Allegato A
Seduta n. 677 del 26/9/2005


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PROPOSTA DI LEGGE: CIRIELLI ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE PENALE E ALLA LEGGE 26 LUGLIO 1975, N. 354, IN MATERIA DI ATTENUANTI GENERICHE, DI RECIDIVA, DI GIUDIZIO DI COMPARAZIONE DELLE CIRCOSTANZE DI REATO PER I RECIDIVI, DI USURA E DI PRESCRIZIONE (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 2055-B)

(A.C. 2055-B - Sezione 1)

QUESTIONI PREGIUDIZIALI PER MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame, anche nelle modifiche introdotte al Senato, risulta complessivamente in contrasto con il principio di ragionevolezza e segnato da profonde ragioni di incostituzionalità;
in particolare, il comma 3 dell'articolo 157 del codice penale - come novellato dall'articolo 6 del testo - escludendo il concorso di corcostanze aggravanti e attenuanti ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, produce la lesione del principio costituzionale di ragionavolezza, nonché di quello di uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, non commisurando più il tempo di prescrizione alla gravità del reato commesso;
lo stesso articolo 6 modifica profondamente il sistema della prescrizione incidendo su molti reati di grande impatto sociale, ponendosi così in contrasto con l'articolo 5 della Convenzione dei Diritti dell'uomo che tutela il diritto alla sicurezza;
va anche rilevato che, all'articolo 10, la previsione di un ulteriore anno di prescrizione per i soli processi in corso pendenti avanti la Corte di cassazione, determina una violazione dell'articolo 3 della Costituzione, laddove nei processi in corso in primo e secondo grado i termini stabiliti sono prolungati solo a seguito di sospensione;
l'articolo 10, infine, in combinato disposto con l'articolo 6, producendo di fatto una amnistia mascherata, costituisce violazione delle procedure e delle garanzie di cui all'articolo 79 della Costituzione, eludendo, in particolare, il ricorso alle maggioranze qualificate ivi previste:

delibera

di non procedere all'esame del provvedimento.
N. 1. Finocchiaro, Fanfani, Cento, Sgobio, Oricchio, Bonito, Mantini, Zaccaria, Maura Cossutta, Zanella, Innocenti, Leoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame recante «Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione» prevede, per delitti di minimo allarme sociale, ivi compresi i reati per cui è prevista la sola pena pecuniaria, che la


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prescrizione non possa essere inferiore ad anni sei, aumentata in caso di atto interruttivo;
lo stesso provvedimento modifica anche gli attuali termini di prescrizione per le contravvenzioni, disponendo, in particolare, disponendo, in particolare, che la prescrizione per tali reati non possa essere inferiore a quattro anni (tempo aumentato di un quarto in caso di atto interruttivo), mentre attualmente, per le contravvenzioni, la prescrizione estingue il reato dopo due anni, qualora sia prevista la pena dell'ammenda, e dopo tre anni, qualora sia prevista la pena dell'arresto;
nel contempo, paradossalmente la proposta di legge prevede, per reati di grave allarme sociale, una diminuzione degli attuali tempi di prescrizione;
in maniera irragionevole e illogica, oltre che in contrasto col principio di eguaglianza, si allungano i tempi di prescrizione per reati non gravi e, in particolare, per le contravvenzioni, e dall'altro si accorciano i tempi di prescrizione per determinati reati di grave allarme sociale;
il contrasto con i principi costituzionali si evidenzia, oltre a tutto, anche in quanto per dedeterminati reati più gravi di quelli per cui è prevista la sola pena pecuniaria i termini di prescrizione sono maggiori di quelli previsti per reati per i quali, pur non essendo prevista la pena carceraria, sono previste altre pene limitative della libertà personale (questi ultimi si prescriverebbero in tre anni, mentre le contravvenzioni che prevedono la sola pena dell'ammenda, si prescriverebbero in quattro anni);
qualora il suddetto provvedimento venisse approvato si avrebbe un palese contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
delibera di non procedere all'ulteriore esame della proposta di legge n. 2055-B.
N. 2. Russo Spena, Pisapia, Mascia, Elettra Deiana, Titti De Simone, Alfonso Gianni, Giordano, Mantovani, Nardini, Provera, Valpiana.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca «Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione»;
tale provvedimento prevede, in caso di recidiva derivante da situazioni soggettive quali la tossicodipendenza, l'alcooldipendenza e, più in generale, di marginalità sociale, anche in presenza di un precedente penale di limitato allarme sociale e lontano nel tempo, un aumento obbligatorio di pena, eliminando la possibilità per il giudice di commisurare la pena adeguandola, al caso concreto e tenendo conto, tra l'altro, della condotta del reo contemporanea e susseguente al reato, dell'intensità del dolo, dei motivi che hanno determinato la condotta illecita, della gravità del danno e della attuale personalità e pericolosità sociale dell'imputato;
nello stesso provvedimento, per gli imputati recidivi viene previsto contemporaneamente l'aumento della pena, l'aumento dei tempi di prescrizione e una ulteriore limitazione alla possibilità di accedere ai benefici della legge sull'ordinamento penitenziario, anche nei casi in cui il condannato abbia tenuto buona condotta, non risulti socialmente pericoloso, abbia manifestato costante senso di responsabiità e correttezza nelle attività lavorative e culturali, e vi siano quindi tutti i presupposti per ritenere, sulla base dell'osservazione della personalità, che permessi premio e misure alternative alla detenzione contribuiscano alla rieducazione del reo e assicurino la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati, così come attualmente previsto, in particolare, dagli articoli 30, 30-ter e 47 dell'ordinamento penitenziario;
se il provvedimento in esame venisse approvato, si creerebbe una inammissibile, oltre che irrazionale, disparità di trattamento, in quanto soggetti condannati per


