La seduta comincia alle 10,10.
VITTORIO TARDITI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Amoruso, Gentiloni Silveri, Intini, Siniscalchi, Stucchi e Trupia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Avverto che, secondo quanto annunciato nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, le Commissioni permanenti saranno convocate giovedì 20 ottobre prossimo, al termine delle votazioni antimeridiane in Assemblea, al fine di procedere al loro rinnovo biennale.
Avverto inoltre che il Parlamento in seduta comune è convocato, d'intesa con il Presidente del Senato, mercoledì 9 novembre 2005 alle ore 13,30 per procedere all'elezione di un componente del Consiglio superiore della magistratura, nonché dei giudici aggregati della Corte costituzionale.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6063 sezione 3), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 6063 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 6063 sezione 5).
Avverto, altresì, che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto inoltre che la Commissione bilancio non ha ancora espresso il parere di sua competenza.
Avverto infine che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,45.
PRESIDENTE. Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 6063 sezioni 1 e 2).
Il parere della Commissione bilancio sul testo è favorevole, a condizione che sia approvato l'emendamento 1.600 della Commissione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruggieri. Ne ha facoltà.
ORLANDO RUGGIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le prospettive del settore agroalimentare italiano nel medio e lungo periodo ci pongono di fronte a scenari preoccupanti. In Italia si prospetta, infatti, nel prossimo decennio un incremento della domanda alimentare e dei costi di produzione sensibilmente più alto di quello della produzione nazionale, con la conseguente maggiore presenza sul mercato italiano di beni di importazione. Di fronte a queste difficoltà strutturali sarebbe necessario per gli operatori poter disporre di un quadro di certezze in merito alle politiche seguite e alle decisioni normative.
Il provvedimento al nostro esame, invece, non risponde in alcun modo a questa esigenza, in quanto è fonte di ulteriori motivi di incertezza e di perplessità. Difatti, ancora una volta siamo chiamati a fronteggiare gli effetti di una crisi con un decreto-legge che non incide sulle cause che sono alla radice di questa crisi. Non penso che sia soltanto una banale coincidenza se per la terza o quarta volta il provvedimento viene denominato «Interventi urgenti in agricoltura», poiché effettivamente l'attività di questo Governo è stata prevalentemente finalizzata a fronteggiare le emergenze e gli effetti della crisi. Continua clamorosamente a latitare una vera politica agricola nazionale che con coraggio affronti alla radice questi fenomeni negativi.
Pur non volendo addentrarmi nelle linee della politica agricola nazionale, voglio soltanto accennare a due aspetti che mi sembrano assolutamente rilevanti. Mi riferisco al tema della competitività e a quello della commercializzazione dei prodotti delle imprese. Il primo risulta rilevante per la redditività delle nostre imprese, perché tutti sappiamo che bisogna produrre con qualità e che essa comporta costi non comprimibili, per quanto riguarda alcuni fattori di produzione come l'energia, il gasolio, le assicurazioni; tuttavia essi in qualche maniera possono essere ridotti attraverso virtuose e serie politiche dei fattori, intesi come segnali produttivi positivi in grado di diminuire tali costi.
Ad esempio, il costo del denaro in agricoltura è ancora troppo alto rispetto ad altri settori, così come è ancora troppo alto il costo della terra e quello del lavoro, riferito non allo stipendio dei dipendenti agricoli, ma agli oneri contributivi, assistenziali e previdenziali. Quindi, occorre impostare una politica dei fattori che sia
in grado di colpire i costi che mettono le imprese agricole italiane fuori mercato.
Accanto al tema della competitività, vi è quello della commercializzazione, pure determinante per la nostra agricoltura. Da questo punto di vista occorre dire che in questi quattro anni nulla si è fatto. Pertanto, è necessario avere regole chiare e trasparenti all'interno della filiera, poiché molto spesso la parte agricola è quella più debole nella fase di contrattazione. Dall'altra parte occorre coraggio per investire in infrastrutture di trasporto e logistiche.
La battaglia persa per l'ortofrutta nei confronti della Spagna, nostra diretta concorrente in Europa, è da ricercare proprio in questa debolezza, che ha permesso agli spagnoli di portare i propri prodotti sui mercati del nord Europa prima di noi, in modo più efficace e meno costoso.
Pertanto, due sono i temi in campo: competitività e commercializzazione. Su tali temi, per anni, abbiamo atteso invano una politica seria da parte del Governo, in grado di colpire le cause della crisi in agricoltura e non soltanto e sempre i suoi effetti disastrosi (con la concreta probabilità di andare incontro ad una nuova crisi agricola). Sappiamo bene che non vi sono risorse per continuare a fronteggiare tali crisi attraverso il ristoro dei danni causati agli agricoltori, con rimborsi e contributi economici; dunque, o si colpiscono le cause o la situazione attuale della finanza pubblica non permetterà di colmare le difficoltà di reddito delle imprese con interventi una tantum.
Nonostante il decreto-legge al nostro esame sia stato profondamente modificato dal Governo e dal relatore, l'opposizione, con un paziente sforzo, ha presentato importanti emendamenti, alcuni dei quali sono stati recepiti in sede di Commissione sia dal relatore sia dal Governo. Ne voglio brevissimamente ricordare qualcuno.
Mi riferisco all'emendamento sulla questione del conferimento, segnalato da tutte le cooperative, che hanno fatto presente come con il termine conferimento si intenda una fattispecie ben specifica, a cui bisognava aggiungere la vendita del prodotto, che differisce dal conferimento stesso. Mi riferisco inoltre a quello, sicuramente importante, che prevede da parte della grande distribuzione organizzata l'obbligo di destinare una percentuale significativa e prefissata della superficie degli scaffali destinati ai prodotti alimentari a quelli della regione su cui insiste il grande magazzino.
Si tratta di un tema che sicuramente andrà meglio contrattato a Bruxelles, perché potrebbe andare incontro ad obiezioni in merito alle regole di concorrenza interne del mercato europeo. Inoltre, tale norma dovrà essere applicata dalle regioni che hanno competenza esclusiva in materia di commercio. È ovvio che tale disciplina può essere applicata solo in assenza di normative regionali, tuttavia, a mio avviso, si tratta di un passo importante, perché il rapporto tra agricoltura e grande distribuzione organizzata oggi vede sicuramente la prima, unitamente ai suoi prodotti, in una situazione di debolezza e di inferiorità in termini di potere commerciale. Esiste una proliferazione dei prezzi che spesso porta alla triplicazione di quanto pagato al produttore agricolo o, in altri casi, nel settore dell'ortofrutta, addirittura a dieci volte tanto. Quindi, si tratta di un problema importante.
Abbiamo poi presentato alcuni emendamenti in materia di Corpo forestale dello Stato, uno dei quali in particolare interessa i parenti delle vittime appartenenti al personale di tale Corpo. La nostra è una proposta assolutamente legittima, volta ad equiparare questo organismo agli altri Corpi di polizia, al fine di sanare una ingiustizia. Vi è anche una proposta di carattere finanziario, volta a recuperare 10 milioni e mezzo di euro dalle disponibilità relative ai costi per allievi ufficiali non utilizzati per intero, che possono servire per sanare i bilanci del Corpo forestale dello Stato.
Ci attendiamo che il Governo fornisca una risposta positiva a queste proposte emendative, come in parte è già avvenuto in Commissione. Dobbiamo dare atto al Governo e allo stesso relatore di aver attentamente vagliato le nostre proposte ed in parte di averle anche recepite; rimane
però la nostra opposizione di fondo, soprattutto perché nel merito si tratta solo di interventi urgenti, che non colpiscono, come ho detto prima, le cause di questa crisi e che non hanno consentito di esaminare più a fondo il provvedimento. Se dovesse essere chiesta la fiducia, tali disposizioni tra l'altro non potrebbero essere oggetto di adeguata discussione e questa rappresenterebbe sicuramente l'ennesima occasione persa di confronto e di dialogo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se qualcuno fosse chiamato a dare una valutazione della forza e della capacità del Governo di centrodestra su questo decreto, ne dovrebbe subito dedurre che siamo al totale fallimento. E non solo perché, com'è stato già rilevato, si interviene sistematicamente con provvedimenti di urgenza che sono soltanto un intervento «tampone» rispetto alla malattia; ma anche perché non vi è né la capacità né, a mio avviso, la volontà politica di andare alla radice dei fenomeni ed attuare una politica generale che preceda le cause di quanto sta avvenendo in questo paese.
Il decreto-legge n. 22 del 2005, e poi la legge n. 71 del 2005, sono nati sulle strade statali: il primo sulla statale n. 106, il secondo sulla statale n. 98. Lì scattò la crisi di mercato del settore ortofrutticolo. Si discusse molto e si decise, in qualche modo, di «lanciare» la crisi di mercato, equiparandola ad una crisi di calamità, in ciò tenendo conto che in quella zona, la appulo-lucana, ma anche in Sicilia, agli anni di siccità (1999, 2000 e 2001), si aggiungeva un periodo di crisi di mercato. Le imprese erano in ginocchio. Fummo tutti quanti d'accordo che la soluzione della crisi di mercato poteva rispondere a quei problemi. Nel «pacchetto» complessivo aggiungeremmo quindi le modalità per intervenire sulle difficoltà nel rapporto tra imprese e banche e le modalità per intervenire sulle difficoltà in materia di contribuzione e fisco. Inoltre, nella legge n. 71 del 2005 furono in qualche modo inserite altre misure. Di fatto, quella legge si è fermata in Europa; allo stato, non ci è dato conoscere le ragioni per le quali gli effetti di quella legge sono stati bloccati.
Vi avevamo avvertito, in quella circostanza, che bisognava contrattare preventivamente con l'Europa, per tentare di capire se la crisi di mercato potesse essere «letta» come un aiuto improprio. Il Governo ci assicurò che l'Europa ci sarebbe venuta incontro su tale prospettiva. Così non è stato. Il Governo, oltre ad aver detto una bugia, rivela anche la sua incapacità di trattare con l'Europa sulla base di un rapporto di forza, e io aggiungo, sulla base di un rapporto di correttezza. La legge n. 71 del 2005 salta. E quegli imprenditori, prima illusi, poi scettici ed infine arrabbiati (questa è la escalation), sono ancora in attesa di capire come andrà a finire.
Sulla statale n. 98, poi, scoppia la questione dell'uva da vino, dell'uva da tavola. E in zone limitrofe, ma non solo (in Puglia, in Campania, ma anche in Toscana), scoppia la crisi del pomodoro. Questo Governo, invece di affrontare il nodo alla radice, propone un altro decreto. Ma questa volta si ipotizza di lasciar perdere la crisi di mercato e seguire la direzione di un meccanismo collaudato con l'Europa: l'aiuto de minimis.
Bisogna, a questo punto, sottolineare tre elementi in relazione all'intervento de minimis. Il primo: in relazione all'aiuto de minimis emerge anche un'ipotesi di «trascinamento» dalla legge n. 71 del 2005. Una prima domanda: perché si è detto che si vuole unificare sull'ipotesi de minimis alcune questioni legate alla citata legge n. 71 ed altre legate al decreto-legge n. 182 del 2005? Come dire: con questo aiuto, che al massimo raggiunge i 3 mila euro, ma che può essere di mille euro ad azienda, molto probabilmente abbiamo pagato la metà del salario di un addetto. Insomma, altro che imprese!
La seconda questione. Abbiamo comunicato i criteri? Ci sarà, di fatto, un albo
che ci consentirà di capire come sarà distribuito questo aiuto de minimis? I criteri sono stati comunicati in Europa o ancora una volta un secondo locomotore impazzito andrà a sbattere e fermarsi su un binario morto?
La terza questione. Già nel corso della seduta di ieri sono emersi grossi problemi di copertura finanziaria, problemi che, a mio avviso, si riproporranno anche oggi nel corso dell'esame degli emendamenti.
Noi abbiamo presentato emendamenti che sostanzialmente si indirizzano in due direzioni. In primo luogo, quella di disvelare tutte le contraddizioni che dalla legge n. 71 del 29 aprile 2005 al decreto-legge in esame sono sotto i nostri occhi. In secondo luogo, quella di individuare un percorso corretto nel rapporto con le regioni perché, ancora una volta, si sta invadendo, ad esempio per il settore del commercio, un campo di esclusiva competenza regionale. Si pone, quindi, per tale rapporto un problema di correttezza in ordine alle normative e alle leggi cosiddette concorrenti.
Pur condividendo alcune ragioni di fondo degli interventi previsti, siamo assai preoccupati perché mentre noi vogliamo che si prevedano interventi strutturali inseriti all'interno di una vera politica, quella dei piani di settore, la vostra politica, invece, quasi sicuramente condurrà alla nascita di conflitti tra i vari settori. Non sarà, infatti, improbabile prevedere che il settore ortofrutticolo dovrà competere con il settore vitivinicolo, e quest'ultimo vedersela con altri settori. Ciò avverrà perché, in primo luogo, manca una politica che metta assieme vari piani di settore, che ci consentirebbe una maggiore forza in sede di contrattazione in Europa. In secondo luogo, manca un costante monitoraggio tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e le regioni, tant'è che spesso al tavolo della Conferenza Stato-regioni, piuttosto che nascere soluzioni, nascono conflitti tra poteri complementari sui quali è chiamata ad esprimersi la Corte costituzionale.
Noi riteniamo che, se non c'è rispetto in ordine ai meccanismi di contribuzione, di fiscalità e di quelli all'interno dei quali le filiere lunghe penalizzano di fatto i produttori, se cioè non agiamo con spirito costruttivo nel prevedere un intervento organico, finiremo per trovarci di fronte, di volta in volta, ad emergenze e ad occupazioni di strade. Una situazione quest'ultima che rischierà di sfuggire di mano a tutti, comprese le organizzazioni professionali.
Invito poi i responsabili del Ministero, che in questo provvedimento ci propongono di articolare meglio le forme di controllo sulla filiera dei prezzi - cosa che ci trova perfettamente d'accordo e sulla quale noi da tempo abbiamo denunciato il fenomeno delle lobby e qualche volta anche delle organizzazioni malavitose nel momento in cui dal produttore al mercato i prezzi schizzano verso l'alto - a prevedere anche appositi strumenti sanzionatori. Con i nostri emendamenti, in qualche modo, li abbiamo proposti, non senza indicare anche strumenti in grado di esercitare una funzione deterrente. In Commissione ne abbiamo parlato: far scattare accertamenti fiscali nei confronti dei punti vendita nei quali i prezzi schizzano verso l'alto può essere un elemento di deterrenza che potrebbe coadiuvare la volontà di controllare la filiera dei prezzi.
Onestamente, non so prevedere come procederà l'esame del decreto-legge; più specificamente, non so se, lungo il percorso, emergeranno difficoltà di copertura finanziaria e se sarà possibile approvare alcuni degli emendamenti che noi abbiamo presentato. A tale proposito, debbo correttamente riconoscere, qui in Assemblea, che il relatore si è dimostrato, in Commissione, disponibilissimo al dialogo.
Se dialogo non vi sarà e se alle nostre orecchie arriverà voce del ricorso alla posizione della questione di fiducia, ancora una volta perderemo l'occasione per quel confronto da tutti invocato in quest'aula ed i nostri produttori agricoli capiranno che, per questa maggioranza, l'agricoltura è una cenerentola alla quale si guarda sbagliando spesso le diagnosi e, di conseguenza, prescrivendo le terapie
sbagliate! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Onorevole Presidente, siamo al terzo, forse al quarto provvedimento messo in campo dal Governo per tentare di fronteggiare la crisi, le emergenze del comparto agricolo. È una caratteristica dell'Esecutivo di centrodestra quella degli interventi tampone: per le calamità naturali, per le crisi di mercato e, oggi, per le difficoltà del settore vitivinicolo.
Non c'è un disegno complessivo, non c'è una visione strategica capace di ricercare le cause ed i limiti dei problemi, di delineare una nuova frontiera dell'innovazione produttiva orientata sempre più verso la qualità, di pensare a processi nuovi di commercializzazione e, in definitiva, ad un'agricoltura orientata verso la realizzazione di una filiera alimentare moderna che metta insieme la produzione, la trasformazione e la commercializzazione.
Questo Governo non ha alibi per ciò che non ha fatto! Pur avendo avuto cinque anni a disposizione ed una larga maggioranza, ha assunto decisioni ricorrendo spesso al voto di fiducia. Anziché elaborare un piano agricolo nazionale serio, capace di assicurare redditività, il Governo si è limitato a fare grandi proclami per bocca del ministro ed interventi parziali, parcellizzati, settoriali, che presentano un comune denominatore: la totale inattuazione! Infatti, il decreto-legge n. 22 del 28 febbraio 2005, convertito dalla legge n. 71 del 29 aprile 2005, recante interventi urgenti nel settore agroalimentare è fermo presso la Commissione europea, in attesa di un «via libera» che è ben lontano.
Il Governo non sta producendo alcun impegno serio per rimuovere gli ostacoli e per avere certezze circa la praticabilità degli strumenti e l'utilizzazione delle risorse. Ciò che più è grave è che non viene applicata nemmeno la cosiddetta legge omnibus, il primo intervento varato dal Governo. Dopo anni dall'approvazione di norme che vennero presentate dal Polo di centrodestra come risolutive rispetto ai problemi dell'agricoltura, l'agricoltura meridionale, in particolare, ha subito non soltanto il danno, ma anche la beffa! In quella legge si prevedeva il ripianamento debitorio con il concorso degli interessi dello Stato. Ebbene, coloro i quali hanno chiuso i mutui, stanno pagando a tasso corrente, quindi, senza alcuna agevolazione da parte dello Stato. La legge parlava di risarcimento per i danni subiti a causa delle calamità naturali. Ebbene, non c'è stato un solo produttore che abbia ricevuto l'indennizzo. La legge affermava l'esenzione per i pagamenti richiesti dai consorzi di bonifica. Ebbene, i produttori, nei giorni scorsi - altro che esenzione! -, hanno ricevuto l'ingiunzione di pagamento.
Con questo decreto-legge si fa di peggio. Le risorse sono largamente insufficienti e non sono neanche nuove; esse provengono dal decreto legge 28 febbraio 2005, n. 22. Si tratta, precisamente, dei fondi predisposti per la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e per interventi indennizzatori per le imprese riconosciute in uno stato di crisi.
Il Governo utilizza il sistema dei vasi comunicanti: illude tanti produttori, ma le risorse passano da un provvedimento all'altro, con il risultato finale che non arriveranno mai nelle tasche dei produttori agricoli.
Signori del Governo, colleghi della maggioranza, se non ci fosse da piangere, sicuramente ci sarebbe da ridere (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)! Il quadro è particolarmente preoccupante. Lo stato di crisi dei diversi comparti sta determinando una grave difficoltà economica. Con la crisi, si ha il fallimento di numerose aziende, con ripercussioni sociali - la perdita di tanti posti di lavoro - e con danni ambientali per l'abbandono delle campagne e le conseguenti desertificazioni territoriali.
Noi ci batteremo anche nel corso dell'iter parlamentare di questo provvedimento per dare un contributo concreto
alla definizione di una strategia complessiva che consenta di superare la logica dell'emergenza e che possa delineare una prospettiva di reale cambiamento del settore agricolo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, vedo che attorno a questo decreto-legge si è creata molta confusione, e probabilmente l'assenza in quest'aula del ministro e dei sottosegretari del Ministero delle politiche agricole e forestali, che non vedo...
FILIPPO MISURACA, Relatore. Motivi fisiologici!
ALDO PREDA. Non li vedo, non so dove siano, Misuraca! In ogni caso, non sono in aula ad ascoltare. Credo che la loro assenza sia la dimostrazione dell'estrema confusione che c'è su questo decreto-legge. Correttezza vorrebbe che almeno un sottosegretario del Ministero delle politiche agricole e forestali fosse in quest'aula ad ascoltare gli interventi che svolgiamo. Credo sia un atto scorretto da parte dei rappresentanti di tale ministero.
Quello in esame è stato annunciato come un provvedimento importante. Il testo presentato dal Governo faceva riferimento ad accordi da sottoscrivere da parte del Ministero delle politiche agricole e forestali e dei presidenti delle regioni. I soggetti erano i produttori agricoli di uva da vino. Sullo sfondo c'era l'accordo sottoscritto dal ministro e pubblicizzato attraverso tutti i media, dalle televisioni ai giornali, dopo le manifestazioni in Puglia dei produttori agricoli.
Ma noi abbiamo un Governo - lo abbiamo visto nella gestione di questo decreto-legge - incapace di disegnare futuri scenari nei quali collocare la politica agricola di questo paese. Il testo che discutiamo oggi in quest'aula è completamente diverso da quello presentato dal Governo.
Il relatore, peraltro abilmente, ha profondamente corretto il testo in esame, a volte opportunamente, e ringrazio, al riguardo, anche il sottosegretario Delfino, che siede ai banchi del Governo; quest'ultimo ha quindi presentato una serie di dieci proposte emendative correttive, successivamente annunciando il ritiro di alcune di esse (ed effettivamente ritirandone una parte). Un tale modo di legiferare non è serio; peraltro, non si tratta dell'unico caso verificatosi nel corso dell'iter dei decreti adottati in materia agricola, decreti che normalmente, proseguendo il loro percorso legislativo, si trasformano in provvedimenti omnibus, profondamente modificati rispetto alla versione originaria.
Ho rilevato come manchi lo scenario nel quale muoversi; ebbene, il decreto in esame sconta tale mancanza di disegno politico del Governo e del Ministero delle politiche agricole e forestali su un tema che è essenziale per l'economia del nostro paese. Ritengo che dobbiamo avere il coraggio di delineare gli scenari futuri tenendo conto dell'andamento generale dell'economia mondiale e dell'evoluzione di quella italiana, e tenendo altresì conto delle tendenze del settore agricolo, soprattutto a fronte della nuova PAC. Non possiamo intervenire sui problemi posti con la nuova PAC attraverso la nota inviata dal Ministro delle politiche agricole e forestali in data 12 ottobre 2005, la quale reca l'indicazione, in maniera vaga e generica, di un piano straordinario per la ristrutturazione delle filiere agroalimentari. Ritengo che dobbiamo, invece, tener conto sia dell'andamento dei prezzi mondiali, sia degli scambi internazionali, sia del progresso tecnico nei settori economici.
Secondo le ultime analisi condotte da un istituto legato al Ministero delle politiche agricole e forestali (l'ISMEA, istituto che effettua studi interessanti, che immagino il sottosegretario o il ministro, normalmente, non leggano), è possibile ipotizzare, nell'arco dei prossimi dieci anni, per la maggior parte dei prodotti agricoli, una riduzione dei divari dei prezzi vigenti in seno all'Unione europea rispetto a quelli mondiali, con un allineamento tendenziale
dei primi ai livelli più bassi dei secondi. Ciò accadrà per effetto non solo dell'integrazione commerciale dei paesi dell'est europeo nell'Unione, ma anche delle politiche di riduzione del sostegno di mercato da parte della Commissione europea; ne seguiranno inevitabilmente una serie di cambiamenti nell'economia e nelle produzioni agricole italiane.
L'Italia, infatti, è un paese grande per alcuni prodotti agricoli e ciò implica che il prezzo nazionale sia determinato in modo endogeno, secondo i livelli di domanda e offerta presenti nel mercato interno. Ritengo che il problema vada valutato urgentemente, perché altre crisi avanzano, proprie appunto di un grande paese: il bene nazionale ed il bene importato, fortunatamente, non sono sempre perfettamente sostituibili, e quindi i loro prezzi sono differenti; ma per alcune produzioni agricole importanti l'Italia, rispetto all'Europa, è un paese piccolo, e ciò implica che il prezzo interno non dipenda dalle condizioni del mercato interno ma sia, invece, fissato a livello europeo.
Il mondo agricolo, oggi, ha bisogno di certezze, di programmazione, di prospettive; bisogna essere consapevoli del fatto che il quadro sopra esposto delinea forti momenti di crisi. Infatti, la nostra produzione agricola per l'80 per cento è di commodities: non solo il grano e il mais, ma anche altre produzioni, una volta proprie della tradizione agricola del nostro paese e di nicchia (ovvero di alta qualità), oggi sono diventate produzioni di commodities. Ciò significa che risentiremo fortemente dei prezzi del mercato europeo; le emergenze in alcuni settori esistono già, abbiamo vissuto quella dell'ortofrutta ed ora attraversiamo quella dell'uva da tavola e del vino.
Abbiamo un andamento dei prezzi che, a seconda delle stagioni e degli anni, arrecherà danni ai produttori agricoli o ai consumatori, oppure a tutti e due, come è accaduto quest'anno.
Vorrei ricordare che le proposte emendative che abbiamo presentato in Commissione, nonché la discussione che abbiamo cercato di sviluppare in quella sede (e che riproponiamo anche in Assemblea), prendevano in considerazione tale scenario. Infatti, se non teniamo presente lo scenario attuale, difficilmente riusciremo a varare un provvedimento che non rappresenti un semplice intervento tampone.
L'articolo 1 del decreto-legge in esame, nel testo originariamente presentato dal Governo, rappresenta l'esempio della notevole confusione esistente. Attraverso tale articolo, infatti, l'Esecutivo intendeva, ed intende tuttora, individuare la copertura finanziaria degli interventi a sostegno del settore vitivinicolo nelle risorse destinate al settore ortofrutticolo dal decreto-legge n. 22 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 71 del 2005.
L'individuazione di tale fonte di copertura ha fatto sorgere, naturalmente, una serie di interrogativi. Che fine farà, ad esempio, la legge n. 71 del 2005? Vorrei ricordare che tale provvedimento è sottoposto ad una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. Tale legge stabiliva un principio importante, quello delle crisi di mercato, ma attualmente è sotto osservazione a livello comunitario.
Sorge, inoltre, un'altra domanda: che fine farà tale provvedimento, dal momento che si sta procedendo a «svuotarlo», utilizzando in modo difforme le risorse finanziarie per esso stanziate? Ci è venuto in mente un altro interrogativo: che fine faranno le istanze presentate dai produttori agricoli alla regione sulla base della stessa legge n. 71 del 2005?
Vorrei segnalare che abbiamo sollevato altri problemi. Pensiamo che gli aiuti de minimis possano veramente far uscire dalla crisi il settore vitivinicolo o altri comparti agricoli in difficoltà? Gli aiuti de minimis possono veramente stabilizzare i comparti in crisi e sostituire interventi capaci di esercitare un'azione strutturale ed organica? Non pensiamo che sia così; credo occorrerà riflettere su tali aiuti, poiché hanno bisogno di una disciplina generale. Occorre individuare, infatti, criteri che regolamentino la ripartizione del plafond nazionale tra i diversi settori.
Abbiamo segnalato altri problemi irrisolti, ma non abbiamo ricevuto risposte.
Vorrei evidenziare, infatti, che la legge n. 71 del 2005 non ha superato i rilievi formulati dalla Commissione europea in merito alla compatibilità con l'ordinamento comunitario. Ed il decreto-legge in esame? Sono stati compiuti accertamenti a livello europeo?
Ebbene, vorrei ricordare che, dopo avere sollecitato la trasmissione, a livello comunitario, del provvedimento in esame, pochi giorni fa il sottosegretario di Stato ci ha riferito, in Commissione agricoltura, che lo stesso è stato inviato all'Unione europea. A nostro avviso, tuttavia, non è sufficiente inviare all'Unione europea il testo di un provvedimento, poiché occorrerà anche discuterlo nell'ambito del quadro più generale dei rapporti comunitari; oggi, però, a livello europeo siamo estremamente deboli!
Allora, non vorrei trovarmi di fronte ad un'ulteriore operazione illusionistica, poiché, in questi ultimi tempi, abbiamo assistito a numerose operazioni di questo tipo, come il ministro competente che va a fare il sindacalista dei produttori del comparto dell'ortofrutta, del vino e dell'uva! Si tratta di operazioni illusionistiche, compiute sia dal Governo, sia dal ministro Alemanno, che suscitano un'ovvia aspettativa in ordine all'adozione di interventi di grande rilievo, attraverso promesse che alimentano speranze.
Alla fine, tuttavia, ci troviamo di fronte al «gioco delle tre carte »: i finanziamenti sono sempre i medesimi e «girano» da una legge all'altra, reperendo dal provvedimento precedente le risorse necessarie a finanziare l'ultimo provvedimento! Poi, si addebita la colpa a qualcuno: probabilmente, all'Unione europea o alle regioni!
L'articolo 1-ter del decreto-legge in esame prevede, altresì, interventi in relazione alla crisi del settore ortofrutticolo. Mi domando, tuttavia: si tratta del piano ortofrutticolo nazionale? È possibile, di fronte agli scenari abbastanza complicati determinati dai mercati, dalla situazione economica e dall'andamento dei prezzi internazionali, non avere un piano ortofrutticolo nazionale in presenza di una crisi di settore, oppure un piano vitivinicolo nazionale, sempre con il settore in crisi?
Possiamo continuare a procedere con provvedimenti tampone? Non credo che sia questa la strada giusta. Cito solamente alcuni articoli del provvedimento in esame. L'articolo 2, così come è stato formulato dal Governo - anche se il relatore ha tentato alcune correzioni - è fumo negli occhi. Onorevoli colleghi, l'articolo 2 è relativo alla formazione ed al controllo dei prezzi, ma il Governo sa come si formano i prezzi delle produzioni agricole nel nostro paese? Come si formano i prezzi nei mercati generali o nella grande distribuzione? Come si formano i prezzi nella piccola distribuzione, a volte in maniera difforme dalla grande distribuzione? Credo che la grande scommessa delle aggregazioni e delle filiere organizzate poste in essere dai produttori, anche in questo caso, possa rappresentare la carta vincente.
I nostri emendamenti, che abbiamo presentato in Commissione e riformulato in Assemblea, si pongono - e vi pongono - una serie di problemi, quali quello dei futuri scenari, dello stato di crisi - grave - di alcuni settori agricoli, della regolamentazione delle produzioni agricole e della ristrutturazione delle filiere. I nostri emendamenti, in altre parole, indicano una strada difficile, ma che deve essere percorsa, altrimenti i provvedimenti continueranno ad essere adottati solo a seguito delle occupazioni delle autostrade, delle strade, degli aeroporti o delle ferrovie e rimarranno provvedimenti tampone, che non consentono di uscire dalla crisi.
Credo che la nostra agricoltura si possa risollevare solo se la si ristruttura, se si fa una grande scommessa sulle aggregazioni, ossia se cambia, perché deve cambiare. Credo che la nostra agricoltura potrà cambiare solo quando vi sarà un ministro - o un sottosegretario - diverso al banco del Governo e noi potremo esprimere un nostro ministro dell'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
LORENZO RIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, che propone altri e nuovi interventi urgenti - gli ennesimi interventi urgenti in agricoltura - dimostra chiaramente come la politica del Governo e della maggioranza si caratterizzi per la ripetuta adozione di disposizioni urgenti che tentano di rimediare agli effetti della situazione di crisi, ma senza alcuna capacità di rimuoverne le cause organiche e fondamentali. L'iniziativa primaria di questo Governo, negli ultimi anni, è stata prevalentemente finalizzata a fronteggiare le emergenze e gli effetti delle crisi. È risultata assolutamente assente, invece, una politica agricola nazionale capace di individuare le ragioni vere delle diverse crisi. Da ciò consegue che le risorse disponibili sono sempre insufficienti a fronteggiare la proliferazione delle situazioni di difficoltà e, al tempo stesso, le misure poste in essere si rivelano di limitata incisività, non essendo cioè riconducibili ad alcun disegno strategico coerente e lungimirante.
L'agricoltura italiana vive da tempo un lungo e complesso processo di crisi strutturale, che sta provocando - e, in alcuni casi, ha già provocato - il dissesto del settore. L'apertura dei mercati, l'aumento dei costi di produzione, il controllo della grande distribuzione sui prezzi al consumo, insieme a molti altri fattori negativi, hanno messo in ginocchio ciò che una volta era, soprattutto nel Mezzogiorno, un settore fondamentale dell'economia.
Noi, in questa delicata materia, riteniamo necessario recuperare la concezione ed il ruolo primario del settore agricolo ed agroalimentare. Conformemente a tale obiettivo, che resta, soprattutto per il Mezzogiorno, la stella polare delle nostre scelte, rileviamo l'inadeguatezza del decreto-legge in discussione non solo ad affrontare le emergenze del settore, ma anche - e soprattutto - ad operare in un quadro di riferimento capace di intervenire efficacemente con azioni coerenti ed ordinate in un disegno strategico.
Nel nostro paese la quasi totalità dei comparti agricoli sta mostrando serie situazioni di difficoltà e di crisi. Il settore vitivinicolo, che fino all'anno scorso ancora dimostrava sufficienti livelli di redditività, oggi avverte gravi preoccupazioni. Peraltro, si confermano le crisi del comparto bieticolo-saccarifero, dei pomodori e dell'ortofrutta, così come del settore lattiero-caseario. Si pensi, infine, agli enormi problemi che sta attraversando il comparto della floricoltura italiana.
Dunque, è innegabile che in Italia l'agricoltura non garantisce alle imprese una redditività sufficiente sia per ragioni di competitività sia per ragioni connesse alla commercializzazione dei prodotti, a causa dell'aumento spaventoso dei costi di produzione e della diminuzione dei consumi.
Anche con il decreto-legge in esame, come già più volte è accaduto nel recente passato, vengono posti in essere semplici interventi emergenziali che, per di più, rischiano di rimanere inattuati e di tradursi in una profonda delusione per gli operatori interessati. Dunque, con questo ennesimo decreto-legge, si cerca di lenire gli effetti disastrosi delle crisi, con la probabilità di andare incontro ad una nuova crisi agricola.
Sappiamo che non vi sono risorse per continuare a fronteggiare tali crisi attraverso il risarcimento dei danni causati agli agricoltori, con rimborsi o contributi economici. Dunque, o si colpiscono le cause profonde, o la situazione attuale della finanza pubblica non permetterà di colmare le difficoltà di reddito delle imprese con interventi una tantum.
Alle questioni di carattere generale cui ho fatto riferimento e che sono di netta contrarietà al provvedimento, si accompagnano quelle relative al merito specifico del provvedimento in esame. In primo luogo, il decreto-legge, nella sua impostazione originaria, faceva riferimento ai produttori di uva da vino che conferivano il prodotto ai trasformatori. Sullo sfondo, infatti, vi era l'accordo raggiunto dopo le manifestazioni che avevano infiammato, la scorsa estate, la Puglia. Tale accordo prometteva
ai produttori di uva da vino 80 milioni di euro, sottratti, ovviamente, a quanti avevano presentato domanda per le provvidenze recate dall'articolo 1 del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito dalla legge n. 71 del 2005.
Sappiamo, infatti, che non solo la citata legge n. 71 è stata bloccata in sede comunitaria, ma si è ritenuto di prelevare da quella legge le risorse necessarie per finanziare il decreto-legge oggi in discussione.
Si è evidenziato da più parti che ciò potrà produrre effetti negativi sugli agricoltori che già avevano presentato le domande e i documenti per la certificazione della crisi di mercato sulla base della legge n. 71 del 2005 e che avevano già ottenuto dalle regioni la certificazione di tale mancato reddito. A questo proposito, all'interno del presente decreto-legge si prevede di recuperare tale situazione con l'aiuto nei limiti del de minimis di 3 mila, 2 mila e mille euro, a seconda dell'estensione aziendale, e di applicare tale aiuto anche ai produttori di uva da vino. Appare evidente che non si tratta di cifre minimamente sufficienti a permettere alle imprese di resistere e di superare il periodo di crisi.
Risulta chiaro, a questo punto, che il decreto-legge n. 22 del 2005, come convertito dalla legge n. 71 dello stesso anno, è dichiarato ormai morto, senza cioè la possibilità che da esso derivi alcun effetto reale. Ciò è determinato principalmente dalla debolezza e dallo scarso credito con cui il Governo italiano ha condotto i negoziati a livello comunitario. Anche in sede di Conferenza Stato-regioni si erano proposti alcuni miglioramenti alla legge n. 71, al fine di consentirne l'approvazione da parte della Commissione europea. Tutto questo non ebbe esito ed, infatti, la legge n. 71 è stata bloccata proprio in sede comunitaria.
