Allegato B
Seduta n. 612 del 14/4/2005


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per le politiche comunitarie, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la nostra legislazione prevede come strumento di tutela del consumatore, l'obbligo della lingua italiana nell'etichettatura, nella pubblicità, nei manuali e nelle istruzioni d'uso dei seguenti prodotti distribuiti sul mercato nazionale:
a) prodotti alimentari; b) prodotti farmaceutici; c) sostanze e preparati pericolosi; d) tessili; e) giocattoli; f) televisori; g) altri elettrodomestici, ma limitatamente all'indicazione del consumo energetico; h) apparecchi a gas senza scarico esterno;
tale obbligo è esteso anche alle fatture, ai bollettini di pagamento, alle certificazioni sanitarie, agli atti amministrativi, nonché a tutti i contratti stipulati in Italia;
in particolare, l'etichettatura, le istruzioni e i manuali d'uso sono destinati ad assicurare al consumatore una corretta e trasparente informazione del consumatore in modo da non indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche dei vari prodotti e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione, sull'origine o la provenienza, e, nel caso di elettrodomestici od altre apparecchiature, sul corretto funzionamento degli stessi, sulle norme di sicurezza e le regole di comportamento nell'uso;
purtroppo solo in pochi casi dei casi sopraindicati si avverte la sensibile opportunità di usare, oltre alla lingua italiana anche altre lingue che rispondano alle diverse esigenze dei tanti cittadini stranieri che vivono nel nostro paese e che non conoscono la nostra lingua;
le ultime statistiche indicano che nel 2003 in Italia sono giunti circa 65 milioni di stranieri di cui circa la meta per turismo;
l'Italia resta dunque una meta turistica di primissimo piano per gli stranieri. Basta guardare i numeri: il fatturato diretto è di circa 83 miliardi di euro (il 6,6 per cento del prodotto interno lordo). Con l'indotto i miliardi diventano 148 (11,7 per cento del Pil). Gli occupati sono 2.274.000;
inoltre, vivono e lavorano attualmente in Italia circa 3 milioni di immigrati regolari proveniente da diversi paesi europei ed extraeuropei;
l'assenza di traduzioni negli atti e nelle informazioni necessarie ad una corretta vita di relazione per questi cittadini stranieri rappresenta un elemento discriminante che danneggia l'immagine del nostro Paese e la sua economia, ostacolano l'integrazione di questi cittadini nel nostro


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tessuto socio-economico e li rende spesso vittime di inganni di frodi e, in taluni casi ne mettono addirittura a repentaglio la loro stessa incolumità fisica, come nel caso della mancata comprensione di istruzioni che riguardano situazioni di pericolo;
un paese civile e moderno come il nostro, che ha sempre fatto dell'accoglienza una sua bandiera, non può consentire che questo avvenga nella totale indifferenza delle istituzioni;
l'esclusione sociale rappresenta un fenomeno dalle molteplici dimensioni, le cui manifestazioni comprendono situazioni di discriminazione e privazione dei diritti del cittadino come quelle qui descritte -:
se i Ministri interrogati, ciascuno per le proprie competenze ed in considerazione di quanto argomentato, non ritengano necessario, urgente ed opportuno predisporre opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché venga previsto l'uso, oltre che della lingua italiana, anche di altre lingue, o almeno della lingua inglese, nell'etichettatura, nella pubblicità, nei manuali, nelle istruzioni d'uso, nelle fatture, nei bollettini di pagamento, nelle certificazioni sanitarie, negli atti amministrativi, nonché in tutti i tipi di contratto stipulati in Italia.
(4-08995)

Risposta. - La questione sollevata dall'interrogante è di innegabile attualità: l'integrazione europea, la maggiore libertà di circolazione e stabilimento, nonché la massiccia immigrazione di cittadini provenienti da Paesi non appartenenti alla Comunità Europea, hanno determinato la presenza sul territorio nazionale di persone provenienti da aree geografiche e linguistiche tra loro molto diverse.
Appare pertanto opportuno, al fine di promuovere una reale integrazione delle componenti straniere nel nostro tessuto sociale, adottare iniziative simili a quelle indicate nell'atto ispettivo, al fine di favorire la comprensione delle comunicazioni rivolte al consumatore o all'utente di servizi pubblici e privati, attraverso la traduzione del relativo testo almeno nella lingua inglese.
Ciò premesso, nel condividere sostanzialmente la proposta indicata nell'atto ispettivo, nella consapevolezza della complessità della sua concreta attuazione, si devono inquadrare le problematiche in questione nel contesto europeo.
La disciplina comunitaria specifica del settore, direttiva 79/112, articolo 2 punto 1, prevede espressamente che: «... l'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono: a) essere tali da indurre in errore l'acquirente, ...».
Su tale base giuridica, la Corte di Giustizia ha pronunciato la sentenza
Geffroy (sentenza del 12 settembre 2000), nella quale ha chiarito i margini di compatibilità della disciplina nazionale con le previsioni della direttiva. In questo senso, la Corte ha indicato che il diritto comunitario osta sia ad una normativa nazionale che impone esclusivamente l'uso di una lingua determinata per l'etichettatura dei prodotti alimentari, senza consentire l'uso di un'altra lingua agevolmente compresa dagli acquirenti, o la loro informazione con altre misure, sia anche all'uso della lingua dominante della regione nella quale il prodotto è posto in vendita (anche se l'uso contemporaneo di un'altra lingua non è escluso). Per contro, la Corte ribadisce la conformità al diritto comunitario di una normativa che preveda l'uso di una lingua determinata per l'etichettatura, ma che consenta al contempo l'uso di un'altra lingua facilmente compresa dagli acquirenti.
In una successiva sentenza del 18 giugno 1991 (sentenza Piageme e altri), la Corte ha ulteriormente precisato la propria posizione affermando la contrarietà alla rilevante normativa comunitaria (in tal senso l'articolo 30 del Trattato e l'articolo 14 della sopracitata direttiva 79/112) di una normativa nazionale che imponga l'uso esclusivo di una lingua determinata per l'etichettatura dei prodotti alimentari, senza ammettere la possibilità che venga utilizzata un'altra lingua facilmente compresa dagli acquirenti, o che l'informazione dell'acquirente


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venga garantita altrimenti. Nella stessa sentenza, la Corte ha inoltre precisato che l'articolo 14 della Direttiva osta a che uno Stato membro, in considerazione della necessità di adottare una lingua facilmente compresa dagli acquirenti, imponga l'uso della lingua dominante nella regione in cui il prodotto è messo in vendita, quand'anche non sia escluso l'uso contestuale di un'altra lingua. La Corte di Giustizia ha infine definito i limiti dell'obbligo di garantire la comprensibilità delle informazioni gravante sugli Stati membri, affermando (Sentenza Goerres - del 14 luglio 1998, (Procedimento penale a carico di Herann Josef Goerres) che una normativa nazionale che - pur prescrivendo l'uso di una lingua determinata per l'etichettatura dei prodotti - consenta del pari, in via alternativa, l'uso di un'altra lingua facilmente compresa dagli acquirenti non è in contrasto con il dettato della disciplina comunitaria, la quale non impone dunque un obbligo più rigoroso di quello dell'uso di una lingua facilmente compresa dagli acquirenti. La Corte ha in particolare ribadito che ciò che rileva ai fini del rispetto della normativa comunitaria è la comprensibilità delle informazioni fornite, posto che essa stessa prevede la possibilità che le indicazioni vengano fornite non solo utilizzando una lingua, ma anche mediante altri accorgimenti, come disegni, simboli o pittogrammi.
La compatibilità della normativa italiana in materia dovrà dunque essere verificata alla luce del principio generale individuato dalla Corte di Giustizia, secondo cui la disciplina interna deve garantire comunque il fine generale della comprensibilità delle informazioni, soprattutto per ciò che riguarda quelle definite come essenziali.
In tale contesto il Ministero della salute ha comunicato all'amministrazione delle attività produttive che l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari è una materia armonizzata a livello comunitario e sempre in continua evoluzione. Di conseguenza anche nel nostro ordinamento sono stati emanati i provvedimenti di recepimento della norma comunitaria. Attualmente l'argomento è disciplinato dal decreto legislativo n. 109 del 1992 modificato da ultimo con decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 181.
L'articolo 3 del decreto legislativo sopra indicato stabilisce l'elenco delle indicazioni che devono essere riportate sull'etichetta dei prodotti alimentari destinati al consumatore. Lo stesso articolo precisa che tali indicazioni devono essere riportate in lingua italiana e che è consentito riportarle anche in più lingue.
Il Ministero della salute, sempre con riferimento all'interrogazione parlamentare in questione, e avuto riguardo alle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della salute pubblica nel settore dei farmaci e dei dispositivi medici, ha informato che non si ravvisano elementi che facciano reputare necessaria ed urgente l'adozione di iniziative volte a prevedere l'uso di lingue diverse da quella italiana nell'etichettatura e nella pubblicità dei prodotti farmaceutici.
Per quanto concerne, poi, i quesiti posti dall'interrogante nel settore del turismo il Ministero delle attività produttive, pur non avendo competenza specifica in materia, ritiene che iniziative in tal senso potrebbero effettivamente incidere positivamente sulla qualità dell'ospitalità turistica del nostro Paese in considerazione della consistenza dei flussi di turisti stranieri che ogni anno visitano l'Italia.
In quest'ottica, infatti, i competenti uffici del Ministero nel corso degli ultimi anni si sono attivati per rendere disponibile, anche ad un'utenza straniera, manualistica di settore, materiale informativo e siti internet che sono stati tradotti in inglese e in alcuni casi anche in altre lingue.
Si segnala, infine, che specie per quel che riguarda l'etichettatura dei prodotti, potrebbe essere valutato l'aspetto della dimensione del carattere di stampa, spesso troppo ridotto e non idoneo a rendere l'informazione riportata facilmente accessibile e fruibile anche a soggetti con limitata capacità visiva.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.


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ANNUNZIATA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2003 la Francia ha notificato attraverso il sistema di allarme CIRCA della Commissione europea la presenza del colorante di sintesi Sudan I e di altre sostanze simili, come il Sudan II, il Sudan III ed il Sudan IV, in peperoncini rossi provenienti dall'India;
tali sostanze, oltre ad essere coloranti il cui uso non è autorizzato nel settore alimentare, sono state classificate dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) nella categoria III delle sostanze cancerogene;
il Sudan I è una molecola cancerogena genotossica, in grado di danneggiare il DNA, per il quale non è possibile stabilire una dose giornaliera tollerabile. Il colorante può anche provocare reazioni di sensibilizzazione per via cutanea o per inalazione;
vista la grave minaccia per la salute, in data 20 giugno 2003, la Comunità europea ha adottato la decisione 460/2003, seguita quest'anno dalla Decisione 92/2004, con le quali, al fine di tutelare la salute pubblica, si prescrive che le partite di peperoncino rosso e dei prodotti derivati, importati nella Comunità in qualsiasi forma e destinati al consumo umano, devono essere accompagnati da una relazione analitica presentata dall'importatore o dall'operatore del settore alimentare interessato, dalla quale risulti che la partita non contiene il colorante Sudan rosso I. Per la stessa ragione gli Stati membri effettuano campionamenti aleatori ed analisi su partite di peperoncini e di prodotti derivati in fase d'importazione o già presenti sul mercato. Le partite adulterate devono essere distrutte informandone la Commissione europea;
in Italia, i controlli per individuare la presenza di Sudan nelle partite di alimenti erano già stati effettuati lo scorso anno da parte dei Nas, su incarico del procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello. La presenza fraudolenta del micidiale colorante del peperoncino era stata rilevata in una trentina di prodotti alimentari;
lo stesso Ministero della salute nel 2003 aveva ricevuto, attraverso il sistema CIRCA della Commissione europea, 122 notifiche sulla presenza di colorante Sudan 1. Alcune di queste notifiche hanno riguardato prioritariamente i prodotti nazionali. Sulla base di queste notifiche erano risultati positivi al colorante Sudan 1 complessivamente 49 prodotti italiani;
nel secondo trimestre di quest'anno il Ministero dell'Ambiente - Direzione Generale Sanità Veterinaria e degli Alimenti ha riscontrato 220 irregolarità a causa di contaminanti chimici nelle quali il Sudan è stato rilevato in 37 casi con una percentuale di frequenza pari al 16,8 per cento;
le ultime indagini effettuate sul territorio nazionale da diverse autorità sanitarie hanno evidenziato come risultino contaminati dal 15 al 30 cento degli alimenti al peperoncino sottoposti a controllo, tra questi olio, formaggi, salse, pasta, sughi, salumi e zuppe commercializzate da note marche;
a seguito di questi controlli, molte aziende italiane hanno dovuto ritirare dal mercato intere partite di prodotti, per aver utilizzato involontariamente, anche per una carente informazione da parte del Ministero della Salute, peperoncino contaminato;
purtroppo, solo in alcuni casi è stato possibile rintracciare il fornitore della materia prima contaminata;
la situazione evidenziata dimostra che l'allarme su questo grave problema non è ancora cessato e che tutti gli anelli della filiera alimentare difettano ancora di adeguati controlli anche sotto il profilo della rintracciabilità -:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della gravi circostanze sopra evidenziate;
se non ritenga di rendere noto ufficialmente ai cittadini italiani la natura del


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rischio e le misure adottate e/o in procinto di essere adottate per fronteggiare l'emergenza evidenziata, rendendo pubblici i marchi e le tipologie di prodotti risultati contaminati, come già da mesi disposto in altri paesi comunitari, al fine di consentire a commercianti e consumatori di consegnare tali prodotti alle autorità sanitarie competenti, impedendone così l'ulteriore commercio o consumo;
se e quali iniziative siano state avviate al fine di ottenere il sequestro degli alimenti risultati adulterati e quali provvedimenti sono stati adottati nei confronti di coloro che si siano resi responsabili della loro produzione e distribuzione;
se non ritenga necessario ed urgente provvedere all'attivazione di una opportuna campagna di controlli mirata ad individuare il prodotto contaminato ancora presente nel nostro paese;
se alla luce di questo episodio non ritenga urgente adottare iniziative normative volte a prevedere la creazione di una Autorità per la sicurezza alimentare italiana, come da tempo e da più parti viene ripetutamente invocato.
(4-11901)

Risposta. - In Italia esiste un efficace sistema di controllo ufficiale degli alimenti, riguardante sia quelli provenienti da Paesi Terzi (cioè extracomunitari) sia quelli circolanti sul territorio nazionale.
Gli alimenti provenienti da Paesi Terzi e presentati all'importazione in Italia sono controllati, sotto il profilo igienico-sanitario, dagli uffici periferici del ministero della salute, ossia gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) e i posti di ispezione frontaliera (PIF), ubicati nei principali porti e aeroporti italiani.
Gli alimenti vengono sottoposti a controlli documentali (effettuati per tutte le partite), fisici e analitici (effettuati a sondaggio); qualora non superino i controlli, non sono ammessi all'importazione sul territorio nazionale ed il respingimento è comunicato a tutti i Paesi dell'Unione Europea, tramite il sistema comunitario di allerta rapida.
Gli alimenti circolanti sul territorio nazionale vengono sottoposti a controlli di tipo igienico sanitario, da parte degli organi ufficiali di controllo (competenti Servizi delle AA.SS.LL., Carabinieri NAS, eccetera), che prevedono ispezioni e prelievo di campioni per i controlli analitici.
Ai sensi della vigente normativa, qualora venga riscontrata una contaminazione in un prodotto alimentare, l'autorità sanitaria di vigilanza provvede ad effettuarne il sequestro, acquisendo, presso la ditta produttrice, la lista di commercializzazione nazionale ed estera del prodotto, allo scopo di avvisare tempestivamente le autorità sanitarie delle regioni interessate alla commercializzazione, ovvero il ministero della salute, se il prodotto è stato commercializzato all'estero, per attivare immediatamente il sistema di allerta rapida comunitario.
La ditta produttrice deve attivarsi, ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, di attuazione di direttive comunitarie in materia di igiene dei prodotti alimentari, per il ritiro, quanto più possibile rapido, del prodotto dal mercato.
Anche nel caso dei prodotti alimentari contaminati dal colorante «Sudan rosso» (I, II, III e IV), il sistema di controllo ufficiale è stato applicato pienamente, e potenziato tramite un monitoraggio nazionale «ad hoc».
Al momento dell'insorgere dell'emergenza «Sudan» (maggio 2003), il ministero della salute ha dato seguito alle segnalazioni di allerta rapida comunitarie e ha effettuato notifiche al sistema di allerta comunitario, per prodotti contaminati fabbricati in Italia e commercializzati in territorio extranazionale.
L'elenco delle notifiche effettuate è disponibile sul sito internet del ministero della salute (
www.ministerosalute.it>alimenti e sanità animale-sicurezza alimentare>sistema di allerta), dove è disponibile anche una relazione riepilogativa delle notifiche effettuate dal sistema di allerta, relative a prodotti alimentari contaminati dal colorante «Sudan rosso», sia di produzione italiana che di produzione estera.
Contestualmente gli USMAF sono stati allertati per controllare, mediante prelievo


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di campioni destinati all'analisi e su indicazioni fornite dalla decisione della Commissione europea 2003/460/CE del 20 giugno 2003, le partite di peperoncino tritato o in polvere presentate all'importazione sul territorio nazionale.
A seguito della pubblicazione della decisione della Commissione europea 2004/92/CE del 21 gennaio 2004, i controlli alle frontiere sono stati estesi anche alle partite di curry.
I risultati di tali controlli, con l'indicazione delle partite di peperoncino respinte alle frontiere, sono indicati in allegato alla presente nota per il periodo 2o semestre 2003 - 1o semestre 2004 (all. 1)
(disponibile presso il Servizio Assemblea).
Per quanto riguarda i controlli ufficiali sul territorio nazionale, sono stati tempestivamente informati e coinvolti, anche tramite riunioni di coordinamento, gli assessorati alla sanità delle regioni e province autonome, con invito ad effettuare controlli ufficiali, mediante prelievo di campioni destinati all'analisi, non solo di peperoncino in polvere e curry, ma anche di tutti i prodotti contenenti tali sostanze.
A seguito della decisione comunitaria 2004/92, per rafforzare le azioni già intraprese e al fine di armonizzare gli interventi di controllo, è stato varato un «Piano nazionale di monitoraggio» relativo alla presenza di «Sudan» I, II, III e IV nel peperoncino, nel curry e nei prodotti derivati.
Nell'ambito del Piano, terminato il 31 dicembre 2004, è stato previsto il campionamento di: peperoncino essiccato, tritato o polverizzato; curry; insaccati; formaggi; paste alimentari; salse, sughi e condimenti; prodotti da forno; olive (farcite o aromatizzate con peperoncino); prodotti ittici aromatizzati al peperoncino (tonno, alici, eccetera).
Nel piano veniva indicato un numero minimo di campioni da prelevare, pari a 20 campioni per milione di abitanti, scelti tra le matrici sopraindicate, con particolare riguardo ai prodotti tipici regionali. I dati vengono forniti trimestralmente dalle regioni ed inviati alla Commissione europea.
Finora sono stati elaborati i dati del trimestre aprile/giugno 2004 (all. 2)
(disponibile presso il Servizio Assemblea), e del trimestre luglio/settembre 2004 (all. 3) (disponibile presso il Servizio Assemblea), mentre quelli del trimestre ottobre/dicembre 2004 sono in fase di elaborazione.
A seguito dei controlli effettuati con il suddetto Piano, la situazione è in fase di netto miglioramento, come si può rilevare confrontando i dati del monitoraggio nazionale del 2o trimestre con quelli del 3o trimestre 2004.
È aumentato il numero dei campioni analizzati (da 378 campioni del 2o trimestre a 541 campioni del 3o trimestre 2004).
È diminuita la percentuale di campioni risultati irregolari (dal 22,3 del 2o trimestre al 7,95 per cento del 3o trimestre 2004).
Nonostante, inoltre, che in ambito comunitario le notifiche complessive relative ai prodotti contaminati da «Sudan» siano aumentate, passando da 129 del 2003 a 273 del 2004, è diminuita sensibilmente la percentuale di prodotti italiani riscontrati irregolari (dal 37,98 per cento del 2003 al 13,5 per cento di notifiche relative all'intero anno 2004).
Con nota del 30 novembre 2004, indirizzata ai competenti assessorati regionali, la direzione generale della sanità veterinaria e degli alimenti ha invitato ad intensificare i controlli, privilegiando i grossisti e la grande distribuzione, a verificare che le aziende interessate provvedano all'effettivo ritiro dal commercio dei prodotti eventualmente contaminati dal colorante «Sudan» ed accertare che, nel piano di autocontrollo delle aziende produttrici ispezionate, sia previsto il controllo analitico del contaminante in questione.
Relativamente all'informazione ai consumatori, si fa presente che il Ministero della Salute dirama un comunicato stampa per le emergenze che comportano un rischio immediato per la salute pubblica (es. casi di botulismo); negli altri casi, l'informazione viene, di norma, effettuata tramite il sito internet ministeriale, sul quale sono attualmente in fase di inserimento sia il piano di monitoraggio nazionale che i relativi risultati.


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Per quanto riguarda il sistema di allerta, si precisa che, in qualità di interlocutore tra il territorio nazionale e la Commissione europea, ha svolto sino ad oggi il ruolo di diffusore delle informazioni, ottenendo risultati soddisfacenti di corretta e tempestiva gestione del rischio.
Il lavoro di afferenza ed efferenza delle segnalazioni di notifica si è concentrato, soprattutto, sulla ricerca delle materie prime contaminate, sulla messa a punto della tracciabilità dei prodotti con la richiesta delle liste di distribuzione, sulle verifiche analitiche e, di conseguenza, sulle registrazioni di positività al colorante nei prodotti alimentari.
Tale funzionamento si è reso possibile per la disponibilità di buona parte delle autorità competenti.
La vigilanza nazionale ed extranazionale si è mantenuta costante, in ragione dell'accentrato coordinamento gestionale della Commissione europea che ha, peraltro, disposto nel primo semestre del 2004 una ispezione comunitaria in Italia in merito ai controlli ufficiali relativi al colorante.
Qualora necessario, sono state fornite informazioni concernenti la legislazione comunitaria, le evidenze tecniche, nonché chiarimenti, richiami e note rafforzative alle autorità periferiche regionali, per assicurare il sostegno adeguato alla problematica sul Sudan e per avere risposte efficaci di rete.
Al riguardo, è pervenuta, al sistema di allerta, sottoforma di NEWS, dai servizi della «Sanitè Consumateur» (SANCO) della Commissione, una nuova metodica rapida di screening per la rilevazione del «Sudan» I e IV, ritrasmessa immediatamente agli uffici della Direzione Generale competente e all'Istituto Superiore di Sanità.
Si stanno, inoltre, definendo disposizioni legislative che prevedono organismi operanti come sistemi di connessione nell'ambito degli Stati membri, con compiti analoghi a quelli svolti dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Le comunicazioni e la gestione del rischio avvengono tra le autorità istituzionali sanitarie, preposte a garantire, lungo la catena alimentare, azioni di tutela preventiva, in un contesto di mercato internazionale, ed in collaborazione, ove necessario, con i responsabili delle imprese alimentari interessate.
A questo riguardo, si sottolinea che la legislazione comunitaria si fa garante anche della informazione ai cittadini consumatori. In casi specificamente valutati e sulla base della natura e della gravità del rischio, le procedure operative possono subire una differenziazione, in termini di notifica al cittadino, con servizi speciali
ad hoc di diretta ed immediata informazione.
Per quanto attiene alla natura del rischio derivante dal contaminante Sudan, si precisa che è classificato in categoria 3 (aspetti di cancerogenesi e mutagenesi); da un punto di vista scientifico, non si ha la certezza di esprimere pareri definitivi circa la cancerogenicità sull'uomo, sulla base dei dati disponibili.
Si informa, inoltre, che il provvedimento normativo di istituzione dell'Autorità per la sicurezza alimentare è attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari.
A seguito dell'intesa del 17 giugno 2004 tra i Ministri della salute, delle Politiche agricole e forestali e le regioni e province Autonome di Trento e Bolzano, è stato istituito il Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA).
Il Comitato, istituito presso il ministero della salute e insediatosi il 23 dicembre 2004, svolge i seguenti compiti:
1. garantisce i rapporti con l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare;
2. promuove e coordina la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio alimentare;
3. propone i metodi per la pianificazione dei programmi di monitoraggio e di sorveglianza per la vigilanza e controllo della sicurezza dei prodotti agro-alimentari e per la verifica della corretta applicazione della normativa relativa alla sicurezza alimentare ed alle biotecnologie;


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4. effettua il monitoraggio delle attività di sorveglianza nel settore della sicurezza alimentare, valuta e comunica i risultati.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

AZZOLINI, SCHMIDT, EMERENZIO BARBIERI, ANGIONI, ZANELLA, RUSSO SPENA, CALZOLAIO e CHIAROMONTE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Decreto Legislativo 116/92 «Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici», stabilisce all'articolo 8 che la sperimentazione sulle specie in estinzione (legge 19 dicembre 1975, n. 874; allegato C1 del regolamento CEE 3626/82), su cani, gatti, primati e/o a scopi didattici, possa essere eseguita solo per «verifiche medico-biologiche essenziali purché la specie considerata si riveli, eccezionalmente, l'unica adatta allo scopo» e «in caso di inderogabile necessità»; all'articolo 9 che la sperimentazione condotta senza il ricorso all'anestesia possa essere eseguita se l'anestesia si dimostri «eccezionalmente incompatibile con il fine dell'esperimento» e che il «Ministro della Sanità, (...) la concede (...) solo in caso di eccezionale importanza dell'esperimento»;
dall'indagine compiuta dalla LAV e pubblicata nel Rapporto 2004 «La Vivisezione in Italia Regione per Regione» emerge che le sperimentazioni di cui agli articoli 8 e 9 del Decreto Legislativo 116/92 risultano essere in aumento nell'ultimo triennio di cui si dispongono dati ufficiali (2000-2002) e che queste rappresentano circa il 20 per cento del totale delle sperimentazioni;
dall'indagine compiuta dalla LAV e pubblicata nel Rapporto 2004 «La Vivisezione in Italia Regione per Regione» emerge che non sono sempre regolarmente inviate le comunicazioni ex articolo 7 decreto legislativo 116/92 da parte degli stabilimenti utilizzatori a Utg, Regioni, Aziende Usl e Comuni;
ad esempio gli Utg di Genova e Imperia non sono in possesso di alcuna comunicazione seppure vi siano 17 stabilimenti autorizzati dal Ministero della Salute nel loro territorio;
risulta che l'Utg di Novara ha ricevuto comunicazioni ex articolo 7 decreto legislativo 116/92 da parte dell'Università del Piemonte Orientale sebbene questa non sia nell'elenco degli stabilimenti autorizzati ex articolo 12 dal Ministero della Salute;
risulta che l'Utg di Pisa ha ricevuto comunicazioni ex articolo 7 decreto legislativo 116/92 da parte della ditta Abiogen Pharma, con uso in deroga di cani, sebbene questa società non sia nell'elenco degli stabilimenti autorizzati ex articolo 12 dal Ministero della Salute;
risulta che l'Utg di Pesaro Urbino ha ricevuto comunicazioni ex articolo 7 decreto legislativo 116/92 provenienti dall'Università di Urbino per il biennio 2000-2001 con non impiego di anestesia, seppure questa deroga non risulti autorizzata ex articolo 9 dal Ministero della Salute;
risulta che l'Utg di Frosinone riceva protocolli di esperimenti effettuati da Bioprogress Consorzio Farmaceutico e Farmacologico di Anagni ma la società non risulti fra le autorizzate dal Ministero della Salute;
l'Utg di Avellino non riceve alcuna comunicazione da parte dell'Istituto di Scienza dell'Alimentazione del Cnr, autorizzato dal Ministero della Salute;
all'Utg di Caserta risulta effettuare test su animali la Tecnogen Spa che non è presente nell'elenco degli stabilimenti autorizzati del Ministero della Salute;
presso l'Istituto Superiore di Sanità è attivo il Servizio Qualità e Sicurezza della sperimentazione animale istituito e regolato con Decreto Ministeriale 31 gennaio 1992, n. 286;


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negli stabilimenti utilizzatori di Verona, negli anni 2001 e 2002 il 39 per cento degli animali di cui si prevedeva l'impiego in protocolli di sperimentazione sarebbero stati uccisi con il solo fine di allestire colture di cellule o tessuti -:
quali siano le misure adottate per minimizzare il ricorso alle disposizioni derogatorie ex articoli 8 e 9 del Decreto Legislativo 116/92;
quali siano le valutazioni e le conseguenti azioni poste in essere per ovviare ai fatti elencati in riferimento ai dati degli Utg;
perché i protocolli sperimentali presentati al Ministero della Salute da parte dell'Istituto Superiore di Sanità nel 2002 e 2003 non elencano tutte le figure professionali così come richiesto dalla Circolare ministeriale esplicativa del Decreto Legislativo 116/92, n. 8 del 22 aprile 1994, e perché lo stesso Istituto risulta essere contemporaneamente stabilimento utilizzatore ed organo di controllo;
quali siano le misure atte ad incrementare lo sviluppo e la diffusione di metodi di indagine in vitro eseguiti su materiale umano di scarto, ovvero la creazione di una banca di tessuti umani, ciò anche in attuazione della facoltà concessa al Ministro della Salute da parte dello stesso decreto legislativo 116/92 di riconoscere metodi alternativi.
(4-10176)

Risposta. - Con riferimento a quanto segnalato dagli interroganti, è opportuno precisare che non risultano al ministero della salute le omesse comunicazioni di protocolli sperimentali alle prefetture - uffici territoriali del Governo, da parte di ditte o istituti di ricerca.
Inoltre, secondo i dati aggiornati in possesso di questa amministrazione, non risulta l'esistenza di stabilimenti utilizzatori non autorizzati.
Le autorizzazioni in deroga sono rilasciate, previo parere tecnico scientifico dell'Istituto superiore di sanità, il quale segnala l'esistenza di metodi alternativi validati.
Riguardo alle misure adottate per l'incremento di metodi alternativi validati, si precisa che il ministero della salute ha accolto favorevolmente la recente istituzione dell'
Italian Platform Alternative Methods (IPAM), con l'obiettivo dell'applicazione e della divulgazione dei metodi alternativi.
Riguardo all'ipotesi di un possibile conflitto tra le attività di controllore e controllato dell'Istituto superiore di sanità (ISS), si ritiene doveroso precisare che quest'ultimo è un ente di ricerca finalizzato alla tutela della salute pubblica, ed inoltre organo di controllo, secondo la vigente normativa. Il Servizio biologico per la gestione della sperimentazione animale, nel formulare i richiesti pareri di competenza sui protocolli sperimentali, agisce in completa autonomia rispetto ai vari Laboratori dell'istituto stesso che effettuano ricerche.
Relativamente alla mancanza di figure professionali nei protocolli sperimentali, inviati dall'ISS al Ministero della salute, l'Istituto ha sottolineato che tali protocolli riportavano sempre il nome del ricercatore responsabile della sperimentazione, del veterinario del benessere e di un tecnico.
Va considerato che nelle strutture di stabulazione dell'Istituto opera uno staff di persone, con compiti di routinarie attività di mantenimento e di controllo del benessere degli animali, che non vengono menzionate nei protocolli sperimentali.
Deve, inoltre, essere precisato che la valutazione dei protocolli sperimentali, prevista dal Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, di attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione di animali utilizzati ai fini sperimentali o ad altri fini scientifici, e gestita dal citato Servizio biologico, risulta sicuramente più accurata, se eseguita da esperti che, svolgendo anch'essi un'attività di ricerca analoga, siano in grado di individuare eventuali punti critici del protocollo in esame.
Nei casi, inoltre, di valutazione di protocolli interni, il Servizio ha acquisito il parere di esperti interni, non direttamente impegnati, e del Comitato tecnico-scientifico,


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avvalendosi anche dell'ausilio di referee esterni all'ISS.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BATTAGLIA e GIACCO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
molti uffici postali sono totalmente sprovvisti di servizi igienici per il pubblico;
detti uffici postali sono frequentati quotidianamente da moltissime persone, tra cui anziani e portatori di handicap, per i quali tale mancanza è fonte di comprensibile disagio, in particolare quando sono costretti a lunghe attese per il ritiro delle pensioni o per fruire di altri servizi posta; tale mancanza non trova giustificazione se si tiene conto che, in base alla normativa vigente, qualsiasi esercizio commerciale aperto al pubblico deve disporre di appositi servizi igienici -:
se intenda risolvere al più presto tale situazione, dando disposizione all'azienda Poste di realizzare negli uffici postali servizi igienici che, vista la presenza di portatori di handicap, dovrebbero essere privi di barriere architettoniche, anche in ossequio all'anno europeo delle persone disabili da poco conclusosi.
(4-08910)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che la società Poste italiane - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde - ha anzitutto precisato che l'ufficio postale si configura quale dipendenza necessaria per l'esercizio, in forma di impresa, delle attività che, a norma dell'articolo 4, comma 1 dello Statuto, costituiscono l'oggetto sociale di Poste Italiane ovvero: i servizi di posta e bancoposta, le attività di comunicazione postale ed elettronica, i servizi di riscossione e pagamento, la raccolta del risparmio postale, la vendita al dettaglio di tutti i valori bollati, ecc.
L'ufficio postale costituisce, inoltre, strumento per l'esercizio della rete pubblica, in quanto ai sensi dell'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 261 del 1999 - di attuazione della direttiva comunitaria 97/67/CE - e del decreto del Ministro delle comunicazioni, 17 aprile 2000 (
Gazzetta Ufficiale 104 del 4 maggio 2000) la società Poste è divenuta affidataria del servizio postale universale.
Il decreto legislativo menzionato definisce attività di preminente interesse generale la fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto e alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica che viene qualificata come l'insieme dell'organizzazione e dei mezzi di ogni tipo utilizzati dal fornitore del servizio universale per la raccolta, il trasporto, il trattamento e la distribuzione degli invii postali.
Sulla base di tali riferimenti normativi, delle verifiche e degli approfondimenti effettuati sono, pertanto, da considerare come rilevanti per la società Poste le disposizioni attinenti ai requisiti igienico sanitari relativi ai locali destinati alle attività di impresa.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

BATTAGLIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
presso il Ministero della Difesa da diversi anni hanno svolto e continuano a svolgere ancora attività di tirocinio formativo 3 giovani disabili;
gli stessi hanno conseguito, nel corso dell'esperienza, una buona capacità lavorativa ed un sufficiente livello di professionalità nelle mansioni assegnate;
la legge n. 68 del 1999 obbliga le amministrazioni pubbliche ad assumere una quota del 7 per cento di lavoratori disabili;
in tal senso l'ufficio di collocamento della Provincia di Roma ha sollecitato il suddetto Ministero a sottoscrivere una convenzione ai sensi della legge n. 68 del


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1999 al fine di poter collocare stabilmente ai lavoro detti tirocinanti -:
se intenda adoperarsi per far sì che il Ministero risponda positivamente alle sollecitazioni dell'Ufficio Provinciale del Lavoro di Roma e rispetti le aliquote obbligatorie previste dalla legge n. 68 del 1999.
(4-11283)

Risposta. - La legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.
I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella misura percentuale stabilita dalla legge.
A tal riguardo, è il caso di rappresentare che presso l'Amministrazione Difesa, relativamente alla provincia di Roma, sussiste un considerevole esubero di personale della categoria in esame rispetto alla quota d'obbligo del 7 per cento prevista dalla citata legge per le assunzioni obbligatorie dei disabili.
Ciò posto, per affrontare nel merito le questioni poste con l'interrogazione in titolo si precisa che i tre soggetti disabili citati hanno fatto parte di un progetto formativo e di orientamento, tramite convenzione con la Comunità Capodarco stipulata in data 19 marzo 1998.
Attualmente tale tirocinio si è concluso per due dei suddetti disabili, mentre è stato rinnovato per uno solo di essi fino al 30 giugno 2005.
Per quest'ultimo, più volte confermato nell'attività di tirocinio formativo, la competente Direzione generale per il personale civile ha già provveduto a prendere accordi con l'Ufficio di collocamento della provincia di Roma per una positiva soluzione del problema.
Data l'eccezionalità della situazione e tenuto conto che si tratta di una sola unità, si assicura che sarà intrapresa ogni consentita iniziativa per la soluzione positiva del caso.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BELLINI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il sigaro toscano è conosciuto per la sua alta qualità in tutto il mondo, e come noto viene fabbricato con tabacchi coltivati e lavorati prevalentemente in Toscana;
numerosi sono i riconoscimenti nazionali e internazionali che fanno del sigaro toscano un elemento della conoscenza del nostro Paese nel mondo, anche recentemente sono state avviate specifiche iniziative da parte di associazioni specializzate per la difesa e la diffusione dei prodotti di alta qualità nel riconoscere il sigaro toscano come uno dei più significativi prodotti del made in Italy;
visto che le nuove scelte dell'Unione europea mirano a non dare più incentivi e finanziamenti alle zone dove si coltiva e si produce il sigaro toscano ma a spostare questi incentivi in altri territori dell' Unione europea;
ricordato che attualmente sono diverse migliaia i lavoratori occupati nel processo di coltivazione e trasformazione del tabacco per la produzione dei sigari toscani;
considerato che nella nuova situazione si potrebbero perdere molti posti di lavoro, in particolare nell'agricoltura poiché molti agricoltori potrebbero cambiare settore produttivo in mancanza di precisi incentivi, determinando così la mancanza di qualificata produzione locale. In questo modo le industrie di trasformazione sarebbero costrette a rifornirsi da altri mercati meno qualificati facendo perdere al sigaro toscano le originali caratteristiche -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per l'agricoltura per assicurare la


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continuità della produzione del tabacco locale per la produzione dei sigari toscani.
(4-11306)

Risposta. - In merito a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, si ricorda che l'Amministrazione è da sempre impegnata a tutela della qualità del tabacco italiano, con azioni diversificate volte da un lato al miglioramento delle produzioni e, dall'altra, a disincentivare le produzioni che non registrano una adeguata richiesta di mercato.
In tale ottica vanno inquadrate le azioni intraprese ai fini dell'approvazione di una riforma sostanzialmente modificata rispetto a quella iniziale proposta dalla Commissione UE, che avrebbe portato ad un rapido smantellamento della produzione.
In particolare, la possibilità di concedere - a partire dal 2006 - un aiuto solo in minima parte disaccoppiato rispetto alla produzione consente ai tabacchi di migliore qualità di sopravvivere e di essere sostenuti con risorse di pari livello o superiori rispetto al precedente regime.
L'opportunità di fissare in maniera differenziata il premio unitario relativo alla parte accoppiata, infatti, consentirà di sostenere in maniera più efficace le produzioni di qualità che affrontano costi di produzione più elevati; tra i quali vi è sicuramente la varietà Kentucky per la produzione di sigari Toscani.
Sempre nell'ottica della valorizzazione del tabacco italiano di qualità, l'Amministrazione ha messo in atto, attraverso la predisposizione di disciplinari di produzione idonei, una efficace azione di sensibilizzazione nei confronti delle manifatture europee, tale da favorire un maggior acquisto del nostro prodotto.
Infine, si evidenzia che, nel corso della trattativa comunitaria per i regolamenti applicativi della riforma, è stata inserita, su richiesta del Governo italiano, la facoltà per lo Stato membro di stabilire norme qualitative più significative e mirate; il che consentirà di migliorare ed indirizzare la qualità, remunerando in maniera differenziata le produzioni.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

BERTOLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'evoluzione del senso comune, delle culture e della sensibilità etica dell'opinione pubblica nei confronti degli animali, non solo da affezione, rende necessario una maggiore attenzione del servizio veterinario pubblico e di tutti gli altri soggetti interessati verso un nuovo modo di concepire l'allevamento animale anche da reddito, migliorandone la qualità della vita compresa la protezione degli animali nelle fasi di trasporto;
è notizia di oggi l'orribile e cruenta fine di 11 cavalli e due vitelli, dopo una agonia durata ore, vittime del ribaltamento del Tir su cui erano trasportati, durante il viaggio su una motonave in servizio tra Barcellona e Civitavecchia, incappata in una tempesta;
le indagini avrebbero rilevato diverse irregolarità -:
quali iniziative intenda assumere per evitare altri simili episodi e per migliorare il benessere degli animali da reddito nella fase del trasporto e la protezione durante la macellazione.
(4-11565)

Risposta. - Il grave episodio segnalato dall'interrogante è conseguenza dell'inosservanza delle norme sul benessere animale, che hanno determinato la morte di undici cavalli e due tori in seguito al ribaltamento del rimorchio di un automezzo, adibito al trasporto di animali, su un traghetto salpato dalla Spagna e diretto in Italia.
Gli accertamenti, effettuati dal competente Servizio veterinario, hanno confermato gravi responsabilità da parte della ditta trasportatrice spagnola, denunciate anche dalle associazioni animaliste che hanno seguito costantemente l'intera vicenda. Tali responsabilità sono state oggetto di verbalizzazione e di notifica alla ditta trasportatrice, mediante la procedura pre


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vista dalla Convenzione europea di Strasburgo, ETS n. 94, del 24 novembre 1997.
Il Servizio citato ha provveduto a segnalare l'accaduto alla Autorità giudiziaria italiana.
Per il rilievo suscitato dalla vicenda, anche nella Comunità europea, e per la recidività delle infrazioni sul benessere animale commesse dalla ditta trasportatrice in questione, le Autorità spagnole hanno provveduto al ritiro della autorizzazione al trasporto animale, come riferito, a Bruxelles, dal rappresentante spagnolo in sede di Comitato Permanente della Catena Alimentare e salute animale.
Inoltre, il ministero della salute, ritenendo necessaria una fattiva collaborazione tra le Autorità veterinarie degli Stati membri nella intensificazione dei controlli alla partenza ed in itinere, e tenuto conto delle attuali difficoltà ad eseguire all'estero provvedimenti finali di condanna a sanzioni amministrative, ha chiesto di conoscere, tramite l'Ambasciata di Spagna, le iniziative intraprese dalle Autorità spagnole per evitare che simili episodi possano ripetersi.
Le problematiche inerenti il benessere degli animali sono ben note in sede comunitaria, e il nuovo Regolamento del Consiglio d'Europa sulla protezione degli animali nel trasporto, applicabile a partire dal 5 gennaio 2007 e per il quale l'Italia ha contribuito ai lavori di stesura e approvazione definitiva del testo, prevede un rafforzamento del sistema di controllo, come, ad esempio, più efficaci livelli di cooperazione amministrativa e di scambio di informazioni tra i vari Stati membri, la certificazione della autorizzazione ai mezzi di trasporto, comprese le navi bestiame, le navi traghetto ed i containers marittimi. Sono, inoltre, previste la dotazione, per i veicoli da strada che devono essere trasportati su navi traghetto, di punti di attacco che permettano di fissarli saldamente alla nave, la formazione dei conducenti e dei trasportatori di animali, attestata da uno specifico certificato, e l'uso obbligatorio del sistema satellitare GPS per gli automezzi che effettuano viaggi superiori alle otto ore.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BULGARELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, i sindaci dei comuni di Gradara e Gabicce sono stati destinatari di una denuncia per abuso di ufficio per avere esposto sui balconi dei rispettivi municipi la bandiera arcobaleno rappresentante il simbolo della pace;
analoga scelta è stata fatta nei giorni passati da diverse centinaia (compreso quello della città di Roma) e da moltissimi uffici dell'amministrazione pubblica, a testimonianza di un sentimento fortissimo di pace che attraversa il nostro paese;
nella denuncia notificata ai due sindaci, si fa riferimento ad una nota emessa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, già ampiamente contestata in numerose altre occasioni; in tale nota si precisa che negli uffici degli enti locali possano essere esposte solo la bandiera nazionale ed europea; in realtà ai sensi degli articoli 292, 323, 327 del codice penale negli enti locali e negli enti pubblici sono interdetti simboli «privati» (partiti, associazioni, eccetera) o le bandiere straniere; l'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2000, n. 121, inoltre, demanda esplicitamente all'autonomia normativa e regolamentare delle pubbliche amministrazioni la possibilità di esporre gonfaloni e/o bandiere diverse da quelle obbligatorie; infine l'articolo 327 del codice penale, dal quale per vie traverse sarebbe desumibile un eventuale «eccitamento» ai danni è stato abrogato dall'articolo 18 della legge sulla depenalizzazione;
la bandiera rappresentante il simbolo della pace non è in alcun modo riconducibile a qualche partito politico, né costituisce vilipendio, ovvero «comportamento gratuitamente offensivo» (articolo 192 del codice penale) della bandiera italiana -:
se non ritenga opportuno ritirare la nota in oggetto, sia perché essa appare


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non idonea a regolamentare l'esposizione delle bandiere della pace, sia perché essa sanziona, come nel caso dei sindaci dei comuni di Gradara e Gabicce, un comportamento largamente condiviso dalla popolazione.
(4-05589)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, il Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, interpellato al riguardo, ha comunicato che il quadro normativo attualmente vigente prevede l'esposizione sugli edifici pubblici esclusivamente di bandiere e simboli pubblici.
Ciò per rispetto del sacro carattere di neutralità delle sedi pubbliche, che devono essere viste da ciascun singolo cittadino come propria sede.
Bandiere e simboli privati o non riconosciuti, pur espressione dei valori più elevati, non hanno il carattere di formalità e di neutralità chiesto per una esposizione ufficiale su sedi istituzionali.
Si fa, inoltre, presente che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro ha riferito che in data 22 marzo 2003 ha chiesto al locale G.I.P. l'archiviazione, per infondatezza della notizia di reato, del procedimento n. 942 del 2003 RGNR a carico di Sorbini Sandro e Pritelli Domenico, sindaci, rispettivamente, di Gradara e Gabicce Mare, indagati per i delitti di cui agli articoli 292 e 323 del codice penale.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

BULGARELLI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE è un Ente di diritto pubblico che sovrintende a tutta l'attività ippica e ai settori connessi come quelli delle corse e dell'allevamento dei cavalli ed è controllato dal Ministero delle Politiche Agricole;
la Società di Siracusa ha diffuso il programma relativo alla riunione di trotto 2004, come riscontrabile anche sul sito www.unire-sorteggio.it; il numero dei convegni delle corse al trotto, con un inaspettato cambio di destinazione richiesto dalla Società di Siracusa, passa, come riporta anche il quotidiano Lo Sportsman dai nove degli anni scorsi a un meeting della velocità» di quattro giornate quasi consecutive dal 7 all'11 agosto con dotazioni da «mini gran premio»;
la riduzione senza preavviso del numero dei convegni nell'ippodromo di Siracusa, proprio nel mese di agosto, si aggiunge alla chiusura dell'attività ippica all'ippodromo «La Favorita» di Palermo e comporta un fermo forzato dell'attività per le Categorie ippiche siciliane e nazionali, data l'impossibilità di far correre i propri cavalli nella corsa più importante del convegno, perché appunto riservata a cavalli di categoria superiore alla media;
a mente della circolare Programmazione 2003, approvata con deliberazione commissariale n. 4 del 17 gennaio 2003 e prorogata con circolare n. 32/2003, prot. 146995 dell'UNIRE Area Trotto, l'Unire non può approvare manifestazioni promozionali in qualsiasi ippodromo, in un numero annuo superiore al 15 per cento delle giornate assegnate per l'anno in corso alla stessa piazza; se è stato permesso, come risulterebbe dal libretto programma reso noto dalla Società di Siracusa e visionabile sul sito www.unire-sorteggio.it, di ridurre dalle n. 9 giornate del 2003 a n. 4 i convegni per il 2004, non sembra possibile effettuare eventi eccezionali fuori dalla programmazione ordinaria - che prevede corse singole - come il G.P. Città di Siracusa programmato l'11 settembre, corsa unica suddivisa invece, per l'occasione, in batterie, finale e consolazione con dotazione complessiva di circa euro 70.000,00;
l'UNIRE non può approvare libretti programma (articolo 47 Regolamento delle Corse al Trotto) di ippodromi dove siano programmate nei 12 giorni precedenti e


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nei 12 successivi all'effettuazione di una corsa classica (corsa per cavalli di 2, 3 e 4 anni inserita nell'elenco dei Grandi Premi) - a prescindere dalla piazza dove questa è programmata - corse per cavalli di 2, 3 e 4 anni se non nel limite massimo consentito per ogni singola piazza; la circolare n. 75/99 dell'E.N.C.A.T. stabilisce in un importo complessivo pari o superiore a lire 44.000.000 (euro 22.724,00) il limite per cui è necessario chiedere preventivamente autorizzazione all'Ufficio Tecnico dell'Ente al fine di poter inserire le corse di tale dotazione nel libretto programma; la medesima circolare afferma che «Apposita Commissione valuterà con anticipo di almeno 60 giorni le eventuali concomitanze, risolvendole con apposito coordinamento delle prove con dotazione superiore a lire 44.000.000 (euro 22.724,00)»;
l'UNIRE secondo l'articolo 46 del Regolamento delle Corse al Trotto e secondo la circolare Programmazione 2003, efficace anche per il 2004, deve approvare libretti-programma presentati all'UNIRE Area Trotto almeno trenta giorni prima di ogni riunione;
secondo l'interrogante si corre il rischio, a causa delle mancanze di cui sopra, di fare invalidare uno o più convegni di corse, con clamorosi esiti sul rilancio del settore, sulle scommesse e sulla credibilità del gioco fonte di rilevanti entrate per l'erario;
UNAGT, UNAGT Sicilia, UPT Sicilia, Federnat Sicilia, con note del 20 e 22 luglio 2004, segnalavano al Commissario UNIRE, al Segretario Generale UNIRE, al Dirigente UNIRE Area Trotto, il mancato rispetto dei Regolamenti, la penalizzazione subita per la riduzione dei convegni di trotto di Siracusa da nove a quattro senza averne avviso e preannunciavano, in ipotesi di perseveranza nel disegno illegittimo, ricorsi anche cautelari alle Autorità Giudiziarie civili, amministrative e penali competenti -:
quali siano le ragioni per le quali l'UNIRE abbia permesso all'ippodromo di Siracusa di effettuare manifestazioni promozionali, con dotazioni da G. Premio senza tener conto delle disposizioni in materia, anche in materia d'invarianza di calendario, promessa e sottoscritta dal Ministro alle Categorie il mese di gennaio 2004;
quali siano i motivi di carattere tecnico economico per i quali l'UNIRE abbia autorizzato l'inserimento nel libretto programma dell'ippodromo di Siracusa di corse riservate a cavalli di 3 e 4 anni con importo superiore a euro 22.724,00, distanti meno di dodici giorni dal G. Premio Città di Cesena (31 luglio 2004) e distanti meno di dodici giorni precedenti dal G. di Taranto (14 agosto 2004), corse classiche inserite nell'elenco dei G. Premi, permettendo di creare concomitanze che potrebbero incidere in negativo sul numero del campo dei partenti delle corse classiche, sulla loro omogeneità e sul volume delle scommesse che costituisce fonte di rilevante entrata per l'erario;
quale sia il motivo per cui l'UNIRE abbia concesso alla Società di Siracusa di presentare il libretto programma solo il 20 luglio 2004 (nota prot. 210 del Presidente dell'ippodromo di Siracusa), quindi abbondantemente dopo il termine ultimo utile di trenta giorni prima di ogni riunione previsto dai Regolamenti, dato che il primo convegno di trotto del mese di agosto all'ippodromo Mediterraneo di Siracusa è previsto per il 7 agosto 2004;
se e quali interventi urgenti intenda adottare al fine di riportare l'ente sui binari della correttezza amministrativa-contabile, di trasparenza e credibilità.
(4-10688)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto preme, innanzi tutto, sottolineare che le problematiche ivi rappresentate esulano dall'attività di vigilanza dell'Amministrazione, che, pur tuttavia, è intervenuta sull'Ente affinché fossero fornite risposte ai quesiti posti nell'atto.
Al riguardo, l'UNIRE ha precisato che una volta predisposto il programma di corse per la riunione di trotto 2004 dalla


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Società di corse che gestisce l'Ippodromo di Siracusa, l'Ente ha apportato una modifica al programma già predisposto, con la riduzione dei convegni estivi da 9 a 4, al solo scopo di migliorare la programmazione dell'Ippodromo stesso attraverso la partecipazione di cavalli qualificati provenienti da altri ippodromi e non soltanto di cavalli stanziali in Sicilia, atteso che la programmazione delle corse non si effettua su base regionale, bensì nazionale.
La stessa riduzione dei convegni non aveva alcuno scopo promozionale bensì aveva come unica finalità un miglior livello delle corse in svolgimento a Siracusa.
L'UNIRE può definire con proprio atto la programmazione del Premio Siracusa con batterie, finale e consolazione per un dotazione complessiva di Euro 70.000,00; corsa che non si può configurare in alcun modo come un Grande Premio.
Quanto alla circolare n. 75 del 1999 dell'ENCAT, l'Ente ha precisato che la stessa non può essere considerata applicabile, in quanto, seppure l'ENCAT (Ente Nazionale delle Corse al Trotto) sia stato incorporato nell'UNIRE dal 1o gennaio 2000, non è mai stata costituita la Commissione per il coordinamento delle prove con dotazione superiore a lire 44.000.000.
Infine, il termine di trenta giorni per l'approvazione dei libretti programma non può essere considerato in alcun modo un limite per l'Ente nello svolgimento della propria attività, bensì è un termine perentorio solo nei confronti delle Società di corse.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

BULGARELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, i lavori di ampliamento della base di appoggio per sommergibili nucleari statunitensi di Santo Stefano, La Maddalena (Sassari), sarebbero iniziati verso la fine del mese di agosto 2004, contrariamente a quanto annunciato dalla commissione tecnica militare, che aveva fissato, per l'inizio dei lavori, la data del 15 settembre;
secondo quanto riportato dalle agenzie, e riferito da numerosi testimoni, già da giorni ferverebbero i lavori e, in particolare, sarebbero già stati trasportati nella base dodici nuovi generatori;
sull'ampliamento della base di Santo Stefano esiste in Sardegna un vasto movimento di opposizione - che raccoglie numerosi rappresentanti degli enti locali di vario orientamento politico - che si è fatto promotore di un referendum per lo smantellamento della base, dichiarato inammissibile, ma per il quale si attende ora l'esito del ricorso presentato dal comitato promotore; esiste inoltre un ordine del giorno del Consiglio regionale approvato il 24 gennaio 2004 che impegna il capo dell'esecutivo a chiedere di smantellare la base «entro un periodo di tempo ragionevole e prestabilito»;
infine, a parere di Salvatore Sanna, ex componente del Comitato paritetico per le servitù militari, grazie all'accordo sottoscritto tra Regione e Governo in data 14 gennaio 2004 - che prevede che «la Difesa faccia propri i suggerimenti e le migliorie progettuali che la Regione voglia dare in merito al progetto» - il presidente della Regione può richiedere di prendere visione degli accordi internazionali e può far valere le sue motivazioni, che la Difesa sarebbe tenuta ad accogliere;
in virtù di questa situazione estremamente fluida circa le prospettive della base, vari esponenti dell'associazionismo locale hanno avanzato la tesi che l'accelerazione dei lavori di ampliamento possa essere dettata dalla necessità di ultimare i lavori il più presto possibile, onde evitare che intervengano atti che ne sospendano l'esecuzione -:
se risponda al vero che i lavori siano iniziati con circa tre settimane di anticipo rispetto alla data del 15 settembre e quali siano i motivi che giustifichino tale scelta.
(4-10829)


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Risposta. - Il Governo e la Difesa hanno già riferito sulle questioni sollevate dall'interrogante, rispondendo ad analoghi atti di sindacato ispettivo.
Le notizie diffuse dalla stampa nazionale circa l'anticipato inizio dei lavori di migliorie infrastrutturali presso il sito in uso alla US Naval Support Activity di La Maddalena sono destituite di ogni fondamento.
Inoltre, con riferimento al
referendum richiamato nella premessa dell'atto, si osserva che la Corte Costituzionale, già in passato, con sentenza n. 256 del 1989, massima n. 13001, ha statuito che non spetta alla regione Sardegna l'indizione di consultivi regionali circa la presenza sull'isola di basi militari.
Le attività lavorative, effettivamente avviate lo scorso mese di agosto e precedentemente autorizzate dalla Difesa, sono attinenti esclusivamente alla manutenzione straordinaria e/o sostituzione dei gruppi elettrogeni già installati ed alla sistemazione dei locali destinati ad essere occupati, in via transitoria, durante i lavori di ammodernamento ed adeguamento ai nuovi
standard abitativi dell'unità di supporto logistico USS Emory S. Land.
L'inizio dei lavori è stato preventivamente notificato al Prefetto di Sassari ed al Sindaco di La Maddalena.
Allo stato, non sono ancora iniziati i lavori di edificazione contemplati nel progetto USA n. 080-02 denominato «Migliorie infrastrutturali», mentre è in fase di allestimento il cantiere per procedere, poi, alle previste attività di riqualificazione/migliorie, così come confermato dal Comando militare marittimo autonomo della Sardegna, interessato al riguardo.
Quanto alla «Commissione tecnica militare», cui si riferisce l'interrogante, trattasi di una rappresentanza della US-Navy che, in data 13 settembre 2004, nel corso dell'incontro-dibattito «Beni demaniali, dismissioni e politiche del territorio» tenutosi a La Maddalena (Sassari), ha fornito dettagliate informazioni sull'esecuzione dei lavori di cui al citato progetto USA, che risultano, peraltro, in linea con il progetto definitivamente approvato in sede di attività di concertazione Stato-Regioni, sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel corso della riunione tenutasi il 14 gennaio 2004.
Nel merito, è appena il caso di ricordare che in quella stessa sede la regione Sardegna ha ritirato l'istanza con la quale aveva precedentemente chiesto al Governo il riesame dell'intera vicenda.
In quel medesimo contesto, la Difesa si è impegnata a fare propri tutti i suggerimenti e le migliorie progettuali eventualmente proposti dai competenti uffici della Regione autonoma Sardegna in merito al progetto, nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio: tale impegno è stato, di fatto, già assolto.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la mattina di mercoledì 16 febbraio 2005 verso le ore 11 del mattino (ora italiana) Piergiorgio Rosetti, Monica Puto, Johannes Steger, tre volontari italiani dell'Operazione Colomba - Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini - sono stati aggrediti da un gruppo di 5 coloni israeliani provenienti dal vicino insediamento di Ma'on, in Cisgiordania;
uno dei coloni ha esploso alcuni colpi di fucile in direzione dei volontari, in seguito sono accorsi altri coloni che hanno picchiato a sangue i tre volontari, uno dei quali è obiettore di coscienza in servizio civile come casco bianco;
a seguito di questa aggressione, uno dei tre volontari risultava ferito in modo grave;
il volontario, che ha perso conoscenza, è stato trasportato e ricoverato presso l'ospedale di Beer Sheva e le sue condizioni sono apparse subito gravi, avendo i primi accertamenti medici riscontrato la frattura della mascella, la lesione della retina e trauma cranico;


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la stessa organizzazione della comunità Giovanni XXIII ha trasportato in ospedale con propri mezzi i ragazzi vittime di aggressione, non ricevendo, secondo quanto risulta all'interrogante, adeguato supporto dall'ambasciata italiana sul territorio nonostante il fatto che gli stessi avessero messo a conoscenza dei fatti accaduti la nostra rappresentanza diplomatica;
l'aggressione in oggetto è avvenuta mentre i volontari accompagnavano un piccolo gruppo di pastori palestinesi e su un terreno di proprietà palestinese e non soggetto a nessuna restrizione da parte delle autorità militari israeliane che, secondo gli accordi di Oslo, amministrano la zona;
da giorni nell'area in questione a sud di Hebron, conosciuta come le South Hebron Hills, i coloni scacciano i pastori dai loro pascoli senza che le autorità israeliane tutelino il diritto di questi ultimi a usufruire dei propri terreni;
due settimane fa due volontarie dell'Operazione Colomba - Corpo Civile di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII - sono state minacciate di morte da parte di coloni dello stesso insediamento di Ma'on;
nell'ottobre del 2004 un volontario italiano di Operazione Colomba è stato picchiato da coloni di Ma'on durante l'accompagnamento di alcuni bambini a scuola e nel settembre 2004, due volontari americani vennero ricoverati in ospedale perché picchiati da coloni di Ma'on -:
quali iniziative si intendano adottare presso il governo israeliano affinché siano garantiti il rispetto e la tutela dei volontari oggetto di violenze e minacce da parte dei coloni israeliani;
se i rappresentanti della nostra ambasciata in Israele abbiano preso contatti con i volontari oggetto di aggressione e se abbiano conseguentemente provveduto ai soccorsi immediati, nonché al supporto e all'assistenza successivamente necessarie;
quali passi ufficiali siano stati intrapresi presso le autorità israeliane al fine di acquisire elementi circa l'accertamento dell'identità e delle responsabilità, anche penali, degli aggressori dei cittadini italiani;
se e come si intenda procedere al fine di garantire, nell'immediato, la tutela dell'incolumità e dei diritti di tutti i cittadini italiani che si trovano nelle aree in oggetto.
(4-13172)

Risposta. - Nella mattina del 16 febbraio 2005 l'associazione «Comunità Papa Giovanni XXIII», con sede a Rimini, ha segnalato al Consolato generale di Gerusalemme l'aggressione subita dal connazionale Johannes Steger, obiettore di coscienza che presta servizio civile internazionale presso l'associazione medesima, su un programma di assistenza alle popolazioni beduine stanziate a sud della città di Hebron. Il Consolato generale a Gerusalemme si è attivato immediatamente contattando la connazionale Monica Puto, presente al momento dell'aggressione ed anch'essa impegnata sullo stesso programma di assistenza. Secondo quanto riferito, i signori Steger, Puto e Rosetti stavano accompagnando due gruppi di pastori quando sono stati aggrediti da due coloni israeliani.
Sia la nostra Ambasciata a Tel Aviv che il nostro Consolato generale a Gerusalemme, hanno seguito sin dall'inizio la vicenda dei tre volontari italiani aggrediti ad Hebron. Entrambe le sedi, infatti, non appena informate dell'accaduto (sia direttamente dai volontari, che dagli uffici dell'associazione), si sono adoperate per prestare la massima assistenza ai tre connazionali interessati. L'Ambasciata, da parte sua, è rimasta ad assisterli fino a quando sono stati dimessi dall'ospedale, a seguito degli accertamenti effettuati dai medici.
Il giorno dopo gli interessati hanno contattato le due sedi per chiedere loro assistenza con l'Autorità di polizia di Gerusalemme, ove si erano recati per presentare una denuncia. Il Consolato generale ha provveduto quindi a metterli in contatto con il legale di fiducia, il quale ha prestato


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loro la dovuta assistenza per finalizzare la deposizione ed espletare tutte le procedure amministrative necessarie per il proseguimento dell'inchiesta da parte delle Autorità israeliane (tutt'ora in corso).
L'Ambasciatore a Tel Aviv ha inoltre immediatamente rappresentato telefonicamente alle Autorità civili e militari israeliane quanto accaduto, ed inviato una Nota Verbale di protesta al Ministero degli esteri locale.
Questo Ministero ha inoltre sensibilizzato l'Ambasciatore d'Israele, Ehud Gol, richiamandone l'attenzione sulla ricostruzione dei fatti, sui quali ha promesso di far chiarezza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CALZOLAIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nel maggio del 2003 l'Ufficio del «Sistema Rapido di Allerta-Emergenze-Unità di Crisi» operante presso il Ministero della salute ha ricevuto una segnalazione dalla Francia riguardo alla non ammissione, nel territorio francese, di un ingrediente alimentare, per la presenza di colorante «Sudan I»;
la Commissione Europea ha emanato in data 20 giugno 2003 la decisione 2003/460/CE recante «Misure di emergenza relative al peperoncino rosso e ai prodotti derivati»;
dal luglio al settembre 2003 il Ministero della Salute ha informato gli Assessorati alla Sanità delle regioni e delle province autonome e il Comando Carabinieri per la sanità-Nas delle decisioni adottate in sede comunitaria per arginare il fenomeno e promuovere su tutto il territorio controlli accurati;
le associazioni di categoria che rappresentano l'industria alimentare di distribuzione, produzione, e trasformazione e le Confederazioni agricole sono state avvertite della situazione e incontrate per una riunione di coordinamento;
il 16 febbraio 2004 il Sottosegretario di Stato per la salute Cesare Cursi ha sostenuto, in risposta alla precedente interrogazione 4-07491 presentata in data 25 settembre 2003, che «in considerazione della natura della problematica e dei controlli effettuati, non si è ritenuto di promuovere campagne di informazione rivolte al consumatore»;
in risposta alla stessa interrogazione si assicurava che il Ministero avrebbe continuato l'attività di monitoraggio;
il 21 gennaio 2004 la Commissione Europea è intervenuta nuovamente sul tema con la decisione 2004/92/CE estendendo le misure adottate anche al Sudan II, III, IV;
nell'ambito del progetto «Questione di etichetta», cofinanziata dal ministero delle Attività Produttive, il Movimento dei consumatori ha recentemente sottoposto ad analisi 45 prodotti fra spezie, sughi, salumi e paste, acquistati in 14 città italiane, riscontrando che quasi il 20 per cento dei prodotti esaminati conteneva Sudan I e IV;
fonti di stampa divulgano la notizia che un importatore di Pescara ha venduto a 500 grandi clienti in tutta Italia una partita di peperoncino indiano contaminato dal Sudan;
il Corpo forestale e investigatori della Polizia forestale d'Abruzzo stanno svolgendo dal 19 ottobre 2004 un'azione di sequestro di alimenti tossici prodotti con il Sudan;
ad oggi, il Ministero della salute non ha diffuso ai consumatori informazioni sui prodotti a rischio o contaminati;
le analisi condotte nel 2004 su più di 100 campioni dalle Agenzie di Protezione Ambientale delle Marche, in conformità con il Piano Regionale di Monitoraggio,


