Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 692 del 20/10/2005
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Informativa urgente del Governo sull'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria dottor Francesco Fortugno e sulla situazione dell'ordine pubblico nella regione (ore 16,18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria dottor Francesco Fortugno e sulla situazione dell'ordine pubblico nella regione.
Dopo l'intervento del ministro dell'interno, onorevole Pisanu, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. È previsto un tempo aggiuntivo per il gruppo Misto.
Avverto che vi è stato uno scambio, concordato tra il gruppo di Forza Italia - ringrazio l'onorevole Vito - e il gruppo della Margherita, gruppo di appartenenza del dottor Francesco Fortugno. Pertanto, il primo gruppo ad intervenire sarà il gruppo della Margherita.
Prima di dare la parola al ministro dell'interno, vorrei esprimere ancora una volta alla signora Fortugno, a tutta la sua famiglia, al partito della Margherita e alla giunta regionale calabrese i sentimenti di cordoglio e di vicinanza della Camera dei deputati, che ricorda questo militante, questo dirigente di partito, questo esponente delle istituzioni, che ha sempre operato nella serietà e nell'interesse del bene pubblico. Credo, quindi, che sia giusto che la Camera dei deputati si associ ai tanti messaggi di cordoglio espressi in questi giorni (Applausi).

(Intervento del ministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dell'interno, onorevole Pisanu.

BEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Il Governo, signor Presidente della Camera, si associa con profonda convinzione alle parole di cordoglio che lei ha pronunciato a nome dell'Assemblea.
Francesco Fortugno, vice presidente del Consiglio regionale della Calabria, è stato ucciso alle ore 17,30 di domenica scorsa a Locri, nel seggio dove si stavano svolgendo le elezioni primarie dei partiti aderenti all'Unione.
L'assassino, a volto coperto, gli ha sparato cinque volte, colpendolo al torace e all'addome con proiettili calibro 9 per 19. Subito dopo si è allontanato, per un breve tratto a piedi e, poi, a bordo di un'utilitaria guidata da un complice.
I soccorsi sono stati immediati, ma purtroppo inutili.
Le indagini, subito avviate, sono condotte dagli organi investigativi territoriali della Polizia di Stato e dall'Arma dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Lunedì scorso mi sono recato a Reggio, dove ho tenuto un vertice con i responsabili delle forze dell'ordine provinciali, gli investigatori e i magistrati delle locali


