di lavoratori pendolari che quotidianamente l'attraversano per recarsi sul luogo di lavoro -:
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si comunicano i seguenti elementi di risposta forniti dall'A.N.A.S spa.
Risposta. - In merito all'interrogazione in argomento, l'ANAS S.p.a., interessata al riguardo, ha preliminarmente precisato che con l'inizio dal 1o gennaio 2003 della concessione di gestione delle autostrade A24 ed A25, affidata con procedura concorsuale, si è reso necessario applicare le tariffe previste in sede di gara al fine di garantire la realizzazione di un notevole programma di investimenti ed assicurare l'equilibrio economico del piano finanziario della concessione.
per un importo complessivo di circa 179,2 milioni di euro;
La società stradale informa che, sulla base dell'apposita manovra tariffaria prevista, gli aumenti adottati sulle Autostrade A/24 ed A/25 sono risultati per il 2003 del 21,4 per cento e per il 2004 del 21,7 per cento.
Risposta. - In relazione all'interrogazione cui si risponde, si rappresenta quanto segue, anche sulla base delle notizie assunte presso L'UNI.
moderne esigenze degli utenti e, soprattutto, a costi notevolmente inferiori.
milioni di lire per capitale più lire 581 milioni per ritardato pagamento, spese varie processuali, legali, ed altre. Dopo qualche tempo ci si accorge che i soldi pagati non bastano ancora: si versano altri 55 milioni;
Luanda in Angola. Finiti i lavori ed ottenuto il pagamento del pattuito, il consorzio Ceitral dà l'attacco per avere revisione prezzi ed interessi legali per ritardi nei pagamenti, oltre al risarcimento danni. Il giorno 20 maggio 2002 viene approvato uno stanziamento di circa 2 miliardi (vedi precedente nota: si tratta esatta ente di 2 miliardi 124 milioni per interessi), il 1 agosto 2002 altra intesa per circa 3 miliardi di lire per revisione prezzi ed altri interessi moratori: il 3 dicembre 2002 si stipula una transazione complessiva (inclusi quindi i precedenti versamenti) per 3 milioni di euro (5.808.999.635 lire) che obbliga a stanziare, con atti diversi, altri 500 milioni per residuo capitale ed interessi;
affida l'assistenza tecnica alla soc. Foser Spa. Le due società litigano con il MAE che alla fine paga il 13 marzo 2003 circa 1 miliardo e mezzo;
Risposta. - Con l'atto parlamentare in discorso - ed altri analoghi contestualmente presentati - l'interrogante evidenzia centodieci casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra cooperazione allo sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003).
nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
dello Stato e, successivamente, dalla Corte dei Conti, sotto il profilo gestionale.
Più specificatamente, si forniscono qui di seguito gli elementi di risposta relativi ai singoli casi, elencati nell'interrogazione in questione, seguendo l'ordine utilizzato dall'interrogante nel testo dell'atto.
1) Santo Domingo/Ati Metropolitana Milanese S.p.a. ed ELC S.p.a.: «Risanamento dei quartieri emarginati».
La vicenda, sicuramente molto complessa, attiene alla realizzazione di un progetto pilota per il risanamento dei quartieri emarginati di Santo Domingo che avrebbe dovuto eseguirsi a seguito di contratto stipulato il 12 gennaio 1989, con inizio del programma al 30 novembre 1990 e con conclusione entro il 30 novembre 1993 per un totale di lire 9.900.000.000.
contro tra i contraenti, prospettate le singole posizioni: l'ATI richiedeva un saldo di lire 2.572.000.000 mentre il MAE intendeva riconoscere solamente lire 1.669.000.000 con una differenza del 35 per cento.
2) Nicaragua/Italconsult.
Oggetto di questo punto è una transazione stipulata tra la D.G.C.S. e la Italconsult volta a definire una serie di controversie insorte nell'esecuzione dei quattro sotto meglio specificati contratti.
Nicaragua - Programma per «Approvvigionamento idrico della città di Bluefields». L'intervento, incluso in una serie di progetti di emergenza identificati dal Governo italiano su richiesta del Governo nicaraguense per fronteggiare la grave situazione creatasi nella Regione orientale del Nicaragua a seguito del passaggio nel novembre 1988 del ciclone Joan, era stato previsto per dotare la città di Bluefields di un affidabile ed efficiente sistema idrico, prevedendo a tal fine uno stanziamento di 2,1 miliardi di lire per i servizi di ingegneria e di 14 miliardi di lire per la realizzazione di opere.
regolarmente predisposti e debitamente consegnati alla D.G.C.S., a completamento della progettazione esecutiva.
Angola - Programma per la «Assistenza tecnica, formazione dei quadri in agricoltura - Complesso scolastico agrario di Tchivinguiro - Lubango.
Il citato programma (risalente all'epoca precedente la legge n. 49 del 1987) prevedeva l'invio in Angola di un certo numero di tecnici agricoli con il compito di sviluppare una serie di attività riguardanti la formazione professionale nel settore agricolo e di elaborare un programma di sviluppo dell'agricoltura nella città di Humpata. Secondo gli accordi con le Autorità angolane l'impegno della D.G.C.S., consisteva nell'invio di tre professori, per un periodo di tre anni, come residenti nell'area di Tchivinguiro per l'espletamento di attività didattiche, teoriche e pratiche, finalizzate alla formazione di tecnici intermedi (periti agrari) in grado di sviluppare e migliorare le tecnologie esistenti nella zona.
Angola - Ampliamento del Programma di assistenza tecnica, formazione dei quadri in agricoltura - Complesso scolastico agrario di Tchivinguiro - Lubango.
Nel maggio del 1987 il Governo angolano chiedeva l'ampliamento delle attività previste nella precedente Convenzione del 1985 con l'estensione delle attività già in essa previste. Il comitato direzionale deliberava l'ampliamento del precedente programma
ed il contestuale stanziamento di lire 1.648.660.000. Si dava luogo, il 14 marzo 1989, alla stipula con la sopracitata società di un contratto avente ad oggetto l'ampliamento del primo programma relativamente al medesimo complesso scolastico. Il contratto concerneva l'integrazione dell'originario intervento con l'esecuzione di ulteriore assistenza tecnica e formazione professionale e con la fornitura di attrezzature e materiale didattico. Al termine del contratto la società aveva regolarmente eseguito le prestazioni e reso le previste forniture per un importo di lire 1.494.737.767.
Angola - Programma di Sviluppo Agricolo della Cintura Verde di Luanda.
Nel dicembre 1983 i rappresentanti del Governo della Repubblica popolare di Angola chiesero il finanziamento da parte italiana del programma di sviluppo agricolo della cintura verde di Luanda. Lo stesso Governo angolano chiese espressamente che la realizzazione del programma venisse affidata alla Italconsult S.p.a. pre-definendo gli impegni rispettivi delle parti per la realizzazione del programma.
3) Argentina/Italconsult: «Progetto di sviluppo agricolo-zootecnico agroindustriale
dell'area di La Quena Morillo nella provincia di Salta in Argentina». Contratto MAE/Italconsult S.P.A. del 12 aprile 1988.
L'iniziativa fu approvata dal MAE per l'importo di Lire 6.068.251.000, divisa in due fasi per Lire 1.960.024.000 e Lire 4.108.227.000, rispettivamente, di 13 e 32 mesi. Ciascuna delle fasi era poi ulteriormente articolata per importi e prestazioni. La società esecutrice con atto del 26 luglio 2000 ha proposto domanda di arbitrato formulando quesiti inerenti:
Relativamente al primo punto la richiesta di danno è stata pari, alla data del 30 giugno 2001, a Lire 598.658.408 di cui Lire 299.023.185 per interessi di ritardato pagamento e Lire 299.635.223 per residuo capitale.
accolto il terzo quesito inerente le presunte maggiori spese sostenute per la spedizione.
Ecuador/Castoro s.p.a. Ecuador: «Intervento sul bacino fluviale del Guayas in Ecuador». Nuovo Castoro S.p.A./MAE.
Il Ministero degli affari esteri affidava alla società il nuovo castoro (I.N.C.) S.p.a. l'esecuzione di prestazioni varie finalizzate alla realizzazione del programma emarginato in oggetto. A sua volta il Governo ecuadoregno designava il Cedege quale ente governativo delegato alla realizzazione dell'intervento, cui erano affidate prestazioni strumentali a quelle de il Nuovo Castoro.
per questo motivo la Nuovo Castoro decideva di adire la giustizia ordinaria per vedersi riconoscere il diritto di cui all'articolo 2031 del codice civile ovverosia l'ulteriore compenso dovuto a titolo di negotiorum gestor.
4) Libano/SPEF srl Roma: «Centro per handicappati - Sarafand» - URUGUAY: «Supporto al reinserimento degli handicappati nella comunità distretto di Montevideo» - Argentina: «Programma per migliorare l'inserimento degli ospedali italiani nel sistema sanitario argentino».
Si tratta di programmi per i quali la società SPEF doveva effettuare la fornitura di apparecchiature sanitarie su richiesta e a favore della Ong CICS, riconosciuta idonea ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 49 del 1987 con decreto ministeriale n. 3546/4 del 29 ottobre 1987.
6) Farnesina/Nomisma: Convenzione per «la predisposizione di studi e valutazioni sui Paesi in via di sviluppo».
Nel maggio del 1983 fu stipulata dall'allora dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, con la società Nomisma, una convenzione per l'effettuazione di una serie di «studi-paese» in varie aree geografiche di interesse per la nostra cooperazione, con un impegno di spesa dell'ordine di circa 5 miliardi di vecchie lire.
lire 1.771.056.730 oltre IVA, poi quantizzata in lire 336.500.779.
Con la stipula dell'atto transattivo la società abbandonò il pendente giudizio, e le spese si intesero compensate.
7) Egitto/Itor: «Progetto pilota integrato per la produzione di pesce»: Barral Engineering Srl/Egitto.
Si ricostruiscono qui di seguito i termini della questione.
8) Mozambico/Tecnostone: «Progetto per la realizzazione di un complesso industriale per lo sfruttamento dei depositi di marmo di Montepuez».
Con contratto stipulato in data 23 dicembre 1988 il Ministero degli esteri affidò alla Technostone S.a.p.a. l'esecuzione del «Progetto per la realizzazione di un complesso industriale per lo sfruttamento dei depositi di marmo di Montepuez» in Mozambico per lire 22.553.000.000. Il 13 maggio
1992 fu stipulato un atto di sottomissione con il quale vennero concordati nuovi lavori e forniture sempre relativi all'attuazione di detto progetto ampliato e migliorato nelle finalità.
9) Somalia/Giza Delma l'Agricola.
Oggetto del contratto è un finanziamento ex lege n. 73 del 1985 (istitutiva del FAI). Il contratto per la riabilitazione dell'azienda in oggetto è stato stipulato in data 7 agosto 1986 per l'importo di lire 38.000.000.000. L'importanza per l'economia somala della funzionalità dell'azienda, nella quale trovavano lavoro oltre 1700 addetti fissi più oltre 1800 stagionali, era stata evidenziata da numerose missioni in loco di esperti altamente qualificati (negli anni 1985-1986). La coltura largamente prevalente dell'azienda era quella della canna da zucchero, per cui la sopravvivenza economica dell'azienda stessa era strettamente legata a quella della funzionalità dell'annesso zuccherificio, anch'esso bisognoso di notevoli interventi. Al fine di rendere produttiva l'azienda fin dalla campagna agricola dell'autunno 1986, fu dato, quindi, incarico alla Techint S.p.a. di effettuare interventi di riabilitazione dello zuccherificio per l'importo di 7.2 miliardi. Tale obiettivo è stato effettivamente raggiunto ed ha consentito lo svolgimento di due campagne di produzione di zucchero da canna negli anni 1986 ed 1987. In accordo con le finalità della legge in oggetto (che disponeva, tra l'altro, interventi d'urgenza al fine di un immediato impatto sulle possibilità di sopravvivenza delle popolazioni interessate), i finanziamenti per l'azienda agricola e per lo zuccherificio erano stati decisi sulla base di valutazioni di massima, cui avrebbero seguito, a lavori già avviati, le progettazioni
esecutive. Tali progettazioni sono state acquisite nell'autunno dell'anno 1987 per l'azienda agricola e nella primavera dello stesso anno per lo zuccherificio. Da tali studi risultava l'insufficienza delle somme già allocate, essendo necessari finanziamenti suppletivi per lire 15 miliardi per l'azienda agricola e per quasi altrettanto (di cui 7.2 già realizzati con gli interventi sopra accennati) per lo zuccherificio. Era in corso l'esame istruttorio dei relativi progetti quando è avvenuto un gravissimo incidente nello zuccherificio, talmente atipico da far ritenere probabile una natura dolosa dello stesso: l'esplosione di una turbina. I danni provocati da tale esplosione erano rilevantissimi, al punto da porre in discussione l'intero intervento su Johar. A seguito di missione in loco del giugno 1990, fu quindi deciso l'abbandono del progetto. L'impresa, intanto, nell'autunno dell'anno 1989 aveva terminato i lavori già commissionati, ed era rimasta in attesa delle decisioni dell'Amministrazione che, come sopra accennato, sono poi sopraggiunte nel senso della non prosecuzione dell'iniziativa.
10) Etiopia/Ansaldo «Realizzazione dell'officina elettromeccanica Eelpa - II fase».
Con contratto del 21 dicembre 1991, la D.G.C.S. affidò alla Ansaldo S.p.a. la realizzazione in Etiopia dell'officina elettromeccanica
Eelpa - Fase II. L'iniziativa prevedeva una serie di forniture e prestazioni da parte di Ansaldo (Forniture FOB di una serie di apparecchiature e strutture metalliche; addestramento, supervisione al montaggio, avviamento e verifiche funzionali), nonché una serie di impegni assunti dal beneficiario etiopico Eelpa (analisi dei dati geotermici, idrologici, ambientali e rilevamenti topografici; realizzazione di una serie di opere civili: officina pali, officina macchine rotanti elettriche e trasformatori, magazzino elettrico, divisione fucinatura e fonderia, uffici, servizi per il personale; trasporto, immagazzinamento movimentazione e montaggio delle forniture; fornitura di attrezzature, mezzi e materiali di consumo; messa a disposizione di personale locale).
maturati per le varie sospensioni e per la definitiva interruzione del contratto.
11) Guatemala/Italeco: «Sviluppo della Suinicoltura rurale e formazione professionale nelle regioni di Huehuetenango, Alta Verapaz e Zuiche».
In data 30 luglio 1985, l'allora operante dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, affidava alla Midas Proteins Company S.p.a. ed alla Italeco S.p.a. la realizzazione di un programma di sviluppo della suinicoltura e di formazione professionale in tre regioni del Guatemala. In particolare alla Italeco S.p.a., come risultava dall'articolo 3 del disciplinare di concessione del contributo, erano state affidate alcune specifiche prestazioni quali: 1o indagine ricognitiva preliminare utile alla corretta impostazione dell'attività progettuale del programma; 2o progettazione esecutiva degli edifici e degli impianti ad essi collegati (porcilaia, mangimificio, macello, ed annesso impianto di lavorazione carni, servizi generali); 3o fornitura di attrezzature ed impianti nonché relativo trasporto di cui all'allegato 3 del disciplinare stesso; 4o supervisione dei lavori e dei montaggi da eseguirsi a cura ed onere del Governo guatemalteco. Le suddette prestazioni dovevano essere poste in essere mediante l'impegno di personale qualificato per complessivi 27,5 mesi/uomo in Guatemala e 7,5 mesi/uomo in Italia.
Guatemalteco - nell'esecuzione delle prestazioni di sua esclusiva competenza, era stata costretta a sospendere le residue (prestazioni di supervisione alle rimanenti attività di costruzione e montaggio), almeno sino a quando il Mindes non avesse riattivato a pieno ritmo le attività di sua competenza. Pertanto la società invocava l'intervento del Ministero degli esteri al fine di risolvere la situazione che si era venuta a creare.
fattura n. 213/96 del 7 agosto 1996) ed infine al pagamento degli interessi dalle singole scadenze oltre alla rivalutazione monetaria, con espressa avvertenza che, alla scadenza del termine assegnato, la società sarebbe stata costretta ad adire ogni competente sede per la migliore tutela dei propri diritti ed interessi.
12) Egitto/Nuova Pignone: «Sistema di supervisione, telecontrollo e strumentazione della rete idrica del Cairo».
Con contratto, stipulato in data 26 febbraio 1986, tra il vecchio dipartimento per la cooperazione allo sviluppo e la società Nuovo Pignone S.p.a. veniva affidata a tale società, per un importo di lire 12.225.000.000 (+ IVA pari a lire 15.660.000), la conduzione del programma realizzazione di un sistema di supervisione, telecontrollo e strumentazione della rete idrica del Cairo.
contrattuali e agli obiettivi prefissati e con piena soddisfazione delle autorità egiziane, la nuova direzione generale affidò, con contratto del 30 aprile 1991 (Rep. n. 601), alla società Nuovo Pignone S.p.a. la realizzazione della seconda tranche di lavori a completamento dell'iniziativa; la stessa fu denominata, pertanto, «Sistema di supervisione, telecontrollo e strumentazione della rete idrica del Cairo - seconda fase».
controfirmata per accettazione, precisava che sottoscriveva «fatto salvo il riconoscimento degli oneri straordinari derivanti dall'applicazione della proroga stessa». Dunque, l'accettazione era limitata agli oneri ordinari (interessi legali).
12) Sud Africa/Expo: «Realizzazione di un centro comunitario per l'assistenza sanitaria e nutrizionale ai profughi sudafricani che rientrano dai Paesi vicini al Sud Africa».
In data 9 febbraio 1993, il MAE stipulava con la società EXPO S.p.a. un contratto avente ad oggetto la realizzazione del progetto di cooperazione con il Sud Africa, avente ad oggetto la realizzazione di un centro comunitario per l'assistenza sanitaria e nutrizionale ai profughi sudafricani rientranti dai Paesi vicini.
quindi ad annullare il decreto di approvazione del contratto.
14) Etiopia/Euricom: «Fornitura di riso a seguito aggiudicazione gara AIMA dell'8 ottobre 1986».
La Euricom S.p.a., a seguito di procedura di gara indetta dall'azienda interventi sul mercato agricolo (AIMA), si aggiudicò la fornitura di 3.000 tonnellate di riso destinate all'Etiopia, che vennero trasportate nel 1987 fino al Porto di Assab. La nave fu costretta, per ragioni non imputabili alla stessa Euricom, a sostare 16 gg. in rada e ad affrontare spese per controstallie pari lire 116 milioni. Per tali spese era prevista nel contratto la responsabilità del Governo Etiope, oltre alla copertura assicurativa. Ma la Euricom non ricevette alcun ristoro.
della fondatezza delle proprie ragioni, ha affrontato tale processo, svoltosi davanti al tribunale di Roma, fino a subirne la sentenza sfavorevole pronunciata il 2 luglio 2002, nonostante la strenua difesa condotta dall'avvocatura dello Stato. L'amministrazione fu condannata al pagamento della somma di lire 116 milioni, quale rimborso delle spese sostenute da Euricom, e di altri 119 milioni (euro 92.000) per interessi di ritardato pagamento, differenze di cambio, spese di lite e tassa di registro. La sentenza era munita di formula esecutiva e perciò l'amministrazione non poté sottrarsi all'immediato pagamento, ma avverso detta sentenza ha proposto appello nel settembre 2002; il giudizio è ancora in corso e, pertanto, è ancora possibile e auspicabile la ripetizione di tali somme indebite, con relativi interessi, in caso di esito favorevole dell'appello. La procura della Corte dei Conti svolte le indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
15) Caso dell'esperto sig. F.R.
Il caso F.R. è legato a quello di altri esperti che si sono opposti al provvedimento con il quale la DGCS, nel 1994, ha comunicato la cessazione del loro rapporto di lavoro, a conclusione del quale non aveva fatto luogo al rinnovo del contratto, essendo stata indetta, ai sensi della legge n. 121 del 1994, una prova concorsuale per verificare l'idoneità degli esperti già in servizio (alla stessa il F.R. aveva ritenuto di non partecipare). Nel chiedere l'annullamento del provvedimento estromissivo, il ricorrente avanzava rivendicazioni di carattere economico comprensive del risarcimento del danno subito.
16) Tunisia/Ge.co.system Spa - «Realizzazione di due centri di assistenza per veicoli nelle città di Tunisi e Sfax» - Contratti del 16 febbraio 1988 e del 24 gennaio 1991 (rep. n. 543).
Con il contratto suddetto si prevedeva la realizzazione delle strutture meccaniche (capannoni ed attrezzature delle officine) a carico del M.A.E., residuando gli oneri della realizzazione delle opere civili e dell'urbanizzazione primaria (rete idrica, elettrica e stradale) a carico del Governo tunisino. A seguito dell'inerzia delle Autorità tunisine, il M.A.E., al fine di evitare il fallimento dell'iniziativa, ha affidato alla stessa Gecosystem - previa stipula di un ulteriore contratto - l'esecuzione delle componenti «opere civili ed oneri accessori» relative al progetto.
17) Mozambico/CMB: «Potenziamento dell'acquedotto di Beira».
Con contratto del 30 settembre 1991 la D.G.C.S. affidò alla C.M.B. l'esecuzione del progetto per il potenziamento dell'acquedotto della città di Beira, in Mozambico.
18) Niger/Nuovo Castoro - Guado-inc. - «Costruzione di 10 pozzi profondi nel Damergou». Contratto del 24 settembre 1986.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo aiuti italiani (F.A.I.) istituito con la legge 8 marzo 1985 n. 73 e, quindi, risale ad un'epoca anteriore all'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge 49 del 1987.
19) Giordania/Cotecno Giordania-Guinea Conakry-Guatemala - transazione Mae/Cotecno.
Oggetto del punto 19) dell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Costa è una
transazione stipulata tra la D.G.C.S. e la Cotecno volta a definire una serie di controversie insorte nell'esecuzione di quattro contratti che hanno contraddistinto le attività svolte dalla citata società per la realizzazione dei sotto indicati programmi di cooperazione.
Giordania «Programma per la realizzazione di un Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt».
