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La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,15.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, credo che, obiettivamente, ci troviamo in una situazione di pieno ostruzionismo. Proporre di sopprimere la lettera b) del comma 4 dell'articolo 34 è quanto meno incredibile: significa non tanto non aver capito nulla della devolution (non mi permetterei mai di affermarlo!), quanto sopprimere un'architrave della stessa devolution, e ciò è sbagliato. La volta scorsa, il Governo di centrosinistra, che - vorrei ricordarlo - approvò la riforma costituzionale con soli quattro voti di maggioranza...
MARCO BOATO. Non l'avevo mai sentito! Questa è una novità!
NUCCIO CARRARA. È meglio ricordarlo!
ALDO PERROTTA. ... approvò la riforma costituzionale con quattro voti risicati! Occorre ricordare che, quando il centrosinistra approvò questa riforma con quattro voti di scarto, la contrabbandò per
una grande riforma, per qualcosa di straordinario, per un atto di grande democrazia.
Ebbene, a proposito dei quattro voti di maggioranza, vorrei ricordare che noi, alla fine, la devolution la approveremo e lo faremo anche contro il vostro parere, malgrado la Presidenza e il ministro vi abbiano invitati e sollecitati continuamente a collaborare.
Ad onor del vero, all'inizio vi è stata collaborazione, tanto che abbiamo accolto molti emendamenti. In proposito, inizialmente, anche nell'incontro con il ministro e con il presidente della Commissione, non avete avuto nulla da dire. Perché adesso cambiate la vostra impostazione? Voi cambiate la vostra impostazione perché Prodi vi ha detto che dovete fare opposizione dura, per cui tanto peggio, tanto meglio. Lo dobbiamo dire anche a chi ci ascolta: voi avete invertito il vostro orientamento per problemi tattici ed elettorali. Voi, con il pretesto di essere contrari alla devoluzione, state praticamente andando contro gli interessi dei cittadini, mistificando e raccontando bugie.
Peraltro, a proposito del referendum che minacciate di indire, venitelo a dire che farete il referendum anche per la soppressione di questa norma! Venitelo a dire che farete il referendum contro le norme giustissime che abbiamo inserito nel provvedimento sulla devolution! Noi andremo nelle piazze, nei comizi, in televisione; come dissi l'altra volta, non potremo intervenire sui giornali perché voi controllate il 95 per cento della stampa e, quindi, non ci permettete di utilizzare quel mezzo. Vi diremo il motivo per cui siamo contrari, perché abbiamo voluto la devolution ed anche perché, quando voi avete chiesto la soppressione di questa norma, noi abbiamo espresso un voto contrario.
Non si può, per motivi politici ed elettorali, essere contro le cose giuste. Vi sembra normale chiedere l'abolizione della lettera b)? Vi sembra normale? Mi riferisco soprattutto ai presentatori di tali emendamenti, perché ci vuole un bel coraggio ad avanzare questa proposta. Tra l'altro, uno dei proponenti credo sia la persona che probabilmente stimo di più in quest'aula, per cui non riesco a capire come, nella logica della devolution, chieda la soppressione di tale norma.
MARCO BOATO. Grazie!
ALDO PERROTTA. Tu lo sai che sei la persona che stimo di più: l'ho dichiarato sulla stampa, alla televisione, dappertutto.
E quindi sarei curioso di capire per quale ragione si arriva a chiedere l'abrogazione della lettera b). Probabilmente, per farlo comprendere anche ai telespettatori, dovremmo ricordare che il presidente della Commissione, quando ha audito tutte le rappresentanze sociali, ha chiaramente compreso che su questo profilo non vi era nulla da dire.
Quando sono state audite la Confindustria, la Confartigianato ed i sindacati, nessuno ha chiesto l'abrogazione di questo capoverso. Nessuno ha chiesto l'abrogazione della lettera b)!
Per quale ragione allora oggi non lo proponiamo? Perché voi state, all'interno della devolution, «chiudendo tutto». Chiedete l'abrogazione di ogni singola nostra proposta: questo non è teoricamente possibile né lo è sul piano pratico.
Dobbiamo avere delle regole: non possiamo ogni volta, per motivi ostruzionistici, negare tutto. Non possiamo tessere la tela di Penelope, di giorno creandola, la notte disfacendola. In Commissione non avete mai presentato questa proposta!
Ricordiamoci allora che, oltre a lavorare in questa sede, c'è anche chi ci ascolta in chiaro, chi ci ascolta su Sky e chi ci ascolta su Radio Radicale. A questi noi vogliamo dire che c'è una manovra ostruzionistica che tende a non farci concludere nulla?
Lo vogliamo dire che stamattina non è venuto nessuno? Stanno infatti tentando, viste le difficoltà, di far venire meno il numero legale? Vogliamo dire che non è più una battaglia, quella che si combatte, sulla devolution, ma che è una battaglia in previsione delle prossime elezioni regionali? Non è questo il modo in cui possiamo consentire che l'ordinamento nazionale
vada avanti! Non possiamo consentire che a causa di questo ostruzionismo (voluto da uno che non c'entra nulla con il Parlamento, perché Prodi non è parlamentare) (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)...
PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, le ricordo che le restano 30 secondi.
ALDO PERROTTA. ...voi vi fate suggerire una tattica suicida da chi non è riuscito neanche a difendere gli interessi dell'Italia in Europa (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 34.83, Boato 34.88 e Colasio 34.113, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Guardi là, Presidente!
RENZO INNOCENTI. Presidente! Presidente!
PRESIDENTE. Calmi, onorevoli colleghi, calmi! State calmi e non urlate! Segnalatemelo con educazione!
PIERO RUZZANTE. Presidente! Terzo settore!
PRESIDENTE. Terzo settore, quale?
RENZO INNOCENTI. Terzo settore, terzultima fila! Ora hanno tolto la tessera!
PIERO RUZZANTE. Anche il primo settore, sesta fila! Primo settore sesta fila!
PRESIDENTE. Prego gli onorevoli segretari di segnalarmi precisamente le irregolarità.
PIERO RUZZANTE. Presidente! Chiuda!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Il numero legale è raggiunto per tre deputati.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 229
Maggioranza 115
Hanno votato sì 9
Hanno votato no 220
Sono in missione 71 deputati).
RENZO INNOCENTI. È evidente la doppia votazione in molti settori!
PIERO RUZZANTE. Presidente, ogni volta succede questo!
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, ho tenuto aperta ampiamente la votazione perché, come ho rilevato altre volte, per me il controllo a posteriori è impossibile da effettuare. Effettuo tale controllo mentre la votazione è aperta. Questo è un problema del meccanismo, non mio!
Prendo atto che l'onorevole Volontè non è riuscito a votare.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei richiamarmi all'articolo 8 del regolamento...
RENZO INNOCENTI. Di fronte ad un evidente (Commenti del deputato Lisi)...
PRESIDENTE. Onorevole Lisi, la richiamo all'ordine!
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, l'articolo 8 del regolamento, che lei conosce
bene, concerne i compiti del Presidente della Camera. Durante la fase della votazione, ho avuto modo di segnalarle più volte la situazione del primo settore in sesta fila: la luce corrispondente a quella postazione si è illuminata ed il deputato non era presente. L'ho segnalato più volte e credo che sia stata in qualche modo registrata la mia indicazione.
Sul metodo della votazione, lei, non altri, aveva assunto un impegno in quest'aula all'inizio della legislatura. Ci aveva detto che potevano esserci delle metodologie che garantiscono la certezza del voto del deputato e la presenza contestuale del deputato medesimo nel momento del voto.
Ora, lei capisce che non stiamo votando un progetto di legge qualsiasi, ma stiamo modificando la nostra Carta costituzionale. Credo sia, innanzitutto, dovere dei parlamentari della maggioranza essere presenti, visto che ci tengono tanto a tale riforma costituzionale sui cui contenuti noi abbiamo una posizione, ovviamente, contraria. Soprattutto, credo debba essere utilizzato da parte della Presidenza un metodo di accertamento della presenza contestuale dei deputati nel momento del voto, che deve essere garantita proprio perché stiamo riformando la Carta costituzionale e non è detto che il singolo deputato esprima la stessa opinione del gruppo parlamentare di appartenenza. Vi sono stati diversi casi nella maggioranza di questo tipo di dissenso. Crediamo che il rigore debba essere garantito in particolar modo sulle votazioni riguardanti la riforma della Carta costituzionale.
In ogni caso, resta la segnalazione che ho fatto: il deputato non era presente e si è illuminata la sua postazione. Quindi, o vi è un problema tecnico - e siamo tutti in grado di verificare sui tabulati se il deputato fosse presente - oppure consideriamo quella votazione irregolare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo ad integrazione di quanto detto dal collega Ruzzante. Lei ha assicurato più volte all'Assemblea ed anche alla Giunta per il regolamento - una volta l'ha detto anche in tono un po' minaccioso - che avrebbe attivato le procedure per studiare una soluzione che consentisse a tutti di evitare gli spiacevoli episodi di doppio voto. Questa circostanza è un po' più eclatante delle altre perché la qualità del provvedimento imporrebbe maggiore rigore. Però, la questione si pone ora ed è generale. Non mi sento nemmeno di fare un ragionamento contro la maggioranza perché si tratta di un vizio abbastanza diffuso.
Dunque, la questione riguarda la Presidenza della Camera, signor Presidente, se non esistono soluzioni tecniche lei deve comunicarci che ha fatto svolgere degli studi e non si riesce a risolvere il problema. Prendiamo atto che la tecnologia non ci consente di essere tutti più sereni e chiudiamo tale partita.
GIORGIO BORNACIN. Ma di cosa sta parlando?
GIULIO ANTONIO LA STARZA. Basta!
ANTONIO BOCCIA. Dopo tre anni e mezzo abbiamo il diritto di sapere se vi è tale eventualità o meno. Se, invece, la tecnologia ci potesse consentire di evitare tale disdicevole comportamento, dovremmo chiederle di procedere (io gliel'ho già chiesto tante volte). Tutto sta diventando paradossale, ma a questo punto la responsabilità è esclusivamente del Presidente e dell'Ufficio di Presidenza della Camera. Colga questa occasione per mettere la parola fine...
GIULIO ANTONIO LA STARZA. Basta!
ANTONIO BOCCIA. Credo che passerà non dico alla storia ma certamente alla cronaca della vita parlamentare perché avrà posto fine ad uno dei comportamenti che i cittadini certamente non apprezzano (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita,
DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, lungi da me il voler incrementare le polemiche. Ho ascoltato gli interventi che mi hanno preceduto e ritengo che, una volta per tutte, si debba fare chiarezza mettendo fine in un senso o nell'altro al problema dei «pianisti». Infatti, non possono esistere giornate in cui i «pianisti» sono buoni e giornate in cui i «pianisti» sono cattivi!
Per garantire la diaria, ieri, da decine di banchi della sinistra si è votato doppio!
PRESIDENTE. No, no, onorevole Leone, mi scusi...
ANTONIO LEONE. Non vedo perché (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)...
ANDREA LULLI. Buffone!
PRESIDENTE. Onorevole Leone, i «pianisti» non sono né buoni né cattivi, sono sempre cattivi!
ANTONIO LEONE. Perfetto.
PRESIDENTE. Sono sempre cattivi e, mi raccomando, non stabiliamo...
ANTONIO LEONE. Era questo il senso delle mie parole.
Vorrei aggiungere, inoltre, che è ingeneroso l'attacco nei confronti della Presidenza della Camera (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro), poiché è sotto gli occhi di tutti che la stessa ha sempre garantito tutti e, anzi, forse, molto più l'opposizione che non la maggioranza!
MAURA COSSUTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, purtroppo l'intervento dell'onorevole Antonio Leone dimostra non solo che siete imbroglioni, ma anche squallidi (Proteste dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghi! Fate appello all'intelligenza! È talmente evidente la situazione che è presente questa mattina!
MAURA COSSUTTA. Mi rivolgo a lei, Presidente, perché non soltanto a colpi di maggioranza si straccia la Costituzione ma, su un emendamento riferito ad un articolo fondamentale in materia di devolution, voi, addirittura per tre voti, avete il numero legale, con evidenti imbrogli (Commenti dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. È una sua opinione.
MAURA COSSUTTA. Sì, Presidente, lei potrebbe benissimo controllare i tabulati e le segnalazioni dell'onorevole Ruzzante; lei, in questo caso, non ha fatto il Presidente di tutti. Mi dispiace molto doverlo ammettere, ma è una pagina grave che mette in discussione l'autorevolezza del suo ruolo (Commenti del gruppo di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta, si vede che non era presente in aula (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). Vi sono al riguardo filmati registrati a disposizione dei gruppi parlamentari, i quali potranno constatare con quanto scrupolo il Presidente abbia aspettato di chiudere la votazione, controllando tutte le segnalazioni che sono state fatte (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Tuttavia, poiché il Presidente non ha il dono dell'infallibilità, non ho la pretesa che altri hanno di essere infallibile (Applausi
dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana). Ho con scrupolo svolto il mio dovere.
Penso, invece, che l'onorevole Ruzzante, con la consueta cortesia, abbia posto correttamente un'altra questione, ripresa dall'onorevole Boccia: mi riferisco al meccanismo di voto. In passato, affermai che sarebbe stato necessario superare l'attuale meccanismo di voto. Feci anche riferimento a Parlamenti di altri paesi e l'amministrazione della Camera, come ben sa il Segretario generale, ha fatto, in ordine a tale aspetto, puntuali riscontri e ha constatato che è possibile cambiare tale meccanismo (mi riferisco anche alle impronte digitali). Vi è però un piccolo particolare: ci è stato fatto notare che, tecnicamente, un meccanismo di voto di quel tipo è adatto per Parlamenti nei quali si svolgono in una mattinata al massimo 40 o 50 votazioni e ciò non è possibile nel nostro caso.
Meccanismi diversi non li abbiamo visti; poiché è un problema di tecnologia e non di politica, se qualcuno ha segnalazioni da fare, noi saremo ben lieti di prenderle in esame. Da questo punto di vista bisogna essere chiari e mi dispiace, onorevole Leone, che siano state impropriamente evocate questioni connesse alle diarie (sono questioni diverse da quelle politiche).
