Allegato B
Seduta n. 567 del 28/12/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 19 dicembre 1992, n. 488, attraverso la concessione di agevolazioni alle imprese che promuovono programmi di investimento, ha rappresentato un efficace strumento per incrementare la produttività e occupazione in quelle aree del Paese che ancora necessitano di un attento intervento da parte del Governo;
dai controlli effettuati fino ad oggi è emerso che in alcuni casi i finanziamenti ottenuti con la suddetta legge risultano frutto di truffe o di tentativi di truffe che non sempre vengono segnalati all'Autorità Giudiziaria competente;
in questi giorni si è appreso degli organi dl stampa (vedi «Il Mattino» - edizione di Salerno - del 22 e 23 marzo 2004) che a seguito di un'indagine avviata dalla Procura dl Nocera Inferiore, sono stati arrestati due noti imprenditori di Scafati, in provincia dl Salerno, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, per aver perpetrato un raggiro ai danni dello Stato (valutato intorno ai due miliardi di vecchie lire) nell'ambito della concessione dei finanziamenti previsti dalla legge n. 488 del 1992;
a quanto riportato dai citati articoli, nella suddetta inchiesta risultano indagati altri 23 soggetti per reati che vanno dalla falsificazione di fatture e perizie al favoreggiamento;
la gravità del fatto riferito, anche per l'entità delle somme distratte e per il numero dei soggetti implicati, solleva inquietanti dubbi sulla effettiva dimensione di questa attività criminosa nella provincia di Salerno ed anche in altre realtà del Paese;
in tale contesto emerge secondo l'interrogante l'avvertita esigenza di approfondire in maniera adeguata tutte quelle situazioni che hanno determinato, già nella fase istruttoria, la bocciature delle richieste di finanziamento e, nella fase di controllo, la revoca dei finanziamenti accordati, giacché, nella quasi totalità di questi casi è facile presumere la sussistenza di comportamenti truffaldini;
una puntuale azione di segnalazione e di verifica delle predette situazioni porterebbe così a stroncare sul nascere ogni tentativo speculativo e costituirebbe un valido deterrente per eventuali ed ulteriori comportamenti fraudolenti -:
se i Ministri interrogati, ciascuno nel proprio ambito di competenze e responsabilità, intendano riferire su quanti e quali altri comportamenti illegali, omologhi a quelli accennati, siano stati riscontrati nella concessione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992;
se non ritengono necessario ed opportuno, nell'applicazione della suddetta legge, esercitare una maggiore e più efficace azione di prevenzione delle condotte dolose evidenziate, prevedendo misure di verifica e attivandosi affinché siano previste sanzioni più rigorose rispetto a quelle attualmente contemplate e ciò al fine di salvaguardare non solo la validità di questo


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strumento di sostegno, ma anche di garantire i tanti imprenditori sani che spesso, data anche l'esiguità delle risorse disponibili, ottengono meno di quanto necessario a causa dei disonesti presenti sul mercato.
(4-09625)

Risposta. - In merito alle agevolazioni concesse alle imprese ai sensi della legge n. 488/1992, si precisa che le competenze della direzione generale coordinamento incentivi alle imprese del ministero delle attività produttive riguardano essenzialmente gli aspetti applicativi ed operativi delle disposizioni della predetta legge.
In tale ambito, la predetta direzione generale, per il tramite degli Istituti istruttori, banche concessionarie ed apposite commissioni, provvede ad ordinare controlli diretti a verificare: la realizzazione degli investimenti agevolati, la regolarità tecnico amministrativa dei documenti di spesa ed autorizzativi esibiti dalle singole ditte beneficiarie, il rispetto dei livelli occupazionali ed i vincoli temporali di utilizzazione dei beni agevolati.
Tale direzione, inoltre, per il tramite del servizio ispettivo del ministero ed in alcuni casi, di concerto con la guardia di finanza ed altri organi di polizia giudiziaria, provvede ad espletare controlli a campione o mirati presso gli opifici od unità produttive agevolate al fine di verificare specifiche presunte inadempienze oppure la veridicità di quanto dichiarato, la rispondenza dei documenti di spesa esibiti e le certificazioni autorizzative prodotte. Qualora, a seguito degli accertamenti eseguiti, emergano irregolarità, vengono intraprese azioni per il recupero delle somme erogate.
Si precisa, inoltre, che al fine di rendere più incisivo il sistema delle erogazioni delle agevolazioni in questione, sono all'esame degli uffici competenti ulteriori proposte di modifica delle attuali disposizioni normative.
Quanto ai procedimenti pendenti relativi a «comportamenti illegali» nella fruizione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488/1992, si fa presente che il ministero della giustizia, interpellato al riguardo, ha riferito in merito a tre procedimenti penali iscritti presso la Procura della Repubblica - tribuna1e di Nocera Inferiore precisando che gli stessi sono nella fase delle indagini preliminari. Lo stesso ministero ha riferito, inoltre, in merito a sei procedimenti pendenti presso la procura della Repubblica - tribunale di Vallo della Lucania, riguardanti 48 indagati per truffa consumata in Ascea, in Gioi, in Rofrano e in Castellabate ed ha precisato che, per i casi più gravi, si è proceduto con misure di cautela che hanno portato anche al sequestro delle somme.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

BUEMI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
da tempo le famiglie con figli portatori di handicap certificati con disabilità permanente grave, vivono con grande disagio l'applicazione della legge che impone che la determinazione dell'ISEE per usufruire dell' erogazione agevolata dei servizi socioassistenziali (scuola, assistenza, sanità...), venga effettuata sul base della situazione patrimoniale di tutto il nucleo familiare del richiedente (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2001);
per le persone con disabilità permanente grave (legge 5 febbraio 1992, n. 104 articolo 3.3) e per gli ultra 65enni non autosufficienti, è però espressamente previsto al livello legislativo che l'ISEE sia determinato sulla base della situazione patrimoniale della sola persona disabile che usufruisce del servizio(decreto legislativo n. 109 del 1998 e n. 130 del 2000);
per attuare questa normativa (decreto legislativo n. 109 del 1998 e n. 130 del 2000) era prevista l'emanazione di un apposito regolamento che servisse ad armonizzare le previsioni legislative in modo da adeguare il dettato normativo alle particolari situazioni in oggetto e quindi,


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legare la determinazione dell'ISEE ai soli dati patrimoniali della persona disabile;
tale vuoto legislativo ha favorito un comportamento non omogeneo da parte degli enti erogatori dei servizi socio-assistenziali a livello nazionale;
nel frattempo, la competenza amministrativa su tale materia è passata agli Enti Locali (Comuni, Regioni) e questo ha contribuito a complicare ulteriormente la situazione;
la gravità di una tale situazione è stata rilevata anche in occasione della «II Conferenza Nazionale sulle Politiche dei Disabili», tenutasi a Bari nel corrente «Anno del Disabile», nel corso della quale è stato fortemente auspicato il completamento della normativa sull'ISEE mediante il già menzionato regolamento o una apposita circolare interpretativa;
se il Ministro sia a conoscenza di questo grave vuoto legislativo che lascia spazio ad interpretazioni difformi della normativa vigente, creando così confusione e seri disagi a famiglie gia seriamente colpite;
quali provvedimenti intenda adottare per ovviare a questo stato di cose, procedendo all'emanazione di un regolamento o di una circolare interpretativa che permetta a tutte le famiglie con figli portatori di handicap gravi di fruire dei servizi loro necessari nel pieno rispetto delle leggi e dei diritti loro riconosciuti.
(4-08625)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
La direzione generale per le tematiche familiari e sociali e la tutela dei diritti dei minori, di questo ministero, ha provveduto, per quanto di competenza, alla elaborazione di una proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), concernente la valutazione dell'indicatore economico delle persone con handicap grave e delle persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti, al fine di evidenziare la loro situazione economica nell'ambito del proprio nucleo familiare e determinare le modalità di contribuzione al costo delle prestazioni sociali agevolate nei loro confronti, così come previsto dalle disposizioni del decreto legislativo n. 130, del 3 maggio 2000, articolo 3, comma 2-
ter.
Il testo, predisposto nel rispetto delle competenze esercitate in materia da parte delle regioni, sta seguendo il previsto iter procedurale per la sua approvazione.
Si fa presente, in proposito, che la citata proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata esaminata dalla Conferenza Unificata e dal ministero dell'economia e delle finanze.
Si comunica, altresì, che questa amministrazione continua ad assicurare la massima attenzione al riguardo, al fine di pervenire, nei tempi più rapidi possibili, all'approvazione definitiva del provvedimento in questione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Grazia Sestini.

BULGARELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una dozzina di imbarcazioni, con a bordo pescatori delle marinerie di Teulada e Sant'Anna Arresi, intorno alle 10.30 del 3 giugno 2004 si sono ritrovate nel mezzo di un'esercitazione militare nelle acque antistanti il poligono di Capo Teulada, sulla costa sudoccidentale della Sardegna;
secondo quanto riferiscono i pescatori, i colpi di cannone hanno raggiunto il mare, arrivando a circa duecento-trecento metri dalle imbarcazioni. Sempre secondo le testimonianze, l'esercitazione è proseguita per circa un quarto d'ora dal momento in cui le barche sono state intercettate dalle motovedette. I colpi di cannone, finiti in acqua, hanno provocato un'eccezionale moria di pesci «Vicino a noi», è la testimonianza dei pescatori, «il mare era bianco di carcasse di pesci morti»;


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il Comando militare della Regione Sardegna ha precisato che le manovre d'addestramento di una scuola di tiro di artiglieria, precedute da un'ordinanza di sgombero a mare del 6 aprile scorso, erano cominciate alle 9; la presenza dei pescatori, che con una dozzina di imbarcazioni, si dirigevano verso la zona vietata al traffico marino, è stata segnalata alle autorità militari alle 10.30, ma le manovre sono state interrotte solo alle 10.41; secondo l'interrogante i militari hanno quindi deciso premeditatamente un testa a testa impari, sfidando il coraggio dei pescatori rischiando con la decisione di cessare il fuoco al punto limite, vite umane;
la gravità dell'episodio è inaudita, nessuno avrebbe potuto immaginare che l'Esercito italiano fosse capace di mitragliare e cannoneggiare una flottiglia inerme di pescatori che, pubblicamente, per protesta anziché scioperare tentavano di lavorare nel loro mare tenuto sotto sequestro, deturpato e probabilmente avvelenato dalle Forze Armate da oltre mezzo secolo;
ipescatori sono spinti dalla disperazione a rischiare la vita pur di far valere il loro diritto alla sopravvivenza -:
quali siano le valutazioni sull'accaduto e se non si ritenga di dover sanzionare una simile prova di forza da parte del nostro esercito; inoltre, se non si ritenga di dover restituire il mare agli abitanti di Teulada e Sant'Anna cessando immediatamente l'attività del poligono.
(4-10195)

Risposta. - Occorre in premessa sottolineare che le attività addestrative militari svolte nei poligoni sono propedeutiche e necessarie a conseguire quella capacità operativa che è requisito imprescindibile di uno strumento militare moderno ed efficace, il cui mandato di difesa della Nazione, dei suoi confini e della collettività, discende direttamente dal dettato costituzionale.
In particolare, il poligono di Capo Teulada è la principale risorsa addestrativa dell'Esercito ed è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi addestrativi.
Ciò detto, le attività addestrative vengono preventivamente valutate ed autorizzate solo dopo un esame dell'impatto ambientale e previa consultazione del Comitato Misto Paritetico costituito presso la Regione Sardegna, ai sensi della legge n. 898/1976.
Le stesse sono, inoltre, soggette ad una rigorosa applicazione di specifiche norme tese a verificare il rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.
Infatti, l'attività a fuoco svolta il 3 giugno 2004 dall'8o Reggimento di artiglieria terrestre, presso il poligono di Capo Teulada, si è svolta in aderenza alla citata procedura ivi inclusa l'emanazione delle relative ordinanze di sgombero da parte delle competenti Autorità.
L'esercitazione è iniziata alle ore 09.00, ossia con un'ora di ritardo rispetto all'orario programmato, per la presenza di un'imbarcazione all'interno dello specchio d'acqua, per la quale è stato necessario disporre l'allontanamento dalla zona di esercitazione.
L'attività a fuoco è, quindi, proseguita regolarmente fino alle ore 10.00 circa, quando nel tratto di mare antistante Punta Niedda venivano individuate imbarcazioni da pesca provenienti dal porto di Teulada e dirette verso l'area di esercitazione che, tuttavia, per la loro posizione non pregiudicavano in quel momento il regolare svolgimento dell'attività in argomento.
Alle ore 10.20 durante lo svolgimento del secondo esercizio a fuoco, per il sopraggiungere dal citato porto di Teulada del corteo di barche da pesca, veniva disposta l'interruzione dell'attività di fuoco.
Successivamente, allo scopo di esaurire alcuni colpi ancora inseriti nelle bocche da fuoco ed evitare, per motivi di sicurezza, la complessa procedura per il disinnesco dei proiettili e solo dopo che le vedette preposte al controllo della sicurezza dell'area avevano verificato che le imbarcazioni si trovavano esternamente alla campana di sgombero, veniva autorizzata la ripresa dell'attività.


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Il reparto sospendeva le attività alle ore 10.40, mentre le imbarcazioni erano ancora ampiamente al di fuori della campana di sgombero.
Pertanto, in nessun momento il corteo di barche da pesca ha corso il benché minimo rischio.
Le circostanze di luogo e di tempo fin qui descritte sono documentate in una ripresa filmata effettuata dal reparto che ha svolto l'esercitazione e messa a disposizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Cagliari.
A tal riguardo, altresì, è meritevole di riflessione il fatto che l'azione delle marinerie - oltre a violare palesemente le ordinanze emanate a norma di legge - ha inciso sia sotto il profilo addestrativo, stante l'annullamento di tutte le altre attività previste per il giorno 3 giugno, sia sotto quello finanziario per gli oneri connessi allo svolgimento di tale attività.
Per quanto concerne la più generale problematica delle marinerie, si sottolinea che la difesa ha sempre considerato con la massima attenzione la questione relativa alle attività di natura addestrativa svolte presso il poligono di Capo Teulada e le esigenze connesse all'esercizio della pesca nelle aree interdette.
Infatti, il 19 ottobre 2004 si è tenuta una riunione, alla presenza dell'onorevole Cicu, alla quale hanno partecipato autorità politiche, comandi militari e rappresentanti di categorie interessati, per esaminare anche gli aspetti della ridefinizione dei termini del Protocollo d'intesa per il Poligono di Capo Teulada.
In particolare, per quanto concerne la riduzione delle aree interdette, nel nuovo regolamento di sgombero del poligono di Capo Teulada - ottobre 2004 - è stata disposta la riduzione del 50 per cento delle aree interdette, eliminando lo sgombero nella zona E311 nella quale sarà consentita la pesca ed il transito per quasi tutto l'anno, ad eccezione di soli venti giorni durante le esercitazioni navali, in cui la suddetta area sarà interdetta.
La difesa ha, altresì, dato mandato all'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per eseguire uno studio approfondito sull'area marina permanentemente interdetta allo scopo di trasformarla a zona regolamentata, ovvero dove poter svolgere solo particolari modalità di pesca.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CENNAMO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Cooperativa edilizia «Regione Campania n. 349 a.r.l.», attualmente in liquidazione coatta amministrativa, ha stipulato in data 19 novembre 1977 con il comune di Pollena Trocchia (Napoli) una convenzione ai sensi della legge n. 167 del 1962 e dell'articolo 35 della legge n 865 del 1971 per costruire 100 alloggi in diritto di superficie, a termine per 99 anni, su suolo di proprietà del comune stesso e all'uopo espropriato;
tale insediamento ha fruito di un finanziamento della Regione Campania in conto capitale di lire 30 milioni per alloggio, che doveva consentire ai soci aspiranti assegnatari di fruire di mutuo agevolato;
su tali premesse, l'insediamento appartiene pertanto al patrimonio indisponibile del ripetuto comune;
i primi alloggi sono stati regolarmente assegnati, mentre per i restanti 53 alloggi la Cooperativa non ha mai proceduto alla stipula con gli altrettanti soci aspiranti assegnatari, pur avendo questi ultimi versato lire 50 milioni pro-capite;
a seguito di insolvenze maturate nei confronti della banca mutuante, quest'ultima ha attivato procedure coattive, mentre la Cooperativa è stata commissariata;
corre voce fra gli aspiranti assegnatari che l'attuale commissaria avrebbe venduto il patrimonio edilizio a trattativa privata ad una società immobiliare;
tale stato di cose è fonte di giuste e fondate ansietà fra le famiglie aspiranti


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assegnatarie e nell'intero comune di Pollena Trocchia -:
se la notizia corrisponda al vero e quindi quale sia l'esatta e aggiornata situazione, di diritto e di fatti, dell'insediamento abitativo convenzionato il 19 novembre 1977 fra la società Cooperativa edilizia a.r.l. Regione Campania n. 349 e il comune di Pollena Trocchia (Napoli);
quali soluzioni urgenti intende adottare per tutelare i legittimi interessi e le legittime aspettative degli aspiranti assegnatari, fugandone i ben giustificati timori e le preoccupazioni, che gli interroganti totalmente condividono.
(4-09579)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
In seguito alla messa in liquidazione coatta amministrativa della Societa cooperativa «Regione Campania 349» con sede in Pollena Trocchia (Napoli), il Commissario liquidatore, nel verificare la sussistenza delle condizioni per una proposta di concordato ex articolo 214 L.F., prese atto che:
a) i crediti privilegiati, rappresentati dai debiti nei confronti degli istituti di credito San Paolo di Torino e Banca Nazionale del lavoro, erano superiori a 30 miliardi di lire;
b) i crediti chirografari erano superiori ai 2 miliardi di lire, senza considerare i debiti della cooperativa nei confronti dei soci;
c) i soggetti che avrebbero dovuto accollarsi la proposta di concordato sarebbero stati i soli soci assegnatari degli alloggi, che risultavano essere in numero di trentadue.

La soluzione di una proposta di concordato ex articolo 214 L.F. non è, quindi, apparsa praticabile in quanto, anche nell'ipotesi del tutto teorica di proposta di concordato con un'offerta di pagamento del 50 per cento dei crediti privilegiati e del 30 per cento di quelli chirografari, i soci avrebbero dovuto far fronte ad un esborso finanziario di lire 5.600.000.000, con una esposizione individuale di 487.500.000.
Esclusa, quindi, l'ipotesi di chiusura della liquidazione con un concordato, il Commissario ha intrapreso la strada della vendita del patrimonio della cooperativa, cercando al contempo di salvaguardare le ragioni dei soci assegnatari ed anche degli occupanti senza titolo gli alloggi della cooperativa.
A fronte di un debito nei confronti degli istituti di credito pari a oltre 30 miliardi di lire, il patrimonio della cooperativa - costituito da 55 alloggi completati ed occupati da soci assegnatari e da occupanti senza titolo, da beni immobili ancora da completare (negozi e sottotetti) anch'essi in buona parte occupati da soggetti senza titolo - è stato valutato, sulla base di una perizia di stima, in lire 12.542.685.250.
Il Commissario ha, dunque, necessariamente iniziato a verificare se ci fossero le condizioni per un eventuale accordo transattivo con gli istituti di credito, trovando la massima disponibilità a ricercare un'intesa, tenendo conto del dato oggettivo costituito dall'entità del mutuo erogato dall'istituto di credito aggiornato con le morosità maturate.
La determinazione di una proposta transattiva a saldo e stralcio di lire 125.000.000 è poi scesa a lire 110.000.000 per alloggio.
La proposta transattiva, fatta nell'esclusivo interesse dei soci assegnatari e degli occupanti senza titolo, per poter trasferire agli stessi la proprietà degli alloggi ad un prezzo concordato, coinvolgeva l'intero patrimonio immobiliare della cooperativa in quanto i beni diversi dagli alloggi sociali sarebbero stati venduti, in blocco, al miglior offerente.
Tale proposta transattiva, accettata dagli istituti di credito, è stata da quest'ultimo messa in discussione dal legale dei soci (con cui peraltro era stata precedentemente elaborata e concordata) tanto da non poter più essere perfezionata.
A questo punto il commissario ha iniziato a valutare in concreto le offerte di acquisto del patrimonio della cooperativa pervenute da soggetti con i quali aveva fino ad allora rinviato qualsiasi trattativa di


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vendita in attesa della definizione della suddetta proposta transattiva.
Successivamente il commissario ha richiesto all'Autorità di Vigilanza l'autorizzazione all'alienazione del compendio immobiliare in separati lotti ad alcune cooperative.
L'Autorità di vigilanza in data 17 ottobre 2001 ha, quindi, autorizzato tale alienazione alle Cooperative «Il Villaggio» e «Magnolia», che in considerazione della situazione immobiliare e sociale (i beni risultavano occupati dai soci assegnatari e occupanti senza titolo) si sono assunte l'impegno di trasferire la proprietà degli immobili, ai prezzi preventivamente concordati, agli occupanti che entro la data del 15 novembre 2001 ne avessero fatto richiesta.
Secondo quanto riferito dall'ufficio competente, tutti gli immobili di cui alla citata autorizzazione ministeriale 17 ottobre 2001 risultano essere stati alienati in favore dei soci che, a termine della medesima autorizzazione, ne hanno fatto richiesta.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

CENTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Croce Rossa Italiana opera nel territorio iracheno per fini umanitari;
da notizie apprese dall'interrogante risulta che gli operatori della CRI in servizio in Iraq sarebbero stati dotati anche di armi;
questo fatto se trovasse conferma metterebbe a rischio la vita degli operatori della CRI -:
se la notizia corrisponda al vero e quali iniziative intenda intraprendere affinché sia revocata tale decisione.
(4-09849)

Risposta. - Per quanto riguarda la presenza di personale della Croce Rossa Italiana (C.R.I.) in Iraq si precisa che nel teatro iracheno operano due componenti:
a) l'ospedale della C.R.I. operante in Baghdad, il cui personale non dispone di alcun armamento;
b) il nucleo chirurgico e di terapia intensiva inserito nell'ospedale da campo dell'esercito ed il posto medico avanzato del Corpo militare della C.R.I., entrambi operanti in An Nasiriyah.
In particolare, quest'ultimo personale - ausiliari delle forze armate dello Stato - sulla base dell'articolo 22 della 1a Convenzione di Ginevra e dell'articolo 13, punto 2, dei protocolli aggiuntivi è dotato di arma da fuoco individuale (pistola).
Infatti, il citato articolo 22 consente che «il personale della Formazione (mobile) o dello stabilimento (fisso del servizio sanitario) sia armato e usi delle armi per la difesa propria o per quella dei suoi malati».
La suddetta dotazione viene consegnata al personale militare della C.R.I. direttamente in teatro operativo, previo svolgimento di attività addestrative al tiro.
Diversamente, alle infermiere volontarie della C.R.I. non è assegnato alcun armamento, se non l'equipaggiamento protettivo individuale - elmetto, giubbotto antiproiettile, indumento protettivo e maschera NBC. A fattor comune il citato personale effettua in Patria, durante la fase di amalgama, l'addestramento all'impiego degli equipaggiamenti in dotazione.
È altresì importante sottolineare che l'articolo 26 della Convenzione stessa prevede che il personale militare della Croce rossa italiana, essendo parificato al personale sanitario di cui all'articolo 24 della Convenzione stessa, deve essere rispettato e protetto in ogni circostanza.
Pertanto, la dotazione individuale di arma da fuoco - per il personale militare della C.R.I. prevista dalla Convenzione di Ginevra - ha esclusiva finalità di difesa personale e di difesa dei propri ammalati e non appare sussistano gli elementi perché la stessa possa costituire causa di rischio di vita.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.


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CENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
all'interno del Centro della Trisaia di Rotondella (Basilicata) sono in atto lavori finalizzati a una non meglio definita messa in sicurezza di materiali e rifiuti radioattivi;
sulla base dei dati riportati dalla seduta del mese di gennaio 2003 dell'VIII Commissione parlamentare ambiente, territorio e lavori pubblici all'interno del Centro Enea della Trisaia vi sarebbero collocati 4.500 metri cubi di residui di cui 4.200 metri cubi circa di II categoria e 300 metri cubi di III categoria. In particolare vi sarebbero i seguenti rifiuti radioattivi e materie nucleari:
rifiuti liquidi acquosi a bassa attività (80 metri cubi);
rifiuti liquidi acquosi ad alta attività (3 metri cubi);
rifiuti liquidi organici (3,2 metri cubi);
prodotto finito Th/U (3 metri cubi);
materie nucleari liquide Th/U (5 metri cubi);
64 elementi combustibile irraggiato (Elk-River);
rifiuti solidi a bassa attività da bonifiche di esercizio (1100 metri cubi);
rifiuti solidi a bassa attività vari (1100 metri cubi);
rifiuti solidi a media/alta attività (68 metri cubi);
rifiuti solidi ad alta attività irreversibili (33 metri cubi);
terra fossa impermeabile (1200 metri cubi);
materie nucleari solide Th/U naturali (Th 1413 kg./U 1104 kg);
dalle stesse fonti documentarie dell'VIII Commissione parlamentare del gennaio 2003 per l'interim storage del combustibile irraggiato era stata prevista la progettazione e la realizzazione di un contenitore dual-purpose (trasporto-stoccaggio) TN 24 GET (da utilizzare anche per Garigliano e Trino) da parte della società francese Cogema Logistics (ex transnucleare);
per la progettazione del contenitore, così come da contratto attivato per il solo combustibile Elk River della Trisaia, si ravvisavano difficoltà riscontrate con l'autorità competente francese e con l'APAT non meglio specificate dal documento di cui sopra. Lo stesso contratto prevedeva modifiche e integrazioni da apportare al progetto iniziale TN 24 GET per contenere gli elementi di Trino e Garigliano. Per motivi di uniformità, il consorzio SICN avrebbe dovuto avviare lo studio dell'alternativa di utilizzare contenitori CASTO (GNB), simili a quelli che SOGIN progettava per il proprio combustibile irraggiato;
allo stato attuale non è dato conoscere nel dettaglio, la natura dei lavori in Trisaia, la quantità ed i tipi di materiali effettivamente ivi collocati attualmente, i motivi per i quali è previsto «il trasporto in Trisaia delle barrette Elk River, da riassemblare negli elementi da cui erano state temporaneamente prelevate», i tempi e le fasi delle diverse operazioni del Progetto Sogin-Enea riguardante la Trisaia di Rotondella;
sussisterebbero motivi per ritenere reale l'assenza di certezze anche in riferimento all'impatto sanitario e sulla salute dei cittadini del Centro della Trisaia di Rotondella in relazione ai casi segnalati di incidenti e cattivo funzionamento degli impianti con grave possibile pregiudizio per la salute umana e per la qualità ambientale di un'area a forte vocazione agricola e turistica;
non risulterebbero essere chiare le modalità ed i tempi dell'eventuale trasporto da e per la Trisaia dei materiali ed attrezzature e la loro tipologia e finalità;
l'articolo 30 del disegno di legge Marzano convertito in legge in materia di


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«Riordino del sistema energetico nazionale» prevede il trattamento dei rifiuti radioattivi presso il deposito nazionale con la messa in sicurezza dei materiali nucleari e del combustibile irraggiato al fine di trasformarli in manufatti certificati pronti per essere trasferiti al deposito nazionale e queste operazioni sono state affidate alla SOGIN SpA così come la responsabilità di condurre indagini e studi per individuare i siti atti alla realizzazione da parte della stessa SOGIN SpA del deposito nazionale, dove allocare e gestire in via definitiva i rifiuti di II categoria e, in via temporanea, quelli di III categoria ed il combustibile irraggiato, in attesa del sito definitivo;
alla luce di quanto sopra indicato sembrerebbe che la SOGIN SpA debba individuare anche un sito «provvisorio» per i rifiuti radioattivi di III categoria ed il combustibile irraggiato, coincidente con quello definitivo per i rifiuti radioattivi di II categoria -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per fare luce sulle finalità del Progetto Sogin-Enea in fase di realizzazione riguardante la Trisaia di Rotondella (Basilicata) ed in specifico:
la natura e il tipo dei lavori che si stanno eseguendo in Trisaia;
la quantità ed il tipo di materiali effettivamente ivi collocati alla data odierna, suddiviso in base alla categoria;
in relazione alla condotta che dal Centro Trisaia giunge in mare, le finalità, la qualità e quantità degli effluenti e se sia previsto lo smantellamento e di conoscere, inoltre, il destino della condotta dimessa considerando che nel 1993 è stata realizzata una nuova condotta, perché la vecchia era rotta e le tubazioni vecchie non risultano essere state rimosse;
i motivi per i quali era previsto «il trasporto in Trisaia delle barrette Elk River, da riassemblare negli elementi da cui erano state temporaneamente prelevate; se siano state eventualmente già trasportate le barrette Elk River in Trisaia e quando ciò sia avvenuto. In caso negativo se si prevede di farlo e quando;
in relazione al materiale di provenienza estera (Elk River, eccetera), se esistono accordi ufficiali internazionali che ne stabiliscono la restituzione ai paesi di origine. In caso affermativo, quali siano le iniziative ed i tempi per la loro restituzione;
quali siano i tempi, le fasi e la dettagliata descrizione delle singole operazioni del Progetto Sogin-Enea riguardante, la messa in sicurezza dei materiali e rifiuti radioattivi presenti nella Trisaia di Rotondella con particolare riferimento a quelli interrati delle fosse in assenza di adeguate misure di controllo e sicurezza;
quali siano le modalità ed i tempi dell'eventuale trasporto da e per la Trisaia dei materiali ed attrezzature e la loro tipologia e finalità;
se la Trisaia sia stata individuata dalla SOGIN SpA come sito «provvisorio» per i rifiuti radioattivi di III categoria ed il combustibile irraggiato, coincidente a quello definitivo per i rifiuti radioattivi di II categoria;
quale sia il programma di informazione e coinvolgimento della popolazione, della Regione e degli Enti locali con particolare riferimento al piano di sicurezza e di rischio redatto da Sogin-Enea;
se non ritenga di attivare un monitoraggio dei dati ambientali relativi all'area potenzialmente interessata da eventuali emissioni liquide e/o gassose, con la misurazione dei parametri chimico-fisici dell'aria, acqua, suolo e prodotti agricoli e con indagini epidemiologiche sulla popolazione al fine di rilevare eventuali rischi per la salute umana.
(4-10760)

