Allegato B
Seduta n. 695 del 25/10/2005


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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO

Interrogazione a risposta orale:

NARDINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
nel luglio del 2001, nell'ambito del Progetto operativo ambiente - PON ATAS (Programma operativo nazionale assistenza tecnica e azioni di sistema) - co-finanziato dai Fondi strutturali comunitari (di seguito FSC) 2000-2006, veniva costituita la Task Force Ambiente (di seguito TFA);
la TFA era composta da 129 laureati impiegati in qualità di «esperti junior». La selezione dei 129 laureati avveniva tramite un concorso pubblico nazionale (selezione per titoli ed esami) e il successivo - per chi avesse superato il concorso - corso di formazione di 12 mesi (con borsa di studio) di cui 3 mesi presso il centro formazione studi (di seguito FORMEZ), ente in house del dipartimento della funzione pubblica, e i successivi 9 mesi presso le rispettive sedi lavorative;
la TFA si occupa dell'integrazione degli aspetti ambientali nella realizzazione dei programmi operativi nazionali e regionali co-finanziati dal quadro comunitario di sostegno (di seguito QCS) 2000-2006, operando nelle seguenti strutture:
a) 43 esperti a supporto delle ARPA (agenzie regionali di protezione ambientale), operanti nell'ambito dell'Obiettivo 1 (2000-2006) riguardante le regioni: Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria e Molise;
b) 53 esperti presso le regioni dell'Obiettivo 1 quale supporto delle autorità ambientali regionali;
c) 34 esperti presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio quale supporto dell'autorità ambientale centrale;
al termine del periodo formativo di 12 mesi, i 129 della TFA firmavano, con decorrenza 1o luglio 2002, un contratto a tempo determinato con il ministero dell'ambiente e, precisamente, con la direzione per lo sviluppo sostenibile, con inquadramento lavorativo C2 (ex CCNL) comparto ministeri. Il contratto prevedeva due scadenze differenti: la prima al 30 giugno del 2006, per gli esperti impiegati nelle ARPA, la seconda al 30 giugno del 2008, per gli esperti impiegati nelle autorità ambientali regionali e nell'autorità ambientale centrale;


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attualmente la TFA è composta da un numero inferiore di esperti in quanto col tempo ci sono state alcune rinunce;
le problematiche che vivono i componenti della TFA sono: il mancato riconoscimento dello status giuridico, i ritardi nei pagamenti e la gestione amministrativa del personale;
attualmente gli esperti della TFA, pur avendo un contratto come dipendenti del ministero dell'ambiente a tempo determinato, non sono riconosciuti giuridicamente dalla direzione per i servizi interni del ministero. Questo comporta, ovviamente, una serie di problemi di natura gestionale di tutto il personale come ad esempio gli equivoci creatisi sulle dichiarazioni dei redditi del 2002, per le quali l'Agenzia delle entrate non riconosceva quale sostituto d'imposta il ministero dell'ambiente, in quanto i lavoratori non sono appuntoimmatricolati. Attualmente i lavoratori vivono in una condizione di «limbo» perché pur essendo legati da un contratto a tempo determinato ex CCNL, comparto ministeri, non essendo immatricolati, non godono a tutti gli effetti dei servizi interni che il ministero garantisce ai suoi dipendenti. A distanza di 3 anni i lavoratori della TFA non posseggono il numero di iscrizione Inpdap; questo comporta il blocco di normali pratiche amministrative come per esempio il calcolo del riscatto degli anni di laurea ai fini pensionistici;
la gestione amministrativa iniziale del personale dell'intera TFA era affidata alla TFA stessa, in carico al ministero dell'ambiente, nonostante che gli stessi esperti della TFA fossero stati selezionati in qualità di tecnici e, quindi, non qualificati a svolgere mansioni di tipo amministrativo. Successivamente, il personale della TFA non veniva inserito nella gestione amministrativa del ministero dell'ambiente - Ufficio di ragioneria - come avviene per tutti gli altri dipendenti;
il servizio di gestione amministrativa della TFA veniva affidato, con procedura di gara pubblica, ad una società esterna denominata A.C.G. Auditing & Consulting Group srl, con evidente spreco di denaro pubblico;
ad aprile 2004 scadeva il mandato della società A.C.G. Auditing & Consulting Group srl, per la gestione amministrativa della TFA;
con bando pubblicato in data 26 gennaio 2004, il ministero dell'ambiente indiceva una gara d'appalto per l'affidamento del servizio di assistenza per la gestione contabile, fiscale e previdenziale del personale della TFA;
in data 15 aprile 2004 con decreto ministeriale si disponeva l'affidamento all'IREF Labor, quale mandatario dell'ATI «Aramis», dell'appalto per la gestione amministrativa del personale della TFA;
la società A.C.G. Auditing & Consulting Group srl classificatasi seconda nella gara per l'aggiudicazione dell'appalto per la gestione amministrativa della TFA, presentava ricorso al TAR Lazio per l'annullamento del decreto di aggiudicazione della gara pubblica e per la sospensiva cautelare del contratto stipulato post gara tra il ministero dell'ambiente e la società IREF Labor, mandataria della RTI «Aramis»;
il TAR Lazio rigettava i due ricorsi della società ACG Auditing & Consulting Group srl (annullamento del decreto di aggiudicazione e sospensiva cautelare del contratto stipulatorio);
la società ACG Auditing & Consulting Group srl, dopo il rigetto del TAR Lazio, presentava ricorso al Consiglio di Stato che lo accoglieva, ordinando all'amministrazione del ministero dell'ambiente di sospendere l'esecutività del provvedimento di affidamento del servizio, in attesa della sentenza definitiva del TAR Lazio che veniva fissata per il 4 novembre 2004;
l'amministrazione del ministero dell'ambiente, prescindendo dall'esito della sentenza definitiva del TAR Lazio, provvedeva a riattivare il servizio per la gestione amministrativa affidandolo, con