Non vi può essere, a tale riguardo, indulgenza, ma tolleranza zero per tutti! Si sono verificati in passato anche episodi minori in termini di gravità; mi riferisco al caso del collega presente in aula che chiede a quello vicino di surrogarlo quando fisicamente è presente. Noi però non possiamo fare distinzioni, perché, percorrendo la strada della distinzione, non risolveremo i problemi!
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 34.84 e Bressa 34.89.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei tornare all'argomento a mio parere estremamente delicato che è oggetto dell'emendamento in esame. In particolare, vorrei esprimere la mia personale e sentita preoccupazione quando si parla di potestà legislativa esclusiva delle regioni sulla definizione dei programmi scolastici, aspetto che non si può confondere con il grande traguardo dell'autonomia scolastica che, anzi, viene minacciata dall'eccessiva invadenza regionale.
La realtà è che con il provvedimento in esame, non accettando questo emendamento, entra in crisi la cultura unitaria di questo paese. Penso non sia di poca importanza che in ogni scuola del nostro paese si insegnino Manzoni e Pirandello, che ci sia un quadro organico della letteratura italiana, che ci siano linee guida nazionali di storia e di filosofia.
Non so se approvando questa modifica della Costituzione il futuro, purtroppo, ci riserverà, ad esempio, approfondimenti in Lombardia sulle improbabili origini celtiche; senza dimenticare l'ironia rappresentata dagli ultimi possessi longobardi, o meglio lombardi, della «Langobardia», in Italia, che furono in Campania..., né so se, magari, studieremo le ampolle sacre del Monviso... La realtà è molto più difficile della battuta e dell'ironia. Non possiamo dimenticare che la scuola è il luogo fondamentale dove cresce la cultura comune di un paese. Abbiamo bisogno di aprirci ad una scuola e ad una cultura più europee, non di rinchiuderci in un regionalismo antistorico. Pertanto diciamo «no» ad un federalismo nato per dividere e non per unire.
Vi è poi un aspetto paradossale, questo sì kafkiano, e non come ieri invece - non opportunamente - veniva dichiarato. È un aspetto kafkiano perché mentre il Ministero dell'istruzione, e soprattutto il ministro Moratti, lavorano affannosamente e in netto ritardo per proporre i decreti attuativi della cosiddetta riforma Moratti, la nota legge n.53 del 2003, l'eventuale approvazione di questo provvedimento comporterebbe, di fatto, la revisione della
riforma. Allora, delle due ipotesi è vera una. E questo vorremmo domandarlo ai banchi del Governo, ma non ci sono né il ministro Moratti né la sottosegretaria Aprea. Ci sembrano assenze quanto meno problematiche, visto che si parla e si decide sul futuro della scuola, e lo si fa contro la riforma Moratti. Allora o al Governo importa la riforma Moratti o al Governo importano la devolution e i patti con la Lega, e, quindi, risolvere i problemi e le questioni interne con la Lega; ma visti i ritardi, oggi dimostra chiaramente che non attuerà mai la riforma Moratti.
In conclusione, in un bel saggio dal titolo «Che cos'è una nazione?», Renan ha affermato che una nazione è l'insieme dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme. Mi rivolgo allora ai colleghi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e dell'UDC: è così secondario perdere le ragioni unitarie dei sacrifici compiuti? È così secondario rimarcare il ruolo di centocinquanta anni di scuola italiana, unitaria, al fine di portare l'unità culturale in questo paese? Noi pensiamo di no.
Allora rimarrete i responsabili di questo provvedimento che rischia di spaccare e di dividere la cultura e la scuola di questo paese. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitelli. Ne ha facoltà.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, parlerò; tuttavia è molto imbarazzante, dover affrontare i temi della scuola, delle riforme, della devolution del sistema scolastico senza che, da parte del ministro Moratti, vi sia il minimo interesse su queste materie. Vedete, onorevoli colleghi, questo Governo - è noto - non applica nemmeno il Titolo V della Costituzione, che rappresenta il vero federalismo. Non lo applica perché non è capace e perché non crede nel federalismo del sistema di istruzione e formazione!
La politica di questo Governo, nel rapporto tra istituzioni centrali e decentrate (come hanno già evidenziato alcuni colleghi) è stata, e ancora lo è, fortemente schizofrenica e contraddittoria; e lo è tanto più in materia di federalismo scolastico. Un esempio per tutti: con la legge Moratti di riforma si sottraggono all'autonomia scolastica quote di programmi nazionali per attribuirle alle regioni, mentre con i decreti attuativi ed altri atti amministrativi si fa di tutto per sottrarre alle regioni e agli enti locali potestà e poteri, accentrandoli a livello ministeriale o di organismi gerarchicamente dipendenti dal Ministero.
È in atto un vero neocentralismo politico, che vive con il ricorso sistematico alla delega, senza luoghi istituzionali di vero confronto e di elaborazione. È in atto un vero neocentralismo amministrativo, che, di fatto, ha ridato peso e funzioni agli ex provveditorati agli studi, rendendo gli uffici scolastici regionali dei veri e propri avamposti dell'amministrazione centrale. La devolution, allora, si sposta tutta sul piano dei programmi e dei contenuti culturali, rischiando di contaminare la scuola con un forte processo di ideologizzazione della cultura.
Tornando alle riforme già attuate, il soggetto più improvvidamente colpito dall'antitetica operazione neocentralismo gestionale-devolution culturale è la scuola, ovvero il singolo istituto, gli insegnanti, gli alunni, insomma, tutto quanto viene ad essa ricondotto. Il decreto sul ciclo primario è palesemente un provvedimento incompatibile con l'autonomia. L'autonomia scolastica, obiettivo e processo al tempo stesso, è stata colpita a morte fin da bambina e ora, in nome di un falso federalismo, le si vuol dare il colpo di grazia e legittimare il suo svuotamento, addirittura costituzionalizzando la potestà regionale di dettare programmi scolastici. Si mette così in discussione e in pericolo l'unitarietà del sistema scolastico e della cultura nazionale.
Fermiamo questo processo di falso federalismo, affermiamo quello vero finché siamo in tempo e non costituzionalizziamo
gli errori. Approvando l'emendamento soppressivo della lettera c) - e avremmo fatto bene ad eliminare anche la lettera b), per essere fedeli al vero federalismo - facciamo molto di più che mantenere l'unitarietà di programmi scolastici e l'identità della cultura nazionale, perché recuperiamo la dignità della scuola nella sua autonomia e l'identità stessa di quella pubblica. Non esiste contrasto tra queste prospettive e la nostra politica scolastica, che sostiene pienamente con coerenza e sa interpretare correttamente il Titolo V. Tale politica, infatti, sa valorizzare il ruolo delle regioni e degli enti locali come soggetti che devono intervenire per arricchire e potenziare il sistema di istruzione e formazione, onde meglio collegarlo alle realtà del proprio territorio e alle proprie politiche di sviluppo. Tutto questo non deve però tradursi in venti sistemi di istruzione e formazione diversi, come voi volete che sia fatto non accettando di togliere la lettera b) come noi abbiamo proposto.
L'istruzione e la formazione sono per noi un bene nazionale non frantumabile e può non esistere contrasto tra gli obiettivi delle regioni e degli enti locali e quelli dello Stato. Per l'esercizio delle rispettive potestà legislative, Stato e regioni possono, anzi devono, fare riferimento ad un modello unitario, riconoscibile, caratterizzato da principi ed obiettivi comuni così riassumibili: diritto all'accesso ed al successo per ogni alunno, valorizzazione della concertazione tra diversi soggetti istituzionali, valorizzazione dell'autonomia scolastica, ottimizzazione ed integrazione delle risorse. Non approvando il vero federalismo e non accettando la nostra linea meditativa, voi cancellate tutte queste possibilità e ponete un pesante macigno sul futuro della scuola (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, vorrei anch'io esprimere il mio consenso a questi emendamenti, ricordando ancora una volta a quest'Assemblea come le motivazioni che animano il centrosinistra in questo confronto parlamentare non neghino le giuste autonomie locali e i giusti livelli regionali.
Riteniamo che nel quadro nazionale debbano trovare collocazione i diritti della persona, così come stabilito nella parte I della nostra Carta costituzionale. Ricordiamo inoltre ai colleghi della maggioranza e al Governo che la preoccupazione che ci muove è quella di non creare una contraddizione tra i principi fondamentali sanciti nella parte I della Costituzione e le modifiche all'articolo 117, che rischiano di determinare una diversità di modulazione e di traduzione concreta dei diritti che devono essere riconosciuti a tutte le persone e a tutti cittadini residenti nel nostro paese, dal nord al sud, dalle regioni ricche a quelle meno ricche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, abbiamo ribadito più volte nel corso del dibattito sull'articolo 117 di ritenere, proprio per l'importanza e la priorità dei diritti fondamentali disciplinati in questa parte della Costituzione, che il trasferimento alla competenza esclusiva delle regioni della potestà legislativa in materia di istruzione costituisca una vera e propria violazione e uno strappo della parte I della Costituzione stessa, che sancisce il principio di uguaglianza e i diritti fondamentali della persona. Tali principi e diritti rischiano di essere stravolti e capovolti nella costruzione di un sistema frazionato della scuola e della formazione che finirà inevitabilmente per ampliare le disuguaglianze e le divaricazioni purtroppo già esistenti, non solo nel nostro paese.
L'articolo in esame è incompatibile con la parte I della Costituzione, in quanto crea le condizioni per un sistema scolastico diviso e che divide il paese, frazionato, differenziato, costituito da tanti microsistemi regionali l'uno in contrapposizione
con l'altro. Si determinerebbe pertanto un sistema competitivo in una materia nella quale l'universalità dei diritti deve essere posta a fondamento del patto di cittadinanza sancito dalla nostra Costituzione. Ci riferiamo ai principi sanciti dall'articolo 2, dall'articolo 3 e dall'articolo 33 della Costituzione. Quest'ultimo richiama il dovere dello Stato di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi. L'articolo 3 affida allo Stato il dovere di operare perché vengano superati tutti gli ostacoli che si frappongono al pieno raggiungimento di una reale cittadinanza. Su questo punto si registra la violazione maggiore: anziché superare tali limiti ed ostacoli, con politiche orientate sul diritto allo studio e sull'estensione dei diritti fondamentali di cittadinanza, operate affinché essi si divarichino e ampliate di fatto, con tale frammentazione, le disuguaglianze. Ci troviamo dunque di fronte a un processo eversivo e pericoloso, perché capovolge la funzione essenziale delle istituzioni e la loro missione di cittadinanza in materie strategiche, quali l'istruzione, la sanità e la ricerca scientifica.
Infatti, quello che viene proposto è la rottura dell'unitarietà del sistema pubblico dell'istruzione, che è uno dei pilastri fondamentali dei diritti sociali che configurano il nostro patto di cittadinanza e la stessa democrazia. In pratica, voi agite sulla Costituzione per derogare a quel sistema di garanzie dei diritti che sono l'impalcatura unificante della prima parte della Costituzione e prefigurate un sistema scolastico che dividerà il paese e acuirà quella divisione di destini sociali che già la sciagurata riforma Moratti sta imprimendo sul sistema scolastico, favorendo i territori e i poteri forti e abbandonando le zone più deboli del paese ad un destino di subalternità e di ricatto rispetto al mercato del lavoro, un mercato precario, svuotato di garanzie e dei diritti fondamentali.
È evidente che il centralismo autoritario della riforma Moratti e il federalismo liberista della devoluzione non sono aspetti così contrapposti tra loro o che delineano una schizofrenia delle politiche di questo Governo. Tutt'altro! Anzi ...
PRESIDENTE. Onorevole Titti De Simone, la prego di concludere.
TITTI DE SIMONE. Sto terminando, Presidente. Noi pensiamo che queste due tensioni, queste due torsioni dello spirito democratico abbiano il comune obiettivo di smantellare i principi fondamentali della Costituzione e, in particolare, lo Stato sociale di cui l'ordinamento scolastico nella sua unitarietà, nella sua universalità di garanzia dei diritti rappresenta un pilastro fondamentale.
Ciò che state facendo dunque è uno strappo alla democrazia e alla Costituzione del nostro paese. Fermatevi, perché ciò provocherà gravi danni ad un elemento fondamentale - che fra l'altro voi leggete in modo antistorico, perché oggi avremmo bisogno di una scuola che unisca e che sia in grado di accettare le sfide odierne, con una cultura condivisa, aperta alle differenze e al pluralismo - e rischierà di trascinare il nostro paese in una deriva, in un declino culturale purtroppo irreversibile (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.
LUIGI GIACCO. Signor Presidente, nel mio intervento di ieri ho messo in risalto il fatto che, con queste modifiche alla Costituzione, si vengono a creare venti sistemi sanitari regionali. Oggi, stiamo verificando che questo tipo di impostazione riguarderà anche la scuola, perché ci troveremo di fronte a venti sistemi differenti, con una competizione esasperata, dove verrà ignorato il principio della universalità, previsto già dagli articoli 2, 3 e 33 della Costituzione, così che invece di riformare, invece di superare le differenziazioni sociali, culturali e di istruzione, la situazione del nostro paese sarà sempre più difficile.
D'altra parte, dobbiamo renderci conto che il profilo unitario e culturale del paese è stato costituito anche e soprattutto attraverso
la scuola, in questi decenni, perché la scuola è stata anche un segnale preciso in ogni parte del territorio nazionale della presenza dello Stato unitario. Oggi, invece, ci troviamo una situazione sempre più discriminante che non lascia sperare nulla di buono per quanto riguarda il superamento di queste difficoltà. Allora il concetto...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giacco.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, la lettera c) del comma 4 è assolutamente sconcertante: si vuole assegnare alla legislazione esclusiva delle regioni la parte di un tutto, cioè la parte dei programmi scolastici e formativi, mentre l'altra parte spetterebbe alla competenza esclusiva dello Stato. Ma questo, signor Presidente, è il classico caso di materia concorrente! Lo dice, a proposito dei programmi scolastici, la semplice rivisitazione della teoria degli insiemi che si studia nei primi anni della scuola elementare: se c'è un insieme con più parti e queste parti si separano, non c'è più un insieme unico, ma più insiemi che non vanno d'accordo fra loro.