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procure. Erano con me il capo della Polizia e i comandanti generali dell'Arma dei carabinieri a della Guardia di finanza.
Ho anche preso parte alla seduta straordinaria del Consiglio regionale e, a conclusione della visita, ho avuto un lungo colloquio con il presidente Loiero. Ieri, sulla base di mie direttive, il prefetto De Gennaro ha tenuto una prima riunione tecnica al Viminale, cui hanno preso parte i rappresentanti delle tre Forze di polizia. Domani ne presiederò personalmente un'altra, di carattere più risolutivo, alla quale interverranno i vertici delle forze dell'ordine e dei Servizi di informazione.
L'obiettivo di tali iniziative è di predisporre risposte non emotive, non eclatanti, ma fredde, dure e proporzionate all'inaudita gravità dell'offesa. A tempo debito, ne informerò il Parlamento. Voglio assicurare all'onorevole Fassino, che stamane ne ha fatto cenno, che sono consapevole della portata di questa minaccia criminale, delle sue diverse implicazioni e della grave sfida allo Stato che essa contiene. Nel frattempo, ho già disposto l'invio nel capoluogo calabrese di un gruppo di specialisti che stanno già collaborando alle indagini.
Posso aggiungere che mercoledì prossimo sarà a Reggio Calabria il nuovo procuratore nazionale antimafia, il dottor Piero Grasso, che assumerà il suo incarico solo ventiquattro ore prima.
Ho già avuto un primo contatto con il dottor Grasso, al quale ho manifestato la mia piena fiducia e ho assicurato la massima collaborazione da parte di tutta l'amministrazione dell'interno, proprio a partire dalla sua trasferta reggina della prossima settimana, nella quale sarà accompagnato dai capi dei servizi specializzati di tutte le Forze di polizia.
Informo, infine, che nella mattinata, in provincia di Reggio Calabria, la polizia ha arrestato 16 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Tutti i componenti del sodalizio criminale risultano contigui alla cosca Piromalli-Molè, egemone nella piana di Gioia Tauro. Altre analoghe iniziative mi aspetto a breve termine.
Le efferate modalità dell'assassinio dell'onorevole Fortugno, cittadino, professionista e uomo politico circondato da larghissima stima, non sembrano lasciare molti dubbi sulla sua matrice: si tratta di un omicidio di 'ndrangheta che ha per sfondo una Locride insanguinata dallo scontro fra le cosche dei Cataldo e dei Cordì. In quell'area, caratterizzata dalla presenza di numerose 'ndrine, capillarmente distribuite sul territorio, i due clan si contendono il controllo delle attività imprenditoriali, tra le quali spiccano quelle legate agli appalti pubblici e, soprattutto, al comparto sanitario.
Si è così determinato un crescendo di azioni intimidatorie e criminali a danno di operatori economici locali e di amministratori pubblici. A ciò deve aggiungersi il fatto che in questi ultimi tempi, nella fascia ionica della provincia di Reggio Calabria, la cattura di alcuni pericolosi latitanti ha creato vuoti di potere mafioso e conseguenti scosse di riassestamento, generando, a tratti, conflitti violenti. Si spiegano anche così i 23 omicidi commessi dal settembre dell'anno scorso in quella zona della provincia reggina.
Personalmente posso dire di non aver certo aspettato quest'ultimo atroce ed insopportabile delitto per richiamare l'attenzione sulla crescente pericolosità della 'ndrangheta, che è oggi la più radicata, la più potente e la più aggressiva delle grandi organizzazioni criminali italiane.
Cominciai tre anni fa, poco dopo aver assunto la responsabilità di Ministro dell'interno, in un'audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia; da allora, non ho mai smesso di occuparmene, facendo della questione calabrese l'oggetto, tra l'altro, di numerosi incontri con parlamentari di tutte le parti politiche, con amministratori locali, con qualificati esponenti del mondo economico e del lavoro.
Di fronte all'aggravarsi delle intimidazioni e degli attentati, nel luglio dell'anno scorso inviai in Calabria il vice Capo della Polizia e direttore centrale della Polizia criminale, prefetto De Sena. Questi, dopo un ampio giro di consultazioni, conclusosi