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procedura d'urgenza e per un importo «sotto soglia», ad una terza società incaricata di predisporre le buste paghe del personale della TFA relativamente ai mesi di agosto, settembre e ottobre 2004;
in data 3 novembre 2004, la direzione per la ricerca e lo sviluppo del ministero dell'ambiente diretta dal dottor Corrado Clini, inviava le domande di pagamento degli stipendi della TFA (agosto, settembre e ottobre 2004) all'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (di seguito IGRUE);
la situazione suddescritta di fatto comportava ulteriori perdite di tempo e ritardi nei pagamenti degli stipendi al personale della TFA;
i ritardi dei pagamenti nelle fasi iniziali del contratto, erano (lo sono a tutt'oggi) imputabili anche ad una clausola «capestro» inserita nel contratto dove si esplicita che il ministero dell'ambiente si libera da ogni responsabilità sulla corresponsione degli stipendi;
gli ulteriori ritardi nel pagamento degli stipendi si verificavano (e si verificano) a causa della già menzionata questione relativa al mancato riconoscimento dello status giuridico da parte della direzione per i servizi interni del ministero dell'ambiente;
dopo una fase in cui, tramite il coinvolgimento dell'IGRUE e della ragioneria generale dello Stato, era stata escogitata una soluzione che permettesse una certa regolarità nell'erogazione degli stipendi, si sono verificati nuovi ritardi, come quello attualmente in corso di due mesi (ultimo pagamento degli stipendi luglio 2005);
il subentro dell'IGRUE nella procedura di pagamento non ha in alcun modo risolto il problema; difatti gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno 2005 sono stati erogati solo a fine luglio;
risulta all'interrogante che le risorse economiche erogate dall'Unione europea per il progetto denominato PON ATAS di fatto verrebbero utilizzate dal ministero dell'economia per altri capitoli di spesa e non per il progetto comunitario;
nell'ottica della riorganizzazione degli uffici del ministero dell'ambiente, il ministro dell'ambiente sopprimeva nel 2002 la direzione per lo sviluppo sostenibile - alla quale la TFA faceva capo - diretta dal dottor Francesco La Camera e creava sei nuove direzioni generali, tra cui la direzione generale per la ricerca ambientale e lo sviluppo diretta dal dottor Corrado Clini;
parrebbe che ci sia una certa resistenza da parte del Ministero nel sostenere compiutamente il progetto operativo ambiente della Unione europea;
una parte del personale della TFA nei mesi scorsi interessava le organizzazioni sindacali (di seguito organizzazioni sindacali) affinché si avviasse un percorso che potesse trovare una soluzione concreta ai problemi di natura economica e gestionale che avviliscono il personale della TFA;
le organizzazioni sindacali hanno più volte indirizzato al Ministro dell'ambiente una serie di missive con lo scopo di avviare un tavolo di trattativa per dirimere la vicenda suddescritta: le missive ad oggi non hanno ricevuto alcuna risposta in merito e nessun tavolo di trattativa è stato mai avviato;
il ministero dell'ambiente, di concerto con il ministero dell'economia e finanze starebbe riprogrammando il progetto operativo ambiente, grazie alle risorse resesi disponibili dalla premialità, su proposta dell'autorità digestione del ministero dell'economia e delle finanze;
la riprogrammazione del progetto potrebbe trovare il suo compimento nella equiparazione dei contratti dei componenti delle TFA presso le ARPA (in scadenza il 30 giugno 2006) a quelli delle autorità ambientali (in scadenza il 30 giugno 2008);
a parere dell'interrogante, la gestione anomala del progetto da parte del