Se lo Stato stabilisse che non c'è, o che è limitata al massimo quantitativamente la parte dei programmi scolastici di interesse regionale, come farebbero le regioni a definire questa parte? È evidente che ci vuole un dialogo, un confronto e quindi una legislazione concorrente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, noi Comunisti italiani ribadiamo che questo articolo, in particolare, è assolutamente pasticciato e che, oltretutto, produrrà problemi interpretativi che tenderanno a dividere non solo l'organizzazione scolastica, ma anche la formazione culturale di studenti e docenti.
Il pericolo è evidente: in alcune realtà si farà strada lo sviluppo di interessi locali, pericolosi sul piano dell'evoluzione culturale della scuola. Questo vostro progetto sicuramente creerà grandi problemi. Avremo scuole di serie A, di serie B ma anche di serie C. Da questo progetto di devolution, che volete far approvare a tutti i costi a forza di voti di maggioranza, ci si potrà attendere una inversione di tendenza grave nel processo di convergenza degli standard scolastici. Allora, vi è il rischio che le regioni con minori disponibilità di risorse saranno costrette ad aumentare le dimensioni delle classi o a sfoltire il numero degli insegnanti.
Con queste operazioni si peggiorerà sicuramente lo standard di forniture del servizio scolastico. A fronte di titoli di studio formalmente identici (penso alla licenza della scuola media inferiore) corrisponderanno livelli di acquisizione di competenza molto disomogenei, e le conseguenze di ciò potrebbero essere molto gravi nel medio e lungo periodo.
State veramente smantellando un istituto che è fondamentale per garantire l'unità, ma anche la solidarietà di questo nostro paese e la sua cultura.
Si può dimostrare che anche nel caso italiano, così come già ampiamente documentato per gli Stati Uniti, la Svezia e la Gran Bretagna, una riduzione del numero degli insegnanti produce una riduzione nella prosecuzione scolastica degli studenti; poiché, inoltre, l'elemento di gran lunga più incisivo sulla carriera scolastica individuale è l'istruzione dei genitori, si rischia di causare la ripresa di una spirale perversa da cui l'Italia sembrava essersi progressivamente emancipata, grazie al diritto alla scuola pubblica, pluralista, alla scuola unica, che in questi anni la Repubblica ha cercato di portare avanti.
Scarse risorse pubbliche disponibili per l'istruzione tradotte in pluriclassi, edifici inadeguati, classi con doppi e tripli turni, che è una realtà purtroppo ancora diffusa in alcune aree soprattutto del Mezzogiorno d'Italia, contribuiranno a ridurre la scolarità di una intera generazione.
Allora, colleghi, pensiamoci veramente! Qui si sta portando avanti un terremoto istituzionale, ma dal punto di vista culturale. Abbiamo bisogno di difendere la scuola pubblica statale; abbiamo bisogno di difendere l'intervento dello Stato, l'unico che può garantire - come è accaduto nel corso di questi anni - il livello culturale delle nostre nuove generazioni, che voi volete distruggere (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tocci. Ne ha facoltà.
WALTER TOCCI. Signor Presidente, con la norma che intendete inserire nella Costituzione il 15 per cento dell'offerta scolastica è assegnata alla legislazione regionale. Ciò significa che una regione può intervenire come una clava sui programmi della scuola, imponendo un proprio spazio di offerta formativa, ovviamente a discapito degli altri insegnamenti fondamentali quali la matematica, l'italiano, l'inglese.
Voglio portare alla vostra attenzione il fatto che questo intervento dall'alto sui programmi scolastici è già avvenuto; infatti con la legge Moratti già quest'anno è stata ridotta del 10 per cento l'offerta scolastica. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Consiglio a ciascuno di voi di chiedere al proprio figlio, ad un nipote o, comunque, ad un ragazzo che frequenti la scuola media quante siano le ore dedicate all'insegnamento dell'inglese. Vi risponderà che si tratta di una media di 1 ora e 40 minuti, a fronte delle tre ore dello scorso anno scolastico. Il rischio è che i previsti interventi a favore delle regioni portino a prevedere l'insegnamento della lingua celtica a discapito dell'inglese, della matematica e dell'italiano (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO INTINI. Signor presidente, onorevoli colleghi, voglio esprimere il nostro allarme rispetto all'idea di spezzare un sistema di istruzione nazionale in venti sistemi regionali.
È allarmante lo «spezzatino culturale» dell'Italia: lo è in sé, ma lo è ancor di più valutando qual è l'ideologia e la psicologia di chi lo propone.
Lo «spezzatino culturale» nasce dalla volontà di chi ha organizzato convegni e manifestazioni al nord per spiegare che gli insegnanti meridionali sono inadatti alle scuole settentrionali, inadatti perché hanno mentalità e accento meridionale e, persino, perché i concorsi e le scuole che nel Mezzogiorno li hanno formati sarebbero, rispettivamente, troppo facili e dequalificate.
Il Capo dello Stato chiede l'integrazione scolastica dei giovani immigrati: lo «spezzatino culturale» nasce invece dalla volontà di chi chiede che gli immigrati e le loro famiglie siano non integrati attraverso la scuola, ma espulsi.
Lo «spezzatino culturale» nasce dalla volontà di chi all'ingresso delle città mette cartelli stradali bilingui, cioè in italiano e in dialetto, sfidando lo stupore e le risate dei turisti; nasce dalla volontà di chi pensa che esista una cultura padana separata da quella italiana, di chi vuole riscrivere la storia italiana.
Diciamo la verità: c'è una paradossale contraddizione in questa destra; infatti, c'è chi vuole imporre il revisionismo contro il Risorgimento, ma è curiosamente alleato di chi vuole imporre il revisionismo contro la Resistenza; uno piccona il Risorgimento, l'altro piccona la Resistenza e si tengono incredibilmente a braccetto...!
Ho spirito critico, non mi piace la retorica e la strumentalizzazione né del Risorgimento né della Resistenza, ma non mi piace neppure chi taglia le radici storiche del paese, perché un paese senza radici storiche è un paese che si disgrega negli egoismi locali.
La disgregazione localista è esattamente l'obiettivo di una parte della maggioranza; direi, peggio, che la destra italiana ha una
linea unica. Infatti, in tutta Europa, purtroppo, il nazionalismo patriottico si oppone all'unità politica dell'Europa.
In Italia ci si oppone all'Europa, come fa la Lega, non in nome dell'Italia e della patria, ma in nome della Padania, inventata dalla propaganda leghista, e in nome di venti piccole patrie disegnate a tavolino (Applausi dei deputai del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Il referendum che l'opposizione vuole contro questo pasticcio, confezionato come un pacco regalo per la convalescenza di Bossi, sarà una battaglia storica e culturale, sarà lo scontro tra chi vuole conservare e chi vuole tagliare. Noi non siamo i conservatori, ma lo siete voi perché volete conservare soltanto privilegi. Noi, invece, vogliamo conservare le radici della nostra patria: il Risorgimento e le radici della nostra democrazia, cioè l'antifascismo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, e Misto Comunisti italiani - Applausi ironici del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, non vedo nella formulazione di cui alla lettera c) in esame una rottura dell'unità nazionale; vedo, piuttosto, un provincialismo che va di pari passo con l'accentramento di fatto operato dalla legge di questo Governo sulla scuola: un accentramento che sostanzialmente mette in capo ai responsabili regionali della scuola un modello di tipo napoleonico.
Ora, con questa formulazione arretreremmo nel provincialismo e, soprattutto, daremmo un colpo mortale all'autonomia scolastica, che è una delle autonomie funzionali che fa della scuola una comunità educativa.
Noi dobbiamo imparare a leggere i classici in lingua: quelli italiani, ma anche Ruzzante, Goldoni, il teatro di De Filippo e anche Shakespeare; invece, offriamo ai nostri ragazzi quell'indistinto miscuglio di sub-veneto, di sub-english e di sub-televisivo in cui ci precipita esattamente la formulazione della proposta emendativa in esame.
Questo è il motivo del mio dissenso e del voto a favore di questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, trovo veramente incredibile che, di fronte ad una discussione così importante - anche se vorrei ricordare che, ovviamente, non ne condividiamo l'impostazione - non vi sia nessun rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; infatti, non sono presenti in aula né il ministro Moratti, né il sottosegretario Aprea.
Le riforme che hanno realizzato nel corso degli ultimi mesi, infatti, hanno già generato il caos nella scuola pubblica: mi riferisco, ad esempio, alla riforma relativa ai tutor, oppure, per quanto concerne l'università, al disegno di legge delega sullo stato giuridico della docenza, sui cui contenuti numerose università stanno già preannunciando forme di protesta.
Crediamo, allora, che, per rispetto alla riforma in esame, sarebbe stata interessante ed utile la presenza del ministro competente in quest'aula, proprio per sottolineare il tema centrale della riforma, che, come ricordato precedentemente dal collega Intini, rischia di realizzare veramente uno «spezzatino» della nostra scuola e della nostra cultura nazionale.
Ritengo inutile inserire nella Costituzione un richiamo all'unità nazionale, se poi non si tiene insieme il suo principale fondamento, vale a dire la scuola, la cultura e l'insegnamento. Credo, infatti, che sia questo l'elemento...
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, concluda!
PIERO RUZZANTE. ...sul quale si fonda il senso di una nazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grillini. Ne ha facoltà.
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, nel secolo scorso, dopo il processo di unità nazionale, si formò anche la scuola unitaria. A quel tempo, in Italia il 90 per cento dei cittadini era analfabeta, non sapeva né leggere, né scrivere.
FRANCO GRILLINI. Sembra che la questione sia rilevante anche in questo momento, poiché vi sono ancora numerosi cittadini italiani analfabeti e vi è, inoltre, il cosiddetto analfabetismo di ritorno.
In una situazione in cui, come ricordato giustamente dal collega Intini, andiamo verso lo «spezzatino culturale», è assai facile immaginare che tali problemi si aggraveranno. Vi saranno, infatti, regioni che avranno a disposizione risorse adeguate, e che potranno dunque garantire un'istruzione di qualità, ma anche alcune regioni, con minori risorse, che non potranno assicurarla.
Penso, ad esempio, ad iniziative straordinarie di alfabetizzazione, svolte su tutto il territorio nazionale, come l'esperienza delle 150 ore, che sono state rese possibili grazie al carattere unitario dell'istruzione. Si tratta di esperienze che hanno consentito, ad esempio, a centinaia di migliaia di lavoratori di acquisire la licenza media ed il diploma della scuola secondaria superiore. Penso anche ad esperienze di educazione permanente, che possono essere realizzate soltanto a livello nazionale, con un'istruzione unitaria...
PRESIDENTE. Onorevole Grillini...
FRANCO GRILLINI. ... ma che non saranno più possibili in un paese dove vi sarà lo «spezzatino culturale»!
PRESIDENTE. Onorevole Grillini...
FRANCO GRILLINI. Mi domando, tuttavia, come sia possibile che un partito come Alleanza nazionale, che è sempre stato nazionalista...
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, concluda!
FRANCO GRILLINI. ... e centralista possa accettare una scelta del genere.
Concludo, signor Presidente, e la ringrazio per la sua tolleranza. Mi chiedo, infatti, se non corriamo il rischio che, in tale «spezzatino culturale», nella regione Lombardia o in Veneto, ad esempio, la Lega Nord possa chiedere l'istituzione di «scuole padane», dove insegnare la storia del dio Po o dei celti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grillini: fermiamoci allo «spezzatino»...!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, stiamo affrontando la riforma della Costituzione. Nel disegno di legge in esame, al comma 4 dell'articolo 34, si prevede la possibilità, per ciascuna regione, di esercitare la potestà legislativa esclusiva nella definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione stessa.
Oggi noi abbiamo una quota del 15 per cento, relativa a queste parti, definita con legge ordinaria. Quando si aprirà un contenzioso con le regioni su questi punti, che qualcuna di esse potrà definire come la parte dei programmi scolastici e formativi di interesse sulla storia, di interesse sulla lingua, di interesse su chissà quale materia della regione, preponderante rispetto ad un programma di interesse nazionale, quale sarà l'organo che andrà a dirimere le controversie insorte? Con quale utilità per il sistema scolastico?
Già ieri, in più occasioni, cercando di illustrare la nostra posizione, dicevamo
che un paese si regge sul sistema formativo, su quello che riesce a trasmettere alle nuove generazioni. Le scelte adottate con queste puntualizzazioni di competenze esclusive alle regioni vanno in una direzione completamente opposta agli interessi nazionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, io credo, come già ricordavano nei loro interventi i colleghi Titti De Simone e Intini, che si stia sottovalutando la gravità di questo tema. Siamo di fronte ad uno dei punti fondanti della secessione, perché di questo si tratta. Ritengo che il disegno leghista di secessione passi attraverso questo e altri due punti fondamentali, che affronteremo successivamente, proprio perché una nazione vive solo sulla coscienza unitaria e comune della propria storia e della propria formazione. A nulla vale, allora, la foglia di fico ipocrita della dizione ambigua e insignificante, muta, di interesse nazionale, se si perde il senso di questo tratto e di questo aspetto.
Qui si parla della scuola e della formazione e l'unità repubblicana che in qualche modo presuppone l'articolazione del pluralismo vive su questa capacità di unitarietà dei valori. D'altro canto un federalismo solidale presuppone questo aspetto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crisci. Ne ha facoltà.
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, il federalismo dovrebbe unire, mettere insieme e rendere feconde le diversità. Questa riforma, invece, esalta e produce divisioni, accentua il divario tra nord e sud e colpisce due pilastri dello Stato sociale che hanno contribuito a rendere questo paese più civile e democratico. Questa revisione alimenta la frammentazione in settori vitali, come la sanità e la scuola, mina l'unitarietà dell'insegnamento e la centralità della scuola pubblica statale, favorisce in modo evidente la scuola privata e l'offerta scolastica delle regioni più forti.
Con questa riscrittura costituzionale si colpisce la scuola pubblica italiana, che ha consentito a tanti figli del popolo di studiare, di accedere alla conoscenza ed al sapere, contribuendo a rendere migliore questo paese, soprattutto più civile, più democratico e anche più unito (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.
FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, l'Italia ha bisogno di innalzare il livello di istruzione medio. Il nostro è un paese a cavallo tra Europa e Mediterraneo. Quanti sono i tratti della cultura europea presenti nella nostra cultura? Tanti! E quanti sono quelli della cultura mediterranea? Anch'essi, tanti! Questa è la dimensione di una politica di istruzione, di cultura, di formazione sia essa umanistica, scientifica o tecnica.
