Allegato B
Seduta n. 667 del 22/8/2005


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'ultimo esodo pasquale, ancora una volta, la barriera autostradale di Nocera Inferiore dell'A3 Napoli-Pompei-Salerno è stata interessata da lunghe code di autoveicoli che hanno raggiunto anche punte di cinque chilometri;
tale situazione ha causato, oltre al grave appesantimento del traffico sull'intera arteria autostradale e sulla rete stradale interna, un aumento impressionante di scarichi inquinanti che hanno reso l'aria irrespirabile non solo nelle zone adiacenti alla barriera ma anche in tutto il vasto comprensorio urbano ad essa afferente;
la circostanza determinatasi durante le festività pasquali è pressoché identica a quella che si verifica non solo in concomitanza di altri esodi festivi ma, anche se in misura diversa, durante tutto l'arco dell'anno;
la presenza della barriera costringe di fatto le migliaia di veicoli che transitano quotidianamente a rallentamenti e fermate che producono un abnorme immissione di scarichi inquinanti nell'atmosfera. Tutto ciò a discapito della salute dei cittadini, della tutela dell'ambiente e finanche contro gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese sulla riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera;
l'autostrada Napoli-Salerno, lunga appena 56 chilometri, riveste un'importanza strategica soprattutto per i collegamenti nel territorio attraversato e del suo vasto hinterland, contribuendo in maniera determinante al decongestionamento del densissimo traffico urbano gravante sui numerosi e popolosi centri afferenti;
per questa sua funzione tale arteria ha perso la caratteristica propria di un'autostrada, ovvero, lo scorrimento veloce, assumendo di fatto quella di una comune strada a lento scorrimento, una strada ad alto traffico, che ha però una funzione diversa da quella che hanno le direttrici autostradali e perciò diversa anche come natura infrastrutturale nel contesto della viabilità regionale ed interregionale;
la particolare condizione di questa arteria viaria, a giudizio dell'interrogante, rappresenta l'ennesima testimonianza delle anomalie, delle carenze e delle disfunzioni presenti nell'intero sistema dei trasporti del Mezzogiorno che certamente non trovano soluzione dalla introduzione di nuovi pedaggi (vedi la Salerno-Reggio Calabria) né dal dirottamento di ingenti risorse sull'alta velocità ferroviaria e ancora per il ponte di Messina;
ad avviso dell'interrogante, la logica che attiene al pagamento di un pedaggio può essere accettata e condivisa se contribuisce ad un cambiamento dei processi di mobilità, se riequilibra il trasporto


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pubblico locale, se va a condizionare anche quello che può essere il cambiamento degli stili di lavoro e di vita, quindi l'uso spesso improprio dei mezzi di trasporto, con tutto quello che ne consegue rispetto ai costi in salute, tutela dell'ambiente, riflessi positivi per l'economia locale. In tal caso il pedaggio, può essere anche un elemento che può essere valutato e considerato senza pregiudizio alcuno. Non è certamente il caso della Napoli-Salerno;
così come già rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione 4-08519 del 14 gennaio 2004, nel caso in specie, risulta ancor più improprio ed iniquo il pagamento di un pedaggio che per l'entità (o l'esosità) dell'importo, peraltro forfettario, rappresenta per questo territorio solo un elemento di criticità sia sotto l'aspetto della mobilità, dell'impatto sulla salute e sull'ambiente, che di quello economico, vista la ingiustificabile penalizzazione subita dalle migliaia di lavoratori pendolari che quotidianamente attraversano, anche per brevissimi tratti, questa arteria per motivi di lavoro;
le argomentazioni opposte dal Governo alla richiesta di una ragionevole eliminazione del pedaggio sull'autostrada Napoli-Salerno formulata dall'interrogante nella suddetta interrogazione, alla luce delle circostanze allora esposte, e qui ribadite, appaiono all'interrogante oltremodo insoddisfacenti rispetto al drammatico aggravamento delle condizioni di vivibilità determinate dalla presenza della barriera autostradale e dell'interesse pubblico prevalente rispetto alle mere logiche di profitto proprie del privato -:
se, alla luce delle argomentazioni sopra evidenziate, i ministri in indirizzo ciascuno per le rispettive competenze, non ritengano necessario ed opportuno insistere, affinché venga riconsiderata l'istanza incessantemente avanzata, non solo dall'interrogante, ma anche da tutti i parlamentari del territorio, amministratori locali e associazioni di cittadini, per una ragionevole eliminazione del pedaggio sull'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, pur considerando la complessità (ma non l'impossibilità) di un'operazione che comunque nel tempo sarebbe largamente compensata dai benefici effetti, sull'ambiente, sulla salute pubblica, sulla circolazione stradale e sull'economia dell'intero territorio, derivanti dalla libera disponibilità di questa arteria autostradale.
(4-13647)

Risposta. - L'unico episodio di incolonnamento di veicoli, nel corso dell'ultimo esodo pasquale lungo la barriera autostradale di Nocera Inferiore della A3, è stato registrato nella giornata di lunedì 28 marzo 2005 dalle ore 17.31 fino alle ore 01.08 del martedì 29 marzo 2005. L'entità della coda ha raggiunto una punta di circa 4/5 Km dalle ore 20.00 fino alle ore 22.00 mentre nel restante intervallo si è mantenuta entro i 2 Km di estensione.
In tale periodo parallelamente è stata rilevata una marcata flessione dei transiti con modalità Telepass che passano da un valore di circa il 40 per cento sul totale dei passaggi durante i giorni lavorativi ad un valore medio giornaliero di circa il 18 per cento. Tale flessione nell'utilizzo degli automatismi in barriera, accompagnata da un picco di traffico giornaliero legato al fenomeno della giornata particolare, ha determinato l'evento di coda.
Tenuto conto della riduzione dei transiti sulle piste automatiche e del previsto aumento di traffico, la società concessionaria ha incrementato la presenza di personale di esazione rispetto al normale organico ed in particolare, dalle ore 16.00 del 28 marzo 2005, ha attivato tutte le 9 porte disponibili convertendo una pista da esazione con cassa automatica manuale. Inoltre è stato garantito, con personale ausiliario della società e con pattuglie della Polizia Stradale, il presidio e la segnalazione della coda fino al termine dell'evento conclusosi senza incidenti alle ore 01.08.
Per quanto concerne la concomitanza di disagi al traffico con altri esodi festivi, si rappresenta che per tutto il periodo relativo alle ultime festività natalizie non sono state registrate code in barriera sebbene qualche episodio di incolonnamenti di massimo due chilometri si è in effetti verificato nei giorni


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di ferragosto 2004 e negli ultimi giorni di rientro a fine agosto.
La società concessionaria segnala in merito che, in considerazione del numero di porte a disposizione presso la barriera di Nocera - notevolmente superiore a quello della vecchia barriera di Salerno nei restanti periodi dell'anno si rileva un massimo di dieci veicoli in fila presso ogni pista con punte massime contenute nel piazzale di stazione di circa 100 metri.
Per quanto attiene alla funzione principale dell'autostrada A3 Napoli Salerno, questa risulta essere proprio quella di garantire la mobilità e gli scambi commerciali a servizio di un territorio dotato di una rete locale di infrastrutture notevolmente congestionata e sottodimensionata. Proprio per questa sua caratteristica, che la assimila ad una tangenziale extraurbana, viene utilizzata anche per brevi e rapidi spostamenti in considerazione della ridotta distanza tra svincoli consecutivi.
La velocità media di percorrenza del tratto Napoli-Salerno che, insieme a «sicurezza» «assistenza» «comfort» «controllo della gestione», rappresenta un elemento distintivo di una infrastruttura autostradale, risulta essere pari a circa 80 Km/h su un'arteria con limite
max di velocità differenziato da 80-110 Km/h.
Per quanto riguarda la logica su cui si basa la «gestione a pedaggi» di una infrastruttura autostradale, si rappresenta che l'Istituto della «concessione», attraverso la gestione a pedaggio di un'infrastruttura, consente di svolgere - in regime di equilibrio economico/finanziario e senza l'intervento di risorse pubbliche - le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, sorveglianza, assistenza e quindi, in sintesi, di garantire l'efficienza e la sicurezza di un'opera pubblica oltre alla realizzazione di interventi di potenziamento dell'infrastruttura in autofinanziamento. In particolare per quanto riguarda la A3 Napoli-Salerno, il Piano Finanziario approvato dall'Anas e allegato alla Convenzione con la Sam prevede la realizzazione di un impegnativo programma di investimenti (circa 330 milioni di euro) per l'ammodernamento dell'infrastruttura, con costi che non gravano sul bilancio generale dello Stato.
Nella eventualità prospettata di eliminazione del pedaggio, si verificherebbe una inevitabile notevole crescita della domanda verso la strada in generale e l'autostrada in particolare, peggiorando le condizioni di deflusso su entrambe le tipologie di infrastrutture. Il pedaggio autostradale non è quindi un «elemento di criticità» nell'ambito delle analisi dei processi di mobilità, bensì assume il ruolo di «fattore di regolazione del traffico» sia sotto l'aspetto economico che sotto quello prettamente trasportistico.
Va, peraltro, considerato che la diffusione del sistema Telepass ha consentito di ridimensionare la criticità delle stazioni autostradali.
In merito al problema dell'addebito del pedaggio in modo forfetario si precisa che la gestione delle autostrade in «aperto», utilizzata prevalentemente negli ambiti metropolitani e nello specifico sulla Napoli-Salerno, ha l'obiettivo di favorire il traffico a breve raggio nelle aree con un alto tasso di mobilità. Questo sistema consente, infatti, di limitare ad una le soste richieste per il pagamento del pedaggio (viene eliminato il ritiro del biglietto).
La configurazione gestionale in «aperto», non essendo prevista la doppia sosta dei veicoli, non consente di addebitare il pedaggio corrispondente al percorso effettivamente compiuto, ma obbliga alla fissazione di un pedaggio forfettario, che presenta però il vantaggio di velocizzare le operazioni di pagamento, essendo di importo fisso e quindi noto ai clienti.
Si fa presente, inoltre, che la struttura ed il livello dei pedaggi non costituisce oggetto di libera determinazione delle Società autostradali, ma è parte fondamentale delle convenzioni di concessione sottoscritte con l'Anas, strutturate in modo da garantire l'equilibrio finanziario delle Aziende anche a fronte dei sensibili investimenti programmati.
Si rappresenta, infine, che tutte le analisi ed i campionamenti dell'aria effettuati finora da strutture pubbliche e private in prossimità della barriera di Nocera anche


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in presenza di incolonnamenti non hanno evidenziato il superamento dei valori di soglia prescritti dalla norma.
Inoltre, l'analisi dei fattori inquinanti va riferita ad adeguati periodi temporali che sono stabiliti dalle norme, per cui un rilevamento episodico e temporalmente contenuto non può costituire un valore di riferimento.
A tal proposito si fa osservare che un notevole miglioramento delle condizioni generali di inquinamento dell'area salernitana si è registrato quando è stata spostata la barriera da Salerno a Nocera, in quanto la posizione precedente nei pressi dello svincolo su via Risorgimento a Salerno, a causa della ristrettezza degli spazi, determinava frequentemente fenomeni di congestione in tutti i periodi dell'anno con ripercussioni negative sia sull'ambiente che nei confronti della viabilità locale circostante.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ANNUNZIATA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
i promotori della campagna «Sdebitarsi» - costituiti da una vasta coalizione di organizzazioni italiane laiche e religiose, del volontariato, della cooperazione, ambientaliste, sindacali e della società civile, unite nel chiedere che un miliardo di persone possano iniziare il nuovo millennio libere dal fardello di un debito insostenibile - hanno rivolto a tutti i cittadini e alle massime autorità istituzionali del Paese un appello nel quale si ricordava, tra le altre cose, come la recente tragedia dello tsunami nel Sud-est asiatico e la crisi argentina abbiano richiamato l'attenzione sul problema del debito dei Paesi del Sud del Mondo. Il pagamento dei relativi interessi sottrae, infatti, a tali Paesi molte delle già scarse risorse di cui possono disporre, per trasferirle ai Paesi creditori;
nel medesimo appello si ricordava, sempre con riferimento alla cancellazione del debito, il sostanziale fallimento delle iniziative della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, avviate in seguito al G8 del 1996, nonché l'inefficacia delle ulteriori iniziative avviate in concomitanza del Grande Giubileo del 2000 e di tutte le successive iniziative;
con specifico riferimento alla situazione italiana, il citato appello, pur contenendo delle note di apprezzamento per la legge 25 luglio 2000, n. 209, sulla cancellazione bilaterale del debito dei Paesi poveri, ne denuncia una non piena e corretta applicazione;
nel medesimo appello i promotori della campagna «Sdebitarsi», individuano anche le seguenti richieste: «Nello spirito della legge 209 chiediamo che anche i crediti commerciali controllati dalla SACE (Servizi assicurativi del Commercio estero) e che si pretende di recuperare dai paesi colpiti da disastri naturali siano soggetti ad un processo di cancellazione in nome del principio di forza maggiore. Ci opponiamo a procedimenti di riconversione di questi debiti che liberano risorse per finanziare nuovi appalti con un coinvolgimento preferenziale delle imprese italiane nella ricostruzione Il Club di Parigi che racchiude i 19 paesi creditori più ricchi al mondo e discute la ristrutturazione dei debiti commerciali sotto controllo statale ha mostrato come, dopo la decisione del G8 di Evian, è possibile anche cancellare il debito se si vuole, come avvenuto recentemente per l'Iraq, anche se la cancellazione all'80 per cento subordinata alle pesanti condizionalità del FMI risulti troppo limitata e controproducente per la sovranità del popolo iracheno. Denunciamo la pratica del Club di Parigi di decidere su ristrutturazioni ed eventuali cancellazioni parziali del debito sovrano dei paesi del Sud del mondo, in quanto impone le sue decisioni ai debitori senza permettere alcun negoziato. I grandi creditori privati, banche e imprese, continuano a rifiutarsi di accettare il principio della cancellazione del debito, come nel caso Argentina, e minacciano i paesi del Sud che in caso si proceda ad una cancellazione


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il loro rating finanziario e di conseguenza l'afflusso di prestiti ed investimenti esteri diminuirà sensibilmente. Crediamo che anche il debito privato debba essere sottoposto ad una verifica indipendente, equa e trasparente gestita ad esempio attraverso forme di arbitrato, che valutino la sua legittimità e considerino quindi le responsabilità anche dei creditori privati nella sua generazione. Occorrono sedi istituzionali multilaterali, la cui legittimità ed autorevolezza siano universalmente riconosciute, in cui affrontare e regolare la questione del debito sulla base di nuovi criteri e processi di arbitrato indipendente e rivedere più in generale i meccanismi finanziari economici e geopolitici che lo hanno prodotto negli ultimi anni. Anche in materia di gestione del debito, servono soluzioni globali, ed il coraggio di una radicale svolta politica, onde rallentare subito il progressivo impoverimento dei paesi del Sud del mondo, causato dal potere di controllo finanziario e dal ricatto politico esercitati dai paesi creditori. Il 2005, apertosi all'insegna della tragedia dello tsunami che ha mosso una solidarietà senza precedenti nella cittadinanza globale, ma non nelle stanze dei banchieri pubblici e privati dei paesi ricchi, presenta importanti scadenze in cui il dramma del debito sarà nuovamente discusso. È stata offerta la moratoria sul debito di Sri Lanka, Seychelles ed Indonesia colpiti dalla tragedia del maremoto, ma ciò che occorre è la sua cancellazione. Ci vorranno decenni per ricostruire quei paesi e le risorse fin qui messe a disposizione dalla comunità internazionale sono generose ma palesemente insufficienti. Il debito è stato cancellato nel caso dell'Irak, perché non anche a paesi infinitamente più poveri, come quelli colpiti dallo tsunami, e privi delle straordinarie risorse petrolifere irachene? Perfino il G8 stesso ormai ammette di fatto che l'iniziativa Hipc è fallita ed il governo inglese, che tiene la presidenza, si è già espresso in favore della cancellazione al 100 per cento del debito dei 41 paesi più poveri ed indebitati al mondo. Crediamo che questa debba avvenire immediatamente tramite una vendita responsabile delle riserve auree del FMI tale che non abbia un impatto negativo sul prezzo dell'oro a svantaggio del Sud del mondo e con versamenti di risorse fresche ed addizionali senza alcuna condizione imposta né dal G8 né dal Fondo Monetario Internazionale. Chiediamo che siano sostenute le forme di partecipazione e rappresentanza delle società civili nella gestione delle risorse liberate dalla cancellazione e messe a disposizione dei governi dei paesi più poveri per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Chiediamo inoltre che sia sostenuto ogni altro meccanismo innovativo di reperimento di risorse per lo sviluppo sui mercati internazionali in quanto tali fondi non devono essere utilizzati per la cancellazione del debito, e in ogni caso non dovranno incidere sui fondi da destinarsi alla cooperazione internazionale» -:
qual è la risposta del Governo italiano alle richieste contenute nel suddetto appello che ha trovato il consenso e la sostanziale convergenza di tutte le forze politiche e sociali e di tanti comuni cittadini;
quali iniziative e provvedimenti il Governo intenda adottare, promuovere e sollecitare affinché il nostro Paese possa dare una risposta più incisiva e più solidale ai problemi della fame, delle malattie e della povertà nel mondo;
se il Governo non ritenga di concretizzare il proposito già espresso dal precedente Esecutivo di promuovere tutte le iniziative possibili nelle varie sedi internazionali, perché anche altri paesi creditori, nonché istituzioni finanziarie internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, eccetera) si impegnino concretamente a procedere in direzione della progressiva cancellazione del debito estero dei paesi in via di sviluppo;
se il Governo non intenda manifestare con un segno tangibile, adottando le opportune iniziative già a partire dalla legge di bilancio del prossimo anno finanziario,


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la concreta solidarietà e la sensibilità che il Paese dimostra in tutti i modi di esprimere nei confronti della tragedia della povertà di milioni di uomini, donne e bambini meno fortunati.
(4-14238)

Risposta. - Nell'ambito delle risorse economiche rese disponibili dalla Legge finanziaria per il corrente anno, sono stati riconfermati ed in alcuni casi aumentati i contributi alle Agenzie specializzate delle Nazioni Unite, in rispetto ai loro mandati istituzionali ed alla loro capacità di incidere maggiormente a livello locale.
Si segnala, ad esempio, che le Agenzie del cosiddetto polo agricolo romano (FAO, WFP e IFAD) hanno avuto la concessione di contributi rispettivamente di 30 milioni di euro, di 13,5 milioni di euro e 3 milioni di euro, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha ricevuto un contributo di 9 milioni di euro.
A tali contributi vanno aggiunti quelli resi disponibili dalla proroga della Convenzione di Londra sugli aiuti alimentari di cui alla legge 17 giugno 2004, n.155, pari a 36,2 milioni di euro annui.
L'Italia - nell'ambito delle iniziative internazionali per la riduzione del debito dei Paesi più poveri - continua a svolgere un ruolo propositivo di primo piano nell'ottica di destinare le risorse finanziarie rese disponibili dalle cancellazioni al perseguimento dei «Millennium Development Goals».

Iniziativa HIPC

L'affermazione contenuta nell'appello secondo cui «l'iniziativa HIPC ... è fallita, visto che ha cancellato appena un terzo del debito dovuto» è infondata. Nei 27 Paesi HIPC che hanno beneficiato di cancellazioni di debito i pagamenti connessi al servizio dei debito esteso in rapporto alle esportazioni sono diminuiti dal 16 per cento medio del 1998-1999 al 7 per cento del 2004; in rapporto alle entrate fiscali i pagamenti sono diminuiti dal 24 per cento del 1998-1999 al 12 per cento del 2004. L'onere del servizio del debito si è circa dimezzato. L'alleggerimento del servizio del debito ha consentito a questi 27 Paesi HIPC di aumentare mediamente la spesa pubblica in programmi di lotta alla povertà nel quadro dei PRSPs dal 6,4 per cento del PIL nel 1999 al 7,9 per cento del PIL nel 2004. Le spese per la lotta alla povertà sono cresciute fino a costituire il quadruplo dei servizio del debito. L'iniziativa HIPC è risultato uno strumento efficace per la lotta contro la povertà. Il fatto che non sia stata ancora cancellata la totalità del debito di USD 55,6 miliardi dei 38 Paesi dichiarati eleggibili all'iniziativa HIPC (debito che i Paesi creditori si sono impegnati ad abbattere integralmente) non può essere citato come indice di minor volontà della comunità internazionale di completare il programma avviato, i cui tempi di attuazione sono collegati all'attuazione delle politiche di risanamento economico e di lotta alla povertà, concordate dal Paese debitore con le IFI ed indispensabili per assicurare un'uscita duratura dalla situazione di debito insostenibile. Dei 38 Paesi eleggibili, 18 hanno raggiunto il completion point e sono tornati ad avere un debito sostenibile; 9 si trovano tra decision point e completion point. La durata dell'iniziativa HIPC è stata prolungata al 31 dicembre 2006 per consentire agli 11 Paesi qualificati come conflict countries che non hanno ancora raggiunto il decision point di beneficiare delle cancellazioni. Due conflict countries (Repubblica del Congo e Burundi) dovrebbero raggiungere il decision point entro il 2005; un'altra (Costa d'Avorio) potrebbe tornare in corsa, dopo aver visto la sua partecipazione all'iniziativa HIPC sospesa a causa del conflitto interno. Infine il FMI e la Banca Mondiale stanno raccogliendo i dati per individuare gli ulteriori Paesi poveri (IDA-only PRGF-eligible) non inclusi tra i 38 Paesi già partecipanti, che - avendo un debito insostenibile alla data del 31 dicembre 2004 - sono divenuti eleggibili all'iniziativa HIPC. L'esito di questo lavoro sarà presentato ai Consigli Esecutivi di Fondo e Banca nell'agosto 2005, insieme al prossimo HIPC Status Implementation Report (Le informazioni sullo stato di attuazione dell'iniziativa HIPC sono desunte dal rapporto


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congiunto presentato dal FMI e dalla Banca Mondiale agli spring meetings delle IFI - aprile 2005).
L'Italia, insieme ai partners dell'Unione Europea, è fermamente impegnata nell'attuazione integrale dell'iniziativa HIPC. In base alla legge n. 209/2000, l'Italia va oltre quanto previsto dall'iniziativa HIPC, cancellando il 100 per cento del debito bilaterale (invece del 90 per cento prescritto). Di conseguenza, a partire dal
decision point nessun pagamento è più dovuto all'Italia da parte dei Paesi HIPC. Dall'ottobre 2001 al 30 aprile 2005 l'Italia ha cancellato 2,5 miliardi di euro (USD 3,2 miliardi) a 24 Paesi HIPC, su di un totale delle cancellazioni bilaterali a completamento dell'iniziativa HIPC che dovranno raggiungere un valore stimato in USD 4,5 miliardi.

Cancellazione dei debito ai Paesi in via di sviluppo colpiti da catastrofi naturali.

I promotori della campagna «Sdebitarsi» (raggruppamento di ONG italiane cattoliche e laiche) considerano la moratoria del servizio del debito offerta ai Paesi colpiti dallo tsunami dai Paesi creditori membri del Club di Parigi uno strumento insufficiente. È una valutazione condivisibile. Alcuni Paesi colpiti (India, Thailandia, Malaysia) hanno subito dichiarato di non volersi avvalere dell'offerta di moratoria per non compromettere il loro rating sul mercato internazionale dei capitali. Soltanto Indonesia e Sri Lanka hanno accettato l'offerta di moratoria e le Autorità di Jakarta soltanto dopo la verifica dell'assenza di ripercussioni sul rating del Paese. Proprio in ragione degli effetti non sempre positivi delle moratorie sui Paesi che si vorrebbero aiutare, l'Unione europea ha deciso - in occasione del CAGRE del 24 maggio 2005 - di approfondire secondo un approccio caso-per-caso l'analisi dei meccanismi possibili di sospensione temporanea del servizio del debito in presenza di uno shock esterno nell'ottica di mantenere la sostenibilità del debito nel Paese colpito. L'Italia intende partecipare attivamente al lavoro di approfondimento.
L'Italia non si è limitata ad offrire ai Paesi colpiti dallo tsunami la moratoria, ma - a differenza di quanto sostiene «Sdebitarsi» - ha attivato l'articolo 5 della legge n. 209, in vista di concordare con le Autorità dello Sri Lanka la cancellazione del 100 per cento del debito verso l'Italia derivante da crediti d'aiuto concessi in passato (prima di Sri Lanka, l'articolo 5 della legge n. 209 è stato attivato in favore del Vietnam, del Pakistan e del Marocco). Anche in favore dell'Indonesia, tramite l'accordo di conversione del debito APS sottoscritto dal Sottosegretario onorevole Boniver con le Autorità di Jakarta nel marzo 2005, l'Italia ha rinunciato in via definitiva ai pagamenti dovuti nel 2005 e parte del 2006.

Iniziative per la cancellazione dei debito verso le IFI.

Alla conclusione dell'iniziativa il debito bilaterale dei Paesi HIPC verso i Paesi creditori del Club di Parigi sarà pressoché interamente cancellato. Il debito in essere residuo sarà principalmente verso le IFI.
L'Italia, insieme ai partners G7, si è dichiarata disponibile a contribuire sulla base di analisi caso-per caso alla cancellazione fino al 100 per cento del debito dei Paesi HIPC verso l'IDA (Banca Mondiale) e verso la Banca Africana di sviluppo, assicurando che le risorse finanziarie «fresche» messe a disposizione dei Paesi più poveri da queste Banche di Sviluppo non vengano ridotte a causa dei mancati rientri connessi alle cancellazioni.
L'Italia è pronta ad appoggiare la soluzione tecnica che sarà accettabile anche dagli altri partners G7 e che consenta di attuare la proposta britannica di includere nella cancellazione fino al 100 per cento anche i debiti dei Paesi HIPC verso il FMI.

Iniziative per la riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo non-HIPC.

L'«Evian Approach», adottato dal Club di Parigi nel 2003, su impulso del Vertice


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G8 di Evian, offre uno strumento flessibile perché anche i Paesi più poveri non-HIPC possano beneficiare, se necessario ed a seguito di un accordo con il FMI, di cancellazioni di debito elevate. L'Italia ha svolto un ruolo propulsivo nel negoziato tra creditori che ha condotto all'adozione dell'Evian Approach. Il caso del Kyrghistan, che ha ottenuto nel marzo 2005 la cancellazione del 50 per cento del debito commerciale in essere e la ristrutturazione del rimanente 50 per cento a condizioni particolarmente dilazionate, esemplifica meglio del caso dell'Iraq (che costituisce un caso a sé) le possibilità offerte dall'Evian Approach ai Paesi più poveri.
L'attuazione dell'Evian Approach potrà essere affinata nel prossimo futuro con la progressiva applicazione dell'«Operational Framework for Debt Sustainability Assessments in Low-Income Countries» messo a punto congiuntamente dal FMI e dalla Banca Mondiale. Lo scopo del
framework è di supportare le azioni dei Paesi poveri per il conseguimento dei «Millennium Development Goals», evitando che queste ultime creino o aggravino problemi di sostenibilità del debito. Il framework rappresenta l'attuazione dell'impegno assunto con il «Monterrey Consensus» di «tenere a mente nei futuri esami della sostenibilità del debito l'impatto delle riduzioni di debito sul conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio». L'Italia ha approvato l'adozione del framework perché è un importante strumento di reperimento dei finanziamenti più appropriati ed efficaci per lo sviluppo.
Nel quadro dell'«Evian Approach» il negoziato tra il Paese debitore ed i Paesi creditori del Club di Parigi acquista margini di flessibilità, che non sussistevano in presenza dei rigidi parametri dell'Iniziativa HIPC.

Creditori privati dei Paesi in via di Sviluppo.

I creditori privati rappresentano una quota molto modesta (meno del 5 per cento del debito totale dei Paesi HIPC, ma rappresentano una quota crescente del debito dei Paesi non-HIPC. «Sdebitarsi» auspica l'istituzione di forme di arbitrato internazionale, che possano essere attivate dai Paesi debitori (o, per reciprocità, dai creditori privati) per statuire in che misura sia «giusto» assicurare il servizio del debito. Per sostenere le loro proposte le ONG si agganciano al principio alla base dell'articolo 7 della legge n. 209, che postula la necessaria coerenza tra disciplina internazionale del debito estero e principi generali del diritto, nonché diritti dell'uomo. Secondo l'articolo 7 l'esistenza di detta coerenza avrebbe dovuto essere verificata chiedendo un parere alla Corte Internazionale di Giustizia. Il Governo italiano - verificato che non sussistevano i presupposti per la richiesta di un simile parere - resta impegnato a realizzare sul piano internazionale con gli strumenti possibili il principio alla base dell'articolo 7.
In proposito va detto che gli accordi del Club di Parigi costituiscono il quadro di riferimento per un negoziato «giusto» anche tra Paese debitore e creditori privati. Infatti gli accordi del Club di Parigi si basano sul principio di comparabilità di trattamento dei creditori pubblici e di quelli privati. Ad esempio, se il Club di Parigi concede una cancellazione di due terzi del debito di un Paese povero (cosiddetto trattamento Napoli), i creditori privati sono tenuti ad essere altrettanto generosi.
Arenatasi l'iniziativa promossa dal FMI (cui l'Italia e l'Unione Europea erano favorevoli in linea di principio) per la creazione di un SDRM («Sovereign Debt Restructuring Mechanism»), la comunità finanziaria internazionale ha comunque lavorato costruttivamente, anche se in misura circoscritta, nella direzione auspicata da «Sdebitarsi». In merito si possono citare: 1) l'inclusione delle «collective action clauses» nelle emissioni di obbligazioni sui mercati internazionali da parte dei Paesi in via di Sviluppo; 2) la messa appunto da parte di un gruppo di lavoro pubblico-privato nel quadro del G20 (cui l'Italia partecipa) di un Codice di Condotta volontario denominato
principles for stable capital flows and fair debt restructuring in


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emerging markets, avallato dagli spring meetings delle IFI nello scorso mese di aprile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

EMERENZIO BARBIERI e VOLONTÈ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Rio Bucamante è una località caratterizzata da cascate e sorgenti perenni che insistono sul territorio del comune di Serramazzoni di Modena;
è sempre stata sinonimo di acqua pulita, ricca di flora, animali e formazioni geologiche;
la valle, di circa 3 milioni di metri quadrati, è da sempre considerata la zona più tutelata del territorio comunale;
l'area fino a qualche anno fa era caratterizzata solo da due residenze rurali collegate unicamente da antiche strade sterrate;
negli ultimi tre anni, invece, si è vista crescere in modo incontrollato la realizzazione di nuovi alloggi, con conseguenti impianti fognari che rischiano di compromettere i corsi d'acqua;
le modificazioni del territorio comportano la costruzione di recinzioni per la tutela della proprietà privata, impedendo, di fatto, il libero accesso ad un patrimonio naturale, prima pubblico di indiscusso valore paesaggistico di rilievo nazionale, ora sostanzialmente privatizzato -:
se per la realizzazione del suddetto tessuto residenziale sia stata rispettata la normativa vigente per le zone protette da vincoli paesaggistici e di tutela ambientale quale è il territorio di Rio Bucamante;
quali provvedimenti si intenda adottare per fermare tale indiscriminata e devastante espansione edilizia per garantire e tutelare il diritto dei cittadini di godere di un patrimonio naturale unico.
(4-16167)

Risposta. - Con riferimento alle questioni poste nell'interrogazione parlamentare in esame, concernenti la realizzazione di interventi nella località denominata Rio Bucamante, situata nel territorio del comune di Serramazzoni di Modena, si rappresenta quanto segue.
La Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna, a seguito delle notizie recentemente diffuse dagli organi di stampa che indicavano per l'appunto interventi edilizi impropri nell'area in questione, ha richiesto preliminarmente agli uffici territorialmente competenti un quadro completo degli interventi, per poi procedere ad una opportuna verifica sulla rispondenza delle opere autorizzate con quelle approvate.
Si segnala che la predetta località risulta sottoposta a vincolo paesaggistico, con verbale del 16 novembre 1974 e delibera regionale 3809 del 25 giugno 1985, emesso in applicazione della legge n. 1497 del 1939.
In attesa di acquisire una esauriente documentazione, lo stesso Ufficio - d'intesa con l'Assessorato Programmazione e Sviluppo territoriale della Regione Emilia Romagna - ha effettuato, in data 19 luglio 2005, un sopralluogo, al fine di verificare direttamente lo stato dei luoghi, dal quale sono effettivamente emerse evidenti modifiche all'originario assetto del territorio nonché attività di cantiere in corso.
In considerazione della particolare rilevanza dell'area, si segnala che, appena in possesso delle opportune risultanze amministrative e di quelle emerse in sede di sopralluogo, questo Ministero, congiuntamente alla Regione Emilia Romagna - in attuazione anche del Protocollo di intesa stipulato tra il Ministero e la Regione per la verifica della situazione vincolistica e la formulazione di nuove forme di coopianificazione -, si impegnerà ad individuare ogni utile iniziativa al fine di garantire la


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tutela del paesaggio di Serramazzoni, informandone, nel contempo, gli interroganti.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si stanno verificando, in più parti dell'Umbria, casi di meningite, di varia gravità e in soggetti di differenti età e luoghi di residenza, lavoro e frequentazione;
vi è un comprensibile clima di preoccupazione nei cittadini per l'estrema serietà del morbo e per il timore che possa profilarsi una condizione di diffusività -:
se, ferme restando le primarie responsabilità della regione, delle sue articolazioni operative sanitarie locali e degli stessi enti locali, non ritenga di assumere diretto interessamento all'allarmante fenomeno, intervenendo immediatamente sia sul piano di un oggettivo monitoraggio, sia adottando o concorrendo ad adottare incisive misure di prevenzione e di contrasto, su tutto il territorio, a livello di singoli, di famiglie, di comunità ed ogni altro tipo di luoghi e condizioni sensibili, rispetto alla minaccia di una patologia tanto insidiosa.
(4-14384)

Risposta. - Nel nostro Paese, tutte le informazioni sulle meningiti batteriche provengono dal Sistema Nazionale di Sorveglianza, in vigore dal 1994, tramite il quale le AA.SS.LL. e le strutture ospedaliere segnalano i casi verificatisi alle regioni, al ministero della salute ed all'Istituto Superiore di Sanità.
Per le meningiti meningococciche le segnalazioni ricevute presso il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS) vengono annualmente integrate con le notifiche di malattia infettiva (classe II), raccolte dalle regioni e dal ministero della salute.
Per le meningiti suddette e per quelle da
Haemophilus Influenzae di tipo b (Hib), è richiesto l'invio del ceppo al Laboratorio di Riferimento Nazionale, presso il Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate (DMIPI) dell'Istituto Superiore di Sanità.
Nel territorio nazionale è già in vigore, pertanto, un sistema di monitoraggio delle meningiti batteriche: dall'analisi dei dati pervenuti ad oggi è possibile delineare l'incidenza e l'andamento delle meningiti nella Regione Umbria.
Come risulta dalla tabella allegata, in Umbria dal 2000 al 2004 sono state segnalate da 11 a 23 meningiti batteriche per anno; pur in presenza di ampie variazioni annuali, non è evidente un chiaro andamento temporale.
Questo dato potrebbe essere attribuibile sia a reali differenze di incidenza della patologia, sia a differenze nella segnalazione dei casi verificatisi.
La maggioranza delle meningiti segnalate è causata dal meningococco: anche per tali forme si osservano ampie variazioni nel numero dei casi annuali.
I meningococchi sono distinti per diversi sierogruppi; in Italia, come negli altri Paesi occidentali, i sierogruppi più frequenti sono il B ed il C.
In Umbria il sierotipo dei casi da meningococco è noto per 7 delle 17 segnalazioni (41 per cento nel 2004, e per 8 dei 9 casi rilevati fino al 30 maggio 2005 (89 per cento).
Dei 7 casi riscontrati nel 2004, 3 erano attribuibili al meningococco di gruppo C, 3 al gruppo B ed 1 al gruppo Y.
I 3 casi del gruppo C hanno interessato un bambino di tre anni e due adolescenti, rispettivamente di 15 e 17 anni, senza esito mortale.
Dei casi tipizzati nel 2005, 6 risultano causati dal gruppo B e 2 dal gruppo C; questi ultimi hanno interessato una ragazza di 15 anni, deceduta, ed un giovane di 22 anni.
Per nessuno dei casi degli anni 2004-2005 risulta esserci stato un contatto con altri pazienti affetti da meningite meningococcica.
Per quanto concerne la prevenzione, dal 1995 è disponibile in Italia il vaccino


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contro l'haemophilus influenzae b (dal 2001 incluso nei Livelli essenziali di assistenza).
Sono disponibili nuovi vaccini contro le infezioni invasive da pneumococco e le infezioni da meningococco C.
Il Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 prevede che entrambi i vaccini segnalati vengano offerti ai bambini che presentano rischio elevato di meningite (immunodepressi).
Considerato che le vaccinazioni devono essere offerte prioritariamente ai soggetti che presentino condizioni fisiche precarie per concomitanti patologie di base, è data ampia facoltà programmatoria alle Regioni e Province Autonome sulla disponibilità delle vaccinazioni contro la meningite, con offerta gratuita o con partecipazione alla spesa sanitaria, per i bambini nel primo biennio di vita, sulla base di uno specifico programma regionale e secondo le priorità operativo-organizzative delle strutture vaccinali e i criteri epidemiologici adottati.
In merito alle misure di contrasto e di controllo delle diverse forme di meningite, fra cui l'attività di profilassi rivolta alla popolazione, si sottolinea che gli interventi assistenziali nel territorio, relativi alle malattie infettive e diffusive, rientrano nella competenza delle Regioni e Province Autonome, le quali, a seguito alla modifica del Titolo V della Costituzione, apportata con la Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, hanno per l'assistenza sanitaria potestà legislativa concorrente.
Ai predetti enti locali spetta, inoltre, il compito di realizzare, qualora la specifica situazione territoriale lo richieda, campagne di informazione e sensibilizzazione dei cittadini.
Nella valutazione dei dati degli anni 2004 e 2005, relativi alla Regione Umbria, si osserva che la maggioranza delle meningiti è causata dal meningococco di gruppo B, per il quale non vi è prevenzione vaccinale; il numero di casi attribuibili al gruppo C, per il quale è possibile la copertura vaccinale, è limitato (5 su 15 casi a sierogruppo noto).
In caso di meningite meningococcica la prevenzione dei casi secondari si avvale soprattutto della chemioprofilassi, che riduce dell'89 per cento il rischio tra i conviventi: le persone, che sono state a stretto contatto con il paziente, devono quindi effettuare la profilassi con rifampicina o ceftriaxone.
Appare prioritario, pertanto, assicurare una accurata e tempestiva sorveglianza delle meningiti, garantendo, da parte delle strutture ospedaliere, la segnalazione dei casi, l'identificazione dei batteri responsabili e dei loro sierogruppi, e l'invio dei ceppi di meningococco, eventualmente isolati, al laboratorio nazionale di riferimento dell'Istituto Superiore di Sanità.

Tabella

Casi di meningite batterica per anno ed agente eziologico. Regione Umbria 2000-2004. Dati aggiornati al 30 maggio 2005.
2000: meningococco 10; pneumococco 1; Hib 0; altro 0; totale 11.
2001: meningococco 1; pneumococco 0; Hib 0; altro 1; totale 2.
2002: meningococco 3; pneumococco 0; Hib 0; altro 2; totale 5.
2003: meningococco 5; pneumococco 1; Hib 0; altro 1; totale 7.
2004: meningococco 17; pneumococco 4; Hib 0; altro 2; totale 23.
2005 (dati parziali): meningococco 9; pneumococco 0; Hib 0; altro 0; totale 8.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.

BULGARELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
fra Etiopia ed Eritrea la situazione è nuovamente molto tesa; nel campo profughi di Shimelba affluiscono quotidianamente rifugiati eritrei e l'Etiopia ha deciso di dispiegare lungo il confine altri 90.000 soldati, per ora in assetto difensivo;


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il responsabile del campo, Shimels Densa, in un'intervista rilasciata al giornalista di Famiglia Cristiana Luciano Scalettari, ha affermato che le condizioni di vita nel campo sono difficili, che i viveri in certi mesi arrivano ridotti, che l'acqua è un grosso problema, ricordando che anche l'Etiopia attraversa una difficilissima crisi economica;
nel campo ci sono già stati tre suicidi, i rifugiati hanno a disposizione tre litri d'acqua al giorno per bere, lavarsi, cucinare, mentre per le agenzie Onu 20 litri rappresentano la soglia minima; del tutto deficitaria è anche l'azione dell'Alto commissariato per i rifugiati (Acnur), che raramente si presenta al campo;
dei profughi presenti, metà sono tigrini, dell'altopiano asmarino, altrettanti kunama del bassopiano, verso il Sudan; molti sono arrivati dopo la disfatta dell'Eritrea, nella guerra conclusa col trattato di Algeri del 2000; molti sono i giovani, in particolare militari che hanno disertato e ragazzi e ragazze prossimi alla leva, che hanno preferito rischiare carcere e torture pur di evitarla;
secondo i resoconti di Human rights watch e i 27 rapporti stilati da Amnesty international, il Governo guidato da Isaias Afewerki ha trasformato l'Eritrea in un lager, dove quotidianamente si attuano torture, detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, persecuzione religiosa e, come in tutti i regimi polizieschi, non si contano i desaparecidos; nel Paese governa il partito unico, non si è mai votato, né per la Costituzione né per elezioni democratiche; i quindici uomini politici che nel 2001 avevano siglato un documento critico verso il Governo eritreo (e alcuni di loro erano ministri e protagonisti della trentennale guerra di liberazione) sono stati tutti arrestati e di loro non si sa più nulla; stessa fine hanno fatto i 12 giornalisti che, nelle rispettive testate (ora chiuse), avevano scritto di quelle critiche;
nonostante questi dati agghiaccianti riportino alla mente le peggiori dittature, molti Stati europei continuano ad appoggiare Isaias Afewerki; tra essi vi è l'Italia, che offre aperto sostegno al dittatore, nonostante gli appelli dell'opposizione democratica eritrea e le denunce delle maggiori organizzazioni umanitarie internazionali -:
quali siano i motivi che inducono il nostro Governo a sostenere la dittatura sanguinaria di Isaias Afewerki;
se non ritenga che l'espulsione dei cittadini eritrei che cercano asilo politico nel nostro paese si configuri come una palese violazione del diritto internazionale in considerazione del fatto che il loro rimpatrio comporta per essi carcere, tortura e morte.
(4-14676)

Risposta. - Il Corno d'Africa rappresenta per l'Italia un'area di prioritario interesse. Vincoli storici, culturali ed economici inducono il nostro Paese a seguire con particolare attenzione le dinamiche regionali e ad assumere un ruolo di primo piano nei tentativi di soluzione delle diverse crisi che caratterizzano questa travagliata regione. Per tali ragioni, l'Italia segue da vicino i rapporti intercorrenti tra tutti i Paesi dell'area e l'evoluzione delle politiche interne. L'Eritrea, in particolare, è un interlocutore privilegiato per il nostro Paese anche in ragione del fatto che essa ha rappresentato nel secolo scorso la prima area di insediamento stabile dei nostri interessi nella regione.
Va poi tenuto presente il nostro particolare interesse a contribuire ad una soluzione pacifica della disputa territoriale con l'Etiopia senza la quale non è possibile assicurare il consolidamento della stabilità regionale. Il sostegno italiano, sul piano diplomatico e finanziario, al processo di pace tra l'Etiopia e l'Eritrea costituisce infatti uno degli obiettivi costanti dell'azione italiana in Africa. È noto inoltre che l'Eritrea mantiene stretti legami con i movimenti di opposizione sudanese, attivi nel sud del Paese, nel Darfur e nel Sudan orientale: il ruolo dell'Italia quale Paese «osservatore» nel processo di pace sudanese comporta la necessità di costanti contatti con Asmara. Pertanto l'essere presenti


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sullo scacchiere del Corno d'Africa comporta la necessità di mantenere uno stretto collegamento non solo con Asmara ma con tutti i Governi della regione anche in un'ottica di tutela delle comunità di nostri connazionali ivi residenti che in Eritrea sono, al momento, circa 800.
Per quanto riguarda specificamente la situazione interna eritrea, la transizione verso un governo democratico appare ben lungi dall'essere completata. La Costituzione approvata nel 1997, che prevede il rispetto delle libertà fondamentali ed il pluralismo politico, non è entrata in vigore. Il Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia (PFDJ), formazione politica che ha guidato la lotta per l'indipendenza (1993), rimane l'unico partito legalmente costituito. L'approvazione della legge che dovrebbe disciplinare le attività politiche e la formazione dei partiti è stata rinviata
sine die, come pure le elezioni a suffragio universale dell'Assemblea Nazionale, pur previste dalla Costituzione. Dopo il 2001, si è registrata una progressiva involuzione in senso autoritario ed il Governo di Asmara ha continuato negli arresti di elementi dell'apparato statale e militare critici nei confronti del regime. Sono stati arrestati anche numerosi giornalisti, tra i quali alcuni corrispondenti di testate straniere. Le restrizioni delle libertà democratiche, insieme alla coscrizione obbligatoria con ferma minima di tre anni in vigore dopo il conflitto con l'Etiopia, sono causa della crescente fuga all'estero di numerosi cittadini eritrei. Le condizioni di vita nei campi per rifugiati allestiti nei Paesi vicini, come quello di Shemelba in Etiopia, sono particolarmente difficili a causa del continuo afflusso di nuovi profughi e delle limitate risorse disponibili.
L'Italia, con gli altri Paesi europei, ha più volte manifestato alle autorità di Asmara la propria preoccupazione per l'involuzione verificatasi in Eritrea in questi ultimi anni. Proprio la ferma condanna da parte del nostro Governo e dell'Unione europea, all'indomani della svolta autoritaria del settembre 2001, indusse le autorità eritree a richiedere l'allontanamento dell'Ambasciatore italiano. La ripresa del dialogo attraverso i normali canali diplomatici (ottobre 2002) non implica tuttavia in alcun modo l'avallo di comportamenti anti-democratici da parte delle Autorità di Asmara. Al contrario, riteniamo essenziale in questa fase mantenere alta la pressione internazionale sull'Eritrea per incoraggiare il rispetto dei diritti umani e la democratizzazione della regione. A tal fine, in sede di Unione europea, l'Italia ha approvato l'avvio di un dialogo politico ai sensi dell'articolo 8 dell'Accordo di Cotonou, che prevede la fissazione di parametri, di ordine politico ed economico, in base ai quali valutare i progressi che il governo eritreo sarà in grado di compiere. I parametri politici includono la ratifica ed il rispetto da parte eritrea delle convenzioni internazionali sui diritti umani; la tenuta di elezioni politiche generali; l'adozione di leggi a tutela della libertà di stampa e di religione; la sottoposizione ad un equo processo dei detenuti per motivi politici, di opinione e di religione.
I contenuti del dialogo ed i parametri sopra menzionati sono già stati comunicati al Governo di Asmara con passo formale della Presidenza UE. L'esercizio dovrà concludersi in non più di 6 mesi (novembre 2005) quando l'Unione europea valuterà se procedere o meno all'adozione di specifiche misure nei confronti del Governo di Asmara.
Le richieste di asilo politico in Italia presentate da cittadini eritrei vengono valutate ai sensi della normativa vigente. In proposito, gli elementi sopra esposti circa le gravi carenze in tema di rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali che spingono molti eritrei ad emigrare all'estero sono oggetto da parte di questo Ministero di circostanziate relazioni sulla ricevibilità o meno delle domande di asilo, relazioni che vengono inoltrate alle Amministrazioni competenti dietro loro richiesta.
È utile tuttavia sottolineare che l'Eritrea non ha formato oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali né nel corso della 59a sessione Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York (settembre-dicembre 2004), né nel corso della


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61a sessione della Commissione dei Diritti Umani di Ginevra (marzo-aprile 2005).
Secondo quanto riportato dal Rapporto della ONG «Nessuno Tocchi Caino» sulla pena di morte nel mondo, aggiornato al maggio 2004, l'Eritrea rientra tra i Paesi abolizionisti di fatto. Omicidio e atti contro la sicurezza dello Stato sono reati capitali, per i quali i metodi di esecuzione prevista sono impiccagione e fucilazione. Tuttavia il sistema legale favorisce accordi extragiudiziali in base ai quali, se le parti raggiungono un'intesa, generalmente economica, il giudice può commutare la sentenza di morte in una pena detentiva. Dall'indipendenza del paese nel 1993, non risultano casi in cui sia stata eseguita la pena di morte. L'Eritrea ha votato contro la risoluzione per l'abolizione della pena di morte approvata dalla Commissione ONU per i Diritti Umani il 21 aprile 2004.
Dal rapporto sull'Etiopia ed Eritrea del Segretario Generale Kofi Annan, che è stato preso in esame dal C.d.S. l'11 luglio 2005, si evince che le violazioni dei diritti umanitari in Eritrea continuano su larga scala, gli arresti ingiustificati e le persecuzioni appaiono pratiche diffuse, i detenuti non sono informati dei capi di imputazione a loro carico, non hanno diritto di difesa né di rappresentanza legale e non possono far ricorso a giudici indipendenti per opporsi agli abusi perpetrati contro i loro diritti fondamentali. La tortura è praticata sistematicamente all'interno dell'esercito per gli interrogatori e come punizione, in particolare per chi ha eluso il servizio di leva, obbligatorio per tutti gli uomini e donne tra i 18 e i 40 anni, per i disertori e i fedeli appartenenti a religioni minoritarie.
La Risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione dei diritti umani in Eritrea n. P6-TA-PROV(2004) 0068 ha fermamente condannato gli abusi contro i diritti umani verificatesi in Eritrea anche nel campo della libertà di religione e di stampa, e chiede tra l'altro al Consiglio e alla Commissione di aprire la procedura di consultazione con queste autorità ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou (rispetto dei diritti umani e dei principi democratici fondamentali), Inoltre, recentemente, le autorità hanno imposto delle restrizioni alle attività nei confronti di alcuni gruppi religiosi presenti nel Paese (Copta, Testimoni di Geova e Bahai'ì), diversi da quelli riconosciuti ovvero, Chiesa ortodossa eritrea, Chiese cattolica e luterana e Islam.
Il Rapporto Annuale 2005 di Amnesty International attesta che centinaia di persone sono state arrestate per aver espresso pacificamente le loro opinioni o il loro credo. Prigionieri politici sono stati detenuti a tempo indeterminato, senza accusa né processo, in luoghi di detenzione segreti. I
media privati continuano ad essere al bando. Le condizioni nelle carceri militari in varie zone del Paese sono rimaste estremamente dure.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CALZOLAIO, PISA e VIANELLO. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari) è stata istituita il 31 maggio 1999 in base a quanto disposto dall'articolo 13, comma 2 lettera e del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, sul riassetto del mercato elettrico. Scopo della SOGIN, si legge testualmente, è di provvedere allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile ed alle attività connesse e conseguenti;
nel comma 4 dell'articolo 13 si precisa che le azioni della costituenda società (SOGIN) sono assegnate al Ministero del tesoro (ora Ministero dell'economia) mentre, per quanto riguarda le attività, la Sogin deve attenersi agli indirizzi formulati dal Ministro dell'industria (ora Ministro delle attività produttive);
i costi derivanti dall'intero programma di decommissioning delle quattro


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centrali nucleari sono coperti dalle risorse acquisite all'atto del conferimento del ramo d'azienda Enel, dai relativi proventi finanziari e dall'apposita componente sulla tariffa elettrica che tutti i cittadini pagano sulla bolletta compresa tra gli oneri di sistema (oneri nucleari);
gli «indirizzi» formulati con Decreto del Ministero dell'industria del maggio 2001 prevedevano per la Sogin di effettuare attività in conto terzi al fine di una migliore valorizzazione delle risorse umane;
tuttavia già nel bilancio 2000 si riporta nei risultati economici e finanziari un'attività in conto terzi per un valore di circa nove miliardi di lire anticipando in sostanza gli indirizzi formalizzati solo nell'anno successivo con il decreto del ministero dell'industria del 27 maggio 2001;
nello stesso modo la SOGIN ha operato all'estero in assenza di alcuna autorizzazione salvo quella a posteriori data dalla legge 23 agosto 2004 n. 239, che all'articolo 1 comma 103 prevede per la Sogin la possibilità di svolgere attività di servizio nei settori attinenti l'oggetto sociale anche all'estero;
il reiterato comportamento dei ministeri vigilanti di ricorrere a provvedimenti postumi per sanare a posteriori attività pregresse appare quanto meno sorprendente in quanto SOGIN è nata come società a capitale interamente pubblico, con scopi ben definiti e con redditi che derivano dal prelievo sulla componente A2 della bolletta dell'energia elettrica (attualmente pari a 0,77 \P/KWh) e dalle rendite finanziarie derivanti dai credito vantato verso la Cassa Conguaglio Settore Elettrico;
tale comportamento oltre che censurabile sul piano formale diventa inaccettabile sul piano sostanziale allorquando si pensi che il «rischio d'impresa» derivante da commesse esterne ricadrebbe, se negativo, interamente sulle tasche degli italiani;
continuando nella sua attività «esterna» la SOGIN ha comunque intrapreso una serie di iniziative nella Federazione Russa giustificate, a suo dire, da un suo coinvolgimento negli impegni presi dal Governo Italiano in sede G8 per la eliminazione delle armi di distruzione di massa;
sulla base di tale coinvolgimento la SOGIN, con l'avallo del suo presidente Carlo Jean, fino dagli inizi del 2003 ha aperto una sede a Mosca, ha sponsorizzato convegni, ha dato consulenze, ha sostenuto spese di personale;
fermo restando ogni valutazione sulla veste istituzionale della SOGIN è il caso di sottolineare che gli impegni presi dall'Italia con la Federazione Russa sono oggetto di Accordi nel campo dello smantellamento dei sommergibili nucleari e della distruzione delle armi chimiche che prevedono un impegno globale di 720 milioni di Euro (Corriere della Sera del 2 novembre 2004) ma che non hanno avuto alcun provvedimento di ratifica dal Parlamento -:
a quale titolo la SOGIN abbia intrapreso iniziative estranee (smantellamento sommergibili e disarmo chimico) alla sua missione statutaria tanto più criticabili in quanto risulta che SOGIN sia largamente inadempiente nel suo mandato;
quale dei ministeri vigilanti abbia autorizzato tali attività e con quali provvedimenti;
quale sia stato l'importo economico fino ad ora sostenuto dalla SOGIN per tali attività elencando analiticamente tutte le voci di costo;
se si pensi di coprire tali spese con il ricorso a nuovi prelievi sulla bolletta dell'energia elettrica o a commesse ad avviso degli interroganti, fittizie del Governo Italiano prelevate dall'importo globale previsto dai due Accordi sulla base di patti «parasociali» in evidente contrasto con la natura pubblica della SOGIN;
se il Governo non ritenga che la Sogin abbia di fatto «distratto» pubblico denaro e, in caso affermativo, se non


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intenda sporgere una denuncia alla procura generale della Corte dei conti per accertare eventuali profili di danno erariale con oneri conseguenti a carico dei citati vertici;
se infine il Governo, dati i precedenti, non intenda estendere una puntuale verifica della gestione del pubblico denaro anche alle altre società nate dal decreto legislativo n. 76/99: Gestore Rete Trasmissione Nazionale (GRTN), Gestore Mercato Elettrico (GME) Acquirente Unico (AU) anticipando fin da ora che la semplice analisi dei bilanci aziendali, per società a capitale interamente pubblico, non basta a certificare la correttezza dei comportamenti.
(4-12970)

Risposta. - La ricostruzione, svolta in premessa dagli interroganti, dell'evoluzione del quadro di riferimento normativo concernente l'assegnazione alla Sogin del compito di svolgere attività per terzi in Italia ed all'estero, risulta non esauriente. A tale proposito giova citare, in primo luogo, il documento contenente «Indirizzi strategici per la gestione degli esiti del nucleare» formalmente presentato al Parlamento nel dicembre 1999 dall'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Bersani, nel quale si sottolineava espressamente la necessità di costituire «una specifica Società per la disattivazione degli impianti elettronucleari e di ricerca... in grado di promuovere le capacità scientifiche, tecnologiche ed industriali del Paese» che potesse altresì «presentarsi con autorevolezza nel mercato internazionale dello smantellamento degli impianti». L'assunto, peraltro già esplicitato nello Statuto della Società (le cui partecipazioni azionarie sono sin dalla data di costituzione, 10 novembre 1999, interamente detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze), è stato espressamente ripreso dall'articolo 3 del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 7 maggio 2001 (cosiddetto «decreto Letta») il quale autorizza la Sogin a «sviluppare l'attività per terzi sui mercati... con particolare riferimento a consulenze e servizi relativi alla caratterizzazione, agli studi, alle bonifiche ambientali, alla sicurezza e radioprotezione, al trattamento dei rifiuti radioattivi ed allo smantellamento di centrali nucleari, al fine di una migliore utilizzazione delle strutture, risorse e competenze disponibili». Tale affermazione è stata poi del resto confermata e letteralmente riportata dal recente decreto del Ministero delle attività produttive del 2 dicembre 2004, che ha integralmente sostituito, abrogandolo ed introducendo ulteriori previsioni concernenti le attività della Sogin, il precedente decreto. Non ha pertanto fondamento l'affermazione secondo la quale le attività per terzi, ed in particolare quelle svolte all'estero, sarebbero state oggetto di «sanatorie a posteriori» da parte del Governo, essendo le stesse state previste sin dal momento della decisione di costituire la Sogin, riferendosi, il sopra citato «decreto Letta», allo sviluppo dell'attività per terzi sui «mercati», avendo dunque riguardo sia al mercato italiano che ai mercati esteri. Così è del tutto inappropriato il riferimento ai dati del bilancio Sogin del 2000, nell'ambito del quale, oltretutto, le attività per terzi erano per la maggior parte riferite a precedenti contratti sottoscritti dall'ENEL.
Si deve altresì escludere la configurabilità di un «rischio d'impresa» per una tipologia di attività che è fondata, pressoché esclusivamente, sulla prestazione di consulenze e sulla messa a disposizione del
know how tecnologico e professionale del personale della Società.
Le iniziative avviate dalla Sogin nella Federazione Russa, ivi compresa l'apertura di una sede di rappresentanza nell'ottobre 2003, sono state sin dall'inizio finalizzate, in assoluta coerenza con le previsioni normative e statutarie sopra citate, esclusivamente allo svolgimento di attività di
decommissioning di impianti nucleari e di gestione dei rifiuti radioattivi, come attestano le trattative intraprese (ed, al momento, in corso di avanzata definizione) con società operanti nella stessa Federazione Russa.
Le attività sinora svolte sono state finalizzate, da un lato, allo studio della possibilità, verificatasi poi di difficile percorribilità, del trasporto e riprocessamento


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del combustibile irraggiato proveniente dalle centrali nucleari italiane in Russia (a tal fine sono state mantenute intese con la Società Tenex, partecipata dal governo della federazione russa) e, dall'altro, allo studio della possibilità di invio nella federazione russa di rottami metallici contaminati, derivanti da operazioni di smantellamento di impianti, per la fusione e il trattamento.
Tale ultima iniziativa è in fase di avanzata definizione e sono stati avviati contatti con la società Ecomet e con il trasportatore qualificato (MIT Nucleare). Un successo dell'iniziativa porterebbe a sicuri vantaggi in futuro anche perché consentirebbe il superamento della posizione di sostanziale monopolio attualmente detenuta da un fornitore di analogo servizio.
Altre attività hanno riguardato iniziative di prestazioni di servizio su base commerciale, anche nel quadro dei programmi Tacis di assistenza ai Paesi dell'est. Tali attività hanno peraltro permesso, solo nell'ultimo anno, di ottenere l'aggiudicazione di due importanti contratti pluriennali di assistenza tecnica e la predisposizione di documenti necessari per un'altra gara nel settore energetico, con soddisfacenti prospettive in merito all'aggiudicazione finale.
Per quanto concerne il coinvolgimento della Sogin nelle attività di smantellamento di sommergibili nucleari nella Federazione Russa (e non anche di armi chimiche, come indicato nell'interrogazione), occorre evidenziare che detto coinvolgimento è esplicitamente previsto dall'articolo 3 dell'Accordo di cooperazione tra il Governo italiano ed il Governo della stessa Federazione Russa sottoscritto a Roma il 5 novembre 2003 (in esito alle decisioni assunte nel corso degli incontri del G8 svoltisi nello stesso anno) che prevede uno stanziamento da parte del Governo italiano pari a 360 milioni di euro in dieci anni. Il relativo disegno di legge di ratifica (Atto Camera n. 5432), è stato approvato il 31 maggio 2005 dalla Camera dei deputati ed è stato assegnato alla 3a Commissione (Affari esteri, emigrazione) del Senato, in sede referente, in data 8 giugno 2005 (Atto Senato 3471).
Per quanto concerne l'attuazione del suddetto accordo italo-russo, nelle more del completamento dell'iter di approvazione del provvedimento legislativo di ratifica, la Sogin si è limitata a porre in essere, avvalendosi delle proprie risorse e strutture già operanti nella Federazione Russa, solo le attività preparatorie di studio e di organizzazione necessarie (i cui costi sono assolutamente marginali) per non determinare ritardi una volta intervenuta la ratifica parlamentare. Peraltro, non va sottaciuto che i costi del programma di smantellamento dei sommergibili nucleari, oggetto dell'accordo, saranno interamente coperti con gli appositi stanziamenti governativi (ammontanti a 360 milioni di euro), che pertanto coprirebbero anche ogni eventuale impegno economico assunto dalla Sogin per tale programma.
Occorre, aggiungere, che gli Accordi bilaterali, firmati a Roma il 5 novembre 2003, richiamati nell'interrogazione, rientrano nel quadro dell'impegno politico preso dal Presidente del Consiglio in occasione del Vertice suddetto nel 2002, allorché fu lanciata l'iniziativa della
Global Partnership contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, per promuovere l'eliminazione degli arsenali ex sovietici.
Infine si evidenzia che in base alle procedure di legge, la Corte dei conti ha eseguito il controllo sulla gestione della Sogin Spa per gli esercizi 2000-2002 ed è
in itinere la verifica del periodo successivo 2003-2004, da quanto comunicato dall'Autorità per l'energia elettrica ed il Gas con riferimento all'attività per terzi, la Corte dei Conti non ha rilevato alcuna irregolarità sotto i profili istituzionali, gestionali ed economico-finanziari per gli esercizi 2000-2002.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

CARBONELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è ormai endemica la sofferenza che vive lo scalo aeroportuale di Brindisi, in


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termini di assistenza per la navigazione aerea del traffico civile;
per renderlo più efficiente pare che l'AA.MM. abbia stanziato dei fondi per il rifacimento delle luci di bordo pista 14/32 (la pista principale) il cui progetto redatto dall'Ente militare è stato approvato dall'ENAC a giugno 2004;
oggi, ci ritroviamo con un nulla di fatto e con l'aggravante che l'aeroporto di Brindisi è chiuso per lavori, dal 3 ottobre al 23 dicembre, dalle ore 24,00 alle ore 06,00 e Brindisi riceve i voli notturni ex Bari;
è accertato, che a causa delle recenti intense piogge, le luci di bordo pista 14/32, sono andate in avaria e dal 9 al 10 novembre, lo scalo ha subìto pesanti penalizzazioni, dato che, per poter atterrare sulla suddetta pista, utilizzabile solo di giorno, sono necessari parametri di visibilità molto elevati;
occorrono infatti, 1.500 metri di visibilità verticale e 5.000 metri di visibilità orizzontale, mentre l'utilizzo nelle ore serali e notturne dell'altra pista è fortemente vincolato a determinate condizioni atmosferiche;
se al momento, la funzionalità delle luci di cui sopra è stata ripristinata, resta la preoccupazione che questo impianto ha una fortissima permeabilità, per cui l'efficienza dell'aeroporto è vincolato e condizionato inevitabilmente agli eventi atmosferici, con proiezioni di grandissima inaffidabilità e grave nocumento per l'utenza;
a tutto ciò, occorre aggiungere, che l'aeroporto è oggetto di continue trascuratezze che creano di volta in volta disparate inefficienze più o meno gravi, come risulta dagli avvisi ai naviganti (NOTEM) -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e quali urgenti provvedimenti si intendano adottare per dare funzionalità e sicurezza all'aeroporto di Brindisi.
(4-11706)

Risposta. - L'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), premesso che, per quanto attiene alle infrastrutture di volo, l'Aeroporto di Brindisi è di pertinenza del Ministero della difesa e dell'Aeronautica militare, relativamente al progetto di risanamento degli impianti di Aiuti Visivi Luminosi (A.V.L), approvato dall'Enac a giugno 2004, ha comunicato che il 21 aprile 2005 è stato pubblicato dal 16o Reparto Genio Campale Aeronautica Militare di Bari il bando di gara per l'affidamento dei lavori per l'importo di euro 2.601.371,85.
Sono inoltre di prossima effettuazione da parte dell'Aeronautica militare i lavori di adeguamenti infrastrutturali delle vie e dei raccordi di rullaggio della pista 14/32 per l'importo di euro 740.000 come da decreto ministeriale 16 dicembre 2004, per i quali si stanno definendo le condizioni per ridurre al minimo possibile le limitazioni di traffico aereo sullo scalo.
Al fine di adeguare il sedime aeroportuale alle normative relative allo smaltimento delle acque di prima pioggia, la società Seap gestore dell'aeroporto per conto dell'Enac ha presentato un progetto di completo rifacimento del sistema drenante delle infrastrutture di volo anche per ridurre l'incidenza dei condizionamenti da eventi meteorologici.
Tale progetto preliminare è stato approvato in Conferenza dei Servizi in data 16 dicembre 2004 e sono attualmente in corso di effettuazione i saggi geognostici necessari a definire i progetti definitivo ed esecutivo da appaltare. Il finanziamento è assicurato nell'ambito dell'Accordo di Programma Quadro 2000-2006.
L'Enac riferisce che la Società Seap sta procedendo ad alcuni interventi di adeguamento alle norme Icao degli Aiuti Visivi Luminosi (A.V.L), della pista secondaria, secondo le indicazioni concordate con l'ente medesimo.
L'ente nazionale per l'aviazione civile, inoltre, fa conoscere di aver trasmesso all'Aeronautica militare, per ottenere la concordanza, i progetti preliminari redatti dal gestore Seap relativi all'adeguamento delle aree di sicurezza di fine pista, all'adeguamento


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delle strisce di sicurezza, al prolungamento della pista 14/32, alla demolizione della vecchia aerostazione (ostacolo alla navigazione aerea nella superficie di transizione di lato alla pista principale), al potenziamento della strada perimetrale nonché all'adeguamento della recinzione aeroportuale agli standard di security del Comitato Italiano per la Sicurezza Aeroportuale.
Sempre nell'ambito dell'accordo di programma quadro 2000-2006 sono state approvate dall'Enac, ed appaltate dalla società Seap con recente consegna dei lavori, le opere di ampliamento ed adeguamento aerostazione passeggeri nonché di riconfigurazione viabilità e parcheggi
land-side, per conseguire i nuovi standard di security e di spazi logistici per le attività esistenti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

CARBONELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i due gravi incidenti ferroviari avvenuti in questi ultimi mesi, nella Provincia di Taranto e nella tratta Verona-Bologna e sulla linea ferroviaria Palermo-Messina, pongono inquietanti interrogativi, sulla sicurezza dovuta ai cittadini che utilizzano il treno, quale mezzo di trasporto, che per il personale viaggiante;
in altri Paesi dell'Europa si viaggia su treni di nuova generazione, in condizioni di sicurezza tecnicamente più avanzata, nel nostro Paese, la situazione è verosimilmente allarmante;
esistono tuttora, chilometri di tratte ferroviarie in tutte le Regioni, a binario unico e non elettrificate;
le stesse necessitano di manutenzioni strutturali e di sicurezza, sono situazioni incontrovertibili, come quello della Regione Puglia, che su 800 km. di linea ferroviaria, 350 sono a binario unico e soltanto 210 Km. sono elettrificati;
le condizioni di agibilità e vivibilità delle carrozze dei convogli in formazione e partenza dall'Area del sud verso il nord rivelano uno stato di inadeguatezza sistematica nell'impiego di carrozze obsolete, costringendo spesso i viaggiatori a non avvalersi delle carrozze letto per la riduzione inspiegabile delle stesse;
è grave il problema dei viaggiatori pendolari, studenti e lavoratori che come al nord ed anche al sud, sono costretti a viaggiare in condizioni di estremo disagio, per il numero di incapienza dei posti, stante il numero non adeguato delle carrozze dei convogli viaggianti, costringendo a reazioni di protesta da parte dei possessori degli abbonamenti e dei biglietti prepagati -:
se e quali iniziative si intenda assumere presso Trenitalia, responsabile del trasporto e verso gli operatori del settore;
se non ritenga opportuno riesaminare la congruità delle risorse disponibili per il 2005 da destinare all'ammodernamento dei sistemi di sicurezza, già in atto in altri Paesi dell'Unione europea, al fine di assicurare un sistema atto a garantire e prevenire anche gli orrori umani;
se e quali iniziative intenda assumere, ed in quali tempi, per realizzare il completamento del doppio binario e della elettrificazione nel territorio della Regione Puglia;
se non ritenga opportuno rappresentare a Trenitalia l'opportunità dell'assegnazione al compartimento Puglia dei nuovi treni «Minuetto» e garantire sulla rete regionale pugliese il ripristino della regolarità del trasporto dei pendolari con l'aumento delle carrozze nei convogli adibiti a quel servizio;
se infine, non ritenga rappresentare a Trenitalia l'opportunità dell'introduzione del low cost (tariffa ridotta a 9 euro) sulle tratte a lunga percorrenza da e per il sud per gli studenti e lavoratori, oltre alle sole tratte Bari-Milano e Lecce-Milano in estate e per i turisti.
(4-12687)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato spa ha riferito


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che nella regione Puglia il servizio del trasporto regionale prevede circa 300 treni al giorno già oggetto del contratto di servizio stipulato con la regione stessa che effettua periodici controlli per verificare il livello del servizio erogato.
La velocità media dei treni regionali che circolano in Puglia è pari a 62 km/h, a fronte di un livello medio nazionale di 55 km/h e di un livello medio dei servizi su gomma extraurbani nella regione di 40-50 km/h; il 96 per cento dei treni regionali arriva a destinazione con un ritardo compreso tra 0-5 minuti; il 45 per cento dell'intero parco rotabili è già stato climatizzato, mentre il 90 per cento è stato sottoposto recentemente a
restyling. In particolare sono stati sostituiti i rivestimenti più usurati o vandalizzati dei sedili delle vetture a piano ribassato.
Il programma degli investimenti per gli anni 2005-2006 prevede, oltre al completamento degli interventi di ristrutturazione degli interni, con sostituzione di sedili e climatizzazione delle vetture a doppio piano e a piano ribassato, l'acquisto di 4 complessi Minuetto, dotati di ogni comfort per soddisfare le esigenze della clientela, coi quali saranno effettuati circa 70 treni al giorno.
La pulizia dei rotabili è assicurata negli impianti di Lecce, Brindisi, Taranto, Bari, Foggia, Barletta e Gioia del Colle a cura di imprese private, secondo capitolati tecnici validi in tutto il territorio nazionale; è stato inoltre avviato un programma straordinario di pulizia che aumenta sia gli interventi di pulizia radicale sia quelli di mantenimento sui treni più affollati delle linee principali, compresa la Taranto-Bari.
Per quanto concerne il grado di soddisfazione della clientela, rilevato periodicamente da Trenitalia attraverso agenzie di comprovata professionalità, negli ultimi mesi è stato registrato un aumento di gradimento di oltre 20 punti per la puntualità e di ben 11 punti per la pulizia.
Grazie al completamento delle opere civili e tecnologiche che amplieranno l'infrastruttura ferroviaria, sarà possibile, già nel corso dell'offerta orario del 2005, migliorare sensibilmente i tempi di percorrenza su alcune linee regionali, soprattutto la Bari-Lecce e la Bari-Taranto.
Fino al completamento dei lavori saranno probabili disagi per la clientela che verrà opportunamente avvisata in merito a modifiche temporanee di orario e delle sostituzioni di servizi con bus.
Per quanto concerne il livello qualitativo del materiale rotabile ferroviario di media/lunga percorrenza, nonché l'introduzione della promozione
low cost sulle linee del Sud Italia, la Divisione Passeggeri di Trenitalia, proprio allo scopo di ottenere un radicale incremento qualitativo del proprio materiale rotabile, ha avviato già da alcuni anni un programma di miglioramento che, in particolare, sta riguardando:
a) riqualificazione servizi InterCity: il piano, che prevede la ristrutturazione delle vetture, con interventi mirati in modo particolare alla qualità degli ambienti ed al comfort di viaggio (nuovi arredi, nuove toilettes, prese per PC, eccetera) è ancora in corso e la conclusione è prevista entro il 2005. Le carrozze riqualificate sono già in composizione ai nuovi treni Intercity Plus in fase di graduale introduzione sull'intera rete il cui servizio è destinato ai collegamenti tra le principali località della penisola con servizi di elevata qualità;
b) Restyling del parco rotabili: il programma, già avviato, prevede una radicale trasformazione di circa 900 carrozze la cui completa realizzazione è prevista per il 2007. Inoltre, è previsto l'adattamento delle locomotive E 404 3kV per i treni Intercity (attualmente in dotazione alla flotta ETR 500 che verranno sostituiti con nuove locomotive PLT) e la ristrutturazione di 300 carrozze entro luglio 2008.
L'iniziativa commerciale
low cost è stata lanciata sperimentalmente sulla Roma-Milano-Roma, linea da alto traffico e con una buona disponibilità di tracce orarie, allo scopo di individuare l'interesse del mercato per tale iniziativa.
Per quanto riguarda il potenziamento infrastrutturale e tecnologico della rete ferroviaria, Ferrovie dello Stato ha fatto presente che il territorio della Puglia è interessato da un intenso programma di potenziamento


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infrastrutturale e tecnologico della rete ferroviaria finalizzato sia a migliorare il collegamento con il nord del Paese e le direttrici internazionali sia ad aumentare e migliorare la capacità e la funzionalità della rete per i servizi per il traffico locale.
Gli interventi programmati riguardano la linea Caserta-Foggia, tra Cervaro e Orsara, la Direttrice Adriatica, tra Chieuti e Lecce, la linea Bari-Taranto.

