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prevedano una sala unificata, una regia di tutti i soggetti che si occupano di sicurezza stradale, al fine di coordinare meglio le iniziative per abbattere il rischio di incidentalità. Avrebbe anche il compito, come già avviene all'estero, di individuare le arterie più critiche, i punti più a rischio e indirizzare, quindi, gli interventi per il miglioramento delle infrastrutture. Alla sala unificata, composta da rappresentanti delle associazioni di vittime della strada, ambientaliste e dei consumatori, spetterebbe il compito di raccogliere, con cadenza settimanale, dati sui flussi di traffico e sull'incidentalità, nonché quello di predisporre una carta dei rischi delle strade principali e secondarie e delle autostrade. Un'elaborazione finalizzata al rapido e capillare intervento da parte delle forze dell'ordine nell'attività di vigilanza sul rispetto dei limiti di velocità e di regolazione del traffico, in particolare nei festivi;
Paesi esaminati: Austria (8,9), Belgio (7,2), Francia (5,4), Finlandia (5,0), Germania (4,5), Danimarca (4,3), Irlanda (4,0), Svizzera (3,3), Olanda (3,3), Svezia (3,2), Gran Bretagna (2,0). E il dato dell'Inghilterra spicca davvero, anche perché le motorway del Regno Unito accolgono il maggior volume di traffico in Europa;
il 23 marzo 2004 il presidente dell'Aci, Franco Lucchesi, ha sostenuto che i benefici portati dalla «patente a punti» stanno svanendo. Dopo un brusco calo iniziale, gli incidenti stradali sono tornati a salire: dopo un meno 30 per cento seguito all'introduzione della «patente a punti», negli ultimi due mesi si viaggia intorno all'8-10 per cento. «Se si continua così - ha detto il presidente dell'Aci - da qui ad un anno l'effetto benefico della "patente a punti" svanisce»;
dopo l'ennesimo tragico week-end, che ha fatto registrare ben 65 morti contro i 48 del 2003, nell'ultimo mese il numero di morti per incidenti stradali ha fatto registrare un impressionante aumento rispetto ai dati del 2003: 43 morti contro i 34 del 2003 nello scorso fine settimana (10-11 luglio 2004); 59 contro i 46 del 2003 in quello precedente (3-4 luglio 2004). Questi dati confermano che la «patente a punti» da sola non può fare la differenza e che servono altri e decisivi interventi;
meno serrati appaiono anche i controlli: nel primo anno di vita della «patente a punti» (1o luglio 2003-30 giugno 2004) sono state effettuate 3.078.298 contravvenzioni, l'anno precedente erano state 3.506.416: il calo è del 12 per cento (nonostante siano stati attivati 4.635 nuovi autovelox);
questo avviene anche a causa della carenza di personale, che limita notevolmente le operazioni di controllo sulle strade, che potrebbero ricondurre gli automobilisti ad una guida prudente e rispettosa delle regole: sono, infatti, le stesse forze dell'ordine a lamentare la carenza di organico. Se nel 1960 controllavano il traffico 545 mila pattuglie per 2 milioni e mezzo circa di veicoli (una pattuglia ogni 4,5 automobili), oggi l'asimmetria, il profondo squilibrio è evidente: ogni pattuglia ha mediamente il compito di sorvegliare la circolazione di circa 90 veicoli. E con l'aggravante che rispetto al 1960 il numero delle pattuglie non è diminuito solo percentualmente, ma anche in termini assoluti: dalle 545 mila di allora alle 477 mila di oggi;
proprio la rete stradale italiana e l'assenza di una manutenzione adeguata sono concause non irrilevanti nell'incidentalità stradale. Più precisamente - lo affermano le conclusioni di uno studio effettuato da un pool di tecnici di 30 università italiane per la Società italiana di infrastrutture viarie (Siiv) - il 40 per cento degli incidenti è imputabile agli utenti, ma il 30 per cento dipende dalla manutenzione della rete e un altro 30 per cento dalla pericolosità di assetto, sezione, disegno dell'infrastruttura. Escludendo le autostrade, più di tre quarti della rete hanno caratteristiche geometriche inferiori addirittura a quelle proposte da una normativa obsoleta, vecchia di 30 anni. Le condizioni di visibilità riducono spesso la sicurezza, la maggior parte delle gallerie è buia, frequenti sono gli allargamenti ed i restringimenti improvvisi di carreggiata;
è necessario intervenire in maniera da incrementare la sicurezza con misure che
questa task force dovrebbe, inoltre, compilare ogni anno, entro il 31 dicembre, l'elenco delle gallerie, delle strade urbane, delle strade extraurbane e delle autostrade più a rischio di incidenti stradali, così da poter individuare gli interventi prioritari di manutenzione delle strade più a rischio di incendi stradali. Individuare, inoltre nuove modalità d'intervento, anche mediante l'uso di strumenti ad alta tecnologia, per ridurre il numero degli incendi stradali. Seguendo da questo punto di vista l'esperienza consolidata di altri Paesi europei (come l'Inghilterra) o extraeuropei (come l'Australia), dove è prassi la redazione di un rating del rischio dì incidentalità sulle arterie nazionali;
