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DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
dal codice civile mentre la cessione di Fidis è soggetta ad un diritto call (riacquisto) che Fiat Auto può esercitare in ogni momento;
determinatasi, che ha visto, e continua a vedere la mobilitazione di tutta la cittadinanza;
particolare la sua più delicata articolazione, la Direzione Distrettuale Antimafia continuava ad operare in presenza del costante elemento di disturbo rappresentato dal dottor Mollace, con le sue pervicaci interferenze ed abusive ingerenze e con il disagio, le disfunzioni e l'inutile dispendio di tempo e di energie che ne conseguono;
indecorose condotte possano ancora consentire ai dottori Macrì e Mollace di continuare ad indossare la toga e amministrare giustizia in nome del popolo italiano, mentre dovrebbero, di contro, essere, i due suddetti magistrati, anch'essi assoggettati al principio liberale che la legge è uguale per tutti -:
il settimanale Economy oggi in edicola rivela che Fiat avrebbe deciso di esercitare la famosa «opzione put», consistente nel diritto di vendere il settore auto a General Motors, così come previsto dal «Master Agreement» sottoscritto dal gruppo torinese e dal gruppo di Detroit nel marzo 2000;
l'esercizio del «put» dovrebbe concretarsi nel periodo compreso fra il 24 gennaio ed il 24 luglio 2005, e ciò malgrado il comprensibile riserbo - caratterizzato da formali smentite - dei due gruppi;
Economy peraltro insiste nell'accreditare la notizia, aggiungendo che General Motors cercherà di opporsi eccependo varie violazioni del «Master Agreement» consistente, secondo il gruppo americano, nell'aumento di capitale di tre anni or sono da parte di Fiat Auto e nella cessione di Fidis alle banche;
tali eccezioni sarebbero considerate infondate in quanto l'aumento di capitale deriva da un preciso obbligo scaturente
si profila dunque un conflitto di non poco conto finalizzato, comunque, laddove il settimanale Economy avesse offerto ai lettori una notizia fondata, al trasferimento, in mano statunitense, dell'industria dell'auto che ha rappresentato per un secolo un'autentica bandiera nazionale;
si evidenziano comprensibili e legittime fibrillazioni da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori che manifestano un forte timore per una cessione che potrebbe essere un buon affare per gli azionisti della società ma che certamente lo sarebbe molto meno per i lavoratori che temono un impietoso trasferimento delle lavorazioni;
è di tutta evidenza che la rilevanza della questione, ancorché riguardante contratti di natura rigorosamente privatistica, non può non interessare il Governo per i profili produttivi ed occupazionali che dalle decisioni di Fiat Auto e General Motors certamente deriverebbero -:
se risulti fondata la notizia pubblicata dal settimanale Economy relativamente all'esercizio dell'opzione da parte di Fiat Auto nei confronti di General Motors e se siano allo studio, dal punto di vista occupazionale, le varie ipotesi che si possono profilare sull'intero territorio nazionale in caso di effettiva cessione al gruppo statunitense ed in caso di trasferimento delle lavorazioni.