Opere in corso di realizzazione.
a) Linea Caserta-Foggia.

Sulla relazione Caserta-Foggia nel dicembre 2003 si è concluso l'iter approvativo del progetto di raddoppio del tratto pugliese della linea tra Cervaro e Orsara. Il relativo progetto di tracciato, previsto prevalentemente in affiancamento tra Cervaro e Bovino e in variante tra Bovino e Orsara, ha un'estesa complessiva di circa 35 km. È in corso l'attività negoziale per l'affidamento delle opere mediante appalto integrato. L'attivazione della tratta Cervaro-Bovino è programmata entro novembre 2009; quella della tratta Bovino-Orsara entro aprile 2010; la stima dei costi ammonta a milioni di euro 530.

b) Linea Pescara-Bari.

Nella tratta Lesina-Apricena, a novembre del 2003, è stato attivato il raddoppio, e, a dicembre 2004, è stata attivata la sottostazione elettrica (SSE) di Lesina. Il costo dell'intervento è stato di circa milioni di euro 40.
Nella tratta compresa tra Apricena e San Severo è in corso la realizzazione del raddoppio in affiancamento al binario esistente; l'attivazione è prevista entro marzo 2006, con un costo di circa milioni di euro 35,5.

c) Linea Bari-Lecce.

Dopo l'attivazione, nel luglio 2004, del raddoppio Bari Parco Sud-Bari Torre a Mare, intervento connesso al potenziamento del Nodo di Bari, e le recenti attivazioni delle tratte Mola-Polignano e Tuturano-Squinzano, avvenute nel dicembre 2004, la linea è tutta a doppio binario fatta eccezione per le due tratte Polignano-Fasano, tra Bari e Brindisi, e Squinzano-Surbo, tra Brindisi e Lecce. Tali tratte saranno attivate con esercizio a doppio binario, rispettivamente nel giugno 2006 e nel settembre 2005. Il costo dell'intervento previsto per il raddoppio di tale linea ammonta a circa milioni di euro 218.

d) Linea Bari-Taranto.

Nel tratto tra Bitetto e Castellaneta, la linea è già a doppio binario per un'estesa totale di circa 60 km. Entro giugno 2005 saranno completati i lavori nella stazione di Gioia del Colle.
Nella tratta Castellaneta-Palagianello è in corso l'attività negoziale per l'affidamento dei lavori per il raddoppio della linea. Il costo dell'intervento è di circa milioni di euro 76, l'attivazione è prevista entro agosto 2007.
Nella tratta Palagianello-Palagiano-Massafra-Bellavista-Taranto sono in corso le opere civili del raddoppio e l'attrezzaggio tecnologico della sede. Il costo dell'intervento è stimato circa 66 milioni di euro; l'attivazione della tratta Bellavista-Taranto è prevista per novembre 2005, quella della tratta Palagianello-Palagiano-Massafra-Bellavista per marzo 2006.
Per la realizzazione del collegamento diretto tra le linee Bari-Taranto e Taranto-Metaponto, mediante una linea a semplice binario, è in corso l'attività negoziale per l'affidamento dei lavori. Tale infrastruttura, che realizza il
by-pass della stazione di Taranto, permetterà una riduzione dei tempi di percorrenza del traffico merci indirizzato o proveniente dalla Dorsale Adriatica. Il costo dell'intervento ammonta a circa milioni di euro 45; l'attivazione è programmata per settembre 2007.

e) Linea Taranto-Brindisi.

Nel luglio 2004 è stata attivata l'elettrificazione a 3 kV c.c., dei 68 km della linea a semplice binario Taranto-Brindisi. Sono


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in corso d'ultimazione i lavori per la realizzazione della sottostazione elettrica (SSE) di Francavilla Fontana che sarà attivata, con attrezzature mobili, entro maggio 2005 e completata entro agosto 2005. Il valore dell'investimento è di milioni di euro 15,5.

Opere in corso di progettazione.
a) Linea Pescara-Bari.

Nel gennaio 2003 è stato inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, secondo l'iter previsto dalla legge obiettivo n. 443 del 2001, il progetto preliminare del raddoppio della tratta Termoli-Lesina, che completa il raddoppio della linea Pescara-Bari. L'intervento, dell'estesa di circa 35 km, interessa il territorio pugliese nei 18 km tra Chieuti e Lesina. A seguito della richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sono state introdotte modifiche alla soluzione progettuale inizialmente presentata, per cui il progetto modificato è stato nuovamente pubblicato. L'iter approvativo del progetto preliminare è tuttora in corso. L'importo del raddoppio Chieuti-Lesina, compresa la nuova stazione di Chieuti, ammonta a circa milioni di euro 52,5; l'attivazione, che è condizionata dalle criticità sopraesposte, è programmata per agosto 2008.

b) Linea Bari-Taranto.

Con delibera del settembre 2004, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) ha approvato il progetto preliminare del raddoppio della tratta Bari Sant'Andrea-Bitetto, che completa il raddoppio dell'intera linea Bari-Taranto. È attualmente in corso la progettazione definitiva. Il costo dell'intervento ammonta a circa milioni di euro 200; l'attivazione è prevista entro aprile 2009.

Per quanto concerne la sicurezza, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. è impegnata da un intenso programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico per incrementare gli elevati standard della rete ferroviaria.
Significativo è il contributo offerto dall'installazione di sistemi a tecnologia innovativa, che controllano la marcia dei treni, attivando la frenatura d'emergenza nel caso di mancato rispetto dei segnali o dei vincoli infrastrutturali.
Il programma di sviluppo ed installazione di tali sistemi prevede la copertura di 10.500 Km di rete fondamentale con il sistema SCMT (sistema di controllo marcia treno) e la copertura dei rimanenti 5.500 Km di rete complementare con il sistema SSC (sistema di supporto alla condotta) entro il 2007.
Per lo sviluppo dei sistemi di sicurezza avanzati sulla rete ferroviaria italiana, è opportuno ricordare che l'investimento per attrezzare i programmati 10.500 Km di linea ferroviaria, ammonta globalmente a 1.724 milioni di euro, già stanziati ed in gran parte già appaltati.
A tale investimento sono da sommare ulteriori investimenti tecnologici, quali i sistemi di controllo della circolazione (SCC) e i sistemi di comunicazione via radio (GSMR) per un valore di oltre 4.000 di euro da realizzarsi entro il 2008, ed in parte già finanziato.
Gli investimenti infrastrutturali di potenziamento della rete ferroviaria presentano per circa il 10 per cento del valore caratteristiche tecnologiche finalizzate alla sicurezza dell'esercizio (Sistemi automatici di distanziamento treni in linea ed apparati di sicurezza nelle stazioni).
Sono stati effettuati investimenti per manutenzione ordinaria di circa 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004.
Sono stati effettuati investimenti per manutenzione straordinaria di oltre 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003-2004.
Altro elemento fondamentale per garantire livelli di sicurezza sempre più elevati, è quello di disporre di materiale rotabile adeguato anche alle tecnologie di terra.
Nell'ultimo decennio, sul fronte degli investimenti relativi al materiale rotabile, Trenitalia ha investito globalmente circa 8 miliardi di euro, sia per le nuove acquisizioni sia per manutenzione straordinaria.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in via Capo d'Africa nel rione Celio a Roma insiste un fabbricato denominato «ex Casa del popolo» - di proprietà della regione Lazio - che da decenni versa in condizioni di fatiscenza e pericolosità;
la regione Lazio ha finalmente predisposto gli atti per ristrutturare il fabbricato in oggetto e destinano ad usi sociali e di pubblica utilità;
il 20 settembre scorso il locale è stato occupato abusivamente;
il Prefetto di Roma - da notizie che si apprendono sulla stampa - avrebbe nei giorni scorsi firmato l'ordinanza per procedere allo sgombero;
l'esecuzione di tale ordinanza non solo consentirebbe all'impresa aggiudicataria dell'appalto di ristrutturazione di poter avviare i lavori ma eviterebbe, tra l'altro, il rischio di danno erariale pendente sulla regione nel caso in cui l'impresa medesima - nell'impossibilità di prendere possesso del cantiere - dovesse rivalersi nei confronti di quest'ultima -:
se non ritiene opportuno intervenire al fine di accelerare la procedura e così permettere che un bene - da ormai troppo tempo sottratto al pubblico godimento - possa essere restituito alla comunità dei cittadini.
(4-08305)

Risposta. - La questione relativa all'immobile sito in Via Capo d'Africa a Roma, di proprietà della regione Lazio, ritenuta dallo stesso ente in condizioni di precaria stabilità, è stata sottoposta all'esame del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che, in data 27 novembre 2003, aveva disposto la concessione della forza pubblica per lo sgombero dei locali occupati abusivamente da alcuni gruppi di giovani.
In data 7 gennaio 2004 la regione Lazio richiedeva, tuttavia, alla prefettura di Roma la sospensione del provvedimento di sgombero, in attesa dell'esito di una iniziativa condotta dalla stessa regione tesa a convincere gli occupanti ad abbandonare volontariamente l'immobile per effettuare lavori di consolidamento e messa in sicurezza del fabbricato.
Il 14 aprile 2004 l'assessore al personale, demanio, patrimonio ed informatica della regione Lazio, con una nota inviata alla citata prefettura, comunicava che i lavori di messa in sicurezza e riqualificazione dell'immobile in questione e, in particolare, della porzione occupata al piano terra, erano stati eseguiti.
Pertanto, visto il miglioramento della situazione generale dello stabile ed eliminati i problemi di pericolosità presenti all'interno dei locali, la stessa regione, proprietaria, come detto, dell'immobile, richiedeva di non procedere ulteriormente mediante interventi forzosi, anche in considerazione del fatto che erano in corso valutazioni di ordine tecnico sul possibile utilizzo delle parti di immobile, già in sicurezza, per fini istituzionali e sociali.
Anche il magistrato titolare del provvedimento, preso atto della situazione, decise, di non procedere allo sgombero forzoso dell'immobile sia per l'esistenza di lavori in corso che per la mancanza di misure antintrusione.
Si comunica, altresì, che a seguito delle decisioni assunte in data 7 giugno 2005, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, si è provveduto allo sgombero del suddetto immobile e, per gli aderenti al centro sociale «Foro 753» che occupavano l'immobile, sono in corso trattative per individuare sistemazioni alternative.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

CATANOSO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la direzione Enav di Catania, in data 29 aprile 2005, ha emanato due ordini di servizio, il nr. 009/05 ed il nr. 010/05, con oggetto: «Configurazioni Operative Massime e criteri di flessibilità degli schieramenti operativi»;


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con questi due ordini di servizio, la direzione Enav di Catania ha ridotto i controllori del traffico aereo e gli esperti di assistenza al volo (EAV) impiegati nei singoli spezzoni di turno sino a prevedere l'utilizzo di un solo controllore di volo e di un solo esperto assistente al volo;
nella sera del 1 maggio, a causa di una improvvisa indisponibilità di uno dei due EAV in turno e, sebbene fosse stato previsto un turno di reperibilità per sopperire ad impreviste e imprevedibili assenze di personale, il locale dirigente Enav aveva deciso di ridurre la configurazione operativa ad un solo EAV;
il dirigente aveva anche predisposto l'emissione di un NOTAM che non specificava l'esatta natura della causa di riduzione dei servizi, ma una molto generica e falsa «mancanza di personale di fatto» non veritiera poiché imputabile al suo ordine di servizio e non ad irreperibilità e/o indisponibilità dei lavoratori che, se comandati in servizio, avrebbero, per obbligo contrattuale, per spirito di servizio e per senso del dovere, sopperito all'assenza del collega titolare del turno, come sempre è avvenuto in passato;
tale decisione ha provocato ulteriori condizioni di stress al personale operativo già sottoposto ad attività lavorative che impongono un livello d'attenzione notevolmente elevato, ma avrebbe anche potuto provocare delle ripercussioni sulla sicurezza ed efficienza dei servizi che l'Enav è tenuta a fornire;
la perizia dell'EAV, rimasto solo ad operare e le ottime condizioni meteo della zona, che hanno consentito a quest'ultimo di non dover effettuare lunghe ed approfondite stime dei dati meteo significativi per la sicurezza del volo, hanno fatto sì che nessun inconveniente si verificasse, pur con un notevole rallentamento delle attività ed un maggior disagio dell'assistente al volo;
in virtù di quanto disposto negli ordini di servizio il solo operatore «deve» assecondare e assolvere, seppur con ritmi ridotti, a tutte le esigenze operative e, non possedendo il dono dell'ubiquità, inevitabilmente si è generato lo scadimento degli standard di sicurezza e di efficienza nella fornitura dei servizi di assistenza al volo, oltre a penalizzare la capacità aeroportuale e conseguentemente i vettori e l'utenza tutta con grave nocumento per l'economia stessa del sistema aeroportuale e dell'indotto;
il risparmio delle risorse economiche di un'azienda che ha, quale compito istituzionale e obiettivo primo la sicurezza, a giudizio dell'interrogante non può e non deve essere ricercato ed attuato trascurando gli aspetti importantissimi ed imprescindibili cui istituzionalmente l'Enav è chiamata ad assolvere;
in altri aeroporti con traffico aereo notevolmente inferiore per numero e condizioni di difficoltà operative, nell'aeroporto di Genova, per esempio, dove la stazione meteorologica è distaccata dalla sala operativa ARO e il traffico aereo è un terzo rispetto a quello di Catania, l'Enav ha predisposto 3 (tre) posizioni in H24 mentre per Catania 2 (due) H24 e 1 (una) H16;
l'Enav, con tali decisioni punitive, dimostra di perseverare nel suo disegno di collimare lo scalo di Catania ad aeroporto di terz'ordine, negandogli l'aspetto operativo d'elevato profilo che questo necessita, ciò si può evincere dal diverso trattamento riservato ad altri aeroporti ove tali ordini di servizio non hanno trovato applicazione;
l'aeroporto di Catania è una struttura di vitale importanza per lo sviluppo civile ed economico di una vastissima area territoriale, esso ha riconfermato il trend di crescita di traffico aereo e di passeggeri, affermandosi tra i primi cinque scali italiani;
a dispetto del costante e intenso aumento di traffico aereo registrato e per le condizioni dello scalo, che per i lavori di ammodernamento in corso d'opera, presenta un'intensa attività cantieristica,


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l'Enav, con le decisioni assunte, ha aggravato pericolosamente la già difficoltosa gestione della fornitura dei servizi cui d'istituto è designata ad assolvere -:
se la direzione generale dell'Enav intenda annullare i due ordini di servizio nella fattispecie per quanto attiene alle fisiologiche assenze di lavoratori (ferie, malattie, eccetera);
se sia confacente ai compiti istituzionalmente assegnati all'Enav ridurre gli standard di sicurezza per privilegiare il risparmio di risorse economiche;
se sia confacente ai compiti istituzionalmente all'Enav l'emissione di notizie, fondamentali per la navigazione aerea e programmazione dei voli (NOTAM) non esattamente, a giudizio dell'interrogante, rispondenti al vero;
se il Ministro interrogato non voglia assumere l'iniziativa di coinvolgere l'Enac, in qualità di ente regolatore del trasporto aereo italiano su quanto disposto nei due ordini di servizio dall'Enav e che hanno provocato gli eventi del 1 maggio, nell'accertamento della conformità dei due ordini di servizio alle leggi e ai regolamenti in materia di fornitura dei servizi di assistenza al volo;
se sia intenzione di Enav proseguire nei suoi atteggiamenti che appaiono all'interrogante persecutori, ingenerando nei propri dipendenti tensioni che rischiano di compromettere le delicate attività lavorative, per di più nell'approssimarsi della stagione estiva, ove si registra un considerevole aumento di traffico.
(4-14888)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile il quale fa conoscere che la legge n. 265 del 2004 ha attribuito all'Ente medesimo le competenze in ordine alla certificazione degli impianti e delle licenze del personale dell'Ente nazionale per l'assistenza al volo (Enav), ma non il potere di controllo sugli atti del citato Enav.
L'Ente nazionale per l'assistenza al volo da parte sua riferisce che è in corso la riorganizzazione di tutte le sue strutture operative, tecniche ed amministrative al fine di conseguire obiettivi di costante miglioramento sia per la sicurezza della navigazione aerea sia per la regolarità del traffico aereo.
Nell'ambito di tale processo, l'Enav ha predisposto ed in parte realizzato un consistente piano di investimenti, che ha già interessato il Centro di Assistenza al Volo di Catania, ove è stata completamente rinnovata la sala operativa della torre di controllo ed il sistema di aiuti visivi a terra (luci pista, di avvicinamento eccetera). Ciò nella consapevolezza che l'aeroporto di Catania rappresenta un bacino di traffico con potenzialità e
trend di sviluppo di notevole consistenza per il trasporto aereo commerciale, che va assecondato nelle sue dinamiche anticipando anche gli adeguamenti degli assetti infrastrutturali e di servizio, in modo da non determinare strozzature alla naturale evoluzione dei traffici.
In particolare, in linea con le considerazioni sopra esposte, l'Enav informa che, nelle recenti determinazioni che caratterizzano l'organizzazione operativa del centro di assistenza al volo di Catania, le configurazioni massime delle sale operative sono state rideterminate in aumento, come di seguito specificato:

a) Sala ARO - da due posizioni per 24 ore ed una per 12 ore, a due posizioni per 24 ore oltre ad una per 16 ore; incrementando, quindi, l'attivazione della terza posizione di 4 ore fino alle ore 23,00 di ogni giorno;

b) Sala Torre di Controllo - alle quattro posizioni, di cui due per 24 ore ed altre due, rispettivamente, per 16 ore e 12 ore, è stata aggiunta una ulteriore posizione di 12 ore durante il periodo diurno, da programmare per le esigenze del periodo estivo, che presenta maggiori volumi di traffico rispetto alla restante parte dell'anno.

L'assetto di cui sopra caratterizza nel suo complesso l'organizzazione per la gestione


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del traffico aereo di Catania, con una dimensione che è inferiore solo a quella disponibile negli aeroporti di Linate, Malpensa e Fiumicino; aeroporti dove il traffico aereo ha una consistenza numerica superiore rispetto a quella che quotidianamente opera sull'aeroporto di Catania.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

CIMA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della prostituzione sta suscitando un crescente allarme sociale ed è seguito da un dibattito articolato che presta però poca attenzione alla questione dello sfruttamento;
fonti di informazione del 9 gennaio 2001 hanno dato notizia dell'arresto di diversi appartenenti a una banda di criminali dedita allo sfruttamento della prostituzione, a conclusione dell'inchiesta sull'uccisione di una giovane lucciola nigeriana, Edith Usecese, che intendeva lasciare «il giro» e rifarsi una vita in Italia;
in Italia, come in molti altri paesi dell'Unione europea, la maggior parte delle lucciole provengono dall'Europa dell'Est, dall'Africa e dall'America latina;
organizzazioni criminali a livello internazionale fanno della prostituzione uno degli affari più redditizi a livello mondiale insieme al traffico di droga e di armi;
l'Unione europea ha affermato, in occasione della Conferenza interministeriale tenutasi all'Aja il 26 aprile 1997, il proprio impegno a massimizzare la cooperazione nella lotta contro il traffico di esseri umani e in particolare contro la tratta delle donne e ha concordato le «Linee guida europee per misure efficaci di prevenzione e lotta contro la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale»;
il Consiglio dell'Unione europea ha adottato, il 24 febbraio 1997, un'Azione comune che obbliga gli Stati membri a punire il traffico e a proteggere adeguatamente i testimoni, nonché ad assistere le vittime della tratta;
l'assemblea generale dell'Onu ha adottato numerose risoluzioni e il 12 dicembre 2000, nel corso della Conferenza Onu sul crimine transnazionale tenutasi a Palermo, è stata approvata la Convenzione sulla criminalità organizzata transnazionale assieme a tre protocolli addizionali, uno dei quali sul traffico di persone, in particolare donne e minori;
al Senato si sta discutendo il disegno di legge sulla tratta delle persone, mentre alla Camera dei deputati sarà avviato tra breve il dibattito sulla disciplina della prostituzione;
la normativa italiana punisce lo sfruttamento della prostituzione;
l'articolo 16 della legge 6 marzo 1998, n. 40 prevede speciali misure di tutela e programmi di assistenza in favore delle migranti che intendono sottrarsi alle organizzazioni criminali -:
con quali metodi si sia perseguito, negli ultimi cinque anni, lo sfruttamento della prostituzione, anche a livello locale e con quali modalità di coordinamento tra il livello nazionale e quello locale e tra le autorità e gli organismi pubblici e privati preposti;
se siano disponibili dati quantitativi e qualitativi sugli sfruttatori perseguiti ed eventualmente condannati, in particolare sulle appartenenze a organizzazioni criminali, sulla eventuale provenienza da altri paesi e sui provvedimenti di rimpatrio eventualmente adottati;
se siano disponibili dati quantitativi e qualitativi sulle donne migranti che hanno partecipato ai programmi previsti dall'articolo 16 della legge 6 marzo 1998, n. 40 e, in particolare, quante donne abbiano potuto usufruirne e con quali risultati e quante e quali siano le associazioni che partecipano all'attuazione di detti programmi;


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in quale modo i Ministri in indirizzo intendano adoperarsi affinché l'Italia ratifichi al più presto la Convenzione Onu sul crimine organizzato transnazionale e i relativi protocolli.
(4-01756)

Risposta. - Va premesso, innanzitutto, che la lotta al fenomeno della prostituzione riveste un ruolo importante nell'agenda politica dell'attuale Governo.
A conferma di tale impegno, si ricorda l'approvazione della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante «Misure contro la tratta di persone» che, da un lato, modifica le norme penali in materia, ossia gli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, inasprendo le pene nei confronti dei cosiddetti «trafficanti di esseri umani», e, dall'altro, promuove iniziative a favore delle vittime, istituendo un apposito fondo dedicato alle misure anti-tratta con il quale finanziare programmi di assistenza e di integrazione sociale.
L'applicazione di tale legge, secondo quanto riportato nel rapporto sullo stato della sicurezza per il 2004, ha portato, con riferimento al primo semestre dello scorso anno, alla denuncia di 500 persone, di cui 214 in stato di arresto.
L'iniziativa legislativa in questione adegua, tra l'altro, sostanzialmente, l'ordinamento vigente ai contenuti del protocollo addizionale relativo alla tratta di persone della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale.
Per quanto concerne, nello specifico, l'analisi del fenomeno, le azioni concrete intraprese per il perseguimento dello sfruttamento della prostituzione, la promozione di iniziative a favore delle vittime, soprattutto donne extracomunitarie, nonché i programmi di reinserimento sociale delle stesse, si rileva preliminarmente che, da un punto di vista meramente quantitativo, alla diminuzione di prostitute di nazionalità italiana fa riscontro un sensibile aumento di quelle straniere, provenienti soprattutto dai Paesi dell'Africa centrale, dell'Europa orientale, del Sud America e del Sud Est Asiatico.
Il fenomeno, che ha assunto le connotazioni di una vera e propria forma moderna di schiavitù, è gestito da organizzazioni criminali di diversa etnia.
Se nel modello albanese la forma tipica di ingaggio è quella del sequestro, anche con il ricorso alle armi ed alle minacce nei confronti di familiari della vittima, gli altri gruppi criminali, anche italiani, per il reclutamento soprattutto dall'Ucraina, dalla Russia e da altri paesi dell'ex Unione Sovietica, fanno ricorso ad una rete di agenzie turistiche e di mediazione al lavoro, attraverso le quali vengono «ingaggiate» giovani munite di visto d'ingresso per motivi turistici o di lavoro.
Altro elemento che caratterizza il
modus operandi dei gruppi criminali di etnia albanese è costituito dall'esercizio sistematico della violenza, sia come forma dì condizionamento iniziale, che come mezzo per garantirsi, attraverso un costante clima di intimidazione, l'omertà delle vittime.
Le organizzazioni nigeriane, invece, ingaggiano le loro connazionali prestando le risorse necessarie per venire in Italia, ma costringendole poi a prostituirsi per saldare il debito, entro un tempo determinato e con una esorbitante maggiorazione d'interessi. La pressione e il condizionamento per il mantenimento dell'impegno vengono esercitati, spesso, con forme di coercizione frammiste a superstizione.
Anche quando si liberano dal vincolo, quasi sempre le ragazze nigeriane proseguono nel meretricio in maniera autonoma, oppure negoziano con i vecchi protettori forme relazionali compatibili con la propria indipendenza.
Simile al precedente modello di sfruttamento sessuale è quello serbo-bosniaco: vengono contattate ragazze appartenenti alle famiglie meno abbienti dell'Europa dell'Est, e viene loro prospettata la possibilità di rapidi e consistenti guadagni alla scadenza del termine stabilito per la restituzione del debito di viaggio e delle spese di mantenimento.
Per quanto riguarda l'azione di contrasto svolta dalle Forze dell'ordine, si ricorda, in particolare, che dall'agosto del 2002, e fino al giugno 2004, in 30 province, distribuite sull'intero territorio nazionale, le Forze di Polizia hanno portato a termine 14


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operazioni di controllo straordinario del territorio denominate «Vie Libere», finalizzate al contrasto della cosiddetta criminalità diffusa, con particolare riguardo ai reati connessi allo sfruttamento dell'immigrazione e della prostituzione di matrice extracomunitaria.
Per tali reati sono state denunciate complessivamente 5.541 persone di cui 5.060 extracomunitari e arrestate 3.981 persone, di cui 3.748 extracomunitari.
Recentemente, è stata decisa la reiterazione delle Operazioni «Vie Libere», dimostratesi un'efficace forma di controllo straordinario del territorio e di repressione, tra l'altro, dei reati connessi all'immigrazione clandestina e alla prostituzione.
Valorizzando l'apporto degli appositi Nuclei - costituiti presso le Squadre Mobili delle locali Questure per la lotta alla criminalità extracomunitaria - il Servizio centrale Operativo del Dipartimento della pubblica sicurezza, ora confluito nella recentemente istituita Direzione centrale anticrimine, ha sviluppato un'ampia attività di analisi delle informazioni scaturite dalle numerose investigazioni in corso, al fine di raccordare ed indirizzare l'azione degli uffici territoriali verso quelle organizzazioni criminali di maggiore pericolosità, sia in ragione della loro ramificazione sul territorio nazionale che della loro potenzialità operativa.
Sono state, altresì, realizzate apposite riunioni, tra investigatori del predetto Servizio e Funzionari delle Squadre Mobili distrettuali e della Missione Italiana Interforze di Polizia in Albania, al fine di individuare specifiche forme di collaborazione, anche con la diretta partecipazione alle indagini di Ufficiali di collegamento albanesi.
Nella stessa prospettiva si è avuto cura, in ambito interforze, di intensificare ulteriormente lo scambio di informazioni attraverso un apposito tavolo costituito, in seno alla conferenza dei Servizi Centrali di Polizia, tra S.C.O., R.O.S. e S.C.I.C.O., ove sono stati individuati alcuni mirati programmi di indagine nei confronti delle più pericolose organizzazioni a carattere transnazionale impegnate nel settore.
All'attività d'indagine si affianca quella di prevenzione, anche con la collaborazione della Polizia Municipale, con pattugliamento dei luoghi dove più alta è la concentrazione di persone dedite alla prostituzione.
L'attività di contrasto si è avvalsa anche del contributo informativo di alcune vittime dello sfruttamento che, ai sensi dell'articolo 18 del testo unico in materia d'immigrazione, approvato con il decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, e non modificato dalla legge n. 189 del 2002, hanno potuto usufruire del rilascio dello speciale permesso di soggiorno, che consente all'extracomunitario immigrato di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare a programmi di assistenza e integrazione sociale organizzati da varie associazioni, d'intesa con i Comuni.
In applicazione del citato articolo 18, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha bandito 6 avvisi, pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale, per la presentazione di progetti in questo ambito e ne ha cofinanziati 294. Tali progetti hanno interessato l'intero territorio nazionale e hanno coinvolto circa 7.500 vittime del traffico, di cui circa 350 minori.
Si ricorda, inoltre, che la specifica Commissione interministeriale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, ai sensi dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento di attuazione del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di immigrazione), ha approvato, in base ai criteri stabiliti dal Decreto interministeriale del 23 novembre 1999, il progetto denominato «Azione di sistema».
Tale progetto, basato su una capillare campagna di sensibilizzazione realizzata in primo luogo attraverso spot televisivi e radiofonici, manifesti murali, adesivi in 10 lingue dei più importanti Paesi di origine della tratta, si è concretizzato attraverso la pubblicizzazione del progetto «Numero verde anti-tratta», strumento fondamentale


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per consentire alle vittime di entrare in contatto con coloro che validamente possono aiutarle.
L'iniziativa ha, inoltre, assicurato alle vittime della tratta, non intenzionate a restare in Italia e che non hanno voluto usufruire, in virtù del riconoscimento del loro stato di vittime, dei benefici loro accordati dalla normativa vigente, un ritorno in Patria protetto ed assistito, che ha garantito loro la prima accoglienza e un adeguato sostegno medico, psicologico e legale, il reinserimento nell'ambito familiare, nonché un aiuto economico consistente in una indennità di prima accoglienza.
Tale opportunità ha permesso ai soggetti rimpatriati, la cui quasi totalità è priva di permesso di soggiorno, di rendere manifesta la situazione sofferta di sfruttamento e di soggezione fisica e psicologica e, per la maggior parte delle vittime, di sporgere, inoltre, denuncia contro i propri sfruttatori, consentendo, in tal modo, alle Forze dell'ordine di infliggere duri colpi alle reti criminali che organizzano siffatti traffici.
In questo ambito, il Dipartimento per le libertà civili e per l'immigrazione del Ministero dell'interno ha realizzato uno specifico progetto di reinserimento socio-lavorativo nei relativi paesi di origine al quale hanno partecipato, dal 2002 al 30 giugno 2005, 220 ragazze, vittime di tratta.
Si evidenzia, al riguardo, che, pur essendo tale percorso di reinserimento lungo, difficile e spesso non privo di rischi non si sono verificati casi di vittime ricadute nel circuito delle reti criminali.
Va, altresì, ricordato che al progetto collabora l'OIM - l'Organizzazione internazionale per le migrazioni - sulla base dei finanziamenti previsti dal citato articolo 18 del Testo unico in materia di immigrazione, avvalendosi, nei Paesi d'origine, sia di proprie strutture (cosiddetto Focal point), lì esistenti, sia con l'ausilio delle organizzazioni di volontariato che operano in tale settore.
Si comunica, infine, che nel medesimo ambito è stata avviata a partire dal dicembre 2002, un'ulteriore iniziativa denominata Progetto Tratta. L'intervento, finanziato in base alla legge n. 212 del 1992 («Collaborazione con i Paesi dell'Europa Centrale ed orientale»), ha interessato l'Albania, la Romania, la Moldavia e l'Ucraina - paesi particolarmente interessati dal fenomeno - e ha consentito di attuare una serie di iniziative di formazione per i funzionari e gli operatori dei servizi (Rappresentanze diplomatiche, Enti locali, Associazioni) dei Paesi oggetto della sperimentazione nonché di informazione alle vittime ed alle potenziali vittime, sul fenomeno della tratta di esseri umani.
Sul piano delle iniziative di carattere comunitario, si ricorda, altresì, che il traffico di esseri umani è combattuto tramite due progetti della Commissione Europea: il programma «STOP» e il programma «DAPHNE».
Il primo ha favorito la presa di coscienza del problema all'interno dell'Unione e ha incoraggiato la cooperazione tra i Paesi membri in questo ambito, aiutando a capire che il problema della tratta può essere fronteggiato meglio a livello europeo piuttosto che a livello di singolo Stato membro, grazie allo scambio di esperienze e alle economie di scala promosse.
Il secondo ha ampliato il raggio di azione di STOP ai Paesi in adesione e ha allargato l'ambito della lotta agli abusi contro la donna, alla violenza nei confronti di bambini/e e ragazzi/e.
Anche l'iniziativa comunitaria «EQUAL», finanziata dal Fondo sociale europeo, ha tra i suoi obiettivi la lotta alle discriminazioni e alle disparità sociali. Tra le priorità dell'iniziativa figura, infatti, l'integrazione socio-professionale dei richiedenti asilo, in particolare di coloro che beneficiano di un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di «protezione sociale».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

CIMA, ZANELLA e BOATO. - Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 31 maggio 2002, su segnalazione della polizia stradale, il servizio veterinario Asl di Bolzano blocca un camion


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contenente un carico di 56 cuccioli di beagle provenienti dall'allevamento «Morini» di San Polo d'Enza (Reggio Emilia), uno dei quattro che in Italia allevano cani ad uso sperimentale, e destinati ad un laboratorio di Amburgo in Germania;
la ditta viene sanzionata con circa 2000 euro per violazione del decreto legislativo n. 532 del 1992 sulla protezione degli animali durante il trasporto e gli viene anche contestata l'assenza di certificazione del veterinario Asl del luogo di partenza e l'attribuzione d'età dei cuccioli probabilmente dovuta alla necessità di aggirare la norma sulle vaccinazioni obbligatorie;
il caso diventa di interesse nazionale e lo sdegno per l'atroce fine dei cuccioli porta ad una mobilitazione popolare per la loro adozione di cui si occupano numerosi mass media, tanto da costringere il comune di San Polo d'Enza a cambiare la destinazione d'uso dell'area dell'allevamento «Morini»;
il consiglio regionale dell'Emilia Romagna, su iniziativa dei consiglieri Guerra dei Verdi e Nervegna di Forza Italia, oltre che in seguito della Giunta, approva all'unanimità la Legge regionale n. 20 del 1 agosto 2002 «Norme contro la vivisezione» (la prima in Italia), che dal giorno successivo vieta l'allevamento ed uso dei cani e gatti per la sperimentazione, oltre all'utilizzo didattico (con eccezioni) di tutti gli animali;
successivamente all'entrata in vigore il Corpo forestale dello Stato scopre che l'allevamento «Morini» ha fornito 112 cani a tre privati che lavorano presso le industrie farmaceutiche Wyeth Lederle, Menarini e Rtc di Pomezia (Roma) e Catania; la Rtc ha restituito i cani acquistati riconoscendo così la piena validità della normativa;
nel frattempo il comune di San Polo nella figura del suo sindaco non revoca la propria autorizzazione rilasciata in base all'articolo 10 del decreto legislativo n. 116 del 1992 sull'allevamento per la sperimentazione, nonostante il Comitato regionale di controllo, sollecitato anche dal difensore civico regionale, pensa ad un commissariamento del sindaco, e la Giunta regionale emana una circolare applicativa della legge che ribadisce la piena legittimità della normativa;
nella seduta n. 70 del 20 settembre il Consiglio dei ministri decide, su proposta del Ministro per gli affari regionali di presentare ricorso alla Corte costituzionale contro la legge dell'Emilia Romagna dichiarando che la sua operatività supera nel suo complesso i limiti posti alla legislazione regionale interferendo in materia di competenza statale; in particolare l'applicazione dell'articolo 2, vietando l'allevamento, l'utilizzo e la cessione di cani e gatti a fini sperimentali e didattici, si pone in contrasto con il decreto legislativo n. 116 del 1992, che recepisce la direttiva n. 86/609/CEE, determinando quindi una violazione della normativa comunitaria in materia;
la legge regionale si è impegnata a diffondere metodologie sperimentali innovative, che non fanno ricorso all'uso di animali vivi, realizzando per questo appositi accordi con Università ed Istituti scientifici, e affinchè il sostegno alla diffusione di queste metodologie alternative si attui, la legge contiene anche una norma finanziaria che permetterà l'istituzione di borse di studio per tesi di laurea o il finanziamento della ricerca a questo scopo;
ad oggi non vi è praticamente alcun test sperimentale su animali che sia stato validato, e la validazione è il processo che stabilisce l'affidabilità e la rilevanza di un metodo; l'affidabilità consiste nella riproducibilità dei risultati nello stesso laboratorio e tra laboratori diversi, e la rilevanza è la misura dell'utilità e della significatività del metodo per un certo scopo; ed è naturale che nessun test sia stato validato, visto che la correlazione dei risultati ottenuti con la sperimentazione sugli animali e quelli ottenuti sull'uomo è molto bassa, spesso statisticamente irrilevante;
il Ministro per gli affari regionali in risposta alle proteste per l'impugnazione


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afferma che il Governo non è contrario nella sostanza e nel merito alla legge dell'Emilia Romagna, e si dichiara d'accordo su obiettivi e finalità, precisando che la sua proposta di ricorso alla Corte Costituzionale è stata fatta solo per una questione di forma in contrasto con le direttive comunitarie;
sono da registrare presentazioni di analoghe proposte di legge in altre regioni come in Liguria, nel Lazio e in Lombardia -:
se il Governo intenda dar seguito alla positiva posizione pubblica già espressa, con la predisposizione di iniziative volte a recepire le importanti indicazioni contenute nella legge regionale dell'Emilia Romagna approvata con un'ampia maggioranza da tutti gli schieramenti politici.
(4-04346)

Risposta. - Il Consiglio dei ministri, nella seduta n. 70 del 20 settembre 2002, ha deliberato di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge della regione Emilia-Romagna n. 20 del 1o agosto 2002, recante «Norme contro la vivisezione» censurando, in particolare, le disposizioni di cui all'articolo 2.
Successivamente, la stessa regione ha emanato la legge n. 13 del 10 luglio 2003, recante parziali modifiche correttive della legge regionale 1o agosto 2002, n. 20, prevedendo in sostanza la possibilità di praticare attività finalizzate alla ricerca scientifica, nei casi e nei modi da autorizzarsi preventivamente.
La stessa legge regionale ha previsto inoltre l'istituzione da parte delle Università aventi sede nel territorio della regione dei «Comitati etici per la sperimentazione animale», disciplinati previa intesa con i Rettori delle Università, nonché i casi di deroga al divieto di vivisezione per scopo didattico, senza che sia necessaria una ulteriore espressa autorizzazione regionale.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla originaria impugnativa del Governo, nella sentenza n. 166 del 7 giugno 2004, pur prendendo atto dei nuovi contenuti introdotti in materia dalla legge regionale n. 13/2003, ha ritenuto non sufficienti tali modifiche ed ha dichiarato la illegittimità costituzionale del citato articolo 2 della legge della regione Emilia-Romagna n. 20 del 1o agosto 2002.
La Corte in accoglimento delle censure governative ha affermato che la protezione e la tutela degli animali impiegati a fini scientifici e sperimentali deve essere inquadrata nella materia della ricerca scientifica, che rientra nel quadro della potestà legislativa concorrente prevista dall'articolo 117 della Costituzione, ed in relazione alla quale lo Stato deve fissare i principi fondamentali, che le regioni devono tenere in debito conto per l'esercizio legittimo della loro funzione legislativa. Tali principi devono rinvenirsi, nel concreto, nelle norme del decreto legislativo n. 116 del 2002, emanato in attuazione della direttiva CEE n. 609/1986, che esprimono un punto di equilibrio tra le problematiche della sperimentazione sugli animali e della loro tutela, e le necessità di sviluppo della ricerca scientifica.
Di qui l'impossibilità per il legislatore regionale di modificare sostanzialmente detti principi - come nel caso della norma dichiarata incostituzionale - attraverso ad esempio una ulteriore riduzione della libertà di ricerca scientifica, ovvero una compressione dell'attuale livello di tutela degli animali sottoponibili a sperimentazione.
Si deve ricordare, infine, che è all'esame del Parlamento la proposta di legge n. 5442 dell'onorevole Giulio Schmidt, che prevede una revisione della complessa materia.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

CIMA e ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dall'associazione «A Sud» in data 25 febbraio 2005, Luis Eduardo Guerra, leader e fondatore della comunità di San José de Apartado e grande difensore dei diritti umani, e la sua famiglia sono stati sequestrati il 21 febbraio scorso vicino al fiume


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Mulatos, in Colombia, dalla Brigata XVII dell'esercito e portati nella località La Resbolosa presso la casa di Alfonso Bolivar;
secondo la testimonianza del fratellastro di Eduardo Guerra, unica persona del gruppo riuscita a sottrarsi alla retata, l'esercito avrebbe massacrato l'intera famiglia, Luis Eduardo Guerra, 35 anni, la sua compagna Bellanira Areiza Guzman di 27 anni, suo figlio Deiner Andres di 11 anni, Alfonso Bolivar Tuberquia di 30 anni, la sua compagna Sandra Milena Munuz di 24 anni ed i suoi figli Santiago di 2 anni e Natalia di 6 anni;
i loro corpi martoriati sarebbero stati ritrovati in una fossa comune, il 22 febbraio 2005, nei pressi della casa di Alfonso Bolivar;
nel corso di una conferenza stampa di denuncia, l'attivista Gloria Curtas, insignita nel 1996 dall'Unesco del riconoscimento di «Donna per la pace», ex sindaco di Apartado, ha dichiarato che il massacro dei sette civili della comunità di pace di San José de Apartado è stato compiuto dal battaglione 33 della XVII brigata dell'esercito colombiano, di stanza a Carepa nella regione bananiera di Aruba;
ammontano ormai a 100 gli omicidi nella sola comunità di pace di San José de Apartado ma incalcolabili sono le esecuzioni di membri delle altre comunità indigene, afrocolombiane e di tutti coloro che si oppongono alla politica dell'attuale presidente colombiano Alvaro Uribe. Per nessuna di queste vittime, è mai stato trovato un colpevole;
il 23 febbraio 2002 Ingrid Betancourt, ex deputata, ex senatrice e candidata alle elezioni presidenziali colombiane del maggio 2002 con il partito dei Verdi «Ossigeno» e la sua collaboratrice Clara Rojas, sono state rapite dalle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc);
secondo la Fondazione Nueva Esperanza, 5.331 colombiani (tra i quali molti parlamentari) si trovano attualmente sotto sequestro ad opera della guerriglia, dei paramilitari di destra o della delinquenza comune;
prima di dare avvio a qualsiasi trattativa con il Governo e lì raggiungere un accordo in totale sicurezza, le Farc esigono il ritiro della forza armata pubblica da due comuni della regione di Cali;
i guerriglieri propongono, ipotesi respinta dal Presidente Alvaro Uribe, il baratto degli ostaggi civili con i circa 500 appartenenti alle Farc rinchiusi nelle prigioni di Stato;
il Capo dello Stato colombiano, al potere dall'agosto 2002, ha infatti posto fine ai tentativi di dialogo avviati dai suoi predecessori, preferendo una posizione ferma nei confronti della guerriglia e modificando il Piano Colombia, finanziato dagli Stati Uniti, così da poterlo utilizzare anche contro le Farc e l'Esercito di Liberazione Nazionale (Eln);
Washington e Bogotà recentemente hanno avviato un nuovo specifico progetto, il Piano patriottico, che prevede l'investimento di centinaia di milioni di dollari e l'utilizzo di 15.000 uomini allo scopo di far abbandonare i santuari dai guerriglieri (azione riuscita in alcuni centri urbani ma non nella selva, ben conosciuta dai guerriglieri);
Juan Carlos Lecompte, marito di Ingrid Betancourt assieme alla madre, Yolanda Pulecio, in occasione del terzo anniversario del rapimento, hanno chiesto con decisione che si arrivi ad un accordo umanitario, denunciando come l'assenza di compromessi nella politica del Presidente Uribe possa risultare valida nei confronti delle Farc, ma non verso i paramilitari di destra ed i narcotrafficanti;
il Sottosegretario per gli affari esteri, senatore Giampaolo Bettamio, durante la Conferenza Internazionale di Coordinamento e Cooperazione per la Colombia, svoltasi a Cartagena de Las Indias il 2 e 3 febbraio 2005, ha confermato gli impegni assunti dal Governo italiano in favore della Colombia, tanto sul piano bilaterale


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quanto attraverso il contributo finanziario ai programmi delle organizzazioni internazionali, sottolineando come la cooperazione italiana sia principalmente interessata alla realizzazione di progetti a sostegno della pace ed a favore dei processi di democratizzazione -:
se il Governo sia a conoscenza del sanguinoso fatto di cui si è riferito in premessa;
come intenda agire, in sede diplomatica, affinché sia fatta piena luce sull'assassinio dei sette membri della comunità di pace di San Jose de Apartado in Colombia ed affinché, in futuro, le popolazioni pacifiste colombiane siano protette dalle istituzioni locali;
se abbia ulteriori aggiornamenti riguardanti il rapimento di Ingrid Betancourt;
quali iniziative il Governo intenda adottare, affinché l'Italia, che vanta ottimi rapporti di amicizia e collaborazione con la Colombia, possa dare un contributo attivo per l'avvio, quanto prima, di un processo di pacificazione e democratizzazione del paese andino;
quali progetti di cooperazione italiani siano in corso per la Colombia e quali siano in programmazione per i prossimi anni.
(4-13526)

Risposta. - Per cercare di avere un quadro il più possibile chiaro dei sanguinosi eventi occorsi il 22 febbraio scorso a San Josè de Apartadò - dove otto persone, tra cui quattro minori, sono stati massacrati, - gli Ambasciatori UE accreditati a Bogotà, e tra essi, naturalmente, l'Ambasciatore d'Italia - hanno avuto, pochi giorni dopo i fatti, un incontro con il Vicepresidente della Repubblica Santos, il Viceministro della Difesa Andrés Peñate e alcuni ex membri del Fronte V delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC), presente nella regione.
Nel corso dell'incontro, sia il Vicepresidente Santos che il Viceministro della Difesa hanno ribadito la completa estraneità delle Forze Armate a quanto accaduto. L'obbligo che ogni pattuglia dell'Esercito ha di registrare e segnalare i propri movimenti avrebbe permesso infatti di confermare che il personale militare più vicino era a circa 6 km dal luogo dell'accaduto, il che, considerati i tempi di marcia nella selva, equivale a circa due giorni. Il Vicepresidente Santos ha, nell'occasione, reiterato la ferma volontà del Governo di fare quanto possibile affinché tutto si chiarisca al più presto, e affinché la giustizia faccia piena luce sugli eventi e individui i responsabili. Quanto accaduto, a suo giudizio, si tradurrebbe solo in un vantaggio per le FARC e in un grave danno per lo Stato colombiano che si vede accusato di colpe che non ha commesso.
Anche gli ex appartenenti alle FARC presenti all'incontro - cui erano stati invitati dal Vicepresidente e dal Viceministro della Difesa - hanno fornito versioni che attribuiscono le responsabilità del massacro a membri del gruppo V delle FARC.
Malgrado le versioni fornite durante la lunga riunione, tutte tese ad attribuire alle FARC la paternità dei fatti, occorre precisare che molti aspetti rimangono ancora da chiarire, in particolare le circostanze che hanno reso possibile gli eventi.
La autoproclamata comunità di pace di San Josè di Apartadò, - creata nel 1997 e sostenuta in Italia, oltre che da numerose organizzazioni non governative, anche dal comune di Narni e dalla provincia di Terni - ha avuto una vita estremamente travagliata. Dalla sua creazione, più di 130 membri sono stati uccisi e la zona in cui si trova, per la sua ubicazione strategica di unico passaggio verso la cordigliera, è da più di venti anni teatro di sanguinosi scontri e di massacri che vedono coinvolti gruppi guerriglieri (FARC, EPL, ELN), Esercito e paramilitari.
Nel quadro di confusione e di polemiche che il massacro di San Josè di Apartadò ha determinato, l'unica conferma che purtroppo, fino ad ora, se ne può trarre, è la persistente incapacità dell'Esercito colombiano, malgrado quasi tre anni di politica di sicurezza democratica del Governo Uribe, di riprendere il pieno controllo non solo dei santuari della guerriglia nelle zone più impervie, ma anche di un piccolo villaggio


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nel quale la popolazione rifiuta qualsiasi presenza dell'autorità statale e che rimane, per la stessa Colombia, fonte continua di feroci polemiche interne e di gravi accuse da parte della comunità internazionale.
Sul principio della «neutralità» delle «comunità di pace» - quella di San Josè di Apartadò non è, infatti, unica nel suo genere - si è comunque immediatamente aperto in Colombia un aspro dibattito interno. Il Ministro della difesa ha in effetti dichiarato che le comunità «non possono continuare ad esistere senza la presenza dello Stato». Ma sarà difficile, dopo anni di completa assenza dello Stato e di totale incapacità delle istituzioni di proteggerle, ottenere che le comunità di pace rinuncino alla loro autonomia e alle complesse forme di autodifesa di cui si sono dotate.
In relazione al rapimento di Ingrid Betancourt (avvenuto il 23 febbraio 2002), eletta alla Casa dei Rappresentanti nel 1994, poi al Senato nel 1998 e candidata alle Presidenza nelle elezioni del maggio 2002, questo ministero non dispone di aggiornati elementi conoscitivi oltre a quelli noti attraverso i mezzi di comunicazione.
Per quanto riguarda il quarto punto, l'Italia utilizza tutti i canali disponibili per stimolare il Governo colombiano a proseguire con sempre maggior determinazione nel processo di pacificazione del Paese. In sede UE, il Gruppo di lavoro del Consiglio sull'America Latina, nella riunione dell'8 marzo a Bruxelles, ha chiesto ai Capi Missione a Bogotà di continuare ad attirare l'attenzione delle Autorità colombiane sulla necessità di individuare i colpevoli del massacro e di consegnarli alla giustizia. Gli ultimi avvenimenti di San Josè sono stati al centro, come si è detto, del colloquio avvenuto a Bogotà tra la Troika e lo stesso Vice Presidente Santos. La situazione in Colombia è stata esaminata anche nel corso di una recente riunione del Gruppo di Lavoro America Latina (COLAT).
In occasione della 61a sessione della Commissione Diritti Umani di Ginevra, che ha avuto termine il 22 aprile 2005, la Presidenza lussemburghese è intervenuta in due occasioni a nome dell'Unione Europea sulla situazione dei diritti umani in Colombia. Nella prima, nel discorso generale sullo stato dei diritti umani nel mondo, la Presidenza ha espresso preoccupazione riguardo alla precaria situazione che devono affrontare i difensori dei diritti umani nel Paese ed ha ribadito la necessità di accordare loro la massima protezione da parte della comunità internazionale. In un secondo intervento specifico sulla Colombia, la Presidenza lussemburghese ha auspicato che il Governo colombiano adotti tutte le misure volte a fare cessare le violazioni gravi e persistenti dei diritti umani ed assicurare che i diritti delle vittime siano rispettati e garantiti. Ha condannato inoltre le violazioni compiute a danno della popolazione civile, delle comunità autoctone ed afro-colombiane, delle donne e dei fanciulli, maggiormente pregiudicati dal conflitto civile in corso nel Paese.
Eguale condanna è stata espressa dalla Presidenza anche sulla brutale uccisione degli otto membri della comunità di pace di San Josè de Apartadò, ricordando l'importanza che l'Unione Europea annette al regolare svolgimento dell'inchiesta attualmente in corso sui fatti accaduti lo scorso 22 febbraio e chiedendo che le autorità colombiane adottino le misure necessarie ad assicurare la sicurezza dei testimoni, delle famiglie delle vittime e di tutti i membri della comunità di San Josè de Apartadò.
In ambito politico bilaterale, il meccanismo di consultazioni italo-colombiane, costituisce il quadro di riferimento per una politica di attenzione e sensibilizzazione costante, confermata in occasione del recente incontro alla Farnesina tra lo scrivente Sottosegretario di Stato e il proprio omologo colombiano, Camillo Reyes (20 maggio 2005).
La Colombia è poi destinataria di importanti iniziative di cooperazione allo sviluppo da parte dell'Italia. Tra queste si segnala, in particolare, un programma in fase di prossimo avvio da realizzarsi attraverso l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), per il sostegno delle politiche nazionali in favore dell'infanzia, in particolare degli ex-bambini soldato, finanziato con un contributo della DGCS pari a circa 1,5 milioni di euro.


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Nel 2004 sono stati inoltre concessi finanziamenti all'UNODC (500.000 USD) per l'iniziativa denominata «Alternative Deveiopment» in Meta e all'UNICRI (258.500 Euro) per un'iniziativa regionale (Perù-Colombia-Ecuador-Bolivia) per «L'assistenza nel settore della lotta contro la corruzione ed il traffico di droga: corso di formazione per magistrati e pubblici ministeri».
Sul canale dell'emergenza, è in corso un programma multisettoriale a favore della popolazione infantile, del valore di 1 milione di euro, alla cui realizzazione concorrono le ONG «MOVIMONDO», «PRODOCS», «CISP», «COOPI» e «RC».
Le ONG «ARCS», «CISP», «Ricerca e Cooperazione», «COOPI», «COE» (Centro Orientamento Educativo) e «CISV» sono inoltre attive, con propri programmi cofinanziati dalla Cooperazione Italiana, per un importo complessivo di 5,4 milioni di euro. Il COOPI, in particolare, ha ricevuto un contributo di 1,1 milioni di euro per l'istituzione ed il rafforzamento della Scuola di Specializzazione Latinoamericana in Cooperazione allo Sviluppo, presso l'Università San Buenaventura di Cartagena, in collaborazione con l'Università di Pavia; un finanziamento dello stesso ammontare è stato concesso al COE per la realizzazione del programma «Sviluppo rurale, sanità di base attraverso l'uso di risorse locali in quattro comunità
desplazadas della Colombia».
È infine allo studio la concessione di una linea di credito a favore delle PMI per un importo di 15 milioni di euro. Fino ad ora l'interesse espresso da parte colombiana verso tale iniziativa non è stato peraltro particolarmente elevato, sia per la riluttanza del governo ad indebitarsi ulteriormente (anche se a tassi di concessionalità particolarmente vantaggiosi), sia per la difficoltà di individuare un organismo bancario locale pubblico o con garanzia sovrana da parte dello Stato colombiano rispondente agli standard previsti dalla normativa italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Giampaolo Bettamio.

