Allegato B
Seduta n. 553 del 1/12/2004


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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:

FALLICA, MARINELLO e ANGELINO ALFANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
durante la notte del 13 novembre 2004 violente folate di libeccio e le con


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seguenti mareggiate hanno causato ingenti danni nel porto di Lampedusa (Agrigento): una cinquantina di barche da pesca e da diporto risultano colate a picco o finite a terra e una goletta di 25 metri è affondata;
le molte barche utilizzate da clandestini ammassate nella banchina «Favoloso», rotti gli ormeggi e alla deriva nel bacino, hanno gravemente amplificato il disastro -:
perché le suddette imbarcazioni, cosiddette carrette del mare, poste sotto sequestro dall'autorità giudiziaria e ammassate nel porto, risultino ancora lì presenti, senza che nessuno si sia occupato della loro rimozione.
(3-03940)
(Presentata il 30 novembre 2004)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAZZONI e VOLONTÈ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Busto Arsizio si è riunito il giorno 8 ottobre 2004 per esaminare la mozione votata all'unanimità dal personale degli uffici giudiziari di Busto Arsizio;
nella mozione si lamentano le pessime condizioni igieniche dei locali del tribunale, costituenti evidenti violazioni della legge 626/90;
vengono denunciate inoltre la carenza del personale di circa il 40 per cento nonché la insufficiente organizzazione degli uffici e del lavoro;
le condizioni nelle quali il personale è chiamato ad operare non costituiscono motivo di disagio solo per gli addetti, ma incidono gravemente sul lavoro degli avvocati e sui diritti dei cittadini a servizi giudiziari efficienti e rischiano di pregiudicare lo stesso clima dei rapporti del personale con l'utenza generale ed in particolare con quella professionale;
la situazione denunciata nella mozione in questione è stata già più volte, in passato, oggetto di segnalazioni e richieste di interventi anche da parte del Ministero -:
se il Ministro non intenda opportuno provvedere con un sollecito intervento per porre rimedio alla situazione sopra enunciata e per ripristinare corrette relazioni sindacali ed una corretta disciplina dell'organizzazione del lavoro e degli uffici.
(4-11816)

BULGARELLI e CENTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 novembre 2004 si sarebbe verificato un tentativo di fuga da parte di alcuni migranti rinchiusi nel Cpt sito in Via Mattei, a Bologna;
nell'episodio sarebbero rimasti coinvolti una quindicina di migranti, che sarebbero stati affrontati da un ingente schieramento di agenti di polizia e della Guardia di finanza, intervenuti per impedire la fuga; secondo alcune testimonianze oculari raccolte dall'avv. Matteo Festi e riportate da alcuni quotidiani, i migranti sarebbero stati sottoposti a un vero e proprio pestaggio da parte degli agenti di pubblica sicurezza che li avrebbero duramente percossi nonostante essi fossero sdraiati a terra con la testa raccolta tra le mani e implorando clemenza; le percosse sarebbero state talmente violente che uno degli extracomunitari avrebbe perso conoscenza a sarebbe stato trasportato in ospedale e quelli arrestati sarebbero tuttora ricoverati presso l'infermeria del carcere della Dozza;
le proteste dei migranti presenti nel Cpt di Via Mattei si verificano con preoccupante frequenza e sono spesso motivate dalle condizioni di permanenza estremamente dure che essi devono affrontare; anche l'intervento delle forze dell'ordine è molto spesso caratterizzato da una estrema brutalità, tanto che nel periodo tra gennaio e settembre 2004 si sarebbe


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verificato un ricovero in ospedale ogni 3,8 giorni, in molti casi determinato da traumi;
più in generale, i migranti, varie associazioni della società civile e numerosi parlamentari che hanno in più occasioni visitato il Cpt di Via Mattei, hanno ripetutamente denunciato le condizioni di vita particolarmente precarie esistenti nel Centro di Permanenza, tanto da porre la questione dell'opportunità di una sua chiusura -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli accadimenti verificatisi nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 novembre 2004 e se risponda al vero che alcuni migranti sarebbero stati ricoverati presso il pronto soccorso o presso l'infermeria del carcere della Dozza in conseguenza delle violente percosse subite ad opera di agenti di pubblica sicurezza;
se non ritenga opportuno, in considerazione della situazione di estrema tensione da tempo esistente nel Cpt e delle continue denunce circa l'insostenibilità delle condizioni di permanenza dei migranti ivi rinchiusi, prendere in considerazione la chiusura del Centro di Permanenza Temporanea di Via Mattei.
(4-11828)

DILIBERTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a seguito di uno stato di agitazione messo in atto presso la Casa circondariale di Pescara dal 30 giugno al 3 luglio 2003 da alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, protesta già oggetto di precedente interrogazione da parte dello scrivente allo stesso ministro interrogato n. 4-06898 del 10 luglio 2003, veniva attivato nei confronti di alcuni di essi e precisamente l'ispettore Patrizio Trufolo, i sovrintendenti Carlo Losurdo, Cosimo Rocchitelli e Raffaele Morico, gli assistenti Roberto Del Monaco, Valdino Franchi, Giancarlo Ragnoli, Antonio Matani, Marcello Albani, Marcello Ascenzo e gli agenti scelti Danilo Palumbo e Gianluca Dessì, procedimento disciplinare con l'addebito di aver arrecato con il loro comportamento turbamento alla regolarità del servizio d'istituto impedendo l'avvicendamento di personale previsto dall'ordine di servizio n. 42 del 30 giugno 2003 emanato dal direttore della stessa Casa circondariale dottor Carlo Pallotta;
in data 30 giugno 2003 con comunicato congiunto veniva data comunicazione alle competenti autorità dalle segreterie provinciali e regionali delle organizzazioni sindacali OSAPP, SIAPP, STAPP-SINAPPE, dello stato di agitazione che si sarebbe svolto, peraltro, sotto forma di legittima protesta pacifica consistente nel permanere all'interno dell'Istituto al termine del proprio turno di servizio e nel rifiutare il vitto offerto dall'Amministrazione, forme di protesta sindacale che unitamente al cosiddetto «sciopero bianco» (non applicato) sono le uniche consentite;
la protesta aveva lo scopo di sensibilizzare il ministro interrogato sul perdurare di gravi problemi che affliggevano gli operatori del «Nucleo traduzioni» nello svolgimento della loro mansione che non erano più in condizione di svolgere in modo sereno;
con precedente interrogazione dello scrivente si rammentava che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) Direzione Generale del Personale della Formazione ed Aggiornamento al fine di migliorare abilità e guida del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, ha predisposto corsi di specializzazione denominati «protezione e sicurezza» e «guida sicura», destinati agli agenti del nucleo del servizio di traduzione del detenuti sottoposti all'articolo 41-bis ord. peniten. (cosiddetto «carcere duro») e dei collaboratori di giustizia, ed agli autisti di persone sottoposte al servizio di tutela (nucleo scorte);
il D.A.P. presso a Casa Circondariale di Pescara ha rilasciato il relativo attestato di riconoscimento e frequenza ad otto agenti;


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con ordini di servizio interno nn. 40, 41, 42 emanati dal direttore della Casa Circondariale di Pescara dottor Carlo Pallotta, rispettivamente il 24, 25 e 30 giugno 2003 si dava esecuzione all'avvicendamento di personale in possesso delle specifiche specializzazioni di cui ai corsi sopra menzionati, con personale non in possesso di tali requisiti e ciò in palese contrasto con le numerose disposizioni dell'Amministrazione centrale che imponevano per il servizio di traduzione dei detenuti sottoposti al regime del cosiddetto «carcere duro» (articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario), ed il servizio di tutela cosiddetto nucleo scorte, l'utilizzo di personale specializzato;
alla precedente interrogazione dello scrivente il ministro rispondeva, tra l'altro, che: «da quanto riferito dal Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per l'Abbruzzo ed il Molise ... dal 1o gennaio 2000 l'avvicendamento del personale del nucleo traduzioni di Pescara avviene con periodicità annuale, e fino ad oggi sono state avvicendate circa venti unità senza che nessuno abbia eccepito alcunché, essendo i provvedimenti di alternanza formalmente e sostanzialmente corretti e non cagionanti pregiudizi di ordine professionale ed economico agli avvicendati, che sono rimasti nella stessa sede e nello stesso istituto, assegnati ai previsti compiti istituzionali»;
con tale risposta il ministro secondo l'interrogante sottaceva la circostanza che, se è vero che l'avvicendamento tra personale a parità di requisiti non arreca nessun pregiudizio sia di carattere professionale che di carattere economico, lo stesso non può dirsi nel caso dell'avvicendamento tra personale in possesso di specifiche specializzazioni conseguite grazie ai corsi di specializzazione ed aggiornamento impartiti e fortemente voluti dall'Amministrazione e personale che ne è sprovvisto. In questo ultimo caso l'avvicendamento opera un vero proprio declassamento per quel personale in possesso degli attestati di frequenza dei corsi che si vede riassegnato al servizio d'istituto di custodia all'interno delle sezioni carcerarie con conseguente perdita secca di indennità economica oltrecché di gratificazione professionale;
a seguito della pacifica forma di protesta è stato avviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Pescara un esposto per presunti illeciti commessi durante la protesta del Nucleo Traduzioni presso la Casa Circondariale di Pescara e per il cui procedimento penale è stata immediatamente avanzata richiesta di archiviazione al GIP presso il Tribunale di Pescara;
inoltre il provveditorato regionale per l'Abruzzo ed il Molise a seguito del decreto di archiviazione emesso dal GIP di Pescara suggeriva allora, con nota del 14 aprile 2004, al D.A.P, Direzione generale del Personale e della formazione Ufficio IV disciplina polizia penitenziaria, di valutare l'opportunità di incardinare nei confronti del personale accusato procedimento disciplinare;
da parte loro gli interessati adducevano al funzionario istruttore preposto all'azione disciplinare di non essere mai stati sottoposti a procedimento penale, in quanto mai iscritti nel registro degli indagati delle notizie di reato, né tanto meno di aver mai ricevuto avvisi di garanzia, e che inoltre il Pubblico ministero non ha mai informato l'Autorità da cui dipendono sia dell'inizio dell'azione penale (mai avvenuta) che della loro imputazione;
la situazione di disagio lavorativo nella quale erano costretti ad operare ha portato alcuni di essi a ricorrere allo Sportello Mobbing del Centro Osservazione Disagio Lavorativo della AUSL di Pescara che dopo averli sottoposto ad approfonditi accertamenti, quali test di valutazione psichiatrica e psicologica, questionari, etc., poneva con valutazione collegiale conclusiva il seguente giudizio diagnostico: «Disturbo dell'adattamento con umore depresso in rapporto a situazione occupazionale anamnesticamente negativa con episodi avversativi» -:
quali sono i motivi che hanno indotto il Consiglio Centrale di Disciplina del