Per la realizzazione in Giordania di un «Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt», la DGCS il 17 dicembre 1986 stipulò con la Cotecno un contratto in base al quale avrebbe corrisposto, a seguito della esecuzione della predetta iniziativa, l'ammontare di lire 2.755.000.000. Il contratto, approvato con decreto ministeriale 1987/128/322 del 16 febbraio 1987, prevedeva una durata delle attività pari a 41 mesi, fissandone il termine al 23 agosto 1990. Il 13 giugno 1989, riscontrata la necessità di adeguare l'articolazione delle attività originariamente previste in funzione delle nuove situazioni di fatto verificatesi durante lo svolgimento del programma, venne stipulato un Atto aggiuntivo, approvato con decreto ministeriale 1990/128/1649/0 dell'11 giugno 1990, che, nell'integrare l'importo iniziale di lire 122.856.000 più IVA, prorogava la scadenza del citato contratto al 23 febbraio 1991.
Guinea Conakry «Programma per la realizzazione di un Centro di formazione professionale di Kindia».
L'affidamento a Cotecno dell'iniziativa in esame risale al 1983, quando il Ministero dell'insegnamento e della formazione professionale dalla Repubblica di Guinea chiese al Governo italiano di proseguire il programma di assistenza tecnica, già in corso da alcuni anni con finanziamento italiano, a favore dell'Istituto politecnico secondario (poi divenuto il più ampio centro di formazione professionale) di Kindia, esprimendo gradimento per la società COTECNO quale idonea allo svolgimento del progetto. L'iter procedurale dell'iniziativa ha origine, dunque, nel periodo di vigenza della legge n. 38 del 1979, precedente all'attuale legge n. 49 del 1987 sulla cooperazione allo sviluppo.
legge n. 38 del 1979 che lo aveva istituito, concesse alla S.r.l. Cotecno due «contributi» finalizzati alla realizzazione dell'iniziativa, ammontanti rispettivamente a lire 287.000.000 ed a lire 58.000.000.
presentò alla direzione generale una richiesta di variante, derivante dalla necessità di adeguare l'articolazione delle attività previste in funzione della effettiva data di efficacia del contratto, nonché delle nuove situazioni di fatto incontrate durante lo svolgimento del lavoro. La variante, inoltre, recepiva la necessità evidenziata dalle autorità guineane di estendere l'intervento, abbracciando altri settori della formazione professionale, e fissava un nuovo termine finale del contratto, per tenere conto sia dei ritardi registratisi nell'inizio effettivo delle attività, sia delle previsioni di ulteriori slittamenti dovuti ai corsi da tenere in Italia e ai lavori (opere civili, dal 1990 al 1992) di ristrutturazione del Centro, nel frattempo appaltati dalla DGCS alla ASTALDI S.p.A.. La variante richiesta era di carattere oneroso, per l'importo di lire 311.243.000, essenzialmente ascrivibile ai costi aggiuntivi connessi alla prolungata presenza di esperti italiani in loco. L'importo complessivo del contratto veniva così portato a lire 1.901.243.000.
Giordania «Programma per la realizzazione di un Centro pilota di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi dell'udito e del linguaggio».
La Cotecno Srl aveva già ricevuto, negli anni dal 1981 al 1985, «contributi» da parte dell'allora operante Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, ai sensi della legge 9 febbraio 1979, n. 38 (articolo 14, lettera i), che all'epoca disciplinava la materia, per la creazione di un Centro pilota di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi dell'udito e del linguaggio, da realizzarsi in Amman (Giordania) presso il «Queen Alia Hearing and Speech Centre».
gennaio 1986. Previo parere favorevole, in data 3 giugno 1986, del Comitato consultivo per la cooperazione allo sviluppo, il Comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES) approvo la stipula in forma diretta e a trattativa privata di apposito contratto con la Cotecno avente ad oggetto le attività inerenti al suddetto programma. L'individuazione del contraente senza procedure concorsuali era all'epoca espressamente consentita ai sensi dell'articolo 13, punto 5 della richiamata legge n. 38 del 1979.
contrattuale, per consentire l'attuazione delle prestazioni oggetto della medesima. La variante, non comportante oneri aggiuntivi, ha ridotto le forniture e incrementato il servizio di raccolta dati e i seminari in Italia, ha inoltre ridotto le missioni e accorpato in un unico capitolo il Fondo di gestione in Giordania. Il direttore generale dell'epoca - con nota del 26 gennaio 1990 - formalizzava detta variante, ma non approvava la proroga richiesta contestualmente da Cotecno. Ciò ha portato - stante la situazione obiettiva d'impossibilità di operare, intervenuta nel frattempo - ad una sospensione di fatto delle attività fino al 24 ottobre 1990.
Guatemala «Programma per la Cooperazione nel settore elettrico a favore dell'Intecap, unità pilota in elettronica industriale».
Il programma è nato da una richiesta d'intervento, avanzata dal Governo Guatemalteco, con nota del 23 ottobre 1986. Richiesta finalizzata all'estensione della durata relativa al già avviato programma di cooperazione italo-guatemalteco. Il comitato direzionale della DGCS, con delibera n. 84 del 25 febbraio 1988, approvava l'iniziativa accordando così la richiesta estensione. Veniva autorizzata, pertanto, la realizzazione di una seconda fase del programma di cooperazione italo-guatemalteco.
20) Angola/Ceitral.
Motivo comune di richiesta e/o di contenzioso per questo e per molti casi, è stato il «ritardato pagamento» da parte della DGCS di importi, sui quali, come per qualunque pagamento «in ritardo», va da sé riconoscere gli interessi di mora nella misura legale.
sottoscritto atto aggiuntivo in data 3 ottobre 1996, che contemplava una meno onerosa metodologia di computo degli importi revisionali.
21) Caso del borsista dott. A.Z.N.
Con ricorso depositato il 24 luglio 1996 il Dr. A.Z.N., laureato in medicina, proveniente da un Paese in via di sviluppo, lamentava che, pur essendogli stata concessa la borsa di studio per la partecipazione ad una Scuola di specializzazione medica presso l'università degli studi di Napoli, a seguito del provvedimento del TAR Campania n. 601 del 1992, gli era stato corrisposto l'importo di lire 69.403.200 inferiore al dovuto, in quanto la Scuola di specializzazione avrebbe fornito tardivamente i nominativi degli ammessi, circostanza che aveva determinato che la partecipazione ai corsi del Dr. A. Z. N. decorresse solo dal secondo anno di scuola. Pertanto, il Dr. A.Z.N. richiedeva il pagamento della differenza pari a lire 17.016.000.
22) Angola/Gilco.
Impresa GILCO - ANGOLA - Lavori di costruzione dell'Acquedotto di Porto Amboim. Contratto del 3 aprile 1990.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo Aiuti Italiani (F.A.I.) istituito con legge 8 marzo 1985 n. 73 e, quindi, prima dell'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge 49 del 1987.
1990. Essendo il tempo esecuzione del programma previsto in 24 mesi, l'ultimazione era prevista al 28 giugno 1992, termine successivamente prorogato al 31 dicembre 1992.
23) Albania/«B&B INGG spa».
Albania - B&B INGG./MAE «Fornitura ed installazione di cinque ascensori presso l'Ospedale Mother Teresa di Tirana».
Con la delibera del C.D. n. 323 del 27 agosto 1998, è stato finanziato un programma di emergenza in Albania denominato «Ripristino dei servizi socio-sanitari di base». Nell'ambito del summenzionato programma fu prevista e realizzata la fornitura e l'installazione di cinque ascensori nell'ospedale Mother Teresa di Tirana, presso i reparti di patologia, chirurgia e maternità 1 e 2, nonché la costruzione di un nuovo vano ascensore e camino presso Maternità 2». A seguito di affidamento mediante gara d'appalto svolta in loco (committente l'Ambasciata), per la realizzazione di cui sopra è stato sottoscritto un contratto il 31 marzo 2000, tra l'Ambasciata d'Italia in Tirana, ufficio per la cooperazione allo sviluppo (U.T.L.), e la B&B INGG. S.p.a. di Milano. Nel corso della esecuzione del contratto succitato, si sono verificati ritardi ed omissioni da parte della società, che hanno condotto l'ambasciata, in un primo momento, ad applicare le penali per ritardo sugli importi a questa dovuti e successivamente, previa diffida ad adempiere, a risolvere di diritto il contratto del 31 marzo 2000, mediante specifica determinazione assunta in data 7 novembre 2000, ai sensi dell'articolo 7 dell'atto stipulato, non prima di aver verificato lo stato dei lavori come da verbale del 30/31 ottobre 2000.
e che, alla fine, si erano rivelati molto utili per il beneficiario stesso.
24) Somalia/Cotecno.
Somali-Cotecno s.r.l. - «Cooperazione con il SIDAM».
L'affidamento a Cotecno dell'iniziativa in esame risale addirittura al marzo 1986 quando, in occasione della IV riunione della Commissione mista italo-somala, le autorità somale presentarono richiesta di prosecuzione dell'assistenza tecnica affidata al SIDAM, «Somali institute of development administration and management», attività già in essere sin dal 1980, (in virtù di un protocollo firmato dall'ambasciata d'Italia a Mogadiscio e il Ministero somalo del lavoro affari sociali), ottenendo il parere favorevole della Commissione mista ed espressero gradimento verso la società italiana Cotecno, per l'affidamento della prosecuzione del programma. La Cotecno aveva già svolto negli anni precedenti attività di cooperazione con il citato Sidam, per la cui prestazione aveva beneficiato di appositi contributi concessi dall'allora operante Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, ex articolo 14, lettera i) dell'abrogata legge n. 38 del 1979. La società si dichiarò «disponibile» a fornire i servizi relativi alla suddetta prosecuzione dell'iniziativa di cooperazione con il Sidam, presentando all'uopo, in data 5 settembre 1986, una proposta tecnico-economica all'ex dipartimento per la cooperazione allo sviluppo. Il successivo iter amministrativo del programma risentì dell'evoluzione normativa della disciplina sulla Cooperazione allo
Sviluppo, segnata dal passaggio dalla legge n. 38 del 1979 alla odierna legge n. 49 del 1987, nonché dal dipartimento all'attuale direzione generale. Infatti, l'iniziativa fu tra quelle che, in conformità al 1o comma dell'articolo 38 della legge n. 49 del 1987, venne per così dire sanata dal comitato direzionale della DGCS (con delibera C.D. n. 6 del 30 marzo 1987), in quanto già in fase procedurale avanzata al momento dell'istituzione della nuova direzione generale, e fu assoggettata alla sola approvazione del direttore generale, avvenuta con la delibera n. 17 del 13 agosto 1987. Si giunse così, previa valutazione di congruità dell'U.T.E. e mediante trattativa privata con la Cotecno al contratto stipulato il 12 gennaio 1988, oggetto della successiva vertenza.
e/o di controprestazioni rese in difformità dal dettato contrattuale (come poi sostenuto da controparte nei quesiti arbitrali). Tuttavia, alla fine del programma, stante la situazione di fatto venutasi a creare in Somalia, la COTECNO non ha potuto presentare la «Relazione finale» nei tempi e con le formalità previste all'articolo 8, punto e) del contratto. Infatti gli avvenimenti politico-militari interni in Somalia, hanno condotto all'interruzione brusca delle attività di progetto in prossimità della conclusione dell'intervento (dicembre 1990) e hanno impedito alla Società la presentazione del rapporto vistato dalle competenti Autorità locali e dall'Ambasciata d'Italia a Mogadiscio. In particolare, i responsabili della COTECNO evidenziarono che non vi furono indicazioni precise da parte dell'Ambasciata su come rendere efficace e tempestiva ai fini contrattuali la presentazione della Relazione, e che soltanto verbalmente si disse loro di sospendere le attività sine die. Purtroppo non si è mai potuto stabilire se gli avvenimenti somali che hanno condotto alla sospensione sine die delle attività debbano essere o meno identificati come «forza maggiore».
25) Caso dell'esperto Dottor M.G.
Con citazione notificata il 29 aprile 1997, il dottor M.G. conveniva in giudizio il ministero degli affari esteri esponendo di essere stato inviato dallo stesso - quale Esperto della Cooperazione allo Sviluppo - in Paesi dell'America Latina a seguito di stipula di contratto di diritto privato con oggetto l'espletamento di mansioni dirigenziali riconducibili alla figura professionale di Capo progetto.
74.604,89, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sull'importo rivalutato dal 13 ottobre 1995.
26) Giordania/COTECNO: «Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt - prosecuzione».
Il contratto in questione costituisce la prosecuzione del contratto stipulato il 17 dicembre 1986 (nonché del relativo Atto Aggiuntivo del 13 giugno 1989) stipulato con la COTECNO ai tempi del Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, ossia prima dell'entrata in vigore della legge n. 49 del 1987, che ha istituito l'attuale Direzione Generale, il cui contenzioso è stato poi definito mediante un atto di transazione. Il contratto in esame porta la data del 6 giugno 1991, e viene incontro all'esigenza, manifestata dalle Autorità giordane, di estendere il progetto iniziale che si è sostanzialmente ridotto alla prosecuzione dell'assistenza italiana al Centro di formazione professionale (già creato sotto la vigenza del contratto iniziale) per ulteriori dodici mesi, per un corrispettivo di lire 1.137.350.000, più lire 23.370.000 per l'IVA sui corsi in Italia, (per complessive lire 1.160.720.000). Per completezza deve dirsi che, a costituire oggetto del contratto in parola, vi è sia il completamento della formazione pedagogica e tecnica, in Italia e in loco, degli istruttori giordani del Centro di Salt, sia la fornitura CIF di attrezzature alla struttura, ad integrazione di quelle già fornite nella precedente fase d'intervento, forniture ammontanti a lire 204.350.000. Agli articoli 6 e 9 del contratto, sono specificate rispettivamente le prestazioni a carico della COTECNO ed i relativi corrispettivi che la DGCS si è impegnata a pagare in controprestazione. L'impianto del contratto prevede inoltre: articolo 11) la corresponsione di un'anticipazione alla Esecutrice pari al 10 per cento dell'importo complessivo, anticipo recuperato dalla DGCS con trattenute del 10 per cento dell'importo di ciascun pagamento in conto; articolo 9) la presentazione, a ciascuno stato di avanzamento, di una relazione sulle attività didattiche, nonché delle dichiarazioni (sottoscritte dagli esperti e vistate dal capo-progetto) comprovanti la presenza degli esperti in loco; la presentazione, da parte di COTECNO, di un Rapporto finale sulle attività svolte; il meccanismo della ritenuta di garanzia del 5 per cento su ogni pagamento in conto, svincolabile a conclusione del contratto; il pagamento a COTECNO delle somme di contratto dietro presentazione di fatture dalla stessa emesse (corredate dalla documentazione attestante spese, viaggi, polizze); articolo 10), il meccanismo della revisione prezzi, da applicarsi secondo l'articolo 33, commi 2 e 3, della legge 28 febbraio 1986, n. 41; articolo 7) la possibilità della DGCS di ordinare varianti, onerose e non; articolo 12) la possibilità della DGCS di effettuare controlli e verifiche sulle forniture, sulle attività svolte e sui risultati conseguiti; articolo 4) i termini di esecuzione come precisati in detta clausola, per le varie attività; articolo 5) la previsione della facoltà del committente di applicare penalità per i ritardi di esecuzione, secondo la disciplina specificata in tale articolo; articolo 17) la presentazione di adeguata cauzione da parte di COTEGNO (lire 56.867.500), a garanzia della corretta esecuzione degli obblighi contrattuali, con corrispondente diritto della DGCS di applicare una penale per ritardo, con le modalità ivi esposte.
naturale al 31 dicembre 1992 (12 mesi più 2 per attività preliminari), data in cui, cessata l'assistenza italiana, il Centro avrebbe dovuto conseguire la completa autonomia didattica e gestionale. L'esecuzione del programma non è andata secondo le previsioni contrattuali, registrandosi una proroga non onerosa concessa dalla DGCS e ulteriori ritardi nelle prestazioni a carico della COTECNO, specie per quanto riguarda le forniture, al punto che la Direzione Generale si risolse a proseguire le attività in gestione diretta. Dall'esame analitico della documentazione relativa all'iniziativa, si evidenzia una situazione complessiva, all'origine della controversia in trattazione, che è caratterizzata: da un lato, dalla presenza di ritardi nei pagamenti delle somme di contratto; dall'altro, dalla incontestabile presenza di ritardi e carenze da parte della Esecutrice nell'adempiere agli obblighi cui era tenuta, tanto da indurre la DGCS a preferire, per concludere l'iniziativa, la gestione diretta ad una seconda proroga richiesta da COTECNO e ad ipotizzare la scelta di altro contraente, per una futura estensione del programma invocata dalle autorità locali. È altresì vero che la situazione di latente tensione che si registrava fra le parti del contratto, che già prefigurava l'insorgere dell'attuale contenzioso, è stata gestita in un clima di difficoltà amministrativa da parte ministeriale, per i motivi che si rinvengono negli atti e più precisamente: per i cambiamenti di gestione dell'attività di Cooperazione dal dipartimento alla direzione generale, con tutte le relative conseguenze operative, fra cui l'alternarsi e l'intersecarsi della responsabilità di vari uffici della direzione generale, in connessione alla predetta riorganizzazione. La situazione dei rapporti con la Cotecno si è poi cristallizzata a tal punto che, tutti i tentativi esperiti dall'amministrazione per comporre bonariamente la vertenza, sono falliti e si è così pervenuti alla controversia arbitrale. La stessa domanda di controparte contiene dei quesiti che possono apparire strumentali a sostenere la «inderogabile necessità» del ricorso alla soluzione arbitrale, inasprendo ed ampliando oltre misura una vertenza che poteva essere composta su un piano puramente amministrativo o, al massimo, transattivo, se solo la Società avesse mantenuto un atteggiamento più obiettivo. A testimonianza della degenerazione del rapporto con COTECNO, nonostante gli sforzi volti a ricondurre a norma di contratto e in tempi utili lo svolgimento del programma, sono stati rinvenuti alcuni atti del periodo 1995-1998 immediatamente precedenti la rottura di ogni trattativa.
27) MAE/VRM e FOSER: «Fornitura, manutenzione, ed assistenza tecnica di macchine per scrivere, calcolatrici, fotocopiatrici in uso negli Uffici della DGCS negli anni 1991/99».
Con il contratto del 2 gennaio 1991, il Ministero degli Affari Esteri - DGCS -, ha appaltato (a seguito di procedura concorsuale ristretta) alla Società VRM S.a.s. la
manutenzione, l'assistenza tecnica, e la fornitura relativa a macchine per scrivere manuali, elettriche ed elettroniche, calcolatrici elettriche, fotoriproduttori, dispositivi opzionali di dette apparecchiature e fornitura di pezzi di ricambio, materiale di consumo, relativi a macchinari in dotazione presso il MAE, nonché cancelleria, carta per fotocopiatori, modulistica, e deposito merci, in uso negli uffici del MAE, per gli anni dal 1991 al 1999. Successivamente, la VRM ha affidato a sua volta parte della manutenzione tecnica di cui sopra, alla Società FOSER S.a.s. Poco dopo l'inizio delle prestazioni contrattuali, cominciarono ad insorgere le prime difficoltà con le Società committenti, poiché molto spesso vi era non corrispondenza in alcune fatture delle merci con quelle indicate nelle bolle di consegna. Si ritenne, poi, che vi fossero stati degli errori di metodologia nello svolgimento della parte contabile dei rapporti con la Società. Ad esempio, accadde che su qualche fattura non si rinvennero tutti i dovuti riferimenti alle relative bolle di accompagnamento incluse nella stessa. O, al contrario, avvenne che alcune bolle non furono riferite alla relativa corretta fattura, bensì ad altre. Inoltre, stante l'obbligo fiscale della ditta di fatturare ad ogni «fine mese», fu emessa, con ogni probabilità, qualche fattura per «evasione parziale» di un ordine, e successivamente un'altra fattura solo per il saldo dell'ordine stesso. Nel summenzionato meccanismo, è verosimile che le bolle di accompagnamento non furono esattamente accluse alla giusta e corrispondente fattura «parziale» o a «saldo». Anche all'epoca della fatturazione sopra citata, furono consegnati dalla VRM - su richiesta DGCS - gli originali di tali documenti contabili in carta chimica, in quanto le copie consegnate in un primo momento erano scolorite ed illeggibili. A complicare la vicenda contrattuale, è subentrata anche un'ulteriore sospensione del pagamento delle summenzionate fatture, dal momento che nell'anno 1994, veniva promosso procedimento penale nei confronti dell'allora Amministratore della VRM, per il reato di frode nelle pubbliche forniture, a seguito del quale il MAE DGCS, ovviamente, sospese il relativo pagamento. Successivamente, il Tribunale di Roma accolse l'insussistenza della frode, ed il relativo procedimento penale si concluse con la Sentenza di assoluzione dell'Amministratore, per insussistenza del fatto. Subito dopo l'archiviazione del processo, a mezzo del proprio legale la VRM iniziò a mezzo di diffide ad adempiere, la prima delle quali in data 27 marzo 2002, a chiedere di vedersi corrispondere dal MAE, il proprio credito per l'importo delle fatture sino ad allora rimaste inevase. Nel caso di specie la Società richiedeva il pagamento della somma di euro 577.266,98, oltre gli interessi fino al soddisfo. D'altro canto il MAE contestava il pagamento di alcune fatture per mancanza di idoneo riscontro documentale, per i motivi più sopra chiariti. Ne sfociò un contenzioso che preannunciava sicuramente l'adizione delle vie giudiziali da parte della VRM, e che si evitò grazia al raggiungimento dell'accordo transattivo.
28) Sudan/EMIT S.P.A.: «Realizzazione di n. 70 pozzi d'acqua attrezzati.
L'affidamento dell'appalto in oggetto a trattativa diretta alla EMIT SPA (Ercole Marelli Impianti Tecnologici SPA), designata dal Governo sudanese come ente esecutore, avvenne con contratto stipulato nel marzo 1989, efficace dal novembre 1989, per un importo complessivo di lire 6 miliardi circa.
29) Zimbawe/caso dell'esperto dottor R. P.