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hanno riscontrato una media circa il 10 per cento di prodotti contaminati da Sudan I e IV;
il settimanale il salvagente in data 21 ottobre 2004 ha reso noti i nomi di alcuni prodotti contaminati -:
quale sia la natura del rischio connesso al colorante Sudan in tutte le sue forme;
quali misure abbia adottato il Governo, per arginare i rischi di consumo di prodotti contaminati, successivamente alla data del 19 settembre 2003 in cui l'istituto superiore di sanità ha promosso un'incontro sul problema del Sudan con gli Assessorati Regionali e le Associazioni del settore alimentare;
se abbia provveduto ad estendere le misure adottate per il Sudan I anche per il Sudan II, III, IV;
se siano presenti in Italia laboratori adeguati alle rilevazioni di tali sostanze chimiche in tutte le loro varianti e se esiste una metodica sperimentale condivisa per tali rilevazioni;
quali misure abbia adottato o abbia intenzione di adottare il Governo al fine di potenziare i laboratori delle Agenzie di Protezione Ambientale che risultano essere quasi gli unici ad effettuare queste tipologie di analisi in una situazione legislativa non chiara rispetto alle competenze delle Aziende Sanitarie Locali;
come il Governo e i Ministeri competenti intendano intervenire per correggere o integrare le misure finora adottate per bloccare l'acquisto e il consumo di prodotti pericolosi e vietati, data l'insufficienza di quanto finora compiuto;
se intenda il Governo promuovere una corretta campagna di informazione per i consumatori rendendo noti i prodotti trovati contaminati;
quali siano i motivi che hanno fino ad oggi ostacolato la scelta di informare ufficialmente e diffusamente i consumatori;
se intenda il Governo coinvolgere le associazioni dei consumatori (e non soltanto delle categorie produttive) per la realizzazione di un progetto efficace di tutela della salute alimentare dei cittadini italiani in questo ed altri casi;
se sia intenzione del Governo adottare iniziative normative volte a prevedere la creazione di un Authority per la sicurezza alimentare italiana e, in caso di risposta negativa quali ragioni vengano addotte per tale diniego;
se consti al Governo che la partita di peperoncino contaminato segnalata in Abruzzo sia stata acquistata anche da industrie alimentari marchigiane.
(4-11471)

Risposta. - In Italia esiste un efficace sistema di controllo ufficiale degli alimenti, riguardante sia quelli provenienti da Paesi Terzi (cioè extracomunitari) sia quelli circolanti sul territorio nazionale.
Gli alimenti provenienti da Paesi Terzi e presentati all'importazione in Italia sono controllati, sotto il profilo igienico-sanitario, dagli uffici periferici del ministero della salute, ossia gli uffici di unità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) e i Posti di ispezione frontiera (PIF), ubicati nei principali porti e aeroporti italiani.
Gli alimenti vengono sottoposti a controlli documentali (effettuati per tutte le partite), fisici e analitici (effettuati a sondaggio); qualora non superino i controlli, non sono ammessi all'importazione sul territorio nazionale ed il respingimento è comunicato a tutti i Paesi dell'Unione europea, tramite il sistema comunitario di allerta rapida.
Gli alimenti circolanti sul territorio nazionale vengono sottoposti a controlli di tipo igienico sanitario, da parte degli organi ufficiali di controllo (competenti Servizi delle AA.SS.LL., Carabinieri NAS, eccetera), che prevedono ispezioni e prelievo di campioni per i controlli analitici.
Ai sensi della vigente normativa, qualora venga riscontrata una contaminazione in un prodotto alimentare, l'Autorità, sanitaria di vigilanza provvede ad effettuarne il se


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questro, acquisendo, presso la Ditta produttrice, la lista di commercializzazione nazionale ed estera del prodotto, allo scopo di avvisare tempestivamente le Autorità sanitarie delle Regioni interessate alla commercializzazione, ovvero il ministero della salute, se il prodotto è stato commercializzato all'estero, per attivare immediatamente il sistema di allerta rapida comunitario.
La ditta produttrice deve attivarsi, ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, di attuazione di direttive comunitarie in materia di igiene dei prodotti alimentari, per il ritiro, quanto più possibile rapido, del prodotto dal mercato.
Anche nel caso dei prodotti alimentari contaminati dal colorante «Sudan rosso» (I, II, III e IV) il sistema di controllo ufficiale è stato applicato pienamente, e potenziato tramite un monitoraggio nazionale
«ad hoc».
Al momento dell'insorgere dell'emergenza «Sudan» (maggio 2003), il Ministero della salute ha dato seguito alle segnalazioni di allerta rapida comunitarie e ha effettuato notifiche al sistema di allerta comunitario, per prodotti contaminati fabbricati in Italia e commercializzati in territorio extranazionale.
L'elenco delle notifiche effettuate è disponibile sul sito internet del ministero della salute (www.ministerosalute.it>alimenti e sanità animale-sicurezza alimentare>sistema di allerta), dove è disponibile anche una relazione riepilogativa delle notifiche effettuate dal sistema di allerta, relative a prodotti alimentari contaminati dal colorante «Sudan rosso», sia di produzione italiana che di produzione estera.
Contestualmente gli USMAF sono stati allertati per controllare, mediante prelievo di campioni destinati all'analisi e su indicazioni fornite dalla Decisione della Commissione Europea 2003/460/CE del 20 giugno 2003, le partite di peperoncino tritato o in polvere presentate all'importazione sul territorio nazionale.
A seguito della pubblicazione della Decisione della Commissione Europea 2004/92/CE del 21 gennaio 2004, i controlli alle frontiere sono stati estesi anche alle partite di curry.
I risultati di tali controlli, con l'indicazione delle partite di peperoncino respinte alle frontiere, sono indicati in allegato alla presente nota per il periodo 2o semestre 2003 - 1o semestre 2004 (all. 1)
(disponibile presso il Servizio Assemblea).
Per quanto riguarda i controlli ufficiali sul territorio nazionale, sono stati tempestivamente informati e coinvolti, anche tramite riunioni di coordinamento, gli Assessorati alla Sanità delle Regioni e province autonome, con invito ad effettuare controlli ufficiali, mediante prelievo di campioni destinati all'analisi, non solo di peperoncino in polvere e curry, ma anche di tutti i prodotti contenenti tali sostanze.
A seguito della decisione comunitaria 2004/92, per rafforzare le azioni già intraprese e al fine di armonizzare gli interventi di controllo, è stato varato un «Piano nazionale di monitoraggio» relativo alla presenza di «Sudan» I, II, II e IV nel peperoncino, nel curry e nei prodotti derivati.
Nell'ambito del Piano, terminato il 31 dicembre 2004, è stato previsto il campionamento di:
peperoncino essiccato, tritato o polverizzato; curry; insaccati; formaggi; paste alimentari; salse sughi e condimenti; prodotti da forno; olive (farcite o aromatizzate con peperoncino); prodotti ittici aromatizzati al peperoncino (tonno, alici, eccetera).

Nel piano veniva indicato un numero minimo di campioni da prelevare, pari a 20 campioni per milione di abitanti, scelti tra le matrici sopraindicate, con particolare riguardo ai prodotti tipici regionali. I dati vengono forniti trimestralmente dalle Regioni ed inviati alla Commissione Europea;
Finora sono stati elaborati i dati del trimestre aprile/giugno 2004 (all. 2) (disponibile presso il Servizio Assemblea) mentre quelli del trimestre luglio/settembre 2004 (all. 3), mentre quelli del trimestre ottobre/dicembre 2004 sono in fase di elaborazione.
A seguito dei controlli effettuati con il suddetto Piano, la situazione e in fase di netto miglioramento, come si può rilevare


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confrontando i dati del monitoraggio nazionale del 2o trimestre con quelli del 3o trimestre 2004.
È aumentato il numero dei campioni analizzati (da 378 campioni del 2o trimestre a 541 campioni del 3o trimestre 2004).
È diminuita la percentuale di campioni risultati irregolari (dal 22,3 per cento del 2o trimestre al 7,95 per cento del 3o trimestre 2004).
Nonostante, inoltre, che in ambito comunitario le notifiche complessive relative ai prodotti contaminati da «Sudan» siano aumentate, passando da 129 del 2003 a 273 del 2004, è diminuita sensibilmente la percentuale di prodotti italiani riscontrati irregolari (dal 37,98 per cento del 2003 al 13,5 per cento di notifiche relative all'intero anno 2004).
Con nota del 30 novembre 2004, indirizzata ai competenti Assessorati Regionali, la direzione generale della sanità veterinaria e degli alimenti ha invitato ad intensificare i controlli, privilegiando i grossisti e la grande distribuzione, a verificare che le aziende interessate provvedano all'effettivo ritiro dal commercio dei prodotti eventualmente contaminati dal colorante «Sudan» ed accertare che, nel piano di autocontrollo delle aziende produttrici ispezionate, sia previsto il controllo analitico del contaminante in questione.
Relativamente all'informazione ai consumatori, si fa presente che il ministero della salute dirama un comunicato stampa per le emergenze che comportano un rischio immediato per la salute pubblica (es. casi di botulismo), negli altri casi, l'informazione viene, di norma, effettuata tramite il sito internet ministeriale, sul quale sono attualmente in fase di inserimento sia il piano di monitoraggio nazionale che i relativi risultati.
Per quanto riguarda il sistema di allerta, si precisa che, in qualità di interlocutore tra il territorio nazionale e la Commissione europea, ha svolto sino ad oggi il ruolo di diffusore delle informazioni, ottenendo risultati soddisfacenti di corretta e tempestiva gestione del rischio.
Il lavoro di afferenza ed efferenza delle segnalazioni di notifica si è concentrato, soprattutto, sulla ricerca delle materie prime contaminate, sulla messa a punto della tracciabilità dei prodotti con la richiesta delle liste di distribuzione, sulle verifiche analitiche e, di conseguenza, sulle registrazioni di positività al colorante nei prodotti alimentari.
Tale funzionamento si è reso possibile per la disponibilità di buona parte delle autorità competenti.
La vigilanza nazionale ed extranazionale si è mantenuta costante, in ragione dell'accentrato coordinamento gestionale della Commissione europea che ha, peraltro, disposto nel primo semestre del 2004 una ispezione comunitaria in Italia in merito ai controlli ufficiali relativi al colorante.
Qualora necessario, sono state fornite informazioni concernenti la legislazione comunitaria, le evidenze tecniche, nonché chiarimenti, richiami e note rafforzative alle autorità periferiche regionali per assicurare il sostegno adeguato alla problematica sul Sudan e per avere risposte efficaci di rete.
Al riguardo è pervenuta, al sistema di allerta, sottoforma di NEWS, dai servizi della «Sanité Consumateur» (SANCO) della Commissione, una nuova metodica rapida di screening per la rilevazione del «Sudan» I e IV, ritrasmessa immediatamente agli uffici della Direzione Generale competente e all'Istituto Superiore di Sanità.
Si stanno, inoltre, definendo disposizioni legislative che prevedono organismi operanti come sistemi di connessione nell'ambito degli Stati membri, con compiti analoghi a quelli svolti dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Le comunicazioni e la gestione del rischio avvengono tra le autorità istituzionali sanitarie, proposte a garantire, lungo la catena alimentare, azioni di tutela preventiva, in un contesto di mercato internazionale, ed in collaborazione, ove necessario, con i responsabili delle imprese alimentari interessate.
A questo riguardo, si sottolinea che la legislazione comunitaria si fa garante anche della informazione ai cittadini consumatori. In casi specificamente valutati e sulla base della natura e della gravità del rischio, le


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procedure operative possono subire una differenziazione, in termini di notifica al cittadino, con servizi speciali ad hoc di diretta ed immediata informazione.
Per quanto attiene alla natura del rischio derivante dal contaminante Sudan, si precisa che è classificato in categoria 3 (aspetti di cancerogenesi e mutagenesi); da un punto di vista scientifico, non si ha la certezza di esprimere pareri definitivi circa la cancerogenicità sull'uomo, sulla base dei dati disponibili.
Si informa, inoltre, che il provvedimento normativo di istituzione dell'Autorità per la sicurezza alimentare e attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari.
A seguito dell'intesa del 17 giugno 2004 tra i Ministri della Salute, delle politiche agricole e forestali e le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, è stato istituito il Comitato Nazionale per la sicurezza alimentare (CNSA).
Il Comitato, istituito presso il ministero della salute e insediatosi il 23 dicembre 2004, svolge i seguenti compiti:
1. garantisce i rapporti con l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare;
2. promuove e coordina la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio alimentare;
3. Propone i metodi per la pianificazione dei programmi di monitoraggio e di sorveglianza per la vigilanza e controllo della sicurezza dei prodotti agro-alimentari e per la verifica della corretta applicazione della normativa relativa alla sicurezza alimentare ed alle biotecnologie;
4. effettua il monitoraggio delle attività di sorveglianza nel settore della sicurezza alimentare, valuta e comunica i risultati.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
tra gli organismi e gli operatori dello spettacolo dal vivo (ma anche le attività cinematografiche non sono immuni da uno stato di crisi generale, tanto da costringere il Governo a presentare un decreto-legge ad hoc), si registra un crescente e diffuso malessere, per l'assenza di provvedimenti in ordine al riparto del Fondo unico per lo spettacolo tra i settori e per la conseguente non erogazione degli stanziamenti per il 2004, peraltro inferiori alla cifra stanziata per l'anno precedente;
a quattro mesi dall'inizio dell'anno solare e dalla presentazione delle domande di finanziamento (per il Teatro le domande sono state addirittura presentate nel settembre 2003), si è ingenerata una situazione di indeterminatezza in merito alla programmazione dell'attività, alla qualità dei progetti, ai bilanci e all'occupazione del settore, caricando sugli operatori l'onere di sopperire alle carenze dell'erario con il ricorso al credito, sempre più arduo proprio per l'atteggiamento assunto dallo Stato negli ultimi anni;
tale situazione acuisce le già riscontrate e lamentate difficoltà ed i ritardi nell'erogazione dei finanziamenti del 2003 (avvenuti nel periodo luglio-settembre), cui si è venuto ad aggiungere l'abolizione della triennalità ed il ripristino del vecchio concetto di annualità, che ha ulteriormente danneggiato il settore limitandone la capacità progettuale a medio e lungo termine -:
le ragioni per le quali non abbia ancora provveduto ad adottare iniziative in merito, e cosa ostacola l'assunzione di quei provvedimenti in mancanza dei quali l'intervento pubblico diventerà sempre più antieconomico e non produttivo di benefici né per gli operatori né per la collettività;
come intenda far fronte alle minori risorse a disposizione rispetto al 2003.
(4-09721)

Risposta. - Nell'anno 2004, le risorse a disposizione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), sono state pari a 500 milioni di euro; tale cifra non esaurisce, però, le


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risorse complessive destinate da questa Amministrazione, in favore dello spettacolo dal vivo. Ad essa, infatti, devono aggiungersi euro 60.350.000,00 provenienti da fonti diverse, e principalmente dai proventi del gioco del Lotto, per un totale di Euro 560.350.000,00.
Inoltre, in base a disposizioni speciali di legge in favore delle diverse fondazioni lirico-sinfoniche, sono stati erogati euro 10.534.422, al netto del cosiddetto decreto taglia-spese (decreto-legge 12 luglio 2004 n. 168, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2004 n. 191).
Si rende noto che la posticipazione nell'erogazione dei contributi, avvenuta nel 2004, non influirà in futuro sull'attività degli operatori dello spettacolo.
Infatti, l'articolo 6 del decreto-legge 30 dicembre 2004 n. 314, convertito con modificazioni dalla legge 1o marzo 2005, n. 26, ha esteso in modo permanente a tutte le attività in materia di spettacolo la disciplina prevista dall'articolo 23, comma 6, del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 27 febbraio 2003, come integrato dall'articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali in data 21 aprile 2004.
Al riguardo, si fa presente che tale disposizione conferisce alla Direzione generale per lo spettacolo dal vivo il potere di liquidare «anticipazioni sui contributi ancora da assegnarsi a soggetti che abbiano presentato regolare domanda di contributo (...), che siano stati destinatari del contributo per più di tre anni e che abbiano regolarmente documentato l'attività dell'ultimo triennio».
In tal modo, ove il provvedimento ministeriale di assegnazione definitiva del contributo venga emanato ad attività artistica avviata, i soggetti richiedenti potranno ricevere un acconto sulla base dei contributi ricevuti in passato, consentendo ai medesimi di non subire gli effetti negativi dovuti ai ritardi nell'erogazione definitiva del contributo.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

D'AGRÒ. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 trasferisce le funzioni catastali e i relativi compiti amministrativi dallo Stato agli enti locali;
in particolare, l'articolo 66, comma 1, lettera a), del medesimo decreto stabilisce che agli enti locali sono attribuite le funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché la revisione degli estimi e del classamento;
con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2000 sono state individuate le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire ai comuni per l'esercizio delle funzioni conferite con il citato decreto legislativo n. 112 del 1998;
entro il 27 febbraio 2004 dovrà essere attuato il decentramento del catasto che può avvenire in due modi: con la creazione di un'unità di consultazione mediante convenzione con l'agenzia del territorio, oppure attraverso l'istituzione di un polo catastale comunale o intercomunale;
i costi aggiuntivi che i comuni dovranno accollarsi per un polo catastale di 50.000 abitanti ammonterebbero a circa 60.000 euro annui;
appare evidente che le risorse finanziarie trasferite non saranno sufficienti a coprire le esigenze gestionali del servizio da parte dei comuni associati in poli catastali, risorse che dovranno quindi essere integrate con quote reperite nei bilanci comunali;
anche il personale, che attualmente è in servizio presso le agenzie del territorio provinciali e che, successivamente, dovrà essere trasferito, non sarà in numero sufficiente a coprire l'organico necessario a garantire i servizi catastali erogati dai comuni, rendendo necessaria, pertanto,


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l'integrazione con dipendenti sottratti agli organici comunali;
la gestione diretta delle funzioni catastali da parte dei comuni rappresenta un passaggio obbligato per rendere il servizio adeguato alle esigenze dell'utenza, per disporre di uno strumento efficace utile alla conoscenza del territorio e per una maggiore perequazione fiscale sugli immobili;
questo decentramento delle funzioni catastali, stante la normativa vigente, si profila come un onere insostenibile per i bilanci dei comuni, a meno che non si introducano alcuni accorgimenti che consentano il recupero di almeno una parte delle spese da sostenere;
appare incomprensibile che con l'attribuzione delle funzioni del catasto ai comuni non sia prevista la devoluzione delle conseguenti entrate, in quanto i diritti continuano ad essere percepiti dallo Stato;
a fronte dei servizi catastali resi, infatti, gli utenti pagano la prestazione attraverso i cosiddetti «tributi speciali»; l'importo complessivo pagato dall'utente è composto da una parte relativa a bolli, che sono di competenza erariale, e da una parte relativa data da tributi speciali veri e propri, che attualmente sono versati per intero allo Stato, cosa che avverrà anche successivamente alla costituzione dei poli catastali -:
se non sia opportuno definire con chiarezza la portata dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 112 del 1998 con particolare riferimento agli oneri sopportati dai comuni associati in poli catastali;
se, nello spirito di un corretto decentramento fiscale, i diritti incassati dallo Stato per il servizio reso ai cittadini dai poli catastali non debbano essere direttamente trasferiti agli enti locali esercitanti le funzioni catastali.
(4-05510)

Risposta. - L'interrogante chiede, alla luce del trasferimento delle funzioni catastali e dei relativi compiti amministrativi dallo Stato agli enti locali, che venga definita la portata dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e che i diritti incassati dallo Stato per il servizio reso ai cittadini dai poli catastali vengano direttamente trasferiti agli enti locali che esercitano le funzioni catastali.
Al riguardo, l'Agenzia del territorio ha fatto presente che, in termini generali il processo di decentramento agli enti locali, come è noto, è finalizzato al conferimento ai Comuni di funzioni e servizi catastali in attuazione dei decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 112, e 30 luglio 1999, n. 300.
In particolare, risultano puntualmente identificate le funzioni conferite agli enti locali, corrispondenti all'insieme delle attività di conservazione, utilizzazione ed aggiornamento degli atti del catasto.
Per l'esercizio dei servizi catastali, ciascun comune ha la possibilità di scegliere tra due possibili alternative: può, infatti, gestirli in proprio (singolarmente o in associazione con altri comuni) ovvero delegarli all'Agenzia del territorio, attraverso la stipula di una apposita convenzione prevista dal citato decreto legislativo n. 300 del 1999 (articolo 64).
L'esercizio diretto delle funzioni catastali è scelto da quei comuni che singolarmente (o in aggregazione con altri comuni) decidono di assumere la totalità delle funzioni e di erogare i relativi servizi.
A tal fine, a questi comuni spetterà, ai sensi dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2000 e 21 marzo 2001, la quota di risorse, umane e finanziarie necessarie alla realizzazione del trasferimento delle funzioni catastali, definite in modo proporzionale alla popolazione residente.
In particolare, per le risorse finanziarie, la normativa richiamata prevede il trasferimento dallo Stato ai Comuni degli stanziamenti già assegnati annualmente all'Agenzia del territorio, il tutto in proporzione al personale oggetto di trasferimento.
L'articolo 7 del decreto legislativo n. 112 del 1998 stabilisce che è congrua la copertura che si ottiene attraverso il trasferimento agli Enti locali di beni e risorse corrispondenti a quelli utilizzati dallo Stato.


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Pertanto, come ribadisce l'Agenzia del territorio, la possibilità di attribuire ai comuni i tributi incassati a fronte del servizio catastale reso, è da considerarsi preclusa dalla normativa vigente, in quanto priverebbe lo Stato della fonte di finanziamento da destinare agli enti locali.
L'Agenzia del territorio ha fatto altresì presente che, nonostante l'impegno profuso, per le criticità emerse nella fase di sperimentazione ed approfondimento operativo, il processo di decentramento ha mostrato l'esigenza di un pausa di riflessione.
Conseguentemente, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2004, è stato differito al 26 febbraio 2006, il termine fissato per il decentramento delle funzioni catastali.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

DEIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la provincia spezzina è da tempo al centro di denunce delle forze sociali e di proteste delle popolazioni residenti per la valutazione del rischio globale sulla sicurezza e protezione civile, oltre che ambientale, cui essa è soggetta per l'intensiva presenza di numerose strutture militari, primo fra tutti l'Arsenale;
più volte è stata denunciata alle autorità prefettizie la presenza di residuati bellici nel mare delle Cinque Terre, la situazione dell'oleodotto della Nato, la polveriera attiva di Piattelli ubicata nel perimetro cittadino, l'inquinamento evidenziato dallo stesso Comune di alcuni siti tra i quali la galleria Nato, la presenza di tre impianti civili d'importanza nazionale, come la Centrale Enel, la Snam, la raffineria di Arcola, rispetto alle quali si è messo in rilievo l'inadeguatezza rispetto alla nuova legislazione di piani di emergenza tecnologicamente avanzati e di incremento di organici per garantire le massime condizioni di sicurezza;
particolare rilievo in questo contesto assume il balipedio Cottrau di punta Castagna, struttura militare gestita attualmente da personale civile e utilizzato per la maggior parte delle sue attività da aziende private quali l'OTOMELARA e sue imprese satelliti e che per la sua particolare posizione grava pesantemente sul territorio circostante. Negli ultimi anni in corrispondenza dell'acuirsi dei conflitti in Afganistan e in Iraq, l'attività di questa struttura è decuplicata e si hanno collaudi con esercitazioni di tiro giornalmente che suscitano perplessità con riguardo alla garanzia della sicurezza e della protezione civile, ambientale e ad inquinamenti di vario genere, da quello acustico a quello relativo alle tipologie di esplosivi utilizzati nelle cariche e ai materiali di fabbricazione delle ogive dei proiettili. Inoltre non si conosce l'effettiva sicurezza dei depositi di esplosivi e munizioni presenti nell'area e gli eventuali rischi per le popolazioni limitrofe in caso di incidenti/incendi delle polveriere;
il 19 maggio 2003 il procuratore di La Spezia, dottor Attinà, ha disposto il sequestro di una porzione di arsenale utilizzato come discarica a cielo aperto nel porto militare spezzino, a ridosso del porto civile, e messo sotto inchiesta i due Ammiragli che si sono succeduti alla guida dell'arsenale negli ultimi sei mesi;
recentemente (Il Manifesto 10 febbraio 2004) si è appreso che in tale deposito si sarebbero trovati rifiuti legali mescolati a materiali illegalmente smaltiti. In tutto 13,500 metri cubi di rifiuti pericolosi in un'area di 16.607 metri quadrati. In tale deposito/discarica vi sarebbero materiali radioattivi, ben 760 kilogrammi di uranio impoverito, in parte contenuti nelle pale di elicotteri, dove tale materiale pesante è utilizzato come stabilizzatore per il suo elevato peso specifico, e il resto in dischi di due centimetri di diametro e mezzo centimetro di spessore probabilmente appartenenti ai segnalatori delle navi;
tale incuria e violazione, perpetrata per anni, è stata possibile perché le


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autorità militari non hanno mai permesso alle autorità civili preposte, di ispezionare quell'ammasso informe di rottami, anche se più volte ci sono state richieste in tal senso anche su sollecitazione di forze politiche, associazioni ambientaliste e cittadini. A conferma di come tutto sia sempre stato tenuto sotto silenzio è che solo a distanza di mesi dall'inizio dell'inchiesta del procuratore Attinà e del sequestro dell'area, solo pochi giorni fa, si è venuti a conoscenza che le pale di elicottero incriminate per l'uranio, sono state trasferite alla chetichella, per essere lavate, al Cisam di San Pietro a Grado, Pisa, un'altra struttura sulla quale vige il più assoluto riserbo;
i risultati che, al momento, trapelano dalla perizia ordinata dalla procura spezzina sono inquietanti. Infatti oltre alla discarica a cielo aperto a ridosso del porto civile, dunque in pieno centro abitato, altri rifiuti sarebbero sepolti nel sottosuolo, con conseguente contaminazione del terreno e delle falde acquifere. Si tratterebbe di svariati materiali metallici tra i quali anche amianto. Queste presenze sono confermate dall'analisi delle acque sotterranee. Tre anni fa analisi effettuate dall'Arpal di La Spezia, rilevano tra l'altro, un'anomala presenza di Pcb, nelle acque e nelle colture della zona;
a febbraio è stato reso pubblico ufficialmente il nuovo piano aggiornato per l'emergenza nucleare civile, il precedente era del '93, con dettagliati livelli di emergenza e relativi interventi. In tale documento, in cui si precisa anche il numero dei sommergibili a propulsione nucleare che possono essere presenti nelle acque del golfo di La Spezia - fino ad un massimo di tre - rimane comunque secretato il luogo di attracco ma viene anche per la prima volta esplicitata la presenza nelle acque del golfo di sottomarini nucleari più volte denunciata dalle popolazioni e avvalora una volta di più le frequenti notizie stampa di «incidenti» relativi a tali unità, finora sempre smentite dalle competenti autorità militari, ultima in ordine di tempo, quella di un sottomarino nucleare d'assalto della classe Rubis, che nel corso di una esercitazione internazionale nelle acque dell'alto Tirreno avrebbe «perduto» un siluro o altra apparecchiatura. La gravità della pesante ammissione di presenze di unità a propulsione nucleare in una zona ad altissima densità abitativa, e in prossimità di località di balneazione e di attracchi turistici, oltre che di un'attività portuale civile e industriale, dell'importanza di La Spezia è sottolineata anche dall'assessore alla protezione civile della città che afferma «unità militari di questo tipo, che sosterebbero a poca distanza da una costa densamente abitata, alle porte del parco delle Cinque terre, considerato patrimonio dell'umanità, non devono più venire nel golfo di La Spezia» -:
se non ritenga il Governo che di fronte ad un peggioramento tanto evidente della situazione di inquinamento ambientale e di grave rischio per le popolazioni di tutto il comprensorio spezzino in relazione all'incidenza delle servitù militari sull'area marittima, non sia doveroso, oltre che obbiettivamente necessario provvedere ad un atto risarcitorio da parte dello Stato sia con stanziamenti sia con programmi di progressiva restituzione di sovranità territoriale alle popolazioni locali;
se non ritenga altresì che la presenza di sommergibili a propulsione nucleare nelle acque del porto di La Spezia, come ipotizzato nel nuovo piano di emergenza per il territorio, non costituisca, in quel contesto, un livello di rischio talmente elevato per le popolazioni civili e per l'integrità ambientale, da rendere del tutto incongruo e inadeguato lo stesso piano e che, di conseguenza, divenga prioritario, oltre che opportuno, liberare il territorio spezzino da questa letale presenza.
(4-09816)

Risposta. - Con riferimento ai presunti rischi ambientali nella provincia di La Spezia, dovuti, in primis alla presenza dell'Arsenale militare, si deve precisare che i risultati del monitoraggio dell'ambiente marino prospiciente il golfo di La Spezia, attuato dall'Agenzia regionale protezione ambiente ligure (ARPAL) su richiesta del


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comune di La Spezia, non hanno rilevato elementi di criticità, per cui non si ravvisano motivi di preoccupazione.
Ciò premesso, si osserva che le attività svolte all'interno degli Arsenali militari marittimi - fra cui anche quello di La Spezia - sono disciplinate dalle disposizioni speciali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1976, n. 1077 «Regolamento per gli Stabilimenti ed Arsenali militari a carattere industriale» (R.A.S.M.), che prevedono, tra l'altro, le modalità di gestione dei materiali provenienti dalle lavorazioni svolte presso gli stessi enti, definiti «materiali fuori uso».
Tali materiali, da un lato essendo classificati «beni dello Stato», sono soggetti a specifici procedimenti per la contabilizzazione, conservazione, vendita o messa in fuori uso.
Gli stessi sono allo stesso tempo considerati «rifiuti» ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di tutela ambientale e per la loro gestione - compresi il deposito e lo smaltimento - sono assoggettati a speciali procedure.
Al riguardo, l'Amministrazione Difesa ha intrapreso le necessarie ed opportune iniziative per lo smaltimento dei materiali ancora depositati all'interno di quelle aree specifiche presso gli Arsenali della Marina Militare, nell'ottica di consentire i successivi interventi di bonifica dei siti.
Riguardo al compendio denominato «Campo in Ferro», il Comando in Capo del Dipartimento marittimo di La Spezia, dopo aver proceduto allo smaltimento dei materiali giacenti, ha già predisposto il progetto definitivo di messa in sicurezza, secondo il «Piano di caratterizzazione» elaborato dal Consulente tecnico di ufficio nominato dalla competente Autorità giudiziaria ed approvato dal comune di La Spezia in data 30 ottobre 2004.
I lavori di bonifica avranno inizio non appena sarà approvato il relativo progetto definitivo; nel frattempo, è stata già appaltata una «geomembrana» per rendere le aree impermeabili agli agenti esterni.
Con riferimento alle ipotizzate violazioni alle vigenti normative in materia di tutela ambientale, è in corso un'indagine da parte della Autorità inquirente, per cui stante il segreto istruttorio, non appare opportuno interloquire sull'argomento.
L'Amministrazione Difesa ha, tuttavia, provveduto a consegnare alla competente Autorità giudiziaria gli elementi di valutazione necessari all'approfondimento processuale e resta disponibile a fornire, ove richiesto, ogni ulteriore contributo.
I materiali che l'interrogante definisce «materiali radioattivi», sono, in effetti, materiali emettitori di radiazioni ionizzanti.
In particolare:
n. 1 dinamometro per impianto di dragaggio con quadrante trattato con pitture contenenti radio o trizio;
indicatori di elevazione e brandeggio relativi ad impianti di artiglieria con quadranti trattati con pittura analoga a quella indicata al precedente punto;
n. 1 parafulmine;
n. 1 contrappeso delle pale di elicottero costituito da kg. 1,8 di uranio impoverito (e non kg. 760 come riportato in premessa all'atto: tale quantità comprende, verosimilmente, il peso dei contenitori in cemento e degli altri materiali inerti, inglobanti le sostanze radioattive).

Tale materiale ionizzante è stato rimosso a cura del Centro Interforze Studi Applicazioni Militari di Pisa, Ente abilitato - articolo 2 del decreto ministeriale 28 aprile 1994 - alla gestione, conservazione e trattamento dei rifiuti e materiali emettitori di radiazioni ionizzanti, nel rispetto delle normative vigenti in materia.
L'esiguo quantitativo dei suddetti materiali è assolutamente compatibile con le possibilità di stoccaggio in sicurezza presso le aree attrezzate del predetto centro.
Quanto al presunto pericolo per la popolazione derivante dalla presenza di residuati bellici nel mare delle Cinque Terre, si precisa che a seguito di accertamenti svolti dall'Ufficio territoriale del governo di La Spezia, non risulta che il fenomeno di reperimento di residuati bellici nel citato


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specchio acqueo assuma dimensioni di tale rilevanza da costituire un pericolo per la comunità.
Tuttavia, si assicura che, in caso di segnalazione, la Marina Militare svolge, con assoluta tempestività e nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza, le operazioni per il disinnesco dei residuati in parola.
Per quanto concerne la galleria NATO, sono stati già avviati i lavori per ricostruire il sistema di drenaggio e di prosciugamento, nonché, per realizzare un sistema che prevede il trattamento delle acque oleose.
È stata, inoltre, prevista una variante al percorso dell'oleodotto (sono state già ultimate le nuove condotte) per risolvere il problema della contiguità dell'infrastruttura al tessuto urbano ed industriale della città.
Riguardo, invece, all'impianto ENEL, presente in città dagli anni '60 e da poco sottoposto a rilevanti opere di ammodernamento, non sono mai stati segnalati, né si sono verificati incidenti di rilievo.
Per i due depositi di oli minerali - «GNL ITALIA S.p.A.» (già SNAM) di Portovenere ed «ARCOLA PETROLIFERA S.p.A.» di Arcola - soggetti a rapporto di sicurezza sulla base della vigente normativa per le industrie a rischio di incidente rilevante, l'Ufficio territoriale del Governo di La Spezia ha elaborato i piani provvisori di emergenza esterna, a tutela della popolazione e dell'ambiente circostante.
Le Autorità locali e centrali di protezione civile, alle quali sono stati trasmessi i suddetti piani, non hanno, ad oggi, mosso alcun rilievo sui relativi contenuti.
Analogamente, lo stesso Ufficio ha provveduto nel 2002 all'elaborazione del piano di protezione civile di emergenza esterna per i sommergibili a propulsione nucleare in transito o in sosta nelle aree portuali italiane, attualmente all'esame dell'Agenzia Protezione Ambiente e Servizi Tecnici (APAT), per il previsto controllo ed approvazione.
In particolare, si sottolinea che le eventuali soste dei sommergibili nucleari nel Porto militare di La Spezia, avvengono a seguito di autorizzazione diplomatica e per il tempo strettamente necessario all'effettuazione delle manutenzioni.
In merito all'impatto sull'ecosistema ambientale, si precisa che:
il sistema di propulsione dei sommergibili nucleari non rilascia inquinamento, in quanto usa energia elettrica fornita dal reattore nucleare;
non vi è manipolazione di elementi che possano rilasciare radionuclidi in atmosfera;
in generale, le emissioni inquinanti sono ridotte al minimo, in quanto soggette a depurazione.