CIMA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Centro d'informazione Buddista di Giaveno (Torino), associato all'Unione Buddista Italiana (UBI) - Ente Religioso riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica 3 gennaio 1991 e Membro dell'European Buddhist Union (UNE) NGO-C riconosciuta dall'Unesco, sono diversi anni che tenta inutilmente di farsi rilasciare dall'Ambasciata Italiana a Dhaka in Bangladesh, il visto per il monaco buddista Ven. Shilananda ther, Presidente del Roazana Bimalanda Vihar (passaporto n. W 0737051);
l'ultima richiesta di visto in ordine di tempo all'inizio del 2004, è stata rifiutata ed inopportuna per motivi economici;
per ovviare a questa mancanza i monaci hanno successivamente aperto un conto bancario in modo che tale motivazione non sia causa di un ulteriore rifiuto di visto;
scopo del soggiorno in Italia del Ven. Shilananda è quello di incontrare alcune Comunità Buddiste italiane e partecipare ad una serie di incontri interreligiosi con comunità monastiche benedettine;
tali centri buddisti gli garantiranno comunque l'ospitalità e l'assistenza e quanto altro di cui avrà bisogno nel suo soggiorno in Italia -:
se il Governo sia a conoscenza di quali siano i reali motivi del diniego a rilasciare il visto per l'Italia al Ven. Shilananda ther.
(4-13587)

Risposta. - In relazione alla questione sollevata dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, si fa presente quanto segue, sulla base degli elementi fatti pervenire dall'Ambasciata d'Italia in Dhaka.
Non risulta che al monaco buddista Shilananda Ther siano stati rifiutati visti di ingresso.
Il monaco si è infatti presentato in Ambasciata il 29 marzo 2005 per richiedere il visto d'ingresso, ma poiché non disponeva


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della lettera di invito, gli è stato chiesto di ripresentarsi con la lettera.
Il 21 aprile 2005 il monaco è tornato in Ambasciata con una lettera di invito (datata 10 gennaio 2005, ma mai pervenuta prima alla stessa Sede). L'Ambasciata ha pertanto provveduto ad accogliere la richiesta di visto inserendo i relativi dati nel programma della Rete Mondiale Visti, che ha autorizzato lo stesso giorno il rilascio del visto.
Si precisa infine che il monaco, per sua stessa ammissione, non si è mai presentato in Ambasciata prima del 29 marzo 2005.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

GIULIO CONTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
recentemente è stato ucciso in Iraq il giornalista Enzo Baldoni in circostanze ancora da chiarire;
secondo quanto sostiene il padre del defunto, che vive a Visso (Comune delle Marche, in Provincia di Macerata), il corpo o comunque i resti umani del figlio Enzo non sarebbero ancora stati riconsegnati alla famiglia, nonostante le assicurazioni dell'unità di Crisi della Farnesina e sembrerebbe pure del dottor Scelli, Commissario Straordinario della Croce rossa italiana, e pertanto non si conoscono i risultati di un eventuale esame sul Dna della vittima;
fino ad ora sarebbero stati riconsegnati solamente effetti personali rimasti nell'auto che trasportava il Baldoni nel momento del sequestro quali: un diario, un blocco per gli appunti, un computer portatile;
le prove sulla tragica morte di Enzo Baldoni in alcune foto tratte da un video della TV Al Jazeera, filmato che, tra l'altro, la medesima TV araba non proiettò per la crudeltà della scena dell'esecuzione -:
quali iniziative siano state poste in essere dal Governo in merito al ritrovamento del corpo di Enzo Baldoni e quali si intendano porre in essere affinché esso sia riconsegnato alla famiglia per onorarne la memoria attraverso lo svolgimento di doverose esequie e una degna sepoltura.
(4-13235)

Risposta. - Il ministero interrogato appena appresa la notizia dell'uccisione del giornalista Enzo Baldoni, lo scorso agosto, ha preso immediatamente contatto per il tramite dell'Ambasciata d'Italia con le competenti autorità irachene (ministero degli esteri, ministero dell'interno, forze di polizia, eccetera) e con i rappresentanti della società civile al fine di ottenere il massimo impegno per la restituzione del corpo.
In questo contesto la nostra ambasciata ha coinvolto personalità del mondo governativo a livello apicale, allargando altresì i contatti con qualificati esponenti iracheni quali influenti capi tribali e autorità religiose sannite e sciite.
Tutti gli interlocutori hanno assicurato di adoperarsi per il recupero della salma e di intraprendere ogni utile azione a tal fine, con la discrezione e la cautele imposte dalle obiettive condizioni di sicurezza del Paese.
Il ministero interrogato non ha mai smesso di sollecitare le autorità irachene ad ulteriori interventi volti a non lasciare intentata qualsiasi iniziativa che possa portare al recupero della salma e sollecita la nostra ambasciata a rinnovare in ogni possibile contesto gli appelli per la restituzione del corpo.
L'azione del ministero interrogato naturalmente proseguirà senza interruzione e con il consueto impegno fino al conseguimento dell'auspicato esito della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

MAURA COSSUTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che un tratto della linea ferroviaria lenta Roma - Firenze,


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della lunghezza di 21 chilometri e compreso tra le stazioni di Allerona (Provincia di Terni) e Città della Pieve (Provincia di Perugia) sarebbe sprovvisto del sistema di sicurezza SCMT che blocca i convogli in caso di pericolo;
l'assenza del suddetto sistema riconduce la sicurezza del trasporto ferroviario in quella tratta alla sola attenzione del personale di macchina, ponendo grandi e gravi responsabilità sulle spalle dei lavoratori ed esponendo l'utenza, per lo più costituita da studenti e lavoratori pendolari, ad una grave riduzione della sicurezza -:
quali provvedimenti ritenga opportuno adottare presso Trenitalia affinché si provveda quanto prima ad installare nella tratta Allerona - Città della Pieve della linea ferroviaria lenta Roma - Firenze il sistema di sicurezza SCMT al fine di migliorare quanto prima la sicurezza del trasporto ferroviario e quindi tutelare la responsabilità del personale di bordo dei convogli e l'incolumità dell'utenza.
(4-12497)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha precisato che gli oltre 16.000 chilometri di rete ferroviaria del nostro Paese, pur con le caratteristiche infrastrutturali e tecnologiche diverse sono tutti attrezzati con sistemi di sicurezza adeguati sia alle caratteristiche di traffico sia alle massime velocità che i treni possono raggiungere. Ciò significa che non esistono linee meno sicure di altre ma linee differentemente attrezzate in relazione ai flussi di traffico alla velocità ed alla frequenza dei treni.
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. sta lavorando per incrementare i già elevati
standard di sicurezza della rete con l'installazione di sistemi a tecnologia innovativa che controllano la marcia dei treni attivando la frenatura di emergenza nel caso di mancato rispetto dei segnali da parte del treno o dei vincoli infrastrutturali.
A tal proposito il programma di sviluppo ed installazione di tali sistemi prevede la copertura di 10.500 km di rete fondamentale con il sistema controllo marcia treno e la copertura dei rimanenti 5.500 km di rete complementare con il sistema supporto alla condotta.
Il sistema controllo marcia treno il cui sviluppo e stato avviato agli inizi del 2000 attiva in modo automatico la frenatura di emergenza quando riscontra un mancato rispetto dei segnali da parte del treno ovvero con supero della velocità rispetto ai limiti imposti dal segnalamento o dai vincoli infrastrutturali e/o da quelli del materiale rotabile. Ad oggi il sistema controllo marcia treno è stato installato su circa 3.000 chilometri di linea ed il programma prevede un piano di installazione di 3.000 chilometri l'anno.
Il sistema supporto alla condotta di più rapida installazione sia a terra sia a bordo attiva automaticamente le frenatura di emergenza del treno nell'eventualità che non venga correttamente riconosciuto da parte del personale di condotta tramite azionamento di apposita interfaccia (tasto) l'aspetto dei segnali cui il treno si approssima e comunque nel caso di supero di un segnale a via impedita. L'avvio delle installazioni è previsto a partire dalla seconda metà del corrente anno e si prevede il completamento della copertura sui 5.500 km entro il 2007.
Per quanto attiene più specificatamente alla tratta Allerona-Città della Pieve menzionata nell'atto ispettivo, Ferrovie dello Stato ha fatto presente che la realizzazione e l'attivazione del sistema controllo marcia treno nella medesima è programmata per il mese di settembre 2005.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

CUSUMANO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il prezzo del gasolio è aumentato di circa 40 centesimi al chilo negli ultimi 30 giorni e, secondo gli armatori di Sciacca, la situazione è diventata ormai insostenibile;


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la situazione è molto grave e sta montando una protesta che non riguarda solo Sciacca, ma tutto il compartimento marittimo di Porto Empedocle;
l'attività è ripresa dopo 30 giorni di fermo biologico e gli armatori con il ricavato della vendita del pesce sono riusciti appena a coprire le spese;
in questa condizione bloccare i natanti è quasi inevitabile;
aumentano i costi e il prezzo del pesce diminuisce;
Sciacca è in contatto con altre marinerie e dalla sede della cooperativa Madonna del Soccorso si apprende che armatori di Lampedusa avrebbero già deciso di bloccare i loro natanti. Lì il prezzo del gasolio è ancora più alto per le spese di trasporto -:
quali iniziative si intendano adottare in relazione all'aumento del prezzo del gasolio.
(4-11446)

Risposta. - Si premette innanzitutto che, con delibera C.I.P.E., il mercato dei prodotti petroliferi è stato liberalizzato sin dal 30 settembre 1993 e che, allo stato attuale, esso opera in regime di libero mercato.
Se infatti è vero, da un lato, che la componente tributaria, costituita da accisa e IVA, nonché per la benzina anche dall'imposta regionale ove istituita, concorre alla formazione del prezzo insieme al costo industriale, dall'altro occorre tener conto che il prezzo dei carburanti non è più, come in passato, un prezzo amministrato, bensì autonomamente determinato dalle compagnie petrolifere.
Peraltro, nel caso di specie, l'interrogazione verte sul prezzo del gasolio impiegato per la navigazione dalle imbarcazioni da pesca, prezzo nel quale non è compresa l'accisa in quanto tale impiego gode, ai sensi del punto 3 della tabella A allegata al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dell'esenzione dalla medesima, risultando quindi impossibile un intervento sul predetto tributo.
Il punto 3 della tabella A del decreto sopra citato, infatti, stabilisce l'esenzione per «impieghi come carburanti per la navigazione delle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto, e impieghi come carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti».
Tanto premesso si evidenzia che il prezzo di vendita del prodotto in esame è fissato liberamente dalle compagnie petrolifere.
Il Governo ed in particolare il ministero delle Attività Produttive, tenuto conto anche delle preoccupazioni del mondo economico e dell'opinione pubblica in generale, vigilano costantemente e con particolare attenzione sia sul mercato dei prodotti petroliferi, soprattutto nell'attuale congiuntura, che negli ultimi mesi ha registrato una pesante tensione delle quotazioni internazionali, sia sull'impatto dei prezzi dei carburanti nei processi inflattivi.
Il ministero delle attività produttive, per quanto concerne i profili di competenza, svolge una costante azione di monitoraggio sui prezzi dei prodotti petroliferi, che vengono giornalmente pubblicati sul sito
web del ministero, con l'obiettivo, da un lato, di rendere trasparenti le componenti del prezzo dei prodotti petroliferi e, dall'altro, di fornire una informazione più completa e corretta possibile a beneficio dei cittadini/consumatori. Si provvede, in particolare, alla verifica dell'andamento del prezzo dei carburanti sia nel confronto con gli altri paesi europei, sia in relazione ai cambi valutari ed al costo del greggio, attraverso la raccolta e la diffusione dei dati, a livello nazionale ed internazionale, maggiormente rilevanti per una analisi puntuale del mercato petrolifero.
L'attività di cui sopra viene svolta secondo le indicazioni pervenute dalla «Cabina di monitoraggio e di valutazione del mercato petrolifero», istituita con decreto ministeriale 16 febbraio 2000, che prevede la partecipazione dei diversi soggetti interessati, quali il ministero delle attività produttive, l'Autorità per l'Energia elettrica ed


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il Gas, l'ISTAT, l'Unione Petrolifera, le associazioni dei gestori e quelle dei consumatori, e che ha il compito di analizzare l'andamento e la struttura del mercato petrolifero nazionale ed internazionale.
In particolare, occorre precisare che il mercato petrolifero internazionale ha fatto registrare, nel corso dell'anno 2004, forti incrementi di prezzo: le quotazioni del greggio brent hanno subito un aumento del 20,2 per cento rispetto all'anno precedente, ed un dato ancora più pesante è stato rilevato, nello stesso periodo, per il prezzo internazionale del gasolio (+25,1 per cento).
Nel mercato nazionale, invece l'incremento del prezzo medio del gasolio, nello stesso periodo, è stato più contenuto: +15,5 per cento per il prezzo industriale, +7 per cento per il prezzo al consumo. Ciò è dovuto, probabilmente, al positivo andamento dei cambi valutari a favore della moneta europea rispetto al dollaro che, com'è noto, costituisce la valuta più in uso per gli scambi commerciali in questo settore.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Battista Caligiuri.

CUSUMANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in tutti questi anni non sono mancati:
lo scontro e la diversità di opinioni fra le diverse istituzioni locali e regionali sul sito e sulla fattibilità dell'aeroporto dell'area centromeridionale della Sicilia;
prese di posizioni a favore della importante infrastruttura, una vera e propria campagna promozionale che ha alimentato negli agrigentini il miraggio dell'aeroporto come chiave di volta per lo sviluppo vero e definitivo della provincia di Agrigento;
per molti versi, coerenti prese di posizioni da parte del Presidente dell'Enac, che ha sempre, con dovizia di argomentazione e di dati, raffreddato il facile entusiasmo, costruito ad arte da autorità locali e regionali che hanno dato per prossima la realizzazione dell'importante presidio aeroportuale;
dal giorno 9 marzo 2005 l'aeroporto di Racamulto fa ufficialmente parte del piano trasporti della Regione Sicilia;
l'assessore ai Trasporti, Fabio Granata, ha firmato il decreto che adotta l'integrazione al documento attuativo del Piano regionale dei Trasporti e della mobilità, relativo al settore aereo;
l'integrazione riguarda l'introduzione del capitolo denominato «l'aeroporto centro-meridionale di Agrigento. Evoluzione della domanda di trasporto aereo dello scalo aeroportuale come polo turistico»;
con questa integrazione viene affermata la previsione di una infrastruttura aeroportuale come scalo a servizio del traffico low cost e «a domanda», in considerazione dello sviluppo turistico del polo Agrigento-Sciacca-Licata;
le autorità preposte hanno valutato i dati relativi al flusso di passeggeri, che riconoscerebbe alla struttura aeroportuale agrigentina un flusso di 19.133 passeggeri, pari soltanto allo 0,2 per cento del traffico degli aeroporti siciliani -:
se ritenga di dover confermare i sopra menzionati dati e al tempo stesso se l'iniziativa risulta economicamente sostenibile;
se non ritenga invece, come sostiene il Presidente della società «Aeroporto di Agrigento» di fornire altri dati che smentiscono quelli pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 17 settembre scorso, e che recuperano invece i dati di altro studio che prevede un traffico con charter da turismo non inferiore a 400 mila passeggeri l'anno;
se non ritenga di dare esaurienti e definitive informazioni su tutti i pareri necessari per la costruzione dell'aeroporto di Agrigento, al fine di concludere, con un pronunciamento chiaro, una vicenda iniziata nel 1971 con una legge del Parlamento


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che prevedeva la realizzazione di un aeroporto nella provincia di Agrigento.
(4-13479)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'interrogazione in esame, sono stati richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) il quale ha fatto conoscere che, in data 28 aprile 2004, è stata indetta una riunione tecnica alla quale hanno partecipato rappresentanti dell'Ente medesimo, dell'Ente nazionale per l'assistenza al volo e dell'Aeroporto di Agrigento Valle dei Templi (Aavt).
Per quanto concerne il progetto preliminare presentato dalla società Aeroporto di Agrigento Valle dei Templi (Aavt S.p.A), Enac ha espresso le osservazioni di seguito elencate:
a) l'assenza di riferimenti all'aeroporto di che trattasi, nell'ambito della programmazione della regione siciliana;
b) l'insufficiente documentazione delle stime di traffico;
c) le limitazioni di carico per gli aeromobili di riferimento derivanti dalle condizioni altimetriche e di temperatura;
d) la presenza di ostacoli che forano, per una testata, il piano di avvicinamento strumentale e, per l'altra, il piano di decollo;
e) la mancanza di previsioni per l'imposizione dei vincoli scaturenti dalla legge 58 del 1963;
f) la mancanza di documentazione geologica e geotecnica a sostegno della reimpiegabilità del materiale di scavo.

L'Ente nazionale per l'aviazione civile fa conoscere, altresì, che nel corso della stessa riunione è stata richiamata l'ulteriore condizione riguardante lo studio della distribuzione dei venti, per il quale il Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti adottato dall'Enac prescrive il rilevamento otto volte al giorno per la durata di cinque anni.
A tal riguardo, il Presidente della società Aeroporto di Agrigento Valle dei Templi Aavt ha assicurato che alle osservazioni di cui sopra sarebbero stati trasmessi ad Enac gli elementi di risposta integrativi, necessari a risolvere le problematiche evidenziate e che sarebbe stata interessata la regione siciliana ad esprimersi per quanto concerne le previsioni programmatorie.
In particolare, in merito allo studio dei venti, il Presidente della citata società Aavt ha comunicato ad Enac sia di aver reperito le osservazioni già compiute nella zona per l'arco temporale di un anno per finalità di utilizzo dell'energia eolica sia di aver in corso di approntamento un servizio
ad hoc per il rilevamento dei venti nel sito, secondo le modalità indicate nel Regolamento.
L'Ente nazionale per l'aviazione civile ha ritenuto di rappresentare che nel corso di tale riunione era stato stabilito che sia gli elementi progettuali integrativi sia lo studio dei venti avrebbero dovuti essere trasmessi all'allora servizio Progetti dell'Ente medesimo, ora Direzione Progetti Studi e Ricerche, per il necessario esame istruttorio.
L'Enac, infine, fa conoscere che non risulta intervenuta alcuna ulteriore iniziativa a far data dal 28 aprile 2004.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

DALLE FRATTE, MILANATO e GASTALDI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il settore dell'occhiale sta risentendo della concorrenza dell'est asiatico che produce a prezzi di gran lunga inferiori a quelli italiani;
nella cronaca giornalistica dell'11 maggio 2005 appariva la notizia secondo la quale l'azienda Safilo nell'intento di prepararsi all'ingresso in borsa sta portando avanti una ristrutturazione che porterà alla dismissione di tre impianti produttivi, e che interesserà centinaia di dipendenti;
in tale piano è prevista addirittura la chiusura dello stabilimento storico di Calalzo;


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nel comune di Santa Maria di Sala (Venezia) è presente un importante impianto di produzione della Safilo in cui sono impiegati oltre 700 dipendenti;
l'importanza di tale impianto è fondamentale per l'equilibrio economico e sociale dell'intera area del miranese -:
se non si ritenga di intervenire con iniziative concrete e rapide volte alla salvaguardia dei lavoratori e delle aziende impegnate nel comparto dell'occhialeria.
(4-15493)

Risposta. - Il settore dell'occhialeria sta attraversando, come altri settori di punta del Made in Italy, un periodo di difficoltà generato, come rilevato dagli onorevoli interroganti, anche dalla concorrenza dei Paesi dell'est-asiatico.
Per la tutela del
Made in Italy l'azione del Governo si è concretizzata ultimamente in una serie di provvedimenti contenuti nella Legge finanziaria 2004, ed ulteriormente sviluppati nella finanziaria 2005 che ha incrementato gli stanziamenti, già previsti, da destinare ai desks ed al fondo per l'assistenza legale alle imprese.
Il Governo comunque ribadisce il proprio impegno nella tutela del
Made in Italy e, al riguardo, si ricorda che nel decreto-legge recante il piano di azione per lo sviluppo, convertito nella legge n. 80 del 14 maggio 2005, viene rafforzata la lotta alla contraffazione e la tutela del consumatore.
Nella stessa legge viene sottolineata la necessità di tener conto sia del luogo di produzione dei prodotti, sia del produttore, nonché la necessità di inasprire le sanzioni contenute nell'articolo 517 c.p., in modo da creare un parallelismo tra l'illecito amministrativo per l'incauto acquirente e l'illecito penale per chi pone in vendita merce contraffatta.
Per quanto concerne, in particolare la Safilo S.p.A., si forniscono i seguenti elementi acquisiti dalla competente Direzione Generale del Ministero delle attività produttive:
risulta siglato in data 23 marzo 2005 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo relativo al settore dell'occhialeria per la regione Veneto concernente la cassa integrazione per le aziende industriali fino a 15 dipendenti e per le ditte artigianali valevole per il 2005-2006;
per quanto concerne il piano di ristrutturazione aziendale della Safilo S.p.A., è già iniziato l'
iter presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali cui seguiranno successivi incontri in sede nazionale e locale. Tale progetto è volto al consolidamento e posizionamento dell'azienda leader dell'alta gamma del settore dell'occhialeria mantenendo e radicando i cicli produttivi in Italia ed in particolare nel nord-est dove sono impiegati oltre 3.700 operai. Nello specifico il progetto aziendale nel prevedere il riaccorpamento con gli stabilimenti limitrofi comporta la chiusura di tre degli otto stabilimenti del Gruppo e precisamente Calalzo di Cadore (Belluno), Ronchis e Coseano (Udine) che interessano circa 490 dipendenti di cui circa 300 unità dovrebbero essere riassorbite presso gli altri cinque stabilimenti del Gruppo.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

DEIANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
al personale militare, dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica che si trova nella condizione di servizio volontario non viene corrisposta, dall'Amministrazione della Difesa, la relativa contribuzione ai fini previdenziali in favore dell'I.N.P.D.A.P.;
a detto personale è richiesto il pagamento del riscatto ai fini previdenziali e di buonuscita, dei periodi di servizio volontario svolto, all'atto del transito in servizio permanente, nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale ritenga che al pari di qualsiasi rapporto previdenziale, anche quello nel quale è parte l'I.N.P.D.A.P. è distinto ed autonomo rispetto al rapporto di impiego, nel senso che non ha origine contrattuale ma sorge


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ope legis al verificarsi del presupposto di legge, che è costituito dallo svolgimento, da parte del militare, di attività lavorativa a favore dell'amministrazione ed in posizione di subordinazione rispetto ad essa, indipendentemente dal fatto che detta attività sia svolta in posizione di ruolo o non di ruolo e a tempo determinato o indeterminato;
alla nascita del rapporto di impiego con l'amministrazione statale si accompagna quindi la contestuale costituzione del correlativo rapporto previdenziale, che è rapporto unitario anche se complesso, perché comprensivo di due relazioni fondamentali: la prima, intercorrente fra l'amministrazione statale datrice di lavoro e l'Istituto di previdenza e avente ad oggetto l'iscrizione al Fondo di previdenza e il pagamento del relativo contributo; la seconda, intercorrente fra l'Istituto di previdenza e il dipendente statale avente ad oggetto il pagamento dell'indennità di buonuscita al verificarsi delle condizioni previste dalla legge. Giurisprudenza e dottrina hanno da tempo chiarito che l'unitarietà del rapporto previdenziale discende dal nesso di interdipendenza (o di sinallagmaticità), genetico e funzionale, che intercorre fra le due relazioni fondamentali; in altri termini, l'obbligazione avente ad oggetto la prestazione in tanto sussiste in quanto ricorra, a monte, l'obbligazione contributiva (sinallagma genetico); la stessa obbligazione in tanto deve essere adempiuta in quanto sia stato pagato (o, quanto meno, sia dovuto) il contributo previdenziale (sinallagma funzionale);
l'unitarietà del rapporto previdenziale comporta quindi che un solo fatto è alla base della sua costituzione e della contestuale nascita delle relative obbligazioni a carico dei soggetti ad esse tenute (amministrazione datrice di lavoro e Istituto di previdenza) e cioè l'esistenza di un rapporto d'impiego alle dipendenze dell'amministrazione statale;
non varrebbe opporre che la norma in questione si riferisce al contenzioso in materia di indennità, laddove la materia del contendere riguarda l'obbligo di iscrizione al Fondo di previdenza e di pagamento del contributo;
è agevole infatti osservare che il legislatore del 1980 ha richiamato l'indennità di buonuscita come elemento di individuazione dell'intero rapporto previdenziale che ad essa è strutturalmente e funzionalmente preordinato;
nelle numerose controversie nella quale si discute del diritto del militare all'iscrizione al Fondo di previdenza è indubbio che contraddittore necessario è innanzi tutto l'amministrazione di appartenenza, che per legge è obbligata a chiederla all'Istituto di previdenza e a pagare il relativo contributo, ove ricorra il presupposto di legge (l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego);
a differenza del servizio militare di leva, nel quale la costituzione del rapporto avviene per atto coattivo dell'amministrazione militare (la chiamata alle armi), nel servizio svolto in posizione di ferma e di rafferma la costituzione del rapporto non può prescindere dalla dichiarata disponibilità dell'interessato, onde la denominazione legale di servizio volontario (articoli 38 e seguenti, legge 31 luglio 1954 n. 599);
detto servizio, che costituisce ancora oggi per il personale militare la strada normale di accesso al servizio permanente effettivo, presenta tutti gli elementi che da tempo giurisprudenza e dottrina individuano come caratterizzanti il rapporto di pubblico impiego, e cioè:
a) la sua correlazione con i fini istituzionali dell'amministrazione militare, al cui perseguimento il militare in posizione di ferma e rafferma attende in maniera immediata e diretta;
b) la professionalità, conseguente al fatto che il militare è considerato in ogni momento in attività di servizio;
c) la continuità del servizio, in quanto il militare è assunto non per una singola opera, ma per esigenze di carattere durevole;


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d) l'obbligatorietà della prestazione a favore dell'amministrazione, atteso che il militare «è vincolato, per obbligo assunto, a prestare servizio per un periodo di tempo determinato» (articolo 38 citato legge n. 599 del 1954);
e) la predeterminazione della retribuzione a lui spettante, che è costituita dalle voci che concorrono a formare il trattamento economico complessivo del personale in s.p.e.;
f) la subordinazione gerarchica, che intuitivamente è più incisiva di quella alla quale è tenuto il personale civile;
g) l'occupazione di un posto di organico;
h) lo svolgimento di una carriera, sia pure limitata, che costituisce il presupposto necessario per l'instaurazione del successivo rapporto d'impiego a tempo indeterminato;
il decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1032, nell'individuare i dipendenti aventi titolo all'iscrizione al Fondo di previdenza già gestito dall'E.N.P.A.S., e ora dall'I.N.P.D.A.P., ricomprende fra essi i militari delle forze armate senza ulteriori specificazioni (articolo 1) se non che siano in servizio «continuativo», che è posizione in cui si trovano i militari in ferma e rafferma;
lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 1032, al successivo articolo 2, elenca le categorie non aventi diritto all'iscrizione, e fra questi non compaiono i soggetti di cui si discute;
pertanto è indubbio che il rapporto di lavoro del personale in ferma e rafferma assume in sé tutte le connotazioni del pubblico impiego e realizza quindi il presupposto di legge per la costituzione automatica del rapporto previdenziale avente ad oggetto l'obbligo contributivo e l'indennità di buonuscita. In materia il corrente orientamento giurisprudenziale conferma l'obbligo per il ministero della difesa di provvedere all'iscrizione del personale militare in servizio permanente al Fondo di previdenza e di versare all'I.N.P.D.A.P. il contributo afferente al periodo di volontariato, limitatamente all'importo che ad esso fa carico e contestualmente dichiara l'obbligo per l'I.N.P.D.A.P. di restituire al personale militare le somme che abbia già provveduto a versare a titolo di contributo di riscatto -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale complesso di elementi e quali disposizioni abbia impartito od intenda impartire affinché siano puntualmente applicate le disposizioni di legge in materia previdenziale, anche alla luce dei consolidati orientamenti dei giudici amministrativi e del sempre crescente contenzioso in materia che vede puntualmente la soccombenza del ministero della difesa;
se, non intenda avviare le relative indagini all'interno del suo dicastero affinché sia accertato dall'autorità competente l'eventuale danno erariale prodottosi a seguito del vasto contenzioso che ha visto il ministero della difesa soccombere in ogni sede di giudizio e in conseguenza siano individuati e perseguiti a norma di legge i responsabili.
(4-15978)

Risposta. - I quesiti posti nell'atto in oggetto riguardano la problematica dell'accertamento del diritto del personale militare, appartenente al ruolo dei Sottufficiali, ad ottenere l'iscrizione al Fondo di Previdenza e Credito gestito dall'INPDAP, con decorrenza dal periodo di ferma volontaria e sino al passaggio in servizio permanente, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione della Difesa di provvedere alla relativa contribuzione, nonché ad ottenere il rimborso delle somme già versate per il «riscatto», comprensive di interessi legali e di rivalutazione monetaria.
Premesso che l'Amministrazione della Difesa ha sempre posto grande attenzione alle questioni oggetto dell'interrogazione in esame, si sottolinea che, a seguito di ricorsi giurisdizionali presentati sulla problematica in esame, il T.A.R. del Lazio ha:
a) riconosciuto il diritto del personale in questione ad ottenere l'iscrizione al


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Fondo di Previdenza e Credito gestito dall'INPDAP (ex ENPAS), con decorrenza dal momento in cui - per ciascuno dei ricorrenti - era stato adottato il sistema retributivo a stipendio (sentenza n.643/1986);
b) precisato che il diritto all'iscrizione doveva intendersi decorrente al momento in cui il servizio di leva era stato tramutato in servizio volontario (sentenza n. 2005/1988).

A seguito di tali pronunce, la Difesa ha esaminato la questione, al fine di valutare l'eventualità di estendere in via amministrativa il giudicato.
Tale esame, tuttavia, non ha sortito il risultato auspicato - estensione del giudicato - anche a causa dell'intervenuta previsione normativa di divieto per tutte le Amministrazioni Pubbliche di adottare provvedimenti per l'estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive in materia di personale, introdotta e reiterata dalle varie Leggi Finanziarie succedutesi nel tempo.
In tale quadro, ai fini di una maggior chiarezza sulla complessa vicenda, giova sottolineare, altresì, che sulla materia è intervenuta una successiva ed ulteriore sentenza del T.A.R. del Lazio che ha dichiarato la soccombenza dell'Amministrazione Militare all'obbligatorietà dell'iscrizione al Fondo INPDAP (sentenza n. 14731/2002).
A tal riguardo, è utile precisare che, a seguito della proposizione dell'appello da parte della Difesa avverso tale sentenza motivata dalla mancanza, nell'ordinamento vigente, di una specifica norma positiva al riguardo, che vincolasse l'Amministrazione della Difesa all'iscrizione al Fondo, il Consiglio di Stato ha giudicato corrette le motivazioni addotte dall'Amministrazione e pertanto ha sospeso l'esecuzione della stessa sentenza del T.A.R., sul presupposto del danno grave ed irreparabile che sarebbe potuto derivare per l'Amministrazione medesima (ordinanza n. 992/2004).
È di tutta evidenza, in conclusione, che il comportamento dell'Amministrazione Difesa è risultato aderente alle predette previsioni normative delle citate leggi finanziarie nonché alle statuizioni del giudice amministrativo.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DELL'ANNA. - Al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge 29 maggio 1982, n. 297, recante la modifica alla disciplina del trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 e seguenti del Codice civile, prevede fra l'altro che il dipendente con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro possa chiedere - in costanza di rapporto di lavoro - un anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento a cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data richiesta per sostenere spese sanitarie, per l'acquisto della prima casa per sé o per i figli;
fermo restando quanto previsto dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 e successive modificazioni in materia di applicazione delle disposizioni relative al trattamento di fine rapporto ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, l'articolo 59, comma 56 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ha previsto la possibilità per i lavoratori del pubblico impiego, assunti a tempo indeterminato al 31 dicembre 2000, di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio (TFS) in trattamento di fine rapporto (TFR);
l'esercizio di tale opzione - che comporta l'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297 - non scatta automaticamente ma è subordinato, alla sottoscrizione del modulo di adesione ad un fondo di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;
ad oggi risulta in dirittura di arrivo il solo fondo pensionistico per i dipendenti della scuola, mentre per la restante parte dei dipendenti pubblici il diritto all'opzione


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il cui termine per l'esercizio è stato differito al 31 dicembre 2005 - non è ancora effettivo con una conseguente e perdurante inapplicabilità della possibilità per questi di richiedere l'anticipazione del trattamento di fine rapporto -:
in quale modo il Governo intenda intervenire - auspicabilmente in tempi brevi - per sanare questa situazione di palese disparità, consentendo in tal modo anche ai dipendenti pubblici di poter richiedere l'anticipazione del trattamento di fine rapporto.
(4-07208)

Risposta. - La materia del TFR nel pubblico impiego è demandata dal legislatore primario alla contrattazione collettiva tra le parti sociali; in proposito, l'Accordo Quadro Nazionale per l'attuazione della legge n. 335/1995 in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i pubblici dipendenti, sottoscritto in data 29 luglio 1999 (in Gazzetta Ufficiale n. 201 del 27 agosto 1999), prevede, tra l'altro, all'articolo 8, comma 3, che «Le condizioni per l'armonizzazione pubblico-privato in materia di anticipazioni saranno verificate in sede di contrattazione di comparto, nel rispetto degli equilibri di bilancio della finanza pubblica».
Allo stato attuale, i diversi soggetti istituzionali competenti per legge e le organizzazioni sindacali dei dipendenti pubblici stanno definendo - in sede di contrattazione collettiva di comparto presso l'ARAN - le trattative per la conclusione degli accordi istitutivi dei fondi di previdenza complementare per il personale dei vari comparti in cui è suddiviso il pubblico impiego.
Le ipotesi di accordi per l'istituzione dei predetti fondi pensione complementare - come provvisoriamente concordati dalle parti sociali presso l'ARAN - prevedono, analogamente a quanto già dispone il Fondo Scuola Espero per i lavoratori della scuola, la possibilità di conseguire, nell'ambito delle prestazioni pensionistiche erogabili dal fondo, l'anticipazione dei contributi accumulati dall'iscritto per l'acquisto della prima casa ovvero per spese sanitarie, con la facoltà di reintegrare la propria posizione nel fondo stesso.
La suddetta linea di indirizzo è ispirata proprio al principio di tendenziale allineamento dei trattamenti pensionistici del settore pubblico a quello del settore privato, come auspicato dall'interrogante.
Il Ministro per la funzione pubblica: Mario Baccini.

DELL'ANNA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il punto A4 della tabella di valutazione dei titoli per la rideterminazione dell'ultimo scaglione delle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del testo unico, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni, stabilisce quanto segue: «per l'abilitazione conseguita a seguito di un corso di durata biennale, in aggiunta al punteggio di cui al punto A1 sono attribuiti ulteriori punti 30, di cui 24 per il biennio di durata legale del corso...; nell'ipotesi di più abilitazioni conseguite a seguito della frequenza di un unico corso, l'intero punteggio spetta per una sola abilitazione, a scelta dell'interessato; per le altre abilitazioni sono attribuiti punti 6». Questo è quanto stabilisce la legge;
è palese che il legislatore con questa norma abbia inteso limitare i docenti che avessero conseguito più abilitazioni a seguito della frequenza di un unico corso, stabilendo che in questo caso l'intero punteggio spetti per una sola abilitazione a scelta dell'interessato, mentre per le altre abilitazioni vengano attribuiti punti 6 quale possesso di «altro titolo»;
il Decreto direttoriale prot. n. 567 del D.G. MIUR del 21 aprile 2004 all'articolo 3, punto 3, stabilisce che «ai sensi della lettera A, punto A4 della tabella di valutazione nel caso di più abilitazioni, conseguite a seguito di frequenza di un corso SSIS o di Didattica della musica, utilizzate come titoli di accesso, l'intero punteggio pari a 30 punti spetta per una


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sola delle abilitazioni conseguite, a scelta dell'interessato. Sugli aspiranti, pertanto, grava l'onere di fornire le informazioni relative al titolo di accesso compilando l'apposita sezione F del modello 1 di domanda. In caso di inadempimento gli interessati saranno invitati a regolarizzare la propria posizione entro un breve termine fissato dal competente Centro servizi amministrativi»;
il 10 maggio 2004 con nota prot. n. 691 uff. VI è stato emanato il Decreto dirigenziale con cui si integra attraverso una interpretazione autentica del Decreto direttoriale del 21 aprile 2004 la parte riguardante il punto A4 della tabella di valutazione;
considerato che questa ultima disposizione ha carattere innovativo, divenuta presupposto per i CSA di tutta l'Italia per l'applicazione della tabella predetta nella parte concernente il punteggio aggiuntivo per l'abilitazione SSIS e che nel testo della nota, che così conclude testualmente: «...ne consegue che ulteriori 30 punti per altra abilitazione possono essere attribuiti soltanto qualora trattasi di titolo SSIS conseguito a seguito di altro corso di durata biennale, tenutosi in un biennio distinto neppure parzialmente coincidente con il biennio che ha dato luogo ai primi 30 punti» c'è una parte (quella sottolineata) è che estranea al disposto normativo e con il quale contrasta, sia in termini terminologici sia in termini di ratio sostanziale;
atteso che con il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni si voleva evitare che gli abilitati SSIS potessero usufruire del punteggio aggiuntivo per le abilitazioni a cascata «originate» da un unico corso, o meglio ancora per quelle eventualmente conseguenti ad un unico esame finale; e che invece in forza di tale disposizione sembra evidente che si ampli - al di fuori del dato legislativo - la limitazione imposta alla categoria. Infatti, nell'ipotesi che un docente frequenti un corso biennale, per esempio per la classe A051, e consegua la sua abilitazione e successivamente consegua il diritto (o lo eserciti) di iscriversi ad un altro corso per la classe A052, gli sarà concesso il riconoscimento di una parte del percorso formativo già svolto non essendo ipotizzabile una duplicazione di prove di esame curriculari. In forza di tale interpretazione-disposizione si privano i docenti specializzati presso le SSIS anche del diritto di giovarsi del punteggio aggiuntivo in altre classi di concorso che esulano dall'ipotesi ora esaminata -:
quali iniziative intenda adottare per porre rimedio a tale situazione di conflitto, considerate le notevoli conseguenze pratiche che disposizione «innovativa» produce.
(4-10992)

Risposta. - Al riguardo si ricorda che alfine di porre fine ai problemi relativi ai rapporti tra i precari storici e coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento presso le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (S.S.I.S.) - problema questo che costituisce peraltro un retaggio delle politiche dei precedenti Governi e di cui questo Governo si é fatto carica fin dal suo insediamento - e per realizzare un assetto più equilibrato delle graduatorie che tenga conto di tutte le posizioni degli aspiranti, in ottemperanza alle indicazioni contenute negli ordini del giorno del Parlamento, il Governo ha adottato, in data 7 aprile 2004, il decreto legge n. 97, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2004-2005 nonché in materia di esami di Stato e di Università, convertita con modificazioni nella legge 4 giugno 2004, n. 143. A questo provvedimento legislativo é allegata 1a nuova tabella di valutazione dei titoli per la rideterminazione dell'ultima scaglione delle graduatorie permanenti.
Detta tabella indica alla lettera A i titoli di accesso alla graduatoria; alla lettera A1 il punteggio da attribuire a detti titoli, fino ad un massimo di 12 punti, in relazione a1 punteggio conseguita.
Al punto A1 la medesima prevede inoltre che per l'abilitazione conseguita presso le scuole di specializzazione all'insegnamento


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secondario (S.S.I.S.) a seguito di un è corso di durata biennale, in aggiunta al punteggio di cui al punto A1, - siano attribuiti ulteriori punti 30, di cui 24 per il biennio di durata legale del corso, equiparato a servizio specifica per la classe di insegnamento cui si riferisce l'abilitazione; nell'ipotesi di più abilitazioni conseguite a seguito della frequenza di un unico corso, l'intero punteggio spetta per una sola abilitazione, a scelta dell'interessato; per le altre abilitazioni sono attribuiti punti 6. La stessa disposizione prevede anche che per l'abilitazione conseguita presso le scuole quadriennali di didattica della musica, in aggiunta del punteggio di cui al punto A1 sono attribuiti ulteriori punti 30, di cui 24 per la durata legale del corso, equiparata a servizio specifico, per una delle due classi di insegnamento cui si riferisce l'abilitazione, a scelta dell'interessato. Per l'altra abilitazione sono attribuiti punti 6.
In applicazione della suddetta legge il decreto direttoriale del 21 aprile 2004, all'articolo 3, punto 3, ha precisato che, ai sensi della lettera A, punto A4, della tabella di valutazione, nel caso di più abilitazioni, conseguite a seguita di frequenza di un corso SSIS o di didattica della musica, utilizzate rame titoli di accesso, l'intero punteggio pari a 30 punti spetta per una sola delle abilitazioni conseguite, a scelta dell'interessato. Compete agli interessati fornire le informazioni relative al titolo di accesso.
Con riguardo poi alla nota del 10 maggio 2004 prot. n. 691 si fa presente che con la medesima sono stati forniti chiarimenti ai numerosi quesiti pervenuti in merito a problematiche connesse alla valutabilità dei titoli, e alla compilazione dei modelli di domanda, al fine di fornire elementi per una valutazione omogenea su tutto il territorio nazionale.
Per quanto riguarda i titoli di accesso SSIS i chiarimenti sono nel senso che i 30 punti aggiuntivi per i diplomi di abilitazione, che danno accesso alle graduatorie permanenti, sono attribuiti solo se i corsi abilitanti delle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario hanno durata biennale. Per i corsi annuali viene assegnato, sempre per accedere alle graduatorie permanenti, il punteggio aggiuntivo di 6 punti.
A tale ultimo riguardo si ricorda che ai sensi della lettera B.3,d) della tabella in parola non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi di specializzazione per l'insegnamento secondario mentre é possibile farsi valutare l'eventuale servizio prestato durante l'anno accademico del corso annuale SSIS.
Pertanto, nella ipotesi rappresentata dalla S.V. Onorevole, chi ha già conseguito l'abilitazione per la classe 51/A - materie letterarie e latino - e usufruendo dei crediti acquisiti, consegue, in un solo anno accademico, anche l'abilitazione per la classe 52/A - materie letterarie latino e greco - per quest'ultima abilitazione potrà avere soltanto 6 punti aggiuntivi per accedere alla graduatoria per la classe 52/A.
Qualora, invece, l'interessato abbia seguito due corsi biennali abilitanti SSIS uno per la classe 51/A e uno per la classe 52/A, il medesimo avrà diritto per ciascuna graduatoria, ai 30 punti aggiuntivi.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la tabella analitica per Ministero relativa agli atti inviati ed agli atti attuati dall'inizio della XIV Legislatura alla data del 30 settembre 2004 indicano in 120 gli atti inviati al Ministero dell'Interno ed in 82 gli atti attuati, con una percentuale pari al 68,33 per cento;
la percentuale di attuazione è certamente da considerarsi del tutto soddisfacente soprattutto nell'ambito di un dicastero al centro dell'attenzione e pesantemente impegnato da una criminalità che rischia di minare ogni giorno quell'ansia di ordine e di tranquillità che, insieme al lavoro, è la preoccupazione maggiore del popolo italiano;


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è evidente che, proprio per tale ragione, pur essendo la percentuale di attuazione assolutamente commendevole, è ragionevole e comprensibile che si indichi la necessità di uno sforzo ulteriore per elevare ancor più la percentuale di attuazione degli atti inviati al dicastero dalla Camera dei Deputati -:
quali siano, fra gli atti inviati al Dicastero dalla Camera dei Deputati, e non ancora completamente attuati, quelli più importanti e significativi, nonché per sapere se e quando si intenda dar loro piena attuazione.
(4-12814)

Risposta. - La percentuale di attuazione degli impegni assunti dal Ministero dell'Interno di fronte al Parlamento è, alla data del 31 maggio 2005, del 94,80 per cento.
Sono stati infatti attuati 146 atti su 154 inviati dal Parlamento.
L'amministrazione dell'Interno annette la massima importanza a tutti gli atti di indirizzo del Parlamento, e si impegna a dare attuazione a ciascuno di essi, sia che riguardino questioni di portata generale, con necessità di interventi anche di carattere normativo, sia che si tratti di questioni di specifico ambito e interesse, risolvibili con interventi a carattere meramente amministrativo.
Su questa linea assicuro che l'Amministrazione si adopererà per il raggiungimento della più completa attuazione.
Il Ministro dell'interno: Beppe Pisanu.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le terrificante tragedia svoltasi in Oriente a fine anno 2004 a causa dello tsunami ha mobilitato il nostro Ministero degli Affari Esteri per seguire la sorte dei nostri connazionali sorpresi dall'evento naturale più sconvolgente degli ultimi secoli;
l'intero staff della Farnesina, e primo fra tutti il Ministro, che ha avuto un «battesimo del fuoco» certamente non invidiabile, ha affrontato la situazione con una professionalità commendevole e con un senso dell'organizzazione stupefacente, senza mai farsi travolgere da una emotività che sarebbe stata peraltro comprensibile dal punto di vista umano;
a due mesi di distanza dalla catastrofe naturale, si ritiene che sia possibile tirare le somme e cercare di avere un bilancio sostanzialmente definitivo circa la sorte dei nostri connazionali presenti nell'area vasta colpita disastrosamente dallo tsunami -:
quanti siano stati gli italiani che hanno perduto la vita;
quanti siano stati gli italiani dispersi di cui non si ha più avuta notizia alcuna;
quanti siano stati i corpi degli italiani che hanno perduto la vita individuati grazie al Dna ed a tutti i sistemi allestiti dal nostro Ministero degli Esteri attraverso l'utilizzo delle tecniche più moderne;
se le ricerche siano definitivamente concluse o se ancora stiano proseguendo;
quali siano gli accorgimenti e gli affinamenti preziosi che questa immane tragedia ha consentito di mettere a punto organizzando la macchina delle ricerche e dei soccorsi.
(4-13245)

Risposta. - Appena avuta notizia della calamità naturale che ha colpito il sud est asiatico, il ministero degli esteri ha coordinato le attività di assistenza e di soccorso ai connazionali coinvolti. D'intesa con il ministero della difesa, il Dipartimento della Protezione Civile e con il ministero dell'interno sono state impostate le misure di intervento per individuare, assistere, curare e rimpatriare con la massima urgenza gli italiani presenti nelle aree colpite.
Con riferimento, in particolare, alle attività svolte dal ministero degli affari esteri per rintracciare i connazionali e per definire le esigenze di intervento, l'Unità di Crisi ha:
a) attivato tutte le linee telefoniche per rispondere alle segnalazioni (più di 8.000) inserendo tutte le informazioni nella banca


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dati dell'Unità che veniva immediatamente potenziata con la fornitura di strumenti informatici e assicurando la relativa assistenza tecnica 24 ore su 24 per tutta la durata della fase di emergenza;
b) stabilito e mantenuto un coordinamento operativa con le Unità di Crisi degli altri Paesi dell'Unione Europea tramite quotidiane tele-conferenze;
c) inviato - previa ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri - circa 15.000 SMS ai connazionali presenti nei Paesi colpiti dallo Tsunami per verificarne lo stato di salute e la localizzazione, ed analizzato circa 6.000 riscontri inviati con lo stesso mezzo;
d) attivato tutti i sistemi informatici per la rilevazione del numero dei connazionali potenzialmente coinvolti nella crisi, facendo ricorso all'invio dei predetti SMS, a circa 20.000 telefonate di verifica, all'analisi dei dati forniti dalle associazioni dei tour operator e dalle compagnie aeree, a esperti informatici per coadiuvare il personale nel corretto inserimento dei predetti dati;
e) predisposto una mappatura molto particolareggiata delle zone colpite e della dislocazione dei connazionali distinguendo tra i residenti e i soggiornanti temporanei ed indicando le località turistiche maggiormente colpite;
f) inviato 14 funzionari del ministero degli affari esteri in missione nelle zone maggiormente colpite per l'assistenza ai feriti e per coadiuvare il personale delle Ambasciate e della protezione civile nelle operazioni di evacuazione;
g) autorizzato l'invio di personale delle nostre ambasciate nei Paesi colpiti per la verifica delle condizioni dei connazionali e della rete del trasporti, per il raccordo con le autorità locali e per assistere gli operatori inviati dall'Italia;
h) assicurato il necessario primo sostegno a quanti si siano trovati in condizioni di indigenza;
i) istituito un numero verde esterno al ministero con personale operativo 24 ore su 24 nella fase acuta della crisi per le segnalazioni dei connazionali rintracciati in buone condizioni e per l'inserimento dei dati in via informatica sulla banca dati dell'Unità;
l) contribuito alla realizzazione del centro per le identificazioni delle vittime a Phukét, (Thailandia) con l'invio di personale specializzato del ministero dell'interno;
m) attivato le Ambasciate a Bangkok e a colombo (competente anche per le Maldive) per la tutela dei connazionali, per l'invio di personale nei centri di accoglienza e di identificazione, per il recupero e rimpatrio salme.

Dalle ricerche effettuate di concerto con i1 Ministero dell'Interno emergono i seguenti dati:
a) gli italiani risultati morti (con accertamento fatto tramite analisi scientifiche o riconoscimento del corpo) sono 28.
b) gli italiani dispersi di cui non si hanno più notizie sono 16;
c) i corpi degli italiani individuati grazie al DNA ed a tutti i sistemi in uso (ortopanoramica dentaria; calco dentario; impronte digitali; segni particolari) sono 28.
d) le ricerche e le procedure di identificazione sono ancora in corso di concerto con il ministero dell'interno e, sul campo, con la partecipazione di esperti italiani ad una struttura internazionale che comprende rappresentanti di tutti i Paesi che hanno subito delle vittime.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 2 luglio 2005 (il primo sabato di ogni anno) si celebra la Giornata Internazionale delle Cooperative, nel primo centenario di costituzione dell'Alleanza Internazionale delle Cooperative;


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la ricorrenza merita di essere adeguatamente ricordata, in considerazione della rilevanza che nelle moderne società ha assunto il movimento cooperativo, i cui principi di mutualità e di solidarietà hanno costituito una pietra miliare nel processo di elevazione socio-politica del lavoratore, che, attraverso il movimento cooperativo, non è più «oggetto» del processo economico, ma diventa «soggetto» del processo medesimo;
vale dunque la pena di considerare con molta attenzione l'opportunità di celebrare degnamente, ma anche concretamente, la Giornata Internazionale delle Cooperative -:
quali iniziative intenda assumere per celebrare degnamente la Giornata Internazionale delle Cooperative, che nel corrente anno cadrà il 2 luglio;
se non ritenga di dovere sin da ora convocare un tavolo con le associazioni delle cooperative per concordare un programma significativo e condiviso;
se non ritenga, in concreto, di valutare anche in modo moderno il rapporto, nei confronti del mercato, fra cooperativa ed impresa, con la configurazione di modalità di convivenza che non consentano, a spese dei soci lavoratori, un dumping basato su salari decurtati e spesso inverecondi.
(4-13421)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue, anche sulla base delle informazioni fornite dalle associazioni di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, interessate al riguardo.
In particolare, la Confcooperative ha comunicato che per celebrare la giornata della cooperazione diffonde i messaggi dell'Alleanza Cooperativa Internazionale e del Segretario Generale delle Nazioni Unite con una comunicazione a tutte le Associate, oltre a darne la massima diffusione attraverso la pubblicizzazione tramite il proprio sito web ed il proprio periodico di informazione «Italia Cooperativa». Inoltre, ha informato che molte strutture territoriali della medesima Associazione celebrano tradizionalmente la giornata in modo solenne. Ad esempio, la Confcooperative di Reggio Emilia organizza da dieci anni un convegno dal tema «Giornata Internazionale ONU delle Cooperative» nell'ambito del quale vengono premiate le cooperative della provincia che hanno realizzato le migliori performances sotto il profilo sociale relativamente alla crescita occupazionale, all'integrazione delle donne e dei giovani, all'inclusione degli immigrati.
Risulta che la celebrazione della giornata internazionale delle Cooperative, svoltasi nella città di Palermo il 2 luglio 2005 organizzata dalla struttura regionale dell'Unione Italiana Cooperative, ha avuto per tema «Le cooperative per una globalizzazione equa: creare opportunità per tutti».
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo Intesaconsumatori, che raggruppa Codacons, Adusbef, Federconsumatori e Adoc, il governo dovrebbe restituire ciò che sarebbe stato indebitamente sottratto agli Italiani attraverso i continui aumenti dell'accisa sulla benzina negli ultimi quattro anni;
secondo Intesaconsumatori dal 2001 al 2005 è aumentata non soltanto l'accisa ma anche l'IVA che cresce in percentuale;
sempre secondo le associazioni dei consumatori i due balzelli avrebbero imposto alle famiglie un esborso medio annuo di 60 euro ed avrebbero permesso al governo di registrare maggiori introiti per un miliardo e quattrocentoquaranta milioni di euro l'anno;
la tesi delle citate associazioni si riduce all'affermazione secondo cui in realtà non sarebbe stata l'Europa ad impedire i ritocchi verso il basso del prezzo del carburante -:


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se la tesi di Intesaconsumatori abbia qualche fondamento e, in caso affermativo, quali siano le determinazioni del governo in ordine alla richiesta di rimborso avanzata dalle associazioni dei consumatori.
(4-13558)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde, l'interrogante chiede se corrisponde al vero quanto sostenuto dall'associazione Interconsumatori, secondo la quale l'aumento del costo del carburante, verificatosi tra il 2001 ed il 2005, relativo all'incremento sia dell'accisa che dell'IVA, ed i conseguenti introiti incamerati dallo Stato, non troverebbero alcuna giustificazione. L'associazione stessa chiede che l'esborso medio annuo (calcolato nella misura di 60 euro) sostenuto dalle famiglie per il caro-carburante, venga rimborsato, tenuto anche conto che, a suo parere, l'Unione europea non impedisce ritocchi verso il basso del prezzo del carburante.
Al riguardo, occorre precisare preliminarmente che gli oli minerali (categoria che include tutti i prodotti petroliferi impiegati per autotrazione) sono sottoposti ad accisa ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.
Relativamente all'incremento dell'accisa sugli oli minerali, l'Agenzia delle dogane ha fatto presente che, nel periodo dal 2001 al 2005, la stessa ha subito lievi incrementi.
In particolare, l'accisa sulla benzina è stata incrementata da 541,84231 a 558,64 euro per mille litri, a decorrere dal 27 dicembre 2003, per effetto di quanto previsto dall'articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, per far fronte agli oneri derivanti dal rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale. Più recentemente la suddetta aliquota è stata aumentata, in virtù di quanto disposto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, che ne ha fissato la misura in 564 euro per mille litri, con un aumento pari a 5,36 euro per mille litri, per far fronte in patite agli oneri derivanti dal rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al trasporto pubblico locale.
Lo stesso articolo 1, comma 9, del citato decreto-legge n. 16 del 2005, stabilisce nella misura di 4l 3 euro per mille litri l'accisa per il gasolio, mentre per il gpl per autotrazione, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 gennaio 1999, fissa l'accisa a 284,77227 per mille chilogrammi.
Per quarto concerne l'aliquota IVA, applicata sui carburanti, essa è contemplata nella Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e, come riferito dall'Agenzia delle entrate, non ha subito alcun incremento.
Il Dipartimento per le politiche fiscali e l'Agenzia delle entrate hanno riferito che le aliquote di accisa, imposte nel territorio nazionale sui suddetti prodotti per autotrazione, non sono sensibili al prezzo finale di vendita di questi ultimi, dal momento che esse si riferiscono solo al volume dei medesimi e non al loro costo. È però evidente che un aumento del prezzo forale di vendita, legato alle oscillazioni del prezzo del petrolio, incrementa la base imponibile dell'IVA e quindi genera un aumento del carico fiscale complessivo e delle conseguenti entrate erariali.
Sulla questione l'Agenzia delle dogane ha fatto presente che, se da un lato la componente tributaria, costituita da accisa e IVA, nonché per la benzina anche dall'imposta regionale ove istituita, concorre alla formazione del prezzo insieme al costo industriale, dall'altro occorre tener conto che il prezzo dei carburanti non è più, come in passato, un prezzo amministrato, bensì è autonomamente determinato dalle compagnie petrolifere.
Ne deriva, pertanto, che la «leva fiscale» non costituisce uno strumento sicuro per determinare la riduzione del prezzo di vendita dei carburanti, infatti una diminuzione dell'accisa non comporta una automatica riduzione del prezzo, così come un aumento della stessa non comporta un incremento del prezzo finale di vendita di pari valore.
Per quanto, infine, riguarda, gli eventuali impedimenti comunitari ad una riduzione dell'aliquota IVA, l'Agenzia delle entrate


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ha riferito che gli oli minerali, oggetto della presente interrogazione, non figurano tra i beni di cui «all' allegato H», cui fa cenno l'articolo 12, paragrafo 3, lettera b) della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 3$8 (VI Direttiva), quando precisa: «Gli Stati membri possono anche applicare una o due aliquote ridotte. Le aliquote sono fissate in una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 per cento e sono applicate unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie di cui all' allegato H:».
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Daniele Molgora.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici, dossier denominato «Ecosistema scuola 2005», il 33,71 per cento degli immobili che ospitano la scuole vive in una condizione di rischio sismico;
in particolare significativa risulta la condizione in cui versano gli edifici scolastici in Campania ove nel 2002 e nel 2003 il 78,47 per cento degli edifici scolastici era in possesso di certificazione di agibilità statica rilasciata, con una elevata percentuale di edifici, pari al 21,53 per cento, privi di tale requisito;
è evidente la necessità di sollecitare la direzione regionale competente affinché si provveda a dotare tutti gli edifici scolastici di tale certificazione -:
se non ritenga di dover sollecitare la direzione regionale della Campania affinché siano espletate le verifiche ed i sopralluoghi necessari per l'ottenimento della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici della regione.
(4-13975)

Risposta. - È da premettere che il MIUR non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento la messa a norma ed in sicurezza) ai singoli enti locali, comuni e province, puntualmente obbligati.
Ciò nonostante l'amministrazione interrogata vi ha spesso fattivamente contribuito,
ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa Depositi e Prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, che ha previsto (attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi, al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di lire. Somma, questa, che, in virtú degli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente dedicata all'adeguamento ed alla messa a norma degli edifici scolastici (ivi compresa eventuale riconduzione a salubrità) favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti enti locali, della normativa di riferimento (ed in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, recentemente prorogato al 30 giugno 2006) e che, peraltro, Si aggiunge a quelle già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire.
Con particolare riguardo alle zone collegate al rischio sismico, il MIUR non ha mancato di intervenire ed infatti sono stati espressamente contemplati appositi interventi con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all'articolo 80, comma 21, nell'ambito del programma delle infrastrutture scolastiche, ha previsto (inserimento, del programma delle infrastrutture strategiche attraverso un apposito «piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riferimento a quelli insistenti nelle zone soggette a rischio sismico, predisposto di concerto con il Ministero delle Infrastrutture, da sottoporre,


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sentita la Conferenza Unificata, al CIPE, che ripartisce p elle risorse citate, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 3 della legge n. 23 del 1996». A fronte, poi, delle difficoltà di copertura finanziaria, per favorirne concretamente l'avvio, con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria 2004) è stata disposta la riserva al piano di una somma non inferiore al 10 per cento delle risorse destinate complessivamente all'attivazione del programma delle infrastrutture strategiche nel quale lo stesso piano s'inserisce, disponibili al 1o gennaio 2004.
Pertanto, oltre al piano generale tempestivamente predisposto e che prevede per i primi interventi al riguardo un considerevole impegno finanziario pari ad 8.000 miliardi di vecchie lire realizzabile attraverso un'adeguata pluriennalità e stato definito un primo piano stralcio di circa 194 milioni di euro, per 738 interventi, formulato dalle competenti regioni sulla base delle richieste dei rispettivi enti locali ed approvato da un'apposita commissione tecnico/scientifica, costituita presso il Ministero delle infrastrutture di cui fanno parte anche rappresentanti del MIUR, della Protezione civile e delle Regioni.
Tale piano è stato definitivamente approvato dal CIPE nella seduta del 20 dicembre 2004 e la relativa delibera, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, sarà pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale per il concreto avvio delle attività, mentre a breve si procederà alla predisposizione, dei programmi di completamento, sulla base delle linee-guida indicate dalla commissione predetta, inserendo secondo un'ordine di priorità decrescente i restanti interventi da effettuare e cominciando con l'utilizzare le risorse ancora disponibili tratte dal 10 per cento di cui si è detto. Tali risorse, secondo le stime del ministero dell'economia e delle finanze, dovrebbero, consentire un ulteriore volume d'investimenti di circa 270 milioni di euro. Per anticipare le spese per la progettazione delle opere di cui sopra è stata prevista la riserva del 30 per cento del fondo di rotazione presso la cassa Depositi e Prestiti.
A seguito, poi, del monitoraggio attivato nel 2002 da questo ministero sulla «cultura della sicurezza nelle scuole» e sostanzialmente rivolto a conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personale, si è intervenuti con (assegnazione di più di 20 milioni di euro annui alle direzioni regionali, prioritariamente finalizzati all'esercizio di tali attività, anche con la collaborazione dei Vigili del Fuoco, con i quali è stata sottoscritta un'apposita convenzione diretta ad agevolarne il compimento. Il monitoraggio ha fatto emergere anche indicazioni afferenti alle attività di diretta pertinenza degli enti locali quali, a titolo esemplificativo, certificazioni ed attività strutturali; si è provveduto pertanto, ad inoltrarlo, per gli interventi di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze enti locali competenti.
In ordine, infine, all'ulteriore questione rappresentata dall'interrogante in merito alla conoscenza, da parte dell'amministrazione scolastica di eventuali situazioni di degrado delle strutture scolastiche, ribadito come l'eventuale problematica sostanziale rientri comunque nelle attribuzioni istituzionali degli enti locali si rammenta come l'articolo 7 della legge n. 23 del 1996 attribuisce a questo ministero la realizzazione e la cura, nell'ambito del proprio sistema informativo e con la collaborazione degli enti stessi, di un'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, articolata per regioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del relativo patrimonio, al fine di attivare uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione.
Tale anagrafe, peraltro, oltre all'essenziale collaborazione delle scuole e degli enti locali, vede il concorso attivo delle regioni, alle quali spetta, in prima istanza, la costituzione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori, opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione le quali, transitando dai nodi, regionali pervengono poi al MIUR.