In occasione della sottoscrizione tra i Governi dello Zimbabwe e dell'Italia del piano di cooperazione consistente in un «Commodity Aid» a beneficio del Paese africano, il Ministero degli Affari Esteri procedette all'assunzione, ai sensi dell'articolo 17 lettera c) della legge n. 49 del 1987, del dottor R.P. con contratto di diritto privato a tempo determinato, non prorogabile, sottoscritto in data 8 gennaio 1998, con l'incarico di curare - in qualità di Esperto - la gestione del menzionato programma. Con lettera in data 22 giugno 1999, l'Ambasciatore d'Italia nello Zimbabwe contestò al dottor P. una serie di inadempimenti e, nello specifico, di non aver sufficientemente vigilato in ordine all'adempimento - da parte del soggetto preposto alla gestione del Commodity Aid dal Governo dello Zimbawe - dei compiti a questo affidati. Il contenuto della lettera non lasciava adito ad alcun dubbio: si trattava di un vero e proprio provvedimento di licenziamento con preavviso. Tale provvedimento è stato impugnato dal dottor P. Con successiva lettera dei Direttore Generale, in data 8 settembre 1999, l'amministrazione informava l'interessato che il rapporto era risolto con decorrenza immediata. Anche questo provvedimento è stato tempestivamente impugnato dal dottor P. Con ricorso ritualmente notificato, il dottor P. ha chiesto al Giudice di accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dall'8 gennaio 1998, e dichiarare l'illegittimità della risoluzione del rapporto intervenuta in data 8 settembre 1999, con ordine di reintegrazione nel posto di lavoro e con condanna a corrispondere le retribuzioni maturate, comprensive di oneri accessori.
30) Kenia/GILCO G&G-Gilco, poi SINCAT: «impianto pilota dell'energia solare nella Kerio Valley».
Il contratto relativo al programma di cooperazione tecnica con il Kenya (importo
di lire 2,5 mld. ca.) fu stipulato nel dicembre 1987 con il Consorzio G&G-Gilco srl., avviato nel 1988 e sospeso nel luglio 1989 dalla DGCS, per la riscontrata impossibilità da parte dell'ente locale (KVDA) di far fronte agli impegni assunti per la realizzazione del programma. La sospensione per circa due anni del Programma, che di fatto non veniva ripreso per importanti impedimenti di fondo (locali ed ambientali) fece insorgere un contenzioso con il Consorzio, che teneva a portare avanti e a concludere il contratto e, quindi, a vedersi liquidare ulteriori somme rispetto a quelle originariamente pattuite, anziché volerne chiedere lo scioglimento senza indennità (facoltà prevista dal Capitolato Generale d'Appalto per le Opere Pubbliche). Non riuscì il tentativo esperito dalla DGCS di composizione amministrativa delle istanze del Consorzio e la SINCAT (subentrata per incorporazione, alla GILCO/atto di fusione peraltro fortemente contestato dalla DGCS circa la sua validità) volle adire il procedimento arbitrale, per vedersi riconoscere importi per sorte (preponderante la richiesta di rimborso del costo di mantenimento societario-operativo, durante la sospensione delle attività), interessi e rivalutazione monetaria.
Risposta. - Al Governo è ben nota la difficile situazione in cui attualmente versa la siderurgia e tutta la famiglia merceologica a valle del settore. Si tratta di una crisi dai connotati diversi rispetto al passato, innescata da un trend economico senza precedenti che vede la Cina, maggiore produttore mondiale di acciaio, aumentare la sua produzione a ritmi superiori al 21 per cento annuo, seguita da gran parte del
Sud-Est asiatico: una vera e propria svolta epocale, tenuto conto delle dimensioni dei soggetti considerati. Ciò ha naturalmente comportato uno sconvolgimento del mercato e come logica conseguenza la rarefazione delle materie prime e l'impennarsi straordinario dei prezzi.
pagare per non vedersi privati del diritto, legittimo, ad accedere alla propria abitazione e/o azienda;
Risposta. - Si fa presente che i Canoni percepiti dall'A.N.A.S. spa per la concessione a privati degli accessi sulle strade statali hanno natura di corrispettivi economici dovuti in relazione al vantaggio derivante all'utente rispetto a soluzioni diverse che potrebbero comportare percorsi più lunghi o meno agevoli. Essi non costituiscono, quindi, una forma di imposizione fiscale.
milioni), con delibera Cipe 8 agosto 1996 (lire sei miliardi) e con ulteriore delibera Cipe 6 agosto 1998 (lire 5 miliardi);
trasmettere al Ministero dei lavori pubblici;
del pubblico ministero presso la procura della Repubblica di Avellino e riportate all'ordinanza del 20 gennaio 2000 del giudice per le indagini preliminari, dottoressa Natalia Ceccarelli, del tribunale di Avellino;
signor Felice Musto, e se questa procedura sia stata usata nei confronti di altri cittadini;
Risposta. - Si precisa che con circolare in data 10 maggio 2001 sono stati richiesti a tutti i Comuni interessati gli elenchi definitivi dei soggetti aventi titolo a contributo ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 32 del 1992, finanziati e da finanziare, ai fini dell'accertamento del residuo fabbisogno.
14 aprile 1919, per essere destinati alla ricostruzione post-terremoto.
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, l'ANAS spa, interessata al riguardo, ha fornito un breve promemoria sull'attività svolta e sullo stato della revisione progettuale del tronco: svincolo Regalsemi-bivio Gigliotto della strada a scorrimento veloce Licodia Eubea Libertinia-A19 Palermo-Catania.
Risposta. - In relazione alle problematiche evidenziate nell'interrogazione parlamentare in argomento l'ANAS spa, interessata al riguardo, ha fornito i seguenti elementi di risposta.
nonché da contributi pubblici stanziati per la parziale copertura dei costi di taluni interventi.
contributi (circa 516.000 euro); Interventi già effettuati.
La società stradale segnala che, oltre ai predetti lavori, si rende necessario un intervento di variante in corrispondenza della zona del parco del Ticino (comune di Beinate) determinato dalle richieste avanzate dagli enti territoriali in sede di Conferenza dei Servizi della TAV che ha comportato il disassamento verso sud del nastro autostradale. Tale intervento non era stato previsto nella vigente convenzione.
Risposta. - Nell'ambito delle iniziative che il Governo ha intrapreso per il contenimento delle tariffe RCAuto, si ricorda l'emanazione della legge 12 dicembre 2002, n. 273, che ha dettato nuove disposizioni in materia di RCAuto. In particolare si evidenzia che l'articolo 20 della stessa legge ha istituito la nuova figura professionale dell'attuario incaricato nel settore RCAuto e che recentemente è stato emanato il regolamento di attuazione concernente le funzioni specifiche dello stesso decreto ministeriale 28 gennaio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2004).
funzionalmente dall'ordinamento militare, con conseguente subalternità gerarchica;
Risposta. - Si rappresenta che il Regolamento di riforma dell'organizzazione del ministero delle infrastrutture e dei trasporti approvato in via definitiva e di prossima emanazione, prevede l'istituzione, quali organi decentrati, dei Servizi integrati infrastrutture e trasporti, demandando a decreti ministeriali di attuazione la concreta individuazione degli uffici in cui si articolano i settori organici dei citati servizi (S.I.I.T.).
Risposta. - L'ANAS spa interessata al riguardo, ha comunicato che i lavori per l'intervento di ripristino del viadotto San Nicola, in località Vasto, saranno prevedibilmente consegnati entro la prossima estate, dopo l'espletamento delle procedure previste per la gara di appalto.
Risposta. - In argomento l'ANAS spa, interessata al riguardo, ha preliminarmente precisato che con l'inizio dal 1 gennaio 2003, della concessione di gestione delle autostrade A24 ed A25, affidata con procedura concorsuale, si è reso necessario applicare le tariffe previste in sede di gara al fine di garantire la realizzazione di un notevole programma di investimenti ed assicurare l'equilibrio economico del piano finanziario della concessione.
La società stradale informa che, sulla base dell'apposita manovra tariffaria prevista, gli aumenti adottati sulle Autostrade A24 ed A25 sono risultati per il 2003 del 21,4 per cento e per il 2004 del 21,7 per cento.
particolari categorie di utenti, quali i pendolari. Ciò in quanto simili agevolazioni non possono risultare penalizzanti per la concessionaria, impegnata nel breve e medio periodo a realizzare il predetto programma di lavori, nonché gli interventi per la sicurezza e per manutenzioni, particolarmente onerosi a causa della tipologia delle due autostrade.
Risposta. - In esame l'ANAS spa interessata al riguardo, ha comunicato che nell'ambito della «Commissione Caso Pilota Genova» è emersa la necessità di effettuare interventi specialistici di protezione acustica in alcune zone della città.
Tali interventi sono distribuiti nell'ambito di sei circoscrizioni su sette interessate da attraversamenti autostradali, in quanto nella Circoscrizione IX Levante non si è rilevata la presenza di situazioni a rischio acustico.
Risposta. - Sulla vertenza Exide Italia si sono avuti numerosi incontri presso il ministero delle attività produttive al fine di verificare tutte le possibili alternative alla decisione della predetta multinazionale di cessare le attività produttive nello stabilimento di Casalnuovo di Napoli.
là della criticità che caratterizza l'attuale situazione dello specifico mercato, risente anche della situazione della casa madre americana, attualmente sottoposta ad un regime di amministrazione controllata, In tale contesto la multinazionale ha ritenuto di dover procedere alla chiusura di alcuni siti produttivi tra cui quello italiano di Casalnuovo per poter sostenere il piano di ristrutturazione avviato e che coinvolge tutti i Paesi ove la stessa multinazionale è presente.
Gruppo Toro, preoccupate per la delicata situazione, si sono riunite in varie occasioni, anche insieme alle segreterie nazionali di categoria, chiedendo che l'operazione di acquisizione avvenga in un quadro che preveda: nessun tipo di «spezzatino» del gruppo, un piano industriale improntato alla crescita di tutte le aziende del gruppo e il lavoro realmente produttivo per tutte le aziende del gruppo stesso;
Risposta. - Si fa presente, in via preliminare, che l'operazione di trasferimento azionario indicata nell'atto medesimo, autorizzata dall'ISVAP in data 22 luglio 2003, ha comportato l'acquisizione del 100 per cento del capitale sociale della Toro Assicurazioni spa, da parte della De Agostini spa che ha proceduto all'acquisto tramite la propria controllata indiretta Ronda spa.
In questa prospettiva, l'acquisizione di Toro Assicurazioni ha l'esclusivo obiettivo di proseguire nella strategia di diversificazione degli investimenti del Gruppo De Agostini, ed in tal senso, quest'ultimo, intende valorizzare Toro Assicurazioni nel totale, rispetto della sua autonomia gestionale e operativa.
palese violazione della normativa fiscale e tributaria e con l'uso abusivo del marchio made in Italy -:
Risposta. - La particolare caratterizzazione dell'apparato produttivo nei settori con tasso di crescita basso, tra i quali i settori del Tessile-Abbigliamento-Calzature, ha in molti casi favorito un processo di aggressione del mercato, in prevalenza proveniente da Paesi in via di sviluppo, nei confronti dei quali appare di estrema difficoltà riuscire a superare le azioni di dumping sociale, economico e ambientale poste in essere.
A) Misure nazionali.
Si è provveduto ad una «rigenerazione» delle misure di sostegno e di incentivazione al settore sulla base della normativa esistente. Ci si riferisce, in particolare, all'introduzione nell'ambito della legge n. 46 del 1982, sull'innovazione tecnologica dell'importante previsione dell'attività di campionatura come fatto innovativo; alla previsione di bandi per la formazione e la valorizzazione di giovani stilisti; alla riproposizione di bandi tematici ad hoc per il settore tessile. Si è radicata, inoltre, la convinzione che per sfuggire alle morse pressanti della competitività occorre anche stimolare la diversificazione dei prodotti in settori in cui altri partners non sono presenti e comunque devolvere il massimo delle risorse per favorire, la ricerca e il suo conseguente trasferimento al mondo della piccola e media impresa.
B) Misure europee e internazionali.
Anche utilizzando l'occasione della Presidenza italiana, per la prima volta in sede comunitaria il Governo è riuscito a richiamare l'attenzione dei partners sul problema del Tessile. L'ultimo Consiglio sulla Competitività del 27 novembre 2003, ha approvato un'apposita «comunicazione» sul settore tessile cui ha fatto immediatamente
seguito la costituzione di un gruppo di lavoro sui problemi precedentemente esposti, sotto la responsabilità di quattro ministri su 25, tra cui il Ministro italiano, proprio avuto riguardo alla leadership del settore nazionale in campo comunitario. Anche il Governo di Bruxelles è in procinto di assumere importanti provvedimenti, tesi a difendere il mercato europeo e anche italiano dalle aggressioni dei Paesi terzi.
C) Piano di razionalizzazione interno.
A conclusione di tutte le iniziative predette, il Ministero delle attività produttive ha elaborato un documento ricognitivo dei problemi del settore unitamente alle misure di policy da adottate per la razionalizzazione del comparto. Il risultato di tale elaborazione ha costituito la base per la predisposizione di una serie di provvedimenti per la difesa del Made in Italy, la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione. Il pacchetto Made in Italy si articola in quattro provvedimenti che riguardano: l'istituzione del marchio Made in Italy nuove norma per l'etichettatura, la creazione di un comitato anticontraffazione, l'istituzione di uffici di assistenza tecnica e legale per la tutela dei marchi delle imprese italiane all'estero.
Risposta. - In primo luogo si evidenzia che, nell'ambito degli interventi regolamentari
concernenti i processi distributivi dei prodotti assicurativi e la protezione dei consumatori, l'ISVAP con circolare n. 487/D del 24 ottobre 2002 (disponibile sul sito Internet dell'istituto www..isvap.it) ha dettato regole volte a disciplinare l'utilizzo di reti di produttori operanti tramite tecniche di vendita diretta quali multilevel marketing, network marketing e affini (forme di vendita che si attuano presso il domicilio dei potenziali assicurati e che si caratterizzano per l'organizzazione gerarchica in senso piramidale dei produttori-venditori).
Per gli altri prodotti assicurativi la tecnica multilevel è ammessa, ma sono stati introdotti rigorosi obblighi di continuo controllo, formazione ed aggiornamento dei produttori, nonché di assistenza antecedente e successiva alla stipula del contratto da parte dell'agenzia e della compagnia.
disposta dall'impresa mandante e di proposte di assicurazione prenumerate e dal contenuto immodificabile;
Per quanto concerne più specificamente l'operato della rete distributiva SSI si fa presente che l'istituto, nel corso del 2003, ha effettuato una verifica delle iniziative adottate dalla società Ergo Previdenza spa (già Bayerische) per conformarsi alle istruzioni dettate con la circolare 487/D.
prevede una formazione a sub-agenti assicurativi che, stando alle segnalazioni pervenute all'interrogante, non avrebbero i caratteri classici del corso di formazione per la vendita di un prodotto assicurativo, ma al contrario sarebbero «addestramenti» alla vendita, consistenti in vere e proprie manipolazioni psicologiche (in pratica i venditori proporrebbero un piano assicurativo senza nessuna conoscenza del settore);
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base anche di quanto riferito dal ministero della giustizia e dall'ISVAP, si fa presente quanto segue.
Per gli altri prodotti assicurativi la tecnica multilevel è ammessa, ma sono stati introdotti rigorosi obblighi di continuo controllo, formazione ed aggiornamento dei produttori, nonché di assistenza antecedente e successiva alla stipula del contratto da parte dell'agenzia e della compagnia.
Per quanto concerne più specificamente l'operato della rete distributiva SSI si fa presente che l'Istituto, nel corso del 2003, ha effettuato una verifica delle iniziative adottate dalla società Ergo Previdenza s.p.a. (già Bayerische) per conformarsi alle istruzioni dettate con la circolare 487/D.
Risposta. - In merito a quanto richiesto nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si segnala preliminarmente che, a seguito della procedura di amministrazione straordinaria, la gestione commissariale ha posto in essere le iniziative e le operazioni necessarie, a norma dell'articolo 5 del decreto-legge n. 347/03, per assicurare la salvaguardia della continuità della attività aziendale delle imprese del gruppo.
dell'offerta insufficiente, non solo di acciaio ma anche di altre materie prime, come la ghisa;
Risposta. - Al Governo è ben nota la difficile situazione in cui attualmente versa la siderurgia e tutta la famiglia merceologica a valle del settore. Si tratta di una crisi dai connotati diversi rispetto al passato, innescata da un trend economico senza precedenti che vede la Cina, maggiore produttore mondiale di acciaio, aumentare la sua produzione a ritmi superiori al 21 per cento annuo, seguita da gran parte del Sud-Est asiatico: una vera e propria svolta epocale, tenuto conto delle dimensioni dei soggetti considerati. Ciò ha naturalmente comportato uno sconvolgimento del mercato e come logica conseguenza la rarefazione delle materie prime e l'impennarsi straordinario dei prezzi.
motivi ambientali. Sarà inoltre, opportuna un'azione decisa, a livello comunitario, volta a canalizzare verso i Paesi della Comunità i rottami prodotti dai Paesi aderenti. Sarà anche necessario chiarire normativamente che i rottami non sono rifiuti, bensì materie prime seconde, al fine di evitare blocchi all'importazione da parte della Magistratura.
ogni socio lavoratore nella Snc); che il Tribunale di Brescia ha elaborato ulteriori limiti quali in particolare l'inserimento, nell'oggetto dell'attività di impresa come individuato dal certificato della Cciaa, della «commercializzazione» oppure la ricorrenza di notevoli acquisti di servizi da terzi, parametri, questi incompatibili con la stessa natura artigianale dell'impresa;
Risposta. - Nell'atto di sindacato ispettivo cui si risponde si evidenzia la scarsa tutela accordata agli artigiani, nelle procedure concorsuali, spesso esposti al rischio di essere ammessi al fallimento come semplici creditori chirografari.
Risposta. - La particolare caratterizzazione dell'apparato produttivo nei settori con tasso di crescita basso, tra i quali i settori dei Tessile-Abbigliamento-Calzature, ha in molti casi favorito un processo di aggressione del mercato, in prevalenza proveniente da Paesi in via di sviluppo, nei confronti dei quali appare di estrema difficoltà riuscire a superare le azioni di dumping sociale, economico e ambientale poste in essere.
Si è provveduto ad una «rigenerazione» delle misure di sostegno e di incentivazione al settore sulla base della normativa esistente. Ci si riferisce, in particolare, all'introduzione nell'ambito della legge n. 46/1982 sull'innovazione tecnologica dell'importante previsione dell'attività di campionatura come fatto innovativo; alla previsione di bandi per la formazione e la valorizzazione di giovani stilisti; alla riproposizione di bandi tematici ad hoc per il settore tessile. Si è radicata, inoltre, la convinzione che per sfuggire alle morse pressanti della competitività occorre anche stimolare la diversificazione dei prodotti in settori in cui altri partners non sono presenti e comunque devolvere il massimo delle risorse per favorire la ricerca e il suo conseguente trasferimento al mondo della piccola e media impresa.
B) Misure europee e internazionali.
Anche utilizzando l'occasione della Presidenza italiana, per la prima volta in sede comunitaria il Governo è riuscito a richiamare l'attenzione dei partners sul problema del Tessile. L'ultimo Consiglio sulla Competitività del 27 novembre u.s. ha approvato un'apposita «comunicazione» sul settore tessile cui ha fatto immediatamente seguito la costituzione di un gruppo di lavoro sui problemi precedentemente esposti, sotto la responsabilità di quattro ministri su venticinque, tra cui il Ministro italiano, proprio avuto riguardo alla leadership del settore nazionale in campo comunitario. Anche il Governo di Bruxelles è in procinto di assumere importanti provvedimenti, tesi a difendere il mercato europeo e anche italiano dalle aggressioni dei Paesi terzi.
C) Piano di razionalizzazione interno.
A conclusione di tutte le iniziative predette, il Ministero delle attività produttive ha elaborato un documento ricognitivo dei problemi del settore unitamente alle misure di policy da adottate per la razionalizzazione del comparto. Il risultato di tale elaborazione ha costituito la base per la predisposizione di una serie di provvedimenti per la difesa del Made in Italy, la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione. Il pacchetto Made in Italy si articola in quattro provvedimenti che riguardano: l'istituzione del marchio Made in Italy, nuove norme per l'etichettatura, la creazione di un comitato anticontraffazione, l'istituzione di uffici di assistenza tecnica e legale per la tutela dei marchi delle imprese italiane all'estero.
Risposta. - Le problematiche della società «La Molisana» sono all'attenzione del ministero delle attività produttive e della Presidenza del Consiglio dei ministri - Comitato per il Coordinamento dell'iniziative dell'Occupazione.
messe in atto dall'amministrazione regionale per cominciare ad affrontarla, da ultimo concretizzatasi nell'approvazione all'unanimità della legge regionale che autorizza la FINMOLISE alla concessione della fideiussione a favore della Molisana. Nella consapevolezza che questo non possa che essere considerato un primo passo significativo ma non sufficiente ad arginare la crisi, si è convenuto sulla necessità di interventi più radicali per salvare il futuro dell'attività produttiva, conservando le attuali quote di mercato del marchio.
Al fine di accelerare i tempi per la presentazione del concordato preventivo, considerato che l'istanza di fallimento viene discussa proprio in questi giorni presso il tribunale di Campobasso, nell'ultima riunione che si è svolta il 4 maggio 2004, si è concordato di esperire la procedura di legge per dare la possibilità all'azienda La Molisana ed ai suoi consulenti di presentare al giudice fallimentare la richiesta di concordato preventivo appoggiata dal contratto di affitto finalizzato all'acquisto dell'azienda.