la proposta della Margherita si sofferma poi sulle auto: suggerisce un dispositivo che consenta l'accensione della vettura solo con la cintura di sicurezza allacciata, il montaggio di un limitatore di velocità regolabile dal proprietario, si sofferma sulla «patente a punti» e su alcune sanzioni particolari che dovrebbero costare di più agli indisciplinati. Infine, richiede un finanziamento di 200 milioni di euro l'anno per l'attività della polizia stradale di prevenzione, vigilanza e repressione delle infrazioni al codice della strada, per l'incremento del numero delle pattuglie su strada, per l'acquisto di dispositivi tecnici per l'accertamento di determinate infrazioni, per il completamento della pianta organica e per la formazione e l'aggiornamento professionale degli addetti della polizia stradale;
il punto più nero dal punto di vista dell'incidentalità è la tangenziale est-ovest di Napoli (in un anno 366 incidenti in una striscia di asfalto di appena 23 chilometri con 6 morti e 670 feriti, con la media di circa 1,6 incidenti per chilometro). Mentre tra le statali spicca in negativo la via Emilia (1.352 incidenti, 50 morti, 2004 feriti nel 2001);
il Ministro Lunardi sta conducendo una campagna per portare a 150 chilometri orari il limite in autostrada, malgrado il fatto che tra i punti cardine del nuovo «Programma d'azione sulla sicurezza stradale» dell'Unione europea ci sia proprio l'abbassamento della velocità massima consentita e l'armonizzazione dei limiti: infatti, un urto frontale a 150 chilometri l'ora è paragonabile a una caduta nel vuoto da un palazzo di 30 piani. È una legge elementare della fisica: a 150 chilometri orari la frenata è 40 metri più lunga, un urto è più violento del 33 per cento rispetto ai 130 chilometri orari ed una stima dell'Unione europea sostiene che la semplice riduzione della velocità massima di 5 chilometri orari eviterebbe ogni anno alla comunità ben 11 mila morti, un quarto del totale;
la nostra rete è, quanto a sicurezza, uno dei fanalini di coda in Europa. Eurorap (European road assessment programme), elaborando i dati forniti dalle motorizzazioni di 12 Paesi dell'Unione europea più Svizzera, Norvegia e Slovenia, ha calcolato che in Italia c'è un pessimo rapporto tra mortalità e chilometri percorsi. Anzi, l'Italia è proprio al penultimo posto, con 12,8 vittime in incidenti sulle autostrade ogni miliardo di chilometri percorsi, e solo il Portogallo sta peggio di noi, con una media di 14,1 morti. Ecco la situazione negli altri
la cintura di sicurezza, uno dei principali punti all'ordine del giorno dell'offensiva europea contro le stragi sulle strade, è cosa ancora fortemente ignorata in Italia. Secondo i risultati di un monitoraggio effettuato dall'Osservatorio nazionale sull'uso dei dispositivi di sicurezza, elaborati dal laboratorio di epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità, la cintura di sicurezza viene allacciata da 3 italiani su 10. Nelle regioni meridionali la media scende addirittura al 18 per cento, contro il 40 per cento delle regioni settentrionali ed il 25 per cento di quelle centrali. Va meglio con il casco, indossato in media dall'80 per cento dei motociclisti (90 per cento al Nord, 60 per cento al Sud);
gli altri Paesi si stanno già attivamente impegnando per una seria azione di contrasto della mortalità sulle strade;
si privilegia la mobilità su gomma, in particolare quella delle merci, che viaggiano nel 66 per cento dei casi sui tir: un numero impressionante di mezzi pesanti da Nord a Sud della penisola, mentre solo il 14-15 per cento delle merci si muove sui treni, infinitamente più sicuri. A questo stato di cose il programma infrastrutturale del Governo non dà risposte. O meglio, asseconda e incoraggia la tendenza in atto. Accantona la manutenzione, non investe con decisione sulla ferrovia, continua ad incentivare il trasporto su gomma. La priorità del Governo è, infatti, la realizzazione di nuove infrastrutture e, in particolare, di autostrade e strade, a cui vengono destinati il 69 per cento dei fondi della cosiddetta «legge obiettivo» per le grandi opere, contro 31 per cento della ferrovia. La conseguenza prevedibile nei prossimi anni sarà, quindi, un ulteriore aumento del traffico su strada, con conseguente aumento degli incidenti -:
se il Ministro interrogato intenda promuovere un piano straordinario per la sicurezza, almeno a partire dal potenziamento delle pattuglie stradali, in modo da aumentare i controlli e la vigilanza, in particolare nei punti più critici della rete stradale.(3-03598)
(20 luglio 2004)