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Attraverso tali informazioni, molteplici e particolarmente articolate, sarà finalmente possibile conoscere, da parte di tutti gli addetti ai lavori, l'effettivo stato degli edifici scolastici pubblici dell'intero territorio nazionale, con particolare riguardo al livello di sicurezza e di agibilità, alle barriere architettoniche, all'affollamento, all'idoneità e salubrità delle strutture e delle zone nelle quali insistono ed ogni altra caratteristica, a fronte della quale poter assumere, secondo le rispettive competenze, le necessarie iniziative.
La rilevazione riguarderà circa 42.000 edifici nei quali operano le quasi 10.800 istituzioni scolastiche statali, con un utenza di più di 9 milioni di persone: tale importante rilevazione si caratterizza per il coinvolgimento di tutte le componenti interessate (uffici centrali e periferici del ministero, regioni, province, comuni e scuole) in un'ottica di fattiva collaborazione sinergica, esplicatasi, peraltro, fin dall'avvio dell'iniziativa con una piena condivisione dei contenuti, delle finalità e di tutti i relativi passi procedurali.
L'iniziativa - si ricorda che è contenuta in una legge del 1996 - è stata concretamente avviata.
Il ministero ha posto in essere tutte le attività di competenza, quali, a titolo esemplificativo, la definizione delle schede di rilevazione, la predisposizione del relativo manuale, la formazione dei formatori regionali che devono, a loro volta, formare i rilevatori locali (più di mille sull'intero territorio nazionale), la predisposizione dei Nodi regionali, la formazione dei relativi résponsabili e l'avvio di procedure pilota: la sua conclusione è prevista per i primi mesi del 2006.
Per quanto riguarda in particolare la regione Campania, il Direttore generale regionale ha riferito di aver provveduto, negli scorsi anni, ad attivare, nell'ambito dell'organismo paritetico previsto dalla legge n. 626 del 1994, ogni utile iniziativa per supportare al meglio i Dirigenti scolastici della Regione nel loro continuo confronto con gli enti locali: a tal fine è stato convocato un tavolo di confronto con i rappresentanti delle A.S.L., dell'A.N.C.I. e dell'U.P.I. regionali e di quelli degli Ordini degli architetti, periti ed ingegneri.
In tale contesto è emersa la necessità di acquisire notizie in merito all'attività posta in essere dalle amministrazioni locali in relazione alla sicure a nei luoghi di lavoro: è stata, quindi, elaborata una apposita scheda, inviata mani e province della regione, con la quale si chiedeva, tra l'altro, se i relativi uffici tecnici fossero in possesso della documentazione sul «collaudo statico» e l'«abitabilità» degli edifici adibiti a scuole.
Il 30 per cento degli enti locali ha risposto fornendo un primo pacchetto di indicazioni pubblicate anche nel Notiziario dell'Ordine degli Ingegneri di Napoli: il direttore generale regionale prevede che tale iniziativa sarà riproposta all'inizio del prossimo anno scolastico.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici, dossier denominato «Ecosistema scuola 2005», il 33,71 per cento degli immobili che ospitano le scuole vive in una condizione di rischio sismico;
in particolare, significativa risulta la condizione in cui versano gli edifici scolastici in Friuli-Venezia Giulia ove nel 2002 e nel 2003 il 69,42 per cento ed il 69,46 per cento degli edifici scolastici era in possesso di certificazione di agibilità statica rilasciata, con una elevata percentuale di edifici, pari ad oltre il 30 per cento, privi di tale requisito;
è evidente la necessità di sollecitare la direzione regionale competente affinché si provveda a dotare tutti gli edifici scolastici di tale certificazione -:


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se non ritenga di dover sollecitare la direzione regionale del Friuli-Venezia Giulia affinché siano espletate le verifiche ed i sopralluoghi necessari per l'ottenimento della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici della regione.
(4-13976)

Risposta. - È da premettere che il MIUR non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento la messa a norma ed in sicurezza) ai singoli enti locali, comuni e province, puntualmente obbligati.
Ciò nonostante questa amministrazione vi ha spesso fattivamente contribuito,
ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi, al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di lire. Somma, questa, che, in virtù degli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente dedicata all'adeguamento ed alla messa a norma degli edifici scolastici (ivi compresa l'eventuale riconduzione a salubrità) favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti enti locali, e la normativa di riferimento (ed in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, recentemente prorogato al 30 giugno 2006) e che, peraltro, si aggiunge a quelle già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire.
Con particolare riguardo alle zone collegate al rischio sismico, il MIUR non ha mancato di intervenire ed infatti sono stati espressamente contemplati appositi interventi con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all'articolo 80, comma 21, nell'ambito del programma delle infrastrutture scolastiche, ha previsto l'inserimento, del programma delle infrastrutture strategiche attraverso un apposito «piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riferimento a quelli insistenti nelle zone soggette a rischio sismico, predisposto di concerto con il Ministero delle infrastrutture, da sottoporre, sentita la Conferenza Unificata, al CIPE, che ripartisce parte delle risorse citate, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 3 della legge n. 23 del 1996. A fronte, poi, delle difficoltà di copertura finanziaria, per favorirne concretamente l'avvio, con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria 2004) è stata disposta la riserva al piano di una somma non inferiore al 109 delle risorse destinate complessivamente all'attivazione del programma delle infrastrutture strategiche nel quale lo stesso piano s'inserisce, disponibili al 1o gennaio 2004.
Pertanto, oltre al piano generale tempestivamente predisposto e che prevede per i primi interventi al riguardo un considerevole impegno finanziario pari ad 8.000 miliardi di vecchie lire realizzabile attraverso un'adeguata pluriennalità, è stato definito un primo piano stralcio di circa 194 milioni di euro, per 738 interventi, formulato dalle competenti Regioni sulla base delle richieste dei rispettivi enti locali ed approvato da un' apposita commissione tecnico-scientifica, costituita presso il mistero delle infrastrutture e dei trasporti di cui fanno parte anche rappresentanti del MIUR, della Protezione civile e delle regioni.
Tale piano è stato definitivamente approvato dal CIPE nella seduta del 20 dicembre 2004 e la relativa delibera, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale per il concreto avvio delle attività, mentre a breve si procederà alla predisposizione dei programmi di completamento, sulla base delle linee-guida indicate dalla commissione predetta, inserendo secondo un ordine di priorità decrescente i restanti interventi da effettuare e cominciando con l'utilizzare le risorse ancora disponibili tratte dal 10 per


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cento di cui si è detto. Tali risorse, secondo le stime del mistero dell'economia e delle finanze, dovrebbero consentire un ulteriore volume d'investimenti di circa 270 milioni di euro. Per anticipare le spese per la progettazione delle opere di cui sopra è stata prevista la riserva del 30 per cento del fondo di rotazione presso la Cassa depositi e prestiti.
A seguito, poi, del monitoraggio attivato nel 2002 dal ministero interrogato sulla «cultura della sicurezza nelle scuole» e sostanzialmente rivolto a conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personale si è intervenuti con l'assegnazione di più di 20 milioni di euro annui alle direzioni regionali, prioritariamente finalizzati all'esercizio di tali attività, anche con la collaborazione dei Vigili del fuoco, con i quali è stata sottoscritta un'apposita convenzione diretta ad agevolarne il compimento. Il monitoraggio ha fatto emergere anche indicazioni afferenti alle attività di diretta pertinenza degli enti locali quali, a titolo esemplificativo, certificazioni ed attività strutturali; si è provveduto pertanto, ad inoltrarlo, per gli interventi di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze degli Enti locali competenti.
In ordine, infine, all'ulteriore questione rappresentata dall'interrogante in merito alla conoscenza, da parte dell'amministrazione scolastica di eventuali situazioni di degrado delle strutture scolastiche, ribadito come l'eventuale problematica sostanziale rientri comunque nelle attribuzioni istituzionali degli Enti locali, si rammenta come l'articolo 7 della legge n. 23 del 1996 attribuisce a questo ministero la realizzazione e la cera, nell'ambito del proprio Sistema informativo e con la collaborazione degli enti stessi, di un'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, articolata per regioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del relativo patrimonio, al fine di attivare uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione.
Tale Anagrafe, peraltro, oltre all'essenziale collaborazione delle scuole e degli enti locali, vede il concorso attivo delle regioni, alle quali spetta, in prima istanza, la costituzione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori, opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione le quali, transitando dai nodi regionali pervengono poi al MIUR.
Attraverso tali informazioni, molteplici e particolarmente articolate, sarà finalmente possibile conoscere, da parte di tutti gli addetti ai lavori, l'effettivo stato degli edifici scolastici pubblici dell'intero territorio nazionale, con particolare riguardo al livello di sicurezza e di agibilità, alle barriere architettoniche, all'affollamento, all'idoneità e salubrità delle strutture e delle zone nelle quali insistono ed ogni altra caratteristica, a fronte della quale poter assumere, secondo le rispettive competenze, le necessarie iniziative.
La rilevazione riguarderà circa 42.000 edifici nei quali operano le quasi 10.800 istituzioni scolastiche statali, con un utenza di più di 9 milioni di persone: tale importante rilevazione si caratterizza per il coinvolgimento di tutte le componenti interessate (uffici centrali e periferici del ministero, regioni, province, comuni e scuole) in un'ottica di fattiva collaborazione sinergica, esplicatasi, peraltro, fin dall'avvio dell'iniziativa, con una piena condivisione dei contenuti, delle finalità e di tutti i relativi passi procedurali.
L'iniziativa - si ricorda che è contenuta in una legge del 1996 - è stata concretamente avviata.
Il ministero ha posto in essere tutte le attività di competenza, quali, a titolo esemplificativo, la definizione delle schede di rilevazione, la predisposizione del relativo manuale, la formazione dei formatori regionali che devono, a loro volta, formare i rilevatori locali (più di mille sull'intero territorio nazionale), la predisposizione dei Nodi regionali, la formazione dei relativi responsabili e l'avvio di procedure pilota: la sua conclusione è prevista per i primi mesi del 2006.
Il direttore generale regionale ha riferito che, come si rileva dall'indagine di Legambiente,


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nel Friuli-Venezia Giulia, proprio a causa del violento terremoto verificatosi nell'anno 1976, la percentuale di edifici scolastici con certificazione di agibilità statica sia molto più alta della media nazionale.
Il direttore medesimo ha inoltre assicurato, proprio in considerazione dell'importanza di tale problematica, di continuare a rapportarsi con gli enti locali ed i dirigenti scolastici al fine di raggiungere l'obiettivo di dotare della necessaria certificazione gli altri Istituti scolastici.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici, dossier denominato «Ecosistema scuola 2005», il 33,71 per cento degli immobili che ospitano le scuole vive in una condizione di rischio sismico;
in particolare, significativa risulta la condizione in cui versano gli edifici scolastici in Piemonte ove nel 2002 e nel 2003 il 63,82 ed il 62,23 per cento degli edifici scolastici era in possesso di certificazione di agibilità statica rilasciata, con una elevata percentuale di edifici, pari ad oltre il 36 per cento, privi di tale requisito;
è evidente la necessità di sollecitare la direzione regionale competente affinché si provveda a dotare tutti gli edifici scolastici di tale certificazione, tanto più che in questa Regione addirittura fra il 2002 ed il 2003 è leggermente diminuita la percentuale di edifici in possesso della richiesta certificazione -:
se non ritenga di dover sollecitare la direzione regionale del Piemonte affinché siano espletate le verifiche ed i sopralluoghi necessari per l'ottenimento della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici della regione.
(4-13979)

Risposta. - È da premettere che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive Regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento la messa a norma ed in sicurezza) ai singoli Enti locali, Comuni e Province, puntualmente obbligati.
Ciò nonostante questa Amministrazione vi ha spesso fattivamente contribuito, ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi, al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di lire. Somma, questa, che, in virtù degli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente dedicata all'adeguamento ed alla messa a norma degli edifici scolastici (ivi compresa l'eventuale riconduzione a salubrità) favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti Enti locali, della normativa di riferimento (ed in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, recentemente prorogato al 30 giugno 2006) e che, peraltro, si aggiunge a quelle già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire.
Con particolare riguardo alle zone collegate al rischio sismico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha mancato di intervenire ed infatti sono stati espressamente contemplati appositi interventi con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all'articolo 80, comma 21, nell'ambito del programma delle infrastrutture


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scolastiche, ha previsto l'inserimento, del programma delle infrastrutture strategiche attraverso un apposito «piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riferimento a quelli insistenti nelle zone soggette a rischio sismico, predisposto di concerto con il Ministero delle infrastrutture, da sottoporre, sentita la Conferenza Unificata, al CIPE, che ripartisce parte delle risorse citate, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 3 della legge n. 23 del 1996». A fronte, poi, delle difficoltà di copertura finanziaria, per favorirne concretamente l'avvio, con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria 2004) è stata disposta la riserva al piano di una somma non inferiore al 10 per cento delle risorse destinate complessivamente all'attivazione del programma delle infrastrutture strategiche nel quale lo stesso piano s'inserisce, disponibili al 1o gennaio 2004.
Pertanto, oltre al piano generale tempestivamente predisposto e che prevede per i primi interventi al riguardo un considerevole impegno finanziario pari ad 8.000 miliardi di vecchie lire realizzabile attraverso un'adeguata pluriennalità, è stato definito un primo piano stralcio di circa 194 milioni di euro, per 738 interventi, formulato dalle competenti Regioni sulla base delle richieste dei rispettivi Enti locali ed approvato da un'apposita commissione tecnico/scientifica, costituita presso il Ministero delle infrastrutture di cui fanno parte anche rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della Protezione civile e delle Regioni.
Tale piano è stato definitivamente approvato dal CIPE nella seduta del 20 dicembre 2004 e la relativa delibera, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, sarà pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale per il concreto avvio delle attività, mentre a breve si procederà alla predisposizione dei programmi di completamento, sulla base delle linee-guida indicate dalla commissione predetta, inserendo secondo un ordine di priorità decrescente i restanti interventi da effettuare e cominciando con l'utilizzare le risorse ancora disponibili tratte dal 10 per cento di cui si è detto. Tali risorse, secondo le stime del Ministero dell'economia e delle finanze, dovrebbero consentire un ulteriore volume d'investimenti di circa 270 milioni di euro. Per anticipare le spese per la progettazione delle opere di cui sopra è stata prevista la riserva del 30 per cento del fondo di rotazione presso la cassa depositi e prestiti.
A seguito, poi, del monitoraggio attivato nel 2002 da questo Ministero sulla «cultura della sicurezza nelle scuole» e sostanzialmente rivolto a conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'Amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personale, si è intervenuti con l'assegnazione di più di 20 milioni di euro annui alle Direzioni regionali, prioritariamente finalizzati all'esercizio di tali attività, anche con la collaborazione dei Vigili del fuoco, con i quali è stata sottoscritta un'apposita convenzione diretta ad agevolarne il compimento. Il monitoraggio ha fatto emergere anche indicazioni afferenti alle attività di diretta pertinenza degli Enti locali quali, a titolo esemplificativo, certificazioni ed attività strutturali; si è provveduto pertanto, ad inoltrarlo, per gli interventi di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze degli Enti locali competenti.
In ordine, infine, all'ulteriore questione rappresentata dall'interrogante in merito alla conoscenza, da parte dell'Amministrazione scolastica di eventuali situazioni di degrado delle strutture scolastiche, ribadito come l'eventuale problematica sostanziale rientri comunque nelle attribuzioni istituzionali degli Enti locali, si rammenta come l'articolo 7 della legge n. 23 del 1996, attribuisce a questo Ministero la realizzazione e la cura, nell'ambito del proprio Sistema informativo e con la collaborazione degli Enti stessi, di un'Anagrafe nazionale dell'Edilizia scolastica, articolata per Regioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del relativo patrimonio, al fine di attivare uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione.
Tale Anagrafe, peraltro, oltre all'essenziale collaborazione delle scuole e degli Enti locali, vede il concorso attivo delle Regioni,


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alle quali spetta, in prima istanza, la costituzione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori, opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione le quali, transitando dai nodi regionali pervengono poi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Attraverso tali informazioni, molteplici e particolarmente articolate, sarà finalmente possibile conoscere, da parte di tutti gli addetti ai lavori, l'effettivo stato degli edifici scolastici pubblici dell'intero territorio nazionale, con particolare riguardo al livello di sicurezza e di agibilità, alle barriere architettoniche, all'affollamento, all'idoneità e salubrità delle strutture e delle zone nelle quali insistono ed ogni altra caratteristica, a fronte della quale poter assumere, secondo le rispettive competenze, le necessarie iniziative.
La rilevazione riguarderà circa 42.000 edifici nei quali operano le quasi 10.800 istituzioni scolastiche statali, con un utenza di più di 9 milioni di persone: tale importante rilevazione si caratterizza per il coinvolgimento di tutte le componenti interessate (Uffici centrali e periferici del Ministero, Regioni, Province, Comuni e Scuole) in un'ottica di fattiva collaborazione sinergica, esplicatasi, peraltro, fin dall' avvio dell'iniziativa, con una piena condivisione dei contenuti, delle finalità e di tutti i relativi passi procedurali.
L'iniziativa - si ricorda che è contenuta in una legge del 1996 - è stata concretamente avviata.
Il Ministero ha posto in essere tutte le attività di competenza, quali, a titolo esemplificativo, la definizione delle schede di rilevazione, la predisposizione del relativo manuale, la formazione dei formatori regionali che devono, a loro volta, formare i rilevatori locali (più di mille sull'intero territorio nazionale), la predisposizione dei Nodi regionali, la formazione dei relativi responsabili e l'avvio di procedure pilota: la sua conclusione è prevista per i primi mesi del 2006.
Per quanto riguarda in particolare la Regione Piemonte, il Direttore generale regionale ha riferito che da un censimento effettuato nel 2004 è possibile rilevare come i risultati riportati nel
Dossier Legambiente, relativi al possesso del certificato di abilità statica da parte degli edifici scolastici, corrispondano alla reale situazione in cui versano le scuole della Regione.
Proprio al fine di affrontare tale problematica si è svolto il 24 gennaio 2004 a Torino il Convegno nazionale «
L'edilizio, scolastica da competenza locale ad emergenza nazionale», al quale hanno partecipato esponenti dell'Associazione nazionale comuni italiani, del comune di Torino, dell'Ufficio scolastico regionale per il Piemonte e di questo Ministero.
Il suddetto Direttore generale è impegnato costantemente sul tema della sicurezza nelle istituzioni scolastiche svolgendo un'azione di supporto e di coordinamento al fine di favorire il dialogo tra gli Enti locali ed i Dirigenti scolastici.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici, dossier denominato «Ecosistema scuola 2005», il 33,71 per cento degli immobili che ospitano la scuole vive in una condizione di rischio sismico;
in particolare, significativa risulta la condizione in cui versano gli edifici scolastici in Veneto ove nel 2002 e nel 2003 il 53,21 ed il 53,30 per cento degli edifici scolastici era in possesso di certificazione di agibilità statica rilasciata, con una elevata percentuale di edifici, pari ad oltre il 56 per cento, privi di tale requisito;
va ricordato che la media nazionale relativa al possesso della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici è stata, negli anni 2002 e 2003, rispettivamente


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del 57,68 e del 57,54 per cento, sicchè la situazione in Veneto è particolarmente delicata in quanto si colloca al di sotto della già preoccupante media nazionale;
è evidente la necessità di sollecitare la direzione regionale competente affinché si provveda a dotare tutti gli edifici scolastici di tale certificazione -:
se non ritenga di dover sollecitare la direzione regionale del Veneto affinché siano espletate le verifiche ed i sopralluoghi necessari per l'ottenimento della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici della regione.
(4-13984)

Risposta. - È da premettere che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria compresi l'adeguamento la messa a norma ed in sicurezza) ai singoli enti locali, comuni e province, puntualmente obbligati.
Ciò nonostante questa amministrazione vi ha spesso fattivamente contribuito, ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali, attuativi, al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di lire. Somma, questa, che, in virtù degli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente dedicata all'adeguamento ed alla messa a norma degli edifici scolastici (ivi compresa l'eventuale riconduzione a salubrità) favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti Enti locali, della normativa di riferimento (ed in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, recentemente prorogato al 30 giugno 2006) e che, peraltro, si aggiunge a quelle già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire.
Con particolare riguardo alle zone collegate al rischio sismico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha mancato di intervenire ed infatti sono stati espressamente contemplati appositi interventi con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all'articolo 80, comma 21, nell'ambito del programma delle infrastrutture scolastiche, ha previsto l'inserimento, del programma delle infrastrutture strategiche attraverso un apposito «piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riferimento a quelli insistenti nelle zone soggette a rischio sismico, predisposto di concerto con il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da sottoporre, sentita la Conferenza Unificata, al CIPE, che ripartisce parte delle risorse citate, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 3 della legge n. 23 del 1996. A fronte, poi, delle difficoltà di copertura finanziaria, per favorire concretamente l'avvio, con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) è stata disposta la riserva la piano di una somma non inferiore al 10 per cento delle risorse destinate completamente all'attivazione del programma delle infrastrutture strategiche nel quale lo stesso piano s'inserisce, disponibili al 1o gennaio 2004.
Pertanto, oltre al piano generale tempestivamente predisposto e che prevede per i primi interventi al riguardo un considerevole impegno finanziario pari ad 8.000 miliardi di vecchie lire realizzabile attraverso un'adeguata pluriennalità, è stato definito un primo piano stralcio di circa 194 milioni di euro, per 738 interventi, formulato dalle competenti regioni sulla base delle richieste dei rispettivi Enti locali ed approvato da un'apposita commissione tecnico-scientifica, costituita presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui fanno parte anche rappresentanti del MIUR, della Protezione civile e delle regioni.


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Tale piano è stato definitivamente approvato dal CIPE nella seduta del 20 dicembre 2004 e la relativa delibera, in corso di registrazione alla Corte dei conti, sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale per il concreto avvio delle attività, mentre a breve si procederà alla predisposizione dei programmi di completamento, sulla base delle linee-guida indicate dalla commissione predetta, inserendo secondo un ordine di priorità decrescente i restanti interventi da effettuare e cominciando con l'utilizzare le risorse ancora disponibili tratte dal 10 per cento di cui si è detto. Tali risorse, secondo le stime del ministero dell'economia e delle finanze dovrebbero consentire un ulteriore volume d'investimenti di circa 270 milioni di euro. Per anticipare le spese per la progettazione delle opere di cui sopra è stata prevista la riserva del 30 del fondo di rotazione presso la Cassa depositi e prestiti.
A seguito, poi, del monitoraggio attivato nel 2002 dal ministero interrogato sulla «cultura della sicurezza nelle scuole» e sostanzialmente rivolto a conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'Amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personali, si è intervenuti con l'assegnazione di più di 20 milioni di euro annui alle direzioni regionali, prioritariamente finalizzati all'esercizio di tali attività, anche con la collaborazione dei Vigili del fuoco, con i quali è stata sottoscritta un'apposita convenzione diretta ad agevolarne il compimento. Il monitoraggio ha fatto emergere anche indicazioni afferenti alle attività di diretta pertinenza degli enti locali quali, a titolo esemplificativo, certificazioni ed attività strutturali; si è provveduto pertanto, ad inoltrarlo, per gli interventi di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze degli Enti locali competenti.
In ordine, infine, all'ulteriore questione rappresentata dall'interrogante in merito alla conoscenza, da parte dell'amministrazione scolastica di eventuali situazioni di degrado delle strutture scolastiche, ribadito come l'eventuale problematica sostanziale rientri comunque nelle attribuzioni istituzionali degli Enti locali, si rammenta come l'articolo 7 della legge n. 23 del 1996 attribuisce a questo Ministero la realizzazione e la cura, nell'ambito del proprio Sistema informativo e con la collaborazione degli enti stessi, di un'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, articolata per ioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del relativo patrimonio, al fine di attivare uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione.
Tale Anagrafe, peraltro, oltre all'essenziale collaborazione delle scuole e degli Enti locali, vede il concorso attivo delle Regioni, alle quali spetta, in prima istanza, la costituzione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori, opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione le quali, transitando dai nodi regionali pervengono poi al MIUR.
Attraverso tali informazioni, molteplici e particolarmente articolate, sarà finalmente possibile conoscere, da parte di tutti gli addetti ai lavori, l'effettivo stato degli edifici scolastici pubblici dell'intero territorio nazionale, con particolare riguardo al livello di sicurezza e di agibilità, alle barriere architettoniche, all'affollamento, all'idoneità e salubrità delle strutture e delle zone nelle quali insistono ed ogni altra caratteristica, a fronte della quale poter assumere, secondo le rispettive competenze, le necessarie iniziative.
La rilevazione riguarderà circa 42.000 edifici nei quali operano le quasi 10.800 istituzioni scolastiche statali, con un utenza di più di 9 milioni di persone: tale importante rilevazione e si caratterizza per il coinvolgimento di tutte le componenti interessate (uffici centrali e periferici del ministero, regioni, province, comuni e scuole) in un'ottica di fattiva collaborazione sinergica, esplicatasi, peraltro, fin dall'avvio dell'iniziativa, con una piena condivisione dei contenuti, delle finalità e di tutti i relativi passi procedurali.
L'iniziativa - si ricorda che è contenuta in una legge del 1996 - è stata concretamente avviata.
Il ministero ha posto, in essere tutte le attività di competenza, quali, a titolo esemplificativo,


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la definizione delle schede di rilevazione, la predisposizione del relativo manuale, la formazione dei formatori regionali che devono, a loro volta, formare i rilevatori locali (più di mille sull'intero territorio nazionale), la predisposizione dei Nodi regionali, la formazione dei relativi responsabili e l'avvio di procedure pilota: la sua conclusione è prevista per i primi mesi del 2006.
In particolare, per quanto riguarda il Veneto, il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale ha riferito che le amministrazioni provinciali e comunali, sensibilizzate dai dirigenti scolastici e dall'amministrazione scolastica locale, stanno compiendo notevoli sforzi per investimenti a lungo termine per l'edilizia scolastica.
Viene confermato, inoltre, che con il coordinamento della regione ed in collaborazione con le province ed i centri servizi amministrativi si sta lavorando sull'istituzione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica: al momento, sono in corso le rilevazioni necessarie che potranno permettere di gestire al meglio le problematiche connesse al rilascio della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici del territorio.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel Dossier di Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici, dossier denominato «Ecosistema scuola 2005», il 33,71 per cento degli immobili che ospitano la scuole vive in una condizione di rischio sismico;
in particolare, significativa risulta la condizione in cui versano gli edifici scolastici in Calabria ove nel 2002 e nel 2003 il 45,19 ed il 44,74 per cento degli edifici scolastici era in possesso di certificazione di agibilità statica rilasciata, con una elevata percentuale di edifici, pari ad oltre il 65 per cento, privi di tale requisito;
va ricordato che la media nazionale relativa al possesso della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici è stata, negli anni 2002 e 2003, rispettivamente del 57,68 e del 57,54 per cento, sicchè la situazione in Calabria è particolarmente delicata in quanto si colloca al di sotto della già preoccupante media nazionale;
in particolare in Toscana è degno di osservazione il fenomeno per cui dal 2002 al 2003 addirittura è, pur se non pesantemente, diminuita la percentuale degli edifici scolastici in possesso della certificazione di agibilità statica;
è evidente la necessità di sollecitare la direzione regionale competente affinché si provveda a dotare tutti gli edifici scolastici di tale certificazione, tanto più in aree ove i fenomeni sismici sono statisticamente assai ricorrenti -:
se non ritenga di dover sollecitare la direzione regionale della Calabria affinché siano espletate le verifiche ed i sopralluoghi necessari per l'ottenimento della certificazione di agibilità statica degli edifici scolastici della regione.
(4-13995)

Risposta. - È da premettere che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non partecipa direttamente all'attivazione di opere di edilizia scolastica sul territorio, essendone riservata la programmazione alle rispettive Regioni e la loro concreta attuazione (realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria, compresi l'adeguamento la messa a norma ed in sicurezza) ai singoli Enti locali, Comuni e Province, puntualmente obbligati.
Ciò nonostante questa Amministrazione vi ha spesso fattivamente contribuito,
ad adiuvandum, attraverso l'attribuzione di appositi finanziamenti, sotto forma di mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con totale ammortamento a carico dello Stato. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23,


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che ha previsto l'attivazione di piani triennali di programmazione regionale, articolati in singoli piani annuali attuativi, al momento è stata complessivamente attribuita una somma equivalente a circa 4.000 miliardi di lire. Somma, questa, che, in virtù degli indirizzi previsti nei singoli decreti di riferimento, è stata essenzialmente dedicata all'adeguamento ed alla messa a norma degli edifici scolastici (ivi compresa l'eventuale riconduzione a salubrità) favorendo così la concreta applicazione, da parte dei competenti Enti locali, della normativa di riferimento (ed in particolare dell'articolo 15 della legge n. 265 del 1999, che prevedeva il completamento di tali attività entro il 31 dicembre 2004, recentemente prorogato al 30 giugno 2006) e che, peraltro, si aggiunge a quelle già erogate in precedenza per analoghe finalità ed ammontanti ad altri 5.700 miliardi di lire.
Con particolare riguardo alle zone collegate al rischio sismico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha mancato di intervenire ed infatti sono stati espressamente contemplati appositi interventi con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, che all'articolo 80, comma 21, nell'ambito del programma delle infrastrutture scolastiche, ha previsto l'inserimento, del programma delle infrastrutture strategiche attraverso un apposito «piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riferimento a quelli insistenti nelle zone soggette a rischio sismico, predisposto di concerto con il Ministero delle Infrastrutture, da sottoporre, sentita la Conferenza Unificata, al CIPE, che ripartisce parte delle risorse citate, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 3 della legge n. 23 del 1996». A fronte, poi, delle difficoltà di copertura finanziaria, per favorirne concretamente l'avvio, con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) è stata disposta la riserva al piano di una somma non inferiore al 10 per cento delle risorse destinate complessivamente all'attivazione del programma delle infrastrutture strategiche nel quale lo stesso piano s'inserisce, disponibili al 1o gennaio 2004.
Pertanto, oltre al piano generale tempestivamente predisposto e che prevede per i primi interventi al riguardo un considerevole impegno finanziario pari ad 8.000 miliardi di vecchie lire realizzabile attraverso un'adeguata pluriennalità, è stato definito un primo piano stralcio di circa 194 milioni di euro, per 738 interventi, formulato dalle competenti Regioni sulla base delle richieste dei rispettivi Enti locali ed approvato da un'apposita commissione tecnico/scientifica, costituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui fanno parte anche rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della Protezione civile e delle Regioni.
Tale piano è stato definitivamente approvato dal CIPE nella seduta del 20 dicembre 2004 e la relativa delibera, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, sarà pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale per il concreto avvio delle attività, mentre a breve si procederà alla predisposizione dei programmi di completamento, sulla base delle linee-guida indicate dalla commissione predetta, inserendo secondo un ordine di priorità decrescente i restanti interventi da effettuare e cominciando con l'utilizzare le risorse ancora disponibili tratte dal 10 per cento di cui si è detto. Tali risorse, secondo le stime del Ministero dell'economia e finanze, dovrebbero consentire un ulteriore volume d'investimenti di circa 270 milioni di euro. Per anticipare le spese per la progettazione delle opere di cui sopra è stata prevista la riserva del 30 per cento, del fondo di rotazione presso la cassa depositi e prestiti.
A seguito, poi, del monitoraggio attivato nel 2002 da questo Ministero sulla «cultura della sicurezza nelle scuole» e sostanzialmente rivolto a conoscere lo stato di avanzamento delle attività di competenza dell'Amministrazione scolastica, con particolare riguardo alle iniziative di formazione del relativo personale, si è intervenuti con l'assegnazione di più di 20 milioni di euro annui alle Direzioni regionali, prioritariamente finalizzati all'esercizio di tali attività, anche con la collaborazione dei Vigili del fuoco, con i quali è stata sottoscritta un'apposita


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convenzione diretta ad agevolarne il compimento. Il monitoraggio ha fatto emergere anche indicazioni afferenti alle attività di diretta pertinenza degli Enti locali quali, a titolo esemplificativo, certificazioni ed attività strutturali; si è provveduto pertanto, ad inoltrarlo, per gli interventi di rispettiva competenza, anche alle rappresentanze degli Enti locali competenti.
In ordine, infine, all'ulteriore questione rappresentata dall'interrogante in merito alla conoscenza, da parte dell'Amministrazione scolastica di eventuali situazioni di degrado delle strutture scolastiche, ribadito come l'eventuale problematica sostanziale rientri comunque nelle attribuzioni istituzionali degli Enti locali, si rammenta come l'articolo 7 della legge n. 23 del 1996 attribuisce a questo Ministero la realizzazione e la cura, nell'ambito del proprio Sistema informativo e con la collaborazione degli Enti stessi, di un'Anagrafe nazionale dell'Edilizia scolastica, articolata per Regioni e diretta ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del relativo patrimonio, al fine di attivare uno strumento conoscitivo per i diversi livelli di programmazione.
Tale Anagrafe, peraltro, oltre all'essenziale collaborazione delle scuole e degli Enti locali, vede il concorso attivo delle Regioni, alle quali spetta, in prima istanza, la costituzione della base dati attraverso l'utilizzo di rilevatori, opportunamente formati, che, spostandosi sul territorio di competenza, acquisiscono le informazioni contemplate dalle apposite schede di rilevazione le quali, transitando dai nodi regionali pervengono poi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Attraverso tali informazioni, molteplici e particolarmente articolate, sarà finalmente possibile conoscere, da parte di tutti gli addetti ai lavori, l'effettivo stato degli edifici scolastici pubblici dell'intero territorio nazionale, con particolare riguardo al livello di sicurezza e di agibilità, alle barriere architettoniche, all'affollamento, all'idoneità e salubrità delle strutture e delle zone nelle quali insistono ed ogni altra caratteristica, a fronte della quale poter assumere, secondo le rispettive competenze, le necessarie iniziative.
La rilevazione riguarderà circa 42.000 edifici nei quali operano le quasi 10.800 istituzioni scolastiche statali, con un utenza di più di 9 milioni di persone: tale importante rilevazione si caratterizza per il coinvolgimento di tutte le componenti interessate (Uffici centrali e periferici del Ministero, Regioni, Province, Comuni e Scuole) in un'ottica di fattiva collaborazione sinergica, esplicatasi, peraltro, fin dall'avvio dell'iniziativa, con una piena condivisione dei contenuti, delle finalità e di tutti i relativi passi procedurali.
L'iniziativa - si ricorda che è contenuta in una legge del 1996 - è stata concretamente avviata.
Il Ministero ha posto in essere tutte le attività di competenza, quali, a titolo esemplificativo, la definizione delle schede di rilevazione, la predisposizione del relativo manuale, la formazione dei formatori regionali che devono, a loro volta, formare i rilevatori locali (più di mille sull'intero territorio nazionale), la predisposizione dei Nodi regionali, la formazione dei relativi responsabili e l'avvio di procedure pilota: la sua conclusione è prevista per i primi mesi del 2006.
Per quanto riguarda in particolare la Regione Calabria, il Direttore generale regionale ha riferito che, al momento, gran parte degli edifici scolastici è sprovvista dei certificati di agibilità statica, malgrado gli stessi siano stati più volte richiesti agli Enti locali competenti al fine di garantire la sicurezza degli alunni, il loro diritto allo studio, insieme alla sicurezza di tutto il personale scolastico.
Il Direttore generale medesimo assicura, infine, di seguire con la massima attenzione le problematiche collegate all'edilizia scolastica restando costantemente in contatto con gli Enti locali, anche attraverso apposite conferenze di servizio.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le autorità di Damasco hanno arrestato, nel corso degli ultimi mesi, ben 137 cittadini sauditi con l'accusa di voler entrare dal territorio siriano in territorio iracheno per partecipare alle azioni di guerriglia contro gli Stati Uniti d'America;
la notizia è stata diffusa dal quotidiano saudita Al-Watan che cita fonti siriane secondo cui, appunto, si tratterebbe di sauditi che intendevano unirsi al gruppo di Abu Musab Al-Zarqawi (confronta Agenzia Alci del 5 maggio 2005, ore 9,26);
tale comportamento siriano, insieme al recente ritiro completo delle truppe dal territorio libanese, sembra mostrare, nei fatti, l'infondatezza delle accuse rivolte alla Siria di aiutare la guerriglia irachena antiamericana -:
se la notizia dell'arresto di 137 cittadini sauditi che, attraverso il territorio siriano, intendevano entrare in Iraq per partecipare alle operazioni di guerriglia con il gruppo di Abu Musab Al-Zarqawi, non costituisca elemento di grande rilievo per dimostrare che il regime del Presidente Assad in realtà sta in ogni modo mostrando una nuova dimensione politica, confermata anche dal recente ritiro completo delle truppe dal territorio libanese, truppe che, peraltro, erano legittimamente presenti in base agli accordi interlibanesi di Taef del 1989.
(4-14356)

Risposta. -Nel corso dell'ottava riunione dei Ministri degli affari esteri dei Paesi confinanti con l'Iraq tenutasi ad Istanbul, il 29-30 aprile 2005, la Siria ha annunciato di voler riallacciare i rapporti diplomatici con l'Iraq, interrotti da oltre vent'anni.
Nel contesto bilaterale, la ripresa dei rapporti diplomatici con l'Iraq rappresenta certamente un gesto di forte impatto politico mirante a segnalare l'interesse di Damasco a migliorare e rilanciare i rapporti con la nuova dirigenza irachena emersa all'indomani del voto. Nel più ampio contesto internazionale, questa costituisce una dimostrazione della volontà di Damasco di collaborare con gli Stati Uniti e di adempiere alle richieste della comunità internazionale, più in generale.
Sul tappeto rimane, tuttavia, il grosso nodo dei controlli alla frontiera siro-irachena, attraverso la quale, secondo gli Stati Uniti e anche le Autorità irachene (come lasciato sottintendere dal Ministro del Piano, Barham Salih, in visita allo State Department il 20 maggio scorso), filtrerebbero singoli terroristi e rifornimenti per gli insorti iracheni. Anche rispetto a questo argomento si è rilevata negli ultimi mesi una certa disponibilità siriana. Da segnalare la missione congiunta americano-irachena a Damasco lo scorso settembre, nonché, come segnalato dall'Onorevole interrogante, il recente arresto dei 137 cittadini sauditi che, attraverso il territorio siriano, intendevano entrare in Iraq per prendere parte alle operazioni di guerriglia.
L'arresto dei terroristi sauditi costituisce, insieme al ritiro, dopo più di trent'anni, delle forze armate siriane dal territorio libanese (ufficialmente completato il 26 aprile scorso), un significativo passo per l'Establishment siriano e la prova della sua volontà di collaborare, anche forse in virtù del profondo isolamento internazionale in cui è venuta a trovarsi la Siria.
Nondimeno, rimane a Washington la convinzione che nel Paese si annidino tuttora cellule baathiste, ritenute responsabili (come reiterato recentemente dal Segretario di Stato, Rice), di fomentare, sostenere e rifornire di uomini e mezzi le forze insurrezionali e terroristiche in Iraq. Questa convinzione, nonché le valutazioni dell'Amministrazione americana sull'incompleto ritiro siriano dal Libano, attuato, secondo Washington (ma anche secondo l'ONU e Parigi, come emerso dalle ultime dichiarazioni del
Quai d'Orsay) solo militarmente, ma non in termini di non ingerenza nel processo politico e soprattutto di smantellamento della rete di intelligence, costituiscono i fattori che hanno causato il recente irrigidimento della posizione americana nei confronti della Siria.


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Rimane, quindi, un forte scetticismo di gran parte della comunità internazionale nei riguardi di un coinvolgimento siriano nei processi di stabilizzazione regionale, basato su una sostanziale diffidenza nei confronti di Damasco.
Da parte nostra, non abbiamo mancato di sottolineare alle Autorità siriane - da ultimo in occasione della mia visita a Damasco, il 10 e l'11 maggio scorso - l'importanza che attribuiamo alla dimensione regionale e al coinvolgimento dei Paesi vicini nella stabilizzazione dell'Iraq, e, al contempo, il nostro apprezzamento per l'azione costruttiva svolta dalla Siria nell'ambito dei Gruppo dei
Neighbouring Countries». Ai siriani abbiamo tuttavia enfatizzato la necessità che Damasco prosegua sul cammino giusto e continui a svolgere un ruolo positivo per realizzare in Iraq il percorso politico sancito dalla Risoluzione 1546.
Sul versante libanese, ho, sempre in quell'occasione, rappresentato alle Autorità siriane la soddisfazione del Governo italiano per l'avvenuto ritiro delle forze militari e di sicurezza siriane dal Paese, sottolineando, al contempo, che è indispensabile che la risoluzione 1559 venga attuata nella sua interezza, ovvero occorre che Damasco interrompa qualsiasi sostegno alle milizie Hezbollah e ponga fine a qualsiasi tipo d'interferenza negli affari interni libanesi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
gli obiettivi sono realizzati, secondo quanto ha previsto la Commissione europea, attraverso l'attuazione di alcuni programmi specifici che, per quanto concerne il programma relativo all'innovazione e allo spirito d'iniziativa d'impresa, intendono favorire e facilitare l'accesso al credito per le piccole e medie imprese;
detto obiettivo è di importanza primaria, anche se, in verità, non può non coniugarsi ad avviso dell'interrogante con un globale ripensamento del rapporto istituti di credito-imprese che favorisca il finanziamento delle idee e dei progetti e non delle imprese che semplicemente siano nelle condizioni di offrire garanzie patrimoniali -:
se il Governo ritenga che nel quadro delle finalità previste dal programma quadro per l'innovazione e la competitività, l'obiettivo della facilitazione dell'accesso al credito per le piccole e medie imprese possa passare attraverso un riesame complessivo del rapporto fra istituti di credito ed imprese, da studiarsi anche a livello europeo, al fine di facilitare l'accesso al credito alle imprese che espongono idee e progetti originali, recuperando una finalità del mondo bancario che, negli ultimi lustri, si era ad avviso dell'interrogante francamente smarrita, essendo invece privilegiato esclusivamente il sistema delle garanzie personali e patrimoniali richieste alle imprese.
(4-14368)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione


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intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
fra gli obiettivi ed il contenuto del programma quadro vi sono gli incentivi all'innovazione, ivi compresa l'eco-innovazione;
tale obiettivo riveste un interesse particolare in quanto attiene alla sostenibilità dello sviluppo economico, concetto sul quale, ormai, vi è adesione anche da parte delle associazioni degli imprenditori, e propone un rapporto particolare anche con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio -:
se nell'ambito della normativa nazionale sulla competitività siano previste iniziative di sostegno all'innovazione che si sposino con quanto indicato e previsto dalla Commissione europea e se, in ogni caso, non si ritenga di dover intensificare la collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine di qualificare il tema della innovazione tecnologica con il rispetto per l'ambiente.
(4-14369)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
fra gli obiettivi ed il contenuto del programma quadro vi è la promozione dell'efficienza energetica;
tale obiettivo, soprattutto se proiettato nel futuro prossimo, ha una rilevanza assolutamente strategica atteso che le risorse offerte dal pianeta si stanno rarefacendo e, conseguentemente, stanno assumendo costi sempre maggiori, sì da postulare una razionalizzazione dei consumi delle fonti di energie anche attraverso la ricerca, la promozione e l'attivazione della efficienza energetica -:
nell'ambito della normativa nazionale sulla competitività, siano previste iniziative concrete, di concerto, in sede nazionale, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, e, in sede internazionale, nelle opportune sedi europee al fine di promuovere il concetto di efficienza energetica per massimizzare la razionalizzazione dell'utilizzo produttivo delle fonti di energia.
(4-14370)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);


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il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
fra gli obiettivi ed il contenuto del programma quadro vi è la realizzazione di una società dell'informazione accessibile a tutti;
tale obiettivo, per quanto definito con preoccupante genericità, è indubbiamente meritevole di grande attenzione e soprattutto meritevole di concreti interventi attuativi da parte del sistema Paese, che deve sapere organizzare adeguatamente la società dell'informazione diffondendone la conoscenza e l'utilizzo -:
se, nell'ambito della normativa nazionale, sulla competitività siano previste specifiche iniziative, di concerto, se ritenuto opportuno e/o necessario, con altri ministeri al fine di realizzare una società della conoscenza effettivamente accessibile a tutti e, segnatamente, agli apparati produttivi che necessitano, mai come in questo frangente storico ad avviso dell'interrogante, di tutti i supporti conoscitivi possibili per non rischiare l'esclusione dai circuiti produttivi importanti.
(4-14371)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
fra gli obiettivi ed il contenuto del programma quadro vi è la promozione della competitività delle imprese con particolare riferimento alle piccole e medie imprese (PMI);
tale obiettivo assume un rilievo tutto particolare per il nostro Paese che, come nessun altro, dispone di una forza produttiva straordinaria offerta appunto da una rete eccezionale di piccole e medie imprese -:
quale rapporto si ritiene di poter costruire fra l'obiettivo (e quindi gli indirizzi) della Commissione europea in tema di promozione della competitività delle imprese, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, e la nuova normativa nazionale sempre in tema di competitività delle imprese.
(4-14372)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, in data 6 aprile 2005, nel quadro della revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha formalmente presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l'innovazione e la competitività 2007-2013 (COM(2005)121);
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generali la cui finalizzazione sia quella di rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico;


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la proposta è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo;
per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) la Commissione europea ha stanziato 4.212,6 milioni di euro, e dunque una cifra ragguardevolissima;
la concessione dei finanziamenti avverrà in applicazione delle regole comunitarie in vigore in materia di aiuti di Stato, mentre sono state introdotte iniziative di sostegno specifiche per le piccole e medie imprese come, ad esempio, per quelle innovatrici a forte crescita o per aumentare la capacità, da parte delle banche di piccolo e medio livello, di concedere prestiti alle stesse piccole e medie imprese -:
quali iniziative intenda assumere per cercare di creare le condizioni di conoscenza, da parte delle piccole e medie imprese, della possibilità concreta di ottenere le risorse messe a disposizione della Commissione europea, tenuto conto della cospicua cifra di 4.212,6 milioni di euro e delle conosciute regole per la concessione dei finanziamenti.
(4-14373)

Risposta. - In relazione alle interrogazioni in esame, alle quali si risponde congiuntamente, riferendosi le stesse al medesimo argomento, si rappresenta quanto segue.
La proposta di Programma Quadro per l'innovazione e la competitività è stata formalizzata dalla Commissione europea il 6 aprile 2005 ed ha da poco iniziato il suo iter presso il Consiglio ed il Parlamento europeo.
L'approvazione del programma dovrà, al più tardi, intervenire entro la fine del prossimo anno, per entrare in vigore il primo gennaio 2007, allo scadere dei diversi programmi che lo hanno preceduto, in particolare, il Programma pluriennale per la politica d'impresa, del quale mutua numerosi strumenti operativi e di cui si propone, con il testo in argomento, l'integrazione in un unico «Programma Quadro».
Nel far presente che si condividono tutte le osservazioni espresse e le indicazioni fornite negli atti in esame in merito agli obiettivi da realizzare, attraverso l'attuazione di specifici programmi previsti dalla Commissione europea, si precisa che le stesse entreranno a far parte delle indicazioni negoziali della delegazione del Ministero delle attività produttive che seguirà il negoziato. Si precisa, inoltre, che, al momento, non è possibile anticipare i risultati del negoziato il cui esito dipende, in larga misura, quanto al merito, dal contemperamento delle esigenze dei venticinque Stati membri, e, per quanto riguarda l'ammontare finanziario, dall'esito del negoziato in corso, a ben altro livello, sulle cosiddette «prospettive finanziarie 2007-2013».
Lo stanziamento di euro 4.212,6 milioni cui si fa riferimento nell'atto n. 4-14373, in realtà si configura come «dotazione di bilancio indicativa» che dovrà, nel corso del negoziato, essere dapprima confermato come tale, inoltre, risultare compatibile con gli esiti del citato negoziato sulle più ampie prospettive finanziarie e, infine, essere effettivamente iscritto nel bilancio annuale dell'Unione dall'Autorità di Bilancio.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 24 aprile 2003 il braccio destro di Saddam Hussein, Tareq Aziz, si consegnava alle autorità statunitensi e veniva ristretto nella prigione di Camp Cropper a Baghdad;
da quella data Tareq Aziz sta subendo trattamenti, ad avviso dell'interrogante, non soltanto disumani, ma in aperta violazione di tutte le convenzioni internazionali;
a distanza di oltre due anni dalla carcerazione, nei confronti di Tareq Aziz non è stata formalizzata accusa di sorta, ed egli, insieme ad altri tredici detenuti,


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non ha potuto avere contatto alcuno con la famiglia, né telefonico, né a mezzo posta;
egli ha potuto avere soltanto da poco tempo contatti con il proprio avvocato;
la condizione in cui è costretto Tareq Aziz è in contrasto insanabile con il diritto internazionale, con la Convenzione di Ginevra e con la stessa legge irachena;
il rispetto dei diritti prescinde da ogni valutazione e/o prova di colpevolezza di Tareq Aziz ed anzi il ritorno alla democrazia deve affermarsi proprio attraverso il rispetto dei diritti che competono a chiunque, anche a coloro che possono essersi macchiati dei delitti più orrendi -:
se, anche in relazione alle lettere di Tareq Aziz pubblicate dal giornale britannico «The Observer», non ritenga di dover intervenire presso l'alleato governo statunitense, indipendentemente da ogni valutazione circa la sua colpevolezza o meno, al fine di far cessare lo scempio giuridico del trattamento carcerario riservato a Tareq Aziz, innanzi tutto chiedendo che siano formulati capi d'accusa e quindi consentendo contatti con la famiglia, considerando che egli è incarcerato da oltre due anni.
(4-14840)

Risposta. - Secondo le informazioni in possesso del ministero interrogato, Tarek Aziz vede con regolarità il suo legale ed i suoi familiari, senza però la possibilità di fissare a priori degli appuntamenti, che avvengono quindi solo su richiesta, volta per volta. Tarek Aziz si trova sotto la custodia fisica della Forza Multinazionale, mentre da un punto di vista giuridico, la competenza sui crimini di cui è accusato è del Tribunale Speciale appositamente istituito allo scopo di giudicare gli esponenti del passato regime ba'athista.
Il trattamento di Tarek Aziz da parte della MNF sarebbe conforme alle Convenzioni di Ginevra e le norme internazionali applicabili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio europeo di Bruxelles, svoltosi il 16 ed il 17 giugno 2005, ha incoraggiato il proseguimento dei lavori di elaborazione del piano di azione con l'India, che deve essere approvato al sesto vertice previsto nel secondo semestre del 2005 a Nuova Delhi;
l'India, come è noto, si pone in posizione commercialmente conflittuale con l'Europa e con l'Italia;
quale sia la posizione dell'Italia, con specifico riferimento alla condizione di conflittualità commerciale con l'India, in ordine alla prosecuzione dei lavori di elaborazione del piano di azione con l'India e se non ritenga di suggerire ai partners europei la necessità di porre in modo esplicito la questione al fine di affrontare con chiarezza e lealtà tutti i temi che possono dividere l'Europa e l'India.
(4-15591)

Risposta. - Il progetto di Piano di Azione europeo con l'India, che dovrà essere adottato in occasione del prossimo vertice Unione Europea - India a Nuova Delhi il 7 settembre prossimo, intende approfondire le materie di cooperazione dell'accordo di partenariato, già concluso nel novembre 2004.
Trattasi di un testo generale di ampio respiro il quale non intende sostituirsi - come quadro giuridico ed istituzionale - all'Accordo esistente o al dialogo condotto in seno alle istituzioni multilaterali e all'Organizzazione Mondiale del Commercio in primo luogo. Il progetto di piano di azione si articola in cinque punti principali:
a) il rafforzamento del dialogo politico e del sistema di consultazione reciproca;
b) la sicurezza internazionale e il sostegno al multilateralismo;
c) la capacità di far fronte alle sfide globali;


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d) il riavvicinamento delle rispettive culture e delle popolazioni;
e) il rafforzamento della partnership economica e commerciale.

Ciascun punto prevede un dialogo e una cooperazione attraverso incontri a livello ministeriale e di esperti, al fine di promuovere la collaborazione in ognuno dei settori interessati.
Il dialogo politico dovrà riguardare temi quali i diritti umani, la democrazia, il pluralismo e le diversità.
Quanto alla tutela della sicurezza internazionale, le Parti sono d'accordo nel sostenere un effettivo sistema multilaterale e in tal senso viene sottolineata l'importanza delle operazioni di
peace-keeping, di peace-building e di post-conflict assistance. In tal senso entrambe attribuiscono una certa rilevanza alle tematiche legate alla riforma delle Nazioni Unite.
Ci si propone di rafforzare il sistema di cooperazione nella lotta al terrorismo ed al crimine organizzato, nonché di incentivare il dialogo sul disarmo e sulla non-proliferazione delle armi di distruzione di massa (tale obiettivo andrà perseguito attraverso incontri e riunioni periodiche di esperti ed autorità settoriali).
Ampio spazio va dedicato alle tematiche legate alla cultura e ai legami delle rispettive società. A tal proposito si vuole promuovere una collaborazione riguardante le tematiche legate all'immigrazione e alla mobilità globale, nonché alle tematiche consolari. Appare opportuno, inoltre, promuovere uno scambio a livello parlamentare, dell'istruzione e delle società civili facilitando altresì la cooperazione culturale. È importante anche aumentare la visibilità reciproca a livello delle rispettive opinioni pubbliche, attraverso, ad esempio, una maggiore attenzione da parte dei media.
Infine a livello economico si prevede un rafforzamento del dialogo che promuova la condivisione e la partecipazione riguardo le rispettive prospettive e conoscenze nei diversi ambiti, come l'industria, la ricerca scientifica e tecnologica, il settore finanziario e monetario, lo sviluppo sostenibile e le varie questioni ambientali, le fonti energetiche, le
information and communication technologies, i trasporti, le tecnologie aero-spaziali, la ricerca farmaceutica e biologica, l'agricoltura, l'abbattimento delle barriere tariffarie, le politiche per l'occupazione e le politiche sociali, la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà. Il Piano rilancia inoltre il dialogo a livello del settore commerciale e degli investimenti, con particolare riguardo al settore privato, alla tutela della proprietà intellettuale e al settore dei servizi.
Premesso quanto sopra si osserva come, nonostante prevalgano gli aspetti politici, il Piano di Azione tratti anche di importanti argomenti economici al fine di potenziare l'interscambio tra le aree e che da parte italiana non si è mancato di focalizzare l'attenzione su alcuni temi commerciali ai quali gli ambienti industriali europei in generale ed italiani in particolare risultino essere particolarmente sensibili (ad es. per parte nostra, la tutela della proprietà intellettuale).
Si riferiscono inoltre gli ultimi sviluppi intervenuti in sede comunitaria in merito alla discussione tuttora in corso del progetto di Piano di Azione (l'ultima tornata negoziale si è svolta a Bruxelles il 28-30 giugno 2005), in particolare per quanto concerne la sezione «Commercio».
Non si è ancora pervenuti ad un accordo sul testo, per via di un approccio assai ambizioso da parte della Commissione e di uno assai più «prudente» da parte indiana.
Da parte dell'Unione Europea, si segnala la proposta di istituire un Gruppo ad Alto Livello sul commercio allo scopo di presentare, in occasione del
Summit 2006, una serie di proposte concrete sulla maniera di rafforzare le relazioni commerciali bilaterali. In prospettiva, la Commissione sembrerebbe mirare alla conclusione di un Trade and Investmet Enhancement Agreement modellato su quello in corso di negoziazione con il Canada.
Sempre la Commissione ha indicato di voler lanciare colloqui esploratori in materia di protezione delle indicazioni geografiche per giungere, in futuro, ad un'Intesa.


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Anche su questo terna New Delhi appare assai tiepida (allo stato esistono solamente tre indicazioni geografiche indiane registrate). L'importanza delle Indicazioni Geografiche è stata sostenutadall'Italia oltre che da Francia, Spagna, Grecia e Portogallo. Per parte italiana si è altresì attirata l'attenzione della Commissione circa l'opportunità che il dialogo con l'India sulle bandiere non tariffarie riguardi anche le operazioni di sdoganamento delle merci nel più ampio quadro delle facilitazioni al commercio.
New Delhi e Bruxelles concordano circa l'inserimento nel Piano d'Azione di un riferimento ad un comune impegno per il successo della Ministeriale OMC di Hong Kong in tema di
Doha Development Agenda e per l'istituzione, di un Gruppo di Lavoro su questioni SPS/TBT (Sanitarie Fitosanitarie/Barriere Tecniche al Commercio). Si dà contestualmente avvio ad una série di dialoghi settoriali: su appalti pubblici, servizi, strumenti di difesa commerciale.
L'
Action Plan sarà nuovamente oggetto di discussione in seno al Consiglio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

FASANO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito di accese controversie verificatesi fra il personale docenti dell'I.T.G. «Raffaele Di Palo» di Salerno, il clima instauratosi in tale istituto ha assunto toni e sviluppi preoccupanti, tali da pregiudicare l'ordinaria gestione e da risaltare sugli organi di stampa locali;
opportunamente informati, i livelli dirigenziali superiori, sia quello Provinciale che quello Regionale, ad oggi non si è riusciti a gestire la situazione;
secondo l'interrogante il perdurare di una simile situazione, oltre a determinare una ingovernabilità di fatto dell'istituto, genera un'immagine poco lusinghiera dell'intero impianto scolastico -:
quali iniziative si intendano assumere in merito e se sia opportuno avviare una indagine di approfondimento dei fatti riportati dalla cronaca giornalistica.
(4-14898)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante nel rappresentare la conflittualità esistente presso l'Istituto tecnico per geometri «R. Di Palo» di Salerno, tra il corpo docente ed il dirigente scolastico, chiede iniziative in merito.
Al riguardo si fa presente che il dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale della Campania, ha disposto accertamenti ispettivi a seguito di un promemoria redatto da un docente in servizio presso l'istituto suddetto contenente lagnanze a carico del dirigente scolastico.
Il medesimo dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, in data 18 maggio 2005, ha acquisito la relazione ispettiva, che esclude ipotesi di irregolarità contabili e danni erariali ma evidenzia una situazione di conflittualità tra dirigente scolastico, docenti e personale ATA tale da non consentire il ripristino di rapporti sereni.
Pertanto, il direttore generale ha provveduto a convocare il dirigente scolastico ed a concordare un diverso incarico a decorrere dal 1o settembre 2005.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

FOTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'appuntato Abbondotti Giuseppe (nato a Brione - Bs - il 17 luglio 1924 e residente in Piacenza, via Molinaretto, 32) in data 16 maggio 1997 ebbe a presentare un'istanza volta ad ottenere l'aggravamento delle infermità allo stesso già riconosciute


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con decreto ministeriale n. 326 del 3 febbraio 1984;
l'istanza in questione venne respinta con decreto n. 72 del 28 gennaio 2000 a firma del direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa;
avverso detta decisione l'appuntato Abbondotti ebbe a presentare ricorso alla Sezione Giurisdizionale per l'Emilia-Romagna della Corte dei conti, ricorso riassunto dalla signora Amore Maria (nato a Frasso Telesino - Bn - il 29 maggio 1930 e residente in Piacenza, via Molinaretto 32), in qualità di erede di Abbondotti Giuseppe, nel frattempo deceduto -:
se e quando alla signora Amore Maria verrà liquidato quanto dalla stessa richiesto e cioè che l'infermità riconosciuta all'appuntato Abbondotti Giuseppe sia ascrivibile alla quarta categoria, tabella A.
(4-13438)

Risposta. - In data 16 maggio 1997 l'Appuntato dei Carabinieri Giuseppe Abbondotti ha presentato alla Difesa un'istanza di aggravamento della infermità già riconosciuta dall'Amministrazione.
Quest'ultima, sulla base del parere espresso dal Comitato per le Pensioni privilegiate ordinarie che ha precisato che il cumulo delle infermità sofferte dall'interessato non poteva essere ascritto ad una categoria superiore, ha rigettato l'istanza.
Il suddetto Comitato, infatti, ha espresso il parere che le infermità stesse fossero ancora ascrivibili alla 5a categoria anziché alla 4a, come proposto dalla Commissione medico ospedaliera di Bologna (con processo verbale n. 2067 del 02 ottobre 1998).
Peraltro, nel caso specifico, l'auspicata attribuzione della 4a categoria non avrebbe comportato alcun beneficio economico, essendo più favorevole il trattamento di 5a categoria in godimento.
Si precisa, inoltre, che agli atti non risulta notificato alcun ricorso ad istanza dell'interessato o dei suoi aventi causa.
Parimenti, non risulta pervenuta alcuna richiesta da parte della Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per l'Emilia Romagna, intesa ad acquisire il fascicolo amministrativo relativo al provvedimento che si assume impugnato.
È di tutta evidenza che sulla questione non sembrano emergere profili di illegittimità nell'azione dell'Amministrazione che ha applicato in maniera aderente la normativa vigente in materia.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

FRAGALÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la compagnia di bandiera Alitalia, proprio oggi in cui vi è stato il massimo sforzo del Governo per consentirne il salvataggio, il risanamento e il rilancio, allo scalo di Palermo di Punta Raisi, si è negativamente distinta nelle seguenti inammissibili anomalie:
a) il volo Palermo-Roma, con partenza alle ore 08,50 ha subito la sostituzione dell'aeromobile con un altro di minore capienza;
b) l'Alitalia ha praticato un clamoroso overbooking, accettando prenotazioni e vendendo biglietti per un numero di 44 posti in più rispetto a quelli previsti dall'aeromobile;
c) ancora, il personale di terra dell'Alitalia di Punta Raisi, resosi conto dell'incredibile operazione di overbooking, proibita anche nei Paesi del Terzo Mondo, ha ritenuto di coprire la vergognosa anomalia con una «toppa peggiore del buco», accettando una lista di passeggeri cosiddetti vip, con la emissione delle carte d'imbarco, senza la presentazione al banco del medesimo passeggero con il biglietto relativo e il documento di identificazione;
d) trenta minuti prima della partenza dell'aeromobile, il volo risultava completo e chiuso, tanto che alcuni passeggeri, presentatisi in orario ai banchi Alitalia sono rimasti esclusi dal volo, nonostante


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vantassero una regolare prenotazione collegata al possesso di un biglietto Alitalia;
e) i responsabili Alitalia di Palermo, nonostante tali gravi anomalie e tale incredibile stratagemma, fatto subire ai passeggeri regolarmente prenotati e puntualmente presentatisi ai banchi d'accettazione, hanno sostenuto il buon diritto della compagnia di praticare l'overbooking con il pretesto «dei prezzi ridotti praticati sul volo» e non hanno perciò voluto riproteggere i passeggeri sul volo successivo effettuato dalla compagnia Air-one con partenza da Palermo per Roma alle ore 09,50;
f) i numerosi passeggeri regolarmente prenotati e illecitamente esclusi dal volo attraverso l'artifizio della pre-accettazione dei cosiddetti passeggeri vip, senza che si fossero neppure presentati ai banchi, sono stati costretti ad acquistare un nuovo biglietto Air-one per poter raggiungere Roma con il volo successivo. Alla beffa è seguito il danno;
secondo l'interrogante quanto sopra descritto rientra nell'ambito di comportamenti, consuetudini, prassi inaccettabili ed impresentabili che sono alla base del cattivo rapporto tra l'Alitalia e l'utenza, in spregio di ogni regola di mercato, con la conseguenza di continuare a trattare i cittadini come sudditi e gli utenti come «parco buoi» -:
quali iniziative si intendano adottare con riferimento a quanto descritto in premessa, e in particolare se non ritenga che l'ennesimo intervento dei contribuenti italiani per evitare il fallimento e la scomparsa dell'Alitalia, non imponga metodi di gestione e osservanza di regole che rilancino l'immagine e la credibilità della nostra compagnia di bandiera, superando quelle incrostazioni monopolistiche che l'hanno portata sull'orlo del baratro.
(4-11272)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame e per quanto di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si forniscono i seguenti elementi di risposta forniti dall'Ente nazionale per l'aviazione civile - ENAC sulla base delle informazioni doverosamente acquisite dalla società Alitalia.
Il volo cui l'onorevole interrogante fa riferimento nell'atto in parola era l'AZA1780 del giorno 11 ottobre 2004, con partenza da Palermo per Roma Fiumicino alle ore 09,00.
Detto volo era operato con A/M MD82AZ con numero di 164 posti. I passeggeri prenotati erano complessivamente 176 con
overbooking di soli 12 pax.
La gestione del volo non ha presentato particolari criticità in quanto a nessun passeggero presentatosi entro il tempo limiti di accettazione (25 minuti prima dello schedulato) è stato negato l'imbarco, nonostante fossero stati riprotetti 9 clienti del volo precedente.
Solo 6 clienti prenotati hanno dovuto attendere la chiusura del volo per avere la conferma del posto. Ciò per la necessità di garantire la partenza di categorie che Alitalia privilegia quali VIP,
crew must go, minori non accompagnati e passeggeri con proseguimento su altri voli.
L'interrogante, rientrando tra le succitate categorie, ha avuto garantito il proprio posto fino alla chiusura del volo così come è stato fatto per tutte le categorie privilegiate.
La mancata accettazione cui si riferisce nell'interrogazione deriva, a detta di ENAC, dal fatto che egli si è presentato dopo la chiusura del volo e comunque oltre il tempo limite per l'accettazione. L'Alitalia informa inoltre che per la circostanza non si è dovuto ricorrere agli indennizzi per rifiuto d'imbarco previsti dalle normative vigenti.
L'Ente per l'aviazione civile ha inteso evidenziare, tuttavia, che in casi del genere la Direzione aeroportuale di Palermo può solo intervenire attraverso il proprio Ufficio Carte dei Diritti presente in aerostazione se informata immediatamente dell'
overbooking denunciato. In caso contrario, può solo acquisire le dichiarazioni del vettore in contraddittorio con quanto dichiarato dal passeggero.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.