Tengo a precisare che tali accorgimenti in riferimento agli aspetti di compatibilità comunitaria non sono stati tenuti in considerazione neppure in questa sede. Pertanto, anche tale decreto-legge rischia nuovamente di incontrare problemi seri a Bruxelles. È evidente, a questo punto, che il problema dell'efficacia dell'intervento in esame riguarda l'aspetto delle certezze e della sicurezza del mondo imprenditoriale. Anche in questo caso il rischio dell'incompatibilità comunitaria risulta essere troppo forte ed anche ora si potrebbe giungere all'abrogazione tacita degli effetti del presente decreto-legge dopo la sua conversione.
Sempre dal punto di vista del merito del provvedimento, va sottolineato un problema di dettaglio, già ricordato in sede di discussione sulle linee generali. Al comma 2 dell'articolo 1, alle lettere a), b) e c), si gradua l'intervento sui de minimis indipendentemente dal tipo di cultura, quindi senza alcun legame con la qualità del prodotto. Ancora una volta, perciò, i finanziamenti sono distribuiti a pioggia senza essere finalizzati ad aziende e colture specifiche. D'altra parte, anche le regioni possono concedere aiuti in de minimis e, dunque, la disciplina dettata dallo Stato in materia di competenza esclusiva delle regioni, in quanto aiuto senza alcuna forma di concertazione con le regioni stesse, potrebbe realizzare una nuova forma di invasione delle competenze regionali e potrebbe aumentare il contenzioso costituzionale tra lo Stato e le regioni. È auspicabile, quindi, che il Governo consegua l'intesa con le regioni su tale materia per poi introdurre, con un decreto ministeriale, norme di applicazione per gli aiuti in de minimis.
Sostanzialmente, consideriamo questo decreto-legge al di sotto di ogni esigenza. Per tale ragione, abbiamo presentato una serie di emendamenti tesi a disegnare un quadro coordinato di azioni strategiche per lo sviluppo del settore agricolo, intervenendo sui problemi pressanti dell'emergenza, ma anche inquadrando ogni proposta urgente all'interno della visione generale che vorremmo contribuire a costruire a vantaggio dell'economia nazionale e dei redditi collegati all'agricoltura.
Tutta l'opposizione ha presentato numerose ed importanti proposte modificative al testo operando in maniera assolutamente
costruttiva sul decreto-legge in esame, nonostante la situazione del tutto particolare che sta vivendo il nostro Parlamento per la riforma della legge elettorale imposta a questa Assemblea dalla maggioranza.
Molte modificazioni al testo originario sono state accolte in sede di Commissione sia dal relatore, sia dal Governo. Innanzitutto, l'emendamento relativo al problema del cosiddetto conferimento, segnalato da tutte le cooperative, che hanno fatto presente come, con tale termine, si intenda una fattispecie ben specifica a cui bisognava aggiungere la vendita del prodotto, che differisce dal conferimento tout court.
Inoltre, ritengo molto importante la proposta emendativa, con la quale si prevede l'obbligo, per la grande distribuzione organizzata, di riservare una percentuale significativa e prefissata della superficie degli scaffali destinati ai produttori alimentari a quei prodotti della regione su cui insiste il grande magazzino. Si tratta di un tema che sicuramente andrà meglio contrattato in sede comunitaria, anche perché potrebbe anche in questo caso contrastare con le regole di concorrenza interna del mercato europeo. Tale norma, peraltro, dovrà essere applicata dalle regioni, che hanno competenza esclusiva in materia di commercio; pertanto è ovvio che essa troverà applicazione soltanto in assenza di normative regionali ad hoc già in vigore o eventualmente già predisposte ed approvate.
Ritengo tuttavia che questo sia un passo importante, proprio perché l'agricoltura, nel rapporto con la grande distribuzione organizzata, si trova in una situazione di evidente debolezza ed inferiorità in termini di potere commerciale. È comunque chiaro che questa riformulazione proposta dal Governo ha colto il senso delle proposte emendative da noi presentate - che pertanto abbiamo ritirato -, nonostante debba essere affrontato seriamente il rapporto con l'ordinamento regionale.
Numerose proposte emendative sono state poi presentate in materia di Corpo forestale dello Stato, tra le quali una in particolare interessa i parenti delle vittime appartenenti al personale di tale Corpo. La nostra proposta è volta ad equiparare questo organismo agli altri corpi di Polizia. Si tratta di una misura assolutamente legittima, che mira a sanare un'ingiustizia palese nel rapporto con le altre Forze armate. Vi è poi anche una proposta di carattere finanziario, volta a recuperare 10 milioni di euro dalle disponibilità relative ai corsi per allievi ufficiali.
PRESIDENTE. Onorevole Ria, la invito a concludere.
LORENZO RIA. Concludo dicendo che abbiamo presentato anche proposte emendative per la riduzione delle accise, con riferimento al costo dei carburanti, per il settore vitivinicolo e per quello florovivaistico. Ci attendiamo quindi che il Governo fornisca una risposta positiva a tali proposte emendative. Gli agricoltori, i quali avrebbero bisogno di certezze e di indicazioni strategiche, si trovano di fronte ad un provvedimento che contiene soltanto promesse prive di riscontro nella realtà e che ha un mero effetto di annuncio e di propaganda.
Il Governo e la maggioranza dovrebbero dimostrarsi capaci di definire con chiarezza il quadro delle risorse disponibili e le linee di azione prioritarie, che intendono attuare, piuttosto che prevedere misure estemporanee ed estranee ad una strategia coerente di intervento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Ci troviamo, come sempre, a discutere di provvedimenti che danno la sensazione, anzi la certezza, di determinare nel nostro paese una condizione di grande difficoltà.
LELLO DI GIOIA. Lo stiamo verificando anche con questo decreto-legge in materia di agricoltura, che dovrebbe rappresentare in buona sostanza l'occasione per una discussione complessiva sui problemi che investono la nostra agricoltura e in modo particolare, consentitemi di dirlo, quella del Mezzogiorno d'Italia.
Il dato è che, con il provvedimento in esame, non si danno risposte all'agricoltura e tanto meno ai produttori agricoli per il semplice motivo che, come sostenuto dai colleghi del centrosinistra, siamo di fronte ad una normativa contraddittoria ed insufficiente che ha ingenerato aspettative che non verranno soddisfatte: infatti i fondi stanziati vengono semplicemente spostati da un capitolo ad un altro, anzi, per essere chiari, da un provvedimento ad un'altro.
L'agricoltura sta vivendo un periodo particolare, sia perché non vi sono le condizioni per una riconversione agricola, sia perché all'interno del nostro paese si stanno sistematicamente registrando situazioni, anche di carattere naturale, che stanno causando in misure incisivo l'abbassamento del reddito agricolo.
In tale contesto, sarebbe stata opportuna la predisposizione da parte del Governo di un piano organico per fornire risposte certe e serie al mondo agricolo ed ai produttori e, quindi, fare in modo che l'agricoltura divenisse di fatto un momento importante per la produzione del reddito nonché per l'occupazione.
Il dato vero è che le nostre campagne si stanno spopolando e che i giovani non si interessano più all'agricoltura, perché, di fatto, le aziende stanno vivendo una situazione di grande sofferenza finanziaria. Questo Governo non sta predisponendo un intervento capace di rideterminare certe condizioni di reddito e, quindi, di dare prospettive all'agricoltura, ai produttori nonché ai giovani che potrebbero trovare occupazione in questo settore.
È pertanto necessario discutere della questione con grande impegno e responsabilità. Il centrosinistra, anche rispetto a tale provvedimento, nella Commissione di merito ha tentato di porre all'attenzione del Governo i problemi che emergono nel mondo agricolo; per tutta risposta, vi è stato un atteggiamento negativo, anche se devo sottolineare, con grande onestà, che il testo del decreto-legge è stato totalmente modificato, perché il relatore si è reso conto che lo stesso non rispondeva agli impegni assunti e, soprattutto, alle aspettative del mondo agricolo e dei produttori.
Abbiamo visto cosa è accaduto qualche mese fa in alcune realtà del nostro paese. Mi riferisco, per esempio, alla Puglia, alla Calabria ed alla Campania dove i produttori sono scesi in piazza con forza relativamente alle questioni dell'uva e del pomodoro! Già precedentemente, in queste realtà del Mezzogiorno, si sono registrate situazioni di grande difficoltà. Mi riferisco alla problematica dell'olio (avvertita lo scorso anno) e della barbabietola da zucchero (si tratta di una questione che è stata avvertita negli anni passati, quest'anno e che, probabilmente, si riproporrà nel prossimo futuro).
Si tratta di un problema che si verificherà e che, già oggi, il mondo agricolo sta contestando con grande forza; infatti, diversi stabilimenti di produzione dello zucchero stanno chiudendo, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia. E il Governo, come risposta a tali problemi, pone in contrapposizione gli stabilimenti del sud, ad esempio quello di Termoli e quello di Foggia. Questa è la logica portata avanti dal ministro delle politiche agricole e forestali, che si è recato - come avvenuto nel corso delle precedenti campagne elettorali -, una volta, presso lo stabilimento di Termoli rassicurando i lavoratori e, una volta, presso quello di Foggia affermando la medesima cosa. Il dato vero è che questi stabilimenti probabilmente chiuderanno, determinando una ulteriore crisi del sistema economico, produttivo ed occupazionale.
Dunque, anche con riferimento alla questione del settore bieticolo-saccarifero,
ritengo vi debba essere un grande impegno da parte del Parlamento e del Governo per evitare la chiusura di stabilimenti che creano occupazione e sviluppo. Tuttavia, non mi pare esista un piano organico, tant'è vero che nei prossimi giorni vi saranno scioperi, contestazioni e mobilitazioni da parte di agricoltori e di produttori di zucchero.
Entrando nel merito del decreto-legge al nostro esame, occorre evidenziare che il relatore ha cambiato sostanzialmente il testo presentato dal Governo, in quanto si è reso conto che non era possibile affrontare i problemi della viticoltura, della produzione di pomodori e di olio e del settore bieticolo-saccarifero attraverso l'impostazione originaria. In tale provvedimento sono state inserite disposizioni anche con riferimento ai formaggi DOP, ma sono state diminuite le provvidenze per i consorzi costituiti per tali prodotti.
Il presente decreto-legge svuota, di fatto, le illusioni alimentate durante il periodo estivo dal ministro delle politiche agricole e forestali. Dove sono i finanziamenti? Quali sono i finanziamenti? Dal precedente decreto-legge n. 22 del 2005 sono stati tolti ben 80 milioni di euro per poi inserirli in questo nuovo decreto.
Si capisce chiaramente che i fondi a disposizione per tale provvedimento sono estremamente esigui; non vi sono risorse per fornire risposta alle aspettative dei produttori che, durante il periodo estivo, avevano dimostrato la propria indignazione, il loro disappunto per la politica agricola del Governo. Oltretutto, vi è stata una ulteriore presa in giro. Infatti, i presidenti delle regioni avevano concluso accordi per risolvere i problemi emersi in quel periodo, ma oggi non vi sono le condizioni economiche per rispettare tali accordi.
Noi crediamo che sia necessario, nel momento in cui si affronta un problema serio come quello dell'agricoltura - che oggi vive momenti di grande difficoltà dal punto di vista produttivo, economico e di produzione di reddito -, parlare in modo palese e dare risposte chiare al mondo dell'agricoltura e, più in generale, dei produttori.
Siamo fortemente contrariati dal tipo di decreto sottoposto alla nostra attenzione ed è, quindi, evidente che esprimiamo forte contrapposizione alle scelte che questo Governo sta portando avanti. È per tale motivo che sono stati presentati in Commissione diversi emendamenti, a dimostrazione della grande responsabilità con cui il centrosinistra guarda a questa materia, nonostante quello attuale sia un momento particolare della vita politica e parlamentare a causa delle scelte unilaterali che avete adottato e che già oggi sono contestate dalla stessa maggioranza.
In particolare, per ciò che riguarda la riforma elettorale e, segnatamente, i criteri di elezione del Senato della Repubblica, basta leggere i comunicati diffusi da qualche senatore del centrodestra, nei quali si ripropongono le stesse tesi che abbiamo sostenuto in quest'aula. Ciò nonostante, avete assunto una posizione sbagliata, contestata dal centrosinistra che, con grande responsabilità, di fronte ad un provvedimento importante come quello in esame, ha tentato di dare una risposta sottoponendo all'attenzione della Camera emendamenti finalizzati a costruire un sistema organico all'interno del settore agricolo e creando, quindi, le prospettive necessarie perché i produttori agricoli possano avere certezze nelle loro attività. Il nostro contributo, però, non è stato accolto; il Governo non ha avuto la sensibilità per farlo. Non si è compresa la grande disponibilità che il centrosinistra ha offerto in questa discussione per fare in modo che vi fosse una considerazione diversa nei riguardi dei produttori agricoli; vi è stata, invece, la netta chiusura del Governo rispetto alle proposte emendative presentate dal centrosinistra.
Non vi è, quindi, alcuna possibilità di discussione: ci sono, semplicemente, posizioni aleatorie. Basti pensare alla questione dei de minimis, che ha formato oggetto di valutazione quest'oggi da parte dei parlamentari del centrosinistra. In particolare, i de minimis sono considerati
in modo indiscriminato, senza una logica, senza un criterio che incida sulla produzione di qualità e sulla base di un rapporto ingiusto, estremamente esiguo, che parte da mille euro ed arriva a 3 mila euro. Che cosa può significare questa misura per un produttore agricolo che in questo periodo vive momenti di grande drammaticità dovuti a difficoltà di vario genere? Penso, ad esempio, ai danni provocati dalle alluvioni e dalla siccità e, in genere, a quelli connessi ad eventi naturali, cioè a tutte le circostanze che non consentono di determinare una condizione di reddito.
Credo che il nostro mondo agricolo in questo momento stia soffrendo in modo particolare. Nei mesi scorsi, i lavoratori agricoli hanno dimostrato grande civiltà, manifestando il proprio dissenso verso le scelte di questo Governo; ebbene, se non si compie una svolta chiara e seria rispetto ai problemi del settore agricolo, nel prossimo futuro questi lavoratori scenderanno ancora per strada per portare avanti le loro rivendicazioni di uomini che perdono i propri redditi ed hanno bisogno di un forte supporto da parte di questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità socialista e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.
MARIA CELESTE NARDINI. Signor Presidente, con grandissima preoccupazione il gruppo di Rifondazione comunista si appresta alla discussione in Assemblea del decreto-legge in esame, dopo che, nel corso di questi mesi, abbiamo assistito al dibattito svoltosi in Commissione agricoltura.
Sono ormai passati due mesi dalle caldissime e preoccupanti giornate di agosto, quando sulle strade della Puglia non solo si svolgeva una serie di manifestazioni da parte di produttori, contadini e braccianti, ma si verificava anche la morte di un lavoratore che si recava in un'altra regione per lavorare. Quelle ore convulse e il movimento che stava combattendo per portare avanti le sue giuste rivendicazioni portano con sé questo terribile ricordo.
In quelle ore, risultò particolarmente attivo il ministro Alemanno; in proposito, ricordo una lunga e stancante giornata, durata dalla 15 alle 23, nella sala della prefettura gremita di produttori agricoli e di rappresentanti di associazioni, al termine della quale lo stesso ministro sbandierò la proposta di accordo.
Signor Presidente, rappresentanti del Governo (anche se questa mattina il ministro Alemanno non è presente), da queste considerazioni nasce la nostra preoccupazione. Sono passati due mesi ed a quei contadini e produttori che avevano invocato aiuti il Governo offre - e il Parlamento dovrebbe accingersi a votarlo - un decreto che non contiene nulla di quanto promesso dal ministro. Siamo convinti che tutto questo è dovuto all'inesistenza di una politica nel settore agricolo. Infatti, si dovrebbe partire da idee forti, cercando di realizzare investimenti seri. Occorrerebbe compiere delle scelte, mentre siamo di fronte ad un provvedimento il cui vero problema è già evidente fin dall'articolo 1. Questa norma prevede misure finanziarie che il Governo copre con le risorse destinate alla legge n. 71 del 2005, il vecchio decreto n. 22, finalizzato a fronteggiare la crisi del mercato ortofrutticolo. Quindi, si tratta di una sorta di coperta di Linus: con quelle risorse e con ben poche altre aggiunte furono promessi ai produttori 80 milioni di euro. Invece, si è scesi a 40 milioni di euro per i produttori di vino. Poi, il decreto è diventato altro ed è del tutto evidente che, in presenza delle varie crisi del settore, più si entra nel dettaglio e maggiori problemi emergono.
Noi deputati dell'Unione abbiamo provato, in Commissione, con una serie di emendamenti tutt'altro che ostruzionistici (nonostante fossimo in una fase di attività ostruzionistica) e di grande qualità, di introdurre elementi di cambiamento. Mi riferisco a quegli emendamenti che cercavano di affrontare alcuni problemi critici che il settore agricolo oggi sta vivendo, come quelli relativi ai costi del gasolio e
della benzina, che gravano in modo pesante sugli agricoltori, sui floricoltori, sui pescatori e su altre categorie, che quei costi non riescono più a sostenere.
Non si tratta di una questione strumentale o ostruzionistica: noi vi rappresentiamo - e credo che voi lo comprendiate - un problema enorme, al quale non siete in grado di dare una risposta. Questo è uno dei nodi più importanti, se è vero, come è vero, che è emerso in numerosissime occasioni; lo abbiamo constatato non solo noi, che siamo andati ad ascoltare le ragioni di quella gente per tentare di dare risposte e di costruire delle ipotesi, ma anche il ministro. Credo non sia più un mistero che i debiti che gravano sulle imprese agricole e sui produttori li spingono a ricorrere al mondo dell'usura. Abbiamo presentato diversi emendamenti al riguardo e voteremo tutti quelli che comunque consentiranno di risolvere questo problema.
Abbiamo proposto che entro il mese di marzo 2006 si possa arrivare alla contribuzione del 20 per cento della somma debitoria e ad una rateizzazione. Come vedete, nessuno di noi pensa ad una sanatoria, ad un condono generalizzato, perché noi non siamo mai stati su questa strada, a differenza di voi. Questa è un'altra delle grandi questioni che noi abbiamo posto. Mi riferisco al caro gasolio, alla questione dei contributi ed a quella delle infrastrutture. Signor Presidente, in Campania, quando piove, ci sono grandi problemi; la situazione viaria è drammatica. Siamo passati di crisi in crisi; nell'arco di qualche mese, dalla crisi del settore bieticolo-saccarifero - richiamata da molti colleghi - siamo passati alla crisi del pomodoro, che ha causato tanti problemi in Puglia. Abbiamo partecipato ad incontri, anche presso il ministero, alla fine di agosto e all'inizio di settembre, dai quali sono emersi problemi gravi legati ad episodi di illegalità e di criminalità organizzata, sui quali non possono più essere stesi veli. Abbiamo tentato di fare chiarezza in proposito, chiedendo al ministro di svolgere una serie di controlli e di darne conto. Abbiamo visto entrare ed uscire dai caselli autostradali i camion vuoti; qualcosa vorrà pur dire questo, signor Presidente!
Siamo inoltre passati dalla crisi del pomodoro, che ha investito sia la Puglia sia la Campania in maniera assai pesante, alla crisi dell'uva da vino e dell'uva da tavola.
Ci era stato detto che per la «distillazione di crisi» avremmo chiesto a Bruxelles (così è avvenuto) una quota di distillazione di 6 milioni di ettolitri. Signor Presidente, ce ne sono stati accordati soltanto due milioni! Non so se tale quantità possa corrispondere alla reale crisi del settore vitivinicolo del nostro paese, soprattutto nel sud (ma riguarda anche altre aree). Come mai, signor Presidente, a Francia e Spagna non è stato riservato analogo trattamento?
Come ricordavo, nel primo articolo del provvedimento sono affrontate le questioni finanziarie. Si tratta, in particolare, delle risorse relative agli aiuti de minimis, l'unica misura presente in questo decreto. Tradotto in cifre, si tratta di un intervento massimo di 3 mila euro per agricoltore, o meglio per coloro che, ovviamente, potremo inserire in un albo, in un registro. Vedremo quante saranno le domande. Probabilmente, non a tutti potrà essere concessa questa soluzione. Tremila euro corrispondono a circa 6 milioni delle vecchie lire, ma è necessario tener conto degli ettari di terreno e del numero di bovini adulti. Che criterio è questo, signor Presidente? Non si tiene conto del tipo di coltura, né della qualità del prodotto. L'intervento, per la precisione, va da un massimo di 3 mila fino a mille euro.
Dopo tutta questa «traversata», dopo tutte queste promesse e alla fine di questa «giostra», ci presenteremo ai produttori, agli agricoltori, con queste misure? Certamente si potrà dire che sono meglio di nulla; va bene, ma 3 mila euro sono forse meglio di una risposta seria? Certo, non si chiudono le porte rispetto a questa previsione, ma non possiamo accettare una risposta simile da parte di un Governo che va continuamente sbandierando certe dichiarazioni, con un attivismo sfrenato. A
volte abbiamo anche apprezzato l'attività del ministro. Lo abbiamo fatto nel momento in cui venivano assunti degli impegni. Ma non possiamo oggi apprezzare un Governo che si presenta con questo strumento e fornisce questo tipo di risposte.
Signor Presidente, perché oggi siamo in difficoltà nella scelta delle risorse? Perché il problema è a monte, in quell'unico strumento che costituisce la «bandiera» di un Governo: la legge di bilancio, la legge finanziaria. È nella finanziaria che le scelte vanno realizzate.
Oggi vorremmo sapere quali sono i fondi che restano a disposizione del settore agricolo. Ancora non riusciamo a saperlo. Diversi deputati lo hanno chiesto al Governo: nei prossimi giorni ci attendiamo queste risposte. Avremmo potuto pensare di attingere risorse altrove, ma il problema - ripeto - è a monte.
Vorrei chiedere un chiarimento a questo Governo, che si accinge a presentare un'altra finanziaria «salata». Perché avete impegnato tanti fondi dello Stato per le armi, per le guerre, quando tali fondi erano necessari per sanare l'agricoltura? Perché avete voluto sottrarli alla possibilità di ripresa del mondo agricolo e, quindi, del benessere del paese? È proprio di questo che stiamo parlando, della salute del paese. Perché non è indifferente, signor Presidente, ciò che si mangia e, anzitutto, se possiamo mangiarlo; ossia se siamo nelle condizioni economiche per poter accedere alla tavola.
Nel corso di questi mesi abbiamo anche scoperto questo nel mondo agricolo. In particolare, abbiamo verificato che proprio in quelle aziende i cui titolari avevano inseguito sogni e impegnato i loro soldi pensando di poter costruire un futuro per i loro figli, i giovani non potranno viverci e saranno costretti ad andare via, non sappiamo dove, giacché all'orizzonte non si vedono spiragli. Quei giovani, ripeto, nella loro terra non potranno continuare a viverci se è vero, com'è vero, come ci diceva un contadino in quelle giornate molto calde - calde in tutti i sensi -, che un contadino deve riuscire a vendere tanti chili di uva per potersi permettere un caffè. Noi, di fronte a tali problematiche, non sappiamo far altro che offrire una goccia di acqua, anzi una goccia di acqua salata (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE LUMIA. Signor Presidente, con questo decreto-legge non ci siamo! Quello in esame è un provvedimento tampone, limitato, insufficiente e contraddittorio che, da ultimo, si va trasformando nell'ennesimo decreto-legge omnibus, mancante di una strategia a sostegno della crisi del settore agricolo e finalizzato a prevedere interventi, anche clientelari, con coperture finanziarie insufficienti. Si tratta di un decreto-legge che non tiene in considerazione gli accordi seri conclusi con gli agricoltori e con i produttori e destinati a far fronte ad una stagione di crisi profonda del settore, che ha fatto registrare la mobilitazione di energie, passione, impegno e fatica di molti produttori, delle associazioni professionali e dei presidenti di regione, con in testa quello della regione Puglia.
Non ci siamo! I produttori agricoli stanno vivendo una crisi senza precedenti. I prezzi all'origine di tutti prodotti agricoli sono crollati; al contrario, i prezzi al consumo rimangono ancora alti. L'assenza di politiche pubbliche di intervento lungo tutte le filiere, soprattutto nel raccordo tra i vari momenti della produzione, della trasformazione e della commercializzazione, sia nei contesti locali sia in quello mondiale, ha creato dei vuoti ed ha messo in serio pericolo il presente ed il futuro delle aziende agricole italiane.
Nel Mezzogiorno la situazione è drammatica. In Puglia e in Sicilia siamo ormai di fronte ad un contesto che rischia di far regredire la stessa realtà sociale del mondo agricolo. L'esasperazione rimane, quindi, alta. Solo grazie alla responsabilità di alcuni sindaci molto accorti e capaci di guidare la protesta avviatasi in Puglia e in Sicilia abbiamo evitato sia disordini gravi sia che sulla crisi del settore agricolo
potesse cadere il silenzio, potesse cioè cadere quella sorta di velo che occulta la realtà a causa anche di un'informazione, spesso anche pubblica, che non ha saputo, salvo rare eccezioni, dare voce e rappresentanza ai soggetti interessati né descrivere quanto sta avvenendo nel comparto in questione.
Dobbiamo ringraziare i sindaci Rubino e Aiello e gli altri sindaci, di centrodestra e centrosinistra, che insieme hanno capito che la cosa è seria, che hanno contestato questo Governo, che hanno incalzato il Parlamento e che hanno costretto molti parlamentari, anche della maggioranza, a prendere atto della grave crisi esistente nel settore nonché del fatto che il decreto-legge in esame non è in grado di fornire una risposta sufficiente.
Le proteste ancora continuano. Sono proprio di queste ore le iniziative promosse in Sicilia da molti produttori nei confronti degli ispettorati agrari. È sufficiente telefonare agli ispettorati per apprendere che tali iniziative sono ancora in corso.
Le promesse che sono state fatte, del tutto inadeguate, non sono state nemmeno mantenute. Anche nel settore vitivinicolo, si pensava di bloccare la protesta con gli incontri del ministro Alemanno in Puglia ed in Sicilia, nel corso dei quali erano stati promessi mari e monti. I produttori agricoli hanno dovuto constatare che c'è inganno, che non c'è serietà, che non c'è progettualità e, di conseguenza, anche in queste ore sono in agitazione: nei comuni delle province di Trapani, Agrigento e Palermo, i produttori vitivinicoli stanno occupando le aule dei consigli, interloquiscono e cercano di far valere, ancora una volta in modo onesto, razionale e responsabile, le loro ragioni, che non sono di un settore specifico, ma di tutta l'agricoltura e che dovrebbero diventare anche le ragioni della politica (purtroppo, ancora non è così).
Ne approfitto per segnalare alcune difficoltà nelle quali il mondo agricolo si è imbattuto quando si è mosso. In particolare, non posso non ricordare le intimidazioni che hanno subito alcuni produttori. Si pensi a quello che è successo alla cantina Alto Belice, nella zona di Corleone: oltre alle minacce indirizzate al presidente ed al consiglio di amministrazione, è addirittura arrivata quella di far saltare gli impianti di questa storica ed importante cantina del panorama vitivinicolo siciliano.
Insomma, siamo di fronte ad una situazione realmente grave che va presa sul serio, anche perché è in atto un processo di regressione sociale. Il movimento contadino aveva contribuito a trasformare gli agricoltori da semplici braccianti a produttori autonomi, coltivatori diretti, imprenditori titolari di piccole aziende agricole. I figli hanno potuto studiare, le aziende hanno saputo innovare e si sono inserite anche in fette di mercato importanti. Ebbene, oggi, esse rischiano di tornare indietro, con il conseguente regresso sociale e con ripercussioni pesanti sulla loro vita e sulla condizione economica del sud, della Puglia e della Sicilia. Inoltre, dobbiamo anche denunciare l'aggressione delle mafie - con il racket e l'usura nelle campagne - che adesso provano a fare un salto di qualità: cercano di entrare dentro le aziende, strangolate dai debiti, abbandonate, lasciate sole. Insomma, non c'è sostegno né alla sicurezza delle aziende agricole né al loro serio sviluppo.
Basti pensare agli accordi internazionali che il ministro Alemanno, insieme alla grande distribuzione italiana, ha concluso con alcuni paesi del Mediterraneo (si tratta dei famosi green corridors, dei corridoi verdi). Le merci di tali paesi entrano in Italia senza essere sottoposte a controlli fitosanitari adeguati, nemmeno a quelli che vengono effettuati sui nostri prodotti agricoli. In cambio, esporteremo i prodotti industriali del nord!
Insomma, non si stanno mettendo l'Italia, il Mezzogiorno e la Sicilia in condizione di fronteggiare la sfida del Mediterraneo, la sfida del mercato unico del Mediterraneo, per affrontare la quale bisognerebbe far vivere all'agricoltura italiana un momento di coesione e di valorizzazione di tutte le produzioni ed occorrerebbe fare in modo che essa costituisca
un corpo unico, allo scopo di evitare una concorrenza interna spesso sleale e fratricida che, da un lato, mette in ginocchio i comparti agricoli del Mezzogiorno e, dall'altro, non procura i promessi benefici alle realtà agricole dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
In altre parole, assistiamo ad una guerra misera, all'ennesima guerra misera! Essa dimostra, ancora una volta, l'assenza di una progettualità ampia, capace di collocare il tessuto agricolo del Mediterraneo dentro la competizione mondiale e di assicurare un miglioramento dei prodotti agricoli ed anche del rapporto con i consumatori.
Per quanto riguarda la copertura finanziaria di questo provvedimento, ci siamo divertiti a constatare, in realtà con amarezza, che si sta attuando il gioco delle tre carte. Si prendono le risorse destinate alle crisi e alle calamità e si trasferiscono al decreto-legge n. 22 del 2005, con cui si cerca di affrontare un altro tipo di crisi, vale a dire quella del mercato che, nei mesi scorsi, ha coinvolto interi settori, soprattutto ortofrutticoli. Poi, il decreto-legge n. 22 è messo da parte e quelle risorse, che erano state precedentemente destinate soprattutto alle calamità, ora servono a «coprire» questo ulteriore decreto-legge: siamo, appunto, alla terza carta. Ma se scopriamo la terza carta, ci troviamo di fronte all'insufficienza delle risorse stanziate. Man mano che il ministro Alemanno si sposta sul territorio, promette. Man mano che si trova di fronte alla drammatica realtà della crisi di tutti i comparti dell'agricoltura, promette. Man mano che si va avanti nel tempo, si aggiungono ulteriori necessità di intervento. Chissà a quanti settori agricoli e a quante regioni deve dare risposte quel plafond di 130 milioni di euro!
Lo verificheremo, quando, al momento cruciale, sarà svelata la verità, perché si dovranno fare i conti seriamente e, «guardando negli occhi» delle varie regioni, si dovranno porre in essere scelte più vere e più serie.
Qualcuno penserà che, mancando pochi mesi alla fine della legislatura, si arriverà alle elezioni con ancora alcuni nodi da sciogliere e con molte promesse non esaudite, sperando di varcare quella soglia e di lasciare a chi arriverà la gestione di una situazione non solo di crisi ma anche di caduta dell'autorevolezza che le istituzioni dovrebbero dimostrare in una situazione realmente difficile.
Per quanto riguarda il nostro rapporto con Bruxelles, ancora una volta, non si è chiari. Anche in questo caso, si è deboli: è un Governo debole nell'interlocuzione con la Commissione europea; è un Governo debole, che non è in grado di arrivare per tempo; è un Governo debole che non ci ha ancora spiegato cosa veramente sia successo con il decreto-legge n. 22.
Il ministro Alemanno, invitato ripetutamente dai Democratici di sinistra, dalle altre forze dell'opposizione e anche da qualche singolo parlamentare di maggioranza - spesso, lo devo ammettere, sotto tono, all'orecchio, strattonando la giacca, raramente a testa alta e nei luoghi istituzionali più adatti a fare questo lavoro - non ha saputo fornire risposte o, forse, non ha voluto o, viceversa, poteva e non voleva o voleva e non poteva. Anche su ciò, non abbiamo notizie serie e chiare.
Il risultato è che andata in fumo la possibilità di intervenire e di affrontare il problema delle calamità e della crisi di mercato, di aprire un varco, di intervenire seriamente con le risorse pubbliche, per far fare un salto di qualità ai vari prodotti agricoli durante le crisi di mercato. Anche rispetto a ciò, si è di fronte ad un crollo di autorevolezza e di lealtà da parte di questo Governo nei confronti del mondo agricolo.
Vorrei richiamare anche l'esempio dell'intervento sugli aiuti de minimis. Anche in questo caso non si capisce il tipo di copertura e quante risorse saranno stanziate per questo intervento che - lo sappiamo tutti - è una piccola, piccola cosa, che onestà vorrebbe che si presentasse per quello che è, ossia un piccolo, piccolo intervento, legato alla previsione dei 3 mila euro. Il relatore sa che forse questa somma non sarà elargita e forse gli agricoltori potranno aspirare al massimo a
mille euro, perché conosciamo il modo in cui si sta allargando questo tipo di intervento in una realtà in crisi.
Ecco perché, anche a tale riguardo, non si fa chiarezza: si lascia la questione nell'indeterminatezza tentando di «vendere» per grande un intervento minimo, piccolo, senza far trasparire la verità e precisare che, molto probabilmente, non si tratterà neppure di 3 mila euro messi a disposizione delle singole aziende agricole.
Nel settore vitivinicolo, siamo giunti al confronto con la Commissione europea senza autorevolezza ed in ritardo; sì, anche in ritardo. Quanto si poteva compiere per tempo - ad esempio, chiedere la distillazione di crisi - è stato fatto molto in ritardo rispetto ad altri paesi, quali la Francia, la Spagna il Portogallo, la Grecia...
PRESIDENTE. Onorevole Lumia...
GIUSEPPE LUMIA. Siamo arrivati così in ritardo da non ottenere le quote che, invece, si dovevano conseguire per dare una risposta seria alla crisi del settore vitivinicolo, con l'adozione, appunto, di tale procedura. Non siamo riusciti ad ottenere neanche un rimborso che fosse pari a quello conseguito dalla Francia e dalla Spagna, ovvero 1,94 euro; abbiamo invece perso, per questo grave ritardo, già adesso, nella comparazione con gli altri paesi, una somma considerevole. Ma potevamo ottenere molto di più perché, se fossimo intervenuti in tempo, quando realmente già si profilava la crisi del settore, avremmo potuto avere addirittura, in base ai calcoli che si configurano in questo settore, 2 euro e 50 centesimi piuttosto che l'1,91 ottenuto adesso.
Insomma, siamo in ritardo e senza autorevolezza; manca un'adeguata politica nazionale di supporto alle regioni ed al modo agricolo. Non si prevede alcuna misura finalizzata all'abbattimento dei costi, così come è stato denunciato più volte da parte dei nostri parlamentari in Commissione e ora in Assemblea. In particolare, con riferimento ai costi previdenziali e fiscali ed alla situazione debitoria, non si prevede alcunché, così come verifichiamo anche con riferimento alla ipotesi di rateizzazione. Mancano inoltre interventi relativi ai trasporti ed al gasolio. Ricorderete, parlamentari del centrodestra eletti in Sicilia, quando nella passata legislatura infiammavate le piazze, promettendo «mari e monti»: come sono lontani quei tempi! Ricorderete quando, sul versante dei trasporti, promettevate alle aziende del settore l'abbattimento del costo della benzina - allora sostenevate - a mille lire o quando promettevate agli agricoltori l'abbattimento del costo del gasolio, del 50 o dell'80 per cento! Niente di tutto ciò è stato fatto; sono trascorsi mesi, anni, si sta concludendo la legislatura ma ancora, quelle promesse sono lì, scolpite nella testa e nel cuore dei produttori agricoli e degli autotrasportatori...
