalizzerebbe in modo particolare i cittadini meno abbienti;
il diritto d'autore è un principio da difendere senza entrare in contrasto, tuttavia, con una necessaria politica di promozione e diffusione della lettura e di accesso alla cultura -:
quali iniziative intenda adottare il Governo in sede Comunitaria affinché non siano limitate le opportunità di coloro che ricorrono alle biblioteche e perché non sia penalizzata l'importante funzione sociale di queste istituzioni pubbliche.
(4-14658)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, relativa la procedura di infrazione intrapresa dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano e di altri Stati europei, per inadempienza rispetto alle prescrizioni della direttiva europea 92/100/CE del Consiglio del 19 novembre 1992, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, la direttiva in questione è stata recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo 16 novembre 1994, n. 685, recante «Attuazione della direttiva 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale». In particolare, l'articolo 5 ha modificato l'articolo 69 della legge 22 aprile 1941 n. 633, recante «Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio».
L'ultima formulazione dell'articolo 69, stabilita dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68, prevede che il prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche di Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e di studio personale, non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione.
Attualmente, la procedura di infrazione è sfociata in un ricorso innanzi alla Corte di giustizia della Comunità europea, in quanto il nostro Paese non si è conformato alle osservazioni contenute nel parere motivato della Commissione.
Poiché è ferma convinzione che la circolazione del libro e la diffusione della lettura siano obiettivi di primaria importanza, la politica culturale di questo Ministero è orientata, nell'affrontare le problematiche relative all'integrale recepimento della direttiva in argomento, al riconoscimento del ruolo strategico svolto dalle biblioteche pubbliche nella promozione del libro.
Considerata, dunque, la rilevanza della questione, il Ministero per i beni e le attività culturali, a seguito di un'accurata analisi e valutazione dei diversi interessi costituzionalmente tutelati - diritto allo studio e alla formazione e diritti economici degli autori e degli editori - e sentite anche le Associazioni di categoria interessate, ha messo a fuoco una soluzione per adeguare la normativa interna a quella comunitaria.
Al riguardo, è stata elaborata un'iniziativa normativa di modifica dell'articolo 69 della legge 633 del 1941, che questo Ministero ha chiesto di inserire nel disegno di legge riguardante la finanziaria 2005. Questo provvedimento tiene conto della necessità di non gravare sull'utente finale e sulle biblioteche, individuando una soluzione volta a non incidere sul diritto di prestito, che deve essere promosso e agevolato in quanto servizio base, attesi i bassi indici di lettura italiani.
A tal fine, nella disposizione citata si prevede la costituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, di un Fondo nazionale per la remunerazione del prestito pubblico su cui far gravare gli oneri relativi alla remunerazione degli autori.
Al finanziamento di tale Fondo è previsto anche il concorso delle regioni, in ragione dell'elevato numero delle biblioteche e delle altre istituzioni non statali, aperte al pubblico, che fa sì che il volume dei prestiti sia concentrato principalmente a livello locale. Questa situazione di fatto comporta il necessario coinvolgimento di risorse proprie delle regioni nel finanziamento del diritto di prestito pubblico.


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Alla luce delle considerazioni sopra esposte, ferma restando la necessità di ottemperare alla normativa comunitaria, si rimarca l'impegno del Ministero per i beni e le attività culturali per individuare la migliore soluzione operativa, auspicando, compatibilmente con il reperimento delle necessarie risorse finanziarie, di poter evitare l'ulteriore esito della procedura d'infrazione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo l'interrogante, l'Enel dovrebbe garantire ad ogni sottoscrittore del suo capitale azionario cinquecento azioni eliminando il meccanismo del sorteggio;
è infatti opportuno dare una risposta positiva e concreta ai tanti sottoscrittori che hanno riposto fiducia in una società di cui lo Stato è azionista;
una simile iniziativa contribuirebbe, infatti, a creare un positivo rapporto tra Stato e cittadini -:
quali siano in proposito le valutazioni del Ministro interrogato e quali iniziative lo stesso ritenga di dover eventualmente adottare.
(4-15688)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente le modalità di assegnazione di azioni Enel alle diverse categorie di aderenti all'offerta globale, conclusasi in data 7 luglio 2005.
Al riguardo, sulla base degli elementi forniti dal dipartimento del Tesoro, si fa presente che la struttura generale dell'offerta e l'individuazione delle dimensioni minime o massime delle
tranche riservate a determinate categorie di aderenti sono state stabilite e comunicate al pubblico anteriormente alla data di chiusura dell'operazione, mediante la pubblicazione del prospetto informativo dell'offerta, depositato presso la Consob il 16 giugno 2005, e dei successivi avvisi integrativi.
In particolare, nel prospetto informativo è stato previsto che l'Offerta globale di azioni Enel fosse composta da un'Offerta pubblica di vendita (OPV) destinata al pubblico dei risparmiatori in Italia e da una contestuale Offerta istituzionale, destinata agli investitori professionali in Italia e agli investitori istituzionali internazionali. Inoltre, è stato previsto che ai
joint lead manager dell'Offerta istituzionale potesse essere concessa - in caso di andamento favorevole della domanda - l'opzione di acquisto di ulteriori azioni, fino ad un massimo del 15 per cento dell'Offerta globale (cosiddetta greenshoe).
La quota minima che il prospetto informativo riserva all'Offerta pubblica vendita è stata stabilita in 100 milioni di azioni ordinarie, corrispondenti al 20 per cento dell'Offerta globale, così suddivisa: un'offerta riservata al pubblico indistinto; un'offerta riservata ai dipendenti del gruppo Enel di n. 59.744 lotti minimi (pari al numero di dipendenti aventi diritto); un'offerta riservata agli azionisti Enel non superiore al 50 per cento dell'offerta pubblica.
Delle azioni effettivamente assegnate al pubblico indistinto e agli azionisti Enel una quota non superiore al 20 per cento poteva essere riservata al soddisfacimento delle adesioni, rispettivamente pervenute, relative a lotti minimi di adesione maggiorati, composti ciascuno da n. 5.000 azioni, a fronte di una dimensione del lotto minimo ordinario pari a n. 500 azioni.
Pertanto, in data 22 giugno 2005, mediante pubblicazione di un avviso integrativo al Prospetto informativo, il Ministero dell'economia e delle finanze, acquisito il parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, ha reso noto che l'Offerta globale avrebbe riguardato un numero massimo di 500 milioni di azioni ordinarie Enel S.p.a., pari a circa l'8,2 per cento del capitale sociale di Enel alla data del Prospetto informativo. Di conseguenza, la
greenshoe avrebbe potuto ammontare ad un massimo di 75 milioni di azioni Enel, pari a circa l'1,2 per cento del capitale Enel (la dimensione massima dell'offerta,


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compresa la greenshoe, è stata, dunque, stabilita in 575 milioni di azioni Enel).
Giova precisare che la domanda complessiva relativa all'Offerta pubblica vendita è stata particolarmente elevata; infatti, nel complesso, sono state richieste n. 611.467.000 azioni (quantitativo superiore all'ammontare previsto per l'intera Offerta globale ed oltre 6 volte il quantitativo minimo riservato alla stessa Offerta pubblica vendita, da parte di circa 660 mila risparmiatori, così suddivisi: azionisti Enel: 247.878.500 azioni, da parte di n. 367.148 azionisti (di tale quantitativo, n. 77.990.000 azioni sono state richieste da parte di n. 12.923 azionisti per lotti minimi maggiorati); dipendenti del gruppo Enel n. 11.253.000 azioni da parte di n. 12.293 dipendenti; pubblico indistinto: n. 274.345.500 azioni così ripartite: n. 183.205.500 azioni da n. 249.866 richiedenti nella tranche del lotto minimo ordinario; n. 91.140.000 azioni da parte di n. 14.629 richiedenti nella tranche del lotto minimo maggiorato.
Per quanto attiene alle adesioni pervenute nell'ambito dell'Offerta istituzionale, si fa presente che, al prezzo stabilito pari a 7,18 euro per azione, la domanda complessiva ammontava a ben 1.078.667.706 azioni.
In tale situazione, pur destinando alle sole richieste pervenute nell'ambito dell'Offerta pubblica vendita tutte le azioni dell'Offerta globale, i risparmiatori italiani non sarebbero stati soddisfatti integralmente.
In base ad un mero calcolo matematico, sarebbe stato possibile assegnare un lotto minimo a ciascun richiedente nell'ambito dell'Offerta pubblica vendita, modificando, però, radicalmente la struttura dell'Offerta globale, con riflessi sulle attese degli investitori istituzionali e dei mercati in genere.
Tenuto conto dei criteri di riparto indicati nel prospetto informativo, con il supporto del Comitato per le privatizzazioni, è stato stabilito di assegnare all'Offerta pubblica un numero di titoli pari al 50 per cento dell'intera Offerta globale (ovvero 250 milioni di azioni) e, in particolare: vista l'elevata richiesta, assegnare alla tranche di azionisti Enel il 50 per cento dell' Offerta pubblica pari a n. 125.000.000 azioni (n. 238.750 azionisti), ammontare massimo previsto nel Prospetto informativo; soddisfare integralmente i dipendenti del gruppo Enel, attribuendo n. 11.253.000 azioni, pari al 4,50 per cento dell'Offerta pubblica vendita prevista, a soddisfazione delle richieste di n. 12.293 dipendenti; riservare il residuo al pubblico indistinto, assegnando a tale categoria n. 113.747.000 azioni, pari al 45,50 per cento dell'Offerta pubblica vendita.
Per quanto riguarda le richieste relative a lotti minimi maggiorati, nell'ambito di ciascuna categoria di richiedenti (azionisti e pubblico indistinto), al fine di massimizzare la quota destinata ai lotti minimi e soddisfare, così, un più elevato numero di richiedenti, è stato stabilito di allocare soltanto il 5 per cento del quantitativo assegnato alla rispettiva categoria, a fronte di una possibile destinazione massima pari al 20 per cento.
Pertanto, le percentuali di richiedenti soddisfatti - almeno parzialmente - per singola tranche sono state le seguenti: pubblico indistinto: lotto minimo 86,50 per cento (216.124 lotti estratti su 249.866 richiedenti); lotto maggiorato 7,77 per cento (1.137 lotti maggiorati estratti su 14.629 richiedenti); dipendenti: assegnazione al 100 per cento; azionisti Enel: lotto minimo 64,69 per cento (237.500 lotti estratti su 367.148 richiedenti); lotto maggiorato 9,67 per cento (1.250 lotti maggiorati estratti su 12.923 richiedenti).
Nell'ambito dell'Offerta istituzionale, invece, la percentuale di azioni allocate rispetto alla domanda è stata nel complesso più bassa: circa il 30,1 per cento.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Michele Giuseppe Vietti.

MARAN. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Italiana Tinnitus-Acufene che conta circa 2000 iscritti in tutta


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Italia, stima che i portatori di acufene nel nostro Paese siano oltre due milioni;
si tratta di un disturbo solo apparentemente banale che tende invece a creare un vero e proprio stato invalidante coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione, inducendo e potenziando stati ansiosi-depressivi, interferendo quindi nella qualità della vita;
la ricerca scientifica in relazione a questa patologia a tutt'oggi è molto scarsa -:
se non ritenga il Ministro di intervenire affinché siano avviati i necessari studi e ricerche sulla patologia dell'acufene.
(4-14207)

Risposta. - L'acufene è un rumore fastidioso (fischio, ronzio, suono di tipo pulsante o intermittente), a volte anche intenso, che può essere percepito in uno o entrambi gli orecchi, oppure genericamente all'interno della testa, in assenza di stimolazione sonora esterna.
Gli acufeni rappresentano uno dei sintomi otologici più frequenti; il 15 per cento della popolazione ha sofferto, nella vita, almeno di un episodio di acufene, che può costituire una reale disabilità per circa 7 persone su 1000 (General household survey 1983, National center for health statistic).
Il disturbo potrebbe essere legato ad un danno del sistema nervoso centrale, oppure a livello della coclea.
La reazione organica che l'acufene induce genera uno stato di agitazione e disagio continuo nel paziente, che viene amplificato da situazioni di stress, di stanchezza, dalla attività lavorativa o da altri disturbi fisici.
Con un accurato protocollo diagnostico, è possibile analizzare sistematicamente le cause che possono essere responsabili della produzione dell'acufene ed escludere od individuare ogni altra patologia rilevante.
Va, peraltro, precisato che questo disturbo è un sintomo presente in molte e diverse patologie, piuttosto che in una specifica entità nosologica. La ricerca di base e la ricerca clinica risentono di questa particolarità, in quanto gli studi e le ricerche scientifiche si riferiscono a specifiche e molteplici entità nosologiche che presentano, tra i propri sintomi, l'acufene.
Un metodo moderno per lo studio degli acufeni è basato sulla valutazione delle otoemissioni acustiche (OEA), nelle loro numerose varianti.
Le otoemissioni rappresentano il suono spontaneamente emesso dall'orecchio verso l'esterno, registrabile con appositi microfoni a livello di condotto uditivo esterno.
Le alterazioni riscontrate nella registrazione delle otoemissioni acustiche in soggetti con acufene, rispetto a soggetti non acufenici, possono stabilirne le caratteristiche audiologiche e, talora, il luogo di insorgenza.
Esistono molteplici trattamenti efficaci, quali: apparecchi acustici che possono assopire il rumore interno; farmaci vasoattivi, vitaminici, neurotrofici, utilizzati per migliorare la circolazione dell'orecchio interno; antidepressivi e benzodiazepinici che agiscono sul versante neuropsichico del paziente; farmaci che inibiscono la conducibilità delle fibre nervose e l'eccitabilità delle membrane dei neuroni; terapie cognitivo-comportamentali che mirano a far convivere il paziente con il proprio disturbo; protesi acustiche speciali nei pazienti che associano una perdita dell'udito; interventi chirurgici per gli acufeni che originano dal nervo acustico.
Per la maggior parte dei pazienti, il disturbo diventa insopportabile nei periodi di riposo, ad esempio quando leggono o prima di addormentarsi, con conseguente difficoltà a prendere sonno e disturbi del sonno, difficoltà a concentrarsi, nervosismo e modifiche della personalità, depressione e tensione nei rapporti familiari.
L'acufene può provocare disordini cognitivi, che possono tramutarsi in comportamenti di disadattamento sociale e familiare.
Per la natura disabilitante del disturbo, la cui frequenza aumenta con l'età anagrafica, il Ministero della salute conferma


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la propria attenzione e sensibilità verso le più idonee iniziative di studi e ricerche in materia, utili a individuare le terapie più idonee per questa categoria di pazienti.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.

MARRAS. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel corso di scavi avvenuti negli anni 1970 in Sardegna a Monti Prama, nella penisola del Sinis, vicino a Tharros in provincia di Oristano, furono rinvenute 32 statue in pietra raffiguranti antichi guerrieri ed atleti, risalenti al VII-IX (altri studiosi sostengono risalire al X-XI) secolo avanti Cristo, nel pieno di quella che fu definita la «civiltà nuragica»;
le statue, a grandezza poco più che naturale, ma ridotte a numerosi tronconi, sono state per oltre 25 anni in stato di abbandono nei magazzini del Museo di Cagliari, nonostante il loro rinvenimento avesse una portata culturale equivalente a quello dei bronzi di Riace o del Satiro danzante di Mazara del Vallo e nonostante che l'area del rinvenimento si fosse rivelata un sito fondamentale per la conoscenza della misteriosa ed autoctona civiltà nuragica;
la Regione Sardegna ha finalmente stanziato una somma adeguata al restauro, da effettuarsi nell'arco di due anni presso l'istituto del restauro di Sassari, sì da riportare le antiche statue al loro originario splendore; tuttavia sono insorte rilevanti polemiche relative sia alla collocazione delle statue restaurate, sia ai fondi necessari per riprendere con vigore gli scavi nelle aree archeologiche non ancora esplorate dei diversi insediamenti di Monti Prama;
sull'esempio dei Bronzi e del Satiro citati, che si trovano lì dove sono stati trovati, sarebbe doveroso che le statue ed i numerosi altri reperti fossero collocati in un luogo prossimo al rinvenimento, quale il Museo cittadino di Cabras, in modo da costituire un motivo di attrazione turistico-scientifica ed un volano di sviluppo dell'intera area -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno che le statue dei guerrieri-atleti di Monti Prama siano definitivamente collocate, al termine del restauro nel Museo di Cabras, prossimo al luogo del rinvenimento e se non intenda intervenire in tal senso;
se non ritenga altresì opportuno individuare i fondi necessari per riavviare l'attività di scavo nell'area di Monti Prama, che promette di essere ancora archeologicamente ricchissima.
(4-15958)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente le statue nuragiche raffiguranti antichi guerrieri ed atleti di Monte Prama, si rappresenta quanto segue.
Contrariamente a quanto affermato, preme evidenziare che, nel corso di questi anni, le statue rinvenute - collocate nel laboratorio di Li Punti Torres (Sassari) in quanto difficoltà logistiche ne hanno impedito la sistemazione nei locali della Soprintendenza archeologica di Cagliari, - sono state oggetto di specialistiche indagini scientifiche ed interventi da parte di studiosi preistorici, nonché una loro significativa campionatura è stata esposta in diverse occasioni in Italia e all'estero.
È innegabile che la singolare fattura delle statue e l'epoca di costruzione rappresentano aspetti di rilevante interesse per il mondo archeologico della Sardegna e pertanto si rende necessaria una idonea sistemazione rispondente ai principi di valorizzazione e di fruizione di tale patrimonio, secondo i programmi concertati sia dalla regione che da questo Ministero.
Attualmente, in considerazione appunto della particolare importanza dei manufatti, è stato previsto l'inserimento, nell'Accordo di programma quadro, di un intervento di restauro del complesso archeologico mobile nella linea strategica 2.1, con un finanziamento di 1.200.000,00 euro dei fondi FAS.