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mistero dell'ambiente si inscrive in una politica di smantellamento progressivo e sistematico della funzione pubblica, sia centrale che locale, coinvolgendo diversi settori di importanza prioritaria, come le agenzie del territorio, i Beni culturali, il ministero della giustizia, l'agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici nazionali -:
se il Governo non intenda procedere con solerzia al riconoscimento dello status giuridico del personale della Task Force Ambiente;
al Ministro del lavoro se non reputi urgente e improcrastinabile l'assegnazione del numero di iscrizione, Inpdap al personale della Task Force Ambiente al fine di regolarizzare lo status previdenziale;
quali interventi urgenti il Governo intenda porre in essere per risolvere definitivamente l'irregolarità nei pagamenti degli stipendi al personale della Task Force Ambiente;
se non si ritenga opportuno assegnare la gestione amministrativa del personale della Task Force alla ragioneria del ministero dell'ambiente;
se il Ministro non intenda revocare unilateralmente la clausola «capestro» inserita nel contratto che libera da ogni responsabilità il ministero dell'ambiente nella corresponsione degli stipendi, dato che il personale della Task Force Ambiente (ex CCNL, comparto ministeri) è a tutti gli effetti di legge personale dipendente della pubblica amministrazione dello Stato;
quali atti concreti il Governo intenda adottare al fine di equiparare giuridicamente il personale della Task Force ambiente al personale dipendente dei ministeri, dato che si tratta sempre di personale della pubblica amministrazione;
se il Governo intenda procedere alla stabilizzazione del posto di lavoro, convertendo il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, del personale della Task Force Ambiente;
se il Governo non intenda valorizzare le conoscenze e le competenze tecniche maturate dal personale impiegato a tempo determinato nella pubblica amministrazione, e, specificatamente dal personale della Task Force, promuovendo come primo atto concreto la rimozione del blocco del turn-over nel settore pubblico;
se corrisponda al vero che le risorse economiche erogate dall'Unione europea per il progetto denominato PON ATAS di fatto verrebbero utilizzate dal ministero dell'economia per altri capitoli di spesa e non per il progetto comunitario;
se il Ministro delle politiche comunitarie non ritenga farsi garante nella realizzazione del progetto comunitario denominato progetto operativo ambiente - PON ATAS (programma operativo nazionale assistenza tecnica e azioni di sistema) - co-finanziato dai fondi strutturali comunitari (FSC), visto che il progetto ha incontrato talune resistenze da parte degli uffici del ministero dell'ambiente che dovrebbero invece garantirne la realizzazione.
(3-05106)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BANDOLI e VIGNI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel territorio della provincia di Palermo si trovano impianti della Italcementi S.p.A., consistenti in uno stabilimento per la produzione di cementi nel comune di Isola delle Femmine ed altri insediamenti con attività estrattive a Piano dell'Aia-Rocche di Raffo Rosso nel territorio del comune di Palermo ed a contrada Manostalla nel territorio del comune di Torretta;
la cementeria di Isola delle Femmine opera in un'area limitrofa a quattro Siti di Interesse Comunitario, individuati ai sensi della Direttiva CEE «Habitat», recepita con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997: Rocche di Raffo Rosso codice sito Natura 2000


