Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 672 del 16/9/2005
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Discussione della proposta di legge Bertinotti ed altri: Istituzione della retribuzione sociale (A.C. 872); e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa popolare; Cento ed altri (A.C. 13-2575) (ore 12,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Bertinotti ed altri: Istituzione della retribuzione sociale; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa popolare; d'iniziativa dei deputati Cento ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).


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(Discussione sulle linee generali - A.C. 872)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Dario Galli.

DARIO GALLI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge n. 872 ha la finalità di prevedere una forma di reddito garantito, definito retribuzione sociale, per sostenere i disoccupati di lunga durata e coloro che sono in cerca di prima occupazione da oltre un anno. Il reddito sarebbe pari ad un milione di lire al mese per 12 mensilità all'anno esenti da imposte, oltre ad una serie di misure offerte agli stessi soggetti dagli enti locali con riferimento alla formazione, ai trasporti, alla sanità, all'istruzione e all'accesso a manifestazioni culturali. Sul complesso delle proposte di legge abbinate, la Commissione ha svolto una serie di audizioni, invitando ad esporre le proprie valutazioni sia esperti sia rappresentanti delle parti sociali ed esponenti delle regioni.
È stato, quindi, adottato come testo base il testo predisposto dai deputati del gruppo di Rifondazione comunista (A.C. 872), al quale non sono state apportate modifiche. Tale testo va in senso radicalmente opposto alle riforme del mercato del lavoro portate avanti dalla maggioranza in questa legislatura, per cui la Commissione ne propone la reiezione.
Il testo contempla, infatti, misure di dubbia utilità che non sono volte ad incentivare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. Invece che favorire modelli di vita improntati ad uno scarso impegno nella ricerca e nello svolgimento del lavoro, occorrerebbe recuperare una cultura più rispettosa del lavoro stesso. Le difficoltà economiche del paese possono portare ad una sempre maggiore difficoltà di impiego. Il versamento di un salario garantito, indipendente dallo svolgimento di un lavoro, può portare a rallentare la ripresa produttiva ed economica del paese. Si pensi al fatto che, con cadenza periodica, viene richiesta manodopera proveniente dai paesi extracomunitari, in quanto, come è noto, i cittadini italiani non sono più disposti a svolgere alcuni lavori, considerati particolarmente umili o inadatti, neanche se versano in stato di disoccupazione. Inoltre, anche in base all'esperienza già compiuta in passato, non si può tacere che, probabilmente, misure di questo genere finirebbero per determinare una forte spesa pubblica, con cospicui flussi finanziari in favore di aree del paese in cui la legalità non è garantita e dove coloro che risultano essere disoccupati, in realtà, lavorano in nero. Va ricordato che, nel patto per l'Italia, era stata concordata l'introduzione di un reddito di ultima istanza, caratterizzato da elementi solidaristici e finanziato dalla fiscalità generale sulla base della constatata impraticabilità di individuare, attraverso la legge dello Stato, i soggetti aventi diritto ad entrare in un programma di sicurezza sociale.
Si ritenne allora preferibile pensare al cofinanziamento, con una quota delle risorse del fondo per le politiche sociali, di programmi regionali, approvati dall'amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito.
Con la legge finanziaria per il 2004, è stato effettivamente assicurato il cofinanziamento statale a favore delle regioni che si fossero dotate dell'istituto del reddito di ultima istanza, quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale. Sulla questione è poi intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 423 del 2004, dichiarando la materia di competenza regionale, precludendo così la possibilità di cofinanziamento da parte dello


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Stato dei programmi regionali. In ogni caso, le misure di reinserimento del lavoro devono accompagnarsi con gli obiettivi di contrasto dell'economia sommersa.
In proposito, va ricordato quanto è stato di recente fatto per facilitare l'ingresso e la permanenza nel mondo del lavoro, primi tra tutti la riforma dei servizi all'impiego e di perfezionamento delle misure per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, con la liberalizzazione regolata del collocamento e l'introduzione della borsa continua del lavoro.
Il percorso di marcia deve, quindi, continuare ad insistere sulla stretta connessione tra sostegno al reddito e formazione, intervenendo sull'indennità di disoccupazione e rafforzando il legame tra percezione delle prestazioni monetarie di sostegno al reddito e politiche attive, in cui siano possibilmente coinvolte e responsabilizzate anche le parti sociali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Alfonso Gianni.

ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, la scelta di assumere il ruolo di relatore di minoranza è ovvia e conseguente alla posizione negativa che il relatore per la maggioranza, onorevole Dario Galli, ha testé espresso.
Vorrei colmare alcuni vuoti della relazione dell'onorevole Galli che, per quanto negativa, ha riassunto per alcuni punti in modo corretto il nostro testo, facendoci un'ottima propaganda, di cui lo ringrazio.
Intendo altresì ricordare che la nostra proposta di legge è stata una delle prime presentate all'inizio di questa legislatura (il 15 giugno 2001), ma giunge solo oggi in discussione perché i poteri delle minoranze di ottenere la discussione delle proprie proposte sono molto limitati; d'altro canto, vi era anche una proposta di legge di iniziativa popolare, che presenta evidenti analogie con la nostra, che reca addirittura il n. 13. La proposta di legge dei colleghi Cento, Bulgarelli ed altri non è altro che la riproduzione testuale di quella di iniziativa popolare.
Da allora ad oggi - ed è per questo che ho richiamato la data di presentazione -, sono intervenuti fatti estremamente rilevanti che i colleghi, o soprattutto le persone che fuori di qui ci ascoltano o leggono i resoconti delle nostre sedute, devono conoscere.
Il fatto principale è che l'idea che regge la nostra proposta di legge, vale a dire quella di un trasferimento monetario, nella fattispecie 1 milione di vecchie lire (516,20 euro) al mese, esentasse, per 12 mensilità, ai lavoratori disoccupati di lunga durata - tecnicamente definibili come coloro che sono iscritti senza esito alcuno da oltre 12 mesi nelle liste di collocamento -, trova pieno credito nel dibattito economico contemporaneo e nelle esperienze di alcuni grandi paesi europei ai quali solitamente per altre ragioni noi, un po' retoricamente, ci ispiriamo.
Ma ciò che conta è che, dal 2001 ad oggi, questa fondamentale idea di dotare i disoccupati di un reddito e di un pacchetto di servizi - il cui aspetto fondamentale è la formazione gratuita - per metterli in condizione di scegliere un lavoro almeno dignitoso, sottraendoli al ricatto quotidiano della sopravvivenza, ha fatto strada nel nostro paese.
La relazione scritta riporta, infatti, quanto emerso nelle audizioni svolte dalla Commissione lavoro: vi sono esperienze già in atto in importanti regioni italiane. Le leggi non sono uguali, ma tutte costituiscono una implementazione del principio che ho testé indicato, naturalmente in base alla capienza finanziaria e di spesa che tali regioni hanno. Mi riferisco alla Campania, alla Basilicata, alle Marche, alla Calabria e alla Toscana. Inoltre, durante le audizioni, il presidente della regione Lazio - che ha voluto partecipare personalmente all'incontro con la Commissione lavoro - ha evidenziato la ferma intenzione di questa importante regione di procedere, entro questa legislatura, all'emanazione di una legge ispirata a tali principi e alle esperienze regionali già svolte.
Durante il precedente Governo di centrosinistra, si è registrata inoltre l'esperienza della pratica in alcune zone del paese del


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reddito di primo inserimento, in misura certamente inferiore a quella da noi proposta e con finalità in quel caso più assistenziali che di spinta all'ingresso nel mondo del lavoro, ma ugualmente significativa.
Aggiungo anche che la nostra proposta di legge, che al momento della presentazione appariva come una stravaganza di utopici sognatori (noi stessi), giunge all'esame dell'Assemblea con il parere contrario della Commissione di merito testé riassunto dall'onorevole Dario Galli, ma con il parere favorevole - seppur con alcune condizioni, che dichiaro di voler tranquillamente accogliere - di importanti e fondamentali Commissioni di questa Camera. In altri termini - lo dico per chi ci ascolta - la maggioranza, da un lato, ha dato il proprio nulla osta al proseguire di questo provvedimento, dall'altro, lo ferma.
Mi riferisco ai pareri favorevoli delle Commissioni I (Affari costituzionali), II (Giustizia), IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) ed a quello molto importante, senza alcuna condizione, della X Commissione (attività produttive, commercio e turismo). Vi è il solo parere contrario della V Commissione (bilancio): calcisticamente, abbiamo vinto almeno per quattro a due.
Vorrei soffermarmi proprio sul parere espresso della Commissione bilancio, visto che il sottosegretario Sacconi sta ridendo, così forse contribuirò ad aumentare la gioia del suo riso... Vorrei ricordare che il parere della Commissione bilancio è estremamente autorevole, ma dubitabile nel merito. Stando almeno a tutti i giornali usciti questa mattina, a cominciare dell'autorevole Il Sole 24 ore, le coperture finanziarie individuate dal Governo - di cui l'onorevole Sacconi fa parte - nella legge finanziaria per il 2006, che tra poche settimane dovremo discutere nei due rami del Parlamento, sono scritte sull'acqua. Infatti, esse fanno riferimento ad un improbabile recupero dell'evasione fiscale - improbabile per un Governo che la stessa evasione fiscale ha promosso a colpi di condono - per 4,4 miliardi, ad improbabili vendite di immobili per 3 miliardi, ad imperscrutabili introiti provenienti dal Lotto e dalle lotterie per un miliardo. È come dire che il Governo si affida dalla dea bendata!
Al contrario, il tipo di copertura contenuta nella proposta di legge n. 872, di iniziativa degli onorevoli Bertinotti, Giordano, Alfonso Gianni ed altri, è molto precisa e si basa su un principio molto semplice, onorevole Sacconi, che peraltro - essendo persona attenta - ben conosce. Mi riferisco al principio di trasferire le erogazioni regalate da questo e da altri Governi alle imprese sotto forma di incentivi all'occupazione - e che invece occupazione nuova non hanno prodotto, dal momento che le imprese hanno sostituito l'occupazione preesistente a tempo pieno ed indeterminato, dotata di diritti e sindacalizzata, con occupazione precaria, ricattabile e priva di diritti - direttamente nelle tasche dei lavoratori, affinché si crei quel circolo virtuoso che permetta ad un giovane, oppure ad un non più giovane ancorché disoccupato, di ricercare un lavoro dignitoso. Ricordo che un lavoro dignitoso non fa soltanto il bene di chi lo svolge, ma dell'intero paese. Quando i lavoratori sono precari - come quelli, da cui mi sono recato ieri sera, in sciopero e in picchetto davanti agli stabilimenti (visto che di stabilimenti a Roma dobbiamo parlare!) dell'Atesia, dei call center Cos e Telecom Italia - e vedono scadere il contratto a termine il prossimo 30 settembre senza sapere cosa sarà di loro il 1o ottobre, che qualità di lavoro volete che offrano? In questo modo si deprime il paese.
Nella proposta di legge il concetto di salario sociale - che riprende, seppure in modo diverso, l'esperienza del reddito minimo garantito della Francia, della continuità di protezione del reddito della Germania, della grande esperienza di welfare state dei paesi nordici - si contrappone - e su questo do facilmente ragione all'onorevole Dario Galli - alla politica, che non esito a definire disastrosa, di questo Governo in materia occupazionale. Quindi, alla logica della ricerca dell'occupazione attraverso una precarizzazione che comporta una finta occupazione ed una pessima qualità del lavoro si contrappone la ricerca di strade per trovare nuovo lavoro,