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Corpo di Polizia Penitenziaria a convocare il personale in premessa;
se non ritenga che susciti perplessità l'atteggiamento del provveditore regionale pro-tempore dottor Cesari, per il fatto che questi, malgrado fosse già intervenuto il 28 gennaio 2004 il decreto di archiviazione, insisteva ancora il 18 marzo 2004 nel ravvisare nel comportamento degli operatori in questione gli estremi di addebiti disciplinari;
se non ritenga dover immediatamente reintegrare nel ruolo scorte della Casa circondariale di Pescara il personale precedentemente allontanato a seguito della decisione assunta all'epoca dei fatti dal Provveditore dottor Cesari;
se non ravvisi nel comportamento assunto dal dottor Cesari un atteggiamento persecutorio perpretato ai danni di quel personale già vittima di suo esposto, come risulterebbe da comprovata certificazione medica rilasciata agli stessi dall'AUSL di Pescara «Centro Osservazione Disagio Lavorativo» - Sportello Mobbing.
(4-11846)

ONNIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni, ha ottenuto ampio risalto, sulla stampa, la vicenda giudiziaria di Paolo Dorigo, attualmente detenuto, presso il carcere di Spoleto, in espiazione della condanna a tredici anni e sei mesi di reclusione, inflittagli in quanto era stato riconosciuto colpevole di un attentato alla Base NATO di Aviano, in provincia di Pordenone (Corriere della Sera, edizione del 21 novembre 2004, pagina 14);
secondo le cronache, in particolare, il 2 settembre 1993 furono esplosi alcuni colpi di pistola contro la suddetta installazione militare e l'attentato, che non provocò vittime, fu rivendicato dalle Brigate Rosse; il Dorigo sarebbe stato tratto a giudizio, e condannato, in seguito alle dichiarazioni di un detenuto, che avrebbe detto di aver saputo, in carcere, della partecipazione del medesimo Dorigo all'azione criminosa. Peraltro, quell'accusatore si sarebbe sempre sottratto all'esame dibattimentale, nel contraddittorio tra le parti, e a nulla sarebbero valse le proteste d'innocenza da parte del Dorigo, che ha fino ad oggi ribadito la propria estraneità ai fatti;
la pena inflitta al Dorigo dovrebbe essere da questi espiata fino all'aprile 2007 e sarebbe stata finora scontata, ormai per quattro quinti, senza fruire di permessi o benefici, di qualunque natura, e senza neppure richiedere il calcolo dei termini per la liberazione anticipata;
da due mesi il predetto Paolo Dorigo condurrebbe lo «sciopero della fame», rifiutando il cibo e conseguentemente riducendosi in stato di grave debilitazione, tanto da pesare, ormai, soltanto 30 Kg.;
con tale forma estrema di protesta, il sunnominato Dorigo intenderebbe ottenere la sospensione dell'esecuzione della pena o, in alternativa, «la detenzione ospedaliera in sito imparziale», al fine di essere sottoposto ad accertamenti clinici, tra i quali «quello del "sintonizzatore universale", ritenuto dal consulente di parte scientificamente indispensabile, ma nelle ultime settimane incomprensibilmente negato dalla magistratura, dopo un assenso iniziale alcuni mesi fa» (Liberazione, edizione del 24 novembre 2004, pagina 24);
la sospensione dell'esecuzione della pena per motivi di salute sarebbe stata invece negata dalla competente autorità giudiziaria di sorveglianza, rilevando che «lo stato di debilitazione fisica è volontariamente indotto dal detenuto attraverso gesti autolesionistici come l'astensione dal cibo» (Corriere della Sera, cit.);
la vicenda giudiziaria del Dorigo avrebbe costituito oggetto di reiterati interventi in sede europea. Già nel 1998, la Corte europea dei diritti dell'uomo, in accoglimento di un ricorso proposto dal Dorigo, avrebbe sollecitato la celebrazione di un nuovo giudizio nei suoi confronti, nel rispetto delle regole del giusto processo; con due risoluzioni, nel 2002 e nel