Io vivo in una città che confina con otto province che fanno parte di tre regioni diverse. Cosa faranno i ragazzi della mia città qualora dovessero cambiare percorso di studio passando da una città all'altra o da una regione all'altra? Troveranno scuole diverse e non diventeranno poliglotti perché sapranno l'inglese, il francese o il tedesco: piuttosto, lo diventeranno perché orecchieranno un po' di bresciano, di veneto o di ferrarese! Ogni ragazzo invece vuole elevare la propria istruzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, ho chiesto di parlare perché gli interventi
da parte dell'opposizione hanno sollevato in me più di una perplessità.
In particolare, singolare è stata la sequenza di interventi in cui, prima l'onorevole Intini, con aria dotta, ha richiamato le glorie risorgimentali e ci ha raccontato del pericolo della nascita di venti piccole patrie (arrivando addirittura ad invocare i nazionalismi europei perché difendono le radici profonde della nazione e della cultura nazionale) e, subito dopo, la collega Bimbi ha spiegato, invece, che con questa modifica costituzionale noi avremmo realizzato una riforma, al contrario, centralista, prevedendo addirittura un accentramento di tipo napoleonico - così ha detto testualmente - e realizzando un gravissimo vulnus all'autonomia scolastica.
In altre parole, due interventi in sequenza hanno affermato l'uno l'esatto opposto dell'altro e la stessa parte dell'aula che ha applaudito al primo lo ha fatto anche nel secondo caso (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Ora, tutto ciò dimostra, evidentemente, che nella sinistra vi è parecchia confusione: c'è molta voglia di fare demagogia e poca voglia, invece, di studiare i problemi! La verità è che si sono voluti estremizzare due concetti presenti in questa riforma: da una parte, vi è la tutela dell'unità culturale nazionale e, dall'altra parte, la valorizzazione delle realtà locali. Dopodiché, quando si vuole fare della demagogia, si estremizzano i concetti, si sparano stupidaggini, si raccontano, in sequenza, cose che sono l'una il contrario dell'altra e poi chi ha capito tutto applaude (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, questa mattina sono abbastanza triste perché, avendo insegnato per trent'anni nei licei di questa Repubblica, mi fa specie che il collega di Alleanza nazionale abbia così grandi certezze rispetto al fatto che si possa avere, contemporaneamente, una direzione unitaria nazionale con venti sistemi scolastici in periferia.
Collega, io temo che, essendo il greco una lingua più affine agli interessi meridionali, magari, non si dovrà studiare nel nord di questo paese e, magari, molto probabilmente, cosa vuole che interessi ad un veneto la storia dei Malavoglia, della povera gente di Sicilia, così come viveva nell'800 i suoi conflitti con la borghesia...!
DARIO GALLI. Ma smettila!
GIUSEPPE ROSSIELLO. Magari, noi, dalle nostre parti, cosa ce ne faremo del Manzoni e della sua lingua nazionale visto che - ho insegnato in Veneto - le ragioni di un dialetto che avesse valore e lingua nazionale mi paiono tanto forti, allora nella scuola a Venezia e, oggi, tra i banchi della Lega...! Voi state distruggendo l'unità della nazione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Purtroppo, ha ragione l'onorevole Ruzzante perché non vedo il ministro dell'istruzione né il sottosegretario. Comunque sia, non ho capito che cosa intendete per «interesse specifico della regione». Che cos'è l'interesse specifico della regione?
Vorrei capire inoltre se, il sistema scolastico, di istruzione con le sue finalità, debba avere un interesse. Qui ritorniamo ai fondamentali.
Ritengo che questa devolution, insieme alla riforma Moratti, delinei quella che è la vostra subcultura, cioè la vostra idea di che cosa sia la cultura e il sistema di istruzione, non un processo formativo delle conoscenze (la cultura come processo di emancipazione del bambino o del ragazzo) ma, appunto, un interesse specifico, così come afferma la controriforma Moratti.
Voi avete abbassato l'obbligo scolastico, avete reintrodotto l'avviamento. Avete trasformato il sistema scolastico, quindi la cultura, in un valore dipendente dal mercato! Forse nella Padania si insegneranno le ampolle (Una voce dai banchi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana: «Nella Padania si lavora!»), ma fondamentalmente (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Maura Cossutta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Reduzzi. Ne ha facoltà.
GIULIANA REDUZZI. Signor Presidente, intendo sostenere l'emendamento soppressivo in votazione. Ritengo infatti assurdo inserire nella Costituzione l'attribuzione della competenza esclusiva alla regione di definire programmi scolastici di interesse specifico locale. La modifica costituzionale proposta contrasta con l'autonomia della scuola. Anzi, ancora peggio, presuppone una valutazione negativa del corpo insegnante. Si immaginano docenti poco intelligenti, poco sensibili e incapaci di programmare percorsi concreti, legati alla realtà del territorio. Invece, nelle scuole serie, già si attuano programmi di interesse locale e li si vivono con molto entusiasmo.
Diamo quindi più fondi alle scuole per attuare innovativi percorsi scolastici, invece di imporre dall'alto progetti che rischiano di rimanere inattuati (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.
ENZO TRANTINO. Signor Presidente, mi permetto di intervenire brevemente, direi per «offesa ricevuta». Quando mi accorgo che mi viene sottratto quel poco di cultura a cui ero affezionato e mi trovo più povero di prima, laddove il dibattito dovrebbe arricchire ognuno di noi, penso che ci sia un'«appropriazione indebita», contro la quale devo protestare. Mi sono sentito oggi rimproverare che il problema dell'insegnamento della lingua greca sarebbe coordinato con la cultura meridionale. Personalmente, ho sempre appreso che i greci insegnavano principi e non guide turistiche. Quindi, che la sola cultura meridionale sia connessa all'insegnamento della lingua greca costituisce una novità della quale prendo atto.
Al tempo stesso, noi del centrodestra, che siamo quelli della sub-cultura, come graziosamente vuole la collega Cossutta - tipo Quelli che il calcio -, apprendiamo dalle dichiarazione dotte di questa Assemblea, in questi ultimi momenti, che il Verga ha una platea di studiosi che appartengono soltanto al sud, quando sappiamo che dalla Scuola di Pavia in poi il Verga è soprattutto caposaldo nazionale, ma, in particolare, riferimento ai laboratori culturali del nord. Così come il Manzoni, che nelle scuole meridionali viene esaltato ogni giorno, non tollera di essere geograficamente ingabbiato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Trantino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE LUMIA. Signor Presidente, la questione della scuola che stiamo affrontando oggi deve confrontarsi con i due grandi valori dell'unità e della diversità. Con la vostra soluzione costituzionale rischiate di trasformare il giusto valore della diversità in cultura chiusa, per un'appartenenza altrettanto chiusa, e il grande valore dell'unità in un involucro astratto e incapace di rendere coeso e unitario il paese. Il paese perderà coesione. L'unità linguistica e culturale sarà affidata magari ad una TV a bassa qualità, più controllata e più monopolista. Ecco perché la vostra soluzione non è adeguata.
È necessario, invece, pensare un livello costituzionale in grado di garantire il
grande valore dell'unità e il grande valore della diversità. Così faremo grande il nostro paese e potremo anche guardare alla diversità con grande rispetto, secondo un grande principio di valorizzazione e di crescita di tutti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 34.84 e Bressa 34.89, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente, guardi là!
ANDREA LULLI. Presidente!
GIOVANNI RUSSO SPENA. Presidente!
PIERO RUZZANTE. Di fianco a Vito...!
PRESIDENTE. Ognuno voti per sé! Onorevoli colleghi, prima che si verifichino problemi... scusate, nella fila centrale, dalla postazione dell'onorevole Perrotta, a salire...
SERGIO COLA. Sedetevi! Sedetevi! Sedetevi!
NUCCIO CARRARA. Li faccia sedere, signor Presidente!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono in grado di individuare anche chi vota in modo irregolare, poiché sono parlamentare da molto tempo. Ognuno può fare ciò che ritiene stando in aula, ma avverto che se qualcuno vota in modo irregolare, sarà oggetto di provvedimenti. Quindi, prego tutti cortesemente di non votare - o di votare all'ultimo momento - per il vicino. Scusate, ciò vale per tutti, per essere chiari.
Invito i deputati segretari a guardare da tutti i lati dell'aula.
Onorevoli colleghi, votate stando seduti! Tutti stando seduti! Per cortesia, si vota stando seduti!
GIOVANNA MELANDRI. Basta! Non è possibile!
ROBERTO BARBIERI. Presidente!
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente!
PIERO RUZZANTE. Accanto a Vito!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni - Commenti di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
(Presenti e votanti 340
Maggioranza 171
Hanno votato sì 142
Hanno votato no 198).
MAURA COSSUTTA. Vergogna!
PRESIDENTE. Onorevoli, colleghi, vi sono cinquanta voti di differenza, però vale il principio. Non so chi è, quindi...
Prendo atto che l'onorevole Garagnani non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, il problema non è rappresentato dai cinquanta voti di differenza, ma dalla lealtà nei comportamenti parlamentari.
PRESIDENTE. Onorevole Violante, più che richiamare la lealtà, non posso fare...
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, mi spiace dirlo, ma accanto alla postazione del collega Vito vi era una
tessera. Chiedo di verificare se il deputato cui corrisponde tale tessera abbia votato.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Violante. Onorevoli colleghi, vi invito ad evitare comportamenti quali quelli che si sono testé verificati.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mascia 34.85 e Leoni 34.90
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.
ANDREA COLASIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, non sfugge a nessuno che con l'attribuzione alle regioni di una competenza legislativa esclusiva in materia di organizzazione, gestione degli istituti e definizione dei programmi scolastici regionali - che, forse, con eccesso di carico ideologico, avete definito devolution scolastica - si rivedono funzioni tra le più delicate. Non si tratta solo della formazione del capitale umano, ma anche, non meno significativamente, della costruzione della cittadinanza culturale e politica. Si tratta di processi, quindi, che presiedono alla costruzione stessa dei - e sottolineo «dei» - profili identitari della nostra Repubblica. Tale consapevolezza impone, dunque, un chiaro interrogativo. È questo il nodo. La devoluzione scolastica, così come da voi evocata, è declinata normativamente. Essa è congruente o meno con la logica di modernizzazione del nostro sistema scolastico, quale si è venuta faticosamente a delineare negli ultimi anni, con tutta una serie di provvedimenti, ampiamente condivisi - e sottolineo: ampiamente condivisi -, che con equilibrio e saggezza, hanno profondamente ridisegnato l'identità, rimodulando ruolo e funzioni sia delle istituzioni scolastiche sia della logica complessiva del sistema.
ANDREA COLASIO. Da diversi anni vi è, infatti, consapevolezza precisa nel nostro paese che il sistema scolastico deve confrontarsi con mutamenti di scenario e domande inedite. Sia chiaro, onorevoli colleghi, che il vecchio modello scolastico statale, gestito centralmente da una struttura burocratico-amministrativa uniforme, gerarchica e verticalizzata, ha di certo assolto i suoi imperativi funzionali, in piena coerenza, del resto, con il vecchio modello di Stato-nazione, di cui era essenziale articolazione istituzionale: la lotta all'analfabetismo, l'unificazione linguistica, l'integrazione culturale tra centro e periferia.
Va detto anche come la nostra scuola sia stata un grande vettore di democratizzazione e come abbia ridistribuito le opportunità, garantito l'accesso equitativo, pur con limiti, ai più elevati livelli di scolarizzazione. Sono, però - è chiaro - le mutate esigenze della società italiana, l'ancoramento territoriale della domanda che hanno posto l'esigenza di delineare oggi nuovi assetti organizzativi e istituzionali per il nostro sistema scolastico, come per la leva. Il vecchio modello ha esaurito il suo ciclo.
Amici, colleghi, qual è stata la nostra risposta, come centrosinistra? Quella chiara dell'autonomia scolastica correlata alla riforma del Titolo V. Già oggi il sistema scolastico e il suo governo poggiano su un modello plurale e reticolare, su una molteplicità di attori e su un loro equilibrio normativo e dinamico. Ed è su questo punto, signor ministro, che poggia la nostra assoluta contrarietà al vostro modello devolutivo. L'autonomia scolastica per voi, infatti, è residuale; come leggere diversamente la quota regionale dei programmi scolastici, che temiamo potrebbe essere sottratta al 15 per cento da quella garantita all'autonomia scolastica? Oggi voi proclamate con la devolution di voler spostare i confini, l'equilibrio tra competenze esclusive statali e regionali, ma paradossalmente non riuscite neppure ad utilizzare le opportunità normative già esistenti.
Pochi mesi fa la Corte costituzionale, con la sentenza n. 14, ha detto con chiarezza come con l'articolo 22 della vostra legge finanziaria del 2001 si siano surrettiziamente
occupati ambiti già ora di competenza regionale: la programmazione della rete scolastica, nonché la stessa determinazione degli organici scolastici. È la Corte che sottolinea la già avvenuta rottura del monopolio scolastico statale e giudica - lo dico a voi, colleghi di maggioranza - implausibile che con la riforma del Titolo V si sia inteso spogliare le regioni (come voi avete fatto) di una funzione loro già conferita. Altro che devolution! Avete fatto leggi antifederali e antiautonomiste, e ci venite a dire che vi è un enorme contenzioso con le regioni! Ma cosa avrebbero dovuto fare, starvi a guardare?
PRESIDENTE. Onorevole Colasio...
ANDREA COLASIO. Concludo, signor Presidente. La devolution scolastica evoca la comunità locale, ma il suo portato federalistico si arresta ai confini dei capoluoghi regionali, al centralismo regionale; evoca la sussidiarietà, ma pratica solo quella verticale, quando, invece, l'innovazione del sistema scolastico imporrebbe dosi di sussidiarietà orizzontale. Istituzioni scolastiche, comuni, province non rientrano nel modello istituzionale e culturale della vostra devolution scolastica, che è duale, quando le più importanti e migliori esperienze europee ci dicono che l'efficacia è quella dei modelli cooperativi. L'autonomia scolastica e l'attuale Titolo V delineano così oggi una transizione di sistema dolce, negoziata, senza fratture, flessibile e concordata politicamente e, quindi, anche a geometrie variabili, in un quadro di leale collaborazione.