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GAMBA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comune di Bollate (Milano) ed il vicino comune di Baranzate Milanese (Milano), quest'ultimo recentemente istituito ma non ancora completamente attivo, sono entrambi sotto l'amministrazione di commissari prefettizi fino alle prossime elezioni amministrative previste per la prossima primavera, con la conseguenza di un temporaneo limite ad ogni iniziativa straordinaria;
i due agglomerati urbani, con le cinque frazioni del comune di Bollate, hanno una popolazione complessiva di circa 60.000 abitanti, e si trovano geograficamente collocati in posizione nevralgica: alla periferia nord ovest della città di Milano, in zona ad alta densità di imprese, al centro di una fitta rete viaria, ad elevato traffico veicolare extracomunale, sulla linea ferroviaria delle Ferrovie Nord Milano-Saronno, con due stazioni sul territorio;
tra qualche mese, nel confinante territorio di Rho-Pero, prenderà avvio l'attività del più grande polo fieristico del mondo;
sul territorio di Baranzate insiste un enorme campo nomadi abusivo, con una «popolazione» stimata in circa 1.000 unità, più volte segnalato per l'alto tasso di criminalità;
nel comprensorio è accertata la presenza di circa 2.000 stranieri regolari, e, si ritiene, di quasi altrettanti irregolari;
all'interno dello stesso territorio vi è il grande carcere di Bollate (ora Baranzate), che per dimensione è il terzo istituto di pena della Lombardia e di cui è previsto a breve l'ulteriore ampliamento;
si è determinato di recente un ulteriore incremento di fatti criminali quali aggressioni e rapine il cui contrasto evidentemente richiederebbe una più fitta rete di agenti sul territorio, tanto che, nonostante il grandissimo ed apprezzato impegno quotidiano dei militari dell'Arma ivi impiegati, si sono verificate situazioni in cui i malviventi hanno potuto dileguarsi indisturbati dopo la commissione di delitti, che hanno suscitato scalpore e forte allarme sociale;
l'unico presidio territoriale è costituito dalla stazione dei carabinieri di Bollate, il cui normale organico risulterebbe essere di 23 militari - già insufficienti per una effettiva attività di controllo e contrasto dei fenomeni criminali - è ridotto a 15 unità, con la previsione di una imminente ulteriore diminuzione;
la indicata attuale consistenza numerica della stazione CC di Bollate comporta che se almeno 4 militari devono presidiare la caserma ed il comandante e un altro sottufficiale sono giustamente impegnati nell'attività di coordinamento, la forza che può dispiegarsi giornalmente sul territorio è quella di due turni di 4 militari ciascuno; ciò comporta per esempio che a ciascuno di essi toccherebbe il controllo di 250 nomadi e mille stranieri -:
per quali motivi non si sia ancora provveduto al reintegro del personale della locale stazione dei carabinieri; quali ulteriori provvedimenti siano previsti per scongiurare il persistere di tale situazione di carenza dell'organico, e per garantire adeguati livelli di sicurezza del territorio interessato.
(4-12477)

Risposta. - I comuni di Baranzate e di Bollate, di cui il primo istituito il 4 agosto 2004 per distacco dal secondo, contano complessivamente una popolazione di circa 51.000 abitanti e si inseriscono in una zona altamente industrializzata a nord-ovest di Milano.
I predetti enti territoriali soffrono di tutti i problemi tipici dei comuni della cintura metropolitana ed in particolare della presenza di alcuni grossi insediamenti di nomadi, che si sono stanziati alla periferia nord-ovest del capoluogo in condizioni gravi di degrado e di precarietà e che gravitano sul loro territorio - soprattutto


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quello di Baranzate - per trovare forme lecite o illecite di sostentamento.
In particolare, nel campi di Via Monte Bisbino, che si trova nel comune di Milano ma a cui si accede dal comune di Baranzate, vivono da circa vent'anni un migliaio di persone di etnia rom, che nel corso degli anni hanno acquistato i terreni su cui hanno costruito abusivamente le loro dimore, divenendo stanziali.
Nei confronti di tale insediamento, sono frequenti i controlli svolgi dalle Forze dell'ordine, anche al fine di verificare la regolarità delle presenze.
Più in generale, come ricordato anche dall'interrogante, sui due comuni è competente la Stazione Carabinieri di Bollate, con una dotazione organica di 21 militari, di cui 20 in forza effettiva, mentre una unità è in corso di assegnazione.
Nel corso del 2004, la suddetta Stazione, con il concorso del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Rho (Milano) ha sviluppato un'intensa attività di contrasto che di fronte ai 24 delitti denunciati, ha portato al deferimento all'Autorità Giudiziaria di 275 persone, di cui 75 in stato di arresto.
Si precisa, inoltre, che in seguito all'apertura, il 31 marzo 2005, del nuovo Polo fieristico, che avrà inevitabili ricadute sulle condizioni dell'ordine e della sicurezza pubblica, nel nord ovest milanese è previsto un potenziamento del dispositivo di vigilanza attuato dalle Forze di polizia.
All'interno dello spazio espositivo è stato, infatti, istituito, con decreto del Capo della Polizia in data 22 febbraio 2005, un Commissariato di Pubblica sicurezza - i cui locali sono in fase di allestimento - (con competenza anche sui comuni di Pero e di Rho), con una dotazione organica complessiva di 31 unità.
È altresì prevista la creazione di un presidio dell'Arma ed un posto di frontiera della Guardia di finanza, nonché l'elevazione a Tenenza della Stazione Carabinieri di Pero e della Brigata della Guardia di finanza di Rho.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

GASPERONI e DUCA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di 147 persone, nel gennaio 2001, ha iniziato il corso Ab Initio Skymaster AB 1-01 (presso Alitalia I/FTO/002), terminato a Maggio 2003;
sul sito http://corporate.alitalia.it/it/careers/specializing/skymaster.htm si leg ge: «Il pilota, una professione affascinante e di grande responsabilità. Attraverso Skymaster, la Scuola di Volo che opera sul mercato dei servizi di addestramento tecnico per la formazione di nuovi piloti Alitalia offre una concreta opportunità ai giovani che sognano una carriera in questa professione. Con il corso Ab Inizio, concepito per chi ha poca o nessuna esperienza di pilotaggio e conforme alla normativa nazionale e a quella europea JAR/FCL, è possibile conseguire la licenza di pilota commerciale (CPL/IR) ed il credito necessario per sostenere l'esame teorico della licenza di pilota di linea;
gli allievi si sono sentiti rassicurati anche da un accordo sottoscritto tra sindacati ed Azienda il 20 luglio 2001 e discusso presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali il 24 gennaio 2003;
l'accordo prevedeva, sinteticamente, le seguenti condizioni:
1) inserimento dei corsisti che abbiano superato con esito positivo il corso in un elenco, valido 48 mesi, con diritto di precedenza in caso di assunzioni da parte di Alitalia Team, con la clausola che gli allievi non potranno svolgere alcuna altra attività lavorativa attinente il titolo professionale conseguito;
2) impegno dell'impresa («l'Azienda si renderà disponibile alla sottoscrizione di un accordo individuale») a intervenire direttamente nei confronti di alcuni Istituti finanziari al fine di fornire un sostegno economico ai corsisti per le spese sostenute;
3) impegno dell'impresa («Alitalia si rende disponibile») a farsi carico del


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mantenimento in corso di validità dei titoli aeronautici conseguiti.
confortati da questo accordo molti allievi stipulano mutui a copertura del costo del corso, che si aggira intorno ai 70.000 euro (settantamila);
alla fine del corso si scopre che Alitalia ha rilasciato licenze nazionali e nessun documento ENAC sembra permettere la conversione secondo JAR;
questo significa che il brevetto così conseguito, contrariamente a quanto dichiarato da Alitalia all'inizio del corso, non è in alcun modo spendibile presso compagnie aeree non italiane, così come già verificato da ex allievi che, a seguito dell'invio del curriculum a Ryanair si sono visti rifiutare la domanda di assunzione poiché i brevetti Alitalia non sono stati ancora convertiti da ENAC e dunque «non sono riconosciuti all'estero»;
attualmente la maggior parte degli ex allievi piloti della Scuola di Volo Alitalia Skymaster (circa una novantina), per riuscire a far fronte al pagamento dei mutui, sta lavorando in Alitalia in qualità di assistente di volo a tempo determinato, in attesa di un'assunzione come pilota che, stante l'attuale piano di risanamento dell'azienda, probabilmente non si verificherà mai; oltre a questo si aggiunge che tali incarichi sono possibili solamente per i residenti a Roma e Milano, in quanto l'azienda non riconosce biglietti aerei dal luogo di residenza fino a tali centri;
alcuni ex allievi sostengono, tra l'altro, che Alitalia in questi mesi ha operato l'assunzione di alcuni piloti, ignorando la priorità della lista nelle quale loro stessi erano inseriti e dichiarata con tanta enfasi nell'accordo stipulato coi sindacati prima dell'inizio del corso;
alla luce delle enormi difficoltà sopra descritte, alcuni piloti hanno richiesto, con lettera raccomandata all'ENAC, la conversione delle licenze secondo normativa JAR ma, a tutt'oggi, non hanno ancora ricevuto risposta;
in data 24 agosto 2004 gli ex allievi piloti Alitalia Skymaster inviano una comunicazione al Presidente e Amministratore Delegato di Alitalia, ingegner Giancarlo Cimoli, nella quale espongono le loro ragioni: anche questa comunicazione viene completamente ignorata;
è chiaro all'interrogante come Alitalia non abbia rispettato nessuna delle clausole inserite nell'accordo del 20 luglio 2001 -:
se sia a conoscenza di tale situazione;
se non consideri ambiguo e censurabile il comportamento di Alitalia e, in caso affermativo quali iniziative intenda adottare presso la compagnia di bandiera per sanare tale situazione e per evitare un possibile contenzioso legale che costerebbe ad Alitalia cifre esorbitanti che andrebbero a gravare sulla già difficilissima situazione in atto.
(4-12677)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile il quale fa conoscere quanto comunicato dalla società Alitalia relativamente alla finzione svolta dalla scuola di addestramento Skymaster per la formazione dei piloti che vengono utilizzati dall'industria nazionale del trasporto aereo e, pertanto, non solo per la compagnia in questione.
Infatti, Enac sottolinea che nel contratto che l'allievo firmava per l'accettazione delle modalità di pagamento, non si faceva alcun riferimento ad un eventuale successiva assunzione da parte di Alitalia in caso di superamento del corso di addestramento.
Quanto sopra veniva evidenziato nell'ambito dell'accordo sindacale del 20 luglio 2001 sottoscritto tra Alitalia, Alitalia Team e le Organizzazioni sindacali e veniva altresì previsto, che i piloti
ex allievi Skymaster avrebbero rappresentato un bacino di riferimento prioritario laddove le loro caratteristiche fossero risultate adeguate e coerenti con le necessità delle suddette aziende.
Purtroppo, la crisi dell'industria aeronautica determinata dagli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, ha obbligato la


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compagnia a definire un piano di emergenza (Contingency Plan) che ha determinato il blocco delle assunzioni di piloti, considerata anche la significativa contrazione del network Alitalia avvenuta a seguito della chiusura di numerosi scali di rete internazionale.
Al fine di rispettare la parte dell'accordo in cui si prevedeva la possibilità di eventuali inserimenti anche in altre realtà del Gruppo, comunque, non su base di priorità, Alitalia Express dal 2002 ha incluso tra le assunzioni di piloti effettuate, anche 92 piloti provenienti dalla Scuola
Skymaster.
L'Enac pone in rilievo che sempre seguendo tale logica, Alitalia ha offerto agli altri piloti formati presso la Scuola
Skymaster la possibilità di un'assunzione come assistente di volo a contratto stagionale, opportunità ad oggi accettata da novantacinque piloti.
Per quanto riguarda gli altri impegni previsti nell'accordo sindacale del 20 luglio 2001, relativamente ai sostegni di tipo economico e ai costi per il mantenimento in corso di validità dei titoli aeronautici conseguiti, la crisi di cui si è fatto cenno ha impedito il concreto avvio dei programmi previsti.
A tal proposito, la società Alitalia ha dovuto adottare specifiche misure di contenimento dei costi che hanno determinato la cancellazione di tutte le voci di spesa non necessarie a garantire la continuità aziendale.
L'Ente pone inoltre in evidenza che le questioni sollevate dai piloti che hanno frequentato presso l'Alitalia o presso altre organizzazioni d'addestramento nazionali, i corsi cosiddetti
«ab initio» integrati, vale a dire corsi che consentono di conseguire la licenza professionale di volo partendo da zero, sono all'attenzione della Direzione licenze del personale dell'Enac.
L'Ente nazionale per l'aviazione civile rappresenta che con l'introduzione dei regolamenti europei Jar Fcl 1,2,3 ed a seguito della delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Ente medesimo n. 4 del 2000, a partire dal 1o ottobre 2000 l'Italia si è impegnata a rilasciare licenze di pilotaggio conformi ai requisiti europei Jar
(Joint Avation Requirements) seguendo i nuovi programmi d'addestramento e controllo, oppure mediante conversione del titolo nazionale, purchè determinate condizioni dettate dal Jaa (Joint Aviaton Authority) vengano rispettate.
Nel caso in questione, i piloti che hanno frequentato un corso secondo le regole nazionali, pur avendo comunque sette anni di tempo per poter fare l'esame finale al maturare quindi dei requisiti d'esperienza, potrebbero essere impiegati solo presso operatori nazionali, cosa in questo momento assai problematica a causa della crisi del settore.
D'altro canto, gli operatori esteri richiedono una licenza con i requisiti europei Jar, preclusa ai piloti che hanno svolto l'addestramento secondo la precedente normativa.
L'Enac fa conoscere, infine, che per ovviare ad una situazione così penalizzante ha ritenuto di prendere in considerazione la particolare valenza formativa dei corsi «integrati» frequentati da questi piloti e ha predisposto un percorso che pur tenendo conto delle caratteristiche dell'addestramento già svolto, consenta loro di conseguire la licenza di volo con i requisiti Jar.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

ALFONSO GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il gruppo CIT è stato esternalizzato dal Gruppo Ferrovie dello Stato con l'obiettivo, allora dichiarato, del rilancio dell'azienda;
la crisi minaccia l'occupazione del gruppo;
il Governo ha ipotizzato l'ingresso di Sviluppo Italia nel pacchetto azionario;
il Governo, tuttavia, non sta convocando i tavoli istituzionali necessari. Sulla


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stampa specializzata corrono voci di manovre finanziarie rispetto al futuro del gruppo;
al contrario sarebbe necessario connettere queste aziende dentro una politica del sistema-paese che aumenti la qualità dell'offerta in materia di turismo -:
quali iniziative intenda adottare per intervenire al fine di risolvere la crisi del Gruppo CIT e difendere l'occupazione.
(4-11506)

Risposta. - La Compagnia Italiana Turismo promuove e realizza poli turistici integrati, gestione alberghiera, tour operating nazionale ed internazionale. Il gruppo è divenuto uno dei principali operatori del settore turistico e si attiva attraverso 27 società in Italia e nel mondo.
La fase critica che sta attraversando attualmente la società, dovuta probabilmente ad una generale crisi che colpisce il settore ed a cui si stanno aggiungendo difficoltà operative causate da tensioni finanziarie attraversate dal Gruppo CIT, ha indotto il Governo ad istituire un tavolo di crisi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il ministero delle attività produttive ha in carico i piani di investimento proposti dalla CIT ed inseriti nella proposta di salvataggio e rilancio prospettata dalla stessa azienda al tavolo di crisi. Tali piani, che utilizzano lo strumento agevolativo del «contratto di programma», risultano essere 6, dei quali due approvati dal CIPE in corso di svolgimento e da rimodulare (Polo Turistico Integrato e Polo turistico Pietrelcina), uno con delibera programmatica del C1PE (Aviosuperficie) non ancora definito e avviato, due più recenti in corso di istruttoria (Piana di Sibari e Villaggio Cala dei Normanni) ed uno ancora da formulare (Borgo degli Ulivi).
In tale contesto, il ministero delle attività produttive per dar seguito a quanto avviato presso il Governo ha ritenuto, nelle more del perfezionamento dell'iter istruttorio sia per quanto concerne le rimodulazioni che le nuove proposte presentate e da presentare, di porre all'attenzione del CIPE, nell'ultima riunione preparatoria del 5 luglio u.s., la situazione così come formulata dal Gruppo CIT, al fine di consentire la predisposizione di una «delibera quadro programmatica» che preveda il nuovo assetto generale degli investimenti. Tale delibera è stata proposta dal Gruppo CIT, quale condizione essenziale a garanzia per il sistema creditizio.
Nel corso della riunione preparatoria del CIPE, si è preso favorevolmente atto di quanto comunicato, richiedendo altresì di conoscere le evoluzioni del piano di salvataggio e rilancio ed in particolare delle determinazioni del sistema bancario, a garanzia degli investimenti già approvati nonché di quelli che consentiranno la definitiva ripresa del Gruppo.
Non appena saranno definiti gli ulteriori elementi istruttori, sulla base delle necessarie comunicazioni che la CIT si è impegnata a produrre in merito alla ristrutturazione della compagine societaria e alle proposte di rimodulazione, la competente direzione generale del ministero procederà a trasmettere le risultanze al CIPE per l'adozione delle determinazioni finali.
Il ministero delle attività produttive ritiene di aver adempiuto, con quanto sopra, in maniera utile alla salvaguardia di un marchio storico del turismo italiano e dei 2.400 lavoratori occupati sul territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

GIORDANO, ALFONSO GIANNI e PROVERA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Società Freni Brembo Spa, che rappresenta per la Valle Brembana una società di importanza strategica oltre che occupazionale, ha annunciato ufficialmente la volontà di chiudere lo stabilimento di San Giovanni Bianco (Bergamo) per delocalizzare a Mapello ed in Polonia la produzione (L'Eco di Bergamo - 6 febbraio 2005);


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il progetto prevede il licenziamento di 196 lavoratori sui 396 attualmente occupati;
la Brembo Spa ha costruito il proprio successo e la propria immagine di azienda fortemente innovativa e riconosciuta a livello mondiale quale leader del settore, grazie e soprattutto alla capacità lavorativa ed ai sacrifici dei lavoratori della Valle Brembana;
la creazione dello stabilimento della Brembo Spa è stata possibile anche grazie alle agevolazioni, ai contributi e agli aiuti concessi dagli Enti Locali del territorio;
l'Amministratore delegato della Brembo, signor Bombassei, Vicepresidente di Confindustria, ha più volte ribadito la propria volontà di mantenere sul territorio nazionale le proprie attività, e più volte Confindustria si è detta pronta ad impegnare le proprie Aziende ad una maggiore responsabilità sociale delle imprese;
questa crisi occupazionale va ad inserirsi nella più ampia difficoltà in cui si trova la Valle Brembana, a seguito delle crisi che hanno colpito le aziende di tutti i principali poli industriali della Valle, creando condizioni per il progressivo spopolamento industriale e demografico della stessa;
tra le principali ragioni della situazione attuale vi è stata la sostanziale incapacità degli Enti Statali e territoriali a definire negli anni una seria politica infrastrutturale ed economica -:
se, con riferimento al rischio di compromettere i livelli occupazionali, non ritenga di acquisire immediatamente informazioni dettagliate e chiare relativamente alla volontà della Brembo Spa di trasferire a livello nazionale o all'estero le proprie produzioni;
se non ritenga di verificare a fronte di quali progetti da parte di Brembo Spa, la società godette di gevolazioni nella fase di costruzione del sito produttivo, e se non incorrano alcun tipo di possibili sanzioni nel caso di infrazione;
se vi siano responsabilità istituzionali che hanno operato evidentemente in modo fallimentare in una delle zone maggiormente disagiate del Nord-Italia, denunciando negligenze e ritardi che si ha ragione di ritenere causa oggettiva del degrado economico e sociale della Valle Brembana;
se non ritenga di creare da subito un tavolo aperto alle forze politiche e sociali e agli enti territoriali atte a salvaguardare l'occupazione della Brembo Spa in Valle Brembana, e per verificare da subito le azioni necessarie per salvaguardare il futuro delle popolazioni montane.
(4-12897)

Risposta. - Le problematiche relative alla possibilità, di delocalizzazione della Brembo, con la consequenziale crisi di carattere occupazionale che tale scelta potrebbe determinare, nonché il progressivo, spopolamento della Vai Brembana, vanno necessariamente valutate nel più ampio contesto del sistema industriale dell'auto, in forte crisi strutturale a causa della globalizzazione del mercato e delle difficoltà che hanno attualmente le aziende italiane a produrre a prezzi competitivi.
A ciò si aggiungono le note difficoltà legate alla congiuntura economica internazionale e italiana, in particolare, che spinge i produttori d'auto ad indirizzarsi sempre di più verso i mercati emergenti, dai quali arriva il maggior contributo alla crescita, anche per il costo del lavoro, dell'energia e delle infrastrutture, assai più concorrenziale del nostro.
Dopo circa 40 anni di successi la sfida dell'Azienda in questione, che ha beneficiato delle agevolazioni di cui alla legge n. 46 del 1982 FIT vecchie procedure, è ancora quella di contribuire ad aumentare la sicurezza, l'innovazione e l'affidabilità degli autoveicoli che hanno nel sistema frenante un fattore essenziale di sicurezza attiva.
Pertanto, la strategia della Brembo, diretta ad anticipare una potenziale crisi del settore del disco freno, uno dei principali settori in cui opera, è quella di puntare ai seguenti obiettivi:
innovazione e ricerca, alla quale già destina il 6,5 per cento del fatturato, con


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una quota di gran lungo superiore alla media del settore della componentistica;
eccellenza industriale, che garantisce la sostenibilità dei costi, la qualità dei prodotti e la migliore offerta dei servizi al cliente.
Questa duplice politica di sviluppo, secondo l'Azienda, non può che realizzarsi attraverso la creazione, a pochi chilometri, da S. Giovanni Biancò, di un nuovo polo produttivo di eccellenza, integrato alle fonderie di alluminio e ghisa, ove concentrare tutte le risorse che partecipano alla realizzazione dei prodotti e dei processi.
Per la costruzione del nuovo stabilimento è previsto un investimento di circa milioni di euro in due anni.
La politica dell'Azienda, come più volte ribadito dal management della Brembo anche alle parti sociali e alle istituzioni locali, è rivolta a non licenziare il personale, cercando di mantenere e sviluppare sul territorio nazionale le principali attività aziendali.
Infatti, il piano che la società intende realizzare prevede che, nell'arco di 24 mesi, necessari per la riorganizzazione dello stabilimento, tutti i lavoratori troveranno una soluzione occupazionale all'interno del nuovo sito produttivo di Mapello o di quelli ubicati a pochi chilometri di distanza, di Curno e Stezzano. Ciò grazie all'incremento degli ordini in altri settori, a maggior valore aggiunto, in cui l'azienda opera.
Per tale motivo, sono stati previsti significativi investimenti al fine di rafforzare centri decisionali e tecnici, permettere la crescita culturale e il miglioramento qualitativo del sistema produttivo locale, assicurare la valorizzazione delle professionalità e delle esperienze lavorative pregresse, ottimizzare le nuove percorrenze casa-lavoro e l'
outplacement sul territorio per la ricerca di nuove opportunità di lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

GIORDANO, MASCIA e PROVERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che, con lettera datata 17 maggio 2005, il prefetto di Torino ha comunicato ai consiglieri regionali del gruppo della Rifondazione Comunista e Verdi, che non concederà l'autorizzazione per la visita al centro di permanenza temporanea di Corso Brunelleschi a Torino;
il prefetto cita un regolamento di attuazione (articolo 21 comma 7 di attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394);
per quanto consta agli interroganti le mancate autorizzazioni ai consiglieri regionali per l'ingresso al CPT non sono iniziate nel 1999, e cioè da quando è in vigore il suddetto regolamento, bensì dal luglio 2003. Prima di allora i consiglieri erano sempre riusciti ad entrare al centro;
inoltre in questo regolamento non vengono citati i consiglieri regionali ed i parlamentari come soggetti autorizzati a visite. I parlamentari però sinora sono sempre riusciti ad entrare; per analogia si presume che dovrebbero poter accedere ai centri anche i consiglieri regionali -:
se non ritenga di dover chiarire in maniera definitiva la possibilità di accesso nei centri di permanenza temporanea da parte dei rappresentanti di tutti i livelli istituzionali senza porre alcuna gerarchia.
(4-14705)

Risposta. - Si fa presente che il prefetto di Torino, nel concedere le autorizzazioni alla visita del CPT di Corso Brunelleschi, nelle occasioni richiamate dall'interrogante, si è pienamente attenuto alla normativa vigente, alla prassi interpretativa e agli indirizzi formulati dal Ministero dell'interno.
Si ribadisce, infatti, come ricordato anche dall'interrogante, che il comma 7 dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, regolamento di attuazione del decreto legislativo n. 286 del 1998, prevede che possano accedere ai centri specifiche categorie di persone.
In particolare, oltre al personale addetto alla gestione dei centri medesimi, agli appartenenti


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alla Forza Pubblica, al Giudice competente e all'Autorità di pubblica sicurezza, possono accedere «i familiari conviventi e il difensore delle persone trattenute e ospitate, i ministri di culto, il personale della rappresentanza diplomatica o consolare, e gli appartenenti ad Enti, Associazioni del volontariato e Cooperative di solidarietà sociale, ammessi a svolgervi attività di assistenza a norma dell'articolo 22 dello stesso provvedimento, ovvero sulla base di appositi progetti di collaborazione concordati con il Prefetto della Provincia in cui è istituito il centro».
In tale quadro normativo, rispondente alle esigenze di sicurezza e di
privacy degli stranieri ospitati nei centri, l'accesso ai consiglieri regionali non è previsto in generale, a differenza di quanto avviene per gli istituti di pena, anche se vi sono state e vi sono costantemente singole autorizzazioni in relazione a specifiche esigenze adeguatamente motivate.
Possono accedervi liberamente, invece, i parlamentari nazionali, in relazione alle funzioni costituzionali svolte, alfine di compiere le verifiche che ritengono più opportune in tutti i centri e in tutte le parti d'Italia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

GRANDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 25 gennaio 2005 comune e provincia di Bologna, firmarono con la regione l'accordo per la realizzazione di un nuovo passante autostradale a nord di Bologna, e questa realizzazione ha l'obiettivo di riorganizzare il sistema di mobilità sia tangenziale, che autostradale attorno a Bologna;
mancava sull'accordo solo la firma del Ministro Lunardi, unitamente a Rete ferroviaria italiana e ANAS, e era legittimo attendersi una rapida approvazione dei documenti su cui non sono stati mossi, fino ad ora, rilievi;
il 31 dicembre 2004, è stata presentata una proposta di project financing che si accolla la metà della spesa prevista;
non sono state preannunciate difficoltà di finanziamento per la parte pubblica -:
se il Ministro sia a conoscenza di tutti i passaggi e degli atti citati e se non ritenga necessario rispondere in tempi rapidi, consentendo così di procedere agli atti necessari per realizzare il passante Nord.
(4-13586)

Risposta. - La proposta di project financing per la realizzazione del passante autostradale a nord di Bologna è stata presentata il 29 dicembre 2004 ed è ancora in corso di valutazione da parte dell'ANAS spa.
Per quanto riguarda il finanziamento pubblico, questo è al vaglio del Governo in attesa di conoscere la quota di autofinanziamento della proposta su indicata.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

LETTIERI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Società Morgan di Londra, proprietaria dello stabilimento Thermal Ceramics Italiana di Atella, in provincia di Potenza, che produce fibra di ceramica, sembra decisa a trasferire la produzione in Francia, chiudendo ovviamente lo stabilimento lucano;
non si comprendono, secondo l'interrogante, le ragioni di un'eventuale chiusura dello stabilimento di Atella, che ha notevole capacità produttiva e 43 dipendenti altamente qualificati;
sarebbe, perciò, una beffa non solo per i lavoratori e le loro famiglie, ma anche per la collettività lucana;


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lo stabilimento infatti è stato costruito con notevoli contributi pubblici;
l'insediamento suddetto fu salutato con entusiasmo dalle comunità dell'area di Vitalba proprio perché trattasi di una importante industria europea ed oggi, perciò vi sarebbe, in caso di chiusura danno e delusione per un'area che, invece, ha enormi potenzialità di crescita anche industriale -:
se non intenda con urgenza attivare un tavolo di confronto con i responsabili della società suddetta, facendo pesare anche il fatto che l'azienda ha in passato usufruito di fondi pubblici statali.
(4-12843)

Risposta. - In seguito alla decisione annunciata dalla società Thermal Ceramics Italiana di cessare le attività produttive nello stabilimento di Atella, conseguente, secondo la direzione generale della Thermal in Italia, ad una strategia della multinazionale Morgan di Londra di concentrare le produzioni europee di fibra ceramica solo nello stabilimento francese e di cessare la produzione nel sito di Atella, è stato avviato, presso questo Ministero delle attività produttive, un confronto con la società stessa.
Dopo aver verificato l'irrevocabilità della suddetta decisione, il Ministero si è impegnato a favorire, di concerto con le Istituzioni locali, un percorso di riconversione industriale in modo da salvaguardare i livelli occupazionali e garantire la continuità industriale nell'area, già fortemente penalizzata da continui processi di delocalizzazione.
Il
management della Thermal si è reso disponibile, su sollecitazione del Ministero delle attività produttive, ad avviare un percorso condiviso per il raggiungimento del suddetto obiettivo ed, a questo sito, è stato coinvolto un advisor per verificare le potenzialità dello stabilimento, tali da consentire l'ingresso di nuovi operatori del settore.
Sono in corso di verifica le nuove iniziative industriali disponibili ad investire nell'area, in modo da poter riassorbire il personale e rilanciare lo stabilimento.
La Thermal, inoltre, si è resa disponibile a ritirare le procedure di mobilità, attualmente in corso, per attivare ammortizzatori sociali meno traumatici ed a sostenere un piano di gestione degli esuberi.
Si fa presente, infine, che la società
Thermal Ceramics Italiana di Atella non ha fruito di agevolazioni concesse in base alle leggi gestite da questo Ministero, come risulta da indagini effettuate dalla competente direzione generale attraverso il sistema informatico.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

LUCCHESE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane pur essendo formalmente una società per azioni, è sostanzialmente retta da finanziamenti statali e fa parte della galassia delle società partecipate dall'ex Ministro del tesoro;
poiché essa svolge un importante servizio pubblico, l'interrogante ritiene non accettabili le premesse che il Ministro delle comunicazioni antepone alle risposte alle interrogazioni a risposta scritta;
in tutta Italia il servizio postale non è efficiente, a Palermo ad esempio, una lettera da Roma o una Agenzia di stampa vengono recapitate dopo cinque o sette giorni, tutto ciò malgrado il traffico postale si sia ridotto al minimo con l'entrata delle e-mail e dei fax. Allo stesso tempo, mentre sono state mandate a casa migliaia di persone, sono stati assunti con contratti milionari tanti dirigenti e funzionari;
a giudizio dell'interrogante una simile disfunzione, appare intollerabile, visti, oltretutto, i costi sostenuti dallo Stato -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire presso Poste Italiane spa in relazione alle problematiche esposte in premessa.
(4-11871)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che con deliberazione 18 dicembre 1997,


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n. 244 del CIPE (Gazzetta Ufficiale n. 197 del 25 agosto 1998) l'ente Poste italiane è stato trasformato in società per azioni a decorrere dal 28 febbraio 1998, mentre con deliberazione 2 novembre 2000 (Gazzetta Ufficiale n. 291 del 14 dicembre 2000) - di modifica della precedente deliberazione - sono stati attribuiti al solo Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora Ministero dell'economia e delle finanze) i diritti dell'azionista.
Con il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 - di attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio - è stato istituito un fondo di compensazione degli oneri del servizio universale il cui svolgimento era stato affidato all'ente Poste italiane in virtù della legge istitutiva (legge n. 71/1994 di conversione del decreto-legge 10 dicembre 1993, n. 487) al quale è subentrata la società Poste a seguito della deliberazione n. 244/1997 suddetta.
Con decreto del Ministro delle comunicazioni 17 aprile 2000 (
Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 2000) è stata confermata alla medesima società Poste la concessione del servizio postale universale per garantire l'espletamento dal quale si attinge al citato fondo di compensazione - amministrato dal Ministero delle comunicazioni - nel caso e nella misura in cui le entrate derivanti dall'espletamento dei servizi riservati non procurino al fornitore del servizio universale in parola entrate sufficienti a garantire l'adempimento degli obblighi che gravano sullo stesso.
I rimborsi erogati alla società Poste a fronte degli oneri sostenuti per l'erogazione del servizio universale si sono dimostrati sempre insufficienti a coprire le spese effettivamente affrontate dalla società, come è stato evidenziato anche nelle relazioni trasmesse annualmente al Parlamento ai sensi della legge n. 662/1996: non appare, pertanto, esatto sostenere che la società Poste è «sostanzialmente retta da finanziamenti statali».
In merito ai lamentati disguidi nello svolgimento del servizio che si sarebbero verificati in particolare a Palermo, la società Poste - sentita in proposito - nel significare che l'assenza di precisi riferimenti temporali ha reso difficoltoso effettuare specifici accertamenti, ha comunicato che, in linea generale, presso gli uffici di recapito e presso il centro di smistamento della città non sono state segnalate giacenze degne di nota.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle attività produttive, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è noto che la Compagnia di Bandiera Alitalia sta attraversando un periodo di profonda crisi;
ciò nonostante, le tariffe praticate dalla predetta compagnia risultano (specie sulle tratte estere e/o intercontinentali) di gran lunga superiori a quelle delle altre compagnie;
Alitalia sta quindi perdendo la propria clientela, non essendo in grado, diversamente dalle altre compagnie aeree, di svolgere una seria attività promozionale -:
quali siano le valutazioni dei ministri interrogati e quali iniziative intendano eventualmente adottare in merito.
(4-14679)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta forniti dall'Ente nazionale per l'aviazione civile Enac sulla base delle notizie acquisite dalla società Alitalia.
Alitalia comunica che le regole tariffarie sono state fortemente rivisitate e rese particolarmente competitive ed in linea con quelle dei vettori che operano dall'Italia.
A titolo esemplificativo alcune tariffe di andata e ritorno in classe
economy, tasse escluse:
Roma-Londra: Alitalia: 99 euro; British Airways: 99 euro;


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Roma-New York: Alitalia: 569 euro; Delta: 569 euro; American Airlines: 569 euro;
Milano-Madrid: Alitalia: 89 euro; Iberia: 890 euro;
Venezia-Buenos Aires: Alitalia: 539 euro; Iberia: 539 euro; Aeorineas: 539 euro;
Milano-Shanghai: Alitalia 479 euro: Lufthansa 479 euro; KLM 547 euro.

La società aerea ha comunicato, infine, di aver messi a disposizione della clientela una vasta gamma di prodotti tariffari differenziati proprio al fine di consentire al passeggero di acquistare tariffe sempre più convenienti per una stessa destinazione. Tale diversificazione viene presentata in termini di minimo e massimo di permanenza all'estero, modalità di acquisto e classe di prenotazione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

LUCCHESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la compagnia Alitalia applica delle tariffe per voli nazionali, internazionali ed intercontinentali di gran lunga superiori a quelle delle altre compagnie aeree;
ciò determina una notevole perdita di clientela difficilmente recuperabile, con conseguente fuga dei viaggiatori verso diverse compagnie -:
se, alla luce di quanto sopra esposto, ritenga di dover intervenire presso la suddetta compagnia aerea perché siano ridotte le tariffe attualmente in auge.
(4-12396)

Risposta. - La società Alitalia, cui sono state richieste informazioni, fa conoscere che le proprie proposte tariffarie per i voli nazionali, internazionali ed intercontinentali sono studiate per soddisfare le esigenze espresse dai diversi segmenti di clientela presenti sul mercato e serviti dalla stessa compagnia.
La politica tariffaria della società medesima si estrinseca, infatti, in un'offerta articolata e diversificata che guarda ad una clientela molto varia, servita e/o potenziale, vale a dire clientela con motivazioni di affari, aziende, viaggiatori, individuali o di gruppo per turismo e per fiere e convegni, flussi religiosi eccetera.
L'obiettivo primario di offrire alla propria clientela proposte tariffarie soddisfacenti deve ovviamente conciliarsi con l'esigenza di presentare un prodotto tariffario competitivo con quanto offerto dalla concorrenza.
In tale contesto, risulta del tutto normale che si verifichino delle situazioni in cui il prezzo di Alitalia differisca da quello praticato dai concorrenti sia in positivo, sia in negativo in funzione di diversi fattori.
A tale scopo la compagnia di bandiera, alla stregua di tutti i vettori, gestisce in tempo reale l'inventano di ogni singolo volo, ovvero la disponibilità minima e massima delle diverse classi di prenotazione che compongono ogni proposta tariffaria per uno specifico collegamento.
Tale disponibilità è definita sia in base all'andamento del volo e della domanda, vale a dire giorno della settimana, stagione, traffico della rotta, sia al tipologia del prodotto offerto quale: modello di aeromobile, volo diretto o in connessione e numero delle presenze. Il tutto confrontato con la dinamica competitiva ovvero con l'offerta di tutti gli altri vettori presenti sulla rotta.
Alitalia riferisce, inoltre, che le diverse compagnie aeree attive su un mercato, pur pubblicando livelli tariffari comparabili, non presentano gli stessi livelli di disponibilità delle suddette proposte tariffarie in uno stesso periodo di vendita.
È parere di questa Amministrazione che, stante la difficile congiuntura da tempo attraversata dalla compagnia in questione, con i connessi piani di ristrutturazione anche di recente intervenuti, le scelte inerenti il posizionamento e la penetrazione di Alitalia nel mercato spettino ai vertici aziendali della stessa compagnia.


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Qualsiasi intervento governativo sulle suindicate scelte sarebbe in ogni caso contrario alla normativa europea sull'argomento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

LUCCHESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo l'interrogante, in Sicilia dovrebbe essere potenziato il sistema del trasporto aereo; parimenti dovrebbero essere individuate idonee soluzioni per scongiurare le lunghe attese in aeroporto, a causa dei frequenti ritardi nelle partenze degli aeromobili;
sotto altro aspetto, occorrerebbe, ad avviso dell'interrogante, incentivare la concorrenza, incrementando il numero delle compagnie aeree, in modo da determinare la riduzione del costo dei biglietti -:
se e quali iniziative il ministro interrogato intenda adottare in merito.
(4-12990)

Risposta. - Sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'Aviazione civile il quale fa conoscere che, in ambito nazionale ed intraeuropeo, ai sensi dei Regolamenti Comunitari che costituiscono il cosidetto «terzo pacchetto», i vettori comunitari scelgono liberamente le rotte su cui operare fissando le tariffe sulla base di considerazioni puramente commerciali, strettamente correlate alla redditività dell'attività.
A tal riguardo, l'Ente pertanto precisa che non rientra nelle proprie competenze intervenire presso una o più compagnie per indirizzare politiche tariffarie e di traffico.
Per quel che riguarda il potenziamento del sistema aeroportuale della Sicilia, Enac fa presente che gli scali siciliani hanno beneficiato negli ultimi anni di un vasto piano di interventi che ha favorito l'incremento del traffico aereo tra l'isola e il continente.
L'esigenza manifestata di assicurare inoltre la continuità territoriale, soprattutto per i collegamenti da/per le isole minori, si è concretizzata fin dal 2002 con l'istituzione degli oneri di servizio pubblico che garantiscono al territorio il pieno diritto alla mobilità a tariffe agevolate consentendo in tal modo di incrementare gli scambi sociali, turistici e commerciali.
Per quanto concerne le lamentate lunghe attese causate dai frequenti ritardi nelle partenze degli aeromobili registrate negli aeroporti dell'isola, l'Ente pone in luce che le cause dei ritardi dei voli sono molteplici e riconducibili ai diversi soggetti che partecipano nella filiera del trasporto aereo, soggetti che possono produrre disguidi che si riflettono a catena sui voli in arrivo/partenza.
In questo contesto, l'Enac svolge la propria azione di vigilanza attraverso un coordinamento tra i vari soggetti operanti in aeroporto, al fine di garantire la qualità dei servizi e limitare al minimo i disservizi.
In particolare, per i ritardi che dovessero essere imputati ai vettori si rammenta che il 17 febbraio 2005 è entrato in vigore il Regolamento comunitario 261 del 2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo o di ritardo prolungato.
Il Regolamento citato rappresenta, quindi, un valido strumento disponibile in favore dell'utenza per la tutela e la salvaguardia dei propri diritti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

MARAN. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alla signora Doàn Thi Nhù Hoa, cittadina vietnamita, nata a Vu Ban Nam Dinh il 2 novembre 1978 e attualmente residente in Viet Nam, è stato rifiutato, dalla nostra Ambasciata di Hanoi, il visto turistico per l'Italia;


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il diniego è stato dato ai sensi dell'articolo 4 paragrafo 2 Testo unico 286/897, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002 n. 189;
la risposta è stata fornita senza motivare il diniego poiché, come afferma l'addetto consolare in una lettera indirizzata all'avvocato della signora Doàn Thi Nhù Hoa, «la lettera inviata alla medesima è stata formulata secondo quanto previsto dalla normativa vigente e nello specifico in base all'articolo 4 della legge 30 luglio 2002, il quale stabilisce che "...il diniego di visto non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39...". Pertanto, poiché il visto in questione non è stato richiesto in base ai sopra citati articoli, la risposta è stata fornita senza indicare dettagli non previsti dalla normativa»;
all'interessata è stata specificata la possibilità di presentare ricorso ed i modi previsti dalla legge per procedervi;
l'interessata ha richiesto un semplice visto di ingresso di durata non superiore a tre mesi e ha ottemperato alla disposizione di cui all'articolo 4, comma tre, della legge citata avendo dato prova di disporre di mezzi di sussistenza attraverso il signor Cravagna Italo di Ronchi dei Legionari (Gorizia) che, all'uopo, ha contratto apposita polizza fideiussoria con la RAS assicurazioni e che ha dato ampia disponibilità per la sistemazione, pro tempore, della signora Doàn Thi Nhù Hoa -:
quali siano le ragioni che hanno indotto la nostra Ambasciata a rifiutare il visto turistico per l'Italia alla signora Doàn Thi Nhù Hoa;
se le nostre Ambasciate abbiano ricevuto direttive di carattere restrittivo in proposito e in ogni caso quali indicazioni abbiano ricevuto da parte del Ministero.
(4-14108)

Risposta. - In relazione alla questione sollevata dall'interrogante nell'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente quanto segue, sulla base degli elementi fatti pervenire dall'ambasciata d'Italia in Hanoi.
La cittadina vietnamita Doan Thi Nhù Hoa ha presentato all'Ambasciata in Hanoi una richiesta di visto turistico, corredata della lettera di invito del signor Italo Cravagna e della polizza fidejussoria contratta dal medesimo cittadino italiano.
In sede di intervista, la signora Hoa ha informato di aver conosciuto il signor Cravagna in Vietnam circa un anno prima e di averlo successivamente incontrato due volte, frequentandolo per circa tre/quattro settimane in occasione di ciascun soggiorno. Ella non ha peraltro prodotto documenti attestanti il possesso di mezzi finanziari propri, aggiungendo di aver svolto lavoro di cassiera presso un ristorante e di essere disoccupata da tre mesi.
L'ambasciata ha pertanto dovuto constatare che la mancanza di radicamento professionale in Vietnam della richiedente costituisce indice di elevato rischio migratorio, sulla base di quanto previsto nell'istruzione consolare comune in materia di visti predisposta dal Consiglio dell'Unione Europea e ribadito nella circolare n. 14/2001 del ministero degli affari esteri.
In presenza di questa oggettiva situazione e delle specifiche previsioni normative in materia di rilascio dei visti, la nostra Rappresentanza diplomatica ha ritenuto di dover procedere ad emettere un formale provvedimento di diniego del visto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu il 19 marzo 2005, nel corso di un incontro con il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, ha spiegato che i Centri di permanenza temporanea diverranno sedi per le commissioni chiamate a esaminare le richieste di espulsione dal territorio nazionale e per le commissioni che devono esaminare le domande d'asilo;


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secondo queste dichiarazioni i Centri di permanenza temporanea sono destinati a diventare centri polifunzionali nei quali trattenere chiunque si trovi sul territorio italiano come «irregolare» e dove si svolgeranno tutte le pratiche previste dalle norme nazionali ed internazionali per gestire il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
la legge Bossi-Fini e il suo regolamento attuativo, che entrerà in vigore il 21 aprile 2005, tengono ben distinti i Centri di permanenza temporanea (Cpt) e i Centri di identificazione (Cdi) escludendo che le commissioni territoriali per l'esame delle richieste d'asilo possano operare all'interno dei Centri di permanenza temporanea;
l'ubicazione dei centri di identificazione nelle vicinanze o negli stessi locali dei Cpt è una misura vessatoria nei confronti dei richiedenti asilo, che saranno trattenuti in un'area militarizzata circondata da filo spinato;
i regolamenti attuativi della Bossi-Fini hanno stabilito la natura sostanzialmente chiusa dei centri di identificazione, con autorizzazioni limitate all'uscita;
i centri di identificazione devono essere delle strutture aperte dove ospitare le persone per tutto il periodo necessario all'esame della loro domanda di asilo;
la sede di lavoro delle commissioni territoriali per l'esame delle domande d'asilo dovrebbe essere la Prefettura -:
se intenda confermare tale decisione;
se non ritenga che tale accorpamento rischi di svilire le procedure di asilo e di creare una impropria commistione di funzioni tra due istituzioni con natura giuridica diversa;
se non ritenga che tale decisione si ponga in contrasto con quanto previsto dalla stessa legge Bossi-Fini;
in che modo eventualmente intenda differenziare il trattamento di coloro che si trovano nei centri per l'esecuzione delle espulsioni e quello dei richiedenti asilo.
(4-13646)

Risposta. - L'articolo 12, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 303/2004, recante il regolamento relativo alle procedure per li riconoscimento dello status di rifugiato, prevede che «nella Provincia in cui sono istituiti il centro di identificazione e la Commissione territoriale, il Prefetto, ove ritenuto opportuno anche per la migliore razionalizzazione delle risorse, può destinare idonei locali del centro a sede degli uffici della Commissione territoriale».
Detto regolamento prevede, pertanto, la possibilità di allocare gli uffici delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello
status di rifugiato presso i Centri di identificazione.
Le Commissioni territoriali non operano, quindi, presso i Centri di permanenza temporanea e assistenza ma solo presso le strutture deputate all'accoglienza dei richiedenti asilo.
Ciò anche nei casi in cui il centro abbia carattere poilifunzionale.
Si fa presente, infatti, che la polifunzionalità ha origine dalla constatazione che spesso nelle medesime province sono operative strutture governative per gli immigrati irregolari e gli «ailanti» che derivano dall'attuazione della disciplina sull'immigrazione.
Detti centri sono innanzitutto le strutture istituite ai sensi della legge n. 563 del 1995 - cosiddetta «Legge Puglia» - finalizzate a consentire il concreto espletamento delle attività di primo soccorso, anche di carattere igienico-sanitario, ai clandestini che raggiungono le coste italiane, in attesa di procedere alla loro identificazione per i successivi provvedimenti del caso nonché i centri di permanenza temporanea ed assistenza, istituiti ai sensi dell'articolo 14 del testo unico n. 286 del 1998 delle leggi sull'immigrazione, finalizzati invece ad ospitare, in regime di trattenimento, gli stranieri presenti irregolarmente sul territorio nazionale e destinatari di provvedimenti di espulsione o riaccompagnamento alla frontiera emessi dal Prefetto.


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L'articolo 5 del menzionato regolamento consente, inoltre, di utilizzare per le finalità di trattenimento dei richiedenti asilo le strutture di accoglienza e soccorso di cui alla predetta legge n. 563.
A tali diverse tipologie di strutture, si aggiungono, ora, i Centri di identificazione.
Da quanto premesso deriva l'opportunità, almeno per le Province in cui sussiste la possibilità tecnica, di ubicare i diversi centri, nel pieno rispetto delle singole discipline che li regolano, nella medesima area in modo da realizzare una struttura polifunzionale con settori separati e distinti per le specifiche categorie di stranieri per le quali sono finalizzate.
La razionalizzazione strutturale perseguita è diretta ad utilizzare le necessarie sinergie nell'espletamento dei servizi tecnico-logistici predisposti per le diverse strutture, nella scrupolosa osservanza delle norme che ne regolano la gestione.
Si vuole assicurare, in ogni caso, che le strutture rimangono comunque distinte e separate e non si presenta alcuna possibilità di confusione nell'applicazione delle diverse normative, anche per quanto concerne l'attuazione della citata disposizione relativa all'articolo 12, comma 4, del ricordato regolamento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

MAZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la sede di segreteria del comune di Calvi (BN) risulta vacante dal 1 febbraio 2003, nonostante il Comune di Calvi abbia individuato nell'aprile 2003 nella dottoressa Enza Fontana, iscritta all'albo della sezione del Piemonte, la persona adatta a prestare servizio presso il Comune di Calvi;
la Sezione regionale dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei Segretari comunali della Campania ha dato riscontro negativo all'individuazione della dottoressa Fontana, diffidando il Comune di Calvi, che in prima battuta aveva confermato la nomina, a concludere la procedura nei termini, pena la richiesta al Difensore civico regionale di provvedere a mezzo di commissario ad acta ai sensi dell'articolo 136 del TU Enti locali n. 267 del 2000;
il giudice del lavoro di Benevento, adito dal Comune di Calvi, ha accolto la domanda di provvedimento cautelare avanzata dal ricorrente, dichiarando illegittimo il diniego di assegnazione della dottoressa Fontana da parte della sezione campana;
l'Agenzia Autonoma, pur ritenendo necessario dare esecuzione all'Ordinanza cautelare del Giudice del lavoro di Benevento, ha deliberato il 20 aprile 2004 il rigetto della nomina della dottoressa Fontana, in base all'articolo 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, che prescrive l'iscrizione del segretario prescelto nella sezione regionale di competenza «sempreché non si superi il limite del contingente preventivamente stabilito» -:
come il Governo intenda provvedere in relazione alla esplicita richiesta dell'Agenzia Autonoma Segretari comunali, di cui alla delibera n. 42 del 2004, di attivazione da parte del Ministero dell'Interno, della procedura di cui all'articolo 142 del Decreto legislativo n. 267 del 2000 nei confronti del Sindaco di Calvi.
(4-10452)

Risposta. - La questione richiamata dall'interrogante, dopo innumerevoli interventi della prefettura di Benevento e riunioni promosse tra le parti, sindaco di Calvi (Benevento) e Agenzia autonoma per l'Albo dei segretari comunali e provinciali, risulta essere stata superata con l'assunzione in servizio, il 2 maggio scorso, del nuovo Segretario comunale, nominato dal Sindaco e assegnato dalla citata Agenzia autonoma.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.


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MENIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal 25 aprile 2004 a Gorizia in località Ponte del Torrione 1, uno stabile di proprietà della Regione Friuli Venezia Giulia è stato abusivamente ed illegalmente occupato da alcuni sedicenti «disobbedienti» ed appartenenti ai «centri sociali». All'interno dello stesso, palesemente inadeguato e privo delle benché minime misure di sicurezza sono state organizzate feste non autorizzate che hanno richiamato, in alcuni casi, anche 1000 persone, molte di queste ignare della situazione di pericolo in cui si trovavano;
la giunta regionale con delibera Gen. n. 1120 di data 29 aprile 2004 aveva preso atto della situazione ed aveva anche richiesto al Comune di Gorizia, quali fossero le soluzioni che intendeva porre in essere al fine di «normalizzare» la situazione e comunicato che della questione si stava anche occupando la locale Questura;
in data 29 giugno 2004 dei consiglieri comunali di Gorizia e comunque su sollecitazione di privati cittadini avevano presentato un dettagliato esposto indirizzato fra l'altro anche alla Questura, al Sig. Prefetto, al Sig. Sindaco per sollecitare un intervento di sgombero e di divieto di accesso allo stabile anche a norma del decreto legislativo 267/2000 articolo 54 comma 2 che richiamava soprattutto il signor Sindaco di Gorizia ad agire con un provvedimento «contingibile ed urgente al fine di pervenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini»;
ad avviso dell'interrogante si rischia anche la beffa in quanto gli eventuali danni arrecati alla struttura ricadrebbero non sugli occupanti ma sulla comunità tutta -:
quali azioni sono state poste in essere dalla locale Questura e dagli organi istituzionali della città isontina a tutela dell'ordine pubblico e della pubblica incolumità;
a chi verranno ascritti gli eventuali danni di carattere materiale arrecati alla struttura pubblica durante la costante permanenza degli occupanti abusivi nel luogo.
(4-10419)

Risposta. - Come ricordato dall'interrogante, il 25 aprile 2004, alcuni appartenenti al cosiddetto movimento dei «disobbedienti» hanno occupato l'immobile sito a Gorizia, in via Ponte del Torrione n. 1, di proprietà dell'Amministrazione Regionale.
A seguito di tale occupazione, la locale Questura ha denunciato i responsabili all'Autorità giudiziaria per i reati di invasione di terreni o edifici e danneggiamento (articoli 633 e 635 del codice penale) e, non avendo la proprietà, almeno per i primi tempi, avanzato richiesta di sgombero, ha continuato a seguire la vicenda al fine di evitare riflessi sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica.
In particolare, l'esposto di alcuni consiglieri comunali di Gorizia del 29 giugno 2004, così come altri pervenuti in date successive, è stato oggetto di particolare attenzione e di esame da parte delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza anche in sede di coordinamento delle forze di polizia, che, dal canto loro, hanno sempre inoltrato denunce all'Autorità giudiziaria per comportamenti penalmente rilevanti degli occupanti l'immobile in questione.
Anche in ragione degli esposti pervenuti, la locale Prefettura ha, pertanto, più volte, richiamato l'attenzione del Sindaco di Gorizia in merito alle responsabilità della stessa Amministrazione comunale, ricevendo, al riguardo, una comunicazione dello stesso, in data 30 giugno 2004, con la quale, tra l'altro, si evidenziavano, oltre all'attenzione già dedicata alla vicenda da magistratura e forze dell'ordine, «le connotazioni ben più ampie e complesse rispetto ad ipotetiche attività soggette a preventive autorizzazioni comunali», nonché «i contatti in corso con la Regione al fine di giungere a una positiva definizione della questione».
Va, d'altra parte, precisato che, nel caso dell'occupazione di un immobile, le forze di polizia, se informate, nella flagranza di


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reato, procedono allo sgombero per impedire la prosecuzione dell'attività illecita e per evitare che questa possa essere portata ad ulteriori conseguenze.
A occupazione consolidata, invece, in presenza di denuncia da parte della proprietà, la valutazione concernente i tempi e le modalità dì sgombero viene effettuata in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia.
In tali circostanze sono esaminati nel loro complesso gli elementi informativi concernenti in particolare il numero degli occupanti, l'impatto che l'operazione può presentare quanto all'ordine e alla sicurezza pubblica e il personale di polizia necessario per procedere.
Se peraltro i proprietari degli immobili sono enti o amministrazioni, questi, in vista di soluzioni diverse, potrebbero anche ritenere opportuno, come peraltro accaduto in questo caso, non procedere nei confronti degli occupanti.
Si rammenta, infatti, che l'immobile in questione è stato successivamente concesso, il 17 settembre 2004, in comodato d'uso gratuito dalla Regione al comune di Gorizia, fino al 30 giugno 2006.
Nel frattempo, gli occupanti hanno dato inizio, spontaneamente e autofinanziandosi, ai lavori di recupero dello stesso immobile di via Ponte del Torrione e hanno organizzato, all'interno della struttura, una festa nel periodo di carnevale e alcuni raduni nel successivo mese di giugno del 2004 che, a seguito delle segnalazioni di protesta per le emissioni di musica ad alto volume, hanno procurato, per i responsabili, denunce all'Autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 659 del codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone).
A seguito, inoltre, della denuncia presentata alla locale Procura della Repubblica dall'Amministrazione comunale, in data 9 febbraio 2005, sempre in relazione al reato di invasione di edificio pubblico, il successivo 16 febbraio, la locale Questura ha proceduto allo sgombero dell'immobile, al relativo sequestro e alla denuncia di quattro persone, note aderenti al cosiddetto movimento dei «disobbedienti», sorprese all'interno dello stabile.
Va, infine, evidenziato che, il seguente 17 febbraio, l'Amministrazione comunale di Gorizia ha raggiunto un accordo con l'associazione denominata «Termometro»,
ad hoc costituita da appartenenti allo stesso movimento dei «disobbedienti», per l'affidamento della gestione dell'immobile di via Ponte del Torrione e per la ristrutturazione dello stesso, a cura, per l'appunto, della neo-costituita associazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere:
quale sia lo stato di attuazione della legge «Bossi-Fini» e, in particolare, in che misura e con quali modalità i tribunali dei minorenni provvedano, come previsto dalla normativa vigente, anche all'espulsione degli immigrati clandestini aventi figli minori.
(4-08031)

Risposta. - Va premesso, innanzitutto, che la legge n. 271 del 2004, di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 241 dello stesso anno, resosi necessario a seguito della decisione della Corte Costituzionale n. 222 del 15 luglio 2004 in materia di disciplina delle espulsioni di immigrati clandestini, ha attribuito al giudice di pace la competenza in ordine alla convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera.
Per quel che riguarda lo straniero minorenne, come è noto, la competenza all'adozione dell'espulsione spetta, in via esclusiva, al Tribunale per i minorenni, su proposta del Questore, ai sensi dell'articolo 31, comma 4, del testo unico sull'immigrazione approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Peraltro, la legge 30 luglio 2002, n. 189, cosiddetta legge «Fini-Bossi», non ha apportato innovazioni alle disposizioni in favore dei minori clandestini presenti sul territorio nazionale contenute nel citato testo unico che prevede, all'articolo 19, un divieto generale di espulsione nei confronti degli stranieri minori di anni diciotto, salvo


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il diritto del minore stesso a seguire il genitore o l'affidatario espulsi.
Tale disposizione, tuttavia, non può interpretarsi nel senso che, nel caso di minori che siano figli di genitori clandestinamente introdottisi nel territorio nazionale, il divieto di espulsione si estenda, per insopprimibili esigenze di unità della famiglia, anche a tali genitori, come ribadito anche dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 9327 del 14 luglio 2000.
La stessa norma precisa, infatti, che, nell'ipotesi di genitori stranieri clandestini raggiunti da provvedimento di espulsione, «il minore ha il diritto di seguire il genitore (o l'affidatario) espulso», e quindi, il genitore, nell'esercizio di quel diritto per conto del figlio, ha il diritto di portarlo con sé nel luogo di destinazione.
Naturalmente viene fatta salva l'ipotesi - di carattere eccezionale - contemplata dal terzo comma dell'articolo 31 del citato testo unico, secondo cui è autorizzata la permanenza del familiare sul territorio nazionale, anche se oggetto di un provvedimento di espulsione, e per un periodo determinato, nel caso sussistano gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore.
Anche tale autorizzazione è concessa dal Tribunale per i minorenni ed è comunque revocata nel momento in cui vengano a cessare tali gravi motivi.
Sulla base di quanto riferito dal Ministero della Giustizia, si fa presente che i provvedimenti assunti dai Tribunali per i minorenni, nei casi di minori immigrati clandestinamente e per i quali sarebbe prevista l'espulsione, non rientrano nelle schede di rilevazione in uso da parte degli uffici giudiziari e, quindi, non esistono dati ufficiali disponibili a livello nazionale.
Non può non evidenziarsi, in proposito, che, a garanzia degli interessi dei fanciulli opera, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato per i minori stranieri - istituito dall'articolo 33, comma 1, dello stesso testo unico - con il compito di «vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate».
La vigilanza del Comitato, i cui compiti sono stati identificati con decreto del Presidente del Consigli dei ministri del 9 dicembre 1999, n. 535, è diretta, tra l'altro, anche ai minorenni «non accompagnati», evidentemente entrati clandestinamente (salvo che si tratti di soggetti che hanno richiesto il diritto di asilo) e sui quali è da stabilire - ai fini della vigilanza - in merito all'accoglienza e al rimpatrio assistito.
Al Comitato minori è stato dato, altresì, mandato di vigilare sulle modalità del rimpatrio richiesto dai genitori o dal tutore oppure, laddove venga ravvisata una situazione di obiettivo abbandono, è imposta la segnalazione al tribunale per i minorenni competente per una eventuale procedura di adottabilità (articolo 37-
bis, legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476).
Per quanto riguarda, infine, lo stato di attuazione della citata legge n. 189 del 2002, dopo la conclusione della complessa procedura di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari irregolari presenti nel nostro paese e l'adozione e l'entrata in vigore dei regolamenti previsti, la nuova normativa è ormai in condizione di dispiegare compiutamente tutti i propri effetti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli italiani nel mondo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
opera con successo a Colonia l'Istituto Italo Svevo, scuola comprensiva italo tedesca e liceo linguistico europeo che include alunni italiani e tedeschi della scuola media inferiore e superiore;
l'Istituto offre in particolare, accanto ad un concetto pedagogico originale, plurilinguismo e interculturalità fornendo un contributo essenziale sia alla più compiuta


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integrazione della comunità italiana sia alla valorizzazione della cultura e della lingua italiana in Germania;
l'Istituto opera in una notevole struttura architettonica di valore storico e simbolico, tale da essere stata il 2 giugno 2005, scelta dal nostro Consolato a Colonia quale sede delle iniziative in occasione della Festa della Repubblica;
l'Istituto è sostenuto economicamente da aziende tedesche ed italiane nonché da organizzazioni culturali e - sul piano istituzionale - dalla Regione Nord Renana-Westfalia e dallo Stato italiano -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere onde potenziare significativamente l'attuale contributo dello Stato a favore dell'Istituto Ippolito Nievo di Colonia.
(4-15310)

Risposta. - L'amministrazione interrogata segue con la massima attenzione lo sviluppo della scuola non statale «Italo Svevo» di Colonia che, a partire dall'anno scolastico 2004-2005, ha avviato con successo un progetto di istruzione bilingue a livello medio destinato ad integrarsi, nell'arco di cinque anni, con i due percorsi liceali «italiani» (Liceo linguistico e Liceo tecnico-professionale) tradizionalmente esistenti. L'iniziativa appare in piena sintonia con le politiche scolastiche portate avanti dal Ministero degli affari esteri per il rinnovamento e la riqualificazione delle nostre istituzioni scolastiche, secondo un orientamento bilingue e biculturale capace di attrarre anche utenti non italiani. Ciò assume una valenza altamente significativa in un Paese come la Germania alla luce della presenza di una consistente comunità italiana.
A seguito di una recente visita di verifica effettuata da questo dicastero, si è constatata la corretta impostazione delle attività didattiche rispetto alla nuova legislazione italiana in materia ed è quindi stato deciso di attribuire alla scuola «Italo Svevo» la parità scolastica, a partire dall'anno scolastico 2005-2006, con tutti i benefici che ne derivano sul piano giuridico e finanziario.
In tale ottica e in riscontro al quesito posto dall'interrogante, nonostante le rilevanti decurtazioni di bilancio operate, già per l'esercizio finanziario 2005 è stato concesso all'istituto scolastico italiano un contributo di euro 145.000, sensibilmente superiore a quello del 2004 (euro 127.000). Inoltre, per sostenere il predetto progetto bilingue, sono state stanziate per l'anno in corso le somme di euro 25.000 e euro 60.000. Oltre a contribuire alla realizzazione di progetti finalizzati al miglioramento dell'offerta formativa in senso bilingue e biculturale, tali risorse finanziarie tendono altresì a sostenere le cattedre di italiano recentemente istituite in scuole elementari tedesche della regione di Colonia, che dovrebbero costituire un serbatoio di iscrizioni per il corso bilingue avviato all'interno della scuola «Italo Svevo».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Giampaolo Bettamio.

MISURACA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni che il Consorzio di Bonifica n. 5 di Gela (Caltanissetta) ha deciso di svuotare, per un quantitativo di circa cinque milioni di metri cubi d'acqua, il bacino idrico della diga Gibbesi, situata nei territori dei comuni di Ravanusa e Sommatino;
tale bacino si è riempito durante gli ultimi mesi di pioggia per circa la metà della capacità complessiva;
il bacino irriguo della diga Gibbesi se utilizzato a pieno regime potrebbe servire i territori di molti Comuni ove l'economia è strettamente legata all'agricoltura;
tale decisione non è stata motivata e non si comprendono i motivi, dato che la diga è stata costruita a fini irrigui e che, ad eccezione per questa stagione, in genere in Sicilia le piogge sono scarse a danno dell'agricoltura e degli agricoltori che lamentano


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la mancanza di acqua sufficiente per le colture durante la stagione estiva -:
se siano a conoscenza di tale situazione e quali provvedimenti urgenti intendano adottare al fine di chiarire quali siano i reali motivi per cui il bacino idrico della diga Gibbesi sia stato svuotato;
se vi è in programma, da parte degli organi competenti, una eventuale politica di smobilitazione dell'impianto.
(4-13403)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta trasmessi dal Registro Italiano Dighe (R.I.D.)
La diga di Gibbesi, in agro dei Comuni di Sommantino (Caltanissetta) e Naro (Agrigento), è una diga in materiali sciolti di tipo zonato, di altezza pari a H=30,00 m. e volume di invaso pari a circa V=11,4x1066m3, quest'ultimo valutato con livello idrico alla quota massima di regolazione (pari a +229,00 m/slm).
I lavori principali furono ultimati nel 1992, mentre risale al 2 settembre 2003 il completamento dei lavori di placcaggio del pendio antistante il piazzale del pozzo di manovra dello scarico di fondo, progetto approvato dal RID nel 1993. Per questi ultimi, trattasi di interventi ritenuti necessari e propedeutici ai fini, dell'avvio degli invasi sperimentali previsti dal vigente Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1363 del 1959-I parte.
Per quanto a conoscenza del R.I.D., cui compete la vigilanza ai fini della salvaguardia della pubblica incolumità, il lungo periodo trascorso dall'ultimazione dei lavori principali troverebbe parziale giustificazione nelle oggettive difficoltà occorse nella gestione dello sbarramento a partire dalla seconda metà degli anni '90 (connesse con talune vicende giudiziarie che portarono al sequestro dell'opera ed alla sostanziale e conseguente paralisi di ogni attività al di là dell'ordinaria gestione) fase poi conclusasi con l'affidamento della gestione stessa al Consorzio di Bonifica 5-Gela in data 14 gennaio 2002.
Terminati i lavori di cui sopra, il Consorzio i Bonifica 5-Gela ha avanzato richiesta di autorizzazione ad un primo invaso temporaneo del serbatoio, finalizzato a «tarare le strumentazione e verificare l'efficienza delle apparecchiature elettromeccaniche». Detto invaso temporaneo, una volta completati i residui adempimenti di competenza del Consorzio, è stato successivamente autorizzato dall'Ufficio periferico di Palermo del RID, con nota del 28 aprile 2004, fino alla quota +212,50 m.slm (cui corrisponde un volume di invaso circa V=1,1x106m3) e per un periodo limitato di sei mesi fino al 30 settembre 2004.
La ridotta entità del tirante idrico in quell'occasione assentito, inferiore a quello inizialmente richiesto dal Consorzio (pari a quota +217,50 m.slm.), trova correlazione con le consistenti perplessità precedentemente emerse sull'effettiva funzionalità della strumentazione di controllo complessivamente installata e, in particolare, della strumentazione piezometrica finalizzata all'indispensabile monitoraggio delle pressioni neutre all'interno dello sbarramento. Dette carenze si erano evidenziate a seguito dell'ordinaria attività di vigilanza posta in essere da questo Registro ai sensi del vigente Regolamento dighe (visite ispettive
ex articoli 11 e 17 decreto del Presidente della Repubblica 1363 del 1959-I parte). Una volta completato il breve periodo di invaso autorizzato, il R.I.D. avrebbe poi valutato la sussistenza delle necessarie condizioni di sicurezza per poter procedere negli invasi sperimentali del serbatoio con livelli di invaso eventualmente più significativi; ciò, motivatamente, sulla base delle risultanze fornite dalla strumentazione di controllo esistente, queste ultime da elaborarsi a cura dell'Ente gestore e da compendiare in specifici elaborati tecnici di riepilogo.
In realtà, nelle condizioni di incertezza sopra indicate, è emerso che l'Ente gestore non solo non ha provveduto alla vuotatura dell'invaso alla scadenza del termine stabilito nell'autorizzazione temporanea (30 settembre 2004), ma ha viceversa progressivamente incamerato gli afflussi ben oltre la quota autorizzata (pari a +212,50 m slm) sino a raggiungere la quota di +224,00 m


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slm il giorno 27 dicembre 2004 (con corrispondente volume invasato pari a circa V=6,8x106m3) e ciò senza quindi le necessarie condizioni di sicurezza.
Ricorrendo pertanto le condizioni previste dalla legge n. 584 del 1994 in materia di invasi abusivi, l'Ufficio Periferico di Palermo del Registro ha segnalato quanto sopra all'Ufficio Territoriale di Governo di Agrigento con nota in data 13 gennaio 2005; ciò ai fini dell'irrogazione all'Ente gestore della prevista sanzione amministrativa di cui all'articolo 4 comma 4 della legge medesima.
Solo in data 30 dicembre 2004, pertanto con notevole ritardo rispetto a quanto richiesto, è peraltro pervenuta la sopracitata relazione tecnica conclusiva dell'Ingegnere responsabile dello sbarramento (legge 584 del 1994) sul periodo di invaso trascorso e sullo stato di funzionalità della strumentazione installata. Dall'esame di questa sono emersi consistenti dubbi sullo stato di efficienza delle celle piezometriche installate nel corpo dello sbarramento, a conferma delle iniziali perplessità del R.I.D. e, nell'attualità, dell'insussistenza di condizioni minime di sicurezza (per carenza della necessaria strumentazione di controllo) che consentano il prosieguo degli invasi con livelli idrici significativamente maggiori di quelli in precedenza autorizzati. Al riguardo occorre altresì segnalare come anche nel corso di una riunione tenutasi, in data 19 gennaio 2005, presso l'Ufficio del Commissario Delegato per l'Emergenza Idrica della Regione Sicilia, alla presenza di funzionari del Registro Italiano Dighe e di rappresentanti di categoria dei produttori agricoli della zona interessata dall'invaso, si sia dato atto, come da verbale sottoscritto dagli intervenuti, dell'impossibilità di procedere a richieste di incrementi del livello di invaso oltre quello temporaneamente assentito in precedenza (+212,50); ciò, come da verbale, «tenuto conto delle primarie ed imprescindibili esigenze di sicurezza».
Dando opportuno seguito a quanto stabilito nel corso della riunione sopracitata, lo stesso Ufficio del Commissario Delegato per l'Emergenza Idrica con nota in data 25 gennaio 2005 ha sollecitato l'Ente gestore all'urgente predisposizione e trasmissione al R.I.D. di «una proposta di controllo del comportamento dello sbarramento, per verificare la possibilità di individuare una quota d'invaso che offra le necessarie garanzie di sicurezza per la pubblica incolumità». Detta proposta di integrazione e/o sostituzione della strumentazione installata, il cui finanziamento risulterebbe già richiesto all'Ufficio del Commissario Delegato da parte dell'Ente gestore come da quest'ultimo segnalato con nota in data 7 marzo 2005, non risulta, tuttavia, ancora pervenuta al R.I.D. per l'esame di competenza.
Tanto premesso, per quanto di propria competenza il Registro Italiano Dighe fa presente che la vuotatura del serbatoio della diga di Gibbesi si è resa e si rende necessaria per i motivi di sicurezza e tutela della pubblica incolumità sopraindicati, non risultando infatti assicurato un adeguato controllo strumentale della risposta dello sbarramento a fronte dei consistenti livelli idrici abusivamente invasati e suscettibili, in caso di ulteriori piene, di ulteriori incontrollati incrementi. Il R.I.D., peraltro, precisa che in tali casi è buona norma procedere ad un lento rilascio della risorsa idrica, onde conseguire il graduale decremento del carico idrostatico sulla struttura di sbarramento e tanto è stato rappresentato in via diretta all'Ingegnere Responsabile dello sbarramento. In termini effettivi detta vuotatura risulta attualmente ancora in corso con previsione di raggiungimento della quota della soglia dello scarico di fondo (+212,50), come pure comunicato dall'Ente gestore.
Per quanto concerne un eventuale mantenimento della quota +212,50 m.slm. già in precedenza assentita, la cui richiesta di autorizzazione è stata peraltro reiterata dall'Ente gestore con nota in data 15 febbraio 2005, il R.I.D. precisa di essere in attesa dei chiarimenti richiesti dall'Ufficio Periferico di Palermo al Consorzio in data 1o marzo 2005; ciò in relazione a quanto espressamente segnalato dall'Ingegnere responsabile con nota del 3 febbraio 2005, laddove si evidenziava l'avvenuta «rimozione» della strumentazione piezometrica installata in corpo diga.