(3-03910)
con provvedimento della Magistratura messinese del 16 marzo 2001 veniva sequestrata l'area destinata all'impianto di degassificazione degli ex cantieri navali SMEB, causa accertata di inquinamento, come confermato dalla condanna di un amministratore delegato della stessa SMEB e del responsabile dell'impianto, per violazione della normativa sui rifiuti e sulle emissioni in atmosfera e lo scarico in mare;
nell'area veniva individuato materiale altamente inquinante, come documentato dalle perizie degli esperti nominati dalla Procura di Messina;
in una delle sopra richiamata perizie si attesta la presenza di «centinaia di fusti metallici in diverse condizioni di degrado contenenti materiali fangosi, morchie (residui oleosi), cere, prodotti chimici scaduti, polveri, bacini in calcestruzzo che contengono acque contaminate da oli e idrocarburi, materiali solidi di scarto derivanti da operazioni di coibentazione o da lavorazioni meccaniche eseguite in passato nell'area, tubazioni rimosse e materiali non più in uso e accatastatasi in maniera incontrollata in diverse zone dell'impianto... la contaminazione di alcune aree esterne, tratti di fascia costiera, la falda acquifera che attraversa il sottosuolo della SMEB e la presenza di notevoli quantità di amianto allo stato friabile» (così testualmente riportato su Gazzetta del Sud del 27 maggio 2004);
permane la situazione di crisi e di rischio ambientale dell'intera area, sottoposta pertanto a nuovo sequestro nel febbraio del 2004, a seguito del ritrovamento di 400 Kg di amianto puro allo stato friabile;
il rischio ambientale e sanitario è tanto più grave, sol che si consideri la vicinanza di insediamenti occupazionali nell'area interessata;
le autorità comunali e regionali ad oggi non hanno attivato alcuna azione di efficace contrasto alla situazione gravissima
risulta un impegno della Società Sviluppo Italia, di proprietà del Ministero dell'Economia, per la bonifica del sito, per la quale sono stati preventivati costi per euro 14 milioni -:
se non ritengano, ciascuno per quanto di competenza, di dover con somma urgenza intervenire al fine di evitare quello che chiaramente appare un disastro ambientale e sanitario annunciato, con le ulteriori implicazioni sul piano della tutela dei livelli occupazionali e della garanzia delle condizioni di sicurezza dei lavoratori;
se non ritengano di dover adottare con immediata operatività provvedimenti eccezionali di messa in sicurezza del sito inquinato.
(4-11621)
in una dichiarazione rilasciata alla stampa, a sostegno del procedimento giudiziario instaurato dalla Procura Distrettuale di Catanzaro che ha portato, in data 9 novembre 2004 all'arresto di sei persone, ad all'aver sottoposto ad indagine i Deputati Angela Napoli e Giuseppe Valentino, i magistrati Macrì e Mollace, affermano l'esistenza di un gruppo criminale di 'ndrangheta, che avrebbe operato in stretta connessione con magistrati reggini, parlamentari, uomini di governo, tutti avvinti da un patto che tendeva a delegittimare e colpire il medesimo Mollace ed il dottor Macrì;
non può tuttavia non rilevarsi la circostanza che tale dichiarazione provenga proprio da un magistrato, quale il Pm della procura di Reggio Calabria, Francesco Mollace, nei cui confronti l'Ispettorato del Ministero della Giustizia, ha verificato gravissime condotte illecite e comportamenti assolutamente incompatibili con la dignità e prestigio dell'ordinamento giudiziario, per gli accadimenti di seguito riportati:
il dottor Mollace, nonostante il provvedimento in data 17 dicembre 2001 del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, con cui era stato dichiarato decaduto dall'incarico di sostituto della Dda per intervenuto decorso del termine massimo di quattro bienni di permanenza in quell'ufficio (provvedimento ratificato dal Csm con delibera dell'8 maggio 2002) ha continuato, oltre la scadenza della prevista proroga annuale al 15 dicembre 2002 ed in palese dispregio dei ripetuti interventi e diffide dello stesso procuratore della Repubblica e del procuratore aggiunto, coordinatore della Dda, dottor Francesco Scuderi, a svolgere attività di stretta competenza della Procura Distrettuale Antimafia, incompatibili con la sua funzione di sostituto addetto alla Procura ordinaria, tanto che, in data 9 maggio 2003, al fine di ovviare alle gravi disfunzioni dell'Ufficio determinate dalla condotta del detto sostituto, il dottor Catanese si era visto addirittura costretto ad incaricare il dirigente amministrativo dell'ufficio di apprendere materialmente dalla segreteria del dottor Mollace - alla quale competeva la tenuta dei fascicoli processuali - quelli irregolarmente detenuti, onde finalmente poter procedere alla loro rassegnazione ad altri magistrati;