Iran e che riguarda le coppie miste iraniane e afgane formatesi negli ultimi 20 anni in seguito all'arrivo nella Repubblica Islamica dell'Iran di rifugiati afgani;
Risposta. - In relazione alle possibili violazioni di diritti umani, derivanti dall'applicazione della normativa dei due Paesi, citati nell'interrogazione in questione, in materia di matrimoni misti, si segnala che Unione Europea ed Iran hanno avviato da alcuni anni un Dialogo Strutturato sui diritti umani al quale prendono parte rappresentanti delle due parti ed esponenti del mondo delle ONG e delle Associazioni attive nel settore dei diritti umani. Tale esercizio consente di approfondire sia la situazione dei diritti umani nel Paese sia l'esame di casi individuali o relativi a determinati gruppi sociali e/o etnico-religiosi. La prossima tornata di detto esercizio è prevista nel mese di giugno in Iran; la Presidenza di turno dell'UE sta curando l'organizzazione dell'evento e la messa a punto dell'agenda dei lavori d'intesa con le Autorità iraniane.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la rete autostradale italiana si sviluppa lungo circa 5.500 km gestiti da 24 Società concessionarie tra le quali è stato sottoscritto un accordo che stabilisce i criteri per una gestione «interoperabile» del traffico in modo da dare al cliente la percezione di avere un'unica struttura di erogazione del servizio;
in Italia si applica, per il servizio autostradale, un sistema di pagamento basato sul pedaggio che risponde all'esigenza di far pagare al cliente l'uso che fa dell'infrastruttura autostradale;
il pedaggio viene regolato da parametri specifici che sono definiti nelle convenzioni che ciascuna delle 24 concessionarie ha sottoscritto con l'ente concedente (Anas) ed è calcolato in base ad una classificazione nazionale dei veicoli che sono suddivisi in 5 classi di pedaggio ad ognuna dello quali è associato un costo per chilometro;
questo costo viene quindi calcolato moltiplicando, per ogni tratto percorso, il costo per chilometro di una vettura di una data classe per il numero di chilometri percorsi;
esistono, però, sulla rete autostradale alcune sconcertanti ed inspiegabili deroghe a tale logico principio che determinano situazioni di grave ed inaccettabile discriminazioni nell'utenza autostradale;
infatti, le autostrade, per ciò che concerne il pagamento del pedaggio sono state classificate in due tipi: autostrade a sistema chiuso e aperto;
nelle prime la tariffa viene calcolata in base alla lunghezza del percorso effettuato, mentre nelle seconde la tariffa viene calcolata in maniera forfettaria a prescindere dalla lunghezza del percorso effettuato;
quest'ultimo è il caso dell'autostrada Napoli-Pompei-Salerno gestita dalla società Autostrade Meridionali S.p.A.-SAM;
tale autostrada, lunga 56 chilometri riveste un'importanza strategica per i collegamenti nel territorio attraversato e del suo vasto hinterland, contribuendo in maniera determinante al decongestionamento del densissimo traffico urbano gravante sui numerosi e popolosi centri afferenti;
per questa sua funzione tale via ha perso la caratteristica propria di un'autostrada, ovvero, lo scorrimento veloce, assumendo di fatto quella di una comune strada a lento scorrimento;
risulta pertanto improprio ed iniquo il pagamento di un pedaggio che per l'entità (o l'esosità) dell'importo, peraltro forfettario, penalizza oltremodo le migliaia
se Ministri interrogati sono a conoscenza della questione esposta;
se, per le argomentazioni sopra evidenziate, non ritengano necessario ed opportuno intervenire, ciascuno per le proprie competenze, affinché vengano create (e premesse ed i presupposti per una ragionevole eliminazione del pedaggio sull'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, pur considerando la complessità (ma non l'impossibilità) di un'operazione che comunque nel tempo sarebbe largamente compensata dai benefici effetti ambientali ed economici derivanti dal risparmio di spesa per la realizzazione di tante opere pubbliche (bretelle, sottovie, tangenziali, eccetera), attualmente previste per decongestionare il traffico urbano di numerosi centri, a cui si ovvierebbe con la libera disponibilità di questa arteria «autostradale»;
se, in attesa della concretizzazione di tale evento, non ritengano, ciascuno per le rispettive competenze, di dover intervenire presso le parti interessate (Anas e società Autostrade Meridionali S.p.A.-SAM) al fine di sollecitare l'applicazione di un equo pedaggio sulla suddetta autostrada, secondo il giusto e logico criterio del costo per chilometro, atteso che, in forza dell'attuale regime forfettario, per percorrere un tratto di pochi chilometri si paga lo stesso, esorbitante, importo di chi percorre l'intero tratto autostradale. Tenendo presente, infine, che già l'attuale pedaggio forfetario è particolarmente caro anche per l'intera percorrenza.
(4-08519)
L'applicazione delle tariffe sulle tratte autostradali deriva da una convenzione tra concedente e concessionario con il quale vengono regolamentati impegni e rientri degli investimenti e dei costi gestionali. Pertanto, per una struttura che nasce come autostrada a pedaggio risulta impossibile procedere ad esenzioni dallo stesso.
Il sistema di pedaggiamento adottato sull'autostrada Napoli-Pompei-Salerno è del tipo cosiddetto «aperto» e le percorrenze vengono calibrate sulla media dei tragitti effettuati.
In relazione alla lamentata attribuzione dei chilometri dell'intera autostrada agli utenti che percorrono solo parte di essa, la società stradale fa presente quanto segue.
Nel sistema di pedaggiamento di tipo aperto, difatti, le percorrenze sono attribuite convenzionalmente a causa della mancata possibilità di rilevare le stesse ad ogni uscita in assenza di specifici presidi (caselli o barriere).
L'ANAS sottolinea tuttavia che l'utente che percorre tratti inferiori alle percorrenze attribuite è in altri casi agevolato dal pagamento di percorrenze superiori rispetto al percorso effettivamente coperto.
La società stradale fa presente altresì che l'introduzione di un diverso sistema di rilevazione non appare compatibile con l'intero assetto. Infatti, l'introduzione di sistemi di controllo a ciascuna uscita determinerebbe ulteriori elevati costi di esazione con il conseguente aggravio delle tariffe e i notevoli intralci al traffico che verrebbe così rallentato.
L'ipotesi di introdurre forme di riduzione del pedaggio, dovendo mantenere alla concessionaria lo stesso livello di introiti, a detta dell'ANAS non appare di facile attuazione proprio per il tipo di traffico che interessa l'autostrada in questione non soggetto ad ulteriori incrementi.
Per quanto attiene agli adeguamenti tariffari previsti dai nuovi strumenti convenzionali, questi vengono accordati sulla base dell'applicazione della formula del pricecap la quale tiene conto degli investimenti, del recupero di produttività nonché della qualità del servizio.
Nel caso specifico della Società Autostrade Meridionali, gli incrementi autorizzati sono di modesta entità rispetto al valore degli investimenti previsti.
La società stradale informa che, in virtù della necessità di un sostanziale adeguamento dell'autostrada, è stato varato un consistente programma di investimenti mediante il quale la capacità della struttura viene completamente modificata con la creazione della terza corsia e la costruzione di nuovi svincoli. Tali lavori sono in stato di avanzata realizzazione.
La società stradale conferma che la convenzione vigente tra la concessionaria e l'ANAS non consente, come per il resto delle rete italiana, in assenza di compensazioni l'esenzione del pedaggio. Ciò al fine di consentire alla concessionaria stessa di far fronte in autofinanziamento agli adeguamenti delle strutture esistenti ed agli ammodernamenti degli investimenti.
L'ANAS prosegue asserendo che l'esenzione o riduzione degli attuali livelli tariffari, ai quali si è pervenuti dopo ponderate valutazioni in sede di rinnovo del piano finanziario approvato unitamente alla relativa convenzione, può essere attuata solo eccezionalmente per particolari categorie di utenti a condizione che siano garantite compensazioni economiche per i mancati introiti da parte degli enti interessati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
nel corso del 2003 si è verificato un aumento del 35 per cento delle tariffe sulla rete autostradale gestita dalla società «Strada dei Parchi» che ha causato serie difficoltà a tutti gli autotrasportatori che non hanno la possibilità di adeguare i contratti in corso di esecuzione, pena la rescissione dei medesimi;
tutto ciò non solo ha reso più gravosi i margini di esecuzione e di operatività dei rapporti negoziali ma, allo stato, tali aumenti appaiono del tutto inspiegabili considerato che l'inflazione su base annua, rilevata sui dati ISTAT, è pari al 2,8 per cento -:
quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di contenere l'inspiegabile aumento registrato entro limiti ragionevoli e comunque non superiori al tasso di inflazione corrente, come da preciso impegno assunto dal Governo nell'ambito del «Patto per l'Italia».
(4-08054)
Infatti, il concessionario della gestione delle autostrade A24 e A25, in sede di gara e come disciplinato dalla convenzione accedente alla concessione, ha assunto l'impegno di realizzare ingenti investimenti per l'adeguamento, il completamento delle tratte ed il miglioramento degli standard di sicurezza e della qualità del servizio offerti agli utenti.
Gli interventi previsti sono:
a) progettazione e realizzazione dei lavori di completamento dell'autostrada, seconda carreggiata, dalla progressiva km.ca 0+000 alla progressiva km.ca 5+474 del tronco Villa Vomano-Teramo, da realizzare negli anni 2002-2006, per un importo complessivo lordo di circa 74,8 milioni di euro;
b) adeguamento del tratto a tre corsie dell'autostrada A24, tra via Palmiro Togliatti e la barriera di Roma Est, compreso l'adeguamento della stazione di Lunghezza e l'armonizzazione con la viabilità ordinaria, da realizzare negli anni 2002-2006, per un importo complessivo lordo di circa 72,3 milioni di euro;
c) interventi di manutenzione straordinaria, previsti per tutta la durata della concessione, finalizzati ad elevare il servizio in termini di sicurezza, fluidità del traffico,
d) investimenti per manutenzione ordinaria ammontanti complessivamente a circa 767,4 milioni di euro, previsti per tutta la durata della concessione con una spesa media annua di circa 25,8 milioni di euro.
Essa fa presente, inoltre, che detti pedaggi, sempre dal 1o gennaio 2003 e per gli anni successivi, sono incrementati dei sovrapprezzi di legge dovuti allo Stato ex articolo 15, comma, lettera b), della legge n. 531/1982 ed articolo 11, comma 2, della legge n. 407/1990 (l'equivalente in euro delle tre e nove lire sulle tariffe unitarie chilometriche rispettivamente dei mezzi leggeri e dei mezzi pesanti).
Tali sovrapprezzi fino al 31 dicembre 2002 non venivano applicati sulle tariffe delle autostrade in oggetto, in quanto la norma prevede che gli stessi siano esigibili solo per le autostrade in concessione.
L'ANAS fa presente, infine, che alle tariffe come sopra incrementate si aggiunge la percentuale dell'I.V.A. nella misura del 20 per cento ed il pedaggio finale viene arrotondato, come consentito, per agevolare le operazioni di esazione.
Anche con gli incrementi predetti, tenuto conto del basso livello delle tariffe in vigore fino al 31 dicembre 2002, non essendo state le stesse regolarmente adeguate per moltissimi anni, i pedaggi delle A24 ed A25 risultano di gran lunga inferiori rispetto a quelli adottati su tratte analoghe del resto della rete autostradale.
Comunque, riferisce l'ANAS, allo scopo di individuare soluzioni in grado di attenuare l'impatto delle nuove tariffe, sono iniziati confronti con le parti interessate, sentiti anche i rappresentanti degli enti locali.
A tal fine è stato avviato un tavolo di trattative finalizzate a verificare la possibilità che gli enti stessi possano farsi carico delle eventuali agevolazioni da accordare a particolari categorie di utenti, quali i pendolari. Ciò in quanto simili agevolazioni non possono risultare penalizzanti per la concessionaria, impegnata nel breve e medio periodo a realizzare il predetto programma di lavori, nonché gli interventi per la sicurezza e per manutenzioni, particolarmente onerosi a causa della tipologia delle due autostrade.
L'ANAS ha fatto inoltre osservare che la convenzione vigente con la concessionaria non consente, come per il resto della rete italiana, l'esenzione dal pedaggio in assenza di compensazioni definite tramite interventi di enti od organismi diversi.
Si fa presente, altresì, che nel caso specifico non sussiste un potere diretto di intervento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti o del Governo.
Nel caso in questione, difatti, le nuove tariffe nascono da un patto negoziale, concluso in esito ad una regolare gara di appalto e potrebbero essere ridotte solamente riducendo gli oneri del Concessionario, compresi gli investimenti previsti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
l'UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione è un'associazione privata senza scopo di lucro, i cui soci, oltre 7.000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione;
svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario ad esclusione di quello elettrico ed elettrotecnico di competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano;
l'UNI è stato costituito nel 1921, con la sigla «UNIM», a fronte dell'esigenza dell'industria meccanica di unificare le tipologie produttive, facilitare l'intercambiabilità dei pezzi, eccetera;
da allora, l'attività di normazione ha assunto sempre più importanza nel contesto economico del paese: già nel 1928 la Confindustria ne riconobbe il ruolo fondamentale per l'economia e ne promosse l'estensione a tutti i settori industriali: l'UNIM si trasformò così anche formalmente e la sigla che lo contraddistingueva perse la «emme» finale, diventando l'attuale UNI;
il ruolo dell'UNI, quale organismo nazionale italiano di normazione, è stato riconosciuto dalla direttiva europea 83/189/CEE del marzo 1983, recepita dal Governo Italiano con la legge n. 317 del 21 giugno 1986;
l'UNI partecipa, in rappresentanza dell'Italia, all'attività normativa degli organismi sovranazionali di formazione: ISO (International Organization for Standardization) e CEN (Comité Européen de Normalisation);
la direttiva 98/34/CE (ex 83/189/CEE) prevede una procedura che obbliga gli Stati membri a notificare i progetti delle regolamentazioni tecniche relative ai prodotti e, quanto prima possibile, ai servizi della società dell'informazione, alla Commissione e agli altri Stati membri prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali. Tale procedura si propone di garantire trasparenza e controllo su queste regolamentazioni. Poiché queste ultime potrebbero dare origine a barriere ingiustificate tra i diversi Stati membri, la loro notifica in fase di progetto e il successivo esame con conseguente valutazione del contenuto contribuiscono a diminuire tale rischio;
l'Uni è l'unico organismo quindi che ha il monopolio del copyright delle normative tecniche che vengono diffuse dal Comitato Europeo di Normazione;
l'Uni diffonde le norme attraverso la vendita diretta di Banche dati normative tecniche, gestendo in proprio la vendita, il marketing delle proprie banche dati;
risulta all'interrogante che l'Uni, in questi mesi in seguito all'avviamento di una approfondita analisi sulle attuali politiche commerciali e di sfruttamento del copyright ha sospeso la negoziazione degli accordi di riproduzione/inserimento delle norme in prodotti elettronici di terzi -:
se l'Uni, quale unico organismo (associazione no profit) che ha il compito di diffondere il più possibile le normative tecniche recepite dal CEN possa arrogarsi il diritto di attuare politiche di mercato restrittive che limitino la diffusione delle norme UNI non permettendo alle società editrici specializzate di acquisire, previo pagamento delle dovute royalty, le norme tecniche UNI da inserire nelle proprie banche dati;
se non sia deleterio, per la libera concorrenza tra le case editrici del settore che necessitano di inserire le norme UNI nei propri prodotti, che l'UNI si arroghi il diritto di decidere quali case editrici possano accedere alla normazione tecnica e quali non possano accedere, creando imbarazzanti situazioni deleterie per la concorrenza delle case editrici specializzate nella creazione di banche dati normative.
(4-07564)
Lo scopo istituzionale dell'UNI, oltre a quello di produrre normative tecniche elaborate con il consenso delle parti pubbliche e private interessate, è quello di garantire la massima diffusione possibile delle stesse.
A tal fine, negli ultimi anni, l'UNI, da un solo punto esclusivo di diffusione situato presso la sede di Milano, ha aperto sul territorio nazionale ben diciannove punti UNI nei principali capoluoghi di provincia, collocati presso Camere di commercio o Associazioni imprenditoriali, dove tutti gli interessati possono consultare gratuitamente i testi normativi e, se ritenuto opportuno, acquistarli immediatamente.
Da una mera diffusione in forma cartacea, l'UNI ha sviluppato selezioni di settore riprodotte su supporti informatici, garantendo una diffusione più coerente con le
Da gennaio 2003, l'UNI ha attivato la possibilità di scaricare via internet i files relativi alla norme di interesse, eliminando anche i costi di postalizzazione che gravano gli acquisti non effettuati presso i punti UNI.
Per le norme tecniche di interesse pubblico, in particolare quelle riguardanti la sicurezza, l'UNI da anni cede il diritto di riproduzione al ministero delle attività produttive che può provvedere alla integrale pubblicazione dei testi sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
unattento esame delle spese deliberate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (ministero degli affari esteri) nel periodo gennaio 1998-agosto 2003 evidenzia una serie rilevante di anomalie;
nel periodo in esame si sono spesi, attraverso 110 delibere relative ad altrettanti contratti per interventi all'estero - in favore dei Paesi poveri e/o in via di sviluppo - più di 300 miliardi delle vecchie lire per interessi, svalutazioni, risarcimento danni, arbitrati, spese legali e giudiziarie;
le spese sono state deliberate e impiegate per far fronte ad obbligazioni di varia natura contratte negli armi '90 (in non pochi casi negli anni 1987-1989): si è trattato quasi sempre di pagamenti provocati da ritardi (anche decennali), da lacune ed omissioni della pubblica amministrazione, da inadeguata gestione, da omessi contratti;
l'analisi delle «anomalie» prescinde dall'efficacia dei contratti (impossibile, per l'interrogante, da verificare) e non è finalizzata a mettere in discussione il valore sociale ed umanitario né delle leggi di finanziamento né delle opere realizzate o degli aiuti finanziati;
si ritiene però doveroso un chiarimento relativo anche alle responsabilità di chi ha gestito i contratti che hanno comportato interventi finanziari in anni recenti ma lontani dalle inadempienze e dal determinarsi delle cause di tanta cattiva attività;
si segnalano, in particolare, i seguenti casi:
1)Santo Domingo - Nel 1989 il Mae affidava all'ATI, società Metropolitana Milanese e società ELC Elettroconsult, un progetto pilota di risanamento dei quartieri emarginati (spese 10 miliardi) di Santo Domingo. L'attività veniva svolta in modo ampio e sollecitata da più parti. L'ATI bombardava di richieste per ottenere i pagamenti degli extra e gli interessi. Il Ministero resistette, ma, alla fine, dovette versare - oltre al pattuito - 1 miliardo 660 milioni: i lavori, collaudati già nel '95, vennero pagati con forte ritardo a dicembre 2001, di qui gli interessi;
2)Nicaragua - Il Mae transige con la Italconsult altre «controversie in atto» e paga lire 1.296.097.060 di cui, per interessi, lire 1.145.027.060 e 151.070.000 per capitale. Tale cifra è così costituita: 402 milioni, quasi tutti interessi, per lavori in Nicaragua (contratto di dieci anni prima), 377 milioni, quasi tutti interessi, per un programma in Angola (contratto di sedici anni prima), 228 milioni (quasi tutti interessi) per lavori in Angola a Luanda (contratto di quattordici anni prima), lire 308 milioni, quasi tutti interessi, per altri lavori in Angola (contratto di dodici anni prima);
3)Argentina - Nel 1988 il ministero pattuì con la Italconsult spa la realizzazione di un programma in Argentina. La stessa Italconsult dovette ricorrere, 13 anni dopo, al lodo arbitrale per farsi pagare una parte del dovuto: gli arbitri condannarono il Mae a versare 138
4)Equador - Il contratto risale al solito anno 1988: il ministero affidò alla Castoro spa un programma fluviale in Equador. Solita lite e solita condanna del ministero: somma dovuta 185 milioni più 70 milioni per interessi;
5)Libano - Nel 1989 venne approvato un programma per migliorare gli ospedali italiani in Argentina, un programma di supporto agli handicappati in Uruguay a Montevideo e così in Libano (a Sarafand). A realizzare i tre programmi venne chiamata la Spef srl di Roma. Che cosa sia avvenuto, non si sa bene comunque, nel marzo 1998 la Spef citò in giudizio il ministero per almeno 100 milioni per ogni programma. Fu così che il 12 aprile 2001 arrivò la sentenza di condanna del Mae a pagare alla Spef 387 milioni, oltre a interessi, e altre spese (altri 100 milioni);
6)Italia - Interessante la vicenda che ha visto contrapposti la Farnesina e Nomisma. Nel maggio del 1983, la Farnesina e Nomisma stipularono una convenzione triennale avente ad oggetto la predisposizione di indispensabili studi e valutazioni sui paesi in via di sviluppo. Cinque anni più tardi la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo decideva di risolvere la convenzione. Nomisma, nel 1991, citava in giudizio il ministero per ottenere il corrispettivo dell'attività svolta pari a lire 2.650.163.630. Le parti decidevano di ricorrere ad una transazione, in base alla quale il ministero ha liquidato ogni pendenza con la società Nomisma tramite il pagamento di lire 1.898.870.904 per capitali e interessi;
7)Egitto - Ancora in Egitto per il programma pesca. La ditta Itor srl creditrice della ditta Barral srl chiede al Mae il pagamento di un debito che il Mae aveva (per un programma stipulato nel 1988) verso la Barral srl: importo 400 milioni di lire circa. Il Mae stanzia precauzionalmente, in attesa di sentenza definitiva, 188 milioni solo per interessi e spese legali;
8)Mozambico - Nel 1988 tra il ministero e la società Tecnostar venne stipulato un accordo in base al quale quest'ultima società si attivava per dare vita ad un programma di valorizzazione del marmo del Mozambico (marmo di Montepuez). Nel 1997 la ditta Tecnostar citava il Mae per omesso pagamento della somma residuale di 8 milioni: poca cosa sennonché al capitale vennero aggiunte le spese legali e gli interessi per altri 30 milioni che il ministero pagò a marzo del 2002;
9)Somalia - Nel 1986 il raggruppamento delle imprese Giza, Delma e l'Agricola d'Italia viene incaricato di un programma da realizzarsi in Somalia (azienda agricola di Jowhar). Nel 1993/1994 vengono definite le questioni insorte fra le parti (vedi precedenti). Il ministero non fa fronte ad una parte dell'impegno e viene citato. Il tribunale di Roma condanna (dopo 6 anni) il MAE a pagare 380 milioni «per interessi di mancato pagamento della transazione». Il ministero paga 409 milioni ma poi insiste nell'appello finendo di pagare altri 12 milioni per spese di giustizia;
10)Etiopia - Nel 1991 viene stipulato un contratto fra il Mae e l'Ansaldo per un programma in Etiopia (nel settore elettromeccanico). I lavori vengono sospesi due volte per inadempienze del governo locale. Nel novembre 1998 il contratto s'interrompe perché l'Etiopia non è in grado di fare la sua parte. L'Ansaldo vorrebbe dal Governo italiano 3 miliardi, poi si accontenta di uno;