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a Catanzaro con una Conferenza regionale, mise a punto un complesso piano di interventi straordinari per potenziare il sistema di sicurezza nella regione.
Pochi mesi dopo, partecipai ad una riunione straordinaria del consiglio regionale, nella quale detti conto delle prime realizzazioni del programma. La sua attuazione è proseguita nei termini che fra poco riassumerò, dopo aver succintamente delineato le caratteristiche che - lo ripeto - fanno oggi della 'ndrangheta la più temibile organizzazione criminale di stampo mafioso operante nel nostro Paese.
La prima di queste caratteristiche è la grande capacità di adattarsi ai processi evolutivi della società globalizzata, mantenendo, nel contempo, il suo assetto arcaico e il ferreo controllo delle aree di origine, basato su intimidazioni, estorsioni, intromissioni nei più importanti settori economici e politico-amministrativi.
Forti di questa consolidata presenza sul territorio d'origine, dove hanno accumulato il capitale iniziale, molte delle vecchie leadership hanno sviluppato le proprie attività criminali anche in altre aree italiane, europee e di oltreoceano, dedicandosi all'imprenditoria illegale o paralegale e utilizzando ai loro fini tecniche e procedure sofisticate dell'economia e della finanza globale.
Tra le attività illecite, la più praticata e redditizia è il traffico della droga. I clan più potenti della 'ndrangheta si sono ormai imposti nelle piazze internazionali fino a controllare grandi flussi di importazione della cocaina dal Sud America in Europa. Essa ha così assunto un ruolo strategico negli affari illegali calabresi, nazionali e transnazionali, intrecciando progressivamente i suoi interessi con quelli dei gruppi narcos sudamericani, spagnoli, olandesi, albanesi, eccetera.
Gli utili vengono poi reinvestiti nel centro e nel nord d'Italia e, in maggiore misura, all'estero, nelle più svariate attività, ivi comprese quelle di intermediazione finanziaria sui paesi dell'Est europeo. La gestione delle attività minori sul territorio calabrese è, invece, delegata ai nuclei gregari che contendono aggressivamente le posizioni di preminenza e cercano di entrare nei circuiti più importanti degli appalti e della droga.
L'impatto sulla convivenza civile è devastante. Il condizionamento delle attività economiche è opprimente. Questa forma di criminalità organizzata non è più, dunque, un problema solamente calabrese. La dimensione dei suoi insediamenti e la sua proiezione internazionale ne fanno, al contrario, un grave problema per la sicurezza del nostro Paese.
Forte del suo familismo amorale, che, da un lato, la rende particolarmente coesa e, dall'altro, la contrappone alla società civile e allo Stato di diritto, la 'ndrangheta è, insieme, per sua stessa natura, fenomeno criminale e forza eversiva.
Di fronte a questo quadro, il rilancio da me voluto delle attività di prevenzione e contrasto ha prodotto risultati oggettivi che, lunedì scorso, dinanzi al consiglio regionale della Calabria, mi sono permesso di richiamare, non perché mi piacesse indulgere sull'ottimismo delle cifre smentite dai fatti, ma per sottolineare, soltanto per sottolineare che, in Calabria, lo Stato c'è e non ha alcuna intenzione di andarsene. Soprattutto, non se ne andrà la sua componente che, sino ad oggi, ha portato il peso maggiore di questa presenza: mi riferisco alle donne e agli uomini delle forze dell'ordine che, con grande professionalità e senso del dovere, hanno realizzato quei risultati. Ricordarli era ed è per me in primo luogo un atto di gratitudine nei loro confronti (Applausi).
Quei risultati, lo so bene, non bastano. E peraltro, se è vero che la sicurezza non è solamente un bene individuale e collettivo di valore assoluto, ma anche una condizione preliminare per il progresso economico e sociale, è altrettanto vero che da sola essa non fa sviluppo. È necessaria, ma non sufficiente.
Qui il discorso travalica sia le competenze del Ministero dell'interno, sia i compiti e le possibilità stesse dell'apparato statale, chiamando in causa le istituzioni locali, pubbliche e private, le associazioni, i singoli cittadini.


