Allegato B
Seduta n. 561 del 16/12/2004


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ATTIVITĄ PRODUTTIVE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la strada statale Contursi-Lioni, che collega le province di Salerno e di Avellino, è stata costruita ex novo con fondi dello Stato finanziati ai sensi della legge n. 219 del 1981, nell'ambito del processo di ricostruzione delle zone colpite e gravemente danneggiate dal terremoto del 23 novembre 1980, causa di tanti lutti e di tante distruzioni;
l'opera risulta da tempo ultimata e completata ed è stata aperta al traffico già da vari anni;
tuttavia l'ultimo tratto di tale strada - che assolve ad una importante funzione di collegamento e di comunicazione fra il Salernitano e l'Irpinia - ricompreso fra Teora e Lioni, pur essendo ultimato è ancora in attesa del collaudo finale da parte della competente commissione, nominata dal ministero delle attività produttive;
l'assenza del collaudo preclude la definizione di tutto l'iter amministrativo, bloccando già da tempo il trasferimento della gestione della strada in capo all'ANAS ed ancor di più l'apertura al traffico ed alla circolazione della strada medesima nel segmento Teora-Lioni;
ne consegue un pregiudizio assai grave ed ingiustificato per tutte le comunità interessate, per il sistema delle comunicazioni e della mobilità della intera zona -:
se e quali misure il ministero delle attività produttive intende adottare per la definizione e per la conclusione celere del procedimento di collaudo della strada Contursi-Lioni, nel tratto Teora-Lioni, consentendone così finalmente l'apertura al traffico e la piena utilizzazione, senza ulteriori ritardi e senza ulteriore nocumento per le popolazioni interessate.
(5-03786)

POLLEDRI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
con circolare prot. n. 2355 del 10 novembre 2004 a firma del professor Sergio Garribba, direttore generale del ministero delle attività produttive, si è inteso fornire «chiarimenti interpretativi in merito al combinato disposto delle leggi in materia di affidamenti e concessioni di distribuzione di gas naturale di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio


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2000 n. 164, come modificato dall'articolo 1, comma 69, della legge 23 agosto 2004 n. 239»;
la predetta circolare, trasmessa a tutti i comuni d'Italia (per il tramite dell'ANCI), a tutte le Imprese di distribuzione di gas naturale (per il tramite delle
Associazioni di categoria) e, per conoscenza, all'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, sarebbe stata emanata «a seguito delle richieste pervenute dagli operatori del settore»;
in questo particolare momento, approssimandosi la scadenza del periodo transitorio fissato dall'articolo 15 n. 7 del decreto legislativo n. 164 del 2000 in cinque anni a decorrere dal 31 dicembre 2000, gli enti locali si trovano nella condizione di adottare i provvedimenti necessari per porre termine alle attuali concessioni del servizio di distribuzione del gas, rilasciate da parecchi decenni mediante trattativa privata e che non danno un significativo ritorno economico ai Comuni, avviando di conseguenza («non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento», come disposto dall'articolo 14 n. 7 del succitato decreto) la procedura di gara, unica modalità prevista dal decreto legislativo n. 164, attuativo della direttiva n. 98/30/CE, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999 n. 144, per affidare il servizio pubblico di distribuzione del gas;
l'affidamento mediante gara consentirà ai comuni, pur mantenendo poteri di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo, di percepire un adeguato canone, che per le gare già esperite è infatti ammontato a parecchie centinaia di migliaia di euro, anche per i comuni più piccoli;
della normativa di settore la circolare succitata opera una completa riscrittura, poco o punto rispettosa della lettera e della ratio della disposizione di legge su cui pretende di dare «chiarimenti interpretativi», posto che, ad avviso del direttore generale del ministero delle attività produttive, concessioni e affidamenti ancora in essere (che non siano stati attribuiti mediante gara), anziché terminare al 31 dicembre 2005 oppure entro il 31 dicembre 2007 se vi è accordo tra le parti e sia verificata una delle condizioni previste dal succitato comma 7 dell'articolo 15, ovvero entro il 31 dicembre 2008 qualora da parte del solo Comune «vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse», secondo il disposto del decreto legislativo 164 come modificato parzialmente dall'articolo 1, comma 69, della legge 239 del 2004, possono invece continuare addirittura fino al 2013 (vedi paragrafo n. 5 della circolare 10 novembre 2004), sulla base di vaghi riferimenti a «principi generali dell'ordinamento» e della propalata esigenza di «trovare una adeguata tutela» per i «diritti legittimamente acquisiti» dalle imprese di settore;