Risposta. - Con riferimento a quanto indicato nell'interrogazione parlamentare in esame, relativa all'impianto Sogin ITREC sito nel centro della Trisaia di Rotondella (MT), si rappresenta che, attualmente, sono in corso attività di tipo autorizzativo ed


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impiantistico che in sintesi possono essere riassunte come di seguito.
L'aggiornamento del regime autorizzativo è finalizzato alla emanazione di un decreto ministeriale, ex articolo 50 del decreto legislativo 230/1995, di autorizzazione all'esercizio, configurato nella situazione attuale dell'impianto che, come noto, ha condotto negli anni '70 due campagne sperimentali sul riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato basato sul ciclo Uranio-Torio. Successivamente l'esercente intende promuovere l'istanza per la disattivazione ex articolo 55 del decreto legislativo n. 230/1995.
Gli interventi propedeutici alla disattivazione trovano riscontro sia nelle ordinanze commissariali n. 4 e n. 14, sia nelle attività programmatiche.
In particolare, le attività previste dalle ordinanze sono:
a) adeguamento impianto elettrico e sistema antincendio, da intendersi come manutenzione straordinaria;
b) sistemazione dei rifiuti radioattivi solidi, attività precisata nel Programma SI.RI.S. che ha l'obiettivo di definire ed attuare i trattamenti necessari per il condizionamento dei rifiuti solidi derivanti dalle attività pregresse, al fine di trasformarli in manufatti abilitati al trasporto ed allo stoccaggio per lo smaltimento finale. I rifiuti interessati dal Programma SI.RI.S. sono stati così raggruppati;
c) rifiuti solidi da attività di gestione e manutenzione dell'impianto, per i quali è prevista la caratterizzazione radiologica, la successiva supercompattazione e classificazione secondo la guida tecnica n. 26 ENEA/DISP (APAT);
d) rifiuti solidi da apparecchiature e sistemi d'impianto smantellati, per i quali è prevista la selezione e separazione tra materiale metallico e non metallico, combustibile e non combustibile, comprimibile e non comprimibile. Per i rifiuti metallici è prevista la caratterizzazione radiologica, l'eventuale decontaminazione ed il niconfezionamento per l'invio a fusione. Per rifiuti comprimibili il trattamento previsto è analogo a quello di cui al punto precedente;
e) rifiuti solidi costituiti da fusti petroliferi vuoti, con debole contaminazione interna e riconducibili al progetto TECON;
f) trattamento dei fusti contenenti terra contaminata, oggetto di studio di gestione;
g) solidificazione del «prodotto finito», costituito essenzialmente da nitrati di uranio e torio: dopo vari approfondimenti di natura tecnica ed economica, si è deciso di sottoporre questa corrente di rifiuti liquidi a trattamento di cementazione in un impianto da realizzare sul sito, confidando in una scelta che assicura tempi sufficientemente brevi di attuazione nonché di valorizzazione della esperienza operativa maturata presso ITREC con l'impianto SIRTE-MOWA che negli anni '90 ha consentito la cementazione dei rifiuti liquidi a bassa e media attività;
h) stoccaggio a secco degli elementi Elk River ERR: l'impegno commissariale prevede l'immagazzinamento «a secco» del materiale presente nella piscina di stoccaggio ITREC in appositi contenitori di stoccaggio/trasporto. Ai fini di facilitare la gestione del combustibile irraggiato, è da rilevare, tuttavia, la recente disponibilità da parte degli USA a riacquisire i 64 elementi ERR, secondo quanto già manifestato dal segretario del Department of Energy statunitense il 25 agosto 2004 alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
i) manutenzione straordinaria della condotta di scarico a mare. La condotta di scarico a mare degli effluenti liquidi dell'impianto ITREC è costituita da una tubazione lunga circa 5 km. Nel periodo 1994-1995 è stata effettuata una manutenzione straordinaria, con sostituzione di circa 4 km di tubazione, dalla cabina a mare alla statale ionica. La disposizione commissariale prevede la sostituzione del rimanente tratto di tubazione vecchia e la rimozione, su richiesta APAT, del tratto dismesso con successiva caratterizzazione radiologica dell'intera condotta rimossa. Lo


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scarico nell'ambiente esterno degli effluenti radioattivi liquidi dell'impianto avviene nel rispetto delle limitazioni globali espresse dalla formula di scarico. Prima di essere scaricati in mare, gli effluenti liquidi sono analizzati in laboratorio per verificare che il loro tenore di radioattività rientri nei limiti della formula di scarico autorizzata per il Centro Trisaia. Nel 2002 sono stati scaricati 26.400 metri cubi di liquidi, con un'attività totale pari a 1,48E+09 Bq, con un impegno della formula di scarico pari al 4,01 per cento;
l) realizzazione nuovo edificio di stoccaggio per rifiuti radioattivi solidi condizionati: a valle dell'emanato decreto ministeriale di autorizzazione alla modifica d'impianto, ne sarà attuata la realizzazione.

Nel periodo 1969-1973 sono stati disassemblati 36 elementi di combustibile Elk River. Da 5 elementi, univocamente identificati, sono state rimosse in totale 15 barrette elementari, successivamente inviate, nel 1972, presso l'impianto OPEC del Centro ENEA Casaccia (RM) per svolgere esami post irraggiamento. Tali barrette, detenute ancora oggi presso l'impianto OPEC in un apposito contenitore, non sono mai state smantellate, essendo venuto meno l'interesse tecnico-scientifico nei confronti del ciclo uranio-torio. Appare quindi evidente, tenendo conto della nuova opportunità di allontanare dal territorio nazionale tutto il combustibile Elk River, di ricostituire presso il Centro Trisaia tutto il quantitativo di combustibile, per avviarlo alla spedizione negli USA.
Allo stato non risulta che il Centro della Trisaia sia stato individuato dalla Sogin come sito temporaneo per i rifiuti radioattivi di terza categoria e per il combustibile nucleare irraggiato. Il Centro in parola accoglie invece, opportunamente stoccati ed in via provvisoria, i rifiuti provenienti da attività pregresse condotte nel medesimo sito.
Il cronoprogramma sulla emergenza nucleare (ordinanza n. 3355/2004 del commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari) prevede una linea dedicata ai rapporti istituzionali, con un punto riferito alla informativa periodica ai tavoli della trasparenza ed un punto rivolto alla informativa periodica alle regioni.
L'elenco dei rifiuti radioattivi e delle materie nucleari è riportato nelle tabelle che si allegano, estratte dal documento Sogin IT G 0002/2004 «Stato dell'impianto ITREC».
In relazione alla richiesta circa l'opportunità di attivare un monitoraggio dei dati ambientali relativi all'area di interesse, distinto ed indipendente da quello previsto dalla legge a carico dell'esercente, risulta che sono in corso iniziative in tal senso da parte dei competenti organi regionali.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

COSSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2001 il personale della Direzione Provinciale del Lavoro di Cagliari aveva denunciato una grave situazione venutasi a creare all'interno della direzione stessa a seguito dell'emanazione di una serie di ordini di servizio riguardanti l'organizzazione del lavoro;
il 29 settembre 2003, nel corso di una assemblea indetta dalle Rappresentanze Sindacali e dalle RSU, il personale denunciava il peggioramento della situazione sollecitando l'interessamento della Direzione Generale del Ministero del Lavoro;
il 12 gennaio 2004, il personale e le Organizzazioni Sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione e, a sostegno delle rivendicazioni avanzate, prendevano le seguenti iniziative: rigido rispetto delle funzioni proprie del livello di appartenenza, astensione dall'utilizzo del mezzo proprio per lo svolgimento dell'attività ispettiva, astensione dallo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario e notturno;


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l'11 marzo 2004 le Organizzazioni Sindacali hanno chiesto un incontro urgente con il Prefetto per rappresentargli la grave situazione in cui era costretta ad operare la Direzione Provinciale del Lavoro e le gravi ripercussioni che tale situazione aveva nei confronti dei cittadini;
il 19 marzo 2004 il Prefetto ha convocato le Organizzazioni Sindacali per il giorno 23 marzo;
il 22 marzo il Prefetto, a seguito dell'intervento della Direzione Generale del Ministero del Lavoro, che aveva avviato le procedure per l'attivazione dell'Organismo di composizione dei conflitti, sospendeva tale incontro;
il 24 marzo 2004 il personale e le Organizzazioni Sindacali Territoriali e Nazionali hanno tenuto, nella strada antistante gli uffici della Direzione Provinciale del Lavoro, una assemblea pubblica;
il 5 maggio 2004 si è tenuta, presso il Ministero del Lavoro, con la partecipazione delle Organizzazioni Sindacali Nazionali, il tavolo per la ricomposizione della citata vertenza, aggiornata al 20 maggio 2004;
il 20 maggio 2004 l'incontro delle Organizzazioni Sindacali Nazionali non risulta approdato ad alcun risultato, aggiornandosi al successivo mese di giugno;
il 15 ed il 22 giugno 2004 si sono tenuti ulteriori incontri senza che risultino sviluppi di alcun genere;
alla data odierna la situazione della Direzione Provinciale del Lavoro di Cagliari si è aggravata ulteriormente e che giorno dopo giorno la situazione rischia di precipitare irreparabilmente, con grave nocumento per il servizio offerto ai cittadini -:
quali provvedimenti intenda adottare per porre fine ad una situazione che crea gravi difficoltà agli operatori, allarme sociale ed un disservizio sul territorio.
(4-10441)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare indicato in esame, concernente una situazione di grave disagio venutasi a creare presso la direzione provinciale del lavoro di Cagliari, a seguito dell'emanazione, nel corso del 2002, di una serie di ordini di servizio, si fa presente quanto segue.
I citati provvedimenti, rientranti, peraltro nel potere dirigenziale di organizzazione degli uffici, ai sensi dell'articolo 5, del decreto legislativo n. 165/2001, sono stati oggetto di ricorso, ex articolo 28, della legge n. 300/1970, da parte del sindacato, per lesione della libertà e delle prerogative sindacali per mancata concertazione ed intempestiva informativa.
Tale ricorso è stato respinto dal tribunale di Cagliari e avverso tale decreto il sindacato ha proposto appello.
Per quanto concerne, poi, la conflittualità emersa nell'autunno 2003, si è intervenuti sulle organizzazioni sindacali territoriali e sul dirigente locale, invitando le parti, attraverso un confronto improntato ai principi di responsabilità, trasparenza e buona fede, al ripristino di corrette relazioni sindacali.
Ciò nel pieno convincimento che l'individuazione delle soluzioni più appropriate dei problemi sollevati in ordine al Fondo unico di amministrazione, orario di lavoro, attribuzione di incarichi, ecc., devono ricercarsi nell'ambito dell'ufficio interessato, atteso che le questioni rivestono carattere spiccatamente locale.
Tale invito è stato vanificato soprattutto per la pregiudiziale sindacale relativa alla revoca degli ordini di servizio, oggetto del menzionato ricorso.
Conseguentemente, all'inizio del 2004, si è verificato un peggioramento della conflittualità interna alla direzione in questione, con ricadute sull'attività di vigilanza e l'assunzione, da parte degli ispettori, di iniziative che di fatto potevano pregiudicare l'operatività dell'ufficio, come riportato nell'atto in esame.
Il direttore della direzione provinciale del lavoro di Cagliari ha riconosciuto, in linea di principio, la validità di alcune rivendicazioni. In particolare, di quella rivolta ad ottenere la corresponsione dell'anticipo


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delle spese di missione, soprattutto per l'uso del mezzo di trasporto privato, anticipo non consentito, però, dalla normativa vigente per le missioni inferiori alle 24 ore. Pertanto, al fine di evitare la paralisi dell'attività ispettiva, il medesimo è stato costretto ad adottare provvedimenti che hanno inasprito ulteriormente la situazione, richiedendo al personale in questione di definire le pratiche in corso stando in ufficio e di svolgere a piedi l'attività di vigilanza in città e dintorni, stante l'indisponibilità degli ispettori ad anticipare anche le spese per il mezzo pubblico.
Il 9 marzo 2004, il responsabile della direzione in esame ha indetto un incontro con i sindacati per la ripartizione delle risorse del Fondo unico di amministrazione (FUA) ma visto il perdurare dello stato di contrasto è stato convocato, a livello nazionale, l'apposito organismo di composizione dei conflitti, previsto dal CCNL.
La mancanza, da parte dei sindacati, di un giudizio concorde sui fatti e sulle soluzioni da adottare non ha consentito, anche in tale sede, di pervenire ad una mediazione tra le parti.
Pertanto, il direttore della direzione provinciale di Cagliari è stato invitato ad attivare appositi tavoli negoziali, questa volta previa calendarizzazione dei lavori, per esaminare tutte le questioni aperte demandate all'autonomia della contrattazione decentrata, ma ancora una volta la maggior parte dei sindacati non ha ritenuto di aderire.
Di fronte all'irrigidimento delle parti sociali, che, da una parte, chiedevano con insistenza la definizione dell'accordo sui criteri del FUA e, dall'altra, ogni qualvolta convocati dal direttore della direzione, ponevano pregiudiziali estranee alla contrattazione, al fine di non penalizzare il personale dell'Ufficio con ulteriori rinvii e conseguente ritardo nel pagamento delle competenze, il direttore della direzione regionale è stato invitato ad avocare a sé la negoziazione sul FUA, conclusasi, poi, il 30 luglio 2004.
Per completezza di esposizione si rammenta che il prefetto di Cagliari, investito delle problematiche dell'ufficio dalle stesse organizzazioni sindacali, è stato costantemente tenuto al corrente di tutta la vicenda.
Infine, si rileva come nonostante la complessità della situazione in cui versa la direzione provinciale del lavoro di Cagliari, non sono finora emersi specifici profili di illegittimità nei comportamenti del dirigente preposto, tali da giustificare l'emanazione di atti di rimozione dall'incarico in atto.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

CUSUMANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la città di Canicattì sta vivendo una situazione drammatica per la cronica crisi idrica;
il quantitativo di acqua assegnato, secondo il piano di ripartizione, circa 45 litri al secondo, è totalmente insufficiente per soddisfare i bisogni più elementari della comunità (circa 35 mila abitanti);
il sindaco di Canicattì ha sempre chiesto un aumento della dotazione in considerazione del numero di abitanti;
le ripetute rotture delle condotte del Fanaco hanno causato una totale interruzione dell'afflusso di acqua provocando una gravissima crisi che potrebbe sfociare in disordine pubblico;
il commissario straordinario per l'emergenza idrica, il presidente della regione Sicilia, non ha ancora delegato ai prefetti il potere per gestire la situazione in caso di crisi idrica, con l'aggravante che anche il prefetto di Agrigento si trova impossibilitato ad assumere qualsiasi decisione e scelta;
in questo momento la città viene alimentata da pochissimi litri di acqua forniti dall'Eas (quando arriva) e da alcuni pozzi gestiti dal comune che risultano insufficienti -:
quali provvedimenti intenda porre in essere per evitare il verificarsi di fatti


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incresciosi determinati dalla disperazione dei cittadini di Canicattì.
(4-11684)

Risposta. - Le sfavorevoli condizioni meteo-climatiche che si verificano nel nostro Paese, in particolar modo in estate, comportano ciclicamente situazioni di emergenza idrica.
La crescente scarsità d'acqua non lede solo il diritto di ciascun cittadino ad una dotazione idrica minima pro capite, ma comporta anche danni economici diretti, principalmente in agricoltura, e indiretti, in settori come quello turistico, in cui la disponibilità di adeguate risorse idriche risulta indispensabile.
L'attuazione della legge n. 36 del 1994, relativa alle disposizioni sulle risorse idriche, ha contribuito al superamento della frammentazione degli enti e degli organi che gestiscono il servizio idrico integrato, alla costituzione di Ambiti territoriali ottimali (ATO) e all'integrazione funzionale delle diverse attività del ciclo dell'acqua nel servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura e depurazione).
La situazione che sta vivendo il comune di Canicattì si inquadra nella più ampia problematica dell'emergenza idrica che da tempo interessa la quasi totalità dei comuni della provincia di Agrigento.
In attuazione del servizio idrico integrato, con decreto del Presidente della regione Sicilia n. 114 del 16 maggio del 2000, sono stati determinati gli Ambiti territoriali ottimali i cui limiti coincidono con la delimitazione territoriale della provincia di Agrigento. Essi sono 9 e tutti costituiti e già operativi.
Il decreto del 7 agosto 2001 del presidente della predetta regione, ha provveduto all'indicazione delle modalità di costituzione delle Autorità d'ambito.
Queste iniziative hanno ricevuto una forte accelerazione sia a seguito dell'approvazione della legge finanziaria 2002 n. 448 del 2001, sia per i finanziamenti dell'Unione Europea, previsti dai Quadri comunitari di Sostegno (QCS).
Per quanto riguarda la provincia di Agrigento, il Consorzio rappresenta la forma di cooperazione prescelta, così come previsto dalla legge quadro in materia di servizio idrico integrato e dal decreto del Presidente della regione Sicilia n. 209 del 7 agosto 2001.
È stata, inoltre, costituita una società denominata Siciliacque formata, per il 75 per cento, dal raggruppamento che si è aggiudicato la gara, ENEL-Vivendi ed altri, per il 20 per cento dall'EAS (Ente Acquedotti Siciliani) e, per il 5 per cento dalla regione, che si occuperà della captazione, accumulo, potabilizzazione ed adduzione dell'acqua a scala sovrambito.
Una più ampia e completa revisione della gestione del ciclo idrico è possibile con il disegno di legge A.C. 1798 D approvato il 14 novembre 2004, riguardante la delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale.
Nella delega sono previsti la semplificazione dei procedimenti per una piena attuazione della gestione del ciclo idrico, la promozione del risparmio idrico che ha favorito l'introduzione e la diffusione delle migliori tecnologie per l'uso e il riutilizzo della risorsa.
Per fronteggiare l'emergenza idrica nella regione Sicilia, come in altre regioni, il Governo ha provveduto, su espressa richiesta degli Enti locali, all'attivazione, coordinata con gli organi istituzionali competenti, di iniziative volte a rimuovere gli ostacoli per una ripresa delle normali condizioni di vita, ricorrendo allo strumento della dichiarazione dello stato di emergenza e dell'ordinanza ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225.
Per l'approvvigionamento idrico, la tutela delle acque superficiali e sotterranee ed i cicli di depurazione è stato dichiarato lo stato di emergenza nella regione Sicilia con la nomina di commissari
ad acta.
Successivamente, lo stato di emergenza per fronteggiare la crisi idropotabile nel territorio delle province siciliane, ivi compresa la provincia di Agrigento, è stato prorogato sino al 31 dicembre 2004.
Le ordinanze n. 3189 e n. 3224 del 2002 hanno affidato al Commissario delegato sia il compito di superare l'emergenza nel settore dell'approvvigionamento dell'adduzione,


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della potabilizzazione e della distribuzione delle acque, sia quello di garantire la quantità la qualità della risorsa idrica necessaria per gli usi umani con una gestione unitaria del servizio.
La proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2004 ha interessato anche il settore della bonifica e del risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché quello della tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione.
L'ordinanza n. 3136 del 2001 ha previsto, da parte del Commissario delegato, la predisposizione del piano di tutela delle acque di cui all'articolo 44 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e l'attuazione di un programma straordinario di interventi per il riutilizzo delle acque depurate e la tutela dei corpi idrici ricettori. Inoltre sono stati previsti interventi di fognatura, collettamento, depurazione, riutilizzo e recapito delle acque.
Con l'ordinanza n. 3334 del 23 gennaio 2004, il Commissario delegato ha costituito un gruppo di coordinamento tra le strutture commissariali già istituite per raccordare ed integrare funzionalmente le attività di emergenza previste nelle predette ordinanze.
Dal giugno 2002, il Commissario ha provveduto ad emanare, in ottemperanza all'ordinanza 3189, le disposizioni riguardanti la ripartizione delle risorse idropotabili delle province siciliane in emergenza idrica, inclusa quindi la provincia di Agrigento. Infatti a tale data, la situazione delle riserve idriche in Sicilia era estremamente grave, in modo particolare nei territori dell'agrigentino e nella zona di Caltanissetta dove l'approvvigionamento idropotabile è quasi del tutto dipendente dalle disponibilità presenti nei principali invasi come i laghi Garcia, Fanaco, Piano del Leone, Castello e Ancipa che, nel maggio del 2002, registravano complessivamente una risorsa di appena 45 milioni di mc contro gli 85 mc del maggio 2001, i 95 mc del maggio 2003 e i 107 mc del febbraio 2004.
Il comune di Canicattì, oltre a disporre di fonti proprie pari a 10-15 l/s (litri al secondo) grazie all'attivazione dei potabilizzatori realizzati dalla regione, è approvvigionato dal Consorzio Tre Sorgenti che utilizza le acque provenienti dall'acquedotto Fanaco (Ente acquedotti siciliani) e che garantisce una fornitura d'acqua pari a circa 80 l/s. Grazie alle predette ordinanze, sin dal giugno 2002 sono state previste assegnazioni idriche in progressiva crescita anche per tutti i comuni siciliani.
La fornitura è, quindi, aumentata grazie alla crescita delle disponibilità idriche complessive ed al miglioramento delle condizioni funzionali e gestionali delle infrastrutture e degli acquedotti.
Attualmente la dotazione del comune di Canicattì, secondo i dati forniti dal gestore del servizio idrico, è di circa 230-250 litri al giorno per abitante in riferimento a 31.713 residenti registrati dall'ISTAT nel corso del censimento 2001.
Nel periodo 2002-2003 sono stati finanziati numerosi interventi urgenti lungo gli acquedotti che alimentano il Consorzio Tre Sorgenti che hanno permesso di recuperare cospicui quantitativi idrici evitando interruzioni prolungate del servizio. In particolare sono stati autorizzati ed eseguiti 27 interventi lungo l'acquedotto Fanaco per un importo complessivo di circa 165.000,00 euro e 4 interventi lungo l'acquedotto Tre Sorgenti per un importo complessivo di circa 60.000,00 euro.
Il commissario ha, poi, autorizzato e finanziato (rimodulazione della Tabella «A» di cui all'ordinanza n. 3189 del 2002) interventi ritenuti strategici e prioritari come i lavori di ripristino della funzionalità del 2o impianto di potabilizzazione delle acque di Canicattì con una spesa pari a 67.000,00 euro, e i lavori di ripristino del 1o impianto di potabilizzazione con una spesa di 100.000,00 euro.
Inoltre, allo scopo di ripristinare a pieno regime l'approvvigionamento idrico dell'acquedotto Dissalata Gela-Aragona in favore dei Comuni di Canicattì, Campobello di Licata e Ravanusa, consentendo anche l'integrazione della fornitura con altri sistemi interconnessi, sono stati autorizzati e finanziati dal predetto commissario altri lavori ormai in corso di ultimazione. Questi riguardano la funzionalità e la messa in


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esercizio della condotta dell'acqua dissalata relativa al tratto di sollevamento Campobello di Licata-serbatoio di Canicattì, per una spesa pari a 963.000,00 euro ed il ripristino della funzionalità della condotta dell'acqua dissalata Licata-Canicattì, tratto Licata sollevamento Campobello di Licata, danneggiata dal movimento franoso verificatosi in contrada Jacopo Filippo di Campobello di Licata per una spesa di 1.750.00,00 euro.
In ottemperanza a quanto previsto dall'ordinanza di protezione civile n. 3224 del 28 giugno 2002, il Commissario delegato ha istituito presso tutte le prefetture delle province siciliane le Unità di crisi. Questi organi sono costituiti da rappresentanti della prefettura competente, dell'ufficio del Genio civile, dei soggetti gestori del servizio idrico e da responsabili della gestione idrica del territorio interessato e rappresentano il braccio operativo in grado di affrontare e superare situazioni di emergenza idrica, valutando anche la necessità di realizzare interventi urgenti per la riparazione degli acquedotti comunali al fine di evitare interruzioni del servizio di approvvigionamento.
Per garantire una migliore utilizzazione della risorsa idrica lo Stato è intervenuto con l'emanazione dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 152 del 1999, relativo alla tutela delle acque dall'inquinamento e del decreto 12 giugno 2003, n. 185 relativo alle «Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue depurate» con il quale si prevede il riutilizzo dei reflui in agricoltura consentendo, così, di utilizzare per usi civili e potabili parte dell'acqua invasata, generalmente di buona qualità, destinata all'irrigazione.
Il decreto del 6 novembre 2003, n. 367 ha fissato gli standard di qualità dell'ambiente acquatico per la tutela dei corpi idrici dalle fonti di inquinamento. Detti standard garantiscono, a breve termine, entro il 31 dicembre 2008, la salute umana e, a lungo termine, entro il dicembre 2015, la tutela dell'ecosistema acquatico.
I decreti 18 settembre 2002 e 19 agosto 2003 consentono, il primo, di individuare le criticità dei corpi idrici soggetti ad obiettivi di specifica destinazione (balneazione, acqua potabile, acque idonee alla vita dei pesci e dei molluschi), il secondo di creare un ulteriore strumento in grado di assicurare un'ampia divulgazione dello stato di qualità delle acque con la raccolta dei relativi dati e la classificazione dei corpi idrici.
È stato, inoltre, pubblicato il decreto sulla fissazione dei criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi, che consente di definire il quadro normativo delle operazioni per assicurare il mantenimento ed il ripristino della capacità utile e della capacità morta, proprie dell'invaso stesso, e garantisce il funzionamento degli organi di scarico e di presa. Con l'emanazione di tale provvedimento si risolve il problema dell'interramento degli invasi ed il conseguente recupero del volume utile di invaso.
È stato pubblicato anche il decreto sulle linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensivo dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.
Il bilancio idrico è uno strumento per valutare lo stato delle risorse idriche in un territorio, i fabbisogni per i diversi usi, distribuiti nello spazio e nel tempo, e le capacità sia del sistema idraulico naturale, sia di quello delle infrastrutture idriche, a garanzia, anche, della tutela dell'ecosistema. Lo stesso decreto prevede una valutazione del bilancio idrico in relazione a possibili regimi critici, accompagnata dalla disposizione delle misure di emergenza da adottare per fronteggiare le situazioni di crisi.
In una visione unitaria e funzionale della gestione della «risorsa acqua» da destinarsi ad usi specifici (potabile, civile, industriale ed irriguo), sono stati firmati gli Accordi di programma quadro (APQ) «Tutela e gestione integrata delle risorse idriche», tra i ministeri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti e delle Politiche agricole e forestali e le regioni, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662.