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Infine, per quanto riguarda la sussistenza di ipotesi «di smobilitazione dell'impianto», il R.I.D può solo segnalare quanto rappresentato per conoscenza dall'Ufficio del Commissario Delegato per l'Emergenza Idrica con nota del 18 marzo 2005, in ordine alla necessità di procedere al passaggio di consegna della diga in argomento dal Consorzio di Bonifica 5-Gela alla Società Sicilacque S.p.A. che dovrà «assumere tutte le responsabilità e le iniziative volte alla gestione a norma di legge»; ciò in relazione alla sottoscrizione, in data 20 aprile 2004, della «Convenzione per l'affidamento in gestione degli schemi acquedottistici della Sicilia e del relativo servizio di erogazione di acqua per uso idropotabile». A tal riguardo il R.I.D. rende noto che la materia della concessione delle risorse idriche e quindi dei connessi aspetti di gestione delle opere correlate ricade nelle competenze dell'amministrazione regionale.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Viceconte.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la sera del 31 marzo 2005, l'infuriare di un violento temporale ha provocato il deragliamento dell'Intercity Notte 752 Reggio Calabria-Milano;
l'incidente si è verificato al km 508, vicino alla stazione ferroviaria di Favazzina (Reggio Calabria);
il deragliamento è avvenuto a causa di una frana, provocata dal temporale, abbattutasi sul tratto di linea ferrata in questione;
non è la prima volta che in quella parte del territorio calabrese, sempre a causa di insistenti piogge e temporali, si verificano incidenti anche seri;
anche il tratto della strada statale 18 di quel territorio è stata, spesso, interessata da grosse frane che hanno costretto all'interruzione del traffico stradale -:
quali urgenti iniziative intenda assumere presso l'ANAS E TRENITALIA, affinché siano effettuati monitoraggi sulle tratte interessate;
se siano in atto iniziative per lavori di ristrutturazione a salvaguardia del tratto stradale sia di quello ferroviario in questione.
(4-13837)

Risposta. - Il giorno 31 marzo 2005 si è verificato un dissesto idrogeologico a monte della linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria e della adiacente la strada statale 18 in località Scilla-Bagnara Calabra che ha causato l'invasione nella sede ferroviaria di materiale terroso misto a blocchi rocciosi, arbusti e tronchi di alberi provocando lo svio dell'intercity notte 752 Reggio Calabria-Milano nonché l'invasione della sede viaria.
Entrambe le società sono prontamente intervenute per il ripristino della circolazione stradale e ferroviaria. L'ANAS ha provveduto nell'immediatezza ad eliminare il materiale che si era riversato sul piano viabile e con lavori di somma urgenza ha proceduto alla messa in sicurezza delle aree di competenza mediante disgaggio di materiale in equilibrio instabile, chiodatura ed ancoraggio di pareti e rifacimento delle opere abbattute dall'azione delle frane per consentire la riapertura al traffico nelle condizioni minime di sicurezza.
Ferrovie dello Stato, dopo il ripristino dell'esercizio, al fine di garantire la sicurezza della circolazione ferroviaria ha attivato un posto fisso di vigilanza con il compito di arrestare la circolazione dei treni al verificarsi di simili eventi.
Dal sopralluogo effettuato dalla società ferroviaria in data 2 aprile 2005 insieme con i rappresentanti della prefettura di Reggio Calabria, dell'ANAS spa della Protezione Civile e dell'Autorità di bacino della regione è emerso che l'intero versante compreso tra i comuni di Scilla e Bagnara Calabra di per sé è interessato da un forte dissesto idrogeologico.
La causa del fenomeno è da ricercarsi nello stato di abbandono di una strada sterrata con origine a 580 m. sul livello del


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mare che taglia morfologicamente il versante in più punti. La mancanza di arginelli, cunette e le inadeguate pendenze consentono alle acque meteoriche accumulate di infiltrarsi e di tracimare verso valle provocando solchi di erosione sia nella sede ferroviaria sia nella sede viaria fino agli insediamenti urbani della cittadina di Favazzina.
Per quanto si riferisce alla messa in sicurezza dell'intero versante sia per la natura geomorfologia sia per la vastità della zona interessata dal dissesto si fa presente che la competenza in materia attiene alla regione Calabria.
Ferrovie dello Stato ha pertanto interessato la competente amministrazione regionale e la prefettura per i necessari interventi di stabilizzazione e mantenimento del naturale equilibrio.
Da parte dell'ufficio tecnico della Direzione compartimentale infrastrutture di Ferrovie dello Stato è inoltre in corso lo studio di un sistema di allarme per l'interruzione immediata della circolazione in caso di frana che consentirà di attivare la vigilanza soltanto in caso di condizioni meteorologiche particolarmente avverse.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il signor Mario Placanica, giovane Allievo Carabiniere protagonista dei fatti del G8 di Genova, nei giorni scorsi è stato posto in «congedo assoluto» con effetto immediato perché «permanentemente non idoneo al servizio militare in modo assoluto» per infermità dipendente da «causa di servizio»;
Placanica ha chiesto di essere reimpiegato nei ruoli civili dello Stato, ove consentito dall'infermità permanente residuatagli in conseguenza delle lesioni e dei traumi da lui riportati a causa della violentissima aggressione subita mentre si trovava, in quanto già ferito, sul defender dei carabinieri quel tragico 20 luglio 2001 in Genova;
all'epoca il giovane carabiniere Placanica, oggi rimasto senza occupazione rifiutò l'offerta di un posto di lavoro, rivoltogli dal Sindaco di un comune calabrese, poiché intendeva rimanere nell'Arma dei Carabinieri;
il giovane Placanica oggi è costretto a vivere in una famiglia, composta da altre cinque persone il cui attuale aiuto economico deriva dalla sola pensione di invalidità del padre, ammontante a circa 200 euro mensili;
il Placanica è amareggiato e distrutto sul piano psicologico, anche perché non ha nulla da rimproverarsi per la morte di Carlo Giuliani; l'archiviazione del procedimento penale decisa dal GUP di Genova gli dà pienamente ragione -:
quali urgenti iniziative intendano attuare al fine di garantire al Placanica il reimpiego nei ruoli civili dello Stato.
(4-13970)

Risposta. - Il signor Mario Placanica, in data 4 luglio 2002, ha presentato un'istanza tesa ad ottenere il transito nelle aree funzionali del personale civile della Difesa, in applicazione dell'articolo 14 di cui alla legge n. 266 del 1999 e del Decreto Interministeriale 18 aprile 2002.
Al riguardo, è opportuno precisare che la predetta normativa contempla tale possibilità per il personale delle Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri che, al momento dell'emissione del «giudizio di inidoneità per motivi di salute al servizio militare incondizionato», sia inserito nei ruoli della Forza Armata di appartenenza. In altri termini, è destinatario della norma citata il personale giudicato non idoneo all'assolvimento dei compiti d'istituto e provvisto di rapporto d'impiego a tempo indeterminato.
Nel caso specifico, l'istante quando è stato giudicato non idoneo all'assolvimento dei compiti d'istituto, aveva lo status di Carabiniere in ferma volontaria (articolo 5, primo comma della legge n. 53 del 1989) e


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quindi legato all'Amministrazione da un rapporto di servizio a tempo determinato e non di ruolo.
Pertanto, il Placanica, non essendo inquadrato nei ruoli della Forza Armata e non avendo un preesistente rapporto di impiego con l'Amministrazione, non può essere destinatario della normativa di riferimento (combinato disposto del predetto 14 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 339 del 1982, richiamato dalla legge n. 266 del 1999, nonché dall'articolo 2, comma 6, del decreto interministeriale 18 aprile 2002).
È di tutta evidenza, che la Difesa, pur sensibile alla vicenda del giovane in questione, non può accogliere l'istanza avanzata dallo stesso.
Tuttavia, si sottolinea che in qualità di invalido per causa di servizio, l'interessato può essere reimpiegato nei ruoli civili dello Stato - legge 12 marzo 1999, n. 68 - seppure con la precisazione che tale reclutamento avviene esclusivamente mediante chiamata numerica attraverso gli Uffici competenti degli iscritti nelle apposite liste di collocamento (articolo 35, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001).
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

NICOTRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Piemonte e la Sicilia sono collegati in linea diretta attraverso gli scali Aeroportuali di Torino con Palermo e Torino con Catania;
questi collegamenti sono operati al momento con collegamenti giornalieri dai vettori Air One S.p.A. e Meridiana S.p.A.;
dal 21 febbraio 2004 la Meridiana ha cancellato il collegamento su Palermo da Torino e la compagnia Air One ha cancellato il collegamento diretto con Catania effettuato con ben 2 voli giornalieri per ogni compagnia;
il sufficiente traffico in periodo di bassa stagione e il notevole traffico in alta stagione su ambedue i vettori che collegavano entrambi i due scali della Sicilia con Torino attraverso una democratica concorrenza tra i due vettori con tariffe alla portata di tutti;
questa procedura al limite e anche, secondo l'interrogante, con qualche dubbia regolarità in base alla normativa vigente porta conseguenzialmente ora ad una lievitazione considerevole delle tariffe ai passeggeri, senza la concorrenza dei due vettori oltre alla compagnia di bandiera che via Roma collega a prezzi impraticabili ugualmente i due scali;
attraverso l'associazione Magna Grecia di Torino la comunità di origine siciliana, ha chiesto più volte maggiori collegamenti come vi sono su Milano direttamente con Malpensa e Linate, che attraverso la concorrenza tra vettori, i passeggeri trovano sia direttamente in Agenzie di viaggio o in forma on line, tariffe a prezzi veramente concorrenziali come accadeva prima del 21 febbraio 2005 -:
quali iniziative intenda intraprendere in tale proposito considerata la gravità in base alle norme vigenti di questo scambio di rotte tra compagnie aeree, senza nessun preavviso o motivo alcuno dettato o riconducibile alla mancanza di traffico o altra plausibile giustificazione.
(4-13910)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, cui sono state richieste informazioni, ha fatto conoscere che i collegamenti aerei giornalieri tra gli aeroporti Torino-Palermo e Torino Catania sono allo stato attuale assicurati.
Per quanto concerne le tariffe praticate e le tratte utilizzate, l'Ente fa presente che tali scelte rientrano nell'ambito della politica aziendale delle stesse compagnie aeree sulle quali BNAC non può intervenire.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.


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OLIVIERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il tormentone del prezzo della benzina è costantemente alla ribalta anche a seguito della classifica diffusa dall'Osservatorio dei prezzi del Ministro dell'Industria dove salta all'occhio il dato che a Napoli la benzina è più costosa mentre a Trieste è più economica e Trento si colloca circa a metà, al settimo posto delle quindici città prese a campione per i rifornimenti di benzina. Dai dati esposti dall'Osservatorio si apprende che un litro di benzina, a gennaio 2005, a Trento costava 1,098 euro, a Bolzano 1,104 euro, a Genova 1,089 euro, a Milano 1,083 euro, a Firenze 1,049 euro; differenze che se sembrano di poco conto se consideriamo i pochi centesimi di euro «al litro» ma che diventano assumono valori preoccupanti se moltiplicati per i litri di un comune serbatoio arrivando così a porci differenze che arrivano a 7 euro in più per un pieno di 40 litri fatto a Trento anziché a Trieste;
sia il Governo, che le Compagnie petrolifere, sembrano interessati e mobilitati per cercare di impedire questi aumenti, ma puntualmente alzano le braccia. Il primo perché oltre ad appelli verso i petrolieri non va, le seconde perché hanno l'alibi del prezzo del barile che aumenta in continuazione;
ilGoverno si trincera dietro agli appelli che rimangono inascoltati, dimenticando però che si sta rivolgendo ad un mercato che, per il 50 per cento è controllato dallo stesso Stato (Eni, Agip-Ip); le Compagnie petrolifere dimenticano che il prezzo del greggio è espresso in dollari Usa e che loro pagano in euro, il cui valore di cambio non è proprio alla pari con la divisa americana, ma quasi a 0,75 con un crescendo a loro vantaggio. Malgrado questo il prezzo delle benzina è sempre salito;
l'unico sistema a nostro avviso sarebbe la riduzione della leva fiscale, che oggi incide di quasi il 70 per cento sul prezzo finale, e che non si capisce perché non possa essere portato solo al livello dell'Iva, cioè al 20 per cento;
vi è inoltre da osservare come si registri una rapida e puntuale correzione verso l'aumento mentre non viene messa altrettanta solerzia al momento di ribassare il costo del carburante -:
se siano a conoscenza della grave disparità che si registra tra una città e l'altra nel prezzo dei carburanti;
se non intendano adottare iniziative affinché vi sia un'equità del costo per un prodotto di così largo consumo che eviterebbe di pesare in modo diverso sia sulla spesa degli italiani sia sui costi delle Aziende, creando disparità di costi tra servizi di autotrasporto analoghi;
se non intendano adottare iniziative, anche normative, volte a prevedere la costituzione di una specifica Commissione, o un Comitato paritetico tra Governo, Compagnie petrolifere, Organizzazioni dei benzinai ed Organizzazioni di difesa dei consumatori per cercare di frenare gli aumenti, per garantire costi analoghi per realtà tra loro molto distanti e per garantire pari «solerzia» non solo per aumentare il costo del carburante, ma anche per diminuirlo;
se non intendano prendere in considerazione l'adozione di iniziative normative volte a prevedere la riduzione della tassazione sui carburanti in ragione del fatto che l'Italia si attesta tra i Paesi europei dove i carburanti hanno costi maggiori, provocando nocumento per le molte aziende di autotrasporto che sono costrette ad aumentare in continuazione i costi rischiando di trovarsi «fuori mercato» rispetto a Paesi a noi vicini;
quale sia, infine, la posizione che i Ministri interrogati intendono assumere alla luce dei dati forniti dall'Osservatorio dei prezzi del Ministro dell'industria.
(4-13451)

Risposta. - Si premette innanzitutto che, con delibera C.I.P.E., il mercato dei


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prodotti petroliferi è stato liberalizzato sia dal 30 settembre 1993 e che, allo stato attuale, esso opera in regime di libero mercato.
Per quanto concerne le differenze di prezzo al consumo tra una città italiana e l'altra, cui l'interrogante accenna, occorre precisare che le compagnie petrolifere, nell'ambito della propria politica commerciale, fissano e comunicano ai propri gestori, in alcuni casi con cadenza giornaliera, i listini dei prezzi «consigliati» sui quali gli stessi benzinai possono applicare variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione. Inoltre, i listini delle compagnie petrolifere non riportano un prezzo unico per tutto il territorio nazionale, ma prevedono una serie, spesso molto dettagliata, di «differenziali» rispetto al prezzo base, alcuni dei quali riguardano le modalità di erogazione del carburante (con servizio,
self-service ore notturne con pre-pay, eccetera), altri la collocazione dell'impianto (autostrade e tangenziali), altri infine sono di cara ere geografico: alcune compagnie fissano uno specifico prezzo di listino non solo per le aree di difficile rifornimento, come le isole minori o le zone di alta montagna, ma addirittura per ciascuna provincia o città.
Il Governo ed in particolare il ministero delle attività produttive, vigilano costantemente e con particolare attenzione su tale mercato, soprattutto nell'attuale congiuntura, che negli ultimi mesi ha registrato una pesante tensione delle quotazioni internazionali, e tenuto conto delle preoccupazioni del mondo economico e dell'opinione pubblica in generale, nonché dell'impatto dei prezzi dei carburanti sui processi inflattivi.
Il ministero delle attività produttive, per quanto concerne i suoi profili di competenza, svolge una costante azione di monitoraggio sui prezzi dei prodotti petroliferi, che vengono giornalmente pubblicati sul sito web del ministero, con l'obiettivo, da un lato, di rendere trasparenti le componenti del prezzo dei prodotti petroliferi e, dall'altro, di fornire una informazione più completa e corretta possibile a beneficio dei cittadini/consumatori. Si provvede, in particolare, alla verifica dell' andamento del prezzo dei carburanti sia nel confronto con gli altri paesi europei, sia in relazione ai cambi valutari ed al costo del greggio, attraverso la raccolta e la diffusione dei dati, a livello nazionale ed internazionale, maggiormente rilevanti per una analisi puntuale del mercato petrolifero.
L'attività di cui sopra viene svolta secondo le indicazioni pervenute dalla «Cabina di monitoraggio e dì valutazione del mercato petrolifero», istituita con decreto ministeriale 16 febbraio 2000, che prevede la partecipazione dei diversi soggetti interessati, quali il Ministero delle attività produttive, l'Autorità per l'Energia elettrica ed il Gas, l'ISTAT, l'Unione Petrolifera, le associazioni dei gestori e quelle dei consumatori, e che ha il compito di analizzare l'andamento e la struttura del mercato petrolifero nazionale ed internazionale.
Con riferimento all'attenzione posta dall'interrogante in merito al carico fiscale sui prodotti petroliferi per l'autotrasporto che, sommato all'aumento del prezzo di mercato ed al differente prezzo al consumo degli stessi nel territorio italiano, comporta grave pregiudizio per i consumatori, si evidenzia, innanzitutto, che l'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative) sottopone ad accisa gli oli minerali (prodotti ottenuti dalla distillazione frazionata del petrolio) tra cui la benzina.
La misura dell'aliquota di accisa di tale prodotto, pari a euro 564 per mille litri, è fissata nell'allegato I al predetto testo unico, così come modificato, da ultimo, dal comma 9 dell'articolo 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito in legge n. 58 del 22 aprile 2005.
Tale aliquota non è sensibile al prezzo finale di vendita essendo riferita al volume del prodotto stesso.
Inoltre, un'eventuale riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina, non potrebbe avvenire in maniera tale da portare l'incidenza sul prezzo finale al 20 per cento, come richiesto dall'interrogante, in quanto l'accisa è un'imposta armonizzata a livello


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comunitario e pertanto l'ipotesi di una riduzione deve tenere conto dei limiti delle aliquote minime fissate dalla direttiva 2003/96/CE.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Battista Caligiuri.

ONNIS. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in Sardegna, la stampa locale ha di recente riferito la notizia di un'iniziativa - assunta dalla commissione cultura del consiglio comunale di Cagliari - volta al recupero e alla valorizzazione di alcuni siti di rilievo ambientale e storico, individuabili nel territorio di quella città (L'Unione Sarda, edizione del 24 aprile 2005, pagina 25);
il presidente della suddetta Commissione consiliare ha rilevato che «molti dei siti individuati si trovano nelle aree militari», specificando che, proprio in conseguenza di tali vincoli, quelle aree sono rimaste finora pressoché intatte;
peraltro, alcune strutture «di grande interesse storico e culturale», risalenti alla seconda guerra mondiale, «non sono oggetto di manutenzione», né adeguatamente valorizzate;
tra tali edifici, visibili lungo l'area costiera di Cala Fighera, vi sarebbero quelli della batteria «Roberto Prunas» (deposito delle munizioni, alloggi del personale, corpo di guardia, uffici, torrette di sorveglianza, centrale di tiro, montacarichi e garitte);
ulteriori installazioni meritevoli d'attenzione si troverebbero nella zona di Capo Sant'Elia e di Calamosca;
in non pochi casi, queste strutture, appartenenti alla Marina Militare, sarebbero ormai da lungo tempo inutilizzate;
ove attualmente non esistessero contrari interessi delle Forze Armate, tali siti potrebbero essere dismessi o, comunque, affidati in concessione ad altri enti, che dovrebbero curarne la migliore manutenzione, per renderli accessibili ai visitatori;
tale opportunità costituirebbe un'attrattiva ulteriore della città capoluogo e ne consoliderebbe l'offerta turistica;
inoltre, si prevede che, per la manutenzione, la vigilanza, l'organizzazione di musei e percorsi guidati all'interno di queste aree, si creerebbero molte opportunità di lavoro per i giovani;
anche in altre zone della Sardegna potrebbe prospettarsi un'esigenza analoga a quella segnalata per l'area costiera di Cagliari -:
quali iniziative siano state assunte, o si ritenga opportuno intraprendere, eventualmente con il concorso degli altri enti interessati, per individuare le aree, attualmente appartenenti alle Forze Armate e tuttavia inutilizzate, che, nel territorio della città di Cagliari, ed eventualmente anche in altre zone della Sardegna, possano essere dismesse o concesse in uso a terzi, al fine di consentirne il recupero e la piena valorizzazione.
(4-14105)

Risposta. - In via preliminare, si osserva che la Difesa sta procedendo, ormai da tempo, ad una verifica del proprio patrimonio immobiliare, in linea con gli obiettivi di ristrutturazione delle Forze armate, al fine di individuare i beni immobili non più funzionali per le esigenze dell'Amministrazione.
Per quanto riguarda la Regione-Sardegna, è in corso il programma di progressiva razionalizzazione, attuato nell'ambito di un tavolo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il trasferimento al patrimonio della Regione stessa delle summenzionate infrastrutture.
In particolare, con il decreto interdirettoriale n. 1294 del 18 giugno 2003 è stato disposto il passaggio dal demanio pubblico militare al patrimonio dello Stato di n. 216 immobili situati sul territorio della Regione Sardegna, tra cui l'ex Batteria Prunas di Cala Fighera ed altri ubicati nel Comune di Cagliari, per il successivo transito nella


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competenza della Regione a cura dell'Agenzia del Demanio.
È in fase di emanazione, inoltre, il provvedimento di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 1989, riguardante la delega alla Regione Sardegna delle funzioni amministrative sulle superfici di demanio marittimo, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348.
Al riguardo, la Difesa ha proceduto alla rivisitazione in senso riduttivo dei beni del demanio marittimo di preminente interesse nazionale ed ha già individuato gli immobili che intende mantenere per le prioritarie esigenze militari.
Quanto alla possibilità di consentire il recupero e la valorizzazione degli immobili in parola, si precisa che tali fattispecie non rientrano nelle competenze di questa Amministrazione.
È di tutta evidenza l'interesse del Governo a dare, nel più breve tempo possibile, soluzione alla problematica sollevata dall'interrogante e procedere al definitivo passaggio dei beni alla Regione Sardegna, che avverrà non appena conclusi gli adempimenti tecnico-procedurali da parte dei competenti organi.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

PERROTTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo l'United Nations High Commissioner for Refugers (UNHCR) il numero delle richieste d'asilo nei paesi industrializzati, è il più basso degli ultimi 17 anni -:
quante domande di richiesta d'asilo siano state presentate in Italia rispettivamente negli anni dal 1996 al 2003;
quante ne siano state accolte.
(4-10737)

Risposta. - Si fornisce un prospetto riepilogativo delle domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato presentate in Italia nel periodo 1996-2004, segnalando che, nel periodo in questione, sono state presentate alla competente Commissione Centrale 115.935 richieste, ne sono state esaminate 88.645 e accolte positivamente 8.770.
Rispetto a tali dati, si osserva che, in uno stesso anno di riferimento, il numero delle domande esaminate può essere, talvolta, superiore a quello delle istanze presentate a causa di ritardi connessi all'espletamento delle relative procedure da parte della citata Commissione centrale.
Si ricorda, altresì, che, dal 21 aprile 2005, data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, sono pienamente operative le sette Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, istituite dalla legge n. 189 del 2002, la cui attività, nell'ambito territoriale di rispettiva competenza, contribuirà a rendere più celere, oltre che più garantito, l'esame delle relative domande.
Per l'anno 1996 le richieste pervenute sono state 680, quelle esaminate 691, e quelle accolte 178; per l'anno 1997 le richieste pervenute sono state 1.875, quelle esaminate 1665, e quelle accolte 349; per l'anno 1998 le richieste pervenute sono state 13.193, quelle esaminate 3.736, e quelle accolte 1.034; per l'anno 1999 le richieste pervenute sono state 24.808, quelle esaminate 8.248, e quelle accolte 793; per l'anno 2000 le richieste pervenute sono state 18.361, quelle esaminate 24.325, e quelle accolte 1.621; per l'anno 2001 le richieste pervenute sono state 17.400, quelle esaminate 13.118, e quelle accolte 2.061; per l'anno 2002 le richieste pervenute sono state 16.095, quelle esaminate 16.903, e quelle accolte 1.243; per l'anno 2003 le richieste pervenute sono state 13.894, quelle esaminate 11.221, e quelle accolte 713; per l'anno 2004 le richieste pervenute sono state 9.629, quelle esaminate 8.738, e quelle accolte 778.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.


Pag. CIII

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 uno studio su sedicimila donne fatto dal WHI (Women's Health Initiative) che sperimentalmente prendevano ormoni (estroprogestinici) in menopausa è stato interrotto prima della fine della sperimentazione, così come evidenziato dall'Assoconsum di Novara, in quanto è stato visto come i rischi erano superiori ai benefici, nei casi di terapia ormonale sostitutiva;
in questo caso aumentavano ictus, trombosi venosa, embolia polmonare e tumori al seno -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se il Ministro interrogato intenda adottate iniziative volte ad informare correttamente la popolazione sui rischi di tale terapia;
se almeno intenda informare i medici di base di tali problematiche.
(4-13502)

Risposta. - Lo studio clinico WHI (Women's Health Iniziative), condotto per valutare gli effetti a lungo termine della terapia ormonale sostitutiva (TOS) sulla patologia cardiaca coronaria (CHD) e sui rischio di carcinoma mammario, è stato interrotto anticipatamente, a causa dell'aumento del rischio di carcinoma mammario invasivo e di eventi cardiovascolari gravi (ictus ed embolia polmonare), verificatosi nelle donne trattate con TOS estro-progestinica rispetto al gruppo polmonare placebo.
La competente Direzione Generale del Ministero della Salute (ora Agenzia Italiana del Farmaco-AIFA) ha inviato ai medici una nota informativa sulla sicurezza della TOS (allegato disponibile presso il Servizio Assemblea), con la quale veniva comunicata l'adozione, da parte del Commitee for Proprietary Medicinal Products - CPMP (Comitato scientifico per le specialità medicinali dell'Agenzia europea del farmaco - EMEA), di una revisione dettagliata degli studi recenti sui benefici e sui rischi a lungo termine della TOS.
Tale revisione è stata approvata dalle autorità regolatorie europee, fra cui quella italiana (ministero della salute).
Relativamente al profilo dell'informazione ai medici, si precisa che il problema della sicurezza della TOS è stato oggetto di divulgazione nel Bollettino d'Informazione sui Farmaci - BIF 2003 n. 5-6 (allegato disponibile presso il Servizio Assemblea), distribuito in 360.000 copie ai medici ed ai farmacisti e reperibile sul sito internet dell'AIFA, e su
Farmacovigilanza news che è una newsletter bimestrale interamente dedicata alla farmacovigilanza, inviata sul territorio nazionale a tutti i responsabili della farmacovigilanza, per l'inoltro agli altri operatori sanitari (allegato disponibile presso il Servizio Assemblea).
Si precisa, inoltre, che le informazioni sulla TOS sono state rese disponibili sui sito internet del ministero della salute (www.ministerosalute.it/index.jsp), sul sito internet dell'EMEA (www.emea.e3u.inte) e su quello degli Heads of Agencies, ossia i responsabili i delle Agenzie europee per l'autorizzazione alla immissione in commercio dei farmaci (http://heads.medagencies.org/).
Il Ministro della salute: Francesco Storace.

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Meridia, farmaco a base di sibutramina inizialmente commercializzato come antidepressivo, in seguito è stato usato anche, come si evince da una nota dell'Assoconsum del Lazio, per far perdere peso;
usato in tal senso aumenta la pressione e quindi espone a rischio cardiovascolare, anche fatale;
nel 2002 il Ministro della salute sospese cautelativamente la vendita del farmaco chiedendo all'EMEA una rivalutazione del profilo rischio/beneficio;


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visto che la sospensione fu annullata nell'agosto 2002 ed il farmaco fu riammesso con precise controindicazioni e ad uso specifico -:
quali furono le analisi fatte dall'EMEA e da chi furono fatte.
(4-13504)

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Reductil, farmaco a base di sibutramina inizialmente commercializzato come antidepressivo, in seguito è stato usato anche, come si evince da una nota dell'Assoconsum del Lazio, per far perdere peso;
usato in tal senso aumenta la pressione e quindi espone a rischio cardiovascolare, anche fatale;
nel 2002 il Ministro della salute sospese cautelativamente la vendita del farmaco chiedendo all'EMEA una rivalutazione del profilo rischio/beneficio;
visto che la sospensione fu annullata nell'agosto 2002 ed il farmaco fu riammesso con precise controindicazioni e ad uso specifico -:
quali furono le analisi fatte dall'EMEA e da chi furono fatte.
(4-13505)

Risposta. - La sibutramina è stata autorizzata all'immissione in commercio, per la prima volta in Europa, in Germania nel 1999; successivamente è stata inoltrata la richiesta di registrazione, con procedura di mutuo riconoscimento, per gli altri Stati membri, ad eccezione della Francia, dove è stata autorizzata con procedura nazionale.
Nell'ottobre del 1999, il Belgio ha attivato una procedura di arbitrato, a causa degli effetti ipertensivi della molecola e per la scarsa documentazione in merito agli effetti a lungo termine.
Il Commitee for Proprietary Medicinal Products - CPMP (Comitato scientifico per le specialità medicinali dell'Agenzia europea del farmaco - EMEA), pertanto, ha effettuato una revisione della sicurezza e dell'efficacia, con parere favorevole al mantenimento dell'autorizzazione, condizionandola, tuttavia, ad un aggiornamento degli stampati del prodotto, all'esecuzione di uno studio clinico per la valutazione dell'impatto sul rischio cardiovascolare, ed alla presentazione di rapporti periodici semestrali sulla sicurezza.
Nel marzo 2002, l'Italia ha sospeso cautelativamente la commercializzazione dei prodotti a base di sibutramina (specialità medicinali «Estiva», «Reduxade» e «Reductil»), avendo ricevuto segnalazioni di reazioni avverse gravi, che comprendevano anche due casi di decesso.
Contestualmente, come previsto dalla normativa comunitaria (articoli 31 e seguenti della Direttiva 2001/83/CE), l'Italia ha attivato una procedura di arbitrato, richiedendo al CPMP di effettuare una nuova valutazione sull'efficacia e la sicurezza della sibutramina e di esprimere un parere in merito al mantenimento, alla sospensione o revoca dell'autorizzazione rilasciata per la commercializzazione delle specialità medicinali contenenti la predetta molecola.
Il CPMP ha invitato l'Azienda interessata a fornire un rapporto aggiornato sull'efficacia ed a provvedere ad una revisione cumulativa degli eventi cardiovascolari e psichiatrici, dei disturbi elettrolitici e della sindrome serotoninergica.
Dopo la valutazione dei dati presentati, il Commitee ha confermato l'efficacia della sibutramina nel trattamento dell'obesità e, in merito alla sicurezza, le conclusioni sono state le seguenti:
a) non si poteva escludere un rilevante rischio cardiovascolare, che doveva, pertanto essere o etto di monitoraggio;
b) in merito ai casi di morte, nessuna conclusione definitiva poteva essere raggiunta per l'eterogeneità delle cause e la mancanza di informazioni;
c) la depressione e i casi di suicidio si riferivano ad una sottopopolazione limitata e non preventivabile;
d) non vi erano evidenze di squilibri elettrolitici e di sindrome serotoninergica;
e) nessun altro segnale di sicurezza era emerso dalla valutazione.


Pag. CV

La valutazione complessiva è stata che il rapporto beneficio/rischio rimaneva favorevole e che le autorizzazioni all'immissione in commercio delle specialità medicinali contenenti sibutramina andavano mantenute, venendo, tuttavia, ad essere condizionate all'aggiornamento degli stampati, all'esecuzione dello studio clinico «Scout» (Sibutramine Cardiovascular Outcome Study), già richiesto al momento della registrazione e non ancora iniziato, al mantenimento dell'obbligo di presentazione dei rapporti semestrali sulla sicurezza (PSURs), per il periodo di due anni, e all'invio di una Dear Doctor Letter ai medici.
Successivamente il ministero della salute, recependo il parere vincolante del CPMP, ha riammesso alla commercializzazione le specialità medicinali sopra citate, con la riserva della prescrizione per gli specialisti in cardiologia, diabetologia, endocrinologia, medicina interna e scienza dell'alimentazione, accompagnata dalla consegna al paziente di una scheda informativa e di controllo.
Attualmente, sono presenti sul mercato italiano le specialità medicinali «Estiva» (28 compresse rigide da 10 e 15 mg), prodotta dall'Azienda farmaceutica Bracco, e «Reductil» (28 compresse rigide da 10 e 15 mg), prodotta dalla Azienda Abbott, corrispondente al farmaco «Meridia», in commercio in altri Paesi.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un servizio di Emanuela Zuccala, pubblicato su Io Donna, nel Nepal sono scomparse 3 mila persone nell'ultimo anno a causa di repressioni del governo monarchico che ha eliminato il parlamento e la libertà civile e cancellato la proprietà privata;
nello stesso Stato vi sono 116 leggi che sanciscono l'inferiorità della donna;
il 75 per cento delle donne è analfabeta contro il 34 per cento degli uomini;
il Nepal è l'unico paese al mondo dove gli uomini vivono in media più delle donne: 55 anni contro 53;
tutti questi dati negativi per le donne, derivano da un'assoluta condizione d'inferiorità delle stesse;
malgrado le scomparse e le persecuzioni contro donne, gli osservatori dell'Onu che si sono recati in Nepal dopo aver controllato se il governo nepalese avesse sottofirmato tutte le convenzioni, se ne sono andati senza preoccuparsi di effettuare altri e ben più importanti controlli -:
se il Governo italiano intenda intervenire presso l'Onu, al fine di inviare nuovi osservatori con il compito di verificare se vi siano state violazioni dei diritti umani contro le donne, così come sostenuto da Amnesty international la quale ha condannato il Nepal come uno dei paesi più pericolosi al mondo per i diritti umani.
(4-13667)

Risposta. - La situazione delle gravi violazioni dei diritti umani in Nepal è da tempo oggetto di attenzione da parte dell'Italia e dell'Unione Europea, la cui preoccupazione in merito si è recentemente concretizzata nella decisione di cosponsorizzare - nel quadro dei lavori della 61 Sessione della Commissione Diritti Umani di Ginevra (14-22 aprile 2005) - un progetto di risoluzione di iniziativa svizzera sulla cooperazione e l'assistenza tecnica nel campo dei diritti umani in Nepal.
Tale risoluzione, approvata il 20 aprile 2005, se da un lato condanna severamente le violazioni dei diritti umani e gli atti di violenza commessi dai membri del Partito Comunista del Nepal, dall'altro registra con favore l'accordo siglato il 10 aprile 2005 tra il governo nepalese e l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani delle NU (UNHCR) sull'istituzione di un Ufficio permanente dell'UNCHR nel Paese, il cui mandato consisterà nell'assistere le autorità nepalesi nello sviluppo di politiche e programmi per la protezione e la promozione dei diritti umani, oltre che nel monitorare lo stato delle libertà fondamentali in loco.


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Il testo della suddetta risoluzione, che tra l'altro richiama più volte il Governo nepalese all'osservanza degli obblighi internazionali in materia di protezione dei diritti fondamentali, prosegue con la richiesta della Commissione alle autorità del Nepal di porre fine allo stato di emergenza proclamato il 10 febbraio 2005, al fine di ristabilire il rispetto di tutti i diritti civili e politici nel Paese.
Forse anche a seguito di tali pressioni, il 1o maggio 2005 il governo nepalese ha rimesso in libertà il Segretario Generale del Partito Comunista, Modhav Kumar Nepal ed ha tolto lo stato d'assedio. Questi cambiamenti nell'atteggiamento del Re Gyhnendra sono stati apprezzati dal Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan e lasciano sperare nella possibilità dell'avvio dei negoziati tra le parti in causa.
Inoltre, l'Italia, insieme ai partners comunitari, guarda alla SAARC («South Asian Association for Regional Cooperation» fra india, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Maldive, Nepal, Buthan), come ad un importante strumento per lo sviluppo della cooperazione regionale e quindi della promozione di pacifiche relazioni nell'area, in particolare l'assistenza europea dovrebbe essere diretta al rafforzamento delle capacità del Segretariato dell'Associazione, con sede a Khatmandu, anche al fine di facilitare il processo di integrazione regionale.
Si fa anche presente che si è recentemente conclusa la missione in Nepal del Rappresentante Speciale del Segretario Generale per i Diritti Umani degli IDPs (Jnternationally Displaced Persons,o rifugiati internazionali), lo svizzero Kalin, e del Consigliere Speciale sull'Interna I Displacement dell'Emergency Relief Coordinator, il neozelandese McNamara. Kalin e McNamara hanno comunicato alla stampa, in occasioni separate, la propria preoccupazione per la situazione degli IDPs in Nepal, definita da McNamara ad uno «stadio di pre-crisi». Quest'ultimo ha inoltre stimato il numero totale degli IDPs nepalesi, sebbene difficile da quantificare, in 100.000/200.000 sfollati interni, in aggiunta a circa mezzo milione di individui rifugiati nella zona di confine tra India e Nepal. Una nota positiva è stata tuttavia espressa da entrambi in vista della prossima apertura dell'Ufficio dell'Alto Commissariato per i Diritti umani sopra citato e del dispiegamento di osservatori internazionali sul territorio del Nepal.
Per quanto concerne, in particolare, la condizione delle donne nepalesi evocata dall'Onorevole interrogante, si fa presente che il Nepal ha ratificato il 22 aprile 1991 la «Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW)», lo strumento internazionale più importante in materia di difesa dei diritti delle donne che impegna gli Stati parte ad agire efficacemente per la lotta alle discriminazioni ed alle violenze nei confronti della propria popolazione femminile.
Tuttavia, dall'ultimo rapporto disponibile sulla condizione delle donne in Nepal (pubblicato nell'aprile del 2003 dal Comitato sull'eliminazione della discriminazione contro le donne, organo deputato ad analizzare i rapporti periodici degli Stati membri circa il rispetto degli obblighi della CEDAW) emerge una situazione problematica per la popolazione femminile, a causa dell'esistenza di una serie di fattori che ne ostacolano il pieno godimento dei diritti e delle libertà. Gli aspetti più problematici riguardano l'esistenza nel Paese di leggi fortemente discriminatorie che, unite a tradizioni culturali ispirate nella sostanza a valori patriarcali, relegano di fatto la donna a posizioni subalterne rispetto all'uomo. Sebbene la Costituzione nepalese sancisca l'eguaglianza uomo-donna ed eguale protezione dinanzi alla legge, le donne in Nepal soffrono pesanti discriminazioni sociali, politiche ed economiche: la partecipazione femminile ai processi decisionali risulta essere molto limitata, notevolmente più basso il tasso di alfabetizzazione femminile rispetto a quello maschile, molto minore l'aspettativa di vita alla nascita di una donna rispetto a quella di un uomo. Il Comitato ha pertanto raccomandato al governo nepalese l'eliminazione delle norme discriminatorie nei confronti delle donne e l'adozione di nuove misure per favorire l'accesso delle donne ai processi decisionali e all'istruzione, l'eguaglianza di opportunità


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lavorative ed il miglioramento dello stato di salute della popolazione femminile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo a firma di Francesco Forte, pubblicato su Libero, in data 18 febbraio 2005, sembrerebbe che lo scandalo iracheno «Oil for food» sia anche una cosa italiana;
da quando sono iniziate le indagini da parte di una commissione del Senato americano, il quadro sta diventando sempre più chiaro;
una parte consistente dei proventi del petrolio non è andata agli aiuti alimentari e di medicinali per la popolazione irachena, ma agli arsenali militari ed ai capi di regime, oltre che ad ambienti dell'Onu;
l'ispezione del programma era stata affidata, mediante gara, alla Cotecna, società svizzera, in cui era stato assunto Kojo Annan, figlio di Kofi Annan -:
se la Cotecna sia la stessa società che ha ricevuto miliardi dal ministero degli esteri italiano.
(4-14121)

Risposta. - Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso lo scorso aprile l'istituzione, da parte del Segretario Generale Kofi Annan, di un Panel d'inchiesta indipendente ad alto livello, guidato dall'ex Governatore della Riserva Federale Paul Volcker, per chiarire le attività illecite che si sarebbero verificate nell'ambito del Programma «Oil for Food». Le riconosciute capacità personali e professionali di Volker, unitamente alla sua indipendenza di giudizio, sono state da più parti indicate come una garanzia per la conduzione e la finalizzazione dell'inchiesta stessa.
Come noto, il Panel ha presentato il 3 febbraio 2005 le proprie conclusioni preliminari, mentre il 29 marzo è stato presentato un secondo «Interim Report». Il contenuto ditali rapporti ha evidenziato delle«lacune» nei meccanismi utilizzati per amministrare il Programma ed ha portato alla sospensione nei confronti di due funzionari ONU, Joseph Stephanides, che era incaricato di sovrintendere alla selezione dei contraenti per l'attuazione del Programma «Oil for Food», e Benon Sevan, ex-Direttore Esecutivo del Programma. A quest'ultimo è stato fra l'altro contestato di aver bloccato una revisione contabile nel maggio 2001 sulla gestione del programma.
Le attività di inchiesta della Commissione Volker comunque proseguono e si è in attesa - dopo un rinvio a giugno - del rapporto finale.
Va infine ricordato che il Programma Oil For Food è stato chiuso ufficialmente alle ore 24.00 del 21 novembre 2003 in ottemperanza della Risoluzione 1483 del CdS, approvata il 21 maggio 2003. Il ministero degli affari esteri dispone di data riassuntivi, relativi alla partecipazione di aziende italiane al Programma, per il periodo 1998-2003 (mese di marzo); durante tale periodo, sono risultati conclusi con aziende del nostro Paese 1.621 contratti (presentati ufficialmente, ovvero tramite le nostre Rappresentanze accreditate presso l'ONU), per un totale di 1,4miliardi di dollari circa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione del 1 macro lotto della Salerno-Reggio Calabria, sono stati spesi, fino ad oggi, 597,04 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;


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quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15165)

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il repertorio delle grandi opere incompiute è considerevolmente ampio;
per le grandi opere che sono rientrate nella procedura della legge obiettivo, ci vogliono in media 671 giorni solo per ottenere il via libera al progetto preliminare, poi quasi tre anni per l'approvazione del progetto definitivo ed altri 545 giorni per sdoganare il progetto esecutivo;
a tutto ciò occorre aggiungere i ricorsi, i contenziosi, i problemi legati agli espropri etc. che comportano ritardi del 46 per cento rispetto alla tabella di marcia prevista;
in riferimento alla Salerno-Reggio Calabria tratto dal km 53 all'82 sono stati stanziati 512.638 euro e sono serviti 2.026 giorni per l'avvio dei lavori -:
a che punto sia la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori;
quanto sia stato speso fino ad oggi;
quali provvedimenti si pensi di adottare in modo da portare a termine, in tempi piuttosto celeri, le opere iniziate.
(4-15827)

Risposta. - In data 17 ottobre 2003 è avvenuta la consegna dei lavori relativi al Macrolotto n. 1 dell'autostrada Salerno- Reggio Calabria - dal Km. 53+800 (svincolo di Sicigliano degli Albumi incluso) al Km. 82+330 (svincolo di Atena Lucana escluso) - alla società aggiudicataria CMC s.c.r.l di Ravenna.
L'importo complessivo dell'intervento è di meuro 597,04, di cui meuro 445,28 per lavori principali e meuro 151,76 per le somme a disposizione dell'Amministrazione; tali fondi sono stati già stanziati dal Cipe con delibera n. 96 del 31 ottobre 2002.
I giorni lavorativi previsti sono 1095 e la data contrattuale di fine lavori è il 17 ottobre 2006.
L'Anas informa che espletate le attività propedeutiche (espropri, bonifiche belliche, eliminazione interferenze, autorizzazioni antimafia, eccetera) i cantieri di lavori sono stati effettivamente avviati nel marzo 2004.
Allo stato attuale i lavori realizzati sono in corso su tutto il macrolotto ed hanno raggiunto un avanzamento di circa 70 meuro, pari a circa il 17 per cento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 per cento destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione del Grande Raccordo Anulare di Roma, sono stati spesi, fino ad oggi, 613,07 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15166)

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il repertorio delle grandi opere incompiute è considerevolmente ampio;


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per le grandi opere che sono rientrate nella procedura della legge obiettivo, ci vogliono in media 671 giorni solo per ottenere il via libera al progetto preliminare, poi quasi tre anni per l'approvazione del progetto definitivo ed altri 545 giorni per sdoganare il progetto esecutivo;
a tutto ciò occorre aggiungere i ricorsi, i contenziosi, i problemi legati agli espropri eccetera che comportano ritardi del 46 per cento rispetto alla tabella di marcia prevista;
in riferimento al Grande Raccordo Anulare di Roma sono stati stanziati 47.049 euro e sono serviti 942 giorni per avviare i lavori -:
a che punto sia la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori;
quanto sia stato speso fino ad oggi;
quali provvedimenti si pensi di adottare in modo da portare a termine, in tempi piuttosto celeri, le opere iniziate.
(4-15980)

Risposta. - Sono in corso i lavori di completamento della terza corsia del Grande Raccordo Anulare (GRA) di Roma, relativi a km. 18,5, nel quadrante nord del GRA, compresi tra gli svincoli Aurelia e Castel Giubileo. Il progetto dell'Anas prevede l'allargamento della piattaforma stradale a 33 metri, con tre corsie da 3,75 metri per senso di marcia, corsie di emergenza da 3,5 metri e spartitraffico da 4 metri.
Con il completamento dei suddetti lavori il GRA sarà a tre corsie su tutto il percorso, con effetti molto positivi sia per il traffico (riduzione del 30 per cento dei tempi di percorrenza) sia per l'inquinamento atmosferico sia per la sicurezza.
In molti tratti il tracciato verrà corretto e saranno elevati gli attuali standard di sicurezza; per un tratto di tre chilometri l'ammodernamento sarà in variante anche con nuovi viadotti e gallerie. Saranno migliorati gli attuali svincoli con adeguate corsie di accelerazione e decelerazione e attraverso corsie di servizio parallele per lo smaltimento dél traffico.
Per quanto concerne la pavimentazione, l'Anas ha sottolineato che verrà usato asfalto drenante e fonoassorbente e verrà installata adeguata illuminazione sia in galleria che all'aperto. Sono previsti inoltre quattro nuovi svincoli Montespaccato e Casal del Marino (per liberare da quote di traffico l'ingolfata uscita di Boccea), Trionfale (per favorire lo scambio intermodale con la stazione ferroviaria della Viterbo Roma) e Ospedale S. Andrea.
La progettazione dei lavori in questione ha prestato particolare attenzione all'Ambiente; infatti, fattore di rilievo del progetto dell'Anas è la restituzione, in più tratti, all'ambiente circostante della continuità territoriale a suo tempo interrotta.
Sono previste inoltre anche alcune gallerie artificiali la cui realizzazione diminuirà l'inquinamento acustico e atmosferico, consentendo la ricostituzione in termini paesistici del pregevole territorio della campagna romana (Parco di Veio, Parco dell'Insugherata, Quarto degli Ebrei).
Particolarmente significativo sarà il passaggio in galleria tra i quartieri di Palmarola e Selva Candida, finalizzato alla ricucitura del tessuto urbano adiacente. La costruzione del nuovo ponte sul Tevere a Castel Giubileo consentirà di dare continuità alla pista ciclopedonale che corre lungo l'argine del fiume, in quanto è stato previsto un percorso protetto nell'opera d'arte. La pista raggiungerà il sito archeologico dell'antica via Flaminia con il ponte romano sul rio Cremera che verrà adeguatamente riqualificato.
I lavori per l'adeguamento a tre corsie per il quadrante nord del GRA sono stati suddivisi in 8 lotti. L'opera costerà in tutto 613 milioni di euro.
Il completamento del GRA è tra le opere finanziate dalla Legge Obiettivo e dalla successiva delibera del Cipe del 29 novembre del 2002, che ha stanziato 392 milioni di euro; un terzo dell'importo necessario è


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coperto da finanziamento con fondi ordinari messi a disposizione dell'Anas per la rete autostradale di diretta competenza.
I primi 5 cantieri, aperti nel marzo del 2003, sono in fase molto avanzata di realizzazione. Allo stato attuale, con una produzione prossima al 90 per cento consentiranno l'apertura al traffico, entro l'estate di circa 10 km (su un totale di 18,5) di nuovo raccordo a tre corsie per ogni senso di marcia nel pieno rispetto dei tempi contrattuali.
Verrà infatti ultimato il tratto che partendo dallo svincolo Aurelia raggiungerà la località Selva Candida in prossimità del nuovo svincolo in corso di realizzazione con la Via Trionfale; il tratto residuo verrà completato sempre nel rispetto dei tempi contrattuali entro il prossimo anno 2006.
Le modalità di esecuzione dei lavori tengono conto dell'esigenza primaria di non chiudere al traffico un'arteria vitale per Roma come il GRA. Tutta l'opera, infatti, viene eseguita contemporaneamente sugli otto lotti assicurando due corsie per senso di marcia durante tutto il corso dei lavori.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati approvati progetti per oltre 50 miliardi di euro, di cui il 47 destinato a lavori concentrati nel Sud;
negli ultimi anni sono stati «messi in piedi» molti cantieri al fine di apportare migliorie al nostro Paese;
in riferimento alla realizzazione dell'acquedotto Gela Aragona in Sicilia, sono stati spesi, fino ad oggi, 89,21 milioni di euro -:
se sia iniziata la costruzione;
che percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori.
(4-15288)

Risposta. - L'intervento rientra nell'ambito del 1o programma delle opere strategiche, approvato dal CIPE con delibera 21 dicembre 2001, n. 121, ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. «legge obiettivo»).
Il quadro economico relativo al progetto definitivo approvato prevede un costo complessivo pari a 89,21 milioni di euro di cui 35,64 milioni di euro finanziati nell'ambito dell'accordo di programma quadro Stato-Regione siciliana sulle risorse idriche e i restanti 53,57 milioni di euro assegnati dal CIPE, con delibera n.136 del 19 dicembre 2002, a valere sulle risorse destinate agli interventi di cui alla «legge obiettivo».
I lavori di realizzazione non sono stati avviati in quanto è ancora in corso l'aggiudicazione degli stessi che dovrebbe concludersi entro il 30 settembre 2005.
La durata dei lavori è di due anni e l'ultimazione del progetto, sulla base della indicata previsione di consegna dei lavori in data 30 ottobre 2005, dovrebbe avvenire il 30 ottobre 2007.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Viceconte.

PERROTTA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati ha effettuato un monitoraggio delle risposte del Governo nei confronti del Parlamento, in riferimento al mese di marzo nel 2005;
al tredicesimo posto vi è il Ministro della giustizia;
il Ministero in questione è riuscito a rispondere solo al 25,84 per cento degli atti ispettivi pervenuti -:
quali siano i tempi medi di risposta del Ministero;


Pag. CXI

se tale esigua percentuale sia imputabile alla cattiva organizzazione degli uffici;
quali siano le ragioni per cui le risposte fornite siano essenzialmente quelle riguardanti atti provenienti da parlamentari di opposizione;
quante siano le persone impiegate ad espletare questo tipo di attività;
quali iniziative intenda adottare per rispondere più celermente agli atti di sindacato ispettivo, onde evitare di «mortificare» il lavoro parlamentare.
(4-15349)

Risposta. - Il Servizio interrogazioni parlamentari del gabinetto del Ministro della Giustizia svolge il compito di raccolta delle informazioni necessarie per la risposta agli atti di sindacato ispettivo, redige il testo per la firma del Ministro, predispone le note per le risposte orali in Commissione ed in Assemblea della Camera e del Senato e predispone gli appunti per gli interventi in occasione della discussione delle mozioni e delle risoluzioni.
A tale Servizio è, al momento, preposto un Vice Capo di Gabinetto, due magistrati e otto unità di personale amministrativo. Nella raccolta delle informazioni necessarie per le risposte vengono naturalmente coinvolte le articolazioni ministeriali competenti e, spesso, le strutture territoriali, con conseguente impegno di risorse umane, la cui quantità non è però determinabile.
Il tempo di risposta agli atti di sindacato ispettivo risulta peraltro estremamente variabile a causa della maggiore o minore quantità, diversità o complessità dei quesiti posti. Negli atti che pongono questioni più articolate spesso, infatti, si determina la necessità di investire più strutture, compresi altri ministeri, al fine di raccogliere specifici e completi elementi utili per la predisposizione delle risposte, con conseguente dilatazione dei tempi necessari per concludere l'istruttoria e redigere la risposta. Le interrogazioni con richiesta di risposta orale urgente e le interrogazioni a risposta immediata, anche considerata la loro frequenza, impegnano particolarmente il Servizio, dovendosi raccogliere in brevissimo tempo, sovente dagli uffici periferici della stessa amministrazione della giustizia, informazioni certe ed esaurienti.
Per quanto riguarda le statistiche delle risposte agli atti di sindacato ispettivo, il dato riportato dall'interrogante, che indica nel 25,84 per cento la percentuale di risposta del ministero della giustizia agli atti ispettivi pervenuti, probabilmente è riferito al monitoraggio degli atti di indirizzo e di controllo, curato dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei Deputati, nel quale vengono considerati solo gli atti quali le mozioni, le risoluzioni, gli ordini del giorno e le interrogazioni per le quali in sede di risposta sia stato assunto un impegno da parte del Governo. Tale monitoraggio riguarda quindi solo quegli atti che, a seguito di uno specifico impegno assunto dal Governo, necessitano di attuazione. Secondo l'ultima rilevazione pubblicata, aggiornata al 31 maggio 2005, il ministero della giustizia su 92 atti inviati ne ha attuati 23, con una percentuale di attuazione pari al 25 per cento. Diverso il discorso per quanto riguarda le interrogazioni parlamentari, per le quali su 2545 atti presentati al ministero della giustizia è stata data risposta a 1085 (e 78 si sono concluse per altri motivi: ad esempio perché ritirate, trasformate, eccetera), con una percentuale di evasione pari al 45,7 per cento). Il servizio interrogazioni parlamentari cura inoltre anche l'istruttoria degli atti per i quali il ministero della giustizia deve trasmettere gli elementi di propria competenza ad altri Ministeri, delegati a rispondere. Per tale tipologia di atti, su 1530 presentati risulta sia stata data risposta a 1224, (e 63 concluse per altri motivi), con una percentuale di evasione pari all'84,12 per cento. Quindi, su 4075 atti complessivamente presentati è stata data risposta a 2309 (e 141 si sono conclusi per altri motivi), con una percentuale di evasione pari al 60,12 per cento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.


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PERROTTA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il servizio per il Controllo parlamentare della Camera dei Deputati ha effettuato un monitoraggio delle risposte del Governo nei confronti del Parlamento, in riferimento al mese di marzo del 2005;
all'undicesimo posto vi è il Ministro dell'economia e delle finanze;
il ministero in questione è riuscito a soddisfare solo il 29,43 per cento degli atti ispettivi pervenuti -:
quali siano i tempi medi di risposta del Ministero;
quante siano le persone impiegate ad espletare questo tipo di attività;
quali iniziative intenda adottare per rispondere più celermente gli atti di sindacato ispettivo.
(4-15483)

Risposta. - I dati citati dall'interrogante - tratti dalla pubblicazione del Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei Deputati («Attività di controllo parlamentare», numero 26/XIV, aprile 2005) - si riferiscono agli impegni assunti dal Governo in sede di risposta ad atti d'indirizzo e di controllo (mozioni risoluzioni in Assemblea e in Commissione, interrogazioni, interpellanze), nonché, e soprattutto, in sede d'esame di provvedimenti legislativi (ordini del giorno costituenti il 92 per cento degli atti in questione).
In proposito, occorre osservare che:
a) il Ministero dell'economia e delle finanze ha un carico di atti ricevuti (1.128, al marzo 2005) assolutamente superiore a quello di altri Ministeri (più del doppio rispetto al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti; circa dieci volte più del Ministero della difesa; circa cento volte più dei Ministeri per gli affari regionali, per l'innovazione e le Tecnologie, per le pari opportunità), la maggior parte dei quali sono impegni assunti con ordini del giorno principalmente legati alla legge finanziaria;
b) nella pubblicazione sopra citata si pone l'accento sull'elevato numero di attuazioni governative provenienti dai Ministeri dell'economia e delle finanze, dell'interno e delle politiche agricole (pagina 8 del notiziario mensile, numero 26/XIV - aprile 2005). Sotto quest'aspetto, considerando i dati relativi agli ultimi tre mesi disponibili, si nota un trend migliorativo della percentuale degli atti eseguiti (febbraio 2005, + 25,89 per cento; marzo 2005, + 29,43 per cento; aprile 2005, + 31.07 per cento);
c) per completezza, l'aver dato seguito - come esposto nell'atto cui qui si risponde - solo al «... 29,43 per cento degli atti ispettivi pervenuti» non tiene in considerazione (intera mole di documenti di sindacato ispettivo indirizzati al Ministro dell'economia e delle finanze. Infatti, per quanto riguarda il settore interrogazioni parlamentari (ramo finanze) considerando a puro titolo esemplificativo il mese preso in esame dall'interrogante (marzo 2005), risultano aperti 54 fascicoli e definiti 47. Se si considera invece la situazione dall'inizio della XIV legislatura, risultano aperti 2666 fascicoli (tra Camera e Senato), dei quali 1629 chiusi (61,1 per cento) e 1037 in lavorazione (38 per cento). Per quanto, invece, concerne il ramo-economia, risultano aperti, nei medesimo perioda (marzo 2005), 99 fascicoli e definiti 43. L'analisi della situazione dall'inizio della XIV legislatura vede 5034 fascicoli aperti (tra Camera e Senato), dei quali 2242 chiusi (44,5 per cento e 2792 in lavorazione (55,5 per cento).

Alla luce dei suddetti elementi, appare, pertanto, evidente che la percentuale di risposta è di molto superiore a quell'indicata nell'interrogazione.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

PERROTTA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il servizio per il Controllo parlamentare della Camera dei Deputati ha effettuato


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un monitoraggio delle risposte del Governo nei confronti del Parlamento, in riferimento al mese di marzo del 2005;
al terzo posto vi è il Ministro degli Affari Esteri;
il ministero in questione è riuscito a soddisfare l'88,63 per cento delle richieste;
il summenzionato ministero, durante il mese di marzo, ha ricevuto 220 atti di sindacato ispettivo -:
quante siano le persone impiegate ad espletare questo tipo di lavoro;
quali siano i tempi medi di risposta agli atti di sindacato ispettivo del ministero in questione.
(4-15497)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, il mistero degli affari esteri, interpellata al riguardo, ha comunicato quanto segue.
La legislatura in corso ha visto il suddetto Ministero coinvolta in un'intensa e significativa attività sul fronte parlamentare. Si è trattato di un periodo caratterizzato da uno scenario internazionale particolarmente ricco di eventi e di sviluppi che hanno formato oggetto, anche in Parlamento, di ripetuti ed articolati dibattiti ed interventi. In questo quadro, è stata notevolmente intensificata l'azione per incrementare il livello di riscontro ai vari atti parlamentari di sindacato ispettivo e di indirizzo politico, che ha portato in effetti ad una accentuata crescita della percéntuale di risposta del Ministero degli affari esteri, come hanno evidenziano le statistiche predisposte dagli stessi servizi parlamentari competenti in materia.
Con riferimento ai seguiti che il Governo è tenuto a dare agli atti di indirizzo politico del Parlamento, il Ministero degli affari esteri ha portato la sua percentuale di attuazione dal 50 per cento di fine dicembre 2002 all'87,79 per cento del marzo 2005.
Come posto in luce dalla S.V., tale risultato pone la Farnesina - nella graduatoria comparativa con gli altri Dicasteri - al terzo posto in assoluto, essendo sopravanzata salo da due Amministrazioni, che rispondono comunque ad un numero nettamente inferiore di atti (il Ministero degli affari esteri è stato infatti destinatario di 213 atti, a fronte dei 10 e 2 atti inviati, rispettivamente, ai Ministeri delle pari opportunità e dell'innovazione).
Per quanto riguarda i tempi di risposta è opportuno rilevare che essi dipendono dalla tipologia degli atti e dal contenuto dei quesiti e degli impegni sollevati.
Se si considerano le interrogazioni a risposta scritta - il cui tempestivo riscontra, non dovendo essere calendarizzate dal Parlamento, dipende direttamente dal Ministero degli esteri - la percentuale di risposta supera il 90 per cento a marzo 2005, con 1157 risposte rese agli interroganti sui complessivi 1280 atti di questa tipo trattati dal Ministero degli affari esteri. Per quanto riguarda i tempi di riscontro vale comunque la pena ricordare che anche per questa tipolagia di atti la risposta può essere influenzata dal carattere dei quesiti contenuti. In alcuni casi si tratta infatti di quesiti ed impegni politici di carattere «programmatico» o di dimensione multilaterale, relativi a problematiche o negoziati ancora in evoluzione. In altri casi invece l'impegno prevede anche il coinvolgimento di altri Dicasteri e questo implica che la Farnesina - cui fatto è indirizzato in prima battuta - deve attendere indicazioni e sviluppi in settori di non sua diretta competenza: Tutto ciò può, quindi, influire in alcuni casi sui tempi di risposta. In linea di massima si può comunque affermare che questi atti vengono riscontrati considerando i termini fissati a livello regolamentare.
Diversa è la situazione per gli atti a risposta orale, e richiedono invece una calendarizzazione: in questo caso i tempi riscontro dipendono anzitutto dal loro inserimento nel calendario dei lavori - sia in Aula sia in Commissione - deciso dalle competenti istanze parlamentari. Per questa ragione il tempo di riscontro può variare sensibilmente, a seconda della programmazione del calendario dei lavori parlamentari.
Con riferimento al numero di persone coinvolte al Ministero degli affari esteri nell'attività di risposta agli atti di sindacato


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ispettivo ed indirizzo politico del Parlamenta, vale la pena sottolineare che anche questo dato necessariamente varia a secondo della tipologia e del contenuto dell'atto stesso.
La struttura deputata alla trattazione di questi atti è l'Ufficio Rapporti con il Parlamento del Gabinetto del Ministro, che riceve gli elementi di riscontro alle interrogazioni da tutte le direzioni generali e servizi del Ministero, competenti
ration materiae in merito alle problematiche e ai quesiti sollevati dagli interroganti. Presso questa struttura sono stabilmente impegnati in questo settore quattro unità di personale.
Il numero di uffici e funzionari delle varie Direzioni generali del Ministero degli affari esteri coinvolti nella preparazione degli elementi di risposta - che vengono poi comunque inviati all'Ufficio Rapporti dei Parlamento del Gabinetto per la redazione finale - dipende anzitutto dal contenuto e dalle diverse problematiche affrontate negli atti stessi e varia quindi di volta in volta.
Per le interrogazioni a risposta scritta - la cui risposta è data dall'onorevole Sottosegretario competente per materia - il riscontro viene predisposto, sulla base degli elementi inviati dagli uffici competenti, dalla segreteria del Sottosegretario stesso e quindi sottoposto per l'approvazione finale al Gabinetto-Ufficio rapporti con il Parlamento. Pressa ciascuna delle segreterie degli onorevoli Sottosegretari, sono impegnate in questo settore due unità di personale in media. Quanto sopra pozze in evidenza come fattività di riscontro agli atti di sindacato ispettivo ed indirizzo politico del Parlamento costituisce per il Ministero degli affari esteri - tenuto conto anche dei numero di atti trattati - un impegno considerevole, sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo, considerando anche il personale coinvolto.
Il Ministero degli affari esteri è fiducioso - anche in considerazione dell'attenzione e costruttiva dialettica di cui l'interrogazione in esame è testimonianza - di poter ulteriormente incrementare il livello di riscontro - sia in termini percentuali che contenutistici - agli atti di sindacato ispettivo ed indirizzo politico del Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

PISICCHIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le disfunzioni e i ritardi registrati nelle tratte aeree dirette verso gli scali meridionali sono di gran lunga superiori alla media nazionale;
in particolare i passeggeri provenienti da (e aventi come destinazione) l'aeroporto di Bari-Palese, hanno da tempo constatato che alcuni voli dal capoluogo pugliese verso gli scali nazionali più importanti (Roma e Milano), fanno registrare ritardi sistematici, soventemente superiori ai 30-50 minuti;
tale situazione non è nuova ma può essere considerata cronica -:
quali urgenti provvedimenti il Ministro intenda adottare per indurre la compagnia di bandiera a garantire un servizio di collegamento che offra ai viaggiatori meridionali una condizione almeno pari a quella garantita ad ogni altro passeggero italiano.
(4-07511)

Risposta. - In riferimento alle problematiche evidenziate con l'interrogazione in esame, sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile. Questo, sulla base di notizie trasmesse dalla società Alitalia, circa i ritardi verificatisi sui voli nelle tratte verso gli scali pugliesi fa conoscere che la suddetta ha registrato nel periodo novembre 2004-marzo 2005, preso a campione, una puntualità in arrivo entro i 15 minuti sulla rete nazionale, pari all'83 per cento; percentuale che cresce al 92,3 per cento se si considera la puntualità in arrivo entro i 30 minuti.
La destinazione di Bari non presenta una condizione penalizzata. Infatti l'indice di puntualità entro i 15 minuti risulta


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essere pari all'82 per cento tenendo presente che lo stesso dato in uno scalo del nord Italia quale Venezia risulta pari all'81,5 per cento.
L'Enac inoltre comunica che sulle tratte Fiumicino-Bari e Malpensa-Bari i ritardi più significativi si registrano:
a) sui primi voli del mattino verso Bari, in quanto posizionati in una fascia oraria particolarmente critica per l'alta congestione del traffico aereo;
b) sui voli serali che, rappresentando l'ultima opportunità di partenza verso gli scali periferici, attendono l'arrivo del maggior numero possibile di passeggeri in transito provenienti da altre destinazioni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

POLLEDRI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Marco Pantani è stato:
un grande campione del ciclismo italiano che con le sue gesta sportive ha saputo rappresentare nel mondo con orgoglio il nostro Paese;
un campione divenuto una figura leggendaria; è stato infatti l'unico corridore dopo il mito di Fausto Coppi a vincere nella stessa estate (1998) sia il Giro d'Italia sia il Tour de France;
un campione che aveva fatto tornare ai vertici della popolarità il ciclismo nel mondo con le sue fantastiche imprese e, generando un formidabile fenomeno di imitazione, ha dato grande impulso all'attività ciclistica dilettantistica;
un campione che ha sempre prestato il suo nome ed il suo impegno a diverse iniziative sociali, tra cui molte associazioni sportive ONLUS e un Liceo sportivo;
un campione che attraverso i tanti siti Internet a lui dedicati continua a stimolare la fantasia e ad ispirare migliaia di giovani, sportivi e non;
un uomo che ha pagato un prezzo altissimo per delle colpe che non possono essergli totalmente ascritte;
il Prefetto di Forlì-Cesena, dottor Montanaro, nel negare la realizzazione di un monumento a Pantani si è appellato alla legge n. 1188 del 1927 che, all'articolo 3 stabilisce che tale realizzazione è possibile solo dopo che sia trascorso almeno un decennio dalla scomparsa della persona a cui si intende dedicare il monumento;
all'articolo 4 della sopra-citata legge, si ammette una deroga in casi eccezionali, nei quali il personaggio in memoria del quale si vuole erigere il monumento commemorativo, nella sua esistenza si sia distinto come «benemerito» della Nazione;
il monumento romagnolo sarebbe solo l'ultimo, ennesimo monumento a lui intitolato;
a Colle Fauniera, sui monti cuneesi, dove Pantani raccolse una vittoria, una scultura a Pantani inaugurata l'estate scorsa è costante meta del pellegrinaggio di ciclomotori che vengono a rendergli omaggio e a ripercorrere il tragitto della sua impresa -:
se il Ministro intenda intervenire in merito alla decisione assunta dal prefetto di Forlì-Cesena e permettere ai romagnoli, che vogliono ricordare l'uomo e lo sportivo che li ha fatti sognare, di onorare la memoria di un simbolo della loro terra.
(4-14084)

Risposta. - Come ricordato anche dall'interrogante, la legge 23 giugno 1927, n. 1188, agli articoli 2 e 3 stabilisce che nessuna strada o piazza pubblica o monumento, lapide od altro ricordo permanente possa essere dedicato in luogo pubblico o aperto al pubblico a persone che non siano decedute da almeno dieci anni.
Il successivo articolo 4, tuttavia, introduce un'esplicita eccezione a tale disposizione,