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Voglio, comunque, sottolineare che l'Amministrazione dell'interno ha cercato di farsi carico anche di questi aspetti, pur rimanendo, come è naturale, nell'ambito delle proprie missioni istituzionali.
Ricordo, in particolare, il Piano operativo nazionale per la sicurezza del Mezzogiorno, le cui attività sono funzionali, direttamente o indirettamente, allo sviluppo ed all'occupazione e rappresentano, a tutt'oggi, un esempio unico di utilizzazione dei fondi europei per la sicurezza, a tal punto che se ne profila la ripetizione in altri Paesi dell'Unione.
La realizzazione di questi progetti interessa massicciamente la Calabria, così come, su un altro piano, la interessano gli ingenti stanziamenti decisi dal CIPE un anno fa, quando furono destinati alle regioni, di cui all'obiettivo 1,288 milioni di euro per interventi multidisciplinari sulla sicurezza e si accelerò il programma di infrastrutture strategiche che destina una frazione rilevante delle risorse disponibili al monitoraggio degli appalti e dei cantieri.
La sicurezza è così entrata nell'ambito degli interventi straordinari per il Mezzogiorno. In questo quadro si sta ora realizzando il Piano di interventi, curato con encomiabile impegno dal prefetto De Sena.
Il Piano si articola in tre fasi, che sommariamente vorrei richiamare. La prima, di immediata attuazione, si è tradotta in una serie di misure urgenti per rafforzare il controllo del territorio, anche mediante la video-sorveglianza di centri urbani, grandi arterie ed insediamenti produttivi, e con l'istituzione di alcune tenenze dei Carabinieri, dell'ufficio della Polizia di frontiera a Lamezia Terme e di quello della Polizia marittima a Gioia Tauro.
La seconda fase, tuttora in corso, è incentrata sull'intensificazione delle attività informative e investigative e sull'aggressione sistematica ai patrimoni criminali della 'ndrangheta. In questo campo operano a Reggio Calabria ed a Catanzaro gruppi di lavoro tra Forze di polizia e DIA.
La terza fase prevede interventi a più lungo termine, basati essenzialmente sul coinvolgimento delle istituzioni locali nella realizzazione di progetti tecnologici e formativi rivolti all'innalzamento degli standard di sicurezza ed alla diffusione della cultura della legalità.
Come si vede, le linee di azione del Piano convergono tutte verso un solo obiettivo di fondo: l'affrancamento delle comunità locali e dei singoli cittadini dalla pressione criminale.
Parallelamente all'attuazione del programma, nel 2004 e nei primi otto mesi del 2005 è stata sviluppata una penetrante azione contro la ricchezza illecita, con il sequestro di 305 beni e la confisca di 464 proprietà.
A causa del condizionamento mafioso, risultano oggi sciolti i consigli comunali di Roccaforte del Greco, Calanna, Guardavalle, Isola di Capo Rizzuto e Nicotera, ma debbo anche dire che, negli ultimi tempi, sono cresciute in misura allarmante le pressioni e le minacce agli amministratori locali per piegarli a comportamenti illeciti. Molti onorano con coraggio le loro responsabilità democratiche e meritano riconoscenza e fattivo e incondizionato sostegno da parte soprattutto delle forze dell'ordine. Ma neppure questo può bastare.
L'azione dello Stato non basta se non convince i calabresi onesti a fare leva sulla loro coscienza civile per cambiare le cose: nell'amministrazione, nella politica, nell'economia, nella vita sociale.
Le forze dell'ordine, da sole, non possono sconfiggere la cultura del «qui non cambia niente», della rassegnazione all'illegalità, alla vendetta, alla morte; tanto meno, possono farlo le cosiddette leggi speciali.
Ho il massimo rispetto per la paura dei calabresi onesti. So quanto è difficile vincerla quando si vive in un tessuto sociale così intriso di omertà, condiscendenza, connivenza e complicità di ogni genere, anche di genere impensabile. Ma è proprio così che la 'ndrangheta soffoca la Calabria. Questo non è accettabile. Su questo non possiamo chiudere gli occhi.
A tutto questo, invece, possiamo reagire ogni giorno, ognuno per la sua parte, pubblica o privata che sia. Certo, a cominciare


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dai pubblici poteri: politica, magistratura e amministrazione. Il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine lo stanno già facendo e, vi assicuro, onorevoli colleghi, continueranno a farlo con crescente impegno di uomini e mezzi, in base alle più puntuali ed avanzate direttive che in queste ore si stanno elaborando.
Tutti insieme possiamo riaccendere la speranza civile della Calabria. È la speranza degli studenti di Locri, dei giovani imprenditori che, come Maurizio Mauro, si appellano allo Stato ma rifiutano il vecchio rivendicazionismo, dicendo testualmente: «Lo Stato siamo soprattutto noi calabresi, ed è innanzitutto da noi che deve partire non solo la risposta, ma anche il riscatto della nostra terra». Come non sentire in quelle parole la celebre esortazione di don Luigi Sturzo: «Il Mezzogiorno salvi il Mezzogiorno, la rinascita comincia da noi»? Non solo i giovani, ma tutti i calabresi onesti la seguano! Seguano il Presidente Ciampi quando li sprona a non darsi per vinti e a guidare la Calabria verso un futuro degno dei valori democratici del nostro tempo!
A noi, onorevoli colleghi, spetta il compito di aiutarli efficacemente. Credo che riusciremo a farlo se sapremo resistere alla tentazione di gettare anche la questione calabrese nel tritacarne delle pregiudiziali politiche e delle polemiche elettorali per concentrare, invece, i nostri poteri sulla ricerca e messa in opera delle soluzioni migliori a questo storico, drammatico problema.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 16,45)

BEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Ve lo chiedo con sincera convinzione, come ho fatto tutte le volte che mi avete chiamato per parlare di questioni che mettono a repentaglio la sicurezza e l'avvenire dei nostri concittadini. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega Nord Federazione Padana e di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

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