Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 570 del 18/1/2005
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(Iniziative per contrastare le infezioni ospedaliere - n. 3-03460)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, senatore Cursi, ha facoltà di rispondere all'interrogazione


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Perrotta n. 3-03460 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 7).

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Il problema delle infezioni contratte durante la degenza ospedaliera è riconosciuto a livello internazionale quale una tra le principali minacce per la salute pubblica. L'Organizzazione mondiale della sanità e le più importanti organizzazioni sanitarie mondiali, da sempre particolarmente attente alla prevenzione ed al controllo del fenomeno in questione, hanno emanato alcune risoluzioni allo scopo di sottolineare l'importanza dell'adozione di specifiche misure di contenimento delle infezioni, comprensive, tra l'altro, dell'individuazione dei comportamenti e delle pratiche professionali, quali l'uso prudente degli antimicrobici, nonché gli assetti organizzativi e il miglioramento delle misure di contenimento delle infezioni, mirate a ridurre in maniera decisiva il rischio di trasmissione.
Le infezioni ospedaliere sono un fenomeno diffuso, legato alla circolazione ed alla capacità infettante di un numero elevato di microrganismi di varia natura, batterica, virale, fungina, circolanti in ambito ospedaliero, nonché alla particolare suscettibilità che presentano i soggetti ospedalizzati sottoposti a interventi diagnostici e terapeutici di varia tipologia a detti agenti infestanti. Per l'elevato uso di terapie antibiotiche in ambito ospedaliero, i batteri che causano infezioni ospedaliere sono frequentemente resistenti ad uno o più antibiotici. In tutti i paesi - compresa l'Italia - in cui tali infezioni sono state studiate, quelle ospedaliere hanno una frequenza che varia dal 5 per cento fino a più del 20 per cento dei soggetti ospedalizzati, in relazione soprattutto al reparto di ricovero che, a sua volta, è indice della gravità della patologia che viene trattata e della suscettibilità del paziente all'infezione.
La più alta frequenza di infezioni ospedaliere, pertanto, si verifica nei reparti di terapia intensiva, dove circolano anche batteri multiresistenti agli antibiotici.
La prevenzione delle infezioni ospedaliere costituisce una sfida determinante per la salute pubblica, perché esse sono causate da un insieme piuttosto eterogeneo di condizioni diverse sotto il profilo microbiologico, fisiologico ed epidemiologico, con notevole incidenza sui costi sanitari, che costituiscono certamente indicatori della qualità dell'offerta sanitaria.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,10)

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Incidendo significativamente sui costi unitari e prolungando la dirigenza ospedaliera dei pazienti ricoverati, le infezioni ospedaliere influenzano notevolmente la capacità dei presidi ospedalieri di garantire ricovero ad altri pazienti.
Nonostante l'elevato impatto socio-economico delle infezioni ospedaliere, i sistemi di sorveglianza e controllo e le azioni per ridurne gli effetti sono, invece, ancora piuttosto disomogenei a livello internazionale e nazionale, anche se negli ultimi tempi sono stati messi a punto ed implementati numerosi programmi.
Gli studi svolti hanno fornito un'indicazione della possibile prevenzione delle infezioni ospedaliere nella misura del 30 per cento con conseguente riduzione dei costi e migliore qualità dell'offerta del servizio sanitario.
In Italia, stime recenti suggeriscono che circa cinquecentomila pazienti su nove milioni e mezzo di ricoverati l'anno sono affetti da un'infezione contratta in ospedale, vale a dire che una percentuale compresa tra il 5 e il 17 per cento dei pazienti ospedalizzati si ammala ogni anno di infezione, con una percentuale di mortalità del 3 per cento. Sono molto diffuse setticemie, polmoniti, infezioni da catetere venoso centrale, infezioni urinarie e del sito chirurgico.
Non esistono misure che consentano di contrastare totalmente l'infezione ospedaliera. Esistono, tuttavia, misure diverse che ne possono diminuire l'incidenza e la gravità. Queste misure, tuttora oggetto di