la circolare succitata, pur non avendo efficacia giuridicamente vincolante, ha comunque determinato incertezza e confusione soprattutto tra quegli amministratori pubblici locali che si stanno accingendo ad assumere i necessari provvedimenti per adeguarsi alla nuova normativa di settore, condizionandone le scelte in maniera contrastante i principi e gli obiettivi della legislazione adottata di recente dal Parlamento nel settore dell'energia;
tra i principi fondamentali riaffermati dalla legge n. 239 del 2004, viene fatto espresso riferimento agli obblighi che gravano sul nostro Paese, derivanti dalla normativa comunitaria di settore;
la Direttiva 55/2003/CE, che ha abrogato e sostituito la Direttiva 98/30/CE con effetto dal 1o luglio 2004, ha voluto dare maggiore impulso al processo di formazione di un mercato interno del gas naturale, affinché esso sia reso effettivamente aperto, libero e concorrenziale, soprattutto a beneficio degli utenti finali, ai quali deve essere consentito l'accesso al mercato al più tardi «a partire dal 1o luglio 2007», secondo quanto disposto dall'articolo 23 n. 1 della Direttiva 55/2003/CE;
secondo l'interrogante è palesemente contraddittorio configurare un mercato libero


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per i clienti finali se poi agli enti locali, cui sono per legge riservati poteri di controllo, di vigilanza e di programmazione sul servizio pubblico in parola, non viene contestualmente consentito di terminare senza ulteriori indugi l'attuale sistema concessorio e di affidare il servizio stesso mediante gara ad evidenza pubblica, obiettivo che può essere raggiunto semplicemente esercitando facoltà già contrattualmente previste ed accettate anche dalle imprese distributrici;
la legge n. 239 del 2004 si è resa interprete di tali esigenze, confermando per un verso la facoltà in capo agli enti locali di riscattare anticipatamente il servizio in concessione durante il periodo transitorio, se tale diritto potestativo è previsto nei relativi atti di affidamento o di concessione, per altro verso abrogando la norma che consentiva in determinate ipotesi di prolungare il periodo transitorio di un ulteriore quinquennio, stabilendo di contro un limite massimo (entro il 31 dicembre 2007) del periodo transitorio medesimo, fermo restando il termine già fissato dall'articolo 15 n. 7 del decreto legislativo n. 164 del 2000, con il decorso di un quinquennio dal 31 dicembre 2000;
la stessa legge n. 239 ha poi conferito espressa delega al Governo affinché adotti ulteriori decreti legislativi di riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia, tenendo conto dell'organizzazione dei mercati di riferimento e degli esiti del processo di liberalizzazione e di formazione del mercato interno europeo, favorendo la promozione della concorrenza nei settori energetici (quale quello del gas naturale) per i quali si è già avviata la procedura di liberalizzazione, con riguardo soprattutto alla regolazione dei servizi di pubblica utilità e di indirizzo e di vigilanza del Ministro delle attività produttive;
già in passato, Dirigenti del ministero delle attività produttive, ancora una volta su sollecitazione delle imprese di settore, avevano purtroppo fornito interpretazioni secondo l'interrogante fuorvianti, sulla normativa disciplinante l'attività di distribuzione del gas; ci riferiamo, in particolare, alla circolare n. 2445 prot., del 28 aprile 2003 in tema di riscatto anticipato del servizio pubblico in questione, esercitato dagli Enti locali concedenti a norma dell'articolo 24 del T.U. n. 2578 del 1925, peraltro mai abrogato, e anzi espressamente richiamato quale normativa di riferimento dal decreto legislativo n. 164 del 2000;
se nel caso di riscatto anticipato la pretesa interpretativa del dirigente ministeriale poteva ritenersi suffragata da un certo orientamento giurisprudenziale, contrastato soltanto da alcune coraggiose decisioni di segno contrario, a correzione del quale è poi intervenuto il legislatore, fornendo una autentica e corretta interpretazione della norma, così preservando agli Enti Locali l'esercizio della facoltà di riscatto anticipato nel periodo transitorio, il «chiarimento» che si è ora preteso di dare in materia di affidamenti e concessioni, oltre che contrastare con i principi ed i contenuti della normativa di settore, assume caratteri di assoluta novità (e gravità) perché si è preteso addirittura di «anticipare» l'interprete istituzionale delle leggi, dato che non constano ancora pronunzie dei giudici amministrativi al riguardo -:
quale sia la valutazione del Ministro delle attività produttive sulla iniziativa posta in essere dal direttore generale del suo ministero; quali iniziative il Ministro ed il Governo intendono adottare affinché gli Enti Locali siano posti in grado di adeguarsi alla normativa di settore avviando, quanto prima possibile, le procedure di gara per l'affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale, nonché alle disposizioni contenute nelle convenzioni disciplinanti gli affidamenti e le concessioni in essere con le imprese di distribuzione del gas nei rispettivi territori.