11)Guatemala - Nel 1985 viene varato un programma per il Guatemala (sviluppo suinicolo). Incaricata la spa Italeco. Passano gli anni e nel 2001 il tribunale di Roma condanna il Mae a versare alla citata società 350 milioni oltre interessi e spese legali per 60 milioni di lire;
12)Egitto - Nel 1991 la Nuova Pignone viene incaricata di un'iniziativa in Egitto relativa alla rete idrica de «Il Cairo». La Nuova Pignone nel 1999 cede il contratto alla Foxboro Scada che nel 2002 provvede subito a richiedere quanto giusto per i ritardi di pagamento. E così se ne vanno 329 milioni per interessi;
13)Sud Africa - Nel 1993 viene stipulato un contratto fra il Mae e la società Expo spa di Roma per realizzare in Sud Africa un centro comunitario per l'assistenza sanitaria ai profughi sudafricani rientranti: spesa 6.342.000.000. Il contratto viene annullato per motivi di legittimità e non si dà luogo ad alcuna attività. La Expo spa citava ugualmente il Mae per danni. Causa, appello, transazione. Il Mae versa 260 milioni per capitale e interessi;
14) Etiopia - A seguito di un bando di gara del 1986, la società Euricom si aggiudicava la fornitura di 3.000 tonnellate di riso destinate all'Etiopia da trasportarsi fino al porto di Assab; per cause non imputabili a suddetta società, la nave era costretta (anno 1987) a sostare per 16 giorni nel porto prima di poter effettuare le operazioni di scarico sostenendo, per spese di «parcheggio», un costo di 116.000.000 di lire. Dopo una serie di inutili solleciti e dopo aver atteso 7 anni la Euricom notificò atto di citazione al Mae il giorno 6 settembre 1993, con cui chiedeva il rimborso della suddetta somma; vista la sentenza del tribunale di Roma del 28 novembre 2001 (dopo altri 8 anni), diventata esecutiva il giorno 2 luglio 2002, il ministero viene condannato a pagare non solo la cifra di 116.000.000 milioni, ma anche 179 milioni di lire per interessi, spese legali;
15) Italia - Il 23 luglio 2002 gli ufficiali giudiziari effettuavano un pignoramento al ministero in favore del signor F.R. a titolo di risarcimento del danno per «perdita di chance». Il Ministero paga 53 milioni di lire per capitale e 30 milioni per interessi, rivalutazione, spese ed «interessi degli interessi»;
16)Tunisi - Nel 1988 e nel 1991 il Mae affida alla società Geco System la realizzazione di due centri di assistenza per veicoli in Tunisi e Sfax. Sorge una vertenza fra le parti. Gli arbitri condannano il Mae a pagare, solo per interessi, spese legali, collegio arbitrale la somma di un miliardo;
17) Mozambico - Si tratta di un'opera importante: l'acquedotto di Beira in Mozambico. Con contratto del 1991, il programma venne affidato alla Cmb Cooperativa Muratori di Carpi (importo previsto miliardi 37,7). Nel '94 vennero deliberate perizie di variante per 3.478.897.000 poi una sospensione dei lavori per 427 giorni: nacquero contestazioni e rilievi non circa la cifra pattuita bensì circa la revisione prezzi e gli interessi. In attesa di una decisione del Consiglio di Stato il MAE. Dopo altri 5 anni (il 30 settembre 2002) si arrivò ad una definizione complessiva: il Mae versa oltre 4 miliardi 800.000.000 per «quota interessi» (ottobre 2002), 1 miliardo e 314 milioni di lire ancora per revisione prezzi;
18) Niger - La società. Nuovo Castoro e la società Rti Guado nel 1986 stipularono con il Mae un contratto per costruire 10 pozzi nel Niger. Il Mae paga il previsto (o quello che riteneva tale): nonostante ciò, viene condannato nel 1995 a pagare 1.884.000.000 lire comprensivi di interessi. Paga e appella ma la Corte d'Appello dichiara l'inesistenza della notifica dell'appello: così arrivano da pagare, nel 2002, altri 30 milioni circa «per spese di lite»;
19) Giordania - Negli anni 1986-1989 il Mae pattuisce con la Cotecno srl la realizzazione di alcuni centri professionali in Giordania, in Guatemala, in Guinea. Solita lite per il pagamento (la Cotecno vuole un po' di soldi in più): la questione si aggiusta (nel novembre 2002) con poco più di 2 miliardi e mezzo (capitolo 2195) per residuo capitale ed interessi;
20)Angola - Nel 1991 viene pattuito, fra il Mae e il Consorzio Ceitral, un'opera di risanamento della città di
21)Italia - Al dottor A.Z. Zeqeh Nashat viene assegnata, per il periodo 1 novembre 1991-27 novembre 1992, una borsa di studio. Non tutto gli viene corrisposto, per cui il borsista ricorre al tribunale di Napoli che, nell'ottobre 2001, condanna il ministero a versargli 15 milioni per residuo importo borsa di studio, 10 milioni per interessi (di 10 anni, 12 milioni per spese legali);
22)Angola - Nel 1989, la società Gilco s'impegna alla costruzione di un acquedotto a Porto Amboin in Angola. Non ottenendo i pagamenti (gli interessi per ritardato pagamento), la Gilco nel 1999 si rivolge agli arbitri per la seconda volta. Nel frattempo, però, la stessa società fallisce ed il lodo s'interrompe. E così il Mae paga oltre 800 milioni, per interessi, al curatore;
23)Albania - Il 12 marzo 2003 il direttore generale della cooperazione allo sviluppo del ministero delibera di chiudere una vertenza con la b.r.b. SpA fornitrice di 5 ascensori più vano ascensore nell'ospedale di Tirana. La vertenza viene chiusa consensualmente e chiuso consensualmente il programma (la delibera non dice di più su quanto si è pagato e se i lavori sono stati fatti ed in quale misura): non si dimentica di dire che il Ministero dovrà pagare ulteriori 192 milioni di vecchie lire;
24)Somalia - Quanto al rapporto fra il ministero e la società Cotecno per la realizzazione di un programma (pattuito il 30 maggio 1988) di studi sociali. Quel programma costò - lo si ripete -, oltre al pattuito, ben 1.362.000.000 lire di cui 882 milioni per somma capitale e 479 milioni per interessi e spese. Sì da però il caso che fra il ministero e la Cotecno venisse fatto sempre nel 1988 (qualche mese prima dell'altro, e cioè a gennaio) un altro contratto «di assistenza al Sidam» (Somalia). Anche per questo contratto sorsero contestazioni per cui la Contecno ricorse agli arbitri che condannarono il ministero a pagare altri 762 milioni di lire poi versati dal ministero;
25)Colombia - Il signor M.G. lavora per un programma in Colombia, non viene pagato quanto gli spetta fa causa. Il triunale di Roma condanna il MAE a versargli 224 milioni. Molto di più è spettato riuscendo a far valere i propri diritti, sollevando controversia con il MAE, che dovette rifinanziare il programma (per pagarlo) stanziando 830 milioni per l'ingegnere di cui 61 per interessi;
26)Giordania - La Contecno si occupò anche del programma per la formazione professionale in Giordania (artigianato a Salt). Il contratto fra MAE e Contecno è del 1991: passano 10 anni quando nasce l'ennesima controversia fra le parti: e così il 27 marzo 2003 al ministero viene notificato atto di precetto residuo importo capitale (332 milioni di lire) più (per interessi, spese legali, spese per gli arbitrii) ben 2 miliardi e 67 milioni; siamo ad aprile 2003. Il ministero stanzia le relative cifre;
27)Roma - Il contratto è relativo non ad opere o programmi nei paesi poveri o in via di sviluppo ma alla manutenzione e l'assistenza tecnica delle macchine da scrivere «manuali, elettriche, elettroniche, calcolatrici, fotocopiatrici per gli anni 1992-1993 ovviamente tutti strumenti in uso negli uffici della cooperazione allo sviluppo. Il MAE-Cooperazione appalta alla soc. VRM che ha sua volta
28) Sudan - Nel consueto anno 1989 il MAE pattuisce con la società Emit Spa un programma per la realizzazione di 70 punti d'acqua attrezzati in Sudan: un'opera altamente benemenita. Nel 1999 si litiga fra MAE ed Emit Spa che lamenta di non essere stata pagata abbastanza: si ricorre agli arbitri che condannano; (bollettini non dicono a quanto) il MAE, che ricorre in appello. La Corte d'Appello di Roma conferma la condanna (non si sa a quanto) e addebita il ministero delle spese legali pari 13 milioni 800.000;
29) Zimbawe - Il signor R.P. lavora ad un progetto in Zimbawe: non viene pagato come dovuto. Ricorre al tribunale di Roma che gli da ragione: così si stanziano 67 milioni di lire cui 13 per interessi (maggio 2003). Un po' più di 4 milioni spettano al dottor G.G. per spese legali e interessi: non si conosce a quanto sia stato condannato il Ministero per importo del capitale. Molto di più (circa 50 milioni di lire) andranno alla sig.ra S.C. dopo la sentenza del tribunale di Roma;
30) Kenya - Nel 1987 veniva finanziata un'iniziativa per il Kenya (utilizzazione dell'energia solare per la pesca). Si fa un contratto con il consenso GeG-Gilco: la soc. Silcaf incorpora il consenso; il MAE è condannato a pagare una certa somma (che stranamente non viene citata). Per intanto si pagano subito gli interessi, le spese di giudizio, gli arbitri: totale pagato 260 milioni;
tale andamento delle cose, oltre a rappresentare uno spreco di denaro pubblico, incide in maniera rilevante sulla reale consistenza della politica di aiuto allo sviluppo essendo necessario stornare dalle risorse finanziarie dedicate a tale attività le somme necessarie per coprire le suddette spese -:
se risultino agli atti del Governo i fatti esposti ed i relativi esborsi;
quali iniziative siano state assunte per individuare responsabilità amministrative e gestionali;
quali iniziative sono state o verranno assunte per evitare il ripetersi di fatti obbiettivamente non facilmente spiegabili;
quali azioni intenda intraprendere il Governo per correggere quella che appare essere una seria problematica di tipo gestionale nell'utilizzazione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo, anche alla luce dei numerosi progetti e disegni di legge presentati al Parlamento che prevedono la riforma di detto sistema.
(4-07699)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie in esame dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo aiuti italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri organi dello Stato coinvolti
Il superamento di una difficile situazione pregressa - che ha portato ai contenziosi in esame - è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il Ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante con riferimento ai singoli casi segnalati, sembra tuttavia utile inquadrare e valutare quest'ultimi da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. I centodieci contenziosi citati sono infatti i più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del Ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che i 110 casi in questione sono meglio inquadrabili con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati negli atti in esame relativi ai singoli casi si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei Conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della procura regionale competente della Corte dei Conti. Quest'ultimo dato è particolarmente significativo, perché in dieci dei primi venti casi cui si riferisce l'interrogazione in oggetto, l'esame della procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti ha accertato l'inesistenza di un danno all'erario decidendo l'archiviazione del fascicolo. In altri casi la questione oggetto di contenzioso è stata portata all'esame della Corte dei Conti o giudicata in appello o in cassazione o, infine, se risolta con una transazione, è stata approvata sotto il profilo legale dall'avvocatura
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
Nel corso del progetto, parzialmente eseguito dalla ATI tra metropolitana milanese ed ELC SPA, si sono verificati numerosi problemi, ingenerati dal modificato interesse delle Autorità governative dominicane in corso d'opera, oltre che da una serie di disservizi e difficoltà logistiche ed operative incontrati sul posto.
In ogni caso l'ATI realizzò una parte delle attività previste per un valore di circa 4 miliardi di lire. In data 2 luglio 1993 le Autorità domenicane formalizzano alcune richieste di varianti progettuali stante il loro modificato interesse rispetto all'originario progetto; l'ATI in data 15 novembre 1993 chiede una proroga ed una serie di varianti recepenti le istanze del Beneficiario che però non vengono concesse in difetto di una dettagliata prospettazione delle attività progettuali da intraprendere. Ne segue uno scambio epistolare, con i lavori di fatto sospesi in quanto il contratto era terminato in data 30 novembre 1993. Nel 1994 viene costituito un gruppo di lavoro che, all'esito di approfondite indagini, ritiene che non vi fossero gli estremi per procedere ad una risoluzione per inadempimento dell'ATI. All'inizio del 1995 viene così nominata una commissione di collaudo al fine di verificare le attività effettivamente svolte ed eventuali responsabilità delle parti. Tale commissione riteneva di attenersi esclusivamente alle prescrizioni contrattuali, in quanto unica fonte da cui legittimamente trarre il proprio convincimento. La commissione di collaudo concludeva procedendo ad un'analitica disamina dei diversi aspetti del contratto, per poi giungere alla formulazione di specifiche conclusioni, le quali venivano esaminate successivamente dalla Commissione del contenzioso medio tempore nominata ex lege 121 del 1994. A questo punto in data 19 dicembre 2000 venivano, in occasione di un apposito in
In tale importo venivano altresì considerate penali a carico dell'ATI per lire 237.000.000. A questo punto veniva richiesto più volte nel corso dell'anno 2001 parere all'Avvocatura generale dello Stato circa la congruità e la convenienza di una transazione avente ad oggetto l'importo calcolato dalla commissione di collaudo. Con nota del 6 novembre 2001 l'AGS prendendo atto dei contenuti del rapporto informativo redatto dal MAE riteneva che «le cifre concordate in relazione ai vari titoli delle pretese dell'ATI appaiono accettabili» e pertanto esprimeva parere favorevole alla transazione. Una volta ottenuto il parere favorevole dell'AGS, si procedeva alla tempestiva redazione dell'atto di transazione nonché alla sua approvazione, con la successiva emissione di decreto di liquidazione delle somme convenute.
Si ritiene quindi, in conclusione, che oggettivamente nessuna responsabilità può essere ascritta al MAE DGCS, che ha operato con diligenza e tempestività, non autorizzando varianti in corso d'opera ritenute non attinenti con il programma originario ed evitando così l'utilizzo di denaro pubblico per uno scopo diverso da quello oggetto di preventiva approvazione, dimostrando così di attendere pienamente al proprio precipuo compito di vigilanza.
Inoltre il tempo trascorso è da imputarsi esclusivamente alle mutate indicazioni del Beneficiario dominicano ed alle difficoltà logistiche ed operative incontrate sul posto, oltre alla natura meramente sperimentale del progetto. In ogni caso il MAE ha concluso una transazione ritenuta conveniente dall'AGS organo preliminarmente e necessariamente consultivo in pendenza di contenzioso.
La Procura della Corte dei conti, svolte le indagini sullo svolgimento del programma, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
La D.G.C.S. affidava alla Italconsult S.p.a lo studio per la revisione del progetto di massima, l'esecuzione di indagini-studi integrativi e la progettazione esecutiva delle opere. In data 1o ottobre 1991 veniva stipulato con la citata società un contratto concernente la componente servizi e direzione lavori per un importo complessivo di lire 2.103.240.000. Contestualmente, la sopraggiunta normativa in materia di appalto di opere (legge n. 412 del 1991) non consentendo l'assegnazione a trattativa privata alla Società Astaldi della realizzazione delle citate opere (come in un primo momento era stato ipotizzato, considerata la consolidata esperienza in loco di tale ditta), obbligò la D.G.C.S., al fine di individuare l'idoneo soggetto per l'esecuzione di quanto deliberato, all'avvio di una procedura concorsuale ristretta tra le ditte italiane presenti nella regione ed in grado di mobilitarsi velocemente. Si richiese, pertanto, al progettista Italconsult, che era tenuto contrattualmente a completare la progettazione esecutiva in corso d'opera, di provvedere a tale adempimento senza attendere l'avvio del contratto di costruzione e di predisporre, apportando le necessarie correzioni, i necessari documenti di appalto. Documenti
Purtroppo il tempo trascorso per l'espletamento della procedura concorsuale, le mutate priorità del Governo italiano nelle attività di cooperazione con il Nicaragua e le forti riduzioni di bilancio subite dalla direzione generale hanno fatto ritenere non più realizzabile l'opera prevista e ciò ha condotto, di conseguenza, alla determinazione di interrompere l'esecuzione del contratto con la società Italconsult, senza che la stessa avesse potuto materialmente eseguire la direzione lavori (a causa della richiamata mancata realizzazione delle opere). Al momento dell'interruzione del contratto, la società aveva regolarmente eseguito prestazioni di progettazione per un importo di lire 1.479.810.940, mentre rimanevano non espletate tutte le prestazioni inerenti alla direzione lavori per un importo di lire 604.280.000.
La società, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi maturati a causa del ritardo registratosi nel pagamento delle prestazioni effettuate, la revisione prezzi sui corrispettivi dovuti nonché il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti per i citati ritardi.
La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria domanda arbitrale.
La sezione speciale del comitato consultivo per la cooperazione allo sviluppo, organismo direttivo all'epoca in essere, espresse parere favorevole al finanziamento del programma incaricando della realizzazione la Italconsult Spa per l'importo di lire 2.123.444.000. In data 26 agosto 1985 veniva, pertanto, stipulata con la citata società una convenzione per la prestazione di servizi di assistenza tecnica e di formazione professionale e per la fornitura di attrezzature e di materiale didattico. Al termine del contratto la società aveva regolarmente eseguito le prestazioni, comprese le previste forniture per un importo di lire 2.123.256.612. La società, nel 1994 e, successivamente, nel 1999 evidenziava all'amministrazione ritardi nei pagamenti delle prestazioni (anche delle forniture) effettuate in adempimento alla convenzione sottoscritta.
La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria pretesa della controparte.
La Italconsult, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale, ai sensi dell'articolo 12 del contratto, domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi maturati a causa del ritardo verificatosi nel pagamento delle prestazioni rese, la revisione prezzi sui corrispettivi dovuti nonché il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti in conseguenza dei citati ritardi. La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria domanda arbitrale.
L'obiettivo del programma era quello di incrementare le produzioni ortofrutticole attraverso l'estensione di aree irrigabili nelle vicinanze della città di Luanda, anche al fine di migliorare il livello occupazionale degli addetti al settore agricolo. La D.G.C.S. affidava così alla Italconsult la realizzazione del programma in questione per l'importo di lire 2.870.000.000. In data 28 luglio 1987 veniva, infatti, stipulato con la predetta società un Contratto concernente la prestazione di servizi tecnico-scientifici da effettuare in collaborazione con l'«Unità tecnica per la realizzazione del programma di sviluppo e priorità, studi di fattibilità, progettazione esecutiva degli interventi e coordinamento delle attività» (organismo del Paese beneficiario), nonché la fornitura di attrezzature e di mezzi necessari e strumentali allo svolgimento del Programma. Alla chiusura del contratto la Società aveva regolarmente eseguito le prestazioni di servizio e le forniture previste nel contratto, per l'importo di lire 2.870.000.000. La società, nel 1994 e, successivamente, nel 1999 evidenziava ritardi nei pagamenti delle prestazioni e delle stesse forniture effettuate in adempimento al contratto in questione. La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria pretesa della controparte.
Alla luce delle sopracitate richieste avanzate dalla società, ed in considerazione di precedenti negative sentenze lodali, insistenti su casi analoghi, la D.G.C.S., d'intesa con l'avvocatura generale dello Stato, ha ritenuto di poter definire anche questo come, i predetti tre contenziosi, stragiudizialmente, mediante la stipula di un atto di transazione che, a fronte di richieste avanzate dalla società per un ammontare di lire 2.654.569.005, liquidava alla stessa un importo onnicomprensiso di lire 1.296.097.064, con indubbio vantaggio per l'erario.
La procura regionale della Corte dei Conti, svolte indagini sui programmi realizzati in Angola (tre dei quattro definiti dalla transazione, escluso cioè il caso Nicaragua) affidati alla Italconsult, ha ritenuto di dover archiviare la pratica il 28 febbraio 2002.
presunti ritardati pagamenti delle fatture; presunti costi aggiuntivi causa la ritardata emissione del certificato di collaudo; il riconoscimento di costi imprevisti ed eccedenti e della revisione prezzi.
In merito al danno causato dal ritardato collaudo, considerando il 31 luglio 1994 come termine finale del contratto, e tenuto conto che il collaudo fu effettuato tra il 15 e il 23 novembre 1996 ed approvato dalla D.G.C.S. il 3 marzo 1997, il danno è stato valutato dalla società in lire 283.306.451, di cui lire 171.592.230 per capitale e lire 111.714.131 per interessi.
Sul terzo punto si è chiesto il riconoscimento di costi inerenti le spedizioni, ripartite nel tempo a svantaggio della società, di lire 74.945.562, di cui 39.945.704 per costo di spedizioni non pagate e lire 34.999.857 per interessi.
In conclusione la somma richiesta con i primi tre quesiti è stata pari a lire 959.910.420.
Rispetto alle richieste formulate, l'Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto che alcuna delle pretese dell'Impresa appariva assistita dal benché minimo fondamento fattuale e giuridico precisandone le motivazioni.
Nel merito della decisione arbitrale, quanto al ritardato pagamento delle fatture, il collegio ha ritenuto che, in rapporto a quanto stabilito da apposita clausola contrattuale, la presentazione della fattura ha l'effetto di rendere il credito liquido ed esigibile e costituisce il momento di riferimento per valutare il ritardo del debitore nel soddisfare il credito medesimo. Il collegio ha tuttavia riconosciuto un periodo di franchigia di 30 giorni dal ricevimento della fattura quale tempo necessario per l'effettuazione del pagamento.
Il collegio ha invece ritenuta valida l'eccezione sollevata dalla difesa erariale circa il conteggio effettuato dall'impresa con riferimento alla fattura concernente il pagamento del saldo residuo del 5 per cento, conteggio che doveva necessariamente essere effettuato in epoca successiva ai controlli da parte dell'Amministrazione.
Ulteriore questione affrontata dal collegio è stata quella di accertare se nel caso specifico, potesse considerarsi operante la regola della mora ex re. In tal senso ha ritenuto che, nella fattispecie, non c'era bisogno per la produzione degli interessi della formale costituzione in mora.
In conclusione, il collegio ha riconosciuto interessi ex articoli 1224 e 1194 del codice civile per ritardato pagamento dei corrispettivi inerenti ad una serie di fatture attinenti l'anticipo contrattuale, lo svincolo della ritenuta a garanzia, le prestazioni professionali, le forniture e i relativi costi di spedizione.
Accogliendo in parte il primo quesito, è stata pertanto riconosciuta per ritardato pagamento delle fatture la somma di lire 334.575.759.