PRESIDENTE. Onorevole Lumia...
GIUSEPPE LUMIA. E diventeranno...
Una voce: Tempo!
GIUSEPPE LUMIA. ...oggetto di giudizio nei vostri confronti.
PRESIDENTE. Mi ero distratto, onorevole Lumia, ma le devo far osservare che ha superato di molto il tempo a sua disposizione.
GIUSEPPE LUMIA. Concludo, signor Presidente.
Sul caro-prezzi, voglio solo ricordare che la misura individuata in questo decreto-legge è stata chiesta anche da noi; vorremmo però diventasse una misura seria e a tal fine bisogna prevedere penalità serie, con l'effettuazione di controlli fiscali nei confronti di quanti non mettano realmente quelle catene di distribuzione e quelle aree commerciali a disposizione della valorizzazione dei prodotti agricoli.
Ma chiedo, Presidente, perché...
PRESIDENTE. Onorevole Lumia, la prego...
GIUSEPPE LUMIA. ... non ci confrontiamo sulla legge in materia di prezzo all'origine, sullo strumento che mette il consumatore nelle condizioni di conoscere il prezzo per l'agricoltore e quello finale.
Ecco perché, dinanzi all'assenza, in questo decreto-legge, delle tante previsioni che sarebbero invece necessarie, la fiducia che eventualmente porrete si tradurrà ancora una volta in una sfiducia nei riguardi del mondo agricolo, che vi ha già voltato le spalle (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo dinanzi all'ennesimo «provvedimento pasticcio»; l'avvio della discussione lo ha dimostrato, palesando l'assenza di adeguate coperture finanziarie. Sulle coperture, noi abbiamo cominciato il dibattito ma ancora non si è fatta chiarezza.
Sarà difficile, signor Presidente e onorevoli colleghi, tramutare un pasticcio in un bel soufflè! Noi ci abbiamo provato, attraverso la presentazione di proposte emendative. Se esse saranno accolte, miglioreremo il provvedimento in esame; tuttavia, siamo ancora molto distanti rispetto alle esigenze avvertite dai nostri imprenditori agricoli, che stanno vivendo una situazione ormai insopportabile. Il loro reddito, infatti, è stato colpito duramente.
Vorrei segnalare che, in una recente manifestazione, è stato esibito un cartello molto esplicito, che diceva: «Il primo anno si sopporta e si tampona, ma il secondo anno si abbandona!». Signor Presidente, siamo già al terzo anno di crollo del reddito degli agricoltori, che forse non accettano più i tamponamenti, ma scelgono la strada dell'abbandono. Credo sia questo il vero rischio che corriamo.
Stiamo esaminando un decreto-legge che, come spesso capita (direi quasi sempre), viene adottato sulla base di motivazioni di urgenza (a volte, anche limitata), ma diventa successivamente, come in questo caso, un decreto omnibus. Vorrei ricordare che, in Commissione agricoltura, abbiamo discusso persino dei criteri di promozione del personale del Corpo forestale dello Stato!
Ebbene, con tale provvedimento si vogliono affrontare i problemi della crisi di mercato, sui quali tornerò (anche con riferimento alle proposte emendative che abbiamo presentato); l'altro aspetto è rappresentato dal contrasto agli andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari. Si tratta sicuramente della parte più debole del decreto-legge in esame, che avrebbe potuto essere affrontata senza ricorrere alla solita giustificazione che «la coperta è troppo corta», vale a dire che non sono disponibili risorse finanziarie.
No: si poteva fare di più, senza ricorrere ad eccessive spese di carattere pubblico! Infatti, il contrasto agli andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari prevede l'adozione di metodi di rilevamento del tutto inefficaci, al massimo utili alla statistica, senza disporre serie misure sanzionatorie, anche di carattere fiscale, per i trasgressori.
In ordine alla questione della cosiddetta forbice che si è determinata tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo, inoltre, vorrei ricordare che avevamo avanzato proposte emendative concrete nell'ambito dell'esame del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71 del 2005. Avevamo affermato che era necessario agli effetti degli interessi non solo dei produttori, ma anche dei consumatori individuare un percorso capace di garantire la tracciabilità sia del prodotto sia del prezzo. Il consumatore, infatti, deve certamente conoscere non solo l'origine di un determinato bene, il luogo di produzione, i metodi impiegati e tutti i passaggi della sua trasformazione, ma anche la tracciabilità del prezzo, per poter individuare i diversi passaggi subiti da quest'ultimo.
Ciò perché troppe volte il prezzo esoso al consumo viene scaricato sul produttore, che è la vera e propria vittima di tale situazione. È bene, dunque, che il consumatore sappia quanto è stato pagato al produttore e quali siano stati, invece, i
costi sostenuti per la trasformazione, il confezionamento e la commercializzazione del prodotto, perché solo così può comprendere dove risiedano le responsabilità e quali misure sia possibile adottare.
Il ministro competente affermò, allora, che la nostra era una proposta ancora troppo lontana dalla realtà e, dunque, quasi impossibile da applicare. Ricordo che proponemmo anche l'adozione di un sistema sperimentale, al fine di verificare quali correzioni dovessero essere apportate e quali strade potessero essere intraprese. Il ministro ci rispose che avrebbe affrontato successivamente il problema, nell'ambito di provvedimenti successivi, soprattutto quello a favore della competitività, ma non abbiamo visto nulla!
Onorevoli colleghi, è un anno esatto che il Governo sta affrontando il problema della crisi di mercato. Il decreto-legge in esame dovrà essere convertito entro il 9 novembre prossimo; tuttavia, vorrei ricordare che il primo provvedimento sulle crisi di mercato venne adottato nel novembre 2004, vale a dire un anno fa: si trattava del decreto-legge n. 280 del 2004.
Quel decreto-legge ha fatto una brutta fine perché era completamente errato ed è decaduto, appunto, perché sbagliato e non a causa dei tempi di conversione. Esso prevedeva l'intervento nelle crisi di mercato qualora i prezzi avessero fatto registrare un crollo del 30 per cento rispetto all'anno precedente: una strada impraticabile! Successivamente al suo decadimento, avvenuto nel gennaio 2005, è stato adottato il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito successivamente nella legge n. 71 del febbraio 2005. Con tale ultimo provvedimento è stato cambiato tutto il sistema: non vi era più la diminuzione del prezzo del 30 per cento, ma la riduzione del reddito al 30 per cento.
Ma, in questo caso, al pari di quello precedente, tale misura non era stata discussa né confrontata con le disposizioni di carattere europeo e si sono commessi errori enormi che noi avevamo denunciato, quale quello di prevedere l'intervento del 30 per cento della riduzione del reddito, senza esaminarne la causa, così che un imprenditore che aveva fatto il suo dovere, che aveva fatto investimenti, ma che era stato colpito dalla crisi di mercato, avrebbe dovuto successivamente dividere i pochi soldi rimasti con l'imprenditore che non aveva fatto il suo dovere ed aveva verificato un calo di reddito a causa della sua incapacità imprenditoriale. Tale sistema non funzionava. Non solo: il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito successivamente nella legge n. 71 del 2005, aveva una copertura finanziaria assolutamente inadeguata.
Giungiamo oggi all'esame del decreto-legge n. 182, del settembre 2005. Ebbene, è trascorso un anno in cui il Governo si è arrabattato in tutti i modi ma senza esiti. I produttori agricoli continuano, all'emanazione di ogni provvedimento, a porsi alcune domande, senza sapere, dal momento che il decreto-legge è immediatamente efficace, in che modo le misure urgenti saranno convertite. Tali domande scompaiono nel nulla, perché o il provvedimento decade, o viene - come è accaduto per il decreto-legge n. 22 del 2005 - di fatto annullato e gli agricoltori non possono avere neanche una minima risposta alle proprie domande.
Onorevoli colleghi, di fatto, il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito successivamente nella legge n. 71 del 2005, non è stato affossato dall'Europa. Ancor prima, lo ha affossato il Governo italiano, con la presentazione del decreto n. 182 del 2005, che stiamo esaminando, privando di fatto di risorse il primo provvedimento. Si obietta che i due provvedimenti si integrano tra loro. Non è assolutamente così. Consideriamo le risorse: non si sommano una con l'altra nei due provvedimenti ma un decreto-legge «ruba» le risorse all'altro decreto-legge. Non siamo di fronte, quindi, a sinergie, ma a situazioni alternative.
Abbiamo, dunque, la necessità di fare chiarezza su tali questioni, soprattutto dopo che - come ricordavo - è passato un anno senza esiti, nel corso del quale sono soltanto aumentati i motivi di tensione nelle campagne.
Abbiamo affrontato in Commissione la discussione, con la presentazione dei nostri
emendamenti, su un testo che è stato successivamente modificato integralmente per effetto della presentazione di un emendamento da parte del relatore - emendamento giusto, perché la situazione precedente non era sostenibile -, che ha comportato un ribaltamento del testo originario del decreto-legge. Quindi, ci siamo trovati nella condizione di avere svolto audizioni su un testo che non era quello che oggi discutiamo.
La Conferenza Stato-regioni aveva esaminato il testo precedente e non conosciamo il pronunciamento di tale organo nella nuova versione. Rischiamo, proprio a causa del ricorso al de minimis, in cui vi sono competenze esclusive da parte delle regioni, di aprire un contenzioso tra Stato e regioni e con l'Europa, proprio perché si tratta di un aspetto non concordato.
Se il de minimis permette allo Stato membro di ricorrere a questa misura, senza che le domande debbano tornare a Bruxelles, i criteri debbono essere stabiliti dalla Comunità europea e noi non conosciamo ancora il suo parere sull'applicazione di questa misura.
Anche sul de minimis credo che si debba fare chiarezza. Si parla di 3 mila euro, ma bisogna capire che i 3 mila euro costituiscono il massimo del de minimis e che nessuno riuscirà a percepire 3 mila euro in tre anni.
Ricordo che il de minimis è la misura più piccola che permette agli Stati membri di intervenire senza presentare domanda a Bruxelles. È una misura così piccola da non essere considerata agli effetti della concorrenza sleale. I 3 mila euro per azienda in tre anni rappresentano il massimo, perché tale somma sarà modulata in 2 mila euro o in mille euro per azienda, a seconda delle dimensioni dell'azienda stessa e delle unità zootecniche. Soprattutto, inoltre, avremo a disposizione non più di 130 milioni di euro in tre anni. Questo è il tetto al de minimis a livello nazionale e deve essere suddiviso per tutte le crisi che ci sono state nel nostro paese, non solo per l'uva della Puglia, ma per tutte le crisi in tutto il territorio nazionale: nel settore bovino, caprino, cerealicolo e, addirittura, per quanto riguarda i pomodorini (ho visto un emendamento in tal senso), ossia - ripeto - in tutti i settori e su tutto il territorio nazionale! Immaginate di dover dividere i 3 mila euro per azienda per tutte le situazioni di crisi e per tutte le aziende che hanno dovuto sopportarle. Se va bene, prenderanno 200 euro a testa. Se va bene...!
Siamo di fronte ad un de minimis che è più vicino al nulla che al minimo. Ecco perché è sbagliato parlare di 3 mila euro per azienda in tre anni. Sarebbe già poco, ma siamo largamente al di sotto di tale cifra.
Abbiamo la necessità, quindi, di affrontare questi problemi non più soltanto con interventi urgenti. Abbiamo chiamato «intervento urgente» un decreto sulle crisi di mercato del novembre dell'anno scorso e ancora non abbiamo risolto nulla! Forse, se avessimo adottato un disegno di legge, avremmo potuto discutere meglio e oggi saremmo nelle condizioni di fornire maggiori elementi di certezza alle nostre aziende.
Fra l'altro, si pone anche una questione delicata in questo provvedimento. Essa riguarda l'applicazione di una normativa che esclude gli agricoltori senza iscrizione previdenziale dai contributi comunitari. In altre parole, coloro che non abbiano un'iscrizione previdenziale e che non siano in regola con i pagamenti dei contributi previdenziali non incassano i contributi della Comunità europea.
In Italia vi è una situazione disastrosa da questo punto di vista, che il Governo aveva promesso in più occasioni di affrontare. C'è stato un tavolo per la riforma previdenziale in agricoltura fra il Ministero del welfare e il Ministero per le politiche agricole, ma non c'è stata una sola riunione!
Il ministro promette di affrontare il problema nell'ambito del maxiemendamento alla legge finanziaria. Io non so come farà e non so con quali risorse. Mi permetto, quindi, di non credere a questa prospettiva o, perlomeno, ritengo che si tratti di un'altra promessa che ritroveremo nella legge finanziaria, che comunque sarà
inapplicabile in attesa di regolamenti attuativi e di tutto il resto, proprio perché, magari, contrasterà anche con le normative di carattere europeo.
Forse si dirà, come ho sentito anche in interventi precedenti, che siamo di fronte ad un intervento che, almeno, dà qualcosa. Ma - dicevo prima - è qualcosa che è più vicino al nulla che al minimo.
Ben altri provvedimenti sarebbero stati necessari! Il ministro ci ha inviato una lettera-proclama proprio in questi giorni, nella quale dice che bisogna realizzare il piano straordinario per la ristrutturazione delle filiere agroalimentari. Scopre - leggo testualmente - che «l'agricoltura italiana non può attendere il compimento dei riti della politica per procedere sul terreno delle riforme e della modernizzazione». Se la prende con il corporativismo, con l'assistenzialismo, con gli interessi lobbistici, con le proteste demagogiche. Ma il ministro dov'era in questi cinque anni? Solo oggi viene folgorato sulla via di Damasco, con una conversione a 180 gradi, e ci racconta che è necessario un piano straordinario per la ristrutturazione delle filiere agroalimentari che, probabilmente, farà la fine del piano ortofrutticolo? Nel mese di luglio egli aveva detto agli agricoltori che il piano era pronto: non l'abbiamo visto. In un'audizione alla Camera aveva dichiarato che anche il piano bieticolo-saccarifero era pronto: non abbiamo visto nulla!
Ebbene, credo sia ora di smetterla con i proclami e sia necessario, invece, passare ad una politica seria, a misure efficaci per quanto riguarda gli aspetti strutturali che determinano la crisi di mercato. Abbiamo bisogno, quindi, di un confronto e di misure che questo Governo non è più in grado di approntare. Ci ha portato a fine legislatura senza aver fatto nulla, senza aver affrontato le questioni che si pongono nel mondo agricolo, ed oggi ci viene a dire che bisogna realizzare il piano per la ristrutturazione delle filiere agroalimentari. Ciò accade proprio all'ultimo minuto, quasi a dire: io l'avrei fatto, ma non c'è il tempo. No, il tempo c'era, e lo poteva fare sicuramente negli anni scorsi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, intervengo come una sorta di «frangivento», interrompendo queste ondate di mistificazione, di rappresentazioni verosimili dello stato dell'agricoltura italiana. Dico verosimili perché, in un quadro magari anche reale, vengono inserite situazioni assolutamente false, atte a rendere tale quadro, e comunque la soluzione finale, assolutamente distorti rispetto alla realtà.
Ci viene rimproverato che questo testo non sia nient'altro che il frutto di politiche volte ad un rattoppamento della situazione attuale, alla pura e semplice difesa di posizioni già consolidate. Mi chiedo, in effetti, cosa le sinistre si aspettino da un decreto-legge che reca interventi urgenti in agricoltura. Forse, nonostante la nostalgia mai sopita che sembra pervadere alcuni settori dell'Assemblea per le pianificazioni sovietiche, potremmo ragionare, una volta tanto, sul quadro di insieme in cui si colloca un provvedimento per giudicarne la necessità.
Non vi sorprendo se affermo che i fondi destinati al settore agricolo sono insufficienti. Certo, è senza dubbio vero che l'ideale sarebbe aumentare gli stanziamenti destinati all'AGEA, acquistare tutte le produzioni in eccesso e, magari, rafforzare i programmi di cooperazione con i paesi in via di sviluppo. Il problema è rinvenire i finanziamenti. Se dobbiamo ragionare con disponibilità immaginarie, come fa la sinistra, siamo tutti bravissimi ad erogare fondi. Teoricamente, chiunque, con una disponibilità illimitata, sarebbe capace di gestire l'agricoltura italiana. Sotto tale punto di vista, i vincoli europei pongono almeno un freno a certe gestioni un po' troppo disinvolte che erano usuali in passate legislature.
Se la carenza di fondi non bastasse, sarebbe utile ricordare che il Governo ha dei limiti nell'erogare ulteriori risorse per
il settore primario. Lo stesso Governo è riuscito a far ottenere, comunque, all'Italia il terzo posto in ordine agli stanziamenti dell'Unione europea in materia di agricoltura, dopo la rivisitazione della politica agricola comunitaria: il terzo posto su 25 paesi, non su 15. Per la prima volta, dopo molti anni, l'agricoltura ha ritrovato un ruolo di centralità che non le era mai appartenuto e sarebbe davvero ingeneroso non riconoscerlo, oltre che palesemente disonesto.
Ritengo sia doveroso sottolineare che il nostro paese ha superato la Francia, per quanto riguarda la certificazione dei prodotti di qualità. Sarebbe sicuramente ingeneroso non ricordare quanto è stato fatto in questo periodo sul piano della qualità e della sicurezza delle nostre produzioni, nonché la posizione assunta dal nostro paese nei confronti degli organismi geneticamente modificati. In Europa, le lotte sostenute per la difesa dei settori giudicati strategici, perché d'eccellenza, hanno portato altrettante vittorie, come è accaduto, ad esempio, per la tutela del nostro olio d'oliva. La tabacchicoltura e la bieticoltura, che sembravano essere vittime sacrificali sull'altare degli interessi di poteri che ben conosciamo, e che spesso voi colleghi della sinistra difendete, sono state salvate dall'intervento del nostro Governo. Sarebbe inoltre ingeneroso non ricordare che è stato autorevolmente portato a casa un provvedimento sulle quote latte che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato, nonché la difesa dei marchi di qualità delle nostre produzioni.
Credo che questo Governo, contrariamente a quello che è successo in passato, non abbia mai svenduto in Europa l'agricoltura italiana, magari per qualche quota d'acciaio in più! Il rilancio del made in Italy è il nostro progetto. È diventato nostro nel momento in cui abbiamo deciso di realizzarlo, ponendo in essere politiche tali da concretizzarlo, anche attraverso provvedimenti urgenti, come quello che stiamo esaminando. Oggi è in atto una selezione spietata. I paesi più poveri riescono a produrre colture a prezzi più competitivi, per l'inconsistenza del prezzo della manodopera internazionale. L'unico modo di difenderci è specializzarci, non illudendo l'agricoltore con erogazioni illimitate, bensì guidandolo verso quei tipi di coltivazione rispetto alle quali nessun prezzo più basso può dissuadere dall'acquisto dei prodotti dell'agricoltura italiana.
L'articolo 1 del decreto-legge in esame affronta il tema del sostegno alla viticoltura nel Mezzogiorno, e noi siamo ben disposti a scommettere sulla qualità della nostra produzione. Il regime de minimis, che possiamo definire in modo semplice ed esplicativo come un aiuto concesso alle singole imprese, è un sostegno che viene giudicato indispensabile al fine di assicurare un pieno assorbimento del prodotto da parte dei grossisti. Tuttavia, esso sfiora sempre le norme europee in materia di aiuto di Stato. D'altra parte, altre prassi di sostegno, diverse da quelle elencate, non sono mai state efficaci; neppure in Unione sovietica, dove nel 1980, non so se lo ricordate, si è cercato addirittura di bloccare il prezzo della vodka. Quindi, questo Governo fa con quanto ha, e cerca di farlo bene.
Dicevo che l'ottica di rilancio della nostra agricoltura non parte da questo decreto-legge. Infatti, riforme strutturali non sono in esso delineate; si tratta soltanto di porre in essere rimedi a problemi di mercato urgenti e non rinviabili. Non a caso, il provvedimento d'urgenza in esame segue di due mesi quello portato avanti dalla Francia, che desta spesso le simpatie della sinistra. La nostra opera è portata avanti, in seno all'Unione europea, di concerto con la Spagna e con la Francia. Quindi, non alziamo la bandiera bianca sulla nostra agricoltura! Dobbiamo sicuramente rivedere la politica europea in materia di aiuti di Stato rafforzando il sostegno ad un'agricoltura che sempre più deve avere un ruolo centrale.
Credo, inoltre, sia ben difficile per noi accettare lezioni di politica economica agricola da parte di chi, come per noi Prodi, nei 14 punti del suo «cartello» elettorale non trova lo spazio per citare
nemmeno una volta, anche di sfuggita, l'agricoltura, che invece sta a cuore sicuramente al centrodestra.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
CARLA ROCCHI. Signor Presidente, secondo il punto di vista del gruppo della Margherita ed il mio personale, il provvedimento in esame presenta una serie di limiti importanti che lo rendono non adeguato a risolvere i problemi che, invece, sarebbe molto urgente e necessario risolvere.
Li elencherò per punti: in primo luogo, rileviamo una mancanza di visione organica per quanto riguarda le questioni agricole. Ci saremmo aspettati dal Governo una politica complessiva per fare fronte a problemi di grande rilievo quali quelli posti dalla globalizzazione, dall'aumento dei costi di produzione, dalla necessità di valorizzare le produzioni di qualità e di sviluppare le colture alternative, specie nel campo delle produzioni energetiche. Invece, siamo di fronte ad una politica complessiva che culmina poi nel provvedimento in esame, il quale presenta la sola caratteristica di inseguire le emergenze. A febbraio è stato varato il decreto-legge n. 22, convertito dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, che reca interventi urgenti nel settore agroalimentare, resisi necessari dai gravissimi problemi di crisi di mercato del settore ortofrutticolo. A settembre, è stato varato il decreto-legge n. 182, con l'obiettivo di fare fronte ai problemi molto gravi relativi al mercato del settore dell'uva e del vino da tavola. Come si può notare, ad ogni stagione, ad ogni produzione viene emanato un provvedimento di urgenza per far fronte all'emergenza del momento.
È troppo semplice rilevare che sarebbe stata più opportuna ed efficace una politica complessiva che avesse tenuto conto delle diverse situazioni dei vari settori e che avesse potuto prevedere, senza particolari doti di lungimiranza, i problemi reali cui fare fronte e, auspicabilmente, quelli che si potevano prevenire.
Si può ulteriormente rilevare che la politica agricola nazionale, per rimanere in buona salute, dovrebbe poter risolvere due punti essenziali: quello della competitività e quello della commercializzazione dei prodotti delle imprese.
Competitività significa poter avere una situazione in cui il lavoro in campo agricolo viene affrontato con dei costi che permettono alle imprese di essere sul mercato (lo dico molto banalmente). A ciò si arriva attraverso una politica mirata ed intelligente di sgravi fiscali, di facilitazioni, di abbattimento del costo del lavoro, piuttosto che attraverso una politica di tipo assistenziale, oltretutto posta in essere a macchia di leopardo. Tutto ciò - lo rileviamo con dispiacere - non è avvenuto.
Allo stesso modo, abbiamo osservazioni da fare per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti. Infatti, portare avanti con successo una politica di commercializzazione significa oggi porsi in maniera competitiva rispetto ad un mercato sempre più ampio, valorizzando la propria qualità e capacità rispetto ad altre nazioni.
Noi, in campo agricolo, siamo stati soccombenti non soltanto rispetto a nazioni (faccio un paragone in un altro settore) che possono vantare una situazione di vantaggio rispetto al costo del lavoro, ma, ad esempio, rispetto alla Spagna che, da questo punto di vista, ci somiglia e ci è - per così dire - parente prossimo. Pertanto, abbiamo riscontrato con dispiacere che si arranca, che siamo in affanno e che il settore sta vivendo un momento di grave sofferenza.
Passando alla questione delle risorse, per capire la nostra preoccupazione ed il nostro allarme, vorrei svolgere alcune considerazioni in merito a quanto è accaduto rispetto al provvedimento di urgenza in esame. Quest'ultimo non viene dotato di nuove risorse ma, per poter coprire le esigenze, si fa affidamento e, lo dico tra virgolette, «si saccheggiano» le risorse già destinate al decreto-legge n. 22, che vengono impiegate per la copertura finanziaria del provvedimento in corso di approvazione; è un modo di tirare un lenzuolo corto che non copre la necessità nuova e scopre quella precedente.
Da un punto di vista della procedura, le regioni hanno ricevuto dagli operatori centinaia di migliaia di richieste ai sensi del citato decreto-legge n. 22 del 2005. Le aziende in crisi chiedevano la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché interventi indennizzatori finalizzati alle ripresa economica, tutti previsti dal provvedimento richiamato.
Con il decreto-legge in esame, le richieste ricordate in precedenza potranno essere accolte solo nel limite definito de minimis; dunque, ogni azienda si potrà veder riconosciuti al massimo 3 mila euro (una sorta di intervento amatoriale).
Lo stesso destino varrà anche per le aziende che producono uva da vino, con l'aggravante che a queste ultime saranno destinati soltanto 40 milioni di euro, mentre nel testo originario presentato dal Governo ne erano previsti 80 milioni. Dimezzare un contributo significa non essere nella condizione di realizzare un intervento organico e risolutivo. Ciò ha determinato proteste accesissime da parte degli agricoltori, specialmente in Puglia; tuttavia, siccome tali proteste in questo momento si sono acquietate, la maggioranza ha ritenuto di non dover integrare quei fondi.
Inoltre - cosa molto grave nella politica comunitaria -, il Governo non riesce a vedersi riconosciuti i quantitativi necessari per la distillazione del vino, ottenendo da Bruxelles solo due milioni di ettolitri, mentre il fabbisogno stimato era pari a sei milioni. Anche sul decreto-legge n. 22 del 2005 la Commissione europea non ha fornito una risposta; dunque, il decreto non è attuabile.
Riteniamo che ciò accada in quanto il Governo, tautologicamente, non è in grado di far accadere altro, cioè non è nelle condizioni di far valere in Europa le proprie ragioni e le proprie esigenze. Proponiamo dunque di considerare gli interventi previsti dal decreto-legge n. 22 distinti da quelli inseriti nel provvedimento di urgenza in esame, in modo che la copertura non sia a strascico, ma ogni provvedimento abbia la propria copertura, al fine di evitare un gioco pericoloso, non chiaro e soprattutto inefficace.
Abbiamo detto che, in base al provvedimento comunitario n. 1860, nel prossimo triennio ogni azienda avrà diritto a 3 mila euro di contributo, con un budget annuale nazionale di 130 milioni di euro. Tale budget può essere utilizzato dallo Stato o dalle regioni, ma previo accordo. Dunque, occorre trovare questo accordo per definire i criteri di elargizione dei contributi e, quindi, per garantirne una fruizione organica, mirata ed efficace. Tutto ciò non è previsto nel decreto e, a nostro avviso, il Governo sta realizzando una ennesima intromissione nelle competenze delle regioni, il che comporterà certamente un nuovo contrasto di fronte alla Corte costituzionale. Pertanto, chiediamo che la materia sia regolamentata attraverso un decreto ministeriale conseguente ad un accordo con le regioni e le province autonome.
Inoltre, il Governo si propone di acquistare dal mercato 800 mila quintali di uva da tavola per far fronte alle problematiche del settore. Tale norma è in palese contrasto con la normativa comunitaria in materia di concorrenza. Dunque, delle due l'una: o il Governo apre una trattativa con l'Unione europea, notificando il provvedimento e attendendo un'autorizzazione, oppure bisognerà dichiarare in maniera esplicita - come richiesto da un nostro emendamento - che l'acquisizione avverrà con le regole e le limitazioni previste dal regime de minimis, altrimenti - come avvenuto per il decreto-legge n. 22 - anche il provvedimento in esame resterà privo di applicazione.
Non è improbabile che lo scopo del Governo sia quello di promettere un intervento quando la crisi è molto forte e predisporre un provvedimento pur sapendo che è inattuabile, per poi dare la colpa quando ciò sarà evidente, al contesto europeo, mentre sappiamo bene che è l'avvio corretto della procedura a rendere attuabile un provvedimento.
Inoltre, si deve ricordare anche l'anomalo andamento dei prezzi lungo le filiere
agroalimentari. In questo caso si promette ma non si mantiene e, quindi, si è in assenza di strumenti efficaci per rilevare i prezzi, per reprimere fenomeni negativi e perfino per dissuaderli. Invece, pensiamo che, pur rimanendo in regime di mercato, si dovrebbero introdurre efficaci elementi di deterrenza nei confronti di chi compie azioni speculative e, soprattutto, si dovrebbe promuovere ed incentivare l'obbligatorietà dell'accertamento fiscale in presenza di uno scostamento sensibile dei prezzi rispetto a quanto rilevato dagli studi di settore.
In conclusione, vorrei richiamare altri due aspetti. Il primo riguarda la spinosa questione del Corpo forestale dello Stato. Esso ha bisogno di seri provvedimenti per quanto attiene al destino, agli interessi e alla copertura dei parenti delle vittime, appartenenti al personale di tale corpo. Noi proponiamo di equiparare tale organismo agli altri corpi di polizia. A ciò nulla osta sotto il principio formale né sotto quello funzionale. Invece, sarebbe necessario operare in tale direzione per un senso di giustizia ed equità nei confronti di chi lavora tanto duramente e da tanto tempo (è recentissima la festa per il centottantatreesimo anniversario del Corpo forestale dello Stato). Quindi, sarebbe un giusto riconoscimento da parte del Parlamento e sarebbe giusto aspettarsi da parte del Governo sensibilità affinché il Corpo forestale veda riconosciuti i propri diritti, le proprie funzioni e le proprie potenzialità.
Naturalmente vi è necessità di dotare un provvedimento del genere degli strumenti economici. Noi abbiamo indicato di recuperare 10,5 milioni di euro dalle disponibilità relative ai corsi per allievi ufficiali, non utilizzati per intero, che potrebbero sanare i problemi di bilancio del Corpo forestale dello Stato.
Un altro aspetto da noi preso in considerazione attiene alle quote latte. Nella fattispecie chiediamo che venga prorogato il regime transitorio per il pagamento mensile ridotto, soprattutto facendo riferimento alle imprese di montagna, a quelle delle zone svantaggiate e a quelle titolari di quote B, che sono sempre in affanno rispetto a questo tipo di problema. Ci attendiamo che il Governo dia una risposta positiva a queste proposte emendative, anche perché in Commissione lo stesso Governo e il relatore hanno valutato con attenzione, riconoscendone la fondatezza, le nostre proposte, perfino recependole in parte.
Tuttavia, fatte queste considerazioni e sapendo bene che con esse non si esaurisce l'intero panorama delle contestazioni possibili, siamo di fronte ad interventi urgenti che comunque non riescono ad aggredire le cause della crisi. Inoltre, dobbiamo considerare la questione finanziaria che sarebbe banale non definire da «nozze con i fichi secchi», trattandosi di un provvedimento che riguarda l'agricoltura, perché di questo stiamo parlando.
Infine, esiste una questione di metodo perché non è possibile che, per sanare problemi dello stesso comparto, il Parlamento abbia dovuto esaminare tre decreti distinti, uno diverso dall'altro, che continuano a cambiare. Tali decreti hanno avuto anomali tempi di discussione in Commissione, producendo lo strozzamento dell'esame. Addirittura, si potrebbe arrivare alla deprecabile intenzione del Governo di porre la questione di fiducia, che strozzerebbe ulteriormente la discussione senza giovare alla completezza del provvedimento.
In conclusione, il gruppo della Margherita ha operato coscienziosamente, volonterosamente e con grande competenza grazie ai colleghi della Commissione agricoltura per modificare positivamente e costruttivamente il decreto-legge, nonostante la situazione che il nostro Parlamento sta vivendo, con le ovvie e conosciute tensioni relative alla violenta introduzione, con conseguente forzatura dei tempi, della legge elettorale.
Con grande senso di responsabilità, ci siamo mossi su questo provvedimento come se la situazione in Parlamento fosse di placido e pacifico dialogo tra i gruppi di maggioranza e di opposizione. Lo abbiamo fatto nonostante la situazione; il nostro senso di responsabilità si evidenzia nei
comportamenti di chi è intervenuto, ed è agli atti. Il desiderio è di contribuire al miglioramento del testo; questo ci proponiamo di fare con attenzione e serietà, anche nel prosieguo dell'esame del provvedimento in aula (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è la seconda volta che nel corso del 2005 il Parlamento è chiamato ad affrontare i problemi delle emergenze e della crisi del settore dell'agricoltura. Tale settore, come ricordato, vive momenti di difficoltà dovuti a problemi più complessivi di competizione internazionale, ma anche a deficienze strutturali che riguardano il nostro paese. Credo che per intervenire su questioni di emergenza, come quelle di cui stiamo discutendo, occorra avere chiare tre questioni. La prima riguarda una strategia sul futuro complessivo del settore agricolo nel nostro paese. La seconda è relativa alla chiarezza e alla certezza degli strumenti messi a disposizione delle imprese per poter accedere agli interventi previsti dai decreti-legge e dalle leggi che approviamo. La terza questione riguarda la garanzia e la certezza delle risorse finanziarie a disposizione degli interventi.
Credo onestamente, lo ricordo anche all'onorevole Bellotti, che prima è intervenuto in una appassionata difesa del lavoro del ministero e del Governo, che siamo ben lontani dall'aver chiarezza su questi tre elementi, costituenti delle azioni nei confronti del mondo agricolo.
La situazione relativa alla strategia è già stata sottolineata dai colleghi dell'opposizione intervenuti in precedenza, ma se vogliamo avere riprova della provvisorietà che caratterizza le politiche del mondo agricolo, basta riferirsi alla lettera-proclama che il ministro Alemanno ha inviato in questi giorni ai parlamentari della Commissione agricoltura e agli assessori regionali, nella quale ripropone interventi urgenti e straordinari in favore delle filiere agroalimentari del nostro paese, in favore dello sviluppo rurale e quant'altro. Dopo cinque anni, dopo interventi sempre di natura emergenziale, ancora una volta parliamo di straordinarietà, senza una visione complessiva dei problemi dello sviluppo agricolo. Non solo, lo facciamo a pochi mesi dallo scioglimento delle Camere, con tutte le obiezioni che al riguardo possono essere mosse.
Per quanto riguarda gli strumenti e le risorse finanziarie, credo si possa sostenere che siamo di fronte ad un mondo magico, ad un sistema di magie, dove gli strumenti e le risorse appaiono e scompaiono e vengono trasferite da una parte all'altra, lasciando il tutto in un situazione di indeterminatezza che proietta il sistema delle imprese agricole del nostro paese in una condizione non solo già di disagio, ma che, ormai, è definibile più propriamente di sconforto.
Consentitemi, per comprendere a fondo la questione in discussione, di ripercorrere i passaggi che il Parlamento ha vissuto in quest'anno, in relazione ai decreti emergenziali, e che si appresta a rivivere con la discussione odierna.
Rispetto alle crisi del 2004, che avevano coinvolto tutto il settore ortofrutticolo, il Governo presentò il decreto-legge n. 22 del 2005, che sostanzialmente introduceva due elementi. Anzitutto, ricordo il criterio in base al quale le aziende potevano accedere ai benefici previsti dal provvedimento: aver subito una riduzione del reddito in misura del 30 per cento rispetto al reddito medio del triennio precedente. Si trattava di un'operazione difficilissima: lo dimostra il lavoro di verifica compiuto in questi mesi dalle regioni.
L'articolo 1-ter individuava sostanzialmente le forme sulle quali il decreto agiva e i benefici - sia di carattere fiscale e previdenziale sia in termini di prestiti che si sarebbero concessi al settore agricolo - che si introducevano. In pratica, si definivano le caratteristiche dei soggetti ai quali venivano destinate le risorse e i vari strumenti attuativi del decreto. Quel decreto
definiva, inoltre, anche le risorse. Risorse, che noi giudicammo insufficienti, e stimate dal Governo in 120 milioni di euro destinati a far fronte all'emergenza del settore ortofrutticolo.