La devolution, al contrario, è coattiva, introduce vincoli e rigidità del sistema e nulla dice sui costi implementativi. Quel che è peggio, è che con la devolution avete introdotto un'idea sbagliata: un'identità oppositiva tra culture regionali e locali. La devolution scolastica, così come l'avete delineata - e concludo, signor Presidente - non comprende la complessità della cultura della società italiana.
Concludo con una frase di de Tocqueville: senza società federale non c'è Stato federale. La vostra devolution ha questo significato e, per questo motivo, voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, l'intervento del collega Colasio, purtroppo, faceva riferimento ad un emendamento già posto in votazione. Ho chiesto la parola proprio perché l'Assemblea deve sapere ciò che, invece, ci apprestiamo a votare, ossia gli identici emendamenti Mascia 34.85 e Leoni 34.90 che fanno riferimento alla polizia locale. Vi sono norme di cui si chiede la soppressione ed altre di cui si chiede la modifica. Vorrei ricordare all'Assemblea che già è stato posto in votazione, per parti separate, il subemendamento 0.34.200.253 della Commissione, con il parere favorevole del Governo. Pertanto, già fa parte dell'articolo 117 la dizione «polizia amministrativa regionale e locale». Ora, ai fini di un coordinamento, stiamo discutendo, con riferimento ai primi due emendamenti, l'abrogazione e, con riferimento ad un altro emendamento, le modifiche di tale norma.
Di questo stiamo parlando. Gli identici emendamenti Mascia 34.85 e Leoni 34.90 fanno riferimento alla soppressione della lettera d) dell'articolo 34, che si riferisce alla polizia locale. Detto questo, attendiamo gli interventi dei colleghi per la determinazione del voto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, le precisazioni rese dal presidente della I Commissione mi consentono di affrontare più compiutamente il tema alla nostra attenzione. In quest'aula noi abbiamo rappresentato tre pericoli che intravediamo nel
vostro testo: il primo è rappresentato dalla moltiplicazione delle diseguaglianze sociali; il secondo riguarda l'ingovernabilità del sistema, con particolare riferimento alle fonti di produzione normativa; infine, il terzo è la moltiplicazione dei centri di spesa e, quindi, il costo finanziario di questa riforma.
Questo non perché siamo contrari alle riforme che costano, ma quando le riforme che costano hanno, come punto di riferimento, la sovrapposizione di organi, strutture e funzioni, ed in definitiva la duplicazione delle stesse, esse sono dannose ed, insieme, inutili.
Il tema della polizia, che ora secondo la vostra visione deve essere distinta fra polizia nazionale, che dovrebbe essere una polizia di sicurezza e di ordine, una polizia giudiziaria (in definitiva una polizia di prevenzione) ed una polizia amministrativa (che deve essere locale, ovvero comunale e provinciale, o possibilmente delle città metropolitane, ma anche regionale), è un esempio così inteso di prospettazione di tutti e tre i pericoli. Mi spiego: noi avevamo faticosamente definito un testo nel quale si prendeva atto che anche la polizia locale è parte e contribuisce all'ordine e alla sicurezza. In questa unitarietà, avevamo escluso la possibilità di una disciplina esclusiva statuale nella materia relativa a quella che tradizionalmente nel nostro paese, secondo le nostre storia, origine e cultura era la polizia municipale.
Ora, questa netta separazione che voi imponete, da una parte crea confusione; infatti, la domanda che io mi pongo è la seguente: è pensabile una disciplina organica e generale delle polizie locali, amministrative? Noi abbiamo faticosamente costruito un sistema amministrativo in parte giurisdizionalizzato ed in parte legale.
Abbiamo detto che, di fronte alle sanzioni amministrative, occorre che siano garantiti il diritto di difesa ed il contraddittorio. Occorrono, inoltre, principi comuni ed ogni pubblica amministrazione deve avere termini per i suoi procedimenti e per le contestazioni.
Si tratta di principi generali che hanno fondamento in valori costituzionali. Il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione deve essere il più possibile paritario e non burocratico. Rimane allo Stato la potestà di dettare principi generali? La separatezza assoluta in materie nelle quali si intrecciano temi di carattere nazionale, regionale e locale non è possibile. Perciò, voi create confusione e duplicazioni di organi e di strutture.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, ha esaurito il tempo...
ANTONIO SODA. Abbiamo chiesto più volte se tale polizia regionale dovrà fronteggiare anche l'ordine e la sicurezza pubblica. Stando ad alcune risposte pervenute sì, oltre alla microcriminalità ed alla criminalità di strada. Allora, non è soltanto una polizia amministrativa, ma anche una polizia di prevenzione.
In sostanza, create disuguaglianze sul territorio per i principi, costi finanziari per duplicazioni di strutture, confusioni ordinamentali.
Questo è il vostro testo, e per questo vi invitiamo a riconsiderare la vostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.
MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, aggiungo alle considerazioni appena svolte dal collega Soda che l'emendamento soppressivo da noi proposto va proprio nella direzione di quanto ha appena detto il presidente Bruno, il quale ha detto che già è scritto nella Costituzione. È vero, l'abbiamo già scritto e l'avete anche approvato. Ora, tale ripetizione è inutile, foriera di dubbi e sta nei fatti, impedendo che il Parlamento affronti con serenità un provvedimento che attende da tempo, dalla precedente riforma del Titolo V, di essere trattato: quello della riforma delle polizie municipali locali.
Sapete che è all'attenzione della Commissione affari costituzionali una proposta di grande significato giunta da ANCI, UPI e presidenti delle regioni, che chiedono, a Costituzione vigente, di poter prevedere una riforma. Se con la parte che volete introdurre si crea ulteriore confusione, faremo sì che quella riforma si differisca ancora di più nel tempo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.
LUIGI GIACCO. Signor Presidente, negli interventi precedenti avevo messo in risalto come, con questo tipo di impostazione, si moltiplichino le disuguaglianze tra i cittadini italiani a livello di sanità e di scuola. Al di là di tali disuguaglianze sociali, vi sono ambiguità e confusione: in materia di sanità ciò riguarda l'esclusività legislativa da parte delle regioni.
Inoltre, ci troviamo in una situazione di ingovernabilità del sistema perché tra le competenze della polizia nazionale, alla quale sono delegate funzioni di sicurezza, di ordine e di prevenzione, e quelle della polizia locale certamente non vi è chiarezza. Vorremmo che, a Costituzione vigente, si potesse emanare un ordinamento riguardante la polizia municipale e locale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.
NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, vorrei ricordare ai deputati della sinistra, in particolare all'onorevole Soda, che è un fine giurista, che correva l'anno 1998 quando venne approvato un decreto legislativo...
RENZO INNOCENTI. Bassanini...
NUCCIO CARRARA. ...oggi legge dello Stato, che ha introdotto la polizia amministrativa regionale e locale.
Ricordo anche ai deputati dell'opposizione ed agli italiani che ci ascoltano che allora vi era al Governo anche Rifondazione comunista. Dunque, si tratta di una legge anche di Rifondazione comunista.
Sono trascorsi sette anni e quella legge è ancora in vigore; quindi, le venti polizie regionali amministrative sono nate sette anni fa.
Ricordo, inoltre, ai fini giuristi, con riferimento alla Costituzione dell'Ulivo, quella approvata nel 2001, che, alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 117, si prevede l'attribuzione delle materie dell'ordine pubblico e della sicurezza in via esclusiva allo Stato, ad esclusione della polizia amministrativa locale. Il che significa, onorevole Soda, che, per il combinato disposto della suddetta lettera h) e del comma 4 dello stesso articolo 117, secondo il quale la potestà legislativa, in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato, spetta automaticamente in via esclusiva alle regioni, già oggi la polizia amministrativa è di competenza esclusiva delle stesse.
MARCELLA LUCIDI. Quella locale!
NUCCIO CARRARA. Se poi lei vuole negare alle regioni il diritto di varare leggi sul proprio territorio è un fatto suo, e non nostro (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, colleghi, vorrei sostenere il mio intervento con le «polpettine» del buon Gene Gnocchi apparse ieri su Il Corriere della sera. Poc'anzi abbiamo decretato che i titoli scolastici conseguiti nelle diverse zone d'Italia conservano valore legale, ma una licenza media ottenuta nel Varesotto equivale ad una laurea in storia medievale all'università di Reggio Calabria.
Con questo articolo si decide che, qualora venga commesso un reato in Abruzzo,
è sufficiente, per farla franca, varcare in auto il confine con il Molise. È ciò che cercate di fare! Prima avete tentato di risolvere problemi per altri «birboni», ed oggi da una regione all'altra possiamo farla franca in questo modo.
State dividendo il paese! State provocando un danno terribile! Battute a parte, cerchiamo di ragionare e pensare bene a ciò che stiamo facendo. Difendiamo la nostra Costituzione, ma, soprattutto, l'unità del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, vorrei ricordare all'onorevole Carrara, che prima è intervenuto - non so se sia un fine giurista...
NUCCIO CARRARA. Non lo sono!
MARCO MINNITI. ... ma, sicuramente, è un attento parlamentare -, che una cosa è un decreto legislativo, altra cosa è la Costituzione della Repubblica.
NUCCIO CARRARA. Ma è legge vigente!
MARCO MINNITI. Vorrei, inoltre, dire al collega Carrara...
NUCCIO CARRARA. C'è la Costituzione vigente!
MARCO MINNITI. ... che il testo precedente era chiarissimo. L'aggiunta del termine «regionale» non fa altro che aumentare la confusione e la possibilità di contenzioso.
Il problema della sicurezza nel nostro paese è aperto ed è il primo problema avvertito dagli italiani. Tutto dobbiamo fare in questo Parlamento anziché aumentare la confusione in questo campo.
Con tale provvedimento e con l'articolo in esame voi aumentate la confusione e ve ne assumete, come è del tutto evidente, la piena responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, vorrei, in primo luogo, sottoscrivere gli emendamenti in esame.
Il problema del funzionamento della sicurezza nel nostro paese è legato a quello dell'assenza di un coordinamento. In campagna elettorale avevate promesso città più sicure, ma, nel corso di due anni, i reati nel nostro paese sono aumentati del 10 per cento. La norma che prevedete di inserire nella Costituzione non farà altro che aumentare i problemi legati alla mancanza di coordinamento.
Non lo dice l'opposizione parlamentare! Andate a parlare con le forze del sindacato di polizia, le quali, tutte, hanno reso dichiarazioni contrarie rispetto all'idea di riforma che state avanzando, perché sono perfettamente consce che l'aggiunta di un'ennesima polizia locale nel territorio non determinerà un maggiore coordinamento, ma creerà più difficoltà alle forze di polizia nel reprimere la criminalità a livello organizzato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE LUMIA. Grazie, signor Presidente. Con la vostra proposta stiamo trattando l'introduzione nella Costituzione della presenza sia di una polizia amministrativa regionale sia di una polizia amministrativa locale. Quando ci si riferisce alla polizia amministrativa locale sappiamo tutti a cosa si fa riferimento: soprattutto alla polizia municipale. Su questo tema il discorso è aperto. L'onorevole Lucidi ha bene illustrato le nostre proposte e quali sono le richieste che provengono dal territorio.
Nella vostra proposta, invece, non si comprende cosa si intenda per polizia amministrativa regionale. Cosa la distingue dalla polizia municipale? Quali altre caratteristiche dovrà avere? Quali risorse dovrà assorbire? Come si dovrà coordinare con le altre polizie?
Ecco perché è seria e credibile la preoccupazione dell'onorevole Minniti che il sistema sicurezza ne risulterà incrinato, che ci sarà confusione e che si terrà aperta una porta alla secessione. Quella che vi state assumendo, quindi, è una responsabilità molto grave (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mascia 34.85 e Leoni 34.90, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 378
Votanti 377
Astenuti 1
Maggioranza 189
Hanno votato sì 150
Hanno votato no 227).
Passiamo alla votazione della seconda parte del subemendamento 0.34.200.253 della Commissione, accantonato nella seduta del 22 settembre 2004, inteso ad aggiungere alla lettera d) del comma 4 dell'articolo al nostro esame, dopo la parola: «polizia» le seguenti: «amministrativa, regionale e».
Avverto che, nel caso in cui tale parte fosse approvata, risulterebbe precluso il successivo emendamento Leoni 34.40.
ELIO VITO. Ma su questo la discussione si è già svolta!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.
MARCELLA LUCIDI. Grazie, signor Presidente. Rispetto a quanto stabilito all'articolo 117, lettera h) della Costituzione - mi rivolgo soprattutto ai colleghi Bruno e Carrara - si sta ora inserendo un'altra disposizione nella Carta costituzionale: ai poteri delle regioni si sta aggiungendo un potere legislativo nuovo, autonomo, indipendente dal potere dello Stato, che pure viene richiamato nell'articolo 117, alla lettera h).
Noi riteniamo che con questo emendamento siamo davanti ad un trabocchetto linguistico: introducete la polizia amministrativa regionale e mantenete la polizia locale. Non si dice niente di diverso da ciò. Si tratta, colleghi, di un cavallo di Troia; si tratta cioè di dare linfa normativa al pensiero che da sempre ha accompagnato il progetto di riforma costituzionale della Lega! Intendete dare alle regioni, come la Lega ha sempre sostenuto, la possibilità di disciplinare in via esclusiva gli interventi di prevenzione e repressione dei piccoli crimini, di organizzare le attività di prevenzione, di presidio e di intervento sul territorio e di fare tutto ciò dotandosi anche di propri corpi di polizia, interagenti con le altre forze dell'ordine a salvaguardia della sicurezza. Nelle vostre intenzioni è presente un affondo grave al sistema democratico di Governo, di ordine e sicurezza pubblici!
Vede, onorevole Carrara, ci ha stancato anche il suo richiamo alle cosiddette leggi Bassanini. Quelle norme, antecedenti alla riforma del Titolo V della Costituzione, rientravano in una strategia politica in materia di sicurezza che ha detto e scritto altre cose, anche nella Carta costituzionale. Il vostro è un disegno irresponsabile che piega la Costituzione ad una strategia allarmante, indifferente all'instabilità che produce e alle disuguaglianze che mette in conto! La sicurezza è un tema vero; è un argomento che ci interessa, anche nei dati. Proprio quei dati che voi nelle analisi state falsando di in anno in anno. Un anno li leggete relativamente all'anno in corso, l'anno successivo, siccome la criminalità aumenta, dite che andrebbero letti nei tre anni.