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L'Accordo con la regione Sicilia è stato sottoscritto in data 23 dicembre 2003 e persegue gli obiettivi di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei per la tutela dell'ambiente acquatico, della salvaguardia di tutti gli ecosistemi connessi ai corpi idrici, del ripristino della qualità delle acque superficiali e sotterranee per renderle idonee all'approvvigionamento potabile, alla vita dei pesci ed alla balneazione. Ulteriori obiettivi sono costituiti dalla riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, secondo le direttive comunitarie quali la 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico, la 91/271/CEE relativa al trattamento delle acque reflue urbane e la 91/676/CEE sulla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati da fonti agricole; dall'incentivo ad una politica unitaria di gestione delle risorse volta alla protezione a lungo termine dei corpi idrici, al soddisfacimento del fabbisogno sull'intero territorio per i vari tipi di utilizzo fornendo risorse di idonea qualità, nonché ad incentivare la riduzione dei consumi e il riutilizzo delle acque reflue depurate ed infine dalla realizzazione di un servizio idrico integrato che razionalizza la gestione delle risorse e realizza le condizioni di concreta operatività del servizio idrico per l'utenza civile.
Questa ultima attività sarà affidata ai soggetti gestori unici di ambito ed a soggetti privati, da individuare mediante gara con procedura ad evidenza pubblica.
In particolare per il comune di Canicattì sono stati previsti, nell'ambito dell'Accordo di programma quadro, 4 milioni 350 mila euro per l'intervento relativo al riuso irriguo delle acque reflue depurate dal depuratore, sito in località Ponte Bonaria, e 6 milioni 334 mila euro per la costruzione e normalizzazione del collettore principale della fognatura cittadina del sistema affluente 3o lotto.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Capo Dipartimento della Protezione Civile dottor Guido Bertolaso, in un intervento sul quotidiano finanziario Il Sole-24 Ore di mercoledì 7 luglio 2004 alla pagina 16 dal titolo «Al via il nuovo piano antincendi», scrive: «Per contrastare l'attività dei piromani, occorre che la normativa vigente venga applicata con maggior rigore che in passato. Sono ancora troppe le Amministrazioni locali che non ottemperano all'obbligo che loro compete di perimetrare immediatamente le aree percorse dal fuoco, onde attivare i vincoli previsti dalla legge. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ha voluto ricordare il problema con una direttiva di pochi giorni fa indirizzata all'ANCI, sollecitando il contributo indispensabile degli enti locali nello scoraggiare le attese e gli interessi malavitosi legati agli incendi boschivi»;
appare evidente che lo Stato non può assistere inerte agli inadempimenti di alcuni Comuni rispetto all'elemento normativo più importante al fine di scoraggiare gli incendi dolosi -:
quali iniziative assuma la Protezione Civile per stimolare i Comuni alla immediata perimetrazione delle aree devastate dal fuoco;
se, in caso di ulteriore inerzia, non si possa attivare una formale diffida ai sindaci dei Comuni interessati;
se, comunque, non si ritenga di dover adottare iniziative normative volte a prevedere un sistema sanzionatorio nei confronti dei Comuni inadempienti.
(4-11805)

Risposta. - Le disposizioni della legge n. 353 del 21 novembre 2000, legge quadro in materia di incendi, ponendosi come obiettivo la conservazione del patrimonio boschivo nazionale, quale bene insostituibile per la qualità della vita, contemplano numerose azioni volte a ridurre al minimo


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la possibilità di innesco degli incendi e, nel caso in cui questi si verifichino, a contenerne i danni.
In particolare l'articolo 10, comma 2, della predetta legge prevede che i comuni debbano censire, tramite apposito catasto, i luoghi percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato.
In catasto, che deve essere aggiornato annualmente, ha lo scopo di impedire sia qualunque modificazione nell'uso delle aree interessate dal fuoco, sia l'edificazione di strutture finalizzate ad insediamenti civili o ad attività produttive, fatti salvi i casi in cui l'autorizzazione sia stata già rilasciata in data precedente all'incendio e sulla base degli specifici strumenti urbanistici.
Queste misure preventive, finalizzate a scoraggiare l'innesco doloso di incendi per fini speculativi, sono state anche richiamate in una nota che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha inviato, in data 10 giugno 2004, all'ANCI, in occasione della direttiva sulla campagna antincendi della scorsa estate che il Presidente del Consiglio ha indirizzato ai Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Ogni regione, inoltre, deve elaborare un Piano di previsione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (AIB), comprensivo della perimetrazione delle aree interessate, così come previsto nella predetta direttiva del Presidente del Consiglio, in cui si sollecita anche il Corpo forestale dello Stato a fornire un supporto agli enti locali per la realizzazione della perimetrazione delle aree colpite dal fuoco, in modo che gli stessi enti possano redigere il censimento. Entro la fine dell'anno il dipartimento della protezione civile provvederà ad effettuare una ricognizione sulla compilazione del suddetto catasto.
Infine il dipartimento della protezione civile, in collaborazione con l'associazione ambientalista legambiente, ha realizzato un progetto inteso ad attuare una campagna di prevenzione e di informazione per limitare il rischio degli incendi boschivi, soprattutto nel periodo estivo, denominato «non scherzate con il fuoco 2004» e, nell'ambito di tale progetto, è stato redatto il rapporto ecosistema incendi per fotografare la situazione dei comuni italiani in relazione all'applicazione della legge quadro in materia di incendi boschivi.
Dai dati emersi solo il 5 per cento dei comuni risulta applicare pienamente quanto disposto dalla legge n. 353 e soltanto un comune su cinque ha realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco.
Inoltre, meno del 4 per cento dei comuni ha realizzato un'attività di manutenzione dei boschi e di prevenzione e avvistamento dei focolai.
Purtroppo sono ancora poche le amministrazioni comunali che hanno applicato, nella sua interezza, la legge 353, considerata tra le migliori in Europa in grado di contrastare il grave fenomeno degli incendi dolosi che ogni anno danneggiano il nostro patrimonio boschivo.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
risultano già presentati alla Presidenza del Consiglio dei ministri atti di sindacato ispettivo aventi ad oggetto la richiesta di motivazioni circa il mancato utilizzo, nell'attività di contrasto agli incendi boschivi, dei velivoli «Dromader M/18/B»;
in particolare nella corrente stagione, caratterizzata da inusuale siccità, la devastazione del patrimonio boschivo è stata particolarmente estesa, anche in ragione della limitatezza dei mezzi a disposizione;
è bene ricordare che il dipartimento della protezione civile, con decreto n. 2272 di repertorio del 23 luglio 1999, ha nominato una commissione con l'incarico di valutare l'efficacia del servizio di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi affidato alla Avianord 85 Avioservizi s.r.l. da attuarsi con n. 3 aerei Dromader M/18/B nell'ambito della Regione Basilicata,


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mediante l'attivazione delle aviosuperfici di Grumento Nova, Pisticci e Lavello come da contratto n. 313 di repertorio del 2 giugno 1999;
la commissione ha espresso la valutazione della sperimentazione relativa all'impiego degli aerei Dromader M/18/B con relazione del 15 ottobre 1999, che ovviamente ha preso in considerazione l'intero periodo contrattuale scadente il 30 settembre 1999;
la citata relazione della commissione, dopo aver premesso che «obiettivo primario da perseguire in sede di pianificazione dell'attività antincendio è teso alla contrazione dei tempi di intervento e all'incremento della capacità risolutiva dello stesso», afferma che «l'attività del Dromader risulta determinante nell'effettuazione del primo lancio con un carico che varia, in rapporto alla distanza dell'obiettivo, da 1.500 a 2.000 litri di estinguente»;
la commissione prosegue, nella sua relazione, affermando quanto segue: «La Commissione, alla luce della positività dei risultati ottenuti con la sperimentazione effettuata in Basilicata, ritiene possibile l'impiego degli aeromobili in ambito locale, qualora non si disponga di vettori più competitivi»;
in particolare, ai fini della tempestività dell'intervento (ritenuto elemento decisivo nella lotta antincendio), la commissione si esprime come segue: «Si fa rilevare, infine, che il servizio di "ricognizione armata", peculiarità degli aerei Dromader, può costituire un tempestivo intervento su principi di incendi, oltre che attivare con urgenza il servizio a terra a condizione che sia perfezionato il necessario coordinamento»;
risulta all'interrogante che la relazione 15 ottobre 1999 della Commissione porterebbe la firma, fra gli altri, del Colonnello Francesco D'Arcangelo per il Dipartimento della Protezione Civile;
è dunque stato ragionatamente ed ufficialmente accertato che l'attività dei Dromader M/18/B offre aspetti particolarmente positivi nella prospettiva di un perfezionamento della lotta contro gli incendi boschivi e, per di più, offre una prospettiva non già di «alternatività» rispetto agli aerei Canadair, ma di assoluta compatibilità ed anzi di feconda «complementarietà»;
tali argomentazioni consentono di ritenere ancora più misteriosa la decisione di non utilizzare tale velivolo, quasi a voler garantire un monopolio incomprensibile dei Canadair e, in pratica, della società cui è stato affidato il servizio -:
se la relazione 15 ottobre 1999 della Commissione istituita dal dipartimento della protezione civile sia stata attentamente valutata e correttamente presa in considerazione nella organizzazione della lotta contro gli incendi boschivi;
in caso affermativo, quali siano le ragioni che, malgrado il tenore della relazione citata, hanno determinato la scelta di lasciare inattivi i velivoli Dromader M/18/B;
quali siano le ragioni tecniche che hanno determinato il convincimento secondo il quale la maggiore celerità nell'intervento del primo lancio (tipica del Dromader), non dovesse essere coniugata, laddove possibile, attraverso un'azione coordinata con le diverse caratteristiche tecniche dei velivoli Canadair.
(4-11806)

Risposta. - L'idea di sperimentare gli aerei Dromader M/18/B, di produzione polacca, per contrastare gli incendi boschivi, trae origine dalla richiesta del 19 febbraio 1999 del Presidente della regione Basilicata, di proteggere, mediante l'uso di velivoli posizionati nelle aviosuperfici di Grumento Nova, Pisticci e Lavello, aree di interesse naturalistico della Basilicata e delle regioni limitrofe. Il Dipartimento della protezione civile, accogliendo tale richiesta, ha realizzato nell'estate del 1999 una sperimentazione utilizzando tre velivoli di tipo Dromader M/18/B.
In una nota del 14 giugno 1999 il predetto dipartimento, rispondendo ad una lettera dell'Ambasciata della Repubblica di


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Polonia a Roma con la quale veniva prospettato l'inserimento degli aerei polacchi nei futuri programmi di contrasto agli incendi boschivi, aveva precisato che con questa iniziativa si poteva realizzare un supporto aereo alle forze di terra per la difesa del patrimonio forestale, in attesa di una diversa e più omogenea standardizzazione del dispositivo antincendio in ambito regionale.
Durante la campagna antincendi boschivi dell'estate 1999, quindi, l'Avianord ha assunto il servizio sperimentale di concorso aereo antincendio in Basilicata, dal 10 luglio al 30 settembre 1999, impiegando tre velivoli Dromader M/18/B nelle basi di Pisticci e Lavello.
Inoltre, con decreto n. 2272 del 23 luglio 1999, il dipartimento della protezione civile ha istituito una Commissione, i cui componenti sono referenti del dipartimento stesso, della regione Basilicata, del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, incaricata di valutare l'efficacia del servizio di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi.
Nelle sue valutazioni (riportate anche nella rivista «DPC INFORMA» del gennaio 2000 inviata a tutte le amministrazioni interessate, ai sensi della legge 31 dicembre 1996, n. 875), la predetta Commissione ha specificato che l'utilizzo dei Dromader M/18/B era possibile in ambito locale qualora non si disponesse di vettori più competitivi.
Il Dromader M/18/B, infatti, ha una scarsa flessibilità di impiego in quanto si rifornisce di acqua attraverso una apposita e complessa attrezzatura di supporto situata in specifici aeroporti e utilizza una tecnica di volo definita «sorveglianza armata», che consiste nel presidiare il territorio dall'alto con i serbatoi di estinguente pieni, pronti ad intervenire appena viene avvistato un incendio.
Tale tecnica, tuttavia, presenta una serie di importanti inconvenienti, quali l'elevato costo dovuto ad una attività di volo continua finalizzata alla ricognizione del territorio e la possibilità, da parte dei piromani, di creare incendi per scaricare il mezzo aereo, che per rifornirsi, deve abbandonare il territorio e rientrare alla base.
Con la legge-quadro in materia di incendi boschivi (legge 21 novembre 2000, n. 353), è stata prevista un'attività di coordinamento tra gli interventi aerei, di competenza del Dipartimento della protezione civile, e gli interventi di terra, di competenza delle regioni interessate, mentre la tecnica di «sorveglianza armata» è concentrata su un'azione prettamente aerea.
Inoltre dalla comparazione tra le
performance dei Dromader M/18/B e gli elicotteri Erikson S64 si è rilevato che la capacità del serbatoio d'acqua è di 2.000 litri nel Dromader M/18/B e di 9.000 litri nell'Erikson S64; che il tempo medio necessario tra un lancio e l'altro è di 30 minuti nel Dromader M/18/B e di 6 minuti nell'Erikson S64; che la quantità di acqua versata dopo 4 ore di volo è di 16.000 litri nel Dromader M/18/B e di 224.000 nell'Erikson S64 ed infine che il costo per litro di estinguente (miscela di acqua e sostanze contrastanti il fuoco) del Dromader M/18/B è molto superiore rispetto a quello dell'Erikson S64.
La Commissione, pertanto, è giunta alla conclusione che gli aerei Dromader non risultavano essere competitivi per svolgere un servizio secondo i parametri di cui alla legge-quadro in materia di incendi boschivi.
La scelta degli Erikson S64, quindi, ha ricevuto ampio consenso da parte delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Sardegna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Puglia e Sicilia, che, proprio alla luce dei soddisfacenti risultati, hanno chiesto al Dipartimento della protezione civile di implementare la flotta aerea con i suddetti velivoli.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

FIORI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia,


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al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 comma 2, della legge n. 85 del 1997 prevede che «agli ispettori superiori delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, ai marescialli aiutanti di quelle ad ordinamento militare, nonché ai marescialli aiutanti delle forze armate, con maggiore anzianità di servizio nella qualifica o nel grado è attribuito un emolumento pensionabile pari alla differenza tra il proprio livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore»;
l'articolo 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 1999 stabilisce che l'emolumento previsto dall'articolo 3 comma 2 della legge n. 85 del 1997 «è corrisposto per ciascun anno del triennio 1998-2000 nella misura annua di lire 660.000 non cumulabili»;
con l'articolo 29 decreto legislativo n. 83 del 2001, che aggiunge l'articolo 54-bis al decreto legislativo n. 198 del 1995, il legislatore prevede che a decorrere dal 1 gennaio 2001, l'emolumento in questione debba essere calcolato nella misura pari alla differenza tra il livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore;
pertanto l'emolumento pensionabile de quo per il triennio 1998-2000 è quantificato nella somma di lire 660.000 mentre a partire dal 1 gennaio 2001 lo stesso è pari alla differenza retributiva tra il livello di inquadramento ed il livello superiore;
il decreto legislativo n. 67 del 28 febbraio 2001, prevede l'attribuzione del suddetto beneficio soltanto a favore dei marescialli del Corpo della Guardia di Finanza, non contemplando né i marescialli dell'Arma dei Carabinieri né gli Ispettori della Polizia di Stato, comportando in tal modo un'evidente disparità di trattamento -:
quali siano gli intendimenti e le iniziative che i ministri interessati, per quanto di loro competenza, intendano adottare al fine di equiparare le posizioni retributive e previdenziali del personale dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato a quella del personale del Corpo della Guardia di Finanza.
(4-08194)

Risposta. - L'interrogante sottolinea come l'emolumento previsto dall'articolo 3, comma 2, della legge 28 marzo 1997, n. 85, sia stato attribuito dal decreto legislativo n. 67 del 2001 solo al personale della guardia di finanza e non alle altre forze di polizia ad ordinamento civile e militare ed alle Forze armate. Lo stesso onorevole, lamentando «un'evidente disparità di trattamento» chiede «quali siano gli intendimenti e le iniziative che i Ministri interessati, per quanto di loro competenza, intendano adottare al fine di equiparare le posizioni retributive e previdenziali dell'Arma dei carabinieri e della polizia di Stato a quella del personale del Corpo della guardia di finanza».
Al riguardo l'asserita disparità di trattamento non sembra sussistere.
Come già detto la legge n. 85/1997 aveva previsto per gli «...ispettori superiori delle Forze di polizia ad ordinamento civile, ai marescialli aiutanti di quelle ad ordinanza militare, nonché ai marescialli aiutanti delle Forze armate, con maggiore anzianità di servizio nella qualifica e nel grado è attribuito un emolumento pensionabile pari alla differenza tra il proprio livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore, secondo decorrenza, modalità e sulla base di requisiti da determinare in sede di contrattazione collettiva, ovvero nell'ambito delle procedure di concertazione ivi previste...».
In conseguenza, di tale disposto gli articoli 38 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/1999 e l'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 255/1999 rispettivamente per le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e per le Forze armate ne hanno determinato beneficiari, modalità di attribuzione ed ammontare nella misura di 660 mila lire annue lorde nel solo triennio 1998-2000. Tale disposizione era già comunque valida


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per tutto il personale del comparto difesa e sicurezza anche se limitatamente al triennio programmato.
Successivamente l'emolumento in questione è stato reso permanente dal 1o gennaio 2001, «in misura annua lorda pari alla differenza tra il livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore» dalle seguenti norme emanate a seguito della «delega al Governo in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della guardia di finanza e della polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle forze di polizia» di cui alla legge 31 marzo 2000, n. 78:
a) articolo 21 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 53, per la polizia di Stato;
b) articolo 9 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67, per la guardia di finanza;
c) articolo 22 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, per le forze armate; articolo 29 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83, per l'Arma dei carabinieri.

Si precisa, infine, che l'articolo 3, comma 2, della legge 28 marzo 1997, n. 85, è stato abrogato dall'articolo 15 del decreto legislativo 31 maggio 2003, n. 193, e la relativa indennità è stata sostanzialmente «riassorbita» a decorrere dal 1o gennaio 2005, dal sistema dei parametri stipendiali previsto dal citato decreto.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

FOTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Capo di seconda classe incursore/paracadutista Giannoni Paolo, matricola 87VB0034M, in servizio fino al 13 maggio 2002, presso il Comandando Subacquei ed incursori di Portovenere (La Spezia), a seguito di un incidente occorsogli durante il servizio, ha subito diverse amputazioni e menomazioni;
allo stato percepisce un trattamento pensionistico provvisorio -:
quando verrà riconosciuta e liquidata al Giannoni la pensione definitiva.
(4-10717)

Risposta. - La direzione generale per il personale militare, competente nella materia oggetto dell'interrogazione in argomento, ha reso noto che a favore dell'interessato sarà emesso il decreto definitivo di pensione privilegiata di 1a categoria, non appena sarà acquisita la documentazione amministrativa richiesta.
È utile sottolineare, tuttavia, che l'interessato percepisce, allo stato, un trattamento pensionistico provvisorio, pari al 100 per cento dell'ammontare della pensione privilegiata.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

LA GRUA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
un terzo delle terre emerse è minacciato dalla desertificazione e duecentocinquantamilioni di persone ne sono direttamente coinvolte con conseguenze spesso tragiche;
il problema non riguarda soltanto i Paesi poveri: in Italia l'Enea stima che il 12 per cento del territorio è a rischio;
la Sicilia - secondo tali stime - ha la maggior percentuale di terre in pericolo;
erosione, salinizzazione e siccità sono, secondo l'Enea, una concreta minaccia allo sviluppo dell'isola;
sotto accusa sono il disboscamento, l'abbandono delle terre divenute improduttive, l'urbanizzazione delle coste -:
quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per evitare in Sicilia e nelle altre regioni a rischio, come la Sardegna, la Puglia, la Basilicata e la Calabria, la trasformazione dei terreni in zone aride o semiaride.
(4-06667)


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Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante i problemi legati alla desertificazione, si rappresenta che l'Italia, con delibera CIPE n. 229 del 21 dicembre 1999, ha adottato il Programma d'azione nazionale (PAN) per la lotta alla siccità e alla desertificazione, predisposto secondo le linee-guida approvate il 22 luglio 1999 dal Comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione (CNLD), istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 1997.
Il Comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione coordina l'attuazione della Convenzione in Italia.
Il PAN fornisce alle amministrazioni preposte alla gestione del territorio le strategie e gli orientamenti necessari ad attuare le politiche di lotta alla desertificazione nel contesto di uno sviluppo sostenibile, costituendo, inoltre, uno strumento per l'individuazione delle priorità, la definizione dei ruoli, la facilitazione nell'accesso alle risorse, l'accessibilità a informazioni e conoscenze da parte di amministrazioni ed organizzazioni non governative.
Sono stati individuati, pertanto, i settori di intervento considerati prioritari (Protezione del suolo, Gestione sostenibile delle risorse idriche, Riduzione dell'impatto delle attività produttive, Riequilibrio del territorio) ed è stato stabilito che le regioni e le Autorità di Bacino trasmettessero al CNLD l'indicazione delle aree vulnerabili, individuate ai sensi dell'articolo 20, commi 2 e 3, del decreto legislativo 152/1999, e le proposte di misure e di interventi ritenuti prioritari, secondo specifici programmi di azione.
Dal documento «Analisi e proposte avanzate da regioni e Autorità di Bacino e criteri di valutazione» del febbraio 2001 prodotto dal CNLD, risulta che le regioni (10 regioni ed 1 Provincia autonoma) e le Autorità di Bacino (6 Autorità nazionali, 6 regionali e 7 interregionali) hanno trasmesso al Comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione (CNLD) una definizione dei programmi, riportando in ciascun programma una o più proposta.
Le proposte pervenute, per un totale di 153, presentano una diversità di tipologia di iniziative in base alle diverse problematiche presenti sul territorio nazionale.
Le stesse proposte, corredate anche dalla quantificazione delle risorse finanziarie necessarie, sono state suddivise secondo la tipologia (azioni conoscitive ed interventi) e secondo la presenza o meno di un canale di finanziamento.
Allo stato attuale il nuovo CNLSD, ricostituito con decreto GAB/DEC/84/2003 e insediatosi ufficialmente nel mese di novembre 2003, ha avviato una serie di attività tra cui, da ultima, la Conferenza Interregionale di Maratea del 22-24 luglio 2004, rivolta agli Assessorati regionali all'Ambiente e all'agricoltura, alle Autorità di Bacino, ai Consorzi di Bonifica, alle ARPA regionali nonché agli esperti del settore, il cui obiettivo è stato quello di porre le basi per un proficuo coordinamento tra le diverse attività intraprese dalle Regioni italiane in tema di siccità e desertificazione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

LEONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che in data 21 luglio 2004, nel cantiere della erigenda scuola elementare del comune di Olevano Romano, tra le ore 13 e le 14, si sia verificato un incidente a seguito del quale un giovane operaio di Alatri è stato trasportato con un furgoncino presso il Policlinico Umberto I di Roma, dove è stato ricoverato con codice rosso;
non si conosce la natura esatta dell'incidente né il motivo per cui il lavoratore in questione non sia stato trasportato con apposita autoambulanza nella struttura ospedaliera più vicina, come le strutture ospedaliere di Palestrina e Colleferro,


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dato che il comune di Olevano Romano è anche sede operativa del 118 -:
se l'impresa per la quale il giovane lavorava, è stata regolarmente autorizzata al subappalto, dato che nel cartello affisso nel cantiere non se ne fa menzione;
se il lavoratore in questione e gli altri operanti nel cantiere siano stati regolarmente assunti e se l'azienda abbia rispettato le norme vigenti in materia di lavoro, comprese quelle sulla sicurezza previste dalla legge 626;
se, a seguito di quanto accaduto, vi sia stato un sopralluogo dell'Ispettorato provinciale del lavoro e quali siano le risultanze emerse.
(4-10636)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla direzione provinciale del lavoro di Roma è emerso quanto segue.
Il comune di Olevano Romano, in data 24 aprile 2004, ha appaltato alla società MA.CO.R. srl, con sede legale in Roma, i lavori relativi alla costruzione di un complesso scolastico.
La società MA.CO.R., a sua volta, ha subappaltato, previa autorizzazione del committente pubblico suindicato, i lavori relativi alle strutture in cemento armato, per un importo di 250.000,00, alla società EU.LI.CO.GE. srl, con sede legale in Alatri (Frosinone).
Durante l'esecuzione dei lavori, in data 21 luglio 2004, un operaio della società EU.LI.CO.GE. ha subìto un infortunio. Detta società, a seguito di tale infortunio, ha esibito copia del certificato di pronto soccorso rilasciato dall'ASL RM/G /010 polo ospedaliero di Subiaco - Unità di pronto soccorso - nel quale viene riportata la prognosi riservata ed, in calce, l'annotazione «Il paziente viene trasferito presso il DEA del Policlinico Umberto I».
In occasione del suddetto infortunio, sono intervenuti, presso il cantiere, sia i carabinieri della stazione locale sia funzionari dell'A.S.L. territorialmente competente, i quali hanno svolto accertamenti in merito.
Si fa presente, poi, che nel corso della visita ispettiva, sono stati trovati al lavoro oltre ad operai della società EU.LI.CO.GE. srl anche operai della ditta Gizzi Saverio, con sede legale in Alatri (Frosinone). Quest'ultima operava in virtù di un contratto di «associazione in partecipazione con apporto di attività lavorativa» stipulato con la società EU.LI.CO.GE. srl, per il quale non è stata richiesta, al committente pubblico, preventiva autorizzazione.
La direzione provinciale del lavoro di Roma ha adottato, nei confronti delle due ditte sopracitate, i previsti provvedimenti di legge in materia di lavoro e di assicurazioni sociali obbligatorie avendo, tra l'altro, disconosciuto, per mancanza dei requisiti previsti, tutti i contratti di lavoro a progetto sottoscritti dai lavoratori occupati nel cantiere ispezionato.
Si rappresenta, inoltre, che le due società in parola hanno occupato n. 4 minorenni, in violazione delle norme in materia di lavoro minorile, per le quali è stato trasmesso apposito rapporto informativo all'autorità giudiziaria di Tivoli.
Con nota del 20 settembre 2004 sono stati comunicati al comune di Olevano Romano i risultati degli accertamenti, per ogni eventuale provvedimento di competenza.
Per quanto riguarda, infine, l'osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, presso il cantiere in parola sono state riscontrate violazioni alle norme di prevenzione infortuni, con particolare riferimento alla scarsa manutenzione delle attrezzature in uso, alla viabilità, alla protezione dei posti di lavoro fissi ed all'insufficiente ancoraggio dei ponteggi in uso.
Per tali violazioni sono state elevate, a carico del legale rappresentante della società EU.LI.CO.GE. srl contravvenzioni con prescrizioni comunicate all'autorità giudiziaria di Tivoli.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.


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LETTIERI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'indiscriminata installazione di infrastrutture di telecomunicazione continua a produrre danni ambientali e rischi per la salute se collocate nei centri abitati o nelle immediate vicinanze di abitazioni;
i casi denunciati sono tanti e in tutte le regioni;
l'ultimo è quello di contrada Ferrara del comune di Melfi in Basilicata, dove la società telefonica Wind starebbe per installare un'antenna a ridosso di un nucleo abitato, benché nella contrada Ferrara del comune di Melfi, vi sia una vasta area di territorio privo di qualsiasi costruzione, per cui non si comprende né si giustifica la scelta della Wind -:
se non intendano adottare iniziative anche normative per individuare idonee soluzioni ad un problema ormai generalizzato su tutto il territorio nazionale.
(4-07566)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, concernente la situazione presente nel comune di Melfi in Basilicata relativamente all'installazione dell'antenna della società Wind, il ministero delle comunicazioni ha fatto presente che le autorizzazioni per l'installazione di infrastrutture di telecomunicazioni, sono rilasciate dalle autorità locali, cui competono anche le valutazioni in merito all'impatto ambientale delle strutture sia dal punto di vista sanitario sia di quello urbanistico.
In particolare, la valutazione dal punto di vista edilizio spetta al comune, mentre l'analisi di eventuali rischi per la popolazione, il controllo dei limiti massimi d'intensità di campo elettromagnetico, nonché gli interventi di riduzione a conformità, spetta alle regioni, ai sensi della legge nel rispetto dei limiti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante: «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100khz e 300 GHz».
In merito a tale aspetto, si rappresenta che la pronuncia n. 307/2003 della Corte costituzionale ha ritenuto conformi al dettato costituzionale le disposizioni recate dalla legge 36/2001, secondo le quali i valori soglia per le emissioni elettromagnetiche devono essere definiti in ambito nazionale e non sono derogabili dalle Regioni.
Ciò premesso, la società Wind, interessata in merito alla prevista installazione di un impianto per la telefonia mobile, in contrada Ferrara nel comune di Melfi in Basilicata, ha comunicato di avere sempre collaborato con le amministrazioni locali per cercare di risolvere eventuali contestazioni riguardanti la scelta dei siti sui quali ubicare i propri impianti.
Secondo quanto affermato dalla citata Società, anche nel caso in esame sono stati intrapresi numerosi contatti con il comune di Melfi al fine di contemperare le reciproche esigenze, ma dai rilievi tecnici effettuati dai progettisti è emersa l'inidoneità delle aree rese disponibili, in quanto non garantivano un'efficacia copertura di rete.
La stessa società ha, poi, reso noto che non essendo stato raggiunto un ulteriore accordo, in data 30 ottobre 2002, ha presentato una dichiarazione di inizio attività per l'installazione di un impianto in contrada Ferrara.
Secondo quanto riferito, la costruzione del sito è stata bloccata da un'ordinanza di sospensione cautelativa dei lavori emessa dal sindaco in data 29 luglio 2003.
A completamento di informazione, la società Wind ha comunicato di avere presentato al sindaco di Melfi un'ulteriore proposta nella quale vengono individuati due siti alternativi sui quali realizzare l'impianto.
La medesima società ha, infine, fatto presente di avere raggiunto un accordo con il comune di Melfi per spostare l'impianto in un'area distante dal centro abitato, sia per consentire all'amministrazione comunale di tutelare i propri cittadini e sia per


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permettere all'azienda di offrire un servizio di qualità migliore.
Per quanto riguarda, invece, l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative suggerita dall'interrogante, si vuole fornire di seguito una panoramica sulla normativa vigente in materia di installazione di antenne di telefonia mobile, ritenendola, ad oggi, sufficiente, sia per la tutela della popolazione dai rischi connessi con l'esposizione ai campi generati, sia per i procedimenti autorizzativi che regolano l'installazione stessa.
Per quanto concerne la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici, con la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale dei due decreti attuativi dell'8 luglio 2003, di cui all'articolo 4 comma 2 lettera a) della legge 22 febbraio 2001, n. 36, vengono fissati i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, così come definiti all'articolo 3 della legge predetta. In particolare per la protezione della popolazione dall'esposizione ai campi elettromagnetici generati da antenne per telefonia mobile, il riferimento normativo consiste nel DPCM 8 luglio 2003 «Fissazione dei limiti, già richiamato, nel cui ambito di applicazione sono compresi anche i campi generati dalle suddette stazioni radio base. Nel decreto sono fissati, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della sanità, i limiti di esposizione per la prevenzione degli effetti acuti derivanti dall'esposizione ai campi, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità come ulteriori misure di cautela, al fine di minimizzare i possibili effetti a lungo termine, rispettivamente in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere o all'aperto nelle aree intensamente frequentate.
Tali parametri sono fra i più restrittivi in Europa in virtù del «principio di cautela» che si applica in circostanze d'incertezza scientifica e riflette l'esigenza di intraprendere delle azioni a fronte di un rischio potenzialmente serio, senza attendere i risultati della ricerca scientifica.
Questi nuovi valori hanno validità assoluta su tutto il territorio nazionale, mettendo, tra l'altro, fine alle discrepanze presentate dalle normative regionali che, in alcuni casi, hanno fissato dei limiti più severi di quelli imposti dalla vigente normativa nazionale.
È opportuno osservare che i limiti imposti dalla vigente normativa nazionale sono, comunque, più cautelativi di quelli dettati dal Consiglio dell'Unione europea con la raccomandazione 1999/519/CE, «Raccomandazione del consiglio, relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz", la quale ricalca, peraltro, le direttive delle linee guida ICNIRP (
International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), un'organizzazione scientifica internazionale indipendente, riconosciuta dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che ha il compito di studiare i rischi associati ai vari tipi di radiazioni non ionizzanti e di trattare tutti gli aspetti della protezioni da tali radiazioni.
Per quanto riguarda, d'altra parte, la normativa che regola l'installazione di ripetitori per telefonia mobile, si evidenzia che l'articolo 87 del decreto legislativo 1o agosto 2003 n. 259 «Codice delle comunicazioni elettroniche», interviene sulle fasi procedimentali relative al rilascio delle autorizzazioni, ferme restando le competenze delle Amministrazioni locali in materia di pianificazione del territorio. Le suddette competenze sono peraltro previste nell'articolo 8 della legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36, che demanda alle regioni «
a) l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione ...omissis...; b) la definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150kV, con la previsione di fasce di rispetto ...omissis...; c) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di cui al presente articolo ...omissis...»; e che prevede testualmente che «I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».