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SIC ITA020023, Capo Gallo SIC ITA020006, Isola delle Femmine SIC ITA020005, fondali di Isola delle Femmine SIC ITA020047, alle quali aree di interesse comunitario va aggiunta la Riserva Naturale Marina di Capo Gallo-Isola delle Femmine già istituita da codesto Ministero;
l'attività estrattiva del calcare e ora concentrata esclusivamente nell'area SIC ITA 20023 Raffo Rosso dove esistono habitat prioritari. Ciononostante, in tale area gli impianti della cementeria emettono emissioni inquinanti secondo il registro europeo (EPER), come gli ossidi di azoto (NOx), il biossido di zolfo (SO2) e polveri sottili;
l'Italcementi S.p.A. ha richiesto all'azienda elettrica ENEL il raddoppio della potenza degli impianti, richiesta finalizzata ovviamente ad un incremento della produzione;
le attività della cementeria hanno determinato negli anni e nel recente passato il continuo ripetersi di fenomeni di inquinamento, consistenti in:
a) gravi danni alla salute pubblica per l'introduzione di sostanze nocive sotto forma di polveri sottili e di molecole inquinanti aggregate in aerosol gassosi, tutte emesse nell'atmosfera dai camini dell'impianto;
b) gravi danni alla salubrità dell'ambiente con conseguenze altamente negative alle attività turistiche per l'inquinamento acustico ed il diffondersi di vibrazioni nel terreno;
c) gravi danni agli equilibri naturali già segnalati e degni di protezione per l'intromissione di sostanze estranee attraverso emissioni gassose che i venti abbattono imprevedibilmente sia sui centri abitati che sul prospiciente mare istituito come riserva marina;
d) gravi danni agli ambienti marini ed alle falde acquifere sottostanti per l'infiltrazione continua di sostanze liquide estranee ed inquinanti nel terreno sul quale lo stesso cementificio è edificato, che ha caratteristiche di buona permeabilità essendo di natura calcarenitica;
se siano stati utilizzati i fondi della Comunità europea per la realizzazione degli impianti della Italcementi S.p.A. -:
quali iniziative il Ministro intenda avviare per valutare se il progetto rispetti la normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda la tutela degli «habitat» delle aree SIC coinvolte anche affinché siano evitati danni alla salute, all'ambiente ed allo sviluppo economico dell'intera area già vocata al turismo di qualità;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno istituire con urgenza un osservatorio permanente sulla qualità delle acque e dell'aria, stante lo scarso coinvolgimento degli enti locali nelle operazioni di monitoraggio, e se non ritenga di dover chiedere alla Italcementi S.p.A. la installazione di registratori in continuo, ai camini, dei gas emessi;
quali siano, infine, i possibili interventi di rinaturalizzazione dell'intero comprensorio di interesse comunitario e nazionale il Ministro intende avviare per salvaguardare il rispetto dei livelli occupazionali.
(5-04881)

Interrogazioni a risposta scritta:

PIGLIONICA, NICOLA ROSSI, ROSSIELLO, SASSO e CALDAROLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
le recenti precipitazioni atmosferiche che hanno colpito il meridione d'Italia e, in particolare, la regione Puglia, causando terribili lutti e gravissimi danni all'intero sistema economico locale, hanno dimostrato per l'ennesima volta lo stato di degrado in cui versa il territorio italiano, abbandonato da qualsivoglia intervento strutturale di recupero e di risanamento;
gli eventi calamitosi che periodicamente flagellano l'Italia, non possono essere