Il prossimo anno, magari, ci sentiremo dire che i dati vanno letti ad anni alternati, perché l'importante è continuare a dire ai cittadini che le cose vanno bene, mentre non vanno bene affatto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
Crediamo che non si combatta la criminalità, frammentando nel nostro paese il potere di intervento. Al contrario, c'è bisogno di politica e strategia nazionali che tengano conto del fatto che il fenomeno criminale è complesso e supera i confini dello Stato.
Non c'è bisogno in Italia di aggiungere nuove corpi di polizia al servizio dei presidenti delle regioni, manifestando così la sfiducia verso i corpi di polizia nazionali e rifiutando, al contempo, una riforma ai corpi di polizia locale, attesa da tanti anni. Infine, credo soprattutto che non si combatta la sicurezza, assimilando i compiti degli operatori - pubblici e privati, statali e locali, come voi state facendo, con interventi legislativi in corso, compresa questa riforma costituzionale - ad un solo modello di intervento di sicurezza, ovvero quello della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. È evidente la spinta in atto nel nostro paese, distante dallo spirito della legge n. 121 del 1981, che porta alla militarizzazione del sistema di ordine e di sicurezza pubblici.
Onorevoli colleghi, questo disegno si è reso evidente in occasione della legge di riforma della leva. Crediamo che stiate tentando, in maniera forsennata, ma fallimentare e sbagliata, di rafforzare i caratteri coercitivi dell'azione pubblica per dare un alibi alla vostra debolezza e alla vostra incapacità di governare. La sovranità statale oggi deve avvalersi degli enti locali in una funzione diversa da quella da voi concepita. Non tenete inoltre conto dei costi sociali, perché il controllo sociale contro la criminalità non può essere privato di un'analoga politica, coincidente e contemporanea, di attenzione alla coesione sociale. Solo così si vincono le paure.
PRESIDENTE. Volevo ricordare che questo emendamento, di cui viene ripresentata la seconda parte, è stato già esaminato dall'aula. Pertanto, ai prossimi iscritti darò la parola per dichiarazione di voto. Avranno a disposizione un minuto di tempo, quindi mi raccomando la brevità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, proprio per questioni di brevità non ripeterò le cose che molto chiaramente hanno già ricordato molti colleghi, nel tentativo di spiegare la confusione che questa norma genera. Vorrei però accogliere in qualche modo la suggestione suscitata dall'onorevole Carrara, quando ha ricordato come questa dizione, «polizia amministrativa regionale e locale», sia già comparsa nella legislazione vigente, più precisamente nel decreto legislativo n. 112 del 1998, attuativo della cosiddetta legge «Bassanini uno».
È bene, allora, avere le idee chiare per non usare strumentalmente termini che altrimenti potrebbero farci fare confusione, generandola anche in sede interpretativa, di quanto stiamo facendo.
È piuttosto pacifico che, nel qualificare come materia la polizia amministrativa, la dottrina ha negato il riconoscimento di una configurazione autonoma della stessa. In alcuni casi, addirittura la dottrina è andata fino....
PRESIDENTE. Onorevole Bressa...
GIANCLAUDIO BRESSA. Ho già finito?
PRESIDENTE. Avevo detto che l'esame di questo emendamento era stato già concluso. Conseguentemente, avrei dato la parola per dichiarazione di voto per un solo minuto.
GIANCLAUDIO BRESSA. Non avevo capito che avrei avuto a disposizione soltanto un minuto: pensavo raccomandasse soltanto la brevità.
PRESIDENTE. A questa brevità avevo dato anche un termine!
GIANCLAUDIO BRESSA. Lei ha perfettamente ragione, chiedo scusa perché non avevo ben capito.
Vorrei fare in pochi secondi soltanto l'ultima precisazione. Non confondiamo i termini perché quello era un decreto legislativo. Esiste una sentenza della Corte costituzionale in cui si afferma che la polizia amministrativa non è una materia, ma esattamente fa riferimento a competenze amministrative, riferibili a più materie. Pertanto, se con questa operazione cercate di limitare il danno da voi creato con la devolution, generando la confusione tra ordine pubblico, sicurezza e polizia, rischiate di crearne uno ulteriore, perché la polizia amministrativa, regionale e locale, non è una materia, ma un insieme di competenze trasversali che non possono riguardare solo un'unica materia, bensì molteplici.
State attenti, perché con questa dizione creerete ulteriore confusione. Per queste ragioni, annuncio il voto contrario del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ritengo che il problema reale non sia costituito dalla competenza specifica relativa alla futura polizia amministrativa regionale nonché dalla confusione dei compiti che essa dovrebbe essere chiamata a svolgere. Ritengo che il problema da affrontare sia costituito dal fatto che ciò sia inserito nella Costituzione. La collega Lucidi ha precedentemente osservato che l'infelice decreto Bassanini ha introdotto la polizia locale, ma si trattava appunto di un decreto legislativo: in questo caso, si tratta di una revisione costituzionale, e non è la stessa cosa.
Evidentemente ritenete che la Costituzione, anziché essere il testo di fondamentale dell'ordinamento del nostro paese, sia una legge qualsiasi, ovvero intendete usarla furbescamente per far deflagrare l'ordinamento democratico del nostro paese, costruendo l'ipotesi delle piccole patrie etniche, che stanno tanto a cuore alla Lega, che è il collante della futura casa delle piccole patrie etniche.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla seconda parte del subemendamento 0.34.200.253 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 385
Votanti 382
Astenuti 3
Maggioranza 192
Hanno votato sì 237
Hanno votato no 145).
È conseguentemente precluso l'emendamento Leoni 34.40.
Prendo atto che gli emendamenti Anedda 34.124, Pacini 34.104 e Taormina 34.93 sono stati ritirati dai presentatori.
Passiamo all'emendamento Tabacci 34.126.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, siamo a un passaggio nevralgico dell'esame dell'articolo 117 della Costituzione. Ritengo che la clausola di chiusura debba essere correttamente introdotta in questa sede. Infatti, è stato modificato l'articolo 117, sono state definite le competenze esclusive dello Stato nonché le competenze regionali, e a questo punto, a mio avviso, deve essere correttamente inserita la norma di chiusura nei rapporti tra lo Stato e le regioni.
Infatti, l'articolo 120, in cui la norma di chiusura viene collocata dalla Commissione, a mio avviso in modo arbitrario, fa riferimento alla sostituzione a organi delle regioni o degli enti locali, ovvero prevede
un meccanismo in virtù del quale lo Stato può sostituirsi ai poteri locali. Il problema invece è costituito dalla necessità di disciplinare una modalità di coordinamento, qualora prevalgano ragioni attinenti alla giustizia sociale e all'unitarietà giuridica ed economica del paese.
Ritengo sia indispensabile l'introduzione in questa sede di tale clausola di flessibilità, che consenta comunque allo Stato di legiferare quando sono in discussione valori costituzionali unitari e fondamentali. Mi riferisco all'uguaglianza dei cittadini, ai diritti fondamentali, all'unità giuridica ed economica del paese.
Si tratta di legiferare, si badi bene, non contro le regioni, ma nella grande maggioranza dei casi per rafforzare e completare le politiche regionali. Nella seduta di ieri si è svolta una discussione appassionata sui temi del turismo, come se avessimo scoperto oggi che il turismo è un'antica competenza delle regioni, e si è rivendicato il dovere di intervento dello Stato, registrando anche il fatto che in questi ultimi anni altri paesi, ad esempio la Spagna, hanno adottato interventi molto più appropriati rispetto al nostro paese.
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per la ricerca scientifica. Orbene, cosa vuol dire dare allo Stato la possibilità di intervenire ma non per sostituzione? Ho visto l'emendamento presentato dall'onorevole Bressa all'articolo 120 della Costituzione - di cui discuteremo successivamente - in cui si dice: quando la regione è inadempiente... Qui non si tratta di sostituire un inadempiente! Si tratta di affermare un principio di coordinamento, che è una cosa molto diversa e che credo sia un elemento di garanzia.
Ciò comporta un'assunzione di responsabilità che porta a considerare il potere regionale non come una sorta di opposizione rispetto al potere centrale. Questa è una condizione nella quale, in qualche modo, in parte il centrosinistra, in parte il centrodestra, negli ultimi 10-15 anni si sono trovati. È vero che in particolare nei rapporti tra l'atteggiamento della sinistra e potere centrale questa situazione si è andata stratificando nel corso dei decenni (ricordo, ad esempio, la svolta del 1975, quando la conquista delle città veniva vista come un modo per articolare un potere alternativo al Governo centrale). È chiaro che questo presupposto politico non si fonda sul principio della robusta collaborazione tra diversi livelli di Governo: si fonda sul principio della contrapposizione, che è un retaggio negativo della politica di contrasto legata ai fatti della guerra fredda, alle contrapposizioni ideologiche della cosiddetta prima Repubblica.
Penso, quindi, che vi sia bisogno di organizzare sul piano istituzionale questa collaborazione istituzionale, per evitare che essa resti lettera morta. Va quindi ricostruita anche culturalmente. Certo, questa norma non sarebbe ammissibile all'interno di un federalismo competitivo, ma non mi pare che sia questo il discorso che stiamo facendo: se c'è un punto che abbiamo acquisito e al quale sono arrivati anche i colleghi della Lega è che parliamo di un federalismo cooperativo e collaborativo, non un federalismo competitivo, in cui ogni realtà del paese è contrapposta ad un'altra. E questo credo sia un punto acquisito che andrebbe collocato in maniera corretta all'interno del testo costituzionale.
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, la prego di concludere.
BRUNO TABACCI. L'esperienza ci ha insegnato come l'applicazione del principio di sussidiarietà richieda una grande flessibilità e una grande elasticità. Non è possibile tagliare tutte le materie con il coltello e quindi questo principio della concorrenza va risolto con il bene supremo dell'autorevolezza con cui allo Stato centrale viene chiesto, di fronte all'esigenza di uguaglianza dei cittadini, di intervenire. Credo che questo sia il punto in cui vada collocata non soltanto la discussione, ma anche il voto specifico. Trovo che il voto sull'articolo 120 della Costituzione non sia collocato in maniera corretta, anche se rispetto gli orientamenti cui è giunta la Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, non vorrei commettere un secondo errore: dobbiamo discutere solo della collocazione o anche del merito...?
PRESIDENTE. È una discussione di merito: mi sembrava che già dall'intervento dell'onorevole Tabacci fosse chiaro.
GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo scusa, ma siccome mi ero distratto con altri emendamenti, non volevo commettere un errore per la seconda volta.
Sono assolutamente d'accordo con l'onorevole Tabacci, soprattutto con le sue conclusioni, e cioè che questo sia il punto giusto in cui deve essere discussa la questione. Continuo a non capire la malizia dell'onorevole Tabacci quando fa riferimento ad altri emendamenti e non a quelli che noi abbiamo presentato.
La questione dell'articolo 120 è un'altra cosa. Onorevole Tabacci, noi abbiamo presentato un emendamento - che all'interno del fascicolo si trova solo pochi centimetri sotto il suo - che parte dalle sue stesse considerazioni, ma sviluppa ragionamenti sensibilmente diversi. Però la correttezza dell'impostazione è quella che ha detto lei: se di clausola di flessibilità dobbiamo parlare, è questo il punto in cui dobbiamo intervenire, perché una cosa è l'articolo 120, altra cosa è il potere sostitutivo. Quando arriveremo all'articolo 120 valuteremo gli aspetti cui ha fatto riferimento l'onorevole Tabacci relativamente al nostro emendamento.
Approfitterei dell'occasione per parlare congiuntamente sia dell'emendamento Tabacci 34.126 sia di quello immediatamente successivo di cui sono primo firmatario, l'emendamento 34.42.
È stato detto più volte - e lo ripeto ancora una volta - che la giurisprudenza costituzionale, relativa alla riforma del Titolo V, ha dimostrato come una norma costituzionale non possa definire in maniera netta, direi quasi cercando di rinchiuderla entro uno schema fisso, la separazione delle competenze e i rapporti tra Stato e regioni.
Sempre questa recente giurisprudenza della Corte costituzionale, relativa al nuovo Titolo V, ha innovato profondamente anche per quanto riguarda il concetto stesso di materia: basti pensare all'interpretazione estensiva data dalla Corte a proposito delle cosiddette "materie non materie"; basti pensare anche ad alcune pronunce di merito in cui, ad esempio, ha fatto esplicitamente riferimento al caso delle infrastrutture e delle telecomunicazioni in cui sia indispensabile un'intesa.
Vi è dunque la necessità di intervenire su tale questione; ed è molto più opportuno intervenire con una clausola di flessibilità, che non - proprio per le ragioni che ho detto - sulle materie singole, anche se è stato - cosa che noi abbiamo dimostrato di voler fare - utile ed opportuno cercare di dirimere un po' di confusione, che, innegabilmente, la riforma del Titolo V aveva prodotto in questa ripartizione così secca e rigida delle materie.
Vorrei però che fosse chiara una cosa: io sono stato un sostenitore accanito - e lo sono ancora adesso, non sono assolutamente pentito - della novità introdotta dalla riforma del Titolo V in tema di interesse nazionale. Per dirla con una felicissima sintesi operata dalla dottrina, con la riforma del Titolo V si è rivoluzionato il criterio di fondo dell'ordinamento dei rapporti tra Stato e regioni. Non vi sono più enti disposti lungo una linea gerarchica, tale per cui all'ente generale era riconosciuto e riservato il potere-dovere di curare gli interessi generali, ma enti pariordinati, tenuti a collaborare per tutto ciò che attiene agli interessi comuni, gli interessi della loro stessa casa comune, che è la Repubblica.
La riforma ci dice come le esigenze unitarie possono e devono trovare la loro tutela nelle sedi e nelle forme paritarie della leale collaborazione, non in quelle di un intervento dello Stato ispirato a supremazia. Per questo la modifica apportata nell'articolo 114 della Costituzione, recuperando ivi i princìpi di sussidiarietà e di
leale collaborazione, è una cosa importante. Quel princìpio si sposa poi con questa norma: la nostra ha un significato, quella dell'onorevole Tabacci ne ha un altro leggermente diverso, ma tutte e due vanno in quella direzione.