lo stesso Mollace, in relazione alla gestione dei collaboratori di giustizia ha violato palesemente e sistematicamente le disposizioni dettate dal Procuratore della Repubblica tanto che il Guardasigilli promuoveva azione disciplinare nei confronti di questi e, richiedendo contestualmente al Csm di avviare il trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale, avviava una più approfondita indagine amministrativa nel corso della quale emergevano ulteriori, gravissime irregolarità ascrivibili al dottor Mollace;
in particolare, nella sua relazione l'ispettorato evidenziava che la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ed in
il dottor Mollace, ha compromesso con la sua condotta l'operato e l'immagine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria in sistematico e noncurante dispregio della legge e delle disposizioni impartite dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria e dal procuratore aggiunto, coordinatore della Dda di Reggio Calabria;
il dottor Mollace, in rapporto alle procedure giudiziarie collegate alla cattura dei latitanti Orazio De Stefano, Fortunato Maesano e Antonio Rosmini, ha scientemente e sistematicamente violato le disposizioni tabellari interne all'ufficio relative alla ricerca dei latitanti, violando deliberatamente, nel caso del latitante Orazio De Stefano, anche la specifica ed esclusiva competenza della locale Procura Generale della Repubblica, cui non aveva trasmesso gli atti del caso, né dato comunicazione delle iniziative intraprese;
il dottor Mollace, nonostante il procuratore della Repubblica, dottor Catanese, gli avesse per l'ennesima volta richiesto con decreto la restituzione di tutti i fascicoli della Dda, ha deliberatamente omesso di consegnarne 27, 17 dei quali erano stati consegnati solo successivamente, a seguito di ulteriori pressanti richieste;
per i restanti 10 fascicoli Dda, il dottor Mollace non ha fornito al procuratore della Repubblica e agli ispettori del ministero della Giustizia alcuna precisa indicazione sulla loro attuale collocazione o sorte, sicché all'esito dell'ispezione questi non erano neppure stati individuati;
il dottor Macrì ha redatto e sottoscritto nelle sue funzioni di Pretore di Melito Porto Salvo, e nella causa fra Laganà Giuseppe ed altri ricorrenti e la Calcestruzzi Saline S.a.s., una sentenza che recava effettivamente la falsa data del 14 giugno 1979, giorno in cui non era, in realtà, stata tenuta alcuna discussione, né letto alcun dispositivo, posto che per impedimento dedotto dallo stesso dottor Macrì, l'udienza era stata rinviata d'ufficio al 19 luglio 1979;
avendo il dottor Macrì firmato un verbale falso a firma apocrifa del cancelliere. Tali fatti sono stati verificati dall'Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia e risultano, documentalmente, dalla sentenza n. 22/81 del 20 gennaio 1981, con cui il Tribunale di Reggio Calabria, riscontrando la grave anomalia del provvedimento, dedotta con il primo dei motivi di ricorso in appello da parte della Società convenuta, ne aveva dichiarata la nullità;
la vicenda, nonostante gli evidenti profili di illiceità, non risultava inoltre, essere mai stata portata a conoscenza dell'Autorità giudiziaria penale;
tuttavia, l'ispettorato Generale del Ministero della giustizia, avendo rilevato il decorso dei termini di prescrizione con riferimento ai gravi reati ipotizzabili, proponeva il solo esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del dottor Vincenzo Macrì, in considerazione della permanente rilevanza ai fini disciplinari del comportamento da questi tenuto, dovuta alla circostanza che notizia del fatto era stata acquisita con la presentazione dell'interrogazione parlamentare da parte del senatore Meduri;
conseguentemente, in data 24 febbraio 2004 il Guardasigilli promuoveva l'azione disciplinare nei confronti del dottor Vincenzo Macrì, in considerazione del fatto che questi era venuto meno ai suoi fondamentali doveri di magistrato, rendendosi immeritevole di ogni fiducia e considerazione e compromettendo il suo prestigio e l'immagine dell'intero ordine giudiziario; ad avviso dell'interrogante risulta incomprensibile come le descritte
se la dichiarazione secondo l'interrogante del tutto inopportuna e scomposta, rilasciata alla stampa dai magistrati Macrì e Mollace a sostegno di un procedimento giudiziario instaurato dalla procura distrettuale di Catanzaro, possa integrare i presupposti per un'ulteriore azione disciplinare nei loro confronti.
(4-11631)