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2004, sarebbe poi stata richiesta all'Italia «l'adozione di misure individuali appropriate in favore del ricorrente» (Liberazione, cit.); il 9 agosto 2004, il «magistrato rappresentante dell'Italia al Consiglio d'Europa» avrebbe prospettato «l'ipotesi di una "grazia d'ufficio", concessa in assenza della domanda» corrispondente; il 5 ottobre scorso, «il presidente del Consiglio d'Europa, Jan Petersen, ha risposto così a un'interrogazione (...): "... le autorità italiane hanno informato il Comitato dei Ministri che il Ministro della Giustizia stava prendendo in considerazione l'ipotesi di una grazia presidenziale"» (Corriere della Sera, cit.);
appare indispensabile garantire l'incolumità fisica e l'equilibrio psicologico del Dorigo, durante la detenzione, favorendo l'interruzione dello «sciopero della fame» e preservandolo dalle conseguenze, che si temono prossime e irreversibili, della descritta condotta autolesiva, e ciò a prescindere dalla possibilità di adottare, in suo favore, un provvedimento di clemenza, che, in questo caso, sarebbe concesso d'ufficio, sulla base delle valutazioni riservate alle Autorità coinvolte (articoli 87 e 89 della Costituzione);
l'esigenza di preservare l'integrità psicofisica del detenuto in questione, come di tutti gli altri soggetti che subiscano restrizioni della libertà personale, è imposta, oltre che da fondamentali, imprescindibili sentimenti umanitari, dai principi costituzionali che regolano il trattamento sanzionatorio e assegnano alla pena la funzione rieducativa (articolo 27 della Costituzione), nonché dalle specifiche norme dell'ordinamento penitenziario;
la tutela della salute del Dorigo nemmeno potrebbe dipendere dalla sua decisione di non «abiurare alle sue convinzioni» (Liberazione, cit.) e di manifestare, anche di recente, «sostegno all'offensiva rivoluzionaria delle B.R. con gli omicidi D'Antona e Biagi» (Corriere della Sera, cit.). Tali aspetti, pur eventualmente rilevanti ad altri fini, e innanzitutto per la concessione o la negazione, da parte della competente Autorità Giudiziaria, dei benefici relativi al trattamento penitenziario (nemmeno invocati, del resto, dal detenuto sopra nominato), non escludono né rendono meno pressante l'esigenza di salvaguardare, con tutti i mezzi riconosciuti dall'ordinamento, la salute del Dorigo, durante l'espiazione della pena predetta;
i ripetuti richiami rivolti all'Italia in sede europea confermano la necessità di un sollecito intervento sul caso in questione -:
quali notizie siano a disposizione del Governo, a proposito della vicenda giudiziaria del detenuto Paolo Dorigo, delle ragioni della protesta che, attraverso il cosiddetto sciopero della fame, egli sta conducendo, e delle sue attuali condizioni di salute;
quali iniziative siano state adottate, o si vogliano prossimamente attuare, in merito alla suddetta vicenda, in particolare per indurre il Dorigo, ove possibile, a recedere da quella forma di protesta, garantendone comunque l'integrità psicofisica e assicurando il controllo costante delle sue condizioni cliniche, nonché un tempestivo intervento in caso di urgente necessità.
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