La novità del nostro emendamento sta nel fatto che introduciamo un nuovo argomento, una nuova questione. Introduciamo cioè l'interesse della Repubblica, la tutela degli interessi della Repubblica, meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, nel rispetto dei princìpi di leale collaborazione e sussidiarietà: questo ai fini della garanzia dei valori costituzionali. Noi specifichiamo in maniera netta che non spetti allo Stato, inteso come ente sovraordinato, che ha più poteri rispetto alle altre autonomie regionali e locali che siano, ma che spetti alla legge dello Stato.
In questo punto recuperiamo per la prima volta un princìpio - ed ho concluso - che ci sorreggerà quando discuteremo del Senato: la legge dello Stato. È questa una responsabilità che non spetta al Governo ma al Parlamento, perché è di questo che noi stiamo parlando. L'interesse della Repubblica, oltre a questa collaborazione tra tutti gli enti, deve trovare un luogo non di rivendicazione uno contro l'altro, ma in cui le istanze regionali e quelle nazionali trovino una composizione.
È del tutto evidente che il nostro testo corrisponde pienamente allo spirito innovatore della riforma del Titolo V. Quello dell'onorevole Tabacci - a mio modo di vedere - culturalmente è più antico ed arretrato, ma finisce con l'ottenere il medesimo risultato e credo che questa sia una cosa sulla quale tutti dobbiamo riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, credo che abbiano fatto bene l'onorevole Tabacci, il collega Malgieri, e altri colleghi, a presentare questo emendamento, perché solleva un problema di equilibrio nel rispetto delle rispettive competenze. Credo che, anche grazie a questo emendamento, si arriverà - quando si tratterà dell'articolo 120 della Costituzione - ad un testo (presentato dalla maggioranza) in cui verrà assorbito completamente quanto intendevano stabilire i presentatori dell'emendamento stesso. Nell'emendamento Tabacci ed altri si dice appunto che, qualora si riscontri una situazione di diversità, di condizioni di vita non equivalenti nel territorio della Repubblica, laddove si tratti di tutelare l'unità giuridica ed economica nell'interesse generale della collettività nazionale, si possa legiferare a livello nazionale in deroga.
Approfondendo, poi, la modifica prevista dalla maggioranza all'articolo 36 che modifica l'articolo 120 della Costituzione, noi, non solo troviamo l'assorbimento del valore, da me riscontrato nell'emendamento Tabacci, ma anzi, lo troviamo rafforzato nel momento in cui, non è solo il Parlamento - onorevole Tabacci - ma è lo Stato, che è rappresentato dal Governo, dal Parlamento, dalle prefetture e da ogni altro organo che, in tutte le sue articolazioni, potrà sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni nel caso di mancato rispetto di norme, trattati internazionali e normativa comunitaria, oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica.
Io mi preoccupavo - onorevole Bruno - affinché l'equità sociale potesse essere garantita, senza ombra di equivoci, su tutto il territorio nazionale a cominciare dalla questione retributiva; infatti, non condividendo l'obiettivo delle gabbie salariali, mi preoccupavo di questo aspetto.
A tal riguardo, invece, trovo che nella modifica all'articolo 36 della maggioranza, ci sono anche garanzie riguardanti l'equità sociale; infatti, nel momento in cui il comma fa riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, le singole regioni potranno aggiungere, ma non togliere.
I livelli minimi, quindi, sono garantiti per quanto riguarda i contratti di lavoro, gli asili nido e quant'altro; così come sono garantite le prestazioni sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali e nel rispetto dei principi di leale collaborazione e sussidiarietà.
Inoltre, nello stesso articolo si fa, anche, riferimento alla normativa europea; quindi, all'aspetto che a me più preoccupava, cioè la diversità dei servizi e delle prestazioni sul territorio e in particolare di servizi sociali. In questo emendamento vengono racchiuse tutte le istanze rappresentate dall'onorevole Tabacci e tra gli altri, anche, di deputati di Alleanza nazionale (Malgieri e Landolfi) e di altri gruppi, come l'onorevole Biondi ed altri, cui va il merito di aver presentato l'emendamento in esame, poiché senza tale proposta, difficilmente, avremmo ottenuto un testo così chiaro, garantista e preciso come quello di cui stiamo discutendo.
Ecco il motivo per il quale, se il mio ragionamento trovasse riscontro, invito l'onorevole Tabacci a ritirare il suo emendamento, per fare non un passo indietro, bensì un passo avanti nella garanzia dei diritti sociali e della equità territoriale di cui l'onorevole Tabacci - che comunque ringrazio - si è fatto portatore (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che la discussione che si è aperta adesso, a partire soprattutto dall'intervento svolto dal collega Tabacci - dico soprattutto perché condivido più il suo che quello del collega Bressa, anche se gli do atto della fondatezza della questione -, evidenzia una questione di grandissima rilevanza.
Personalmente non amo l'espressione, che vedo usare spesso sia sulla stampa, sia nell'ambito del dibattito politico, di «clausola di supremazia», ma preferisco usare l'espressione «clausola di salvaguardia». Su questo punto, manifesto un radicale dissenso rispetto al testo proposto dalla Casa delle libertà, ed in particolare riguardo all'introduzione, imposta da Alleanza nazionale all'intera maggioranza, del cosiddetto interesse nazionale; non a caso, infatti, sia l'emendamento Tabacci 34.126, che ci accingiamo a votare tra poco, sia l'emendamento Bressa 34.42, immediatamente successivo, propongono di sopprimere, conseguentemente alla loro eventuale approvazione, l'articolo 39 del provvedimento in esame, relativo proprio al principio dell'interesse nazionale.
Mi meraviglio del fatto che non solo i colleghi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana, ma anche quelli dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (l'intero gruppo, non l'onorevole Tabacci singolarmente) non se ne rendano conto! Infatti, l'imposizione del cosiddetto interesse nazionale, che giunge addirittura a far annullare, con decisione del Parlamento e decreto del Presidente della Repubblica, le leggi regionali senza passare attraverso la Corte costituzionale è, dal nostro punto di vista, totalmente inaccettabile. Ciò è perfino inconcepibile nell'ambito di una Repubblica riformata in senso federalista, con un Senato che si autodefinisce federale e con un articolo 114 della Costituzione - già modificato da noi nella scorsa legislatura, ma che abbiamo completato insieme in questa legislatura, poiché il voto è stato unanime - che recita che la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, che esercitano le loro funzioni sulla base dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza che avevamo chiesto di introdurre questa parte, che integra il primo comma dell'articolo 114 della Costituzione, fin dal dibattito svolto, in I Commissione, in sede referente, ma allora venne respinta; tuttavia, vorrei dire loro che abbiamo preso positivamente atto della sua accettazione da parte della maggioranza in sede di esame in Assemblea, tanto è vero che l'abbiamo approvata all'unanimità.
Ma è a questa Repubblica che dobbiamo riferirci, allora, quando dobbiamo concepire una corretta...
PRESIDENTE. Onorevole Boato...
MARCO BOATO. ... clausola di salvaguardia del sistema costituzionale.
Da questo punto di vista, ritengo apprezzabile lo sforzo compiuto non solo dall'onorevole Tabacci, ma anche da altri deputati; infatti, se ho capito bene, si tratta di un emendamento presentato non dal gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, ma dagli onorevoli Tabacci, Malgieri e Landolfi (di Alleanza nazionale), La Malfa (repubblicano), Biondi (di Forza Italia), Craxi (Nuovo PSI), Cossa (del gruppo Misto, ma aderente alla Casa delle libertà) e Giuseppe Gianni (che, se non sbaglio, aderisce anch'egli al gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
LUIGINO VASCON. Sostanza! Sostanza!
MARCO BOATO. Si tratta, dunque, di un emendamento trasversale alla Casa delle libertà, che pone l'attenzione su un problema reale, che è giusto collocarlo nell'ambito dell'articolo 117 della Costituzione.
PRESIDENTE. Onorevole Boato...
MARCO BOATO. Il nostro emendamento successivo, l'emendamento Bressa 34.42 (che segnalo essere stato presentato prima rispetto all'emendamento Tabacci 34.126, che tuttavia verrà posto in votazione prima perché è più lontano dal testo dell'articolo 34 del provvedimento in esame), a nostro avviso contiene riferimenti più forti dal punto di vista costituzionale, poiché fa riferimento alla garanzia dei valori costituzionali, alla tutela degli interessi della Repubblica - non, dunque, l'interesse nazionale, ma gli interessi della Repubblica, che è costituita da tutti i soggetti che ho più volte citato, e soltanto a quegli interessi non a tutti! - che siano meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
Ciò al fine di evitare che vi siano intromissioni nelle competenza regionali...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, concluda!
MARCO BOATO. ...che travalichino tali sacrosante esigenze: i valori costituzionali, gli interessi della Repubblica e la disciplina uniforme che si rende necessario introdurre.
Per questo motivo, preferiamo comunque la formulazione del nostro emendamento Bressa 34.42, che riteniamo maggiormente rispettosa della concezione costituzionale presente non solo nella Costituzione del 1947 ma, ancor più, nel nuovo articolo 114 della Costituzione, così come risulta modificato dal voto di pochi giorni fa. Riteniamo, comunque, che la questione sia stata posta in questa sede opportunamente, vale a dire in occasione dell'esame delle modifiche all'articolo 117 della Costituzione, che concerne le competenze esclusivamente statali, le competenze concorrenti tra lo Stato e le regioni e le competenze esclusive delle regioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente l'intervento del collega Tabacci che, nell'esporre il proprio emendamento che vede anche la firma dei colleghi Biondi, Landolfi, La Malfa e altri, è partito da un presupposto: questo emendamento in qualche modo non toglie poteri alle regioni, ma tenta di immettere all'interno dell'articolo 117 della Costituzione quella che si potrebbe un'armonizzazione nella tutela di alcuni interessi generali, che vengono riferiti su tutto il territorio nazionale, per salvaguardare l'unità giuridica ed economica della collettività nazionale. Il collega Bressa ha
precisato i motivi per i quali, nonostante noi si colga questo elemento, abbiamo formulato un emendamento, che sopprime un comma diverso della Costituzione inserendolo nell'articolo 39, riguardante le leggi regionali di interesse della Repubblica, che, oltretutto, nella formulazione del testo della maggioranza è anche affidato ad una delle competenze dell'istituendo Senato federale.
Tuttavia, a me pare che il vero punto della questione è che deve essere molto chiaro che l'ispirazione di questo emendamento coglie il punto politico relativo al fatto che noi avevamo messo allo stesso livello di equipollenza lo Stato e le regioni, e, soprattutto, che avevamo inserito l'elencazione delle materie interessate, elemento su cui anche la giurisprudenza pone problemi relativi alla certezza.
Vorrei ricordare ai colleghi che, esattamente due anni fa, abbiamo affrontato un provvedimento, la cosiddetta legge La Loggia, che, proprio nel tentativo di attuare parte dell'attuale Costituzione vigente relativa al Titolo V, sui conflitti nati in ordine alla legislazione esclusiva e concorrente fra Stato e regioni, impegnava il Governo, attraverso il conferimento di una delega, alla ricognizione dei principi fondamentali che facevano da cornice all'interno di questo livello di leale collaborazione e sussidiarietà. Noi riteniamo che la nostra formulazione, rispetto all'emendamento del collega Tabacci, sia collocata all'interno di una nuova definizione pur assumendo questa impostazione e sia quindi migliore. Cogliamo comunque la positività dell'emendamento Tabacci, anche se in occasione del dibattito sul nostro emendamento forniremo un'articolazione più precisa dei nostri propositi nell'esplicitazione del voto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Grazie Presidente, anche io faccio una considerazione preliminare che potrebbe apparire scontata o forse addirittura banale: vorrei sottolineare che in quest'aula molti, potrei dire tutti, anche se con formulazioni molto diverse (perché, come ricordavano i colleghi, noi non condividiamo l'impostazione seguita negli articoli successivi del testo adottato dalla maggioranza relativamente al cosiddetto interesse nazionale), avvertono l'esigenza, di fronte ad un rinnovato articolo 117, di porre una cosiddetta clausola di salvaguardia. Vorrei ricordare che la clausola di salvaguardia è necessaria nella misura in cui si sono votati degli articoli che determineranno delle ineguaglianze, delle sperequazioni e delle contraddizioni nel territorio nazionale. Sottolineo questo perché ieri molto si è discusso sul significato della tutela della salute nelle competenze statali, che di per sé avrebbe garantito i livelli essenziali e i principi fondamentali della prima parte della Carta costituzionale, laddove, invece, si determina l'organizzazione sanitaria di competenza esclusiva regionale. Di conseguenza questa tutela della salute di per sé non garantirà per nulla che in Lombardia come in Calabria vi saranno le stesse prestazioni, ovvero che da parte del servizio pubblico si continuerà a garantire questo principio fondamentale senza affidarlo totalmente ad un sistema privato. Comunque, il problema relativo a questi diritti fondamentali, che potranno essere trattati in modo assai diverso da una parte o l'altra del territorio, resta.
Allora, tutti noi avvertiamo l'esigenza, quanto meno di fronte a questa cosiddetta devoluzione, di introdurre delle clausole di salvaguardia. Anch'io, naturalmente, come i colleghi che mi hanno preceduto, ho apprezzato lo spirito e i contenuti dell'emendamento del collega Tabacci (anche se egli stesso ha dovuto sottolineare come questo emendamento non tolga potere alle regioni).
Su tale aspetto, però, vorrei soffermarmi perché, mentre sono presenti tutte le preoccupazioni e le esigenze - che noi pure avvertiamo - nell'emendamento successivo (che noi evidenziamo in modo assai più efficace laddove individuiamo la garanzia dei valori costituzionali e la tutela degli interessi della Repubblica nei
principi di leale collaborazione e sussidiarietà tra le diverse istituzioni), nell'emendamento Tabacci 34.126, se sono da apprezzare la finalità e i temi che vengono proposti (ovvero le questioni riguardanti non solo le condizioni di vita, che devono essere equivalenti, ma anche la tutela dell'unità giuridica ed economica dell'interesse generale della collettività, usando parole forti, interessanti), un punto che a mio avviso rimane debole riguarda l'approccio.