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Per quanto concerne la collocazione delle statue o di una parte di esse, si rende noto che, alla luce dell'esigenza manifestata dal comune di Cabras di ottenere in concessione d'uso parte del materiale per l'esposizione nel museo locale, si conferma la volontà da parte degli istituti periferici di questo Ministero ad attivarsi in tal senso, una volta effettuati gli interventi di restauro e recuperato il lotto di statue già in esposizione al museo di Cagliari e sulla base di un idoneo progetto di allestimento museale.
In merito, infine, alla eventualità di proseguire l'attività di scavo nel sito di Monte Prama, questo Ministero, nel rammentare il sostanziale contenimento delle risorse disponibili, auspica che possano essere destinati idonei finanziamenti affinché il patrimonio archeologico dell'area in questione sia adeguatamente tutelato e valorizzato.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

MAURANDI e CABRAS. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i pescatori del Sulcis-Iglesiente subiscono ogni anno danni rilevanti a causa dell'interdizione alla pesca nel mare prospiciente il poligono di capo Teulada, per lo svolgimento di esercitazioni militari;
l'interdizione riguarda quasi 800 pescatori che esercitano la loro attività in quell'area;
un protocollo d'intesa fra ministero della difesa, regione Sardegna e organizzazioni sindacali prevede l'erogazione di un indennizzo che risarcisca, almeno parzialmente, i danni subiti dai pescatori;
il ministero della difesa non ha ancora provveduto al pagamento del saldo degli indennizzi per gli anni 1997, 1998 e l'intero importo per il 2001;
dall'indennizzo sono state escluse le imprese titolari di singole imbarcazioni che, oltre ai capibarca e ai marinai, subiscono notevoli danni;
nell'agosto del 2002 la capitaneria di porto di Sant'Antioco ha notevolmente esteso l'area di mare interdetta alla pesca, nel periodo in cui si tengono le esercitazioni militari;
da alcuni giorni i pescatori interessati occupano il porto di Teulada e le vie d'accesso al poligono militare, esasperati per la situazione che si è creata;
le organizzazioni dei pescatori interessati chiedono inutilmente da alcuni giorni di essere ricevuti dal ministero della difesa, per rappresentare i problemi richiamati;
anche il prefetto di Cagliari, presumibilmente preoccupato per le tensioni sociali che la situazione ha generato, sta cercando, finora inutilmente, di favorire l'incontro di cui sopra;
in queste condizioni, appare del tutto incomprensibile la sordità e l'inerzia del ministero della difesa -:
se non ritenga di dover disporre l'immediato pagamento degli indennizzi dovuti ai pescatori interessati per gli anni 1997, 1998 e 2001;
se non ritenga opportuno intervenire affinché il diritto all'indennizzo venga riconosciuto anche alle imprese che esercitano attività di pesca, che devono continuare a sostenere costi fissi anche durante i periodi di interdizione dell'attività;
non ritenga necessaria la ridefinizione delle aree di interdizione, ripristinando la situazione precedente l'ordinanza della capitaneria di porto di Sant'Antioco dell'agosto del 2002.
(4-04551)

MAURANDI e CABRAS. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i pescatori del Sulcis-Iglesiente subiscono ogni anno danni rilevanti a causa dell'interdizione alla pesca nel mare prospiciente il poligono di capo Teulada, per lo svolgimento di esercitazioni militari;


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il Ministero della difesa ha assunto precisi impegni con le organizzazioni sindacali, con le associazioni di categoria e con la giunta regionale della Sardegna per l'erogazione di un indennizzo che, almeno in parte, risarcisca i danni subiti dai pescatori;
finora il Ministero non ha ancora provveduto al pagamento del saldo degli indennizzi per gli anni 1997, 1998 e l'intero importo per il 2001;
alle perplessità già manifestate con un'interrogazione sull'argomento non è stata data una risposta;
il 28 novembre 2002 il Ministero della difesa, nella persona del sottosegratario onorevole Cicu ha ribadito l'impegno assunto, precisando anche che il saldo sarebbe stato pagato entro il febbraio 2003 e l'indennizzo per il 2001 entro il marzo 2003;
in quella occasione il Ministero si è anche impegnato ad incrementare la dotazione finanziaria per l'indennizzo delle imprese e a ridurre le aree interessate alle esercitazioni -:
quali siano le ragioni per cui il Ministero non ha ancora proceduto ad assolvere gli impegni a suo tempo assunti;
se le somme necessarie al pagamento degli indennizzi ai pescatori e alle imprese siano state impegnate;
se intenda procedere alla riduzione delle aree e dei periodi interessati dalle esercitazioni.
(4-06059)

Risposta. - Le questioni sollevate dall'interrogante sono state oggetto di scrupolosa attenzione da parte della Difesa che, da tempo, si è pienamente adoperata alfine di ricercare le soluzioni più idonee.
A conferma di tale impegno, l'8 settembre scorso è stata raggiunta l'importante intesa fra la Difesa e la regione Sardegna con la sottoscrizione del protocollo integrativo a quello siglato nel 1999, ai fini della ridefinizione degli indennizzi da corrispondere agli operatori economici delle Marinerie di Capo Teulada e di Sant'Anna Arresi.
La Difesa, già dal mese di ottobre 2004 aveva avviato alcune iniziative - concordate con i rappresentanti di categoria e le Autorità politiche e militari regionali - per andare incontro alle aspettative delle Marinerie interessate.
Tale accordo - ove ce ne sia necessità - conferma, pertanto, la sensibilità e l'attenzione che l'Amministrazione ha sempre dimostrato nei confronti di tale categoria.
Il documento, infatti, riconosce ufficialmente le «specialità» dei pescatori mediante la corresponsione di indennizzi maggiorati per il blocco delle attività in seguito alle esercitazioni militari.
Inoltre, con tale documento l'Amministrazione si è impegnata a fornire entro il 30 ottobre 2005 gli esiti delle indagini scientifiche affidate all'Istituto di scienze marine (ISMAR) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e, sulla base delle risultanze che emergeranno, a valutare la possibilità, ove saranno garantite le condizioni di sicurezza, di trasformare l'area da permanentemente interdetta a zona regolamentata, ovvero dove poter svolgere particolari modalità di pesca.
Infine è stata disposta la riduzione del 50 per cento delle aree interdette alla navigazione nei periodi di svolgimento delle esercitazioni.
È di tutta evidenza l'importanza di tale accordo che ha permesso di perseguire l'obiettivo imprescindibile di contemperare al meglio le attività di natura addestrativa svolte presso il Poligono di Capo Teulada con le esigenze connesse all'esercizio della pesca nelle aree interdette.
Peraltro, come più volte comunicato, le attività addestrative vengono preventivamente valutate ed autorizzate solo dopo un esame dell'impatto ambientale e previa consultazione del Comitato Misto Paritetico costituito presso la regione Sardegna, ai sensi della legge n. 898 del 1976.
Le stesse sono, inoltre, soggette ad una rigorosa applicazione di specifiche norme tese a salvaguardare gli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.


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In conclusione, l'azione della Difesa è sempre improntata alla massima trasparenza ed indirizzata ad armonizzare i molteplici aspetti che attengono alla sicurezza, all'impatto ambientale ed allo sviluppo turistico ed economico dell'area, nel rispetto dell'autonomia politica ed amministrativa della regione Sardegna.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

MIGLIORI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è previsto in Comune di Rignano sull'Arno, frazione Corti, un intervento edilizio di quasi 20.000 metri cubi a fini abitativi e turistico ricettivi;
tale intervento è stato parzialmente contestato dalle competenti Sovrintendenze per la sua invasività in aree di particolare pregio ambientale -:
se tutti i vincoli urbanistico-paesaggistici siano stati attentamente considerati e rispettati.
(4-13693)

Risposta. - Con riferimento alla realizzazione di un intervento edilizio a fini abitativi e turistico ricettivi, in frazione Le Corti, nel comune di Rignano sull'Arno (Firenze), si rappresenta quanto segue.
Si premette che, con decreto ministeriale 30 luglio 1974, l'area in questione è stata sottoposta a tutela ambientale in quanto è stato riconosciuto l'interesse pubblico della zona per la varietà di colture, per i monumenti insigni ivi presenti, per i luoghi di eccezionale interesse storico e per il belvedere verso la media valle dell'Arno.
Per le motivazioni sopra esposte, nel febbraio scorso, la competente Soprintendenza ha annullato, ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il provvedimento di autorizzazione comunale che prevedeva la realizzazione di un nuovo insediamento di circa 6.800 metri cubi, in quanto la volumetria delle opere avrebbe compromesso il naturale belvedere, alterandone i valori estetici e tradizionali tutelati dal citato decreto ministeriale. Per opportuna informazione, si segnala che, attualmente, la società proprietaria dei terreni di lottizzazione ha in corso la revisione del progetto, sia per quanto riguarda l'aspetto volumetrico che per la qualità architettonica del previsto insediamento.
Nell'aprile 2005, la stessa Soprintendenza ha annullato un provvedimento comunale di autorizzazione per la costruzione, nella medesima località, di altri edifici residenziali, che avrebbero occupato una volumetria di circa 6.100 metri cubi. Anche in questo caso, l'ufficio è intervenuto in quanto le opere previste non sono state ritenute compatibili con l'esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo, poiché avrebbero compromesso definitivamente il carattere rurale dell'area e, di conseguenza, l'equilibrio ancora esistente tra insediamenti umani e paesaggio agrario.
Alla luce di quanto sopra esposto, si sottolinea l'impegno di questo Ministero affinché un contesto ambientale così caratteristico non sia soggetto a compromissioni irreversibili, ma sia mantenuta l'armonia tra le emergenze monumentali ed i caratteri tipici del paesaggio agrario fiorentino, così come riconosciuti dal decreto di vincolo, aspetti che rappresentano appunto la ragione costitutiva del vincolo stesso.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il grave incendio del 4 giugno 2005 ha causato ingenti danni al traforo del Frejus che impediranno la normale circolazione stradale per un tempo non meglio definito, ma sicuramente fino al ripristino delle normali condizioni di sicurezza;
la circolazione stradale verrà deviata sulle strade statali, provinciali e comunali della zona interessata, con conseguenti disagi per i comuni e la popolazione del posto;


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le suddette strade, come è ovvio, verranno utilizzate anche per la circolazione dei mezzi pesanti (TIR, camion e quant'altro), causando congestione del traffico locale, rallentamenti, inquinamento acustico e ambientale;
la situazione sopra descritta, quasi certamente, comporterà anche ingenti perdite economiche nel settore turistico per le zone interessate. Infatti, è altamente probabile che migliaia di turisti sceglieranno altre mete per le loro vacanze, visti i disagi ambientali e stradali che si prospettano -:
quanto tempo ritenga il Ministro interrogato che il traforo possa rimanere chiuso;
quali misure intenda adottare per supportare i comuni e la popolazione interessata, vista la grave situazione che avrà ripercussioni in termini ambientali ed ecologici;
se non ritenga opportuno interloquire con le istituzioni locali e, valutata la situazione, intervenire con idonee iniziative, anche di carattere economico, che possano consentire ai Sindaci dei comuni interessati di approntare le misure necessarie a che venga salvaguardata la salute pubblica.
(4-15081)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, l'ANAS Spa, interessata al riguardo, ha comunicato che, a seguito dell'incidente del 4 giugno 2005 all'interno del traforo autostradale del Frejus, sono stati realizzati gli interventi di ripristino secondo il programma approvato dalla Commissione intergovernativa italo-francese su indicazione del Comitato di sicurezza, organismo tecnico istituito in seno alla Commissione stessa.
Alla conclusione dei lavori, il Comitato di sicurezza, effettuate le necessarie prove e collaudi, ha accertato il ripristino delle funzionalità esistenti nel traforo prima del 4 giugno.
Inoltre, fa conoscere l'ANAS, le società concessionarie italiana e francese hanno aggiunto tre nuove misure di carattere gestionale finalizzate al miglioramento della sicurezza, tra cui il pattugliamento costante del tunnel; misura questa che ha dimostrato la sua utilità in occasione dell'esercitazione di sicurezza svoltasi il 28 luglio 2005.
Pertanto, i competenti Ministri dei trasporti francese ed italiano hanno concordato la riapertura del traforo, avvenuta con le seguenti modalità: il 4 agosto il traforo è stato riaperto nei due sensi di marcia ai veicoli con meno di 3,5 tonnellate PTAC (portata accidentale) ed in senso alternato ai veicoli con più di 3,5 tonnellate con esclusione dei mezzi che trasportano merci pericolose; il 23 agosto, a seguito di ulteriori verifiche da parte del Comitato di sicurezza, sono stati ammessi alla circolazione in entrambi i sensi dì marcia anche i veicoli con più di 3,5 tonnellate, con esclusione temporanea dei veicoli che trasportano merci pericolose.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

NESPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 19 febbraio 2004 la società Autostrade per l'Italia, direzione del 6 tronco di Cassino, inviava una nota prot. n. 891/04, all'Ikea Italia Retail S.r.l. - strada provinciale 208 n. 3, Carugate (MI), e per conoscenza all'Anas - ufficio speciale autostrade - Napoli e alla direzione generale GST/SGT - Roma, avente oggetto «Autostrade A1 Ramo svincolo A16/A1 direzione Napoli Nuovo Centro Vendita IKEA in comune di Afragola»;
in detta nota, a firma della direzione del 6 tronco della società Autostrade per l'Italia, letteralmente si legge: «In riferimento all'oggetto, nel ribadirVi quanto già espresso con nota del 17 ottobre 2003, Vi diffidiamo formalmente dall'intraprendere qualsiasi attività per edificazione manufatti, nell'ambito della fascia di rispetto autostradale. All'uopo Vi ricordiamo che


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prima della presentazione della documentazione necessaria al rilascio della deroga delle distanze, non può essere iniziata alcuna lavorazione. Vi alleghiamo elenco della documentazione dovuta, come da norme in essere.»;
in risposta alla suddetta missiva, l'Anas - Compartimento della viabilità per la Campania, con nota protocollo n. 5674 del 4 marzo 2004, avente oggetto: «Autostrada A1 Milano-Napoli - Autostrada A16 Napoli-Canosa, Nuovo centro di vendita "IKEA" in corso di realizzazione in Comune di Afragola», a firma del Capo Compartimento ingegner Nicola Marzi, sosteneva: «Con riferimento alla nota indicata a margine si invita codesta Società a verificare la sussistenza di eventuali abusi in corrispondenza del Ramo di svincolo A 16/A1 in direzione di Napoli connessi con la costruzione del nuovo centro commerciale Ikea nel Comune di Afragola. Nell'evidenziare che la Concessionaria autostradale per effetto dell'atto convenzionale, quale sostituta dell'Anas, deve provvedere nell'esercizio del servizio pubblico non solo alla manutenzione ordinaria e straordinaria, bensì anche alla tutela delle fasce di rispetto, si invita la Società Autostrade per l'Italia a contestare con tempestività gli eventuali abusi e ad informare lo scrivente ufficio sull'esito della consueta procedura prevista per la rimessa in ripristino dello stato dei luoghi. Si rappresenta infine che, come noto, tutte le operazioni ricadenti in fascia di rispetto autostradale debbono essere sottoposte alla preventiva autorizzazione dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo e che, pertanto, al fine di evitare spiacevoli inconvenienti tecnico-amministrativi è opportuno che il Comune di Afragola e la ditta IKEA Italia Retail s.r.l. proponente l'intervento di cui all'oggetto, che leggono la presente per opportuna conoscenza, sottopongano per tempo alla Società Autostrade per l'Italia, Concessionaria dell'Anas per la costruzione e l'esercizio dell'opera autostradale, tutte le eventuali opere subordinate alle autorizzazioni previste per legge»;
dal maggio 2004, il nuovo centro di vendita Ikea ha dato inizio alle sue attività di vendita al pubblico, con grande affluenza di persone che ha determinato un grave appesantimento della già precaria viabilità della zona;
nelle aree di rispetto autostradale, sono stati realizzati parcheggi al servizio della struttura di vendita ed altri manufatti utili all'attività commerciale del punto Ikea;
le aree di rispetto autostradali sarebbero state conteggiate al fine del rispetto degli standard urbanistici previsti dalle norme legislative vigenti -:
se non ritenga opportuno verificare se da parte dell'Anas e del concessionario Autostrade per l'Italia siano state effettuate tutte le azioni utili a contrastare un utilizzo improprio delle fasce di rispetto, ovvero se tale intervento è stato preventivamente autorizzato.
(4-11570)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Anas Spa, ha riferito quanto segue.
In data 19 febbraio 2004, la società Autostrade per l'Italia, Concessionaria dell'Anas per la costruzione e l'esercizio delle infrastrutture autostradali, ha diffidato la ditta Ikea Italia Retail srl «ad intraprendere qualsiasi attività per edificazione manufatti nell'ambito della fascia di rispetto autostradale», dandone notizia al competente ufficio periferico Anas.
In data 4 marzo 2004, il suddetto Ufficio periferico ha invitato formalmente la concessionaria autostradale a verificare la sussistenza di eventuali abusi, in corrispondenza del ramo di svincolo A16/A1 - direzione Napoli -, connessi con la realizzazione del nuovo centro commerciale in corso di costruzione Ikea nel comune di Afragola. Con la stessa nota, inviata per conoscenza anche al comune di Afragola ed alla ditta Ikea Italia Retail srl, veniva segnalata la necessità di sottoporre per tempo alla Società autostrade per l'Italia


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tutte le eventuali opere subordinate alle autorizzazioni previste per legge.
Nel maggio 2004 la Società autostrade ha trasmesso all'ufficio periferico l'istanza della ditta Ikea Italia Retail srl finalizzata ad ottenere l'autorizzazione ad eseguire interventi in fascia di rispetto autostradale, consistenti in sottoservizi e parcheggi a servizio del costruendo Centro commerciale e rappresentava la volontà di accogliere l'istanza in argomento esprimendo parere favorevole condizionato.
L'Anas sottolinea che l'istruttoria della Società concessionaria ha accertato che: le particelle catastali oggetto della richiesta ricadono integralmente nel comune di Afragola (Napoli), parte in zona F «Attrezzature pubbliche e servizi pubblici d'interesse generale» e parte in zona R «rispetto cimiteriale ed assi viari»; di fatto, la ditta in argomento richiedeva un nulla osta per la costruzione di parcheggi e relativi sottoservizi; il PRG vigente nel comune di Afragola prevede la possibilità di destinare i suoli ricadenti in zona R di «rispetto cimiteriale ed assi viari» a deposito veicoli ai sensi della legge n. 1150 del 1968 con vincolo di pertinenzialità alle strutture realizzabili in zona F.
In seguito a tale approfondita istruttoria, in data 24 maggio 2004, l'ufficio periferico ANAS ha rilasciato l'autorizzazione ad adibire i suoli in argomento a parcheggio del centro commerciale Ikea fondandosi sulle seguenti valutazioni: la stessa Società autostrade per l'Italia nel summenzionato parere non ha evidenziato problematiche particolari inerenti eventuali limitazioni alla visibilità dei veicoli in transito lungo i rami autostradali né incompatibilità alcuna con futuri ed eventuali programmi di ampliamento delle infrastrutture autostradali; le direttive della circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 5980 del 30 dicembre 1970, recante «istruzioni sulle distanze da osservare nell'edificazione a protezione del nastro stradale», indicano ai punti 7 e 8 le opere «la cui realizzazione è ammissibile nelle fasce di rispetto stradale ed autostradale», tra cui sono previsti i parcheggi scoperti, le reti idriche, le cabine di distribuzione elettrica, le reti fognanti, le siepi a delimitazione del confine di proprietà eccetera; recenti decisioni della giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Campania Napoli, sezione IV, n. 3610 del 17 aprile 2002; Consiglio di Stato, sezione IV, n. 5620 del 20 ottobre 2000; TAR Lombardia, Milano n. 6595 del 24 novembre 2000; TAR Abruzzo, Pescara n. 547 del 13 giugno 2001) sono orientate a che nella fascia di rispetto «siano consentiti tutti gli usi compatibili con le finalità del vincolo medesimo, quali ad esempio la realizzazione di verde privato e parcheggi scoperti»; verifica che tra le opere autorizzabili rientravano i parcheggi scoperti, le cabine di distribuzione elettrica, le reti idriche, le reti fognanti, le canalizzazioni irrigue, le recinzioni in muratura ed in rete metallica, nonché le siepi a delimitazione del confine di proprietà e le strade a servizio dell'edificazione che si sviluppa fuori della fascia di rispetto.
La società stradale sottolinea, inoltre, che l'autorizzazione è stata rilasciata, nel rispetto delle prescrizioni di cui sopra, a condizione che le opere fossero realizzate in ottemperanza al disposto normativo vigente in materia di edificazioni ai margini (Codice della strada, legge n. 729 del 1961, decreto ministeriale 1o aprile 1968 n. 1404) e che la società Ikea si impegnasse a sottoscrivere un atto d'obbligo per rimuovere a propria cura e spese e senza pretese d'indennizzi quanto realizzato, qualora l'area di intervento dovesse, in futuro, essere interessata da interventi autostradali.
Permane in capo alla società concessionaria l'obbligo di vigilanza e contestazione di eventuali trasgressioni e/o inadempienze (esempio realizzazione di qualsiasi manufatto, con carattere temporaneo o permanente, installazione di insegne pubblicitarie, ubicazione non corretta di torri faro) da comunicare con tempestività all'ufficio periferico Anas competente, onde consentire i provvedimenti di competenza.
L'autorizzazione è stata concessa fatti salvi i terzi e non comprende in nessun modo la possibilità di edificare manufatti di qualsiasi genere neanche a carattere temporaneo.


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Con successiva nota del 20 ottobre 2004 il compartimento Anas, nell'evidenziare che l'autorizzazione rilasciata esclude in maniera categorica la possibilità di edificare manufatti di qualsiasi genere e tipologia in fregio alla infrastruttura autostradale, stante l'inerzia della ditta Ikea ad ottemperare alle prescrizioni in essa contenute (soprattutto con riferimento alla realizzazione di una siepe arborea con finalità di schermo, per scongiurare distrazioni al traffico autostradale) ha sollecitato un immediato intervento della Concessionaria autostradale atto ad eliminare le pericolosità segnalate per la salvaguardia della pubblica incolumità ed a garanzia della sicurezza della circolazione autostradale.
La concessionaria autostradale ha, quindi, diffidato la ditta Ikea Italia Retail Srl ad ottemperare alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione di cui sopra.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ONNIS. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si è recentemente appreso che, negli ultimi mesi, ingenti quantitativi di merci contraffatte, verosimilmente provenienti dalla Cina, sarebbero stati scoperti e sequestrati a Cagliari (L'Unione Sarda, edizione del 25 febbraio 2005, pagina 19);
in particolare, si denuncia che sarebbero immessi sul mercato isolano prodotti pericolosi per l'incolumità dell'utilizzatore, in quanto essi verrebbero realizzati con materiali inadeguati e, comunque, non risponderebbero ai moderni canoni di sicurezza;
i giocattoli risultano essere tra gli oggetti più spesso contraffatti e, quindi, i bambini, anche perché meno consapevoli, sono tra i soggetti maggiormente esposti ai rischi connessi all'uso dei prodotti che si ritengono pericolosi. Secondo dati recentemente diffusi, i giocattoli contraffatti, scoperti e sequestrati dalla Guardia di Finanza sul mercato nazionale, sono stati 35.424.000 nel 2004 e 263.611 nel solo mese di gennaio 2005 (Il Sole-24 Ore, edizione del 25 febbraio 2005, pagina 15);
nel mese di dicembre 2004, presso il porto industriale di Cagliari, sarebbero state sequestrate dodici tonnellate di merci contraffatte (giocattoli, piccoli elettrodomestici, occhiali da sole e da vista), provenienti dalla Cina;
le associazioni dei consumatori hanno segnalato un «incremento vertiginoso delle segnalazioni di danni prodotti da oggetti, soprattutto elettrici, acquistati nei negozi e nelle bancarelle cinesi», a Cagliari;
le città che, come Cagliari, ospitano importanti scali commerciali più facilmente possono essere meta e sede di tali traffici;
oltre ai pericoli connessi all'uso di prodotti non adeguatamente controllati, si evidenzia che la massiccia immissione sul mercato di tali oggetti, commercializzati a prezzi notevolmente più bassi rispetto a beni apparentemente simili, ma realizzati secondo le vigenti norme di sicurezza, provoca gravi distorsioni della concorrenza, emarginando i produttori e i rivenditori locali -:
quali dati siano a disposizione del Governo a proposito dell'immissione di merci contraffatte sul mercato nazionale e, in particolare, sul mercato sardo;
quali iniziative siano state finora assunte, o si vogliano prossimamente attuare, per intensificare i controlli, già efficacemente eseguiti, e comunque per contrastare al meglio il fenomeno che si è sopra denunciato.
(4-17130)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di conoscere i dati statistici concernenti i sequestri di materiale contraffatto posti in essere sul territorio nazionale e, in particolare, in Sardegna, e le iniziative adottate o da adottarsi per contrastare detto fenomeno criminale.