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ammettendo la deroga all'obbligo decennale quando si tratti di persone che si siano distinti come benemeriti della nazione.
In merito alla specifica vicenda evidenziata dall'interrogante, il comune di Cesenatico, il 25 novembre 2004 inoltrava alla prefettura di Forlì - Cesena la richiesta di autorizzazione ad intitolare e a collocare, nella locale Piazza Guglielmo Marconi, una struttura monumentale dedicata al concittadino Marco Pantani, deceduto il 14 febbraio 2004 a Rimini.
Dopo aver assunto notizie relative alle circostanze del decesso, la citata Prefettura interessava anche la Federazione Ciclistica Italiana, al fine di acquisire elementi informativi e valutativi in ordine ai particolari meriti sportivi conseguiti da Pantani, nonché le risultanze delle inchieste di carattere disciplinare-sportivo a suo tempo promosse nei confronti del campione.
La Federazione Ciclistica, pur confermando «l'alto valore dei risultati sportivi conseguiti da Marco Pantani», evidenziava che «dal punto di Vista disciplinare il corridore Pantani, già squalificato dalla Commissione disciplinare della stessa Federazione, con decisione del 17 giugno 2002 per la detenzione ed uso di sostanze dopanti - squalifica successivamente annullata dalla Commissione di appello federale, con decisione del 13 luglio 2002, per assoluta assenza di prove in ordine ai fatti contestati - , era stato, poi, sottoposto a squalifica per decisione della Unione Ciclistica Internazionale, decisione confermata dal tribunale arbitrale dello sport, con sentenza del 12 marzo 2003.
Sulla base di tali elementi, la prefettura di Forlì-Cesena faceva presente, il 12 aprile 2005, al sindaco del comune di Cesenatico, di non poter accogliere la richiesta di autorizzazione in argomento, comunicando contestualmente la possibilità di procedere, in adesione a quanto richiesto dallo stesso sindaco il 4 febbraio 2005 - a modifica di quanto in un primo momento prospettato - alla collocazione - e all'inaugurazione, nella stessa Piazza G. Marconi, di una «scultura monumentale non intitolata e raffigurante un corridore ciclista».
Si soggiunge, infine, che lo scorso 28 maggio nella citata piazza di Cesenatico è stato inaugurato un monumento in bronzo che ritrae un ciclista nello sforzo di raggiungere il traguardo in montagna.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RAISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.- Per sapere - premesso che:
in data 31 marzo 2005 pochi minuti prima dell'imbarco dei passeggeri è stato cancellato il volo Alitalia 1312 delle ore 6.35 che collega la città di Bologna con Roma;
da notizie giornalistiche si è appreso che la predetta cancellazione sarebbe da imputare alla necessità di trasferire un aeromobile all'aeroporto di Bari, e che tale trasferimento si è reso necessario al fino di consentire ad alcuni «V.I.P.S.» di partecipare all'inaugurazione della Fiera di Milano che si sarebbe tenuta a Milano lo stesso giorno (!!!);
purtroppo, e questo è l'ultimo di una serie di inefficienze, da anni la compagnia Alitalia è protagonista di continui disservizi nei collegamenti da e per Bologna;
a causa di questi disservizi i cittadini bolognesi hanno subito (come tuttora subiscono gravi danni, ivi compresi quelli di carattere economico, per quanti (la maggior parte) utilizzano il predetto volo per lavoro -:
se sia a conoscenza del fatto di cui in premessa;
se si intendano acquisire informazioni presso Alitalia in merito ai provvedimenti che la compagnia intende adottare al fine di risarcire i 70 passeggeri che il 31 marzo 2005 (prenotati regolarmente sul volo Alitalia 1312 delle ore 6.35 per Roma) si sono visti cancellare la partenza - per i motivi ut supra - per Roma nonché in merito ai provvedimenti che la stessa intende


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adottare per migliorare i servizi di collegamento con l'aeroporto di Bologna;
se non ritenga che sia da censurare il comportamento della dirigenza Alitalia per quanto avvenuto.
(4-13676)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, sono stati richieste informazione all'Ente nazionale per l'aviazione civile il quale, sulla base delle notizie acquisite dalla società Alitalia, ha fatto conoscere che il volo AZ 1312 del 31 marzo 2005 che collega la città di Bologna con Roma, é stato cancellato a causa di indisponibilità dell'aeromobile per motivi tecnici.
La Società Alitalia, consapevole del grave disservizio arrecato ai passeggeri, ha provveduto tempestivamente a prestare assistenza a tutti i passeggeri prenotati sul volo in questione, riproteggendo alcuni di essi su voli di altre compagnie per consentire agli stessi di raggiungere senza eccessivi ritardi la destinazione finale, e ad erogare compensazioni pecuniarie, in ottemperanza a quanto disposto dalla nuova normativa comunitaria in materia di negato imbarco, cancellazione e ritardo prolungato (Regolamento - CE - 261 dal 2004).
Per quanto riguarda la regolarità dei voli da/per Bologna, l'Enac precisa che il vettore Alitalia ha registrato nei primi quattro mesi la stessa percentuale del 2005, pari al 95,25 per cento. Segnala che la maggior parte delle cancellazioni di voli é stata effettuata a causa di circostanze non dipendenti dalla volontà della stessa compagnia: Infatti, nella maggior parte dei casi è stata determinata da eventi meteorologici.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge n. 267 del 2000 (comma 2 lettera «d») stabilisce che: ... «La Provincia ... predispone e adotta il Piano Territoriale di Coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali»;
l'articolo 8 del decreto-legge n. 267 del 2000 (comma 2) stabilisce che: ...«Nel procedimento relativo, all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge n. 241 del 1990»;
l'articolo 9 della legge n. 241 del 1990 (comma 1) stabilisce che: ...«Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento»;
l'articolo 10 della legge n. 241 del 1990 (comma 1 lettera «b») stabilisce che: ...«I soggetti... intervenuti ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 241 del 1990 hanno diritto di presentare memorie scritte o documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento»;
l'articolo 15 dello Statuto della Regione Emilia Romagna (comma 3) stabilisce che: ...«Qualunque soggetto portatore di interessi generali o privati, nonché i portatori di interessi diffusi in forma associata, cui possa derivare un pregiudizio da un atto regionale, ha facoltà di intervenire nel procedimento di formazione dello stesso, secondo le modalità stabilite dallo Statuto e dalle leggi regionali»;
l'articolo 19 dello Statuto della Regione Emilia Romagna (comma 1) stabilisce che... «La Regione opera con atti e norme per rendere effettivo il diritto alla partecipazione delle associazioni al procedimento legislativo ed alla definizione degli indirizzi politico-programmatici più generali, perseguendo la parità di condizioni nella rappresentanza dei vari interessi,


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anche contribuendo a rimuovere le cause che di fatto ostacolano tale diritto»;
l'articolo 8 della legge regionale n. 20 del 2000 (comma 1 lettere «a» e «b») stabilisce che: ...«Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono assicurate: la concertazione con le associazioni economiche e sociali... e ...specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi...»;
l'articolo 1 del Protocollo Addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, a protezione della proprietà, stabilisce che: ...«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai princìpi generali del diritto internazionale»;
l'articolo 842 del codice civile stabilisce che: ...«Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia... egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità»;
l'articolo 22 della legge n. 394 del 1991 (comma 3) stabilisce che: ...«Le regioni istituiscono parchi naturali regionali e riserve naturali regionali utilizzando soprattutto i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e di enti pubblici, al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell'area»;
l'articolo 32 della legge n. 394 del 1991 (comma 3) stabilisce che: ... «All'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia... soltanto nella forma della caccia "controllata", riservata ai "soli" residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua...»;
le Organizzazioni Professionali Agricole di Bologna e Ravenna, in data 7 febbraio 2002, avevano inviato agli Enti preposti una istanza, evidenziando proposte e condizioni se si voleva continuare la discussione volta all'istituzione del «Parco della Vena del Gesso Romagnola»; istanza di cui non se ne è tenuto conto e alla quale non è mai stata data risposta;
la quasi totalità dei proprietari e/o conduttori dei fondi agricoli inclusi nell'istituendo Parco della Vena del Gesso Romagnola, avevano inviato una istanza/diffida alla Provincia di Ravenna il 28 maggio 2002, alla Provincia di Bologna il 28 maggio 2002 e alla Regione Emilia Romagna il 13 giugno 2002, istanza/diffida di cui non se ne è tenuto conto e alla quale non è mai stata data risposta;
la Provincia di Bologna, ignorando e non dando risposte alle istanze/diffide citate nei precedenti punti 1) e 2), ha approvato il 4 giugno 2002 le delibere n. 44 e n. 45 volte ad istituire il «Parco della Vena del Gesso Romagnola», pertanto nei fatti ha disatteso gli aspetti legislativi evidenziati nei precedenti punti a), b), c), d), g), facendo venir meno il principio del «giusto procedimento» in quanto ha impedito alle parti alle quali si andava a creare pregiudizio di parteciparvi attivamente;
la Provincia di Ravenna, ignorando e non dando risposte alle istanze/diffide citate nei precedenti punti 1) e 2), ha approvato il 9 luglio 2002 le delibere n. 73 e n. 74 volte ad istituire il «Parco della Vena del Gesso Romagnola», pertanto nei fatti ha disatteso gli aspetti legislativi evidenziati nei precedenti punti a), b), c), d), g), facendo venir meno il principio del «giusto procedimento» in quanto ha impedito alle parti alle quali si andava a creare pregiudizio di parteciparvi attivamente;
la Regione Emilia Romagna, ignorando e non dando risposte alle istanze/diffide citate nei precedenti punti 1) e 2), ha approvato le leggi regionali di cui all'oggetto, pertanto nei fatti ha disatteso gli aspetti legislativi evidenziati nei precedenti


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punti a), b), c), d), e), f), g), facendo venir meno il principio del «giusto procedimento» in quanto ha impedito alle parti alle quali si andava a creare pregiudizio di parteciparvi attivamente;
con le leggi regionali in oggetto non vengono rispettati i principi indicati nel precedente punto h);
con le leggi regionali in oggetto si prevede un uso del territorio in difformità dei principi indicati nel precedente punto i);
i Parchi regionali già costituiti in Emilia Romagna, come nell'istituendo «Parco della Vena del Gesso Romagnola», la quasi totalità dei fondi agricoli inclusi è di proprietà di privati, pertanto in contrasto con quanto è evidenziato nel precedente punto l), senza che gli stessi vengano inseriti a pieno titolo negli Organi di gestione;
nei Parchi regionali già costituiti in Emilia Romagna, a causa dei vincoli previsti sia dalla Legge regionale vigente che dai Piani territoriali, il valore dei terreni è inferiore di un 25-30 per cento rispetto a quelli posti all'estero;
con la legge regionale n. 10 del 2005 si istituisce il «Parco della Vena del Gesso Romagnola», senza avere prima convocato la «conferenza» con le Organizzazioni Professionali Agricole prevista all'articolo 17 comma 4 della legge regionale n. 6 del 2005;
il comma 1 dell'articolo 38 della Legge regionale n. 6 del 2005, contrasta con l'articolo di legge indicato nel precedente punto m), in quanto con lo stesso si prevede che nelle aree contigue ai Parchi si possa praticare una forma di caccia programmata e riservata prioritariamente ai cacciatori residenti nei Comuni del parco e dell'area contigua;
nei vari Paesi interessati al «Parco della Vena del Gesso Romagnola» vi è un diffuso senso di malessere, come appare anche negli articoli di stampa;
secondo l'interrogante sia sotto il profilo giuridico che costituzionale sono stati violati gli articoli 3, 21, 24, 41, 97 e 117 della Costituzione italiana -:
quali siano le ragioni per cui non siano stati ravvisati i presupposti per procedere all'impugnativa della legge regionale in questione innanzi alla Corte costituzionale.
(4-14629)

Risposta. - Le leggi della Regione Emilia Romagna n. 2 del 2005 e 10 del 2005, recanti rispettivamente «Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della rete natura 2000» e «Istituzione del Parco regionale della vena del Gesso Romagnola» sono state esaminate dal Governo che ne ha deliberato la non impugnativa nel Consiglio dei ministri del 7 aprile 2005.
Nel corso della istruttoria di detti testi normativi, sono stati acquisiti i pareri favorevoli alla non impugnativa delle leggi regionali citate, da parte dei competenti Ministeri dell'Ambiente e del Territorio e delle Politiche agricole e forestali, nonché dei Ministeri della giustizia e dell'interno.
Va inoltre ricordato, che la Corte costituzionale ha più volte affermato la legittimità di legislazioni regionali recante l'individuazione e la disciplina di aree protette locali, in esplicazione della competenza attribuita alle regioni, in materia di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e del governo del territorio, di cui al comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione.
Poiché, relativamente alle leggi regionali in questione, sono apparsi rispettati i principi fondamentali stabiliti dall'articolo 22 della legge n. 394/91, in particolare in ordine al coinvolgimento degli enti locali interessati e alla partecipazione degli stessi all' istituzione delle aree protette, il Governo ha ritenuto non ravvisarsi i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, mentre eventuali irregolarità procedimentali non sono deducibili in tale sede.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.


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REALACCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si chiamano SUV, ovvero Sport Utility Vehicles. Rappresentano la categoria di autoveicoli che fa registrare i più spettacolari tassi di crescita nei paesi ad industrializzazione avanzata. In Italia nel 1998 rappresentavano già il 2,6 per cento delle nuove immatricolazioni. Nel febbraio 2004 sono arrivati al 5,47 per cento. È il segmento di mercato su cui si stanno concentrando i maggiori investimenti di marketing e comunicazione di molte case costruttrici;
negli USA al momento rappresentano circa il 20 per cento del parco auto circolante e quasi il 50 per cento delle vendite delle tre maggiori case automobilistiche del continente, le cosiddette big three: Ford, GM e Chrysler. Ciò significa circa 3,5 milioni di nuovi SUV all'anno;
a questa crescita contribuiscono in massima parte i residenti nelle aree urbane, sia in USA sia in Italia. Con la differenza che l'Italia con le sue strade tortuose e le sue croniche carenze di spazio rappresenta un terreno ancora più inadatto ad ospitare queste gigantesche creature;
il SUV è uno strano ibrido tra una fuoristrada, una maxi-utilitaria e una berlina, spesso inadatto sia al trasporto urbano che al fuoristrada, con consumi spropositati. I possessori di SUV sono per lo più abitanti di città che mai useranno l'auto per andare su percorsi accidentati. Prova ne è che solo una minoranza dei SUV in vendita sono dotati di ridotte, le marce adatte alla guida su terreni accidentati, in dotazione su soli 4 dei 10 modelli di SUV più venduti in Italia;
l'uso di queste autovetture sta portando ad un forte aumento dei consumi energetici nel trasporto privato su gomma. Dal 1995 al 2001 il consumo di carburante per autoveicoli in Italia è cresciuto del 40 per cento. Nello stesso periodo il parco auto circolante è cresciuto solo del 10 per cento (dati ACI) mentre la mobilità delle persone ha fatto registrare un +8,5 per cento (Rapporto Ambiente Italia 2004): questi due fattori insieme quindi giustificano solo la metà di quel 40 per cento di incremento nei consumi di carburante. Da ciò si potrebbe desumere che gran parte di quell'incremento è dovuto all'aumento della stazza media delle auto, un aumento capace di vanificare tutte le conquiste della ricerca per motori più efficienti;
come emerge dal dossier «Fuoristrada in città: anatomia di un delirio collettivo» di Legambiente, che elabora i dati forniti dalle case costruttrici, il consumo urbano delle 10 auto più vendute in Italia è in media di 17 km/lt per i diesel, 12,5 km/lt per le auto a benzina. Per i 10 SUV più venduti i consumi urbani si impennano a 9,9 km/lt per i diesel, 7,7 km/lt per la benzina. Questo vuol dire che i 10 SUV più venduti in Italia hanno consumi urbani del 60-70 per cento superiori rispetto quelli delle 10 auto più vendute;
è interessante, come si evince dal dossier, anche il confronto diretto tra SUV e berline con motorizzazioni uguali: il SUV X5 della BMW nella versione 3.000 cc fa 5,6 km/lt, mentre la Serie 5, berlina della stessa casa con motore identico, fa 7,1 km/lt, ossia consuma il 21 per cento in meno. La differenza è ancora più eclatante tra il SUV Mercedes ML e la berlina Serie E della stessa casa, che fanno rispettivamente 8,1 e 11,2 km/lt nella motorizzazione 2.700 cc td: il SUV consuma quasi il 28 per cento in più;
secondo l'EPA (Environment Protection Agency) del Governo federale USA, i SUV che svettano nella classifica dell'inefficienza energetica sono a pari merito la Range Rover (Land Rover), l'Escalade (Cadillac), la K1500 Yukon Denali (General Motors) con 5,09 chilometri con un litro in città e 6,36 fuori città. Per quanto riguarda le emissioni inquinanti la classifica EPA mette ai primi posti ancora l'Escalade (Cadillac), la C1500 Avalanche (Chevrolet), la C15000 Suburban (Chevrolet), la C1500


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Tahoe (Chevrolet), la K1500 Avalanche (Chevrolet), la K1500 Suburban (Chevrolet), la K1500 Tahoe (Chevrolet), la C1500 Yukon (General Motors), la K1500 Yukon (General Motors), il Land Cruiser (Toyota) e la Sequoia (Toyota);
nell'attuale situazione di sovraffollamento automobilistico dei centri urbani il suolo stradale è un bene prezioso. L'ottimizzazione dello spazio dovrebbe essere una delle principali sfide tecnologiche nel settore automobilistico. Ma non per i SUV. La lunghezza di un SUV si aggira intorno ai 4,80 metri ma può arrivare anche a 5, mentre la larghezza in media è intorno ai 1,9 metri: una stazza pachidermica che non solo reca disturbo agli altri ma che procura grave impaccio agli stessi conducenti, con seri problemi di movimento e di parcheggio soprattutto in ambito urbano;
un altro dei motivi di soddisfazione per il conducente di SUV è la posizione di dominanza di cui gode dall'alto. Un'illusoria sensazione di potenza e di protezione che costa caro non solo in termini di soldi, ma anche di sicurezza. Innanzitutto c'è il problema del baricentro, che, alto com'è, dà una forte instabilità alla vettura. Secondo i dati della agenzia federale statunitense National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) più del 30 per cento dei modelli testati nel 2002 ha meritato meno o poco più della sufficienza in fatto di sicurezza;
la scarsa tenuta di strada non è da imputare solo all'altezza del baricentro, ma anche agli pneumatici che «sulle fuoristrada hanno il fianco alto e cedevole: è naturale fare le curve correggendo di continuo con lo sterzo»;
questa grande instabilità si traduce anche in una alta probabilità di ribaltamento: per un SUV le probabilità di ribaltarsi in caso di incidente che coinvolge un solo veicolo sono quasi tre volte più alte che per una normale autovettura. I ribaltamenti avvengono generalmente a seguito di sterzate brusche per evitare ostacoli, uscite di strada, collisioni con marciapiedi e fossati. Il ribaltamento è un tipo di incidente particolarmente pericoloso perché normalmente si associa con gravi traumi alla testa. La probabilità di riportare ferite gravi è del 36 per cento maggiore in incidenti con ribaltamento che non in incidenti senza ribaltamento;
negli USA ogni anno muoiono in incidenti con ribaltamento 10-12 conducenti di SUV su 100.000. Più aumenta il peso e maggiori sono le possibilità di ribaltamento, contrariamente a quanto si potrebbe essere inclini a credere, pensando all'equazione «più peso uguale più stabilità». Le probabilità di ribaltamento aumentano se il veicolo viene utilizzato per il trasporto di oggetti ingombranti, come spesso succede per i SUV. I ribaltamenti sono responsabili del 53 per cento delle morti da incidente stradale per i SUV, ma solo del 19 per cento per le auto normali;
negli USA e soprattutto in California i SUV sono diventati oggetto di una forte campagna di opposizione, che procede di volta in volta attraverso la satira sociale verso i possessori, le battaglie legali, l'attacco frontale tramite media. Dagli Stati Uniti il dibattito si sta spostando anche in Europa;
il 5 giugno scorso il Consiglio Comunale di Parigi ha approvato una delibera anti-SUV. Il divieto vero e proprio entrerà in vigore tra diciotto mesi, quando verrà varato il nuovo piano sul traffico. La delibera è motivata dal fatto che i SUV sono troppo inquinanti e pericolosi per gli altri veicoli;
nella battaglia anti-SUV in prima fila ci sono gli ambientalisti e le associazioni dei consumatori, ma non solo. L'associazione Americans for Fuel Efficient Cars (AFEC) è stata fondata dalla giornalista Arianna Huffington, dal produttore cinematografico Lawrence Bender, dall'ambientalista Laurie David e dall'agente cinematografico Ari Emanuel. Insieme queste persone hanno messo in piedi il cosiddetto Detroit Project una campagna per l'eco-efficienza automobilistica che ha esordito con una serie di spot tv anti-SUV,


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che sono andati in onda sulle reti nazionali, tale operazione ha ricevuto grande attenzione mediatica. Il dibattito è stato ripreso dai grandi show televisivi come Good Morning America e NBC Nightly News, coinvolgendo anche gli editorialisti del New York Times, del Wall Street Journal e del Los Angeles Times;
i siti internet dedicati alla critica dei SUV sono centinaia e raccolgono dati e argomentazioni, articoli di giornale, video, fotografie;
pericolosi per gli occupanti e per chi si trova nelle vicinanze, voraci trangugiatori di petrolio, altamente inquinanti, arrogantemente ingombranti: è questo l'insieme di caratteristiche che fa del SUV un mezzo assolutamente inadatto alla circolazione urbana;
secondo l'interrogante dovrebbe essere introdotto il divieto di circolazione nei centri storici, nonché la sosta a pagamento maggiorata per i SUV -:
quali iniziative, anche normative, i Ministri interrogati intendano assumere affinché:
sia garantita la sicurezza e la vivibilità delle strade urbane e la protezione dell'ambiente dalla minaccia rappresentata dai SUV;
sia introdotta la patente speciale per i SUV, con una prova supplementare per accertare che il conducente sappia controllare i rischi derivanti dal baricentro alto, dalla trazione integrale e dagli pneumatici dal fianco alto;
siano introdotti disincentivi fiscali per i SUV e la maggiorazione della tassa di proprietà nonché l'obbligo da parte dei costruttori e dei venditori di informare gli acquirenti circa i danni ambientali dell'auto e su tutti i rischi legati alla guida di questo tipo di veicolo;
l'Italia recepisca al più presto la direttiva 26/11/2201 del Consiglio europeo che prescrive il divieto delle bull bars.
(4-10347)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si premette che i veicoli denominati S.U.V. (Sport Utility Van) sono in tutto e per tutto conformi alle prescrizioni recate dalle direttive comunitarie relative alla omologazione (direttiva quadro 70/756/CEE e successive modifiche ed esténsioni e circa 60 direttive particolari); quindi anche per quel che concerne masse dimensioni e parametri arti-inquinamento.
Per quanto concerne il divieto di circolazione nei centri storici e la maggiorazione della tariffa di sosta, si rileva che la regolamentazione sia della circolazione sia della sosta dei veicoli nei centri abitati è materia di competenza dell'Autorità comunale che dispone con ordinanza del sindaco ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.
Un'ordinanza di divieto come quella prospettata nell'atto di sindacato ispettivo potrebbe non superare il vaglio della Giustizia amministrativa in considerazione del fatto che i veicoli in questione sono conformi a tutte le direttive comunitarie, in particolare a quella anti-inquinamento ambientale ed acustico, allo stesso modo degli altri veicoli ammessi alla circolazione.
In ordine alle garanzie di sicurezza nelle aree urbane richieste dall'interrogante, è convincimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che la puntuale attività di sanzionamento da parte della polizia urbana può considerarsi lo strumento istituzionalmente più idoneo a costituire un efficace deterrente a quei comportamenti di guida inappropriati o illegittimi.
Per quel che concerne l'istituzione di una patente speciale per i S.U.V., si fa presente che la normativa comunitaria - direttiva 91/439/CEE e successive - recepita con l'articolo 116 del Codice della Strada, classifica i documenti abilitativi esclusivamente in relazione alla massa complessiva a pieno carico dei veicoli.
La normativa prevede in realtà anche l'obbligo di conseguimento di certificazione professionale aggiuntiva per talune categorie di conducenti - il C.A.P. per la guida di veicoli in servizio pubblico; il C.F.P. per il trasporto di merci pericolose esplodenti e


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radioattive. Al riguardo, nel premettere che la materia è di esclusiva competenza dell'Autorità comunitaria, l'attitudine alla guida dei S.U.V. non richiede prudenza o perizia maggiori di quelle che ciascun tipo di conducente è tenuto ad esprimere allorché si ponga alla guida di un veicolo dotato di componenti e servomeccanismi di ultima generazione.
In ordine infine alla direttiva relativa ai «sistemi di protezione frontale» si fa presente che la stessa è in fase di imminente pubblicazione il che ne consentirà, pertanto, il recepimento nell'ordinamento nazionale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

ROSATO, DAMIANI e MARAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Trieste, con delibera assunta il 22 luglio 2004 ha deciso di limitare per l'anno in corso gli interventi di accoglienza a favore di minori stranieri affidati all'Ente dalla data di esecutività della delibera stessa ed escludendo pertanto ulteriori prese in carico;
la materia è regolamentata da un'ampia normativa che prevede che i minori stranieri non accompagnati reperiti entro il territorio comunale vengano identificati dagli organi di polizia giudiziaria e da questi affidati all'ente locale in base all'articolo 403 del codice civile e, successivamente, di norma, il tribunale per i minorenni emette un decreto di affidamento degli stessi all'Ente ai sensi della legge n. 184 del 1983, «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»;
la tutela dei minori, stranieri o meno, rappresenta comunque un principio internazionalmente riconosciuto e sancito dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo;
attualmente, dopo due anni in cui gli accoglimenti hanno seguito un trend crescente, al comune di Trieste sono affidati 249 minori stranieri, la maggior parte provenienti dalla difficile realtà rumena, accolti in quattro strutture di cui due a Trieste, una a Cividale e una a Pordenone;
la maggior parte di questi ragazzi, che nel periodo di permanenza in Italia seguono corsi di formazione professionale che li preparano al mercato del lavoro in settori dove grande è la richiesta di manodopera, chiedono poi di restare e costituiscono valide maestranze per le nostre aziende, inserendosi spesso serenamente nel nostro tessuto sociale, sottraendosi quindi ad un destino sicuramente più triste che li ha fatti fuggire dal loro Paese d'origine;
per essi il comune di Trieste provvede con una retta di 36 euro, per una spesa prevista di bilancio per il 2004 di 3 milioni e 800 mila euro, che lo Stato e la regione coprono per il 77 per cento, contro il 100 per cento garantito ai comuni con meno di 10 mila abitanti;
la questione è stata affrontata anche dalla sezione regionale Friuli Venezia Giulia dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani, che ha mosso interventi di sensibilizzazione in sede di conferenza Stato-Regioni, senza ottenere utili risultati da parte della stessa;
probabilmente, secondo l'interrogante, anche conseguentemente all'annuncio della presente interrogazione parlamentare, la delibera della giunta comunale è stata revocata, e quindi definita dal Sindaco una provocazione, trasformata con una richiesta di un intervento da parte dello Stato e della Regione al fine di ottenere la copertura totale anziché parziale delle spese sostenute per il mantenimento dei minori stranieri -:
se il Ministro, considerato che il comune di Trieste, a seguito del ritiro della delibera del 22 luglio 2004, è tornato in una situazione di legalità, ritenga di intervenire in merito, provvedendo ad adeguare le risorse che spettano ai comuni, tenendo conto delle reali esigenze e dei dati acquisiti in merito alle accoglienze in atto, con particolare attenzione alla situazione


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del Friuli Venezia Giulia ed in particolare del comune di Trieste, che per la sua posizione geografica risente in modo estremamente più preoccupante del fenomeno;
se il Ministro ritenga di adottare iniziative normative volte a modificare la legge Bossi-Fini, consentendo ai minori che compiono il diciottesimo anno di età di rimanere in Italia e inserirsi in un contesto lavorativo, in considerazione anche dell'investimento che lo Stato compie nella loro istruzione.
(4-10793)

Risposta. - L'iniziativa del Sindaco di Trieste, riferita dall'interrogante di limitare gli interventi di accoglienza a favore dei minori stranieri non accompagnati, è stata adottata con una delibera del 22 luglio 2004, poi ritirata il successivo 8 agosto.
Con il suo gesto il Primo Cittadino aveva voluto richiamare l'attenzione sulla situazione economica del Comune gravato da enormi spese per l'assistenza in generale - e a favore, degli anziani in particolare - e sull'estrema difficoltà di far fronte anche all'assistenza verso i minori stranieri non accompagnati, affidati in custodia.
Ciò anche al fine di ottenere dalla Regione Friuli Venezia Giulia un aumento delle contribuzioni erogate per far fronte alle spese assistenziali.
Si fa presente che in una apposita riunione convocata dal Prefetto di Trieste, con la presenza del Presidente del Comitato Minori Stranieri - che ha sede presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - e dall' Assessore all'Istruzione e alla Formazione professionale della Regione Friuli, è stata ribadita l'impossibilità della Regione medesima di aumentare le contribuzioni previste a favore dei Comuni.
Il Sindaco di Trieste, sul punto, si è dichiarato preoccupato e ha concordato con il Presidente del Comitato Minori Stranieri di dare un rinnovato impulso alle procedure di rimpatrio assistito attraverso la segnalazione di nuovi casi al Comitato medesimo.
È superfluo sottolineare che il Comune di Trieste adempie agli obblighi imposti dalle vigenti disposizioni di legge ai quali, peraltro, non si è sottratto, agli effetti pratici, neppure in forza della delibera di luglio, essendo vistata comunque garantita l'assistenza ai minori stranieri in affidamento.
Per completezza di informazione si comunica che il Sindaco di Trieste ha indirizzato al Presidente del Consiglio dei Ministri una missiva nella quale si rappresentano le particolari esigenze, soprattutto di carattere finanziario, connesse alla elevata presenza di minori stranieri non accompagnati, affidati dalle Forze di Polizia e dall'Autorità giudiziaria a quel Comune e auspicando un intervento diretto dell'Esecutivo volto a trovare idonee soluzioni al problema.
Si riferisce, comunque, che la Giunta regionale del Friuli nell'approvare il Regolamento per la ripartizione per , il 2004 del Fondo sociale regionale di cui all'articolo 4 della legge regionale n. 4 del 1999; ha destinato un importo di circa 4 milioni di euro a favore dei Comuni della regione per sostenere le spese di accoglimento di minori stranieri non accompagnati. L'importo è stato ripartito assegnando ai Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il 100 per cento del costo sostenuto, e il 61,8 per cento per quelli con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.
Si riferisce altresì che di recente la Regione Friuli Venezia Giulia ha approvato la legge regionale 4 marzo 2005, n. 5, recante norme per l'accoglienza e l'integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati, il cui articolo 16 riguarda esplicitamente gli interventi per i minori stranieri-non accompagnati.
Tale legge è stata impugnata dal Governo sostanzialmente perché la materia dell'immigrazione rientra, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera
b) della Costituzione, nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Per quanto riguarda la particolare questione sollevata dalla interrogante, è stata contestata la disposizione di cui al comma 3 del citato articolo 16, che sembra autorizzare la presenza in Italia del minore straniero anche dopo il raggiungimento


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della maggiore età, senza peraltro specificare a quale titolo e, per quanto tempo ancora lo straniero potrà partecipare al programma di integrazione, ponendosi in contrasto con quanto previsto dall'articolo 32 del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Ai sensi di tale normativa, infatti, la presenza regolare del minore straniero ammesso a percorsi di integrazione e di interventi, che ha raggiunto la maggiore età, è subordinata al ricorrere del requisito della permanenza in Italia di almeno tre anni e della partecipazione al corso per almeno due anni.
Si ricorda altresì che la Corte costituzionale, con sentenza n. 198 del 2003, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998, nella sua formulazione antecedente alla legge n. 189 del 2002 (cosiddetta «legge Bossi-Fini»), in quanto la previsione della possibilità, al compimento della maggiore età, di conversione del permesso soggiorno rilasciato ai minori affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 184 del 1983 poteva ritenersi applicabile, per analogia, anche ai minori sottoposti a tutela ai sensi degli articoli 343 e seguenti del Codice Civile, attesa l'identità di
ratio dei due istituti riguardanti i minori stranieri «non accompagnati» - ovvero la cura del minore - pur in presenza, di presupposti del tutto diversi.
Tenuto conto della predetta decisione, il Dipartimento della Pubblica, Sicurezza del Ministero dell'Interno, con la circolare del 26 settembre 2003, citata dall'interrogante ha fornito alle Questure l'indicazione di convertire i permessi di soggiorno per minore età rilasciati a coloro che fossero divenuti maggiorenni prima dell'entrata in vigore della legge n. 189 del 2002.
Ciò premesso, sì osserva che la giurisprudenza amministrativa ha espresso orientamenti contrastanti in merito alle disposizioni aggiuntive introdotte dalla legge 189 nel citato articolo 32 (comma 1-
bis e seguenti) le quali, per la conversione del permesso di soggiorno in favore dei minori «non accompagnati», fanno riferimento alla presenza in Italia da almeno tre anni ed alla partecipazione, per almeno due anni, ad un progetto di integrazione sociale e civile.
In particolare, in alcuni casi la giurisprudenza amministrativa di primo grado si è pronunciata nel senso di ritenere l'ammissione al «progetto integrativo» quale requisito concorrente con la tutela e l'affidamento (cfr. TAR Toscana sentenza n. 6283/2003), in altri si è ritenuto di accedere alla tesi di una alternatività dei predetti requisiti (cfr TAR Emilia Romagna n. 2143/2003).
Sulla materia in questione si è espressa anche la Sezione Quarta del Consiglio di Stato (ordinanza n. 1022 del 9 marzo 2004) che ha rilevato, seguendo l'interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza n. 198 del 2003, come la fattispecie disciplinata dal comma 1 del citato articolo 32 sia diversa da quelle regolate dai commi successivi, «richiedendosi, in sostanza, la permanenza triennale e la frequenza del progetto solo per i minori non accompagnati i quali non siano stati posti in affidamento o tutela», e non escludendo, per la delicatezza della questione, un ulteriore approfondimento interpretativo o, se fosse necessario, un apposito intervento normativo.
A tal proposito si vuole ricordare che è all'esame delle Commissioni riunite Giustizia e Speciale per l'Infanzia del Senato della Repubblica il disegno di legge governativo n. 3373 in materia di adozione e affidamento internazionali che potrà costituire, eventualmente, l'idoneo veicolo normativo per affrontare la questione e trovarne la soluzione più adeguata.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

ROSATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la generosità degli italiani, in particolare nei momenti di gravi emergenze, è una costante che tante volte è stata dimostrata dai fatti;


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tra le varie forme di donazione si è affermata oggi una nuova opportunità, in particolare tra i giovani e tra le fasce di reddito più basse, di versare un contributo, spesso di un solo euro, inviando un breve messaggio di testo dal proprio telefono cellulare;
i primi dati diffusi il 28 dicembre dalle agenzie di stampa ci informano che ci sono già state 2.200.000 adesioni alla campagna lanciata dai quattro principali operatori di telefonia mobile in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri per raccogliere via sms fondi da destinare alle iniziative in favore delle popolazioni del Sud Est asiatico colpite dal terremoto e dal successivo maremoto;
il principale operatore di telefonia fissa ha attivato un analogo servizio anche per tutti i suoi abbonati, compresi i clienti che si avvalgono dei servizi di altri operatori;
la vigente normativa fiscale in merito a questa tipologia di donazioni è però particolarmente punitiva e le assimila ai servizi telefonici, assoggettandoli quindi all'IVA con un'aliquota del 20 per cento;
ne risulta paradossalmente che una parte rilevante del contributo versato dagli offerenti viene incamerato nella fiscalità generale dello Stato -:
se ritenga di adottare iniziative, anche normative, volte a prevedere che le maggiori entrate derivanti dal gettito IVA sulle donazioni effettuate vengano riversate in un fondo appositamente costituito per le medesime finalità di cui alle campagne di raccolta organizzate;
se ritenga di adottare iniziative normative volte ad escludere dal campo di applicazione dell'IVA questi canali di raccolta di fondi, alla luce della disponibilità manifestata dagli stessi gestori di telefonia ad utilizzarli in maniera crescente a servizio della collettività.
(4-12247)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede se il Governo ritenga di dover adottare iniziative volte a prevedere che le maggiori entrate derivanti dal gettito Iva sulle donazioni effettuate tramite un breve messaggio di testo dal telefono cellulare, vengano riversate in apposito fondo costituito per scopi umanitari o se è possibile escludere dal campo di applicazione dell'Iva i canali di raccolta dei fondi in esame.
Al riguardo, si fa presente che le donazioni in genere non sono mai soggette ad Iva; in particolare le donazioni effettuate tramite invio di messaggi di testo sono state comunque espressamente escluse dal campo di applicazione dell'Iva dal decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 28 febbraio 2005, n. 21.
In particolare, l'articolo 10 del citato decreto-legge prevede che gli addebiti, in qualunque forma effettuati a decorrere dal 26 dicembre 2004 dai soggetti che forniscono servizi di telefonia, degli importi destinati dai loro clienti ad aiuti a popolazioni colpite da catastrofi naturali sono esclusi dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ANTONIO RUSSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate, con risoluzione dell'11 settembre 2002, n. 295 della Direzione centrale normativa e contenzioso, ha escluso, per quanto riguarda il regime fiscale applicabile ai trattamenti erogati dalle norme pensionistiche integrative disciplinate dall'articolo 14, comma 2, della legge 20 marzo 1975, n. 70, e già istituite alla data d'entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, l'applicazione dell'aliquota agevolata dell'87,5 per cento dell'ammontare corrisposto, previsto dagli articoli 47 e 48 del TUIR per le prestazioni comunque erogate in forma di trattamento periodico, ritenendo che tali trattamenti integrativi «non possono allo stato attuale considerarsi annoverati tra le


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forme di previdenza complementare disciplinate dal decreto legislativo n. 124 del 1993»;
l'articolo 18 del citato decreto legislativo indica nel comma 9 esplicitamente i Fondi erogatori di tali trattamenti, intervenendo direttamente nella loro disciplina e ampliando la sfera dei possibili destinatari, con l'esplicita soppressione del citato comma 2 dell'articolo 14 della legge n. 70 del 1975, confermandone, perciò stesso, la validità;
le norme previste dalla legge suddetta sono vigenti con i loro contenuti e per i loro fini originari, pur nei termini previsti dalla legge n. 449 del 1997, per tutti coloro che erano e perciò continuano ad essere legittimi destinatari, cioè per tutti gli iscritti alla data della soppressione dei Fondi per effetto dell'articolo 64, comma 2, della legge n. 144 del 1999, sia che si trovassero già in quiescenza sia in servizio, restando giuridicamente confermati i soggetti beneficiari, l'Ente gestore e le prestazioni come da previgenti norme «a tal fine confermate»;
la Corte costituzionale, con ordinanza del 28 luglio 2000, ha affermato che con il decreto legislativo n. 124 del 1993, il legislatore ha voluto provvedere «a regolare le forme pensionistiche che risultavano già istituite alla data di entrata in vigore della legge n. 421 del 1992 e ciò con l'intento di accomunare sotto la medesima disciplina fondi integrativi ed aggiuntivi, quale che sia la loro fonte istitutiva ed il settore interessato (dipendenti pubblici e privati)» così da conferire omogeneità al complesso ambito dalla previdenza complementare;
il Consiglio di Stato, dal canto suo, con la sentenza dell'8 maggio 2002, n. 2463, ha affermato che «alla disciplina delle forme pensionistiche complementari, introdotta con il decreto legislativo n. 124 del 1993, non si sottraggono i fondi e le gestioni complementari introdotte dall'articolo 18, il quale nel restituire vitalità alle forme previdenziali integrative dei dipendenti degli Enti di cui alla legge n. 70 del 1975 (con abrogazione del comma 2 dell'articolo 14 della legge) ha ricondotto il sistema all'unità, nell'ambito dei trattamenti complementari introdotti dalla legge medesima, sia pure con le peculiarità che caratterizzano le pensioni integrative di cui trattasi»;
la stessa Corte di cassazione con sentenza n. 6804 dell'11 maggio 2002 ha avuto modo di esprimersi anche sulla natura complementare, ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 1993, di un fondo previdenziale integrativo delle prestazioni erogate dall'Inps istituito ben prima (novembre 1971) dell'entrata in vigore (28 aprile 1993) dello stesso, nell'ambito ed in favore dei dipendenti di una Cassa di Risparmio;
nello stesso senso si sono espresse peraltro tutte le Commissioni tributarie, intervenute nei ricorsi individuali o di gruppo promossi dai cittadini costretti a moltiplicare le istanze di rimborso ad impugnare il diniego o il silenzio rifiuto nei termini di prescrizione previsti;
le Commissioni tributarie riconoscendo la correttezza della pretesa di rimborso e rilevato il maggior tributo versato dai ricorrenti, dispongono il rimborso dell'imposta risultata non dovuta, addebitando il più delle volte agli uffici dell'Agenzia delle entrate, per temerarietà della lite, le spese di giudizio con l'aggravio di responsabilità dell'amministrazione finanziaria;
tale situazione di estesa conflittualità tra Stato e cittadini indotta dalla risoluzione n. 295 del 2002 non appare rispettosa del principio di efficienza e di buona amministrazione dettati dall'articolo 97 della Costituzione, nonché dei diritti del contribuente -:
se alla luce delle considerazioni svolte in premessa, non sia assolutamente necessario ed urgente rivedere, impartendo nuove disposizioni, il comportamento dell'Amministrazione finanziaria e dei sostituti d'imposta, sottoponendo alla tassazione agevolata dell'87,5 per cento i


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trattamenti erogati dalle forme pensionistiche integrative di cui alla legge n. 70 del 1975.
(4-11830)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede se non si renda «assolutamente necessario ed urgente rivedere, impartendo nuove disposizioni, il comportamento dell'Amministrazione finanziaria e dei sostituti d'imposta, sottoponendo alla tassazione agevolata dell'87,5 per cento i trattamenti erogati dalle forme pensionistiche integrative, di cui alla legge n. 70 del 1975».
In particolare, l'interrogante contesta quanto chiarito con la risoluzione 11 settembre 2002, n. 295, dell'Agenzia delle entrate, circa il corretto trattamento tributario da applicare a quanto erogato dai fondi pensionistici integrativi, di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, istituiti antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo 21 aprile1993, n. 124.
Si tratta, in particolare, dei fondi istituiti in favore dei dipendenti degli enti previdenziali disciplinati dalla richiamata legge n. 70 del 1975.
Il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nel disciplinare le forme pensionistiche complementari, prevedeva all'articolo 13, comma 7-
bis, che le prestazioni periodiche indicate alla lettera h-bis), del comma 1, dell'articolo 47 (attuale articolo 50) del Tuir - assimilate quindi al reddito di lavoro dipendente - fossero sottoposte a tassazione nella misura dell'87,5 per cento dell'ammontare lordo corrisposto.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che, tale previsione agevolativa trasfusa nell'articolo 48-,
bis (attuale articolo 52), comma 1, lettera d), del Tuir e poi venuta meno a decorrere dal 1o gennaio 2001, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, recante la riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare, può trovare, comunque, eventuale applicazione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del medesimo decreto n. 47 del 2000, alle prestazioni periodiche maturate entro il 31 dicembre 2000.
Con la risoluzione n. 295 del 2002, l'Agenzia delle entrate riferisce di aver precisato che il trattamento fiscale agevolato previsto per le prestazioni pensionistiche di cui al decreto legislativo n. 124 del 1993, comunque erogate, non può essere esteso in favore dei trattamenti erogati dalle forme pensionistiche integrative istituite, ai sensi della legge n. 70 del 1975, antecedentemente all'entrata in vigore del predetto decreto legislativo.
Ciò in quanto le predette forme pensionistiche integrative non possono considerarsi annoverate tra le forme di previdenza complementare disciplinate dal decreto in esame.
L'Agenzia delle entrate ha, inoltre, fatto presente che il parere, di cui alla risoluzione n. 295 del 2002, è stato fornito alla luce delle note prodotte sull'argomento dalla Covip (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, interessati in sede istruttoria dalla stessa Agenzia.
I citati Enti, infatti, hanno chiarito espressamente che i fondi integrativi di previdenza istituiti in favore dei dipendenti degli enti previdenziali, esistenti alla data di entrata in vigore della legge di delega n. 421 del 1992, non possono essere inquadrati tra quelli disciplinati dal decreto legislativo n. 124 del 1993.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ANTONIO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che nella bozza di decreto legislativo di riforma della scuola secondaria, insegnamenti quali le discipline giuridiche ed economiche, classe di concorso A019, ed economia aziendale, classe di concorso A017, subiscono nel quadro orario del nuovo sistema di istruzione (fondato, da un lato, sui licei e dall'altro, sull'istruzione e formazione professionale) un sostanziale ridimensionamento;


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in particolare la classe di concorso A019, discipline giuridiche ed economiche, rischierebbe di essere cancellata a beneficio di altre discipline, conservandola esclusivamente nel liceo economico e comunque con un ridotto numero di ore;
all'interrogante appare, pertanto, quantomeno inopportuno parlare di «educazione alla legalità» quando poi si arriva a privare gli studenti, all'interno del loro percorso scolastico, degli strumenti e delle conoscenze indispensabili alla loro formazione quali individui e futuri cittadini titolari di diritti e doveri sociali -:
se non ritenga assolutamente necessario ed urgente chiarire la portata dell'articolo 2 della bozza del decreto di riforma della scuola secondaria, precisando da un lato se le discipline giuridico-economiche verranno mantenute all'interno degli Istituti Professionali nella duplice veste di disciplina trasversale e di base nonché di disciplina «professionalizzante», dall'altro quale sarà la sorte dei docenti delle suddette discipline e delle altre classi di concorso che vedono ridimensionato il loro monte ore nel nuovo sistema di istruzione.
(4-13129)

Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare in esame con il quale l'interrogante chiede le ragioni per le quali nella bozza del decreto legislativo di riforma del secondo ciclo d'istruzione e formazione non sono più presenti le materie giuridiche ed economiche negli istituti tecnici industriali, per geometri, professionali, nei licei artistico e pedagogico e nella sperimentazione in atto nei licei classici e scientifici; inoltre chiede di conoscere quali siano eventualmente i progetti per la riqualificazione e l'impiego del corpo docente della classe A019.
Al riguardo si fa presente che nell'ordinamento vigente alla classe di concorso 19/A fanno capo diversi insegnamenti presenti nei seguenti tipi di istituto: istituto tecnico commerciale, istituto tecnico per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere; istituto tecnico per geometri; istituti tecnici femminili; istituti tecnici industriali; istituti tecnici nautici; istituti tecnici per il turismo; istituti professionali; istituti professionali per non vedenti; istituti d'arte.
Per quanto concerne i licei, i relativi ordinamenti non contengono queste materie anche se insegnamenti di diritto e di economia sono presenti in forme, dislocazioni e misure differenziate nei licei che attuano sperimentazioni, ivi inclusi gli indirizzi che seguono i programmi elaborati dalla commissione Brocca.
Si rileva, tuttavia, che in questi indirizzi sperimentali le nuove discipline sono state introdotte per accumulazione, nell'ottica dell'arricchimento enciclopedico, ma il crescere delle discipline di insegnamento non ha comportato una dilatazione degli orari in quanto si è proceduto contraendo la durata dell'unità oraria di insegnamento.
La riforma del sistema scolastico, che ha la precipua finalità di assecondare la vocazione degli studenti e favorirne il successo formativo, punta ad individuare per ogni liceo un nucleo rappresentativo delle discipline essenziali e vincolanti per tutti gli studenti, quali Italiano, Storia, Matematica, Scienze sperimentali, lingue comunitarie, scienze motorie, e ad individuare altresì le discipline caratterizzanti ciascun percorso nelle aree opzionali, obbligatoria e facoltativa.
Si ricorda che la prima stesura del decreto delegato concernente la definizione delle norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione è disponibile sul sito del MIUR dal 18 gennaio 2005, mentre lo schema approvato dal Consiglio dei Ministri è disponibile sullo stesso sito dal 9 giugno 2005; ciò allo scopo di promuovere un ampio dibattito pubblico volto ad acquisire utili suggerimenti in vista della definizione del relativo progetto di riforma. La bozza iniziale è stata infatti via via modificata a seguito di confronti con le Regioni, con le organizzazioni sindacali e con le associazioni disciplinari e dovrà ora seguire il suo l'iter formale che è stato già avviato.
Per ciò che concerne la disciplina denominata «Elementi di diritto ed economia» il ministero ha proposto di inserire detta disciplina tra le attività ed insegnamenti


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obbligatori a scelta dello studente in tutti i percorsi liceali, ad eccezione ovviamente del liceo economico nel quale le materie giuridiche ed economiche assumono un ruolo dominante.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

RUSSO SPENA e MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quarantaquattrenne di nazionalità marocchina Said Zigou, trattenuto presso il Cpt di Lamezia Terme, viene ricoverato il 7 dicembre 2004 all'Ospedale civico della cittadina catanzarese per forti dolori addominali;
la sua permanenza presso l'ospedale è avvolta nel mistero: differenti versioni dei fatti testimoniano che Said Zigou si sia autoinflitto delle lesioni, ma si sospetta che egli sia precipitato dalla finestra del nosocomio;
il 9 gennaio scorso giunge al Policlinico Universitario di Messina in coma per insufficienza respiratoria e due giorni dopo viene dichiarato dai responsabili sanitari clinicamente morto;
la vicenda, denunciata dal Circolo Arci Thomas Sankara di Messina, conferma quanto i centri di permanenza temporanea siano fuori da ogni controllo;
i Cpt sono delle vere e proprie prigioni note per i numerosi casi di autolesionismo tra gli «ospiti», per le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versano, per la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci da parte degli operatori;
sul centro di Lamezia Terme gestito dalla cooperativa «Malgrado tutto» è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica al fine di denunciare le inumane condizioni di reclusione;
il caso ricordato rappresenta, secondo gli interroganti l'emblema di come simili vicende siano imputabili all'esistenza stessa di vere e proprie carceri amministrative - con selezione etnica e alla loro - complessiva gestione -:
cosa sia realmente accaduto a Said Zigou, considerato che il divieto di accesso ai centri per gli operatori di associazioni rende impossibile l'accertamento dei fatti;
se vi siano responsabilità e/o omissioni per la morte di Said Zigou e a chi eventualmente siano addebitabili;
se intenda procedere alla immediata chiusura dei centri di permanenza temporanea.
(4-12508)

RUSSO SPENA, MAURA COSSUTTA, BUFFO, REALACCI, ZANELLA e FOLENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 7 gennaio 2005 il signor Said Zigoui, cittadino marocchino, di anni 45 veniva ricoverato presso l'ospedale di Lamezia Terme (Catanzaro) a causa di forti dolori addominali;
il signor Said Zigoui, si trovava rinchiuso presso il Cpt di Lamezia Terme;
il 9 gennaio 2005 il signor Zigoui veniva trasferito d'urgenza presso il policlinico Universitario di Messina;
tale trasferimento è stato reso necessario per le gravi lesioni riportate dal signor Zigoui in seguito alla caduta dello stesso dal secondo piano dell'ospedale di Lamezia Terme;
il signor Ziguoi è morto qualche giorno dopo il ricovero al Policlinico di Messina;
il Cpt di Lamezia Terme è stato oggetto di ripetute critiche e denunce in seguito alle numerose visite effettuate in quella struttura da diversi parlamentari, da associazioni, da giornalisti;


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più volte, infatti, le condizioni di vita a causa della situazione socio sanitaria e degli abusi sono state definite disumane;
nello stesso rapporto sui Cpt di «Medici Senza Frontiere - Missione Italia», in
merito alla suddetta struttura, si legge tra l'altro: «Le condizioni strutturali, socio-sanitarie, assistenziali, gli standard di accoglienza e il non rispetto dei minimi parametri ministeriali, dovrebbero portare alla chiusura totale del centro»;
sempre lo stesso rapporto recitava quanto segue: «Le autolesioni (tagli, pile o lamette ingerite) sono all'ordine del giorno; almeno 2 o 3 casi ogni giorno. [...] Il medico stesso ha messo in evidenza le difficoltà nel gestire i casi di tossicodipendenza, l'incapacità nell'evitare così tanti casi di autolesionismo e gli episodi di maltrattamento e abusi che avvengono all'interno per la forte promiscuità. L'80 per cento degli ospiti è dipendente da psicofarmaci, dipendenza nata per lo più in carcere. Non vi è comunque alcun tentativo di recupero e disassuefazione da parte degli operatori. Durante le nostre visite numerosi detenuti erano in uno stato di palese annebbiamento mentale a causa della psicoterapia. Uso e abuso di psicofarmaci viene ammesso dal medico stesso e dal gestore del centro»;
Padre Giorgio Poletti, missionario Comboniano, in seguito ad una sua visita nel suddetto centro ha dichiarato: «... c'è anche la perdita della dignità umana, sono considerati dei criminali da neutralizzare. Alcuni dei reclusi hanno delle fasciature sui bracci e qualcuno le nasconde sotto le maniche della maglia. La cosa mi incuriosisce ed allora faccio scoprire qualche braccio. Sotto le fasciature, alcune improvvisate, vedo tagli profondi, impressionanti. Diversi dei reclusi che mi stanno attorno hanno questi tagli. Io non riesco a capire: come si può arrivare a ferirsi in questa maniera, quale aggressività si nasconde dietro a questi gesti? Qualcuno mi spiega: i reclusi vivono nel terrore di essere rimpatriati nei loro paesi d'origine dove sanno che la loro vita e in pericolo»;
in data 3 marzo 2004 il settimanale Oggi pubblicava un approfondito dossier sulle condizioni socio-sanitarie del Cpt di Lamezia Terme; nel quale veniva riportata la seguente affermazione del responsabile del centro: «Da un po' nessuno si ferisce più. Prima lo facevano per essere portati in ospedale da cui fuggivano facilmente. Ora se uno ingoia una lametta rimane in camerata. E solo se si aggrava chiamiamo il 118»;
in data 28 gennaio 2005 una delegazione guidata dall'onorevole Giovanni Russo Spena visitava i locali del centro costatando un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita di chi vi era trattenuto e riscontrando numerosi casi di trattenimento immotivato -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
per quali motivi il signor Said Zigoui sia stato rinchiuso presso il Cpt «Malgrado tutto» di Lamezia Terme;
quali siano i motivi che hanno provocato il ricovero presso l'ospedale di Lamezia Terme del signor Said Zigoui;
come mai gli organismi competenti non abbiano deciso la chiusura del suddetto Cpt, nonostante le numerose denunce fatte in questi anni.
(4-12859)

Risposta. - Il 7 gennaio 2005, il cittadino marocchino, Said Zigoni, ospite del Centro di permanenza temporanea di Lamezia Terme in esecuzione di un provvedimento del Questore di Frosinone del 15 dicembre 2004, accusava forti dolori al fianco destro tali da renderne necessario, a giudizio del medico di turno presso la struttura, l'immediato accompagnamento al locale ospedale, per più approfonditi accertamenti.
In tale circostanza, i sanitari ne disponevano il ricovero presso il reparto di chirurgia generale per sospetta appendicite.
Come di prassi, le Forze dell'Ordine predisponevano un servizio di vigilanza generica del reparto ospedalieri.


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Il successivo 9 gennaio 2005, il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme veniva informato dal personale sanitario dell'Ospedale che il Zigoui era precipitato dal secondo piano della struttura ospedaliera.
Data la gravità delle lesioni riportate, l'extracomunitario veniva trasferito, con l'elisoccorso, presso il Policlinico Universitario di Messina, reparto di terapia intensiva dove, alle ore 13,45 del 12 gennaio 2005, decedeva.
I quesiti posti dall'interrogante rendono opportuno sviluppare alcune considerazioni di carattere generale in ordine ai centri di permanenza temporanea e di assistenza e alla funzione, importantissima nel sistema di governo del fenomeno migratorio, che essi svolgono.
In base alla legge n. 40 del 1998, che sul punto è stata solo parzialmente modificata dalla legge n. 189 del 2002, chi entra clandestinamente, a meno che non abbia i requisiti per l'asilo e non vi siano fondati motivi umanitari, va allontanato dal territorio nazionale con il riaccompagnamento nel paese di provenienza.
Per fare questo è però indispensabile accertare l'identità del clandestino perché sia certa di conseguenza la provenienza dell'interessato e lo stato di provenienza non ponga ostacoli alla riammissione.
L'indagine che viene svolta caso per caso punta, altresì, a far emergere eventuali altri elementi significativi per garantire al meglio tutte le posizioni che le normative internazionali tutelano.
Questi accertamenti richiedono del tempo durante il quale chi è entrato clandestinamente deve essere posto nelle condizioni di non dileguarsi.
La concezione e le modalità di istituzione dei CPTA corrispondono infatti ad una coerente politica di governo del fenomeno dell'immigrazione, condivisa e definita concordemente con gli altri
partner dell'Unione europea.
In particolare, il centro di Lamezia Terme, essendo, geograficamente, vicino alla Sicilia ed all'isola di Lampedusa, primo approdo di migliaia di clandestini diretti verso i Paesi dell'Area Schengen, consente un più favorevole smistamento degli extracomunitari che sbarcano irregolarmente sulle coste nazionali. Occorre altresì evidenziare che detta struttura costituisce uno strumento individuato dal legislatore - articolo 14 del testo unico delle leggi sull'immigrazione n. 286/1998 come modificato dall'articolo 13 della legge n. 189 del 2002 - indispensabile per l'attuazione del programma di governo finalizzato al contrasto all'immigrazione clandestina.
Il livello delle prestazioni e dei servizi resi, attualmente, all'interno dei CPTA è stato stabilito in apposite linee guida per la gestione dei centri approvate con direttiva del Ministro dell'interno in data 8 gennaio 2003.
Le linee guida hanno fissato per la prima volta standard qualitativi e quantitativi da rispettare e garantiscono perciò la massima trasparenza con benefici riflessi sia nella gestione quotidiana delle strutture sia nelle procedure di affidamento della gestione. Grazie ad esse è stato possibile, da un lato, omogeneizzare il livello delle prestazioni e, dall'altro, introdurre criteri obiettivi nella scelta degli enti gestori che sono ora chiamati a formulare offerte trasparenti in termini di miglioramento delle prestazioni rese e dei corrispettivi richiesti.
In ogni centro viene assicurato, oltre ai normali servizi alla persona (lavanderia, barbieria, vitto, generi di conforto e quant'altro), il servizio di mediazione linguistica e culturale, l'assistenza sociale e psicologica, l'informazione sui diritti, doveri e sulla condizione dello straniero, l'intrattenimento degli ospiti, il servizio di assistenza sanitaria.
Per quanto riguarda in particolare le condizioni socio sanitarie della struttura di Lamezia Terme, la Prefettura di Catanzaro ha costituito, nel febbraio 2005, un'apposita Commissione di Vigilanza con il compito di verificare eventuali carenze nella gestione del Centro.
Detta Commissione ha effettuato, con cadenza quindicinale, alcuni sopralluoghi nella struttura e tutte le prescrizioni successive sono state prontamente segnalate all'Ente gestore che ha provveduto alla loro attuazione.


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In particolare, si è ulteriormente potenziato il settore dell'assistenza socio-sanitaria sia apportando migliorie di carattere strutturale ai locali dei bagni, dell'infermeria e dell'ambulatorio medico sia aggiornando che adeguando ai protocolli del Sistema Sanitario Nazionale le cartelle cliniche dei soggetti trattenuti.
Recentemente è stata effettuata una visita al Centro da parte di alcuni funzionari della predetta Commissione, unitamente ai rappresentanti della locale Prefettura e dell'Ente gestore.
A seguito di tale visita, il responsabile dell'Ente gestore ha assicurato che provvederà alla realizzazione di alcuni interventi di manutenzione nonché alla messa a norma degli impianti elettrici, precisando, inoltre, che sarà presente, anche di notte, un operatore come previsto nelle citate «Linee guida» per la gestione dei Centri per immigrati.
L'attuazione di tali ulteriori interventi dovrà consentire di migliorare le condizioni di vivibilità e di salubrità del Centro ove, peraltro, si è sempre posta particolare attenzione al rispetto dei diritti anche civili e d'informazione per l'ospite straniero redatto in più lingue, distribuito all'atto dell'ingresso nel Centro.
Con detta pubblicazione, l'ospite del CPTA è portato a conoscenza delle più importanti norme in tema d'immigrazione in Italia, sui propri diritti e doveri all'interno della struttura, nonché su alcuni aspetti della vita gestionale (assistenza infermieristica, servizio di interpretariato, consulenza legale, etc. che ne potranno garantire una più efficace fruibilità.
Relativamente alla assenta somministrazione coatta di psicofarmaci, si rappresenta che nei casi in cui l'extracomunitario dichiari di essere tossicodipendente, previo un accertamento preliminare effettuato all'interno del centro, viene inviato al Servizio per le tossicodipendenze (SERT), dove viene assoggettato a più accurate indagini e, se necessario, sottoposto a terapia da effettuarsi sempre e comunque in quella struttura.
Nell'ipotesi in cui il paziente manifesti problemi di natura psichica, previo un accertamento preliminare, viene inviato a visita specialistica presso il reparto di psichiatria presso l'Ospedale Civile e, se prescritta, viene effettuata terapia, che viene annotata sull'apposita cartella clinica redatta nei confronti di ogni cittadino sottomesso al regime di trattenimento al suo ingresso al centro.
Qualsiasi altro farmaco somministrato, per la cura di malattie organiche, viene sempre e comunque registrato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

RUSSO SPENA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 18 febbraio 2005 alle officine grandi riparazioni di Santa Maria la Bruna di «Trenitalia» ancora una volta vi è stato il ritrovamento di una carrozza contenente amianto, esponendo i lavoratori a serio rischio;
a nulla sono servite le lotte del passato e le varie procedure previste dalla normativa vigente (decreto legislativo n. 277 del 1991, legge n. 257 del 1992 e successive);
inoltre queste carrozze sono sprovviste di certificato delle ASL competenti, come stabilito dalla legge;
la cosa più grave è che queste carrozze risultano «bonificate» da ditte esterne;
su questo ritrovamento sta indagando la Magistratura a seguito di denuncia fatta dalle organizzazioni sindacali;
secondo quanto risulta all'interrogante la dirigenza continua a disattendere gli accordi presi: tutte le restanti carrozze dovrebbero prima passare per una apposita «ZONA A», cioè una zona protetta per verificare se siano realmente «pulite» cioè «bonificate» per poi essere immesse in produzione. Ciò non avviene. Le carrozze vengono immesse direttamente in


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produzione non tenendo conto assolutamente della salute dei lavoratori -:
se risulti al Ministro l'immissione in produzione di una carrozza contenente amianto esponendo i lavoratori a serio rischio;
se corrisponda al vero che le carrozze immesse in produzione sono sprovviste di certificato delle ASL competenti così come previsto dalla legge;
se corrisponde al vero che le carrozze vengono «Bonificate» da ditte esterne, e in caso affermativo, per quali motivi una materia così delicata come la bonifica di carrozze contenenti amianto è affidata a ditte esterne, mettendo così a grave rischio la salute dei lavoratori.
(4-13661)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che i veicoli ferroviari con componenti contenenti amianto sono soggetti al controllo previsto dal decreto ministeriale 26 ottobre 1995 recante «normative e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nei mezzi rotabili».
In applicazione delle vigenti norme di legge, secondo il progetto messo a punto congiuntamente da Ferrovie dello Stato ed ENEA, per ogni rotabile viene elaborata una scheda nella quale sono riportate le aree interessate dalla presenza di amianto che vengono classificate in funzione della loro tipologia.
È stato poi effettuato mediante l'insieme delle schede di mappatura il censimento di tutti i rotabili aventi problematiche di amianto. Tale mappatura viene costantemente aggiornata seguendo uno specifico programma di controlli.
Il 18 febbraio 2005 durante una fase di lavoro su di una carrozza bonificata da amianto nell'anno 1990 la cui mappa non presentava punti di rischio relativi a residui di amianto friabile è stata rilevata in prossimità di zone accessibili negli interstizi del sottocassa la presenza di alcuni residui di natura non identificata. In via precauzionale le attività sono state sospese ed è stata interdetta la zona lavoro.
Alcuni campioni del materiale rinvenuto sono stati inviati all'Università degli studi di Napoli «Federico II» per la determinazione analitica quali-quantitativa.
Gli esami di laboratorio hanno riscontrato presenza di amianto nella percentuale del 5 e del 7 per cento in due dei quattro campioni analizzati.
A seguito di ulteriori indagini si è stabilito di procedere al preventivo controllo ed alla pulizia della sottocassa di tutte le carrozze della stessa tipologia.
Tali operazioni sono state effettuate, in ambiente protetto mediante l'adozione delle procedure di bonifica da amianto friabile e con certificazione di restituibilità come previsto dal sopra citato decreto ministeriale, presso lo stabilimento di S. Maria La Bruna o presso l'industria privata secondo le prescrizioni al piano di lavoro nel frattempo aggiornato ed approvato dalla ASL.
Ferrovie dello Stato ha evidenziato che tutti i monitoraggi effettuati non soltanto confermano l'assenza di esposizione al rischio amianto durante le lavorazioni ma hanno rilevato livelli di concentrazione ambientale al di sotto dei limiti di riferimento normativi per gli ambienti di vita.
Lo stabilimento di S. Maria La Bruna come gli altri impianti di Trenitalia s.p.a. assicura un ambiente di lavoro nel rispetto della salute dei lavoratori e della tutela dell'ambiente.
Per quanto riguarda la certificazione ASL cui si fa riferimento nell'atto ispettivo, Ferrovie dello Stato ha sottolineato che la bonifica della carrozza in questione è avvenuta precedentemente all'emanazione delle norme di legge che prevedono il rilascio di tali documenti da parte delle ASL di giurisdizione.
Dall'entrata in vigore del decreto ministeriale 26 ottobre 1995 tutti i veicoli oggetto di bonifica da amianto friabile vengono assoggettati alle procedure di restituibilità conformemente alle prescrizione ASL.
Infine la società ferroviaria rileva che la manutenzione ciclica delle carrozza viene da sempre effettuata sia presso i propri stabilimenti sia presso industrie private.