Sul secondo quesito, il collegio non ha accolto la tesi avanzata dalla difesa erariale secondo la quale la consegna di quanto realizzato alle autorità locali, avvenuta prima del collaudo, abbia esonerato l'impresa da ogni ulteriore obbligo, compreso quello di custodia per cui, essendo il collaudo avvenuto a distanza dal termine finale di contratto, il collegio ha ritenuto che l'Impresa abbia svolto l'attività di guardiania e manutenzione necessaria. In via equitativa, la somma riconosciuta è stata di lire 141.653.226 rispetto a quella richiesta di lire 283.306.451. Infine non è stato
In sostanza, rispetto ad una richiesta complessiva di lire 959.910.420, il collegio ha riconosciuto solo lire 476.228.985, con una differenza di ben lire 483.681.435.
Per ultimo, il collegio ha dichiarato il MAE tenuto al pagamento dei quattro quinti delle spese processuali liquidate in complessive lire 54.609.500.
Dagli elementi suesposti, emerge che il contenzioso insorto tra il MAE e l'Impresa esecutrice trae origine da una interpretazione non univoca della normativa posta a fondamento del contratto, tanto che le richieste di danno formulate sono di gran lunga superiori alle somme effettivamente liquidate dal collegio arbitrale. Si è dovuto far ricorso alla procedura arbitrale, vista l'impossibilità di pervenire ad un accordo transattivo sulla base di una valutazione qualitativa.
Le opere da realizzare avevano lo scopo di scongiurare le inondazioni, di aumentare la superficie coltivata e di migliorare la qualità della produzione agricola.
La Nuovo Castoro più esattamente si occupava, della progettazione esecutiva, della fornitura di macchine per la movimentazione della terra, della manutenzione di dette macchine per la realizzazione delle opere prioritarie, delle apparecchiature idrauliche per la regolazione degli afflussi e dei deflussi delle acque, oltreché dell'attrezzatura e dei macchinari d'officina.
A ciò si aggiungeva un servizio di assistenza tecnica alla Cedege, nella fase di esecuzione delle opere, mediante una èquipe di esperti che assicurava la corretta utilizzazione delle macchine, la loro efficienza, il rispetto delle prescrizioni tecniche di esecuzione, la definizione ed il controllo dei programmi operativi.
L'origine del contenzioso non configura una particolare responsabilità in capo all'amministrazione, ma è da attribuirsi al particolare momento storico-sociale di quegli anni, dove in Ecuador si manifestavano forti tensioni sociali e gravi difficoltà finanziarie, che rendevano difficile a Cedege di assolvere rapidamente e compiutamente ai suoi compiti di co-protagonista del progetto.
In questo quadro, il 21 settembre 1993, la società Il Nuovo Castoro Spa informava la direzione generale alla cooperazione allo sviluppo che le risorse finanziarie per la realizzazione del progetto sarebbero terminate anzitempo, in mancanza di integrazioni di finanziamento da parte del Governo italiano, con il mese di dicembre 1993. Contestualmente Il Nuovo Castoro chiedeva istruzioni per la consegna al beneficiario dei beni che aveva in manutenzione, custodia e guardianìa, comunicando che in caso contrario si sarebbe vista obbligata a mantenere in Ecuador il personale necessario a detti adempimenti, e che pertanto avrebbe richiesto il rimborso delle relative spese.
Successivamente in data 10 dicembre 1993 l'ambasciata d'Italia in loco veniva informata dell'avvenuta sospensione del progetto per precoce esaurimento dei fondi.
Il Ministero provvedeva solo dopo l'avvenuta sospensione del progetto (nel 1995) ad impartire alla Nuovo Castoro le istruzioni necessarie in ordine alla consegna dei beni al beneficiario.
Successivamente la società non avendo ricevuto dal MAE pagamenti per le prestazioni rese nel periodo intercorrente tra dicembre 1993 e la data della consegna, avvalendosi della clausola compromissoria pattuita, chiedeva in sede arbitrale il riconoscimento delle prestazioni di manutenzione, guardiania e custodia dei beni.
Il collegio arbitrale, però, riconosceva solo in parte le pretese societarie, e proprio
Con sentenza del 2 maggio 2001 il tribunale civile di Roma II sezione, condannava il MAE a corrispondere alla Nuovo Castoro S.p.a. le somme citate nell'interrogazione parlamentare, ma è pur vero che fu una condanna parziale, in quanto molte delle richieste attoree, siccome infondate, non furono accolte.
La realtà dei fatti è dunque che il MAE corrispose - oltre agli importi di contratto -, giusta dispositivo della summenzionata sentenza, una somma ulteriore per gli interessi nel frattempo maturati a causa dei contingenti e particolari motivi suesposti, non completamente addebitabili all'operato dell'amministrazione, tenuto conto che la sorte capitale di lire 185.085.000, era comunque contrattualmente dovuta (per spese di custodia). È evidente tuttavia che l'amministrazione non poteva permettere in nessun caso che i beni strumentali al progetto, rimanessero incustoditi, e dunque esposti all'inevitabile deterioramento, vanificando in tal modo il conseguimento delle finalità del programma.
La procura regionale della Corte dei Conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Si tratta, per i primi 2 programmi elencati, di programmi promossi - cioè ad iniziativa della stessa Ong - per i quali la DGCS - ha provveduto all'erogazione di un contributo parziale sulle spese previste (ex articolo 29, comma 2, legge n. 49 del 1987); il 3o, invece, è un programma affidato - cioè ad iniziativa della stessa DGCS - la cui realizzazione (sempre ex articolo 29) è stata affidata alla Ong CICS, per il tramite di una convenzione comportante il finanziamento a totale carico dell'amministrazione delle spese da sostenere.
Per tutti i programmi precitati era prevista, tra le relative voci di spesa, quella destinata all'acquisto di apparecchiature sanitarie, che la Ong avrebbe dovuto effettuare in proprio.
Si precisa, pertanto, che nessun rapporto diretto si è mai instaurato tra la DGCS e la società in questione.
A tal fine, si fa rilevare che, nella convenzione stipulata con il CICS in data 7 aprile 1989 per la realizzazione in Argentina del programma per migliorare l'inserimento degli ospedali italiani nel sistema sanitario argentino, l'articolo 7 recita espressamente «la presente convenzione non comporta alcuna responsabilità collegata alla gestione del programma ed ai rapporti giuridici contrattuali ed extracontrattuali concernenti la sua esecuzione».
In data 10 febbraio 1998, con atto di diffida e messa in mora, la S.r.l. SPEF richiese alla DGCS il pagamento di lire 387.850.140, oltre interessi e rivalutazione monetaria, per la fornitura di apparecchiature sanitarie effettuata, a favore della Ong CICS, per la realizzazione delle suindicate iniziative di cooperazione.
Con tale atto la SPEF comunicava di aver effettuato la consegna delle merci richieste dalla CICS, concedendo anche una dilazione per il relativo pagamento, confortata dal possesso del «riconoscimento di idoneità» in capo alla stessa Ong.
Successivamente la Società dichiarava di aver esperito ogni possibile tentativo al fine di ottenere dal CICS il pagamento di quanto dovutole; di detta circostanza, però, non produceva alcuna documentazione.
La società SPEF sosteneva che il permanere della certificazione di idoneità in capo alla Ong, nonché il mancato esperimento da parte della DGCS dei controlli previsti dalla legge n. 49 del 1987 sul suo operato, avrebbe costituito un'ipotesi di «culpa in vigilando» dalla quale sarebbe derivato l'obbligo, per la DGCS, di surrogarsi alle obbligazioni del CICS, provvedendo al pagamento, in sostituzione dell'organizzazione inadempiente, delle forniture regolarmente effettuate che costituirebbero, inoltre, indebito arricchimento per l'amministrazione.
In relazione ai rapporti intercorsi tra la DGCS e la Ong CICS, nel periodo compreso tra il 1991 ed il 1995, si rileva che la DGCS ha affidato all'organizzazione molteplici programmi di cooperazione e concesso numerosi contributi su programmi promossi.
Dopo un primo periodo di buona conduzione di tali iniziative, la CICS manifestò varie difficoltà gestionali, rivelatesi sempre più gravi, che si conclusero nel 1996 con lo scioglimento dello stesso organismo, anche a causa dell'improvviso decesso del suo presidente.
La DGCS provvide, di conseguenza, a censire le iniziative avviate e non concluse dalla stessa CICS ed a richiedere alla Ong, tra l'altro senza alcun esito positivo, la restituzione delle anticipazioni percepite e non utilizzate.
In seguito affidò all'Avvocatura dello Stato l'avvio delle azioni legali per il recupero dei crediti accertati nei confronti della Ong; tra questi figurano quelli relativi ai due programmi promossi citati.
Sulla richiesta contenuta nell'atto di diffida, la DGCS ritenne opportuno acquisire il parere della Commissione per il contenzioso (istituita con legge n. 121 del 1994), che con nota del 12 marzo 1998) (comunicata alla società SPEF con appunto n. 221/XI/1927 del 20 maggio 1998, esprimeva una valutazione negativa circa la fondatezza delle tesi formulate dalla SPEF quanto all'obbligo per la DGCS di surrogarsi alle obbligazioni del CICS, in base ai seguenti motivi: inesistenza del nesso di causalità tra l'eventuale inadempimento della DGCS ed il danno subito dalla SPEF in quanto il requisito di idoneità, che ha per fine di caratterizzare gli Organismi non governativi che possono realizzare interventi di cooperazione, può avere solo indirettamente valore di garanzia di solvibilità nei confronti di terzi; questi ultimi sono, infatti, tenuti ad assicurarsi autonomamente il buon esito delle iniziative; due dei programmi in esame sono programmi promossi che traggono cioè origine da iniziative della stessa Ong, per i quali la DGCS eroga solo un contributo parziale, e pertanto non assume la figura di committente; assenza del nesso temporale tra i fatti considerati; infatti le forniture per cui la SPEF ha chiesto il pagamento sono state effettuate nel 1994, quindi in epoca anteriore rispetto al momento (1995) in cui la DGCS ha iniziato a rilevare irregolarità da parte del CICS nella gestione di programmi affidati e promossi; carattere privato e non istituzionale delle azioni svolte dal CICS, pertanto non riferibili all'amministrazione.
Condividendo in pieno tali conclusioni della Commissione e ritenendo, pertanto, del tutto infondate le richieste della Società SPEF, la DGCS comunicò all'avvocatura dello Stato tali considerazioni chiedendo alla stessa di adoperarsi perché venissero rigettate.
A conclusione della causa civile, il tribunale di Roma, con sentenza n. 1086 del 5 gennaio 2001, accoglieva la domanda attrice condannando il Ministero a corrispondere, a titolo di risarcimento danni, la somma di lire 387.850.140, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria a partire dal 10 febbraio 1998 (data dell'atto di diffida e messa in mora), nonché alle spese di lite.
In data 10 maggio 2001 l'avvocatura dello Stato comunicava al Ministero di aver proposto appello contro la sentenza, ma raccomandava di eseguire il pagamento delle somme intimate nell'atto di precetto.
In data 24 ottobre 2001 perveniva un secondo atto di precetto da parte dello studio legale rappresentante della SPEF, cui seguiva, in data 19 novembre 2001, un atto di pignoramento presso terzi in cui venivano citati, oltre al MAE, anche la BNL e la Banca d'Italia.
Con ricorso depositato in data 18 gennaio 2002 il Ministero affari esteri proponeva opposizione contro tale atto di pignoramento.
In data 25 febbraio 2002 il giudice dell'esecuzione emanava un'ordinanza di assegnazione in cui ordinava alla Banca d'Italia, il pagamento alla SPEF di euro 258.931,86 oltre le eventuali spese di registrazione e notifica e gli interessi legali e rituali sulla somma capitale.
In data 15 maggio 2002 la Banca d'Italia comunicava, con nota n. 3815/02/2, di aver dato regolare esecuzione alla predetta ordinanza di assegnazione del credito a favore della SPEF S.r.l.
Infine, con sentenza n. 40510/02 del 23 ottobre 2002, il tribunale di Roma dichiarava improcedibile l'opposizione agli atti esecutivi proposta con ricorso del 18 gennaio 2002, e condannava il Ministero alla rifusione delle spese di lite per un ammontare di euro 5.084,33. Le stesse venivano regolarmente liquidate con decreto ministeriale 2003/340/002054/6 del 15 maggio 2003.
Nell'ambito di tale convenzione furono elaborati una ventina di «studi-paese» con relativi aggiornamenti ed erogati a Nomisma circa 3,8 miliardi per le attività svolte nel triennio 1983/1985. Nel 1988, con l'entrata in vigore della legge 49 del 1987, la DGCS ritenne di non dover più ricorrere a consulenze esterne nella materia oggetto della convenzione, risolvendo unilateralmente la stessa e riservandosi in ordine alla valutazione e quantificazione delle prestazioni già svolte o comunque iniziate da Nomisma. Nello stesso periodo la predetta convenzione dette origine a procedimenti innanzi all'Autorità giudiziaria ed alla procura della Corte dei Conti.
Infatti nel 1991 Nomisma citò in giudizio il Ministero per la condanna al pagamento di prestazioni per 2.650 milioni in quanto contestava l'avvenuta rescissione unilaterale da parte del MAE, poiché ai sensi dell'articolo 6 della convenzione questa avrebbe dovuto essere concordata fra le parti.
Durante la vigenza del primo periodo convenzionale, veniva avviata un'inchiesta penale a carico di funzionari tanto del Ministero affari esteri quanto della Nomisma, per presunto reato di peculato in distrazione ed il relativo processo si concludeva in data 11 maggio 1989, con una pronuncia di assoluzione per tutti gli imputati da parte del tribunale penale di Roma.
A seguito dell'archiviazione del procedimento presso la Corte dei Conti e del proscioglimento in sede penale di tutti gli imputati, nel 1992, la DGCS, assistita dall'avvocatura generale dello Stato, espletò dei tentativi di componimento con Nomisma, che raggiunsero il loro buon fine.
Nel 1994, a seguito di ulteriori verifiche, e con il conforto del parere dell'avvocatura generale dello Stato, il corrispettivo riconosciuto a Nomisma venne riquantificato in lire 596.174.900, oltre IVA, (così per un totale di lire 709.448.130) a fronte della richiesta più sopra menzionata della società per 2.650 milioni. La DGCS tentò di effettuare tale pagamento di lire 596.174.900 + IVA, su conforme parere dell'avvocatura, sia per evitare l'esecuzione forzata chiesta da Nomisma con ordinanza del tribunale di Roma, sia per dimostrare nel proseguio del giudizio civile che questa amministrazione si è, in ogni fase della vicenda, sempre attivata per cercare di definire stragiudizialmente la vertenza.
Dal canto suo però la Nomisma non accettò la summenzionata somma, e contestualmente chiese al Presidente del tribunale civile di Roma, atto di ingiunzione di pagamento avverso il MAE per la somma di
Il MAE, oppostosi invano al decreto ingiuntivo intimato da controparte, soccombeva innanzi alla sentenza n. 17561 del 1998 con cui il tribunale civile di Roma definiva il giudizio inter partes condannando il MAE a pagare la somma di lire 709.448.130, somma quest'ultima, si ribadisce, già offerta dal MAE in sede stragiudiziale, ma non accettata da controparte.
A questo punto Nomisma propose appello chiedendo, in riforma della predetta sentenza, il pagamento della somma di lire 2.650.163.630 oltre IVA.
Per quanto sopra è senz'altro sembrato opportuno alla DGCS, data l'incertezza in ordine all'esito del giudizio di appello, prendere in considerazione la proposta transattiva formulata dalla controparte.
Da una attenta ricognizione effettuata da questa amministrazione si è giunti alla considerazione che, alla società Nomisma, non furono a suo tempo pagate le attività svolte dall'osservatorio scientifico, previsto all'articolo 1 della convenzione, con l'incarico di effettuare l'analisi sistematica di alcune aree omogenee, di interesse prioritario dell'allora Dipartimento, per giungere alla formalizzazione di un quadro organico di conoscenze disponibili per singole aree, da utilizzare poi per i rapporti sui singoli Paesi.
Da quanto emerse dalla previsione convenzionale, l'attività (di cui all'articolo 1) che la società Nomisma era tenuta a svolgere, era necessariamente propedeutica ai successivi «studi-paese», e quindi cronologicamente doveva precedere l'elaborazione degli studi per singolo Paese riconosciuti e pagati dall'amministrazione.
Per quanto sopra l'amministrazione ritenne che potevano essere riconosciute alla società, in via transattiva, gli importi e solo gli importi richiesti con note pro-forma, trattandosi di attività che furono svolte nel corso degli anni 1986 e 1987, indubbiamente prima della formale rescissione della convenzione richiesta dal MAE, solo in data 25 marzo 1988.
In considerazione della certezza del credito comunque vantato dalla società Nomisma, ed al fine di definire il contenzioso insorto con la predetta società, le parti come sopra costituite ritennero necessario risolvere in via transattiva la vertenza insorta alle condizioni appresso specificate:
le parti convenirono che il credito complessivo della società Nomisma relativo alla esecuzione della convenzione de qua fosse determinato in lire 1.582.392.420 più Iva al 20 per cento per un totale di lire 1.898.870.904.
Con il contratto stipulato il 24 febbraio 1988 questa DGCS affidava alla società BARRAL Engineering Srl l'esecuzione in Egitto del programma «Progetto pilota integrato per lo sviluppo della produzione del pesce».
A causa di palesi difficoltà finanziarie ed operative della società, le attività si fermarono nel febbraio del 1990 dopo che la direzione generale aveva erogato alla predetta società somme per complessive lire 6.146.597.265 di cui lire 1.785.696.300 per anticipazioni.
La Barral, benché più volte sollecitata e messa in mora dall'amministrazione, non adempiva alle residue prestazioni contrattuali, tant'è che in data 20 novembre 1990 questa DGCS risolveva il contratto.
Con sentenza del tribunale di Roma n. 18248 del 22 maggio 2000, passata in giudicato, questa amministrazione è stata condannata a rifondere alla società ITOR Srl la somma complessiva di euro 193.957,29 per un debito non proprio, ma quale destinataria di un provvedimento di sequestro conservativo di somme che il MAE, nell'ambito del progetto di cui sopra, doveva alla Barral originaria ed unica debitrice della Itor stessa.
Con atto di precetto del 24 settembre 2001 la Itor notificava a questa amministrazione, sino ad allora non informata dall'avvocatura generale dello Stato delle vicende giudiziarie svoltesi nel frattempo, la summenzionata sentenza, che condannava il Ministero in contumacia al pagamento della somma.
Con note del 5 aprile, 3 ottobre, 14 dicembre 2001 e 14 gennaio e 19 giugno 2002, la DGCS nell'evidenziare l'ingiustizia della sentenza in questione, anche considerato che nonostante il fallimento della Barral (debitrice originaria), la procedura avviata dall'Itor in danno a questo Ministero, nella qualità di terzo debitore non veniva interrotta, chiedeva ripetutamente all'avvocatura generale dello Stato, di proporre l'opposizione o la revocazione della stessa sentenza.
Ciononostante, l'AGS non ha dato seguito a tale richiesta, talché questa amministrazione, a fronte di un nuovo atto di precetto, notificato in data 17 giugno 2002, dal legale della Itor, si risolveva, suo malgrado, alla liquidazione della somma di complessivi euro 240.881,41 (sorte ed interessi), scongiurando così l'esecuzione forzata con il relativo aggravio di costi.
Nel frattempo le procedure esecutive intentate nei confronti di Barral confluivano nel fallimento in cui la società è incorsa in data 24 giugno 1992.
Parallelamente, la DGCS provvedeva a reiterare, seppur invano, la richiesta di esecuzione delle polizze fiduejussorie prestate dalle compagnie assicurative La Previdente (che non forniva alcuna risposta in seguito alla succitata costituzione in mora) e la Nitlloyd Spa, (attualmente sottoposta a liquidazione coatta amministrativa) in favore della Barral a garanzia del contratto sopracitato.
Il fallimento si è chiuso per mancanza di attivo, a causa della disastrosa situazione finanziaria della Barral.
Per tutto quanto sopra, stante l'inosservanza da parte delle compagnie assicurative fideiubenti degli obblighi di garanzia, l'AGS instaurava il giudizio civile per vedersi riconoscere le ragioni di questa amministrazione.
A questo punto il legale della Milano Assicurazioni (ex previdente) ha fatto pervenire, per conto della Milano assicurazioni, una proposta transattiva per la definizione della controversia in tempi rapidi; tale proposta emendata ed integrata di concerto con l'avvocatura generale, consente all'amministrazione di incamerare l'intero ammontare dell'anticipazione contrattuale non recuperata, a causa dell'inadempimento della Barral Engineering, nonché di introitare il 50 per cento degli interessi maturati dal 20 settembre 1990 (data di risoluzione del contratto) sino al 1o ottobre 2003, per un ammontare complessivo di euro 503.731,43. È di tutta evidenza che la decurtazione degli interessi legali del 50 per cento, dovuti sull'importo dell'anticipazione non recuperata, sia transattivamente più che accettabile, in quanto l'accordo consente di superare un contenzioso pendente già dalla fine degli anni '80, prima con la Barral e, poi, con i suoi fideiussori, evitando, tra l'altro, l'alea e le lungaggini comunque connesse all'azione giudiziale.
In data 9 febbraio 2004 ha avuto luogo la stipula della succitata transazione, e la causa iniziata davanti al tribunale di Roma verrà dichiarata chiusa con compensazione delle spese, per cessazione della materia del contendere.
Il caso sopra descritto pone in risalto - nonostante il raccordo con l'avvocatura generale dello Stato non sia stata ottimale - la capacità della DGCS di porre rimedio efficacemente a situazioni critiche venutesi a creare, pervenendo al conseguimento di un vantaggio per l'erario.
Concluse le attività l'impresa chiese il pagamento di una somma pari a lire 550.543.068, derivanti da più fatture regolarmente emesse, per attività poste in essere a seguito di un ordine di servizio della direzione lavori, impartito sul finire del periodo di assistenza tecnica contrattualmente concordato. Tale richiesta economica fu solo in parte riconosciuta dal Ministero che emise nulla osta al pagamento per lire 334.620.000.