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Sono, tra l'altro, proprio i comuni ad essere titolari di ogni potere decisorio in ordine al rilascio o al diniego delle autorizzazioni all'installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni, nel rispetto del regime dei controlli, preventivi e successivi, in materia di inquinamento elettomagnetico. A tale proposito, si sottolinea che l'intera procedura autorizzativa è preordinata, in particolare, al rigoroso rispetto dei limiti fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 di cui precedentemente. In particolare, l'istanza di autorizzazione, ovvero la denuncia di inizio attività per impianti con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20 Watt, deve essere presentata dagli esercenti al competente ufficio del comune, il quale deve provvedere a darne pubblicità affinché tutti gli interessati, cittadini ed associazioni ambientaliste, possano esprimere il loro avviso. Copia dell'istanza deve essere altresì trasmessa dal comune alle competenti Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A) ed Azienda sanitaria locale (A.S.L.). Essa dovrà risultare conforme ai modelli predisposti dagli enti locali, ovvero al modello allegato al decreto ove non predisposti, e corredata sia della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità relativi alle emissioni elettromagnetiche, che della descrizione delle caratteristiche tecniche dell'impianto, delle aree e dei terreni circostanti.
L'A.R.P.A., organismo competente ad effettuare i controlli, oltre ad accertare la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, ha in qualsiasi momento la facoltà di verificare che gli impianti installati rispettino i limiti di esposizione (20 V/m) i valori di attenzione (6 V/m in corrispondenza di edifici adibiti a permanenza non inferiore alle quattro ore) e gli obiettivi di qualità (6 V/m all'aperto nelle aree intensamente frequentate) prescritti dal decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2003 di cui precedentemente.
Nel caso particolare di antenne a bassa potenza, ovvero con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20Watt, la denuncia di inizio attività (D.I.A), sebbene consenta l'installazione, viene comunque inoltrata all'A.R.P.A. la quale, analogamente al caso di istanze, si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione. I limiti delle emissioni elettromagnetiche così come i vincoli ambientali, storici ed artistici, sono uguali a quelli relativi agli impianti di maggior potenza, analogamente nulla cambia per quanto concerne la pubblicità ai cittadini della domanda presentata, la trasmissione della stessa a tutti i soggetti interessati e la decisione in conferenza dei servizi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

TONINO LODDO e MAURANDI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo una notizia diffusa dall'ANSA-Regionale del 30 giugno 2004 nel territorio del Poligono di Quirra e precisamente in località Pranu Cardina nella giornata del 30 giugno sarebbero state all'opera una decina di ruspe coadiuvate da circa 200 militari armati di pale e picconi;
tutto questo avviene a pochissimi giorni di distanza dalla denuncia pubblicamente effettuata dal geologo Priamo Farci nel corso del Convegno dell'UNAC (Unione Nazionale dell'Arma dei Carabinieri) tenutosi a Tempio Pausania il 26 giugno scorso, in cui il medesimo aveva parlato riferendosi esplicitamente a tale sito «di gravissime contaminazioni dei terreni e delle falde acquifere da cui una volta sgorgava acqua purissima ed oggi altamente inquinata di colore marrone, di rotture dei sub-strati di rocce calcaree a causa delle esplosioni», ed altro ancora;
da una dichiarazione del presidente nazionale dell'UNAC il movimento terra rilevato nella giornata del 30 giugno si presume che questo sarebbe un maldestro


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tentativo di «far scomparire ogni traccia dell'uranio impoverito usato per le esercitazioni» -:
a che cosa esattamente sia finalizzata la vasta opera di movimentazione del terreno osservata nel Poligono di Quirra nel giorno 30 giugno scorso;
se corrisponda a verità che le acque superficiali provenienti dalle falde acquifere del sito indicato in premessa appaiano inquinate e, nel caso di risposta affermativa, se siano stati eseguiti gli opportuni accertamenti per sapere quale sia stato l'agente inquinante;
se l'agente inquinante sia da ricondurre alle esercitazioni compiute nel Poligono;
se dell'inquinamento esistente sia stata data tempestiva comunicazione alle autorità sanitarie locali, considerato che il sito è impiegato per usi pastorali onde verificare se l'agente inquinante sia entrato in qualche misura nella catena alimentare e, conseguentemente, quali rischi potenziali vi siano per la popolazione;
se la sollecitudine con cui l'Amministrazione Militare sta provvedendo alla presunta bonifica dei terreni sia in qualche modo da mettere in relazione alle denunce effettuate e se la bonifica stia coprendo sorgenti o falde acquifere sospette di inquinamento, in modo da renderle invisibili quantomeno ad un'osservazione superficiale;
se non ritenga opportuno far sospendere immediatamente l'opera di movimentazione del terreno al fine di consentire un adeguato e formale controllo sanitario del sito.
(4-10380)

Risposta. - La notizia secondo la quale in data 30 giugno 2004 nel territorio del poligono di Salto di Quirra sarebbero state utilizzate «una decina di ruspe coadiuvate da 200 militari» è priva di ogni fondamento.
Diversamente, in tale data e nei giorni precedenti e seguenti, in località Pranu Cardiga, una ditta regolarmente autorizzata di Perdasdefogu ha svolto un'attività di bonifica da cisto e cespugli delle strade in terra battuta interna al poligono, con rasatura superficiale del terreno, nonché della piazzola di atterraggio elicotteri e delle zone di rischieramento dei Reparti, ai fini della prevenzione dagli incendi.
Ciò premesso, si osserva che la situazione ambientale del Poligono Interforze di Salto di Quirra, ha da tempo, particolare evidenza mediatica, in quanto alcuni organi di stampa hanno ricollegato alcuni casi di decesso causati da forme tumorali, riscontrati fra gli abitanti delle comunità residenti nelle zone limitrofe, al presunto impiego di munizionamento contenente uranio impoverito.
Nel merito, la Difesa ha sempre operato con la massima trasparenza e disponibilità, al fine di fugare ogni dubbio, dimostrando, come, peraltro, sempre sostenuto, che presso tale poligono non è mai stato utilizzato munizionamento all'uranio impoverito, del resto, mai impiegato dalle nostre forze armate.
A tale scopo, nel marzo del 2002, alcune misurazioni di campionature del terreno del poligono, effettuate alla presenza degli organi di stampa, consentirono di rilevare che i valori di radioattività nelle aree oggetto di indagine erano nella norma.
Tali controlli diedero, peraltro, la possibilità di riscontrare la presenza di altri metalli pesanti dovuta, verosimilmente, alle attività minerarie preesistenti nella zona.
Pertanto, venne deciso di procedere all'effettuazione di una mappatura «a tappeto» del poligono, estendendo l'analisi anche al territorio circostante, con il prelievo di un significativo numero di campioni.
Ciò, con l'obiettivo di realizzare un data base dedicato, finalizzato alla predisposizione di un piano di controllo ambientale sistematico.
A tal fine, quindi, l'Amministrazione Difesa ha commissionato all'Università degli studi di Siena uno studio per stabilire lo stato dell'ambiente della zona.
L'Ateneo senese ha reso, recentemente, disponibili i risultati degli studi svolti, relativi ad oltre 1.500 campioni e a circa 25.000 determinazioni analitiche, da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo


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dal Presidio multizonale dell'ASL di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del Poligono non è individuabile alcuna traccia di Uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale, con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale.
Lo studio, nel contempo, ha consentito di rilevare che - in alcune zone al di fuori del Poligono, interessate da attività minerarie pregresse - le concentrazioni di alcuni elementi tossici raggiungono valori molto superiori ai limiti accettabili.
Al riguardo, è da evidenziare che da tempi molto remoti l'intera area è stata di interesse minerario e che, al di fuori del perimetro del Poligono (località Baccu Locci, a circa 700 metri a Sud-Est), è presente una ex miniera, gestita dalla Società Rumianca dal 1938 al 1965, anno della sua dismissione.
In merito, il responsabile scientifico della ricerca, il professor Riccobono, ha concluso lo studio proponendo un intervento di recupero, consistente nella rimozione e nell'appropriato collocamento dei fanghi di miniera consolidati.
Tale studio, inoltre, rileva che tali materiali - estremamente inquinati da elementi tossici, soprattutto arsenico - sono al momento oggetto dell'erosione fluviale e dell'azione del vento che li ridistribuiscono continuamente su più vaste superfici, propagando questa anomalia geochimica artificiale fino al mare.
I risultati dello studio sono stati resi noti alle Autorità istituzionali e al presidente della regione Sardegna; sono inoltre consultabili sul sito internet del Ministero della difesa.
A tal riguardo, è meritevole di riflessione la deliberazione resa dalla Giunta municipale di Perdasdefogu nello scorso mese di luglio che «...preso atto che da tempo è in corso una campagna mediatica che tende a legare i decessi e/o malformazioni fisiche alle attività svolte nel Poligono citato ...esprime viva preoccupazione per gli effetti che l'azione di chi, a qualsiasi titolo o con qualsiasi mezzo, diffonde notizie prive di alcun fondamento e che potrebbero creare gravi danni alla nostra comunità».
Si precisa inoltre che non risulta presenza di inquinamento delle acque superficiali o delle falde acquifere all'interno del Poligono, né sono pervenute segnalazioni in tal senso da parte dei pastori autorizzati ad usufruire dei pascoli nel territorio del Poligono.
Altresì, sono prive di fondamento le supposizioni circa la copertura di sorgenti o falde acquifere allo scopo di nascondere presunti inquinamenti.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

LOLLI, BORRELLI, CIALENTE, CRISCI e MARIOTTI. - Al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie pubblicate sulle pagine di Pescara de Il Messaggero del 6 marzo 2003 che il comune di Pescara ha indetto 7 bandi relativi a 24 posti di lavoro all'interno della pubblica amministrazione;
ai bandi hanno partecipato tantissimi giovani consegnando migliaia di domande all'ufficio personale del comune;
l'amministrazione comunale di Pescara dovrà essere rinnovata in occasione delle elezioni previste per il 25 di maggio 2003;
la legge finanziaria per il 2003 e i suoi allegati approvati dall'attuale Governo impediscono di fatto alle pubbliche amministrazioni di assumere personale;
inevitabilmente i sette bandi non potranno che rimanere «lettera morta» e risultare una iniziativa esclusivamente mirata alla campagna elettorale -:
se il Ministro non intenda chiarire l'ambito di applicazione dell'articolo 34 della legge n. 189 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), così da precisare in quale misura i comuni possano effettivamente


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espletare, fino all'assunzione dei vincitori, i concorsi banditi nel corso del 2003.
(4-05820)

Risposta. - L'articolo 34, comma 11, della legge finanziaria per il 2003 (legge 289/2002) prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i comuni che hanno rispettato le regole del patto di stabilità interno per il 2002 possano essere autorizzati ad assumere personale con contratto a tempo indeterminato, nella percentuale non superiore al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno 2002.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2003, all'articolo 3, sono stati fissati i limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Ciò posto, il comune di Pescara ha legittimamente bandito le procedure concorsuali ma all'atto dell'assunzione delle unità di personale resta vincolato ai criteri ed ai limiti concernenti le assunzioni negli enti locali per l'anno 2003 previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12/9/2003 e dall'articolo 34 legge n. 289 del 2002.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

MARTELLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sabato 24 aprile, in un tragico incidente sul lavoro, avvenuto presso il terminal portuale di Venezia Multiservice, ha perso la vita un lavoratore portuale della società Kit Service;
nel Porto di Venezia si sta intensificando la frequenza di incidenti sul lavoro ed anche nel recente passato, si è più volte sfiorata la tragedia;
tale fenomeno è da collegarsi ad un forte aumento di carichi di lavoro e ad una pesante precarizzazione, con un massiccio ricorso a ditte terze non attrezzate per mezzi e preparazione professionale al lavoro portuale, uno scadimento della manutenzione dei mezzi di sollevamento e di movimentazione a terra delle merci, in contrasto con le norme di prevenzione e di regolazione del mercato del lavoro portuale;
la crescita degli infortuni e della precarizzazione del lavoro è in forte crescita in tutta la portualità italiana -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per accrescere la sicurezza sul lavoro nei porti, per intensificare una campagna di vigilanza, di informazione e formazione sul rispetto delle norme antinfortunistiche e di prevenzione, di repressione del lavoro nero e delle violazioni alle norme di regolazione del lavoro portuale, intensificando, in modo particolare a Venezia, l'azione di vigilanza e di controllo dell'Autorità portuale e della Capitaneria di Porto, previsti peraltro dalla vigente legislazione.
(4-09870)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare cui si risponde, inerente all'infortunio mortale occorso, il 24 aprile 2004 al lavoratore Mauro De Gobbi, si fa presente che la sicurezza sui luoghi di lavoro è una questione che riveste un particolare rilievo per l'Esecutivo.
Al riguardo, la direzione provinciale del lavoro di Venezia ha riferito che l'infortunio mortale è avvenuto nel porto commerciale di Venezia Marghera, dove il lavoratore partecipava alle operazioni di scarico della merce sulla stiva di una nave, a causa della rottura delle asole di aggancio della struttura di contenimento del carico.
Il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto sulla questione della sicurezza ha ricordato le innovazioni intervenute negli ultimi anni, nel settore della portualità complessivamente intesa, tra le quali il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, estensivo dei criteri e dei principi sulla sicurezza del lavoro al settore portuale, che muovendo dall'esperienza di salvaguardare la sicurezza in generale si è rivolto alla tutela della salute del lavoratore negli ambienti lavorativi.


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Il suddetto Comando ha ricordato, inoltre, la legge di riforma del sistema portuale n. 84 del 1994, come novellata con la legge n. 647/1996 che ha «affiancato all'autorità marittima, l'autorità portuale con le relative attribuzioni di funzioni tra cui quelle di vigilanza e controllo sulla sicurezza ed igiene del lavoro ed, infine, il decreto legislativo n. 626 del 1994, che tra l'altro ha disposto, per ogni impresa, la redazione di un piano di sicurezza, consentendo ai lavoratori di prendere parte attivamente alla predisposizione delle misure idonee a fronteggiare ogni situazione di pericolo insita nelle varie fasi del ciclo produttivo e di confrontarsi con il responsabile sulla sicurezza per ottimizzarne ogni decisione.
In particolare, l'attività di vigilanza sull'applicazione della vigente normativa, per ciò che attiene alle operazioni di movimentazione delle merci, ai lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi, eccetera, rientra nelle competenze delle autorità portuali, laddove istituite, ovvero all'autorità marittima e all'ispettorato del lavoro congiuntamente al Servizio di prevenzione e sicurezza delle A.S.L. competenti territorialmente.
L'attività accertativa è effettuata allo scopo di verificare la stretta rispondenza dei precetti e divieti, contenuti nei documenti di sicurezza redatti secondo le modalità ed i criteri di legge.
In merito alla citata attività accertativa, la Capitaneria di Porto di Venezia ha fatto presente che nei mesi di aprile e maggio del corrente anno si sono verificati due infortuni gravi, di cui uno con esito mortale, entrambi occorsi a lavoratori portuali, ma fa rilevare che i dati statistici forniti dall'Autorità portuale di Venezia, per gli anni dal 1990 al 2003, non attestano un aumento generale del numero degli infortuni, ma anzi il contrario.
La stessa Autorità portuale ha fatto sapere di aver eseguito, durante i decorsi anni 2002-2003, nell'ambito delle proprie attribuzioni di vigilanza e di controllo, circa 600 ispezioni a favore della sicurezza del lavoro portuale, emanando 110 provvedimenti sanzionatori per infrazioni varie rilevate e di adoperarsi, in ogni modo, al fine di garantire la maggior vigilanza possibile in materia di sicurezza del lavoro portuale.
Infine, sulla questione, il Ministero della salute, evidenzia come il predetto decreto legislativo n. 272/1999 preveda, inoltre, quale utile strumento per accrescere la sicurezza sul lavoro, all'articolo 7, la possibilità di istituire, da parte dell'Autorità (portuale se costituita Capitaneria di Porto negli altri casi), un Comitato di sicurezza e igiene del lavoro, presieduto dall'Autorità stessa, con la partecipazione di un rappresentante della A.S.L., da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, per la formulazione di proposte che, in relazione alle locali specifiche condizioni di lavoro, possano individuare idonee ed appropriate misure di prevenzione e tutela al fine di accrescere la sicurezza dei lavoratori portuali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

MASTELLA, CUSUMANO, ACQUARONE, DE FRANCISCIS, MAZZUCA POGGIOLINI, MONTECUOLLO, OSTILLIO, LUIGI PEPE e POTENZA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una ragazza di soli quattordici anni, Annalisa Durante, ha perso la vita perché coinvolta per errore in un agguato di camorra nel quartiere di Forcella a Napoli avvenuto la notte del 27 marzo 2004 -:
quale sia la situazione della criminalità a Napoli e nell'intera Campania;
come lo Stato sia in grado di tutelare l'incolumità dei cittadini vista la recrudescenza di numerosi atti e omicidi riconducibili alla malavita organizzata;
quali misure intenda adottare per garantire sicurezza e vivibilità a Napoli e nell'hinterland campano.
(4-09574)

Risposta. - L'ordine e la sicurezza pubblica a Napoli e provincia sono da tempo


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oggetto di particolare attenzione da parte del ministero dell'interno e delle forze dell'ordine.
La camorra è un fenomeno criminale assai articolato e fortemente radicato nel tessuto socio-economico della Campania. I gruppi delinquenziali sono numerosi, violenti e poco inclini ad organizzarsi in forme analoghe a quelle di altre associazioni di stampo mafioso come Cosa Nostra o la 'ndrangheta calabrese.
Proprio la spiccata autonomia dei singoli gruppi determina sovente sanguinose dispute per il controllo del territorio.
Negli ultimi anni la disarticolazione di alcuni clan storici e l'arresto di esponenti carismatici (molti dei quali divenuti collaboratori di giustizia), hanno aperto larghi spazi, nei quali ora irrompono, in contesa tra loro, nuovi gruppi e singoli individui provenienti dalla criminalità giovanile e dalla immigrazione clandestina.
Come è noto gli scontri più accesi si sono verificati nell'area settentrionale della città, dove la storica «alleanza di Secondigliano» - in parte disarticolata dalle Forze dell'ordine, in parte da scissioni interne -, vede ora i clan Licciardi e Lo Russo contendersi in armi le cosiddette «piazze di spaccio» prima occupate dal clan Di Lauro. Quest'ultimo aveva organizzato un ingegnoso sistema di distribuzione della droga basato su sette piazze affidate a quattro livelli di responsabilità costituiti da camorristi di peso decrescente fino al grado di spacciatore.
La conquista del mercato della droga è l'elemento scatenante della faida in atto e investe diverse aree della città.
L'azione di contrasto delle forze di polizia sta producendo risultati che non possono essere sottovalutati. Va, infatti, ricordato che a Napoli, sebbene siano aumentati gli omicidi, l'indice generale della delittuosità appare in chiara diminuzione: nei primi dieci mesi di quest'anno, infatti, si sono registrati 44.126 delitti contro i 53.545 dello stesso periodo dell'anno scorso, con una diminuzione pari al 17,6 per cento.
In particolare, si è registrata una diminuzione nei reati contro il patrimonio in genere: per i furti (-8,6 per cento), per gli scippi (-36,6 per cento), per i borseggi (-46,4 per cento) e per i furti in appartamento (-52,6 per cento). È innegabile, invece, l'aumento degli omicidi (+61,5 per cento), delle rapine (+2,4 per cento) e delle estorsioni (+48,5 per cento). In parallelo sono aumentati gli arresti (+10 per cento nei primi sei mesi del 2004) e le denunce, come nel caso altamente significativo delle estorsioni, con l'effetto di una efficace repressione che ha portato a comminare condanne in oltre il 70 per cento dei casi denunciati.
Pur conoscendo il valore relativo che hanno i dati statistici in materia di sicurezza non bisogna dimenticare che dall'inizio del 2003 fino allo scorso ottobre sono stati catturati 67 latitanti e sono state denunciate all'autorità giudiziaria 1542 persone per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel periodo gennaio-ottobre 2004 sono state disarticolate 19 associazioni per delinquere di stampo mafioso e di criminalità comune.
La recrudescenza criminale di queste ultime settimane, quindi, non ha colto di sorpresa, anche se ha messo a dura prova i dispositivi di prevenzione e di contrasto che si erano gradualmente posti in essere e che vengono costantemente adeguati alla dura e sanguinosa evoluzione dei fatti nella consapevolezza che è sempre possibile fare di più e meglio.
Lo Stato, con i suoi mezzi ordinari, sta rispondendo colpo su colpo, come dimostrano i risultati conseguiti con l'operazione realizzata il 25 novembre scorso nel quartiere Scampia; con l'arresto, avvenuto il giorno successivo, di presunti responsabili di efferati omicidi compiuti nei giorni scorsi a Napoli e, da ultimo, con la cattura di due pericolosi latitanti.
Sono note, infatti, le misure di breve e medio periodo adottate nel vertice operativo del 9 novembre 2004 intensificazione delle attività di intelligence, prevenzione e contrasto, con particolare riguardo all'aggressione dei beni acquisiti illegalmente e degli ambienti a più alta densità criminale; ulteriore razionalizzazione dell'impiego


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delle forze di polizia e potenziamento delle loro dotazioni infrastrutturali e tecnologiche.
Di fronte all'incalzare dei fatti, sono stati, inoltre, disposti alcuni specifici interventi immediati.
Per quanto riguarda il controllo del territorio, a partire dal 22 novembre scorso, sono stati attivati altri 51 equipaggi e 155 unità che porteranno complessivamente il Reparto prevenzione crimine della Campania a 72 equipaggi e 219 unità. A questi si aggiungeranno 170 militari appartenenti alla Compagnia di intervento operativo e ad altri reparti dell'Arma dei carabinieri.
Per l'aggressione ai patrimoni illeciti, è stato costituito un Gruppo investigativo specializzato in indagini patrimoniali, composto da 40 esperti appartenenti alla DIA ed alla Questura. Il Gruppo ha già riesaminato gli assetti criminali dei sodalizi campani ed ha ripartito il territorio in aree omogenee di intervento per facilitare le attività di indagine e di intelligence.
In materia di dotazioni operative si è provveduto all'assegnazione di 30 nuove autovetture ed al noleggio di altre 20 auto e 20 motociclette; all'integrazione con 350.000 euro delle dotazioni finanziarie per la gestione dei mezzi; alla consegna graduale entro il prossimo mese di 290
personal computer e 150 stampanti; allo stanziamento di fondi ulteriori per il pagamento del lavoro straordinario agli operatori della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
Questi recenti interventi vanno a rafforzare i servizi di controllo del territorio, già da tempo rimodulati, secondo una più razionale distribuzione delle risorse interforze ed anche con il coinvolgimento della Polizia municipale.
Si ricorda che sul territorio napoletano operano 12.960 appartenenti alle Forze di polizia con un rapporto operatore-popolazione che non ha eguali in qualsiasi altra area del Paese.
In sede di prevenzione ha avuto particolare rilievo l'operazione «Alto impatto» che ha comportato l'impiego straordinario di 1.000 operatori delle forze dell'ordine, 500 dei quali sono poi rimasti definitivamente a Napoli. A loro volta le iniziative di «Alto impatto» si sono inserite nel contesto dei più vasti interventi di carattere aggiuntivo finanziati con i fondi del P.O.N. «Sicurezza per lo sviluppo nel Mezzogiorno d'Italia».
Si tratta, in sintesi, di 24 progetti per Napoli e provincia, 8 dei quali già realizzati, 10 in corso di realizzazione, 2 da attivare, 4 in elaborazione. A questi si aggiungeranno altri 8 interventi di sistema, nell'ambito di quelli riservati alle regioni dell'Obiettivo 1.
Risorse notevoli sono state destinate anche all'acquisizione delle tecnologie avanzate, avendo il duplice obiettivo di agevolare il controllo del territorio e di consentire la migliore utilizzazione delle risorse umane.
Tra le iniziative attuate si segnalano l'interconnessione delle sale operative delle forze di polizia, grazie alla quale si possono localizzare e visualizzare tutte le pattuglie operanti sul territorio, l'installazione, d'intesa con l'amministrazione comunale, nelle zone centrali «a rischio», di apparecchiature di videosorveglianza, collegate alla sala operativa della Questura e la messa in opera di 36 telecamere digitali mobili per il videomonitoraggio di altre zone sensibili soprattutto della città.
La Questura, i Commissariati e il Comando provinciale dell'Arma dei carabinieri, inoltre, hanno stretto una fitta rete di rapporti con i rappresentanti delle categorie imprenditoriali e degli ordini professionali; mentre la Prefettura ha monitorato la relazione di alcuni investimenti pubblici, coordinando a questo fine, specifici gruppi di lavoro.
Ultimamente, esattamente il 10 novembre 2004, è stato sottoscritto un «Contratto per la sicurezza urbana» tra la Prefettura ed il comune di Napoli, contratto che prevede la costituzione di «Comitati circoscrizionali per la legalità, la sicurezza e la solidarietà», con il compito di promuovere il monitoraggio del territorio, progetti di riqualificazione urbanistica e programmi appositi per la divulgazione delle leggi nazionali a favore delle vittime dell'estorsione e del
racket.
Un progetto specifico è stato riservato ai ragazzi di 7 quartieri particolarmente disagiati:


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esso prevede l'impegno congiunto della Prefettura, delle amministrazioni locali, dell'autorità giudiziaria, dell'ufficio scolastico regionale e del volontariato.
Purtroppo quello della cosiddetta «malagioventù» è l'aspetto più allarmante dell'emergenza criminalità a Napoli. Le organizzazioni camorristiche, infatti, utilizzano sempre più massicciamente la manovalanza giovanile, facendo leva sulla non punibilità dei minori di 14 anni, ovvero sulle migliori condizioni previste per i giovani al di sotto dei 18 anni.
Il fenomeno comprende anche le
baby gang, che credono di poter violare impunemente le leggi dello Stato e lo fanno con la forza del gruppo, con l'uso del coltello e anche delle armi da fuoco. Per questo motivo il prefetto di Napoli ha emesso il 24 agosto 2004 un'ordinanza che vieta la vendita di armi da taglio.
Nell'ambito delle iniziative di carattere più generale si inserisce anche l'accordo che è stato sottoscritto il 12 novembre con il sindaco di Napoli ed il Presidente della regione per la realizzazione della «Cittadella della Polizia»: una grande opera che si realizzerà con la collaborazione di Fintecna, Inail, Monopoli di Stato e Agenzia del Demanio. Questo accordo avrà effetti positivi anche su una istituzione particolarmente cara ai napoletani: la Scuola militare della Nunziatella, che infatti potrà utilizzare la caserma Bixio, che verrà liberata dal Reparto mobile della Polizia di Stato.
Come si evince da quanto sopra esposto è stata dispiegata per tempo e si sta via via perfezionando una valida strategia di prevenzione e contrasto al crimine organizzato e alle altre forme di illegalità.
Lo Stato dunque a Napoli c'è ed è attivo, come mai prima d'ora in simili circostanze. Il ministero dell'interno e le Forze dell'ordine fanno la loro parte e continueranno a farla sino in fondo, collaborando con le autorità e le istituzioni locali sulla linea della sicurezza partecipata.
Il Ministro dell'interno: Beppe Pisanu.

MAZZARELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
da giorni una vasta chiazza oleosa, quasi certamente fuoriuscita da una nave cisterna minaccia le coste della riviera ligure di Ponente;
esiste un allarme vastissimo sulla possibilità di gravi inquinamenti dell'ambiente;
le condizioni metereologiche e l'avvio dei lavori per il disinquinamento hanno fin qui impedito danni gravi;
si è determinato comunque, alla vigilia della stagione balneare un danno di immagine molto serio -:
se il Governo non intenda affrontare l'intervento con misure di carattere straordinario, attraverso una dotazione consistente di mezzi ed uomini per accelerare l'opera di bonifica, superando eventuali sottovalutazioni che in altre occasioni hanno provocato danni ingentissimi in alcune aree dell'Europa.
(4-11656)

Risposta. - L'interrogazione in esame fa riferimento al fenomeno di inquinamento verificatosi, in data 11 maggio 2003, nel mare territoriale francese al confine con la riviera ligure di ponente, che poteva costituire pericolo per le acque territoriali italiane.
A seguito della segnalazione pervenuta dalla capitaneria di porto di Imperia, la direzione per la protezione della natura - difesa del mare - è prontamente intervenuta per arginare il predetto fenomeno di inquinamento, richiedeva infatti l'intervento di due unità di altura, appartenenti alla flotta della società consortile Castalia-Ecolmar, «Tito» e «Acqua chiara».
Nel frattempo la Capitaneria di Porto di Savona chiedeva l'impiego del battello disinquinante «Tagis», mentre era stato già richiesto l'utilizzo anche del Battello «Ugo Casa».
Verso le 19 del 13 maggio veniva dichiarato lo stato di emergenza locale e


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disposto l'invio di attrezzature antinquinamento, depositate nel Centro antinquinamento periferico di Genova, in zona di operazioni per porle a disposizione della locale Capitaneria.
Il giorno successivo la situazione si presentava in leggero miglioramento, dovuto anche alla circostanza che la macchia oleosa si era allontanata dalla costa portandosi da circa 2,8 a circa 5 miglia di distanza.
Per quanto concerne le unità navali impegnate nelle attività di bonifica, i battelli «Tagis» e «Ugo Casa» hanno raccolto circa 14 mc. di miscele oleose che sono state allibate nelle casse di raccolta del battello «Tito», giunto nella zona nella tarda serata del giorno 13.
Le Autorità francesi, cui è stata rivolta l'assistenza in attuazione degli obblighi derivanti dal protocollo Ramoge-Pol, dal canto loro hanno messo a disposizione il rimorchiatore «Chevreuil».
Durante la giornata del 14 maggio le unità suddette si sono impegnate ad abbattere le sostanze inquinanti sino al sopraggiungere dell'oscurità.
Stanti le favorevoli condizioni meteorologiche che avevano favorito un lento allontanamento delle chiazze residue dalla costa e il lavoro effettuato dai mezzi intervenuti sul posto, nella stessa giornata del 14 maggio la Capitaneria di porto di Imperia dichiarava cessato lo stato di emergenza locale, mentre il giorno successivo cessavano definitivamente gli effetti dell'evento inquinante.
Risulta pertanto che il mistero dell'ambiente, ha reagito con prontezza alla situazione di emergenza verificatasi, con largo impiego di mezzi e materiali specializzati senza alcuna sottovalutazione della gravità dell'evento che, comunque, nella sua entità, non è assolutamente paragonabile alle catastrofi che hanno, negli ultimi anni, colpito altri Paesi dell'Europa Atlantica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ad una precedente interrogazione nella quale si chiedeva l'istituzione di un nuovo treno nella tratta ferroviaria Guidonia-Roma, della linea Roma-Avezzano, il ministero interrogato ha risposto affermando che le ferrovie dello Stato hanno fatto presente che «dai rilevamenti periodici della domanda di trasporto pubblico su tale linea, si evidenzia che prima delle 6.30 le frequentazioni sono minime e non giustificano il costo di un nuovo treno» -:
quale tipo di rilevamento e quali dati statistici siano stati impiegati dalle ferrovie dello Stato per sostenere quanto sopra;
quale sia, in media, il numero dei viaggiatori residenti a Tivoli e Guidonia Montecelio che quotidianamente, ed annualmente, utilizza questa tratta ferroviaria;
se non ritenga opportuno che sia riesaminata la proposta inerente l'istituzione del nuovo treno, verso le 6.15, in maniera da consentire ai pendolari di viaggiare in condizioni migliori.
(4-06374)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, in via preliminare si osserva che la questione sollevata attiene ai servizi di trasporto regionale che, ai sensi del decreto legislativo n. 422 del 1997, come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999, sono oggetto di apposito contratto di servizio fra Trenitalia s.p.a. e la regione Lazio.
Premesso quanto sopra, sono comunque state richieste notizie in merito alla linea in questione a Ferrovie dello Stato spa la quale ha riferito che per monitorare le frequentazioni dei treni di propria competenza ed adeguare la relativa offerta alle esigenze della clientela pendolare, nei limiti di quanto previsto dal Contratto di servizio in vigore, la direzione Lazio della divisione trasporto regionale di Trenitalia s.p.a effettua due rilevamenti annuali nei mesi di luglio e di novembre, della durata di una settimana ciascuno.
L'attuale offerta commerciale sulla tratta Tivoli-Roma è di un treno ogni ora


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con rinforzi nelle ore di punta; in particolare nella fascia mattutina sono previsti 6 treni in arrivo a Roma Tiburtina entro le ore 8.30, con fermata a Guidonia alle ore 5.25, 6.30, 6.41, 7.01, 7.11 e 7.37, per un totale di 2218 posti a sedere.
Dalla rilevazione effettuata nel mese di novembre 2002 risulta che gli utenti di Guidonia che hanno utilizzato giornalmente il treno 1225 delle ore 5.25 sono stati 22, per il treno 3343 delle ore 6.30 sono stati 176, sugli altri quattro treni sono saliti complessivamente 655 viaggiatori.
Dalle stesse rilevazioni risulta che nell'anno 2002, i viaggiatori in partenza da Tivoli in un giorno feriale autunnale sono circa 1000, da Guidonia circa 1250.
La maggior parte dei viaggiatori in partenza da Guidonia si concentra, dunque, nella fascia oraria dalle 6.40 alle 7.40.
Per quanto di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ordine agli interventi sulle infrastrutture ferroviarie, si fa presente che la tratta Roma-Tivoli costituisce il segmento iniziale della linea ferroviaria Roma-Avezzano-Sulmona-Pescara, sulla quale sono previsti, nell'ambito del Contratto di programma 2001-2005, una serie di progetti di investimento, primo fra tutti la realizzazione del raddoppio tra Roma Prenestina e Lunghezza.
Per quanto riguarda, invece, la tratta Salone-Lunghezza si prevede che la realizzazione del raddoppio, compresi gli attrezzaggi, sia realizzata da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. Inoltre, è prevista l'installazione del sistema di telecomando, esteso da Roma Termini a Roma Tiburtina e da Roma Tiburtina fino a Guidonia, per circa trenta chilometri. L'ultimazione è prevista entro il 2006.
Nell'ambito, poi, di un progetto che riguarda interventi alla rete connessi al sistema AV/AC, è compreso il progetto di raddoppio della tratta Lunghezza-Guidonia.
Infine, nell'ambito del progetto di potenziamento della linea Roma-Pescara, è prevista la realizzazione di un sistema di distanziamento dei treni del tipo «blocco conta assi» tra Guidonia e Sulmona.
Da ultimo Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che il raddoppio della linea Roma-Sulmona già in corso di realizzazione sino a Lunghezza è stato sviluppato a livello di progetto definitivo sino a Guidonia.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

MIGLIORI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le recenti politiche della TELECOM di drastica riduzione delle tradizionali sinergie collaborative con aziende collegate dislocate sul territorio sta comportando un inaccettabile taglio occupazionale all'intero settore;
in particolare, solo negli ultimi mesi, è fallita la società Retegamma, mentre nelle società CET, Padovani Seit, ITEA tutte operanti nel centro-nord sono state avviate le procedure di cassa integrazione;
migliaia di posti di lavoro sono andati perduti;
risulta particolarmente penalizzata sul piano sociale una riduzione quantitativa e qualitativa delle collaborazioni tradizionali della TELECOM con le aziende dell'indotto -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali alle aziende operanti nel complessivo indotto della TELECOM.
(4-09198)

Risposta. - La società Telecom Italia, interessata in merito alla questione riguardante la crisi in cui versano varie aziende ad essa collegate, ha comunicato che le attività richieste alle medesime imprese sono correlate ai fabbisogni locali, pertanto, nel tempo, possono cambiare.
La Telecom ha, poi, reso noto che, negli ultimi anni, a seguito della minore espansione della rete telefonica fissa, della continua semplificazione e ottimizzazione dei processi operativi, della riduzione progressiva delle tariffe e dei prezzi legata alla


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situazione di libero mercato, si è verificata una riduzione degli appalti da parte di tutti i gestori di telecomunicazioni; riduzione che ha riguardato anche la stessa società Telecom.
Secondo quanto riferito, nel 2004 non sono stati rinnovati i contratti con le imprese ITEA (inizialmente posta sotto amministrazione controllata e poi venduta nel 2003 a CEIT), Rete gamma (rilevata nel 2003 da altre imprese di rete) e CET (non rilevata da altre imprese ma con una quota parte del personale riassunto da CIET, CITE e ICOT-Tec in funzione delle attività riassegnate da Telecom) in quanto tali imprese sono fallite.
La Società Telecom ha, comunque, riversato i volumi di attività relativi alle aree di centrale, in cui le suddette imprese operavano, sulle ditte che avevano rilevato i cantieri e le maestranze delle imprese fallite.
A completamento d'informazione, la società Telecom ha comunicato di aver stipulato, in data 23 dicembre 2003, con l'azienda Padovani/Seit, un contratto di valore complessivo pari a 29,5 milioni di euro, con scadenza 31 dicembre 2005, per lavori sui territori del Piemonte-Valle d'Aosta (zona est), Lombardia e Centro 1 (alta Toscana).
In conclusione, la società Telecom ha comunicato che risultano in carico alla citata azienda 189 unità operanti tutte in attività per conto Telecom, nessuna delle quali è stata posta in Cassa Integrazione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi ultime settimane le cronache nazionali hanno documentato in modo eclatante il fenomeno delle fideiussioni bancarie e delle polizze fideiussorie rilasciate a fronte di obbligazioni finanziarie nel settore dello sport calcistico da Società finanziarie di dubbia serietà, di dubbia solvibilità e addirittura la diffusione di polizze false o comunque irregolari;
l'istituto delle fideiussioni e delle polizze fideiussorie riveste nel nostro ordinamento e nel nostro Paese un ruolo di grande importanza in quanto non è assolutamente limitato al campo dello sport ma è diffuso e interessa ad esempio l'intero sistema amministrativo e come tale coinvolge lo Stato e Organi statali, il sistema degli Enti Locali eccetera, in quanto strumento sistematico e abituale di garanzia finanziaria nei campi più disparati;
i fatti emersi nel campo dello sport calcistico hanno evidenziato ed attestano evidenti gravi e sistematiche carenze di garanzie sul corretto utilizzo e sulla corretta gestione del sistema delle fideiussioni e della relativa strumentazione;
i fatti suddetti attestano purtroppo la diffusione di questo fenomeno e possono indurre a pensare che esso non sia ristretto al solo sport calcistico ma investa altri settori del nostro sistema extrasportivo e quindi il sistema amministrativo e finanziario -:
se il Governo non ritenga opportuno avviare un monitoraggio nell'ambito delle proprie competenze per accertare se le gravi disfunzioni registrate nell'applicazione dell'istituto delle fideiussioni verificate nel settore dello sport calcistico non risulti diffusa anche ad altri settori della vita pubblica e dell'attività amministrativa e contabile del nostro Paese e accertare comunque la reale consistenza e diffusione delle irregolarità per quanto attiene l'attivazione e gestione di questa strumentazione di garanzia;
se non intenda assumere opportune iniziative normative idonee a stroncare il fenomeno descritto in premessa, a tutela della serietà dello strumento fideiussorio e della sua rispondenza in termini reali alla funzione di garanzia che deve assolvere.
(4-07356)


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Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale, nel richiamare le polizze fideiussorie rilasciate nell'interesse di società operanti nel settore dello sport, chiede che vengano assunte iniziative per evitare situazioni di irregolarità, a tutela della «serietà dello strumento fidejussorio».
Al riguardo, in via generale, si fa presente che l'attività di rilascio di garanzie è consentita: alle banche autorizzate in Italia e alle banche comunitarie operanti in regime di libera prestazione di servizi o mediante succursale, in quanto rientra nell'elenco delle attività ammesse al mutuo riconoscimento (direttiva 2000/12/CE «Accesso all'attività degli enti creditizi e suo esercizio»); alle imprese di assicurazione, assoggettate alla vigilanza dell'ISVAP; agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale tenuto dall'ufficio italiano dei Cambi ai sensi dell'articolo 106 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario) e, quindi, anche a quelli iscritti nell'elenco speciale tenuto dalla Banca d'Italia, ai sensi del successivo articolo 107, purché l'attività in questione sia prevista dai relativi statuti.
Con riferimento a questi ultimi intermediari, va segnalato che il decreto del Ministro del tesoro del 6 luglio 1994, recante la determinazione del contenuto delle attività indicate nel citato articolo 106 del Testo unico bancario, ha compreso fra le attività di finanziamento sotto qualsiasi forma anche il rilascio di garanzie e impegni di firma.
Il decreto del Ministro del tesoro del 2 aprile 1999 ha, poi, previsto, per gli intermediari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, requisiti patrimoniali (capitale sociale versato almeno pari a due miliardi di lire e mezzi patrimoniali pari o superiori ad almeno 10 miliardi di lire) che comportano l'obbligo di iscrizione nell'elenco speciale ex articolo 107 TUB. Pertanto, gli intermediari finanziari che svolgono tale attività sono tenuti a iscriversi in tale elenco e a rispettare, ai sensi delle vigenti istruzioni di vigilanza (circolare 216 del 5 agosto 1996), i seguenti requisiti prudenziali: il patrimonio di vigilanza deve essere almeno pari all'8 per cento del valore nominale complessivo delle garanzie rilasciate; le attività prontamente liquidabili (cassa e titoli di debito negoziati su mercati regolamentali di Paesi appartenenti all'OCSE) devono essere detenute per un importo non inferiore al maggiore tra: 4 per cento del valore nominale complessivo delle garanzie rilasciate; livello minimo di capitale sociale versato previsto dal menzionato decreto ministeriale del 2 aprile 1999.
Inoltre, gli intermediari finanziari devono rispettare le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia in materia di organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni, avendo particolare riguardo ai principi organizzativi da osservare in relazione alla specifica attività svolta (circolare n. 216 citata, Cap. VI, Sez. III, par. 1.2).
Si precisa, inoltre che il decreto del Ministro dell'economia del 14 gennaio 2003 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 26 novembre 2003) ha subordinato, in via generale, l'esercizio dell'attività di rilascio di garanzie da parte di tutti gli intermediari finanziari, oltre all'esplicita previsione statutaria, al possesso di specifici requisiti patrimoniali (capitale sociale versato non inferiore a euro 1.000.000 e mezzi patrimoniali non inferiori a euro 2.500.000). Ai fini di tale disciplina non si considerano le garanzie rilasciate a favore di banche o di altri intermediari finanziari, di cui all'articolo 107 TUB, in relazione alla concessione di finanziamenti per cassa, né le garanzie connesse o accessorie a specifiche operazioni riconducibili ad altra attività finanziaria svolta dall'intermediario. Resta naturalmente ferma la più stringente disciplina di cui al citato decreto ministeriale 2 aprile 1999 qualora l'attività sia svolta in via esclusiva o prevalente.
Ai fini della ricevibilità delle fideiussioni rilasciate da intermediari finanziari, si fa rilevare che eventuali normative speciali disciplinano la possibilità delle pubbliche amministrazioni di accettare cauzioni da tali intermediari. In tale ambito, la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha modificato l'articolo 30 della legge n. 109 del 1994 (cosiddetta legge Merloni),


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estendendo agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze, la possibilità di rilasciare cauzioni e fideiussioni nell'ambito delle gare d'appalto per lavori pubblici. Allo stato, non risulta che intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale siano in possesso della citata autorizzazione. I criteri per il rilascio dell'autorizzazione sono contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2004, n. 115 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 maggio 2004 n. 104).
Si fa presente, inoltre, sentita la Banca d'Italia che, a partire dal marzo 2000, sono stati iscritti nell'elenco speciale ex articolo 107 TUB, per lo svolgimento in via esclusiva o prevalente dell'attività di concessione di finanziamento nei confronti del pubblico nella forma del rilascio di garanzie, complessivamente sei intermediari finanziari. Di questi, tre sono stati cancellati dall'elenco speciale, ai sensi dell'articolo 111 del Testo unico bancario, per gravi violazioni di norme di legge e di disposizioni emanate ai sensi del Testo unico bancario; nei confronti di un altro intermediario è stata avviata la procedura di cancellazione dall'elenco speciale, anche in questo caso per gravi violazioni di norme di legge e di disposizioni emanate ai sensi del Testo unico medesimo, e, contestualmente, è stato imposto il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell'articolo 107, comma 4-
bis, TUB.
Un provvedimento di cancellazione è stato adottato anche nei confronti di un ulteriore intermediario finanziario, originariamente iscritto nell'elenco speciale per attività diverse dal rilascio di garanzie, risultato poi coinvolto nelle vicende delle polizze fidejussione rilasciate alla Federazione italiana giuoco calcio.
Si soggiunge, infine, che, nel corso della discussione parlamentare del disegno di legge recante «Interventi per la tutela del risparmio» - Atto Camera n. 4705 e abbinati è stato presentato dal Governo un emendamento volto ad estendere le sanzioni di cui all'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo n. 385 del 1993 a chiunque svolga di fatto esercizio abusivo di attività riservate agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del citato decreto legislativo.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

PASETTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende il nucleo di analisi e ricerche scientifiche del ministero dell'economia (NARS) è al lavoro per analizzare un nuovo sistema di calcolo degli aumenti tariffari delle Ferrovie dello Stato SpA, basato sull'inflazione programmata, sui livelli di produttività e sulla qualità dei servizi;
sebbene all'incremento annunciato del 4 per cento del prezzo del biglietti dei treni seguirebbe un intenso programma di investimenti da parte della holding ferroviaria, si deve comunque notare che tale atto inciderebbe in maniera sostanziale sui redditi di coloro che, come i pendolari e gli studenti lavoratori, utilizzano il treno come mezzo di trasporto primario -:
quali atti abbiano intrapreso o intendano intraprendere per incentivare il trasporto su rotaia e per non penalizzare coloro che maggiormente utilizzano tale modalità di spostamento.
(4-04897)

Risposta. - In merito all'interrogazione in argomento, per quanto attiene alle tariffe dei servizi a media e lunga percorrenza si premette che queste non sono mutate dal 2001.
Infatti dall'inizio del 2002, in ragione della specifica richiesta del Ministero dell'economia e delle finanze, sono state di fatto sospesi le variazioni tariffarie già autorizzate per quello stesso anno nonché il meccanismo che subordinava l'autorizzazione agli aumenti tariffari al raggiungimento di specifici standard di qualità.


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Resta fermo che per i servizi trasferiti alle regioni a statuto ordinario a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999 le tariffe rientrano nella competenza delle Autorità regionali e pertanto possono aver subìto variazioni in aumento.
Nello specifico del trasporto ferroviario locale rivolto ai pendolari, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che per agevolare la clientela sono previste varie possibilità di abbonamenti per viaggiare sia sui treni ordinari (espressi, regionali, diretti ed interregionali) sia su quelli di qualità (Intercity, Intercity notte ed Eurostar Italia) con uno sconto variabile dal 55 per cento all'82 per cento a seconda della distanza. Tali abbonamenti possono essere validi per una settimana, un mese o, limitatamente a quelli per i treni ordinari, un anno.
Inoltre, per chi viaggia frequentemente Trenitalia s.p.a. ha messo a punto un programma di fidelizzazione denominato «Intercity card» dedicato ai clienti che risiedono in Italia ed hanno più di 18 anni di età che consente di accumulare punti per ricevere viaggi premio ed usufruire di speciali iniziative ideate appositamente per i titolari della carta.
Per incentivare l'uso dei treni della media/lunga percorrenza, già da tempo sono state programmate alcune iniziative promozionali rivolte alla clientela che utilizza treni espressi intercity, intercity notte ed eurostar prevedendo l'applicazione di prezzi particolarmente interessanti; particolari iniziative sono state previste in favore della clientela che effettua l'acquisto dei biglietti
on line e per coloro che effettuano la prenotazione del posto con un certo anticipo rispetto alla partenza.
Attualmente sono ancora in vigore: l'offerta «il sabato di Trenitalia spa» che prevede per posti contingentati di prima e di seconda classe il prezzo promozionale di 15,00 euro (per l'utilizzo di un treno intercity diurno) ed il prezzo di 30,00 euro (per l'utilizzo di treni eurostar o di più treni intercity e/o eurostar) l'offerta «notti di Trenitalia s.p.a.» che consente di viaggiare a bordo dei treni intercity notte ed Espressi notte ai seguenti prezzi promozionali fino ad esaurimento dei posti messi a disposizione per l'offerta: per posti a sedere di prima e seconda classe 15,00 euro (primo contingente) e 30,00 euro (secondo contingente); per cuccette 30,00 euro (primo contingente) e 45,00 euro (secondo contingente); per servizio vagone letto 45 euro (primo contingente) e 60 euro (secondo contingente).
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è in atto nella città di Napoli un aumento allarmante della recrudescenza criminale;
nonostante i risultati positivi dell'operazione ad alto impatto e del rafforzamento delle forze dell'ordine con l'invio di un contingente di 500 uomini a Napoli, molti quartieri della città continuano ad essere in balia della criminalità organizzata;
tra l'8 e il 9 dicembre scorso in via Seggio del Popolo nella circoscrizione Mercato-Pendino a scopo di rapina veniva barbaramente trucidato il ventiduenne Claudio Tagliatatela;
della stessa circoscrizione Mercato-Pendino fa parte il territorio di Forcella tristemente noto per la storica presenza del dominio di una nota famiglia malavitosa: i Giuliano;
lo stesso sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino è del parere che territori come Forcella e piazza Garibaldi dovrebbero essere bonificati e setacciati dalle forze dell'ordine almeno ogni 15 giorni;
una serie di soggetti operanti nel quartiere di Forcella, hanno dato vita ad un'iniziativa denominata il «Manifesto per Forcella»; si tratta di un promemoria per le istituzioni in cui sono elencati una serie


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di richieste-proposte per la valorizzazione dell'intero quartiere;
a supporto del «Manifesto per Forcella», i diversi soggetti, attori dell'iniziativa hanno raccolto, in poco più di tre mesi, in una petizione popolare oltre mille firme di sottoscrizione dei residenti;
le condizioni ambientali e di tutela della sicurezza nella zona di Forcella sono precarie;
come testimonia la partecipazione degli abitanti all'iniziativa il «Manifesto per Forcella», esiste una Forcella onesta che vuole scommettere su se stessa e chiede risposte immediate alle istituzioni -:
quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato intende adottare per garantire che nella zona di Forcella siano assicurati il controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine e la tutela di tutti quei soggetti e residenti che credono in un recupero sociale, culturale e legale del quartiere.
(4-08926)

Risposta. - L'ordine e la sicurezza pubblica a Napoli sono da tempo oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero dell'interno e delle forze dell'ordine.
La recrudescenza criminale di queste ultime settimane, quindi, non ha colto di sorpresa, anche se ha messo a dura prova i dispositivi di prevenzione e di contrasto che si erano gradualmente posti in essere e che vengono costantemente adeguati alla dura e sanguinosa evoluzione dei fatti nella consapevolezza che è sempre possibile fare di più e meglio.
Sono note le misure di breve e medio periodo adottate nel vertice operativo del 9 novembre 2004: intensificazione delle attività di intelligence, prevenzione e contrasto, con particolare riguardo all'aggressione dei beni acquisiti illegalmente e degli ambienti a più alta densità criminale; ulteriore razionalizzazione dell'impiego delle forze di polizia e potenziamento delle loro dotazioni infrastrutturali e tecnologiche.
Di fronte all'incalzare dei fatti, sono stati, inoltre, disposti alcuni specifici interventi immediati.
Per quanto riguarda il controllo del territorio, a partire dal 22 novembre scorso, sono stati attivati altri 51 equipaggi e 155 unità che porteranno complessivamente il Reparto prevenzione crimine della Campania a 72 equipaggi e 219 unità. A questi si aggiungeranno 170 militari appartenenti alla Compagnia di intervento operativo e ad altri reparti dell'Arma dei carabinieri.
Per l'aggressione ai patrimoni illeciti, è stato costituito un Gruppo investigativo specializzato in indagini patrimoniali, composto da 40 esperti appartenenti alla DIA ed alla questura. Il Gruppo ha già riesaminato gli assetti criminali dei sodalizi campani ed ha ripartito il territorio in aree omogenee di intervento per facilitare le attività di indagine e di intelligence.
In materia di dotazioni operative si è provveduto all'assegnazione di 30 nuove autovetture ed al noleggio di altre 20 auto e 20 motociclette; all'integrazione con 350.000 euro delle dotazioni finanziarie per la gestione dei mezzi; alla consegna graduale entro il prossimo mese di 290 personal computer e 150 stampanti; allo stanziamento di fondi ulteriori per il pagamento del lavoro straordinario agli operatori della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.
Questi recenti interventi vanno a rafforzare i servizi di controllo del territorio, già da tempo rimodulati, secondo una più razionale distribuzione delle risorse interforze ed anche con il coinvolgimento della Polizia Municipale.
Si ricorda che sul territorio napoletano operano 12.960 appartenenti alle Forze di polizia con un rapporto operatore-popolazione che non ha eguali in qualsiasi altra area del Paese.
In sede di prevenzione ha avuto particolare rilievo l'operazione «Alto impatto» che ha comportato l'impiego straordinario di 1.000 operatori delle forze dell'ordine, 500 dei quali sono poi rimasti definitivamente a Napoli. A loro volta le iniziative di «Alto impatto» si sono inserite nel contesto dei più vasti interventi di carattere aggiuntivo finanziati con i fondi del P.O.N. «Sicurezza per lo sviluppo nel Mezzogiorno d'Italia».


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Si tratta, in sintesi, di 24 progetti per Napoli e provincia, 8 dei quali già realizzati, 10 in corso di realizzazione, 2 da attivare, 4 in elaborazione. A questi si aggiungeranno altri 8 interventi di sistema, nell'ambito di quelli riservati alle regioni dell'Obiettivo 1.
Risorse notevoli sono state destinate anche all'acquisizione delle tecnologie avanzate, avendo il duplice obiettivo di agevolare il controllo del territorio e di consentire la migliore utilizzazione delle risorse umane.
Tra le iniziative attuate si segnalano l'interconnessione delle sale operative delle forze di polizia, grazie alla quale si possono localizzare e visualizzare tutte le pattuglie operanti sul territorio, l'installazione, d'intesa con l'amministrazione comunale, nelle zone centrali «a rischio», di apparecchiature di videosorveglianza, collegate alla sala operativa della Questura e la messa in opera di 36 telecamere digitali mobili per il videomonitoraggio di altre zone sensibili soprattutto della città.
La questura, i commissariati e il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri, inoltre, hanno stretto una fitta rete di rapporti con i rappresentanti delle categorie imprenditoriali e degli ordini professionali; mentre la Prefettura ha monitorato la relazione di alcuni investimenti pubblici, coordinando a questo fine, specifici gruppi di lavoro.
Ultimamente, esattamente il 10 novembre 2004, è stato sottoscritto un «Contratto per la sicurezza urbana» tra la prefettura ed il comune di Napoli, contratto che prevede la costituzione di «Comitati circoscrizionali per la legalità, la sicurezza e la solidarietà», con il compito di promuovere il monitoraggio del territorio, progetti di riqualificazione urbanistica e programmi appositi per la divulgazione delle leggi nazionali a favore delle vittime dell'estorsione e del racket.
Un progetto specifico è stato riservato ai ragazzi di 7 quartieri particolarmente disagiati: esso prevede l'impegno congiunto della Prefettura, delle amministrazioni locali, dell'autorità giudiziaria, dell'ufficio scolastico regionale e del volontariato.
Purtroppo quello della cosiddetta «malagioventù» è l'aspetto più allarmante dell'emergenza criminalità a Napoli. Le organizzazioni camorristiche, infatti, utilizzano sempre più massicciamente la manovalanza giovanile, facendo leva sulla non punibilità dei minori di 14 anni, ovvero sulle migliori condizioni previste per i giovani al di sotto dei 18 anni.
Il fenomeno comprende anche le
baby gang che credono di poter violare impunemente le leggi dello Stato e lo fanno con la forza del gruppo, con l'uso del coltello e anche delle armi da fuoco. Per questo motivo il prefetto di Napoli ha emesso il 24 agosto 2004 un'ordinanza che vieta la vendita di armi da taglio.
Nell'ambito delle iniziative di carattere più generale si inserisce anche l'accordo che è stato sottoscritto il 12 novembre con il sindaco di Napoli ed il presidente della regione per la realizzazione della «Cittadella della polizia»: una grande opera che si realizzerà con la collaborazione di Fintecna, Inail, Monopoli di Stato e Agenzia del Demanio. Questo accordo avrà effetti positivi anche su una istituzione particolarmente cara ai napoletani: la Scuola militare della Nunziatella, che infatti potrà utilizzare la caserma Bixio, che verrà liberata dal Reparto mobile della Polizia di Stato.
Come si evince da quanto sopra esposto è stata dispiegata per tempo e si sta via via perfezionando una valida strategia di prevenzione e contrasto al crimine organizzato e alle altre forme di illegalità.
Lo Stato dunque a Napoli c'è ed è attivo, come mai prima d'ora in simili circostanze. Il ministero dell'interno e le Forze dell'ordine fanno la loro parte e continueranno a farla sino in fondo, collaborando con le autorità e le istituzioni locali sulla linea della sicurezza partecipata.
Il Ministro dell'interno: Beppe Pisanu.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società «la Metropoli» coop. srl, costituitasi nel 1951 come società di servizi


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per la vigilanza privata presso istituti di credito, enti ospedalieri e privati oltre che per scorte e trasporto valori, dopo anni di florida attività aziendale, alla fine degli anni '90, a causa di irregolarità amministrative, contabili e fiscali, viene, con decreto ministeriale n. 243 del 24 ottobre 2003, messa in liquidazione coatta amministrativa;
in effetti, già in precedenza la difficile situazione finanziaria che si era venuta a creare costringeva il ministro del lavoro a revocare, con decreto del 6 settembre 2000, amministratori e sindaci della cooperativa citata nominando, quale commissario governativo, il dottor Nicola Ermini, con poteri di esercizio provvisorio sino al 31 gennaio 2001;
sulle cause che portarono al collasso economico la menzionata cooperativa furono poi avviate le opportune indagini da parte della Procura presso il Tribunale di Napoli, sezione della criminalità economica;
successivamente, attraverso una procedura di vendita all'asta, veniva avviata la cessione a terzi de «la Metropoli» srl, onde salvare i livelli occupazionali dell'azienda in questione, costituita da 518 guardie giurate, 20 impiegati amministrativi e 2 impiegati tecnici, e prima aggiudicataria risultò essere la SISS srl (oggi Security Service Sud con sede a Napoli);
espletate le formalità dell'acquisizione, la società in liquidazione e la aggiudicataria incontravano le organizzazioni sindacali e le Rsa competenti al fine di esperire le procedure relative al mantenimento del precedente livello occupazionale della Metropoli srl;
l'autorizzazione a cedere l'azienda da parte del ministero interrogato fu concessa in data 10 gennaio 2001 e in data 12 gennaio 2001 la Metropoli srl informava i lavoratori che la SISS srl aveva sottoscritto l'atto di impegno alla tutela del livello occupazionale garantendolo con una cauzione fideussoria di un miliardo delle vecchie lire, liberata solo con la riassunzione di tutti i dipendenti;
dal 28 febbraio 2001, la Security Service Sud (nel frattempo subentrata nella denominazione alla SISS srl), munita di idonea licenza ex articolo 134 del Tulps, subentrava definitivamente nell'esercizio dell'attività aziendale e a partire dal 1 marzo 2001, predisponeva le prime lettere di assunzione, estendendole, a tutt'oggi, solo a 221 lavoratori, disattendendo tutti gli obblighi contrattuali assunti precedentemente (soprattutto in riferimento alla fideiussione di un miliardo), e mantenendone il resto, 320, in stato di disoccupazione (la mobilità è stata approvata solo nel 2002) -:
se sia al corrente della vicenda relativa ai lavoratori della Metropoli srl e quali iniziative intenda adottare per favorire il mantenimento del livello occupazionale all'interno della Security Service Sud.
(4-10037)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in argomento, si fa presente quanto comunicato al riguardo dalla direzione provinciale del lavoro di Napoli.
La suddetta direzione precisa, in relazione alla vicenda della Security Service Sud srl, di essere stata più volte interessata dalle parti sociali, dai singoli lavoratori, nonché da diverse autorità e, da ciò hanno avuto origine dei provvedimenti amministrativi, più una informativa di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli a carico del legale rappresentante della società.
Sulla questione, pertanto, si ritiene opportuno esporre i punti salienti che hanno caratterizzato il passaggio del personale già in forza alla Metropoli S.c.a.r.l. alla Security service sud srl.
Nel mese di dicembre 2000, la gestione della Cooperativa, peraltro già in liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.), dal 24 ottobre 2000, è stata affidata al Commissario liquidatore che ha esperito le formalità di rito, finalizzate alla raccolta di offerte per l'acquisizione, da parte di terzi della Cooperativa stessa.