Quanto alle notizie stampa relative sia ad «incidenti» occorsi a tali unità, sia alla presunta perdita di un siluro da parte del sottomarino «classe Rubis» della Marina Militare Francese, sono prive di ogni fondamento.
Infatti, nel periodo antecedente il 10 marzo 2004, non si è registrata la presenza di sottomarini francesi, ovvero appartenenti alla NATO.
L'evento in questione si riferisce invece all'affondamento di un siluro appartenente al tipo MU9O, in versione da esercitazione - cioè privo di esplosivo - nelle acque antistanti La Spezia, al termine di un lancio sperimentale eseguito da un elicottero SH3D della Marina Militare italiana avvenuto il 3 marzo 2004.
Il siluro è stato recuperato integro in data 12 marzo 2004.
In relazione, inoltre, al poligono di tiro, cosiddetto «Balipedio Cottrau», la struttura è in gran parte utilizzata dalla Marina Militare italiana con attività previste da appositi contratti, stipulati con ditte rientranti nell'ambito del Comparto Difesa.
L'attività del Balipedio si è intensificata negli ultimi 3-4 anni, a seguito dell'esecuzione di verifiche periodiche di vecchio munizionamento.
Di conseguenza, l'ipotizzata correlazione di tale intensificazione con «l'acuirsi di conflitti in Afghanistan ed Iraq» è destituita di qualsiasi fondamento.
Al contrario, le previsioni per il 2005 indicano una diminuzione delle attività di tiro.


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In merito alle garanzie di sicurezza, si assicura che le norme vigenti in materia vengono rigorosamente e puntualmente rispettate.
Gli esplosivi impiegati sono tutti omologati e corredati di Certificato di Conformità ed è escluso l'impiego di altri tipi di esplosivo.
Per quanto concerne l'inquinamento acustico, i valori emersi a seguito di idonee misurazioni, si attestano sempre su livelli inferiori a quelli previsti dalla normativa in vigore per il rumore di tipo impulsivo.
È, comunque, allo studio l'installazione di un nuovo ed evoluto sistema di insonorizzazione per migliorare l'impatto ambientale delle attività del poligono.
Riguardo alla menzionata «Polveriera attiva di Piattelli», si ritiene che l'onorevole interrogante abbia voluto riferirsi, verosimilmente, alla Polveriera di Vallegrande, sita nel territorio del Comune di La Spezia - Frazione di Pitelli.
La citata polveriera, in uso alla Marina Militare italiana, è utilizzata per fini istituzionali, nel rispetto della normativa vigente in materia.
In conclusione, si deve rimarcare come l'azione della Difesa sia costantemente indirizzata ad armonizzare i molteplici aspetti che attengono alla sicurezza, all'impatto ambientale ed allo sviluppo turistico ed economico dell'area.
Ciò avviene nell'ottica di conciliare tutte le attività industriali e militari che interessano la Provincia di La Spezia, in un quadro generale di crescita e di sviluppo, ma anche di tutela della vivibilità è dell'ambiente.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Italgas Più spa, con sede in Torino, via XX Settembre 41, appartenente ad «ENI GROUP» scrive ai cittadini utenti utilizzando carta intestata priva di numero di fax e indicante una linea telefonica componendo il cui numero nessuno risponde;
questo comportamento aziendale appare, a giudizio dell'interrogante, sconcertante e deprecabile, ed assolutamente irrispettoso dei diritti degli utenti-consumatori;
ferma restando, ovviamente, la piena autonomia decisionale della società Italgas Piu spa, appare necessario segnalare l'opportunità di un diverso rapporto con l'utente-consumatore, che sia contrassegnato da rispetto e da consapevolezza di essere al servizio della vastissima platea dei cittadini -:
se non ritenga di dover segnalare a Italgas Più spa l'opportunità di migliorare il rapporto con l'utente-consumatore sia attraverso l'indicazione di tutte le modalità con le quali il cittadino può entrare in rapporto diretto con gli uffici della società sia attraverso l'effettivo funzionamento della linea telefonica indicata sulla carta intestata della società.
(4-11419)

Risposta. - Al riguardo, è stata interessata la società ENI S.p.A, la quale ha comunicato che la Società Italgas Più mette a disposizione dei propri clienti una pluralità di canali di contatto ed in particolare:
un numero verde, una rete di 35 propri sportelli diffusi sul territorio nazionale e una rete di 140 negozi in «franchising» diffusi sul territorio nazionale per tutte le operazioni contrattuali e per le tematiche relative ai contratti in essere;
uno sportello
on-line, attraverso il sito internet www.italgaspiu.it, presso il quale si possono effettuare la maggior parte delle operazioni contrattuali;
un numero verde per la segnalazione delle «autoletture»;
un centro documentale per la ricezione della corrispondenza da parte dei clienti.


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Le diverse modalità di contatto con la società sono riportate su tutte le bollette inviate ai clienti e vengono diffuse mediante campagne di comunicazione, nonché attraverso organi di stampa ed affissioni. Sull'elenco telefonico SEAT Pagine Gialle, la pagina dedicata a Italgas Più contiene tutti i riferimenti e i recapiti aziendali e, inoltre, consultando il sito www.italgaspiu.it è possibile conoscere il punto di contatto territoriale più vicino al cliente.
La società ha precisato che sarà avviato un ulteriore canale di contatto attraverso un numero verde di fax, al quale i clienti potranno inviare le proprie richieste e la documentazione.
Per quanto riguarda il riferimento ad eventuali disservizi verificatisi nell'ultimo periodo, ENI ha comunicato che, in ottemperanza agli obblighi derivanti dalle vigenti disposizioni di legge e in relazione alla liberalizzazione del mercato del gas, i sistemi informativi della società di distribuzione sono stati separati da quelli della società di vendita. La fase di avvio di questa operazione ha comportato alcune inevitabili difficoltà operative nei rapporti tra Italgas S.p.A. e Italgas Più, considerata la grande quantità di informazioni trattate. La società ha predisposto le operazioni di salvaguardia tecnicamente possibili, ma, in questa fase di transizione, non è stato possibile eliminare del tutto le difficoltà. Tali innovazioni, comunque, produrranno i vantaggi di un sistema più efficiente ed in grado di garantire servizi di migliore qualità.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 113 della legge n. 121 del 1981, così come modificato dall'articolo 7, comma 5, della legge n. 128 del 2001, prevede l'obbligo, per il Ministro dell'interno, di trasmettere al Parlamento, alla data del 31 dicembre di ogni anno, la relazione sull'attività di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica (fermi di polizia);
la scadenza del 31 dicembre 2004 non è stata osservata;
è notorio che fra i beni che i cittadini italiani pongono in cima alla classifica degli obiettivi da raggiungere c'è senza dubbio la sicurezza, violata da organizzazioni criminali «storiche» ma anche e soprattutto da una «nuova generazione» di criminali, molto spesso stranieri, che agiscono con modalità particolarmente feroci -:
quali siano le ragioni del ritardo nella trasmissione delle relazioni al Parlamento, così come previsto dall'articolo 113 della legge n. 121 del 1981, così come modificato dall'articolo 7, comma 5, della legge n. 128 del 2001.
(4-13048)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 345 del 1991, convertito in legge n. 410 del 2001 prevede l'obbligo, per il Ministro dell'interno, di trasmettere al Parlamento, alla data del 31 dicembre di ogni anno, il rapporto annuale sulla criminalità organizzata;
la scadenza del 31 dicembre 2004 non è stata osservata;
la lotta contro le organizzazioni criminali maggiori, «storiche» e consolidate, che controllano spesso parti importanti del territorio nazionale (mafia, 'ndrangheta, camorra e sacra corona unita) rientra sicuramente nell'interesse primario del popolo italiano, che ha il diritto di giudicare l'esecutivo sulla base delle politiche dispiegate per un efficace contrasto alle attività criminali delle organizzazioni citate -:
qualisiano le ragioni del ritardo nella trasmissione delle relazione al Parlamento, così come previsto dal decreto-legge n. 345 del 1991, convertito in legge n. 410 del 2001.
(4-13059)


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Risposta. - Il Rapporto annuale è stato trasmesso ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati il 13 gennaio 2005.
Il documento riunisce in sé una serie di rapporti, previsti da differenti disposizioni di legge, concernenti, innanzitutto, l'attività delle Forze di Polizia e lo stato della sicurezza pubblica sul territorio nazionale, a norma dell'articolo 113 della legge n. 121 del 1981.
Vi è riportata, altresì, un'analisi del fenomeno della criminalità organizzata, nonché l'attività svolta ed i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, secondo quanto prescrive l'articolo 5 del decreto-legge n. 345 del 1991.
Sono, inoltre, illustrati i risultati raggiunti in materia di immigrazione e di controllo delle frontiere, a norma del decreto legislativo n. 286 del 1998 e i dati relativi alle iniziative in tema di sicurezza dei cittadini, secondo quanto richiesto dall'articolo 17 della legge n. 128 del 2001.
L'elaborato contiene, infine, il rapporto che annualmente redige la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministéro dell'interno che, pur non essendo previsto da alcuna disposizione normativa, forma, tuttavia, oggetto di una consolidata consuetudine informativa.
Il Ministro dell'interno: Giuseppe Pisanu.

DETOMAS, BRUGGER, ZELLER, COLLÈ e WIDMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 16 febbraio è stato compiuto in Cisgiordania un ennesimo episodio di violenza, ad opera di coloni israeliani, nei confronti di volontari italiani ed operatori internazionali americani che purtroppo da sei mesi a questa parte si stanno susseguendo in maniera preoccupante;
già in data 13 ottobre 2004 i presentatori del presente atto di sindacato ispettivo, avevano presentato un'interrogazione riguardante questi gravissimi avvenimenti ai danni dei nostri volontari, che purtroppo attende ancora una risposta governativa;
in questo ultimo caso le vittime sono state 3 volontari italiani dell'Operazione Colomba - Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII - che accompagnavano un piccolo gruppo di pastori palestinesi a pascolare. Gli aggressori, 5 coloni isreaeliani del vicino insediamento di Ma'on, hanno esploso alcuni colpi di fucile in direzione dei volontari, in seguito accorsi altri coloni, i tre volontari sono stati picchiati a sangue;
l'aggressione è stata compiuta in un territorio che non è soggetto ad alcuna restrizione da parte delle autorità militari israeliane che amministrano la zona sulla base degli accordi di Oslo;
uno dei volontari è stato ferito in modo piuttosto grave e, dalle ultime informazioni in nostro possesso, risulta aver avuto necessità di cure presso l'Ospedale Soroka di Beer Sheva -:
quali siano a riguardo le notizie a disposizione del Governo e se non ritenga, vista la continua reiterazione delle violenze di dover intervenire ufficialmente presso il governo israeliano per garantire la sicurezza dei volontari e per richiamare al rispetto dei Diritti Umani.
(4-13075)

Risposta. - Nella mattina del 16 febbraio 2005 l'associazione «Comunità Papa Giovanni XXIII», con sede a Rimini, ha segnalato al Consolato Generale di Gerusalemme l'aggressione subita dal connazionale Johannes Steger, obiettore di coscienza che presta servizio civile internazionale presso l'associazione medesima, su un programma di assistenza alle popolazioni beduine stanziate a sud della città di Hebron. Il Consolato Generale a Gerusalemme si è attivato immediatamente contattando la connazionale Monica Puto, presente al momento dell'aggressione ed anch'essa impegnata sullo stesso programma di assistenza. Secondo quanto riferito, i signori Steger, Puto e Rosetti stavano accompagnando due


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gruppi di pastori quando sono stati aggrediti da due coloni israeliani.
Sia la nostra Ambasciata a Tel Aviv che il nostro Consolato Generale a Gerusalemme, hanno seguito sin dall'inizio la vicenda dei tre volontari italiani aggrediti ad Hebron. Entrambe le sedi, infatti, non appena informate dell'accaduto (sia direttamente dai volontari, che dagli uffici dell'associazione), si sono adoperate per prestare la massima assistenza ai tre connazionali interessati. L'Ambasciata, da parte sua, è rimasta ad assisterli fino a quando sono stati dimessi dall'ospedale, a seguito degli accertamenti effettuati dai medici.
Il giorno dopo gli interessati hanno contattato le due sedi per chiedere loro assistenza con l'Autorità di polizia di Gerusalemme, ove si erano recati per presentare una denuncia. Il Consolato Generale ha provveduto quindi a metterli in contatto con il legale di fiducia, il quale ha prestato loro la dovuta assistenza per finalizzare la deposizione ed espletare tutte le procedure amministrative necessarie per il proseguimento dell'inchiesta da parte delle Autorità israeliane (tutt'ora in corso).
L'Ambasciatore a Tel Aviv ha inoltre immediatamente rappresentato telefonicamente alle Autorità civili e militari israeliane quanto accaduto, ed inviato una Nota Verbale di protesta al Ministero degli esteri locale.
Questo Ministero ha inoltre sensibilizzato l'Ambasciatore d'Israele, Ehud Gol, richiamandone l'attenzione sulla ricostruzione dei fatti, sui quali ha promesso di far chiarezza.
In relazione infine all'ultimo punto sollevato dall'interrogante, e per quanto attiene più in generale all'azione dell'Italia nei confronti del Governo israeliano per richiamare quest'ultimo al rispetto dei diritti umani, si evidenzia che l'Italia e gli altri partners europei hanno presentato una Risoluzione sugli «Insediamenti israeliani nei Territori Arabi Occupati» in occasione della sessantesima sessione della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni unite, svoltasi a Ginevra nel marzo scorso.
Tale risoluzione è stata approvata nonostante l'astensione di tutti i Paesi del gruppo arabo: il testo richiama, tra l'altro, lo stato di Israele al pieno rispetto delle Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario e sull'obbligo di protezione dei civili soggetti alla sua autorità. La risoluzione esprime altresì preoccupazione per la violenza dello scontro in atto e le sofferenze che esso causa sia alla popolazione israeliana che a quella palestinese, condannando in particolare il fenomeno del ricorso agli atti di terrorismo suicida.
L'Italia continuerà di intesa con gli altri partners europei e in ambito Nazioni Unite a seguire con particolare attenzione l'evolversi della situazione in Israele e nei territori occupati, specie sotto il profilo della tutela e promozione dei diritti umani. In vista della prossima sessione della CDU, che inizierà i suoi lavori il 14 marzo 2005 è allo studio una nuova proposta di risoluzione sugli insediamenti israeliani nei territori occupati, che l'Unione europea intende presentare in tale sede. Il testo, attualmente in fase di elaborazione a cura della Presidenza Lussemburghese, manterrà la natura equilibrata delle precedenti versioni e rifletterà i progressi ed i miglioramenti registrati di recente per quanto riguarda la situazione sul terreno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DI GIOIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla comunicazione di sfratto, esecutivo dal prossimo 31 dicembre 2004, la città di Foggia e l'intera provincia rischiano di perdere la sezione staccata della Commissione tributaria regionale;
tale perdita si aggiungerebbe alle altre già avvenute del Distretto militare, della Corte di Appello e dell'aeroporto, rafforzando così nei cittadini tutti il senso di abbandono e di declassamento dell'intera provincia;


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le istituzioni locali si sono già attivate per non subire questa ulteriore perdita che andrebbe a discapito di tutta la cittadinanza che sarebbe costretta, nel caso di ricorsi nei confronti dell'Amministrazione finanziaria o del Comune, a spostarsi in un'altra provincia -:
come si intenda, nell'ambito delle proprie competenze, attivarsi affinché la Provincia di Foggia non debba subire la perdita di questo importante servizio che, in una realtà già tormentata da gravi problemi sociali, potrebbe creare ulteriori lacerazioni tra i cittadini e le Istituzioni dello Stato.
(4-11524)

Risposta. - Relativamente alla problematica posta dall'interrogante, concernente la comunicazione di sfratto esecutivo per gli immobili sede della sezione staccata di Foggia della Commissione tributaria regionale della Puglia, il Dipartimento per le politiche fiscali ha reso noto che la predetta Commissione tributaria si è già attivata per la ricerca di nuovi locali demaniali o privati ove trasferire la sede della sezione staccata di Foggia.
Il Dipartimento per le politiche fiscali in proposito ha rilevato che l'eventuale soppressione della sezione staccata in argomento non deriverebbe, in ogni caso, dalla difficoltà di reperire nuovi locali idonei per la sede, ma sarebbe conseguenza di una valutazione di opportunità e congruità, basata soprattutto sul «flusso medio dei ricorsi», secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 4 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 il quale stabilisce che «il numero delle sezioni di ciascuna commissione può essere adeguato in relazione al flusso medio dei processi».
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

FONTANA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo si verificano continui disagi nel trasporto ferroviario tra Bergamo e Milano (via Treviglio e via Carnate) dovuti ad un numero insufficiente di carrozze rispetto all'utenza;
si fa notare infatti che, nonostante le continue rassicurazioni fatte da Trenitalia S.P.A. e dalla Rete Ferroviaria Italiana (RFI), durante le ore di punta, molti pendolari lavoratori, studenti universitari e studenti delle scuole superiori utilizzano tale servizio in condizioni di grosso disagio e di non sicurezza -:
quali iniziative il Ministro intende assumere, con i poteri che gli sono propri, presso Trenitalia S.P.A. a favore dell'ampliamento del materiale rotabile e del numero di carrozze da attivare per la linea in oggetto e per garantire il rispetto di tutte le norme di sicurezza.
(4-11455)

Risposta. - In merito all'interrogazione in oggetto, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che le direttrici Bergamo-Milano via Treviglio e via Carnate sono comprese tra quelle per cui Trenitalia s.p.a. ha investito 65 milioni di euro nell'ambito dell'ammodernamento di quasi la metà del parco rotabile disponibile. Sette convogli ammodernati sono già in circolazione su di esse; mentre sulle stesse linee circolano da tempo le nuove locomotive E 464 progettate e costruite specificatamente per il trasporto regionale.
Inoltre, grazie ad un programma straordinario di manutenzione del materiale rotabile curato dalla Direzione Lombardia di Ferrovie dello Stato, dal 18 novembre 2004 è stato possibile iniziare l'operazione di reintegro delle composizioni ordinarie dei treni sulle direttrici più critiche e trafficate.
La criticità contingente relativa al materiale rotabile sarà inoltre superata anche grazie ad un accordo tra la Regione Lombardia e Trenitalia s.p.a. per l'acquisto di nuove locomotive e nuove carrozze tra cui anche cinque nuovi complessi a due piani denominati Vivalto che saranno consegnati nel 2006.
Il nuovo treno ad alta capacità è progettato per soddisfare la crescente domanda


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di mobilità locale nelle tratte maggiormente frequentate - sulle quali sono in corso valutazioni da parte di Ferrovie dello Stato - assicurando allo stesso tempo comfort e buone prestazioni. Potrà trasportare fino a 842 passeggeri raggiungendo una velocità massima di 160 km/h.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

GAZZARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la città di Giardini (Me) è sostanzialmente divisa dalla ferrovia; la zona a monte, di fatto occupata dal «quartiere Calcarone» (popolosissimo), è attraversata dalla Via Pietralunga, che funge da arteria di transito e di fuga e alla cui fine vi è un passaggio a livello unico collegamento fino ad oggi utile a garantire la continuità territoriale con il restante territorio cittadino;
con decreto dell'Assessore Regionale Territorio e Ambiente del 17 luglio 2002, l'area di contrada Pietralunga come detto posta a monte della ferrovia e del passaggio a livello, è stata classificata area a rischio idrogeologico «R4 Rischio molto elevato»;
il decreto 298/41 del 4 luglio 2000 definisce il rischio idrogeologico molto elevato come rischio per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, comprese la possibilità di perdite di vite umane, di danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale;
il Comune di Giardini aveva deliberato (15 dicembre 1998 n. 47) l'approvazione di uno schema di convenzione con Ente Ferrovie per la soppressione del passaggio a livello;
successivamente al richiamato decreto dell'Assessore Regionale, il Comune di Giardini ha revocato la suindicata delibera;
la R.F.I. S.p.A. ha proposto ricorso contro tale revoca;
il TAR di Catania ha disposto la sospensione della delibera di revoca;
in ottemperanza al provvedimento del T.A.R. di Catania, in data 27 aprile 2004, il Sindaco di Giardini Naxos, ha emesso un'ordinanza per consentire alla R.F.I. S.p.A. la messa in sicurezza del luogo, nella quale tra l'altro, si ordina l'interdizione con effetto immediato alla circolazione veicolare e pedonale sino alla conclusione dei lavori. Tale ordinanza sarà presto esecutiva con la conseguente chiusura dell'unica arteria di transito e di fuga;
in tale situazione, tenuto conto anche della dichiarazione di area a rischio, si mette a repentaglio l'incolumità degli abitanti della contrada -:
quali iniziative urgenti si intendono adottare al fine di porre rimedio a quanto lamentato e in particolare al fine di evitare la soppressione del passaggio a livello almeno fino alla messa in sicurezza dell'area che comporterebbe l'isolamento di una zona a rischio ed un conseguente grave pericolo per i cittadini.
(4-10089)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che nel tratto interessato dal passaggio a livello al km 286+213 della linea Bicocca-Messina tra le stazioni di Taormina ed Alcantara la sede ferroviaria e la strada statale n. 114 Orientale Sicula corrono in affiancamento diviso soltanto da un muretto con sovrastante rete di protezione.
Tale passaggio a livello si trova all'interno del centro abitato di Giardini Naxos con alta frequenza di transito di veicoli e pedoni ed è punto di confluenza di due arterie stradali (strada statale n. 114 e Via Vittorio Emanuele III) con la sede ferroviaria.
Per ridurre la pericolosità del sito e garantire la regolarità e la sicurezza dell'esercizio ferroviario è stato necessario presenziare


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il passaggio a livello 24 ore su 24 con notevole dispendio di risorse finanziarie.
La soppressione del passaggio a livello pertanto è finalizzata ad aumentare il grado di sicurezza ad assicurare la regolarità dell'esercizio ferroviario e nel contempo ad eliminare le spese di gestione dell'attraversamento.
È opportuno evidenziare comunque che al quartiere «Calcarone» si accede oltre che dal passaggio a livello indicato anche:
verso Messina dalla via S. Giusto già allargata da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. secondo convenzione stipulata con il comune;
verso Catania dalla strada di accesso all'autostrada Messina-Catania tramite la via Vittorio Veneto.

Dal punto di vista del collegamento viario con la realizzazione del sottopasso pedonale e soprattutto con l'allargamento della via S. Giusto è stata resa più agevole l'accessibilità del quartiere in quanto le opere realizzate permettono la transitabilità in sicurezza dei mezzi ed assicurano la fluidità del traffico a doppio senso di marcia cosa che prima non era possibile a causa della ridotta larghezza della carreggiata stradale.
Superata la fase preliminare dell'accordo il Consiglio comunale di Giardini Naxos, con delibera n. 47 in data 11 dicembre 1998, ha approvato lo schema di convenzione poi stipulata in data 18 marzo 2002 ed il progetto definitivo delle opere sostitutive consistenti in un sottopasso pedonale in prossimità del passaggio a livello e nell'allargamento di un tratto della via S. Giusto di difficile e pericolosa transitabilità a causa delle ridotte dimensioni della sede stradale.
In data 21 marzo 2003 quando le opere sostitutive erano in fase avanzata di realizzazione il Consiglio comunale con delibera n. 16 ha revocato «parzialmente» la delibera n. 47 del 1998 «nella parte inerente solo la chiusura del passaggio a livello e solo fino a quando l'intera area soprastante la via Pietralonga non venga messa in sicurezza».
Tale decisione veniva motivata con l'avvenuta pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia di un decreto assessorile che dichiarava l'area suddetta a rischio frana.
In data 10 giugno 2003 Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha impugnato la delibera n. 16 del 2003 davanti al TAR Sicilia.
In data 28 novembre 2003, successivamente quindi alla proposizione del ricorso, rappresentanti di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e del Comune hanno eseguito il sopralluogo dei lavori redigendo apposito verbale il quale, prendendo atto che Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ai sensi della convenzione approvata con delibera consiliare n. 47 del 1998 ha realizzato i lavori previsti e cioè «l'allargamento di un tratto di via S. Giusto ed il sottopasso al km 286+180», stabilisce che «a norma dell'articolo 7 della convenzione Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. consegnerà le opere realizzate al comune il prossimo 14 dicembre 2003. In tale data verrà definitivamente soppresso il passaggio a livello».
Con telegramma del 28 novembre 2003 il Sindaco di Giardini Naxos avvertiva Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. che l'Amministrazione comunale non avallava la chiusura del passaggio a livello così come concordato con il verbale di cui sopra «in quanto è pendente presso il TAR Catania ricorso contro delibera Consiglio comunale n. 16 del 21 marzo 2003 con la quale si dispone la chiusura del passaggio a livello».
In data 24 marzo 2004 il TAR Sicilia accogliendo l'istanza cautelare proposta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha sospeso la delibera n. 16 del 21 marzo 2003 del Consiglio comunale di Giardini Naxos.
Di conseguenza Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha avviato per la definitiva soppressione del passaggio a livello che avrebbe dovuta avvenire il giorno 27 maggio 2004.
Lo stesso giorno 27 maggio convocata dal Prefetto di Messina si è tenuta una riunione dal cui verbale si evince che il rappresentante del Dipartimento della protezione civile regionale ha informato che «in atto non si evidenziano fenomeni di dissesto che pregiudicano la percorribilità


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della strada in questione che comunque secondo quanto riferito dal sindaco sono oggetto di monitoraggio da parte dell'Amministrazione comunale».
Poiché il sindaco ha dato notizia che il Consiglio comunale aveva deliberato sulla proposizione di ricorso al Consiglio di Giustizia amministrativa avverso l'ordinanza del TAR, su proposta del Vice Prefetto vicario che presiedeva la riunione Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha accettato di rinviare la soppressione definitiva del passaggio a livello in attesa della pronuncia del Consiglio di Giustizia amministrativa.
Allo stato attuale, atteso che in data 15 dicembre 2004 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia ha respinto l'appello proposto dal Comune di Giardini Naxos avverso l'ordinanza sopra citata, il passaggio a livello in questione è stato definitivamente soppresso.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

GAZZARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dalla approvazione della legge istitutiva dei TAR (legge n. 1034 del 1971) sono trascorsi oltre trent'anni, durante i quali si sono succedute disposizioni normative che hanno assegnato a quei tribunali funzioni e competenze originariamente non previste. Da ultimo, il decreto legislativo n. 80 del 1998, sul riparto della giurisdizione, e la legge n. 205 del 2000, che ne hanno profondamente mutato la competenza;
ad un incremento notevole del contenzioso affidato al Giudice Amministrativo ed all'aumentata necessità di farvi ricorso, si contrappone il numero esiguo, e mai incrementato, dei TAR. Ciò comporta seri disagi per il cittadino: basti pensare, ad esempio, alla realtà del TAR Sicilia, secondo i dati statistici terzo per carico di lavoro nella graduatoria nazionale, ed in particolare, al contenzioso della sezione staccata di Catania (65.000 ricorsi in carico), proveniente in massima parte (oltre il 40 per cento) dalla provincia di Messina;
le distanze da percorrere aumentano i costi da affrontare ed espongono le parti e chi le assiste ad inutili e gravosi spostamenti anche di centinaia di chilometri. Tutto ciò rende più ardua e difficile la domanda di giustizia traducendosi di fatto, spesso, in denegata giustizia;
è opportuno, quindi, intervenire presto prevedendo l'aumento del numero dei Tribunali Amministrativi Regionali sul territorio nazionale, al fine di assicurare al cittadino una più facile fruizione di tale organo di giustizia, che per le nuove competenze attribuite potrebbe utilmente essere istituito addirittura presso ogni Circoscrizione di Tribunale;
d'altra parte, se la tendenza in atto è quella di ampliare la competenza del Giudice Amministrativo, affidandogli funzioni originariamente del Giudice Ordinario, non si vede perché non si debba uniformare la presenza degli stessi sul territorio così da consentire, tra l'altro, allo Stato di garantire al meglio il servizio «giustizia»;
nelle more di tale riforma e volendo, intanto, uniformare almeno con le Corti d'Appello (o le sezioni distaccate delle stesse) il presidio territoriale garantito dallo Stato è a quelle che occorre quanto meno estendere le sedi dei TAR. Alle attuali, quindi, verrebbero ad aggiungersi quattro sedi (Caltanissetta, Messina, Sassari e Taranto), stranamente (le uniche) ad oggi prive di TAR, nonostante da tempo siano sicuro riferimento giudiziario anche per le peculiarità territoriali e di tradizione che le hanno rese sedi di Corte d'Appello. Tale soluzione consentirebbe, oltretutto, almeno provvisoriamente, di far fronte alle particolari esigenze da sempre presenti in alcuni territori: attraverso la riduzione per frazionamento del contenzioso, con conseguente accelerazione dei tempi dei giudizi; ed un più facile e meno gravoso ricorso del cittadino al Giudice Amministrativo, soprattutto in quelle Regioni da sempre afflitte da problemi infrastrutturali e viari che, sino oggi, hanno


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esposto le parti e chi le assiste a spostamenti lunghi, difficili, e costosi;
nelle more, tuttavia, e comunque a prescindere da tale soluzione, si pone, con forza, la necessità della istituzione del TAR a Messina. Il carico di ricorsi giacenti al TAR Sicilia sezione di Catania ammonta a circa 65.000 ed il contenzioso per oltre il 40 per cento proviene dalla provincia di Messina (la più vasta geograficamente e la più numerosa come amministrazioni comunali - 108 -);
il TAR di Catania non riesce a smaltire l'arretrato accumulato, né a decidere in tempi normali il «corrente», che va aumentando, e per questo si parla di istituire lì una 4 Sezione necessaria in ragione del notevole contenzioso pendente;
a ciò si aggiunga che il territorio messinese a breve sarà interessato dai lavori di realizzazione del Ponte sullo Stretto con prevedibile ulteriore aumento del relativo contenzioso amministrativo;
è chiaro che una città il cui sviluppo economico-sociale sarà strettamente legato alla realizzazione di tale opera, non può attendere le lungaggini con cui è costretto a lavorare il TAR di Catania. È essenziale, quindi, sia per le controversie già pendenti, che attendono da anni la definizione, sia per quelle future, assicurare tempi corretti di giustizia;
d'altra parte, l'esigenza di istituire a Messina una sezione del TAR, è stata sempre denunciata soprattutto dalle varie realtà che operano nel settore (amministrazioni locali, giudici, avvocati, operatori di giustizia, cittadini), divenendo oggetto di varie proposte di legge e di massima attenzione dei mass media, primo fra tutti il quotidiano La Gazzetta del Sud, sempre attento e sensibile alle istanze del territorio, il che si è reso spesso megafono di una avvertita esigenza e di una sacrosanta richiesta;
di recente il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Messina, raccogliendo anche le istanze simili degli omologhi Consigli di Barcellona P.G., Patti e Mistretta, ha deliberato di istituire una Commissione per le questioni di giustizia amministrativa che ha per funzione principale proprio l'adeguata sollecitazione agli organi competenti della istituzione del TAR a Messina;
Messina è una città di grandi tradizioni giuridiche, sede di importante università con facoltà di giurisprudenza e scuola di diritto note nel mondo, sede di Corte d'Appello e di quattro Tribunali dislocati in un territorio vasto, articolato ma affatto dotato delle infrastrutture anche solo essenziali per un Paese civile;
Messina è la dodicesima città d'Italia per numero di abitanti (oltre 250.000) ed ha una provincia composta da 108 comuni, complessivamente popolata da oltre 650.000 residenti;
Messina, città che il Procuratore della Repubblica ha di recente definito «scartata», di cui la Commissione antimafia nazionale si è occupata parecchie volte per il presunto radicamento di quella organizzazione nel territorio, ha da sempre dovuto e deve ancora subire un penalizzante e paralizzante transito - soprattutto del cosiddetto gommato pesante - che l'attraversa obbligatoriamente nel percorso da e per il «continente»;
Messina è destinata ad essere sede del «Ponte» opera epocale, infrastruttura eccezionale che tutti ammireranno ma che, di per sé, non servirà alla città salvo che non si sfrutti come occasione per ridisegnarla e proiettarla adeguatamente nel futuro prossimo con l'ottica di un idoneo miglioramento della qualità della vita, oggi assolutamente insoddisfacente. Al proposito dovrà essere assicurata l'adozione di misure straordinarie come quelle già approvate in occasione di eventi importanti (anche se non di rilievo mondiale come il ponte sullo stretto);
in tale stato di cose il Governo ha il dovere di venire incontro alle esigenze, peraltro elementari, di cittadini che nel tempo hanno dimostrato una capacità di sopportazione pari solo alla disattenzione