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per motivare le persone ad essere protagoniste dello stesso e dare loro una certezza di reddito, ovvero l'unica cosa che permette alle nuove generazioni, di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili, di contribuire ad un nuovo modello di sviluppo nel nostro paese. Di questo abbiamo profondamente bisogno.
Signor Presidente, con le mie parole sto cercando di dire, a lei e agli scarsi colleghi presenti, che la proposta di retribuzione sociale va affrontata, pur, naturalmente, nella diversità delle opinioni, non con la critica scontata e stucchevole di assistenzialismo. Siamo infatti lontani dalle esperienze di assistenzialismo, che in questo paese sono state numerose e che i Governi succedutisi negli scorsi quarant'anni sono stati maestri nel dispensare, alla ricerca di uno «sdrucciolevole» compromesso sociale che temperasse la conflittualità nel paese. Siamo di fronte a una misura moderna - tanto è vero che essa vive nel pensiero economico contemporaneo e di autorevoli giuslavoristi a livello europeo e mondiale - che intende proporre una nuova via per costruire occasioni di lavoro e di nuova qualità del lavoro, in un'epoca storica in cui il lavoro è divenuto, da un lato, una scarsità, e dall'altro una miserabile variabile dipendente degli interessi del profitto e della grande finanza, fino addirittura ad essere ridotto a lavoro servile.
Ricordo all'onorevole Sacconi, che ha contribuito all'elaborazione del Libro legato alla memoria del povero professor Biagi - la cui responsabilità lì finisce, poiché Biagi non avrebbe mai scritto le sciocchezze contenute nel decreto legislativo n. 276 del 2003, attuattivo della legge n. 30 del 2003, che indegnamente porta il suo nome e lo offende -, qual è l'origine semantica e linguistica della parola «precario». L'ho già fatto in quest'aula all'inizio della legislatura, discutendo di una norma relativa alla scuola, e lo faccio alla fine, a completamento di un cerchio personale. Il termine «precario» deriva da «prece», parola di origine latina che significa «preghiera». Si trattava della pratica con cui i poveri contadini, negli anni della formazione della lingua italiana, intorno al 1100 e al 1200, donavano la loro vita, pregando il possessore delle terre cui legavano la loro esistenza, di mantenerla: si facevano e si rendevano servi, a tutti gli effetti. È questa l'origine della parola «precario».
Domando all'onorevole Sacconi, da cui mi divide una montagna di opinioni politiche ma non la passione per l'intelligenza (almeno me lo auguro), se egli, in fondo al cuore, ritenga di poter continuare con la moltiplicazione delle figure precarie, con la moltiplicazione di «lavoretti», con l'idea che abbassando il salario e costringendo la gente a svolgere due o tre lavori al giorno si innalzino le statistiche dell'occupazione, o se, invece, non ritenga che sia giunto il momento di voltare pagina. Non so se la nostra proposta di legge sia in tutto e per tutto perfetta (anzi, viviamo nell'era della più totale imperfezione), ma almeno è uno sforzo, è una scommessa, non sul sistema impresa, ma su donne e uomini in carne ed ossa, in cui dobbiamo avere fiducia, perché solo da essi può venire una risposta per il futuro del nostro paese.
Per tali ragioni, diversamente dall'onorevole Dario Galli, raccomando a questa Camera, in primo luogo, di riflettere, di comprendere, di leggere i commenti, di informarsi, se vuole e se crede, sul dibattito. E forse troveremo così tutti insieme la strada, in limine mortis (della legislatura, signor Presidente, si intende...), per varare finalmente una proposta di legge in favore di chi ne ha più bisogno.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo, che si associa l'ottima relazione dell'onorevole Dario Galli, si oppone all'approvazione di queste proposte di legge abbinate. Tuttavia, tali iniziative hanno il merito di introdurre nel dibattito parlamentare un confronto molto trasparente tra le opposte visioni relative al modello sociale di cui dovrebbe dotarsi il nostro paese.
Il modello sociale descritto nel testo oggi all'esame dell'Assemblea è quello che