L'impresa a questo punto pretese giudizialmente il pagamento dell'intera cifra richiesta, con aggiunta degli interessi legali dalla data delle singole fatture emesse. Il tribunale di Genova il 10 febbraio 1997, visto il ricorso presentato dall'impresa, ingiunse al MAE il pagamento di lire 550.543.068, IVA inclusa, oltre alle spese del procedimento liquidate in complessive lire 4.155.800.
Avverso al decreto ingiuntivo il Ministero propose motivatamente opposizione, rappresentando che si era già provveduto al pagamento di lire 435.766.700 - somma riconosciuta dal Ministero come dovuta, sulla base di apposito conteggio effettuato - per cui più nulla era dovuto all'impresa. Solo in subordine il Ministero ammetteva fosse riconosciuto all'impresa l'ulteriore importo di lire 8.450.000, di lire 444.216.700. L'importo ammissibile a riconoscimento era pari - secondo il MAE - a lire 444.216.700 differenza riconducibile a mero errore di calcolo.
Con sentenza emessa il 14 novembre 2001 il tribunale di Genova, accogliendo l'opposizione del Ministero, revocò il precedente decreto ingiuntivo e condannò lo stesso al pagamento della sola ulteriore somma di lire 8.452.500, gravata di interessi dalla data della domanda al saldo effettivo. Furono inoltre poste a carico dell'Amministrazione le spese sostenute da Technostone per la fase monitoria e compensate tra le parti nella misura di un terzo le spese processuali.
L'avvocatura distrettuale dello Stato, con nota 1o marzo 2002, ha ritenuto che la sentenza del Tribunale di Genova non fosse utilmente appellabile, per cui fu autorizzato lo stanziamento delle somme di sentenza per un totale di lire 39.261.905 ripartita come segue: di lire 8.452.500 quale sorte capitale, lire 30.809.405 per interessi legali e spese processuali.
La procura della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il contenzioso, menzionato nell'interrogazione parlamentare, con l'ATI in oggetto è nato, sostanzialmente, dalle seguenti circostanze: difficoltà dell'Amministrazione nel riconoscere i lavori effettivamente realizzati dall'ATI ma con modalità, diverse da quelle originariamente previste; ritardato avvio dei lavori in attesa delle progettazioni esecutive, sospensione dei lavori per circa 7 mesi, in attesa delle decisioni dell'amministrazione, dall'autunno dell'anno 1989 a giugno del 1990.
Tale contenzioso, a seguito di un'intensa attività di mediazione da parte di tutti gli uffici della D.G.C.S., si è risolto in modo transattivo (certamente in misura meno onerosa per l'erario rispetto a qualsiasi decisione giudiziale) con il riconoscimento delle seguenti somme lire 1.345.480.300 alla Giza; lire 6.236.867.800 alla Delma; lire 1.422.112.900 alla Agricola D'Italia. Il tutto per un importo complessivo di lire 9.004.461.000, di cui circa la metà a titolo di riconoscimento di lavori effettivamente realizzati (quindi, a stretto rigore, non ascrivibili a voci contenziose) e la parte residua per danni da sospensione, ritardi nell'avvio del programma, eccetera.
L'atto di transazione, sottoscritto in data 22 gennaio 1993, è stato preventivamente valutato dall'avvocatura dello Stato (secondo la prassi eseguita in quel periodo) quanto alla legittimità ed alla convenienza. Lo stesso atto, munito di tutti gli allegati, è stato quindi trasmesso anche al consiglio di Stato in data 24 maggio 1993, che ha però dato l'approvazione di competenza solo in data 28 novembre 1994. Il Consiglio di Stato, infatti, con successive note in date diverse, ha richiesto una numerosa serie di elementi integrativi e, solo in seguito a sollecitazioni del Ministero, ha finalmente reso il proprio parere. Tuttavia, per il materiale pagamento all'ATI di quanto pattuito si è ancora dovuto attendere un altro anno, a seguito di ripetuti rilievi dell'organo di controllo interno, nonché per l'entrata in vigore di nuova normativa in materia di liquidazione alle imprese, entrata in vigore con l'inizio dell'anno 1995. Da qui si originano gli ulteriori interessi pagati alle imprese, costituenti l'ATI a seguito di successiva vertenza intentata dalle tre società presso la magistratura ordinaria, a seguito della quale l'amministrazione è stata condannata a pagare le seguenti ulteriori somme: lire 409.427.530 all'agricola D'Italia; lire 1.760.867.890 alla Delma. Per quanto riguarda la Giza, le somme rivendicate allo stesso titolo e riconosciutele giudizialmente, sono entrate a far parte di una più ampia transazione, conclusa vantaggiosamente per l'Amministrazione, avente ad oggetto una serie di contratti fra il MAE e la stessa Giza, rimasti in sospeso a seguito del fallimento della medesima.
La procura della Corte dei Conti ha indagato sul caso, archiviandolo in data 13 novembre 2002.
L'importo globale del contratto era di lire 10.200.000.000, più IVA di legge, e la durata era di mesi 15.
La conclusione di tutte le attività era prevista per il 21 marzo 1993. L'Ansaldo ha spedito la maggior parte delle forniture in data 1o aprile 1992 ma il beneficiario, adducendo motivi vari (inizio della stagione delle piogge, avvicendamento ai propri vertici, eccetera) non aveva avviato l'esecuzione delle opere civili, attività propedeutica al montaggio delle forniture.
Dopo una fitta corrispondenza con Ansaldo e l'ambasciata d'Italia in Addis Abeba, l'unità tecnica centrale della D.G.C.S. segnalava la necessità di sospendere il contratto per gravi inadempienze del beneficiario etiopico. Il progetto è stato quindi sospeso nel gennaio 1993 con il consenso delle parti, quando erano state già effettuate forniture pari al 90 per cento del totale previsto.
La ripresa parziale dei lavori avvenne il 19 gennaio 1995 in quanto il governo etiopico aveva stanziato le somme necessarie per l'esecuzione delle opere civili, limitatamente alla fabbrica pali. Tale fabbrica venne completata da Ansaldo il 28 ottobre 1996, collaudata e consegnata al beneficiario il 29 novembre 1996; all'atto della consegna venne altresì stabilito che l'Eelpa avrebbe dovuto preparare il programma per l'esecuzione delle rimanenti opere civili di propria competenza entro il 31 dicembre 1996, assicurando la messa a disposizione dei relativi fondi finanziari necessari entro il mese di giugno 1997. Un ulteriore ritardo, infatti, avrebbe comportato gravi problemi per Ansaldo che aveva già manifestato la volontà di interrompere il contratto in quanto la lentezza delle attività aveva fatto già accumulare un ritardo di quattro anni.
Nei primi mesi del 1997 la D.G.C.S. ha più volte sollecitato le autorità etiopiche a realizzare quanto di propria competenza; l'ambasciata d'Italia, da parte sua, ha provveduto ad investire della problematica anche i locali Ministero dello sviluppo economico e della cooperazione e Ministero dell'Energia. Tutti si sono dimostrati interessati al completamento del progetto, ma non sono stati in grado di allocare le somme necessarie. Di conseguenza il 27 giugno 1997 l'Eelpa ha chiesto all'Ansaldo una nuova sospensione delle attività a causa dell'inizio della stagione delle piogge che avrebbe reso difficoltosa la realizzazione delle opere civili; e, da allora, anche dietro ulteriori sollecitazioni, non ha mai più chiesto di proseguire il progetto.
Per evitare la chiusura del programma, la D.G.C.S. aveva individuato l'utilizzo di «fondi di contropartita» già allocati presso la nostra ambasciata ad Addis Abeba che avrebbero potuto sopperire alle difficoltà finanziarie etiopiche, ma anche questa strada non è stata percorribile a causa del locale Ministero delle finanze che rifiutava la possibilità di utilizzare tali fondi, già vincolati ad altre destinazioni.
Il quadro così delineatosi, non lasciava intravedere altre possibili soluzioni, pertanto, in data 21 luglio 1998 venne disposta la sospensione totale delle attività fino all'interruzione definitiva avvenuta in data 24 novembre 1998.
Nonostante il descritto iter progettuale molto travagliato, si giunse al collaudo con l'emissione della relazione e del relativo certificato in data 9 febbraio 2000; tali atti furono entrambi sottoscritti dall'appaltatore con l'apposizione di riserve per lire 3.190.042.262, relative in sostanza ad «extraoneri»
Nella «Relazione riservata» del 31 luglio 2000 il collaudatore, consulente tecnico di questa direzione, per dirimere i punti controversi insorti con la società appaltatrice ha formulato analitiche valutazioni sulle riserve, con particolare riguardo al loro eventuale rigetto o accoglimento. Si è tenuto in considerazione l'anomalo andamento temporale dell'esecuzione del contratto, imputabile unicamente a ritardi ed omissioni da parte dell'ente beneficiario, caratterizzato inoltre da ripetute sospensioni delle attività, culminate in una risoluzione anticipata del contratto stesso. Si è tenuto conto, altresì, della tipologia del contratto (beni e servizi), applicando alle richieste dell'appaltatore, in base ai princìpi civilistici, il criterio di tenere indenne quest'ultimo dalle maggiori spese sopportate per l'esecuzione delle attività contrattuali, tuttavia entro i seguenti limiti: sono state respinte quattro delle nove riserve apposte, in quanto non ne è stata ravvisata la giuridica ammissibilità; gli «extraoneri» di sospensione, al fine di superare le contestazioni insorte sulle singole voci di spesa e sulla documentabilità delle stesse, sono stati contabilizzati con il riconoscimento forfetario delle spese generali di sede al 4 per cento, decurtate di una congrua entità (40 per cento) per tenere conto delle attività, di contratto già eseguite; gli «extraoneri» relativi al prolungamento temporale delle fidejussioni di contratto, sono stati drasticamente abbattuti attraverso la riduzione dei tempi di decorrenza; gli interessi sono stati calcolati al tasso moratorio previsto dagli articoli 35 e 36 del Cap. Gen. LL.PP.; tasso che si sarebbe invece tramutato nel «prime rate ABI», in caso di condanna in sede contenziosa.
Si è giunti quindi a corrispondere un importo di lire 1.050.577.520 a mezzo di un atto transattivo che ha ottenuto il parere favorevole in linea legale da parte dell'avvocatura generale dello Stato, nonché quello favorevole in linea di correttezza gius-contabile dalla Corte dei conti, senza considerare il risparmio immediato e concreto per l'erario (dai 3,1 pretesi, al miliardo di lire pagato).
Il dipartimento, quale corrispettivo, si impegnava a corrispondere all'Italeco S.p.a. un contributo di lire 1.960.000.000, approvato con decreto di concessione n. 128/292 del 30 luglio 1985. La Società eseguiva la maggior parte delle prestazioni affidatele. Infatti con nota del 30 ottobre 1989 la Italeco comunicava che, alla data del 30 settembre 1989, l'avanzamento globale delle opere di competenza della partner guatemalteca aveva raggiunto il 63,6 per cento mentre la società Italeco stessa aveva effettuato proprie prestazioni in loco per circa il 90 per cento delle stesse, aggiungendo che, a causa delle difficoltà incontrate dal Mindes - Ministero Desarrollo
Con nota del 22 novembre 1989 ed in conformità al disciplinare, la società trasmetteva la fattura n. 250 del 22 novembre 1989 di lire 154.000.000 con allegato rendiconto delle prestazioni di servizio svolte. A seguito di un sollecito della società, il Ministero chiedeva all'Italeco ulteriori chiarimenti sulle operazioni svolte, che venivano tempestivamente forniti.
Con nota del 7 luglio 1993 la società insisteva per il pagamento della citata fattura di lire 154.000.000 oltre I.V.A., relativa alla terza erogazione prevista dal disciplinare. Con la medesima nota la direzione generale della cooperazione (che aveva inglobato in sé il vecchio dipartimento) veniva nuovamente invitata a fornire le dovute istruzioni e modalità per poter porre in essere le restanti attività di competenza della società e per poter ottenere il pagamento del residuo corrispettivo di lire 196.000.000 oltre I.V.A., pari alla ritenuta a garanzia del 10 per cento del contributo, rammentando, peraltro, che le prestazioni erano state di fatto sospese dal 9 ottobre 1989 in attesa delle richieste istruzioni e decisioni. Tali oggettive situazioni avevano determinato la mancata conclusione delle residue attività previste convenzionalmente di pertinenza Italeco. Per quanto innanzi esposto, con nota del 22 febbraio 1995, il MAE-D.G.C.S. veniva formalmente e nuovamente invitato, dalla Italeco a pagare lire 154.000.000 oltre I.V.A., nonché a «fornire le dovute istruzioni e/o decisioni in ordine all'assetto definitivo del progetto, al fine di pervenire alla conclusione delle lavorazioni di competenza della Società ed al conseguente svincolo della somma di lire 196.000.000 trattenuta a garanzia». La direzione rispondeva con successiva lettera del 29 marzo 1995 precisando che, poiché si trattava «della corresponsione della residua tranche di pagamenti attinenti ad attività in buona parte eseguite in maniera difforme da quanto previsto nel disciplinare e tenendo anche conto che il finanziamento dell'intervento non era stato disposto con la forma del contratto bensì con la concessione del contributo, l'amministrazione si riservava di provvedere al pagamento di quanto richiesto una volta che fossero state adempiute le obbligazioni residue della società e quindi fosse stato possibile, in sede di chiusura tecnico-amministrativa dell'intervento, sanare la suddetta difformità. Anche allo scopo di rendere quanto prima possibile la liquidazione complessiva del finanziamento, l'amministrazione provvedeva a sollecitare il proprio gruppo di supporto operativo presso l'ambasciata in Guatemala, affinché individuasse quanto prima le modalità di svolgimento della missione tecnica, concordate con la Società Italeco nel corso di varie riunioni tenute nei mesi precedenti, da iniziarsi in ogni caso nell'ultima decade del mese di aprile 1995.
In data 15 maggio 1998 veniva notificato alla D.G.C.S. un atto di diffida e di costituzione in mora da parte della Italeco la quale - dopo aver premesso di aver eseguito tutte le prestazioni affidatele, anche se costretta a variarle parzialmente, senza ottenere il completo pagamento del corrispettivo, e dopo aver ribadito in particolare che l'avvenuto espletamento di tutte le attività di competenza (così come nel corso del tempo erano state modificate di concerto con l'affidante) risultava dalla «Dichiarazione di avvenuto completamento delle attività» rilasciata dal M.A.E.-D.G.C.S. in data 16 luglio 1996 - intimava al MAE, entro venti giorni dalla notifica dell'atto, a pagare l'ultima rata, prevista dal decreto ministeriale approvativo della concessione relativa alle prestazioni di servizio, pari a lire 154.000.000, di cui alla fattura n. 250789, nonché a svincolare le somme trattenute in garanzia per un complessivo importo di lire 196.000.000 (di cui alla fattura n. 157/88 del 21 giugno 1988 per lire 131.700.000 e lire 64.300.000 di cui alla
Successivamente la Italeco otteneva contro la D.G.C.S. un decreto ingiuntivo dell'8 maggio 1999 dal presidente del tribunale di Roma per la somma di lire 350.000.000 (trecentocinquantamilioni) dovuti a saldo del contributo per la realizzazione di un programma di cooperazione con il Guatemala ai sensi della legge 9 febbraio 1979 n. 38. Con Atto di citazione notificato il 22 maggio 1999, il MAE proponeva opposizione contro il citato decreto ingiuntivo.
L'opponente Ministero, pur non contestando l'avvenuta realizzazione dell'intero programma sovvenzionato, sosteneva che il mancato pagamento delle somme portate dal decreto impugnato, era dovuto alla mancata approvazione delle varianti, rispetto al programma finanziato, determinate dallo slittamento dei tempi di esecuzione del progetto e dall'utilizzo di un maggior numero di mesi-uomo rispetto ai tempi indicati sul progetto stesso.
In sostanza il Ministero sosteneva che, non essendo la convenzione stipulata con l'Italeco S.p.a. (ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 38 del 1979 qualificabile alla stregua di un appalto di opere pubbliche, ma assimilabile invece ad un rapporto di diritto pubblico di natura concessoria, il pagamento della rimanente tranche di sovvenzioni poteva avvenire solo in sede di approvazione del rendiconto finale.
Costituitasi in giudizio, la Italeco chiedeva il rigetto dell'opposizione, documentando il completamento delle attività finanziate e la consegna degli impianti. Andata la causa in decisione, il giudice competente riteneva l'opposizione del Ministero non fondata.
Con decreto dirigenziale n. 2002/335/002748/0 del 3 luglio 2002, in esecuzione della sentenza della II sezione civile del tribunale di Roma n. 25675 del 12 giugno 2001 (depositata in cancelleria il 3 luglio 2001 e munita di formula esecutiva il 25 gennaio 2002), veniva disposto il pagamento alla Italeco della somma di lire 350.000.000, pari ad euro 180.759,91, in ottempeanza alla sentenza di cui sopra. Con provvedimento separato veniva liquidata la somma di euro 31.473,79 in favore della stessa società Italeco per interessi e spese legali in esecuzione della stessa sentenza n. 25675/2001.
Va rilevato che la realizzazione dell'intero programma sovvenzionato e pertanto l'avvenuto conseguimento dei fini di cooperazione voluti dal legislatore e programmati dall'amministrazione. Inoltre le somme richieste dall'Italeco, a saldo del contributo di lire 1.960.000.000, rientravano nel finanziamento concesso dal Ministero. Deve in aggiunta essere valutato il vantaggio che ne è derivato alla popolazione beneficiaria nonché alla stessa amministrazione in applicazione del principio della «compensatio lucri cum damno». Infine deve essere considerato che la controversia è insorta per lo scrupoloso rispetto da parte della dirigenza dell'amministrazione delle procedure previste dalla legge, in particolare quanto alla restituzione della ritenuta a garanzia. In ogni caso non sono ravvisabili «ictu oculi» comportamenti affetti da colpa grave, non ricorrendo, nel caso di specie, presupposti di carattere oggettivo e soggettivo, che possano concretizzare responsabilità per danno erariale.
A seguito della conclusione di tale primo accordo in piena conformità ai termini
L'importo complessivo del contratto era di lire 14.746.500.000 (+ 17.480.000 di IVA) e la durata era di 38 mesi.
Tale programma consisteva nel: rilevamento e controllo continuo delle condizioni operative della rete idrica del Cairo; ottimizzazione della produzione e della distribuzione idrica della città stessa, mediante la realizzazione di un sistema di controllo integrato dell'intera rete che comprenda anche la prima fase già realizzata.
La data di inizio delle attività contrattuali fu il 18 settembre 1991, come risultante dal verbale datato Cairo 18 settembre 1991, sottoscritto dal beneficiario e dalla società, quindi, la data di fine lavori era inizialmente fissata al 7 novembre 1994.
In data 1o aprile 1992, prima cioè della scadenza della presentazione del progetto di dettaglio, veniva presentata dalla società Nuovo Pignone, in seguito a modifiche richieste dal beneficiario una proposta di variante (n. 1) la quale prevedeva una proroga di 6 mesi (la durata del contratto saliva pertanto a 44 mesi) dalla data di approvazione della suddetta variante.
Tale variante fu approvata dalla DGCS, preliminarmente con la Nota n. 9205 del 13 ottobre 1992, e formalizzata definitivamente solo in data 15 dicembre 1993 con decreto n. 2010/0, a causa anche dell'incerta interpretazione della normativa applicabile al caso in questione.
Nelle more di tale formalizzazione, in data 16 dicembre 1993, veniva sottoposto all'approvazione della DGCS, il rapporto sulla ricognizione dei siti con cui la società evidenziava la necessità di provvedere all'installazione di ripetitori radio non previsti né prevedibili in fase di definizione contrattuale.
Con nota del 19 marzo 1993, n. 2743, la DGCS approvava tale rapporto ma chiedeva alla società di procedere con la progettazione preliminare suddivisa in 2 stralci: telecomunicazione e protezione catodica (1o) e strumentazione e telecontrollo (2o).
Il prosieguo e la relativa tempistica di esecuzione del progetto di 1o stralcio veniva legata, oltre che all'approvazione della DGCS, a quanto di competenza del beneficiario e cioè, in particolare, all'assegnazione delle frequenze ed alla concessione del terreno per i ponti radio; di conseguenza, la società sottoponeva all'approvazione della DGCS la progettazione preliminare del 2o stralcio in data 1o aprile 1993.
La DGCS formalizzava tale approvazione in data 23 novembre 1993.
Sulla base di quanto esposto quindi risultava che la società era stata, dalla DGCS, posta nelle condizioni di iniziare l'ultima fase della progettazione preliminare solo nel dicembre 1993 e di completarla nei 2 mesi previsti contrattualmente; infatti, la società, consegnava il progetto solo il 25 gennaio 1994, anziché nel febbraio 1992, cioè con ben 23 mesi di ritardo rispetto ai tempi inizialmente previsti.
Poiché con l'iniziale perizia di variante n. 1 si erano accordati alla società solo 6 mesi di proroga, occorreva concederne alla stessa un'altra di 17 mesi; va sottolineato, comunque, che anche il beneficiario aveva ritardato il rilascio delle frequenze e la localizzazione del sito per l'installazione del ponte radio e, pertanto, sarebbe stata necessaria, in ogni caso, indipendentemente dai tempi amministrativi di approvazione, la concessione di una proroga di almeno 13 mesi.
La suddetta proroga veniva concessa dal direttore generale con nota n. 6896 del 21 luglio 1994, nella quale, però, si specificava che la stessa era subordinata all'esplicita rinuncia da parte della società ad ogni pretesa di eventuali ulteriori compensi conseguenti a tale proroga, rispetto al prezzo contrattuale pattuito; pertanto, la nuova data di fine lavori era fissata al 17 ottobre 1995.
Il legale rappresentante della società Nuovo Pignone, nel restituire tale nota
Il direttore generale, vista la riserva apposta dalla società, approvava la proroga, «limitatamente agli eventuali diritti di legge acquisiti dalla medesima», con decreto ministeriale 128/002844/3 del 18 ottobre 1995.
In data 25 gennaio 1994, contestualmente al progetto preliminare di 1o stralcio, veniva presentata un'altra perizia di variante (n. 2), che veniva, poi, approvata e resa esecutiva dalla DGCS con decreto ministeriale 128/3079/1 del 1o agosto 1996 (registrato dalla ragioneria in data 12 agosto 1996).
In tale perizia veniva richiesta un'ulteriore proroga del termine contrattuale di 4 mesi.