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Al riguardo, l'Agenzia delle dogane ha comunicato quanto segue.
L'Agenzia delle dogane - direzione regionale di Cagliari, per quanto attiene all'attività di contrasto alla contraffazione, ha segnalato il sequestro, nel mese di ottobre 2004, di n. 33.000 porta cellulari riportanti il marchio Nokia, 560 asciugamani riportanti il marchio Walt Disney e 4.000 penne riportanti il marchio Beifa, con origine e provenienza Cina, per un valore stimato pari a circa 40.778 euro, a fronte del quale è stata trasmessa notizia di reato alla competente Procura della Repubblica di Cagliari.
L'Agenzia delle dogane, ha inoltre osservato che la medesima Direzione regionale di Cagliari, nel corso del mese di febbraio 2005, ha sequestrato n. 330 colli di calzature contraffatte, pari a circa 4.000 paia, origine e provenienza Cina per un valore stimato pari a circa 5.331 euro, a fronte del quale è stata parimenti trasmessa informativa di reato alla competente Procura.
Per quanto attiene ai dati nazionali l'Agenzia delle dogane ha conseguito, nel 2002 il miglior risultato in termini di sequestri, tra i 15 Stati membri dell'Unione europea, avendo intercettato oltre 35 milioni di articoli contraffatti.
L'Agenzia medesima ha osservato che anche nel 2003 l'ammontare della merce sequestrata si è attestato oltre i 35 milioni di pezzi e, nel 2004 ha raggiunto la cifra di oltre 84 milioni (ivi comprese le sigarette che, per omogeneità di computo, per tali anni sono state calcolate a pezzo).
Per quanto riguarda in particolare, i giocattoli, nel solo anno 2004 sono stati sequestrati circa 11 milioni di pezzi.
Inoltre, la medesima Agenzia ha fatto presente che, nello specifico settore dei giocattoli, tali sequestri assumono un valore significativo, sia per i pericoli che tali prodotti, se contraffatti, possono causare, atteso che un giocattolo contraffatto normalmente non risponde agli standard di sicurezza e conformità previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, sia perché i destinatari delle merci in questione sono i bambini, consumatori non in grado di difendersi al pari degli adulti dalle insidie di logiche commerciali spietate.
Tali risultati sono dovuti principalmente all'analisi dei rischi nazionale e locale effettuata dal personale dei servizi antifrode che si avvalgono, ove opportuno, anche di sofisticati strumenti tecnici quali gli scanner, posizionati nei principali porti tra cui Cagliari.
Per quanto attiene all'analisi dei rischi, l'Agenzia stessa ha osservato che l'Amministrazione doganale italiana, in linea con gli indirizzi comunitari, attribuisce fondamentale importanza al processo di gestione del rischio e si adopera per promuovere le azioni intraprese dalla Commissione europea per introdurre, anche attraverso modifiche del Codice doganale comunitario, criteri e procedure comuni in tutta l'Unione europea.
Ad avviso dell'Agenzia delle dogane, occorre infatti tener presente che attraverso lo sviluppo e l'armonizzazione di tale processo, le autorità doganali degli Stati membri, devono oggi assicurare che vengano rispettate non solo le norme comunitarie e nazionali di carattere tributario, ma anche le disposizioni di natura extra-tributaria relative alla sicurezza ed alla salute pubblica, alla tutela dell'ambiente, alla lotta alla droga, al contrabbando, alla contraffazione, all'immigrazione clandestina, al crimine organizzato, al terrorismo, eccetera.
Al fine di procedere alla semplificazione delle procedure ed alla riduzione dei costi operativi e per creare le condizioni di concorrenzialità del sistema Paese, a beneficio sia dell'amministrazione doganale che degli operatori economici, anche in Italia sono stati pertanto sviluppati ed applicati i principi comunitari in materia di gestione del rischio e le necessarie implementazioni tecnologiche.
L'applicazione di tale sistema ha consentito il passaggio dalla logica del controllo sistematico di carattere generale, a quella di un controllo selettivo più mirato ed efficace che ha prodotto effetti fortemente positivi in termini di: maggiore efficacia delle verifiche; velocizzazione del traffico commerciale; maggiore competitività per gli operatori economici; ottimizzazione


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e riqualificazione delle risorse umane da destinare ai controlli, relativi ai settori maggiormente a rischio.
Per quanto attiene all'uso degli scanner, essi consentono di: migliorare la sicurezza del territorio e intercettare i prodotti pericolosi; prevenire l'evasione di tributi doganali ed accise attraverso la scoperta dei casi di contrabbando; incrementare la velocità delle operazioni di import/export nei principali snodi doganali riducendo al tempo stesso i tempi necessari per i controlli.
Da ultimo, per quanto attiene alle strategie antifrode elaborate anche con la finalità di combattere la contraffazione, l'Agenzia delle dogane ha segnalato gli importanti rapporti di collaborazione stretti con gli operatori economici attraverso la stipula di memorandum di intesa.
Il memorandum di intesa può essere definito come un accordo/convenzione tra due soggetti, volto a:
a) riconoscere comuni necessità o esigenze insorte nello svolgimento dei propri compiti istituzionali; b) individuare il settore o campo di attività nel quale operare; c) individuare una base giuridica su cui costruire le intese; d) stabilire il contenuto della collaborazione.
Nello specifico settore di riferimento sono stati sottoscritti memorandum di intesa con le principali associazioni rappresentative di imprese, nei vari settori merceologici finalizzati a rafforzare la reciproca cooperazione allo scopo di: 1) prevenire e contrastare efficacemente i traffici illeciti di prodotti contraffatti e di merci, attraverso controlli mirati in grado di garantire il regolare svolgimento dei traffici legittimi; 2) realizzare un attivo confronto finalizzato anche alla definizione degli aspetti applicativi delle disposizioni previste dalla finanziaria 2004 in tema di dogane e lotta alla contraffazione; 3) prevedere attività di informazione, promozione e diffusione delle procedure recentemente introdotte da questa Agenzia al fine di agevolare la fluidità delle operazioni doganali, come l'audit doganale delle imprese e degli operatori economici nonché avviare attività congiunte di formazione ed informazione per le problematiche di materia doganale, anche connesse alla contraffazione.
Con riferimento alla problematica evidenziata con l'atto di sindacato ispettivo in argomento, il Comando generale della Guardia di finanza ha rappresentato quanto segue: 1) la Guardia di finanza quale forza di polizia con competenza generale in materia economica e finanziaria, svolge, tra l'altro, un'intensa attività di contrasto al commercio di prodotti recanti il marchio illecitamente riprodotto e/o pericolosi per la salute dei consumatori:
a) negli spazi doganali, al fine di impedire l'introduzione, nel territorio dello Stato e dell'Unione europea, di prodotti della specie provenienti da paesi extracomunitari; b) su tutto il territorio nazionale, al fine di individuare i centri di produzione, canali di distribuzione ed i soggetti che gestiscono gli illeciti traffici.
L'attività all'interno degli spazi doganali viene espletata dai militari del Corpo - nel più ampio contesto delle funzioni di polizia doganale - in un rapporto di dipendenza funzionale dal personale dell'Agenzia delle Dogane, al quale compete, in base al vigente quadro normativo di riferimento, l'organizzazione dei servizi di vigilanza presso i porti, gli aeroporti ed altre strutture similari; 2) nell'ambito degli indirizzi programmatici dell'attività di polizia economica e finanziaria per l'anno 2005, è stata rafforzata l'attività di contrasto nei confronti dei prodotti recanti marchi illecitamente riprodotti e/o pericolosi per la salute dei consumatori. Per l'anno in corso sono stati, infatti, confermati specifici vincoli di impiego delle risorse, nella misura minima di 430.000 ore/persona da destinare al contrasto dei fenomeni illeciti della specie; 3) il Corpo, inoltre, al fine di pervenire a forme strutturate di collaborazione ha stipulato un protocollo d'intesa con:
a) Confindustria, per realizzare una mirata attività conoscitiva nello specifico settore dell'importazione, produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti recanti marchi contraffatti o realizzati in violazione delle norme in materia di diritto d'autore; b) le competenti articolazioni del Ministero delle attività produttive, finalizzato a razionalizzare e meglio orientare, in chiave strategica, i reciproci sforzi per l'ottenimento di


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una sinergica e più penetrante azione di contrasto nel comparto in argomento ed in quello della sicurezza dei prodotti; c) l'Agenzia delle dogane, per l'istituzione di una «banca dati delle immagini» derivate dall'utilizzo delle apparecchiature scanner in dotazione alla stessa Agenzia ed alla Guardia di Finanza, per potenziare l'attività di ispezione ed analisi dei traffici commerciali internazionali con finalità antifrode.
Con la citata Agenzia sono altresì in corso contatti preliminari per l'istituzione di una «banca dati per la tutela della specificità dei prodotti» proprio per favorire la lotta alla contraffazione; 4) per quanto concerne il profilo prettamente operativo, il Comando Regionale Sardegna ha riferito che:
a) nell'ambito del dipendente Nucleo provinciale polizia tributaria di Cagliari è stato costituito un pool di militari preposti stabilmente all'esecuzione di indagini finalizzate al contrasto del contrabbando e dei traffici illeciti in generale, perpetrati soprattutto attraverso il trasporto marittimo. Il servizio si raccorda operativamente con il Servizio vigilanza antifrode doganale dell'agenzia delle dogane di Cagliari; b) l'attività d'indagine è basata, tra l'altro, sull'esame svolto in modo capillare della documentazione relativa alle merci trasportate con i container aventi come destinazione finale la Sardegna e, scandaglio, di quella attinente le spedizioni in transito verso altri porti.
Tale esame viene preceduto da un'analisi di rischio condotta principalmente in relazione alla tipologia, provenienza e destinazione del prodotto;
c) l'operazione di servizio menzionata dall'interrogante - condotta dal reparto sub a) in collaborazione con il locale Servizio vigilanza antifrode doganale e conclusasi nel mese di dicembre 2004, ha consentito di sequestrare: 36.000 pezzi, tra accessori per la telefonia e giocattoli, recanti il marchio di fabbrica contraffatto kg. 11.404 di merce introdotta in contrabbando; segnalare alla competente A.G. un soggetto di origine cinese per le ipotesi di reato di cui agli articoli 474 e 483 del Codice Penale e 292 del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 (testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale).
I prospetti sinottici forniti dal Comando generale della Guardia di finanza, nei quali sono rappresentati i risultati di servizio nel settore del contrasto alla contraffazione conseguiti dal 1o gennaio 2004 al 31 marzo 2005 a livello nazionale e quelli conseguiti dal Comando regionale Sardegna disponibili presso il Servizio Assemblea.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a seguito di una segnalazione pervenutami da parte dell'Assoconsum di Vieste e di Napoli, se si osserva attentamente una confezione di «Sofficini Findus pomodoro e mozzarella» si nota, dall'immagine, che il prodotto alimentare abbonda di mozzarella;
se si presta attenzione agli ingredienti, invece, si legge che il ripieno alla mozzarella rappresenta il 16 per cento dell'intero prodotto, ma la mozzarella vera e propria è solo l'8 per cento -:
se il Ministro interrogato ritenga di dover adottare iniziative normative che prevedano il divieto di pubblicazione di foto non corrispondenti alla reale quantità di prodotto immesso nelle confezioni, nonché volte a garantire una maggiore e più efficace tutela al consumatore a fronte di messaggi pubblicitari ingannevoli.
(4-12429)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, anche tenuto conto delle informazioni ricevute dal Ministero della salute.
L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari è una materia armonizzata a livello comunitario ed in continua evoluzione.
Attualmente, in Italia, tale materia è disciplinata dal decreto-legge 27 gennaio 1992, n. 109 (attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE, concernenti


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l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari), modificato da ultimo con il decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 181 (attuazione della direttiva 2000/13/CE, concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità).
Ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo sopra citato, recante «ingrediente caratterizzante evidenziato», qualora un ingrediente figuri nella denominazione di vendita o sia messo in rilievo nell'etichettatura con parole, immagini o rappresentazione grafica, è obbligatoria l'indicazione, espressa in percentuale, della quantità dello stesso.
Nel caso specifico, i sofficini evidenziano, nella denominazione di vendita, pomodoro e mozzarella. Pertanto, il produttore ha assicurato l'informazione, precisando l'esatta quantità di mozzarella (8 per cento) rispetto al prodotto finito.
Spetta, ovviamente, al consumatore scegliere, tra i vari sofficini con mozzarella presenti nel mercato, quelli che ne contengano di più o di meno.
I produttori possono applicare sistemi produttivi coerenti con le loro politiche industriali, trattandosi di prodotti di fantasia, ovvero che non devono rispondere a precise regole di composizione, salvo la loro conformità a principi generali in materia di igiene e di qualità delle materie prime utilizzate, nonché alle regole di etichettatura.
In questo senso, non è, quindi, possibile intervenire con l'adozione di iniziative che, contrastando con la disciplina comunitaria, incontrerebbero l'opposizione degli altri Stati membri e della Commissione europea.
Infine, si rileva che la materia di messaggi pubblicitari ingannevoli rientra nella competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui la legge 6 aprile 2005, n. 49, stabilendo un regime di tutela nei confronti dei consumatori, ha attribuito poteri sanzionatori in caso di violazioni, da parte degli operatori del settore, delle norme vigenti in materia.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
in Basilicata si estrae la maggior parte del petrolio della nostra Nazione;
come sostenuto dall'Assoconsum della Basilicata, i cittadini di questa regione subiscono tutte le conseguenze, come ad esempio:
a) impatto ambientale;
b) strade dissestate a causa del continuo passaggio dei camion che trasportano il greggio;
c) odori nauseabondi nelle zone limitrofe all'estrazione e su tutte le strade di transito ai camion -:
se e quali iniziative si intendano adottare in favore degli abitanti della regione Basilicata, come indennizzo per i problemi ed i costi che debbono sopportare.
(4-13384)

Risposta. - Nella Val d'Agri, area petrolifera della Basilicata alla quale deve, presumibilmente, essere riferito l'atto di sindacato ispettivo, attualmente sono ubicate n. 2 concessioni di coltivazione di olio greggio e gas metano associato, conferite a partire dai primi anni '90 dal soppresso Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero delle attività produttive), dove è operatore l'ENI, in associazione con la società Shell Italiana E&P (filiale italiana della omonima Compagnia petrolifera internazionale, operante in tutto il mondo).
In tali concessioni sono in corso di avanzato accertamento e sviluppo alcuni giacimenti di olio leggero (35o API) scoperti fin dalla seconda metà degli anni '80, di ragguardevole entità dai quali, una volta completato lo sviluppo, dovrebbe, secondo stime cautelative, ed in assenza di limitazioni al progetto, provenire una produzione di circa 5 milioni di tonnellate/anno di olio greggio, superiore all'attuale produzione del resto d'Italia.
Le attuali produzioni di greggio nazionale (2004), provenienti dai giacimenti della Basilicata, ammontano a circa 3,3 milioni


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di tonnellate annue, pari a circa il 62 per cento dell'intera produzione nazionale ed a circa il 75 per cento della produzione di terraferma. Si deve, perciò, confermare l'osservazione dell'interrogante secondo cui «in Basilicata si estrae attualmente la maggior parte del petrolio della nostra nazione».
Tutte le attività di ricerca e sviluppo previste nell'ambito delle suddette concessioni sono state oggetto, storicamente, di valutazione di impatto ambientale sia a livello nazionale, con il procedimento conclusosi con l'emanazione dei rispettivi decreti di approvazione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sia a livello regionale con il rilascio di parere favorevole di compatibilità ambientale, espresso con delibere della Giunta regionale della Basilicata. Si deve osservare, in proposito che, rispetto alla legislazione nazionale, la regione Basilicata, attraverso la legge regionale n. 47 del 14 dicembre 1998 «Disciplina per la valutazione dell'impatto ambientale e norme per la tutela dell'ambiente», prevede ulteriori valutazioni di carattere ambientale sulle matrici suolo, acqua, aria da sottoporre agli enti regionali, competenti per l'ottenimento dell'autorizzazione prima dell'avvio di ogni singola attività.
A ciò si aggiunga che ogni specifico progetto, contemplato nei suddetti programmi dei lavori e riguardante la realizzazione di nuove postazioni di perforazione od il collegamento dei pozzi produttivi al centro di raccolta e stoccaggio del greggio (denominato Centro olio «Val d'Agri»), od ogni variante del caso è, ed è stata a tutt'oggi, preliminarmente, sottoposta all'approvazione del competente organo regionale, così come prescritto nei provvedimenti sopra richiamati.
Si fa, infine, presente che la società ENI ha avviato, nel 2004, un progetto per la caratterizzazione ed il monitoraggio della biodiversità in collaborazione con istituti universitari e organizzazioni ambientaliste non governative, che vede coinvolti studiosi e tecnici di alto profilo e che è finalizzato alla caratterizzazione e al monitoraggio della biodiversità florofaunistica, con l'obiettivo di assicurare che le operazioni possano essere effettuate con il minor impatto ambientale possibile. Tale metodologia consente di ottenere segnali precoci di stress nell'ambiente e negli esseri viventi che lo popolano.
Ad oggi si può affermare che nelle aree interessate dalle attività estrattive e di produzione non si sono evidenziate alterazioni biologiche.
Per quanto sopra esposto, si ritiene che tutto quanto attiene all'impatto ambientale, conseguente all'attività estrattiva, sia stato compiutamente valutato e disciplinato dagli uffici competenti, in conformità della normativa vigente in materia. Peraltro, le compagnie operatrici hanno spesso dovuto, con maggiore onere, approntare anche varianti ubicative e/o progettuali proprio per tenere conto di vincoli o di specifiche prescrizioni poste da detti uffici competenti locali.
Attualmente, l'attività di trasporto dell'olio greggio interessa, unicamente, le più ridotte produzioni di idrocarburi estratti nei cantieri di soli tre pozzi, essendo entrato in esercizio da più di tre anni l'oleodotto di collegamento del predetto Centro olio alla raffineria di Taranto, ed alcuna doglianza in merito «... a strade dissestate a causa del continuo passaggio dei camion...» è pervenuta all'Ufficio minerario di Napoli (del Ministero delle attività produttive). Ciò premesso, ancorché non competente in materia, si segnala che, a quanto è dato sapere, il transito e l'itinerario delle autobotti vengono, preliminarmente, concordati con i rispettivi enti proprietari delle strade interessate e che, comunque, il soggetto interessato si è sempre adoperato per eliminare ogni eventuale danno determinato dal passaggio di detti mezzi od ascrivibile ad episodi di contaminazione dei terreni in conseguenza di sversamenti correlati ad incidenti stradali.
Il Centro olio Val d'Agri, ubicato nell'area industriale del comune di Viaggiano, e le
facilities temporanee di Cerro Falcone, ubicate nel comune di Calvello, oltre che rispondere a tutti i requisiti normativi in materia di tutela dell'incolumità pubblica, di salute, di sicurezza e rispetto dell'ambiente, sono stati progettati e costruiti con l'utilizzo della migliori tecnologie ad oggi