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il presidente di turno dell'Unione europea, Tony Blair, nella sua illustrazione al Parlamento europeo, ha recentemente e fortemente contestato. Egli ha avversato il tradizionale modello sociale europeo, nel quale spesso si rinvengono forme di sussidio irresponsabili (ossia non stimolanti la responsabilità degli individui) in capo ai disoccupati, argomentando come questo modello si sia rivelato fallimentare. Tony Blair, come è noto, è leader di un partito che si iscrive nella comunità socialista europea. Peraltro, egli ha voluto promuovere nel proprio paese, a complemento delle riforme varate dai Governi che lo hanno preceduto, una riforma del modello sociale fortemente caratterizzata, invece, dal fornire alle persone in difficoltà continue opportunità per rendersi utili a se stesse e agli altri, stimolandone quanto più possibile la responsabilità nell'aderire a tali opportunità.
Siamo quindi in presenza, come ricordava il relatore per la maggioranza, onorevole Dario Galli, di proposte di legge abbinate che disegnano un modello radicalmente opposto a quello al quale si è ispirato il Governo nel corso dell'attuale legislatura, in primo luogo con la cosiddetta riforma Biagi.
Mi dispiace che un parlamentare rispettoso come l'onorevole Alfonso Gianni abbia ripreso la sciocca polemica in ordine alla definizione della riforma del lavoro, ossia al fatto che essa venga associata al nome del suo «progettista». Egli sa molto bene che dietro a ciò vi è stata la volontà della famiglia, di tutto il suo istituto e dei suoi collaboratori più stretti, i quali hanno completato un lavoro già largamente redatto, come è dimostrabile attraverso le produzioni lasciate dal professor Biagi. Tant'è che il disegno di legge varato dal Parlamento sotto forma di legge delega era stato inizialmente predisposto come un testo immediatamente dispositivo. Da tale testo sono poi state desunte le deleghe, una volta approvate le quali si è tornati a quel testo dispositivo che egli aveva largamente predisposto.
D'altronde, gli orientamenti del professor Biagi erano contenuti proprio nel Libro bianco citato dall'onorevole Alfonso Gianni, tutto ispirato a criteri esattamente opposti a quelli descritti nella sua iniziativa legislativa ora in esame. Secondo quei criteri, la prima tutela del lavoratore, di quello che nel diritto del lavoro viene definito «contraente debole», consiste in un mercato efficiente e trasparente, nel quale, cioè, egli possa conoscere tempestivamente tutte le opportunità di lavoro, negoziando meglio, così, la propria posizione. Ma solo in un mercato efficiente e trasparente si possono sviluppare quei servizi al lavoro, rivolti tanto a coloro che ricercano lavoratori quanto a coloro che cercano lavoro, che hanno lo scopo di fare incontrare più agevolmente queste due categorie di soggetti, e, soprattutto, di accompagnare, in particolare, i soggetti più deboli e più svantaggiati nel mercato del lavoro a trovare un'opportunità occupazionale in modo anche mirato, cioè analizzandone le competenze e integrandole, ove necessario, attraverso la formazione, nonché fornendo loro ripetutamente informazioni che gli consentano di aderire responsabilmente a queste opportunità. Qualora però una persona non corrisponda a queste opportunità, non possono non venire meno quei sussidi che sono erogati in funzione di un suo comportamento responsabile. Ed è proprio questo nesso tra l'erogazione di sussidi e la responsabilità della persona, cioè la dimostrata volontà di rientrare nel mercato del lavoro, che non solo caratterizza recenti interventi proposti nel nostro paese dal Governo e condivisi dal Parlamento, ma corrisponde anche alle indicazioni date dalla Commissione europea, dall'OCSE e da tutti gli organismi internazionali dei quali l'Italia fa parte a tutti i paesi membri, al fine di giungere ad avere una società più attiva, caratterizzata cioè da alti tassi di partecipazione al mercato del lavoro e, in particolare, da elevati tassi di occupazione regolare.
La proposta di un reddito garantito a tutti coloro che sono disoccupati per tre anni (che diventano quattro per i lavoratori più anziani) me lo consenta l'onorevole Alfonso Gianni - ha come completamento -