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In data 19 dicembre 2000, con verbale di accordo sindacale, raggiunto in sede aziendale, è stata avviata, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 223/1991, la procedura di licenziamento collettivo del personale dipendente della Società cooperativa La Metropoli in l.c.a.
Il giorno seguente è stata data comunicazione alla giunta regionale della Campania del raggiunto accordo per l'attuazione della mobilità relativamente a tutto il personale occupato.
La cessione dell'azienda è stata formalizzata il 15 gennaio 2001, con l'impegno fra gli altri in capo al subentrante che: «...qualora entro il termine del 31 gennaio 2001, la società acquirente non avesse consegnato alla Procedura le idonee fideiussioni anche a garanzia del livello occupazionale, per patto espresso tra le parti, il presente trasferimento si intenderà risolto ad ogni effetto di legge, ai sensi dell'articolo 1353 e seguenti del c.c. Si conviene che detta condizione risolutiva possa essere fatta valere esclusivamente dalla parte cedente a sua assoluta facoltatività, e ciò in quanto la condizione stessa deve intendersi apposta al presente contratto nell'esclusivo interesse della parte cedente medesima, quale Procedura Concorsuale».
Per ulteriore precisazione, la Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli riferisce che alla gara hanno partecipato la S.I.S.S. srl (successivamente chiamata Security service sud S.r.l.), con sede in Napoli, aggiudicataria, con una offerta di importo pari a lire 4.655.000.000, la BSK Securmark Servizi Fiduciari con sede in Firenze, con una offerta di importo pari a lire 3.900.000.000, la Nuova Lince spa, con sede in Napoli, con una offerta di lire 500.000.000.
Il 31 gennaio 2001, la Cooperativa in argomento ha formalizzato i primi licenziamenti di personale da collocare in mobilità ed, in data 8 marzo 2001, ha ottenuto dalla sottocommissione della Commissione regionale per l'impiego (C.R.I.) per la Campania, l'autorizzazione n. 2/2001, con la quale è stata approvata la lista di mobilità della cooperativa La Metropoli in l.c.a.
Da ultimo, la Direzione provinciale del lavoro di Napoli fa presente che la Security Service Sud srl ha prodotto a sostegno della liceità e della ritenuta correttezza del proprio operato una «memoria difensiva» ove, in sintesi, vengono poste in risalto le fasi salienti che hanno caratterizzato, nel tempo, la fase di transizione del personale ex Metropoli e l'acquisizione dell'azienda in l.c.a.
Nell'ambito della predetta memoria difensiva, la società ha comunicato che, l'8 giugno 2004, è stato sottoscritto con la Filmcams-Cgil, con la Fisascat-C, con la Uiltucs-Uil e la Ugl sicurezza civile, un verbale di accordo nel quale è stata ampiamente esaminata la situazione aziendale, nonché la situazione occupazionale, anche per ciò che concerne l'adempimento degli obblighi per la progressiva ricollocazione del personale posto in mobilità dalla ex società Metropoli.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

PERROTTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
come stabilito con decreto del Ministro dell'ambiente del 7 luglio 1999 viene determinato il sovrapprezzo delle batterie da parte del COBAT, ma tale sovrapprezzo di fatto si basa su due voci di bilancio ben definite, ovvero la differenza fra il prezzo di cessione delle batterie ai riciclatori ed il costo della raccolta: infatti nel decreto menzionato il sovrapprezzo richiesto di L/kg 143 copre per 1/kg 97 la differenza negativa fra costi di raccolta e vendita delle stesse ai riciclatori e per L/kg 25 i costi fissi di struttura del COBAT -:
se il Ministro intenda assumere informazioni in merito al fatto che il COBAT per le quote di batterie non raccolte e non riciclate presso i propri impianti consortili incameri il sovrapprezzo pur non avendo sostenuto alcun costo.
(4-07235)

Risposta. - L'articolo 4 del decreto 16 giugno 1999 del Ministro dell'Ambiente, di


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concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, prevede che «la congruità del sovrapprezzo sarà verificata con cadenza annuale dai Ministeri concertanti sulla base di una relazione fornita dal consiglio di amministrazione del Consorzio».
Il sovrapprezzo è, infatti, lo strumento economico necessario a garantire la parità di bilancio del Cobat, che non ha fini di lucro, come previsto dai commi 4 e 7 dell'articolo 9-
quinquies della legge istitutiva del Consorzio n. 475/88.
La relazione tecnica dello stesso decreto del 1999 illustra chiaramente le ragioni della variazione del sovrapprezzo, susseguente alle perdite d'esercizio degli anni 1997 e 1998, ed ipotizza un livello di raccolta pari a 165.000 tonnellate ed una quotazione del piombo al London Metal Exchange pari a 444,15 Euro/t (860 \P/kg).
Il Cobat deve assicurare la raccolta delle batterie al piombo esauste in qualsiasi condizione di mercato, anche quando la quotazione del piombo è depressa ed il libero mercato non può garantire la raccolta.
A livello fissato di sovrapprezzo, il risultato del Cobat decresce al diminuire della quotazione del piombo e al crescere della raccolta.
Come si evince dai dati sotto riportati, le fluttuazioni della quotazione del piombo nel corso degli anni sono molto significative ed incidono sui risultati del Consorzio, che ha registrato avanzi e disavanzi di gestione.
I risultati positivi vengono destinati ad apposite riserve, non distribuibili, utilizzate per compensare le perdite degli esercizi che chiudono con un disavanzo. Tali riserve permettono pertanto di evitare un ricorso continuo alla variazione del sovrapprezzo.
Per l'anno 1992, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 133.167 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 345,30 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -589 Euro/k;
per l'anno 1993, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 150.229 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 330,39 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -2.678 Euro/k;
per l'anno 1994, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 147.912 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 461,25 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a 3.940 Euro/k;
per l'anno 1995, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 153.911 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 537,24 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a 5.631 Euro/k;
per l'anno 1996, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 155.411 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 614,85 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a 2.328 Euro/k;
per l'anno 1997, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 165.181 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 549,82 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -618 Euro/k;
per l'anno 1998, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 163.924 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 474,75 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -3.633 Euro/k;
per l'anno 1999, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 166.775 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 471,76 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -836 Euro/k;
per l'anno 2000, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 176.763 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 493,31 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a 2.557 Euro/k;
per l'anno 2001, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 182.738


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tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 531,81 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a 1.838 Euro/k;
per l'anno 2002, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 183.422 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 481,89 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -114 Euro/k;
preconsuntivo 2003, la raccolta per le batterie a piombo è risultata pari a 188.000 tonnellate, la quotazione del piombo al London Metal Exchange è risultata pari a 442,19 Euro/t, il risultato d'esercizio è risultato pari a -1.760 Euro/k.

Per questi motivi l'osservazione che «il Cobat per le quote di batterie non raccolte e non riciclate presso i propri impianti consortili incameri il sovrapprezzo pur non avendo sostenuto alcun costo» non ha fondamento, tanto più che il livello attuale della raccolta, pari a 188.000 tonnellate, è ben superiore rispetto a quanto previsto nel decreto 16 giugno 1999, pari a 165.000 tonnellate.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della Marina Mercantile di concerto con quello del Turismo, a tutela della pubblica incolumità, ha imposto a tutti i gestori dei complessi piscine natatorie, pena la revoca dell'attuazione all'esercizio, di assicurare un servizio di vigilanza garantito da personale munito del brevetto di «Assistenza bagnanti» previsto dalla vigente normativa del Ministero della Salute (articolo 6, comma 3, Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1992) documento rilasciato esclusivamente dalla Sezione Salvamento FIN;
presso il Presidio Osp. C.T.O. della A.S.L. di Napoli 1 è in funzione nell'ambito del servizio di Recupero e Rieducazione funzione la piscina per l'attività riabilitativa dei pazienti, unica struttura pubblica attualmente in funzione in tutta l'area di competenza della sopracitata A.S.L. della Provincia di Napoli e probabilmente della Campania. Nonostante esistano altri due impianti, di gran lunga superiori, essendo stati costruiti in regola con le ultime normative in materia, ubicati presso l'azienda ospedaliera «Cardarelli» e presso il distretto di Barra, costruiti più di dieci anni fa e mai entrati in funzione per mancanza di personale;
è bene rilevare che per tale attività è essenziale la figura professionale dell'operatore tecnico «assistente bagnanti» in possesso dei requisiti di legge prescritti indicati in premessa;
bisogna inoltre considerare che con nota 16160 del 4 dicembre 1996 presso il Presidio ospedaliero sopra menzionato veniva preannunziato il pensionamento degli unici assistenti bagnanti in servizio presso la piscina riabilitativa, e successivamente, con nota 3586 del 25 marzo 1997, si sollecitava provvedimento urgentissimo, ribadendo che entro il 30 giugno 1997 il personale suddetto sarebbe stato pensionato e la mancata sostituzione avrebbe comportato disservizio nel settore idroterapico, essendo peraltro la piscina del C.T.O. l'unica in funzione in regime di convenzione, concetto ribadito dalla organizzazione sindacale FAILEL - CONFAIL con nota 073/SN/97CG del 9 aprile 1997 e 080/SN/97GG del 24 aprile 1997 indirizzate entrambe ai massimi vertici aziendali in cui tra le altre si preannunziavano azioni mirate alla chiusura dell'impianto in caso di mancata sostituzione del personale a salvaguardia della sicurezza del servizio stesso;
per esito infruttuoso delle sopraelencate note, seppur tempestivamente comunicate, con ulteriore nota 4184 del 20 giugno 1997, comunicava ai, più volte richiamati, vertici aziendali la chiusura dell'impianto a partire dal 1 luglio 1997;


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i pazienti venuti a conoscenza dell'ormai inevitabile nefasto epilogo della vicenda inscenarono protesta che, sia per la vivacità che per la particolare condizione di invalidità, veniva sottolineata dal maggiore quotidiano cittadino;
i pazienti venuti a conoscenza dell'ormai inevitabile nefasto epilogo della vicenda inscenarono protesta che, sia per la vivacità che per la particolare condizione di invalidità, veniva sottolineata dal maggiore quotidiano cittadino;
l'ASL n. 1 di Napoli, in ottemperanza alle direttive ministeriali e nel rispetto della norma, al fine del funzionamento delle proprie piscine, previa indagine presso i competenti Uffici del Lavoro, ritenne di potersi avvalere dell'attività di un assistente bagnino, in possesso del titolo specifico;
questi venne, infatti, immesso in servizio con nota n. 6208 del 1 luglio 1997 che nell'attesa della formalizzazione degli atti relativi, lo autorizzava a prestare la propria opera presso la struttura. Da tale data, 26 gennaio 2004, lo stesso esercitò la propria attività, presso il Centro Traumatologico di Napoli, in regime di assoluta subordinazione e dipendenza, senza percepire alcun emolumento, perché ritenuto non in organico, per quanto assoggettato ad un rapporto di lavoro formalmente e sostanzialmente costituito. È opportuno evidenziare che per anni il suddetto assistente bagnino è stato sottoposto a firma del cartellino di presenza giornaliera, a visite periodiche annuali di medicina preventiva così come per i dipendenti;
in data 2 febbraio 2004 questi si è infortunato sul lavoro a bordo vasca presso la piscina del C.T.O. Poi con regolare referto del pronto soccorso, dello stesso ospedale, è stato dichiarato guaribile in tre giorni, salvo complicazioni. Dopo i tre giorni ha ripreso regolarmente il lavoro e soltanto il 26 gennaio 2004 gli è stato intimato di non recarsi più al lavoro presso il presidio;
considerato, infine, che la vicenda di cui sopra appare sintomatica ed inquietante, poiché l'ASL intervenuta, pur avendo avuto formale notizia da parte dell'Ufficio del Lavoro, di non disporre, al di fuori del caso succitato, di lavoratori in possesso del titolo richiesto, ha assunto tre giovani lavoratori, soggetti sprovvisti del titolo richiesto, avviandoli al lavoro presso le proprie piscine;
è evidente a tal punto l'utilità dell'assistente bagnino presso le piscine, in quanto può assicurare, in virtù del brevetto in esclusiva posseduto, al di là della mancata corresponsione dello stipendio, la continuità dell'esercizio delle piscine dell'Amministrazione Pubblica, con la salvaguardia delle norme stesse -:
quali interventi intenda adottare in merito alla vicenda descritta in premessa.
(4-09258)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare cui si risponde, per la parte di competenza, si fa presente quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli.
Per quanto attiene al rapporto di lavoro del signor Gianluca Di Domenico con l'Azienda Sanitaria Locale NA 1, gli accertamenti hanno confermato la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato per il periodo dal 2 luglio 1997 al 31 maggio 2001.
Pertanto, a conclusione delle indagini, in data 19 luglio, la citata Direzione Provinciale del Lavoro, unitamente all'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ha debitamente notificato a carico del responsabile
pro tempore dell'Azienda Sanitaria Locale NA 1, il verbale di accertamento n. 1387/04 e copia dello stesso è stata altresì trasmessa in data 2 agosto 2004, ai sensi dell'articolo 4, secondo comma, della legge n. 274/1991, alla sede di Napoli dell'Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti Pubblici, per i successivi provvedimenti di competenza.
Per ciò che concerne, poi, l'assunzione di operatori specializzati per l'assistenza alla piscina del presidio ospedaliero C.T.O., l'Azienda Sanitaria, con delibera n. 621, del 3 marzo 1999, ha deciso di procedere alla copertura di n. 8 posti di «operatori tecnici-assistenti


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bagnanti», di cui 4 unità per selezione interna e n. 4 unità riservate a soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio.
In seguito, ultimate le procedure di selezione per l'immissione in ruolo dei due unici candidati risultati vincitori, l'Azienda in esame ha richiesto l'avvio di lavoratori disoccupati o in mobilità, al Centro per l'impiego di Napoli, per la copertura dei 6 posti rimasti vacanti.
Al Centro per l'impiego non risultava possibile procedere all'avviamento di «assistenti bagnini», in quanto tale qualifica non risultava codificata, ma poteva fornire i nominativi dei lavoratori, iscritti negli elenchi, con la qualifica di «bagnini patentati».
L'A.S.L., il 22 settembre 2000, ha comunicato al citato Centro che avrebbe preso in considerazione i predetti nominativi purché in possesso anche del brevetto indicato, secondo le disposizioni di legge.
Pertanto, il Centro per l'impiego ha inoltrato un elenco di n. 10 lavoratori, in possesso della suindicata qualifica e il signor Gianluca Di Domenico è risultato al nono posto del suddetto elenco.
L'Azienda ha, poi, ritenuti idonei 3 lavoratori, selezionati tra i primi cinque ed il 10 marzo 2001 sono state effettuate le relative assunzioni.
Si precisa, infine, che le rimanenti assunzioni sono state bloccate dalle ultime leggi finanziarie.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

PERROTTA, DANIELE GALLI, ALFREDO VITO, ROSSO, SANTORI, ANTONIO RUSSO, ANTONIO BARBIERI e BRUSCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una delle principali aziende italiane e che con gli investimenti che effettua, dovrebbe rappresentare uno dei principali punti di riferimento dell'economia italiana. Negli ultimi anni sono state spese ingenti somme di denaro per investimenti, appalti, lavori di manutenzione eccetera -:
se il Ministro intenda verificare a chi sia stato affidato l'appalto per la linea ferroviaria Genova-Ventimiglia;
se il ministro intenda accertare con quale ribasso sia stato affidato;
se sia stato affidato ad una società spagnola;
se siano state presentate riserve sul progetto ed, eventualmente, a quanto ammontino in euro le riserve espresse ed accettate dalle Ferrovie dello Stato, e se siano stati chiesti aumenti.
(4-09429)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che nel 2001 è stata attivata la tratta di raddoppio di 23,9 km della linea Genova-Ventimiglia tra le stazioni di Ospedaletti e S. Lorenzo al Mare comprensiva della nuova fermata di San Remo (in galleria) e della stazione di Arma di Taggia.
Per il completamento del potenziamento dell'intera linea è programmato il raddoppio di altri 50 chilometri articolato nelle due tratte funzionali San Lorenzo al Mare-Andora e Andora-Finale Ligure Marina.
Relativamente alla tratta Andora-Finale Ligure dell'estesa di 32 chilometri completamente in variante rispetto al tracciato attualmente in esercizio, è stato elaborato il progetto preliminare e nel marzo 2003 è stato trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo l'iter procedurale previsto dalla legge n. 443 del 2001, «legge obiettivo». Attualmente è in corso la relativa istruttoria per l'acquisizione dei pareri e si prevede l'esame preliminare da parte del CIPE entro breve tempo.
Infine per la tratta S. Lorenzo-Andora dell'estesa di 18,8 chilometri è in corso lo sviluppo della progettazione esecutiva da parte della ditta appaltatrice dei lavori.
Al riguardo si precisa che: nel mese di marzo 2004 sono state affidate le opere civili con appalto integrato bandito a livello europeo secondo le norme comunitarie esistenti


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all'associazione temporanea d'imprese (ATI) «Ferrovial & Agroman S.A. e Cossi Costruzioni S.p.a.»; l'appalto ha un importo di 319,1 milioni di euro al netto del ribasso del 4,7115 per cento; capogruppo mandataria dell'ATI è la società spagnola «Ferrovial & Agroman S.A.»; nell'ambito della gestione dell'appalto non è stata presentata alcuna riserva.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa del 24 settembre 2004, in Italia, sono oltre 100 mila i bambini, sotto i 15 anni, vittime dello sfruttamento minorile;
il dato Eurispes summenzionato è emerso in occasione del convegno nazionale tenutosi a Roma il 24 settembre, dal titolo «Nuove schiavitù»;
il dato Eurispes calcola inoltre che i minori sfruttati costituiscono lo 0,66 della popolazione minorile totale in Italia -:
se i dati riportati nella premessa corrispondano al vero;
a quanto ammonti il numero dei casi scoperti dagli ispettori del lavoro;
a quanto ammonti il numero degli incidenti minorili sul lavoro.
(4-11057)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare cui si risponde, concernente il lavoro minorile si fa presente, preliminarmente, che i dati forniti nel convegno organizzato dall'EURISPES, citati nell'interrogazione in esame, si riferiscono alla quantificazione del fenomeno in Italia, emersa dall'indagine nazionale sul lavoro minorile svolta dall'ISTAT, nell'ottobre 2000, su «Bambini, lavori e lavoretti».
La suddetta indagine, avviata su impulso del ministero del lavoro e delle politiche sociali, prende in considerazione tutti i minori economicamente attivi, secondo le indicazioni dell'ILO, ossia tutti i bambini che abbiano svolto almeno un'ora di lavoro nel periodo di riferimento. L'ILO, per quanto concerne il lavoro minorile, normalmente ricorre a due periodi di riferimento temporale: la settimana e l'anno. Il periodo adottato dall'ISTAT è l'anno, poiché esso consente di tener conto delle occupazioni occasionali che in genere vengono svolte dai bambini.
Rispetto alla delimitazione del campo di indagine e quindi alla definizione concettuale di lavoro minorile, sono state prese in esame sia tutte quelle attività economiche più o meno leggere svolte dai bambini, sia tutte le attività che abbiano conseguenze negative sul normale e complessivo sviluppo del soggetto in età evolutiva e, quindi, sulla sua educazione e salute. Sono state, invece, escluse dal campo di indagine tutte le attività di carattere illegale che a vario titolo vedono coinvolti i minori, come ad esempio, la prostituzione, lo spaccio ed il consumo di sostanze stupefacenti, eccetera.
Sulla base di quanto sopra esposto e procedendo ad una analisi complessiva ed approfondita dei dati e dell'indagine nel suo complesso considerata si evidenzia che sui 144.285 minori di età compresa fra i 7 ed i 14 anni che svolgono «qualche attività lavorativa», solo 31.000 possono essere considerati «sfruttati». In media sul totale della popolazione dei ragazzi di questa fascia di età (4.500.000), ne lavorano il 3,1 per cento. La quota cresce con l'aumentare dell'età, infatti, vi è un'incidenza dello 0,5 per cento per i bambini fra i 7 ed i 10 anni, del 3,7 per cento per quelli fra gli 11 ed i 13 anni e dell'11,6 per cento per i ragazzi di 14 anni.
La stima dei minori oggetto di sfruttamento è pari allo 0,66 per cento della popolazione minorile di 7-14 anni, ovvero riferendo il dato alla quota complessiva stimata (144.285 unità) di minori che lavorano risulta che il fenomeno dello sfruttamento riguarda mediamente un minore ogni cinque minori della stessa età, impegnati in una qualche attività lavorativa.


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Tali dati, se da un lato evidenziano l'esistenza del fenomeno e quindi la necessità di intraprendere azioni ed iniziative tese a contrastarlo, dall'altro ne ridimensionano la portata.
Nell'ambito della programmazione annuale dell'attività ispettiva le problematiche relative al lavoro minorile, con particolare riferimento al lavoro nero, costituiscono oggetto prioritario di intervento.
A tal proposito si rappresenta che nel corso del primo semestre del 2004 sono state ispezionate 2.751 aziende per un totale di 1.941 minori, di cui 179 extracomunitari. I minori irregolari sono 855 di cui 77 extracomunitari.
Il maggior numero di lavoratori minori è stato rilevato nei settori delle aziende commerciali e pubblici esercizi (n. 1.098) e nelle imprese artigiane (n. 997).
Per quanto concerne le violazioni più ricorrenti si osserva che esse attengono innanzitutto alla mancata sorveglianza sanitaria, con specifico riferimento alle visite mediche preventive e periodiche, (n. 585 violazioni) ed al mancato rispetto della disciplina sull'orario di lavoro e dei riposi (n. 212 violazioni), seguono quelle inerenti l'età minima di assunzione (n. 97 violazioni) e i lavori vietati ( n. 20 violazioni).
Si evidenzia che l'osservazione del fenomeno relativo alla mancata effettuazione delle visite mediche preventive e periodiche appare particolarmente significativo nell'ambito di una ricerca volta all'emersione del lavoro nero minorile, in quanto i lavoratori minori che non hanno effettuato la visita medica preventiva sono quelli non registrati regolarmente sui libri obbligatori.
Per quanto concerne, infine, le problematiche generali in materia di vigilanza sul fenomeno in esame è stata emanata una circolare (n. 61/2002) volta a far assumere agli uffici territoriali i necessari contatti con gli altri soggetti istituzionali interessati al problema, quali i servizi sociali comunali e gli istituti scolastici. Quanto sopra, con l'obiettivo di monitorare in modo unitario il fenomeno del disagio sociale e dell'evasione dell'obbligo scolastico in relazione alle loro ripercussioni anche sul lavoro irregolare dei minori.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Grazia Sestini.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella penultima puntata di Report» si è presa visione di un reportage sulla guerra in Liberia;
in Liberia, nel campo di Sebawe, vi sono 14.000 sfollati;
alla gente di questo paese vengono serviti generi alimentari non consoni alle loro abitudini alimentari, come ad esempio: farina di mais al costo di 220-250 dollari a tonnellata, oppure piselli che i liberiani, solitamente, non mangiano;
ciò accade perché l'ONU acquista non in base alle necessità alimentari dei paesi bisognosi, ma in base alle eccedenze alimentari dei vari Stati;
l'Italia è uno dei maggiori finanziatori dell'ONU;
gli stipendi dei funzionari dell'ONU sono altissimi, dai 5.000 ai 15.000 dollari al mese, più benefit ed altre agevolazioni;
un funzionario ONU, con il costo di una semplice cena, pagherebbe un mese di stipendio ad un liberiano -:
se il Ministro intenda intervenire presso l'ONU affinché sia ripristinato un corretto acquisto dei generi alimentari e siano eliminati anche gli sprechi.
(4-11222)

Risposta. - In relazione a quanto affermato dall'interrogante in merito alla fornitura di alimenti non consoni alle abitudini del paese ricevente, si assicura che i generi alimentari oggetto della polemica non sono stati finanziati dal Governo italiano.
Al riguardo, è opportuno segnalare che per l'anno in corso è previsto un programma di aiuti alimentari AGEA per il


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tramite del PAM in favore della Liberia per un importo pari a 1 milione di euro. Attualmente non si conosce la tipologia di tale aiuto che non è stato ancora erogato. Si può sin d'ora assicurare che, all'atto dell'erogazione questo Ministero fornirà direttive in proposito, le quali terranno conto delle necessità e delle abitudini alimentari del paese ricevente alle quali il PAM, come di consueto, avrà cura di attenersi.
In merito al terzultimo punto sollevato nell'interrogazione, si informa che le retribuzioni del personale delle Nazioni Unite impegnato nell'ambito della missione di pace UNMIL (United Nations Mission in Liberia) sono determinate in base a criteri prestabiliti.
In linea con quanto previsto per tutto il personale dell'ONU che svolge servizio negli uffici/missioni periferici, al di fuori cioè del Quartiere generale del Dipartimento ONU/Agenzia di appartenenza, anche il personale delle Nazioni Unite impegnato nelle missioni di pace riceve una retribuzione articolata in una componente fissa ed in una variabile, determinata in funzione delle condizioni di disagio della sede di servizio (cosiddetta Post adjustement e Mission subsistence allowance).
Infatti, tali retribuzioni tengono conto delle particolari condizioni di disagio nelle quali il personale ONU deve operare (principalmente dal punto di vista delle condizioni di sicurezza e sanitarie), oltre che dell'anzianità di servizio, del quadro e dello status giuridico del personale stesso (a seconda dei casi, contratto a tempo determinato o staff member dell'ONU).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PEZZELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 29 ed il 30 marzo 2003 a Casoria, in provincia di Napoli, si è verificato un raid in un palazzo della Statale Sannitica: un intero condominio è stato derubato con spray anestetico. Nella circostanza, ignoti malviventi hanno utilizzato bombolette spray piene di anestetico per addormentare gli inquilini di un intero palazzo di Casoria e rubare nelle loro case in tutta tranquillità. Grazie all'utilizzo del cloroformio i malviventi sono penetrati a distanza di una manciata di minuti, in sei appartamenti di un palazzo che si trova sulla statale Sannitica facendo razzia di gioielli, elettrodomestici e denaro per diverse migliaia di euro. L'amara scoperta è stata fatta la mattina successiva dai malcapitati inquilini dei sei appartamenti. Derubati che hanno avuto la certezza di essere stati addormentati con l'anestetico da una banda di malfattori, prima ancora di chiedere conferma al medico, per i malesseri e la cefalea che molti di loro hanno contemporaneamente accusato. Sull'inquietante episodio è stata presentata una dettagliata denuncia ai carabinieri -:
l'episodio di questi giorni è solo l'ultimo di una serie di ripetuti episodi di criminalità diffusa registrati negli ultimi mesi tra i comuni di Casoria, Arzano, Casavatore, Afragola, Caivano, Cardito, Frattamaggiore e l'hinterland frattese, con furti di abitazioni e di auto, rapine, atti di violenza vari, molti dei quali nemmeno denunciati alle forze dell'ordine, che hanno riportato all'evidenza della cronaca il sentimento di insicurezza e grave stato di disagio dei cittadini e la necessità di una politica efficace di contrasto alle azioni criminali, che non insegua ma prevenga gli eventi-:
quale strategia di intervento e quali iniziative intenda adottare il Ministro per rendere effettiva ed efficace l'azione istituzionale di prevenzione e di contrasto alla criminalità diffusa in quest'area metropolitana a nord di Napoli.
(4-05933)

PEZZELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la violenza nelle aree meridionali del Paese è sfuggita ad ogni controllo e che la criminalità organizzata nonostante gli


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sforzi del Governo si è fatta più spavalda e mostra, giorno dopo giorno, un senso impressionante di sicurezza e di impunità;
soprattutto in Campania lo Stato sembra aver perduto il controllo del territorio con una escalation di violenza senza precedenti e dove, addirittura, la camorra «fa da legge»: comanda, gestisce, intimorisce e all'occorrenza trova i colpevoli e li giustizia. Una criminalità che, senza alcun timore, sfida a viso aperto lo Stato come dimostrano gli ultimi fatti delittuosi avvenuti nel Napoletano: un attentato eclatante è avvenuto il 15 aprile 2003 in via Labriola nel quartiere Scampia a Napoli, devastando mille metri quadri di un'area commerciale; e qualche ora dopo, in mattinata, sempre nello stesso quartiere Scampia, è stato ucciso un pregiudicato davanti ad una pizzeria. Un attentato dinamitardo ed un omicidio consumati ad appena ventiquattro ore dalla gambizzazione di due imprenditori, avvenuti a Napoli e ad Arzano. Quest'ultimo ferimento, addirittura, quasi a voler essere beffardo, è avvenuto - secondo quanto risulta all'interrogante - a pochi metri dal presidio «mobile» di carabinieri che sorvegliano l'ingresso dell'azienda di proprietà del presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, nell'area Asi tra Frattamaggiore e Arzano, una zona altamente industriale, che, secondo un mega progetto sulla sicurezza finanziato negli anni scorsi da Governo e Comunità europea, doveva essere «blindata, videosorvegliata e ultra sicura»;
che alle questioni di ordine pubblico e sicurezza legate alla macro criminalità, e più specificamente alle attività della camorra, si sommano poi i campi della cosiddetta micro delinquenza, tra teppismo, furti, rapine, violenze varie, con un numero di reati che a Napoli e provincia è divenuto drammatico;
siamo, quindi, dinanzi ad un modello deviato di convivenza civile che alimenta sempre più la sfiducia dei cittadini -:
quali urgenti provvedimenti intenda assumere il Governo per fermare tale escalation di violenza;
quali iniziative si intendano adottare per rafforzare l'organico delle forze dell'ordine presenti sul territorio, soprattutto in quelle aree ad alto rischio, per garantire più sicurezza e tutela dell'ordine pubblico.
(4-06147)

Risposta. - L'ordine e la sicurezza pubblica a Napoli e provincia sono da tempo oggetto di particolare attenzione da parte del ministero dell'interno e delle forze dell'ordine.
La camorra è un fenomeno criminale assai articolato e fortemente radicato nel tessuto socio-economico della Campania. I gruppi delinquenziali sono numerosi, violenti e poco inclini ad organizzarsi in forme analoghe a quelle di altre associazioni di stampo mafioso come Cosa Nostra o la 'ndrangheta calabrese.
Proprio a spiccata autonomia dei singoli gruppi determina sovente sanguinose dispute per il controllo del territorio.
Negli ultimi anni la disarticolazione di alcuni clan storici e l'arresto di esponenti carismatici (molti dei quali divenuti collaboratori di giustizia), hanno aperto larghi spazi, nei quali ora irrompono, in contesa tra loro, nuovi gruppi e singoli individui provenienti dalla criminalità giovanile e dalla immigrazione clandestina.
Come è noto gli scontri più accesi si sono verificati nell'area settentrionale della città, dove la storica «alleanza di Secondigliano» - in parte disarticolata dalle forze dell'ordine, in parte da scissioni interne -, vede ora i clan Licciardi e Lo Russo contendersi in armi le cosiddette «piazze di spaccio» prima occupate dal clan Di Lauro. Quest'ultimo aveva organizzato un ingegnoso sistema di distribuzione della droga basato su sette piazze affidate a quattro livelli di responsabilità costituiti da camorristi di peso decrescente fino al grado di spacciatore.
La conquista del mercato della droga è l'elemento scatenante della faida in atto e investe diverse aree della città.
L'azione di contrasto delle forze di polizia sta producendo risultati che non possono essere sottovalutati. Va, infatti, ricordato che a Napoli, sebbene siano aumentati