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e, forse, alla disaffezione dimostrata verso la loro città, di fatto, nel tempo recente, abbandonata da molti ed importanti organismi, enti ed istituzioni che vi avevano sedi (regionali o interregionali), con conseguente tracollo economico per una realtà che vive di terziario;
tra tali esigenze si avverte, notevole, e per le ragioni esposte, quella della sezione del TAR Sicilia, la cui istituzione rappresenterebbe un atto di giustizia (in sé oltre che utile a rendere meglio giustizia), anche in applicazione del criterio indicato (TAR in corrispondenza delle Corti d'Appello), senza favoritismi ma nel rispetto dei cittadini ed in ragione di un territorio, privo di infrastrutture viarie, in cui il collegamento tra Comuni, anche importanti e vicini, è precario e richiede un tempo incredibile -:
quali iniziative concrete ed urgenti si intendano porre in essere per venire incontro alle reali esigenze ed alle conseguenti istanze e proposte portate avanti dalle categorie interessate a nome di tutti i cittadini, per la istituzione a Messina di una sezione di Tribunale Amministrativo Regionale (che, di conseguenza agevolerebbe il carico di lavoro del TAR di Catania di circa 25.000 ricorsi;
in particolare se non si ritenga di ricorrere, nel caso di specie, ad una iniziativa legislativa apposita e immediata, nell'attesa di una revisione dell'intera distribuzione territoriale dei TAR da attuare attraverso un congruo aumento degli stessi utili ed avvicinare, non solo psicologicamente, la giustizia al cittadino;
se non si ritenga, poi, necessario adottare ulteriore iniziative affinché sia esteso il numero degli attuali TAR fino a coprire tutte le sedi di Corte d'Appello che in atto ne sono prive, nonché siano istituiti i TAR presso ogni sede di tribunale ordinario.
(4-10559)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, s'informa che il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa ha comunicato che la città di Messina è la venticinquesima provincia italiana per popolazione residente (661.708 abitanti). La sua peculiarità è l'alto numero di enti locali presenti (numero comuni 108). Tali elementi, tuttavia, non costituiscono motivo sufficiente per la istituzione a Messina di una Sezione di Tribunale Amministrativo Regionale, che non è presente in altre province, più estese in superficie, più popolate e con più enti locali presenti sul territorio.
Per quanto concerne le distanze e i problemi infrastrutturali e viari che affliggono la regione, si fa osservare che la città di Messina dista dalla città di Catania circa 70 Km ed è agevolmente collegata con tale città dall'autostrada A18 e ciò consente di percorrere la distanza Messina/Catania in poco meno di un'ora.
Dalla banca dati informatica risulta, come dato tendenziale, che, per l'anno 2003, il 20 per cento dei ricorsi depositati presso la sezione staccata di Catania proviene dalla provincia di Messina (totali pervenuti 5606; pervenuti dalla provincia di Messina 1149), e, per l'anno 2004, il 18 per cento (totali pervenuti 6255; pervenuti dalla provincia di Messina 1105).
Da ultimo, si osserva che l'eventuale istituzione di una nuova sede staccata a Messina impegnerebbe risorse umane e finanziarie che, allo stato, non sono nella disponibilità dell'amministrazione, anche alla luce dei recenti interventi normativi che hanno imposto ulteriori tagli di spese. A questo riguardo va considerato che l'istituzione di una nuova sede presuppone almeno 8 unità di personale amministrativo, di cui una con funzioni dirigenziali, per la funzionalità minima degli uffici, e almeno 4 unità di personale di magistratura, di cui una con funzioni di presidente, una sede appropriata e tutte quelle risorse necessarie e strumentali ad un tribunale amministrativo regionale. È evidente che l'istituzione di una nuova sezione interna al Tribunale amministrativo di Catania determini un impegno molto meno oneroso.
Alla luce di quanto sopra esposto, non sembrano sussistere elementi sufficienti, allo stato, per giustificare l'istituzione di una sezione staccata del Tribunale amministrativo


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regionale a Messina, in deroga al criterio generale di una valutazione estesa a tutto il territorio nazionale ed effettuata nel quadro complessivo delle risorse umane e strumentali disponibili da parte della Giustizia amministrativa.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

ALFONSO GIANNI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai militari italiani ex prigionieri degli americani internati negli Stati Uniti tra il 1943 e il 1945, che accettavano di lavorare veniva corrisposto un buono spesa e un salario che però veniva accantonato;
il Governo americano ha inviato molti anni fa all'Italia il salario maturato dagli ex internati;
tale salario non è stato restituito interamente o in parte a tutti gli aventi diritto;
gli ex militari ancora in vita hanno inviato anche tramite studi legali lettere di richiesta e chiarimenti al ministero della difesa e più in generale alla Pubblica Amministrazione;
in particolare i reduci che sono ancora in vita avevano dato mandato ad uno studio legale affinché diffidasse il ministero e fosse attivata la procedura atta a ottenere una sentenza favorevole della Commissione europea dei diritti dell'uomo;
questa pratica risulta essere per i richiedenti assai costosa in relazione alle spese richieste dai legali -:
se i Ministri interrogati non intendano adottare le opportune iniziative anche normative affinché sia ripristinata una situazione di normalità per questi ex prigionieri, e sia così eliminata un'evidente condizione di ingiustizia.
(4-12651)

Risposta. - Già da tempo la Difesa è concretamente impegnata sulla questione della liquidazione degli indennizzi ai prigionieri italiani sotto giurisdizione degli USA, durante il 2o conflitto.
Infatti, in esito alle istanze avanzate da parte di ex prigionieri o dei loro rispettivi eredi che affermano di non aver mai percepito le spettanze loro dovute, l'allora Ministero del tesoro ha chiesto alla Difesa l'elenco dei nominativi dei presunti creditori.
Di conseguenza, quest'Amministrazione ha istituito, nel marzo 2001, la Commissione per le necessarie verifiche volte ad accertare la fondatezza delle richieste.
Ad essa sono state impartite, all'inizio dell'attuale legislatura, precise disposizioni per fare piena luce sull'intera problematica, senza condizionamenti e preconcetti, nel rispetto della verità.
Alla Commissione è stato demandato, infatti, il difficile compito di ricostruire storicamente gli eventi, di analizzare i singoli aspetti amministrativi e giuridici, di individuare il numero dei destinatari dei presunti crediti residuali eventualmente ancora, in tutto o in parte, inevasi e di quantificare, quindi, il relativo onere finanziario da comunicare al Ministero del tesoro per i provvedimenti di competenza.
Tale Commissione, nonostante le difficoltà dovute al reperimento di documentazione originale, certa e probante, stante il notevole lasso di tempo trascorso, ha esaminato fino ad oggi 6.802 istanze (aumentate in maniera esponenziale in seguito alla sua istituzione) ed è giunta a consolidate, seppur provvisorie, deduzioni.
Di esse, 5.365 sono state definite, 1.017 si sono rivelate reiterazioni, solleciti o richieste estranee alla questione, 253 sono tuttora in corso di accertamento, per 167 non è stato rinvenuto il relativo fascicolo.
La Commissione si è avvalsa per il suo lavoro, oltre che della documentazione fornita a suo tempo dalle Autorità americane sugli stessi reduci ed ancora in parte disponibile negli archivi del Ministero della difesa, anche della collaborazione della Croce rossa internazionale di Ginevra e del
Service International de Recherches di


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Arolsen, per accertare lo status di prigioniero di guerra degli USA per quei casi, fin qui esaminati, per i quali non sono stati rinvenuti i dossier originali.
In sostanza, nel minuzioso riscontro delle singole contabilità presenti nei fascicoli personali sono stati accertati, sinora, solo pochissimi casi - allo stato - circa 89, di
ex prigionieri che risultano ancora in credito. Ciò è attribuibile prevalentemente a meri errori di contabilizzazione, peraltro di lieve entità. Per tali posizioni, così come per le analoghe che dovessero essere riscontrate in futuro, si provvederà a darne comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze per gli adempimenti di competenza.
Come è comprensibile, quella della Commissione è un'attività complessa che necessariamente richiede tempi adeguati, difficilmente comprimibili, per lo scrupolo con cui va condotta la ricerca di documentazione significativa risalente a molti anni fa, necessaria per il giusto riconoscimento economico agli aventi diritto.
Per tale rilevante complessità si è ritenuto opportuno prorogare ulteriormente i lavori della Commissione fino al giugno 2005: data alla quale sarà possibile avere un quadro aggiornato e definitivo della situazione per le conseguenti determinazioni.
Una prima serie di dati, comunque, è già stata comunicata al citato Ministero dell'economia in data 30 luglio 2004, evidenziando, a quella data, n. 84 situazioni di presunto possibile credito (in genere derivanti da errori contabili e relativi a somme non rilevanti) per un ammontare complessivo di lire 2.463.888, riferite all'epoca e non rivalutate.
Per completezza d'informazione, si precisa, inoltre, che dopo il 1966 l'Amministrazione militare provvide a versare all'Erario le rimanenti disponibilità finanziarie che erano pari a 15.739.764 lire, poiché nessuno degli aventi diritto aveva più prodotto, a quella data, istanze tese ad ottenere il riconoscimento dei relativi benefici economici.
Nel contempo, un consistente numero di
ex prigionieri decise, negli anni 1955-1966, di adire le vie legali avverso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri della difesa e del tesoro, reclamando una riliquidazione ex-novo delle loro spettanze sulla base di 2,10 dollari (paga giornaliera del soldato americano) anziché su quella di 0,80 dollari unilateralmente stabilita dalla potenza detentrice.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi nel merito, con sentenza n. 20 in data 3 marzo 1966 ritenne infondate le motivazioni addotte dai ricorrenti.
A tal proposito, la Rappresentanza Permanente d'Italia presso il Consiglio d'Europa ha recentemente comunicato l'esistenza di un ricorso, tuttora pendente, innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, tendente ad ottenere il pagamento dei presunti crediti residuali.
In conclusione, è di tutta evidenza come la Difesa abbia posto in essere ogni consentita azione per completare nel più breve tempo possibile l'esame delle istanze tese ad ottenere la liquidazione degli indennizzi.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è stata pubblicata sul quotidiano La Repubblica del giorno 8 febbraio 2005 un'intervista ad Ermanno Pieroni (ex Presidente della società «Ancona Calcio» ed ex Direttore Sportivo del Perugia) il quale ha rilasciato dichiarazioni, che se corrispondenti a verità, potrebbe pesantemente turbare il normale svolgimento del campionato calcistico ed il mondo socio-economico ad esso collegato;
gli interventi della Magistratura ordinaria e sportiva nell'ambito delle attività sportive calcistiche, sviluppate su segnalazioni e denunce attinenti sia alla somministrazione di sostanze dopanti in grado di alterare le prestazioni dei calciatori professionisti, che ad accordi societari sull'andamento dei risultati delle partite sono sempre più numerosi e pressanti;


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le dichiarazioni di Pieroni mettono in dubbio la regolarità del campionato in corso e di quelli già giocati, con conseguenti possibili illeciti non solo nell'ambito della giustizia sportiva, ma anche in quello delle attività economiche legate al sistema calcistico (su tutti i concorsi totocalcio, totogoal e scommesse giocate nelle agenzie autorizzate) -:
quali iniziative di carattere normativo siano allo studio al fine di porre in essere le misure di controllo e di prevenzione sulle attività di giocatori, procuratori, dirigenti e società del mondo del calcio italiano, al fine di garantire la piena regolarità del campionato in corso e delle attività economiche ad esse connesse.
(4-12864)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, interpellato il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, si rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne l'intervista e le dichiarazioni rilasciate dal signor Ermanno Pieroni al quotidiano «La Repubblica», occorre preliminarmente evidenziare che lo stesso è stato oggetto di provvedimenti restrittivi, emessi dal G.I.P. del Tribunale Penale di Ancona. Il medesimo è imputato per i reati di truffa aggravata in concorso con altri soggetti, per aver conseguito ingiusti profitti erogati sotto forma di contributi federali, nonché per il reato di bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della Società Ancona Calcio S.p.A, dichiarato con sentenza del Tribunale di Ancona dell'11 agosto 2004.
Si rende noto che nel predetto procedimento penale il CONI e la F.I.G.C. risultano parti offese e che quest'ultima è intervenuta nel processo, nominando un proprio difensore. Al riguardo, si segnala che il Pubblico Ministero, presso il Tribunale di Ancona, con provvedimento del 15 gennaio 2005, ha richiesto il rinvio a giudizio per i reati contestati.
All'udienza preliminare, già fissata innanzi al GUP presso il Tribunale di Ancona, la Federazione si costituirà parte civile, chiedendo il risarcimento dei danni materiali e non subiti in conseguenza dei fatti contestati all'imputato.
Il signor Pieroni è accusato, infatti, di aver distratto ingenti somme dalla casse sociali, ivi compresi i contributi federali, sino a provocare il fallimento della Società.
Per quanto attiene, invece, la nota sentenza emessa dal Tribunale di Torino, in data 26 novembre 2004, con motivazione depositata nel febbraio 2005, che ha comportato la condanna del medico sociale della Juventus, il CONI d'intesa con la F.I.G.C., ha inviato al T.A.S. (Tribunale di Arbitrato per lo Sport), con sede in Losanna, tutta la documentazione, al fine di conoscere se ed in quali circostanze trattamenti medici e farmacologici che non siano proibiti dalle norme sportive nazionali e internazionali possano influenzare la regolarità di una competizione.
Quanto ai controlli sulle operazioni di compravendita dei giocatori, si osserva che le stesse vengono effettuate in condizioni di libero mercato e che la F.I.G.C. ha il compito di stabilire regole attinenti al solo tesseramento e ai periodi in cui le operazioni possono svolgersi.
In particolare, si rammenta che la regolazione dei rapporti economici tra le Società per il trasferimento dei calciatori, è demandata alle Leghe professionistiche che, attraverso il cosiddetto sistema «della stanza di compensazione», verificano che le pretese economiche vengano soddisfatte.
In relazione ai controlli sulle Società professionistiche si rammenta che queste ultime sono strutturate in società di capitali - alcune quotate in Borsa - e quindi soggette alle norme del Codice Civile.
Alla F.I.G.C. competono invece, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 91 del 1981, solo controlli finalizzati a garantire il regolare svolgimento dei Campionati.
Per completezza di informazione, si segnala che, dagli elementi pervenuti dal Ministero dell'economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - in merito ai controlli esercitati dai Comandi Regionali del Corpo, risulta quanto segue: L'attività eseguita nei confronti delle società di calcio dal 1985 al 2004, ha consentito, tra l'altro, di segnalare complessivamente ai competenti Uffici finanziari per il recupero a tassazione, a


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fronte di n. 45 interventi ispettivi svolti, tra verifiche generali, parziali e specifiche:
II.DD. Base imponibile: euro 96.435.234,00; IRAP Base imponibile: euro 594.996.213,00; IVA Tributo evaso: euro 14.469.033,00; Ritenute alla fonia: euro 8.694.437,00.

Lo stesso Comando ha anche segnalato che sono state effettuate n. 25 indagini, delegate dalla magistratura su alcune società di calcio professionistiche e che, in alcune Regioni sono tuttora in corso indagini delegate dall'Autorità Giudiziaria.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Mario Pescante.

LA GRUA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 2 novembre scorso una tromba d'aria ha provocato in territorio di Scicli (Ragusa) gravi danni alle colture, agli impianti serricoli e a numerosi fabbricati rurali;
ilfenomeno atmosferico si è ripetuto, in forma più virulenta, il 12 novembre scorso ed ha riguardato una zona ancora più vasta del Comune di Scicli, interessando altresì i Comuni di Modica e di Ragusa;
sono diverse centinaia le imprese agricole colpite dall'inaudito evento calamitoso che ha provocato la distruzione o il danneggiamento delle serre destinate alla coltivazione dell'ortofrutta, il crollo o lo scoperchiamento di numerosi fabbricati rurali e di stalle, l'abbattimento di alberi e piantagioni;
la Regione siciliana ha assicurato che provvederà tempestivamente a proporre a codesto Ministero la declaratoria dello stato di calamità naturale con riferimento al territorio della provincia di Ragusa colpito dalle due trombe d'aria -:
se non ritenga di accogliere con la massima tempestività la proposta della Regione siciliana, dichiarando lo stato di calamità naturale nelle zone del ragusano colpite dallo straordinario evento atmosferico, disponendo conseguentemente la rapida erogazione dei contributi previsti dal decreto legislativo n. 102 del 2004 ed emettendo ogni altro utile provvedimento finalizzato a venire incontro alle legittime aspettative degli imprenditori agricoli gravemente danneggiati dalle trombe d'aria.
(4-11653)

Risposta. - Con riferimento a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame, si rappresenta che per le trombe d'aria abbattutesi dal 3 al 12 novembre 2004 nella provincia di Ragusa è stato dichiarato lo stato di calamità con decreto del 18 febbraio 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 2005.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

LETTIERI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
le abbondanti nevicate del dicembre 2003, come è noto, causarono danni rilevanti all'agricoltura lucana;
in particolare le colture arboree e quelle in serra dell'area Vulture-Melfese in Basilicata furono pesantemente colpite con grave pregiudizio per i redditi degli agricoltori;
la giunta regionale di Basilicata con delibera n. 680 del 23 marzo 2004, dopo aver rilevato i danni, deliberò la delimitazione delle aree interessate dalle nevicate suddette;
in data 16 giugno 2004 il Governo con decreto ministeriale dichiarò l'esistenza della calamità segnalata. Però a tutt'oggi il ministero delle politiche agricole e forestali non ha effettuato il riparto dei fondi e la relativa assegnazione;
non si comprendono le ragioni di tale ritardo, che contrasta con le ripetute dichiarazioni del Ministro nelle varie occasioni


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di incontri pubblici svoltisi nelle regioni meridionali in occasione dell'ultima consultazione -:
quali siano le ragioni del ritardo e per sapere se non intenda disporre l'erogazione alle regioni dei fondi in questione in tempi brevi.
(4-12011)

Risposta. - Con riferimento a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame si fa presente che il decreto di declaratoria dell'eccezionalità dell'evento, pur riferito ad avversità del 2003, è stato emesso nel 2004; il che ha fatto sì che l'onere di spesa gravasse sulle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale per il 2004.
La dotazione del Fondo di solidarietà nazionale per il 2004, recata dalla legge finanziaria dello stesso anno, è stata di 100 milioni di euro; di questi, 50 milioni sono stati utilizzati per integrare esigenze di spesa delle Regioni per interventi di soccorso accertati nel 2003.
I restanti 50 milioni destinati a coprire le esigenze di spesa del 2004 hanno subito un taglio con la manovra economica di luglio 2004 (decreto-legge n. 168 del 2004).
Di conseguenza, le esigenze di spesa del 2004, accertate con l'emissione dei decreti di declaratoria nel medesimo anno devono essere coperte con le disponibilità recate dalla legge finanziaria del 2005.
Ai fini di tale adempimento l'Amministrazione ha avviato la procedura di rilevazione delle esigenze di spesa delle Regioni.
Al termine, sarà elaborato il piano di riparto da sottoporre alla Conferenza Stato-Regioni per l'intesa ed il successivo trasferimento delle risorse finanziarie alle Regioni interessate.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

LION. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
esiste o meglio esisteva in un'incantevole landa dell'Isola di Pianosa, nell'Arcipelago Toscano, un gioiello di eccezionale valore storico e archeologico rappresentato dalla villa patrizia di Agrippa Postumo, nipote dell'Imperatore Augusto;
il ritrovamento viene attribuito all'archeologo Gaetano Chierici che nel 1875 pubblicò anche i risultati delle sue ricerche, ma la valenza dell'opera emersa dagli scavi è stata portata alla ribalta delle più prestigiose enciclopedie dell'arte non solo italiane;
attualmente si deve purtroppo rilevare che questo gioiello dell'architettura di epoca romana, denominato «I bagni di Agrippa», è stato deturpato da un maldestro pseudo-restauro finanziato con fondi pubblici: paradossalmente, forse per la troppo disinvolta disponibilità degli stessi fondi, la villa di Agrippa Postumo è stata rovinata da una serie di lavori iniziati nei primi anni '90 del secolo scorso e affidati, evidentemente, a mani inesperte;
il danno causato al patrimonio archeologico consiste non solo nel maldestro accostamento estetico di materiali impropri per un restauro architettonico come quello di cui trattasi (copertura a cupole, più adatta a un circo o a una pizzeria; una palizzata tipo ranch texano, due dozzine di pilastri tubolari di sostegno, impiantati nell'area archeologica, che spezzano e rendono impossibile una visione d'insieme del monumento), ma soprattutto nelle conseguenze chimiche e meccaniche dei materiali (cemento e piombo) utilizzati diffusamente sia a contatto con le strutture murarie sia con i mosaici, materiali che, complici anche i diversi indici di dilatazione termocrioclastica, offrono un inesorabile contributo al disfascimento dei reperti;
il funzionario di zona della Soprintendenza competente, ovvero la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il quale ha in ogni caso l'incarico e la responsabilità di direttore scientifico del progetto, ha proceduto secondo l'interrogante praticamente ad libitum, senza cioè tenere nel debito conto le consolidate e vincolanti regole del restauro architettonico


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e artistico del quale l'Italia è all'avanguardia nel mondo;
lo scempio dei Bagni di Agrippa, comunque perpetrato con il «restauro» delle strutture emergenti che potrebbe secondo l'interrogante far temere la richiesta di severa riduzione nel settore dei finanziamenti CEE all'Italia, è stato interpretato all'estero dal professor J.L. Montalvà, direttore generale del Forum UNESCO, come un modo scientificamente e tecnologicamente inopportuno di trattare i patrimoni culturali che appartengono alla nostra civiltà;
nel medesimo senso del biasimo e della preoccupazione per i danni irreversibili arrecati alla villa romana dalla mancata cura dei lavori da parte del funzionario di Soprintendenza responsabile per territorio, si sono levate le proteste di insigni cattedratici e studiosi italiani che a nome delle associazioni rappresentate, quali la Federazione Italiana Amici dei Musei, Forum UNESCO - Università e Patrimonio - Sede di Firenze, Forum UNESCO Sede di Lucca - Dipartimento di Archeologia, Italia Nostra e Legambiente, hanno inviato al Ministro per i beni e le attività culturali in indirizzo la denuncia-appello di immediato intervento -:
se non si ritenga necessario adottare normative affinché sia disposta l'immediata sospensione di qualsiasi lavoro di scavo o di restauro archeologico nell'isola di Pianosa, al fine di non incrementare lo scempio arrecato al patrimonio culturale ed artistico italiano che con tanta cura fu riportato alla luce più di un secolo fa allorquando, peraltro, i mezzi tecnologici potevano offrire ben scarso contributo alla ricerca archeologica;
se corrisponda al vero che la ditta appaltatrice dei lavori su «I bagni di Agrippa» abbia ripetuto a più riprese negli anni i propri interventi e se, stante il singolare accanimento dei «restauri» che hanno determinato l'attuale risultato, sia dato conoscere l'importo complessivo che è stato speso per questo reperto dalla stessa Soprintendenza o da altra Amministrazione della Regione o dello Stato;
se non ritenga necessario promuovere una formale ricognizione a Pianosa attraverso una commissione di esperti del settore per rendicontare gli stessi ministeri, al di là delle giustificazioni di parte, sull'entità dei danni e sulla eventuale ipotesi di parziale reversibilità degli stessi;
se, per il ripetersi di episodi simili generati in alcuni settori della stessa Soprintendenza per i Beni Archeologici di Firenze (come il caso del tesoro, trafugato, del piroscafo a ruote «Polluce»), siano individuabili eventuali responsabilità del funzionario di zona responsabile del territorio e, in caso affermativo, se non si ritenga che lo stesso possa essere proficuamente impiegato in attività di minore responsabilità decisionale.
(4-09571)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, riguardante la villa patrizia di epoca romana di Agrippa Postumo, nell'Isola di Pianosa (Livorno), interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Si premette che gli interventi concernenti la recinzione dell'area archeologica in rete metalliche, gli interventi di restauro delle strutture murarie e delle pavimentazioni musive sono stati eseguiti con fondi stanziati dalle leggi finanziarie n. 449 del 1987 e n. 67 del 1988, così ripartiti:
per il restauro delle strutture murarie e pavimentali, la Soprintendenza competente ha corrisposto all'impresa appaltatrice Vignoli (di Saturnia) lire 185.000.000;
per le opere di copertura in tensostruttura, sono state corrisposte all'impresa Tensoforma (di Bergamo), lire 250.000.000;
per gli interventi di manutenzione straordinaria della copertura in tensostruttura, sono stati corrisposti alla Cooperativa Longone (di Porto Azzurro) e all'impresa Tensoforma (di Bergamo), complessivi lire 170.000.000.


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I successivi interventi realizzati nell'area archeologica, effettuati nel corso degli anni fino al 2003, hanno riguardato opere di ordinaria manutenzione e sono stati finanziati con il contributo della Casa di reclusione, dell'Ente parco arcipelago toscano, del Comune di Campo dell'Elba e della Prefettura di Livorno.
Per opportuna informazione, si precisa che il progetto e la direzione degli interventi conservativi furono affidati all'architetto allora responsabile dell'ufficio tecnico della Soprintendenza, e supervisionati dal Soprintendente
pro-tempore.
In data 8 marzo 2004, al fine di verificare lo stato di conservazione e di proporre interventi migliorativi sul restauro delle strutture e dei mosaici, la Soprintendenza per i beni archeologici di Livorno ha richiesto l'istituzione di una Commissione tecnica ministeriale.
In data 5 aprile 2004, la ricognizione ispettiva ministeriale ha evidenziato un «grave stato di degrado ed abbandono» della costa dell'isola, compresa fra il porticciolo e Cala Giovanna - ove emergono i resti della villa -, aggravato sia dalla progressiva rovina degli edifici del borgo, ormai disabitato, che dalla presenza «di un massiccio ed interminabile muro di cemento grigio, facente parte delle opere di sicurezza del locale penitenziario», situato «a ridosso delle rovine della villa romana». Si precisa che tale muro fu eretto negli anni Settanta, precedentemente l'avvio dei lavori di restauro, come difesa contro il terrorismo, prima degli interventi di restauro effettuati dalla Soprintendenza.
Per quanto attiene alle opere di protezione di parte della villa, eseguite nel passato, la suddetta Commissione ha rilevato che le stesse, pur avendo assolto alla funzione per cui vennero effettuate, risultano ormai datate e quindi ha ritenuto necessario un intervento per evitare cadute di acqua piovana sui resti antichi.
La Commissione ha anche confermato che le soluzioni tecniche adottate nel corso del restauro per la conservazione delle strutture originarie della villa, oggi ritenute superate, erano ampiamente diffuse al tempo in cui furono realizzate.
Conclusivamente, la Commissione ministeriale ha osservato che «... il generale stato di conservazione è da valutarsi discreto».
D'altro canto, il positivo giudizio sui lavori di restauro ha tenuto conto sia della localizzazione dell'area archeologica, prospiciente il mare e quindi sottoposta agli effetti erosivi causati da tale vicinanza, che della difficoltà a compiere gli interventi di manutenzione anche a seguito dello spopolamento dell'isola, dopo la chiusura della casa di reclusione. Non possono, infine, non denunciarsi anche gli atti di vandalismo compiuti da ignoti.
Per quanto concerne i progetti di tutela e valorizzazione, si osserva che la Soprintendenza competente ha curato la redazione di un progetto di valorizzazione di cui è stato proposto l'inserimento nell'Accordo di Programma quadro Stato-Regione; esso prevede - all'interno di un piano generale di ricerca, riqualificazione e tutela dell'isola di Pianosa - specifiche misure di salvaguardia e valorizzazione dei Bagni di Agrippa, preliminari ad una corretta fruizione da parte del pubblico dei visitatori.
Si segnala, infine, che è in fase conclusiva anche il procedimento avviato d'ufficio dalla Soprintendenza di settore per l'imposizione del vincolo archeologico e paleontologico integrale dell'intera isola.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

LO PRESTI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
numerosi cittadini hanno riferito di essere ancora in attesa del collegamento con SKY nonostante il relativo contratto sia stato stipulato da diversi mesi;
gli uffici competenti della SKY Italia srl, interpellati telefonicamente dai cittadini o non rispondono o forniscono vaghe assicurazioni;
la TV satellitare è ormai indispensabile per accedere a numerosi programmi


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di particolare interesse, tra i quali quelli sportivi, e poiché la gestione SKY è di fatto una gestione monopolistica, il cittadino che ha stipulato un contratto per l'accesso ai canali satellitari è costretto a subire gli inadempimenti del monopolista, dal momento che anche se volesse azionare la risoluzione del contratto, rimarrebbe comunque privo del servizio non avendo alcuna possibilità di rivolgersi ad altri -:
quali iniziative di carattere normativo, intenda assumere per evitare che la gestione monopolista dei canali satellitari si trasformi in strumento di vessazione nei confronti del cittadino.
(4-11397)

Risposta. - Si ritiene opportuno far anzitutto presente che la questione posta rientra nell'ambito della tutela dell'utenza dei servizi di comunicazione elettronica, materia che rientra nelle competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dalla legge n. 249 del 1997 e ribadita dal decreto legislativo n. 259 del 2003 recante il codice delle comunicazioni elettroniche (articoli 70, 71 e 72).
La predetta Autorità, in relazione al caso prospettato nell'atto parlamentare cui si risponde ha evidenziato che, nel quadro degli impegni derivanti dalla decisione della Commissione europea Comp/M2876 - in base alla quale è stata costituita la piattaforma unica Sky Italia - è prevista una sezione appositamente dedicata alla tutela degli utenti, denominata «protezione dei clienti della piattaforma unica», con la quale la piattaforma unica si impegna ad assicurare una adeguata tutela ai propri utenti nella fruizione dei servizi televisivi.
In coerenza con tale previsione, l'Autorità ha adottato la delibera 334/03/CONS con la quale e stata estesa agli utenti della piattaforma unica l'applicazione della procedura di risoluzione delle controversie tra utenti e imprese di cui alla delibera 182/02/CONS, stabilendo che l'utente possa adire nella prima fase, dedicata al tentativo di conciliazione tra le parti, il Corecom competente, potendo poi, in caso di mancato accordo, chiedere all'Autorità la definizione della controversia con atto vincolante.
La ripetuta Autorità è, inoltre, intervenuta in materia anche con la delibera n. 179/03/CSP recante «Approvazione della direttiva generale in materia di qualità e carte dei servizi di telecomunicazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera
b), numero 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249» e con la successiva prescrizione di norme specialistiche riguardanti singoli settori, tra cui quello dei servizi di televisione a pagamento.
In particolare, è stabilito che, in relazione agli inadempimenti contrattuali ed al mancato rispetto degli standard di qualità, gli organismi di telecomunicazione debbono provvedere, tra l'altro, ad indicare nelle carte dei servizi e nella documentazione di fatturazione i casi di indennizzo, a richiesta ed automatico, i relativi importi, nonché gli indennizzi da corrispondere in caso di ritardo nella fornitura del servizio iniziale.
Nella recente delibera n. 278/04/CSP (
Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2005), specificamente riferita ai servizi di televisione a pagamento, inoltre, la medesima Autorità, nello stabilire che i fornitori di servizi di televisione a pagamento debbono individuare gli indicatori generali e specifici di qualità del servizio ed i relativi metodi di misura, fissando un obiettivo per ciascun anno solare di riferimento, con l'obbligo di riportare tali dati nelle carte dei servizi, ha espressamente chiarito che gli indicatori di qualità devono includere il tempo di attivazione del servizio.
Ne discende che l'operatore deve prevedere un indennizzo nel caso di ritardata attivazione del servizio, aspetto sul quale l'Autorità ha comunicato di voler porre in essere un'adeguata attività di controllo in sede di verifica delle carte dei servizi pubblicate dagli operatori, ricordando, in proposito, che l'articolo 19 della delibera in parola prevede che gli operatori devono adeguare le proprie carte dei servizi alle disposizioni della citata delibera entro sessanta giorni dalla sua entrata in vigore.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.