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una conseguenza che la dice lunga sulla natura assistenziale di questo provvedimento. Mi riferisco all'idea che le amministrazioni pubbliche, decorsi infruttuosamente questi anni (ed è probabile che essi decorrano proprio infruttuosamente in presenza di questo sussidio), dovrebbero garantire, come assuntori di ultima istanza (così si dice nella relazione introduttiva del provvedimento), un'occupazione. Lascio immaginare quali potrebbero essere gli effetti devastanti di ciò sulle stesse amministrazioni pubbliche, ma soprattutto gli effetti devastanti, derivanti da quello che gli economisti e i sociologi definiscono una trappola, sui cittadini disoccupati. Questi ultimi, infatti, sarebbero indotti, dal complesso delle provvidenze di questa natura, a non ricercare responsabilmente un'occupazione. Tali effetti esalterebbero l'azione di questi soggetti diretta, soprattutto nelle aree più deboli del paese ove purtroppo sono presenti economie sommerse, a congiungere tali sussidi con forme di lavoro nero, nell'illusione di poter vivere ai margini del mercato del lavoro.
La proposta di un reddito minimo di inserimento, peraltro già sperimentata - a queste esperienze ritengo facesse riferimento l'onorevole Alfonso Gianni -, soprattutto nelle regioni e nei comuni meridionali (la sperimentazione è avvenuta su base comunale), ha dato luogo ad effetti molto discutibili, per non dire, in alcuni casi, anche disastrosi, che hanno determinato perfino interventi della magistratura laddove, ad esempio, in un certo comune più della metà delle famiglie interessate risultava essere destinataria di questo diritto. Ciò ha dimostrato anche il fallimento del modo di selezionare gli aventi diritto; e tale fallimento viene ritenuto parte del meccanismo stesso di incentivazione.
Soprattutto, là dove è stato sperimentato, il reddito minimo di inserimento non ha dato luogo a processi di inclusione, cioè di responsabile avviamento al lavoro, ma, al contrario, ha dimostrato piuttosto l'esistenza di quelle «trappole» che, come dicevo, allontanano dal mercato del lavoro, anziché avvicinare ad esso.
Una considerazione merita lo specifico fenomeno della precarietà nel mercato del lavoro, termine nel quale dovremmo ricomprendere l'insicurezza di tutti coloro che temono di perdere il lavoro, a partire da quei contratti a tempo indeterminato che, insistendo in attività produttive fragili ed esposte alla competizione globale, potrebbero risolversi a seguito della cessazione in tutto o in parte di tali attività (infatti, non v'è articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che possa tutelare un posto di lavoro quando esso viene meno perché cessa l'attività).
L'onorevole Alfonso Gianni si riferisce, in particolare, ai rapporti di lavoro a termine, senza distinguere quelli che hanno un contenuto formativo, come i contratti di apprendistato, i cui incentivi, peraltro, la proposta propone di abrogare ...

ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. No!

MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. ... insieme a tutti gli incentivi al lavoro, con un'unica eccezione, concernente la conversione dei contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato. Invece, si propone l'abrogazione, come per gli altri incentivi al lavoro, dell'incentivo collegato al contratto di apprendistato, che è un contratto di qualità ad alto contenuto formativo attinente al periodo di vigenza del contratto stesso.
Ricordo che la cosiddetta legge Biagi (proprio per questo essa è «figlia» di Biagi), quando è intervenuta sulle tipologie contrattuali, sostanzialmente tutte preesistenti, ha cercato di riqualificarle prevedendo maggiori tutele. Ad esempio, quello che si suole definire lavoro a coppia (sul quale talora viene fatta ironia) fu introdotto dal Governo di centrosinistra; ebbene, la riforma Biagi si propone di dare ad esso maggiori e più precise tutele. Inoltre, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa sono esplosi, sotto gli occhi distratti dei Governi di allora, nella seconda metà degli anni Novanta; e sono esplosi proprio nelle forme in cui danno luogo ad abuso, in


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quanto celano contratti di lavoro subordinato (oggi, secondo la legge, ciò non è più possibile; a proposito, è in corso la prima campagna ispettiva per la repressione del fenomeno). L'esplosione dell'abuso delle collaborazioni coordinate e continuative si verifica proprio sulla base di misure dei Governi di centrosinistra che incoraggiano tale abuso. Invero, la disciplina fiscale, che assimila il relativo reddito a quello di lavoro dipendente, e la disciplina previdenziale hanno l'effetto oggettivo di determinare un'esplosione del fenomeno nella seconda metà degli anni Novanta (insisto: sotto gli occhi distratti di tutti).
La nuova disciplina può essere giudicata più o meno efficace, ma certamente innova: da un lato, impedendo, almeno sotto il profilo della regolazione, di praticare l'abuso di una prestazione di lavoro subordinato; dall'altro, innalzando i livelli di tutela sia per quanto riguarda la remunerazione, che deve essere proporzionata alla prestazione, sia per quanto riguarda la malattia e la maternità (che in precedenza non erano assolutamente tutelate).
Per quanto riguarda il fenomeno della precarietà - concludo, signor Presidente -, la risposta non può che essere quella di porre la persona nella condizione di essere qualificata e, perciò, occupabile in un mercato del lavoro trasparente, nel quale si può convertire anche una prima esperienza lavorativa a termine in rapporti di lavoro caratterizzati da qualità e stabilità maggiori.
Per quanto concerne, infine, la copertura, ho sorriso durante l'esposizione dell'onorevole Alfonso Gianni perché, quando ha dato conto dei pareri delle Commissioni parlamentari, ha testualmente detto, con riferimento specifico a quello della Commissione bilancio: «solamente». Peccato che la Commissione bilancio esprima sul provvedimento, ai fini del suo iter, un parere un po' più pregnante di quelli delle Commissioni trasporti e attività produttive ...!
Qui, insorgono vari ordini di problemi.

PRESIDENTE. Sottosegretario Sacconi...

MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sto per concludere, Presidente.
Gli oneri sono straordinariamente superiori a quelli previsti (probabilmente, 20 mila miliardi delle vecchie lire). Certamente, le coperture sono ridicole, nel senso che fanno riferimento all'abrogazione di quegli incentivi e a poco più.
Insomma, tante e tante ragioni, perché l'iter del provvedimento in esame non si concluda! Ringrazio, a nome del Governo, l'onorevole Alfonso Gianni e tutti gli altri firmatari di questi provvedimenti, perché hanno consentito di rendere più chiara la differenza fra gli opposti schieramenti rispetto alle politiche del lavoro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, confesso di trovarmi in difficoltà...