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disponibili in campo internazionale e, più in particolare, rispettando tutti i limiti imposti dalla vigente normativa regionale in materia di emissioni (peraltro più restrittiva rispetto alla normativa nazionale).
Le emissioni in atmosfera, comunque connesse all'estrazione degli idrocarburi ed al loro trattamento, sono monitorate in continuo ed i valori rilevati sono sottoposti a verifica e controllo giornaliero dei competenti organi locali a ciò preposti (ASL, ARPAB, eccetera). La qualità dell'aria nelle aree esterne agli insediamenti viene, costantemente, monitorata attraverso una centralina dedicata di rilevamento ambientale, i cui dati vengono anch'essi sottoposti alla verifica e controllo degli enti sopra richiamati.
Pertanto, in assenza di specifiche comunicazioni da parte di detti organi, in merito a quanto specificamente lamentato dall'interrogante (odori nauseabondi), nessun altro elemento conoscitivo può essere fornito dal Ministero delle attività produttive.
Per quanto attiene, infine, alle iniziative da adottare «... in favore degli abitanti della regione Basilicata, come indennizzo per i problemi ed i costi che debbono sopportare» si deve ricordare che, oltre ai benefici economici derivanti, alle amministrazioni locali interessate, dalla intera corresponsione delle rispettive
royalties sulle produzioni di idrocarburi, l'inizio dell'attività petrolifera in Val d'Agri è stato subordinato alla firma, nell'ottobre 1998, di un Protocollo di intesa tra Governo e regione Basilicata, finalizzato in sostanza proprio ad accelerare lo sviluppo socio-economico della regione. Con tale Protocollo il Governo ha, infatti, previsto una serie di impegni a favore della Basilicata, consistenti nella realizzazione di alcune infrastrutture viarie e di una aviosuperficie a Grumento Nova, con compiti di protezione civile ed antincendio per i parchi naturali, e nell'incentivazione degli strumenti della programmazione negoziata.
Inoltre, nel dicembre 1999, il CIPE ha approvato un'intesa istituzionale di programma tra il Governo e la giunta regionale della Basilicata che ha lo scopo di rilanciare lo sviluppo economico e sociale dell'intera regione, attraverso accordi di programma quadro in tutta una serie di aree di intervento (viabilità stradale, rete ferroviaria, sistemi di mobilità e di scambio, sanità, risorse idriche, difesa del suolo ed azioni di sviluppo dell'ambiente rurale, valorizzazione dei beni monumentali, archeologici e culturali, ricerca scientifica ed innovazione tecnologica).
Per quanto riguarda l'entità delle
royalties sulla produzione di idrocarburi, si fa presente che, con riferimento all'anno produttivo 2003, sono stati versati dalle compagnie petrolifere alla regione Basilicata oltre 32,4 milioni euro, ed ai comuni lucani, interessati dagli impianti estrattivi, oltre 5,7 milioni euro. Si stima che, con la produzione a regime (circa 105.000 barili/giorno) e con un prezzo del greggio in crescita, le royalties annue per le produzioni di olio della sola Val d'Agri potrebbero essere anche maggiori. Tali royalties, in base alle norme emanate dall'ex Ministero dell'industria nel 1999 in accordo con gli impegni presi dal Governo, vengono corrisposte, per l'85 per cento alla regione Basilicata e, per il restante 15 per cento ai comuni lucani nel cui ambito territoriale ricadono il centro di trattamento e raccolta ed i pozzi di coltivazione (lo Stato, cioè rinuncia al 30 per cento di propria spettanza in favore della regione).
Infine il Protocollo di intenti, siglato nel giugno 1998 tra la società ENI e la regione, prevede «l'utilizzo delle risorse petrolifere in coerenza ed armonia con la valorizzazione degli altri beni e risorse della regione». Il Protocollo contiene accordi mirati alla minimizzazione dell'incidenza sull'ambiente, alla compensazione ambientale ed allo sviluppo sostenibile; sono previsti, inoltre, accordi per interventi formativi sui temi dell'ambiente, dell'energia, del
management delle risorse e dell'innovazione tecnologica (Fondazione Mattei, borse di studio). I progetti e le iniziative di sostenibilità si traducono in un impegno finanziario pari a 320 miliardi di lire.
In conclusione, si ha dunque motivo di ritenere che, a fronte di qualche inevitabile fastidio derivante dall'attività estrattiva, che la popolazione locale è chiamata a sopportare,


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lo sviluppo delle risorse petrolifere dell'area rappresenti non soltanto un considerevole interesse nazionale, perché contribuisce alla riduzione delle importazioni di greggio dall'estero, ma anche un'occasione di sviluppo economico dell'intera Basilicata, fungendo da volano per la crescita, soprattutto, dell'indotto e dell'imprenditoria locale, utilizzando a tale scopo le entrate di regione e comuni derivanti dalle royalties, unitamente a finanziamenti statali e comunitari.
La ricaduta dei benefici, scaturenti dal complesso delle intese già in essere e derivanti dalla coltivazione delle riserve petrolifere interessa, infatti, a titolo di «compensazione» per gli eventuali disturbi arrecati ai territori dalle attività petrolifere, tutto il territorio regionale e non soltanto aree limitrofe ai giacimenti. In quest'ottica, le intese di cui sopra individuano distintamente le iniziative da porre in essere, alcune delle quali già concretamente avviate, peraltro condivise ed approvate anche dal competente organo regionale interessato, proprio per il pieno raggiungimento dell'obiettivo di sviluppo economico della regione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è l'unico paese dell'Europa che a seguito della liberalizzazione tariffaria, ha visto aumentare in maniera «spropositata» le tariffe RC auto;
i bilanci delle società assicurative, prima che la liberalizzazione avesse luogo, presentavano, quasi tutte, deficit considerevoli;
la quasi totalità delle stesse, oggi, presenta bilanci in attivo;
come si evince da una nota dell'Assoconsum, nell'ultimo quadriennio i costi per gli automobilisti sono raddoppiati, mentre i sinistri si sono dimezzati;
a Napoli si è registrato il 56,1 per cento in meno di incidenti contro un aumento delle tariffe pari al 280 per cento -:
se non intenda aprire un tavolo con le società assicuratrici per valutare le possibili soluzioni al fine di ridurre i costi, talvolta esagerati.
(4-13632)

Risposta. - Premesso che, in attuazione della direttiva CEE 92/49, nel nostro Paese dal luglio 1994 è intervenuta la liberalizzazione delle tariffe assicurative sulle responsabilità civile auto, la più recente iniziativa di carattere normativo, la legge n. 273 del 2002, costituisce un primo tentativo di riforma organica del settore, poiché introduce una serie di misure atte a favorire la tutela dei consumatori per i servizi assicurativi nel settore della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. In particolare, all'articolo 21, si prevede l'istituzione, da parte del Ministero delle attività produttive, di un comitato di esperti «... con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari praticati dalle imprese di assicurazione operanti nel territorio della Repubblica...» e, allo scopo di prevenire comportamenti fraudolenti da parte degli utenti, la creazione, presso l'ISVAP, di una banca dati dei sinistri. L'articolo 22 stabilisce, inoltre, che le stesse imprese assicurative sono tenute a rendere pubblici, attraverso adeguati strumenti informativi, le tariffe applicate e le condizioni generali di polizza.
Si rammenta inoltre il protocollo d'intesa in materia di tariffe delle assicurazioni della responsabilità civile auto, sottoscritto in data 5 maggio 2003 tra il Ministro delle attivita produttive, l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici (ANTA) ed otto associazioni dei consumatori che fanno parte del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU). Con tale documento il Governo ha impegnato l'Ania a confermare l'invito alle compagnie per una politica di raffreddamento della dinamica tariffaria della responsabilità civile auto, della durata complessiva di dodici mesi per ciascuna compagnia, ferma restando la dinamica


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del bonus-malus individuale maturata dagli utenti.
Come noto, il principio comunitario della libertà tariffaria sancisce il divieto di controllo delle tariffe della responsabilità civile auto, liberamente determinate dalle imprese. Pertanto, all'organo di vigilanza sono consentiti esclusivamente interventi di
moral suasion nei confronti degli assicuratori, mentre, in materia normativa, sono stati privilegiati, quegli interventi finalizzati alla riduzione dei costi generali del settore della responsabilità civile auto attraverso una riduzione dei sinistri, nonché un miglioramento della gestione complessiva degli stessi.
Al riguardo, con la legge n. 273 del 2002, oltre alla sopra richiamata istituzione del comitato di esperti, è stata introdotta la figura dell'attuario incaricato nel ramo della responsabilità civile auto, è stata prevista l'approvazione della tabella delle invalidità da 10 a 100 punti ed è stata imposta alle imprese la pubblicità, attraverso appositi siti
internet, dei premi praticati, oltre ad una migliore disciplina delle norme in materia di elusione dell'obbligo a contrarre.
Si precisa, infine, che il Codice delle assicurazioni, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 2 settembre 2005 e che contiene il riassetto normativo del settore assicurativo, prevede nuove disposizioni in materia di risarcimenti dei sinistri RC-auto.
In particolare, viene previsto che, sia il terzo trasportato e sia il conducente incolpevole, saranno risarciti obbligatoriamente dall'assicuratore del veicolo che subisce il sinistro, salvo rivalsa di tale assicuratore nei confronti dell'impresa con la quale è assicurato il veicolo responsabile del sinistro.
Tale nuovo sistema porterà ad una maggiore trasparenza nei rapporti tra assicurato ed impresa di assicurazione, limitando le frodi nel settore e quindi contenendo il livello dei costi tariffari.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Roberto Cota.

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una moda sempre più in voga tra i giovani è quella di essere sempre abbronzati;
oggi esistono in commercio, e se ne vendono centinaia di migliaia l'anno, lettini solari;
così come evidenziato in una nota dell'Assoconsum, uno studio realizzato in Svezia e Norvegia ha dimostrato il legame fra lampade solari e l'insorgere dei tumori della pelle;
l'OMS ha diffuso dati allarmanti su queste «tintarelle artificiali»;
ogni anno due milioni di persone vengono colpite da cancro della pelle;
la potenza di questi lettini è notevolmente ammontata e le esposizioni ai raggi UVA e UVB possono danneggiare il DNA delle cellule, soprattutto negli adolescenti;
in Italia, come nella maggior parte dei Paesi, non esistono norme precise e scientifiche per l'uso di tali lampade -:
quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare in merito alla problematica citata in premessa, prevedendo particolari restrizioni per i minori circa l'utilizzo di tali macchinari.
(4-13682)

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'OMS ed alcune importanti associazioni come la Federestetica e l'Assoconsum Napoli hanno evidenziato la pericolosità delle abbronzature attraverso i raggi ultravioletti;
studi importanti in Svezia ed in Norvegia hanno dimostrato che c'è una relazione fra l'uso dei lettini solari e l'insorgenza dei tumori alla pelle;
le soprammenzionate associazioni e l'OMS sconsigliano i «lettini solari» ai minori di anni 18;


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la legislazione in materia è del 1990;
questi apparecchi spesso non hanno neanche la certificazione europea e sono installati in negozi di parrucchieri, e maneggiate da personale non professionale -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare iniziative normative volte a disciplinare in modo più rigoroso l'uso dei suddetti apparecchi.
(4-14004)

Risposta. - Attualmente in Italia esistono circa 13.000 esercizi commerciali ufficialmente censiti, dove è possibile effettuare trattamenti per ottenere l'abbronzatura artificiale della pelle mediante radiazioni ultraviolette.
Ai sensi della legge 4 gennaio 1990, n. 1 «disciplina delle attività di estetista», i trattamenti abbronzanti dovrebbero essere effettuati soltanto sotto il controllo dell'estetista, in possesso del necessario diploma professionale.
Numerose apparecchiature abbronzanti, tuttavia, sono presenti anche in centri sportivi, alberghi, palestre eccetera, dove non viene effettuato alcun tipo di sorveglianza o controllo. Vi sono, inoltre, apparecchiature automatiche, «le cosiddette cabine abbronzanti a gettone», poste in luoghi pubblici.
L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha ricordato che nella maggior parte dei Paesi non esistono norme precise per l'utilizzo di lampade e lettini solari: nell'Unione europea, solamente in Belgio, Francia e Svezia l'uso dei lettini è vietato ai minori, salvo specifiche indicazioni terapeutiche, ed è regolamentato con precisi limiti di emissione della radiazione ultravioletta RUV-B.
In Italia, al momento, anche i più giovani, nonché i soggetti a maggior rischio, come i fototipo i e 2 o i soggetti affetti da patologie cutanee precancerose, possono decidere di sottoporsi ai trattamenti abbronzanti senza limitazioni di sorta; è anche possibile acquistare apparecchiature abbronzanti utilizzabili a domicilio.
I controlli effettuati dalle aziende sanitarie locali sugli esercizi commerciali (centri di estetica) riguardano l'idoneità dei locali, la sicurezza dell'impianto elettrico, eccetera: non risulta che vengano effettuati anche controlli per verificare le caratteristiche delle apparecchiature utilizzate ed, in particolare, lo spettro e i livelli della radiazione emessa dalle sorgenti di RUV.
Di recente, in alcune regioni (Lombardia, Toscana) sono state introdotte norme volte a garantire un più elevato livello di tutela e di protezione del consumatore.
Come è ampiamente dimostrato da una vastissima letteratura scientifica, soprattutto quella pubblicata negli ultimi venti anni, l'eccessiva esposizione alla radiazione UV solare o da sorgenti artificiali, può comportare seri rischi per la salute.
Non esiste una abbronzatura della pelle «sicura» poiché l'abbronzatura costituisce una delle risposte attive di difesa della pelle, a fronte di un danno già avvenuto.
Studi epidemiologici mostrano che, nei bambini e nei giovani, l'eccessiva esposizione alla radiazione ultravioletta aumenta in misura notevole il rischio di tumori cutanei nell'età adulta, così come è dimostrato che i trattamenti cosmetici con RUV aumentano il rischio di danni nell'età adulta, in misura maggiore se il soggetto è giovane e se i trattamenti vengono ripetuti nel tempo.
Con la pubblicazione di una raccomandazione, con la quale si chiede alle autorità sanitarie di vietare ai soggetti di età inferiore a 18 anni l'accesso ai trattamenti cosmetici con lampade abbronzanti, l'OMS ha inteso accreditate le risultanze scientifiche in materia, che evidenziano come i trattamenti abbronzanti comportino un rischio di aumento delle neoplasie cutanee.
Si segnala che, nell'ambito dell'Unione europea, è avvertita in modo significativo l'esigenza della prevenzione del rischio connesso all'esposizione alla RUV.
Con il parere del 27 ottobre 2004, la Commissione europea ha osservato che la «norma armonizzata» EN 60335-2-27, 1997, applicabile nel quadro della direttiva 73/23/CEE (relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione), «non assicura una protezione adeguata contro i rischi


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connessi con l'esposizione alla RUV in quanto non indica tutti i valori limite necessari per quanto riguarda l'irraggiamento efficace di RUV per i diversi apparecchi abbronzanti».
La Commissione europea ha pertanto invitato l'organismo di normalizzazione Cenelec a rivedere la norma, in modo da assicurare una protezione adeguata contro i rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni UV.
Su tale specifico aspetto, il Ministero della salute ne ha dato informazione al Ministero delle attività produttive, il quale ai sensi della direttiva 72/73/Cee (recepita in Italia con legge 18 ottobre 1997, n. 791, articolo 3, comma 4 ed articolo 9, commi 1 e 4), ha la competenza primaria in materia.
L'allegato della legge n. 1/1990, include, fra gli «apparecchi elettromeccanici per uso estetico» che possono essere autorizzati dagli estetisti, le «lampade abbronzanti UV-A» e le «lampade di quarzo con applicazioni combinate o indipendenti di raggi ultravioletti (UV) ed infrarossi (IR)».
La stessa legge (articolo 10) demanda al Ministero delle attività produttive il compito di definire, con decreto da emanare di concerto con il Ministro della salute, «norme dirette a determinare le caratteristiche tecnicodinamiche ed i meccanismi di regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d'uso degli apparecchi elettromeccanici» previsti nell'elenco allegato.
Lo schema di regolamento, trasmesso dal Ministero delle attività produttive, è stato sottoposto alle valutazioni del Consiglio superiore di sanità, nelle sedute del 19 maggio e del 23 giugno 2005.
Il Consiglio ha ritenuto di sospendere l'adozione del proprio parere, in quanto appare indispensabile definire preliminarmente la caratterizzazione di una figura professionale dell'estetista, anche con la previsione di adeguati corsi di formazione uniformi sul territorio, e chiedere alla Commissione unica sui dispositivi medici di valutare quali delle apparecchiature dell'allegato della legge citata possano essere considerate dispositivi medici.
In base alla vigente normativa, non vi è ancora certezza che gli apparecchi abbronzanti in questione possano rientrare tra i dispositivi medici e che pertanto eventuali provvedimenti restrittivi alla libera circolazione degli stessi possano essere adottati ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, di recepimento della direttiva 93/42/Cee sui dispositivi medici.
La valutazione concerne la definizione di dispositivo medico contenuta nell'articolo 1, comma 2, della direttiva citata e delle linee guida Meddev 2.1/1 rev. aprile 1994 (elaborate, in sede europea, attraverso un processo di consultazione con le diverse parti interessate e sulla base, pertanto, delle posizioni prese, in particolare, dai rappresentanti delle autorità competenti e dei servizi della Commissione, degli organismi notificati, dell'industria e delle altre parti interessate nel settore dei dispositivi medici), le quali esplicitamente riportano:
medical devices are defined as articles wich are intended to be used for a medical purpose.
La finalità medica, pertanto, sembra costituire l'elemento essenziale per l'applicazione della direttiva 93/42/Cee sui dispositivi medici. A conferma della coerenza di tali linee guida con la realtà di mercato, si precisa che le apparecchiature abbronzanti, utilizzate a fini puramente estetici, sono in commercio in Italia e nell'Unione europea da anni, senza apposizione della marcatura Comunità europea, prevista dalla citata direttiva comunitaria e senza che - nel corso della
market surveillance - alcuna Autorità competente degli Stati membri abbia sollevato problemi in proposito.
Si assicura che il Ministero della salute pone la massima attenzione all'esigenza di pervenire ad un assetto normativo che preveda un sistema di maggiori garanzie per chi utilizza, a fini estetici, lampade abbronzanti.
A livello europeo, inoltre, sono in fase di avvio iniziative normative, mirate a ridurre il rischio derivante dai trattamenti cosmetici con RUV artificiale ed a proporre il divieto dei suddetti trattamenti per i soggetti di età inferiore ai 18 anni.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.


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PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da una segnalazione pervenuta all'interrogante dall'Assoconsum, in riferimento ad un comunicato Ansa, datato 24 febbraio 2005, si apprende che sono scattate in 12 paesi europei, tra cui l'Italia, le indagini a seguito dello scandalo del colorante cancerogeno «Sudan 1», ritrovato nella salsa Worcester venduta in Gran Bretagna ed in altre 428 preparazioni alimentari;
il «Sudan 1», di colore arancio-rosso e solitamente usato nella produzione di plastiche e di vernici, fu già individuato, in passato, in alcune preparazioni alimentari;
a fronte di quanto su detto, l'Europa nel giugno del 2003, lo aveva messo al bando;
il Regno Unito ha informato Bruxelles tramite il sistema di allarme rapido, ma non in modo esaustivo, poiché ha fornito le informazioni solo tramite il proprio sito web e non tramite il sistema di allarme rapido (Rasff), il quale consente che in caso di un problema di natura tossica od altro, il paese che ne viene a conoscenza informa in tempo Bruxelles e tutti gli altri partner;
sotto accusa sono, soprattutto, le vecchie scorte del colorante presenti nel peperoncino rosso che hanno validità fino a 5 anni e che, probabilmente, non sono mai state distrutte -:
quali siano i pericoli per la salute dei consumatori qualora dovessero venire a contatto con alimenti contenenti il colorante cancerogeno;
come sia stato possibile che si sia verificata una cosa simile;
come si pensi di intervenire;
per quali motivi, per quanto consti al ministro interrogato, la Gran Bretagna non ha avvertito tramite il Rasff da subito ed in modo esaustivo.
(4-13812)

Risposta. - Il colorante Sudan, nelle forme I, II, III e IV, è una sostanza genotossica e cancerogena, la cui presenza negli alimenti non è consentita.
L'emergenza Sudan si è verificata nel maggio 2003; fin da allora il Ministero della salute si è attivato, dando seguito alle segnalazioni di allerta rapida comunitarie o effettuando notifiche al sistema di allerta comunitario per prodotti contaminati fabbricati in Italia e commercializzati in territorio extranazionale.
L'elenco delle notifiche effettuate è disponibile sul sito internet del Ministero della salute, insieme ad una relazione riepilogativa delle notifiche effettuate dal sistema di allerta, relative a prodotti alimentari contaminati dal colorante Sudan rosso, di produzione italiana e di produzione estera.
Nel contempo, gli uffici periferici del Ministero della salute USMAF (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) venivano allertati per controllare, mediante prelievo di campioni destinati all'analisi, secondo le indicazioni della decisione della Commissione europea 2003/460/CE del 20 giugno 2003, le partite di peperoncino tritato o in polvere (codice doganale NC 0904 20 90) presentate all'importazione nel territorio nazionale. Successivamente, con la pubblicazione della decisione della Commissione europea 2004/92/CE del 21 gennaio 2004, i controlli alle frontiere sono stati estesi anche alle partite di curry (codice doganale NC 0910 50).
Dal giugno 2003, inoltre, sono stati diffusi agli organi di controllo ufficiale nazionali ed alle principali associazioni di categoria che operano nel settore alimentare, le informazioni relative alla contaminazione del peperoncino essiccato, frantumato e prodotti derivati, con il colorante Sudan.
Gli assessorati alla Sanità delle regioni e province autonome sono stati tempestivamente sollecitati ad effettuare controlli con prelievo di campioni destinati all'analisi, non solo di peperoncino in polvere e curry, ma anche di tutti i prodotti contenenti tali sostanze.