(5-03787)


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CAPARINI e POLLEDRI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
come pubblicato dal Giornale di Brescia del 9 settembre 2004 a firma Gian Mario Martinazzoli la Cisl Valcamonica ha denunciato l'intenzione di Enel di chiudere la Zona di Breno e, conseguentemente, ridimensionare i gruppi operativi di Breno e di Iseo, come riportato anche nell'interrogazione a risposta in Commissione 5-03593 del 14 ottobre 2004;
il sindacato elettrici Cisl di Vallecamonica-Sebino in una lettera aperta segnala che «si profila una gestione a distanza della Zona di Breno o comunque sotto la tutela di Brescia, prospettiva che rifiutiamo nettamente in quanto le conseguenze sarebbero la progressiva riduzione di posti di lavoro qualificati e la perdita di autonomia anche nelle scelte di sostegno allo sviluppo della Valle» concludendo che è fuori luogo «il disimpegno dell'Enel dalla Vallecamonica con la riduzione sia di personale addetto che di investimenti»;
nel territorio della Valle di Scalve, Valle Camonica e Sebino, in 33 bacini idroelettrici sono raccolti 110.257.000 metri cubi di acqua per una potenza di 1.693.690 kW che sono concausa del dissesto idrogeologico che sta assumendo aspetti allarmanti come segnalato dalle interrogazioni a prima firma Caparini n. 4-00963, n. 5-00642, n. 4-12975, n. 4-13033 e n. 4-13453 nella XIII legislatura. La produzione idroelettrica nell'area è ripartita tra Enel e aziende autoproduttrici (Edison e Veneta esercizi elettrici srl Darfo). Gli impianti Enel sono: 1) Cedegolo, anno di costruzione 1910, invasi 44.000 metri cubi, potenza 16.000 kW; 2) Niardo-Breno, 1911, fluente, 1.150; 3) Pisogne-Gratacasolo, 1952, 10000 mc., 4.000 kW; 4) Cappellino Valsaviore, 1921, fluente, 8.600 kW; 5) Lanico-Malegno, 1950, 14.000 mc., 6.000 kW; 6) Lanico-Malegno (Colle Oca), 1920, 14.000 mc., 2.500 kW; 7) Forno Allione, 1922, 6.000 mc., 8.520 kW; 8) Paisco, 1924, 8.000 mc., 8.300 kW; 9) Mazzunno Angolo, 1926, fluente, 3.000 kW; 10) Salamo Valsaviore, 1937, 33.000.000 mc., 4.500 kW; 11) Lozio, 1953, fluente, 1.100 kW; 12) Povo, 58.000 mc., 4.000 kW; 13) Valbona, 1942, 25.000 mc., 3.000 kW; 14) Ceto, 1954, 22.000 mc., 7.000 kW; 15) Braone, 1947, fluente, 1.000 kW; 16) Pantano d'Avio, 1951, 14.860.000 mc., 13.000 kW; 17) San Fiorano-Sellero, 1973, 37.000.000 mc., 568.000 kW; 18) Sellero, 1973, 600.000 mc., 4.000 kW; 19) Edolo, 1980, 24.600 mc., 1.000.000 kW. Gli impianti Edison sono: 1) Sonico-Edolo, 1928, 47.000 kW; 2) Cedegolo, 1951, 73.000 kW; 3) Cividate, 1942, 53.000 kW; per una potenza totale di 173.200 kW. Esistono inoltre numerosi impianti di produzione di proprietà dei comuni e di aziende private;
lo sfruttamento massiccio delle risorse idriche in questa area è da far risalire al primo dopoguerra quando il basso costo della manodopera e le garanzie di alto profitto favorirono l'investimento di aziende e società private in questo settore. Oggi come allora, ci troviamo di fronte ad un complesso sistema di produzione e distribuzione che è stato solo parzialmente omogeneizzato dalla nazionalizzazione del settore elettrico e che mantiene grosse contraddizioni nell'utilizzo del territorio, nella sicurezza, nei vincoli ambientali, nella vivibilità e nello sfruttamento intensivo delle risorse. Le centrali idroelettriche non inquinano l'ambiente con rilasci nocivi, non producono alcun tipo di scorie e non sono causa d'inquinamento termico, ma è fondamentale osservare come l'utilizzo di tale risorsa energetica rinnovabile diventi nociva se sfruttata indiscriminatamente senza prestare la necessaria attenzione al contesto antropologico e nel rispetto dell'ambiente. Una conseguenza dell'impegno italiano nel nucleare fu quella di costruire impianti idroelettrici con elevate potenze, come quelli di Edolo e San Fiorano, aventi la funzione di assorbire l'elevata e costante produzione di energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari. Energia necessaria per il pompaggio di questi mega impianti che oggi viene acquistata all'estero. Questo complesso sistema viene ora gestito da strutture sempre più accentrate e, conseguentemente


