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e il pesce è costretto a nuotare cercando la via d'uscita, ciò determina dei vortici nell'acqua che agitano la rete, la quale avvolge poi l'animale, intrappolandolo;
15 aprile 2003) e una successiva circolare del Direttore Generale Tripodi (del 10 aprile 2003), autorizzavano tutte le imbarcazioni che, successivamente al bando europeo per l'uso delle spadare si sono riconvertite con il sistema delle ferrettare a poter avere a bordo e utilizzare anche il sistema di attrezzi da posta ed indica il permesso di catturare le specie vietate nel già citato allegato VIII del Regolamento Europeo n. 1239 del 1998;
la spadara, così comunemente denominata perché utilizzata nella pesca al pesce spada, è una rete pelagica derivante. Il suo utilizzo prevede venga posizionata seguendo un percorso a «s» che accresce la sua capacità di cattura e calata in mare aperto nelle ore serali per essere poi salpata alle prime luci dell'alba. È una rete non ancorata sul fondo che si muove con l'azione della corrente e delle onde. La rete così disposta, crea un muro sottomarino con il margine estremo che galleggia
l'Unione Europea stabiliva, con il Regolamento n. 345 del 1992 del 29 ottobre 1991, che dal giugno 2002, la lunghezza massima di una rete pelagica derivante non può superare i 2,5 km, che il pannello deve essere al massimo di 20 metri e la maglia di 40 centimetri;
nel dicembre 1991 l'ONU approvava la Risoluzione n. 46/215 che prevedeva la moratoria sull'uso delle reti pelagiche derivanti in tutto il mondo, che entro il 1992, avrebbero dovuto essere eliminate. Nella realtà, in Italia, la consuetudine era quella di utilizzare reti molto più lunghe ed essa prosegue fino ad oggi, in violazione di ogni divieto. Numerosi furono i sequestri di reti sovradimensionate fino a 18-20 chilometri di lunghezza, come i giornali dell'epoca riportarono, senza contare che, non esistendo alcuna indicazione sulla posizione che più imbarcazioni operanti nella stessa zona di pesca avrebbero dovuto occupare mentre calavano le proprie reti, il limite posto alla loro lunghezza risultava, di fatto, facilmente aggirabile con la possibilità che le barche si allineassero, creando un muro di reti senza soluzioni di continuità;
questo tipo di rete è stata considerata come una delle più dannose e impattanti, poiché poco selettiva e con un altissimo numero di catture accessorie che poteva arrivare sino all'80 per cento. Ricerche scientifiche rese note dal Governo Italiano e presentate all'Unione Europea, hanno dimostrato che l'80 per cento delle specie catturate, consisteva in pesce che veniva ributtato in mare morto o in agonia;
questo tipo di pesca ha causato danni non soltanto a cetacei, tartarughe, squali, pesci luna, mante e uccelli marini eccetera che rimanevano, e purtroppo, rimangono ancora oggi intrappolate nelle reti, ma anche alle diverse specie ittiche facenti parte di quell'80 per cento di specie accessorie catturate, creando così anche una seria perdita economica a quella parte di pescatori che non utilizza le reti pelagiche derivanti;
nel 1993 il dottor Ambrosio, Direttore Generale della Direzione Generale della Pesca, comunicava alle Associazioni Animaliste e Ambientaliste, costituitesi in un gruppo di azione contro le spadare, che le barche italiane, con licenza per le reti pelagiche derivanti, erano 720;
un rapporto della Commissione Europea riportava che la maggioranza delle imbarcazioni italiane usava reti più lunghe di 2.5 chilometri, segnalando anche le zone in cui principalmente si svolgeva questo tipo di pesca;
nel maggio 1994, l'allora Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, onorevole Poli Bortone, dichiarò di voler prorogare il bando definitivo delle spadare al 2004 e nel frattempo, sostanzialmente contravvenendo, secondo l'interrogante, alle indicazioni della normativa europea, sollecitò le Capitanerie di Porto a non denunciare l'uso di reti lunghe oltre i 2,5 chilometri. Il Governo Italiano, in questa circostanza, non solo rifiutò di favorire la graduale eliminazione delle spadare, ma ripristinò la possibilità di uso di reti fino a 8 chilometri di lunghezza;
il 28 marzo 1995 l'Onu inscriveva l'Italia tra i Paesi colpevoli d'aver disatteso la risoluzione del 1991 (46/215) che prevedeva la moratoria sull'uso delle reti pelagiche derivanti in tutto il mondo;
il Regolamento Comunitario n. 1239 del 1998 prevede a partire dal 1o gennaio 2002 il bando definitivo dell'uso delle reti derivanti, i limiti di utilizzo delle ferrettare ed il divieto di detenzione di reti derivanti per la cattura delle specie elencate nell'allegato VIII dello stesso regolamento (tonno rosso, pesce spada, eccetera);
il decreto del 27 marzo 2003 del Ministero Italiano delle Politiche Agricole e Forestali, «Modalità per l'aggiunta degli attrezzi da posta alle unità già autorizzate alla ferrettara (Gazzetta Ufficiale n. 88 del
il Ministero Italiano delle Politiche Agricole e Forestali ha emanato, in data 19 aprile 2005, in coincidenza con l'inizio della stagione di pesca, un nuovo decreto che permette l'utilizzo di reti lunghe sino a 5 metri ed alte 20 purché ancorate (considerate in questo modo reti da posta);
i Regolamenti comunitari, ai sensi dell'articolo 249 del Trattato, non solo hanno efficacia vincolante, al pari delle Direttive e delle Decisioni, ma sono altresì dotati di portata generale e carattere obbligatorio in tutti i loro elementi, comportandone la diretta applicabilità in ciascuno stato membro. Tutti i Regolamenti, infatti, spiegano i loro effetti negli Stati membri al pari delle leggi nazionali e sono pertanto idonei a conferire diritti e a imporre obblighi agli stati membri;
dalla circostanza che i Regolamenti comunitari costituiscano, come sostenuto dalla giurisprudenza - a partire dalla core costituzionale n. 170 del 1984, e fino alla recente sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione penale n. 10622 del 2004 - e dalla dottrina più autorevole, vere e proprie norme di diritto interno, dotate, nel nostro ordinamento, di efficacia ultraprimaria nella gerarchia delle fonti del diritto, deriva che il Regolamento è destinato a prevalere su una norma contrastante di diritto interno persino nel caso in cui questa sia stata posteriormente adottata;
a tale proposito, una legge interna in contrasto, è suscettiva di immediata disapplicazione da parte del giudice interno, senza che si renda necessario attenderne la dichiarazione di incostituzionalità, per contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, che come noto offre «copertura costituzionale» alla legge di ratifica dei Trattati e alle limitazioni di sovranità da questi imposte -:
se il Governo sia consapevole della possibilità che venga avviato un procedimento d'infrazione a suo carico, a causa delle ripetute trasgressioni del Regolamento Comunitario n. 1239 del 1998;
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di garantire il pieno rispetto delle normative comunitarie e, in particolare, se non intenda adottare iniziative dirette all'abrogazione di tutti gli atti emanati in contrasto con il citato regolamento comunitario n. 1239 del 1998.
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