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Il Ministero della salute ha provveduto ad inviare, agli stessi assessorati, gli elenchi dei maggiori importatori di spezie, invitandoli ad effettuare le opportune verifiche sulle scorte di peperoncino in giacenza.
Al fine di armonizzare al meglio gli interventi di controllo su tutto il territorio nazionale, è stato varato un «Piano nazionale di monitoraggio» relativo alla presenza di Sudan I, II, III e IV nel peperoncino, nel curry e nei loro prodotti derivati. Il monitoraggio, riferito all'anno 2004, ha previsto il campionamento di peperoncino essiccato, tritato o polverizzato, curry, insaccati, formaggi, paste alimentari, salse, sughi e condimenti, prodotti da forno, olive (farcite o aromatizzate con peperoncino), prodotti ittici aromatizzati al peperoncino (tonno, alici, eccetera), con un numero minimo di campioni per regione pari a 20 campioni per milione di abitanti, con particolare riguardo ai prodotti tipici regionali.
I dati, forniti trimestralmente dalle regioni ed inviati alla Commissione europea, sono di seguito riportati sinteticamente, dai quali si rileva che è nettamente diminuita la percentuale di campioni risultati irregolari (si passa dal 28,0 per cento del 1o trimestre al 6,5 per cento del 4o trimestre).
Campioni alimentari analizzati dalle Regioni e Province autonome per la presenza di Sudan rosso nel 1o, 2o, 3o e 4o trimestre 2004:
nel 1o trimestre n. 329 campioni totali analizzati, di cui n. 237 campioni regolari (72 per cento) e n. 92 campioni irregolari (28 per cento);
nel 2o trimestre n. 370 campioni totali analizzati, di cui n. 283 campioni regolari (76,5 per cento) e n. 87 campioni irregolari (23,5 per cento);
nel 3o trimestre n. 541 campioni totali analizzati, di cui n. 498 campioni regolari (92,1 per cento) e n. 43 campioni irregolari (7,9 per cento);
nel 4o trimestre n. 526 campioni totali analizzati, di cui n. 492 campioni regolari (93,5 per cento) e n. 34 campioni irregolari (6,5 per cento).
Totale complessivo campioni analizzati n. 1.766, di cui n. 1.510 campioni regolari (85,5 per cento) e n. 256 campioni irregolari (14,5 per cento).

Anche nel caso della contaminazione da Sudan della salsa Worchester venduta in Gran Bretagna, le regioni e province autonome si sono attivate con le modalità previste dal sistema di allerta, da cui risulta che le ditte interessate hanno attivato le procedure di ritiro dal commercio del prodotto incriminato.
Relativamente all'incompleta informazione da parte della Gran Bretagna, si precisa che l'Agenzia britannica Food standard Agency ha segnalato il riscontro di Sudan nella salsa Worchester limitatamente al sito web della sicurezza alimentare inglese.
Questo comportamento ha provocato una reprimenda da parte della Commissione europea nel corso di un incontro svoltosi a Bruxelles.
Solo successivamente il Regno Unito ha notificato le informazioni attraverso il sistema di allerta, consentendo, così, di mettere in atto tutte le misure idonee a tutela della salute pubblica, quali la rintracciabilità ed il ritiro dei prodotti.
La Commissione europea, in data 22 febbraio 2005, ha sottoposto l'esame della suddetta questione al «Comitato esperti del sistema di allerta comunitario», riproponendolo anche all'attenzione del «Comitato esperti contaminanti agricoli», nella riunione tenutasi il 24 e 25 febbraio 2005.
In data 4 aprile 2005, si è riunito il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute animale (sezione tossicologica), il quale ha approvato, con il voto unanime delle delegazioni presenti, una nuova proposta di decisione della Commissione europea, che sostituisce la precedente 2004/68 del 21 gennaio 2004.
La decisione 2005/402/CE del 23 maggio 2005 conferma le misure di controllo, rafforzate per i coloranti Sudan, alle importazioni di peperoncino, estendendole anche alla curcuma e all'olio di palma vergine, risultati contaminati in diversi lotti di colorante Sudan.


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La Commissione, inoltre, considerata la persistenza sul mercato di alimenti contaminati dal Sudan, nonostante il rafforzamento delle misure di controllo, ha ravvisato l'opportunità di richiamare, ancora una volta, gli operatori del settore alle responsabilità stabilite dalla legislazione comunitaria ed agli obblighi in materia di sicurezza alimentare.
Al riguardo, è stata elaborata nelle varie lingue dell'UE una nota sui «Principali obblighi degli operatori del settore alimentare e dei mangimi», consegnata agli Stati membri in occasione della riunione del Comitato permanente, allo scopo di darne la più ampia diffusione presso tutti i settori ed operatori interessati.
Per la diffusione in ambito nazionale, il Ministero della salute ha trasmesso la nota a tutte le Associazioni di categoria coinvolte, inserendola, inoltre, sul proprio portale
web, nel settore della «Sicurezza alimentare».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
i motocicli debbono essere, secondo normativa vigente, regolarmente assicurati;
le assicurazioni stabiliscono i premi assicurativi senza tener conto della reale affidabilità del motociclista, applicando, tutte indistintamente, altissimi premi assicurativi;
tale situazione si ripercuote in danno del solo consumatore;
per le auto vi sono le cosiddette «classi merito» ed il relativo attestato di rischio -:
se intenda attivarsi, così come richiede una nota dell'Assoconsum di Roma, affinché venga estesa l'indicazione delle classi di merito e quindi della portabilità dell'attestato di rischio, anche ai ciclomotori e motocicli.
(4-14018)

Risposta. - Si premette che, a decorrere rispettivamente dal 1o giugno 1999 per i motocicli e dal 1o settembre 1999 per i ciclomotori, a seguito dei provvedimenti n. 920 del 23 luglio 1998 e n. 1022 del 5 novembre 1998 emanati dall'ISVAP, ai sensi dell'articolo 12 della legge 990/1969, le imprese sono obbligate a stipulare contratti, per l'assicurazione obbligatoria della Responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, in base a condizioni di polizza che prevedano, ad ogni scadenza annuale; la variazione in aumento od in diminuzione del premio applicato all'atto della stipulazione, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno.
Attualmente, pertanto, i motocicli e i ciclomotori debbono, obbligatoriamente, essere assicurati con formule tariffarie personalizzate in funzione della sinistrosità osservata dell'assicurato, ovvero con il
bonus/malus e con le altre forme tariffarie a questa assimilate quali, ad esempio, le formule bonus/malus con franchigia, no claim discount con franchigia, tariffa fissa con pejus. In particolare, risulta frequentemente utilizzata la formula no claim discount, che prevede una tariffa di ingresso con possibilità di ottenere riduzioni di premio alle scadenze annuali, nel caso di assenza di sinistri.
Si rappresenta, inoltre, che l'ISVAP, condividendo le esigenze rappresentate dall'interrogante, in data 17 marzo 2005 ha emanato la circolare n. 555/D con la quale, a far data dalla prima scadenza contrattuale successiva al 1o novembre 2005, ha reso obbligatoria l'indicazione della classe di merito di assegnazione - denominata classe di conversione universale (CU) - anche nelle attestazioni sullo stato del rischio rilasciate per i motocicli ed i ciclomotori, assicurati con formule tariffarie personalizzate (
bonus/malus e forme ad essa assimilate).
Ciò al fine di garantire, anche per le due categorie di veicoli in questione, la comparabilità tra le classi di merito, nonché la continuità della storia assicurativa, analogamente


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a quanto già avveniva per i proprietari degli autoveicoli attraverso l'indicazione, nell'attestato di rischio, sia della classe di merito interna, liberamente determinata da ciascuna impresa, sia della classe di merito prevista nel Provvedimento del comitato interministeriale prezzi del 5 maggio 1993 (cosiddetto «classe di merito CIP»), ultimo provvedimento emesso in regime di tariffa amministrata.
Da detto obbligo erano, fino ad ora, esclusi i proprietari di motocicli e ciclomotori, posto che si trattava di categorie di veicoli estranee all'applicazione del citato provvedimento CIP, in quanto a suo tempo assicurabili con formule tariffarie diverse dal
bonus/malus.
In sostanza, con le nuove disposizioni si è inteso uniformare la disciplina delle indicazioni, da riportare sulle attestazioni dello stato del rischio delle autovetture, dei motocicli e dei ciclomotori assicurati con formule tariffarie personalizzate, onde favorire la «portabilità» delle posizioni assicurative da un'impresa all'altra.
I criteri di individuazione della classe di conversione universale, spettante ai motocicli e ciclomotori, sono stati fissati sulla base delle risultanze del tavolo tecnico, costituito tra i rappresentanti delle imprese di assicurazione e delle Associazioni dei consumatori, a seguito del Protocollo d'intesa sull'assicurazione obbligatoria della Responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, sottoscritto il 5 maggio 2003 tra Governo, ANIA, e Associazioni dei consumatori.
Si evidenzia, infine, che nella citata circolare dell'ISVAP sono state, altresì, fornite istruzioni finalizzate ad integrare ed uniformare la disciplina vigente in materia di attestazione sullo stato del rischio, con particolare riguardo alle ipotesi di mantenimento della classe di merito in relazione alle varie possibili vicende del contratto assicurativo.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Roberto Cota.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa del 22 aprile 2005, i dati del Codacons e dell'Assoconsum rivelano che le compagnie di assicurazioni non hanno alibi riguardo la possibilità di ridurre le tariffe;
nel 2004, e non solo, si è registrato un forte calo degli incidenti autostradali e di conseguenza gli automobilisti avrebbero diritto ad una riduzione del 20 per cento delle tariffe assicurative -:
se il Ministro interrogato non intenda aprire un tavolo di confronto con le società assicuratrici, onde addivenire, viste le diminuzioni degli incidenti stradali nel 2003 e nel 2004, ad un considerevole abbassamento delle tariffe.
(4-14083)

Risposta. - Premesso che, in attuazione della direttiva Comunità economica europea 92/49, nel nostro Paese dal luglio 1994 è intervenuta la liberalizzazione delle tariffe assicurative sulle responsabilità civile auto, la più recente iniziativa di carattere normativo, la legge n. 273 del 2002, costituisce un primo tentativo di riforma organica del settore, poiché introduce una serie di misure atte a favorire la tutela dei consumatori per i servizi assicurativi nel settore della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. In particolare, all'articolo 21, si prevede l'istituzione, da parte del Ministero delle attività produttive, di un comitato di esperti «...con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari praticati dalle imprese di assicurazione operanti nel territorio della Repubblica...» e, allo scopo di prevenire comportamenti fraudolenti da parte degli utenti, la creazione, presso l'ISVAP, di una banca dati dei sinistri. L'articolo 22 stabilisce, inoltre, che le stesse imprese assicurative sono tenute a rendere pubblici, attraverso adeguati strumenti informativi, le tariffe applicate e le condizioni generali di polizza.
Si rammenta inoltre il protocollo d'intesa in materia di tariffe delle assicurazioni


Pag. LXVII

della responsabilità civile auto, sottoscritto in data 5 maggio 2003 tra il Ministro delle attività produttive, l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici (ANIA) ed otto Associazioni dei consumatori che fanno parte del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU). Con tale documento il Governo ha impegnato l'Ania a confermare l'invito alle compagnie per una politica di raffreddamento della dinamica tariffaria della responsabilità civile auto, della durata complessiva di dodici mesi per ciascuna compagnia, ferma restando la dinamica del bonus-malus individuale maturata dagli utenti.
Come noto, il principio comunitario della libertà tariffaria sancisce il divieto di controllo delle tariffe della responsabilità civile auto, liberamente determinate dalle imprese. Pertanto, all'organo di vigilanza sono consentiti esclusivamente interventi di
moral suasion nei confronti degli assicuratori, mentre, in materia normativa, sono stati privilegiati, quegli interventi finalizzati alla riduzione dei costi generali del settore della responsabilità civile auto attraverso una riduzione dei sinistri, nonché un miglioramento della gestione complessiva degli stessi.
Al riguardo, con la legge n. 273/2002, oltre alla sopra richiamata istituzione del comitato di esperti, è stata introdotta la figura dell'attuario incaricato nel ramo della responsabilità civile auto, è stata prevista l'approvazione della tabella delle invalidità da 10 a 100 punti ed è stata imposta alle imprese la pubblicità, attraverso appositi siti internet, dei premi praticati, oltre ad una migliore disciplina delle norme in materia di elusione dell'obbligo a contrarre.
Si precisa, infine, che il Codice delle assicurazioni, approvato dal Consiglio dei ministri in data 2005 e che contiene il riassetto normativo del settore assicurativo, prevede nuove disposizioni in materia di risarcimenti dei sinistri RC-auto.
In particolare, viene previsto che, sia il terzo trasportato e sia il conducente incolpevole, saranno risarciti obbligatoriamente dall'assicuratore del veicolo che subisce il sinistro, salvo rivalsa di tale assicuratore nei confronti dell'impresa con la quale è assicurato il veicolo responsabile del sinistro.
Tale nuovo sistema porterà ad una maggiore trasparenza nei rapporti tra assicurato ed impresa di assicurazione, limitando le frodi nel settore e quindi contenendo il livello dei costi tariffari.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Roberto Cota.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento al potenziamento dell'autostrada Modena-Bologna-Firenze Nord-Incisa, compresa la variante di Valico, sono stati spesi, fino ad oggi, 4.200,00 euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori è già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15083)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, l'ANAS Spa, interessata al riguardo, ha fornito i seguenti elementi di risposta relativi allo stato di attuazione dei lavori di potenziamento del tratto autostradale Modena-Bologna, Variante di Valico e Firenze nord-Incisa.
L'importo complessivo di spesa per gli interventi di potenziamento previsto nel piano di investimenti della società concessionaria è di 4.598 milioni di euro.


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Lo stato di attuazione dei lavori, che sono suddivisi in 23 lotti distinti, varia da caso a caso, tenuto conto dei problemi e degli ostacoli di ordine tecnico e amministrativo che sono emersi nel corso della definizione degli iter progettuali ed approvativi nelle varie sedi soprattutto locali.
A tal proposito, la società stradale pone in evidenza che l'
iter approvativo si è infatti sbloccato solo a seguito dell'accoglimento da parte del TAR nel luglio 2001 di un ricorso promosso dalla concessionaria per l'annullamento del decreto emesso in data 4 maggio 2001 dal Ministero dell'ambiente e dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Tale decreto aveva apportato una serie di varianti sostanziali al tracciato della Variante di Valico il cui progetto era stato approvato dall'ANAS nel 1992.
Da ultimo, in relazione ai tempi previsti per il completamento dei lavori, l'ANAS fa rilevare che si procederà, in diverse fasi, all'apertura dell'intera tratta autostradale iniziando dalla primavera 2006 con i primi 40 chilometri per proseguire, entro il 2009, al completamento della Variante di Valico vera e propria, ad eccezione della tratta Firenze Sud-Incisa per la quale sono in corso di acquisizione le autorizzazioni.
L'ANAS informa che, ad oggi, la situazione è la seguente: lavori ultimati: n. 1 lotto di 5 chilometri Modena-Bologna (lotto 1B) per un importo di 10 milioni di euro; lavori affidati: n. 16 lotti di complessivi 119 chilometri per un importo di 2.859 milioni di euro con una percentuale di esecuzione del 12,6 per cento pari ad un importo di 580 milioni di euro; lavori in affidamento: n. 2 lotti per un importo di 59 milioni di euro: Casalecchio-Sasso Marconi, Firenze nord-Firenze sud lotto 1 (completamento lotto 3 interc. A1/A11); lavori da affidare: n. 4 lotti di 50 chilometri per un importo di 1.396 milioni di euro; variante di Valico lotti 6-7 e svincolo di Rioveggio, Variante di Valico lotto Mugello 2o stralcio, Barberino-Firenze nord, Firenze sud-Incisa.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
considerato che negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
considerato che in riferimento alla realizzazione dell'Asse autostradale A4 Torino-Novara, sono stati spesi, fino ad oggi, 590 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori è già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15086)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione indicata in esame l'ANAS Spa fa presente che, ad oggi, l'importo stanziato per gli interventi di adeguamento ed ammodernamento dell'autostrada A4 tronco Torino-Milano è di circa 367 milioni di euro.
La situazione dei suddetti lavori, condizionati dagli interventi eseguiti dalla TAV per la linea AC Torino-Milano, è la seguente: tratta Torino-Rondissone (lotto 1.1): i lavori sono iniziati e lo stato di avanzamento è del 17 per cento. L'ultimazione è prevista entro la fine del 2007; tratta Rondissone-Cigliano (lotto 1.2.1): i lavori sono iniziati e lo stato di avanzamento è del 3 per cento. L'ultimazione è prevista entro la fine del 2006; tratta Cigliano-Santhià (lotto 1.2.2): i lavori sono iniziati e lo stato di avanzamento è del 16 per cento. L'ultimazione è prevista entro la fine del 2006; tratta Santhià-Carisio (lotto 1.2.3): i lavori sono iniziati e lo stato di avanzamento è del 58 per cento. L'ultimazione è prevista entro marzo 2006; tratta


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Carisio-Greggio (lotto 1.3): terminata la cantierizzazione i lavori sono appena iniziati. L'ultimazione è prevista entro la fine del 2007; tratta Greggio-Novara (lotto 1.4): il progetto è presso l'ANAS per l'approvazione. Sono da definire i termini.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione dell'acquedotto del Frida Sinni e Pertusillo - completamento impianto di potabilizzazione di Montalbano Jonico - 1 lotto funzionale, sono stati spesi, fino ad oggi, 16 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
che percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15285)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione parlamentare in esame e sulla base degli elementi acquisiti presso il Ministero dell'economia e finanze, si rappresenta quanto segue.
L'intervento per la realizzazione dell'acquedotto del Frida Sinni e Pertusillo rientra nell'ambito del 1o programma delle opere strategiche, approvato dal CIPE con delibera 21 dicembre 2001, n. 121, ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cosiddetta «legge obiettivo»).
Il quadro economico relativo al progetto definitivo del 1o lotto funzionale approvato prevede un costo complessivo pari a 16 milioni di euro, assegnati dal CIPE con delibera n. 139 del 19 dicembre 2002, a valere sulle risorse destinate agli interventi di cui alla «legge obiettivo».
I lavori sono stati aggiudicati con la procedura dell'appalto integrato in via provvisoria in data 30 giugno 2005. Si sta procedendo alla verifica dei documenti per l'aggiudicazione definitiva, tempo stimato per la consegna lavori tre-quattro mesi.
La durata dei lavori è di due anni e l'ultimazione del progetto, sulla base della indicata previsione di consegna dei lavori, dovrebbe avvenire entro la fine di settembre 2008.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Viceconte.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione della accessibilità stradale alla Fiera di Milano sono stati spesi, fino ad oggi, 387,14 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
che percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15287)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'ANAS


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Spa, interessati al riguardo, informano che i lavori relativi alla realizzazione della accessibilità stradale alla Fiera di Milano sono iniziati e lo stato di avanzamento è di circa il 50 per cento.
Il quadro economico relativo al progetto definitivo approvato prevede un costo complessivo pari a circa 387 milioni di euro, di cui la somma di circa 110 milioni euro in autofinanziamento da parte delle società concessionarie ASPI, SATAP e Milano Mare, circa 183 milioni di euro assegnati dal CIPE e i restanti circa 95 milioni euro a carico della provincia di Milano.
La società stradale rende noto, infine, che il completamento dei lavori è previsto entro l'anno 2007.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione della rete elettrica - Elettrodotto a 380 kw a San Fiorano (I)-Robbia (CH) in doppia terna di interconnessione, sono stati spesi, fino ad oggi, 23 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori è già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15326)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame in merito alla realizzazione dell'elettrodotto in doppia terna S. Fiorano-Robbia (Svizzera), si segnala che il tratto italiano dell'opera in questione, già inserito nel piano di sviluppo delle rete elettrica di trasmissione nazionale deliberato dal gestore della Rete di trasmissione nazionale, è stato riconosciuto, ai sensi dell'allegato 4 alla delibera CIPE 21 dicembre 2001, di preminente interesse nazionale ai fini dell'utilizzo degli strumenti previsti dalla legge obiettivo.
Il Ministero dell'economia e delle finanze per quanto di competenza ha fatto conoscere i seguenti elementi informativi forniti da ENEL Spa.
La linea elettrica «S. Fiorano-Robbia», realizzata dalla società Terna, è stata inaugurata il 20 gennaio 2005 presso il Centro nazionale di controllo del gestore della rete di trasmissione nazionale.
Si tratta di un nuovo elettrodotto di interconnessione tra l'Italia e la Svizzera che apporterà notevoli benefici sia in termini di incremento della capacità di importazione di elettricità (+15 per cento) sia in termini di progressiva riduzione del costo, dovuto al differenziale di prezzo dell'energia elettrica tra l'Italia e il resto d'Europa, per le imprese e le famiglie.
I lavori di realizzazione, iniziati a maggio, sono stati completati in soli 7 mesi, contro i 12 di solito necessari. Il costo dell'investimento ammonta a circa 60 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Viceconte.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione della strada statale 106 megalotto 5-bis - Variante