In agosto scoppia la crisi, per alcuni versi drammatica come alcuni colleghi intervenuti hanno posto in rilievo, dell'uva da vino in Puglia, e dell'uva da tavola nelle regioni del Mezzogiorno. Il ministro per le politiche agricole e forestali incontra i rappresentanti delle regioni, e da questo incontro scaturirà poi il decreto, che la Commissione agricoltura inizia successivamente ad esaminare.
Nel decreto-legge in esame, il ministro definisce l'entità delle risorse finanziare necessarie ad affrontare la crisi del mercato dell'uva da vino e da tavola - si fa riferimento a 90 milioni di euro considerati necessari per intervenire a sostegno di quelle produzioni -, e individua, nel ricorso al de minimis, la forma migliore per poter accedere ai contributi.
La sensibilità del relatore, onorevole Misuraca, ha condotto a cambiare anche radicalmente l'articolo 1 del decreto-legge in esame. L'indeterminazione con la quale sono definite le modalità tramite le quali i contributi possono essere erogati e la genericità con la quale il provvedimento è presentato all'esame della Commissione agricoltura hanno richiesto una ristesura del testo del provvedimento che sarebbe ora quello al nostro esame.
Cosa prevede questa riscrittura del testo del provvedimento? Si prevede che tutte le norme che erano contenute nella legge n. 71 del 2005 siano accorpate nel disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 182; viene fissato il meccanismo de minimis, applicabile a tutti i diversi settori agricoli in crisi, ortofrutta, uva da tavola e da vino; si individua la contribuzione, che varia per le imprese del settore, da 1000 a 3000 euro, che consente di poter accedere al de minimis, ed, infine, si ridefiniscono le risorse finanziarie. A quest'ultimo riguardo, nel primo decreto si prevedevano per il settore dell'ortofrutta 120 milioni di euro. Nel secondo decreto si prevedevano per l'uva da tavola e da vino 80 milioni di euro che, per la verità, andavano a prosciugare i 120 milioni del primo decreto, ma, nel frattempo, nessuno aveva detto che quella crisi era stata superata. Nel terzo decreto si rimodulano ancora una volta le risorse finanziarie disponibili stimandole in 80 milioni di euro per le crisi relative all'anno 2004, e in 40 milioni per le crisi concernenti l'uva da tavola e da vino.
Ciò detto, si pone un primo interrogativo. O queste crisi sono state superate o, se non sono state superate, le risorse finanziarie stanziate non sono sufficienti per affrontarle. Risorse la cui entità è definita nei decreti del Ministero per le politiche agricole e forestali. Siamo, quindi, di fronte ad una coperta corta che non è in grado di dare risposta ad alcuno dei bisogni emersi.
Ci siamo trovati di fronte ad una magia all'inverso: la farfalla non è uscita dal bozzolo, ma vi è entrata!
Oltre a quello delle risorse, un altro problema, che è stato già sottolineato, riguarda l'uso degli aiuti de minimis. Guardate che con il provvedimento in esame assorbiamo, di fatto, tutto il plafond di cui il nostro paese dispone! Sappiamo che la misura può essere utilizzata sia dalle regioni sia dallo Stato. Ebbene, con il provvedimento in esame lo Stato decide di utilizzare tutto il plafond. Ciò significa che se qualche regione, di fronte a particolari emergenze, avesse l'esigenza di farne uso, con risorse proprie, non potrebbe!
Ciò avviene in assenza, da una parte, di regole e, dall'altra, del registro nazionale in cui i contributi de minimis debbono essere iscritti. Possiamo anche trovarci di fronte al caso di un'azienda che, beneficiando di contributi statali e regionali, riceva più di 3000 euro in tre anni (in tal caso, essa sarebbe sottoposta all'obbligo di rimborso o soggetta ad azioni di recupero delle risorse eccedenti ricevute). Secondo le direttive comunitarie, il registro è obbligatorio, ma noi ne facciamo a meno, perché nulla dispone al riguardo il decreto-legge. Reputo di difficile realizzazione l'ipotesi che taluni operatori ricevano più
di 3000 euro; tuttavia, qualora ciò accada, bisogna che sia chiaro che i 3000 euro incideranno nell'arco del triennio.
Ma l'operazione peggiore che si sta conducendo mediante il decreto-legge in esame è la seguente: a tutte le aziende che dovevano beneficiare degli interventi previsti dal decreto-legge n. 22 del 2005, le quali hanno già avviato le relative pratiche (siano esse fiscali, finanziarie o contributive) diciamo, sostanzialmente, che ci siamo sbagliati, che tutto quello che avevamo detto loro non è vero e che si riparte daccapo, con criteri nuovi e con risorse ancora più incerte. Questa è la preoccupazione più grande che nutriamo in merito al provvedimento in esame.
Alcuni colleghi hanno sottolineato la vicenda dell'uva da tavola. Mi associo anch'io alle loro preoccupazioni. Così com'è scritto, il comma 5 dell'articolo 1 pone un problema serio: assicurando un sostegno alle produzioni, esso infrange le norme comunitarie e, di conseguenza, rischia, ancora una volta, di mettere in mora il provvedimento e di renderlo, per così dire, inagibile.
Nella discussione si sono intrecciate altre questioni, alcune delle quali appaiono veramente stupefacenti. Penso, ad esempio, alle promozioni nel Corpo forestale dello Stato, per le quali si pensava di togliere il requisito dell'anzianità o ad altre situazioni sulle quali varrebbe la pena di riflettere: ad esempio, il rafforzamento dell'Ispettorato centrale per la prevenzione delle frodi avviene, di fatto, con l'assunzione di tre dirigenti e la soppressione di dieci agenti.
Insomma, mi pare che siamo fermi a misure tampone, a raffazzonature. Per quanto ci riguarda, noi del centrosinistra cercheremo di operare al meglio anche qui in aula, presentando emendamenti volti a migliorare il testo, ovviamente qualora il Governo non ritenga di porre la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Dobbiamo ora sospendere gli interventi sul complesso delle proposte emendative e rinviare il seguito del dibattito al prosieguo della seduta.
Ricordo che alle 15 avrà luogo lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ho chiesto la parola per sollecitare la risposta ad un'interrogazione a risposta scritta che ho presentato il 18 luglio 2005 (mi riferisco all'atto n. 4-15960), relativa alla vicenda Gazprom-Eni e agli accordi per la vendita del gas sul territorio italiano.
Signor Presidente, le chiedo di intervenire, affinché i ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive diano sollecitamente le indicazioni e le informazioni necessarie, di cui hanno bisogno il mondo dell'energia e gli utenti italiani, anche perché, quotidianamente, compaiono insistentemente su tutti i giornali notizie di vario tipo che non trovano alcun riscontro preciso nelle indicazioni del Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, riferirò al Presidente della Camera quanto da lei richiesto affinché interessi il Governo.
La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta
immediata, alle quali risponderanno il ministro del lavoro e delle politiche sociali, il ministro della salute ed il ministro per i rapporti con il Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Giacomelli ha facoltà di
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor ministro, il Governo ha fino ad oggi attribuito solo il 50 per cento delle risorse previste per il fondo nazionale delle politiche sociali; lei stesso, a nome del Governo, si è impegnato a reperire le risorse mancanti, risorse il cui difetto - nella misura, appunto, del 50 per cento - colpisce essenzialmente l'attività delle regioni e dei comuni. Fino ad oggi, però, non si è trovato un solo euro; vi siete esibiti soltanto in una lunga teoria di scuse, di pretesti e di imbarazzati rinvii.
PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, onorevole Maroni, ha facoltà di
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il fondo nazionale delle politiche sociali, come è noto, trasferisce ogni anno alle regioni ed ai comuni una quota di risorse che sono destinate dalle regioni, dalle province e dai comuni alla spesa sociale; è una quota importante, ma marginale rispetto alla spesa che regioni, province e comuni affrontano.
PRESIDENTE. L'onorevole Giacomelli ha facoltà di
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, della lunga serie di dati citati dal ministro, ce ne è solo uno che prendo per buono, poiché l'ha pronunciato egli stesso in quest'aula: l'impegno ad annunciare la prossima settimana, in sede di Conferenza unificata, il trasferimento dei 504 milioni di euro mancanti. Ciò anche perché, signor ministro, lei sa bene che i fondi dell'INAIL non sono utilizzabili, poiché si riferiscono ad investimenti, mentre in questo caso c'è bisogno di destinare risorse finanziarie ad un capitolo di spesa corrente.
ROBERTO MARONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Non me!
ANTONELLO GIACOMELLI. ...ma la vita di milioni di famiglie!
PRESIDENTE. L'onorevole Ercole ha facoltà di
CESARE ERCOLE. Signor Presidente, signor ministro, attraverso la presentazione della nostra interrogazione abbiamo voluto evidenziare un problema che, a quanto risulta dai mass media, oggi assume una dimensione globale: l'influenza aviaria. Tale questione è stata già affrontata nelle scorse settimane, tuttavia abbiamo voluto ribadire, ancora una volta, l'importanza che l'azione del Ministero della salute deve rivestire nell'arginare questa considerevole problematica.
PRESIDENTE. Onorevole Ercole...
CESARE ERCOLE. ...che mette in allarme tutti nostri concittadini.
PRESIDENTE. Il ministro della salute, onorevole Storace, ha facoltà di
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Signor Presidente, onorevole Ercole, il Ministero della salute ha tempestivamente adottato specifici provvedimenti atti a contrastare l'introduzione del virus dell'influenza aviaria nel territorio nazionale. L'interrogazione di cui lei è proponente, assieme ad altri firmatari, fa riferimento ad uno specifico oggetto, il quale, se vogliamo, riguarda anche la capacità di tutela delle nostre carni, verso le quali si è registrata una psicosi incredibile, poiché il consumo di polli è addirittura diminuito immotivatamente.
che, in ogni caso, le carni italiane sono controllate - dall'allevamento alla macellazione ed alla commercializzazione - da 5.800 veterinari italiani.
PRESIDENTE. L'onorevole Ercole ha facoltà di
CESARE ERCOLE. Signor ministro, sono soddisfatto della risposta che lei ha dato alla nostra interrogazione. In particolare, sono soddisfatto perché ha dato risposta ad un problema da lei stesso sollevato, ossia quello della grande problematica correlata al consumo delle carni avicole. Nel nord - e, soprattutto nel nord-est - si registra una diminuzione che arriva fino all'ottanta per cento dell'uso della carne di pollo. È evidente che non bisogna creare allarmismi, ma bisogna essere trasparenti e dire come stanno veramente le cose. Penso che lei, signor ministro, nel corso del suo mandato, stia fornendo linee guida molto importanti anche alle regioni in tale direzione.
signor ministro, che domani - in sede comunitaria - si decida, assieme agli altri paesi europei, un'azione univoca su problematiche correlate anche alla caccia, e su una misura che dovrebbe tutelare i cacciatori (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. L'onorevole Milioto ha facoltà di
VINCENZO MILIOTO. Signor Presidente, signor ministro, la mia interrogazione trae origine dal fatto che domenica 18 settembre 2005 un ragazzo di 23 anni, Simone Farrauto, in quel di Racalmuto, in provincia di Agrigento, è stato ammazzato e bruciato. Si tratta di una morte orrenda che, anche per le modalità con cui è stata consumata, ha sconvolto l'intera comunità del paese di Leonardo Sciascia. Questo paese, di 10 mila anime, ad alta densità mafiosa, è stato teatro negli anni Novanta di barbare stragi mafiose. In tale paese esiste solo una caserma dei carabinieri, il cui organico non consente un serio controllo del territorio anche nelle ore notturne.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il 18 settembre scorso, a Racalmuto, i militari della locale stazione dei carabinieri rinvenivano il cadavere carbonizzato del giovane Simone Farrauto. L'esame autoptico ha rilevato che la morte è stata determinata da lesioni craniche gravi, le cui cause sono in corso di accertamento. Le indagini, condotte dalla procura di Agrigento e dall'Arma dei carabinieri di Canicattì, portano ad escludere il collegamento del fatto di sangue a contesti di criminalità organizzata, inquadrando il delitto in possibili contrasti tra giovani del posto, che sarebbero successivamente degenerati in una rissa ed in un'aggressione.
detto che la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica in quel comune finora non ha destato un particolare allarme. L'andamento dei delitti in quel territorio, infatti, secondo i dati forniti dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri, ha registrato 91 reati nel corso del 2004 e 80 nei primi nove mesi di quest'anno. In prevalenza, si tratta di reati contro il patrimonio, ad eccezione di due rapine, perpetrate, rispettivamente, nel 2004 e quest'anno, i cui responsabili, peraltro, sono stati prontamente assicurati alla giustizia in ambedue i casi.
PRESIDENTE. L'onorevole Milioto ha facoltà di
VINCENZO MILIOTO. Signor ministro, sono fortemente dispiaciuto di confutare alcune affermazioni che sono state fatte.
PRESIDENTE. L'onorevole Patarino ha facoltà di
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, il consiglio comunale di Massafra, un importante comune della provincia di Taranto, nella seduta del 3 ottobre ultimo scorso, con 16 voti su 30, ha bocciato la proposta di ricognizione dei programmi, cioè il riequilibrio di bilancio per un disavanzo di 800 mila euro. Tale decisione inequivocabile e definitiva, assunta dal consiglio comunale nella sua piena sovranità, non lasciava alla prefettura di Taranto altra scelta se non quella che essa stessa aveva indicato con una propria circolare del 1o settembre. Invece, con procedura assai discutibile, la prefettura stessa, con una nota scarna ed alquanto generica, chiedeva lumi al Ministero, il quale consigliava alla prefettura di Taranto di diffidare il comune dal tenere il consiglio entro 20 giorni.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, la questione sollevata dagli onorevoli Patarino e La Russa con riferimento ai comuni di Massafra e di Sava, entrambi in provincia di Taranto, attiene a due fasi temporalmente diverse di una stessa procedura: quella finalizzata allo scioglimento del consiglio comunale per la mancata approvazione del piano di riequilibrio finanziario secondo quanto previsto da una serie di articoli di legge. Per giungere a tale effetto, tuttavia, l'ordinamento vigente prevede la preliminare erogazione della diffida ad adempiere nel termine di 20 giorni rivolta dal prefetto all'organo consiliare. Preciso che sia nel caso di mancata approvazione del bilancio, sia in caso di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio, l'atto di diffida rappresenta la condizione pregiudiziale ed ineludibile che la legge impone al prefetto e che si configura come una necessaria garanzia posta a tutela delle prerogative dell'ente locale. Dopo l'inutile decorso del termine richiamato dalla diffida e, quindi, dopo la mancata adozione della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio il prefetto provvede alla nomina di un commissario ad acta per l'adozione dei provvedimenti conseguenti al successivo scioglimento del consiglio comunale.
PRESIDENTE. L'onorevole Patarino ha facoltà di
CARMINE SANTO PATARINO. Signor ministro, la ringrazio per le assicurazioni che ha voluto darmi a proposito dell'impegno e dell'approfondimento che ci sarà. A tale riguardo, proprio perché non concordo completamente con il lavoro, pur pregevole, svolto dal Ministero, vorrei ricordare che l'articolo 1 del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 44, convertito nella legge 31 maggio 2005, n. 88, evocando le disposizioni contenute nell'articolo 1 della legge del 24 aprile 2002, n. 75, così come richiamato con la circolare inviata dalla prefettura di Taranto a tutti i sindaci della provincia, dispone che la mancata adozione da parte dei consigli comunali dei provvedimenti di riequilibrio di bilancio, così come per i bilanci di previsione, comporta l'avvio della procedura di scioglimento del consiglio. L'eventuale ricorso alla diffida per la riconvocazione dei consigli entro 20 giorni per gli adempimenti relativi al riequilibrio è previsto in caso di mancata adozione della proposta di riequilibrio quando, cioè, il provvedimento non viene preso.
PRESIDENTE. L'onorevole Emerenzio Barbieri ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Auguri!
EMERENZIO BARBIERI. La ringrazio, Presidente, per avermi dato la parola e per aver ricordato il mio compleanno.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Emerenzio Barbieri.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. La presenza delle forze di pace in Bosnia, unitamente all'attività dell'Alto rappresentante dell'Unione europea e dei paesi alleati, ha contribuito ad evitare, direttamente o attraverso iniziative da essi promosse, atti di discriminazione nei confronti della popolazione cattolica del paese o di altra confessione religiosa. La problematica affrontata nell'interrogazione in esame merita senz'altro una valutazione approfondita, che permetta di comprendere tutte le cause che hanno indotto larga parte dei croati di Bosnia a lasciare il paese.
l'onorevole Emerenzio Barbieri lo sa, essendo esperto di tali questioni, perché più volte ha partecipato a missioni parlamentari in Albania, in Kossovo e in Bosnia, -, esistono forme o atteggiamenti, non di violenza, ma molto più sottili, rispetto a minoranze linguistiche e religiose, che rendono il clima complessivamente molto difficile da vivere, anche se non si ricorre ad atti di intimidazione e di violenza veri e propri.
PRESIDENTE. L'onorevole Emerenzio Barbieri ha facoltà di
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, mi pare che, con riferimento alla questione posta, il Governo abbia colto nel segno e, per tale motivo, vorrei ringraziare il ministro Giovanardi.
PRESIDENTE. Dovrebbe ringraziare anche me, se per questo, per quanto le ho detto...!
EMERENZIO BARBIERI. L'ho già ringraziata, signor Presidente, per gli auguri che mi ha rivolto...
PRESIDENTE. Grazie. Vada avanti, perché i tempi sono stretti!
EMERENZIO BARBIERI. Il ministro Giovanardi ha ricordato che, in forza all'appartenenza al Consiglio d'Europa, ho svolto il ruolo di osservatore in occasione delle elezioni in Bosnia e, a tale proposito, devo dire che il Governo ha colto con esattezza la questione.
PRESIDENTE. L'onorevole Titti De Simone ha facoltà di
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, ci rincresce che il ministro Moratti, da un po' di tempo, non venga più in quest'aula a rispondere alle interrogazioni a risposta immediata; speriamo di poterla incoraggiare a recarsi nuovamente in questa sede per fornire le risposte di sua competenza, come dovrebbe fare.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di rispondere.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, le affermazioni dell'onorevole Titti De Simone sono destituite di ogni fondamento, perché non sono vere: la spesa complessiva per l'istruzione è aumentata nel nostro paese, passando da 33 miliardi di euro nel 2001 a 41 miliardi di euro nel 2005, cui vanno aggiunte le risorse destinate agli incrementi contrattuali del comparto scuola per il biennio economico 2004-2005.
agosto 2003, con annuali decreti, sono stati determinati gli importi dei contributi alle famiglie di alunni frequentanti le scuole non statali, nei limiti dello stanziamento di 30 milioni di euro per il 2003 e di 50 milioni di euro per il 2004.
PRESIDENTE. L'onorevole Titti De Simone ha facoltà di
TITTI DE SIMONE. Signor ministro, la Costituzione non si può interpretare a seconda delle proprie convenienze. La Costituzione prevede un principio di libertà di scuola, nel senso che vi sono enti privati che hanno il diritto di dar vita a scuole e ad istituti di educazione, ma senza oneri per lo Stato.
PRESIDENTE. L'onorevole Duca ha facoltà di
EUGENIO DUCA. Signor ministro, negli ultimi due mesi si sono verificati cinque casi di presenza di parassiti sui treni italiani. Zecche, pulci e cimici hanno attaccato decine di viaggiatori e di ferrovieri in servizio.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, purtroppo vi sono due aspetti del problema, di cui uno difficilmente modificabile, come nel caso in cui qualche persona o animale salga sui treni, di notte o di giorno, magari clandestinamente, portando i parassiti che ha addosso sulle carrozze. È chiaro che questo provoca una serie di problemi rilevanti su cui il Ministero dei trasporti sta indagando per ricostruire un quadro conoscitivo e per valutare la sussistenza dei presupposti per svolgere azioni nei confronti dell'impresa ferroviaria.
di Trenitalia al fine di giungere all'eventuale assoggettamento a sanzioni e, nel caso in cui non si sia provveduto ad eliminare le conseguenze di questi fatti (le cui cause sono comunque largamente a monte e difficilmente evitabili), anche alla risoluzione del contratto.
PRESIDENTE. L'onorevole Duca ha facoltà di
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, purtroppo, anche a nome dei colleghi firmatari, devo esprimere l'insoddisfazione per la risposta fornita dal ministro Giovanardi, anche perché penso che in merito alla parte finale, relativa all'acquisto di treni, chi ha informato il ministro lo abbia fatto con una notizia non vera.
PRESIDENTE. L'onorevole Santori ha facoltà di
ANGELO SANTORI. Signor ministro, i presunti abusi da parte delle forze dell'ordine a Genova, in occasione del vertice del G8, saranno sottoposti a giudizio nel corso di un processo, la cui prima udienza si è già svolta il 12 ottobre scorso; il procuratore aggiunto di Genova, dottor Mario Morisani, sembra abbia chiesto che le prossime udienze, già fissate per i giorni 2, 9, 16 e 23 novembre 2005, non si svolgano come d'uso in un'aula di tribunale, bensì in un pubblico teatro, per consentire ai numerosi cittadini interessati di assistere con comodità al dibattimento. La magistratura, nel nostro ordinamento, ha solo l'impegnativo compito di giudicare i fatti e non anche quello di organizzare e predisporre eventi, cosa questa che, in genere, riguarda altre categorie professionali. Un teatro richiama, di per sé, il concetto di spettacolo pubblico, cosa che dovrebbe invece essere accuratamente evitata, trattandosi di un processo quanto mai delicato, che coinvolge l'onorabilità dei singoli e, nella fattispecie, addirittura il prestigio delle forze dell'ordine.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Carlo Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, sulla base delle notizie assunte dagli uffici giudiziari di Genova, appare che la corte d'appello di Genova non dispone di alcuna struttura dotata dei requisiti necessari per un'aula di massima sicurezza. In questi anni, si è fatto fronte alle esigenze di alcuni processi (Brigate rosse, dirottamento della Achille Lauro, criminalità organizzata) utilizzando l'aula magna della corte, ubicata al secondo piano interrato del palazzo di giustizia. Nell'anno in corso, l'utilizzo dell'aula suddetta ha subito notevoli limitazioni a causa della concomitante realizzazione di imponenti lavori di ristrutturazione e la stessa sarà agibile soltanto a partire dal gennaio 2006. Sono in corso trattative con il comune di Genova e con il Provveditorato regionale alle opere pubbliche volte ad acquisire l'area sulla quale edificare un'aula di massima sicurezza. Allo stato, pertanto, in assenza di aule di grandi dimensioni nonché protette, l'ufficio giudiziario deve contemperare la normale attività giudiziaria con la trattazione di tre processi caratterizzati dalla presenza di numerosissimi imputati e parti lese: il primo, a carico dei no global; il secondo, a carico di appartenenti alle forze dell'ordine per i fatti avvenuti presso la scuola Diaz; il terzo, per i fatti verificatisi nella caserma della polizia di Genova Bolzaneto. Il presidente del tribunale di Genova ha evidenziato come anche i numerosi legali delle parti si siano ripetutamente lamentati di tale situazione, giungendo a chiedere il rinvio delle udienze che non possono esser fissate nell'aula magna. Proprio in considerazione della inagibilità dell'aula magna, nonché della inidoneità delle aule della corte d'assise - per le limitate dimensioni e la scarsità di microfoni - nel corso della precedente udienza del procedimento a carico di appartenenti alle forze dell'ordine il procuratore aggiunto, dottor Morisani, ha segnalato al tribunale la necessità di reperire uno spazio adeguato per lo svolgimento del pubblico dibattimento, indicando, tra le varie possibilità, quella di richiedere al comune di Genova la messa a disposizione di un teatro. Devono essere ricordate, a questo proposito, le norme del codice di procedura penale il quale prevede, all'articolo 471, la pubblicità dell'udienza a pena di nullità ma, nel contempo, consente al presidente di disporre, per ragioni di ordine, in casi eccezionali, con provvedimenti dati oralmente e senza formalità, che l'ammissione nell'aula di udienza sia limitata a un determinato numero di persone. Pertanto, si confida che il presidente del tribunale vorrà regolare la presenza in aula del pubblico, ovunque si svolgeranno le udienze, in maniera tale da non spettacolarizzare il dibattimento a vantaggio di chi intenda strumentalizzare l'udienza per fini politici di parte.
PRESIDENTE. L'onorevole Santori ha facoltà di
ANGELO SANTORI. Signor ministro, mi ritengo soddisfatto delle sue assicurazioni, ma insisto affinché utilizzi tutti gli strumenti a sua disposizione in relazione alla richiesta che il procuratore aggiunto ha inoltrato. Questa richiesta, a mio avviso, è oltraggiosa e offensiva per le forze dell'ordine.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 17,05.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, il deputato Carrara è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Franci 5.60, a pagina 31 del fascicolo degli emendamenti, deve intendersi numerato 5.60-bis.
PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, ancora una volta questo Governo dà risposte incerte, confuse e contraddittorie ai problemi gravi che affliggono il nostro paese.
maggiore presenza di prodotti di importazione. Tutto questo in un contesto generale che vede l'agricoltura italiana attraversata da una profonda crisi che investe numerosi settori, da quello vitivinicolo a quello ortofrutticolo, da quello bieticolo-saccarifero a quello lattiero-caseario, dalla produzione del pomodoro alla floricultura.
somma degli stanziamenti indicati distintamente per tali interventi: un vero e proprio gioco di prestigio!
che contengano anche interventi idonei e capaci di incidere sulle cause della crisi stessa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, signor sottosegretario, va detto che il decreto-legge in materia di agricoltura in esame rappresenta solamente una risposta parziale ad uno dei tanti problemi che attanagliano un settore strategico della nostra economia.
di portare innovazione e di determinare il rafforzamento delle produzioni di qualità, al fine di consentire alla nostra agricoltura di uscire dal lungo tunnel in cui si trova. Nel disegno di legge finanziaria per il 2006, purtroppo, non abbiamo trovato alcuna misura del genere e pertanto aspettiamo risposte già dalla conversione di questo decreto-legge.
scade il 9 novembre, non si coglie l'occasione di sedersi ad un tavolo per affrontare le situazioni di emergenza? Ve ne sono tante al nord ed al sud: perché allora questa insensibilità e questo silenzio? Il tempo c'è, non vi è bisogno di ulteriore arroganza che penalizza gli agricoltori; le cartelle dell'INPS continuano ad arrivare mentre i soldi per le calamità continuano a mancare e la concorrenza dall'estero è più aggressiva che mai: siamo di fronte ad un caso di crisi ampia che ha bisogno di risposte di sistema; risposte che riguardino anche la filiera agroindustriale. Ascoltate quanto opera fuori di voi; ascoltate il mondo dell'agricoltura, e non solo quello degli interessi particolari ai quali siete sensibili. Il made in Italy non può prescindere dall'agricoltura e l'agricoltura italiana da quella meridionale; attenzione a non sottovalutare i moti di protesta: c'è molto esasperazione e, soprattutto, incertezza per il futuro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il decreto-legge n. 182 del 2005, recante interventi urgenti in agricoltura, presenta limiti oggettivi, in primo luogo di natura finanziaria, come è stato già evidenziato dai numerosi colleghi che mi hanno preceduto. I fondi, infatti, sono assai scarsi, insufficienti e perfino incerti.
MARIO LETTIERI. Si pensi che un chilogrammo di pomodori costa meno a Parigi o a Francoforte che a Roma o a Milano, nonostante il nostro sia un paese grande produttore di tali derrate alimentari! Ciò, in particolare nel Mezzogiorno, ha messo in crisi il comparto, ha accentuato l'indebitamento delle aziende ed ha inciso negativamente sull'intera economia e sui redditi delle famiglie dei viticoltori. Alcuni costi delle aziende sono, in questi anni, lievitati enormemente, come ad esempio quelli dell'energia, del gasolio, dell'acqua per l'irrigazione, delle assicurazioni e, contemporaneamente, a causa della crisi di mercato, si sono ridotti gli introiti e sono aumentate le pressioni delle banche creditrici. Tutto ciò è una miscela esplosiva per il mondo agricolo, in cui si registrano legittime e quotidiane proteste, quali quella in atto ed a cui faceva riferimento, poc'anzi, l'onorevole Molinari, che sta interessando l'area del Metapontino, in Basilicata, e quella che vi è stata nei giorni scorsi nel Melfese-Alto Bradano, area importante della regione Basilicata, colpita dalla nota problematica dei prezzi e del conferimento del pomodoro alle industrie conserviere.
e meno burocrazia. Chiedono maggiore coordinamento tra Stato e regioni e maggiore incisività nei momenti decisionali a livello europeo. Tutto ciò è mancato. I nostri emendamenti, alcuni recepiti in Commissione, mirano ad affrontare alcuni aspetti strutturali, quali quelli del rapporto tra agricoltura e grande distribuzione o quelli delle quote latte, soprattutto in relazione alle aziende delle aree montane. A proposito di aree montane, voglio ricordare che gli agricoltori ed i coltivatori, gli imprenditori agricoli di tali aree sono degli eroi perché vivono ed operano in aree che altrimenti sarebbero degradate ed abbandonate, con gravi danni all'ambiente ed al territorio (Applausi del deputato Olivieri)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruta. Ne ha facoltà.
ROBERTO RUTA. Signor Presidente, credo che questo sia il quarto provvedimento che viene adottato in materia di agricoltura sull'onda dell'urgenza. Si tratta, cioè, di interventi che rispondono ad esigenze e ad emergenze temporanee. Se un settore particolare dell'agricoltura va in crisi, si tenta di rispondere attraverso un decreto-legge.
rendere meno redditizio investire in agricoltura e di far fuggire le migliori energie e le migliori intelligenze.
in questi anni ed ormai in tutta la legislatura, è stato assolutamente costruttivo, per il contributo che abbiamo voluto dare, sapendo quanto strategico ed importante sia questo settore. Quante esperienze vediamo ogni giorno sul nostro territorio: imprenditori agricoli della filiera agroalimentare che hanno fatto dei piccoli miracoli. Sempre nel Molise, penso a Di Majo Norante o a Flocco, che hanno portato lustro e che danno forza, oltre che alle loro aziende, al prodotto interno lordo delle realtà soprattutto meridionali.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, pochi minuti fa è giunta la notizia che il Presidente Pier Ferdinando Casini è stato eletto Presidente dell'Assemblea dell'Unione interparlamentare (Applausi).
l'incarico brillante, importante e prestigioso - per il Parlamento ed il paese - che andrà a ricoprire.
MAURA COSSUTTA. Ma dai!
ELIO VITO. Credo che questo voto... (Commenti). Mi dispiace che si perda questa occasione, per fare polemica...
PIERO RUZZANTE. Ma che c'entra!
ELIO VITO. Credo che questo voto riconosca ancora una volta la correttezza dell'operato del Presidente Casini, che viene riconosciuta anche a livello internazionale.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, ovviamente ci assoceremo tutti, ma chiederei a lei, a questo punto, di intervenire: è inutile che prendano la parola i rappresentanti dei gruppi.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, darò prima la parola ai colleghi che hanno chiesto di intervenire.
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, senza essere scortese verso il collega che ha richiamato la sua attenzione, vorrei unirmi agli auguri formulati ed alle considerazioni svolte dal presidente Elio Vito in occasione dell'importante nomina del Presidente Casini che oggi rappresenta un successo non solamente per il Presidente Casini, ma credo per tutto il Parlamento.
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, avrei voluto dichiararmi d'accordo con quanto affermato dal rappresentante del gruppo di Forza Italia, ma non lo faccio, perché purtroppo, nemmeno in queste occasioni si riesce a trovare un minimo comun denominatore. Francamente non si perde mai l'occasione per innestare sempre elementi di polemica!
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi, sono sinceramente preoccupato perché un segno del degrado dei rapporti politici, anche di correttezza, tra i gruppi, anche con riferimento alla Presidenza all'interno di questa Camera, a mio parere, è stato rappresentato dall'incauto - uso un eufemismo - intervento del collega Vito, capogruppo di Forza Italia. Ciò, in primo luogo, perché ritengo - il collega Boccia lo ha fatto capire indirettamente - che «bruciare» quello che avrebbe potuto essere un annuncio «istituzionale» da parte del Vicepresidente di turno a tutta l'Assemblea - che si sarebbe sicuramente associata con grande applauso di solidarietà -, facendo la corsa a chi arriva prima, sia stato assolutamente indelicato rispetto a lei che presiede in questo momento (ma sarebbe stata la stessa cosa anche se avesse presieduto un altro Vicepresidente). In secondo luogo, nel chiedere la solidarietà degli altri gruppi nell'espressione di tale soddisfazione, che nessuno ovviamente vuole negare, si è usata questa richiesta come una clava nei confronti dei gruppi dell'opposizione per strumentalizzare un fatto positivo, avvenuto a livello di Unione interparlamentare, polemizzando con le critiche svolte dall'opposizione in ordine ad alcuni passaggi delicati e difficili della Presidenza in riferimento all'iter della legge elettorale.
inutilmente una polemica a mio avviso sacrosanta -, che io qui confermo, con tutta l'amicizia e la lealtà che ho nei confronti del Presidente Casini, il mio totale dissenso in ordine alla gestione della vicenda relativa alla legge elettorale. Ritengo si sia violato l'articolo 72 della Costituzione. Lo abbiamo detto ripetutamente in quest'aula e l'onorevole Vito ci costringe (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)...
GIULIO ANTONIO LA STARZA. Vai a casa!
GIORGIO BORNACIN. Piantala!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi pare a tutti che sia il momento di affrontare tale questione? Mi appello alla misura e al buonsenso di tutti!
MARCO BOATO. Io non l'avrei mai affrontata! L'aver voluto utilizzare strumentalmente un annuncio positivo, con il quale tutti solidarizziamo, per ribadire una polemica strumentale, mi porta a rispondere che confermo tutte le riserve riguardo al procedimento legislativo relativo alla legge elettorale. Concludo, esprimendo soddisfazione per l'elezione del Presidente Casini all'Assemblea dell'Unione interparlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e della Margherita, DL-L'Ulivo).
RAMON MANTOVANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, mi guarderò bene dal rinverdire polemiche che nulla - ma proprio nulla - hanno a che vedere con un successo che noi salutiamo molto positivamente, non solo perché riguarda il Presidente della Camera dei deputati, ma anche perché ci sono idee del Presidente Casini sul rilancio dell'Unione interparlamentare, come tassello e pilastro della ricostruzione del multilateralismo e del multipolarismo nel mondo, che condividiamo totalmente. Per questo, il nostro gruppo si è attivamente impegnato affinché fosse raggiunto questo risultato.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, sembrerà strano ma accolgo con interesse le dichiarazione dell'onorevole Mantovani. Per chi ha seguito i passi di avvicinamento per l'elezione - di cui tutti ci facciamo onore - del Presidente Casini alla Presidenza dell'Unione interparlamentare ha certamente preso atto che l'onorevole Pistone ed altri colleghi del centrosinistra e del centrodestra hanno profuso un impegno non solo formale, bensì sostanziale, per arrivare a questo successo. Evidentemente, si tratta di un successo del Presidente della Camera del Parlamento italiano, Pier Ferdinando Casini, ma anche dell'istituzione parlamentare italiana, oltre che dell'intero paese.
da parte del Presidente Casini (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani dei democratici di centro e di Forza Italia).
PIETRO FONTANINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, anche a nome del gruppo della Lega Nord, mi associo ai complimenti rivolti al Presidente Casini per questa importante elezione. Lo diciamo alla vigilia di una giornata che vedrà questa Camera votare una riforma costituzionale importantissima, che apre a quel federalismo che il gruppo interparlamentare vive concretamente attraverso le istituzioni ed anche attraverso questa carica raggiunta dal Presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini.