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LUCCHESE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
è noto che gli abbonati Telecom sono costretti a pagare un canone, il cui importo talora, supera di gran lunga quello delle telefonate effettuate;
addirittura, in molti casi, viene pagato esclusivamente il canone dal momento che non vengono effettuate telefonate;
a parere dell'interrogante, dovrebbe essere pertanto abolito tale inutile ed ingiusto balzello facendo in modo che gli utenti paghino unicamente l'effettivo importo delle telefonate eseguite -:
quali siano i motivi per cui non sia stato ancora abolito il canone Telecom, che incide notevolmente sui bilanci delle famiglie italiane.
(4-11053)

Risposta. - Al riguardo non può che confermarsi quanto già comunicato nella risposta ad analoga interrogazione presentata dall'interrogante n. 4-10715 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 594 del 1o marzo 2005, di cui si riporta di seguito il testo.
Si ritiene opportuno far presente che la materia dell'accesso alle infrastrutture di telecomunicazioni, nonché i problemi che possono insorgere fra i gestori del servizio di telecomunicazioni e gli utenti privati rientrano nelle competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi di quanto stabilito dalla legge n. 249 del 1997.
Ciò premesso si specifica che il canone di abbonamento alla società Telecom Italia - di cui viene richiesta l'abolizione - trova la sua ragione d'essere nella copertura dei costi di realizzazione e manutenzione della linea telefonica di accesso, vale a dire della porzione di rete necessaria a collegare l'utente alla più vicina centrale telefonica di Telecom, collegamento che è ad esclusiva disposizione dell'utente, indipendentemente dall'utilizzazione che ne viene fatta.
È possibile, pertanto che il costo del canone possa risultare, nel caso in cui l'utente effettui poche telefonate, superiore o, comunque, sproporzionato rispetto al costo delle telefonate stesse.
Il mantenimento del canone di abbonamento trova fondamento nel quadro regolamentare in materia di comunicazioni elettroniche; la normativa comunitaria e la conseguente normativa nazionale, infatti, stabiliscono che l'operatore notificato quale avente una notevole forza di mercato (SMP) nel settore della telefonia fissa - quale Telecom Italia - adotti un sistema contabile a fini regolamentari (la cosiddetta contabilità regolatoria) nel quale le voci di costo e ricavo relative alla rete di accesso sono separate da quelle relative alla rete di trasporto, ovvero la rete che interconnette tutte le centrali telefoniche dell'operatore e che viene utilizzata per trasportare una chiamata telefonica sul territorio nazionale.
Tale sistema di contabilizzazione permette di verificare che i costi relativi alla rete di accesso siano integralmente coperti dagli introiti derivanti dai canoni di abbonamento e che i costi relativi alla rete di trasporto siano coperti dagli introiti derivanti dall'addebito del traffico telefonico.
Attraverso la contabilità regolatoria, inoltre, è possibile vigilare sull'osservanza del divieto di coprire i costi di uno dei suddetti comparti (reti di accesso e rete di trasporto) con i ricavi originati dall'altro (il cosiddetto divieto di sussidio incrociato tra aggregati contabili regolatori).
La disposizione, inoltre, sembra rispondere al principio di equità tra gli utenti: se, infatti, venisse abolito il canone di abbonamento ed i costi della rete di accesso fossero coperti con gli introiti del traffico telefonico, gli utenti che effettuano chiamate telefoniche in misura superiore alla media si vedrebbero addebitati, nella fattura telefonica, non solo i costi fissi relativi alla propria linea telefonica, ma anche, in quota parte, i costi fissi relativi alle linee telefoniche che effettuano poche o, addirittura, nessuna telefonata.
Di contro, un utente che non effettuasse chiamate farebbe pagare agli altri utenti il costo fisso della propria linea telefonica che continuerebbe ad essere attiva ed a sua disposizione nonostante il nullo o scarso utilizzo.


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Il divieto di sussidio incrociato, inoltre, risponde all'esigenza di favorire lo sviluppo della concorrenza del mercato dell'accesso, impedendo alla Telecom di offrire in modalità forfetaria servizi (accesso e traffico) che hanno costi differenti e presentano un diverso grado di concorrenza.
La richiesta di abolizione del canone, inoltre, non può trovare giustificazione nella presenza sul mercato di offerte commerciali di operatori concorrenti di Telecom Italia che non ne richiedono il pagamento.
Tali operatori, infatti, collegano direttamente l'utente attraverso proprie infrastrutture o prendono in affitto da Telecom la linea telefonica dell'utente (cosiddetto accesso disaggregato o
unbundling local loop) pagando essi stessi, in questo secondo caso, il canone di locazione a Telecom Italia.
Non sussistendo a carico dei suddetti operatori alternativi alla Telecom il divieto di sussidio incrociato, pertanto, gli stessi possono coprire i costi derivanti dall'affitto della linea attraverso i proventi di altri servizi come, ad esempio, il traffico telefonico.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

LUCCHESE. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
nella maggior parte dei supermercati italiani vengono venduti esclusivamente limoni provenienti dall'Argentina a discapito di quelli di qualità superiore ed eccellenti coltivati in Sicilia, Calabria e Campania che non trovano un giusto mercato -:
quali iniziative di carattere promozionale si intendano adottare a sostegno della valorizzazione e della presenza sul mercato dei prodotti agroalimentari del nostro Paese.
(4-11468)

Risposta. - Con riferimento a quanto evidenziato nell'interrogazione in esame nel ricordare che l'Amministrazione ha da sempre adottato ogni iniziativa utile alla promozione ed alla valorizzazione dei prodotti agroalimentari del nostro Paese, si evidenzia che per lo specifico settore agrumicolo è stato promosso un programma promozionale ancora in fase di realizzazione.
Il programma, approvato nell'anno 2000 per un periodo di quattro annualità, viene svolto a cura dell'ISMEA - Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare - ed è stato recentemente rimodulato in una serie iniziative così articolate:
una campagna di promozione itinerante presso le principali piazze d'Italia;
una campagna di promozione sui punti vendita della Grande Distribuzione, tramite l'allestimento di corner espositivi con opportuni supporti promozionali, contenenti nelle immagini e nei testi elementi riconducibili alla tradizione di una sana alimentazione italiana;
una campagna di promozione presso i principali aeroporti, che svolga una funzione di promozione e di informazione per i prodotti agrumicoli;
una campagna di affissione;
una campagna di comunicazione integrata, che, attraverso coproduzioni radiotelevisive, inserti redazionali sulla carta stampata e l'affissione nelle principali città italiane favorisca l'acquisizione di un posizionamento elevato e la definizione di un'immagine di qualità per gli agrumi;
una campagna informativa su internet tramite banner pubblicitari ed inserti redazionali.

Per le quattro annualità, infine, gli impegni dell'Amministrazione sono rispettivamente pari ad euro 4.045.000,00 per la prima annualità, euro 4.733.000,00 per la seconda annualità, euro 3.225.250,00 per la terza annualità ed euro 3.000.000,00 per la quarta annualità.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.


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MALGIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 18 marzo 2003 il governo di Cuba lanciò una massiccia offensiva contro l'opposizione a Fidel Castro con l'arresto arbitrario di 75 tra esponenti politici, scrittori, poeti e giornalisti, tutti condannati a pene detentive e ai lavori forzati con pene fino a venti anni in processi sostenuti in spregio a qualunque regola di garantismo giudiziario;
il successivo 4 aprile fece scalpore l'esecuzione capitale, dopo una settimana di detenzione, di tre cubani che avevano rubato un battello per fuggire negli Stati Uniti;
di fronte alle proteste della comunità internazionale e degli esuli anticastristi negli USA, Castro definì quegli arresti e quegli omicidi di Stato come un monito per tutti i cubani e organizzò due manifestazioni di massa a L'Avana che terminarono di fronte alle ambasciate di Italia e Spagna dove i manifestanti, incitati da una parte da Raul Castro e dall'altra dallo stesso presidente cubano, definirono Silvio Berlusconi e José Maria Aznar come due «piccoli Hitler»;
un anno dopo, nel marzo 2004, Amnesty International e Human Rights Watch pubblicarono due dossier nei quali veniva documentato come i 75 dissidenti fossero ancora detenuti in condizioni inumane e senza possibilità di incontrare i propri familiari;
il22 aprile 2004, una settimana dopo che la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite aveva «deplorato» i fatti del 2003, Human Rights Watch diede notizia dell'arresto, con l'accusa di «mancato rispetto dell'Autorità», di sette avvocati e di due giornalisti che avevano denunciato le violenze del regime comunista;
da allora il silenzio su quanto avviene nei tribunali e nelle carceri di Cuba è nuovamente calato, e solo poche settimane fa la notizia di una manifestazione di protesta a L'Avana delle mogli di alcuni dei 75 dissidenti è riuscita a filtrare attraverso le maglie della censura castrista e ha avuto eco sulla stampa internazionale;
nell'ultimo anno e mezzo, pur avendo votato a favore della risoluzione della Commissione sui diritti umani dell'ONU e avendo stilato numerose dichiarazioni di condanna, l'Italia e gli altri Stati membri dell'Unione europea hanno ribadito di voler ricercare, accanto alla fermezza sul principio della tutela dei diritti umani, anche il mantenimento di canali di comunicazione soprattutto in campo culturale con Cuba;
a parere dell'interrogante, che nel 2003 aveva sostenuto la proposta di sospendere in forma di ritorsione la costruzione del nuovo Istituto di cultura italiano all'Avana, sarebbe necessario l'utilizzo da parte dei governi europei anche di strumenti politici, economici e culturali più incisivi che, limitando al massimo le possibili ricadute sulla già difficile esistenza del popolo cubano, facciano sentire il governo di Cuba davvero isolato dall'intero mondo libero e non più solo, come avviene oggi, dagli Stati Uniti -:
se, attraverso i canali diplomatici dell'Italia e dell'Unione europea, sia in possesso di notizie sulla sorte dei 75 dissidenti detenuti dal 2003 e dei nove attivisti arrestati nello scorso aprile;
se ritenga necessario, da parte dell'Italia e dell'Unione europea, adottare iniziative che oltre le dichiarazioni di condanna prediligono forme di maggiore pressione politica, economica e culturale sul governo di Cuba.
(4-11754)

Risposta. - L'arresto da parte del regime castrista dei 75 dissidenti nel marzo 2003 ha determinato la dura condanna da parte della Comunità internazionale e, in particolare, dell'Unione europea che, in risposta all'inasprimento della repressione del Governo cubano, ha concordato una serie di misure sanzionatorie di carattere politico, contenute nella dichiarazione comune del 5 giugno 2003.


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Da parte italiana, dinanzi alla Sessione plenaria del Parlamento Europeo, il 21 luglio 2003, il Ministro Frattini, nella sua qualità di Presidente del Consiglio dell'UE, ha apertamente criticato la mancanza di azioni positive da parte del governo cubano in diversi settori, dal risanamento economico, allo stabilimento di un processo di transizione ad una democrazia pluralistica. In tema di rispetto dei diritti umani - notò in quell'occasione il Ministro Frattini - la situazione si era addirittura deteriorata, né si erano notati miglioramenti quanto alla libertà di movimento o alla libertà dei mezzi di informazione. Nella stessa data, il Consiglio dell'UE lanciò un appello alle autorità cubane perché i prigionieri politici fossero immediatamente rilasciati ed i detenuti non fossero «sottoposti a sofferenze né a trattamenti disumani». Inoltre, nell'agosto 2003 l'incaricato d'affari cubano venne convocato al Ministero degli esteri, su istruzioni del Ministro Frattini, per manifestargli la preoccupazione dell'Italia e dell'Unione Europea (di cui il nostro Paese esercitava in quel periodo la Presidenza) sulle condizioni di salute in cui versavano alcuni dissidenti detenuti.
Sulla base della mozione approvata dalla Camera dei deputati il 29 aprile 2003, l'Italia ha sospeso tutte le iniziative di cooperazione con Cuba approvate sul canale ordinario, sia bilaterali, sia multilaterali. Le uniche iniziative in corso riguardano alcuni progetti promossi da ONG italiane, cofinanziate dalla Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo di questo Ministero.
L'Unione europea ha assunto una posizione comune su Cuba fin dal 1996, basata sulla ricerca un dialogo costruttivo con le Autorità de L'Avana, al fine di incoraggiare un miglioramento della situazione dei diritti umani e la promozione di istituzioni effettivamente democratiche e pluraliste. Proprio a seguito degli arresti del marzo 2003, l'Unione europea ha deciso di intensificare i rapporti con i dissidenti anche con una iniziativa eclatante quale quella di invitare alle feste nazionali celebrate dalle varie Ambasciate dei paesi europei a L'Avana fra cui quella italiana gli esponenti più autorevoli della dissidenza cubana e gli oppositori politici al regime. Ciò ha determinato una situazione di pressoché totale isolamento delle Ambasciate UE a Cuba per opera delle Autorità locali, rendendo di fatto estremamente problematico quel dialogo costruttivo che era comunque una delle finalità della posizione comune del 1996.
Il 15 aprile 2004, nel corso della 60o sessione annuale della Commissione per i Diritti umani delle Nazioni unite che ha avuto luogo a Ginevra, è stata adottata una Risoluzione, co-sponsorizzata dall'Italia, con la quale si sollecita il Governo cubano a collaborare con il Rappresentante dell'Alto commissariato per i Diritti umani delle Nazioni unite, ad adottare le misure necessarie per favorire l'instaurazione di un dialogo fruttuoso con tutti i gruppi politici organizzati della società cubana, e a favorire l'instaurazione di istituzioni democratiche.
Nonostante il sopraccitato provvedimento, nel periodo aprile-maggio 2004, si è registrato un ulteriore inasprimento della repressione da parte delle Autorità cubane nei confronti dei dissidenti, che ha portato all'arresto di altre 16 persone tra attivisti per i diritti umani e giornalisti. I Capi Missione dell'Unione europea a L'Avana hanno reagito denunciando come tali arresti ed il relativo processo siano avvenuti senza alcun rispetto delle garanzie a favore degli imputati ed a tutela dell'indipendenza ed imparzialità del procedimento.
A tutt'oggi delle 75 persone arrestate nel marzo 2003, 14 sono state rilasciate dalle autorità cubane. In particolare il 30 novembre 2004 le autorità cubane hanno rilasciato due prigionieri tra i più noti ed autorevoli del gruppo dei 75. Si tratta di Raul Rivero, recentemente insignito di un premio dell'UNESCO per la libertà di stampa e Osvaldo Alfonso Valdes, Presidente del clandestino Partito Liberal Democratico. Nessuna delle 21 persone arrestate nel corso del 2004 sarebbe invece stata scarcerata.
Si evidenzia peraltro che la liberazione sia dei 12 dissidenti del «Gruppo dei 75» che dei 5 attivisti per i diritti umani e


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giornalisti non è avvenuta grazie a indulto o amnistia, ma in base ad una «licentia extrapenal», figura giuridica che lascia inalterata la condanna, ma sospende l'esecuzione della pena a seguito di sopravvenuti motivi di salute.
Va inoltre sottolineato che il 5 novembre 2004 le autorità cubane hanno consentito ad alcuni Ambasciatori accreditati a L'Avana di visitare due stabilimenti penitenziari, per verificare le condizioni locali di detenzione. Tale visita, secondo quanto riferito dal nostro Ambasciatore, che peraltro non è stato inserito nel ristretto gruppo di diplomatici cui è stato consentito di partecipare, contrariamente agli intendimenti delle autorità cubane, non è risultata soddisfacente per quanto attiene alla verifica del rispetto degli standard internazionali in materia di trattamento dei detenuti.
Ai provvedimenti di scarcerazione adottati dal Governo cubano ha fatto seguito il recente scongelamento di tutte le Ambasciate comunitarie a L'Avana, tra cui anche quella italiana (avvenuto in due riprese, il 3 e il 10 gennaio 2005). Questa ultima decisione rappresenta un importante sviluppo positivo nei rapporti tra l'Unione Europea e Cuba, consentendo l'avvio dell'auspicato processo di normalizzazione dei rapporti politico-diplomatici con il Governo cubano, dopo circa 18 mesi di crisi. Tale importante sviluppo, che consente, in pratica, la ripresa del dialogo critico con il Governo cubano e dei contatti ufficiali ad alto livello, è stato presentato dalle Autorità cubane come una risposta alle misure proposte dal Gruppo di Lavoro per l'America Latina (COLAT) nel corso della riunione del 14 dicembre 2004 e, in particolare, alla sospensione temporanea degli inviti ai dissidenti alle feste nazionali, che sono sempre stati interpretati in modo provocatorio da parte cubana. Le proposte in questione, che sono state il frutto di un lungo e faticoso negoziato, sono state formalmente adottate nelle Conclusioni del CAGRE del 31 gennaio 2005. Va inoltre rilevato che nelle predette Conclusioni si prevede che l'Unione europea sviluppi un dialogo rafforzato e più regolare con la dissidenza, le cui modalità saranno concordate tra i Partners, e si reitera la richiesta alle Autorità cubane di liberare in modo incondizionato tutti i dissidenti e i prigionieri politici attualmente detenuti. Sulla, base quindi dei progressi che si registreranno a Cuba nelle condizioni dei dissidenti e nel settore dei diritti umani, l'Unione europea riesaminerà entro il prossimo mese di luglio se confermare o meno la sospensione delle predette sanzioni nei confronti del Governo cubano.
In questa prospettiva, l'Italia e l'Unione europea guardano positivamente alla possibilità di un miglioramento delle relazioni con le Autorità cubane, nel quadro di un generale miglioramento dei diritti umani nel Paese e di una soddisfacente soluzione del problema dei dissidenti politici.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Giampaolo Bettamio.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono ripresi in misura crescente gli sbarchi di cittadini sudanesi, iracheni, liberiani, palestinesi, kurdi e di paesi nei quali è impedito qualsiasi esercizio delle libertà democratiche previste dalla Costituzione italiana;
in base all'articolo 10 della Costituzioni, tali cittadini stranieri sono titolari di un vero e proprio diritto soggettivo di asilo, come riconosciuto in diverse occasioni dalla Corte di Cassazione a sezioni unite a partire dal 1997;
fino all'entrata in vigore della nuova normativa in materia di asilo, come già avvenuto in passato molti di questi cittadini stranieri vengono rinchiusi nei centri di permanenza temporanea, senza avere possibilità di accedere alla procedura di asilo, senza interpreti, senza una effettiva assistenza sociale;
nei centri di permanenza temporanea è attualmente impedito l'ingresso alle associazioni umanitarie non convenzionate con le prefetture, ad altri soggetti indicati


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dagli immigrati, e, in taluni casi, persino agli avvocati di fiducia;
notizie di scarsa igiene, di violenze e di atti di autolesionismo, oltre che di tentati suicidi, vengono riferite periodicamente dalla stampa;
spesso la gestione di queste strutture è affidata ad associazioni private, e questi casi configurano una inaccettabile forma di privatizzazione delle attività di restrizione della libertà personale;
il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ed altre agenzie internazionali hanno più volte sottolineato il pericolo che forme di detenzione non regolamentate e non conseguenti alla commissione di un reato configurino l'ipotesi di trattamento inumano;
l'esperienza di questi anni ha dimostrato che i centri chiusi, oltre ad essere luoghi di violazioni gravissime dei diritti fondamentali della persona, sono del tutto inefficaci per garantire una maggiore effettività delle espulsioni ed un corretto accesso alle procedure di asilo;
cittadini di diverse etnie, tra i quali molti sudanesi, dopo essere stati internati nei centri di permanenza temporanea, sono stati ammessi alla procedura di asilo e attendono da oltre un anno e mezzo la risposta alla loro istanza da parte della Commissione centrale;
a Palermo, ad esempio, la prefettura ha demandato a soggetti privati l'assistenza materiale ai richiedenti asilo (vitto, alloggio) in strutture che non sono consone alle esigenze di informazione, di mediazione culturale e di assistenza anche legale di cui sono portatori i richiedenti asilo;
in Sicilia non ci sono veri e propri centri di accoglienza per richiedenti asilo, ma solo centri di detenzione amministrativa (Lampedusa, Agrigento, Trapani, Caltanissetta);
lo scorso anno la situazione verificatasi in Sicilia si è tradotta in ripetute violazioni dei diritti fondamentali (mancanza di interpreti, trattenimento oltre i limiti previsti dall'articolo 13 della Costituzione) degli stranieri potenziali richiedenti asilo trattenuti nei centri di detenzione siciliani;
negli ultimi mesi, anche per la congestione dei centri di permanenza temporanea già attivi, è invalsa la prassi di trasferire in Puglia o in Calabria (Crotone) con autobus, o direttamente con voli aerei da Lampedusa, gli immigrati giunti clandestinamente in Sicilia, tra i quali numerosi potenziali richiedenti asilo;
in attesa dell'entrata in vigore del nuovo regolamento di attuazione della legge 189/2002 e quindi della nuova disciplina delle procedure di asilo, non si ha notizia della istituzione delle nuove commissioni decentrate e dei nuovi centri di identificazione previsti appunto dalla nuova legge, come non si ha nessuna notizia del rifinanziamento e della ripresa del programma nazionale asilo (PNA);
in questa situazione si registra lo sbando totale delle migliaia di persone che in Italia sono ancora in attesa di una risposta alla loro richiesta di asilo, senza godere di alcuna forma di assistenza pubblica;
gli stranieri che arrivano quotidianamente sulle coste italiane, con sbarchi spesso drammatici, si trovano reclusi in strutture detentive come i centri di permanenza temporanea, o peggio, sono deportati da una regione all'altra senza avere alcuna possibilità di accesso alla procedura di asilo;
altrettanto grave è la condizione di quanti sono rimessi in libertà dopo avere ricevuto un provvedimento di espulsione ed essere stati internati in un CPT, pur essendo titolari del diritto soggettivo di chiedere (e ottenere) asilo politico -:
quali provvedimenti intenda adottare per garantire il più sollecito esame delle richieste di asilo ancora pendenti davanti alla Commissione centrale a Roma, prima che entri in vigore la nuova disciplina che prevede commissioni decentrate;


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quali provvedimenti intenda assicurare per garantire che i potenziali richiedenti asilo recentemente sbarcati in Sicilia e trasferiti a Crotone e in altri centri pugliesi possano ricevere informazioni adeguate sulla procedura di asilo, l'assistenza legale e di interpreti, l'accoglienza e i sussidi previsti dalla legge;
quali provvedimenti intenda suggerire alle prefetture siciliane per fare fronte alla tragica situazione di centinaia di richiedenti asilo già ammessi alla procedura, tra cui i Sudanesi presenti a Palermo, in attesa da oltre un anno di una risposta o della convocazione da parte della Commissione centrale, e che al momento sono privi di una sistemazione alloggiativa consona con il loro status e con il loro gravissimo disagio;
quali provvedimenti intenda adottare il Governo, direttamente, e tramite gli uffici territoriali del Governo, per fare fronte alla nuova ondata di sbarchi massicci che si sta intensificando alla vigilia del conflitto in Iraq;
se sia prevista l'apertura di nuovi centri di identificazione e di nuovi centri di permanenza temporanea;
quali strutture di accoglienza aperte alle associazioni, e quali risorse finanziarie intenda mettere a disposizione delle prefetture siciliane per fare fronte all'emergenza già presente ed alle gravissime ripercussioni che si profilano, in termini di afflusso di profughi, per effetto dello scoppio della guerra in Iraq.
(4-05747)

Risposta. - Prima di entrare nel merito delle richieste formulate con l'interrogazione cui si risponde, si reputa opportuno sviluppare alcune considerazioni di carattere generale in ordine ai centri di permanenza temporanea e di assistenza e alla funzione, importantissima nel sistema di governo del fenomeno migratorio, che essi svolgono.
In base alla legge n. 40 del 1998, che sul punto è stata solo parzialmente modificata dalla legge n. 189 del 2002, chi entra clandestinamente, a meno che non abbia i requisiti per l'asilo e non vi siano fondati motivi umanitari, va allontanato dal territorio nazionale con il riaccompagnamento nel paese di provenienza.
Per fare questo è però indispensabile accertare l'identità del clandestino perché sia certa di conseguenza la provenienza dell'interessato e lo Stato di provenienza non ponga ostacoli alla riammissione.
L'indagine che viene svolta caso per caso punta, altresì, a far emergere eventuali altri elementi significativi per garantire al meglio tutte le posizioni che le normative internazionali tutelano.
Questi accertamenti richiedono del tempo durante il quale chi è entrato clandestinamente deve essere posto nelle condizioni di non dileguarsi.
La concezione e le modalità di istituzione dei CPTA corrispondono ad una trasparente e coerente politica di governo del fenomeno dell'immigrazione condivisa e definita concordemente con gli altri partner dell'Unione europea.
Pertanto, il completamento del programma di realizzazione di nuovi Centri di permanenza temporanea e assistenza rientra tra gli obiettivi dell'Amministrazione dell'interno, in attuazione della legge n. 189 del 2002, come ribadito dalla direttiva del Ministro, On. Pisanu, per l'anno 2005 che ha, inoltre, fissato l'ulteriore obiettivo di aggiornare ed adeguare i vecchi CPT (centri di permanenza temporanea), facendoli diventare centri polifunzionali per l'immigrazione, dove possano essere ospitati, in locali ovviamente distinti, anche gli immigrati irregolari richiedenti asilo, dove vengano prestate le prime opere di assistenza umanitaria e dove possano insediarsi le commissioni territoriali per l'esame delle domande di asilo.
Detto questo, va ricordato che il livello delle prestazioni e dei servizi resi, attualmente, all'interno dei CPTA è stato stabilito in apposite linee guida per la gestione dei centri approvate con direttiva del Ministro dell'interno in data 8 gennaio 2003.
Le linee guida hanno fissato per la prima volta
standard qualitativi e quantitativi da rispettare e garantiscono perciò la massima trasparenza con benefici riflessi


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sia nella gestione quotidiana delle strutture sia nelle procedure di affidamento della gestione. Grazie ad esse è stato possibile, da un lato, omogeneizzare il livello delle prestazioni e, dall'altro, introdurre criteri obiettivi nella scelta degli enti gestori che sono ora chiamati a formulare offerte trasparenti in termini di miglioramento delle prestazioni rese e dei corrispettivi richiesti.
In ogni centro vengono assicurati, oltre ai normali servizi alla persona (lavanderia, barbieria, vitto, generi di conforto e quant'altro) il servizio di mediazione linguistica e culturale, l'assistenza sociale e psicologica, l'informazione sui diritti, doveri e sulla condizione dello straniero, l'intrattenimento degli ospiti, il servizio di assistenza sanitaria.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione dei CPTA istituiti nella regione Sicilia, va evidenziato che tutti i centri presenti nell'isola sono stati sottoposti, dal 21 novembre al 3 dicembre 2004, ad una verifica minuziosa da parte di un organismo internazionale, il «Comitato di prevenzione della tortura», istituito ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
A conclusione della visita, il Comitato ha ritenuto tutte le strutture di trattenimento visionate funzionali, in buono stato e idonee all'uso, ad eccezione del centro di Agrigento, peraltro già chiuso dall'ottobre 2004 per lavori di ristrutturazione, che, sulla base della dichiarazione di inadeguatezza del Comitato, è stato, dal dicembre 2004, chiuso in via definitiva.
Venendo, ora, agli aspetti applicativi della legge n. 189 del 2002, si sottolinea che, con l'entrata in vigore del regolamento concernente le disposizioni in materia di asilo (decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2004) avvenuta il 6 gennaio 2005, le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato saranno rese più celeri ed efficaci e, al tempo stesso, più garantite con l'istituzione di commissioni territoriali presenti nei luoghi di maggior afflusso (il regolamento ne prevede 7), con l'istituto del riesame e la realizzazione dei centri di identificazione.
La valutazione sarà certamente più completa, essendo stata introdotta, caso per il momento unico in Europa, la partecipazione piena, non più semplicemente consultiva, dei rappresentanti dell'Alto commissario ONU per i rifugiati che avranno diritto di voto nelle commissioni e con la possibilità, come detto, di un riesame delle decisioni da parte dell'organo amministrativo di secondo grado garantendo la presenza sul territorio nelle more del richiedente asilo.
Questo sistema di tutela viene, inoltre, integrato dalle nuove disposizioni che consentono, nel caso di presentazione del ricorso all'autorità giudiziaria, la valutazione del prefetto delle situazioni che consigliano la permanenza in Italia nel periodo di tempo necessario per la decisione del ricorso.
Per quel che riguarda la specifica richiesta relativa alle iniziative per garantire il più sollecito esame delle istanze ancora pendenti davanti alla Commissione centrale, si comunica, sulla base di quanto riferito dalla stessa Commissione, che l'organo collegiale, prima dell'entrata in vigore del Regolamento attuativo della legge Bossi-Fini in materia di asilo, ha continuato i suoi lavori a pieno ritmo, con la convocazione settimanale delle attuali tre Sezioni, spostandosi in alcune città (Bari, Crotone, Caserta) ove si trovavano stranieri in attesa della conclusione della loro istanza di rifugio, decidendo
in loco su tali richieste.
La stessa Commissione ha precisato, inoltre, che provvederà, con una gestione stralcio, all'espletamento dell'
iter delle istanze ancora pendenti.
Per quanto riguarda la situazione dei sudanesi presenti a Palermo all'epoca della presentazione dell'interrogazione, la Commissione ha precisato che le relative istanze per il riconoscimento dello
status di rifugiato sono state tutte esaminate nel periodo novembre 2002-novembre 2003, in 5 casi con esito positivo e in 20 con esito negativo.
Venendo, infine, agli aspetti relativi al paventato rischio di un esodo di massa a seguito della guerra in Iraq, la situazione in quell'area, come è noto, è profondamente


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mutata rispetto al momento della presentazione dell'atto di sindacato cui si risponde e molte delle questioni sollevate sono evidentemente superate dall'evoluzione dei fatti.
Tuttavia, in linea con quanto sostenuto durante la discussione in merito a mozioni relative agli aspetti umanitari della crisi in Iraq svoltasi dal 31 marzo al 3 aprile 2003 presso la Camera dei Deputati, si precisa che il Governo si era posto la questione di un possibile esodo di profughi iracheni già in epoca antecedente l'inizio delle operazioni militari in Iraq, nella prospettiva di valutarne attentamente ogni aspetto, evitando il più possibile di incorrere in approcci emotivi.
Durante le operazioni belliche, il Governo si è avvalso della collaborazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i profughi e i rifugiati, che svolge una costante attività di monitoraggio delle frontiere e che non ha mai segnalato rilevanti flussi di rifugiati nei paesi confinanti con l'Iraq.
L'ipotesi di rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti è disciplinata, sotto il profilo interno, dall'articolo 20 del testo unico sull'immigrazione che prevede l'adozione di uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisca misure di protezione temporanee.
A seguito dello stato di emergenza dovuto al continuo flusso irregolare di stranieri sul territorio nazionale, dichiarato il 20 marzo 2002 e successivamente prorogato, da ultimo, fino al 31 dicembre 2005 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2004, è sempre stata possibile l'adozione di misure straordinarie in materia di accoglienza di stranieri.
Pertanto, qualora si fosse realizzato un esodo dalle zone coinvolte nel conflitto, sarebbe stato attuabile il ricorso a misure straordinarie di protezione temporanea come quelle adottate in occasione della crisi del Kosovo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.

PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Assoconsum fa presente, in una sua comunicazione, che ogni pesticida ha un suo tempo di sicurezza che corrisponde all'intervallo di tempo che intercorre fra l'ultimo trattamento e il raccolto di ortofrutta;
il summenzionato tempo di solito non viene rispettato;
in questo modo si immettono sul mercato prodotti contenenti residui di pesticidi tossici e pericolosi per la salute umana -:
se non ritenga di adottare iniziative, anche normative, volte a prevedere che sulle confezioni sigillate sia espressamente indicata l'assenza di residui di pesticidi, nonché far sì che siano effettuati controlli più rigidi.
(4-11885)

Risposta. - Tutti i prodotti fitosanitari autorizzati per l'impiego in agricoltura riportano nell'etichetta l'intervallo di sicurezza, quale periodo di tempo che deve intercorrere tra il trattamento fitosanitario e la raccolta dei prodotti ortofrutticoli. Tale intervallo viene fissato sulla base di prove sperimentali sia di tipo agronomico sia di tipo chimico-fisico.
Il rispetto delle complessive modalità di impiego (intervallo di sicurezza, dosi, numero di trattamenti, ecc.) è in grado di garantire l'immissione sul mercato di prodotti alimentari sicuri per il consumatore; l'eventuale presenza di residui, derivanti dal trattamento fitosanitario, deve rientrare nei limiti massimi di residui stabiliti dalla normativa vigente (decreto ministeriale 27 agosto 2004).
Va precisato che l'attività di controllo sulla presenza dei residui nei prodotti ortofrutticoli viene esercitata dalle Aziende sanitarie locali, secondo le modalità indicate nel decreto ministeriale 23 dicembre 1992.
Nel 2003 sono stati analizzati 6782 campioni ortofrutticoli, di cui 122 sono risultati non regolamentari, con una percentuale


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di irregolarità, pari al 1.8 per cento, in linea con gli altri Paesi europei.
Al fine di garantire il corretto impiego dei prodotti fitosanitari, con il decreto ministeriale 9 agosto 2002 è stata data attuazione all'articolo 17 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194.
Tale articolo ha previsto l'adozione di piani nazionali annuali per i controlli ufficiali, con una serie di verifiche presso le aziende agricole, tra cui anche quella relativa al rispetto delle indicazioni e precauzioni d'uso riportate nell'etichetta.
I risultati delle misure ispettive eseguite dalle regioni e province autonome vengono trasmessi al ministero della salute, che annualmente, entro il 31 luglio, presenta agli altri Stati membri e alla Commissione europea una relazione sui risultati medesimi.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

PERROTTA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 3 gennaio 2005, alle ore 21.00 è andata in onda, su Rai 3, la trasmissione «W il Mercato»;
da una discussione sull'agricoltura e specificatamente sul pomodoro ciliegino di Vittoria-Gela (comprensorio agricolo di 100.000 lavoratori), si è evidenziato che la produzione locale si vende a 10 centesimi;
tale prezzo è inferiore di 2 volte il reale costo di produzione;
ciò accade, in quanto arrivano nei nostri negozi di generi alimentari o nelle grandi catene di distribuzione, prodotti egiziani, tunisini, marocchini, eccetera, che costano meno di 10 centesimi al chilo;
a detta degli agricoltori, ciò accade perché i fornitori della grande distribuzione mettono abusivamente il marchio «pomodoro ciliegino di Vittoria» sui prodotti importati;
i produttori locali, per protesta, recentemente, hanno impedito la vendita del summenzionato prodotto al mercato di Vittoria -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per ovviare a tale problematica, dato che, probabilmente, la situazione di cui sopra porterà al fallimento dei tre quarti degli agricoltori.
(4-12356)

Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, si ricorda che l'organizzazione comune di mercato del comparto ortofrutta (0CM), istituita dal regolamento (CE) n. 2200 del 1996, mette a disposizione dei produttori agricoli strumenti idonei a migliorare l'efficienza delle proprie produzioni, sia dal punto di vista commerciale, che produttivo, attraverso forme di aggregazione in organizzazioni di produttori (OP) che attuano specifici programmi operativi cofinanziati al 50 per cento e finalizzati al miglioramento dell'efficienza produttiva e commerciale dei propri associati.
Tuttavia, l'OCM è nel complesso poco utilizzata dai nostri produttori ortofrutticoli, con conseguente non operatività dei programmi e delle relative risorse, che garantirebbero un miglioramento strutturale della base produttiva e commerciale del settore.
Quanto ai presunti abusi in etichetta, nell'evidenziare che il decreto legislativo n. 306 del 2002 prevede severe sanzioni a carico dei trasgressori previo accertamento da parte dei competenti organismi di controllo, preme sottolineare che, proprio al fine di contrastare il fenomeno dell'introduzione nel nostro Paese di prodotti ortofrutticoli provenienti da paesi Comunitari ed extracomunitari, successivamente commercializzati come provenienti da aree italiane, con nota del 14 ottobre 2004 ho portato all'attenzione degli Organi di controllo la particolare situazione che si registra nel settore ortofrutticolo a seguito di fenomeni fraudolenti.
Di seguito, l'Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha avviato un programma


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straordinario di controllo, che ha portato a circa 1500 ispezioni presso i centri della piccola e grande distribuzione ed in alcuni mercati all'ingrosso.
Tale programma straordinario ha consentito all'Ispettorato ed agli Organi di controllo di acquisire elementi che permetteranno di indirizzare in maniera puntuale le verifiche volte ad accertare ipotesi di frode e, quindi, a combattere forme di concorrenza sleale.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

PINOTTI, MINNITI e ANGIONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sulla base degli accordi intercorsi tra il Governo Italiano e quello Francese per la realizzazione di 27 fregate multiruolo da suddividere tra i due paesi nella misura di 10 unità per l'Italia e 17 per la Francia deve essere avviata la costruzione del primo lotto di unità navali (6 per l'Italia e 8 per la Francia) nell'arco di questo anno;
il progetto è al momento in forte ritardo per il mancato finanziamento da parte Italiana della quota spettante al nostro paese;
le organizzazioni sindacali del settore cantieristico della Liguria e gli enti locali dei territori interessati alla piena attività dei cantieri navali di Riva Trigoso e del Muggiano per tutto ciò che essa significa in termini di occupazione, di indotto e di contenuto tecnologico, hanno manifestato nelle sedi istituzionali una forte preoccupazione per il ritardo da parte Italiana del finanziamento del progetto -:
se il Ministro della Difesa, che in prima persona ha sottoscritto gli impegni internazionali con il collega francese, intenda adoperarsi affinchè sia garantito lo stanziamento delle risorse necessarie e se le stesse possano trovare definizione nel decreto legge, così detto «sulla competitività», al momento in discussione da parte del Consiglio dei Ministri.
(4-13300)

Risposta. - Il programma «FREMM» si inquadra nell'ambito di una cooperazione internazionale fra l'Italia e la Francia finalizzato allo sviluppo ed alla costruzione di una nuova linea di Fregate multi missione - 27 unità complessive, di cui 10 per la Marina militare italiana - caratterizzate da elevata flessibilità d'impiego e con capacità di operare in tutte le situazioni.
Le nuove unità navali saranno l'espressione di un progetto di grande valore strategico, operativo e tecnico a livello europeo.
La dinamica del programma prevede l'acquisizione delle unità navali nell'arco di 7 anni a partire dal 2010.
Il progetto ha una grande rilevanza per l'industria nazionale, in quanto orientata a rilanciare ed a rafforzare lo sviluppo e l'acquisizione, da parte delle imprese italiane, di conoscenze e capacità produttive nel campo delle tecnologie avanzate ed innovative.
Ciò consentirà di far acquisire non solo al settore cantieristico-navale elevati livelli di competitività sul mercato internazionale, ma anche ai comparti produttivi di alta ed avanzata tecnologia.
In considerazione quindi, degli impegni assunti con la Francia e confermati nell'ottobre scorso in occasione dell'incontro tra i Ministri della difesa dei due Paesi, con la firma di una dichiarazione congiunta relativa all'avvio della fase di sviluppo e produzione delle nuove fregate, il Governo procederà nella realizzazione del programma nei tempi e con le modalità concordate come, peraltro, confermato dal Consiglio dei Ministri dell'11 marzo 2005.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

PISICCHIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
com'è noto agiscono nel nostro paese diverse associazioni di cittadini che orientano


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i loro sforzi per arginare il dilagare dell'inquinamento criminale del sistema economico;
alcune di queste associazioni, in particolare, riunite nella «consulta nazionale delle associazioni anti-usura», sono impegnate nel difficile compito di contrasto della più odiosa tra le attività criminali che infettano il mondo economico, l'usura che miete vittime sempre più numerose in un paese che vive una condizione generale di depauperamento;
lo Stato ha riconosciuto, fin dagli anni '90, con la legge n. 108 del 1996, l'importanza sociale del lavoro svolto dalle associazioni no-profit organizzate nella «consulta antiusura», e ancora oggi evidentemente continua a considerare rilevante l'impegno del privato sociale in questo settore, se è vero che il Governo si accinge a spendere 2.500.000 euro in spot pubblicitari per informare la cittadinanza sulle provvidenze disposte dalla normativa anti-usura;
la contraddizione tra la conferma di un riconoscimento da parte del Governo della grande opera di utilità sociale svolta dai centri anti-usura e un atteggiamento, invece, di colpevole trascuratezza nell'azione concreta, si manifesterebbe col mancato rifinanziamento nella misura di almeno 50 milioni di euro, della legge antiusura -:
se risponda a verità il fatto che la legge n. 108 del 1996 non sia stata rifinanziata e cosa i Ministri interrogati intendano fare per porre eventuale riparo ad una situazione che, se quanto citato in premessa corrispondesse al vero, evidenzierebbe l'amara contraddizione di uno spot pubblicitario lautamente finanziato per promuovere una legge inattuabile perché priva di finanziamento.
(4-11573)

Risposta. - Al riguardo, si premette che l'articolo 15, della legge 7 marzo 1996, n. 108, nell'istituire il Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura, lo ha dotato di uno stanziamento di 100 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1996, 1997 e 1998. Tale Fondo ha consentito di finanziare Associazioni, Fondazioni e Confidi che hanno operato, in collaborazione con gli istituti di credito, per impedire che singoli soggetti e piccole società, in difficoltà finanziaria, cadessero preda dell'usura. Tali organizzazioni hanno utilizzato il contributo ricevuto da questa Amministrazione per garantire la concessione di un credito bancario in una situazione di non affidabilità del soggetto interessato.
La procedura in questione ha dato buoni risultati, senza sovrapporsi, tuttavia, ai normali meccanismi di valutazione del credito; infatti, pur in presenza della garanzia dei fondi disposti dalla legge n. 108 del 1996, l'istituto di credito può rifiutare la concessione del credito, qualora ritenga che non vi siano, comunque, i presupposti economici per la continuazione dell'attività in difficoltà.
I fondi stanziati con l'approvazione della legge citata sono stati sufficienti per assicurare un'attività progressivamente crescente di Associazioni, Fondazioni e Confidi fino al 2000.
Alla fine dell'anno 2000, considerato che vi erano disponibilità ancora non utilizzate da parte del Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura (articolo 14 della legge n. 108 del 1996), si reputò opportuno stornare dal citato Fondo di solidarietà 100 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001 e 2002 a favore del Fondo di prevenzione.
Per gli anni 2003 e 2004 non si è ritenuto necessario proporre nuovi stanziamenti, in considerazione della liquidità ancora non impegnata da parte di Associazioni, Fondazioni e Confidi, aumentata delle garanzie liberate dai primi rimborsi di prestiti.
Giova precisare che, finora, la Commissione interministeriale, incaricata di definire la ripartizione dei fondi, ha privilegiato gli Enti di nuova istituzione e gli Enti operanti in aree a forte rischio di usura, mentre, sono stati negati nuovi finanziamenti agli Enti che non avevano un soddisfacente ammontare di erogazioni.
In linea con tali decisioni, sentito il parere dell'Avvocatura dello Stato, che ha indicato il periodo di due anni come congruo


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per avviare l'operatività di un ente, è stata chiesta la restituzione dei fondi non utilizzati da almeno due anni.
Si soggiunge, infine, che i nuovi standard in materia di adeguatezza del capitale degli istituti di credito, fissati a Basilea, avranno un impatto importante sull'operatività del Fondo di prevenzione previsto dalla legge n. 108 del 1996, in quanto gli stessi escludono che gli istituti di credito possano calcolare le garanzie dei Confidi come elemento riduzione del rischio o dell'esposizione. La recente normativa sui Confidi (articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326) tiene conto delle citate disposizioni ed incoraggia il rafforzamento dei Confidi attraverso forme di collegamento, nonchè la loro trasformazione in istituti bancari e in intermediari finanziari iscritti al registro, di cui all'articolo 107 del testo unico bancario.
Alla luce della situazione descritta, una maggiore chiarezza sui possibili beneficiari del Fondo di prevenzione potrebbe contribuire ad apportare, se necessario, dei correttivi al funzionamento del Fondo stesso. Il rifinanziamento del Fondo, quindi, potrebbe essere deciso a decorrere dal 2006.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

PREDA, KESSLER e SPINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 16 febbraio 2005 due volontari italiani dell'Operazione Colomba, impegnati a scortare pastori palestinesi al loro pascolo a sud della città cisgiordana di Hebron sono stati aggrediti da alcuni coloni giunti dall'avanposto israeliano di Hawat Maon;
i due volontari sono stati duramente percossi con pugni e calci e ricoverati nell'Ospedale di Berr Sheva -:
quali iniziative intenda prendere il Governo italiano presso quello israeliano per proteggere i volontari italiani e per evitare il ripetersi dei suddetti incidenti.
(4-13069)

Risposta. - Nella mattina del 16 febbraio scorso l'associazione «Comunità Papa Giovanni XXIII», con sede a Rimini, ha segnalato al Consolato generale di Gerusalemme l'aggressione subita dal connazionale Johannes Steger, obiettore di coscienza che presta servizio civile internazionale presso l'associazione medesima, su un programma di assistenza alle popolazioni beduine stanziate a sud della città di Hebron. Il Consolato Generale a Gerusalemme si è attivato immediatamente contattando la connazionale Monica Puto, presente al momento dell'aggressione ed anch'essa impegnata sullo stesso programma di assistenza. Secondo quanto riferito, i signori Steger, Puto e Rosetti stavano accompagnando due gruppi di pastori quando sono stati aggrediti da due coloni israeliani.
Sia la nostra Ambasciata a Tel Aviv che il nostro Consolato Generale a Gerusalemme, hanno seguito sin dall'inizio la vicenda dei tre volontari italiani aggrediti ad Hebron. Entrambe le sedi, infatti, non appena informate dell'accaduto (sia direttamente dai volontari, che dagli uffici dell'associazione), si sono adoperate per prestare la massima assistenza ai tre connazionali interessati. L'Ambasciata, da parte sua, è rimasta ad assisterli fino a quando sono stati dimessi dall'ospedale, a seguito degli accertamenti effettuati dai medici.
Il giorno dopo gli interessati hanno contattato le due sedi per chiedere loro assistenza con l'Autorità di polizia di Gerusalemme, ove si erano recati per presentare una denuncia. Il Consolato generale ha provveduto quindi a metterli in contatto con il legale di fiducia, il quale ha prestato loro la dovuta assistenza per finalizzare la deposizione ed espletare tutte le procedure amministrative necessarie per il proseguimento dell'inchiesta da parte delle Autorità israeliane (tutt'ora in corso).
L'Ambasciatore a Tel Aviv ha inoltre immediatamente rappresentato telefonicamente alle Autorità civili e militari israeliane quanto accaduto, ed inviato una Nota


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Verbale di protesta al Ministero degli Esteri locale.
Questo Ministero ha inoltre sensibilizzato l'Ambasciatore d'Israele, Ehud Gol, richiamandone l'attenzione sulla ricostruzione dei fatti, sui quali ha promesso di far chiarezza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

QUARTIANI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane spa è una Società per azioni dal 1998;
di tale Società per azioni lo Stato detiene il 65 per cento delle azioni dopo che alla fine dello scorso anno, per iniziativa del Governo e del Ministro Tremonti si è provveduto alla cessione del 35 per cento del pacchetto azionario alla neonata Cassa Depositi e Prestiti spa;
Poste Italiane è titolare e concessionaria di un pubblico servizio perché garantisce l'erogazione del servizio universale per il quale lo Stato paga 420 milioni di euro l'anno;
Poste Italiane pratica sul mercato disparità di trattamenti, venendo meno ad un ruolo equilibrato relativamente ad alcuni servizi offerti;
Poste Italiane particolarmente in Lombardia relativamente ad alcuni servizi infatti pratica tariffe molto diverse a seconda dei clienti con i quali tratta;
in particolare si è verificato che Cap Gestione spa, un ex consorzio che distribuisce acqua potabile e servizi fognari nelle province di Milano, Pavia e Lodi, ha stipulato un accordo con Poste Italiane per la collocazione di un dispensatore di moduli di cartone rigido plastificato di colore giallo e blu, munito di tasche nelle quali vengono collocati i diversi tipi di moduli di contratto che possono essere sottoscritti dai cittadini o aziende in materia di erogazione di acqua potabile, negli uffici postali delle tre province già citate;
tale servizio è molto apprezzato dalle famiglie che, così, non debbono recarsi necessariamente a Milano per le pratiche citate, evitando inutili code e perdite di tempo;
Cap Gestione spa paga per questo servizio a Poste Italiane 4.600 euro all'anno per ogni ufficio postale in cui viene collocato il dispensatore, nonché 15 euro per ogni contratto stipulato;
risulta all'interrogante che un dispensatore perfettamente uguale a quello precedentemente descritto, nelle dimensioni e nei colori, sia stato collocato da Poste Italiane spa, in tutti gli uffici postali della provincia di Milano per conto dell'Ente provincia di Milano. In questo caso, nel dispensatore, oltre a depliant di grande formato in cui è ben visibile il volto del Presidente della provincia di Milano, signora Ombretta Colli, viene proposto quasi esclusivamente materiale pubblicitario per alcuni servizi erogati dalla Provincia stessa. In particolare, però, a Poste Italiane dalla Provincia vengono versati solo 1.944 euro all'anno, nonché alcuni centesimi di euro nel caso in cui sia stata sottoscritta una licenza di pesca o una pratica simile;
a giudizio dell'interrogante appare peraltro inopportuno l'utilizzo degli uffici postali a fini propagandistici ed elettorali a favore del presidente della provincia di Milano in periodo preelettorale ed elettorale, la qual cosa contrasta con gli obiettivi dei servizio universale perseguito da Poste Italiane, prima ancora che con le norme che regolano le campagne elettorali;
l'evidente forte disparità di trattamento ha comunque già fatto perdere a Poste Italiane altre commesse, non solo con altre utilities, ma anche con altri enti provinciali che, per lo stesso servizio, si sono sentiti chiedere prezzi molto più elevati pari a 6.000 e 7.000 euro all'anno per il posizionamento dei dispensatore per ogni ufficio postale -:


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se il Ministro non intenda intervenire al fine di normalizzare e uniformare l'offerta e i prezzi dei servizi suddetti e, se del caso, interrompere l'erogazione di quelli che hanno determinato disparità di trattamento e turbativa sul mercato.
(4-10015)

Risposta. - Si fa presente che la società Poste - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha precisato di aver avviato, fin dal settembre 2003, con la Provincia di Milano una sperimentazione sulla base di un protocollo d'intesa e, successivamente di una convenzione, per la distribuzione, l'accettazione e l'inoltro agli uffici della Provincia della modulistica inerente a specifiche attività e procedure di competenza provinciale.
Tale progetto pilota prevede che le attribuzioni in parola vengano svolte dagli uffici di Poste italiane dislocati sul territorio provinciale anche mediante l'utilizzo degli stessi servizi aziendali.
Trattandosi di una sperimentazione in regime di partenariato, la medesima società Poste ha precisato che per tale servizio viene corrisposto esclusivamente un rimborso dei costi sostenuti e non una vera e propria remunerazione.
Per quanto concerne il lamentato «inopportuno utilizzo degli uffici postali a fini propagandistici ed elettorali...» la medesima società ha precisato che, in ossequio alla normativa vigente, durante il periodo di silenzio elettorale, l'azienda ha provveduto, a sue spese, ad eliminare dall'espositore contenente il materiale relativo alla Provincia di Milano, ogni esplicito riferimento alla Presidente nonché agli Assessori.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

REALACCI. - Al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'isola di Pianosa è la più remota e dimenticata dell'arcipelago delle Tremiti, da cui dista 12 miglia, ultimo lembo di suolo italiano alla soglia del confine con le acque internazionali e poco oltre della Croazia; si staglia dirimpetto al Gargano, a 18 miglia da Rodi e a 20 da Peschici;
dal 14 luglio 1989 è qualificata come «zona A» delle riserva marina integrale delle Diomedee: qui la natura dovrebbe seguire i suoi ritmi senza alcuna intrusione della specie umana. Nelle sue acque è assolutamente preclusa la pesca così come la navigazione e la balneazione;
l'isola di Pianosa con i suoi 11 ettari e mezzo di superficie presenta uno sviluppo di costa pari quasi a un miglio marino: ha una lunghezza di 700 metri, una larghezza massima di 250 e un'altezza di 15. A Nord, dove è sistemato il faro ricostruito nel 1948, ci sono fondali frastagliati e a picco, mentre a Sud una secca si estende per circa cento metri verso il largo. Alla Punta di Ponente esiste un laghetto di circa 25 metri di diametro, profondo fino a 8 metri, a seconda delle maree, in comunicazione sotterranea con il mare;
nella cala del Grottone, un ipogeo subacqueo si apre dal basso fondale per penetrare nelle viscere dell'isola. I suoi fondali sono ricchi anche di frammenti di ceramiche e di anfore romane. Anticamente era frequentata dai dalmati nei periodi di pesca delle sarde e delle aragoste. Vi dimorano stormi di gabbiani reali;
in questa area è ancora presente la Posidonia oceanica, un'immensa prateria, preziosa per la salvaguardia del litorale dai fenomeni erosivi. Più in profondità, lungo la falesie rocciose, ci si imbatte in rigogliose e variopinte gorgonie, spugne poriferi e biocostruzioni coralline. Qui nuotano numerosissime le castagnole e, negli anfratti rocciosi, è possibile vedere cernie, murene, bronchi e aragoste. Abbondanti anche i saraghi fasciati, i dentici e, nei periodi di passo, le ricciole;
questi fondali cristallini sembrerebbero presentare, però, oltre a queste importanti ed uniche varietà di flora e fauna


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marine mediterranee, anche un segreto micidiale. A un soffio dall'isola adriatica, infatti, a pochi metri di profondità sono adagiate una quantità imprecisata di ordigni bellici inesplosi - di cui 48 identificati come appartenenti all'aviazione degli Stati Uniti d'America - mimetizzati dalle alghe;
dovrebbero essere un retaggio dell'ultimo conflitto mondiale: l'isola servì, infatti, agli Alleati quale campo di tiro per l'Aeronautica che peraltro distrusse il faro, i pozzi e i rifugi dei pescatori;
a sostegno di questa ipotesi esiste un'ordinanza della Capitaneria di Porto di Manfredonia dimenticata in un cassetto dal 18 ottobre 1972 nella quale si legge «...Nella zona di mare circostante l'isola di Pianosa, per una profondità di cento metri, sono depositate su fondo marino un numero imprecisato di bombe aeree che rendono la zona pericolosa alla navigazione, ancoraggio e sosta di qualsiasi natante, alla pesca subacquea e balneazione...»;
inspiegabilmente nessuno segnala questo grave pericolo. Il 22 giugno 1995 il Comandante della Guardia Costiera Sipontina, interpellava i superiori: «... Si prega di far conoscere le proprie determinazioni in ordine agli ordigni bellici che rivestono notevole rilievo ai fini della salvaguardia della pubblica incolumità...». Il direttore generale del ministero dei trasporti e della navigazione replicava il 19 settembre dello stesso anno: «...Sembrano sussistere i presupposti necessari per l'intervento della Marina Militare in quanto è stata accertata la presenza di ordigni esplosivi che possono pregiudicare l'incolumità della vita umana in mare ed essere pericolosi per la navigazione...». Tre mesi più tardi, il 18 dicembre, a nome dello Stato Maggiore il contrammiraglio siglava l'ultimo atto della querelle burocratica: «... La Marina Militare interviene solo a titolo di concorso ed allorquando gli Enti richiedenti assumono formalmente gli oneri di spesa. L'inizio delle operazioni di bonifica potrà avvenire solo allorquando saranno note l'assunzione degli oneri di spesa e l'avvenuta disponibilità dei fondi necessari da parte dell'Amministrazione civile interessata...»;
la bonifica di ordigni esplosivi è stata sempre effettuata, a partire dal 18 settembre 1963, dai nuclei SDAI della Marina militare. Non è tutto. Dal 1943 nel mare Adriatico ristagnano migliaia di tonnellate di ordigni - iprite, fosforo, fosgene - scaricati sui fondali a 3-4 miglia dalla costa pugliese (fra Bari e le isole Tremiti) per occultare la violazione della Convenzione di Ginevra (1925);
il governo italiano a metà degli anni '90 promise una bonifica ma si limitò a varare soltanto il monitoraggio (progetto Acab) delle zone di affondamento dei residuati, note da mezzo secolo alla Marina Militare, «...Le conseguenze epidemiologiche a danno dei pescatori - segnala da anni il professor Giorgio Assennato, direttore dell'istituto di Medicina del Lavoro di Bari - risultano all'ordine del giorno. Per non dire degli effetti nocivi delle bombe all'uranio impoverito destinate alla ex Jugoslavia e mai recuperate dall'Adriatico...» -:
se i Ministri interrogati intendano chiarire i motivi che hanno portato a questa situazione di stallo che ad oggi non ha ancora permesso la realizzazione di tutti gli interventi di bonifica dell'area interessata dalla presenza di questi ordigni bellici;
se non si ritenga opportuno predisporre un piano d'azione rapido ed efficace perché la bonifica avvenga in tempi rapidi e certi e se non si ritenga di applicare il principio di «chi inquina paga» in modo che i responsabili si facciano carico dei danni sociali ed ambientali prodotti causati dall'affondamento indiscriminato di questi ordigni militari e della loro lunga permanenza in un habitat marino che tutto il mondo ci invidia.
(4-10327)

Risposta. - Si risponde anche per conto dei Dicasteri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle politiche agricole e forestali.


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Relativamente agli ordigni bellici affondati in basso Adriatico, risalenti alla seconda guerra mondiale, l'Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare (ICRAM) ha condotto - su commissione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - tra dicembre 1997 e ottobre 1999, un programma di ricerca denominato A.C.A.B. (Armi Chimiche Affondate e Benthos), volto a localizzare le aree di fondale interessate dalla presenza di residuati bellici a carica chimica, ad accertarne lo stato di conservazione ed a valutare i rischi ambientali.
Il programma ha visto la partecipazione anche del Consorzio nazionale inter-universitario per la Scienza del Mare (Co.Ni.S.Ma.) e dello Stabilimento militare Materiali Difesa nucleare Batteriologica e Chimica di Civitavecchia.
Il citato Istituto che ha, tra l'altro, pubblicato un manuale illustrativo delle misure precauzionali da adottare in caso di recupero di tali residuati, ha in atto anche il cosiddetto progetto RED COD (
Research on Environmental Demage caused by Chemical Ordnance Dumped at sea), finanziato dalla Commissione Europea, per approfondire le conseguenze derivanti dai residuati bellici giacenti sui fondali dell'area interessata.
Solo a conclusione di tale studio (dicembre 2005) verranno valutate le opportune iniziative e le specifiche competenze dei diversi Enti Istituzionali coinvolti nella problematica.
Ciò premesso, in merito alle attività di bonifica del fondo marino da ordigni (ovvero, materiali esplodenti ad essi assimilabili), preme sottolineare, in generale, come la normativa vigente stabilisca che interventi di tale natura siano suddivisi in occasionali e sistematici.
In particolare, è previsto che:
la bonifica occasionale sia effettuata a seguito di ritrovamento di ordigni esplosivi e limitatamente all'intervento su di essi e per motivi connessi con la salvaguardia della pubblica incolumità;
la bonifica sistematica sia effettuata, a scopo preventivo, nelle aree dove si presuppone la presenza di ordigni nascosti da fenomeni naturali o, comunque, non individuabili a vista.

L'urgenza dell'intervento non può, comunque, prescindere da considerazioni di effettiva sussistenza del rischio per l'incolumità pubblica in mare, secondo una scala di priorità che colloca all'ultimo posto interventi su pericoli considerati solo potenziali.
Peraltro, fatta salva la competenza dell'autorità del Governo a richiedere in ogni caso l'intervento di bonifica, per le bonifiche di carattere occasionale potrà essere richiesta l'azione di reparti militari specializzati per il tramite dell'Autorità militare territorialmente competente.
Nel caso, invece, di bonifiche sistematiche, la Prefettura - così come disposto dal Dipartimento della Protezione Civile in data 16 maggio 1996 - si dovrà avvalere, di massima, di ditte specializzate, in possesso di specifici requisiti, coinvolgendo eventualmente l'apparato militare solo in operazioni preventive di ricognizione delle aree da bonificare, atte a valutare fattibilità e stima dei costi e, se necessario, nella fase finale di alienazione e distruzione degli ordigni.
Con specifico riferimento alla bonifica dei fondali delle acque prospicienti l'isola di Pianosa, auspicata dall'interrogante, si rileva che nel 1972, a seguito del rinvenimento di un numero imprecisato di ordigni bellici risalenti alla seconda guerra mondiale, è stata effettuata dal Nucleo Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi (SDAI) della Marina Militare la relativa bonifica che, però, non è stata portata a termine per le intervenute proteste degli abitanti.
Per tale motivo è stata emanata l'ordinanza n. 27 del 1972, cui è cenno nella premessa all'atto, con la quale è stata vietata qualsiasi attività per un raggio di 500 metri dalla costa, nella zona antistante l'isola.
Al riguardo, si precisa che l'ordinanza del Capo del Circondario Marittimo ha la funzione di regolare determinate situazioni connesse a specifici avvenimenti caratterizzati da peculiarità contingenti e, quindi, in astratto, non estensibili ad ogni fattispecie;


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la stessa rimane, comunque, valida ed applicabile per espressa previsione delle prescrizioni in essa contenute.
Successivamente, la Capitaneria di porto di Manfredonia ha interessato il competente Ufficio territoriale del Governo, al fine di provvedere allo stanziamento dei fondi necessari per la bonifica. Richiesta, peraltro, reiterata in tempi diversi.
Le iniziative della Capitaneria di porto di Manfredonia sono state condivise dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dall'Ente Parco del Gargano, proprio in ragione della complessità e del carattere di sistematicità che assume l'intervento.
Nel merito, il Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo di Ancona ha condotto uno studio di fattibilità, con il quale sono state individuate le modalità tecnico-operative inerenti all'eventuale intervento di bonifica dell'area circostante l'isola.
Le risultanze di tale studio sono state partecipate alla competente Prefettura, auspicando l'avvio delle azioni necessarie alla risoluzione della problematica.
Quanto all'applicazione del principio «chi inquina paga», il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha comunicato che, non appena disporrà di materiale probatorio rilevante, tale da risalire con certezza agli autori dei fatti di cui trattasi, nonché di documentazione attestante la sussistenza e l'entità dei danni arrecati alle risorse marine, valuterà se sussistono i presupposti per attivare le procedure finalizzate ad ottenere il risarcimento del pregiudizio arrecato, ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 349 del 1986.
Si aggiunge, in ultimo, con riferimento al rilascio di ordigni da parte di aerei NATO «in emergenza», nel corso di operazioni militari in Kosovo, che il Governo ha disposto l'esecuzione delle operazioni di bonifica riguardanti l'intero bacino del Mare Adriatico e che tali attività sono state svolte dalla Marina militare italiana e da unità NATO nel periodo compreso tra il 1999 ed il 2001.
Inoltre, la marina militare italiana svolge periodicamente operazioni di sorveglianza dei fondali sulle principali rotte e linee di comunicazione marittime, con l'impiego delle proprie unità di Contro Misure Mine (
Route Survey), fornendo, quindi, una continua opera a salvaguardia della sicurezza della navigazione.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

SGOBIO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE è un Ente di diritto pubblico che sovrintende a tutta l'attività ippica e ai settori connessi come quelli delle corse e dell'allevamento dei cavalli ed è controllato dal ministero delle politiche agricole;
la Società di Siracusa ha diffuso il libretto programma relativo alla riunione di trotto 2004, come riscontrabile anche sul sito unire-sorteggio.it;
il numero dei convegni delle corse al trotto, con un inaspettato cambio di destinazione richiesto dalla Società di Siracusa, passa, come riporta anche il quotidiano Lo Sportsman dai nove degli anni scorsi ad un «meeting della velocità» di quattro giornate quasi consecutive dal 7 all'11 agosto con dotazioni da «mini gran premio»;
la riduzione senza preavviso del numero dei convegni nell'ippodromo di Siracusa, proprio nel mese di agosto, si aggiunge alla chiusura dell'attività ippica all'ippodromo «La Favorita» di Palermo e comporta un fermo forzato dell'attività per le categorie ippiche siciliane e nazionali, data l'impossibilità di far correre i propri cavalli nella corsa più importante del convegno, perché appunto riservata a cavalli di categoria superiore alla media;
a mente della circolare «Programmazione 2003», approvata con deliberazione commissariale n. 4 del 17 gennaio 2003 e prorogata con circolare n. 32/2003, prot. 146995 dell'UNIRE Area Trotto, l'Unire non può approvare manifestazioni promozionali in qualsiasi ippodromo, in un numero


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annuo superiore al 15 per cento delle giornate assegnate per l'anno in corso alla stessa piazza;
se è stato permesso, come risulterebbe dal programma reso noto dalla Società di Siracusa e visionabile sul sito unire-sorteggio.it, di ridurre dalle n. 9 giornate del 2003 a n. 4 i convegni per il 2004, non sembra possibile effettuare eventi eccezionali fuori dalla programmazione ordinaria - che prevede corse singole - come il G. P. Città di Siracusa programmato l'11 settembre, corsa unica suddivisa invece, per l'occasione, in batterie, finale e consolazione con dotazione complessiva di circa euro 70.000,00;
l'Unire non può approvare libretti programma (articolo 47 Regolamento delle Corse al Trotto) di ippodromi dove siano programmate nei 12 giorni precedenti e nei 12 successivi all'effettuazione di una corsa classica (corsa per cavalli di 2, 3 e 4 anni inserita nell'elenco dei Grandi Premi) - a prescindere dalla piazza dove questa è programmata - corse per cavalli di 2, 3 e 4 anni se non nel limite massimo consentito per ogni singola piazza;
la circolare n. 75/99 dell'E.N.C.A.T. stabilisce in un importo complessivo pari o superiore a lire 44.000.000 (euro 22.724,00) il limite per cui è necessario chiedere preventivamente autorizzazione all'Ufficio Tecnico dell'Ente al fine di poter inserire le corse di tale dotazione nel libretto programma;
la medesima circolare afferma che «Apposita Commissione valuterà con anticipo di almeno 60 giorni le eventuali concomitanze, risolvendole con apposito coordinamento delle prove con dotazione superiore a lire 44.000.000 (euro 22.724,00)»;
l'Unire secondo l'articolo 46 del Regolamento delle Corse al Trotto e secondo la circolare Programmazione 2003, efficace anche per il 2004, deve approvare libretti-programma presentati all'UNIRE Area Trotto almeno trenta giorni prima di ogni riunione;
secondo l'interrogante si corre il rischio, a causa delle mancanze di cui sopra, di fare invalidare uno o più convegni di corse - con clamorosi esiti sul rilancio del settore, sulle scommesse e sulla credibilità del gioco fonte di rilevante entrate per l'erario;
con note datate 20 e 22 luglio 2004 l'UNAGT, UNAGT Sicilia, UPT Sicilia, Federnat Sicilia, segnalavano al Commissario UNIRE, al Segretario Generale UNIRE, al Dirigente UNIRE Area Trotto, il mancato rispetto dei Regolamenti, la penalizzazione subìta per la riduzione dei convegni di trotto di Siracusa da nove a quattro senza averne avviso e preannunciavano, in ipotesi di perseveranza nel disegno illegittimo, ricorsi anche cautelari alle Autorità Giudiziarie civili, amministrative e penali competenti -:
per quali ragioni l'UNIRE abbia permesso all'ippodromo di Siracusa di effettuare manifestazioni promozionali, con dotazioni da G. Premio senza tener conto delle disposizioni in materia, anche in materia d'invarianza di calendario, promessa e sottoscritta dal Ministro alle Categorie il mese di gennaio 2004;
per quali motivi di carattere tecnico-economico l'UNIRE abbia autorizzato l'inserimento nel libretto programma dell'ippodromo di Siracusa di corse riservate a cavalli di 3 e 4 anni con importo superiore a euro 22.724,00, distanti meno di dodici giorni dal G. Premio Città di Cesena (31 luglio 2004) e distanti meno di dodici giorni precedenti dal G. di Taranto (14 agosto 2004), corse classiche inserite nell'elenco dei G. Premi, permettendo di creare concomitanze che potrebbero incidere in negativo sul numero del campo dei partenti delle corse classiche, sulla loro omogeneità e sul volume delle scommesse che costituisce fonte di rilevante entrata per l'erario;
quali siano le ragioni per cui l'UNIRE abbia concesso alla Società di Siracusa di presentare il libretto programma solo il 20 luglio 2004 (nota prot. 210 del Presidente dell'ippodromo di Siracusa), quindi abbondantemente