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esterna all'abitato di Palazzi Marina 2 lotto chilometro 49+485 al chilometro 51+750, sono stati spesi, fino ad oggi, 134 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
che percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15457)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, l'ANAS Spa, interessata relativamente agli interventi sulla statale 106 «Ionica», fa innanzitutto presente che l'intera progettazione preliminare, con studio di impatto ambientale, per le tratte da ammodernare dell'estesa di 415 chilometri, è stata sviluppata secondo le normative e regolamenti antecedenti la legge obiettivo.
In seguito all'emanazione del decreto ministeriale 5 novembre 2001 recante «Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade» ed alle indicazioni fornite dalle amministrazioni territoriali interessate nel corso delle conferenze dei servizi nonché alle disposizioni della legge obiettivo, che prevede la redazione dello studio di impatto ambientale sul progetto preliminare, è emersa la necessità di adeguare e rivisitare tutta la progettazione preliminare precedentemente sviluppata.
L'ANAS ha ritenuto, pertanto, opportuno suddividere l'intera tratta della statale 106 in megalotti omogenei di più ampio respiro progettuale.
Per quanto riguarda i finanziamenti ad oggi disponibili questi derivano da fondi QCS, CIPE, ANAS, regione Calabria e regione Basilicata.
Per quanto attiene in particolare l'intervento relativo ai lavori di ammodernamento della statale 106 - variante all'abitato di Palizzi - 2o lotto - dal chilometro 49+485 al chilometro 51+750 - l'ANAS comunica che in data 11 maggio 2005 sono state consegnate le attività (affidamento appalto integrato) e si prevede la realizzazione dell'opera entro l'anno 2008.
L'importo totale dei lavori, comprensivo delle somme a disposizione, secondo il quadro economico rimodulato, ammonta a 116,583 milioni di euro.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il repertorio delle grandi opere incompiute è considerevolmente ampio;
per le grandi opere che sono rientrate nella procedura della legge obiettivo, ci vogliono in media 671 giorni solo per ottenere il via libera al progetto preliminare, poi quasi tre anni per l'approvazione del progetto definitivo ed altri 545 giorni per sdoganare il progetto esecutivo;
a tutto ciò occorre aggiungere i ricorsi, i contenziosi, i problemi legati agli espropri, eccetera che comportano ritardi del 46 per cento rispetto alla tabella di marcia prevista;
in riferimento alla tangenziale sud di Vicenza sono stati stanziati 71.354 euro e sono serviti 4.709 giorni solo per la realizzazione dei lavori -:
a che punto sia la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori;
quanto sia stato speso fino ad oggi;
quali provvedimenti si pensi di adottare in modo da portare a termine, in tempi piuttosto celeri, le opere iniziate.
(4-15937)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, l'ANAS


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Spa, interessata al riguardo, informa che la tangenziale sud di Vicenza, prevista nella convenzione stipulata tra la società Brescia-Padova e ANAS, è stata ultimata ed aperta al traffico in data 7 settembre 2004.
Per la sua realizzazione sono stati stanziati, dal 1999 al 2004, 85.417 milioni di euro.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione dell'interconnessione idrica Tirso-Flumendosa in Sardegna, sono stati spesi, fino ad oggi, 67,09 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-16073)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione parlamentare in esame e sulla base degli elementi acquisiti presso il Ministero dell'economia e finanze in merito alla realizzazione dell'interconnessione dei sistemi idrici Tirso Flumendosa, si rappresenta quanto segue.
In base al progetto preliminare generale, approvato con ordinanza del commissario governativo per l'emergenza idrica in Sardegna n. 314 del 28 agosto 2002, l'opera si compone di tre lotti funzionali, per un importo complessivo di 71,50 milioni di euro.
L'intervento è stato finanziato provvisoriamente con fondi del citato commissario governativo in anticipo delle disponibilità di risorse ex articolo 13 legge 166 del 2002. Il CIPE, con delibera n. 60 del 25 luglio 2003, ha assegnato un finanziamento di 67,085 milioni di euro.
I lavori relativi al 1o e al 2o lotto, concernenti la realizzazione della dorsale principale del collegamento tra i sistemi Tirso e Flumendosa, sono ultimati e sono in fase di collaudo.
Il terzo lotto prevede il collegamento alla linea Tirso Flumendosa dei distretti irrigui già attrezzati dell'area nord occidentale del Campidano di Cagliari, attualmente collegati al sistema Flumendosa, il potenziamento di alcune tratte di condotte esistenti del sistema Flumendosa e il raddoppio delle vasche di compenso alla presa del canale sinistra Tirso e Sardara.
Con i fondi già assunti a valere sulla legge obiettivo si prevede di realizzare una parte delle opere previste nel terzo lotto dei lavori, in particolare il raddoppio delle vasche di Marrubiu e Sardara e le condotte di collegamento ai distretti irrigui di Zeppara e Pabillonis.
Al fine di consentire l'esecuzione delle opere di potenziamento delle condotte esistenti collegamento sud est-acquedotto Mulargia Cagliari e il potenziamento dell'avvicinamento ai distretti di S. Gavino-Pabillonis, sono stati reperiti ulteriori finanziamenti, per un ammontare di 8,80 milioni di euro, a valere sulle risorse ex decreto legislativo n. 35 del 2005, delibera CIPE n. 98 del 2005 («ulteriore ripartizione risorse per accelerazione programma Infrastrutture strategiche nel Mezzogiorno»).
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Viceconte.

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato S.p.a. - Roma è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;


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il Presidente, Cimoli Giancarlo, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 1.335.344,00 euro -:
quale sia la percentuale di quote, partecipazioni ed altro in possesso dello Stato;
quale sia il bilancio complessivo.
(4-16720)

Risposta. - Al riguardo, sentito il dipartimento del Tesoro, si fa presente che l'assemblea degli azionisti di Ferrovie dello Stato Spa, società interamente partecipata da questo Ministero, ha determinato i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 2389, comma 1, del codice civile, fissandoli in euro 41.317.
Con riferimento all'amministratore delegato, si comunica che, sulla base delle disposizioni recate dall'articolo 2381, comma 2, del codice civile, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad uno dei suoi componenti, determinandone, secondo quanto prescritto al comma 3 dello stesso articolo, il contenuto, i limiti e le modalità di esercizio.
Eventuali maggiori compensi per funzioni delegate, rispetto a quelli fissati dall'assemblea, possono essere stabiliti esclusivamente dal consiglio di amministrazione della società medesima.
Si soggiunge che la società in questione ha chiuso l'esercizio 2004 con una perdita di euro 125.000.000.
Ciò detto, pur nel rispetto della loro piena autonomia, è opportuno che le aziende definiscano i compensi sia in relazione alla situazione di ciascuna di esse, sia alle condizioni esterne di mercato nel trattamento dei
managers, magari collegando le retribuzioni con i risultati aziendali.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Mario Baldassarri.

PERROTTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Tribunale penale di Roma ha avviato un'inchiesta nei confronti dell'ex responsabile delle acquisizioni archeologiche del Getty Museum di Los Angeles;
l'accusa formulata dal pubblico ministero è molto pesante: associazione a delinquere e ricettazione di beni italiani esportati clandestinamente;
sarebbero almeno 42 i reperti archeologici etruschi e romani esposti al Getty Museum che proverrebbero dal traffico illecito e dovrebbero essere restituiti all'Italia;
secondo il Los Angeles Times che ha pubblicato una serie di documenti degli avvocati incaricati dalla direzione dei museo stesso di svolgere un'inchiesta interna già dal 2001, sarebbero 82 gli acquisti compiuti da mercanti indagati dalle autorità italiane e tra questi ci sarebbero 54 delle 104 opere considerate come capolavori -:
se le opere trafugate siano già state richieste e se risulti la presenza di ulteriori reperti importati clandestinamente dall'Italia e quali iniziative si intendano adottare al fine di ottenerne la restituzione.
(4-16972)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, concernente beni culturali conservati presso il Paul Getty Museum di Malibù, provenienti dall'Italia ed il cui regolare trasferimento all'estero è oggetto di accertamento, si rappresenta quanto segue.
Come è noto una indagine interna del Paul Getty Museum, disposta a seguito delle iniziative avviate dalle autorità italiane, ha sollevato dubbi sulla regolare provenienza di molti oggetti acquistati nel corso degli anni da detto museo.
Come è altrettanto noto, la vicenda ha avuto grande rilevanza sui mezzi di informazione.
Molti dei pezzi della cui regolare provenienza si dubita risultano usciti dal territorio italiano.
Tanto esposto come riepilogo dei fatti e delle notizie diffuse al riguardo dai mezzi di informazione, occorre anzitutto precisare che, allo stato, non si dispone di informazioni


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esatte sul numero di beni d'interesse culturale, depositati presso il citato museo, la cui provenienza sia di dubbia regolarità, anche perché il museo non ha mai consentito l'accesso di funzionari ministeriali nei propri depositi.
Nel corso degli ultimi anni sono state espletate numerose rogatorie internazionali per individuare l'attuale collocazione di importanti reperti archeologici usciti illegittimamente dal territorio italiano.
A tale proposito, si evidenzia che proprio recentemente, per effetto di rogatorie avviate dall'Avvocatura generale dello Stato, il Ministero è riuscito a provare in modo compiuto l'illecita esportazione dal territorio nazionale di tre importanti oggetti: un cratere di origine pestana, di notevoli dimensioni, ed una epigrafe greca provenienti da scavi clandestini, effettuati in Italia, nonché un tripode di bronzo, sottratto furtivamente da una importante collezione privata italiana.
Le prove accumulate in ordine all'illecita provenienza di detti oggetti sono state tali da indurre l'autorità giudiziaria italiana ad aprire un procedimento penale nei confronti sia di alcuni responsabili del Paul Getty Museum che di personaggi italiani noti per la loro funzione di intermediazione sul mercato dell'arte anche in ordine ad oggetti di dubbia provenienza.
L'azione congiunta dei funzionari ministeriali dello speciale comando dei Carabinieri preposti alla tutela del patrimonio culturale e dell'Avvocatura dello Stato è stata tale da indurre il Paul Getty Museum ad offrire la restituzione senza condizioni degli oggetti sopra citati.
È un segnale se si vuole modesto ma tuttavia incoraggiante sulla possibilità di ottenere risultati positivi attraverso un'azione penetrante e coordinata degli apparati amministrativi, legali e di sicurezza che, a vario titolo, operano nel campo dei beni culturali.
A tale proposito preme sottolineare che il ministro Buttiglione ha insediato uno speciale Comitato, presieduto da un avvocato dello Stato, con funzioni operative in materia e incaricato, non solo di curare l'istruttoria integrata relativamente a furti di beni, soprattutto archeologici e ad esportazioni illecite ovunque e comunque individuate, ma anche di avviare trattative informali per la restituzione degli oggetti individuati all'estero.
La necessità di attivare trattative informali e di fare soprattutto leva su operazioni di
moral suasion per procedere al recupero degli oggetti di cui sia stata accertata la illecita scomparsa dal territorio nazionale, è determinata soprattutto dal fatto che con alcuni dei paesi che risultano tra i maggiori importatori di opere d'arte - quali ad esempio gli Stati Uniti - non vi sono accordi internazionali chiari e stringenti sui reciproci obblighi di collaborazione in materia di restituzione di opere d'arte di cui sia stata dimostrata la irregolare presenza all'estero.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Consip S.p.a. - Concessionaria Servizi Informatici Pubblici - Roma è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il direttore generale, Ferranti Ferruccio, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 364.542,00 euro -:
quale sia la percentuale di quote, partecipazioni ed altro in possesso dello Stato;
quale sia il bilancio complessivo.
(4-17015)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante nell'atto ispettivo in esame, sentito il dipartimento del Tesoro, si fa presente che il Ministero dell'economia e delle finanze detiene, attualmente, una partecipazione azionaria pari al 100 per cento del capitale sociale.
Per quanto concerne la nomina del direttore generale e l'individuazione del relativo


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compenso, si fa presente che tale attribuzione rientra nella specifica competenza del consiglio di amministrazione della citata società, con esclusione di qualsiasi potere decisionale dell'assemblea degli azionisti.
Si soggiunge che la società Consip Spa ha chiuso l'esercizio 2004 con un utile di euro 491.164.
Ciò detto, pur nel rispetto della loro piena autonomia, è opportuno che le aziende definiscano i compensi sia in relazione alla situazione di ciascuna di esse, sia alle condizioni esterne di mercato nel trattamento dei
managers, magari collegando le retribuzioni con i risultati aziendali.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Mario Baldassarri.

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Unmee-Mp - in Etiopia-Eritrea, l'arma dei carabinieri ha impiegato 58 soldati per un costo complessivo mensile pari a 277.166 mila euro;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quanto sia costata fino ad oggi la missione;
quante persone siano state impegnate.
(4-17167)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Albania II - in Albania, l'arma della marina militare ha impiegato 174 soldati per un costo complessivo mensile pari a 995.720 mila euro;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quanto sia costata fino ad oggi la missione;
quante persone siano state impegnate.
(4-17168)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di


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missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Tiph - in Giordania, l'arma dei carabinieri ha impiegato 18 soldati per un costo complessivo mensile pari a 106.354 mila euro;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione richiamata in premessa.
(4-17169)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Eumm - nell'ex Jugoslavia, l'esercito italiano ha impiegato 15 soldati per un costo mensile pari a 100.260 mila euro per spese inerenti il trattamento economico aggiuntivo ed assicurativo dei militari;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione richiamata in premessa.
(4-17170)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Joint Guardian - in Kosovo, l'esercito ha impiegato 2.567 soldati per un costo complessivo mensile pari a 15.253.671 milioni di euro;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione richiamata in premessa.
(4-17171)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla


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retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Unmik - in Kosovo, l'arma della Guardia di Finanza ha impiegato 6 soldati per un costo mensile pari a 16.317 mila euro per spese inerenti il trattamento economico aggiuntivo ed assicurativo dei militari;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione richiamata in premessa.
(4-17172)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Msu Kfor - in Kosovo, l'arma dei carabinieri ha impiegato 298 soldati per un costo complessivo mensile pari a 1.456.610 mila euro;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione richiamata in premessa.
(4-17173)

PERROTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Duemila del 24 febbraio-1 marzo 2005, ad ogni soldato impegnato in un'operazione di pace spetta oltre alla retribuzione ordinaria, un'indennità di missione giornaliera, in relazione al grado e rapportato alla diaria del Paese teatro delle operazioni;
negli ultimi anni vi sono state diverse missioni in varie parti del mondo e per di più della durata differente;
in riferimento alla missione Ciu - in Kosovo, l'arma dei carabinieri ha impiegato 14 soldati per un costo mensile pari a 55.207 mila euro per spese inerenti il trattamento economico aggiuntivo ed assicurativo dei militari;
le missioni di pace non investono soltanto il personale militare, ma anche quello civile che arriva a guadagnare ancor di più;
lo scorso aprile, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo inerente la medesima problematica, ma ha ricevuto una risposta generica -:
quante persone siano state impegnate nella missione ricordata in premessa.
(4-17174)

Risposta. - In ordine alle questioni oggetto dei presenti atti, che riguardano prettamente aspetti di natura economica ed amministrativa, si rammenta che le missioni


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internazionali e le relative coperture finanziarie sono state autorizzate mediante diversi provvedimenti normativi (con cadenza semestrale) approvati nel tempo dal Parlamento.
I singoli oneri e le entità di personale impiegate di cui si chiede ragione con gli atti in esame, sono espressamente indicati nell'ambito delle singole relazioni tecniche allegate ai citati provvedimenti normativi.
I dati richiesti, sono tuttavia di seguito riportati:
atto ispettivo n. 4-17167, denominazione della missione: UNMME CC (Etiopia-Eritrea), anno d'inizio della missione: 2002, onere complessivo per ciascuna missione a partire dall'anno di inizio della stessa: 1.163.147, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 287;
atto ispettivo n. 4-17168, denominazione della missione: ALBANIA II MM (Mare Adriatico), anno d'inizio della missione: 2001, onere complessivo per ciascuna missione a partire dall'anno di inizio della stessa: 51.863.653, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 1.172;
atto ispettivo n. 4-17169, denominazione della missione: TIPH II CC (Giordania), anno d'inizio della missione: 2000, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 94;
atto ispettivo n. 4-17170, denominazione della missione: EUMM EI (Ex-Jugoslavia), anno d'inizio della missione: 2001, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 81;
atto ispettivo n. 4-17171, denominazione della missione: JOINT GUARDIAN EI (Kosovo), anno d'inizio della missione: 2000, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 21.778;
atto ispettivo n. 4-17172, denominazione della missione: UNMIK GdF (Kosovo), anno d'inizio della missione: 2000, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 40;
atto ispettivo n. 4-17173, denominazione della missione: MSU KFOR CC (Kosovo), anno d'inizio della missione: 1999, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 2.250;
atto ispettivo n. 4-17174, denominazione della missione: CIU CC (Kosovo), anno d'inizio della missione: 2001, numero complessivo del personale impiegato a partire dall'anno di inizio della stessa ad oggi: 29.

Quanto agli emolumenti riguardanti il personale civile e militare dello Stato, impiegato nelle missioni all'estero, ad esso è corrisposta l'indennità giornaliera prevista dal regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 e successive modificazioni.
Inoltre, l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 286 stabilisce le indennità giornaliere - riferite a ciascun Paese ed alle categorie di personale statale civile e militare - di missione all'estero; indennità, che con decreto 13 gennaio 2003 del Ministro dell'economia e delle finanze, sono state aggiornate a decorrere dal 1o gennaio 2003.
In particolare, con i periodici provvedimenti di proroga delle missioni internazionali di pace viene fissata la misura percentuale dell'indennità di missione di cui al citato regio decreto n. 941 del 1926 nei confronti del personale contingentato.
Pertanto si conferma che il trattamento economico di missione previsto sia per il personale civile sia per il personale militare - inserito nel contingente - soggiace agli stessi criteri dettati dalle richiamate norme.
Occorre, altresì, precisare che gli importi indicati dall'interrogante si riferiscono al costo complessivo mensile di tutta l'operazione, che comprendono, quindi, le spese di assicurazione, vitto, vestiario speciale, mezzi militari, velivoli, unità navali, attrezzature speciali, alloggiamenti, eccetera, e non soltanto all'indennità di missione.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.


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ROSATO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Italiana Tinnitus-Acufene (A.I.T. Onlus) di Lavariano, in provincia di Udine, che conta 2.000 iscritti da ogni parte d'Italia, si è fatta promotrice di tutelare e far conoscere presso istituzioni e opinione pubblica la patologia dell'acufene, malattia che si manifesta nella percezione di un rumore in assenza di qualunque sorgente sonora esterna al proprio organismo;
si tratta di un fenomeno estremamente frequente, descritto con caratteristiche variabili (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni...) che, alla loro prima comparsa, vengono illusoriamente percepiti come fastidiosi suoni provenienti dall'ambiente esterno;
l'Associazione segnala di ricevere quotidianamente svariate richieste per ottenere informazioni circa le strutture specializzate, gli esperti in materia o anche semplici consigli da parte di chi inizia ad affrontare l'acufene, malattia troppo spesso liquidata come incurabile;
infatti, come denuncia l'Associazione, risulta ad oggi che in Italia tale patologia sia ancora scarsamente conosciuta e non adeguatamente studiata come meriterebbe, nonostante i sondaggi specializzati abbiano registrato, nel nostro Paese, l'esistenza di oltre 2 milioni di portatori di acufene;
il paziente che ne soffre può infatti sviluppare uno stato invalidante che interferisce gravemente sulla qualità della vita, portandolo a gravi disturbi di attenzione e di concentrazione destinati a ripercuotersi sulla vita lavorativa e di relazione, alterando i ritmi di sonno e di veglia e influendo fortemente sull'assetto psicologico del malato nel potenziamento degli stati ansiosi e depressivi;
la persistenza dell'acufene nel tempo e la sua dimensione fortemente invalidante possono portare a stati di estrema depressione che hanno avuto anche drammatiche conseguenze;
l'Associazione Italiana Tinnitus-Acufene ha avanzato presso il Ministero della salute la richiesta di promuovere la ricerca scientifica per lo studio di tale patologia, richiesta che è stata inoltrata alla Direzione generale competente in materia;
per incentivare e canalizzare risorse nella ricerca, invece, l'Associazione - nonostante viva delle sole quote associative e senza finanziamenti né pubblici né privati - si è anche fatta promotrice di borse di studio presso gli atenei di Trieste e Udine su argomenti attinenti gli acufeni, mentre per smuovere l'opinione pubblica, si è rivolta a trasmissioni televisive «di servizio» quali ad esempio «Mi Manda Raitre» -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire riconoscendo, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, l'acufene come malattia cronica e invalidante nonché adottare le opportune iniziative affinché siano incentivati gli studi e le ricerche su tale grave patologia dai quali sviluppare un protocollo terapeutico efficace.
(4-12662)

Risposta. - L'acufene è un rumore fastidioso (fischio, ronzio, suono di tipo pulsante o intermittente), a volte anche intenso, che può essere percepito in uno o entrambi gli orecchi, oppure genericamente all'interno della testa, in assenza di stimolazione sonora esterna.
Gli acufeni rappresentano uno dei sintomi otologici più frequenti; il 15 per cento della popolazione ha sofferto, nella vita, almeno di un episodio di acufene che può cositituire una reale disabilità per circa 7 persone su 1000 (
General household survey 1983, National center for Health Statistic).
Il disturbo potrebbe essere legato ad un danno del sistema nervoso centrale, oppure a livello della coclea.
La reazione organica che l'acufene induce genera uno stato di agitazione e disagio continuo nel paziente, che viene amplificato da situazioni di
stress, di stanchezza, dalla attività lavorativa o da altri disturbi fisici.