MAURA COSSUTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, anch'io vorrei intervenire brevemente per sottolineare l'importanza di questa nomina. Si tratta di una carica istituzionale molto importante e credo che il suo raggiungimento sia il frutto del riconoscimento dell'autorevolezza del Presidente Casini. Inoltre, si è voluto riconoscere anche il lavoro e la scelta che lo stesso Presidente Casini ha fatto nell'ambito delle relazioni internazionali.
ANTONIO ORICCHIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne fa facoltà.
ANTONIO ORICCHIO. Riteniamo che un momento importante come questo, in cui assistiamo ad un successo del Presidente Casini, debba essere sottolineato con estrema semplicità e senza polemiche. A nome del gruppo dei Popolari-UDEUR, annuncio che siamo soddisfatti del riconoscimento ricevuto dal nostro Presidente a livello internazionale e lo sottolineiamo con piacere. Credo che sia anche un riconoscimento al lavoro di tutti. Quindi, riteniamo opportuno augurare un buon lavoro per il suo nuovo incarico al nostro Presidente, senza polemiche e con estrema semplicità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. L'onorevole Vito ha anticipato di qualche istante l'annuncio ufficiale della notizia, che mi apprestavo a dare. Di questo non mi rammarico. Voglio dire che una simile notizia - l'elezione del Presidente Casini alla presidenza dell'Unione interparlamentare, con 230 voti su 337 - deve essere accolta, in questa sede, con spirito di festa e non deve essere gravata dalle nostre, pur legittime, polemiche politiche nazionali (Applausi). Credo che questa elezione sia un riconoscimento al contributo che il Presidente Casini ha dato alla cooperazione tra i Parlamenti, del quale molti di noi sono testimoni, avendo partecipato con lui a questo dialogo ed a questa costruzione. Il riconoscimento al Presidente Casini si riverbera sull'intero Parlamento della Repubblica italiana. Quindi, si tratta di qualcosa che, certamente, fa bene all'Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Atteso che, in particolare la settimana scorsa, ho partecipato ad una iniziativa di protesta, non certo nei confronti del Presidente della Camera ma nei confronti della modifica della legge elettorale, e mi sono trovato in una posizione complicata rispetto al Presidente Casini, lei mi consentirà, signor Presidente, di associarmi alle sue parole e a quelle di tanti colleghi che sono intervenuti. Atteso inoltre che non ho neanche nascosto - anzi, l'ho reso pubblico - che non condivido alcuni giudizi dell'opposizione nei confronti del comportamento del Presidente Casini, mi consenta di affermare che le parole dell'onorevole Vito, aggiuntive, sono state davvero sgradevoli. Infatti, allo stesso tempo io credo che ad ognuno di noi sia riservato dalla Costituzione il diritto di esprimere opinioni nei confronti di altre persone che hanno responsabilità istituzionali. Non c'è dubbio che nei confronti del Presidente Casini le parole che abbiamo ascoltato, da parte di tutti i gruppi, sono anche il segno di una valutazione positiva di un atto che certamente dà lustro al Parlamento italiano, al nostro paese e credo anche a ciascuno di noi, in ragione del fatto che il Presidente della Camera, quando è seduto su quello scranno e quando rappresenta il Parlamento - in Italia e non soltanto -, non è un Presidente di parte ma colui che rappresenta tutti noi, tutti i deputati di questa Assemblea.
toppe. Spesso e volentieri le toppe e le pezze che vengono messe sono peggiori del male.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Ma quell'emendamento è di Marcora!
ROBERTO GIACHETTI. Onorevole Misuraca, lei si scalda, ma lasci perdere! Sto dicendo soltanto che l'Antitrust ha inviato un atto con il quale mette in mora una parte del provvedimento di cui lei è relatore. Lasci quindi perdere: prenda atto di ciò ed eviti di fare polemiche inutili. Prenda atto, ripeto, che avete inserito nel provvedimento una norma considerata incostituzionale dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che vi ha chiesto di espungerla dal provvedimento. Se riuscirete a fare ciò, probabilmente riuscirete anche a legiferare in modo migliore, ma questo non vi si può chiedere non avendolo voi fatto per quattro anni: non si capirebbe, infatti, perché improvvisamente, fulminati sulla via di Damasco, dovreste imparare a farlo negli ultimi quattro mesi della legislatura... Noto che i colleghi ogni tanto si assopiscono e ogni tanto si svegliano: ho questo potere (Si ride).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
STEFANO LOSURDO. No, Presidente, in verità non avevo chiesto di intervenire.
PRESIDENTE. Sta bene.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Presidente, se lei è d'accordo, potremmo procedere all'espressione dei pareri sulle proposte emendative.
PRESIDENTE. A me risultava che altri colleghi avessero chiesto di parlare. Evidentemente, non ci sono; si trattava, allora, di false notizie...
FILIPPO MISURACA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Rava 1.83, parere favorevole sull'emendamento Collavini 1.60 e parere contrario sul subemendamento Rava 0.1.600.2. Per quanto riguarda il subemendamento Grillo 0.1.600.1...
PRESIDENTE. È stato ritirato.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Bene.
PRESIDENTE. In questo caso, onorevole relatore, andrebbero accantonati anche i successivi emendamenti presentati all'articolo 2-bis.
FILIPPO MISURACA, Relatore. In tal caso, signor Presidente, la Commissione invita al ritiro dell'emendamento Mazzocchi 2-bis.60, esprimendo altrimenti parere contrario, ed esprime parere contrario sui successivi emendamenti Tuccillo 2-bis.61, Merlo 2-bis.62 e Ruggeri 2-bis.63.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Losurdo 3.2 è stato ritirato. Prego, onorevole relatore, prosegua pure.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento Marcora 3.1, la Commissione esprime parere contrario. Si esprime, altresì, parere contrario sugli emendamenti Preda 3.3, Franci 3.4, Borrelli 3.5, Rava 3.6, Rossiello 3.7, Preda 3.8, Borrelli 3.9, Sedioli 3.10 e Rossiello 3.11. La Commissione esprime, invece, parere favorevole sugli identici emendamenti 3.100 del Governo e Bellotti 3.60.
PRESIDENTE. Il Governo?
TERESIO DELFINO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Per quanto riguarda l'emendamento Collavini 1.60, il Governo si rimette all'Assemblea. Per le restanti proposte emendative, ad eccezione dell'emendamento Mazzocchi 2-bis.60, di cui chiede l'accantonamento, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, ovviamente, tale proposta di accantonamento deve intendersi estesa anche alle successive proposte emendative riferite all'articolo 2-bis.
STEFANO LOSURDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo dinanzi ad una emergenza del settore dell'agricoltura indubbiamente inserita in una situazione emergenziale che possiamo senz'altro definire di carattere mondiale; mi riferisco alle emergenze della globalizzazione e della criminalità. Quindi, non ci si deve stupire, come invece alcune volte l'opposizione ha fatto, di tale situazione straordinaria che preoccupa il settore e gli operatori politici e agricoli impegnati in Parlamento su tali questioni.
PRESIDENTE. Onorevole Losurdo...
STEFANO LOSURDO. L'opposizione, sempre facendo il suo mestiere, può chiedere di migliorare il provvedimento in esame; tuttavia, vorrei rilevare che mancano proposte concrete, precise e specifiche. Si è lamentata l'insufficienza e la non idoneità dei mezzi adottati, ma nell'impianto oppositorio dell'attuale schieramento di minoranza non c'è altro!
PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, deve concludere!
STEFANO LOSURDO. ...quello dell'allevamento! La rivolta delle cosiddette quote latte ha offerto un'immagine di crisi dell'agricoltura italiana; magari era esagerata, poiché si trattava di un fatto veramente...
PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, vorrei segnalarle che ha superato di molto il tempo a sua disposizione!
STEFANO LOSURDO. Tale problema durò parecchi anni; tuttavia, questo Governo e questa amministrazione di centrodestra hanno saputo chiudere l'emergenza quote latte attraverso un decreto-legge che è stato accettato e lodato da tutti. Esso è stato ritenuto positivo, in un certo senso, anche dall'opposizione, la quale ritenne che quel provvedimento...
PRESIDENTE. Onorevole Losurdo...
STEFANO LOSURDO. ...chiudesse una pagina nera dell'agricoltura italiana.
PRESIDENTE. Va bene, onorevole Losurdo...
STEFANO LOSURDO. ... ed offrendo quelle risposte positive (Una voce dai banchi dei gruppi di opposizione: Basta!) di cui il mondo agricolo potrà sicuramente avvalersi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi abbiamo ascoltato, con grande attenzione, gli interventi svolti dai colleghi dell'opposizione (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo); ricordo altresì che, nella seduta dell'altro ieri, abbiamo ascoltato anche gli interventi da essi svolti in sede di discussione sulle linee generali.
conversione, un autorevole rappresentante dell'opposizione ha addirittura rilasciato una dichiarazione ad un'agenzia, evidenziando tutta la propria preoccupazione in merito all'approvazione del provvedimento.
SERGIO SABATTINI. Manca il numero! Manca il vostro numero! Siete assenti!
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ...un'analisi seria e approfondita dei motivi della crisi nel settore agricolo.
PRESIDENTE. Onorevole Marinello, scendere nel particolare avendo superato il tempo a sua disposizione, mi sembra esagerato...
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Marinello, ha terminato il tempo a sua disposizione.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, se mi concede altri due minuti...
PRESIDENTE. Due minuti sono quasi un raddoppio del tempo!
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Un minuto...! Trenta secondi... per concludere.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Marinello, può parlare per altri trenta secondi, per concludere.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ed allora, su queste misure riprenderemo la parola nel corso dell'esame del provvedimento, ma va sicuramente assunto che questo è un provvedimento valido e pertanto invitiamo non soltanto i colleghi della maggioranza, ma anche quelli dell'opposizione a rivedere la propria valutazione e ad esprimere un voto positivo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Grua, al quale ricordo che ha a disposizione un minuto. Prego, onorevole La Grua, ha facoltà di parlare.
SAVERIO LA GRUA. Signor Presidente, quanta demagogia, quanta propaganda, quanti luoghi comuni negli interventi svolti dai colleghi del centrosinistra! Si sono lamentati che il Governo adotta provvedimenti solo per sopperire all'emergenza, dimenticando i problemi strutturali che affliggono l'agricoltura. Ma ci dicano, i signori del centrosinistra, quali sono - io non ricordo neppure uno! - gli interventi strutturali adottati dai Governi della passata legislatura.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole la Grua.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, torno con la memoria a quest'estate e vedo le immagini degli agricoltori in crisi, le strade della provincia di Foggia bloccate. In tale occasione, addirittura, vi fu un morto.
RINO PISCITELLO. Basta con l'ostruzionismo!
ANTONIO PEPE. Noi dobbiamo essere attenti alle richieste del mondo agricolo, perché l'agricoltura può essere trainante per l'intera economia italiana (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Quindi, dobbiamo dire grazie al ministro Alemanno per essere intervenuto con questo decreto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà (Dai banchi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana si grida: Dai, Vascon!).
SERGIO SABATTINI. Votiamo! Basta con l'ostruzionismo! Ostruzionisti!
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, come sente, ho anche i miei fan.
PRESIDENTE. Di qua dicono che sono contrari all'ostruzionismo...
LUIGINO VASCON. Battute a parte, veniamo alle cose serie che riguardano questo provvedimento.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Signor Presidente, questa mattina ho ascoltato tutti gli interventi dei colleghi ed in modo particolare devo ringraziare i colleghi dell'opposizione che hanno capito lo sforzo che ho fatto nel riscrivere l'articolo 1 del decreto-legge in esame. Devo ringraziarli perché, in effetti, anche loro hanno contribuito alla riscrittura. Pertanto, vorrei invitare l'onorevole Rava, presentatore dell'emendamento in esame, a riflettere. Non sto intervenendo per prendere tempo (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo), ma voglio entrare nel merito della norma. È giusto che si sappia che, se fosse approvato l'emendamento Rava 1.83, cadrebbe tutto il lavoro che abbiamo svolto in Commissione. Si tratta di un emendamento non strumentale, ma coerente alle considerazioni svolte dall'opposizione. Vorrei invitare l'onorevole Rava a ritirarlo ed a proseguire nell'esame del provvedimento per dare una vera risposta ai vitivinicoltori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. L'articolo 1 del provvedimento individua negli imprenditori agricoli i destinatari dei contributi in questione. L'articolo è composto da vari commi - successivamente ci soffermeremo sul comma 1 - in cui si suddividono gli aiuti, che vanno da 3 mila a mille euro, agli imprenditori agricoli secondo la superficie di territorio che ha riportato danni. Mi sembra naturale che una posizione del genere non possa assolutamente essere contraddetta. Come diceva il relatore, l'emendamento in esame avrebbe il potere di escludere tutti dalle suddette sovvenzioni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 454
Passiamo alla votazione dell'emendamento Collavini 1.60.
LUIGI BORRELLI. Signor Presidente, se venisse approvato l'emendamento in esame, che ha avuto il parere favorevole del relatore, il contributo de minimis - veramente de minimis - sarebbe esteso a tutti gli agricoltori in termini generici, e non soltanto a quelli professionalizzati. Penso che nell'attuale situazione di carenza di risorse, rappresentata non solo dall'opposizione ma anche dalla maggioranza, allargare la base a tutti coloro che si definiscono agricoltori, e non solo a quelli professionali, significa dire che il de minimis non lo diamo realmente a nessuno. Penso che l'approvazione di questo emendamento sia un danno perché le risorse sono poche e bisognerebbe concentrarle sugli agricoltori professionali che svolgono tale attività, sono iscritti nelle gestioni e fanno realmente impresa agricola. Altrimenti, facciamo solo demagogia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
LINO RAVA. Colgo l'occasione per rispondere alle affermazioni del collega Misuraca sull'emendamento 1.83 da me presentato. Ebbene, noi abbiamo mantenuto una posizione coerente, perché sin dal primo momento nella discussione del provvedimento in Commissione abbiamo sempre sostenuto che le risorse non dovevano essere espropriate alla legge n. 71 del 2005. Questo diceva il nostro primo emendamento e continueremo in quest'ottica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Dai banchi della maggioranza è stato autorevolmente affermato che quella dell'agricoltura italiana è una crisi strutturale. A questo punto vi domando: perché alla crisi strutturale rispondete con interventi di carattere emergenziale? Emergenza su emergenza! Perché parlare di distillazione di crisi e non di distillazione preventiva? Perché è su quello che si dovrebbe ragionare! È del tutto evidente che in alcune zone d'Italia si producono uve che molto probabilmente non riescono a vinificarsi perché non possono entrare nella competizione del mercato dei vini di qualità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è il ministro Alemanno che in una recente lettera inviata a tutti i deputati della Commissione agricoltura ed alle organizzazioni agricole afferma quanto sia improprio parlare di crisi di mercato, come abbiamo fatto fino ad ora, perché sarebbe meglio dire invece che siamo di fronte ad una crisi strutturale. Finalmente il ministro se ne è accorto!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Il collega Marinello, intervenendo sull'emendamento precedente, ha fatto tre affermazioni. La prima: se il provvedimento è cattivo non si vota, però il provvedimento è buono e si vota. Ed ancora: è una crisi strutturale e quindi questo provvedimento interviene sulla crisi strutturale. No, perché questo emendamento che noi stiamo esaminando si deve coniugare con la diminuzione dei fondi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, nel preannunziare il voto contrario sull'emendamento in esame, vorrei svolgere alcune considerazioni, partendo da quelle espresse dai colleghi del centrodestra intervenuti sul primo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mazzarello. Ne ha facoltà.
GRAZIANO MAZZARELLO. Signor Presidente, si dice che vi accusiamo di non porre in essere una politica strutturale nel settore agricolo, ma vorrei sottolineare il fatto che non bisogna solo prevedere misure di sostegno nei confronti di un settore in crisi, dal momento che vi sono punti di forza da sostenere con grande energia e capacità proprio attraverso la predisposizione di una politica strutturale.
gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
LUCA MARCORA. Signor Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Marcora, lei mi fa dei cenni, ma io non l'avevo vista. Non l'ho certo voluta cancellare dalla lista degli interventi...
LUCA MARCORA. Signor Presidente, pensavo che mi avesse visto. È da un po' di tempo che avevo chiesto di intervenire.
PRESIDENTE. Non l'avevo vista: le chiedo scusa.
LUCA MARCORA. Su questo emendamento ritengo si siano espressi beni i miei colleghi nel dire che, in una situazione di scarse risorse finanziarie da destinare al ristoro dei danni subiti dagli agricoltori per la crisi di mercato nel settore vitivinicolo, è inopportuno allargare la platea dei beneficiari.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FILIPPO MISURACA, Relatore. Signor Presidente, considerate le argomentazioni evidenziate dai colleghi dell'opposizione, chiedo l'accantonamento dell'emendamento Collavini 1.60.
PRESIDENTE. Il Governo è favorevole a tale accantonamento?
TERESIO DELFINO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Avverto che, non essendovi obiezioni, l'esame dell'emendamento Collavini 1.60 deve intendersi accantonato.
LINO RAVA. La presente proposta emendativa ha lo scopo di evitare l'ennesima presa in giro per i produttori agricoli. Infatti, l'emendamento 1.600 della Commissione, alla lettera a), prevede che il commissario ad acta di Agensud possa stipulare apposite convenzioni con l'AGEA finalizzate a erogare aiuti de minimis, entro il limite di 21 milioni di euro. In tal modo, si attribuisce una potestà. Peccato che gli uffici della Commissione bilancio affermino che nei fondi, in cui dovrebbero essere reperiti fino a 21 milioni, siano presenti soltanto 569.698 euro. Il che significa che, ancora una volta, stiamo facendo affidamento su somme che non esistono. Quindi, stiamo dicendo agli imprenditori agricoli che hanno subìto una grave crisi: «guardate che noi vi diamo 21 milioni di euro per coprire la crisi da voi subita, ma in realtà già sappiamo che in questa fase l'intera somma non è disponibile, ma vi sono soltanto 569.698 euro». È evidente che si tratta di un qualcosa assolutamente da evitare e lo scopo del nostro emendamento è appunto quello di evitare tale ipotesi, sostituendo le parole «può stipulare» con la parola «stipula».
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti e votanti 441
Avverto che il subemendamento Grillo 0.1.600.1 è stato ritirato.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 439
Avverto che, essendo stato approvato l'emendamento 1.600 della Commissione, risultano preclusi, ovvero assorbiti, gli emendamenti Annunziata 1.61, Bottino 1.68, Banti 1.69, Rava 1.86, Grillo 1-ter.61, Carlucci 1-ter.62 e Delbono 1-ter.63 .
LUIGI BORRELLI. Signor Presidente, con questo emendamento vogliamo richiamare l'attenzione sull'applicazione del regolamento del de minimis. È stato prima ricordato che tale regolamento, varato nel 2004, proviene dall'Unione europea e per la prima volta viene sostanzialmente recepito in Italia, in quanto non si hanno esempi di applicazione prima di questo decreto-legge.
sostanzialmente stabilito che nell'applicazione del de minimis si suddividono le aziende in base all'estensione e al numero di bestiame adulto. Quindi, a quelle con estensione di 6 ettari o di 15 unità di bestiame adulto si riserverebbe il massimo del de minimis, pari a 3 mila euro; a quelle con superficie superiore a 3 ettari o con 7,5 unità di bestiame adulto si riserverebbero 2 mile euro; a quelle con superficie superiore a 0,3 ettari e con 3 unità di bestiame adulto si riserverebbero mille euro. Il relatore si è posto il problema di regolamentare l'applicazione del principio de minimis.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Riprendo il ragionamento laddove lo ha interrotto il collega Borrelli nel suo intervento - che ho condiviso - e, cioè, dalle motivazioni che hanno indotto i colleghi Borrelli e Rossiello a presentare l'emendamento in esame. Tale emendamento prevede che il regolamento relativo agli aiuti de minimis sia attuato mediante un apposito decreto che dovrebbe essere emanato dal Ministero delle politiche agricole e forestali di intesa con le regioni.
condizione è costituita dal plafond nazionale attribuito ad ogni paese, che può essere utilizzato ogni anno a sostegno delle imprese. Per quanto riguarda l'agricoltura, l'Italia ha un plafond utilizzabile di 130 milioni di euro all'anno, per il triennio. Con questo decreto-legge, di fatto, noi consumiamo tutto il plafond attribuito al nostro paese per l'agricoltura. Il provvedimento è relativo ad aiuti de minimis che possono essere utilizzati non soltanto dallo Stato ma anche dalle regioni. A questo proposito vorrei portare un esempio: oltre a quelle a cui tentiamo di dare una risposta, noi abbiamo registrato crisi importanti in alcune regioni del nostro paese - tra cui la Campania e la Toscana - quali la crisi del pomodoro e dell'uva da vino e da tavola.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rossiello, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, stamane avevamo evidenziato come i nostri emendamenti fossero volti a svelare alcune palesi incongruenze e a rimettere in campo il ruolo delle regioni, che la vostra politica accentratrice tende sistematicamente ad ignorare, moltiplicando le ragioni del contenzioso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, sulla misura de minimis credo sia necessario un ulteriore chiarimento. Quindi mi riservo successivamente, avendo maggiore tempo a disposizione, di spiegare la filosofia di questo provvedimento. Con il decreto-legge in esame, con gli emendamenti del Governo e con lo sforzo compiuto dal relatore di correggere alcune impostazioni, rischiamo di avere una regolamentazione dell'aiuto de minimis di tipo grossolano, o meglio, rischiamo di avere una regolamentazione rispondente alla solita logica di un provvedimento recante alcuni benefici economici insufficienti - e lo saranno! - distribuiti a pioggia. Tali benefici hanno la caratteristica dell'intervento assistenziale generico, che non produce niente di positivo in questo settore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sedioli, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, credo che l'esperienza dovrebbe insegnare qualcosa. Si è detto che, per far fronte alle crisi di mercato, sono stati varati più decreti (lo hanno affermato colleghi della maggioranza), ma non si è ricordato che quei decreti sono stati tutti un fallimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
LINO RAVA. Signor Presidente, l'emendamento in esame interviene su uno dei temi fondamentali del provvedimento che è oggetto delle nostre critiche. Faccio riferimento alla mancanza di un serio rapporto con le regioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, desidero innanzitutto dare qualche informazione ulteriore al collega che mi ha preceduto in merito al meccanismo del de minimis. A tale riguardo, faccio rilevare che non è la prima volta che questo meccanismo si applica. Il tanto vituperato Governo della Casa delle libertà lo ha infatti già applicato nel settore della pesca, e, proprio in questi giorni, circa diecimila armatori stanno ricevendo tale contributo. Dico questo sia per amore della verità sia anche perché ciò rimanga agli atti.
superficie fosse sicuramente obiettivo ed in grado di ampliare la platea dei possibili fruitori. Questo metodo ci è parso assolutamente giusto perché con esso intanto si riesce a dare una risposta a circa 70-80 mila aziende (a questo proposito, è sufficiente pensare che solo dalla regione Sardegna sono giunte circa 17 mila domande). Ampliando la platea si dà, quindi, una risposta esaustiva ad un numero maggiore di agricoltori. Pertanto, ci pare assolutamente strano che i colleghi di una parte politica, che dicono sempre di voler dare risposte ad un numero sempre maggiore di agricoltori ed imprenditori, abbiano svolto osservazioni e riflessioni di un certo tipo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcora. Ne ha facoltà.
LUCA MARCORA. Signor Presidente, con l'emendamento in esame, Borrelli 1.85, si chiede legittimamente di demandare ad un decreto ministeriale la determinazione degli importi, di cui al de minimis, in base alla superficie delle imprese agricole o in base alle unità di bovino adulto possedute. La formulazione ci sembra più positiva rispetto a quella contenuta nel decreto-legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
STEFANO LOSURDO. Signor Presidente, francamente, mi sorprende l'atteggiamento di opposizione, tenuto dalla sinistra, alla ratio, al criterio oggettivo sotteso alla disposizione. Infatti, la ripartizione si ispira ad un criterio solidale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.
MARIA CELESTE NARDINI. Signor Presidente, nella discussione di stamani ho già trattato questo aspetto del problema. In particolare, abbiamo sollevato un'obiezione proprio rispetto al modo in cui viene attribuito il ristoro, sia pure piccolo, dell'aiuto de minimis.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 433
Prendo atto che l'onorevole Frigato non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio emendamento - ne sono ben consapevole - propone una soglia di intervento che oggettivamente forza i parametri posti per gli aiuti de minimis. Tuttavia, mantengo il senso dell'emendamento, vale a dire quello di una provocazione politica che ha trovato, anche in molte delle argomentazioni che i colleghi hanno fin qui posto, profonde radici e ben articolate motivazioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, avevo promesso di continuare il ragionamento sugli aiuti de minimis, che avevo iniziato in sede di esame di un precedente emendamento, e lo faccio sull'emendamento del collega Giacomelli, che ritengo sbagliato e che, come giustamente ha ricordato il presentatore, è una provocazione per sviluppare - credo giustamente - alcune considerazioni in merito. Il regolamento CE n. 1860 del 2004 impone una certa logica ed è necessario essere conseguenti rispetto a tale logica e a tale filosofia.
entrando in una situazione di crisi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, mi consenta, prima di entrare nel merito, di fare una sottolineatura rivolta all'onorevole Marinello, che ha citato il ricorso agli aiuti de minimis per le pesca; ebbene, consiglierei alla maggioranza ed al Governo di accantonare un po' di risorse per il prossimo anno per il settore della pesca e per gli aiuti de minimis, considerato che altre strade per affrontare la crisi del caro gasolio non esistono. Lo dico a mo' di battuta, ma si tratta di una questione di rilievo, atteso che tutte le risorse per la pesca anche quest'anno sono state impegnate attraverso il ricorso agli aiuti de minimis.
PRESIDENTE. Onorevole Franci, si avvii a concludere!
CLAUDIO FRANCI. ...a favore delle imprese colpite dalla crisi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sedioli, al quale ricordo che ha un minuto di tempo disposizione. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, possiamo sicuramente riconoscere all'emendamento in esame l'efficacia della provocazione, tuttavia credo che, nel merito, non possiamo condividerlo, in quanto tocca parametri già stabiliti, anche dalla normativa europea, concernenti sia il massimo del de minimis a livello nazionale, sia le imprese beneficiarie.
così della possibilità di ricorrere al de minimis stesso nei prossimi tre anni; in altri termini, così facendo abbiamo prosciugato tutte le nostre possibilità.
PRESIDENTE. Onorevole Sedioli, si avvii a concludere!
SAURO SEDIOLI. ...ma non nel senso indicato dall'emendamento Giacomelli 1.62.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borrelli, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
LUIGI BORRELLI. Signor Presidente, convengo anch'io sul fatto che l'emendamento in esame debba essere sicuramente inteso come una provocazione, anche se ci induce a considerare la questione del de minimis anche sotto l'aspetto dell'esiguità delle risorse finanziarie che riusciamo effettivamente a mettere a disposizione delle aziende che vivono uno stato di crisi di mercato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rava, al quale ricordo che ha un minuto a disposizione. Prego, onorevole, Rava, ha facoltà di parlare.
LINO RAVA. Signor Presidente, come affermava, da ultimo, il collega Borrelli, questo è certamente un emendamento non coerente con la normativa comunitaria e quindi va preso per ciò che è e per ciò che è stato affermato essere dallo stesso presentatore. Credo, tuttavia, che esso ponga un problema serio; l'intervento del ministro è veramente minimo, in grado di far superare un momento di difficoltà alle imprese - in particolare, come è ovvio, a quelle piccole -, ma non è assolutamente in grado di dare risposte che consentano alle stesse imprese di rientrare in una logica di mercato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, anzitutto l'agricoltura italiana ha bisogno di tutto tranne che di provocazioni. Mi domando se tutti abbiamo la consapevolezza che questo emendamento è «pleonastico», non foss'altro perché esso forse supera la normativa comunitaria; è per questo che propongo al collega Giacomelli di ritirarlo. Ha dato spunto e motivo di riflessione a sé stesso e ai suoi colleghi: ora lo ritiri! Tra l'altro, se non è assolutamente possibile approvare questo emendamento, mi chiedo come mai la Presidenza della Camera dei deputati, così attenta in altre occasioni, non lo abbia dichiarato inammissibile.
PRESIDENTE. Onorevole Marinello, non si lasci distrarre! Lei ha ancora quattro minuti di tempo a disposizione.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Come stavo dicendo, l'approvazione risale a quando il commissario italiano era Prodi. Ed allora, se queste norme comunitarie non andavano bene e dovevano essere riviste, penso che gli autorevoli colleghi dell'opposizione, proprio in quel momento, avrebbero avuto maggiori chance e maggiori possibilità di audience (Commenti). Sono assolutamente contento per l'entusiasmo che suscita il mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
ANTONELLO GIACOMELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Giacomelli?
ANTONELLO GIACOMELLI. Per annunziare il ritiro del mio emendamento 1.62 e motivarne le ragioni.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, mi è stato rivolto un invito. In ragione delle argomentazioni esposte, che hanno colto il senso esatto dell'emendamento, e non foss'altro per aver colto negli interventi dei colleghi della Casa delle libertà una vocazione europeista, mi pare che il mio emendamento 1.62 abbia già raggiunto il suo scopo. Pertanto, lo ritiro.
PRESIDENTE. Sta bene.
LUIGI BORRELLI. Signor Presidente, anche questo emendamento, sostanzialmente, rientra nella logica del precedente.
In questo caso, però, voi state usando l'aiuto del de minimis come ripiego per il fatto che non siete riusciti a portare a casa dall'Unione europea l'autorizzazione all'attuazione del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.
ALDO PREDA. Signor Presidente, credo che ci sia molta tensione in aula, probabilmente perché tutti reputano questo provvedimento essenziale o perché c'è qualcosa in televisione...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, forse negli anni a venire qualcuno, lacero e scalzo, un po' come Diogene, chiederà: dove finì il decreto-legge n. 22? Forse, fu assorbito dal decreto-legge n. 182? Di cosa parlava quest'ultimo? Del de minimis. Il de minimis è già un superlativo: non esiste il minimo del minimo! Si penserà che questa maggioranza stesse elaborando un nuovo decreto-legge intitolato de nulla re, ma del niente non si seppe più nulla. Questa è la storia di tali decreti-legge (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franci. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, già i colleghi hanno sottolineato che anche l'emendamento in esame rappresenta una provocazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
STEFANO LOSURDO. La discussione, dopo l'intervento del collega Borrelli, secondo me è scesa e trascesa, diventando un po' demagogica. Vorrei ricordare che la credibilità in Europa noi non l'abbiamo persa negli ultimi due o tre anni, bensì molto prima. Faccio un esempio solo e chiudo. Il problema delle quote latte è nato parecchi anni fa, dieci anni fa, ma sono stati questo Governo e questo ministro a definirlo in sede europea. All'inizio dell'attuale legislatura il ministro Alemanno ha definito positivamente in sede europea il problema del tabacco e dell'olio d'oliva, ottenendo una credibilità che prima non era stata raggiunta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 417
A questo punto, direi Hodie de hoc satis, visto che i colleghi parlavano in latino (Applausi)...!
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 20 ottobre 2005, alle 9,30:
1. - Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale (con votazione non prima delle ore 13):
(ore 16)
2. - Informativa urgente del Governo sull'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria dottor Francesco Fortugno e sulla situazione dell'ordine pubblico nella regione.
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
La seduta termina alle 20,05.
L'incertezza, signor ministro, non è più tollerabile; milioni di famiglie, di anziani, di disabili attendono di sapere se le regioni ed i comuni saranno messi dal Governo nelle condizioni di operare.
Ecco, signor ministro, le chiedo oggi, in questa Assemblea, una parola di chiarezza sulla seguente questione: se, e in quali tempi e modi, il Governo intenda mantenere il proprio impegno.
Nel 2001, il fondo aveva una dotazione di 750 milioni di euro; nel 2004, abbiamo trasferito alle regioni un miliardo di euro, incrementando, dal 2001 al 2004, la dotazione del fondo - e quindi il trasferimento alle regioni - del 32 per cento, il che, francamente, mi sembra rappresenti un dato molto eloquente circa l'attenzione posta dal Governo sul tema delle politiche sociali.
Per il 2005, l'impegno è di trasferire una somma superiore al miliardo della quale, per ora, abbiamo già trasferito la prima tranche, di 518 milioni di euro; mi auguro di poter annunciare che sarà completato il trasferimento già alla fine della prossima settimana, nel corso della Conferenza unificata per i rapporti tra Stato, regioni, città e autonomie locali.
Con tali ed altri interventi, l'Italia ha incrementato la spesa sociale complessiva di oltre un punto percentuale (quasi un punto e mezzo) rispetto alla media del periodo 1996-2000, quando è stata inferiore al 25 per cento del PIL; nel periodo 2001-2003, è stata superiore al 26 per cento. Quindi, in questi anni, si è avuto un incremento della spesa sociale, in Italia, di oltre 15 mila di euro. Gli impegni per il 2006 consistono nel mantenere nel fondo lo stesso livello di trasferimento alle regioni; nella revisione del fondo - così com'è, genera, al momento del trasferimento, i problemi che abbiamo considerato -; nel coinvolgimento delle regioni negli investimenti immobiliari che l'INAIL effettua nel «sociale»: di ciò abbiamo discusso oggi nell'incontro con i presidenti delle regioni.
In conclusione, come ho annunciato all'inizio, il trasferimento che lo Stato fa alle regioni è importante, ma non decisivo per il mantenimento della spesa che regioni e comuni sostengono, e che potranno continuare ad effettuare in attesa che il completamento del trasferimento venga operato nelle prossime settimane (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Attendiamo il mantenimento di tale impegno; del resto, basterebbe profondere il 10 per cento della determinazione che avete mostrato quando si è trattato di imporre una legge elettorale, o presentare una legge per salvare Previti, per risolvere un problema che forse riguarda non gli interessi personali del premier o di qualcuno di voi...
D'altra parte so bene, signor ministro, quanto lei sia impegnato, in questo momento, ad evitare che il premier imponga nuovamente, sul trattamento di fine rapporto, i propri interessi, attaccando i sindacati e chiunque altro pur di difendere l'assicurazione di famiglia (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Noi attendiamo per la prossima settimana, signor ministro - ed assieme a noi, le regioni, i comuni e le famiglie interessate - il mantenimento del suo impegno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Facciamo riferimento al piano pandemico nazionale che lei, signor ministro, ha stilato, e soprattutto al primo dei quattro pilastri di cui è costituito, vale a dire il blocco dell'ingresso del virus.
Con la presente interrogazione, pertanto, vogliamo sapere cosa stia facendo il ministro della salute e cosa abbia intenzione di mettere in atto per arginare questo fenomeno...
Sappiamo, infatti, che le carni cotte non fanno comunque male al cittadino e
Per quanto riguarda le importazioni dai paesi colpiti, ovviamente, abbiamo adottato alcune ordinanze. Vorrei evidenziare che abbiamo varato la maggior parte delle misure in via unilaterale, cioè senza attendere l'adozione di interventi di salvaguardia comunitaria.
In particolare, con provvedimenti emanati nei mesi di agosto e settembre, abbiamo disposto misure rivolte alla restrizione delle importazioni da paesi terzi, agli scambi intracomunitari ed al potenziamento dei controlli. Le prime misure hanno riguardato la Russia e il Kazakistan per quanto concerne prodotti ed animali a rischio per l'influenza aviaria.
Il 13 ottobre 2005 - parto dal dato di uno dei due paesi oggetto dell'interrogazione presentata - è stata notificata, agli organi nazionali di controllo, la decisione comunitaria del divieto di importazione dalla Turchia di prodotti ed animali a rischio per l'influenza aviaria. Questo passaggio è molto importante: infatti, quando l'Unione europea dispone la chiusura del mercato ad un paese, entra in azione il nostro sistema di sorveglianza nei posti di ispezione frontaliera per quanto riguarda l'accesso a porti ed aeroporti.