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Attualmente le lavorazioni di disallestimento bonifica e predisposizione dei rotabili da ristrutturare vengono principalmente eseguite presso l'industria privata qualificata di settore in quanto gli impianti di Ferrovie dello Stato sono organizzati per effettuare fasi di lavorazione tecnologicamente più specializzate. Le imprese private operano nel rispetto delle leggi vigenti ed in conformità alle prescrizioni delle ASL di giurisdizione attuando tutti i collaudi previsti per le varie fasi di lavorazione.
Pertanto è da sottolineare che per le problematiche dell'amianto non sussiste alcun rischio per la salute dei lavoratori e che si è proceduto - come d'uso - consultando i rappresentanti della sicurezza dei lavoratori e nel pieno rispetto delle prescrizioni di legge in materia.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

SANDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Asaps (Associazione della Polizia Stradale) ha diffuso ultimamente le informazioni relative al sistema di targatura e tutte le possibilità ampiamente usate per alterare e modificare le targhe delle moto, vanificando così, di fatto, il funzionamento dei dispositivi dei rivelatori automatici e il lavoro della polizia stradale;
ci sono vari sistemi per raggiungere questo risultato:
a) l'alloggiamento della targa che, come da immatricolazione, deve avere una inclinazione non superiore a 30 spesso subisce mutamenti tramite l'applicazione di un pistoncino elettrico o di un elastico che solleva la targa e la porta quasi in una posizione orizzontale;
b) con bombolette di schiuma da barba si coprono i numeri;
c) l'applicazione di stracci o foulard che con il vento si muovono coprendo la targa;
d) l'elastico per i bagagli che nasalmente si sposta e copre alcuni numeri;
e) i numeri come 6 - 9 - 8 - 0 vengono cambiati con ritocchi a base di grasso o con pezzi di nastro isolante nero;
tutti questi sistemi sono stati illustrati con foto nell'articolo sul sito dell'Asaps mostrando tanto le ingegnosità dei motociclisti nell'infrangere la legge quanto le mancanze normative che le permettono;
il Codice della strada articolo 100, comma 10) prevede: «Sugli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è vietato apporre iscrizioni, distintivi, o sigle che possano creare equivoco nella identificazione del veicolo»;
il comma 12) prevede che «chiunque circola con veicolo munito di targa non propria o contraffatta è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.626,45 a euro 6.506,85». Con il comma 15) dello stesso articolo è prevista anche la sanzione accessoria del fermo amministrativo di tre mesi del veicolo, non è però facile dimostrare la contraffazione, e secondo l'Asaps intervento della polizia avrebbe più efficacia se nel codice risultassero sanzioni anche per la modifica della targa;
il comma 13) stabilisce che «chiunque viola le disposizioni dei commi 5 e 10 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 19.95 a euro 81.90». Per prevenire e combattere le sopracitate manovre la sanzione amministrativa è eccessivamente bassa, e sarebbe opportuno, sempre secondo l'Asaps, aggiungere una sanzione accessoria come il ritiro della carta di circolazione;
il comma 14 prevede che: «chiunque falsifica, manomette o altera targhe automobilistiche ovvero usa targhe manomesse, falsificate o alterate è punito ai sensi del codice penale». Anche in questo caso non è, facile stabilire l'alterazione della targa, infatti spesso succede che il magistrato annulla il verbale per mancanza di prove;


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il codice della strada, all'articolo 102 comma 7) prevede che: «chiunque circola con targa non chiaramente e integralmente leggibile è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 33,60 a euro 137,55». Questo è l'articolo che maggiormente viene applicato; anche qui la sanzione amministrativa è ritenuta troppo bassa e sarebbe da aggiungere come nei casi precedenti la sanzione accessoria del ritiro della carta di circolazione e della targa quando è evidente l'oscuramento della stessa;
si ritiene anche che le targhe dovrebbero essere con i numeri più grandi presentando «la coda» inclinata e non verticale come ora -:
come il Ministro valuti la situazione sopra esposta;
se in particolare intenda valutare con attenzione anche con una appropriata indagine sul fenomeno, le notizie riportate sul sito di Asaps;
se intenda, farsi promotore di una iniziativa normativa per la revisione del codice in tema di targature e con sanzioni più appropriate per l'uso di targhe manomesse.
(4-14027)

Risposta. - L'articolo 100 del Codice della Strada individua in modo esaustivo i comportamenti illegittimi e le conseguenti sanzioni relativamente alla contraffazione alterazione e modificazione delle targhe dei motoveicoli.
In particolare il comma 10 vieta di apporre iscrizioni distintivi o sigle che possano creare equivoco nell'identificazione del veicolo ed il comma 14 punisce chiunque falsifica manomette o altera targhe automobilistiche ovvero usa targhe manomesse falsificate o alterate; i commi 11, 12, 13 e 15 apprestano le relative sanzioni come peraltro esposte nell'atto cui si risponde.
Si ritiene quindi che l'impostazione normativa precettiva e sanzionatoria sia del tutto adeguata a vietare e punire ciascuna delle singole fattispecie di modifica della targa rappresentate dall'Associazione della Polizia stradale.
Con riferimento all'annullamento per mancanza di prove del verbale da parte del magistrato come pure a quello dell'inasprimento delle sanzioni, nel sottolineare che la competenza istituzionale è dei Ministeri dell'interno e della giustizia si fa presente che, come evidenziato da numerosi studi sull'argomento, l'aumento delle sanzioni si è sempre rivelato del tutto inefficace se disgiunto da un costante controllo su strada da parte degli organi accertatori.
Ciò posto, per quanto riguarda la problematica delle targature dei motoveicoli si sottolinea che le dimensione delle targhe dei motocicli sono state studiate appositamente per permetterne una facile lettura; per quanto riguarda i ciclomotori il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto un apposito regolamento che tra l'altro disciplina anche il nuovo formato delle targhe al fine di aumentarne la visibilità, provvedimento che sarà quanto prima approvato.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

SASSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel mese di maggio 2004 le signore Cinzia Angelini e Stella Grassi rispettivamente madri dell'alunna Federica Pompi e dell'alunno Federico Monteleoni attualmente frequentanti la classe II G della S.M.S. «T. Mommsen» di Roma nella sede accorpata dell'Istituto ex Carroll si sono recate presso la segreteria della scuola per conoscere i termini entro i quali presentare la dichiarazione per non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica (irc) nell'anno scolastico 2004-2005, ricevendo l'informazione che «le domande dovevano essere presentate in carta semplice prima dell'inizio del nuovo anno scolastico;
in data 24 agosto 2004 e in data 3 settembre 2004 le genitrici in questione hanno presentato una domanda secondo le


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modalità richieste, contemporaneamente ad altre di altri genitori di cui non si conoscono esattamente le singole date, tutte comunque accolte e protocollate dalla segreteria della scuola, senza tuttavia che ai genitori interessati giungesse alcun segno di risposta, circostanza - questa - interpretata dagli stessi come silenzio/assenso;
all'avvio dell'anno scolastico 2004-2005 molti studenti usciti dall'aula in concomitanza con l'inizio dell'«ora di religione» vennero fatti rientrare in classe dal vicario della dirigente scolastica nella sede ex Carroll, con la motivazione che le loro «richieste di non avvalersi dell'irc non erano state accolte»;
la confusione e il disagio sorto tra alunni e docenti inducevano alcuni genitori, tra i quali le citate signore Angelini e Grassi, a rivolgersi alla direzione scolastica per ottenere chiarimenti;
dopo alcuni vani tentativi di ottenere il colloquio richiesto (24 settembre 2004; 27 settembre 2004) in data 4 ottobre 2004, dopo un'attesa protrattasi per l'intera mattinata, i genitori venivano accolti da una collaboratrice della dirigente scolastica, la quale dichiarava che le «domande in questione non erano state prese in considerazione perché presentate oltre i termini prescritti» e che di ciò i genitori avrebbero dovuto essere informati telefonicamente (cosa non avvenuta);
a seguito delle rimostranze dei genitori contro l'assoluta mancanza di qualsiasi informazione circa un «termine prescritto» diverso da quello loro comunicato dalla segreteria della scuola nel mese di maggio, la Dirigente scolastica conferiva con i genitori presenti, i quali apprendevano così dalla stessa che il termine prescritto coincide con il termine di presentazione delle domande di iscrizione. A tal proposito i genitori degli alunni hanno riferito che la dirigente scolastica avrebbe dichiarato di aver avuto due ragioni che ostavano al fornire tempestivamente la debita informazione: 1) problemi col Vicariato, essendo già stata altre volte «richiamata» dall'Ordinario diocesano; 2) l'informazione poteva suonare invito agli alunni a non avvalersi dell'irc, ed una indelicatezza nei confronti dell'insegnante di religione cattolica. Essa asseriva, tuttavia, di essere eventualmente disposta ad accettare «richieste» pervenute oltre i termini se «suffragate da giusta motivazione» (come l'appartenenza a una religione diversa da quella cattolica);
a tutt'oggi nella S.M.S. «T. Mommsen» di Roma, si trovano alunni e alunne - oltre a quelli citati in premessa - di fatto obbligati a frequentare contro la loro volontà le lezioni di r.c. in completa violazione dei principi costituzionali e del nuovo Concordato -:
se il Ministro non intenda intervenire in presenza di una così palese violazione della libertà di coscienza, di atti discriminatori come quello relativo a valutazioni arbitrarie dei motivi che possono indurre a non avvalersi dell'irc, nonché di dichiarazioni di subalternità di fatto a un'autorità esterna, del tutto incompatibili con la funzione di un dirigente scolastico della scuola dello Stato;
se il Ministro non ritenga opportuno richiamare i dirigenti scolastici sulla necessità - contemplata nel testo unico - di informare annualmente la popolazione scolastica circa i tempi e le modalità previste per la presentazione delle dichiarazioni in merito alla scelta se avvalersi o non avvalersi dell'irc, anche al fine di consentire ai non avvalentisi la possibilità di scegliere l'irc l'anno successivo;
se non ritenga, infine, necessario ribadire a livello nazionale la garanzia - per ogni alunno non avvalentesi che lo richieda - di una attività alternativa che renda effettiva la libertà di scelta, sempre più spesso mortificata da interventi casuali e non proficui per gli studenti stessi, come il trasferimento dei non avvalentisi durante l'irc da una classe all'altra, quasi si tratti di oggetti anziché di persone.
(4-12558)

Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare in esame con il quale l'interrogante


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lamenta che presso la scuola media «T. Mommsen» di Roma, ed in particolare nella sede accorpata dell'istituto ex Carrol, non sono state accettate le dichiarazioni di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, presentate da alcuni genitori, e quindi sono state violate le norme concordatarie nella parte in cui garantiscono a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.
Al riguardo si fa presente che l'articolo 310 del testo unico delle leggi sull'istruzione, approvata con decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, stabilisce che «ai sensi dell'articolo 9 dell'Accordo tre la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato con la legge 25 marzo 1985, n. 121, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno, nelle scuole di ogni ordine e grado, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica».
«All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori esercitano tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione».
«Il diritto di avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola materna, elementare e media è esercitato, per ogni anno scolastico, all'atto dell'iscrizione non d'ufficio, dai genitori o da chi esercita la potestà nell'adempimento della responsabilità educativa di cui all'articolo 147 del codice civile».
«Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all'atto dell'iscrizione, per ogni anno scolastico, a richiesta dell'autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica».
Con circolare ministeriale n. 174 del 14 dicembre 2001 riguardante le iscrizione alle classi per l'anno scolastico 2002/2003, questo Ministero nel precisare che le iscrizioni alla scuola dell'infanzia ed alle classi iniziali della scuola elementare, della scuola media e della scuola secondaria superiore vanno effettuate entro il 10 gennaio 2002, ha anche richiamato l'attenzione sulla modifica apportata al modello D e chiarito che la scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento della Religione Cattolica ha effetto non solo per l'intero anno scolastico cui si riferisce, ma anche per i successivi anni in corso, nei casi in cui sia prevista l'iscrizione d'ufficio, ferma restando la possibilità di modificare la scelta compiuta l'anno precedente.
Comunque, la possibilità di scegliere di anno in anno se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica risulta chiaramente prevista nelle indicazioni contenute nel modello D, allegato alla circolare ministeriale n. 174/2001, modello che, unitamente alla circolare stessa, è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001, proprio con lo specifico fine di assicurare la massima informazione al riguardo.
Con lettera circolare del 20 dicembre 2002, il termine per l'effettuazione delle iscrizioni alle sezioni della scuola dell'infanzia e alle classi iniziali della scuola elementare e degli istituti di istruzione media e secondaria di II grado, è stato fissato al 25 gennaio.
Ciò premesso, in merito a quanto verificatosi presso la scuola media statale «Mommsen» di Roma, il dirigente scolastico ha riferito al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Lazio, precisando che i due alunni, cui fa riferimento l'interrogante, sono stati iscritti d'ufficio alla classe seconda per l'anno scolastico 2004/2005 e che, all'atto dell'iscrizione alla classe prima, i loro genitori avevano scelto di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica con la conseguenza che la scelta iniziale è rimasta valida anche per l'anno scolastico successivo, non essendo stata manifestata diversa volontà entro il 25 gennaio 2004, termine per l'effettuazione delle iscrizioni per l'anno scolastico 2004-2005.
Soltanto nel periodo tra il 24 agosto ed il 3 settembre 2004, e cioè ben oltre il termine ultimo fissato al 25 gennaio 2004, le madri dei su indicati allievi hanno richiesto di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.


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Nel mese di ottobre 2004 il dirigente scolastico, ha ricevuto personalmente le mamme dei su indicati alunni e, nell'ambito di quei colloqui, il medesimo dirigente scolastico ha chiarito alle stesse che i termini di presentazione delle domande di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica coincidono con quelli di iscrizione alla classe successiva: nel caso in specie entro il 25 gennaio 2004.
Nel corso degli stessi colloqui il dirigente scolastico ha precisato anche che, nel rispetto del principio costituzionalmente garantito della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, le stesse mamme potevano comunque confermare la richiesta di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica previa indicazione della scelta dell'attività sostitutiva e previa indicazione delle circostanze o dei motivi che avevano portato alla tardiva presentazione della relativa domanda, atteso che è esigenza dell'istituto conoscere con congruo anticipo le determinazioni dei genitori, al fine di approntare e programmare attività alternative all'ora di religione e, nel contempo determinare il carico di insegnamento del docente di religione.
Il dirigente scolastico ha precisato, infine, che le mamme non hanno più insistito nella richiesta di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica e gli allievi hanno continuato a frequentare regolarmente l'insegnamento stesso.
Non risulta che la vicenda abbia avuto ulteriori seguiti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

SERENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
puntualmente, in provincia di Treviso, nel corso di ogni campagna elettorale, alcuni gruppi politici imbrattano proprietà private e pubbliche (cabine telefoniche, cabine elettriche, cartelli stradali, eccetera) con manifesti, scritte, adesivi;
ripetutamente, in passato, l'interrogante ha già provveduto a segnalare tali anomalie al Prefetto di Treviso il quale ha affermato di aver già raccomandato i sindaci a vigilare e a provvedere in merito -:
a quale organo dello Stato i cittadini o i loro rappresentanti nelle istituzioni possono ricorrere per esigere il puntuale rispetto della legge.
(4-13763)

Risposta. - Durante la campagna elettorale, la propaganda murale con manifesti e stampati viene svolta secondo le precise norme della legge 4 aprile 1956, n. 212, modificata dalla legge 24 aprile 1975, n. 130.
Per quel che riguarda, in particolare, l'osservanza del divieto di effettuare affissioni od iscrizioni murali e stradali e quant'altro possa comportare deturpamenti di edifici pubblici e privati, la prefettura di Treviso, in previsione delle consultazioni del 3 e 4 aprile 2005 ha invitato per tempo i sindaci della provincia a promuovere la costituzione di un'apposita squadra di personale del comune per provvedere giornalmente alla defissione di materiale elettorale indebitamente affisso in posti diversi dagli appositi spazi da parte di chi non vi abbia titolo ovvero alla cancellazione di iscrizioni murali o sul fondo stradale.
In data 21 marzo 2005 si è tenuta, altresì, presso la prefettura di Treviso una apposita riunione alla presenza dei rappresentanti di partiti e raggruppamenti politici operanti in quella Provincia e dei responsabili delle forze dell'ordine.
Nell'occasione sono state concordate puntuali dirèttive finalizzate alla disciplina della propaganda elettorale, con specifico approfondimento per le questioni connesse alla prevenzione e repressione degli illeciti, oggetto di apposita circolare prefettizia dello stesso 21 marzo 2005, pur non sottovalutando la difficoltà ad individuare gli esecutori materiali delle relative infrazioni.
A tal proposito si rammenta, infatti, che per l'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dal combinato disposto dell'articolo 8 della citata legge n. 212 del 1956 e dell'articolo 15, comma 17, della legge


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n. 515 del 1993 per le violazioni amministrative in materia di affissioni elettorali, è responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto di affissione, non sussistendo responsabilità solidale.
Analogamente, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 515 del 1993, e successive modifiche, le spese sostenute dai Comuni per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte e affissioni murali e di volantinaggio, sono a carico esclusivamente dell'esecutore materiale e non sussiste responsabilità neppure del committente.
Sulla base ditale quadro normativo, si ritiene che l'Autorità alla quale il cittadino debba prioritariamente rivolgersi sia la polizia municipale, in quanto il Sindaco, nella sua qualità di Ufficiale del Governo, sovrintende, tra l'altro, «...agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale...», secondo quanto disposto dall'articolo 54, comma 1, lettera
a) del decreto legislativo n. 267 del 2000 - T.U.E.L.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 9 novembre 2004, il sindacato Slp-Cisl ha denunciato la delicata situazione in cui versa il sistema della corrispondenza postale nella città di Modena, a causa della disorganizzata assistenza tecnica dei motorini di «Posteitaliane», con cui i postini sono soliti consegnare la corrispondenza stessa, che vengono mandati in officina per le necessarie riparazioni o manutenzione e che non vengono riparati oppure vengono riconsegnati con ritardi fino a trenta giorni;
secondo il sindacato Slp-Cisl, mentre l'azienda si giustifica dicendo che ci sono problemi con la società che detiene il contratto di assistenza, le officine, dal canto loro, replicano lamentando il mancato pagamento delle riparazioni;
stante questa situazione, «Posteitaliane» obbliga i portalettere ad utilizzare i pochi e male funzionanti mezzi superstiti in maniera alterna su più zone di recapito, come a Finale Emilia (dove un portalettere esce con il mezzo, fa una parte delle consegne sulla propria zona poi rientra, sempre in giornata, e passa il motorino al collega di un'altra zona per permettergli una consegna parziale), oppure obbliga il singolo portalettere, rimasto sprovvisto di moto a utilizzare la propria auto (come a Savignano sul Panaro), oppure ancora i portalettere sono costretti a uscire a piedi per consegnare la corrispondenza anche su zone che si estendono per chilometri (come a Sassuolo);
tale incredibile situazione, come ha precisato la stessa organizzazione sindacale di categoria, oltre ai lavoratori, penalizza fortemente gli stessi cittadini, «perché all'interno degli uffici si stanno accumulando notevoli giacenze di corrispondenza dovute alle difficoltà nella consegna» -:
se non ritengano opportuno intervenire presso Poste italiane spa nell'intento di correggere tale disorganizzata assistenza tecnica, al fine di tutelare i diritti, la dignità e la professionalità dei lavoratori coinvolti, e anche e soprattutto nell'interesse generale della cittadinanza del modenese, che risulta fortemente colpita da questa inconcepibile situazione.
(4-11571)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.


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Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e a adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane la quale, in relazione alla «delicata situazione in cui versa il sistema della corrispondenza postale nella città di Modena, a causa della disorganizzata assistenza tecnica dei motorini di Poste Italiane...», ha comunicato che il contratto di
fuil rent stipulato dall'Azienda con quattro società di primaria importanza, associate in raggruppamento temporaneo di imprese, per l'uso di circa 42.000 veicoli (dei quali 30.000 motomezzi), prevede anche la loro manutenzione ordinaria e straordinaria attraverso una rete assistenziale con la quale il predetto raggruppamento di imprese ha stipulato un'apposita convenzione.
Secondo quanto precisato, negli ultimi mesi, effettivamente, le prestazioni tecniche fornite dalla rete di assistenza in parola non hanno pienamente soddisfatto le aspettative dell'Azienda che ha inoltrato una diffida ad adempiere alle società, con la conseguenza che, in un gran numero di casi, esse hanno provveduto direttamente all' attività di manutenzione.
Secondo quanto riferito, l'Azienda al fine di assicurare il regolare svolgimento del servizio di recapito, contestualmente ha anche disposto che le strutture territoriali potessero procedere direttamente agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei motomezzi in avaria, anticipando le relative spese per conto del citato raggruppamento di imprese.
Tale iniziativa, secondo quanto comunicato, ha reso possibile intervenire con maggiore efficacia e tempestività, in vista della soluzione definitiva del problema che si presume possa essere raggiunta alla scadenza del contratto in vigore, ormai prossima, con il previsto rinnovo del parco macchine aziendale.
La società Poste Italiane, ad integrazione delle notizie fornite ha, infine, reso noto che non si sono registrate giacenze di corrispondenza determinate dalle citate difficoltà di manutenzione dei motomezzi, essendo stato posto in essere ogni utile accorgimento volto ad assicurare il regolare svolgimento del servizio.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

SINISCALCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
Nel cuore della Napoli antica sorge il celebre Conservatorio di San Pietro a Majella che rappresenta uno straordinario punto di riferimento per la formazione di giovani musicisti;
la formazione dei giovani attraverso la qualificata attività didattica si è resa ancor più completa anche in ragione della ricchezza di un patrimonio culturale ed artistico che caratterizza l'intera struttura del «Regio Conservatorio di Musica»;
la scuola media annessa al Conservatorio, attiva dal 1972, ha rappresentato negli ultimi anni un rassicurante approdo per numerosi bambini dotati di spiccata propensione per la musica e per uno strumento in particolare;
attualmente, come riportato anche da organi di informazione che si sono occupati del Conservatorio, la scuola media sarebbe in procinto di veder cessata la propria attività didattica;
alla luce del soddisfacente percorso istruttivo e culturale che la scuola media annessa al Conservatorio ha assicurato nel tempo, si è costituito un «Comitato genitori degli allievi» per la salvaguardia della istituzione scolastica ed in difesa della scuola stessa dal rischio di dismissione delle attività didattiche;


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sin dalla sua costituzione, avvenuta da circa due anni, il Comitato ha promosso una serie di iniziative finalizzate a scongiurare la «chiusura» per gli anni a venire, della scuola media annessa al Conservatorio di musica;
come rilevato anche dalle iniziative promosse dal richiamato Comitato, la «dismissione» della realtà didattica relativa alle classi di scuola media statale, configurerebbe una erronea interpretazione applicativa della legge n. 508 del 1999 afferente i Conservatori di musica;
la richiamata legge n. 508 del 1999 non ha previsto espressamente la soppressione delle scuole medie annesse ai Conservatori, pur incidendo nella disciplina delle attività didattiche nelle fasce di alta formazione di primo e secondo livello accademico;
quanto alle applicazioni pratiche della richiamata legge n. 508 del 1999, si rileva come nell'anno scolastico 2003/2004 a fronte della non attivazione della prima classe della scuola media annessa al Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli, negli altri Conservatori di tutta Italia siano state avviate le classi iniziali di scuola media;
il già citato Comitato composto dai genitori degli allievi della scuola media annessa al Conservatorio di Napoli, ha proposto ricorso avverso il provvedimento di non autorizzazione al funzionamento della prima classe della scuola media annessa al Conservatorio per l'anno scolastico 2004/2005;
il TAR Campania, con ordinanza dell'8 settembre 2004 ha accolto la domanda cautelare dei genitori, sospendendo l'efficacia del provvedimento di non autorizzazione al funzionamento della prima classe della scuola media statale annessa al Conservatorio di musica San Pietro a Majella;
il provvedimento del TAR, da quanto appreso, non sarebbe stato eseguito e risulterebbe, pertanto, non attivata e costituita la prima classe della scuola media annessa al Conservatorio di musica di Napoli;
alla luce di quanto evidenziato, la situazione verificatasi a Napoli sembrerebbe determinare una evidente penalizzazione per gli aspiranti allievi del citato Istituto, in costanza di una situazione diametralmente opposta verificatasi in altre città (tra queste Cagliari ed Adria, in provincia di Rovigo), ove le scuole medie annesse ai Conservatori di musica non risentirebbero di applicazioni restrittive della citata legge 508/99 consentendo la regolarità del corso didattico;
qualora non venisse attivata la prima classe, previa accettazione delle richieste di iscrizione, per l'anno scolastico 2005/2006 la scuola media statale annessa al Conservatorio verrebbe a cessare la propria attività;
la salvaguardia delle attività didattiche di scuola media rappresentano innegabilmente la tutela ed il rilancio delle attività del Conservatorio valutate nel loro complesso -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per scongiurare una penalizzazione per la scuola media statale del Conservatorio di San Pietro a Majella che si sostanzierebbe, peraltro, in una evidente disparità rispetto a quanto realizzato nell'ambito di analoghe strutture annesse a Conservatori presenti in altre città;
se non ritenga necessario compiere ogni sforzo, facendo leva sulle proprie attribuzioni ministeriali, e di concerto con le competenti istituzioni scolastiche locali, allo scopo di scongiurare un frustrante epilogo per le comprensibili istanze di qualificata istruzione che provengono da numerosi genitori desiderosi di intraprendere un corso di studi in un Conservatorio tanto prestigioso e autorevole.
(4-12977)

Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare in esame, con il quale l'interrogante lamenta la mancata attivazione della


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prima classe della scuola media annessa al Conservatorio di musica San Pietro a Majella di Napoli, per l'anno scolastico 2004/2005 e chiede l'attivazione della stessa per l'anno scolastico 2005/2006.
Al riguardo si fa presente che il dirigente del centro servizi amministrativi di Napoli, a seguito dell'interrogazione medesima, ha assunto notizie presso il direttore del Conservatorio di musica, il quale ha precisato che il collegio dei docenti del Conservatorio ha deciso per tre volte, all'unanimità, la chiusura della scuola media annessa al Conservatorio, per l'impossibilità di mantenere, all'interno dei Conservatorio, peraltro trasformato in Istituzione di Alta formazione artistica e musicale, una struttura impegnata con dispendio di risorse economiche e di spazi per pochissimi alunni. Pertanto, a seguito della deliberazione del collegio dei docenti del San Pietro a Majella, non si prevede, da parte del Conservatorio, per l'arino scolastico 2005/2006, la costituzione della prima classe della scuola media.
Il direttore del Conservatorio ha comunque fornito ampia assicurazione che il Conservatorio stesso continuerà, come in passato, ad ammettere ai propri corsi di formazione musicale di base bambini e ragazzi, sia di età di scuola primaria dotati di eccezionali attitudini, sia di scuola secondaria di primo e secondo grado, che ne faranno richiesta e risultino idonei dopo aver sostenuto l'esame di ammissione. Attualmente i ragazzi che frequentano sono 427.
Per quanto riguarda l'ordinanza del TAR Campania, si precisa che il giudice adito, con pronuncia interlocutoria n. 4401/04, ha ordinato all'amministrazione resistente di «riesaminare motivatamente la sua determinazione negativa, in termini adeguatamente celeri ai fini della eventuale costituzione della prima classe presso la scuola inedia annessa al Conservatorio di Napoli».
Pertanto, non è stata sospesa l'efficacia del provvedimento che non autorizzava il funzionamento della prima classe della scuola media statale annessa al Conservatorio di musica San Pietro a Majella, come sostiene l'interrogante, ma, come precisato dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, l'esecuzione dell'ordinanza cautelare «unicamente consiste nel motivato riesame della precedente determinazione negativa».
La decisione di non richiedere il funzionamento delle prime classi di scuola media, di esclusiva competenza del Conservatorio di Musica, è stata confermata con le motivazioni poste a fondamento della precedente decisione.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

TABORELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la circolare n. 48/E del 18 novembre 2004 dell'Agenzia delle Entrate, in materia di riconoscimento della qualifica di onlus alle case di riposo per anziani, mantiene l'interpretazione restrittiva, come già la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998 e le risoluzioni n. 189/E del 11 dicembre 2000 e n. 75/E del 21 maggio 2001 di correlazione tra le condizioni di svantaggio economico dell'anziano e l'acquisizione della qualifica onlus solo a strutture che danno prestazioni a «soggetti che versano in condizioni personali disagiate anche sotto l'aspetto economico»;
la 48/E del 18 novembre 2004, in particolare, esplicita alcuni criteri di carattere quantitativo; se l'ammontare della retta pagata dall'ospite o dai familiari è inferiore al 50 per cento della retta o se la retta è pagata da un ente pubblico la prestazione assistenziale viene considerata solidaristica;
l'attività di assistenza sociale e socio-sanitaria rientra nella fattispecie normativa del decreto legislativo 460/97, articolo 10 comma 4, in base alla quale la finalità di solidarietà sociale si intende comunque perseguita a prescindere dalla verifica delle condizioni di svantaggio dei destinatari dell'attività;


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il decreto 112/1998 definisce per servizi sociali tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi gratuiti ed a pagamento o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita;
l'agenzia delle ONLUS, la giurisprudenza di merito delle Commissioni tributarie e l'UNEBA - associazione datoriale di categoria - sono su posizioni contrarie rispetto alla posizione dell'Agenzia delle Entrate -:
se l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate non sia da ritenersi troppo restrittiva e penalizzante per le case di riposo che, pur cercando di contenere i costi, non riescono ad offrire ai loro ospiti rette inferiori al 50 per cento;
se il Ministro non ritenga di dover intervenire per superare l'interpretazione restrittiva dell'Agenzia delle Entrate, anche in vista dei controlli che la stessa ha preventivato per l'anno 2005.
(4-14206)

Risposta. - In riferimento alla problematica rappresentata con l'interrogazione in esame, concernente la riconducibilità delle case di riposo per anziani tra le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) - disciplinate dalla sezione II del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 - si ricorda, in via preliminare, che affinché un ente possa assumere la qualifica di Onlus devono sussistere tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi indicati dall'articolo 10 del citato decreto.
In particolare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera
b), detti enti sono caratterizzati dal vincolo dell'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale, elemento che rende i medesimi enti meritevoli di un trattamento fiscale agevolato.
Ai fini dell'individuazione delle finalità di solidarietà sociale, gli undici settori di attività in cui le Onlus possono operare - individuati dal comma 1, lettera
a) del citato articolo 10 - sono stati distinti in due categorie:
a) settori per i quali le finalità di solidarietà sociale sono correlate alla condizione dei destinatari (ovvero assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte, tutela dei diritti civili). Nell'ambito di tali settori si riconosce il perseguimento di finalità di solidarietà sociale solo qualora l'attività ad essi relativa sia rivolta a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari e a componenti collettività estere limitatamente agli aiuti umanitari;
b) settori per i quali le finalità di solidarietà sociale - il cui perseguimento è comunque necessario ai sensi del citato articolo 10, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 460 del 1997 - si considerano inerenti o immanenti, ai sensi del comma 4, dell'articolo 10, medesimo (ovvero assistenza sociale e socio-sanitaria; beneficenza; tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico; tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente; attività di promozione della cultura e dell'arte, per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell'Amministrazione dello Stato; ricerca, scientifica di particolare interesse sociale).

In proposito, l'Agenzia delle entrate ha osservato che con la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998 e con le risoluzioni n. 189/E dell'11 dicembre 2000 e n. 75/E del 21 maggio 2001, è stato chiarito che il principio di immanenza del fine solidaristico nelle attività di assistenza sociale e socio-sanitaria (che si estrinseca in prestazioni anche sanitarie di completamento assistenziale) va inteso nel senso che dette attività devono essere necessariamente rivolte nei confronti di categorie particolarmente vulnerabili al fine di assicurarne la protezione sociale, in quanto la condizione di svantaggio dei destinatari è presupposto essenziale delle attività medesime. Tale caratterizzazione dell'attività in esame si rende necessaria per concretizzare il perseguimento delle finalità solidaristiche da parte della Onlus.
In particolare, nella citata risoluzione n. 189/E del 2000, è stato precisato che


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sono riconducibili all'assistenza sociale e socio-sanitaria le attività finalizzate ad assicurare un'esistenza dignitosa a coloro che versano in condizioni di bisogno. Con riferimento alle case di riposo è stato chiarito che le stesse possono assumere la qualifica di Onlus qualora si facciano carico di situazioni personali marginali e disagiate anche sotto l'aspetto del bisogno economico.
Da ultimo, nella circolare n. 48/E del 18 novembre 2004, alla quale implicitamente si riferisce la l'interrogante, l'Agenzia delle entrate ha specificato più dettagliatamente i requisiti qualificanti delle case di riposo che intendono assumere la qualifica di Onlus.
Nella suddetta circolare n. 48/E è stata ritenuta riconducibile nell'attività istituzionale della casa di riposo - Onlus l'attività di assistenza sociale e socio-sanitaria svolta nei confronti di soggetti che versano in condizioni personali disagiate anche sotto l'aspetto economico.
A tal fine, l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che tale condizione ricorra nel caso in cui la retta di ricovero, praticata dalla Onlus, ed eventualmente assunta ai fini della determinazione del contributo dell'ente pubblico, non venga fatta gravare sull'ospite, ovvero venga fatta gravare su quest'ultimo in misura inferiore alla metà del suo ammontare.
Nella citata circolare è stato precisato, altresì, che le case di riposo Onlus possono svolgere attività connesse.
Tra le attività connesse, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 460 del 1997, è stata ricondotta l'attività di assistenza svolta nei confronti di soggetti che non versano in condizioni di svantaggio, ossia di soggetti che forniscono un apporto economico che copre in misura prevalente o per la metà la retta stabilita.
In sostanza, nella richiamata circolare n. 48/E del 18 novembre 2004, la connotazione solidaristica dell'ente è stata ancorata alla prevalente gratuità della prestazione.
Si è ritenuto, infatti, che il parametro della gratuità (che esprime in massimo grado la meritorietà dell'attività) unitamente al parametro della prevalenza siano indici equi e obiettivamente riscontrabili per verificare la connotazione solidaristica dell'ente.
Il quadro normativo di riferimento, come rilevato dall'Agenzia delle entrate, non offre alternative per la definizione in senso solidaristico dei soggetti in esame, posto che - contrariamente a quanto si sostiene nell'interrogazione - le case di riposo non possono assumere automaticamente la qualifica di Onlus prescindendo dalle modalità con cui operano e dalla proiezione solidaristica dell'attività svolta.
Alla luce di quanto rappresentato, l'Agenzia delle entrate ritiene che la proposta avanzata con l'interrogazione in esame, tesa ad affermare in via amministrativa che tutte le case di riposo possano assumere la qualifica di Onlus, prescindendo dalla caratterizzazione solidaristica, non è compatibile con le disposizioni normative recate dal citato decreto legislativo n. 460 del 1997.
Peraltro, la medesima Agenzia segnala l'opportunità di rimettere all'autorità politica, in sede di interpretazione autentica, l'esatta individuazione di concetti come quello di persona svantaggiata, di assistenza sociale e socio-sanitaria che, pur essendo presupposto per l'applicazione del regime fiscale riservato alle Onlus e, in quanto tale, necessariamente oggetto di valutazione da parte dell'Amministrazione finanziaria, esulano dalla materia strettamente fiscale e implicano valutazioni di politica sociale ed economica.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ALFREDO VITO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Scuola Media Statale «G. Siani» della frazione Parco Imperiale di Gragnano (Napoli), nell'anno scolastico 2001/2002, venne accorpata alla Scuola Media Statale «A. Roncalli» di Gragnano, la quale è sede centrale ove sono ubicati gli


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uffici di Presidenza e di Segreteria. I due istituti contano 600 alunni;
nella Scuola Media Statale «A. Roncalli» di Gragnano l'autonomia scolastica ha attuato orari settimanali di lezione incredibilmente disomogenei per niente rispettosi di criteri didattici, in quanto durante la settimana gli alunni sono sottoposti a continuo logorio e stress. Tutto questo perché gli alunni entrano a scuola, durante la settimana, alle ore 8,00 del mattino, sino alle 14.00 del pomeriggio per alcuni giorni alla settimana e dalle 8.00 alle 12.00, per gli altri giorni alla settimana;
molti alunni della Scuola Media Statale «A Roncalli» abitano nelle frazioni montane di Gragnano, Aurano, Caprile, Castello, Iuvani e Sigliano e che per usufruire del trasporto pubblico gestito dal Comune di Gragnano, devono alzarsi alle 6.00 del mattino e fare ritorno a casa alle 15.00 del pomeriggio e che per il suddetto servizio di trasporto gli alunni pagano ogni mese al Comune più di 17 euro;
a completare il quadro in una situazione, secondo l'interrogante, paradossale ed incredibile, c'è da considerare che gli alunni delle prime classi dell'anno scolastico 2004/2005, ai sensi e per gli effetti della riforma Moratti, per delibera anomala ed illegittima del Collegio dei Docenti sono tenuti a svolgere l'attuazione delle 32 ore delle quali 27 ore obbligatorie di lezione più 5 ore opzionali mentre la norma prevede o 3 ore settimanali opzionali aggiuntive oppure 6 ore settimanali opzionali aggiuntive di lezioni pari a 33 ore;
presso la Scuola Media Statale «A. Roncalli» di Gragnano, per la prima volta, nell'anno scolastico 2002/2003, venne istituita l'organizzazione di gruppi di alunni P-Y-X-Z appartenenti a classi diverse (A-B-C-D-E-F-G-I) per la frequenza del primo anno del triennio 2002/2003 - 2003/2004 - 2004/2005 dell'insegnamento curriculare di due lingue Francese ed Inglese, ai sensi del decreto ministeriale 16 aprile 1991 nell'ambito della sperimentazione del bilinguismo. Tali gruppi vennero organizzati nell'anno 2002/2003 in sostituzione delle prime classi dei corsi A-B-C i quali sono stati corsi completi di soli alunni richiedenti sin dall'anno scolastico 1991/1992 l'insegnamento delle due lingue, Francese ed Inglese per n. 33 ore settimanali di lezione (come prevede la sperimentazione del bilinguismo di cui al decreto ministeriale del 16 aprile 1991) -:
quale esito abbia avuto, nella scuola «A Roncalli», la sperimentazione del bilinguismo;
se, a giudizio del Ministro interrogato sia da ritenersi legittima la delibera del collegio dei docenti della scuola «A. Roncalli» ivi si fa riferimento nella premessa.
(4-13722)

Risposta. - Sin dall'inizio dell'anno scolastico 2001/2002, gli orari di entrata e di uscita degli alunni sono stati individuati nell'ambito di un piano di fruizione del servizio di trasporto scolastico predisposto dall'Ufficio Scuola del Comune di Gragnano, che teneva conto anche degli orari di funzionamento della scuola primaria con la quale si condivide il medesimo bacino di utenza. Gli scuolabus raccolgono gli alunni nelle singole frazioni (Aurano, Caprile, Castello, luvani e Sigliano) alle 7,45 e, nei giorni in cui i medesimi svolgono l'orario di lezioni di 6 ore, in linea di massima, raggiungono le rispettive abitazioni entro le ore 14,15. Inoltre, la maggioranza degli alunni ritorna a scuola per frequentare corsi extracurricolari pomeridiani, facoltativi ed opzionali, organizzati per il miglioramento dell'offerta formativa.
Il collegio dei docenti ha previsto un ventaglio di offerte formative, che ha consentito alle famiglie di scegliere tra tempi scuola di 27, 30, 32, 33 ore settimanali e non esiste alcuna delibera del collegio dei docenti in base alla quale gli alunni iscritti alla prima classe dell'anno scolastico 2004/2005, sarebbero tenuti a svolgere 32 ore settimanali di lezione.
Quanto al modello didattico sperimentale comunemente indicato come sperimentazione di bilinguismo, questo è stato introdotto


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nell'anno scolastico 2002/2003 su gruppi-classe aperti, di consistenza corrispondente alla classe tradizionale.
Gli alunni iscritti alla classe prima nell'anno predetto, che avevano richiesto la sperimentazione di bilinguismo, hanno svolto un orario settimanale di lezioni di 33 ore (30 nelle classi di provenienza e 3 di seconda lingua nei gruppi); la scelta di flessibilità del gruppo-classe è stata a suo tempo approvata dal collegio dei docenti nella seduta del 25 marzo 2002 e, nell'anno 2004/2005, si è compiuto il ciclo triennale.
La legge n. 53 del 28 marzo 2003 «Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale» ed il decreto legislativo n. 59 del 19 febbraio del 2004 «Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione» che hanno introdotto l'obbligo di studio di due lingue comunitarie, hanno reso non più attuali le motivazioni della predetta scelta: pertanto, nell'anno scolastico 2003/2004, sono state costituite 4 classi prime con sperimentazione del bilinguismo ed in tali classi la sperimentazione compirà il ciclo triennale nell'anno scolastico 2005/2006.
Il bilinguismo, come modello didattico sperimentale, pertanto, non è stato riproposto per l'anno scolastico 2004/2005 e gli alunni iscritti alla prima classe hanno frequentato sulla base di nuove opzioni, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, recante la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003 n. 53.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
non sono stati ancora definiti i tempi per l'apertura del dipartimento provinciale del tesoro per la provincia di Verbania (Verbano Cusio Ossola);
le ultime notizie parlavano di una localizzazione del dipartimento in un immobile - ex sede provinciale dell'Inps - sito in territorio del comune di Gravellona Toce, area effettivamente baricentrica per l'intera provincia;
in attesa dell'apertura effettiva del dipartimento, e con ciò creando evidenti problemi, è tuttora operativo anche per il Verbano Cusio Ossola l'ufficio di Novara;
numerosi dipendenti residenti nel territorio del Verbano Cusio Ossola (già formalmente inquadrati in questa futura struttura provinciale) sono quindi tuttora costretti ad operare a Novara, nonostante avessero a suo tempo optato per il Verbano Cusio Ossola proprio per contiguità territoriale;
non si sa fino a quando continuerà questa situazione così anomala;
vi sono stati casi di passaggi da altre amministrazioni pubbliche al dipartimento del tesoro del Verbano Cusio Ossola passaggi che non ci sarebbero stati se il ritardo nella apertura degli uffici avesse fatto ipotizzare ai dipendenti il rischio di doversi per lungo tempo trasferire come sede di lavoro ben più lontano da quella dell'ente precedentemente di competenza, tanto che alcuni di essi sono già stati ri-trasferiti per comando ministeriale ad altri enti territoriali;
a parte il problema dei dipendenti, è acuta la necessità sul territorio di avere operative queste nuove strutture -:
quando si ritenga che saranno rese effettivamente operanti le nuove strutture del dipartimento del tesoro della provincia di Verbania Cusio Ossola;
quali siano i motivi che abbiano causato questo ritardo che ormai si protrae da alcuni anni.
(4-02578)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in oggetto, intesa a conoscere l'effettiva operatività degli Uffici di questa


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Amministrazione, istituiti nella provincia di Verbania (Verbano-Cusio-Ossola).
Al riguardo, sentiti i Servizi competenti, si fa presente che i citati Uffici finanziari sono stati attivati tra il mese di marzo ed aprile 2004 e sono regolarmente funzionanti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

ZACCHERA e LEO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con circolare n. 2/DPF del 18 aprile 2002, il Dipartimento per le Politiche fiscali del Ministero dell'economia e finanze ha fornito alcuni chiarimenti relativi alle novità introdotte dall'articolo 5-bis del decreto-legge n. 452 del 28 dicembre 2001, convertito in legge n. 16/2002;
la disposizione modifica sostanzialmente l'articolo 13 del decreto legislativo n. 507 del 15 novembre 1993, introducendo un nuovo comma 4-bis con cui si dispone che l'imposta non è dovuta altresì per l'indicazione, sui veicoli utilizzati per il trasporto, della ditta e dell'indirizzo dell'impresa che effettua l'attività di trasporto, anche per conto terzi, limitatamente alla sola superficie utile occupata da tali indicazioni;
in particolare, la circolare n. 2 precisa che le fattispecie di esenzione rientranti nel nuovo comma 4-bis (esenzione senza limiti dimensionali) sono le seguenti:
indicazione della propria ditta e del proprio indirizzo, relativamente alle imprese che effettuano l'attività di trasporto per conto terzi utilizzando veicoli di loro proprietà;
indicazione della propria ditta e del proprio indirizzo, relativamente alle imprese che effettuano l'attività di trasporto per conto proprio utilizzando veicoli di loro proprietà, trattandosi in questo caso di imprese di produzione di beni e servizi che effettuano il trasporto dei beni prodotti come attività meramente strumentale;
in sostanza, l'esenzione senza limiti dimensionali spetta sia alle imprese di trasporto conto terzi che conto proprio, limitatamente all'indicazione della ditta e dell'indirizzo dell'impresa che effettua il trasporto ed alla sola superficie occupata da tali indicazioni;
la previsione normativa disciplinata dal comma 4 del medesimo articolo, con i limiti di superficie ivi previsti, è invece destinata a trovare applicazione in situazioni in cui l'indicazione del segni distintivi dell'impresa si accompagna o addirittura si sovrappone a veri e propri messaggi pubblicitari riferibili alle imprese produttrici di beni trasportati; si tratta cioè di situazioni in cui l'indicazione dei segni distintivi dell'impresa può apparire secondaria rispetto a veri e propri messaggi pubblicitari riferibili alle imprese produttrici di beni trasportati;
secondo tale interpretazione, appare chiaro, che il comma 4 ed il successivo comma 4-bis, del citato articolo 13, non sono quindi in contrasto tra di loro, ma in un diretto rapporto di complementarietà;
la circolare fornisce, altresì, un apposito chiarimento per i cosiddetti «padroncini», cioè per i piccoli trasportatori:
il trasporto effettuato con veicoli integralmente di loro proprietà, è assimilabile al trasporto per conto terzi: in tal caso l'esenzione opera relativamente all'indicazione della ditta e dell'indirizzo;
il trasporto effettuato con rimorchi, containers e simili, di proprietà delle imprese committenti che effettuano, come attività meramente strumentale, il trasporto dei beni prodotti, è assimilabile ad un trasporto per conto proprio ad opera delle imprese committenti: in tal caso l'esenzione opera relativamente all'indicazione della ditta e dell'indirizzo delle stesse imprese committenti apposte sui


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rimorchi, containers e simili; rimane altresì l'esenzione per le indicazioni sulla motrice;
la circolare propone, infine, la soluzione di alcuni casi pratici:
definizione di indirizzo: rientrano nel concetto di «indirizzo» (con conseguente esenzione), il sito web, l'indirizzo di posta elettronica, il numero di telefono, fax e simili. Si tratta di elementi assolutamente privi di contenuto pubblicitario;
definizione di ditta: è ricompreso nel concetto di «ditta» (esente dall'imposta), la ragione sociale (sia per esteso che in forma di sigla), il marchio identificativo non solo del prodotto o servizio, ma anche dell'impresa che effettua il trasporto;
veicolo di proprietà di un autotrasportatore socio di una cooperativa o di un consorzio di autotrasporto: l'esenzione spetta per l'indicazione della ditta e dell'indirizzo della cooperativa o del consorzio, anche se il veicolo è di proprietà individuale. Ciò in virtù del particolare vincolo associativo o consortile che lega il singolo all'impresa al fine dello svolgimento dell'attività di autotrasporto;
l'imposta in argomento è riscossa dai Comuni attraverso propri concessionari che, tuttavia, nella maggior parte dei casi, non tengono in alcun conto quanto chiaramente espresso nella circolare citata, esigendo il tributo anche dalle imprese che trasportano in conto proprio -:
se il Ministro intenda confermare l'interpretazione fornita dalla circolare, con i superiori esoneri;
in caso affermativo, se è a conoscenza del fatto che i concessionari insistono reiteratamente nelle richieste dell'imposta, non tenendo in alcun conto la circolare stessa, nel contempo notificando congrui numeri di avvisi di accertamento alle imprese che trasportano in conto proprio che, viceversa, hanno aderito e dato seguito al chiarimento;
in caso di risposta affermativa, cosa intende fare per porre fine a tale atteggiamento ed evitare che migliaia di contribuenti versino imposte non dovute, innescando un prevedibile contenzioso tributario dagli esiti scontati, a danno e a carico delle amministrazioni comunali.
(4-08921)

Risposta. - Al riguardo è opportuno, preliminarmente, far presente che l'applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicità (e del diritto sulle pubbliche affissioni) - la cui normativa di riferimento è contenuta nel decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 - spetta all'ente locale, che la disciplina con apposito regolamento.
Al comune, creditore del tributo, compete, altresì, di deliberare le tariffe dell'imposta e di provvedere all'attività di accertamento e a quest'ultima, come ad ogni altra attività organizzativa e gestionale afferente l'imposta, può procedere direttamente o per mezzo di un concessionario.
Sempre secondo il decreto legislativo n. 507, il comune deve vigilare sulla «corretta osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicità», adottando le relative misure sanzionatorie, e può disciplinare, con il regolamento già menzionato, «misure di definizione bonaria di accertamenti e contenziosi» riguardanti l'imposta in parola, al fine di favorire l'emersione dell'abusivismo.
Ogni comune, inoltre, con regolamento, in virtù di quanto previsto dall'articolo 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, può escludere l'applicazione nel proprio territorio dell'imposta sulla pubblicità, assoggettando le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente al pagamento di un «canone in base a tariffa».
In considerazione dei profili ora richiamati e, segnatamente, in ragione del fatto che spettano al comune il gettito dell'imposta ed i poteri amministrativi concernenti la sua applicazione, è compito del comune - nel caso di gestione in concessione del servizio di accertamento e di riscossione dell'imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni - vigilare sul corretto esercizio delle funzioni e dei poteri


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relativi all'attività organizzativa e gestionale del tributo da parte del soggetto affidatario del servizio.
Va poi rilevato che l'esenzione dall'imposta comunale sulla pubblicità per l'indicazione, sui veicoli utilizzati per il trasporto, della ditta e dell'indirizzo dell'impresa che effettua l'attività di trasporto, sia per conto proprio che per conto terzi, limitatamente alla sola superficie utile occupata da tali indicazioni, è direttamente stabilita dalle disposizioni dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 507 del 1993, come modificate per effetto dell'articolo 5-
bis del decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 16.
La circolare n. 2/Dpf 18 aprile, con la quale sono stati forniti chiarimenti in ordine alle disposizioni tributarie relative alla pubblicità effettuata sui veicoli, è utile a chiarire la portata applicativa della norma e ad esplicarne più diffusamente gli effetti. Non è, però, il mancato rispetto della citata circolare a rendere illegittimo l'operato del soggetto affidatario del servizio di accertamento e riscossione del tributo, quanto piuttosto la non osservanza delle disposizioni di legge. Ed il Dipartimento per le politiche fiscali, nel confermare quanto già rappresentato nella citata circolare n. 2/Dpf del 18 aprile 2002, ha precisato, peraltro, che i comuni non sono obbligati ad attenersi a quanto in essa indicato.
Si osserva, inoltre, che per chiarire ulteriormente taluni dubbi interpretativi, in merito all'ambito di operatività dell'esenzione dall'imposta di cui trattasi per la pubblicità effettuata con veicoli, il Dipartimento per le politiche fiscali ha di recente emanato una risoluzione (n. 2 del 26 maggio 2004) con la quale è stato ribadito quanto già affermato con la circolare n. 2/Dpf del 2002 e, tra l'altro, relativamente alla titolarità giuridica degli autoveicoli, è stato precisato che da un attento esame del comma 4-
bis dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 507 del 1993, si evince che l'esenzione è riconosciuta alle indicazioni apposte sui veicoli utilizzati per il trasporto, senza ulteriori specificazioni riguardo al titolo giuridico sottostante. Il Dipartimento ritiene, quindi, che nel concetto di utilizzo possano legittimamente rientrare anche gli automezzi in noleggio o in leasing.
È ovvio, comunque, come evidenziato anche dal predetto Dipartimento, che per risolvere eventuali controversie in materia è possibile ricorrere alle commissioni tributarie, con tutte le possibili conseguenze finanziarie sui bilanci comunali nell'ipotesi di giudizio favorevole per il contribuente.
Tutto ciò conferma la necessità, già espressa in precedenza, che il comune eserciti una efficace vigilanza sul soggetto a cui è stato affidato il servizio di accertamento e riscossione del tributo, al fine di garantire l'esatta osservanza della legge e di evitare il ricorso da parte dei contribuenti alle commissioni tributarie.
Il Dipartimento per le politiche fiscali ha, infine, fatto presente che ogni qualvolta pervengono ai propri uffici esposti riguardanti la mancata applicazione dell'esenzione per la pubblicità effettuata con veicoli, questi vengono valutati e, ove necessario, i soggetti affidatari il servizio di accertamento e riscossione sono richiamati al rispetto della legge.
Tali esposti, inoltre, vengono trasmessi, per i relativi provvedimenti di competenza, alla Commissione, prevista dall'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, per l'albo dei gestori delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e di riscossione dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ZACCHERA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la Telecom è concessionaria della telefonia fissa che presidia anche le zone di montagna con una serie di telefoni pubblici a scheda, indispensabili soprattutto là ove il territorio non è coperto dalle reti di telefonia cellulare;
molto spesso la manutenzione di tali telefoni pubblici è carente, forse anche


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perché non sono remunerativi per l'azienda, e restano disattivati per lungo tempo;
proprio per la marginalità del territorio, a volte il telefono è di drammatica necessità per segnalare incidenti o richieste di soccorso;
nella zona del parco nazionale della Valgrande (provincia del Verbano Cusio Ossola) ampie zone di montagna sono scoperte di segnale per la telefonia cellulare;
il telefono pubblico di Cicogna (comune di Cossogno) è molto spesso inagibile o non funzionante ed anche recentemente non si sono potute segnalare tempestivamente situazioni di emergenza causando danni a persone e cose;
il centro di Cicogna (così come altre località delle valli Intrasca e Valgrande) può essere raggiunto solo con difficoltà e portare a valle un allarme comporta perdite di tempo prezioso e la frazione è abitata in tutte le stagioni dell'anno ma frequentata soprattutto nel periodo estivo -:
se il Ministro interrogato non intenda richiamare la Telecom al rispetto delle convenzioni in essere o comunque a monitorare il funzionamento dei telefoni pubblici nelle località montane o disagiate;
nel caso si confermi il degrado di tali strutture di rete fissa, quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti di Telecom Italia e/o delle altre società che gestiscono il servizio.
(4-11839)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che la società Telecom - interessata in merito a, quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde - ha precisato che nel comune di Cossogno, che conta 500 abitanti, sono presenti tre postazioni telefoniche pubbliche situate oltre a Cossogno stesso, nelle frazioni di Cicogna e di Unghiasca.
In proposito si ritiene opportuno rammentare che la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 290/01/CONS - recante la determinazione dei criteri per la distribuzione e la pianificazione sul territorio nazionale delle postazioni telefoniche pubbliche - ha prescritto l'obbligo, per la società Telecom, di mettere a disposizione dell'utenza un posto telefonico pubblico nei comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti.
La presenza nel citato comune di Cossogno di tre posti telefonici pubblici - una nel comune principale e due nelle frazioni indicate - è preordinata alla soddisfazione delle esigenze delle popolazioni delle località più disagiate, quali quella in esame, situata in una zona montuosa.
Quanto ai lamentati frequenti disservizi dovuti ad inagibilità o malfunzionamento della postazione telefonica ubicata nella frazione di Cicogna, si segnala che secondo quanto riferito da Telecom nel corso del 2004 tale postazione è stata interessata da due guasti, a dire della società prontamente risolti.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il generale Yoweri Museveni prese il potere in Uganda nel 1986, dopo di che instaurò un regime a partito unico;
le elezioni svoltesi in Uganda nel 2001 furono grossolanamente truccate;
risulta all'interrogante che Museveni stia ora corrompendo i parlamentari per poter cambiare la Costituzione ed avere così la possibilità di presentarsi nel 2006, e che i parlamentari che si oppongono a questo progetto vengano bastonati, come è accaduto a tre deputati nell'ottobre 2004, oppure arrestati, come è successo a Reagan Okumu e Michael Ocula il 20 aprile 2005;
sono numerosi i casi di tortura di prigionieri politici, detenuti in luoghi non ufficiali detti safe houses, e che, secondo i rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch e del Dipartimento diStato americano, dall'ottobre 2004 a oggi oltre 60 esponenti dell'opposizione sono


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stati arrestati con l'accusa di tradimento, reato punito con la pena di morte;
a fronte di questa situazione, il governo britannico ha recentemente deciso un taglio dei finanziamenti al governo ugandese di 14 miliardi di scellini, e quello irlandese sta per tagliare 4 miliardi;
gli Stati Uniti nei primi giorni del giugno 2005 hanno rifiutato il visto di ingresso a Jovia Akandwanaho, moglie del generale Saim Saleh, fratello di Museveni, perché persona corrotta: un gruppo di esperti dell'ONU l'aveva infatti accusata, in un rapporto pubblicato nel 2001, del saccheggio, insieme al marito, delle risorse minerarie del Congo;
la Corte di Giustizia dell'Aja sta in questi giorni giudicando il governo ugandese per l'invasione del Congo dal 1998 al 2003, guerra che ha causato oltre tre milioni di morti;
l'ex ambasciatore statunitense in Uganda e Kenya John Carson, in una conferenza tenuta a Washington il 2 giugno 2005, ha dichiarato che i beneficiari della corruzione sono i membri della famiglia Museveni, se non Museveni stesso;
il segretario generale dell'ONU Kofi Annan, nel suo rapporto annuale al Consiglio di Sicurezza sui bambini soldato, reso pubblico il 16 febbraio 2005, ha accusato il governo ugandese di non aver mai smesso di arruolare e utilizzare bambini soldato nelle file del proprio esercito nazionale, e ha raccomandato di intervenire in modo adeguato, con divieto di ingresso in Europa e in America e blocco dei conti bancari per i membri del governo ed embargo sulle armi, qualora non ci siano mutamenti significativi;
il padre comboniano Carlos Rodriguez, già arrestato con padre Giulio Albanese e padre Tarcisio Pazzaglia nel 2002 in Uganda, è stato di nuovo minacciato di arresto dal comandante dell'esercito ugandese generale Aronda, per aver scritto sul settimanale The Observer che nell'esercito ugandese sono presenti bambini soldato -:
se sia intenzione del Governo italiano sospendere i finanziamenti al governo ugandese;
se si intenda condizionare l'ingresso nel nostro Paese del presidente Museveni e dei Ministri del suo governo all'effettivo rispetto dei diritti umani;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per manifestare il dissenso dell'Italia all'utilizzo di minorenni come soldati in Uganda.
(4-15976)

Risposta. - Circa l'evoluzione del sistema costituzionale in Uganda, nei prossimi giorni si svolgerà il referendum che dovrebbe ampliare gli spazi del sistema multipartitico, tuttora sottoposto ad alcune limitazioni. Nel contempo è stato approvato in prima lettura l'emendamento costituzionale che consente all'attuale Presidente Museveni di candidarsi nuovamente per le elezioni che si svolgeranno nel marzo 2006. Le elezioni presidenziali del marzo 2001 si svolsero in modo nell'insieme abbastanza corretto, anche se in alcune circoscrizioni si verificarono effettivamente brogli ed intimidazioni. L'Unione Europea emise una Dichiarazione con cui stigmatizzava tali episodi, pur prendendo atto dell'esito delle elezioni e dell'opinione espressa dagli osservatori internazionali circa il carattere sostanzialmente corretto delle operazioni di voto nella maggior parte delle regioni del Paese.
Il caso, evocato nell'interrogazione, dell'arresto dei parlamentari Ronald Reagan Okumu e Michael Ocula ha destato l'interesse delle Ambasciate comunitarie presenti a Kampala. Su proposta dell'Italia, rappresentanti di tutte le Ambasciate UE, oltre che degli Stati Uniti e della Norvegia, hanno presenziato alle udienze preliminari del processo per omicidio che vede implicati i predetti esponenti politici. Ciò allo scopo di manifestare t'attenzione con cui la comunità internazionale segue il caso. Attualmente, i parlamentari Okumu e Ocula si trovano in libertà su cauzione. Non vi sono stati maltrattamenti fisici ai loro danni.
Gli Ambasciatori comunitari a Kampala conducono un costante ed articolato dialogo


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politico con le autorità ugandesi ai sensi degli accordi di partenariato UE-ACP di Cotonou. Tale dialogo verte fra l'altro sull'evoluzione istituzionale in atto nel Paese e sul buon governo. Gli Ambasciatori comunitari stanno esortando il Governo ugandese a favorire quanto più possibile la libertà di espressione e di manifestazione in vista dei prossimi cruciali appuntamenti istituzionali.
L'Uganda non ha formato oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali né nel corso della 59a Sessione della III Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (settembre-dicembre 2004), né nel corso della 61a Sessione della Commissione dei Diritti Umani di Ginevra (marzo-aprile 2005). Tuttavia la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Uganda permane fortemente critica, soprattutto nel nord del Paese, dove continua il decennale conflitto tra le forze governative e il
Lord Resistance Army (LRA).
Il Responsabile per gli affari umanitari dell'ONU, Jan Egeland, riferendo al Consiglio di Sicurezza sulle crisi umanitarie in Africa, ha recentemente (10 maggio 2005) richiamato l'attenzione della comunità internazionale sulla ripresa e recrudescenza delle violenze nell'Uganda settentrionale e ha sottolineato come la crescita dèll'insicurezza sia particolarmente sentita nei campi profughi, oggetto di attacchi e rapimenti da parte del LRA. Secondo quanto riferito dai Capi Missione accreditati a Kampala, attualmente in Uganda sono 1,4 milioni gli sfollati interni, tra cui moltissimi bambini, allocati in campi profughi sovraffollati e caratterizzati da condizioni altamente al di sotto di un livello umanitario accettabile.
Circa il coinvolgimento di bambini soldato in Uganda, esso è da attribuirsi al movimento ribelle del LRA sopracitato, che fa largo uso del sequestro di adolescenti e del loro arruolamento coatto, Gli stessi capi missione UE accreditati a Kampala hanno evidenziato come numerosi bambini siano stati rapiti dal LRA e arruolati come soldati, portatori o schiavi sessuali; anche se in misura minore, è stato denunciato l'arruolamento di minori anche da parte delle forze governative.
Molti di tali elementi si sono dissociati recentemente da tale movimento e sono stati accolti dall'esercito ugandese all'interno di unità non destinate al combattimento. Si tratta di una sorta di area di parcheggio in cui tali giovani si trovano prima che, con il sostegno della comunità internazionale, essi possano essere reinseriti nelle comunità dì origine. Lo stesso rapporto del Segretario Generale sui bambini soldato riconosce che l'esercito ugandese ha facilitato l'accesso delle agenzie umanitarie nei confronti di tali giovani, la cui età è peraltro di difficile accertamento anche a causa della mancanza di documenti di identità.
In relazione a questo problema, va rilevato che la situazione specifica dell'infanzia e del fenomeno dei bambini - soldato in Africa è stata oggetto di una risoluzione approvata nel corso della 60a Sessione della Commissione per i Diritti Umani (marzo-aprile 2004). Con tale risoluzione la CDU:
a) condanna il fenomeno del rapimento e del reclutamento dei bambini, soprattutto di quelli dislocati nei campi profughi, alfine di impiegarli nei conflitti armati;
b) domanda l'immediata smobilitazione e disarmo di tutti i bambini soldato, inclusi quelli rapiti al fine della loro coscrizione in gruppi armati ed il loro rilascio con garanzia di un sicuro ritorno presso le famiglie di origine;
c) invita gli Stati africani a prestare particolare attenzione alla protezione dei minorenni, orfani e/o rifugiati nei campi profughi e ad adottare misure ulteriori al fine di impedire il rapimento di questi bambini, in particolare di fanciulle, da parte dei gruppi guerriglieri;
d) chiede di aumentare ed accrescere la cooperazione tanto regionale quanto internazionale al fine di combattere il fenomeno dei bambini soldato;
e) incoraggia tutti gli Stati africani ad inserire il tema dei diritti dei bambini nei processi di pace, negli accordi di pace e


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nelle fasi post conflitto di ricostruzione ed assistenza;
f) esorta gli Stati africani che ancora non io avessero fatto a ratificare il Protocollo Opzionale alla Convenzione sui Diritti dei Bambini sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati.

La tematica relativa alla tutela dei minori coinvolti nei conflitti armati forma inoltre oggetto di specifica attenzione da parte dell'Italia e dell'Unione Europea. Proprio su iniziativa della Presidenza italiana dell'Unione Europea, l'8 dicembre 2003, il Consiglio Affari Generali dell'Unione ha approvato le linee guida dell'UE in materia di bambini e conflitti armati. Grazie all'iniziativa italiana l'Unione Europea dispone oggi di un testo di riferimento che definisce la strategia generale di contrasto a tale fenomeno nei rapporti dell'Unione con gli Stati terzi, così come avviene in materia di campagna abolizionista per la pena di morte, lotta alla tortura e, più di recente, tutela degli attivisti dei diritti umani.
Il problema dell'attuazione delle linee guida é stato inoltre sviluppato in occasione della V edizione del Forum dell'Unione Europea sui diritti umani, organizzato, nel dicembre 2003 a Roma, su iniziativa della Presidenza italiana e, per la prima volta, consacrato al tema della tutela dei minori nel diritto internazionale.
L'importanza che l'Unione Europea attribuisce a tale argomento ha recentemente trovato un'ulteriore conferma nell'adozione, da parta del COPS del 13 dicembre 2004, del Piano d'Azione dell'Unione Europea nel settore dei bambini nei conflitti armati, redatto su iniziativa della Presidenza olandese, e che da concreto seguito alle «Linee guida dell'UE in materia di bambini e conflitti armati». Al fine di dare concreto avvio al Piano d'Azione, la stessa Presidenza olandese ha lanciato un progetto pilota nella regione del Nord dell'Uganda, individuato, proprio per la specificità della situazione dei bambini nei conflitti armati sul terreno, come Paese d'intervento prioritario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.