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reati meno gravi sarebbero penalizzati in relazione alla possibilità di accedere ai benefici dell'ordinamento penitenziario rispetto a soggetti responsabili di reati più gravi;
la proposta di legge, diversifica i tempi di prescrizione, la quantificazione della pena e la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione sulla base delle condizioni soggettive dell'imputato e del condannato, non limitandosi a prendere come parametro la tipologia dell'illecito e il comportamento susseguente al reato, nonché il percorso rieducativo e di reinserimento sociale;
in caso di approvazione della suddetta proposta di legge, si creerebbro situazioni per cui, per lo stesso episodio criminoso e in caso di concorso di persone nel reato, il processo dovrà essere dichiarato estinto per prescrizione nei confronti di un imputato e non invece del concorrente;
ciò contrasta con la ratio e la finalità dell'istituto della prescrizione, previsto dall'articolo 157 del codice penale, che è strettamente connesso al venir meno dell'interesse dello Stato alla perseguibilità della condotta illecita dopo un determinato periodo di tempo, in quanto si ritiene cessato l'allarme per la collettività;
ne consegue la palese irragionevolezza, oltre che il contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e della funzione anche rieducativa della pena, di una previsione che determinerebbe un trattamento diverso, ai fini della prescrizione, per i responsabili del medesimo reato, con ciò creando, oltre a un «doppio binario processuale», e a un «doppio binario esecutivo», anche un «doppio binario sostanziale»;
le ingiustificate differenziazioni previste nel provvedimento in esame, in tema di prescrizione, di commisurazione della pena e di possibilità di accedere alle misure alternative al carcere, contrastano con il principio di eguaglianza, in quanto determinano una serie di trattamenti ingiustificatamente differenziati (sanzionatori, processuali, esecutivi) pur in presenza della medesima condotta criminosa e del medesimo reato, e quindi inconciliabili anche con la funzione della pena, come delineata inequivocabilmente dalla Costituzione (articolo 27, terzo comma della Costituzione);

delibera

di non procedere all'ulteriore esame del progetto di legge 2055-B.
N. 3. Pisapia, Mascia, Russo Spena, Elettra Deiana, Titti De Simone, Alfonso Gianni, Giordano, Mantovani, Nardini, Provera, Valpiana.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame prevede che «se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva, prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave»;
l'articolo 3 dello stesso provvedimento prevede, per i recidivi, il divieto di comparazione delle circostanze attenuanti con le aggravanti;
tali disposizioni appaiono del tutto irragionevoli, in quanto l'articolo 3 determinerà, in aperto contrasto con il principio di eguaglianza, trattamenti illogicamente differenziati tra imputati dello stesso reato, e l'articolo 5, in tema di concorso formale e di continuazione (art. 81 c.p.), darà luogo ad aumenti di pena in contrasto con la lettera e la ratio della norma, la cui finalità è quella di adeguare la pena al reato commesso tenendo conto, oltre che dell'elemento psicologico del reato, anche della sussistenza di un medesimo disegno criminoso, e ciò indipendentemente dalle diverse concezioni dottrinarie secondo cui l'istituto della continuazione debba considerarsi una« fictio juris» o una «unità giuridica»;


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nel caso di due persone che concorrono nel furto di un auto si avrà, ad esempio, per chi è incensurato, una pena di pochi mesi, mentre per chi è recidivo - anche se tossicodipendente, o se ha commesso il reato per motivi di marginalità sociale, piuttosto che per le indigenti condizioni di vita sue o della propria famiglia, la pena sarà superiore ai due anni di reclusione;
tali previsioni normative contrastano con il principio per cui è necessario verificare la gravità del fatto, e non la tipologia dell'autore, quale primo elemento di valutazione rispetto alla commisurazione della pena in concreto;
le norme menzionate, pertanto, violano sia il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (articolo 3 della Costituzione), sia il principio che prevede la funzione anche rieducativa della pena (articolo 27, terzo comma, della Costituzione);

delibera

di non procedere all'ulteriore esame della proposta di legge n. 2055-B.
N. 4. Mascia, Russo Spena, Pisapia, Deiana, Titti De Simone, Alfonso Gianni, Giordano, Mantovani, Nardini, Provera, Valpiana.