In particolare, abbiamo avuto dal Ministero dell'economia e delle finanze rassicurazioni sulla possibilità di concedere una deroga al blocco del turn over per quanto riguarda i veterinari da impiegare sia all'interno dei posti di ispezione frontaliera, sia per il sistema regionale.
Peraltro, ricordo che era già vietato importare dalla Turchia volatili vivi, uova da cova, ovoprodotti, carni avicole, carni di selvaggina da penna e prodotti a base di carni di pollame, per motivi indipendenti dal focolaio di influenza aviaria. Dalla Turchia, e lo abbiamo deciso a settembre, è altresì vietato importare volatili destinati ad essere utilizzati quale selvaggina da ripopolamento.
Infine, il provvedimento del 14 ottobre 2005 ha notificato agli organi nazionali di controllo la decisione comunitaria di divieto di importazione dalla Romania di prodotti animali a rischio per l'influenza aviaria. Dalla Romania è anche vietato importare volatili destinati ad essere anch'essi utilizzati quale selvaggina da ripopolamento.
Mi preme sottolineare che gli uffici del Ministero della salute, a prescindere dai provvedimenti sin qui richiamati, sono costantemente allertati a seguire ogni segnale o notizia inerenti al rischio di possibile diffusione del virus dell'influenza aviaria. In proposito, voglio rilevare il lavoro del centro di referenza di Padova.
Da domani, in sede comunitaria, al Vertice dei ministri della salute che si svolgerà nel Regno Unito, verificheremo, attraverso una posizione netta dell'Italia, la possibilità di adottare misure comuni all'interno dell'Unione europea.
È certo che l'azione del ministero sul blocco all'ingresso sta avvenendo. La sorveglianza sta avvenendo grazie alle nostre Forze dell'ordine, in particolare alla Guardia di finanza. Proprio ieri abbiamo letto di un gran carico cinese bloccato in Toscana, contenente polli ed altre carni di dubbia origine.
Mi auguro, quindi, che detta azione sia continuativa e, soprattutto, auguro a lei,
L'impressione che ricava l'opinione pubblica, con la chiusura della stazione in tali ore, è che per tutta la notte il paese sia totalmente nelle mani di ambienti malavitosi.
Chiedo, dunque, se il ministro interrogato non ritenga di intervenire urgentemente, potenziando l'organico della caserma dei carabinieri e non ritenga, inoltre, di valutare l'opportunità dell'apertura di una sede della Polizia di Stato.
A seguito del grave episodio, che ha scosso profondamente l'opinione pubblica, il prefetto di Agrigento ha convocato, il 25 settembre, il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel corso del quale è stato deciso il rafforzamento dei servizi di controllo nel territorio di Racalmuto da parte delle locali Forze di polizia.
È stato deciso, inoltre, il potenziamento di due unità della locale stazione dei carabinieri, che dispone di un organico di 10 militari, che ha svolto, nei primi nove mesi del 2005, 489 servizi, di cui 164 in orario notturno.
Al momento la stazione è aperta dalle 8 alle 22 ed è stato previsto che anche il militare ordinariamente impiegato quale piantone venga utilizzato in servizi esterni operativi, pianificati e attuati in stretto raccordo con la vicina compagnia dei carabinieri di Canicattì. Sono stati anche effettuati numerosi controlli amministrativi, con l'erogazione di contravvenzioni.
Da parte sua, il sindaco ha deliberato la chiusura degli esercizi pubblici alle ore 24, posticipandola di un'ora nei giorni festivi. Lo stesso sindaco ha messo in rilievo lo sforzo profuso dall'amministrazione in sinergia con le istituzioni scolastiche, le famiglie e il mondo dell'associazionismo sulle problematiche giovanili e ha espresso viva preoccupazione che l'episodio di oggi possa segnare una recrudescenza criminale.
L'attenzione delle istituzioni e delle Forze di polizia, quindi, è alta, anche se va
Per quanto riguarda l'istituzione di una sede della Polizia di Stato nella cittadina, gli indirizzi consolidati e positivamente sperimentati in materia di distribuzione sul territorio nazionale dei presidi delle Forze di polizia a competenza generale prevedono l'istituzione di posti di Polizia di Stato solo nei comuni capoluogo e in quelli di dimensioni maggiori, lasciando all'Arma dei carabinieri la presenza capillare sul territorio, anche nei comuni di piccole e medie dimensioni.
In questo senso è stata rinforzata la stazione locale dei carabinieri con il rinforzo di cui ho parlato prima e, in caso di necessità, eventualmente, se la situazione dovesse suscitare ulteriore preoccupazione, sono in previsione ulteriori rafforzamenti.
In questo paese nel 1991 si sono verificati 20 morti, ammazzati dalla mafia, in una guerra tra bande e mafiosi. Il segnale che io avverto, essendo di questa cittadina, è lo stesso che avevo avvertito negli anni Ottanta.
Non so a chi attribuire la responsabilità di questo barbaro omicidio. So per certo che, se questo barbaro omicidio resta impunito - cosa che vedo profilarsi all'orizzonte -, si avvierà nella città di Racalmuto un processo che porterà ad altre guerre di mafia.
Non so se basta aumentare l'organico di due unità per tranquillizzare questa comunità e consentire l'apertura della caserma dalle 8 alle 22. Credo che la caserma dei carabinieri dovrebbe restare sempre aperta, anche durante l'orario notturno. Infatti, è proprio in quelle ore che avvengono i furti, lo spaccio di droga, le corse delle macchine con le relative scommesse, eccetera. In quelle ore avviene di tutto. L'impressione che si ha - ed è netta - è che quella comunità, in quelle ore, sia priva di un controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine.
Per quanto riguarda, invece, l'istituzione di una caserma della Polizia di Stato, non è assolutamente vero che ciò avviene solo nei comuni capoluogo. A Palma di Montechiaro, che non è comune capoluogo, c'è una caserma della Polizia di Stato. Quindi, se ci sono ragioni politiche o sociali che determinano l'apertura, ciò dovrebbe verificarsi anche per questo paese.
Non vorrei che si sottovalutasse un fenomeno molto grave che ha sconvolto una comunità. Se si continua con questo andazzo, esso potrebbe preludere ad altri fatti criminosi.
Con questa interrogazione a risposta immediata vogliamo si faccia piena luce sulla questione.
Tornando al caso di Massafra, il consiglio comunale, a seguito della diffida del prefetto di Taranto del 7 ottobre 2005, è stato convocato per il prossimo 25 ottobre a fronte del termine di scadenza della diffida previsto per il successivo 28 ottobre.
La situazione verificatasi a Sava, invece, nel mese di ottobre 2002, appare differente in quanto quel consiglio comunale, più volte convocato per l'approvazione della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio, veniva ripetutamente rinviato. La stessa prefettura, pertanto, verificatone l'inadempimento, diffidava il consiglio affinché ottemperasse all'obbligo di legge e, soltanto dopo la scadenza del termine comminato dalla diffida, provvedeva alla nomina del commissario ad acta. Successivamente approvata da parte del commissario la delibera di riequilibrio, veniva decretata la sospensione del consiglio comunale.
Questo è l'orientamento del Ministero. Sapete che il question time concede pochissimo spazio ai ministeri per approfondire le questioni svolte. Rimarrebbe un approfondimento relativo alla circolare prefettizia ricordata dall'interrogante e, quindi, alla congruenza del contenuto dell'indicazione della circolare con la normativa su esposta.
Nel caso di Massafra, il provvedimento è stato assunto con regolare votazione: 16 consiglieri su 30 hanno deliberato la bocciatura, rispetto alla quale non è assolutamente possibile tornare indietro. Tale bocciatura è dovuta all'accertamento di un disavanzo di 800 mila euro.
Il motivo che rafforza ancor di più il mio convincimento in ordine alla necessità di procedere con il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Massafra è dato dal fatto che la stessa prefettura di Taranto, con riguardo al consiglio comunale di Sava, per un caso analogo a quello di Massafra, con i richiami, che pure ci sono stati, a proposito della mancata convocazione del consiglio comunale - perché mai si era tenuto il consiglio comunale e mai era stato bocciato il riequilibrio -, ne decretò la sospensione delle funzioni.
Ciò che temo è che da qui a non molto i consiglieri comunali faranno ricorso contro le istituzioni e vinceranno tale ricorso.
Nel darle la parola, onorevole Barbieri, le faccio i miei auguri, perché ho scoperto che oggi è il suo compleanno!
Signor ministro, il Governo sa certamente che il cardinale arcivescovo di Sarajevo, Vinko Pulijc, a dieci anni dagli accordi di Dayton, ha denunciato una discriminazione forte nei confronti dei cattolici della Bosnia Erzegovina. Nel 1991, in Bosnia Erzegovina c'erano 800 mila cattolici. Adesso, per effetto della pulizia etnica passata e della situazione attuale, i cattolici non arrivano a 400 mila. È rappresentativo il caso della diocesi di Sarajevo, dove prima c'erano mezzo milione di cattolici, mentre adesso se ne contano meno della metà.
La Bosnia è un protettorato della comunità internazionale. Secondo il cardinale cattolico, molte famiglie sono costrette ad emigrare, alla ricerca di un futuro migliore. Di fronte a queste emergenze si assiste ad un sostanziale immobilità delle...
Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
Tale fenomeno, che non è propriamente riconducibile ad atti coercitivi o di violenza, è stato fino ad ora prevalentemente collegato a scelte motivate dalla volontà di cercare fuori dalla Bosnia migliori condizioni economiche e sociali, vista l'alta disoccupazione e la possibilità di trovare nella vicina Croazia possibilità migliori di vita e di lavoro. Tuttavia -
Il Governo italiano comunque non mancherà di fornire il suo contributo di idee per un'eventuale modifica dei trattati di Dayton, qualora si formasse un consenso a tale riguardo, in seno alle istituzioni e alla società bosniaca, ai quali spetta in primo luogo la responsabilità di promuovere le riforme di tipo costituzionale. Il Governo italiano non cesserà inoltre di seguire con il massimo impegno questa delicata problematica, vegliando affinché nessuna discriminazione, di alcun tipo, venga perpetrata nei confronti dei cittadini bosniaci, di qualunque fede o etnia essi siano.
Tale approccio è d'altra parte pienamente coerente con l'azione condotta nel paese dalla comunità internazionale, che mira proprio a realizzare nella Bosnia Erzegovina una società multietnica, stabile e normalizzata, dove tutti, di qualsiasi confessione religiosa essi siano, cattolici compresi, abbiano piena e riconosciuta cittadinanza.
I cattolici, in Bosnia, non sono oggetto di pressione dal punto di vista della violenza, poiché vi è un tipo di pressione che rischia di diventare persecuzione in modo molto più sottile, ed è quella psicologica. La si tocca con mano a Sarajevo.
Do comunque atto ai nostri militari di tenere un atteggiamento di grandissima correttezza; non a caso, i militari italiani, come abbiamo riscontrato, sono quelli più stimati dalla popolazione bosniaca e da quella dell'Erzegovina, ma non per tutti i militari è così, perché vi sono truppe internazionali che hanno un atteggiamento di grande disponibilità nei confronti dei musulmani, ma di poca disponibilità nei confronti dei cattolici.
È necessario che l'Europa (bene ha fatto il ministro a puntualizzarlo nella sua risposta), la quale, forse, ha sbagliato a non inserire nella sua Costituzione il riferimento alle radici cristiane, non sia indifferente alla circostanza che in uno Stato europeo si finisca, di fatto, per avere un atteggiamento che privilegia di più la comunità musulmana rispetto a quella cattolica.
Per quanto riguarda la questione sollevata nell'interrogazione in esame, vorrei svolgere, rivolgendomi al ministro Giovanardi, una considerazione molto secca: a fronte di una drastica riduzione da parte di questo Governo delle risorse e dei finanziamenti a favore della scuola pubblica, si registra un incremento degli stessi, nella misura del 70 per cento, a favore delle scuole paritarie private.
L'ultimo gesto di tale modo di procedere è rappresentato dall'adozione del decreto che aumenta di circa il 40 per cento il contributo alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie private (tale decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 5 agosto scorso).
Signor Presidente, vorremmo sapere dal Governo a quanto ammontano i finanziamenti che esso, sottraendoli alla scuola pubblica, ha deciso di destinare alle scuole private.
Pertanto, le risorse per la pubblica istruzione non sono diminuite, ma aumentate in maniera esponenziale, mentre le risorse destinate alle scuole non statali sono rimaste, purtroppo, invariate in questi anni. Tali finanziamenti derivano dalla legge n. 62 del marzo 2000, del centrosinistra, concernente la parità scolastica e il diritto allo studio e all'istruzione, e non hanno subito variazioni nel periodo 2001-2005; sostanzialmente, ammontano a 527 milioni di euro, contro 41 mila milioni di euro.
Inoltre, per iniziativa prevista dalla direttiva annuale che individua gli interventi prioritari da realizzare con il fondo istituito dalla legge n. 440 del 1997, sono state destinate alle scuole paritarie, nell'esercizio finanziario 2004, risorse pari a 4,5 milioni di euro.
A tale riguardo, vorrei ricordare che le scuole paritarie, sin dall'istituzione del sistema nazionale di istruzione, ai sensi della legge n. 62 del 2000, del centrosinistra, sono state destinatarie di iniziative finanziate dalla legge n. 440 del 1997.
Infine, in applicazione dei principi contenuti nella legge n. 62 del 2000, è stato introdotto nel 2002 un contributo per le famiglie i cui figli frequentano la scuola dell'obbligo nelle scuole paritarie. Questo contributo è stabilito annualmente sulla base del numero degli iscritti e può variare in relazione al corso scolastico cui esso si riferisce.
A nostro avviso, sia il Governo sia il Parlamento dovrebbero fare molto di più per garantire l'attuazione dei principi di una legge proposta dal centrosinistra, la n. 62 del 2000, secondo la quale: il sistema nazionale di istruzione è unitario e l'esercizio della libertà di scelta educativa e di insegnamento contribuisce all'arricchimento dell'offerta formativa e alla sua qualità; le scuole dello Stato e le scuole paritarie e private degli enti locali concorrono nella costruzione della società della conoscenza e alla formazione del capitale umano e sociale del paese; le scuole statali e paritarie esercitano la loro funzione pubblica attuando il principio di sussidiarietà sancito dalla nostra Costituzione e dai trattati dell'Unione europea. Pertanto, sulla base di tali principi - diceva la suddetta legge, proposta dal centrosinistra -, occorre garantire a tutti l'effettivo esercizio della libertà di scelta.
In attuazione di quanto previsto dalla suddetta normativa e secondo quanto previsto dal decreto interministeriale del 28
Purtroppo, si tratta di somme molto modeste che, comunque, concorrono a realizzare quanto previsto nella Costituzione e nella legge n. 62 del 2000.
Invece, a partire dalla finanziaria per il 2003, vi è stato un primo aumento di 30 milioni in favore delle scuole private, che è diventato di 50 milioni in questa finanziaria, per un incremento totale del 70 per cento dei contributi in favore delle scuole private e paritarie.
Mi creda, signor ministro, le famiglie degli studenti - circa il 90 cento - che frequentano la scuola statale non si sono assolutamente accorte degli slogan demagogici che continuate a svolgere in quest'aula, sbandierando aumenti di risorse che, invece, per la scuola pubblica non vi sono stati. Infatti, gli aumenti a cui lei, signor ministro, faceva riferimento sono stati disposti per le spese di rinnovo contrattuale e in favore delle scuole paritarie e private.
Il 15 agosto, il ministro Moratti ha firmato un decreto che istituisce un bonus, fino a 564 euro per famiglia, senza tuttavia prevedere alcun vincolo economico. Ciò vuol dire che anche le famiglie più abbienti potranno usufruire di tale bonus per pagare le rette delle scuole private frequentate dai propri figli. Questo in barba al dettato costituzionale e al fatto che, invece, le famiglie italiane che mandano i propri figli alla scuola pubblica non possono neanche pagare i libri di testo.
Si tratta di episodi gravi, inaccettabili ed incompatibili con un moderno paese civile, che denotano gravi carenze delle Ferrovie dello Stato e scarsa vigilanza da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Anche le tardive misure annunciate producono ulteriori disagi ai viaggiatori che, per un certo periodo, dovranno viaggiare sui treni stipati e in piedi.
Signor ministro, le chiedo una cortese risposta al riguardo.
Qualora l'infestazione dei parassiti riguardasse gli ambiti inclusi nel contratto di servizio quali quello degli «espressi notte», il ministero sta procedendo all'accertamento di eventuali responsabilità
È evidente che nell'immediato si devono sopprimere (cosa che Trenitalia ha fatto) alcuni «treni notte» per eliminare il fenomeno, spostando le prenotazioni per ricollocare i viaggiatori su altri treni in servizio o sostituendo alcune corse con appositi collegamenti su gomma. Anche da questi interventi derivano i disservizi lamentati.
Le Ferrovie hanno inoltre comunicato di aver avviato immediatamente un piano straordinario di disinfestazione per tutte le 2.800 carrozze destinate ai servizi di media e lunga percorrenza, che prevede lo smontaggio integrale dei sedili e delle suppellettili per consentire un intervento radicale, conclusosi alla fine dello scorso mese di settembre. Le disinfestazioni stanno comunque proseguendo secondo il programma ordinario, che è stato accelerato ed intensificato, portando la cadenza degli interventi da 30 a 15 giorni.
Invece, per quanto riguarda la possibilità di un piano straordinario per l'acquisto di materiale rotabile con intervento diretto dello Stato, purtroppo esso cozza contro la normativa europea che non rende compatibile un diretto intervento dello Stato sulle ferrovie perché in contrasto con la normativa comunitaria in materia, esponendo l'Italia a sanzioni per infrazione particolarmente onerose.
Va infine rilevato che il nuovo contratto di servizio tra Trenitalia e ministero, attualmente all'esame del CIPE, contiene prescrizioni puntuali inerenti al sistema di qualità, incluso l'indicatore e gli standard relativi alla pulizia dei treni, oltre che una struttura sanzionatoria maggiormente articolata rispetto al contratto vigente, e concorre pertanto ad un assetto più efficace dei servizi ferroviari offerti.
Se si riducono i finanziamenti alle Ferrovie per due terzi dell'importo, come avviene nella legge finanziaria, è ovvio che diventa difficile acquistare carrozze, così come è difficile acquistare materiale rotabile in concorso con le regioni, come avvenuto in un recente appalto. Infatti, le carrozze avrebbero dovuto essere consegnate nel febbraio 2005, ma siamo ormai arrivati quasi a novembre e nessuna carrozza è stata ancora consegnata, a causa - pare - di disfunzioni nella realizzazione del parco rotabile. Quindi, i pendolari pagano per treni non ancora in funzione a causa di evidenti problemi tecnici. Ciò premesso, riteniamo che le responsabilità dei gravi disagi subiti dai viaggiatori sia da attribuire a Trenitalia e al ministero, che invece ha il dovere di effettuare controlli rigorosi e penetranti.
Signor ministro, mancano solo i pidocchi ed allora il ministro dei trasporti avrà conquistato anche questo bel primato. Infatti, trovare in un solo mese treni infestati di zecche, pulci e cimici non è riuscito a nessun altro ministero in Europa. Si tratta davvero di un primato!
Al contrario, sarebbe ora che l'Italia avesse un ministro ed un Governo che si occupassero di far funzionare i treni, di predisporre un piano per l'acquisto di nuove carrozze e di aumentare i servizi di pulizia dei treni, così come di appurare urgentemente quali disfunzioni si siano verificate nell'appalto di pulizia dei treni, ambito che - come il ministro sa - ha subìto nuovi ed ulteriori tragici risparmi. A nostro avviso, sull'igiene non è consentito fare risparmi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Le chiedo, signor ministro, quali iniziative intenda assumere al riguardo.
La magistratura, lo ripeto ancora una volta, signor ministro, ha il compito di giudicare, non di realizzare le premesse per un processo di piazza ed essere fautrice dello stesso furore dei facinorosi e dei delinquenti. Sappiamo da quale parte quest'ultimi provengano. Costoro hanno messo Genova a ferro e fuoco, compiendo ovunque inconfutabili reati ed atti di violenza, mettendo a repentaglio non solo la sicurezza dei cittadini, ma anche la stessa sicurezza dei rappresentanti delle forze dell'ordine.
I fatti incriminati, come è giusto, debbono esser giudicati equamente e non preventivamente. Il luogo a ciò deputato - a mio avviso, a nostro avviso - è l'aula di una corte, e non la trasmissione televisiva L'isola dei famosi. Credo che nella mente di tanti italiani sia rimasto impresso quanto accaduto in occasione del vertice del G8. Credo quindi che non possiamo e non dobbiamo spettacolarizzare questo evento, perché ritengo sarebbe un affronto nei riguardi delle Forze dell'ordine. La ringrazio, signor ministro.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ricordo che questa mattina sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Squeglia. Ne ha facoltà.
La situazione del settore agroalimentare è estremamente preoccupante e, man mano che si andrà avanti, diventerà sempre più difficile. Ci muoviamo in un prossimo futuro verso un incremento della domanda alimentare e dei costi di produzione di gran lunga più alto rispetto all'incremento della produzione nazionale, il che significa che avremo sul nostro territorio, nel mercato italiano, una sempre
Rispetto a questa situazione occorrerebbero interventi di grande respiro, misure organiche e scelte strategiche, ed invece il Governo si muove ancora nella logica dei provvedimenti tampone e degli interventi di carattere emergenziale, che certamente non sono assolutamente capaci di creare prospettive positive per l'agricoltura italiana. Insomma, la politica del Governo è caratterizzata dall'adozione di interventi urgenti che si risolvono in tentativi di rimediare agli effetti delle situazioni di crisi, ma non sono tali da rimuovere le cause che stanno alla radice delle crisi stesse.
Il Governo si dimostra incapace di predisporre una programmazione organica, come attesta la mancanza dei piani di settore. Agli agricoltori che chiedono certezza ed indicazioni strategiche, il Governo risponde con provvedimenti che contengono solo promesse, prive fra l'altro di riscontro nella realtà, e disposizioni normative che producono solo un effetto di annuncio e di propaganda. La prima cosa che occorrerebbe fare invece è quella di dare agli operatori del settore punti di riferimento certi, far conoscere loro entro quali politiche ci si intende muovere e qual è il quadro normativo di riferimento entro cui si opera. Gli operatori hanno bisogno di certezze e di chiarezza.
Di certo il provvedimento che stiamo esaminando non risponde per niente a queste esigenze, anzi possiamo affermare che esso complica ancora di più le cose ed aggiunge incertezza ad incertezza. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento emergenziale, che tampona probabilmente qualche falla, ma non affronta in modo organico e coerente il problema dello sviluppo dell'agricoltura nel nostro paese. In questo contesto si inserisce il problema della copertura finanziaria delle misure recate dall'articolo 1 del provvedimento in esame, vale a dire gli interventi destinati a sostenere il settore vitivinicolo. Certo, va dato atto che in sede di Commissione il relatore ha presentato due emendamenti che hanno sostituito interamente il testo dei primi due articoli del decreto-legge, e che sostanzialmente contengono modifiche apprezzabili per lo sforzo, ma assolutamente insufficienti per il contenuto e per i risultati. A questo proposito non possiamo tralasciare di svolgere un'osservazione. Gli emendamenti del relatore interamente sostitutivi del testo governativo dimostrano chiaramente quanta affidabilità ha questo Governo. Se il testo del Governo viene completamente riscritto in sede di esame parlamentare, significa che il Governo è assolutamente inadeguato ad avanzare proposte solide, valide e condivisibili.
Tornando al merito degli emendamenti presentati, non si riesce a comprendere come si risolva il problema delle risorse finanziarie. È stato detto che sarebbero stati unificati il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito dalla legge n. 71 del 2005, e quello in esame, aumentando le risorse economiche. Ma i conti non tornano; ritornano, invece, giochetti di prestigio e colpi di magia. Il decreto-legge n. 22 del 2005 prevedeva risorse finanziarie (destinate agli interventi relativi alle crisi di mercato) pari a 120 milioni di euro, mentre il decreto-legge in esame, nel testo approvato dal Governo, assegna al settore vitivinicolo 90 milioni di euro. Dunque, le risorse finanziarie previste per i due interventi sono 120 e 90 milioni di euro, per un totale di 210 milioni di euro. Invece, l'emendamento presentato dal relatore - che, ripeto, riscrive completamente il testo del Governo - unifica gli interventi di cui al citato decreto-legge n. 22 con quelli previsti dal provvedimento in esame, ma non somma le risorse finanziarie (210 milioni di euro) e ridefinisce una dotazione finanziaria complessiva di appena 130 milioni di euro! Chiaramente, ci troviamo di fronte ad una somma - 130 milioni di euro - nettamente inferiore alla
A questo punto, ci chiediamo che fine faranno le domande presentate dagli agricoltori per ottenere i contributi di cui al decreto-legge n. 22 del 2005. Giova ricordare che i rappresentanti della Conferenza delle regioni, sentiti in audizione, hanno espresso tutta la loro preoccupazione al riguardo. Essi hanno chiaramente evidenziato che gli agricoltori interessati hanno già presentato le domande di contributo e che è stata anche certificata la connessione con uno stato di crisi. Come appare evidente, la sottrazione di risorse determina, in particolare, una reazione negativa da parte degli operatori interessati e, in generale, contribuirà ad accrescere il clima di disagio dovuto a quella mancanza di certezze di cui gli operatori hanno invece assoluto bisogno per operare.
Purtroppo, dobbiamo sottolineare la ricorrenza, anche in questo caso, di una logica che caratterizza i provvedimenti di questo Governo: è la logica dei provvedimenti tampone, dei provvedimenti annuncio, che rispondono soltanto ad un effetto propagandistico. I provvedimenti si adottano, si propagandano ma, dopo un poco, regolarmente si affossano!
Per quanto riguarda il decreto-legge in esame, la precedente valutazione non riguarda soltanto le misure previste dall'articolo 1, ma anche le disposizioni recate dall'articolo 2 in merito al controllo sull'andamento anomalo dei prezzi. Si afferma e si declama, demagogicamente, la volontà di rafforzare i controlli. Tuttavia, coloro i quali sono chiamati ad effettuare tali controlli non soltanto non vengono dotati di efficaci poteri di intervento, ma addirittura sono privati delle risorse necessarie per il loro funzionamento!
Onorevoli colleghi, la crisi del settore vitivinicolo è dovuta, da una parte, alla diminuzione dei consumi, soprattutto per quanto riguarda i prodotti di alta qualità, dall'altra, dalla crescente concorrenza dei paesi emergenti. Rispetto a questa situazione, il Governo si dimostra incapace di elaborare un piano organico di interventi, una politica unitaria capace di dare risposte alle esigenze delle diverse aree territoriali del paese.
A ciò si aggiungano la debolezza e lo scarso credito di cui gode il Governo italiano presso le istituzioni comunitarie. Troppo spesso la Commissione europea solleva obiezioni e rende inattuabili i provvedimenti del Governo italiano; e ciò non è certamente da addebitare a prevenzione nei nostri confronti ma, piuttosto, all'inettitudine del Governo italiano, che non è capace di assumere il ruolo di interlocutore forte e credibile nei negoziati con la Commissione europea e con gli altri partner comunitari.
Il fatto è che l'unica capacità del Governo è quella di annunciare grandi interventi, di fare promesse e di suscitare speranze. E poco conta che fine faranno le promesse.
Ci sarà sempre il modo di scaricare sulla Commissione europea e sulle regioni la responsabilità delle cose che non vanno.
Ricordiamo che anche sulle misure del decreto-legge n. 22 del 2005 non furono accolti i rilievi formulati dalla Conferenza Stato-regioni e non fu condotta una istruttoria preliminare insieme alla Commissione europea.
Il Governo, di fronte al rilevante numero di crisi che colpiscono i più diversi settori dell'agricoltura italiana, da una parte, adotta interventi emergenziali formulati in modo da incorrere inevitabilmente nella censura della Commissione europea e, dall'altra, lascia alle regioni l'onere di dare risposte alle rivendicazioni dei produttori agricoli.
Il Governo, incerto ed inadempiente, pensa di potersi salvare, cercando di trasferire le proprie responsabilità, da un lato, sulle obiezioni avanzate dalla Comunità europea e, dall'altro, sulle regioni, che in concreto vengono a rispondere degli impegni assunti di fronte agli agricoltori.
Rispetto al provvedimento in esame, riteniamo che gli interventi e le misure di emergenza possano anche essere utili, ma solo a condizione che non siano meri tamponi rispetto agli effetti delle crisi e
A questo riguardo, il Governo, oltre a trovarsi costantemente di fronte ad un'insufficienza delle risorse finanziarie disponibili, si è dimostrato del tutto incapace di dare risposte strutturali adeguate ai problemi dell'agricoltura italiana (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Tuttavia, vorrei ricordare al Governo che la vitivinicoltura non è il solo settore in crisi e che molti altri segmenti del comparto agricolo soffrono (vedi il pomodoro e l'ortofrutta).
Vorrei affrontare il tema delle calamità non sovvenzionate. Nella mia regione, presso il comune di Bernalda, allo svincolo di Metaponto, sulla statale n. 106 ionica, è in atto un concentramento di trattori, un presidio di agricoltori pugliesi, lucani, calabresi, che protestano con forza per le difficoltà proibitive in cui operano.
Non è la prima volta che in quella parte d'Italia gli agricoltori si mobilitano. Purtroppo, a mancare sono le risposte alle loro attese ed istanze. Infatti, già nella scorsa estate i trattori avevano bloccato la statale ionica e così anche nello scorso autunno. Tuttavia, il silenzio impera sui problemi dell'agricoltura, un silenzio mediatico che oscura le difficoltà di questo settore. Occorrono risposte vere, concrete e serie per dare una prospettiva a questi operatori economici.
Oggi, assistiamo ad un paradosso, con prezzi di produzione stracciati che non creano convenienza ad investire e non creano guadagno, ma quello che sorprende è l'enorme differenza tra costo di produzione e costo dei prodotti della terra per i consumatori; i costi eccessivi nella distribuzione sono dieci, venti, trenta, cinquanta volte maggiorati rispetto all'origine.
Gli agricoltori di Metaponto hanno una loro piattaforma che va ascoltata e soprattutto recepita nei punti chiave. Chiedono che vengano sbloccati innanzitutto i crediti vantati dalle aziende nei confronti dello Stato erogati per calamità naturali. Tra l'altro, voglio ricordare al Governo che vengono erogati con ritardi mediamente di tre anni, quando si sono già verificate altre calamità che hanno creato ulteriori difficoltà agli agricoltori.
Il ministro sa bene qual è la situazione in Basilicata e nelle altre regioni, come la Puglia e la Calabria. Gli agricoltori chiedono una soluzione con l'INPS sui debiti previdenziali e il blocco dei debiti dovuti a fatti esterni. C'è a Metaponto una forte mobilitazione che ha coinvolto sindaci, amministratori, parlamentari e che proseguirà fino a quando non vi saranno risposte. Minacciano una marcia su Roma con i trattori. Questo decreto-legge può esser un giusto treno per accogliere alcune di queste istanze.
Occorre, infatti, un provvedimento di urgenza, considerata la crisi e le difficoltà che si preannunciano anche del prossimo futuro. Non è un caso che, tra le rivendicazioni, vi sia la richiesta di introdurre misure idonee ad allineare i costi di produzione a quelli dei paesi con noi concorrenti. Le nostre arance, i nostri pomodori, la nostra uva, le nostre fragole non possono essere svalutati in assenza di adeguate contromosse da parte del nostro Governo per tutelare in ambito di Unione europea le nostre produzioni di qualità.
Un patto regioni-Governo nazionale è necessario per difendere un settore strategico della nostra economia: non è possibile, infatti, vedere il grano venduto a prezzi stracciati in un anno di buona produzione, prezzi che peraltro non coprono nemmeno i costi di produzione. Un analogo discorso vale anche per altri tipi di piantagioni. Occorrono investimenti capaci
Anche le associazioni di categoria hanno chiesto interventi di modifica: quando sarà convocato il tavolo verde? Non va bene questo modo frammentario di affrontare i problemi, che sono di contesto e complessivi; siamo davvero arrivati, per così dire, a mettere le «toppe» su un vestito di stracci. L'agricoltura non può andare avanti così; chiediamo che i rappresentanti del Governo dichiarino in quest'aula cosa si vuole rispondere agli agricoltori: non possiamo assistere ad un settore che muore, quasi non ci fosse nulla da fare! L'agricoltura è un settore cruciale per il Mezzogiorno e non può essere abbandonata in questo modo. Ci chiediamo le ragioni del silenzio, ci domandiamo perché non si decida di promuovere un incontro con tutte le organizzazioni di categoria che hanno indetto in questi giorni la protesta.
Sono firmatario dell'articolo aggiuntivo 1-ter.060, che interviene sulla situazione dell'ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia; una proposta emendativa purtroppo dichiarata inammissibile per estraneità di materia. Vorrei sapere perché si considera estranea una proposta riguardante una struttura che eroga acqua per l'irrigazione e gestisce impianti irrigui e dighe in tre regioni meridionali. Lo stesso Governo, che aveva presentato una proposta emendativa di tale tenore, è stato poi costretto a ritirarla. Come sappiamo bene, questo Governo, quando vuole una misura, la ottiene (si pensi alla cosiddetta legge ex Cirielli, alla devolution ed alla legge elettorale); eppure, di fronte ai problemi seri, scattano i «vorrei, ma non posso». Tutto ciò è strano, veramente molto strano.
Chiediamo al Governo, con un ordine del giorno, di assicurare un impegno verso questa struttura in vista della prossima legge finanziaria; un impegno serio e concreto, certo non strumentale. Sappiamo tutti noi, dell'opposizione e della maggioranza, che l'ente ha bisogno di risposte da subito; non domani né dopodomani, ma da subito! Si tratta di un ente importante, che però viene mortificato da una grave disattenzione istituzionale. In questa legislatura, sono stato presentatore di diverse interrogazioni e di proposte emendative riferite alle precedenti manovre finanziarie per trovare una soluzione che desse prospettive a questo ente. Non possiamo più permetterci il ripetersi di situazioni drammatiche, con dipendenti non pagati per mesi; la situazione debitoria sta creando ancora molte difficoltà alla funzionalità dell'ente.
Nell'ultima interrogazione svolta su questa materia in Commissione agricoltura il sottosegretario Scarpa Bonazza Buora, lo scorso 26 giugno, rispose: «Infine, quanto alla definizione dell'assetto giuridico dell'ente, nonché alla definizione delle vertenze in corso, si ritiene che valutazioni e soluzioni ponderabili saranno oggetto di incontri che dovranno tenersi presso il MIPAF con la partecipazione dei competenti presidenti delle Regioni Puglia, Basilicata e Campania ed i rappresentanti dell'ente». Non credo che ciò sia avvenuto; ne consegue che si stanno addensando nubi molte scure sul futuro dell'ente irrigazione. Chiediamo con la nostra proposta un contributo straordinario per l'ente, che sappiamo non essere l'unica soluzione ma che consentirebbe una boccata di ossigeno in attesa di una ridefinizione complessiva della missione dell'ente.
Ci auguriamo che ciò avvenga nel più breve tempo possibile, in risposta alle attese dei dipendenti e dei problemi che potrebbero verificarsi se ciò non dovesse accadere.
Come è possibile constatare, siamo di fronte ad un decreto-legge parziale, molto limitato, che non affronta i tanti problemi dell'agricoltura; perché, allora, in considerazione del fatto che il termine per la conversione di questo provvedimento
I giovani abbandonano il settore e non vogliono più lavorare nei campi. Bisogna fermare questa emorragia ed innovare, garantendo prospettive di crescita a questo comparto strategico, investendo anche nella ricerca e nello sviluppo delle nuove tecnologie.