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approfondimento e di dibattito, sono incentrate in generale sulle seguenti iniziative: approfondita conoscenza della diffusione degli agenti infettivi e delle patologie provocate nelle diverse istituzioni ospedaliere (tale conoscenza si sviluppa in una necessaria sorveglianza attiva dell'infezione ospedaliera secondo criteri analitici per i diversi ospedali e per i diversi reparti); implementazione delle misure di igiene personale ed ambientale, con particolare riguardo al lavaggio delle mani del personale sanitario nonché all'uso di tutti i dispositivi di protezione individuale di contenimento della trasmissione degli agenti infettivi (mascherine, camice, soprascarpe, guanti, eccetera); corretta gestione del paziente con l'adozione rapida, se necessario, delle procedure di isolamento e corretta implementazione delle procedure diagnostiche, di intervento chirurgico e terapeutico, in conformità agli standard previsti in merito all'uso dei cateteri, degli antibiotici, dei disinfettanti e delle modalità di sterilizzazione.
Le misure segnalate devono essere coordinate e valutate nella loro efficacia e, se del caso, modificate da un apposito comitato che deve essere presente in ogni ospedale. Al riguardo il Ministero della salute, con proprie circolari, ha definito da tempo i criteri e i requisiti dei programmi di controllo con la previsione, inoltre, della costituzione di un comitato di controllo per la lotta alle infezioni.
Il Ministero della salute ritiene indispensabile la promozione dell'attivazione di detti comitati dal momento che da un'indagine nazionale condotta recentemente dall'Istituto superiore di sanità si è rilevato che solo il 50 per cento dei 428 ospedali che hanno partecipato all'indagine avevano attivato il comitato stesso.
Con decreto ministeriale 5 marzo 2003 è stata istituita presso il Ministero della salute la commissione tecnica sul rischio clinico con gli obiettivi di studiare la prevalenza e le cause del rischio clinico, di formulare indicazioni generali e prevedere le misure organizzative e comportamentali per la riduzione e la gestione del problema.
La commissione ha elaborato il documento «Risk management in sanità: il problema degli errori», il quale, partendo da una analisi approfondita sul rischio clinico, fornisce una raccolta di riflessioni e di raccomandazioni utili agli operatori sanitari del settore. Al fine di un'adeguata diffusione e conoscenza presso le strutture sanitarie e presso gli operatori sanitari, il documento è stato inviato il 2 luglio scorso a tutti gli assessori regionali alla sanità e pubblicato sul sito Internet del Ministero della salute.
Si segnala, inoltre, che è stato recentemente costituito un gruppo tecnico con lo specifico compito di elaborare un rapporto ricognitivo sulle iniziative sia a livello normativo, sia a livello tecnico-operativo, in merito agli approcci metodologici in tema di rischio clinico, con particolare riferimento alla ricerca di appropriate soluzioni operative per la definizione di un sistema di monitoraggio degli eventi avversi e di criteri e modalità per la formazione degli operatori sanitari.

PRESIDENTE. L'onorevole Perrotta ha facoltà di replicare.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto e mi compiaccio con il nostro sottosegretario, che è sempre preciso e puntuale nelle risposte.
Vorrei fare una piccola considerazione: premesso che la sanità ospedaliera è certamente di competenza delle regioni e premesso che la mia interrogazione nasce dalle constatazioni e dai risultati che ci ha portato il sottosegretario, ossia che c'è una media del 10-15 per cento degli ammalati e ricoverati negli ospedali che contrae malattie non presenti all'atto del ricovero, mi sono chiesto quando ciò accada.
Ricordando il percorso che ho fatto le due volte che sono stato operato, ho verificato con una ASL della mia città che il 90 per cento dell'insorgere di nuove malattie rispetto a quelle iniziali del ricovero avviene nella fase post operatoria.
Mi sono ricordato che ciò accade perché nel passaggio dalla camera di degenza alla camera operatoria si attraversano


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spesso ambienti sporchi, non disinfettati e senza alcuna prevenzione igienica. Il problema si presenta, in particolare, quando si esce dalla camera operatoria, perché le difese immunitarie sono abbassate. Dunque, i passaggi in quegli ambienti maleodoranti e non igienizzati comportano sicuramente l'insorgere di qualche patologia.
Il sottosegretario ha detto intelligentemente che gli ospedali dovrebbero fare un check up delle anomalie che intervengono dopo il ricovero. La verità è che ciò non succede, e non ne do la colpa al Governo. Nessun ospedale in Italia ha una statistica del post-operatorio. Spesso un malato si ricovera per una certa malattia e dopo l'operazione ha determinate complicanze: nessuno studia il motivo per cui ciò accade.
A tale proposito propongo un coordinamento con le regioni, per fare in modo che tutti gli ospedali abbiano una statistica precisa delle malattie che insorgono dopo le operazioni. Solo così si può capire in quali locali si verificano le infezioni e si possono migliorare le condizioni igieniche dell'ospedale. Il costo di degenza ospedaliera, oltretutto, è sicuramente molto superiore ad eventuali costi di risanamento ambientale che si dovrebbe sostenere per migliorare tali percorsi di andata e ritorno dalle camere operatorie.
Annuncio in questa sede una proposta di legge che presenterò nei prossimi giorni in merito al coordinamento del Ministero con le regioni ed all'obbligatorietà per gli ospedali di fornire al Ministero un'analisi completa delle patologie che insorgono nel post-operatorio. È opportuna una campagna nazionale non di prevenzione ma di applicazione del risanamento ambientale di quei locali che portano, probabilmente, all'insorgere delle suddette malattie.

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