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dopo il termine ultimo utile di trenta giorni prima di ogni riunione previsto dai Regolamenti, dato che il primo convegno di trotto del mese di agosto all'ippodromo Mediterraneo di Siracusa è previsto per il 7 agosto 2004;
cosa intenda fare per riportare l'ente sui binari della correttezza amministrativa-contabile-tecnica e di normali relazioni sociali visto che l'attuale dirigenza UNIRE sembra non voler tenere in considerazione questi argomenti.
(4-10689)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame preme, innanzi tutto, sottolineare che le problematiche ivi rappresentate esulano dall'attività di vigilanza dell'Amministrazione, che, pur tuttavia, è intervenuta sull'Ente affinché fossero fornite risposte ai quesiti posti nell'atto.
Al riguardo, l'UNIRE ha precisato che una volta predisposto il programma di corse per la riunione di trotto 2004 dalla Società di corse che gestisce l'Ippodromo di Siracusa, l'Ente ha apportato una modifica al programma già predisposto, con la riduzione dei convegni estivi da 9 a 4, al solo scopo di migliorare la programmazione dell'Ippodromo stesso attraverso la partecipazione di cavalli qualificati provenienti da altri Ippodromi e non soltanto di cavalli stanziali in Sicilia, atteso che la programmazione delle corse non si effettua su base regionale, bensì nazionale.
La stessa riduzione dei convegni non aveva alcuno scopo promozionale bensì aveva come unica finalità un miglior livello delle corse in svolgimento a Siracusa.
L'UNIRE può definire con proprio atto la programmazione del Premio Siracusa con batterie, finale e consolazione per una dotazione complessiva di Euro 70.000,00; corsa che non si può configurare in alcun modo come un Grande Premio.
Quanto alla circolare n. 75 del 1999 dell'ENCAT, l'Ente ha precisato che la stessa non può essere considerata applicabile, in quanto, seppure l'ENCAT (Ente Nazionale delle Corse al Trotto) sia stato incorporato nell'UNIRE dal 1o gennaio 2000, non è mai stata costituita la Commissione per il coordinamento delle prove con dotazione superiore a lire 44.000.000.
Infine, il termine di trenta giorni per l'approvazione dei libretti programma non può essere considerato in alcun modo un limite per l'Ente nello svolgimento della propria attività, bensì è un termine perentorio solo nei confronti delle Società di corse.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

SGOBIO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il Ministero delle Comunicazioni, precedentemente denominato «Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni», aveva circa 250.000 persone alle dipendenze, dovendo gestire anche il personale degli uffici postali;
con la legge n. 71 del 1994 il personale si è drasticamente ridotto;
i posti di direttori generali, in precedenza otto, si erano, in base alla sopraccitata legge, ridotti a sei;
il decreto legislativo 366/2003, all'articolo 3, individua cinque direzioni generali e prevede tre posizioni di livello dirigenziale anche per l'assolvimento di compiti e di coordinamento di progetti speciali, di ispezione, di controllo, nonché di studio e di ricerca;
il suddetto decreto legislativo, all'articolo 7, prevede la riduzione di cinque posti di livello dirigenziale di seconda fascia e l'incremento di due posti di livello dirigenziale generale;
il decreto legislativo 29/93, come modificato dal decreto legislativo 80/98, prevede all'articolo 19 comma 10, la possibilità che dirigenti svolgano funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca -:
quante persone a livello di direttore generale (prima fascia) ed a livello di dirigente (seconda fascia) abbiano attualmente


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un incarico di ricerca nel Ministero delle Comunicazioni in base ad un contratto;
quali siano gli obiettivi da conseguire e quale l'utilità per la Pubblica Amministrazione.
(4-11889)

Risposta. - Si fa presente che ai sensi di quanto previsto dall'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera l) della legge n. 145 del 2002, presso il Ministero delle comunicazioni risultano conferiti un incarico di dirigente di prima fascia ed un incarico di dirigente di seconda fascia.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

TARDITI e DANIELE GALLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che nel territorio novarese, a Trecate, nella zona denominata Buscaglino, e a Sozzago, l'ENI S.p.A., Divisione Exploration e Production, in previsione dell'apertura di nuovi campi petroliferi, starebbe effettuando sondaggi stratigrafici, prove penetrometriche e installando piezzometri, il tutto finalizzato alla trivellazione di pozzi petroliferi;
da notizie giunte all'interrogante, sembra che L'ENI nel gennaio del 1998, avesse ottenuto, dall'allora ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (oggi ministero delle attività produttive), Pierluigi Bersani, il permesso per ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «NOVARA»;
le operazioni attualmente in corso suscitano viva preoccupazione tra gli amministratori locali e i residenti poiché la zona in questione ha un alto pregio agricolo e ambientale, ed è salvaguardata da precise norme urbanistiche;
dieci anni fa, è bene ricordarlo, in questa zona si è verificata l'esplosione del pozzo petrolifero TR 24, le cui conseguenze alle persone e all'ambiente sono ancora evidenti e ciò giustifica il grande allarme che questa nuova attività dell'ENI provoca -:
se il fatto esposto in premessa corrisponde al vero;
in caso affermativo, se non si ritenga opportuno adoperarsi affinché siano sospese le operazioni in corso al fine di accertare se, da parte dell'ENI S.p.A., si siano attivate, prima dell'inizio delle trivellazioni, le indispensabili procedure di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) cui sono assoggettate le esecuzioni dei pozzi e se la società in questione sia in possesso delle autorizzazioni previste dalla normativa.
(4-09728)

Risposta. - La Società ENI S.p.A. è titolare del permesso di ricerca per idrocarburi liquidi e gassosi denominato «NOVARA» rilasciato dal Ministero delle attività produttive con decreto ministeriale 30 gennaio 1998, a decorrere dal 1o gennaio 1997 per la durata di 6 anni, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 625 del 1996. Il permesso, che interessava originariamente una superficie di kmq 454,37 ricadente in territorio delle province di Milano, Novara e Pavia è stato concesso, ai sensi della normativa vigente, a tutela dei diritti acquisiti dall'ENI nell'ambito della ex zona di esclusiva della stessa ENI nella Valle Padana, liberalizzata dal citato decreto legislativo con cui è stata recepita la specifica direttiva comunitaria in materia di «licensing».
Il predetto permesso, veniva, pertanto, a scadere il 1o gennaio 2003.
Con decreti ministeriali 2 aprile 1999 e 20 settembre 2000, la vigenza del permesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 10, della legge n. 9 del 1991, è stata sospesa dal Ministero delle attività produttive per il periodo compreso tra il 1o dicembre 1998 ed il 6 agosto 2000 (pari a 615 giorni) e, conseguentemente, la nuova scadenza del permesso stesso è stata fissata al 7 settembre 2004.


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Detta sospensione, su istanza della Società ENI S.p.A., è stata motivata dalla mancanza della pronuncia, da parte del competente Ministero dell'ambiente, sulla compatibilità ambientale per l'esecuzione del previsto programma lavori approvato dal Ministero delle attività produttive con il decreto di attribuzione del permesso.
Il Ministero dell'ambiente, in data 7 agosto 2000 prot. 9982/VIA/A.O.13.S, ha escluso dall'assoggettamento alle procedure di V.I.A. le attività del programma di lavoro da svolgere nell'ambito del permesso «NOVARA» concernenti lo svolgimento delle ricerche geofisiche indirette da effettuare con metodo sismico a condizione del rispetto di alcune prescrizioni, mentre per quanto riguarda l'esecuzione del programmato pozzo esplorativo, lo stesso Ministero ha ritenuto che le relative attività, una volta che il pozzo stesso fosse stato perfettamente ubicato sul territorio, avrebbero dovuto essere preventivamente sottoposte alla procedura di valutazione di impatto ambientale.
L'area del permesso «NOVARA», è stata poi ridotta a kmq 333,55 ai sensi dell'articolo 28, comma 5, del citato decreto legislativo n. 625 del 1996.
In data 1o aprile 2004 la Soc. ENI ha quindi presentato alla Regione Piemonte - divenuta nel frattempo competente in materia di valutazione di impatto ambientale per le attività di ricerca petrolifera sulla terraferma, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998 e successive modificazioni - domanda di valutazione di impatto ambientale in relazione alla perforazione del sondaggio esplorativo «Buscaglino 1 dir.», in conformità a quanto previsto dall'articolo 12 comma 1, della legge regionale n. 40 del 1998.
La Società ENI S.p.A. con istanza del 17 agosto 2004, ha chiesto al Ministero delle attività produttive un'ulteriore sospensione del decorso temporale del permesso in parola, a decorrere dal 14 luglio 2004, a seguito della lettera, in pari data, della Regione Piemonte - Direzione Industria, Settore Pianificazione e Verifica Attività Estrattiva di richiesta di integrazione e chiarimenti circa lo Studio di impatto ambientale (SIA) da essa presentato per l'esecuzione del pozzo «Buscaglino 1 dir.».
Questa ulteriore richiesta di sospensione è stata accordata con decreto ministeriale 27 ottobre 2004 e si è in attesa della determinazione della Regione Piemonte sulla compatibilità ambientale del sondaggio previsto.
In proposito si fa infine presente che la Regione Piemonte - Direzione Industria, Settore Pianificazione e Verifica Attività Estrattiva, con nota n. 19139/164 del 15 dicembre 2004, ha comunicato al Ministero delle attività produttive di avere prorogato di sessanta giorni il termine dell'attuale scadenza del procedimento di V.I.A., in considerazione della complessità del progetto e della necessità di un ulteriore approfondimento da parte sia della Conferenza di servizi sia dell'Organo Tecnico regionale.
Sulla base di tutto quanto finora esposto e con specifico riferimento alle richieste degli Onorevoli interroganti, si può pertanto affermare che:
1) i sondaggi stratigrafici, le prove penetrometriche e piezometriche sono state effettivamente eseguite dall'ENI che, però, era legittimata ad effettuare tali verifiche in quanto espressamente richieste dal Ministero dell'ambiente e dalla Regione interessata e senza bisogno di alcuna autorizzazione poiché si trattava, con grande evidenza, di indagini indirette, di natura puramente superficiale e geognostica finalizzate unicamente alla caratterizzazione ambientale dell'area interessata dal progetto di eventuale esecuzione del pozzo di ricerca «Buscaglino 1»;
2) nessuna operazione di perforazione di pozzi di ricerca può essere sospesa perché nessuna operazione di tale tipo è stata ancora iniziata, né autorizzata, e neanche richiesta alla competente autorità mineraria del Ministero delle attività produttive, in attesa delle previste valutazioni di compatibilità ambientale che sono attualmente in fase di istruttoria da parte della competente Regione Piemonte. Tramite la procedura di V.I.A. viene garantita la massima pubblicità e trasparenza procedurale, essendo questo


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lo strumento previsto dall'ordinamento nazionale per il contemperamento di tutti gli interessi pubblici coinvolti, tra i quali vi è certamente quello relativo alla promozione sia della ricerca di idrocarburi, quanto mai necessaria per la ricostituzione delle riserve nazionali, ormai in netto declino da vari anni, sia della produzione nazionale, per il contributo che essa può apportare al soddisfacimento energetico del Paese.

Infine, per completezza di informazione, si fa presente che l'incidente occorso circa dieci anni addietro presso il pozzo denominato «Trecate 24» nel contesto delle attività di sviluppo del citato giacimento di greggio di Villafortuna-Trecate condotte dall'ENI, è uno dei pochissimi incidenti di rilievo (tre-quattro) complessivamente verificatisi in Italia nel settore dell'upstream degli idrocarburi in oltre 50 anni di attività. Risulta inoltre a questo Ministero che i terreni all'epoca coinvolti dallo sversamento di greggio avvenuto al citato pozzo sono stati perfettamente bonificati e ripristinati e che tutti i danni sono stati abbondantemente risarciti con piena soddisfazione dei proprietari, interessati.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le vetture sequestrate, a diverso titolo dalle Forze dell'ordine e non ritirate dal legittimo proprietario sono oggetto di confisca e da tale data le responsabilità dei mezzi, nonché tutte le spese successive, sarebbero di competenza dell'Agenzia del Demanio;
varie Agenzie del Demanio del Piemonte, contattate più volte dalle Società preposte a tale servizio, e che lamentano lunghi ritardi nella corresponsione dei canoni di deposito e custodia, non risultano pagare quanto dovuto;
nello specifico la Società Mazzi di Verbania e la Patera Motors di Silvano Patera & C. snc di Armeno (Novara), per conoscere le modalità e le procedure necessarie per l'emissione delle relative fatture, hanno ricevuto risposte molto evasive;
in data 11 novembre 2003 una delle società suddette ha in ogni caso emesso tre fatture intestate al Ministero dell'economia e delle finanze che, nonostante i numerosi solleciti non sono state, ad oggi, ancora saldate -:
quali misure si intendano adottare per fare chiarezza sulle procedure da attuare per ottenere il sollecito pagamento di tale servizio;
quali siano gli importi dovuti alle aziende del Piemonte autorizzate al ricovero dei mezzi sequestrati.
(4-11398)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, si chiede di conoscere, con particolare riferimento alla società Mazzi di Verbania ed alla Patera Motors e Co. di Armeno, quali misure si intendano adottare in merito alla problematica della mancata corresponsione dei canoni dovuti alle depositerie del Piemonte, concessionarie del servizio di custodia dei veicoli sequestrati a diverso titolo dalle Forze dell'Ordine e non ritirati dai rispettivi proprietari.
Al riguardo, l'Agenzia del demanio ha riferito che, per le due fatture emesse dalla Società Mazzi nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, la n. 618 del 1o agosto 2001 è stata pagata con valuta 24 novembre 2004, mentre la n. 76 del 7 febbraio 2003 necessita di uno stanziamento di fondi che l'Agenzia stessa ha provveduto a sollecitare. Per quanto concerne i crediti della Società Patera Motors e Co., solamente due delle tre fatture emesse (rispettivamente n. 268 e n. 270) possono essere imputate per il pagamento al Ministero dell'economia e delle finanze.
Al contrario, la fattura n. 269 risulta, a detta dell'Agenzia del demanio, non addebitabile al Ministero dell'economia e delle


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finanze, né tantomeno all'Agenzia del demanio, stante che in essa viene erroneamente contabilizzato il periodo di giacenza intercorrente tra il 19 giugno 1998 ed il 27 settembre 1999, che compete, invece, all'Ufficio territoriale di governo di Novara in considerazione del ritardo con cui è pervenuta (in data 3 novembre 1999) la notifica dell'ordinanza di confisca alla Direzione compartimentale del territorio - Sezione staccata di Novara.
I costi del periodo successivo al 27 settembre 1999 fino alla data di comunicazione alla concessionaria Eliosnet (allora Eurocomputers), avvenuta il 29 febbraio 2000, devono essere invece attribuiti alla competenza della concessionaria, ai sensi dell'articolo 9 della convenzione n. 133 del 1999, stipulata con la medesima società, in base alla quale «le spese di custodia dei veicoli sottoposti a confisca e giacenti presso i depositi che maturano a decorrere dalla data di approvazione della convenzione sono a carico del concessionario».
Conseguentemente, la filiale piemontese dell'Agenzia del demanio, con nota del 9 dicembre 2004, ha restituito tale fattura alla Società Patera Motors e Co. affinché provveda al suo storno integrale e alla remissione nei confronti dei soggetti realmente debitori.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ilSegretario generale dell'Onu, Kofi Annan, nel suo rapporto annuale al Consiglio di Sicurezza sui bambini soldato (A/59/695-S/2005/72), reso pubblico il 16 febbraio, menziona i nomi di 54 fazioni armate ed eserciti governativi che commettono gravi violazioni dei diritti del bambino in 11 diversi paesi;
il rapporto accusa il governo ugandese di non aver mai smesso di arruolare e utilizzare bambini soldato nelle file del proprio esercito nazionale e riporta le affermazioni del maggiore Shaban Bantanza, portavoce dell'esercito che avrebbe ammesso, all'occasione di un'intervista con media inglesi, la presenza di minorenni tra i propri soldati, specificando che si trattava però di ex-ribelli dell'Esercito di resistenza del signore (Lra), il movimento armato attivo da 18 anni nel nord dell'Uganda in quanto questo impiego rappresenterebbe il minor male per dei ragazzi che non avrebbero potuto trovare un'occupazione alternativa;
secondo il rapporto, anche l'Esercito di resistenza del Signore (LRA) ha continuato a reclutare ed utilizzare minori per la guerra: tra l'ottobre 2003 e il luglio 2004 la LRA ha rapito almeno 3.000 bambini, 1.600 dei quali nel distretto di Gulu e circa 250 nel distretto di Kitgum;
secondo il rapporto, L'UNICEF e le organizzazioni non governative incaricate della protezione dei bambini, avevano instaurato un dialogo con le Forze di difesa popolari dell'Uganda (UPDF) e le Unità di difesa locali alleate (LDU) a proposito di questo problema; l'Ufficio per i diritti umani dell'UPDF, tra l'altro, era stato incaricato di esaminare i dossier delle nuove reclute per verificare il rispetto della legislazione nazionale, che impedisce l'arruolamento dei minori di 18 anni, senza tuttavia aver ideato un sistema operativo davvero efficace;
Kofi Annan raccomanda al Consiglio di sicurezza di intervenire in modo adeguato qualora non ci fossero dei mutamenti significativi nelle situazioni indicate dal rapporto, compreso l'embargo sulle armi;
il padre comboniano Carlos Rodriguez, già arrestato con padre Giulio Albanese e padre Tarcisio Pazzaglia nel 2002 in Uganda, è stato di nuovo minacciato d'arresto dal comandante dell'esercito ugandese, generale Aronda, per aver


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scritto sul settimanale The Observer che nell'esercito ugandese sono presenti bambini-soldato -:
se a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative intenda intraprendere per manifestare il dissenso dell'Italia all'utilizzo di minorenni come soldati in Uganda;
se non intenda condizionare l'ingresso nel nostro Paese del Presidente ugandese Museveni e dei ministri del suo Governo all'effettivo rispetto dei diritti umani e segnatamente dei diritti dei bambini;
come intenda procedere per garantire la sicurezza dei cittadini italiani in missione umanitaria in Uganda e nello specifico del padre comboniano Carlos Rodriguez.
(4-13220)

Risposta. - Il problema dei bambini soldato in Uganda nasce dal fatto che il movimento ribelle del Lord's Resistance Army (LRA), guidato da Joseph Kony, fa largo uso del sequestro e dell'arruolamento forzato di minorenni. Tale situazione si inserisce nel contesto più generale di grave crisi in cui versa il Nord Uganda, a causa del conflitto che oppone il LRA ed il Governo di Kampala. Il conflitto, che ha causato numerose vittime fra la popolazione civile, è stato posto dall'Italia fra le priorità di politica africana fin dal nostro semestre di Presidenza dell'Unione Europea.
Sulla questione dei bambini soldato in Africa, l'Italia ha del resto sempre prestato particolare sensibilità ed attenzione. Nel novembre 2004, l'Italia ha organizzato una conferenza internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite in Sierra Leone per affrontare il problema del reinserimento nella vita civile dei bambini soldato, a seguito della quale è stato istituito un fondo presso la Banca Mondiale e la Banca Africana di Sviluppo a favore di quei Governi ed ONG che intendano attuare programmi per il recupero dei bambini. Inoltre, nello specifico della situazione ugandese, la nostra Cooperazione allo Sviluppo ha erogato un contributo di 500 mila euro all'UNICEF nel quadro dell'appello consolidato 2004 per il Nord Uganda, a favore della costruzione di luoghi sicuri per i minori della regione, della smobilitazione dei bambini soldato e del loro reinserimento nella società civile. Va segnalato oltre a ciò un netto incremento della presenza delle Nazioni Unite, che hanno aperto due uffici nei principali capoluoghi del Nord Uganda ed hanno aumentato sensibilmente gli stanziamenti destinati all'emergenza umanitaria della regione.
Circa le dichiarazioni del portavoce dell'esercito ugandese Shaban Bantariza, esse non si prestano ad una interpretazione univoca. Di sicuro vi è l'arruolamento volontario nell'esercito ugandese di diversi ex combattenti del LRA, sprovvisti di documenti e di età non identificabile, anche perché segnati ed induriti nel fisico e nel comportamento dalle tragiche vicende del conflitto. Essi sono stati inquadrati in battaglioni non impegnati in operazioni militari, una sorta di area di parcheggio in attesa che le Nazioni Unite, ed in particolare l'UNICEF, elaborino dei programmi globali di reinserimento. Da notare che il fenomeno della dissociazione di questi giovani combattenti dalla lotta armata è recente, essendo cominciato da metà 2004 a seguito dell'amnistia concessa dal Governo.
Relativamente all'assistenza prestata ai nostri connazionali nel Paese, la nostra Ambasciata a Kampala non ha mai mancato di fornire un sostegno ai missionari ed operatori umanitari presenti in Uganda. Lo stesso specifico episodio dell'arresto dei padri Giulio Albanese, Tarcisio Pazzaglia e Carlos Rodriguez, menzionato nell'interrogazione, fu risolto grazie al tempestivo intervento della nostra Ambasciata.
Quanto alle recenti minacce nei confronti di padre Carlos Rodriguez, di cittadinanza spagnola, l'Ambasciata di Spagna competente territorialmente è costantemente in contatto con le Ambasciate comunitarie a Kampala, compresa la nostra. Peraltro risulta che, di recente, sia l'Ambasciata spagnola che gli ambienti missionari non abbiano mancato di richiamare padre Rodriguez ad una interpretazione


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della propria missione più legata all'osservanza del mandato pastorale e meno agli aspetti connessi all'attualità politica dell'Uganda.
L'Uganda non ha formato oggetto nel 2004 di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani, né in sede di Commissione per i Diritti Umani di Ginevra né in ambito Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tuttavia, con particolare riferimento alla pratica operata dal
Lord Resistance Army del reclutamento su vasta scala di bambini soldato, a cui sopra si è già fatto cenno, va rilevato che la situazione specifica dell'infanzia e del fenomeno dei bambini soldato in Africa in generale, è stata oggetto di una risoluzione approvata nel corso della 60a sessione della predetta Commissione per i Diritti Umani tenutasi a Ginevra nel marzo-aprile 2004. Con tale risoluzione la CDU:
1) condanna il fenomeno del rapimento e del reclutamento dei bambini, soprattutto di quelli dislocati nei campi profughi, alfine di impiegarli nei conflitti armati;
2) domanda l'immediata smobilitazione e disarmo di tutti i bambini soldato, inclusi quelli rapiti al fine della loro coscrizione in gruppi armati ed il loro rilascio con garanzia di un sicuro ritorno presso le famiglie di origine;
3) invita gli Stati africani a prestare particolare attenzione alla protezione dei minorenni, orfani e/o rifugiati nei campi profughi e ad adottare misure ulteriori alfine di impedire il rapimento di questi bambini, in particolare di fanciulle, da parte dei gruppi guerriglieri;
4) chiede di aumentare ed accrescere la cooperazione tanto regionale quanto internazionale alfine di combattere il fenomeno dei bambini soldato;
5) incoraggia tutti gli Stati africani ad inserire il tema dei diritti dei bambini nei processi di pace, negli accordi di pace e nelle fasi post conflitto di ricostruzione ed assistenza;
6) esorta gli Stati africani che ancora non lo avessero fatto a ratificare il Protocollo Opzionale alla Convenzione sui Diritti dei Bambini sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati.

La tematica relativa alla tutela dei minori coinvolti nei conflitti armati in generale forma oggetto inoltre di specifica attenzione da parte dell'Italia e dell'Unione Europea. Proprio su iniziativa della Presidenza italiana dell'Unione Europea, l'8 dicembre 2003, il Consiglio Affari Generali dell'Unione ha approvato le linee guida dell'UE in materia di bambini e conflitti armati. Grazie all'iniziativa italiana l'Unione Europea dispone oggi di un testo di riferimento che definisce la strategia generale di contrasto a tale fenomeno nei rapporti dell'Unione con gli Stati terzi, così come avviene in materia di campagna abolizionista per la pena di morte, lotta alla tortura e, più di recente, tutela degli attivisti dei diritti umani.
Il problema dell'attuazione delle linee guida, e più in generale dei bambini nei conflitti armati, è stato inoltre sviluppato in occasione della V edizione del Forum dell'Unione Europea sui diritti umani, organizzato, nel dicembre 2003 a Roma, su iniziativa della Presidenza italiana e, per la prima volta, consacrato al tema della tutela dei minori nel diritto internazionale.
L'importanza che l'Unione Europea attribuisce a tale argomento ha recentemente trovato un'ulteriore conferma nell'adozione da parte del COPS del 13 dicembre 2004 del Piano d'Azione dell'Unione Europea nel settore dei bambini nei conflitti armati, redatto su iniziativa della Presidenza olandese, e che da concreto seguito alle «Linee guida dell'UE in materia di bambini e conflitti armati».
Al fine di dare concreto avvio al Piano d'Azione, la Presidenza europea ha già lanciato un progetto pilota nella regione del Nord dell'Uganda, individuato, proprio per la specificità della situazione dei bambini nei conflitti armati sul terreno, come Paese d'intervento prioritario.
Per quanto riguarda specificatamente la situazione dei diritti umani, legata al conflitto


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civile attualmente in corso nella parte nord occidentale dell'Uganda che vede contrapposti il Governo di Museveni e il Lord Resistance Army (LRA), numerose sono tuttora le denuncie, operate dalle massime ONG del settore (Amnesty International e Human Rights Watch) di violenze ed abusi perpetrati nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

ZANOTTI, GRIGNAFFINI, GRILLINI, GRANDI e ZANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il cittadino straniero non comunitario per rinnovare il permesso di soggiorno deve chiamare il call center della Questura di Bologna al numero 051 6401780;
tale numero è attivo nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle 13.30 alle 17.30 e il sabato dalle 8.30 alle 12.00 e trovare la linea non occupata è pressoché impossibile;
ad oggi i tempi di attesa sono di cinque mesi, dunque, il primo appuntamento disponibile è per ottobre 2004;
per ogni chiamata al call center si può prendere appuntamento per il rinnovo di un solo permesso di soggiorno; pertanto, per rinnovare il permesso di soggiorno dei propri congiunti il cittadino straniero deve fare un numero di telefonate pari al numero di familiari componenti il nucleo;
una volta ottenuto l'appuntamento in Questura per il rinnovo dei permesso di soggiorno, qualora la documentazione del cittadino straniero sia lacunosa, fatto alquanto probabile visto l'alto numero delle circolari interpretative, l'agente allo sportello non può prendere in carico la pratica incompleta, ragione per cui si costringe il cittadino straniero a fissare un nuovo appuntamento;
per tali motivi, il cittadino straniero rimane per interi mesi senza permesso di soggiorno incorrendo, per effetto della legge 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta legge Bossi-Fini), in una situazione di irregolarità, con tutte le conseguenti sanzioni di legge;
il cittadino straniero in questa situazione non ha alcuna possibilità di trovare lavoro, perché sprovvisto di regolare permesso di soggiorno, e non può allontanarsi dal territorio nazionale;
sempre per effetto della legge Bossi-Fini, non può disporre dell'assistenza socio-sanitaria;
attualmente alle richieste di rinnovo di permesso di soggiorno si aggiungono anche quelle di coloro che sono stati regolarizzati con decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito in legge 9 ottobre 2002, n. 222, ovvero per il comune di Bologna circa 13.000 cittadini;
le medesime condizioni riguardano anche le pratiche per le richieste di carte di soggiorno e ricongiungimenti familiari;
infine, i cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno, che sono in cassa integrazione o mobilità e che, quindi, usufruiscono di 6 mesi di paga, per tutta la durata di questo periodo di tempo non possono lasciare, in base ad una circolare poco chiara e controversa, il territorio nazionale, neppure in caso di gravi vicende familiari -:
quali iniziative il Ministro competente intenda assumere per risolvere i problemi sollevati e ridurre i disagi creati ai cittadini stranieri;
e se non intenda adottare le opportune iniziative normative per dare soluzione ai gravi disagi in cui si trovano i cittadini stranieri in attesa di regolarizzazione.
(4-10093)

Risposta. - Per ridurre i disagi lamentati dall'interrogante, dal 26 luglio del 2004, 400 lavoratori interinali hanno rinforzato gli uffici immigrazione delle trenta Questure


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più importanti, nel cui territorio si registra il maggior affollamento di stranieri e, conseguentemente, si sono determinate criticità nei rilasci e nei rinnovi dei permessi di soggiorno.
A Bologna, in particolare, sono state destinate, proprio alfine di decongestionare gli uffici, 15 di tali lavoratori, consentendo di ridurre sensibilmente le giacenze e i tempi di attesa.
Il consistente numero dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio provinciale (oltre 45.000) e delle relative istanze per il rilascio del permesso di soggiorno ha effettivamente determinato, nel corso del 2004 e prima delle misure appena ricordate, l'allungamento dei tempi di attesa intercorrenti tra il momento di fissazione dell'appuntamento mediante prenotazione telefonica e quello di effettivo deposito dell'istanza.
Venendo, ora, ad alcuni specifici aspetti sollevati dall'interrogante, per quanto riguarda la possibilità di prenotare un solo appuntamento per ogni chiamata telefonica, salvo nel caso di più persone appartenenti ad uno stesso nucleo familiare, si fa presente che tale limitazione è stata introdotta per scongiurare eventuali episodi di speculazione da parte di alcune agenzie di intermediazione o di privati.
Non trova riscontro, inoltre, l'affermazione secondo cui il cittadino straniero che abbia presentato allo sportello un'istanza corredata di documentazione giustificativa incompleta sia costretto a fissare un nuovo appuntamento, in data anche posteriore di mesi alla prima, per regolarizzare ed integrare quanto già depositato.
Al contrario, onde evitare disguidi, il pubblico viene preventivamente informato sui requisiti e le modalità di presentazione delle istanze all'Ufficio Immigrazione della Questura mediante materiale illustrativo disponibile presso l'Ufficio Relazioni con il Pubblico, gli Uffici delle Amministrazioni Comunali e le sedi delle Associazioni di categoria e delle Organizzazioni Sindacali.
Nel caso, comunque, si registrasse un caso di domanda corredata da documentazione incompleta con riferimento, in particolare, al possesso in capo al richiedente di requisiti essenziali per il relativo accoglimento, le istanze vengono ugualmente accettate ed il cittadino straniero viene invitato a produrre quanto prima la documentazione integrativa occorrente per poter dare corso alla trattazione.
Per quanto riguarda, inoltre, le possibilità di reperimento di una regolare occupazione lavorativa, non sono emersi casi di licenziamento di un lavoratore straniero che abbia dimostrato di essersi attivato per tempo ai fini del rinnovo del proprio titolo di soggiorno, in considerazione del fatto che la stessa Direzione Provinciale del Lavoro non qualifica come «mano d'opera clandestina» i lavoratori in attesa del predetto rinnovo.
Si fa presente, altresì, che, in occasione dei periodi di festività, il Ministero dell'interno ha sempre previsto, con apposite direttive, particolari agevolazioni per l'uscita e il rientro nel nostro Paese degli stranieri soggiornanti in Italia in possesso della ricevuta dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
In applicazione di tali disposizioni, la Questura di Bologna ha predisposto un meccanismo di brevi proroghe dei permessi di soggiorno in scadenza, finalizzato a consentire ai cittadini stranieri, che ne facciano richiesta, di poter lasciare il territorio italiano per trascorrere le ferie nel paese di origine e di potervi successivamente fare rientro senza l'obbligo di richiedere il rilascio di un visto di reingresso per l'Italia.
Riguardo alle problematiche concernenti l'assistenza sanitaria, si informa che i servizi sanitari vengono assicurati a tutti i cittadini stranieri presenti sul territorio provinciale, compresi quelli privi di regolare permesso di soggiorno, in caso di interventi aventi il carattere delle necessità ed urgenza.
In particolare, agli stranieri titolari di regolare permesso di soggiorno in scadenza, in attesa di ottenerne il rinnovo, che risultino in possesso dei prescritti requisiti, l'Azienda Sanitaria Locale, d'intesa con la Questura, garantisce la prosecuzione dell'assistenza sanitaria fino al rilascio del nuovo permesso di soggiorno a condizione


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che gli stranieri in questione dimostrino di essersi tempestivamente attivati per il rinnovo.
Non risultano, infine, disposizioni che impediscono ai titolari di permesso di soggiorno «per attesa occupazione», in quanto abbiano perso il precedente lavoro, di fare regolarmente rientro nel paese di origine in caso di gravi necessità. Infatti, la titolarità di un permesso di soggiorno consente al cittadino straniero sia la regolare permanenza nel territorio italiano sia la possibilità di allontanarsene e di farvi successivamente rientro fino a che il citato titolo di soggiorno sia in corso di validità.
Si ricorda, inoltre, che il 10 febbraio 2005 è stato pubblicato il regolamento attuativo della legge Bossi-Fini sull'immigrazione, che prevede l'istituzione dello sportello unico presso ogni prefettura, che si occuperà tra l'altro del rilascio di permessi di primo ingresso e di ricongiungimenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.