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gli omicidi, l'indice generale della delittuosità appare in chiara diminuzione: nei primi dieci mesi di quest'anno, infatti, si sono registrati 44.126 delitti contro i 53.545 dello stesso periodo dell'anno scorso, con una diminuzione pari al 17,6 per cento.
In particolare, si è registrata una diminuzione nei reati contro il patrimonio in genere: per i furti (-8,6 per cento), per gli scippi (-36,6 per cento), per i borseggi (-46,4 per cento) e per i furti in appartamento (-52,6 per cento). È innegabile, invece, l'aumento degli omicidi (+61,5 per cento), delle rapine (+2,4 per cento) e delle estorsioni (+48,5 per cento). In parallelo sono aumentati gli arresti (+10 per cento nei primi sei mesi del 2004) e le denunce, come nel caso altamente significativo delle estorsioni, con l'effetto di una efficace repressione che ha portato a comminare condanne in oltre il 70 per cento dei casi denunciati.
Pur conoscendo il valore relativo che hanno i dati statistici in materia di sicurezza non bisogna dimenticare che dall'inizio del 2003 fino allo scorso ottobre sono stati catturati 67 latitanti e sono state denunciate all'autorità giudiziaria 1542 persone per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel periodo gennaio-ottobre 2004 sono state disarticolate 19 associazioni per delinquere di stampo mafioso e di criminalità comune.
La recrudescenza criminale di queste ultime settimane, quindi, non ha colto di sorpresa, anche se ha messo a dura prova i dispositivi di prevenzione e di contrasto che si erano gradualmente posti in essere e che vengono costantemente adeguati alla dura e sanguinosa evoluzione dei fatti nella consapevolezza che è sempre possibile fare di più e meglio.
Lo Stato, con i suoi mezzi ordinari, sta rispondendo colpo su colpo, come dimostrano i risultati conseguiti con l'operazione realizzata il 25 novembre 2004 nel quartiere Scampia; con l'arresto, avvenuto il giorno successivo, di presunti responsabili di efferati omicidi compiuti nei giorni scorsi a Napoli e, da ultimo, con la cattura di due pericolosi latitanti.
Sono note, infatti, le misure di breve e medio periodo adottate nel vertice operativo del 9 novembre 2004 intensificazione delle attività di
intelligence, prevenzione e contrasto, con particolare riguardo all'aggressione dei beni acquisiti illegalmente e degli ambienti a più alta densità criminale; ulteriore razionalizzazione dell'impiego delle forze di polizia e potenziamento delle loro dotazioni infrastrutturali e tecnologiche.
Di fronte all'incalzare dei fatti, sono stati, inoltre, disposti alcuni specifici interventi immediati.
Per quanto riguarda il controllo del territorio, a partire dal 22 novembre 2004, sono stati attivati altri 51 equipaggi e 155 unità che porteranno complessivamente il Reparto Prevenzione Crimine della Campania a 72 equipaggi e 219 unità. A questi si aggiungeranno 170 militari appartenenti alla Compagnia di Intervento Operativo e ad altri reparti dell'Arma dei Carabinieri.
Per l'aggressione ai patrimoni illeciti, è stato costituito un Gruppo Investigativo Specializzato in indagini patrimoniali, composto da 40 esperti appartenenti alla DIA ed alla questura. Il Gruppo ha già riesaminato gli assetti criminali dei sodalizi campani ed ha ripartito il territorio in aree omogenee di intervento per facilitare le attività di indagine e di intelligenze.
In materia di dotazioni operative si è provveduto all'assegnazione di 30 nuove autovetture ed al noleggio di altre 20 auto e 20 motociclette; all'integrazione con 350.000 Euro delle dotazioni finanziarie per la gestione dei mezzi; alla consegna graduale entro il prossimo mese di 290 personal computer e 150 stampanti; allo stanziamento di fondi ulteriori per il pagamento del lavoro straordinario agli operatori della polizia di Stato e dell'arma dei carabinieri.
Questi recenti interventi vanno a rafforzare i servizi di controllo del territorio, già da tempo rimodulati, secondo una più razionale distribuzione delle risorse interforze ed anche con il coinvolgimento della polizia municipale.
Si ricorda che sul territorio napoletano operano 12.960 appartenenti alle forze di


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polizia con un rapporto operatore-popolazione che non ha eguali in qualsiasi altra area del Paese.
In sede di prevenzione ha avuto particolare rilievo l'operazione «Alto Impatto» che ha comportato l'impiego straordinario di 1.000 operatori delle forze dell'ordine, 500 dei quali sono poi rimasti definitivamente a Napoli. A loro volta le iniziative di «Alto Impatto» si sono inserite nel contesto dei più vasti interventi di carattere aggiuntivo finanziati con i fondi del P.O.N. «Sicurezza per lo Sviluppo nel Mezzogiorno d'Italia».
Si tratta, in sintesi, di 24 progetti per Napoli e provincia, 8 dei quali già realizzati, 10 in corso di realizzazione, 2 da attivare, 4 in elaborazione. A questi si aggiungeranno altri 8 interventi di sistema, nell'ambito di quelli riservati alle regioni dell'Obiettivo 1.
Risorse notevoli sono state destinate anche all'acquisizione delle tecnologie avanzate, avendo il duplice obiettivo di agevolare il controllo del territorio e di consentire la migliore utilizzazione delle risorse umane.
Tra le iniziative attuate si segnalano l'interconnessione delle sale operative delle forze di polizia, grazie alla quale si possono localizzare e visualizzare tutte le pattuglie operanti sul territorio, l'installazione, d'intesa con l'amministrazione comunale, nelle zone centrali «a rischio», di apparecchiature di videosorveglianza, collegate alla sala operativa della questura e la messa in opera di 36 telecamere digitali mobili per il videomonitoraggio di altre zone sensibili soprattutto della città.
La questura, i commissariati e il comando provinciale dell'arma dei carabinieri, inoltre, hanno stretto una fitta rete di rapporti con i rappresentanti delle categorie imprenditoriali e degli ordini professionali; mentre la Prefettura ha monitorato la relazione di alcuni investimenti pubblici, coordinando a questo fine, specifici gruppi di lavoro.
Ultimamente, esattamente il 10 novembre 2004, è stato sottoscritto un «Contratto per la sicurezza urbana» tra la Prefettura ed il comune di Napoli, contratto che prevede la costituzione di «comitati circoscrizionali per la legalità, la sicurezza e la solidarietà», con il compito di promuovere il monitoraggio del territorio, progetti di riqualificazione urbanistica e programmi appositi per la divulgazione delle leggi nazionali a favore delle vittime dell'estorsione e del racket.
Un progetto specifico è stato riservato ai ragazzi di 7 quartieri particolarmente disagiati: esso prevede l'impegno congiunto della Prefettura, delle amministrazioni locali, dell'autorità giudiziaria, dell'ufficio scolastico regionale e del volontariato.
Purtroppo quello della cosiddetta «malagioventù» è l'aspetto più allarmante dell'emergenza criminalità a Napoli. Le organizzazioni camorristiche, infatti, utilizzano sempre più massicciamente la manovalanza giovanile, facendo leva sulla non punibilità dei minori di 14 anni, ovvero sulle migliori condizioni previste per i giovani al di sotto dei 18 anni.
Il fenomeno comprende anche le
baby gang che credono di poter violare impunemente le leggi dello Stato e lo fanno con la forza del gruppo, con l'uso del coltello e anche delle armi da fuoco. Per questo motivo il prefetto di Napoli ha emesso il 24 agosto scorso un'ordinanza che vieta la vendita di armi da taglio.
Nell'ambito delle iniziative di carattere più generale si inserisce anche l'accordo che è stato sottoscritto il 12 novembre con il sindaco di Napoli ed il presidente della regione per la realizzazione della «Cittadella della Polizia»: una grande opera che si realizzerà con la collaborazione di Fintecna, Inail, Monopoli di Stato e Agenzia del Demanio. Questo accordo avrà effetti positivi anche su una istituzione particolarmente cara ai napoletani: la Scuola Militare della Nunziatella, che infatti potrà utilizzare la caserma Bixio, che verrà liberata dal reparto mobile della polizia di Stato.
Come si evince da quanto sopra esposto è stata dispiegata per tempo e si sta via via perfezionando una valida strategia di prevenzione e contrasto al crimine organizzato e alle altre forme di illegalità.
Lo Stato dunque a Napoli c'è ed è attivo, come mai prima d'ora in simili circostanze. Il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine


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fanno la loro parte e continueranno a farla sino in fondo, collaborando con le autorità e le istituzioni locali sulla linea della sicurezza partecipata.
Il Ministro dell'interno: Beppe Pisanu.

PEZZELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 27 luglio 2004 sulle pagine del quotidiano Roma-Giornale di Napoli in un articolo di cronaca della provincia veniva riportata l'epilogo di una lunga querelle giudiziaria che aveva visto opposti l'ex gestore di un distributore di carburanti di Frattamaggiore e la società petrolifera proprietaria dello stesso, la Kuwait Petrolum Italia Spa, circa la presenza di amianto nelle lamiere costituenti il casotto dell'impianto. Nella fattispecie, si sottolineava che la Q8 era stata, a seguito di rilievi disposti dall'autorità competenti dopo le denunce fatte dall'ex gestore, costretta a provvedere alla bonifica di quei pannelli che erroneamente aveva considerato innocui per la salute pubblica. Nello stesso articolo si diceva poi che erano già iniziati i lavori di bonifica dell'impianto sott'accusa. L'epilogo di questa vicenda ha, secondo l'interrogante, confermato che l'allarmismo diffusosi nella città di Frattamaggiore sulla presenza di amianto nel distributore di carburante di via Roma non era quindi infondato. Alla luce di quanto avvenuto è lecito chiedersi se quello del distributore di carburante Q8 a Frattamaggiore sia un caso isolato o di impianti carburanti a rischio amianto ve ne siano molti altri nel Napoletano -:
1)quali provvedimenti intendono adottare il ministro interrogato per la presenza di impianti carburanti a rischio;
2)se gli stessi non ritengano di effettuare uno screening approfondito sull'intera provincia napoletana e di sollecitare le compagnie petrolifere, prima fra tutte la Q8, a fornire garanzie su tutti i loro impianti e a bonificare gli eventuali siti a rischio.
(4-10639)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, concernente l'esistenza, nella regione Campania, di impianti di distribuzione carburanti a rischio per la presenza di amianto nelle lamiere costituenti il casotto degli impianti, si rappresenta quanto segue.
Ai sensi dell'articolo 10 della legge 27 marzo 1992, n. 257, il problema amianto è stato affrontato dalla regione Campania con la deliberazione n. 64/01, pubblicato nel BURC n. 58 del 5 novembre 2001, dal titolo: «Piano Regionale Amianto (PRA) - Piano di protezione dell'ambiente, a seguito di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto».
Nel luglio 2003 la regione Campania ha inviato al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione in cui si specifica che, al fine di assicurare il necessario controllo sulle strutture e manufatti che contengono amianto e proseguire nelle azioni di bonifica, il Piano debba evidenziare la priorità di disporre di dati quali-quantitativi, costantemente aggiornati, ottenibili attraverso un puntuale censimento.
Tale censimento ha carattere obbligatorio e vincolante sia per le aziende che utilizzano o abbiano utilizzato amianto, sia per gli edifici pubblici e per i locali aperti al pubblico, mentre, almeno nella prima fase, esso è facoltativo per le singole unità abitative private.
I comparti di immediato interesse del citato censimento (prima fase) sono: imprese manifatturiere e di servizio; imprese di trasporto; edilizia privata compresi i prefabbricati post sisma del 1980; aree industriali dismesse.
Da una prima analisi dei dati si evince che in ambito regionale la presenza di manufatti e strutture in cemento-amianto risulta consistente.
Non sono state finora avviate le attività relative alla seconda fase del censimento, affidate alle Aziende Sanitarie Locali, opportunamente coordinate dall'Unità Operativa Regionale Amianto. Tali attività dovevano attivarsi dopo la pubblicazione del PRA, coinvolgendo non solo i piccoli insediamenti industriali, ma anche le piccole


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realtà sia pubbliche che private in cui è presente l'amianto.
Per quanto riguarda l'individuazione degli interventi urgenti, uno dei principali obiettivi del Piano Regionale Amianto è di garantire una adeguata attività di vigilanza e controllo sui pericoli derivanti dall'amianto. In base a ciò, lo stesso Piano stabilisce che le strutture sanitarie regionali (Aziende Sanitarie Locali), nello svolgimento delle proprie funzioni, effettuino una «valutazione del rischio» secondo criteri descritti nel Piano stesso, in collaborazione con l'ARPA Campania per le verifiche analitiche.
Per quanto riguarda le responsabilità del settore petrolifero, cui fa riferimento l'interrogazione parlamentare in oggetto, al proprietario di un distributore di benzina si affida l'obbligo sia di effettuare un programma di monitoraggio e controllo, sia di realizzare le condizioni idonee alla salvaguardia dell'integrità dei materiali contenenti amianto.
Il gestore dell'impianto, sia esso proprietario o meno dell'immobile, diviene il responsabile per il coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto. Inoltre lo stesso è tenuto a possedere una idonea documentazione in cui risulti: l'ubicazione dei materiali contenenti amianto; le attività di manutenzione; gli interventi effettuati.
Si precisa inoltre, che ogni intervento di bonifica di manufatti contenenti amianto deve essere autorizzato dall'autorità competente che, ai sensi del decreto ministeriale 6 settembre 1994, è l'Azienda Sanitaria Locale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PISA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il vicebrigadiere Pasquale Esposito, nato a Cicciano (Napoli) il 26 novembre 1958, già in servizio presso il nucleo operativo della Compagnia carabinieri di Viterbo è stato collocato in congedo, dopo una sofferta vicenda giudiziaria, alla età di 46 anni e con una anzianità contributiva pari a 31 anni di servizio;
lo stesso è affetto da importanti patologie ascrittegli con provvedimento assunto dalla Sanità militare in Tabella A, per le quali è ancora in corso il giudizio di dipendenza;
non percependo da più di un anno alcun trattamento di quiescenza a nessun titolo, né provvisorio, né ordinario, né privilegiato il vicebrigadiere Esposito è privo dei mezzi minimi di sostentamento per sé e per i propri familiari e non riuscendo trovare alcun lavoro, si trova in una situazione disperata -:
come valuti la situazione e se non ritenga di dover intervenire, se non altro per ragioni di umanità, per rimuovere gli ostacoli amministrativi che impediscono l'erogazione di un trattamento di quiescenza a favore di Pasquale Esposito.
(4-10707)

Risposta. - La competente Direzione Generale per il personale militare, in esito al giudizio espresso dalla Commissione di Disciplina «non meritevole di conservare il grado» - nei confronti del vicebrigadiere Pasquale Esposito, ha disposto il collocamento in congedo in data 14 marzo 2003.
L'interessato - in possesso di un'anzianità contributiva complessiva maturata pari a anni 32, mesi 1 e giorni 20 - attualmente non percepisce alcun trattamento pensionistico, poiché alla data del congedo il medesimo non aveva maturato i requisiti contributivi/anagrafici previsti per legge.
Infatti, il quadro normativo prevede che, per l'anno 2003, il trattamento di quiescenza sia corrisposto, all'atto della cessazione dal servizio, esclusivamente:
a) al raggiungimento di 37 anni contributivi, ovvero 34 anni contributivi e 52 anni di età anagrafica (articolo 59 legge n. 449/1997 ed articolo 6 decreto legislativo n. 165/1997);


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b) per infermità, qualora l'interessato abbia maturato 15 anni contributivi, di cui almeno 12 di effettivo servizio (articolo 28 legge n. 599/1954).

A tal riguardo, l'amministrazione competente ha, inoltre, respinto le domande dell'interessato e del suo legale tendenti ad ottenere il trattamento pensionistico ordinario.
Circa la vicenda sanitaria si precisa che l'Esposito ha presentato due distinte domande ai fini del riconoscimento:
a) della patologia contratta da causa di servizio, il 23 maggio 2001;
b) dell'aggravamento di un'ulteriore patologia sofferta, il 20 ottobre 2003.

Nella fattispecie, la commissione medica ospedaliera di Roma, in data 5 dicembre 2003, ha giudicato il militare non idoneo permanentemente al servizio militare nella forma assoluta e da collocare in congedo assoluto.
Entrambe le patologie sono state considerate ascrivibili alla 2a categoria della tabella «A» relativa alle infermità.
Il diritto alla corresponsione della pensione privilegiata è subordinato al parere favorevole del competente comitato di verifica per le cause di servizio, istituito presso il ministero dell'economia e delle finanze, che non si è ancora pronunciato in merito ed al successivo decreto a cura della Direzione Generale per il Personale Militare.
L'amministrazione ha, inoltre, comunicato che l'interessato, ai sensi del testo unico delle pensioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, ha acquisito il diritto alla:
a) liquidazione dell'indennità «una tantum» da parte del ministero della difesa;
b) costituzione della posizione assicurativa INPS.

In conclusione, la Difesa, attesa la specificità del caso in questione, ha posto in essere ogni consentita azione in aderenza alle norme vigenti.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

REALACCI, VILLARI, IANNUZZI, TUCCILLO e SQUEGLIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Campania, e in particolar modo nelle province di Napoli e Caserta, è accertato, come si legge anche nella «Relazione al Parlamento» del ministero dell'Interno per l'anno 2002, «lo stabile coinvolgimento della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti». «Gli interventi illeciti - vi si legge ancora - si sono concretizzati [...] nella individuazione dei siti da destinare a discariche clandestine, in cui sono stati interrati tra l'altro residui tossici o comunque pericolosi»;
specialmente nelle campagne tra Napoli e Caserta, come denuncia Legambiente nel suo annuale Rapporto Ecomafia 2004, è diffusa la selvaggia pratica della criminalità di bruciare all'aria aperta i rifiuti speciali, anche pericolosi. La combustione non controllata di rifiuti produce diossina: è lì, nel territorio dei comuni di Marigliano e Nola, che due anni fa furono rinvenute tracce di questa sostanza nel latte prodotto dal bestiame. Fu necessario porre sotto sequestro di 30 aziende bovine e bufaline, e abbattere 6.789 capi. Il latte di quel bestiame è lo stesso da cui vengono prodotte le mozzarelle di bufala famose in tutto il mondo;
l'ampiezza del fenomeno dell'incenerimento illegale di rifiuti pericolosi non sembra avviata a ridimensionarsi: lo scorso anno ha riguardato principalmente i tre comuni di Qualiano, Giugliano e Villaricca, ma negli ultimi mesi - come ancora denuncia Legambiente - si è esteso anche in altre zone: a Frignano, limitatamente alle aree limitrofe al cimitero comunale, e Villa Literno nel casertano, dove i sindaci sono stati costretti ad emettere ordinanze che vietano l'allevamento a terra di animali da cortile, il pascolo, la movimentazione in entrata e uscita di greggi provenienti da altri comuni e la raccolta di alimenti zootecnici prodotti in


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zona. Altri cinque comuni della zona (Casal di Principe, Santa Maria La Fossa, Casaluce, Castel Volturno e Casapesenna) ugualmente interessati dal fenomeno non hanno ancora emesso le loro ordinanze, in attesa di capire se la competenza sia del Sindaco o del Prefetto;
con un reportage firmato dal ricercatore Alfredo Mazza, dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, il numero di settembre della prestigiosa rivista The Lancet Oncology denuncia la gravità del problema dei rifiuti nell'Italia meridionale - che, si legge, «sta ora raggiungendo proporzioni epiche» - e lo mette in diretto collegamento con gli indici di mortalità per cancro che in alcune aree - segnatamente quelle afferenti ai tre comuni di Nola, Marigliano e Acerra - sono ben superiori alla media nazionale. Esisterebbe, secondo il ricercatore, un legame tra i livelli di inquinamento causati da inadeguati metodi di controllo dello smaltimento dei rifiuti e dalle discariche illegali e gli alti indici di mortalità per cancro nella regione, in costante crescita nel periodo 1995-2000;
i dati citati nel reportage sono chiari: per il cancro al fegato, ad esempio, l'indice di mortalità per 100.000 abitanti è, tra gli uomini, di 14.0 in Italia e 15.0 in Campania, mentre svetta a 38.4 nella Asl Napoli 4 e 35.9 nel distretto 73 (per le donne, il tasso di mortalità è di 20.8 nella Asl Na4 e 20.5 nel distretto 73, contro il 6.0 della media italiana e l'8.5 della Campania). Un indice, cioè, «tre volte superiore alla media nazionale e regionale». Mortalità più alta, in queste zone, anche per quanto riguarda il cancro alla vescica, al sistema nervoso e alla prostata -:
cosa intendono fare per riportare la qualità dell'ambiente, quella della vita degli abitanti e le relative condizioni sanitarie a livelli accettabili;
se hanno già predisposto o intendono porre in essere operazioni di bonifica sistematica e capillare del territorio, prima di valutare la possibilità di insediare nuovi eventuali impianti di gestione e trattamento dei rifiuti.
(4-10787)

Risposta. - Nel corso dell'anno 2001 il ministero della salute, in recepimento della direttiva comunitaria 96/23, aveva predisposto un piano di sorveglianza per la ricerca di sostanze contaminanti negli animali vivi e nei prodotti derivati.
Attraverso ulteriori accertamenti si era determinata una situazione di emergenza ambientale legata al rinvenimento di diossine e furani nelle matrici alimentari indagate, quali il latte proveniente da alcuni allevamenti nelle province di Caserta e Napoli.
A seguito di tali eventi è stato emanato il decreto-legge 24 luglio 2003, n. 192, convertito con modificazioni dalla legge n. 268 del 24 settembre 2003, che ha delegato all'APAT il coordinamento degli enti locali e delle attività da intraprendere per fronteggiare la problematica della contaminazione da diossine nel territorio della regione Campania.
L'articolo 2, comma 4 del decreto-legge su indicato riporta che «per il potenziamento immediato dell'attività di indagine, analisi e monitoraggio del territorio campano in funzione dell'emergenza diossina, nonché per l'avvio dei primi interventi di messa in sicurezza e bonifica dei terreni inquinati, è autorizzata la spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2003, da corrispondersi, per una quota pari a 10 milioni di euro, all'agenzia nazionale per l'ambiente e per i servizi tecnici (A.P.A.T.) per interventi ed attività specialistiche, di supporto, previa stipula [...] di un'apposita, convenzione tra il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e l'agenzia medesima, e per una quota pari a 4 milioni di euro, da trasferire alla regione Campania [...]».
La convenzione citata, stipulata in data 25 settembre 2003 e approvata il 9 gennaio 2004, descrive, tra l'altro, i compiti dell'APAT e le modalità di esecuzione della prestazione.
Successivamente alla stipula della convenzione l'APAT ha presentato un piano operativo delle attività, approvato dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio


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il 29 gennaio 2004, così come le successive integrazioni e modifiche.
Gli interventi previsti sono riconducibili a tre linee di attività fondamentali:
a) individuazione e delimitazione delle aree contaminate e a rischio di contaminazione da diossine nella regione Campania;
b) potenziamento degli interventi di controllo e monitoraggio, attraverso azioni finalizzate alla prevenzione e alla riduzione del rischio di future contaminazioni;
c) avvio dei primi interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree contaminate.

Le attività condotte dall'APAT, secondo quanto indicato nello stesso piano operativo sono le seguenti:
a) rapporti istituzionali con gli enti preposti al controllo territoriale (prefetture, regione Campania e singoli assessorati, province, ARPA Campania, forze dell'ordine);
b) analisi dei dati raccolti e aggiornamento del database alfanumerico-cartografico con i dati inviati dai diversi enti competenti;
c) finanziamento di progetti di ricerca sulla diffusione delle diossine nell'ambiente e nella catena alimentare;
d) analisi degli impatti economici sui comparti produttivi danneggiati dalla contaminazione da diossine nel territorio regionale;
e) predisposizione di una sede operativa dell'agenzia a Caserta;
f) espletamento di una gara e assegnazione dell'incarico per il campionamento di suolo, acqua, sedimenti e aria sull'intero territorio regionale. La campagna sui terreni è attualmente in corso e quella relativa alle acque superficiali sarà terminata entro novembre 2004; l'intera campagna ha lo scopo di definire i punti a maggiore criticità e di individuare i valori di background delle diossine nel territorio campano;
g) costituzione di una segreteria tecnico scientifica di supporto alle attività specialistiche da svolgere.

In data 1o marzo 2004 il direttore generale dell'APAT, in attuazione della suddetta convenzione, ha autorizzato l'espletamento di una gara, a licitazione privata con procedura di urgenza per l'affidamento del servizio di indagini ed attività specialistiche relative all'emergenza diossine nel territorio della regione Campania.
Il bando di gara, contenente criteri e requisiti della stessa, è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, con codice 45039109 del 4 marzo 2004, e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 53 del 4 marzo 2004.
In base ai criteri di valutazione delle offerte stabiliti, la gara è stata aggiudicata alla società ATI tra S.G.S Italia srl - S.G.S Belgium NV - NATURA srl - Getea Italia srl che ha presentato l'offerta economicamente più vantaggiosa per l'APAT per un importo pari a Euro 1.027.018,77 (unmilioneventisettemiladiciotto/77) oltre I.V.A., con un ribasso percentuale pari al 26 per cento. Con Disposizione N. 678 del 30 aprile 2004, il direttore dell'APAT ha disposto l'aggiudicazione della gara per l'importo complessivo di Euro 1.232.422,52.
La durata del contratto è stata fissata in 182 giorni naturali e consecutivi dalla data del verbale di consegna lavori. Si è proceduto inoltre alla nomina della commissione di collaudo in corso d'opera, e del direttore dei lavori.
Il giorno 13 agosto 2004 è stata effettuata la consegna dei lavori.
Come previsto dal cronoprogramma, dopo la fase di approntamento delle attrezzature, il giorno 10 settembre 2004 è iniziata la fase dei prelievi di campioni di suolo, che è terminata in data 14 ottobre 2004.
Contestualmente alla fase di prelievo dei campioni è partita anche la fase delle analisi degli stessi.
In data 3 novembre 2004 è iniziata la campagna di prelievo dei campioni dei sedimenti e delle acque.


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Per quanto concerne il campionamento sulle matrici ambientali, tutte le attività di prelievo e di analisi sono state preventivamente concordate con l'ARPA Campania, che ha, a sua volta, predisposto una campagna di indagine complementare a quella avviata da questa agenzia e mirata alla individuazione delle sorgenti di inquinamento. Lo scopo del confronto è quello di assicurare l'omogeneità e la confrontabilità dei dati ottenuti e l'ottimizzazione delle risorse umane ed economiche stanziate, al fine di avere una base omogenea di informazioni necessaria alla definizione delle successive linee di intervento.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

ROTUNDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le officine meccaniche del salento OMFESA spa, con sede a Trepuzzi, sono state costrette sin dalla metà del 2002, a causa della politica di tagli operata dalle Ferrovie dello Stato nel settore della manutenzione dei carri merci, ad operare un pesante ricorso alla cassa integrazione con la prospettiva di un dimezzamento degli attuali livelli occupazionali;
tale drastica misura di cassa integrazione per oltre cento lavoratori rischia di protrarsi anche per l'anno in corso, con costi sociali molto gravi in una realtà dove il tasso di disoccupazione è già a livelli allarmanti;
proprio in questi giorni la situazione già difficile rischia di precipitare ulteriormente anche per le dimissioni del direttore generale dottor Giorgio Giangreco -:
se il Governo non ritenga urgente convocare un apposito tavolo nazionale di confronto tra l'azienda, le ferrovie dello Stato, il sindacato, i ministeri delle infrastrutture e trasporti e del lavoro e politiche sociali per ricercare le necessarie soluzioni, volte a garantire da un lato gli attuali occupati e dall'altro a dare certezza di prospettiva all'azienda.
(4-04996)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare cui si risponde, si fa presente che in data 24 giugno 2004, presso il ministero interrogato è stato sottoscritto un verbale di accordo tra la società OMFESA srl e le organizzazioni sindacali FIM CISL, UILM UIL e FIOM CGIL, nel quale si concorda di richiedere la proroga dell'intervento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), per n. 178 lavoratori.
Nell'ambito del suddetto accordo si è convenuto di attuare i criteri di rotazione per tutti i citati lavoratori in CIGS, compatibilmente con le esigenze produttive aziendali e con gli obiettivi del piano di ristrutturazione e riconversione produttiva.
Inoltre, come sottoscritto tra le parti, tutti i lavoratori saranno progressivamente riassorbiti nell'attività aziendale, salvo coloro che optassero volontariamente per la messa in mobilità o accompagnamento al trattamento di quiescenza.
Già, in data 25 giugno 2003, era stato sottoscritto, presso questo Ministero un accordo per l'attivazione di un programma di ristrutturazione e riconversione dell'azienda OMFESA srl, con l'intervento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) a decorrere dal 30 giugno 2003 per un massimo di n. 178 lavoratori.
Il 18 marzo ed il 12 maggio 2004 si sono tenuti degli incontri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione, nel corso dei quali è stato esaminato lo stato di attuazione del citato programma di ristrutturazione. I verbali dei suddetti incontri costituiscono parte integrante dell'accordo raggiunto il 24 giugno 2004.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.