PRESIDENTE. Non è il solo...!

ALDO PERROTTA. Presidente, anch'io ho presentato una proposta simile, ma era formulata in modo completamente diverso ed era inserita in un circuito produttivo.
In questo caso, mi sento in difficoltà, perché devo intervenire contro un collega che legittimamente esprime una posizione di partito, un collega che stimo moltissimo, con il quale e dal quale tutto mi unisce e tutto mi divide. È una persona intellettualmente onestissima; tuttavia, ha un'altra visione del mondo. Quindi, ho difficoltà sul piano dell'amicizia a parlare contro la proposta di legge in esame. Aprioristicamente, vorrei chiarire che la stima che nutro nei confronti di questa persona è enorme per il suo modo di pensare, ma la visione del mondo che abbiamo - ripeto - è completamente diversa.
Agli ascoltatori di Radio radicale e del canale parlamentare di Sky vorrei spiegare, in modo molto banale, i contenuti della proposta di legge sottoscritta - se non ricordo male - solo dai deputati del gruppo di Rifondazione comunista (poi spiegherò il perché). Si stabilisce che dobbiamo dare un milione di lire al mese, per quattro anni, a tutti i cittadini, italiani e non, residenti nel territorio italiano, che hanno superato l'età


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scolastica. Al termine di questo periodo, il Comune, la provincia, la regione, lo Stato e quant'altro deve assumere queste persone. Ma non finisce qui.
Non viene fatta una distinzione - come faccio io - tra cittadini italiani e non (quindi, chiunque stia in Italia, anche il milione di immigrati che possiede la residenza nel nostro paese, ha diritto a questa retribuzione). Inoltre (ricordo anche che lo Stato, in questo periodo di quattro anni di retribuzione, deve versare i contributi pensionistici), tali soggetti non devono pagare il trasporto, la sanità, la scuola, devono avere un contributo per l'affitto della casa o, possibilmente, la casa, e pagare a tariffe sociali acqua, scuola, gas ed elettricità.
Se mi permette, l'impegno economico (e, qui, cade in errore anche il Governo) non è intorno ai 25 mila miliardi, perché tale somma riguarda l'impegno economico della retribuzione sociale. Il costo di tutti questi servizi supera i 100 mila miliardi! Ve lo immaginate uno Stato capace di mantenere due milioni di persone a proprio carico? Dove li prendiamo i soldi? È encomiabile l'idea, ma è un'altra visione del mondo. È la visione del mondo in base alla quale occorre dare tutto a tutti, assicurare tutto a tutti! È inutile che queste persone producano, o che si impegnino!
È la visione del mondo di Cuba e della Corea del Nord - caso strano! - ossia di due paesi che hanno dovuto erigere le frontiere per evitare che scappassero tutti e restassero soltanto il buon presidente Castro e il buon presidente della Corea del Nord, che non ricordo nemmeno come si chiami!

ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Si chiama Kim Jong II, ma non c'entra!

ALDO PERROTTA. Qual è il senso di tutto questo? Il primo è che si tratti di una encomiabile idea, ma che ne sia impossibile la realizzazione; il secondo è che occorrerebbe una cifra spropositata; il terzo è che tale proposta farebbe fallire tutte le aziende di sanità, di trasporto, scolastiche ed altro ancora, poiché sarebbe inevitabile un aumento delle tasse per tutti i cittadini, come pure inevitabile il fatto che ogni cittadino dovrebbe caricarsi di quattro o cinque milioni di tasse in più all'anno! Immaginate cosa accadrebbe in Italia?
A dire la verità, anch'io avevo prospettato qualcosa di simile, però la mia proposta era sperimentale per la città di Napoli, ove avrebbe dovuto rappresentare una risposta ad un problema sociale diffusamente avvertito. Avevo ipotizzato altresì una ulteriore proposta finalizzata a favorire la formazione professionale in modo tale che il 'non qualificato', formandosi adeguatamente, potesse aspirare alla sua occupazione.
Se ricordo bene, quando affrontammo la riforma del lavoro questa proposta non era stata presentata: e la prima riforma del lavoro l'ha fatta il centrosinistra! Quando Treu adottò la riforma del lavoro, di questa proposta non se ne era proprio parlato. Dunque, sfido il mio amico che parla in nome e per conto di Rifondazione, nel caso in cui tra dieci o quindici anni il centrosinistra dovesse rivincere le elezioni, a ritornare in aula con questa proposta; altrimenti, la ripresenterò io alle stesse condizioni, ricordando a voi che avete fatto della demagogia, illudendo i cittadini, e ve lo ricorderemo noi in campagna elettorale. Non vi è necessità che voi la ricordiate!
Vorrei chiedere inoltre ai rappresentanti dei Democratici di sinistra-L'Ulivo: questo è il governo che vi state preparando a formare eventualmente doveste vincere le elezioni? Con queste proposte? Andatelo a dire in Emilia Romagna! Andatelo a dire in Toscana! Rifondazione comunista è il partito con il quale siete insieme: questa è l'innovazione di Prodi? Prodi non ci dirà una parola su questa proposta di legge, perché, come sempre, fugge! Prodi - e Violante e chi verrà dopo - ci dovranno dire se questa proposta la voterebbero o meno, perché, se la votassero, si tratterebbe di un modello di sviluppo consono al modo di pensare di Rifondazione comunista, un modello di sviluppo diverso da quello del mondo occidentale:


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posso dire del mondo intero, tranne che di due nazioni! I Democratici di sinistra, i Verdi, il Partito popolare ci dovranno dire se sono d'accordo o meno con questa visione del mondo: se lo sono, so bene cosa accadrà alle elezioni!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.

ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente la relazione del collega Galli e l'intervento del Governo sul testo di legge al nostro esame e devo dire che, ancora una volta, le argomentazioni con le quali il Governo e la maggioranza danno un giudizio totalmente negativo di questa proposta di legge mi sorprendono.
Mi sorprende non perché, onorevole Perrotta, non siano maturate anche da parte nostra, sul testo, opinioni diverse - anzi, poi chiarirò tale aspetto -; mi sorprende piuttosto che Governo e maggioranza neghino l'esistenza della questione posta dal collega, relatore di minoranza, Alfonso Gianni e dai deputati di Rifondazione comunista. Soprattutto, mi sorprende che lo facciano presentando il bilancio della propria azione di Governo quale risolutivo delle questioni dello sviluppo e dell'occupazione. A mio avviso, facendo un bilancio veritiero delle politiche dello sviluppo e dell'occupazione portate avanti nel corso di questi anni, dobbiamo constatare piuttosto il contrario di quanto asserito dal relatore per la maggioranza e dal sottosegretario Sacconi. Siamo dinanzi ad un fallimento di tali politiche. Infatti, la prima scelta per una politica favorevole all'occupazione ed all'incremento del lavoro è garantire la crescita di un paese ma l'Italia, in questi quattro anni, non solo non è cresciuta, non solo non ha tenuto il passo delle pur vere difficoltà - peraltro incontrate anche dagli altri paesi e dall'economia mondiale - ma è in una situazione di vero e proprio rischio di declino.
Il Presidente del Consiglio, anche di recente, con una battuta, ha dichiarato che non ha incontrato il PIL (prodotto interno lordo) per la strada; ma l'hanno incontrato, invece, i lavoratori, le persone che hanno assistito all'aumento della cassa integrazione, interi settori della nostra economia e dei settori produttivo-manifatturieri sottoposti al rischio delle esportazioni e della competizione internazionali senza uno straccio di politica industriale.
Inoltre, e vi torneremo in sede di esame della legge finanziaria, non crea certo sviluppo ed occupazione avere di nuovo messo in dissesto i conti delle finanze dello Stato; torneremo sull'argomento in sede di esame della legge finanziaria perché detto provvedimento, di cui si preannunciano i numeri, determinerà un nuovo e colossale - questa volta vero - «buco» che graverà sulle future generazioni. E ciò pur con i tagli sulla sanità e sui servizi che veramente si annunciano pesantissimi.
Ma il bilancio negativo - vorrei utilizzare rapidamente il mio tempo - lo si registra soprattutto sulle politiche specifiche per il lavoro, su quella che doveva essere l'azione taumaturgica della legislazione ricordata e da cui risulta la responsabilità politica del Governo e di questa maggioranza: la citata legge n. 30 del 2003 ed i suoi decreti attuativi. Vorrei ricordare a tutti noi, e anche a chi ci ascolta, che la questione fondamentale che si voleva affrontare era la riduzione del lavoro nero, del lavoro sommerso e di quella illegalità che davvero rappresenta la piaga più grave per l'occupazione nel nostro paese. Era scritto nei vostri documenti che sareste riusciti a fare emergere 900 mila casi di lavoro sommerso mentre, al termine della legislatura, non 900 mila, non novemila ma solo quattromila lavoratori sono emersi: questo è il risultato! E tutti i dati degli osservatori economici dicono che tale area di lavoro nero, precario, sommerso è cresciuta ed è cresciuta perché non poteva essere altrimenti.
Infatti, quando si vara una legislazione con la quale si considera il mercato del lavoro al pari di tutti gli altri - quasi il lavoro fosse una merce qualsiasi - e quindi il lavoratore, che è il soggetto debole, non viene messo nelle condizioni