È triste constatare come, per la nostra agricoltura, si siano persi cinque anni con un ministro di immagine e non di fatti: il decreto-legge in esame ne è la prova (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Innanzitutto, si prelevano le risorse già stanziate con un precedente provvedimento d'urgenza, esattamente il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71 dello stesso anno, che prevedeva alcune significative misure per l'agricoltura italiana. Si tratta di una somma di 90 milioni di euro, destinata agli agricoltori per far fronte alla crisi di mercato. Quei fondi vengono adesso sottratti alla copertura del provvedimento dianzi richiamato per garantire quella del decreto-legge al nostro esame.
Anche questo è un chiaro segno delle difficoltà dei nostri conti pubblici, i quali, al di là delle assicurazioni tranquillizzanti del ministro dell'economia e delle finanze, non tornano. Detto per inciso, vorrei segnalare che il Presidente della Corte dei conti, professor Staderini, ha svolto un serio esame della situazione dei conti pubblici del nostro paese.
Il primo limite del decreto-legge in esame è la ratio del provvedimento stesso. Si mira, infatti, a fronteggiare gli effetti della crisi della nostra agricoltura senza tuttavia affrontarne le vere cause. Il Governo continua a muoversi esclusivamente sulla base delle emergenze che, di volta in volta, si presentano: si attiva una volta per le calamità naturali, che ormai si verificano con periodicità nelle diverse parti del territorio nazionale, ed un'altra per fronteggiare la crisi del pomodoro, quella dell'uva o altro!
In questi quattro anni, in pratica, è mancata una politica agricola nazionale degna di questo nome. Non ci nascondiamo i vincoli europei, né i condizionamenti della globalizzazione dei mercati; tuttavia, vorrei osservare che, oggettivamente, si poteva e si può fare di più per affrontare i nodi strutturali della nostra agricoltura, tenendo conto delle specificità colturali delle singole aree.
Le pesanti crisi che interessano il settore dell'ortofrutta, quello bieticolo-saccarifero ed ora quello vitivinicolo (che, fino all'anno scorso, registrava buoni livelli di redditività) avrebbero dovuto indurre il Governo ad affrontare, assieme alle associazioni dei produttori ed alle regioni, i nodi strutturali presenti, eventualmente anche per indirizzare il mondo agricolo verso nuove colture, perlomeno in alcune aree.
Bisogna puntare, a nostro avviso, sull'effettiva qualità e tipicizzazione dei nostri prodotti agroalimentari per competere meglio sui mercati, in particolare su quelli europei. Occorre intervenire, inoltre, con decisione sulla filiera al fine di contenere i prezzi finali. A tale proposito, vorrei ricordare che la maggioranza, nella Commissione competente, ha bloccato un'interessante proposta di legge, che vede come primo firmatario l'onorevole Mauro, del gruppo di Forza Italia - non ho difficoltà a riconoscerlo, e comunque segnalo che vi è anche la mia firma, assieme a quelle di altri sottoscrittori -, la quale prevede di obbligare i commercianti al dettaglio ad indicare, sul cartellino, il prezzo all'origine, quello intermedio e quello finale del prodotto.
Non è più tollerabile che il coltivatore o l'allevatore, nella vendita dei loro prodotti, percepiscano introiti irrisori, mentre il consumatore finale esborsi somme elevate per l'acquisto degli stessi. C'è qualche passaggio nel quale i prezzi vengono gonfiati, e ciò non può essere ulteriormente tollerato!
Ma in materia di prezzi e di costo della vita, il Governo ha pesanti responsabilità, poiché, a seguito dell'introduzione dell'euro, nella fase del change over avrebbe dovuto far funzionare i comitati euro, garantendo una vigilanza costante e conducendo un'opera di repressione nei casi di rigonfiamento dei prezzi in maniera eccessiva.
Il ministro conosce bene tali problemi e non si può limitare ad intervenire - anche se è necessario farlo - soltanto quando esplode la protesta nelle aree dove egli raccoglie i propri consensi elettorali. La crisi vitivinicola riguarda non solo una regione importante, quale la Puglia, ma tutto il Mezzogiorno, in particolare la Sicilia e le altre regioni con una notevole produzione. Ecco perché non si può dare al problema un taglio di natura soltanto elettoralistica. Esso è più complesso e più grande e necessita di una soluzione complessiva.
Gravi sono anche i ritardi nella messa a disposizione dei fondi previsti per le calamità naturali. In alcune aree, gli agricoltori - penso ai viticoltori del Vulture - stanno ancora aspettando di ricevere i fondi per le avversità del 2000-2003. Vi è un palleggiamento di responsabilità tra regioni e Stato. Il Governo, evidentemente, nella «politica di lesina», ritarda l'erogazione dei fondi previsti dalla legge sulle calamità naturali, con legittime proteste e disappunto da parte degli imprenditori agricoli che hanno visto le loro colture distrutte, totalmente o parzialmente, dalle avversità atmosferiche. Ormai, il ripetersi di grandinate e di siccità - o anche di abbondanti nevicate nelle aree montane - comporta danni notevoli. Le imprese agricole del nostro paese rivendicano, quindi, una vera politica di settore. Vogliono certezze
La nostra posizione - concludo, signor Presidente -, al di là dello scontro politico forte determinato dall'arroganza posta in atto dal centrodestra nel momento in cui ha deciso di far approvare una nuova legge elettorale, è stata finalizzata a salvaguardare i diritti e gli interessi del mondo agricolo del nostro paese.
Si dice - ed è probabile - che il Governo porrà su questo provvedimento la questione di fiducia. Agli amici ed ai colleghi del centrodestra e del Governo dico che voi, su questo provvedimento potete anche chiedere la fiducia - e sicuramente la otterrete da quest'Assemblea -, ma sappiate che non l'avrete più da parte del popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
I cinque anni di questa maggioranza sono stati contraddistinti, più o meno, da questo atteggiamento, nonostante una volontà espressa, alcune volte, a parole, ma non tradotta in atti legislativi o in fatti concreti.
In alcune dichiarazioni dello stesso ministro Alemanno si è potuta riscontrare una condivisione almeno di alcune tematiche in termini strategici. Il problema è stato ed è che molte dichiarazioni sono rimaste tali e non hanno avuto un riscontro positivo nel senso di un mutamento della normativa vigente e di un ripensamento profondo del sistema agricoltura in Italia, che presenta le difficoltà che conosciamo.
Vorrei fare alcuni esempi: il settore bieticolo-saccarifero costituisce una tematica grandissima che, ovviamente, ha avuto ed ha un problema anche con la Commissione europea. Il Governo avrebbe dovuto intraprendere da tempo un'iniziativa utile affinché quel settore non subisse scompensi. Ebbene, anche in questo caso, in ragione di quote e in ragione di una redistribuzione, si è seguita una politica che non ha funzionato fino in fondo, che non ha aumentato la competitività e non ha fatto valere in Europa le ragioni dell'Italia.
Si rischia tantissimo: penso anche agli zuccherifici del centro-sud d'Italia, come quello di Termoli. Penso al settore dei pomodori e di ciò che è accaduto solo qualche settimana fa. Penso anche al settore ortofrutticolo, con le difficoltà che si sono create nel comparto e, soprattutto, per le famiglie, a causa dell'aumento dei costi, di cui non hanno mai beneficiato i produttori. Anche qui, si è registrata un'inefficienza dei controlli da parte del Governo, che è sintomo di una assenza di capacità e di incisività della politica agricola di questa nazione.
Vi è poi il settore lattiero-caseario. Il prezzo del latte alimentare, i formaggi DOP e tutta una serie di altri ambiti hanno rappresentato partite non vinte da questo Governo. A perdere, ovviamente, è stato il sistema di tutta la filiera agroalimentare italiana, con le difficoltà e le conseguenze inevitabili, ossia quelle di
Anche a questo proposito, vi è stata una mancanza di attenzione e di capacità di investimento di questo Governo. Ad esempio, il mondo universitario e tutto il mondo della ricerca non hanno supportato fino in fondo l'azione di qualità volta all'eccellenza, che poteva e può ancora svolgere l'Italia. Questa, forse, è l'unica strategia vincente per l'Italia per riuscire ad uscire dalle secche in cui si trovano i settori dell'agricoltura e della filiera agroalimentare.
Invece, oggi stiamo parlando di un decreto-legge, di un provvedimento di urgenza. Ancora una volta, per fare fronte ad una questione di emergenza, si tenta di correre ai ripari. Il settore vitivinicolo è indubbiamente un settore strategico che, fino all'anno scorso, rappresentava un ambito redditizio, produttivo e conveniente, sia per chi produce, sia per chi commercializza. Le aziende italiane di quel settore hanno dato lustro all'Italia.
Si è parlato molto della difesa del prodotto e del marchio Italia nei mercati esteri. Sono state rilasciate belle dichiarazioni di fine legislatura, ma la legislatura è trascorsa senza che siano stati risolti i problemi. Inoltre, quanto beneficio avremmo avuto se fosse stato «aggredito» il tema dei marchi utilizzati con nomi italiani all'estero? Si sarebbe potuto recuperare tanto in termini di redditività e di difesa del marchio e delle aziende italiane. Tutto ciò non è stato fatto e restano ancora aperti i temi della redditività, legati all'esigenza di rendere competitive le nostre aziende, e della commercializzazione dei prodotti delle nostre imprese.
La scommessa si vince attraverso la qualità e l'eccellenza dei prodotti, ma un'altra scommessa non vinta dal Governo è quella di legare il tema dell'agricoltura a quello del turismo. Si tratta di legare i flussi turistici a tutto quanto riguarda il biologico, il prodotto tipico, il prodotto locale: anche a tale proposito vi è stata una partita annunciata ma mai disputata, quindi non vinta. Non c'è stato nulla in tal senso e non si è puntato sulla qualità e sull'eccellenza di tutte quelle aziende agricole con produzioni di altissima qualità. Infatti, la qualità costa e quando si pagano prezzi elevati per rendere un prodotto qualitativamente alto o si esce fuori dal mercato, o lo Stato, gli enti locali, il Governo dovrebbero costruire le reti di commercializzazione per rendere competitive tali aziende. Ciò non è stato fatto, ed il vero grande rammarico è quello di dover fare i conti con una politica agricola non efficace rispetto alle difficoltà che incontra oggi il mondo agricolo, che è quasi in ginocchio in tutti i settori.
Data la situazione di grave crisi, il rischio più alto che oggi corriamo è quello dell'emigrazione dal mondo dell'agricoltura verso altri comparti. Penso a quanto poco si sia investito sull'agricoltura di montagna, non solo in altri tipi di agricoltura che in genere convengono, anche e se oggi sono in crisi. Il vescovo di Locri, in un bellissimo intervento nella pastorale per il Vaticano, segnalava proprio quanto sia conveniente, oltre che utile, per lo Stato investire sull'agricoltura di montagna perché ogni persona che resta in quei luoghi a lavorare garantisce l'uso del territorio oltre ad un risparmio enorme per lo Stato. Quindi, anche se non si vuole fare la scommessa di tenere in piedi insediamenti abitativi, comunità, identità, almeno per convenienza si dovrebbe portare avanti la scommessa dell'agricoltura di montagna. Queste sono le mancanze, le latitanze del Governo.
Oggi, a fine legislatura, a pochi mesi dal voto, il Governo ha adottato un decreto-legge tardivo che costituisce un tentativo di risposta che non sappiamo se andrà in porto. Infatti, la legge n. 71 del 2005 ha avuto problemi a livello comunitario. Dunque, anche il decreto-legge in esame, ammesso che venga convertito in legge nei tempi previsti, potrebbe essere bloccato dalla stessa Commissione europea.
Il nostro atteggiamento rispetto a questo decreto, ancorché vi sia un fondamentale approccio negativo per le carenze di impostazione, che la maggioranza ha dimostrato
Quello del meridione è l'ultimo tassello di un quadro non dipinto, perché non c'è stata un'adeguata politica di investimento per il Mezzogiorno, soprattutto verso la filiera agroalimentare. Anche le ultime vicende raccontano quanto sarebbe stato importante difendere il marchio Italia e i prodotti italiani, rendendoli visibili e tracciabili e scommettendo tutto sulla qualità italiana laddove la qualità è realmente garantita e non laddove c'è grande inquinamento e dove dunque non si può parlare di grande qualità. A tal fine, il Mezzogiorno rappresentava una potenzialità straordinaria, ma questa maggioranza, a trazione nordista e padana, ancora una volta ha fatto mancare l'intelligenza strategica della quale il paese aveva bisogno, soprattutto gli agricoltori del Mezzogiorno d'Italia.
Abbiamo presentato proposte emendative che, non a caso, sono state recepite dal Governo e dalla Commissione. Ciò vuol dire che questo provvedimento era migliorabile ed in parte è stato migliorato, per quanto possibile. Ovviamente c'è una serie di altri aspetti su cui andrebbe approfondita la discussione.
Un'ultima considerazione riguarda la grande distribuzione. L'avere introdotto la garanzia di una quota obbligatoria di prodotti tipici locali da parte della grande distribuzione credo sia stato un elemento benefico, anche se estremamente tardivo, perché il danno nel frattempo si è prodotto. L'introduzione solo oggi di un obbligo di presenza dei prodotti locali all'interno della grande distribuzione, anche se è un aspetto positivo, giunge comunque tardi; questo perché il mercato interno, che è importante per le nostre aziende, è stato in gran parte soppiantato dalle logiche della grande distribuzione.
Registriamo quindi, a conclusione di questa legislatura, una debolezza della politica agricola, che ci obbliga ad avere un atteggiamento inevitabilmente critico, nonostante il nostro intento costruttivo, che comunque continuerà ad essere tale ogni qual volta si parli di questi temi strategici per lo sviluppo ed il futuro del Mezzogiorno e dell'Italia intera.
Signor Presidente, concludo ricordando che abbiamo vissuto, e tuttora viviamo, una difficoltà tutta interna al Parlamento ma che il paese ha ben compreso. Rispetto a tale difficoltà, credo vada dato atto che il comportamento dell'opposizione è stato costruttivo, con proposte che sono state accolte dalla maggioranza. Ciò vuol dire che nel merito avevamo qualcosa da dire e molto ancora abbiamo da dire e da proporre. La nostra prospettiva guarda alla prossima legislatura, fra pochi mesi, quando speriamo di invertire la rotta nel mondo della filiera agroalimentare, per dare lustro, visibilità e forza ad un settore che è stato sempre trainante e che può tornare ad essere assolutamente importante e strategico per il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
Credo sia giusto, in questo momento di grande soddisfazione per la Camera e per l'intero Parlamento, rivolgere al Presidente Casini i migliori auguri - io lo faccio a nome del gruppo di Forza Italia - per
Credo che anche il consenso quanto mai ampio riscosso nel corso della votazione che ha portato alla sua nomina (230 voti su circa 330 votanti, in rappresentanza di 141 paesi) testimoni bene come la personalità del Presidente Casini abbia trovato il consenso necessario per questo prestigioso incarico. Penso che il Presidente sicuramente riuscirà a trovare il tempo per non trascurare la Camera dei deputati nei mesi conclusivi della legislatura e che continuerà a svolgere il suo lavoro con quella intelligenza e correttezza che noi tutti gli abbiamo riconosciuto.
Spero, inoltre, Presidente - me lo consentirà -, che la soddisfazione per il prestigioso incarico possa essere condivisa da tutti i parlamentari e possa servire per il Presidente Casini come compensazione per le amarezze vissute la settimana scorsa per le ingenerose critiche che gli sono state rivolte da una parte politica (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)...
Immagino che su questo la Camera abbia il buon gusto di non dividersi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)!
Credo che le parole del presidente Vito non potessero e non volessero rappresentare un momento di attrito, perché non penso sia questo il momento di discutere in ordine alle vicende dei giorni o delle settimane scorse.
Credo che tale nomina rappresenti - ne sono certo - una soddisfazione per tutti i parlamentari di quest'aula, dall'estrema sinistra alla destra, sicuramente concordi sull'opportunità di salutare con soddisfazione questo momento significativo non solo per il Presidente Casini, ma per tutto il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
Voglio rivolgere, a nome del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, l'apprezzamento per la scelta che è stata compiuta e la nostra soddisfazione per il fatto che il Presidente della nostra Assemblea è stato chiamato ad assolvere un grande compito.
Ritengo che questo costituisca un importante momento di riflessione anche al fine di valorizzare l'attività del Parlamento. Questa democrazia nasce e deve continuare a vivere sui rapporti dialettici, ma si deve basare, in modo particolare, sulla valorizzazione del confronto e della dialettica nelle istituzioni repubblicane, che rappresentano un momento centrale. Questo è il messaggio di augurio che rivolgiamo al Presidente Casini, sperando che continuerà a rappresentare sempre al meglio questa nostra istanza all'interno delle istituzioni internazionali; sono sicuro che il Presidente Casini lo farà.
I Parlamenti, a livello internazionale, e le strutture sovranazionali diverranno sempre di più un importante elemento di costruzione dell'integrazione politica. Per tale motivo è importante sottolineare che l'esperienza del Presidente dell'Assemblea italiana arricchirà l'attività di integrazione politica a livello internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
Collega Vito, ci sono alcuni di noi in quest'aula, sia della maggioranza sia dell'opposizione, che in tutte le occasioni istituzionali a livello internazionale hanno caldeggiato e richiesto l'appoggio dei Parlamenti degli Stati in cui si trovavano in delegazione a nome della Camera a questa scelta che oggi è stata fatta del Presidente della Camera dei Deputati come Presidente dell'Unione interparlamentare. Quindi, non c'è solo da prendere atto con soddisfazione di questa scelta, ma c'è anche il fatto che tutti e due gli schieramenti hanno attivamente lavorato perché questa potesse avvenire con il consenso più ampio. Quindi, da questo punto di vista, rinnovo - non perché lo ha chiesto l'onorevole Elio Vito, ma perché è una sensibilità che tutti abbiamo - la nostra soddisfazione, anche se avrei preferito applaudire l'annuncio fatto da chi presiede la Camera in questo momento.
Ciò non toglie, signor Presidente - proprio perché si è voluto richiamare
Bisogna sapere che - e mi rivolgo all'onorevole Vito e agli altri colleghi della maggioranza - se non vi fosse stato un comune intento di tutti gruppi parlamentari, difficilmente il candidato Pier Ferdinando Casini avrebbe ottenuto quel largo consenso. Quindi, salutiamo questo successo come un successo di tutti noi e, soprattutto, lo salutiamo come un successo del parlamentarismo e della democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Inoltre, nel confermare, a nome del mio gruppo e degli altri finora ascoltati, la stima e gli auguri al Presidente Casini per il lavoro svolto, devo anche apprezzare (e forse questo è il momento più adatto) non tanto le polemiche di poco fa, quanto l'impegno dimostrato dai parlamentari italiani di tutti gli schieramenti politici in politica estera dopo tanti anni. Questo fa ancor più onore e rende maggiormente responsabile la Presidenza dell'Unione interparlamentare
Pertanto, apprezzo quanto affermato dall'onorevole Volontè in merito al ruolo giocato da questo Parlamento, cioè da tutti i gruppi lo compongono, affinché si potesse arrivare a questa nomina in grado di far svolgere al nostro paese un compito importante per il raggiungimento di nuovi equilibri internazionali.
Tuttavia, proprio perché si tratta di una nomina importante e perché lo stesso Presidente Casini avrebbe di certo altrimenti consigliato l'onorevole Elio Vito, ritengo che sia doveroso lasciare agli atti un biasimo per le dichiarazione dello stesso onorevole Vito, che ha strumentalizzato questa importante giornata con mancanza di stile. Purtroppo alla sua mancanza di stile, onorevole Vito, siamo abituati, così come siamo abituati ai suoi eccessi.
Ribadiamo la critica di merito che noi abbiamo rivolto al Presidente Casini, una critica anche seria, proprio perché crediamo nell'autorevolezza e nel ruolo delle cariche istituzionali. Durante lo svolgimento dell'esame della proposta di legge in materia elettorale, il Presidente Casini ha scelto di giocare una partita politica direttamente nell'ambito di quella discussione. Credo che le critiche che noi gli abbiamo rivolto, probabilmente, anche per la nomina alla presidenza dell'Unione interparlamentare, oggi il Presidente Casini dovrebbe apprezzarle (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Perciò, credo di interpretare il sentimento di tutti rivolgendo al Presidente Casini un augurio affettuoso, al quale voglio associare anche il mio personale. Apparteniamo a parti politiche diverse ma questo non ci ha impedito di collaborare, nel corso di questa difficile legislatura, anche in uno spirito di lealtà e di amicizia. Auguri, Pier Ferdinando, da parte di tutta la Camera dei deputati (Applausi)!
Questa onorificenza, indubbiamente, è un fatto importante, che ricade positivamente su ciascuno di noi.
Signor Presidente, vengo alla materia oggi all'ordine del giorno. In particolare, desidero stigmatizzare come ancora una volta (purtroppo, questo Governo ci ha abituato a tali situazioni) dobbiamo affrontare in maniera affrettata, e con provvedimenti certamente inadeguati, questioni di straordinaria delicatezza, relative alla vita di centinaia di migliaia di persone che ogni giorno si misurano con la crisi nella quale versa attualmente il nostro paese. È una crisi nei confronti della quale, come ormai affermiamo da quattro anni, ma soprattutto come ormai stanno verificando i cittadini (in particolare negli ultimi tempi), il Governo presieduto dall'onorevole Berlusconi ha dato non solo un contributo, ma una spinta definitiva, purtroppo all'indietro.
Sappiamo come ormai non vi sia comparto o settore che non affronti momenti di straordinaria crisi, che non versi in situazioni di particolari e sofferte difficoltà. Ci rendiamo conto che la risposta proveniente dal Governo è quasi sempre la stessa, sia nel metodo sia nel merito. È una risposta improvvisata, come in questo caso: invece di tentare di risolvere le cause dei problemi, si pongono delle pezze, delle
Ripeto, a tale atteggiamento l'attuale Governo ci ha abituati su ogni fronte: non si capisce, allora, per quale motivo su questo argomento avrebbe dovuto comportarsi in maniera differente.
Questo decreto affronta con misure emergenziali una crisi del mondo agricolo che è sotto gli occhi di tutti. È una crisi ormai palesemente strutturale, che necessita, per poter invertire la tendenza, di misure propriamente strutturali e non di misure poste qua e là, che in realtà non risolvono assolutamente nulla.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, ovviamente la crisi che ci troviamo di fronte è motivata da tante cause. Naturalmente, hanno avuto un ruolo le calamità naturali, che sappiamo quanto abbiano inciso, in questi anni, sulle attività in oggetto. Si è aggiunta, però, anche un'evidente e palese crisi di mercato, con la quale pure tutti gli operatori hanno dovuto fare i conti. Mai, negli dieci ultimi anni, una crisi si è rivelata così grave: non è stato interessato un singolo settore, signor Presidente, ma sono stati coinvolti, sostanzialmente, tutti i singoli comparti e le singole produzioni.
Molti hanno ricordato alcuni dati, i quali, se analizzati con attenzione, inducono davvero a riflettere. Due su tutti sono gli aspetti che desidero qui citare. Anzitutto, il consumo di ortofrutta in Italia è sceso del 51 per cento rispetto ad un anno fa. Inoltre, migliaia di aziende agricole sono ormai al collasso, sono indebitate e sono prossime al fallimento. Vi è, come risulta evidente per tutti, un altissimo rischio, in particolare nelle aree del Mezzogiorno (lo hanno ricordato chiaramente i colleghi che mi hanno preceduto), di perdita di nuovi posti di lavoro, con conseguente rischio sociale, anche ambientale, relativo al possibile abbandono delle campagne.
Perdita - ripeto - di posti di lavoro: ancora una volta, signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte ad una realtà che, evidentemente, dimostra come le promesse avanzate dal Governo Berlusconi nella sua campagna elettorale, mediatica e miliardaria, di quattro anni fa, poi non si sono realizzate, compreso l'aumento di posti di lavoro. Ciò trova una cruda fotografia nella realtà: a quelle promesse corrispondono sia degli atti non in grado di mantenerle sia il fallimento di un progetto con il quale sono stati illusi i nostri concittadini.
Credo che quello che si è svolto nel corso di questi giorni, e in particolare questa mattina, sia stato un dibattito nel quale tutti i colleghi dell'opposizione sono intervenuti nel merito del provvedimento con l'intento di concorrere a migliorarne il testo. Un provvedimento però, bisogna anche dirlo, che «fa acqua» anche su alcune scelte che la Commissione aveva valutato e magari avallato, e, ancora una volta, vede soggetti terzi, che vigilano sullo svolgimento della nostra attività, intervenire per porre in mora decisioni assunte dal Governo. Faccio riferimento, in particolare, alla notizia di oggi secondo la quale l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deciso di inviare un parere alla Camera e al Governo con il quale auspica che sia eliminato dal decreto-legge in esame l'obbligo di riserva obbligatoria di spazi commerciali a favore dei prodotti agricoli regionali. Tale norma, introdotta con un emendamento approvato dalla XIII Commissione della Camera, prevederebbe la fissazione da parte delle regioni di una percentuale minima della superficie di vendita delle grandi strutture commerciali da destinare esclusivamente alla vendita di prodotti agricoli ed agro-alimentari regionali. Tale percentuale è fissata in via provvisoria al 20 per cento.
Ancora una volta, ci troviamo, quindi, di fronte alla messa in mora di alcune parti di un provvedimento perché esso evidentemente non tiene conto e non rispetta fino in fondo non solo le leggi italiane, che pure sono importanti, ma anche le normative comunitarie che, come sappiamo, hanno un loro peso specifico.
Concludo il mio intervento esprimendo, tenuto conto anche delle riflessioni svolte dai colleghi intervenuti nel corso del dibattito, un giudizio di grande preoccupazione per il modo, ancora una volta approssimativo, con il quale si interviene in una materia così delicata. Un modo sicuramente degno della continuità dell'azione di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
Onorevole Losurdo, prego. Lei aveva chiesto di parlare; immaginavo, però, non al telefono, ma al microfono...!
Constato l'assenza dell'onorevole Marinello, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative presentate.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.600 ed esprime parere contrario sugli emendamenti Annunziata 1.61, Borrelli 1.85, Giacomelli 1.62, Giachetti 1.63, Frigato 1.64, Duilio 1.65, Carbonella 1.66, Camo 1.67, Bottino 1.68, Banti 1.69, Dorina Bianchi 1.80, Rava 1.86, Preda 1.26, Lusetti 1.81 e Borrelli 1.23 e 1.87.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1.100 del Governo e parere contrario sugli emendamenti Bellotti 1.82, Rava 1.89, Rossiello 1.46 e Franci 1.88; esprime altresì parere contrario sugli articoli aggiuntivi Vascon 1.03 e Rava 1.084 ed invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'articolo aggiuntivo Vascon 1.07.
Il parere è contrario sugli articoli aggiuntivi Nardini 1.061, Franci 1.013, Rossiello 1.08, Preda 1.09, Borrelli 1.010, Sedioli 1.012, Ria 1.060, Rossiello 1.085, Rava 1.063, Rossiello 1.064, Franci 1.04, Gerardo Oliverio 1.05, Rava 1.065 e 1.066, Preda 1.067 e 1.068, Sedioli 1.069, Borrelli 1.070, Rava 1.071, Preda 1.072, Franci 1.073, Gerardo Oliverio 1.074, Borrelli 1.075, Preda 1.076, Borrelli 1.077, Rossiello 1.078 e 1.079, Franci 1.080, Gerardo Oliverio 1.081, Rossiello 1.082 e Preda 1.083.
La Commissione esprime inoltre parere contrario sugli emendamenti Borrelli 1-bis.62, Santino Adamo Loddo 1-bis.60 e Iannuzzi 1-bis.61 ed invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Grillo 1-ter.61 e Carlucci 1-ter.62.
La Commissione esprime inoltre parere contrario sugli emendamenti Delbono 1-ter.63 e Nicodemo Nazzareno Oliverio 1-ter.60; invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'emendamento Bellotti 1-ter.64, nella parte ammissibile ed esprime parere contrario sugli identici emendamenti Giovanni Bianchi 1-quater.60, Rava 1-quater.61 e Zanella 1-quater.62.
Il parere è favorevole sull'articolo aggiuntivo 1-quater.0100 del Governo.
La Commissione invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'emendamento Burani Procaccini 2.60 ed esprime parere contrario sugli emendamenti Sedioli 2.1, Borrelli 2.61, Zanella 2.5 e 2.62.
Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento Mazzocchi 2-bis.60, alla luce dell'intervento dell'onorevole Giochetti, ne proporrei per il momento l'accantonamento.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Franci 3.12, Rossiello 4.1, Rocchi 4.60 e Preda 4.2, mentre esprime parere favorevole sugli identici emendamenti 5.100 del Governo e Bellotti 5.60.
L'emendamento Losurdo 5.5 è stato ritirato.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Rava 5.62, Preda 5.61 e Franci 5.60-bis ed invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'emendamento Masini 5.11.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 5-bis.700 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento) e contrario sull'emendamento Zanella 5-bis.60.
Il parere della Commissione sugli emendamenti Reduzzi 5-bis.61 e Marino 6.60 è contrario.
Gli emendamenti Losurdo 8.62 e 8.63 sono stati ritirati.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Marcora 8.8 ed invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli identici emendamenti Borrelli 8.9 e Losurdo 8.60 e dell'emendamento Masini 8.16.
Infine, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Marcora 8.10, sugli identici emendamenti Franci 8.5 e Marcora 8.6 e sugli emendamenti Marcora 8.7 e 8.13.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Rava 1.83.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
Si tratta di un'emergenza che trova spiegazione nei grandi fenomeni che caratterizzano attualmente l'economia, principalmente nella globalizzazione; il Governo, e per esso il ministro delle politiche agricole e forestali, come per altre emergenze che hanno caratterizzato il nostro settore negli anni scorsi - e anche recentemente, con il decreto n. 71 del 2005, attualmente e temporaneamente «bloccato» dalla Commissione europea -, è intervenuto tempestivamente, soprattutto dopo la vicenda dell'uva da tavola e da vino verificatosi questa estate in Puglia. Ricordo che si è assistito in quel caso ad un clamoroso crollo dei prezzi delle uve; ebbene, in quell'occasione il ministro è intervenuto, assumendo, in data 29 agosto, determinati impegni; impegni che, il 2 settembre scorso, si sono in effetti tradotti nel contenuto del decreto-legge oggi al nostro esame.
Quest'ultimo reca le misure più idonee per risolvere tali situazioni di crisi; a nostro avviso, infatti, il provvedimento risolve l'emergenza prezzi che in questo momento l'Italia affronta. Si prevedono interventi ben precisi nel settore: interventi dell'AGEA - che si impegna a ritirare dal mercato quantitativi di uva per 500 mila quintali -; un intervento in regime de minimis a favore dei produttori di vino e di uva da tavola, un aiuto che certamente allevia la situazione in maniera minima - come diceva Catalano: lo dice la stessa parola -, ma che, indubbiamente, rappresenta un impegno gradito per tutti gli operatori agricoli in Puglia; infine, l'impegno per effetto del quale le previsioni recate sull'emergenza uve in Puglia dal decreto possono essere estese a tutte le regioni italiane solo che vi sia, appunto, l'accordo tra le associazioni di categoria, quindi gli agricoltori, e le varie regioni d'Italia dove analoga emergenza possa verificarsi.
Si tratta quindi di un decreto che contiene interventi sufficienti. Certamente, le risorse finanziarie sono limitate ma, a nostro avviso, sono sufficienti. Anzi, sotto certi aspetti, possono essere definiti interventi miracolosi, soprattutto considerata l'emergenza finanziaria che affligge l'economia italiana; 260 miliardi non rappresentano una cifra né irrisoria né vile: sicuramente si riesce ad intervenire andando incontro alle richieste sostanziali degli operatori.
Per tracciare una panoramica e fare, così, un esame a volo d'uccello sulle misure più significative contenute nel decreto, vi è anche l'impegno da parte del Governo ad ottenere da parte della Commissione europea l'autorizzazione alla distillazione di crisi. Ricordo che si è trattato di uno dei motivi per il quale è esplosa questa estate la rivolta degli agricoltori pugliesi, soprattutto nella zona di Foggia. L'autorizzazione, su richiesta della regione, all'arricchimento del grado alcolico fu, infatti, l'elemento scatenante della crisi e dei disordini di questa estate e la richiesta degli agricoltori pugliesi - richiesta peraltro proveniente da tutto il settore vitivinicolo - è stata accolta, con soddisfazione da parte di tutti. Tutti gli impegni che il Governo assunse nell'incontro tra il ministro e gli agricoltori nella giornata del 29 agosto scorso sono stati, appunto, come dianzi ricordato, inseriti in questo decreto e tutte le richieste sono state soddisfatte.
Ecco, ritengo che si tratti di un risultato politico che, anche se non può essere definito eccezionale, comunque risulta indubbiamente positivo e soddisfacente.
Certo, l'opposizione, che fa il suo mestiere, può svilire il contenuto del decreto-legge in esame, può ritenerlo insoddisfacente ed affermare che non raggiunge i risultati massimi, anche se vorrei osservare che nessun provvedimento, in nessun settore e in nessuna materia può ottenerli, perché in politica il massimo è indefinibile!
Noi riteniamo, invece, che il Governo abbia saputo tempestivamente comprendere le cause che hanno scatenato la rivolta in ordine all'emergenza nel settore vitivinicolo, e nell'agricoltura in genere, così come è accaduto anche in altre occasioni. L'emergenza in agricoltura dura ormai da anni, sotto certi aspetti oserei dire da più di un decennio. Essa, infatti, è iniziata con il problema, che si trascinò per numerosi anni, delle quote latte.
Vorrei ricordare che si trattava di un'emergenza autentica, che colpiva uno dei settori più produttivi e qualificanti dell'intera agricoltura italiana...
Il decreto-legge in esame, dunque, risolve la questione, accogliendo le richieste avanzate dagli agricoltori...
Orbene, abbiamo notato, tutto sommato, una certa dissonanza tra quanto sostenuto dai colleghi durante i lavori svolti in sede di Commissione, oppure nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento, e gli interventi svolti nella giornata odierna. Vorrei segnalare che quando, per motivi tecnici, nella seduta di ieri si è dovuto differire alla seduta odierna l'esame del disegno di legge di
Allora, mi domando semplicemente: se tale preoccupazione, giunta al punto di dover produrre un'esternazione su un'agenzia di stampa, era fondata, come mai oggi, invece, formulate tutte queste critiche ed osservazioni nei confronti del provvedimento in esame? Se un decreto-legge è buono, lo si approva; se è discreto, si tenta di migliorarlo; se è cattivo, evidentemente la posizione non può essere che contraria (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Entrando nel merito del mio intervento, vorrei osservare che evidentemente è mancata e manca in quest'aula...
La crisi in questo settore, cari colleghi, non è evidentemente episodica o congiunturale. Si tratta di una crisi strutturale, che deriva da decenni e decenni di carenza di una politica agricola in questo paese! Mi riferisco a decenni in cui, indipendentemente dalle posizioni politiche e sindacali che ognuno di noi ha assunto in tale settore, è chiaramente mancata un'analisi seria, soprattutto prospettica.
Ed è il motivo fondamentale per cui, oggi, in Italia, ci confrontiamo con un settore strutturalmente debole rispetto alle condizioni di altri paesi europei. Quando tutto ciò, evidentemente, deve confrontarsi con una nuova politica comunitaria e, soprattutto, con una globalizzazione dei mercati e, dunque, con un sistema che deve interfacciarsi con le economie mondiali, è evidente che ci si trova di fronte ad un settore debole, un settore in cui si è poco programmato negli scorsi decenni, in cui si è «tirato a campare» ed in cui si è assistito anche ad una certa forma di assistenzialismo che si riteneva autoconservantesi ed autoriproducentesi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Applausi polemici dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
Ed allora, un settore di questo genere, evidentemente, doveva prendere consapevolezza delle proprie difficoltà e della propria crisi.