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SANDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il dottor Ayad Anwar Wali, cittadino iracheno, arrivato in Italia nel 1980, si è laureato in ingegneria a Torino. Sposato con una donna italiana, ha avuto un figlio, italiano a tutti gli effetti;
per tracciare un futuro più rassicurante al nucleo familiare, nel 2003 ha presentato l'istanza per ottenere la cittadinanza del nostro Paese;
stabilitosi da oltre 20 anni nel Veneto, ha operato con moltissimi imprenditori locali che di lui hanno sempre avuto fiducia e parole di grande stima: non è un caso che la sua morte abbia scosso fortemente il mondo imprenditoriale di Treviso;
è significativo che anche l'ex sindaco di Treviso, Gentilini, abbia proposto di dargli subito la cittadinanza italiana;
insieme al fratello Emad aveva in programma di commercializzare in Iraq - una volta «normalizzato» - i prodotti e le capacità imprenditoriali del nostro Nord-Est;
il suo progetto, purtroppo, si è infranto proprio nel suo Paese per la bestiale ferocia del terrorismo che lo ha visto annoverarsi, possiamo ben dire, tra le 26 vittime italiane;
lo stesso lascia un figlio in tenera età -:
se il Governo italiano, oltre al cordoglio espresso alla famiglia, intenda considerare il dottor Wali tra le vittime del terrorismo e farsi carico di un risarcimento morale e sostanziale che accompagni il figliolo, soprattutto nei suoi studi, dandogli la certezza di vivere in un Paese che non abbandona le innocenti vittime della barbarie ed inviando in tale modo un forte messaggio a tutta la comunità islamica, che tanto si è adoperata nei fatti e nelle parole, anche recentemente, per aiutare nostri concittadini.
(4-11251)

Risposta. - Lo scorso 1o settembre 2004, il Ministero degli affari esteri si è immediatamente attivato dopo la diffusione della notizia da parte di Radio Baghdad e della BBC in arabo - poi ripresa dai media italiani - del rapimento nella capitale irachena di un uomo d'affari, Ajad Anwar Wali, di cui si menzionava la possibile cittadinanza italiana. La Farnesina ha infatti subito controllato la fondatezza della notizia, anche attraverso l'Ambasciata a Baghdad che ha prontamente interpellato la Polizia irachena circa possibili rapimenti di italiani; sono state parallelamente verificate l'Anagrafe consolare, l'elenco degli accessi e dei contatti di connazionali in Ambasciata e quanto risultasse sulla situazione dei concittadini presenti in Iraq; dagli accertamenti compiuti, si è avuto purtroppo conferma del rapimento del signor Ajad Anwar Wali, che non risultava tuttavia essere cittadino italiano. L'Ambasciata a Baghdad ha comunque lo stesso giorno iniziato a seguire la vicenda, attivandosi per ottenere la liberazione dell'ostaggio con tutti i propri interlocutori in loco, sia negli ambienti governativi che attraverso i numerosi contatti con dignitari religiosi e altre personalità locali.
Nello stesso tempo, l'Unità di crisi del MAE si è mantenuta in contatto con il fratello del rapito, Emad Anwar Wali, cui è stato assicurato che le autorità italiane avrebbero seguito con tutti i mezzi il rapimento del congiunto: il fatto che quest'ultimo non fosse cittadino italiano o di altro Stato Ue - e non essendo quindi formalmente il nostro Governo legittimato ad agire in protezione diplomatico-consolare - non ha avuto la minima influenza nella trattazione del caso di cui è stata invece privilegiata naturalmente la dimensione umanitaria. Il caso del signor Wali è stato infatti affrontato come quello di un cittadino italiano a tutti gli effetti.
È utile sottolineare che, in ogni occasione si è ribadita la vicinanza del Governo alla famiglia Anwar Wali, ricordando - come ha fatto lo stesso Ministro Frattini - che per il Governo italiano il fenomeno dei sequestri va combattuto indiscriminatamente, a prescindere dalla nazionalità degli ostaggi. A tale spirito si è costantemente ispirata l'azione del Governo in tutto il


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periodo del rapimento, sia nei colloqui a livello bilaterale e multilaterale intercorsi in vari Paesi e con diversi interlocutori per cercare di liberare l'ostaggio, sia nella costante azione svolta dalla nostra Ambasciata a Baghdad.
Come abbiamo fatto presente anche al fratello del signor Wali, l'azione delle autorità italiane è stata peraltro resa molto difficile dalla totale assenza, sulla base di informazioni verificate, di rivendicazioni e di contatti di alcun genere da parte dei rapitori.
Pur nei limiti e nelle esigenze di riservatezza imposti all'operato del Governo nella delicatissima materia dei rapimenti in Iraq, si è voluto sempre mantenere aperto un canale informativo con la famiglia dell'ostaggio: nel prendere atto della parallela azione di quest'ultima con la polizia irachena, la Farnesina ha infatti assicurato al signor Emad Anwar Wali che lo avrebbe avvertito sugli sviluppi della vicenda, invitandolo a comunicare a sua volta tutti gli elementi utili di cui fosse venuto a conoscenza.
Il signor Anwar Wali ha ringraziato il Governo italiano per la sua azione, dicendosi consapevole delle difficoltà a trattare questi casi nella attuale situazione di sicurezza del suo Paese di origine.
Quando l'emittente
al-Arabiyya ha reso nota l'esistenza del video che documentava l'omicidio di Ajad Anwar Wali, la Farnesina ha subito informato il fratello del rapito e, dopo il completamento degli accertamenti necessari, gli ha dovuto purtroppo far confermare ufficialmente la morte del congiunto.
Credo valga infine la pena di ribadire che anche nel caso del signor Wali le autorità italiane hanno posto in essere tutti gli sforzi possibili per un esito positivo di questa drammatica vicenda: ciò non è stato possibile, come purtroppo è avvenuto in molti altri casi, perché questi tentativi sono stati resi vani dalla feroce volontà omicida dei terroristi che hanno rapito e barbaramente ucciso un loro connazionale inerme. Questo per la parte, che riguarda il ministero interrogato, in relazione invece all'ultimo quesito posto dall'interrogante si fa presente che gli aspetti applicativi della legge n. 206 del 3 agosto 2004 sono di competenza del Ministero dell'interno, Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, area 1 «Speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
i 237 lavoratori delle acciaierie «Weissenfels» di Fusine (Udine) rischiano la perdita del posto di lavoro a causa della crisi che ha investito l'industria friulana;
la paventata interruzione dell'attività lavorativa dell'acciaieria provoca comprensibili disagi che coinvolgono pesantemente l'intera comunità locale, preoccupata per il proprio futuro, essendo il territorio montano già profondamente segnato da una più generale crisi economica -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, affinché vengano innanzitutto difesi gli attuali livelli occupazionali, e al fine di garantire un certo e sicuro futuro produttivo alle acciaierie stesse.
(4-09403)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare cui si risponde, si riferisce quanto comunicato dalla direzione provinciale del lavoro di Udine.
L'Acciaieria Weissenfels spa con sede di Tarvisio (Udine), frazione Fusine Val Romana - insieme alla consociata Weisscam srl, continua a svolgere l'attività di produzione di catene in acciaio, nonostante il fallimento delle società stesse disposto dal tribunale di Tolmezzo, in data 24 marzo 2004.


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Ciò è stato possibile in base alla sottoscrizione, in data 13 settembre 2003, di un contratto di affitto stipulato fra gli organi della procedura concorsuale con la ditta New Steel srl di S. Vito al Tagliamento (Pordenone), che in seguito ha modificato la ragione sociale in Weissenfels spa.
Tale contratto d'affitto ha la durata di due anni, con scadenza 13 settembre 2005, più 60 giorni per liberare i locali.
Per quanto riguarda la situazione occupazionale si fa presente che i 235 lavoratori, già assunti, il 15 settembre 2003, con contratto di lavoro a tempo determinato, hanno avuto la trasformazione del proprio rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel rispetto degli accordi a suo tempo sottoscritti con le organizzazioni sindacali ed a dimostrazione della validità del piano industriale per il rilancio dell'azienda.
Attualmente l'organico consta di 233 dipendenti, di cui 168 operai e 65 impiegati. I due dipendenti in meno rispetto ai 235 contrattualizzati all'inizio della nuova gestione sono due impiegati che hanno optato per la non conferma del contratto, avendo maturato i requisiti per il pensionamento.
L'andamento aziendale, attuale, si attesta, al 30 settembre 2004, su un fatturato di 20,7 milioni di euro, con un portafoglio ordini di 6,8 milioni di euro ed una proiezione del fatturato al 31 dicembre 2004 pari a circa 33 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che i 20 lavoratori della «Assitech» de L'Aquila - azienda che ha cessato l'attività il 1 novembre 2003 - non hanno ancora percepito la regolare indennità di cassa integrazione, nonostante le continue ripetute sollecitazioni dei sindacati di categoria per ottenere il decreto di approvazione;
sempre da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che, a tal proposito, sono gravi e rilevanti le responsabilità dell'azienda per i ritardi che si registrano nella consegna della necessaria e adeguata documentazione richiesta dal Ministero del lavoro -:
se non ritenga opportuno intervenire al fine di sbloccare la situazione, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, che, insieme alle loro famiglie, attendono da troppo tempo quanto loro dovuto, e che, per questo motivo, vivono con comprensibile angoscia e preoccupazione tale delicata e difficile situazione.
(4-09751)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare cui si risponde, si fa presente quanto comunicato al riguardo dalla direzione provinciale del lavoro di L'Aquila.
La srl ASSITECH ha provveduto, in data 16 marzo 2004, a trasmettere a questo Ministero la documentazione integrativa richiesta per la concessione della CIGS per crisi aziendale (cessazione attività).
Gli elementi aggiuntivi richiesti riguardavano il piano di gestione dei lavoratori in esubero (n. 21 unità) e, in particolare, le iniziative in atto per ridurre il ricorso alla mobilità.
Con decreto ministeriale n. 33937 del 27 aprile 2004 è stato approvato il richiesto intervento CIGS e la sede INPS di L'Aquila, in data 21 giugno 2004, ha invitato la predetta società a trasmettere l'elenco dei lavoratori interessati.
Tale elenco dei lavoratori, relativo al periodo 1o novembre 2003-1o maggio 2004, è pervenuto, il 6 luglio 2004, alla sede provinciale dell'INPS, che ha provveduto, subito dopo, ad erogare l'indennità di CIGS alle maestranze interessate.
Inoltre, l'elenco dei lavoratori inerente il trimestre successivo, dal 3 maggio 2004 al 31 luglio 2004, è stato trasmesso, in data 27 agosto 2004, all'INPS che ha regolarmente erogato la relativa indennità.
Pertanto, i lavoratori hanno già percepito l'indennità di CIGS per il periodo dal 1o novembre 2003 al 31 luglio 2004.


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Con l'ultimo trimestre 1o agosto 2004-31 ottobre 2004 si conclude l'intervento di CIGS per i lavoratori in questione, salvo eventuali richieste di proroga.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

TIDEI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito delle opere di compensazione ambientale imposte dal Ministero dell'ambiente con decreto del 22 dicembre 1997 per i lavori di ampliamento del Porto di Civitavecchia era compresa tra le suddette opere di compensazione un monitoraggio ambientale del tratto della costa di Civitavecchia compreso tra le località Tarquinia Lido e Capolinaro;
nel giugno 2000, a seguito di bando pubblico di gara, l'Autorità Portuale di Civitavecchia affidava alla società Conisma l'appalto per lo svolgimento di tale monitoraggio ambientale per un importo di circa 3 miliardi delle vecchie lire;
dall'affidamento di tale a appalto ad oggi nessuna notizia è stata fornita dall'Autorità Portuale sui risultati di tale monitoraggio;
nel novembre 2003, a seguito di richiesta pubblica a mezzo stampa all'Autorità Portuale da parte del Segretario dell'Unità di base «Enrico Berlinguer» dei Democratici di Sinistra di Civitavecchia, dottor Marco Galice, circa i risultati relativi al suddetto monitoraggio, il Presidente dell'Autorità Portuale, Giovanni Moscherini, rispondeva pubblicamente a mezzo stampa che il monitoraggio in questione era stato regolarmente effettuato dalla società Conisma e che i risultati non solo erano pubblici ma erano stati anche inoltrati ai Ministeri competenti;
a seguito di tali dichiarazioni, il dottor Marco Galice faceva richiesta scritta protocollata, in data 1 dicembre 2003 all'Autorità Portuale di Civitavecchia di presa visione e copia dei risultati del monitoraggio;
a tale richiesta il Presidente dell'Autorità Portuale, Giovanni Moscherini, rispondeva per iscritto, in data 9 dicembre 2003, che non era possibile fornire copia di tali risultati in quanto la richiesta «non appare sostenuta da un interesse giuridicamente tutelato»;
a seguito di questa inconcepibile risposta il dottor Marco Galice, in data 23 dicembre 2003, per mezzo di lettera scritta e inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, si rivolgeva al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, Dipartimento per la Protezione Ambientale-Direzione per la Via, per avere delucidazioni in merito;
nella sua lettera al Ministero dell'ambiente il dottor Marco Galice chiedeva espressamente di sapere se fosse lecito che l'Autorità Portuale di Civitavecchia negasse copia dei risultati del monitoraggio ambientale, risultati definiti pubblici dallo stesso Presidente Giovanni Moscherini, e soprattutto chiedeva di sapere se tali risultati erano effettivamente pervenuti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio come dichiarato dal Presidente Giovanni Moscherini;
dal 23 dicembre 2003, nessuna risposta scritta a quanto richiesto è pervenuta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al dottor Marco Galice, ad eccezione di alcune comunicazioni verbali per mezzo telefonico ricevute da parte di funzionari del Ministero che hanno confermato il fatto che nessun risultato del monitoraggio ambientale in questione è finora pervenuto al Ministero dell'ambiente;
alla legittima richiesta da parte del dottor Galice all'ingegner Bruno Agricola di avere risposta scritta alla sua lettera e soprattutto di quanto affermato dai funzionari del Ministero e dallo stesso ingegner Agricola circa la mancata ricezione dei risultati del monitoraggio ambientale,


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ad oggi, 11 luglio 2004, ancora nessuna comunicazione ufficiale è pervenuta al dottor Marco Galice -:
se corrisponda al vero il fatto che i risultati del monitoraggio ambientale appaltato dall'Autorità Portuale di Civitavecchia nel 2000 alla società Conisma non sono mai pervenuti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si sia attivato presso l'Autorità Portuale per ottenere i risultati del monitoraggio e per avere spiegazioni circa la mancata ricezione degli stessi;
per quali motivi, nonostante i numerosi solleciti del Segretario dell'Unità di Base «Enrico Berlinguer» di Civitavechia, dottor Marco Galice, di ottenere risposta scritta a quanto da lui richiesto e denunciato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dal 23 dicembre 2003 ad oggi non abbia ancora provveduto a fornire tale risposta.
(4-10590)

Risposta. - In riferimento a quanto indicato nell'atto parlamentare di cui si risponde, con il quale si chiede di conoscere se siano stati inviati al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i dati del monitoraggio dell'ambiente marino dell'ambito portuale di Civitavecchia, così come previsto dalle prescrizioni contenute nel decreto di VIA del 22 dicembre 1997 e se il ministero si sia attivato presso l'Autorità Portuale per ottenere la necessaria documentazione, si rappresenta quanto segue.
Con diverse e successive note è stata sollecitata l'Autorità portuale di Civitavecchia per l'invio della documentazione relativa al monitoraggio; l'ultima nota in tal senso è stata inoltrata in data 23 luglio 2004. In pari data è stata, altresì, inviata una nota all'Unione dei Democratici di Sinistra di Civitavecchia, che avevano richiesto al ministero di prendere visione dei dati del monitoraggio.
In data 16 settembre 2004 l'Autorità portuale ha provveduto ad inviare i dati del monitoraggio che attualmente sono all'esame della Direzione per le verifiche di competenza. La stessa Autorità Portuale ha trasmesso copia della nota del 13 luglio 2004, con cui ha provveduto ad inviare il materiale del monitoraggio al comune di Civitavecchia, informando al riguardo il sindaco, il presidente del consiglio comunale, gli assessori ai lavori pubblici, urbanistica, sviluppo nonché il presidente della commissione urbanistica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

TIDEI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche agricole e forestali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nel pomeriggio e nella notte del 28 settembre 2003 il litorale a Nord di Roma e i territori dei comuni di Cerveteri e Ladispoli sono stati investiti da un violento nubifragio, con pioggia intensa e prolungata che ha provocato ingenti danni alla viabilità, alle attività agricole e produttive, al sistema fognario, alle abitazioni civili, la cui entità, che si presume notevole, dei danni è in corso di accertamento;
in particolare sono state colpite le zone di Cerenova, e Campo di Mare, che hanno subito gravissimi danni alle strutture balneari, negozi, cantine, garage e ai piani terreni delle civili abitazioni, costringendo alcune famiglie a ricercare alloggio presso gli alberghi locali;
i produttori agricoli hanno perduto gran parte delle produzioni in campo, colpendo seriamente il loro reddito e mettendo in forse il recupero di piantagioni future;
le conseguenze drammatiche della pioggia sono state in parte limitate dal pronto intervento dei servizi comunali di protezione civile dei comuni di Cerveteri e Ladispoli, coadiuvati dalle squadre dei Vigili del fuoco e dalle associazioni di volontariato, attivate dalla sala operativa della regione Lazio, che sono riusciti a mettere in sicurezza strade ed abitazioni,


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sia in relazione agli incombenti pericoli di frane e smottamenti, sia in relazione agli allagamenti anche di vaste proporzioni che hanno interessato singole abitazioni e interi condomini;
è in corso la raccolta dei dati relativi ai danni provocati in ogni sito, da parte degli uffici tecnici dei comuni secondo la normativa prevista dalla legge per il riconoscimento dello stato di calamità -:
se, in attesa dei definitivi accertamenti dei danni provocati dal maltempo in Cerveteri e Ladispoli, e in attesa che la regione avvii la procedura istruttoria per la dichiarazione dello stato di calamità naturale, il Governo non intenda accelerare quanto di Sua competenza per assicurare con sollecitudine alle popolazioni interessate i benefici previsti dalla legge.
(4-11808)

Risposta. - Nel pomeriggio del 28 settembre 2003 il litorale a nord di Roma ed in particolare il territorio dei comuni di Cerveteri e Ladispoli, è stato interessato da precipitazioni che, dall'analisi dei dati registrati dagli strumenti di rilevamento pluviometrico dislocati nelle aree circostanti alle zone colpite (stazioni di Civitavecchia, Maccarese e Fregene), sono risultate prevalentemente a carattere medio debole e discontinuo.
A seguito dei danni prodotti da tale situazione meteorologica sono pervenuti al Dipartimento della protezione civile segnalazioni relative all'interruzione della circolazione, sulla strada statale Aurelia e sull'Autostrada Roma-Civitavecchia, ed all'allagamento di scantinati, garage e piani interrati nei comuni di Cerenova e Cerveteri.
Grazie all'intervento dei vigili del fuoco e dei mezzi della regione, nella stessa serata la situazione viaria è stata ripristinata mentre, nel corso della giornata successiva, sono stati ripuliti i piani interrati e gli scantinati.
Successivamente, in data 8 aprile 2004, la regione Lazio ha inviato al predetto Dipartimento della protezione civile, la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Tuttavia sulla base degli elementi informativi trasmessi al Dipartimento, non è sembrato ci fossero i presupposti, richiesti dalla legge n. 225 del 1992 per legittimare, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il ricorso a mezzi e poteri straordinari.
Inoltre il notevole lasso di tempo intercorso tra la verifica dei danni causati dagli eventi atmosferici e la richiesta avanzata dall'amministrazione regionale, fa ritenere che oramai sia venuta meno la necessità e l'urgenza di intervenire mediante l'esercizio di poteri in deroga all'ordinamento vigente.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

VASCON. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
la produzione di molluschi rappresenta in Italia il 50 per cento della produzione totale di acquacoltura, ed è importante voce dell'economia di molte regioni;
facendo riferimento al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530, e successive modificazioni, gli impianti destinati all'allevamento di molluschi/mitili devono essere posizionati in zone in cui la classificazione igienico-sanitaria sia di tipo A, ovvero adatta alla produzione di molluschi per consumo umano;
per il controllo sanitario, i campioni di molluschi possono essere sottoposti ad alcune tipologie di prelievo:
campioni derivati da attività di monitoraggio sanitario delle zone di produzione;
campioni derivati da attività di sorveglianza su Centri di Depurazione e Centri di Spedizione di molluschi (CDM e CSM);


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campioni ufficiali legali derivati da attività di vigilanza al commercio, svolta da organismi di controllo ufficiali (Servizi Veterinari delle ASL e NAS);
campioni derivati da attività di autocontrollo;
campioni derivati dai piani di campionamento per l'ottenimento della qualifica di «zona riconosciuta» ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 555/92 e successive modifiche;
la qualità dei prodotti e la lotta alle frodi è aspetto qualificante dell'attività del ministero delle politiche agricole e forestali;
la depurazione, ovvero il risanamento microbiologico del prodotto, è passaggio fondamentale ed irrinunciabile nella filiera produttiva, sia per quanto riguarda la salubrità del prodotto, sia per la sua rintracciabilità;
non è inusuale in Campania che tonnellate di mitili vengano sequestrati dai Carabinieri o dalle Capitanerie di Porto, a seguito di un controllo delle aree adibite alla coltivazione degli stessi, per verificare il possesso delle autorizzazioni di legge da parte dei coltivatori e l'occupazione solo di specchi di mare riservati per tale attività;
negli anni si sono verificati nel napoletano casi di epatite A, riconducibili alla poca salubrità dei prodotti marini venduti;
i laghi salati di Lucrino, di Miseno e di Fusaro nel napoletano sono importanti aree di produzione di mitili;
è di questi giorni l'ennesimo caso di illecito ampliamento di un allevamento di molluschi e di disposizioni sanitarie ignorate, che nello specifico ha coinvolto il lago di Lucrino, dove 250 tonnellate di cozze sono state sequestrate e distrutte in quanto allevate in una zona dove vi è stata una forte dispersione di acque reflue del Comune di Bacoli;
in base all'articolo 32 della Costituzione, la salute è un diritto fondamentale dell'individuo e interesse di tutta la collettività -:
al fine di tutelare la salute del consumatore, quali iniziative si intendano adottare per verificare che tutti i mitili commercializzati in Campania e nel restante territorio nazionale siano venduti secondo le modalità prescritte dalla legge;
quale sia la ragione per la quale questa produzione di mitili sia proseguita malgrado il divieto, ovvero quando e quali misure di verifica di rispetto della sospensione della produzione e vendita di mitili, e di accertamento di occupazione unicamente di specchi d'acqua autorizzati, furono adottati dagli organi preposti.
(4-10443)

Risposta. - Il settore dei molluschi bivalvi vivi destinati al consumo umano diretto o alla trasformazione prima del consumo, è disciplinato, per quanto attiene agli aspetti sanitari, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530, di attuazione della Direttiva 91/492/CEE e successive modifiche e integrazioni. L'articolo 4 individua negli enti territoriali regionali l'autorità sanitaria competente ad effettuare la classificazione ed i relativi successivi controlli.
Per quanto riguarda la vigilanza ed i controlli ufficiali sulle zone di produzione e stabulazione e sui centri di spedizione e depurazione dei molluschi bivalvi vivi, si fa presente che dette competenze rientrano tra i compiti dei servizi veterinari delle Aziende Sanitarie Locali territorialmente competenti per la zona dove incide l'attività di allevamento o di lavorazione.
Recenti verifiche effettuate da funzionari della competente direzione generale del ministero della salute hanno riscontrato una serie di carenze organizzative e sanitarie nello specifico settore della produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi nel territorio campano; si è provveduto, pertanto, a darne formale informazione alla regione Campania per le determinazioni di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.


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VIANELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa il Corpo Forestale dello Stato di Mestre avrebbe individuato 60.000 tonnellate di fanghi da depurazione altamente tossici, assimilabili ai rifiuti pericolosi in quanto contenenti diossine e policlorobifenili;
tali rifiuti pericolosi sarebbero stati impiegati per ottenere compost per l'agricoltura nel periodo di tempo tra il 2000 e il 2003 -:
quali iniziative di propria competenza intendano intraprendere i Ministri al fine di tutelare la salute dei cittadini e gli interessi delle imprese agricole delle regioni interessate, nonché al fine di stroncare questi traffici illeciti;
se risulti ai Ministri la consistenza alla diffusione di questo fenomeno sul territorio del Veneto e se esistano altri ulteriori riscontri sul territorio nazionale.
(4-11657)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, concernente il rinvenimento di fanghi da depurazione altamente tossici, sono state assunte notizie presso il Corpo Forestale dello Stato il quale ha riferito che, nel novembre 2002, il comando stazione del Corpo Forestale dello Stato di Venezia Mestre, su delega della procura della Repubblica-Tribunale di Venezia, ha eseguito un'attività di verifica sui fanghi stoccati all'interno del depuratore comunale, essendo stata rilevata dai campionamenti periodici effettuati dal Magistrato delle Acque di Venezia la presenza di diossina negli scarichi del depuratore medesimo.
Lo stesso comando ha eseguito un'ispezione nell'impianto di depurazione della ditta VESTA spa sita a Fusina (Venezia).
Le operazioni di ispezione hanno interessato tutte le sezioni dell'impianto e, contestualmente il predetto comando provvedeva a prelevare alcuni campioni di acque reflue e di fanghi (residui della depurazione).
Il responso delle analisi effettuate sui fanghi evidenziava un elevato tenore di alcuni inquinanti molto tossici, in particolare, si riscontrava la presenza di Diossina e di PCB.
Successivamente al responso analitico, il comando stazione ha eseguito ulteriori accertamenti sulla filiera dello stabilimento dei fanghi di depurazione, per appurare la destinazione finale, considerando che, per le concentrazioni rilevate, gli stessi dovevano essere conferiti in discarica autorizzata al trattamento di rifiuti pericolosi.
Dagli accertamenti eseguiti, i rifiuti venivano conferiti in alcuni centri di recupero e successivamente utilizzati in agricoltura come ammendanti o presso centri florovivaistici.
Da un'ulteriore attività di polizia giudiziaria effettuata dallo stesso comando emergeva che nel corso degli anni 2001-2002-2003 erano stati conferiti ad impianti di trattamento circa 53.000 tonnellate di fanghi di depurazione, riutilizzati, poi, come ammendanti o come compost per l'agricoltura nelle regioni Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.
Le utilizzazioni in agricoltura hanno interessato le province di Pordenone, Padova, Rovigo, Ravenna e Brescia.
Per quanto riguarda l'eventuale diffusione di questo fenomeno sul territorio veneto, il coordinamento regionale di Padova ha rappresentato che non dovrebbe interessare altri impianti di depurazione in quanto la tipologia degli altri impianti presenti sul territorio è notevolmente diversa.
Infatti, solo l'impianto di depurazione di Fusina ha le caratteristiche di ricevere non solo acque reflue di natura civile ma anche quelle provenienti dal petrolchimico, dal porto marittimo, nonché da altre attività industriali che afferiscono all'impianto attraverso autobotti.
Allo stato attuale l'indagine è stata stralciata in due parti; la prima ha portato all'avviso di conclusione delle indagini, ai sensi dell'articolo 415-
bis codice di procedura penale, nei confronti del rappresentante


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legale e del responsabile tecnico della ditta e, al riguardo, sono stati contestati i seguenti reati:
a) violazione agli articoli 51 (attività di gestione rifiuti non autorizzata), 53-bis (traffico illecito di rifiuti), e del decreto legislativo n. 22/1997;
b) violazione al decreto legislativo n. 99/1992 (utilizzo di fanghi di depurazione in agricoltura);
c) violazione alla delibera della giunta regionale regione Veneto n. 3247 «utilizzo dei fanghi in agricoltura».

Il secondo stralcio, che riguarda le ditte intermediarie e finali che hanno ricevuto i fanghi e che li hanno rimessi sul mercato sotto forma di ammendante, è tuttora in fase di indagine che interesserà le procure della Repubblica competenti di Bressanone, Pordenone, Rovigo e Ravenna.
Si aggiunge che il riutilizzo in agricoltura dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione di reflui civili ed assimilabili, nonché di ogni altro fango o residuo di cui sia comprovata l'utilità a fini agronomici, è regolato dal decreto legislativo n. 99 del 27 gennaio 1992, relativo alla Attuazione della Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.
La regione Veneto, nel riconoscere l'utilità concimante, ammendante e strutturante dei fanghi suddetti, ne ha ulteriormente definito le modalità di riutilizzo in agricoltura con propria delibera n. 3246 del 6 giugno 1995.
Essa ha, inoltre, provveduto:
a) ad istituire con DGR n. 6909/95, presso il Centro Agrochimico di Castelfranco Veneto, l'Osservatorio Regionale per il Compostaggio che ha il compito di seguire il funzionamento degli impianti di compostaggio del Veneto ed in particolare di rilevare, mediante periodici campionamenti, le caratteristiche dei prodotti in entrata ed in uscita dagli impianti previsti dalla citata DGR n. 3246/95;
b) a delineare con DGR n. 766/00 le norme tecniche per la realizzazione e la conduzione degli impianti di recupero e di trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani ed altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica.

Recenti accertamenti hanno tuttavia evidenziato la possibilità che i fanghi in questione possano contenere anche sostanze - per esempio diossine - potenzialmente dannose per l'uomo e per l'ambiente, di cui la vigente normativa per i fanghi destinati al riutilizzo agronomico non prevede espressamente la determinazione.
Tenendo conto di ciò la regione Veneto, in accordo con le province, ha promosso una serie di azioni volte a perfezionare l'attività di controllo già attribuita alle province con il supporto dell'Arpav (Agenzia regionale per la protezione ambiente del Veneto), nonché a scongiurare potenziali situazioni di pericolo sia per l'ambiente che per la salute dei cittadini.
La Regione, infatti, con apposita DGR n. 2090 dell'11 luglio 2003, ha istituito un «Tavolo di Lavoro», costituito da tecnici appartenenti alla regione stessa, alle province, all'Arpav e a Veneto Agricoltura e coordinato dal segretario regionale all'ambiente e ai lavori pubblici, a cui è stato affidato il compito di redigere un documento tecnico che, anche sulla base dei provvedimenti comunitari, ridefinisca le condizioni per un corretto riutilizzo in agricoltura dei fanghi di depurazione.
Inoltre, allo scopo di avere un quadro della situazione relativa alla qualità dei fanghi di depurazione prodotti in Veneto, è stato affidato all'Arpav, con la stessa DGR 2090, il compito di effettuare una campagna di monitoraggio articolata su tre livelli.
Il primo di questi livelli prevede un'analisi della qualità dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione pubblici con potenzialità superiore a 25000 abitanti equivalenti, con particolare riferimento ai microinquinanti organici.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.