L'emendamento Tabacci 34.126, infatti, recita che l'esercizio della potestà legislativa statale «è sempre consentito». È sempre consentito: non è detto che questo si applichi, né è detto che abbia luogo a determinarsi. Nel nostro emendamento, invece, si afferma - a mio avviso in modo più chiaro - che ciò spetta, comunque, alla legge dello Stato. La legge dello Stato, cioè, deve intervenire.
Ritengo che questi elementi, che possono apparire magari delle minuzie o delle sfaccettature, nella Carta costituzionale debbano essere sottolineati. Anche queste specificità possono assumere un valore poiché un mandato più forte, relativamente ai compiti da parte dello Stato, ha un significato preciso. Introdurre la possibilità di intervenire lascia invece una discrezionalità che non è detto si traduca poi in un intervento vero e proprio.
Dunque, pur apprezzando i contenuti dell'emendamento di cui parliamo, vorrei sottolineare che, dal mio punto di vista, i temi che il collega Tabacci propone vengono soddisfatti in modo più esauriente nell'emendamento Bressa 34.42, successivo che abbiamo sottoscritto come opposizione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, mi pare che questi due emendamenti - l'emendamento Tabacci 34.126 e l'emendamento Bressa 34.42 - abbiano colto il cuore di tutta la nostra riforma. L'onorevole Tabacci, però, è partito da un assunto che, invece, dovremmo dimostrare. Un punto acquisito - egli dice - è che la riforma in esame modella un federalismo cooperativo e collaborativo: questo è il punto da dimostrare, anzi, il fatto che la Commissione abbia rifiutato il suo emendamento - che io sottoscriverei - dimostra che noi stiamo modellando un altro tipo di federalismo! Altro che cooperativo e solidale, come affermava il cardinale Martini: il nostro è un federalismo competitivo-concorrenziale, in cui le regioni non sono sullo stesso piano e, quindi, si creano diseguaglianze!
Quindi, penso che sia stato opportuno proporre questi emendamenti, che sono in linea con l'essenza della riforma che state realizzando. Un voto negativo su questi due emendamenti dimostrerebbe che tale riforma si propone di introdurre un tipo di federalismo che noi non possiamo accettare minimamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Volonté. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, vorrei ringraziare i colleghi che sono intervenuti in merito agli emendamenti in questione e al tema che stiamo affrontando in questo comma aggiuntivo, che noi riteniamo, come firmatari dell'emendamento di maggioranza, di avere ampiamente ripreso nell'articolo 120.
In tale articolo infatti, diversamente dal testo vigente, che prevede (al secondo comma) che il Governo «può» sostituirsi agli enti locali - quindi con una discrezionalità ampia da parte di chi ha la maggioranza, a seconda della propria interpretazione del concetto di unità giuridica della nazione, di quello di incolumità e di sicurezza pubblica, e così via - abbiamo proposto di inserire la dizione «lo Stato, anche con propri provvedimenti legislativi»; ma lo vedremo meglio nel prosieguo del dibattito. Si tratta di una formulazione giuridica, che in tutti gli ordinamenti federali del mondo occidentale moderno è conosciuta con il nome di clausola di supremazia (lo potrebbe spiegare
bene, e lo farà probabilmente nel prosieguo della discussione, il professor Bressa). Il significato è il seguente: i tanti che si mettono assieme o i tanti ai quali viene devoluto in forme diverse il potere riconoscono che la legislazione dello Stato può intervenire, su alcuni temi come l'interesse nazionale, l'unità giuridica della nazione e così via, sostituendosi o avendo (utilizzando un'altra espressione lessicale) la supremazia sulle leggi degli organi inferiori.
Per questo motivo, ritengo positiva la discussione che si è svolta oggi ed invito pertanto l'onorevole Tabacci e l'onorevole Bressa - anche se mi sembra che non intendano ritirare i propri emendamenti all'articolo 117 - a riprendere questa discussione non solo nel Comitato dei nove, ma anche quando affronteremo l'esame delle modifiche all'articolo 120. Infatti, anche grazie a questa discussione, che ritengo sia stata affrontata positivamente dalla maggioranza dal mese di luglio in poi (perché la nuova dizione di cui parlavo per l'articolo 120 non esisteva ancora nel mese di luglio), il Comitato dei nove farà certamente tesoro delle osservazioni emerse oggi e troverà elementi e spunti interessanti per approfondire il tema trattato, tema che noi comunque consideriamo già ampiamente comprensivo delle preoccupazioni emerse in queste settimane in quest'aula, che purtroppo però non erano emerse, né da parte della maggioranza, né da parte dell'opposizione, nella discussione riguardante il vecchio Titolo V.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Intervengo a sostegno dell'emendamento presentato dall'onorevole Tabacci, però devo dire che condivido anche i rilievi appena formulati dal collega Volontè. Mi auguro che essi servano anche ai fini rilevanti dell'interpretazione di questa clausola, che se non vogliamo chiamare di supremazia, possiamo definire di coordinamento degli interessi nazionali.
Non ripeto le argomentazioni già espresse dal collega Bressa, circa la migliore formulazione dell'emendamento successivo, presentato dal centrosinistra. Mi auguro soltanto che tutti si possa dare una lettura ampia della deroga della quale stiamo parlando. L'esercizio della potestà legislativa statale, qualora si renda necessaria al fine di assicurare condizioni di vita equivalenti nel territorio, deve poter riguardare, nell'espressione «condizioni di vita», molti campi, come la scuola - mi sembra del tutto ovvio -, e quindi non solo le condizioni di vita economico-sociali. Altrimenti vi sarebbe ancora una contraddizione tra competenze esclusive e forme di coordinamento, che finirebbero per dare luogo a una specie di tango argentino, un passo avanti e un passo indietro, un procedere da ubriachi, che non aiuterebbe ad avere una Costituzione chiara, che è necessaria per il nostro paese.
PRESIDENTE. Comunque, i ballerini di tango sono sobri...! Non è obbligatoria l'ubriachezza; anzi, il tango è una grande arte!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, il mio intervento potrebbe sembrare un po' in controtendenza rispetto a tutti quelli che si sono susseguiti finora. Credo sia un dato di fatto che, con questa riforma, siano notevolmente potenziati i poteri di ingerenza dello Stato nelle materie anche di competenza esclusiva delle regioni.
È stato riscritto meglio l'articolo 120, aumentando il potere sostitutivo dello Stato. È stato reintrodotto l'interesse nazionale, all'articolo 127, con la potestà di annullare le leggi regionali. Noi della Südtiroler Volkspartei siamo contrari sia a tali modifiche sia all'emendamento in esame, perché riteniamo che gli strumenti a disposizione dello Stato, già oggi, a Costituzione vigente, siano più che sufficienti a far valere gli interessi dello Stato medesimo. Richiamo le sentenze della Corte costituzionale n. 303 del 2003 e n. 6
del 2004, nelle quali la Corte stessa ha evidenziato che, in base ai principi di sussidiarietà, lo Stato può legiferare in campi di interesse sovraregionale.
Per cui, tutti gli strumenti che si tenta di introdurre non sono altro che ulteriori facoltà attribuite allo Stato per ingerirsi in questioni che non sempre appartengono allo Stato. Ritengo si tratti di strumenti pericolosi.
Con quest'emendamento si propone di introdurre un altro strumento, ancor più pericoloso, perché non è sostitutivo in caso di inerzia, ma legittimerebbe ex ante lo Stato e il Parlamento a legiferare in materie anche di esclusiva competenza regionale. Tale emendamento ricalca analoga disposizione del Grundgesetz tedesco, che credo non sia un esempio da seguire, perché tale disposizione ha comportato lo svuotamento pressoché totale delle competenze dei länder. Si potrebbe seguire su altri aspetti il Grundgesetz, ma sicuramente non su questa clausola che, nell'esperienza pratica degli ultimi decenni, ha condotto a risultati che si potrebbero anche definire devastanti.
Pertanto, annuncio il voto contrario della Südtiroler Volkspartei su quest'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, voterò a favore di quest'emendamento. Naturalmente, nella vita, si può sempre fare meglio, ma apprezzo che si parli di potestà legislativa statale in termini chiari, in modo tale che non vi sia una specie di «giudizio di Dio» del Governo attorno a tali problemi e che si dica apertamente «al fine di assicurare condizioni di vita equivalenti (...) e di tutelare l'unità giuridica (...)».
Mi pare che sia un emendamento condivisibile. Naturalmente, vi è di meglio, lo ripeto, ma questo emendamento può essere sostenuto e votato. Trovo curiosi alcuni argomenti che ho ascoltato, perché non vi è dubbio che tale principio si incardina alla fine di questo articolo, in una sede giusta, omogenea e coerente con il rapporto tra i poteri degli organi della Repubblica. Condivido, quindi, questo emendamento e voterò a favore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il dibattito che si è svolto su questo emendamento dimostra come tale aspetto sia decisivo e nevralgico rispetto all'intera riforma, che rischiava - e che rischia comunque - di essere un gran pasticcio, dannoso per il paese. Alcuni autorevoli esponenti della maggioranza, da La Malfa a Tabacci, a Biondi, si sono resi comunque conto della necessità di inserire in questo testo assai farraginoso una norma di salvaguardia, di supremazia (o in qualunque modo la si voglia chiamare). Ciò è un atto di saggezza che mi fa dire: «meglio tardi che mai, meglio ciò che nulla».
Le considerazioni svolte dall'onorevole Tabacci, in particolare, sono condivisibili e non mi appassionerei alla collocazione di tale norma all'inizio o alla fine del testo. È importatante che passi il principio della necessità di riservare allo Stato il dovere e la responsabilità di tutelare l'unità giuridica ed economica del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la norma in esame, in ordine alla quale preannuncio un voto favorevole, ha precedenti antichi. Anche nel limitato periodo di tempo in cui a Roma vi fu la democrazia valeva il principio che, in casi eccezionali, «videant consules ne quid detrimenti res publica capiat». È un caso di questo tipo nel momento in cui viene messa in discussione l'unità giuridica ed economica del paese, ossia nei casi in cui possiamo assistere allo
sfascio della Repubblica. Potrei essere d'accordo rispetto ad un rafforzamento della norma, stabilendo che tale deroga vale in casi eccezionali, ma mi sembra che ciò sia chiaro. Questo potere è dato quando si tratta di assicurare eguaglianza ai cittadini oppure - ed è su questo aspetto che vorrei soffermare l'attenzione dei colleghi - per assicurare unità giuridica ed economica alla Repubblica.
A questo punto, in uno Stato più o meno decentrato, più o meno federale, è essenziale che vi sia la difesa dell'unità della Repubblica, anche in forza di quanto stabilito dall'articolo 5, non modificato, della prima parte della Costituzione.
Non mi addentrerei in esegesi letterali o sistematiche: mi sembra che l'emendamento Tabacci 34.126 sia molto chiaro e, tutto sommato, anche collocato al posto giusto. In ciò la mia opinione differisce da quella di alcuni colleghi. Per queste ragioni, preannuncio il mio voto favorevole sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, se si è giunti alla formulazione degli emendamenti Tabacci 34.126 e Bressa 34.42, presentato dalle opposizioni, evidentemente è perché in questo testo di riforma costituzionale si è fatta tantissima confusione e demagogia e perché si è cercato di riformare la Costituzione spesso non in base ad esigenze di chiarezza e di linearità e, quindi, in base all'interesse nazionale generale, bensì nell'interesse di un partito: la Lega Nord. Sono fortemente convinta che, purtroppo, la modifica del sistema delineato nell'articolo 117 da voi realizzata e definita devolution, sia una risposta sbagliata. Si tratta di scelte secessioniste, perché forniscono risposte a livello regionale a problemi che, invece, sono addirittura transnazionali e assumono persino rilievo europeo.
Allora, credo che con questi emendamenti si dia una risposta a tanta demagogia, a tanta confusione, a tanta mancanza di senso dello Stato e di politica, rimediando al danno procurato. La Costituzione e i suoi principi non possono essere tirati da una parte e dall'altra come un lenzuolo. Non è possibile agitare questi spauracchi, come purtroppo molte forze politiche hanno fatto, fornendo risposte assolutamente sbagliate. Allora, vi è bisogno di una politica seria per risolvere tale situazione e di questa ritrovata unità giuridica, economica e sociale del paese, ed occorre lavorare nell'interesse generale.
È ciò che abbiamo tentato di dire in questi giorni, purtroppo molto spesso inascoltati, ed anzi, quasi sempre inascoltati. Abbiamo condiviso il precedente emendamento a firma Bressa e sicuramente anche l'emendamento Tabacci, che va nella stessa direzione.
Siamo quindi grati all'onorevole Tabacci di averlo formulato al fine di sottoporlo alla votazione dell'Assemblea. Spero, e mi auguro, che il seguito della discussione sia caratterizzato dal senso di un'alta responsabilità dinanzi all'interesse generale dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 34.126, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 390
Votanti 387
Astenuti 3
Maggioranza 194
Hanno votato sì 156
Hanno votato no 231).
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal momento che sono previsti diversi interventi sul successivo emendamento e che, come è ovvio, non possono essere separate le dichiarazioni di voto dal voto stesso, suggerirei quindi di affrontarne l'esame - credo che una votazione in più o in meno non possa rappresentare un problema - la prossima settimana. Credo che il relatore, onorevole Bruno, non abbia alcun problema al riguardo.
DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione relativa alla materia trattata da questo emendamento è già stata svolta. Ora, se i deputati dell'opposizione intendono parlare in modo da superare le ore 13, dal momento che tutti i colleghi hanno il diritto di rispettare gli impegni assunti, probabilmente dovremmo interrompere lo svolgimento dei lavori in questo momento.
Ritenevo tuttavia che la discussione relativa a questo emendamento potesse essere riferita a quella svoltasi per i precedenti, dal momento che tutti si sono espressi in questi termini...
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, anche quando le materie sono convergenti, afferenti e affini, ogni emendamento prevede una sua fase di discussione.
DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vi è il diritto di tutti di intervenire. Se così è, allora credo che si debba prendere atto della situazione e trarne le conclusioni.
PRESIDENTE. Mi sembra che l'Assemblea stia dando una risposta «spontaneista» al quesito...
Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.
In attesa che giunga in aula il rappresentante del Governo competente a rispondere all'interpellanza urgente iscritta all'ordine del giorno, sospendo la seduta.
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