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semplicisticamente e fatalmente archiviati come «fatti eccezionali» indipendenti dall'azione dell'uomo;
da un lato l'azione antropica, l'uso disinvolto del territorio e delle risorse naturali, dall'altro la mancanza di una politica seria di difesa e salvaguardia del territorio, rappresentano senz'altro i fattori di moltiplicazione dei lutti, dei danni e dei disastri che può causare anche una precipitazione a carattere eccezionale, come quella che si è verificata nei giorni scorsi nel sud d'Italia;
tale situazione rappresenta il frutto di decenni di politiche di abbandono e di incuria nei confronti di un territorio lasciato, molto spesso, nelle mani di speculatori senza scrupoli, nel totale disinteresse di chi non ha mai sviluppato politiche di pianificazione territoriale attente a non alterare l'equilibrio naturale sul quale si basa la vita stessa dell'intero pianeta;
di fronte a questo stato di cose appare agli interroganti ancora più grave l'atteggiamento fin qui perseguito dall'attuale Governo che, nei quasi cinque anni di attività, ha perso completamente il senso del valore della tutela, quale garanzia della conservazione di uno straordinario patrimonio collettivo che si è voluto vedere solo in funzione delle sua potenziale capacità di «fare cassa», mettendo in pratica, o tentando di promuovere, iniziative tutte in controtendenza quali:
a) il tentativo di alienazione dei beni dello Stato, del demanio, delle aree protette, messi a rischio da tentativi di vendita o di sfruttamento improprio;
b) la politica dei condoni edilizi, delle sanatorie paesaggistiche, del rilancio dell'edilizia senza regole e pianificazione delle grandi infrastrutture cosiddette pubbliche;
c) la sensibile riduzione, in tutte le leggi di bilancio fin qui approvate, delle risorse per la difesa del suolo, sia a livello centrale sia quelle destinate ai trasferimenti;
d) agli enti locali, che ha aggravato la situazione dei rischi derivanti da una cattiva gestione del territorio, pure destinata alle strutture amministrative periferiche;
e) il reiterato tentativo, attraverso l'inserimento in diverse proposte di legge, di assegnare tutte le competenze in materia di difesa del suolo ad una società privata esautorando così gli uffici competenti del Ministero dell'ambiente e della difesa del territorio;
f) la predisposizione, sulla base della legge delega in campo ambientale, di modifiche normative alle leggi vigenti in materia di difesa del suolo, in aperta contraddizione con i dettami giuridici della Commissione europea, per quanto attiene, ad esempio, all'impostazione da dare ai bacini idrografici e alla suddivisione delle relative competenze gestionali;
secondo gli interroganti è proprio questa politica che ha aggravato lo stato di sofferenza e di crisi del territorio, del paesaggio, dei centri storici, dei borghi antichi, dei boschi, delle coste, dei fiumi e delle montagne -:
quali iniziative intenda adottare per far fronte, per quanto di sua competenza, alla grave situazione di degrado che, anche a causa dei recenti avvenimenti atmosferici, ha sensibilmente peggiorato la condizione in cui versa il territorio della regione Puglia e perché non si ripetano più i drammatici eventi luttuosi e non si protragga ulteriormente la grave situazione di crisi economica.
(4-17388)

CENTO e ZANELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel territorio della provincia di Palermo, sono presenti impianti della Italcementi s.p.a., con uno stabilimento nel comune di Isola delle Femmine, e con attività estrattive a Piano Dell'Aia-Rocche