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alla politica energetica intrapresa, lo sfruttamento integrale delle acque per produrre elettricità configura sempre di più, ad avviso dell'interrogante, un sistema antitetico alle esigenze del territorio e della collettività;
iltrattamento artificiale di una così rilevante massa d'acqua necessaria per la produzione di energia idroelettrica costituisce, di fatto, un potenziale rischio per l'incolumità della popolazione di tale area. L'indiscriminato sfruttamento delle risorse idriche e la massiccia presenza delle linee per la distribuzione di alta e media tensione, sono concausa del dissesto idrogeologico dell'area segnalato con le interrogazioni a prima firma Caparini n. 4-06049 e n. 4-09152 della XIII legislatura rivolte al Ministro dell'interno come con incarico per il coordinamento della protezione civile e al Ministro dell'ambiente. L'installazione di apparecchiature automatiche per il monitoraggio delle dighe, con la conseguente soppressione del personale di guardiania ma che va a sommarsi allo smantellamento delle squadre idrocivili di manutenzione per le dighe, canali e prese, creano grossi problemi di garanzia della sicurezza. L'area in oggetto è flagellata da fenomeni climatici di grave entità che imporrebbero una maggiore attenzione al controllo del flusso idrico, sia per prevenire le alluvioni prodotte da grandi precipitazioni, sia per regolare il rilascio delle acque nei periodi di siccità, sia per motivi di sicurezza. Argomentazioni che in passato non hanno trovato il necessario recepimento e sono state causa di disastri come quelli avvenuti in Valtellina o in Valle Camonica;
l'energia prodotta in Valcamonica ha consentito di far ripartire la distribuzione in rete sul territorio nazionale dopo il blackout di un anno fa grazie alle centrali idroelettriche di produzione e pompaggio di Edolo e di San Fiorano così come è facile richiamare l'ulteriore sforzo richiesto al territorio che sopporta il passaggio del nuovo megaelettrodotto San Fiorano-Robbia in fase di realizzazione;
la Zona di Breno serve 130 mila utenti, 95 mila a carico del gruppo operativo di Breno e 35 mila di competenza del gruppo operativo di Iseo. Pur mettendo in conto l'esigenza di razionalizzare i servizi, il confronto col passato è eloquente: se oggi per il numero di utenti richiamato sono impiegati 100 addetti, negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso per soli 72 mila utenti il numero dei dipendenti era di 250;
l'attuazione di questo progetto comporterebbe conseguenze pesanti sui livelli occupazionali, non solo per i lavoratori Enel ma anche per quelli dell'indotto, in un'area pesantemente penalizzata dalla crisi economica;
i presidi del territorio costituiscono una garanzia di sorveglianza degli impianti, di rapidità di intervento in caso di guasti, di qualità del servizio all'utente, della sicurezza e dell'efficienza della rete di distribuzione;
Enel si è impegnata con le organizzazioni sindacali a mantenere i livelli occupazionali, anche in considerazione della specificità e la peculiarità delle aree considerate -:
quali iniziative il Ministro intenda predisporre al fine di tutelare i livelli occupazionali, la qualità dei servizi e la sicurezza dei cittadini.
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