A fronte di tutto ciò, il Governo si è impegnato, con questo e con precedenti provvedimenti. Proprio in questo decreto-legge abbiamo cercato, in Commissione, di lavorare proficuamente e, grazie anche al contributo fattivo ed agli spunti provenienti dall'opposizione, che sono stati recepiti dal relatore, onorevole Misuraca, siamo riusciti oggi a produrre un testo che presenta sicuramente alcune positività. Siamo riusciti a produrre un testo che recupera la ratio della legge n. 71 approvata proprio quest'anno. Siamo riusciti a trovare una formula che applica il de minimis in una maniera assolutamente congrua rispetto alle diverse ipotesi.
A proposito del de minimis, che è stato criticato negli interventi degli onorevoli dell'opposizione, va anzitutto segnalato che non si tratta assolutamente di un'invenzione di questo Governo e di questa maggioranza: è una norma comunitaria, e noi, evidentemente, non facciamo altro che recepirla ed applicarla - o tentare di applicarla -, nei limiti che la stessa norma comunitaria prevede. Tale applicazione, che viene proposta negli articoli 1 e 2 del provvedimento in esame, risponde esattamente alla citata ratio.
Scendendo ancora nel particolare...
Noi abbiamo cercato, in tutti i modi, di intervenire, con provvedimenti efficaci, che hanno trovato, purtroppo - come, ad esempio, la legge n. 71 del 2005 - intoppi nell'Unione europea. Avevamo cercato di individuare - ed avevamo trovato - alcune novità e soluzioni importanti che avrebbero potuto servire a risolvere, o comunque a tamponare, la crisi di mercato che si era verificata lo scorso anno nel settore dell'ortofrutta, in particolare in Sicilia. Ebbene, ora abbiamo trovato anche il rimedio, abbiamo trovato aiuti utili per la crisi della vitivinicoltura che ha afflitto la Puglia e la Sicilia in particolare, con provvedimenti inseriti in questo decreto-legge che ci avviamo a convertire.
Mi fermo qui, signor Presidente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe, al quale ricordo che ha a disposizione un minuto. Prego, onorevole Antonio Pepe, ha facoltà di parlare.
Dobbiamo dare atto al Governo di essere intervenuto immediatamente. Il ministro Alemanno è venuto in Puglia ed è riuscito a coinvolgere tutte le associazioni di categoria, trovando la soluzione a questo problema.
Vi era stata la crisi del prezzo del grano duro. Vi era stata la crisi del pomodoro. Vi era la crisi dell'uva, da vino e da tavola. Ebbene, il ministro Alemanno, prima chiedendo all'Europa di autorizzare le cantine a fare la distillazione di crisi, poi intervenendo con gli aiuti de minimis, è riuscito a ridurre la crisi e ad andare incontro ai nostri agricoltori.
La Puglia è una regione che vive soprattutto di agricoltura.
Non riesco a spiegarmi il perché dell'opposizione della sinistra. L'opposizione rischia di far decadere un decreto che l'intero mondo agricolo ci chiede. Quindi, vi sarà un «sì» convinto del nostro gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia - Dai banchi dei deputati del gruppo di Forza Italia si grida: Bravo! - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
Abbiamo sentito da entrambe le parti rivendicazioni che, alla fine, vanno a sottolineare e ad evidenziare l'importanza del provvedimento. Noi, dal canto nostro, abbiamo contribuito e abbiamo lavorato, cercando in tutti i modi di spianare la strada a tale provvedimento, proprio perché, nel merito e nella sostanza, esso reca tutte quelle peculiarità delle istanze del mondo agricolo. Si tratta di un mondo molto spesso dimenticato e accantonato, ma che, in sostanza, costituisce il vero mondo produttivo di questo paese.
Vedete, questo paese è capace di fare qualsiasi cosa, di trasformare qualsiasi prodotto, ma non ha materie prime. Una delle poche e rare è l'agricoltura. Pertanto, è un nostro dovere politico tutelare e salvaguardare quel poco che abbiamo in termini di produttività.
Detto questo, va sottolineato il passaggio della Lega, che ha voluto concretamente portare l'attenzione del provvedimento sulla flavescenza dorata. È un problema che riguarda tutti i produttori agricoli italiani del comparto del vino. È un problema annoso che ci portiamo avanti da anni. Il comparto soffre, nostro malgrado, di una continua e, purtroppo, persistente concorrenza da parte di soggetti esteri. Proviamo a pensare alla penetrazione commerciale dei vini che arrivano dal Sudamerica, dal Sudafrica e da tutte le altre parti del mondo.
Ebbene, a maggior ragione dobbiamo intervenire, come Governo, nei confronti di questo comparto, che molto spesso viene dimenticato, proprio perché, facendo riferimento ad un vecchio sistema politico, esso non rappresenta un bacino elettorale interessante. Dobbiamo essere onesti e sinceri! Pensate agli anni Cinquanta e Sessanta: allora, quando il mondo agricolo parlava, tutte le forze politiche correvano! Perché? Perché c'erano i voti! Adesso, invece, cosa succede? Siccome le campagne si sono spopolate, il bacino elettorale non interessa più. Così buttiamo via quel poco di produttivo che abbiamo (Commenti del deputato Piscitello). È un grave errore dimenticare quel poco, purtroppo, che si può produrre senza aver bisogno di altri.
Ringrazio i colleghi per l'attenzione con cui hanno sostenuto il nostro intervento sul provvedimento medesimo. Spero che l'agricoltura non sia dimenticata e relegata in un angolo, come una figlia o una sorella povera. Essa, invece, costituisce una parte importante ed integrante del nostro prodotto interno lordo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
Avverto che la votazione nominale è stata richiesta dal gruppo di Forza Italia.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rava 1.83, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
Votanti 453
Astenuti 1
Maggioranza 227
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 241).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
Per quanto riguarda l'emendamento 1.60 in oggetto, noi siamo ad esso contrari, perché di fronte ad un impianto di risorse così limitato - teniamo conto che l'accordo sottoscritto dal ministro in Puglia prevedeva per i vitivinicoltori 80 milioni di euro per il ristoro della crisi, mentre con questo decreto tale importo è stato ridotto a 40 milioni di euro - spalmarne l'importo, soprattutto con interventi de minimis, verso società che prenderanno 3 mila euro ciascuna, non ha alcun significato. Questa è la ragione per la quale siamo fortemente contrari a tale emendamento.
Un provvedimento strutturale parlerebbe di distillazione preventiva e guiderebbe le imprese a nuovi impianti colturali. Questo significa rispondere ad una crisi strutturale, appunto, con proposte di carattere strutturale, ma tant'è, cari colleghi!
Credo che in genere si possa lavorare anche per la riduzione del danno, ma voi lavorate per l'aumento del danno. Forse sarebbe meglio che non faceste nient'altro, perché questo sarebbe più utile all'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
Adesso però vi è questo emendamento, che non si pone il problema della riforma previdenziale, che attendiamo da tempo e che era stata promessa. In proposito era stata costituita una commissione presso il Ministero del welfare, perché avrebbe dovuto lavorare un tavolo di coordinamento fra il Ministero delle politiche agricole e forestali e il Ministero del welfare. Invece non si è fatto nulla e siamo nella più totale confusione.
Invece di trovare una risposta strutturale, si cerca con questo emendamento di risolvere ancora una volta il problema con vecchi sistemi. Mi chiedo dove sia andata a finire quell'affermazione che abbiamo più volte sentito in quest'aula a proposito della necessità di un processo di ammodernamento dell'agricoltura italiana, perché qui stiamo tornando indietro.
Con questi fondi non risolviamo il de minimis per tutti i produttori agricoli e non interveniamo sulla crisi strutturale in cui versa l'agricoltura, e mi riferisco, soprattutto, ai due settori che vengono originariamente presi in esame, vale a dire il vitivinicolo e quello dell'uva da tavola.
Si tratta, quindi, di un provvedimento che non risolve i problemi strutturali della nostra agricoltura.
È stato rimproverato all'opposizione di aver utilizzato argomenti demagogici. Se partiamo da dati reali, misurando l'emendamento con la realtà, ci accorgiamo bene da che parte sta la demagogia! Il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, prevedeva uno stanziamento da parte del Governo di 120 milioni di euro per rispondere alla crisi determinatasi nel settore ortofrutticolo nel 2004. A fine agosto, il ministro Alemanno si è recato in Puglia in occasione dell'incontro con i rappresentanti della regione e con le associazioni agricole per la crisi dell'uva da vino e, in tale occasione, ha stimato in 80 milioni di euro l'intervento necessario a fronteggiare la crisi di questo settore.
Centoventi milioni di euro più ottanta milioni di euro, a casa mia, fa duecento milioni di euro!
Con il provvedimento in discussione, che interviene sulle emergenze, vengono stanziati 130 milioni di euro per fronteggiare i bisogni precedentemente stimati in 200 milioni di euro. In tale contesto, l'emendamento in esame non solo non prende atto di ciò che voi qualificate come una coperta stretta e, quindi, non utilizzabile da tutti nel nostro paese e con la quale bisogna fare i conti per non essere demagogici, ma propone di estendere, nonostante le minori risorse - 70 milioni di euro in meno - ad una platea maggiore di soggetti gli interventi che vanno a ristorare le difficoltà di mercato determinatesi.
Vi invito, pertanto, a riflettere per capire da che parte sta la demagogia, chi ha a cuore le esigenze delle imprese agricole, tentando, pur nelle difficoltà, di dare una risposta alla crisi, o chi si preoccupa quasi esclusivamente di presentarsi con qualche proclama elettorale agli elettori del proprio collegio (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
Pensate che questo inverno saranno collocati fuori mercato alcuni prodotti italiani, ad esempio i fiori prodotti in serre riscaldate! Il gasolio costava 30 centesimi, mentre adesso costa 55 centesimi. Non ci poniamo fuori competizione rispetto all'Africa o alla Cina, ma all'Olanda. Quindi, le nostre rose, i nostri ranuncoli, i nostri bellissimi prodotti salteranno dal mercato!
Questa è la critica di fondo che solleviamo. Lo dico con riferimento ai fiori, ma state compiendo un gran disastro anche in questo caso (Applausi dei deputati dei
Indico...
Prego, onorevole Marcora, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
Con la presente proposta emendativa, che prevede la soppressione delle parole: «, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale,», di fatto non si limitano - come previsto nel testo originario della decreto-legge - i benefici ai soli coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale, ma si estendono a tutti coloro che svolgono una attività agricola a prescindere dalla prevalenza che tale attività assume sul loro reddito e sul loro tempo di lavoro.
Coloro che sono iscritti alla gestione previdenziale e assistenziale sono i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli a titolo principale. Ciò è determinato in base alla prevalenza di reddito e di tempo lavorativo dedicato a tale attività.
Pertanto, era giusto - come previsto nella formulazione originaria del decreto-legge - destinare il rimborso per i danni derivanti dalla crisi di mercato a coloro che ricavano dall'agricoltura la percentuale maggiore del proprio reddito e non a tutti coloro che svolgono un'attività agricola. Con l'attuale formulazione, al contrario, si comprendono anche i cosiddetti agricoltori hobbistici, vale a dire coloro per i quali l'attività agricola non assume il carattere di attività principale.
Se, come affermato dal ministro, le risorse sono scarse, sarebbe più opportuno finalizzarle al ristoro dei danni derivanti dalla crisi di mercato subiti dagli imprenditori agricoli a titolo principale e dai coltivatori diretti, vale a dire da coloro che vivono di agricoltura.
Dunque, cogliamo una assoluta contraddittorietà nelle motivazioni addotte dalla maggioranza, affermando da un lato che non vi sono risorse e, dall'altro, di volerle distribuire ad una platea così ampia di persone che renderebbe di fatto l'intervento finanziario del tutto irrilevante.
Ricordiamo sempre che stiamo parlando di de minimis, il che vuol dire che non potranno essere attribuiti più di 3 mila euro in tre anni. Dunque, stiamo parlando comunque di briciole, che sarebbe assurdo estendere anche a coloro che non vivono di agricoltura.
Passiamo alla votazione del subemendamento Rava 0.1.600.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rava. Ne ha facoltà.
Quindi, se come sostiene il Governo i 21 milioni vi sono, non credo che esista alcun problema ad effettuare tale sostituzione, ma il parere contrario costituisce l'ammissione che questi soldi non vi sono. Credo che tutto questo sia molto grave e perciò lasciamo il giudizio agli imprenditori che hanno subìto quella gravissima crisi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Rava 0.1.600.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
Maggioranza 221
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 234).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.600 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Votanti 438
Astenuti 1
Maggioranza 220
Hanno votato sì 233
Hanno votato no 205).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borrelli 1.85.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
Cosa propone il nostro emendamento? Il relatore nel riformulare l'articolo 1 ha
Ebbene, riteniamo che detta regolamentazione, stabilita in questo modo, sia sostanzialmente grossolana perché in definitiva il de minimis non può essere considerato come un'elargizione o una sorta di elemosina che lo Stato fa alle aziende, perché esso deve entrare nel merito di quanto compiuto dalle aziende stesse.
Quindi, per esempio, l'ordinamento colturale è importante. Voi capite, infatti, che un'azienda agricola di 6 ettari di estensione che produca grano è diversa da una azienda di 6 ettari di estensione che produca uva e, quindi, non possono essere trattate allo stesso modo, come si afferma in questo testo. Anche la qualità delle produzioni varia da una azienda all'altra e confondere tutto, a mio avviso, non rende giustizia e non riconosce alle imprese il giusto ristoro, seppure di piccola entità.
Tuttavia, il problema non si limita a questo. Infatti, il regolamento relativo agli aiuti de minimis prevede un contributo che può essere elargito dallo Stato; al tempo stesso, però, anche le regioni possono intervenire con un contributo, per problemi strettamente regionali, su questi aiuti de minimis. Bisogna mettersi d'accordo, quindi, perché si sa che gli aiuti de minimis possono essere erogati entro un budget nazionale di 130 milioni di euro all'anno. Le regioni e lo Stato, cioè, forse dovrebbero mettersi d'accordo su come utilizzare queste risorse, sia a livello centrale sia a livello periferico. Ciò necessita di una intesa. Inoltre, le regioni potrebbero avere, ad esempio, una opinione diversa sul modo in cui attribuire alle singole imprese questo contributo.
Ebbene, nel decreto-legge al nostro esame tutto questo non è previsto. Inoltre, c'è un'aggravante: il testo portato all'esame del comitato delle regioni non conteneva questa ripartizione degli aiuti de minimis in maniera così dettagliata perché nell'articolo 1 presentato dal ministro non c'era affatto. Perciò, le regioni, in realtà, non hanno potuto esprimersi su questa articolazione. Con l'emendamento in esame proponiamo, sostanzialmente, che si rimandi la regolamentazione dell'aiuto de minimis ad un decreto ministeriale, da approvare previa intesa con le regioni. In questo modo, non si farà perdere tempo a nessuno e si potranno ascoltare le regioni e sarà possibile mettersi d'accordo con esse per stabilire in che modo ripartire gli aiuti, sia in termini di budget a livello nazionale, sia in relazione al tipo di intervento che si può effettuare su ogni singola impresa. In questo modo, insomma, il discorso filerebbe meglio e si eviterebbe la possibilità di ingenerare un nuovo contenzioso davanti alla Corte costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Non capisco la contrarietà della Commissione e del Governo. Infatti, basta considerare le questioni centrali che regolano gli aiuti de minimis, che sono rappresentate da due condizioni. La prima
Ammettiamo che le regioni Campania e Toscana, con proprie risorse, vogliano attuare la misura de minimis nei confronti delle imprese di questo settore operanti nel loro territorio. Con il decreto-legge in esame, praticamente, ciò non è possibile, per due motivi. Anzitutto, perché il plafond è stato consumato per intero: non vi è più quindi disponibilità di risorse. Secondariamente, perché non vi è stato alcun accordo, sul territorio nazionale, che sovrintendesse alla ripartizione del fondo stesso. Quindi, la questione relativa all'intesa fra Stato e regioni è diventa centrale per l'utilizzo di questo strumento a sostegno dell'impresa.
Colgo l'occasione per sottolineare un altro elemento assente in questo decreto-legge che rischia di ingenerare serie preoccupazioni per gli imprenditori agricoli. Un altro vincolo che la misura de minimis introduce è il tetto al contributo, che nel triennio non può superare i 3 mila euro. Se non istituiamo, unitamente a questo massiccio provvedimento, un registro nel quale venga indicato chi beneficia di tali misure, rischiamo l'esplosione di iniziative a danno delle imprese. E qualcuno poi sulle imprese stesse dovrà rivalersi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
In effetti, la domanda che ci si pone è la seguente: voi, avete congiunto i temi ed i problemi degli imprenditori agricoli del settore ortofrutticolo con i temi ed i problemi degli imprenditori del settore vitivinicolo. Ora, se voi immaginate di mettere assieme i beneficiari del decreto-legge n. 22 del 2005 ed i beneficiari del decreto-legge n. 182 del 2005, avendo investito 120 milioni per i primi, adesso, disponendo di 130 milioni, ne destinerete alle misure del decreto-legge n. 182, ora in esame, solo dieci milioni di euro? È una domanda a cui gradirei si fornisse una risposta.
Credo, quindi, che un ragionamento più completo ed una proposta più precisa sull'intervento de minimis siano necessari in quest'aula. Altrimenti, perderemo di vista il senso di questo tipo di contributo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Il decreto-legge del novembre 2004 è «saltato» perché non stava in piedi e, conseguentemente, non è stato convertito. Il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito, con modificazioni nella legge 29 aprile 2005, n. 71, viene, invece, assorbito in modo del tutto improprio dal decreto-legge in esame. In questo modo si rischia di avere nuovamente un testo che probabilmente sarà fonte di contenziosi proprio perché non tiene conto del ruolo svolto dalle regioni. Rischiamo, quindi, proprio perché non concordato né con l'Europa né con le regioni, di trovarci di fronte ad un decreto-legge inapplicabile.
L'emendamento in esame, Borrelli 1.85, cerca di soddisfare l'esigenza di coinvolgere le regioni; in tal modo si renderebbe possibile non dico superare, ma quantomeno esplicitare il contenuto del testo del provvedimento e renderlo così applicabile; diversamente rischiamo che ai produttori non arrivi nemmeno il de minimis.
Come abbiamo già avuto modo di dire, il relatore ha compiuto uno sforzo, che riteniamo importante, nel sostituirsi al Governo nella riscrittura del testo del decreto-legge in esame. Com'è noto, gli articoli 1 e 2, che rappresentano il cuore del provvedimento, sono stati riscritti integralmente dal relatore.
Ciò detto, non possiamo non porre in rilievo, come ha già fatto l'onorevole Borrelli, che i criteri con cui viene assegnato il contributo de minimis sono, a nostro avviso, assolutamente inadeguati, improvvisati e vanno a calpestare un principio fondamentale, vale a dire il rapporto con le regioni. E ciò, evidentemente, costituisce uno dei punti deboli del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
La misura prevista all'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame è sicuramente rispettosa del regolamento CE n. 1860 del 2004 che, come sappiamo, sancisce che la misura da adottare non possa essere legata alle quantità. Dovendo, quindi, individuare un parametro ci è sembrato che quello legato alla
Da ultimo, desidero svolgere un'altra considerazione. Ci rendiamo conto che questa misura - il de minimis - non riesce a soddisfare quelle aziende aventi una maggiore estensione, ma, tenuto conto della natura propria del provvedimento, essa assume le caratteristiche di una misura solidale. È proprio per tali motivi che non riusciamo assolutamente a comprendere le osservazioni svolte da alcuni colleghi. Noi comunque confermiamo l'assoluta validità di quanto da noi proposto.
Innanzitutto, come abbiamo rilevato più volte non soltanto in Commissione, ma anche in questa sede, non si discrimina in base al tipo di coltura praticato sul terreno dall'impresa agricola. Infatti, nelle lettere a), b) e c) si fa esclusivo riferimento a superfici pari o superiori a 6, 3 e 0,3 ettari, indipendentemente dalla coltura, attuandosi, in tal modo, una dissociazione secondo noi impropria: è ingiusto attribuire ristori per crisi di mercato indipendentemente dalla qualità, dal pregio, dal valore della coltura, per l'evidente rilievo che una superficie coltivata a prato è diversa da una coltivata a vite o dedicata a piante da ortofrutta.
Quindi, la ripartizione proposta dal ministero (l'emendamento dal quale è scaturita la formulazione che critichiamo è stato presentato dal Governo) non ci soddisfa: noi riteniamo che, per dare maggiore flessibilità, per permettere alle regioni l'applicazione differenziata degli aiuti de minimis a favore delle imprese colpite da crisi di mercato sia più giusto demandare ad un decreto ministeriale, da emanare d'intesa con le regioni e le province autonome, la determinazione delle modalità di ripartizione del contributo.
Quanto al termine di 60 giorni dalla conversione in legge del decreto-legge per l'emanazione del suddetto decreto, ci era stato obiettato, in Commissione, che si volevano dare risposte certe ed immediate. Ebbene, il decreto al quale fa riferimento l'emendamento verrebbe emanato in tempi brevi e permetterebbe, da un lato, di garantire quella flessibilità di applicazione da regione a regione che sembra assolutamente opportuna (oltre che coerente con la competenza esclusiva delle regioni nella materia dell'agricoltura) e, dall'altro, di ripensare, di rivedere la ripartizione. Come ho già detto, distribuire soldi in base alla superficie, indipendentemente dal valore della produzione, è un errore ed anche fonte di iniquità: aziende che hanno investito in colture estensive, di latifondo, vengono considerate alla stessa stregua - e beneficiano alla stessa maniera - di quelle che hanno colture molto più intensive e molto più pregiate.
Mi meraviglia, pertanto, un'opposizione di quella parte politica fondata su criteri che sono più razionali soltanto in apparenza ma che, in realtà, inficiano un criterio oggettivamente solidale che, in quanto tale, dovrebbe trovare concordi i nostri amici dell'opposizione.
Anche per alleviare il tono un po' greve della discussione, vorrei proporre la seguente battuta: del de minimis non si occuperà il praetor, ma il parvus agricola è sicuramente favorevole al provvedimento in esame così come formulato dal Governo.
Crediamo che l'emendamento in esame possa migliorare il testo, sebbene il provvedimento non ci soddisfi e presenti non pochi problemi (basterebbe leggere attentamente la relazione della Commissione bilancio per comprendere quanto reali siano le risorse stanziate in questo decreto-legge). In ogni caso, riteniamo che tale emendamento possa rispondere all'esigenza di stabilire un raccordo con le regioni.
Come è possibile affidare ad un unico criterio, vale a dire quello della superficie dei terreni o del numero dei bovini adulti, la distribuzione degli aiuti de minimis? Crediamo possano essere altri i parametri di definizione, tra i quali quello riguardante il tipo di colture.
Per questo motivo, esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento in esame.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borrelli 1.85, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
Votanti 432
Astenuti 1
Maggioranza 217
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 237).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giacomelli 1.62, sul quale diversi deputati hanno chiesto di intervenire. Proporrei, pertanto, di concludere l'esame di questo emendamento e quindi, con spirito di «umanità», terminare i nostri lavori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomelli. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, a mio avviso, non è sufficiente adagiarsi o nascondersi dietro il combinato disposto «parametri e normative». Occorre rendersi conto che vi è la forte ed oggettiva necessità di un intervento straordinario e di una maggior consistenza, per una realtà molto articolata, che vive un momento piuttosto difficile, come quella di cui stiamo parlando.
Il senso dell'emendamento non è quello di assumere una posizione di contrasto rispetto alla necessità di un accordo da raggiungere nella Comunità europea, ma - esattamente l'opposto - quello di chiedere al Governo che il nostro paese assuma una posizione più attiva, anche in sede europea, affinché, quando si devono attuare interventi de minimis, vi sia una consapevolezza più forte delle attese e delle necessità che emergono da questo settore (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Sappiamo benissimo che con il de minimis non si può assolutamente risolvere la crisi strutturale della nostra agricoltura.
Non riusciamo, con siffatte misure - non è questa, infatti, la filosofia loro sottostante - a fare uscire dalla crisi alcun settore produttivo e non possiamo stabilizzare più di tanto i comparti in crisi. Possiamo, invece, accompagnare queste misure con piani organici da vararsi in alcuni settori. Ho già osservato - mi sembra anche in occasione dell'intervento svolto sul complesso degli emendamenti - che, se prevedessimo, per risolvere le crisi, oltre agli aiuti de minimis, anche un piano organico - per dare certezze, programmare e guardare agli scenari futuri dell'agricoltura - probabilmente conferiremmo una logica diversa allo stesso regime del de minimis. Quindi, gli aiuti de minimis non possono assolutamente sostituire gli interventi che abbiano un'azione di carattere strutturale.
Premesso ciò, ritengo sia necessaria - peraltro, era quanto chiedevamo con una precedente proposta emendativa - una regolamentazione specifica perché nel regime de minimis interviene un potere delle regioni, mentre noi variamo una normativa senza coinvolgerle. È proprio la competenza delle regioni che interviene; evidentemente, dobbiamo trovare un momento di confronto e di coinvolgimento delle stesse e abbiamo quindi bisogno di una disciplina generale. Mancando quest'ultima, è evidente che rischiamo di non sopperire a tutte le necessità del triennio; si ha invece bisogno di verificare come ripartire tra i vari settori produttivi il plafond nazionale perché, altrimenti, potremmo intervenire sulla crisi del settore vitivinicolo e non su quella del pomodoro ovvero in questo ambito ma non nel comparto ortofrutticolo. Rischiamo, quindi, di porre in essere una sperequazione tra i vari comparti anziché azioni di solidarietà, in situazioni di particolare crisi, tra i vari settori e tra i vari produttori agricoli. Quindi, un riferimento agli ordinamenti colturali ed alla qualità delle produzioni deve indubbiamente essere compiuto perché, altrimenti, se non colleghiamo il regime del de minimis a ciò rischiamo - lo ribadisco - di creare sperequazioni.
Dobbiamo riuscire a condividere il seguente ragionamento; se non abbiniamo - e si tratta del difetto di base della nostra politica agricola - gli interventi straordinari, di crisi con un piano strutturale di rilancio del settore che guardi agli scenari futuri, rischiamo di seguitare ad erogare aiuti a pioggia che hanno fini assistenziali ma non perseguono l'obiettivo di favorire il superamento della crisi in cui versano alcuni settori della nostra agricoltura.
Oggi, il comparto del vino; ieri, era quello della pesca; ma vi sono altri settori in crisi: effettivamente rischiamo di avere l'intero mondo agricolo che sta attraversando difficoltà notevoli e che sta interamente
Ma per tornare al merito del provvedimento, vorrei sottolineare due questioni. In primo luogo, credo che occorra cogliere lo spirito dell'onorevole Giacomelli, che ha presentato l'emendamento in esame e lo ha illustrato nel suo intervento. Infatti, anche se preannunzio che voteremo a favore, noi lo accogliamo come una provocazione.
In secondo luogo, vorrei dare atto all'onorevole relatore di aver compiuto un lavoro importante nella riformulazione dell'articolo 1, che rappresenta il cuore dello stesso decreto-legge. Credo che l'onorevole Misuraca abbia assolto un ruolo importante, sostituendosi al Governo, nel riscrivere l'articolo 1 del provvedimento, realizzando il miglior risultato possibile con gli strumenti che aveva a disposizione. Ritengo, tuttavia, che il medesimo articolo debba e possa essere ulteriormente migliorato.
Vorrei ricordare che è stato già respinto l'emendamento Borrelli 1.85, il quale prevedeva l'intesa tra Stato e regioni. La «provocazione» che l'onorevole Giacomelli lancia è sostanzialmente una: il testo riformulato dal relatore, per ricorrere ad una battuta, fa calzare tutte le scarpe allo stesso piede. Mi sembra un'operazione impossibile, poiché, quando definiamo un intervento sulla base della dimensione territoriale, senza operare distinzioni sulla base delle produzioni, non si riconosce nemmeno il diverso valore del danno subito.
Infatti, un conto è un ettaro di patate, un conto è un ettaro di seminativo, un conto è un ettaro di frumento e un conto un ettaro d'uva. Si tratta di valori diversi, e l'intervento, se non tiene conto di tali differenze, si «spalma» in misura eguale, prescindendo dalle attività colpite dalla crisi.
Il problema che sottoponiamo all'attenzione del Governo e del relatore è questo: occorre l'intesa tra lo Stato e regioni ai fini del ricorso al de minimis, così come è necessaria una differenziazione specifica degli interventi sulla base delle produzioni, al fine di rendere giusto ed equilibrato il provvedimento...
Va detto, comunque, che tale provocazione ci fa riflettere sul fatto che, con l'applicazione del de minimis, si utilizza l'intera disponibilità nazionale, privandoci
In tal senso, ritengo che si debba avviare una discussione soprattutto su quella parte del provvedimento che riguarda l'applicazione del de minimis. A nostro avviso, occorre ricorrere al decreto ministeriale che avevamo previsto al fine di confrontarsi con le regioni per verificare la possibilità di migliorarne l'applicazione...
Vedete, onorevoli colleghi, con il decreto-legge in esame stiamo estendendo l'aiuto de minimis anche a quelle situazioni di crisi sulle quali si intendeva intervenire attraverso il decreto-legge n. 22 del 2005, il quale aveva invece un'altra dimensione ed offriva una risposta sicuramente migliore alle aziende in difficoltà. Do atto al relatore di aver compiuto sicuramente un'opera meritoria nel presentare un emendamento che ha recuperato un intervento che, altrimenti, il Governo aveva deciso di non praticare più, tuttavia ritengo gli strumenti con cui si interviene a favore di quelle aziende che, negli anni passati, hanno subito crisi di mercato assolutamente inadeguati.
Per cui, quest'emendamento, con la proposta provocatoria di aumentare le risorse, ci pone di fronte a tale problema, a cui tutti noi vorremmo rispondere con l'espressione di un voto favorevole; ma sappiamo che non è possibile, perché 3 mila euro sono il massimo stabilito dall'Unione europea per il de minimis.
Questa è la ragione per cui ritengo dovrebbe essere compiuto uno sforzo in tal senso, ma, a giudicare dalle affermazioni del ministro, il Governo non sembra porre grande attenzione al rispetto delle direttive comunitarie.
Dobbiamo portare a termine il percorso iniziato con il decreto-legge n. 22 del 2005, convertito nella legge n. 71 del 2005, sul tema generale delle crisi di mercato in agricoltura. Finché non avremo fatto ciò, rimarremo sempre in un cul de sac (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Un'altra riflessione: questa norma è stata approvata nel 2004. Il regolamento relativo al de minimis è stato approvato quando il commissario italiano era Prodi (Commenti).
Mi sia consentita ancora una riflessione: abbiamo ascoltato, nel corso degli interventi dei colleghi, fare due riflessioni. Da un lato, qualcuno ha detto che la norma è assolutamente «esigua» e che le risorse sono del tutto trascurabili. Altri, invece, hanno sostenuto che, utilizzando tali risorse, ossia il monte della somma prevista per l'Italia per il de minimis, sicuramente si è imprudenti ed azzardati. Allora, alla luce di tali due riflessioni svolte dai colleghi dell'opposizione, sono fra loro in conflitto, invito gli stessi, quantomeno, a confrontarsi sui contenuti, onde dare maggiore contezza e - a mio avviso - maggiori contenuti agli interventi che stanno svolgendo su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giachetti 1.63.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
Voglio cogliere l'occasione del dibattito che si è innescato, in particolare, con l'intervento dell'onorevole Marinello. Innanzitutto, onorevole Marinello, Prodi non c'entra niente! Nessuno di noi ha messo in discussione l'estensione del de minimis in agricoltura. Veda, onorevole Marinello, il de minimis è una misura che nell'Unione europea era già usata da molto tempo nell'industria, ma non in agricoltura. C'è stata una battaglia - che io ho svolto anche come assessore regionale - per estendere questo tipo di aiuto anche all'agricoltura. Il problema, onorevole Marinello, è che bisogna usare questo aiuto per fare ciò per cui questo aiuto è necessario.
Voglio ricordare all'onorevole Marinello e all'Assemblea che il decreto-legge n. 22 non prevedeva per le crisi di mercato il de minimis, ma prevedeva che le imprese beneficiassero della sospensione dei contributi previdenziali ed assistenziali propri e dei lavoratori dipendenti e che ottenessero interventi indennizzatori finalizzati alla ripresa economica mediante finanziamenti a lungo termine assistiti dalla garanzia fideiussoria dell'ISMEA.
Onorevole Marinello, noi invece diamo agli agricoltori un de minimis articolato e, addirittura, lei, in un precedente intervento, ha affermato che quella formulazione degli ettari va bene perché amplia la platea; quindi, si danno pochissimi soldi. Si stanziano 130 milioni di euro ma, in realtà, non vi sono nemmeno questi soldi. Infatti, com'è stato osservato dal collega Rava, di 21 milioni di euro rispetto ai quali si dà la possibilità al commissario ad acta di stipulare una convenzione, la disponibilità reale è di 569.698 euro. Quindi, non ci sono i 21 milioni. Invece di 130 milioni, stiamo parlando di 109 milioni di euro.
Inoltre, il ministro Alemanno in Puglia aveva promesso ai viticoltori che l'intervento sull'uva da vino sarebbe stato di 80 milioni di euro. Adesso, siamo scesi a 40 milioni in de minimis e non sappiamo nemmeno quanti soldi ci sono.
Allora, come vede, caro onorevole Marinello, qui stiamo parlando del de minimis perché voi non siete riusciti a contrattare con l'Unione europea un intervento serio per l'agricoltura. Questa è la verità. Quindi, Prodi non c'entra niente, ma c'entra la vostra incapacità.
Voi siete un Governo che non ha credibilità in Europa, come è stato già ricordato, per esempio, per quanto riguarda la distillazione, rispetto alla quale gli altri paesi europei sono riusciti a portare a casa il loro fabbisogno e noi no. Questa è la verità. Non nascondetevi dietro a un dito, perché non c'è abbastanza spazio!
Cari colleghi, penso che questo provvedimento, così com'è, non sia nemmeno una foglia di fico per coprire le vergogne. Un contributo di mille o duemila euro per gli agricoltori non farà assolutamente un granché e, certamente, non li porterà fuori dallo stato di crisi (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
Il senso dell'emendamento in esame, come quello di altri emendamenti provocatori presentati, è che questo poteva essere - e non lo è - un provvedimento importante per sopperire a situazioni di crisi della nostra agricoltura. Non è così, e questo provoca una serie di tensioni nei rapporti tra di noi, anche all'interno della Commissione. Il Governo ed il ministro non possono pensare di fare promesse che poi non si mantengono, come è avvenuto nei confronti dei produttori agricoli che hanno occupato strade, autostrade e ferrovie.
Mi sembra che l'onorevole Marinello, nel suo intervento precedente, si sia fatto prendere un po' dall'entusiasmo nel motivare la bontà di questo provvedimento. Ricorrerei, anche in tale caso, ad una battuta che si fa spesso dalle mie parti per dare il senso dell'importanza che esso ha e della capacità di dare soluzione ai problemi.
L'effetto che questo decreto ha nei confronti delle imprese è sostanzialmente come quando si soffia in bocca ad una persona già morta per farla rianimare! Di fatto, questa è l'operazione che noi stiamo facendo. Ciò per il semplice motivo che il Governo non è stato in grado di portare a casa nessun risultato sul decreto-legge n. 22 dell'aprile scorso, ma anche perché ormai non ci sono risorse per poter rispondere ai problemi che l'agricoltura ci pone. Questa purtroppo è la realtà!
Questo dunque lo dico per la verità e per la chiarezza. Parliamo quindi seriamente e non facciamo demagogia, come finora è avvenuto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giachetti 1.63, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
Votanti 416
Astenuti 1
Maggioranza 209
Hanno votato sì 175
Hanno votato no 241).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
S. 2544-B - Modifiche alla Parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (4862-C).
- Relatore: Bruno.
Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari (6063-A).
- Relatore: Misuraca.