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di poter affrontare la sfida dell'innovazione, si produce precarietà e non si accompagna la buona flessibilità.
Quando dalle tipologie necessarie e indispensabili per governare il mercato del lavoro - tipologie che nei paesi europei raggiungono il numero di sei o sette tipi di contratti - si passa alle quaranta ed oltre contenute nel «supermarket» della legge n. 30 del 2003, allora davvero si aumenta la precarietà, al punto che gli obiettivi di Lisbona vengono contraddetti da tutti gli indicatori dei bilanci delle politiche occupazionali di questi anni: infatti, in Italia vi è una discesa del tasso di disoccupazione che comincia nel 1996 ma che rallenta negli ultimi tre anni. Nel 2005, poi, si registra una inversione di tendenza anche di quanti cercano occupazione; diminuisce, infatti, il numero di quanti si pongono sul mercato a causa del fatto che sono privi di speranza.
In modo particolare, quest'inversione di tendenza tocca il Mezzogiorno. Con la legge n. 30 del 2003, per di più, avete approvato norme sul part time che, anziché accentuare la diffusione di tale strumento (come avviene in Europa), che giova non solo alle imprese, ma anche, in particolare, alle donne, al fine di consentire loro di conciliare tempi di lavoro e tempi di vita, hanno prodotto l'effetto di avere meno donne che ricorrono al rapporto di lavoro a tempo parziale.
E gli ammortizzatori sociali? Che dire della riforma di tale strumento, che non può essere certo limitato alle tipologie tradizionali di lavoro, seppur importanti, come quello a tempo indeterminato? Peraltro, con riferimento a quest'ultimo, vorrei ricordare che avete concesso un aumento ridicolo dell'indennità, neppure coperto dalla contribuzione figurativa: i sei mesi di indennità sono diventati sette, ma senza prevedere sette mesi di contribuzione figurativa. La questione non era questa, bensì quale tipo di ammortizzatori sociali prevedere per le nuove figure del mondo del lavoro: ebbene, non è stato fatto nulla!
Non è stato fatto nulla neanche in ordine ai servizi di sostegno alla ricerca del lavoro, nell'ambito del sistema misto introdotto dal cosiddetto «pacchetto Treu». Non si tratta di una novità di questa legislatura, tuttavia vorrei rilevare che tali servizi, in un sistema misto, possono risultare efficaci soltanto se viene incentivato il funzionamento di un sistema pubblico forte, così come avviene in tutta Europa; invece, è accaduto il contrario. Vorrei ricordare, inoltre, che avete totalmente abbandonato le esperienze sperimentali del reddito minimo di inserimento, nascondendovi dietro la formula del reddito di ultima istanza, che tuttavia, non avete nemmeno perseguito, poiché non ha superato nemmeno il vaglio della Corte costituzionale.
Si possono avere anche opinioni diverse, ma ciò che non potete fare è presentare un bilancio delle vostre politiche di sviluppo e di occupazione che pretenda di aver risolto le questioni che abbiamo di fronte. Infatti, il tema di un'alta qualità del lavoro, di politiche sociali in grado di intervenire efficacemente, della formazione e di politiche attive per il lavoro è interamente dispiegato di fronte a noi, e probabilmente, onorevole Perrotta, toccherà ancora al nuovo Governo di centrosinistra iniziare a mettervi mano in maniera più consistente!
Certo, non condividiamo, come ho già affermato, tutti i contenuti della proposta di legge in esame. Vi è stata una discussione in XI Commissione, e vorrei ricordare che noi, ad esempio, su diversi punti abbiamo un'opinione più simile a quella espressa, nel corso delle audizioni informali svolte, dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL. Esse ci hanno fatto notare, infatti, di preferire forme di intervento innovative ma al contempo in continuità con il cosiddetto «pacchetto Treu», oppure una legislazione di sostegno alle normative regionali, cui ha fatto riferimento anche l'onorevole Alfonso Gianni, adottate dalle regioni non solo del Mezzogiorno (e, vorrei far notare, non solo a partire dall'ultimo cambio di maggioranza).
Nel corso delle citate audizioni svolte in Commissione, dunque, sono state illustrate leggi regionali a sostegno del reddito di cittadinanza o del reddito sociale, ed abbiamo


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preso in esame progetti che in Calabria, ad esempio, erano stati predisposti dalla precedente amministrazione regionale. Infatti, il tema del contrasto alla povertà, attraverso politiche attive, deve essere comunque affrontato e approfondito. Noi siamo favorevoli all'adozione di politiche attive per il lavoro, così come sono state definite nelle proposte di legge che abbiamo presentato (primi firmatari, gli onorevoli Fassino e Rutelli), sotto il nome di «Carta dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici», che intervengano in modo netto per privilegiare il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e per ripristinare il ruolo della contrattazione collettiva. Siamo altresì favorevoli all'introduzione di forme di intervento sociale - reddito minimo, reddito sociale o reddito di cittadinanza - aventi carattere universale e che non siano semplicemente collegate allo stato di disoccupazione.
Anche in questo caso, vorrei dire ai colleghi precedentemente intervenuti, ed in modo particolare al Governo, che non è vero che le sperimentazioni del reddito minimo siano state negative.
Esiste, nei 39 comuni in cui si era avviata tale sperimentazione, una relazione sui risultati - monitorati e valutati dall'istituto di ricerca sociale Fondazione Zancan - che rispecchia una valutazione positiva, e si dimostra che da tali sperimentazioni occorrerebbe passare ad una normativa generale che faccia salvi i poteri costituzionali delle regioni, intervenendo in tale direzione. Non è un caso che noi abbiamo presentato - ma anche su ciò abbiamo riscontrato un'identica posizione completamente negativa da parte del Governo e della maggioranza - la proposta di legge avente come prime firmatarie le colleghe Turco e Bimbi.
Per tali ragioni, credo bisognerebbe aprire un confronto di merito sulle problematiche al nostro esame e non trincerarsi dietro una valutazione politica, tutta ideologica. Le politiche per il lavoro e i problemi del paese richiedono, infatti, ben altro rispetto a quello che finora questa maggioranza è riuscita a fare ed i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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