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di Raffo Rosso nel comune di Palermo ed a contrada manostalla nel comune di Torretta;
la cementiera di Isola delle Femmine (NACE Code 26.51) opera in un'area limitrofa a diversi Siti di Importanza Comunitaria individuati ai sensi della Direttiva CEE «Habitat recepita in Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997;
le aree di protezione ambientale di tale territorio sono (codice sito Natura 2000 SIC ITA020023) Raffo Rosso, M. Cuccio e Vallone Sagana (SIC ITA020047) Fondali di Isola delle Femmine - Capo Gallo (SIC ITA020005) Isola delle Femmine, R.N.O. Isola delle Femmine;
l'attività estrattiva del calcare è ora concentrata esclusivamente nell'area Sic ITA 20023 Raffo Rosso dove esistono habitat prioritari. Ciononostante, in tale area gli impianti della cementiera emettono emissioni inquinanti secondo il registro europeo (EPER), come gli ossidi di azoto (NOx), il biossido di zolfo (SO2) e polveri sottili;
l'Italcementi s.p.a. ha inoltre richiesto all'azienda elettrica ENEL il raddoppio della potenza degli impianti, richiesta plausibilmente finalizzata ad un incremento di produzione; va segnalata inoltre la presenza di una parete rocciosa di Raffo Rosso messa in sicurezza aggettante l'abitato di Isola delle Femmine, sovrastante la cava esaurita di Raffo Rosso e gli stessi impianti di produzione Italcementi;
le attività della cementiera hanno determinato e determinano il continuo ripetersi di fenomeni frequenti e diffusi di inquinamento, che provocano gravi danni alla salute pubblica per l'introduzione di sostanze nocive in atmosfera, per l'inquinamento acustico ed il diffondersi di vibrazioni nel terreno, con grave danno per la popolazione residente e per le attività turistiche;
a giudizio dell'interrogante queste azioni sono in contraddizione con la direttiva Habitat e si chiede come mai tali attività non siano state considerate nella necessaria valutazione; si sospetta la violazione della Direttiva Comunitaria 92/43/CEE relativa alla tutela dei Siti di Interesse Comunitario - SIC;
si rileva, inoltre, lo scarso coinvolgimento degli enti locali nel monitoraggio degli inquinanti, nella zonizzazione acustica delle aree limitrofe agli impianti, nell'autorizzazione dei combustibili, nelle procedure di agenda 21; il rischio di apporti nocivi alla falda idrica ed alle acque dell'area marina protetta;
tali produzioni hanno determinato negli anni grave turbativa e allarme nell'opinione pubblica, con l'intervento dell'associazionismo ambientalista, ed interrogazioni parlamentari nazionali da parte di deputati di diversa parte politica, che, con la popolazione, si sono opposti alle emissioni inquinanti per i prevedibili danni ambientali ed economici che ne deriverebbero e per i connessi rischi per la salute pubblica e per i fattori di nocività cui sono esposti gli stessi dipendenti -:
se siano stati stanziati fondi UE per la realizzazione degli impianti Italcementi;
quali verifiche intenda avviare per valutare se il progetto rispetti la normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda la tutela degli habitat delle aree SIC interessati, anche affinché siano evitati danni alla salute, all'ambiente e allo sviluppo economico dell'intera area, vocata al turismo di qualità, che sarebbero causati dall'attività estrattiva e di produzione del cemento;
quali interventi di recupero ambientale e rinaturalizzazione siano praticabili al fine di salvaguardare l'ambiente nel rispetto dei livelli occupazionali e del diritto alla salute degli addetti alla produzione.
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MUSSI e CALZOLAIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa (quotidiano Il Tirreno del 30 settembre 2005) gli interroganti sono venuti a conoscenza che l'Agenzia Demanio ha intenzione di mettere in vendita a privati parti del patrimonio pubblico;
in particolare, nell'Arcipelago Toscano, si starebbe studiando la possibilità di vendere a privati i Fari del Ferraione (Isola di Capraia), di Fenaio (Isola del Giglio), di Giannutri (Isola di Giannutri) come aree alberghiere; i Fari di Polveraia (Isola d'Elba), di Capelrosso (Isola del Giglio) come ristoranti; il Faro di Palmaiola (Isola d'Elba) come centro di ricerca;
gli Enti Locali, sul cui territorio sono ubicati i fari interessati, non sono stati in alcun modo coinvolti, come peraltro si evince dalle prime dichiarazioni pubbliche dei sindaci;
l'Assemblea della Comunità Montana dell'Isola d'Elba e Capraia nei giorni scorsi ha espresso la propria posizione contraria al progetto ed ha espresso il proprio sconcerto per l'iniziativa;
i beni interessati dal progetto sono parte integrante della storia e della cultura del territorio, e sono ubicati in aree dichiaratamente vincolate e comprese nel Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano -:
quali siano chiaramente gli scopi del progetto dell'Agenzia del Demanio: se un'effettiva valorizzazione del territorio oppure una ricerca spasmodica di fondi, attraverso l'alienazione di beni del patrimonio pubblico;
per quale motivo non siano stati interessati gli enti locali: Comuni, Comunità Montana, Province e Regione Toscana;
quali immediate iniziative il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio intenda assumere affinché siano salvaguardati i beni oggetto della possibile vendita ai privati e quali garanzie siano fornite per evitare speculazioni di carattere edilizio e/o economico, che minerebbero profondamente un territorio unico dal punto di vista naturalistico-ambientale.
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