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Con un accurato protocollo diagnostico, è possibile analizzare sistematicamente le cause che possono essere responsabili della produzione dell'acufene ed escludere od individuare ogni altra patologia rilevante.
Va, peraltro, precisato che questo disturbo è un sintomo presente in molte e diverse patologie, piuttosto che in una specifica entità nosologica. La ricerca di base e la ricerca clinica risentono di questa particolarità, in quanto gli studi e le ricerche scientifiche si riferiscono a molteplici entità nosologiche che presentano, tra i propri sintomi, l'acufene.
Un metodo moderno per lo studio degli acufeni è basato sulla valutazione delle otoemissioni acustiche (OEA), nelle loro numerose varianti.
Le otoemissioni rappresentano il suono spontaneamente emesso dall'orecchio verso l'esterno, registrabile con appositi microfoni a livello di condotto uditivo esterno.
Le alterazioni riscontrate nella registrazione delle otoemissioni acustiche in soggetti con acufene, rispetto a soggetti non acufenici, possono stabilirne le caratteristiche audiologiche e, talora, il luogo di insorgenza.
Esistono molteplici trattamenti efficaci, quali: apparecchi acustici che possono assopire il rumore interno; farmaci vasoattivi, vitaminici, neurotrofici, utilizzati per migliorare la circolazione dell'orecchio interno; antidepressivi e benzodiazepinici che agiscono sul versante neuropsichico del paziente; farmaci che inibiscono la conducibilità delle fibre nervose e l'eccitabilità delle membrane dei neuroni; terapie cognitivo-comportamentali che mirano a far convivere il paziente con il proprio disturbo; protesi acustiche speciali nei pazienti che associano una perdita dell'udito; interventi chirurgici per gli acufeni che originano dal nervo acustico.
Per la maggior parte dei pazienti, il disturbo diventa insopportabile nei periodi di riposo, ad esempio quando leggono o prima di addormentarsi, con conseguente difficoltà a prendere sonno e disturbi del sonno, difficoltà a concentrarsi, nervosismo e modifiche della personalità, depressione e tensione nei rapporti familiari.
L'acufene può provocare disordini cognitivi, che possono tramutarsi in comportamenti di disadattamento sociale e familiare.
Per la natura disabilitante del disturbo, la cui frequenza aumenta con l'età anagrafica, il Ministero della salute conferma la propria attenzione e sensibilità verso le più idonee iniziative di studi e ricerche in materia, utili a individuare le terapie più idonee per questa categoria di pazienti.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.

ROTUNDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto n. 269 del 2003, convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1 della legge n. 326 del 2003, prevede una rivalutazione del 300 per cento dei canoni per le concessioni demaniali marittime per finalità turistiche;
in seguito alle forti e motivate preoccupazioni ed alla mobilitazione degli operatori del settore, l'applicazione del provvedimento dapprima è slittato al 30 giugno 2004 e successivamente congelato sino al 30 ottobre dello stesso anno;
è opinione dell'interrogante che non si possano triplicare in modo indiscriminato su tutto il territorio nazionale i canoni in questione, pena il rischio molto concreto di mettere in ginocchio la gran parte delle realtà economiche e delle aziende del settore, soprattutto nel Mezzogiorno dove tutte le Regioni (si pensi alla Puglia), confinano per lunghissimi tratti con il mare e dove il turismo è incentrato prevalentemente sulle attività balneari -:
considerato l'imminenza del 30 ottobre 2004, a che punto sia il censimento delle concessioni demaniali e se il Ministro non ritenga di dover tener presente, nella sua applicazione, le realtà economiche più disagiate attraverso una soluzione equa che preveda una distribuzione ponderata


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degli aumenti, un'opera selettiva cioè che distingua tra attività che sono vere e proprie «miniere d'oro» con redditi altissimi, ed altre attività con redditi modesti, evitando quella che sarebbe la più grande ingiustizia, vale a dire l'applicazione, a tutti i soggetti, degli stessi aumenti in modo generalizzato.
(4-11231)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, si fa presente che il termine per la rideterminazione dei canoni di concessione demaniale marittima, prorogato dal 30 ottobre 2004 al 15 dicembre 2004 ai sensi del decreto legge 9 novembre 2004 n. 266, è stato da ultimo differito al 31 ottobre 2005 dall'articolo 14-quinquies della legge 17 agosto 2005 n. 168, di conversione in legge del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115.
Ciò a seguito delle difficoltà emerse nell'ambito dei lavori della commissione tecnica istituita e coordinata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con la partecipazione dei rappresentanti di questa amministrazione, del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'agenzia del demanio e delle regioni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

SERENI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2004 veniva disposta la proroga, fino al 31 dicembre 2005, dello stato di emergenza nel territorio delle regioni Marche e Umbria in ordine agli eventi sismici del 26 settembre 1997;
con l'ordine del giorno accolto come raccomandazione in Senato in data 10 dicembre 2004, il Governo si è impegnato a disporre il differimento del recupero dei contributi previdenziali ed assistenziali, nonché delle entrate di natura patrimoniale ed assimilata (cosiddetta «busta pesante»), dovuti e non corrisposti dalle popolazioni danneggiate per effetto delle sospensioni disposte con precedenti ordinanze di protezione civile;
l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3390 del 29 dicembre 2004 «Disposizioni urgenti di protezione civile», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005, all'articolo 3 dispone che: «I termini di cui all'articolo 3, commi 2, 3, 5 e 6, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 gennaio 2004, n. 3333, sono prorogati al 31 dicembre 2005...»
nonostante ciò la Società Trenitalia Stabilimento di Foligno ha in un primo tempo, con i ruoli paga del mese di dicembre 2004 e gennaio 2005, provveduto al recupero dei contributi relativi alla cosiddetta «busta pesante» e successivamente, con una nuova comunicazione al personale, ha fatto sapere che con i ruoli paga di febbraio sarà interrotto il recupero e disposto il rimborso di quanto già erroneamente trattenuto, ma soltanto per la parte riguardante i contributi previdenziali e assistenziali senza nulla dire delle somme relative all'Irpef, lasciando intendere che queste ultime continueranno ad essere trattenute dalle buste paga dei dipendenti anche a febbraio e nei mesi successivi -:
se e per quali considerazioni si ritenga legittimo il comportamento della Società Trenitalia - Stabilimento di Foligno;
se quanto disposto dall'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3390 del 29 dicembre 2004, ed in particolare il differimento dei termini per la riscossione della cosiddetta «busta pesante» per le popolazioni umbre e marchigiane colpite dal sisma del settembre 1997 al 31 dicembre 2005, sia da intendersi riferito ai soli contributi assistenziali e previdenziali e non anche a imposte e tasse;
se e in quali tempi, nell'ipotesi che l'interpretazione dell'ordinanza n. 3390


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sia quella fornita dalla Società Trenitalia, il Ministro intenda attivarsi per l'emanazione di un atto che renda esplicitamente e immediatamente effettivo il differimento al 31 dicembre 2005 anche del termine per la riscossione della parte tributaria della «busta pesante».
(4-12844)

Risposta. - In riferimento alla problematica rappresentata dall'interrogante, concernente l'applicazione da parte della società Trenitalia-stabilimento di Foligno, nei confronti dei propri dipendenti, delle disposizioni emanate per fronteggiare la situazione d'emergenza conseguente agli eventi sismici che hanno colpito le regioni Marche e Umbria il 26 settembre 1997, si osserva, in via preliminare, che il termine per il recupero dei contributi previdenziali e assistenziali e quello per il recupero dei tributi sospesi è stato disciplinato da distinti provvedimenti.
Infatti, l'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2004, n. 3390, ha disposto la proroga, al 31 dicembre 2005, solamente del termine per il recupero dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché delle entrate di natura patrimoniale ed assimilata sospese.
Per quanto attiene i versamenti e agli adempimenti tributari, invero, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 agosto 2004 ha differito, al mese di gennaio 2005, il termine per il recupero dei tributi non corrisposti per effetto delle sospensioni disposte fino al 31 marzo 1998 e fino al 30 giugno 1999 (rispettivamente dall'articolo 2 dell'ordinanza di protezione civile n. 2728 del 1997 e dall'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza n. 2908 del 1998).
Successivamente, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 marzo 2005, n. 3408, ha differito il termine per il recupero dei tributi non corrisposti al mese di gennaio 2006.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

VALPIANA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
la sottoscritta interrogante ha presentato, nell'ambito della discussione parlamentare della legge 8 luglio 1998, n. 230, l'emendamento, poi divenuto norma con l'approvazione la lettera e) dell'articolo 8, che testualmente recita: e) predisporre, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta, raccogliendo le istanze giunte dai Movimenti pacifisti, nonviolenti e degli obbiettori di coscienza per valorizzare un patrimonio di esperienze che, a partire da Ghandi, hanno reso evidente come la nonviolenza possa costituire una forma di resistenza civile efficace e risolutiva dei conflitti;
solo dopo sei anni dall'entrata in vigore di quella legge (grazie alla quale per la prima volta nella legislazione italiana è entrata la parola «nonviolenza») lo Stato ha cominciato ad applicare quanto previsto. Nel decreto istitutivo del Comitato si dice esplicitamente che si è ravvisata «la necessità di operare una ricognizione sulle esperienze più significative in materia di difesa civile non armata e nonviolenta, nonché di individuare indirizzi e strategie da parte dell'UNSC per la migliore attuazione». Per far fronte a questa necessita, viene appunto costituendo un Comitato «con il compito di elaborare analisi, predisporre rapporti, promuovere iniziative di confronto e ricerca» che poi l'UNSC possa utilizzare per i suoi compiti;
ciò costituisce una novità assoluta che è frutto di anni di lavoro, di iniziative nonviolente e campagne di obiezioni di coscienza, che hanno ottenuto anche riconoscimenti istituzionali, a partire dalla sentenza della Corte costituzionale che nel 1985 dichiarò la piena legittimità del servizio civile e la sua piena parità, ai fini del dovere costituzionale di difesa della patria, col servizio militare, introducendo così nella giurisprudenza italiana il principio di forme di difesa alternative a quella militare,


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come sancito poi dalla stessa legge n. 64 del 2001 che ha istituito il servizio civile nazionale (volontario) finalizzato a «concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari»;
il «comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta» è stato costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 18 febbraio 2004, con il compito di elaborare analisi, predisporre rapporti, promuovere iniziative di confronto e ricerca al fine di individuare indirizzi e strategie di cui l'Ufficio nazionale per il servizio civile possa tenere conto nella predisposizione di forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta, secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, lettera e) della legge n. 230 del 1998. Il Comitato è composto da 16 membri: rappresentanti delle Amministrazioni centrali e da esperti in materia (Biagio Abrate, Generale; Marta di Gennaro, Protezione Civile; Paolo La Rosa, Ammiraglio; Giovanni Ricatti, Ministero dell'Interno; Maria Antonietta Tilia, Ufficio nazionale per il servizio civile; Paolo Bandiera, Associazione Italiana Sclerosi Multipla; Giorgio Bonini, Centro servizi volontariato; Padre Angelo Cavagna, Gavci, movimenti nonviolenti; Pierluigi Consorti, Professore Scienze per la Pace; Diego Cipriani, Consulente Ufficio nazionale per il servizio civile; Sergio Giusti, Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze; Giovanni Grandi, Associazione Papa Giovanni XXIII; Roberto Minervino, Lega Obiettori di Coscienza; Rodolfo Venditti, Magistrato di Cassazione, Aldo Bacchiocchi, Direzione ANCI e Antonino Drago, esperto in materia di difesa popolare nonviolenta);
nella prima riunione dell'11 maggio è stato eletto Presidente del Comitato il professor Drago, e vicepresidente il professor Consorti;
certamente la costituzione di una Commissione non è sufficiente per vedere realizzata a livello istituzionale una forma di difesa alternativa a quella militare. Indubbiamente interessante è il tentativo di tener legati insieme i temi della nonviolenza e della difesa alternativa con la prassi del servizio civile, anche dopo la sospensione della leva obbligatorio;
il Comitato ha lavorato senza problemi da maggio 2004 fino all'estate scorsa: elezione del Presidente e del Vice Presidente, approvazione del regolamento interno, definizione dello scopo della sua attività e (14 luglio 2004), formulazione (nonostante l'assenza di specifici suggerimenti da parte delle istituzioni statali rappresentate nel Comitato) di un primo pacchetto di proposte concrete da sottoporre all'UNSC;
poi sono insorte difficoltà interne al Comitato stesso;
il 18 gennaio 2005 è stata approvata da tre persone (una contraria e quattro astenute, sulle 8 presenti e sulle 16 del Comitato) una mozione di sfiducia al Presidente Drago. Inoltre il Comitato è ridotto ai minimi termini, anche per l'assenza sistematica del rappresentante dell'UNSC nel Comitato, cui si devono aggiungere le decadenze o rinunce di quasi tutti i sei componenti istituzionali: è rimasto solo un rappresentante del Ministero della difesa;
il Vice Presidente, professor Consorti è forse l'unico sostenitore pubblico della tesi contraria a tutta la serie di sentenze della Corte costituzionale sulla difesa non armata. Egli ha scritto (Senz'armi per la Pace, Plus, Pisa, 2003, 41-72, in particolare pagine 55-63) che il Servizio Civile sarebbe basato solo sulla solidarietà, tanto che oggi, in assenza di servizio di leva, anche il dovere di difesa della Patria si ridurrebbe ad una semplice solidarietà non conflittuale. Il che, secondo l'interrogante, è paradossale: non si vede allora perché l'intero SC debba essere nazionale e non solamente regionale; né perché, in nome della sola solidarietà e non della difesa della Patria, debba esistere un Comitato DCNANV che ha inaugurato una discussione paritetica tra istituzioni militari e organismi civili sui temi della difesa nazionale;


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secondo l'interrogante, le difficoltà emerse all'interno del Comitato si possono ricondurre ad una questione precisa: quale rapporto stabilire tra l'attività del Comitato DCNANV e il sistema del SC oggi esistente;
dopo le dimissioni del Presidente professor Drago, il vice-presidente professor Consorti ha avviato un nuovo corso e, come primo atto, ha organizzato una consultazione all'interno del Comitato su un promemoria che intenderebbe - secondo l'interrogante contra legem - cambiare surrettiziamente addirittura il nome del Comitato DCNANV, in solo «difesa civile», senza più «armata e nonviolenta». La nuova dizione sopprime, secondo l'interrogante, arbitrariamente gli ultimi due aggettivi, che fanno parte qualificante della corretta dizione, utilizzata dalla legge n. 230 del 1998 e dal DPCM istitutivo del Comitato DCNANV. Il cambiamento è radicale, perché la «Difesa civile» esiste già da tempo ed è tipicamente militare; la soppressione cambierebbe il rapporto del Comitato con la Difesa militare: il Comitato diventerebbe subordinato al Ministero della Difesa, l'unico ad avere competenza in materia di «Difesa civile»; oltre al fatto che questo atto agli occhi della popolazione svuoterebbe la DCNANV di ogni contenuto di difesa alternativa, e principalmente nonviolenta;
inoltre con lettera del 28 gennaio il professor Consorti annuncia di aver avuto da solo un colloquio con il Direttore UNSC, mentre una apposita mozione aveva affidato questo colloquio anche al Presidente; ed annuncia di avere presentato solamente la cosiddetta «Programmazione». Dopo un anno di lavoro, questo tipo di politica rischia, ad opinione dell'interrogante, di annullare il senso del Comitato stesso, e di stravolgerne la natura;
non è più un organismo consultivo autonomo, finalizzato a quanto le leggi (230/98 e 64/2001) e le sentenze della Corte costituzionale (fino a quella di luglio 2004 n. 228) ed il DPCM del 18 febbraio 2005 indicano con chiarezza; ma un organismo subordinato a poteri esterni, estraniato dalle tematiche della difesa, e ancor più dalla nonviolenza attiva. La situazione del Comitato appare molto compromessa nel suo primo obiettivo, quello di offrire una interazione ufficiale tra istituzioni statali e movimento di base per la DCNANV. Sia le decadenze che le rinunce di quasi tutti i sei membri istituzionali (eccetto uno dei rappresentanti del Ministero della difesa) oggi riducono la composizione del Comitato alla sola presenza di due gruppi di civili non istituzionali, i quali non avrebbero bisogno di un luogo ministeriale per confrontarsi. Inoltre la recente rinuncia del professor Venditti e di Roberto Minervino lascia il Comitato con appena il numero minimo sufficiente per proseguire le sue attività (dieci; v. ultima frase dell'articolo 3 del regolamento interno, ma purché si calcoli come non rinunciatario il rappresentante dell'UNSC, che invece mai ha partecipato alle nove riunioni del Comitato) -:
come intenda agire per riportare il Comitato DCNANV alla sua piena composizione e per metterlo nelle condizioni di lavorare legittimamente per le originali funzioni istituzionali;
quale sia l'orientamento per rispondere positivamente alle aspettative di quel movimento italiano che da trent'anni ha realizzato una diffusa esperienza, nota anche nel mondo, di valida ricerca e sperimentazione di una difesa nonviolenta;
come intenda salvaguardare la costruzione di una così grande novità di una DCNANV istituita dallo Stato, di cui l'Italia si può ben gloriare internazionalmente, e per rispettare il fatto che il Servizio Civile Nazionale è nato ed è stato costruito dagli obiettori di coscienza che si sono sacrificati allo scopo di ottenere il riconoscimento istituzionale della difesa nonviolenta, in ottemperanza anche al principio costituzionale del ripudio della guerra.
(4-13222)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame,


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occorre premettere che, in qualità di Ministro per i rapporti con il Parlamento con delega al servizio civile, ho adottato, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, in attuazione dell'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 8 luglio 1998, n. 230 il decreto, in data 18 febbraio 2004, istitutivo del «Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta» (DCNANV).
Tale organismo, il cui compito è quello di predisporre forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta, è composto da sedici membri, di cui sei rappresentanti delle amministrazioni centrali maggiormente coinvolte e i restanti individuati non in qualità di rappresentanti di enti-organismi, ma unicamente in quanto esperti in materia di difesa civile non armata e nonviolenta.
Cio premesso, si rappresenta, con riferimento agli specifici quesiti posti dall'interrogante, ed in particolare alla questione riguardante la funzionalità del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e non violenta, che le difficoltà organizzative verificatesi nell'ambito del Comitato sono state determinate principalmente dall'ampia rappresentatività garantita in tale organismo, finalizzata ad assicurare la presenza di qualificati rappresentanti delle Istituzioni e delle Forze armate, oltre che del mondo accademico e delle associazioni, che siano in grado di offrire la significativa esperienza maturata in questo campo in ambito europeo ed extra europeo.
Talora, infatti, gli impegni istituzionali hanno reso impossibile ai rappresentanti delle amministrazioni centrali di partecipare alle riunioni dell'organismo in argomento. Al fine di far fronte a tali difficoltà e consentire una più ampia partecipazione dei rappresentanti, l'Ufficio nazionale per il servizio civile sta valutando l'opportunità di prevedere che i componenti del Comitato possano essere sostituiti da un proprio delegato.
Per quanto concerne le rinunce e decadenze di alcuni componenti del Dcnanv, si rileva che le stesse non hanno comunque inficiato la piena operatività dell'organismo, e, comunque, si fa presente che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2004, il Comitato stato integrato con il rappresentante dell'Associazione nazionale comuni, avvocato Aldo Bacchiocchi.
In merito alla segnalata assenza del rappresentante dell'ufficio nazionale per il servizio civile in seno al Comitato, si fa presente che tale assenza è pienamente giustificata agli atti e che, comunque, l'ufficio è sempre stato tempestivamente informato sulle attività e proposte del Comitato medesimo, in quanto il Servizio rapporti istituzionali dell'ufficio stesso svolge funzioni di segreteria all'interno di tale organismo. Peraltro l'ufficio è stato rappresentato dal direttore generale in alcune riunioni, tra cui quella in cui sono state esaminate le proposte presentate sulla base del documento di programmazione.
Con riferimento, inoltre, alle preoccupazioni manifestate dall'interrogante, relative alla possibilità che sia mutata la denominazione del Comitato e che tale organismo sia privato della propria autonomia, si evidenzia che le opinioni personali espresse da taluni membri non possono incidere né sull'operato del Comitato che assume i propri pareri nella sua collegialità, né sulla sua denominazione che trova legittimazione unicamente nel decreto istitutivo.
Per quanto concerne il quesito posto in merito alle iniziative che il Governo intende adottare al fine di assicurare e promuovere la difesa non armata e nonviolenta, si rappresenta che l'ufficio sta ponendo in essere, su proposta del Comitato, le seguenti iniziative: definizione di criteri e modalità atte a favorire la proposizione di progetti, da realizzare nell'ambito dell'attuale sistema di servizio civile nazionale e nel rispetto della vigente normativa in materia di accreditamento e progettazione, finalizzati all'attuazione di esperienze di difesa civile non armata e nonviolenta all'estero. Tali progetti, oltre a valorizzare le attività già attuate, dovranno riguardare specifiche aree tematiche di intervento e presentare contenuti, metodologie attuative e caratteristiche formative idonee anche a favorire il monitoraggio dei risultati, garantendo la sicurezza dei volontari e delle volontarie attraverso opportuni contatti con le competenze


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militari, ferma restando l'alternatività e l'assoluta non complementarità di questi progetti rispetto alle attività militari (anche quelle eventualmente concomitanti di seminari in singole situazioni contingenti); organizzazione di seminari di studio e approfondimento, anche sull'evoluzione del principio costituzionale del «sacro dovere di difesa della patria» alla luce della giurisprudenza costituzionale, finalizzati ad elaborare documenti ed atti da utilizzare a scopo di informazione e formazione sul rapporto tra difesa civile non armata e nonviolenta e servizio civile; avvio di forme di comunicazione ed informazione, via internet, delle attività del Comitato e creazione di una prima rete informale di ricercatori, in materia di difesa civile non armata e non violenta.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

VOLONTÈ, DI GIANDOMENICO e FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa siciliana ha dato nei giorni scorsi particolare risalto ad una decisione giudiziaria che ha visto coinvolto il sindaco del comune di Adrano;
già sindaco di Adrano dal 2000, Fabio Mancuso è stato eletto deputato all'assemblea regionale siciliana nel 2001, ed è stato riconfermato Primo cittadino del suo comune nella primavera di quest'anno;
alcuni elettori hanno proposto ricorso davanti al tribunale civile di Catania, sollevando il problema della compatibilità dell'ufficio di sindaco con la carica di deputato regionale ricoperta dal Mancuso;
con dispositivo letto all'udienza del 30 settembre 2005 il tribunale di Catania ha accolto il ricorso, ritenendo la supposta incompatibilità, e ha dichiarato il Mancuso decaduto dalla carica di sindaco;
nell'attesa di conoscere le motivazioni della decisione, si profila per l'intanto il problema di assicurare la necessaria certezza del quadro normativo al fine di consentire all'amministrazione comunale di Adrano di lavorare con serenità ed efficienza nel perseguimento del programma sancito dal voto popolare lo scorso maggio con un largo consenso;
infatti, l'articolo 84, ultimo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, come modificato dall'articolo, 4 della legge n. 1147 del 1966, stabilisce che le decisioni del tribunale civile restano sospese in pendenza dell'appello. In applicazione di tale disposizione, pertanto, solo la sentenza di secondo grado potrebbe condurre all'effettiva sospensione del Mancuso dall'ufficio di sindaco attualmente ricoperto. Del resto, nel necessario bilanciamento tra i valori coinvolti, di fronte all'esigenza di assicurare tutela ai diritti dell'eletto e, contemporaneamente, a quella di non esporre l'amministrazione al rischio di repentini e continui cambiamenti di guida - atteso anche che un eventuale Commissario straordinario dovrebbe per prima sua attività predisporre il necessario per nuove elezioni del sindaco e dell'intero consiglio - l'ordinamento fa correttamente prevalere considerazioni di opportunità che inducono a rinviare l'esecutività della sentenza al momento dell'accertamento giudiziario condiviso almeno dal giudice di appello;
nel merito sembrerebbe che l'ordinamento regionale siciliano - così come indicato sul punto dall'articolo 13, legge regionale Sicilia n. 19 del 1997 e dall'articolo 1 della legge regionale Sicilia n. 16 del 2004 - non ponga alcuna condizione di incompatibilità tra i deputati regionali ed i sindaci dei comuni inferiori a 40.000 abitanti, come nel caso, appunto, del comune di Adrano;
il caso, infine, non è di poco rilievo giacché circa una decina di deputati all'assemblea regionale siciliana versano nelle medesime condizioni del Mancuso -:
se il ministero dell'interno sia a conoscenza di tale vicenda;


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se è convinzione del ministero che l'articolo 84, testo unico n. 570 del 1960, così come modificato dalla legge n. 1147 del 1966, sia tuttora applicabile e riguardi anche la figura del sindaco eletto direttamente, ai sensi della legge n. 81 del 1993, poi rifusa nel testo unico n. 267 del 2000, e nelle corrispondenti discipline di fonte regionale, come nel caso della Sicilia;
se il ministero intenda dare indicazioni ed orientamenti a tutti gli enti locali circa la corretta applicazione delle norme che concernono la materia in questione.
(4-17182)

Risposta. - Va premesso, innanzitutto, che, in conformità all'attribuzione alla regione Sicilia della competenza legislativa esclusiva in tema di enti locali e di controllo sui relativi organi, spettano agli organi amministrativi di quella regione le valutazioni e le determinazioni sulle iniziative da assumere per verificare il rispetto della normativa vigente in materia.
Detto questo, prendendo spunto dalla recente sentenza del tribunale civile di Catania emessa nei confronti del sindaco di Adrano (Catania), confermato nelle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2005, per incompatibilità tra la carica di primo cittadino e quella, già ricoperta, di deputato all'Assemblea regionale siciliana, si evidenzia che la disciplina dei ricorsi in materia elettorale è contenuta negli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e che la stessa ha già avuto applicazione in altre circostanze nella regione Sicilia, come nelle note vicende che hanno interessato, di recente, il sindaco di Messina.
L'articolo 84, ultimo comma, del citato decreto presidenziale, come modificato dall'articolo 4 della legge n. 1147 del 1966, prevede espressamente che l'esecuzione delle sentenze emesse dal Tribunale civile resta sospesa in pendenza di ricorso alla Corte d'appello.
La decadenza effettiva del sindaco del comune di Adrano è, quindi, subordinata alla pronuncia del giudice di secondo grado.
Sulla questione è intervenuta la pronuncia n. 1392 del 22 maggio 2002 della 1a sezione del Consiglio di Stato, in sede consultiva, appositamente interessato dal Ministero dell'interno, per chiarire, nei suoi esatti termini, l'applicazione dell'articolo 85 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 560, relativamente all'obbligo di convocazione dei comizi elettorali che, com'è noto, è subordinata alla definitività della decisione di annullamento delle elezioni.
Quanto agli effetti delle dichiarazioni giurisdizionali di decadenza del Sindaco e del Presidente della provincia, il Supremo Consesso ha chiarito che solo la sentenza passata in giudicato o la sentenza di ultima istanza determina un accertamento irretrattabile della decadenza.
Tale non è, ovviamente, la sentenza della Corte d'appello che, ancorché esecutiva, è pur sempre suscettibile di un ricorso ad un'istanza giurisdizionale superiore come è il caso del ricorso in Cassazione.
A seguito di tale pronuncia, il Ministero dell'interno ha inviato ai prefetti la circolare n. 7 del 18 luglio 2002 concernente la procedura di scioglimento dei consigli comunali in caso di dichiarazione di decadenza del sindaco o del presidente della provincia.
Con essa è stato chiarito che, per effetto dell'esecutività della sentenza della Corte d'appello, dichiarativa della decadenza dell'organo di vertice del comune o della provincia, rimane precluso a tali organi l'esercizio delle relative funzioni che verranno svolte dal vice sindaco o dal vice presidente; ciò ovviamente in attesa di un accertamento giudiziario definitivo della vicenda.
Si soggiunge, infine, che la disciplina legislativa regionale in materia di ineleggibilità e incompatibilità, nell'operare un rinvio recettizio alla disciplina statale di cui alla legge n. 154 del 1981, fa comunque salva la previsione contenuta nell'articolo 8, comma 1, n. 4, della legge regionale n. 29 del 1951 che esclude per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 40.000 abitanti la situazione di incompatibilità con la carica di deputato all'Assemblea regionale siciliana.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.


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ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
già in passato l'interrogante ebbe a richiedere una nuova normativa per la disciplina dell'utilizzo dei fondi - da parte dei comuni interessati - a loro versati a titolo di compensazione fiscale dai cantoni svizzeri di confine all'Italia e relativi alle imposte pagate in Svizzera dai lavoratori frontalieri;
in particolare, si richiedeva il ripristino della norma che già elevava dal 10 al 30 per cento la possibilità di utilizzo delle somme predette per lavori di manutenzione di opere pubbliche già realizzate con questi fondi e la gestione dei relativi servizi;
rispose il Ministro interrogato che ciò non era conveniente né richiesto, mentre si moltiplicano invece le prese di posizione di comuni montani (e segnatamente quelli delle Valli Cannobina e Vigezzo, nella provincia del Verbano Cusio Ossola e delle omonime comunità montane) che fanno presente l'assoluta necessità di poter godere di una maggiore flessibilità nell'utilizzo dei fondi predetti, tenendo conto che le opere pubbliche a suo tempo realizzate - essendo spesso trascorso ormai un lungo periodo di tempo - necessitano ora di interventi di manutenzione e/o di adeguamento dei servizi prestati, mentre non è ipotizzabile continuare ad investire solo nella costruzione di altre opere pubbliche;
in particolare questo aspetto è evidente per le comunità montane, tra l'altro non soggette al patto di stabilità, e per quei comuni dove questa voce è tra le più importanti - e quindi condizionante - tra le attività di bilancio -:
se non ritenga indifferibile dover procedere nel senso esposto in premessa, in nome del reiterato concetto di sussidiarietà e autonomia, ed affinché le realtà locali possano utilizzare al meglio i fondi disponibili, con maggiore libertà decisionale e nell'esclusivo interesse delle popolazioni residenti.
(4-05546)

Risposta. - In ordine alla richiesta formulata con il documento di sindacato ispettivo in esame, concernente la quota da destinare a titolo di compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, in virtù dell'Accordo tra l'Italia e la Svizzera, firmato a Roma il 3 ottobre 1974 (ratificato con la legge 26 luglio 1975, n. 386), si ritiene che la problematica prospettata possa considerarsi risolta nel senso auspicato dall'interrogante.
Infatti, il dipartimento per le politiche fiscali ha fatto presente che l'articolo 2, comma 14, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha elevato dal 10 per cento al 30 per cento la quota da destinare al finanziamento di servizi resi ed effettivamente fruiti relativi ad opere pubbliche, già realizzate con i fondi di precedenti erogazioni.
Detta disposizione è stata recepita nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 13 luglio 2004, recante «Criteri di ripartizione e utilizzazione delle compensazioni finanziarie operate dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese a favore dei comuni italiani di confine, ai sensi dell'articolo 5 della legge 26 luglio 1975, n. 386, per gli anni 2002-2003».
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ZANELLA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'uso dei collari elettrici è vietato dalla normativa sul maltrattamento che, dopo le modifiche della legge n. 189 del 2004, è previsto dall'articolo 544-ter del codice penale;
il ministro della salute ha emanato, in data 5 luglio 2005 un'ordinanza a proposito del «Divieto dell'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento sui cani» (Gazzetta Ufficiale n. 158 del 9 luglio 2005);
il provvedimento non vieta i collari elettrici, ma si limita a dare secondo l'interrogante, un parere giuridico sul loro


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uso in una sorta di «interpretazione» della norma, che non può avere effetti di disposizione penale poiché non si tratta di un'interpretazione autentica, prerogativa del legislatore;
nella premessa dell'Ordinanza viene riportato che l'uso di tali strumenti costituisce maltrattamento degli animali ma, nell'articolato, compare il riferimento alla detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, reato che prevede una pena inferiore a quella del maltrattamento;
da un'ordinanza ministeriale, com'è noto, non possono scaturire sanzioni penali né la creazione di nuove fattispecie di reato: un'ordinanza dalla quale consegua l'inserimento nell'articolo 727 del codice penale di una norma incriminatrice della condotta posta in essere da colui che usa collari elettrici per cani, non rientra fra i poteri costituzionalmente spettanti al Ministero; ad esso, infatti, non è dato di emanare un provvedimento dal quale possa derivare la creazione - esclusivamente riservata al legislatore - di una nuova fattispecie penale: e ciò in forza del principio di legalità sancito dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»;
alcuni casi giudiziari in passato hanno messo in evidenza come, coloro che usano i collari elettrici e strumenti simili, si avvalgano della giustificazione che questi non provocano dolore agli animali: diverse sentenze hanno assolto gli imputati poiché il giudice non è stato in grado di stabilire se dall'uso dei collari elettrici possa derivare dolore all'animale e gli stessi fabbricanti di collari elettrici affermano che essi non provocano dolore. Utilizzare la formula «che provoca effetti di dolore sui cani», significa ammettere implicitamente l'esistenza di collari elettrici che non procurano dolore quando analoghi strumenti devono ovviamente essere vietati, indipendentemente dalla loro capacità di provocare dolore -:
se intenda correggere l'ordinanza in questione per renderla più coerente rispetto alla normativa sul maltrattamento degli animali e di predisporne tutte le misure che ne prevedano un'efficace applicazione;
se non ritenga di farsi promotore di un'iniziativa normativa mirata alla proibizione dell'utilizzo di collari elettrici e di analoghi strumenti sui cani senza quelle che all'interrogante appaiono ombre di ambiguità.
(4-16148)

Risposta. - In merito alla richiesta d'iniziativa normativa alla quale fa riferimento l'interrogante, si comunica che il Ministero della salute ha già predisposto un disegno di legge concernente: «Divieto dell'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento sui cani», che apporta sostanziali modifiche all'ordinanza del 5 luglio 2005.
Tale disegno di legge stabilisce il divieto dell'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento sui cani nonché quello della commercializzazione e introduzione nel territorio nazionale.
Ai sensi della legge 21 giugno 1986, n. 317 e successive modificazioni, che prevede la procedura d'informazione agli organi comunitari per il settore delle norme e regolamentazioni tecniche, lo schema suddetto è attualmente all'esame della Commissione europea.
Il Ministero della salute, nell'ottica istituzionale della tutela della sanità e del benessere degli animali, assicura, per quanto di propria competenza, tutte le opportune iniziative finalizzate alla approvazione in sede parlamentare del provvedimento citato.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

ZANELLA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono in corso di pubblicazione, sulla rivista scientifica Giornale europeo di oncologia, i risultati di uno studio condotto


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su 1.800 ratti dall'equipe di ricercatori del Centro di ricerca sul cancro della Fondazione europea di oncologia e scienze ambientali B. Ramazzini di Bologna;
l'Istituto Ramazzini sostiene che è stato per la prima volta dimostrato che, sperimentalmente, l'aspartame è un agente cancerogeno in grado di indurre linfomi e leucemie nei ratti femmina, anche a dosi ammesse per l'alimentazione umana;
i risultati dei test sperimentali condotti sui roditori sono considerati, dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità, predittivi dei rischi cancerogeni per l'uomo ed impongono, da parte degli organi preposti, un urgente riesame dei livelli di assunzione permissibili dell'aspartame, al fine di meglio proteggere la salute pubblica, soprattutto quella dei bambini;
lo studio ha rivelato inoltre come l'aggiunta di aspartame al cibo induca una diminuzione dell'assunzione di cibo correlata con la dose del composto, senza però determinare una differenza del peso corporeo tra gli animali trattati e non trattati;
l'aspartame è consumato da milioni di persone nel mondo ed è utilizzato in oltre 6.000 prodotti dietetici, fra i quali bevande, gomma da masticare, dolciumi, caramelle, yogurt, farmaci, in particolare sciroppi e antibiotici per bambini;
l'organizzazione Coldiretti, in riferimento ai risultati della ricerca della Fondazione europea di oncologia, ha consigliato di utilizzare nelle giuste dosi un dolcificante naturale sicuro come lo zucchero piuttosto che consumare un prodotto di sintesi come l'aspartame, sul quale sembra gravare una preoccupante incertezza in quanto ad effetti per la salute;
lo stesso Ministro Storace ha dichiarato che le notizie scientifiche legate all'aspartame non sono affatto da sottovalutare, ed ha dato disposizione al Consiglio superiore di Sanità di occuparsi della questione con immediatezza al fine di adottare, anche alla luce delle valutazioni fornite in materia dai Comitati misti della Fao, dell'Organizzazione mondiale della Sanità e dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana, eventuali iniziative di sua competenza -:
se il Ministro non consideri necessario verificare se la sperimentazione sia stata effettuata solo sugli animali e quali altre eventuali metodologie siano state utilizzate dal momento che test condotti su roditori topi e ratti, secondo varie organizzazioni nazionali ed internazionali (Comitato Scientifico Equivita, LIMAV, DLRM) non sono altamente predittivi;
se non ritenga necessario, a seguito delle notizie sui gravissimi rischi legati all'uso dell'aspartame ed in linea con il principio di precauzione, adottare le opportune iniziative affinché sia previsto il ritiro immediato del dolcificante dal commercio in attesa di ulteriori riscontri scientifici.
(4-16178)

Risposta. - L'aspartame (E 951) è un additivo alimentare appartenente alla categoria degli edulcoranti; il suo impiego, nell'uso da tavola e nella produzione di alimenti e bevande, è da ricondurre all'elevato potere dolcificante, privo di apporto calorico.
L'aspartame viene utilizzato diffusamente in tutti gli alimenti ipocalorici, cioè nei prodotti, in cui la sua presenza in sostituzione dello zucchero, comporta una notevole riduzione del valore energetico degli stessi.
La regolamentazione dell'uso è disciplinata a livello comunitario dalla direttiva 94/35/CE, concernente gli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari, e a livello nazionale, dal decreto ministeriale 27 febbraio 1996, n. 209, che, fra l'altro, ha recepito la direttiva suddetta.
Nel settore degli additivi, ormai armonizzato legislativamente a livello comunitario, vige il principio della «lista positiva»; si possono impiegare soltanto gli additivi in essa elencati, nei soli alimenti indicati e alle dosi fissate, e qualsiasi sostanza, prima di essere inserita nell'elenco degli additivi con


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sentiti, dev'essere valutata tossicologicamente al fine di assicurare la tutela della salute dei consumatori.
Prima dell'inclusione nella suddetta lista, l'aspartame è stato giudicato idoneo dal JECFA (Comitato misto FAO/OMS per la valutazione degli additivi alimentari) e dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana dell'Unione europea (SCF); l'ultimo parere espresso nel 2002 dal Comitato scientifico per l'alimentazione umana dell'Unione europea ha confermato per l'aspartame una Dose giornaliera accettabile (DGA), pari a 40 mg/kg di peso corporeo, precisando che il consumatore deve essere informato della presenza della fenilalanina.
L'informazione, diretta ai consumatori affetti da «fenilchetonuria», deve essere riportata, come avvertenza, sulle etichette degli edulcoranti da tavola e dei prodotti alimentari contenenti aspartame.
Lo studio di cancerogenesi sui ratti, presentato dall'Istituto Ramazzini di Bologna, avrebbe evidenziato un possibile ruolo dell'aspartame nel favorire l'insorgenza di alcuni tumori.
Tale studio è stato preso in considerazione dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (European food safety authority - EFSA), che, in data 14 luglio 2005, ha diramato un comunicato, nel quale dichiarava non appropriato, sulla base delle attuali informazioni, suggerire, per l'aspartame, un cambiamento nella dieta dei consumatori.
In data 19 luglio 2005 il Consiglio superiore di sanità, nel corso di una riunione a cui hanno partecipato anche esperti dell'Istituto superiore di sanità, ha esaminato la questione relativa all'aspartame pervenendo alle seguenti conclusioni, analoghe a quelle dell'Efsa: «lo studio dell'Istituto Ramazzini, così come presentato, non possa identificarsi come elemento di certezza sperimentale; al momento non vi siano elementi scientifici tali da proporre all'Autorità sanitaria di adottare misure volte a modificare le indicazioni dell'uso e del consumo dell'aspartame e chiede che gli Autori comunque forniscano a questo Consiglio, come peraltro richiesto dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, tutti i dati grezzi relativi allo studio nonché tutte le informazioni correlate al protocollo sperimentale per un'adeguata valutazione».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.