Nel corso dei lavori, poi, fu ordinata una sospensione degli stessi da parte del direttore dei lavori di 180 giorni: dal 14 settembre 1995 al 5 marzo 1996.
Tutte le suindicate proroghe, nonché la sospensione dei lavori, portarono la scadenza ultima del contratto al 15 agosto 1997.
Le attività contrattuali si concludevano effettivamente in tale data, così come risulta dal certificato di ultimazione lavori redatto dal direttore dei lavori in data 12 novembre 1997.
Il conto finale venne redatto e sottoscritto dalla direzione lavori in data 10 novembre 1997 controfirmato, con riserva, dalla società in data 4 dicembre 1997. In cui veniva stabilito a favore della società un determinato credito, già comprensivo degli interessi per ritardati pagamenti (corrispondenti a lire 329.518.959) computati fino alla detta data ed iscritti nel registro di contabilità.
Va ricordato che, alla data del 10 novembre 1997 non era ancora concluso l'iter amministrativo di approvazione dell'ultimo Atto di sottomissione avvenuto solo in data 26 ottobre 1998; pertanto, avevano subìto uno slittamento tutti gli atti amministrativi relativi alla liquidazione delle ultime fatture e del conto finale.
In data 29 gennaio 1999, con atto notarile n. 4763, la società Nuovo Pignone cedeva il contratto alla società Foxboro; alla stessa, pertanto, con decreto ministeriale n. 1999/128/000476/5 del 25 marzo 1999 venivano liquidate tutte le somme relative al contratto che ancora non risultavano pagate.
In data 24 marzo 2002 tale società presentava richiesta, nei confronti del MAE-DGCS, di pagamento degli interessi legali e moratori, che erano stati stabiliti nel conto finale ma non ancora liquidati, per un importo di euro 170.182,34 (corrispondenti a lire 329.518.959); la relativa autorizzazione dell'impegno e del pagamento a favore della Foxboro veniva emesso con decreto ministeriale n. 2002/340/003655/3 dell'11 settembre 2002.
All'indomani della sottoscrizione del contratto, l'ufficio di ragioneria presso la DGCS formulava osservazioni sul decreto ministeriale 1993/128/000794/2 del 15 marzo 1993 approvativo del contratto stesso, non provvedendo dunque alla registrazione per «asseriti» motivi di legittimità.
In considerazione di quanto osservato dall'ufficio di ragioneria, circa la illegittimità della procedura seguita (sia nella scelta dell'ente esecutore sia nella mancanza dei necessari presupposti di straordinarietà), l'amministrazione riteneva di non riproporre il provvedimento e di procedere
D'altra parte, e per contro, la società EXPO contestava la decisione presa dal MAE-DGCS e con atto notificato in data 9 febbraio 1994, citava l'amministrazione davanti al tribunale civile di Roma rilevando l'esistenza di una responsabilità dell'amministrazione, e richiedendo di conseguenza il risarcimento delle seguenti somme: lire 200.462.968 per costi sostenuti nella fase precontrattuale, lire 950 milioni per perdite in termini di mancato guadagno e lire 950 milioni per danni identificati nel pregiudizio causato alla propria immagine.
In prosieguo la sentenza n. 34607 pronunciata dal tribunale di Roma in data 27 luglio 2001 e pubblicata in data 24 ottobre 2001 che, accogliendo parzialmente la domanda proposta dalla società EXPO, condannò il MAE-DGCS al pagamento delle seguenti somme: lire 200 milioni per sorte (quale rimborso delle spese sostenute) oltre interessi a partire dalla domanda giudiziale (cioè dall'8 febbraio 1994), al pagamento delle spese processuali, che liquidava in lire 4.550.000 (di cui lire 2.850.000 per onorari e lire 1.350.000 per diritti, oltre IVA e CPA nella misura di legge), in più concedeva la clausola ex articolo 282 codice procedura civile circa l'esecuzione provvisoria della sentenza.
Avverso tale pronuncia, l'amministrazione proponeva appello, con citazione del 27 dicembre 2001, chiedendo in totale riforma della sentenza di primo grado di respingere tutte le domande di parte attrice.
Giunti a questo punto della vicenda processuale la controparte, con nota del 12 febbraio 2002, prospettò l'idea di una composizione bonaria della vicenda.
Dal canto suo l'avvocatura generale dello Stato, espresse da subito, con nota del 10 aprile 2002 n. 035182, parere favorevole; successivamente il MAE in data 19 luglio 2002 rep. n. 1178 stipulò con la società EXPO l'atto transattivo.
Senza ombra di dubbio, ancora una volta, la soluzione transattiva si è dimostrata per l'amministrazione la soluzione più conveniente.
Infatti, con la stipula, la controparte ha rinunciato ad ogni pretesa connessa e/o collegata, anche indirettamente, alle rivendicazioni di cui al suddetto contenzioso.
Tra l'altro con la transazione la EXPO rinunciò al 75 per cento degli interessi maturati sin dal 1994 e, cosa ancor più importante, già liquidati in esecuzione della condanna in primo grado da parte del tribunale civile di Roma.
Inoltre, si segnala che rispetto a quanto rinunciato dalla EXPO durante le trattative condotte, questa amministrazione apportò ulteriori riduzioni.
In particolare dopo aver verificato l'esattezza del calcolo degli interessi ed il calcolo della percentuale a cui rinunciò EXPO, si richiese alla Società anche l'accollo delle spese conseguenti alla registrazione della transazione.
A chiusura generale poi di quanto sopra esposto, vi è da ricordare la già intervenuta condanna dell'amministrazione intervenuta in primo grado, e l'alea connessa inevitabilmente ad ogni giudizio, a tutto vantaggio dunque dell'erario, anche in considerazione del fatto che l'EXPO aveva presentato una richiesta di risarcimento per danni di lire 2.100.462.986.
Solo nel 1993 la Euricom richiese il rimborso di tale importo al MAE, facendo notificare a questa amministrazione la relativa citazione in giudizio. La DGCS, certa
In secondo grado il giudice di appello con sentenza n. 1423/02 in data 29 gennaio 2002, riconosceva al F.R. una somma omnicomprensiva a titolo di ristoro del danno patito di euro 28.405,13 più euro 13.769,26 (con riguardo a due diversi capitoli di ricorso), oltre interessi e rivalutazione dalla data della sentenza al soddisfo. Avverso tale sentenza l'avvocatura generale dello Stato ha proposto ricorso per Cassazione. A seguito di detta sentenza di appello, il legale di F.R., ha notificato in data 15 febbraio 2002 atto di precetto all'Amministrazione per un totale di euro 44.014,12, oltre interessi e rivalutazione ed ulteriori interessi dalla data della pronuncia giudiziale. Con atto del 3 aprile 2002 l'avvocatura generale dello Stato ha proposto ricorso alla Corte d'appello, chiedendo la sospensione dell'esecutività della sentenza di secondo grado. La Corte d'appello ha rinviato la discussione di detto giudizio sospensivo e cautelare all'udienza del 4 luglio 2002 e successivamente all'udienza del 29 luglio 2002. Pur in pendenza di detto procedimento, il difensore del dottor F.R. ha comunque avviato in data 23 luglio 2002 azione esecutiva, pignorando la scultura denominata «Sfera Grande», sita nel piazzale della Farnesina.
L'amministrazione, al solo fine di evitare il pignoramento, con decreto ministeriale n. 2002/340/003923/5 del 27 settembre 2002 ha provveduto al pagamento della somma di euro 45.304,06 da cui è stata scorporata la ritenuta d'acconto per euro 545,06.
L'inadempienza di parte tunisina ha comportato una serie di turbative nel regolare svolgimento dell'attività amministrativa connessa alla gestione dei lavori, con conseguente formazione di ritardi nella liquidazione di alcune fatture relative ai lavori eseguiti. Nonostante la natura del contendere fra i contraenti fosse limitata ai soli ritardi nei pagamenti dei corrispettivi, l'atteggiamento della società fu inequivocabilmente contenzioso: a nulla valsero gli esperiti tentativi di composizione amichevole.
Le richieste della Gecosystem hanno formato oggetto di un lodo arbitrale datato 22 novembre 2001, con il quale il MAE è stato condannato a pagare la complessiva somma di euro 496.483,31 comprensiva di interessi e di quota parte delle spese di giudizio e legali. Il lodo non è stato appellato dalla DGCS in quanto l'avvocatura dello Stato ha ritenuto che un eventuale gravame avrebbe comportato sicuramente la soccombenza del MAE e l'erogazione di un maggiore importo. Pertanto, con decreto ministeriale del 14 dicembre 2002 il M.A.E. ha provveduto alla liquidazione della somma suddetta decisa dal lodo.
Il contratto prevedeva il miglioramento di opere esistenti e l'esecuzione di nuove opere che, integrate nell'esistente acquedotto urbano ne avrebbero costituito, per l'appunto, il potenziamento. L'importo del contratto, dopo l'approvazione del progetto esecutivo, era di lire 37.725.931.187. Successivamente però, si resero necessarie due perizie di variante in corso d'opera: la prima, per lire 1.699.230.580 approvata il 4 luglio 1994 e la seconda, per lire 1.799.666.536 approvata il 19 dicembre 1994, che portarono l'importo contrattuale a lire 41.224.828.303.
Durante l'esecuzione del contratto, per ragioni tecniche e amministrative, l'amministrazione committente ha disposto la sospensione dei lavori per complessivi 427 giorni, riguardo alla quale la C.M.B. ha iscritto formale riserva avanzando una richiesta di maggiori costi sostenuti pari a lire 4.155.712.586, oltre interessi legali e rivalutazione.
La società appaltatrice ha inoltre avanzato in data 31 settembre 1993 la richiesta di riconoscimento della revisione prezzi, da calcolarsi con applicazione della formula prevista dall'articolo 14 del contratto e quantificata dalla direzione lavori in lire 14.376.240.194.
L'ufficio di ragioneria presso la D.G.C.S. ha ritenuto di formulare su tale quantificazione ripetuti Rilievi rappresentando, sostanzialmente, che sia i nuovi prezzi concordati con verbale del 26 gennaio 1993, sia quelli relativi alla perizia di variante n. 2, in quanto formati tutti in epoca successiva a quella dell'intervenuta abrogazione della disciplina di cui all'articolo 33 della legge 41 del 1986, non erano suscettibili di revisione.
L'amministrazione, non ritenendo fondate le osservazioni dell'organo di controllo, ha proceduto alla liquidazione parziale alla CMB della somma computata a titolo di revisione prezzi, richiedendo, contestualmente in sede di autotutela, che sulla questione si pronunciasse il consiglio di Stato, in considerazione anche della iniquità derivante dall'applicazione della formula contrattuale che prendeva ponderalmente in considerazione anche aspetti inflattivi mozambicani.
Il suddetto organo consultivo dello Stato, dopo aver richiesto l'avviso del Ministero del tesoro e di quello dei lavori pubblici, ha emesso in data 23 maggio 2001 il parere n. 148 del 2001, che ha sostanzialmente confermato la posizione assunta dall'amministrazione nei riguardi della revisione prezzi da riconoscere, nello specifico caso, all'impresa appaltatrice.
A questo punto, in considerazione del contenzioso insorto sia per la determinazione dei maggiori costi sopportati dalla C.M.B. a causa della citata sospensione dei lavori, che per la quantificazione della revisione prezzi, si è cercato di definire la vertenza in via transattiva.
L'iter istruttorio delle riserve iscritte dall'Impresa per lire 4.155.712.586, oltre interessi per lire 896.320.801, avviato sulla base dei pareri del direttore lavori e della commissione di Collaudo, ha portato al rigetto delle riserve n. 2 e n. 4, al parziale accoglimento della riserva n. 1 e all'accoglimento totale della riserva 3, per un importo totale, comprensivo degli interessi, di lire 2.227.920.937.
In merito alla revisione prezzi, come sopra delineato, la richiesta iniziale della C.M.B. di lire 14.376.240.194, oltre interessi per lire 6.797.918.937, è stata portata a lire 10.792.137.915, oltre interessi per lire 4.925.278.532; su tale importo era stato già effettuato dal MAE in data 20 luglio 1998 un pagamento parziale di lire 11.793.285.689, residuando pertanto un debito di lire 3.924.130.758.
Sulla base di quanto sopra, valutata la convenienza scaturita per l'amministrazione, l'avvocatura generale dello Stato ha dato il proprio parere favorevole in linea legale alla stipula di un atto di transazione per complessivi euro 3.177.269,54, di cui euro 678.793,72 per capitale e euro 2.498.475,82 per interessi. Atto che è stato successivamente firmato dalle parti in data 30 settembre 2002 e liquidato dall'amministrazione in data 10 febbraio 2003.
Considerato l'importo dell'atto transattivo, lo stesso è stato sottoposto anche al controllo preventivo della Corte dei Conti che lo ha ritenuto corretto in linea contabile e vi ha apposto il proprio visto.
Con il contratto suddetto e con un successivo atto aggiuntivo sono stati affidati alla società «Il Nuovo Castoro» lavori per un importo lire 7.023.853.690.
Con certificato di collaudo in data 13 marzo 1989 i lavori sono stati collaudati con esito favorevole, in tale sede l'impresa ha tuttavia esplicitato una serie di riserve per il riconoscimento di maggiori oneri che essa avrebbe sopportato, in sede di esecuzione dei lavori, derivanti in parte da ritardati pagamenti delle prestazioni eseguite, in parte, ma soprattutto, dalla prolungata manutenzione degli impianti, dovuta alla ritardata presa in consegna dei pozzi da parte del Paese beneficiario e, infine, dalla svalutazione monetaria delle somme conseguite con ritardo. Il tutto per complessive lire 1,732 miliardi circa alla data del 30 giugno 1991.
In merito alle suddette richieste, la struttura operativa ex-FAI del MAE ha svolto una sua propria istruttoria pervenendo ad una conclusione di parziale fondatezza di esse, con particolare riferimento alla gestione della funzionalità e alla manutenzione dei pozzi che, in sostanza, si è configurata come una imprevista forma di cooperazione aggiuntiva a favore del Paese beneficiario. La valutazione finale della struttura ex F.A.I. è stata di lire 1.048.607.000, da porre a base di un eventuale accordo transattivo che escludesse il riconoscimento degli interessi.
Nelle more delle procedure necessarie per addivenire ad una soluzione transattiva della vertenza, la Società ha proposto giudizio arbitrale che si è concluso nel 1995 con la condanna del MAE al pagamento di lire 980 milioni oltre interessi e spese di giudizio. Complessivamente lire 1.880 milioni.
L'avvocatura ha impugnato il lodo presso la competente Corte di appello che ha respinto l'impugnazione.
La Procura regionale della Corte dei Conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Nonostante la concessione alla società esecutrice della citata proroga di sei mesi della durata contrattuale e nonostante un generale esito positivo dell'iniziativa, constatato da una missione tecnica della DGCS, purtroppo, la ritardata consegna dei locali da parte giordana, rallentando l'inizio delle attività didattiche del centro, non permise di avviare i corsi previsti per il primo anno d'intervento. Evento, questo che si riverberò su tutto lo svolgimento successivo delle attività, ivi compresa la prosecuzione ulteriore del programma per dodici mesi di cui al nuovo contratto con Cotecno del 6 giugno 1991, con scadenza al 31 dicembre 1992.
La regolarità della realizzazione non si riscontrerà neanche sotto la vigenza del nuovo contratto, anch'esso costellato di proroghe e ritardi nelle prestazioni di controparte ed oggetto di successiva procedura arbitrale.
Relativamente al presente caso, i legali della Cotecno, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti: interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali, costi aggiuntivi per personale (mesi/uomo effettuati in più e non retribuiti), oneri derivanti dal pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale espatriato (più interessi e rivalutazione monetaria), costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Giordania (più interessi), revisione prezzi, ritardato sblocco delle fideiussioni, equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
La procura regionale della Corte dei Conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
L'allora operante dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, ai sensi della
Successivamente, sempre per venire incontro alle esigenze del Paese beneficiario, venne concepita una seconda fase del programma con un ulteriore ampliamento del centro; la Cotecno «si dichiarò disponibile» ad eseguire anche detta fase, presentando a tal fine, il 27 novembre 1986, una proposta tecnico-economica all'organo deliberante del dipartimento per la cooperazione allo sviluppo (sezione speciale del comitato consultivo), il quale approvò il finanziamento dell'iniziativa dando via libera alla stipula di apposito contratto con la predetta Società, nella sua riunione dell'8 gennaio 1987. Come può rilevarsi, il sistema legale d'individuazione del contraente (a trattativa privata) differiva all'epoca da quello attuale, fondato invece sulla regola generale di espletamento di procedure concorsuali per gli affidamenti.
Una disposizione transitoria (l'articolo 38, 1o comma) della nuova Legge sulla cooperazione, la n. 49 del 1987 istitutiva dell'attuale DGCS, «sanò» - previa approvazione del direttore generale - tutte le iniziative (compresa quella in questione) che alla data del 28 febbraio 1987 risultavano in corso di attuazione in base alla precedente normativa (ossia perfezionate more antiquo, ma non ancora decretate).
Così il direttore generale per la cooperazione allo sviluppo approvò l'iniziativa in trattazione, nonché la stipula di apposito contratto il 17 ottobre 1987 con la Cotecno S.r.l., per lire 1.590.000.000.
Il contratto aveva come obiettivo la realizzazione, nell'arco di 24 mesi, di una consulenza tecnica ed organizzativa per la ristrutturazione in Kindia del Centro di formazione professionale nei settori della falegnameria, idraulica, edilizia e tecnologie meccaniche; dunque: sia un riorientamento dei corsi e dei programmi, sia una integrazione delle attività già realizzate dalla Cooperazione italiana con altre, interessanti nuovi e diversi settori.
Le prestazioni che la Cotecno si era impegnata a fornire consistevano essenzialmente in: a) fornitura di attrezzature (acquisto ed invio CIF a Kindia, previa verifica tecnica presso le ditte fornitrici; successivo trasferimento di proprietà alle autorità locali, previa verifica di consistenza da parte delle medesime); b) servizi in Italia (programmazione attività didattiche; elaborazioni di sussidi e materiali di supporto; corso per formatori guineani; coordinamento, gestione e assistenza del programma); c) servizi in Guinea (missioni tecniche di controllo; formazione del personale guineano; supervisione del programma; piccola manutenzione delle attrezzature e delle opere civili del centro). L'articolo 4 del contratto nello specificare i termini di esecuzione delle predette prestazioni a carico della società rimandava all'articolo 5 l'applicazione di eventuali penali, qualora detti termini non fossero stati rispettati. A carico della Cotecno erano gli oneri derivanti dall'assunzione, dall'invio e dalla permanenza del proprio personale in Guinea, compresa la relativa copertura assicurativa (articolo 6). A fronte delle prestazioni della esecutrice, la DGCS doveva corrispondere quale controprestazione la somma di lire 1.562.020.000 più IVA, ove dovuta, per un totale di lire 1.590.000.000. Detto corrispettivo era ripartito in varie tranches, pagabili su presentazione di fattura, compresa l'anticipazione del 20 per cento (garantita da fideiussione) di cui all'articolo 9 oltre il 5 per cento a conclusione del contratto, previa presentazione di rapporto finale sulle attività svolte. L'impianto contrattuale prevedeva, altresì, la presentazione di cauzione (articolo 14) per lire 78.101.000 (polizza della assicuratrice edile n. 1726/4378 del 15 ottobre 1987), da svincolare a fine delle attività, dopo il pagamento del saldo previsto. Il contratto entrò in vigore alla data del 19 novembre 1987, giorno successivo alla ricezione da parte della Cotecno della apposita comunicazione DGCS. I ventiquattro mesi di durata fissavano la data di conclusione delle attività contrattuali al 18 novembre 1989.
Tuttavia, il 23 giugno 1988, nel corso della esecuzione del programma, Cotecno
Pertanto, vista la «Perizia di variante e suppletiva» redatta dal competente ufficio della DGCS, si è pervenuti alla formalizzazione di un atto aggiuntivo al contratto in esame che, stipulato fra le parti il 13 settembre 1989, veniva approvato il 14 giugno 1990.
Un rapporto di missione di due esperti della DGCS risalente al luglio 1995, seguito da una nota informativa degli stessi del 12 giugno 1996, esprimeva parere favorevole allo svincolo delle fidejussioni, stante la regolarità dei pagamenti, a testimonianza del regolare svolgimento delle attività progettuali. Il rapporto citato, constatava un generale buon esito dell'iniziativa e, in particolare, evidenziava l'acquisto da parte di Cotecno di una vettura dotata di pezzi di ricambio, acquisto non previsto in contratto, dunque, non autorizzato, di cui però la esecutrice non ha vantato alcuna pretesa nei successivi sviluppi contenziosi.
La Cotecno, pur avendo richiesto all'Amministrazione il pagamento di interessi per ritardati pagamenti, non ha ottenuto alcuna liquidazione in tal senso. Il rapporto finale delle attività, debitamente vistato dalle autorità locali e dall'ambasciata d'Italia in Conakry, fu elaborato dalla Cotecno il 30 novembre 1993.
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl., con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti gli interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali nonché spese e oneri aggiuntivi per la maggiore durata del contratto, i costi aggiuntivi per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale), gli oneri derivanti dal pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Guinea (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fideiussioni, l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
Nel 1985, il Ministero dello sviluppo sociale del Regno Hascemita di Giordania richiese al Governo italiano, per il tramite dell'ambasciata d'Italia ad Amman, di rinnovare ed estendere le attività di Cooperazione tecnica in corso presso il suddetto Centro pilota, con affidamento alla stessa Cotecno.
Detta società espresse la propria disponibilità alla prosecuzione ed estensione dell'iniziativa, presentando una proposta tecnico-economica al dipartimento in data 9
Si giunse così alla stipula del contratto in data 11 novembre 1986, per l'importo di lire 2.435.000.000 a valere sull'allora vigente «Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo». L'obiettivo dell'iniziativa era quello di contribuire al miglioramento dell'assistenza sanitaria alla popolazione giordana, attraverso l'incremento qualitativo del servizio di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi dell'udito e del linguaggio e, in particolare, con l'obiettivo specifico di migliorare la qualità del servizio offerto dal Centro pilota, di potenziarlo ed integrarlo nel sistema socio-sanitario giordano. Il contratto prevedeva (articolo 2) prestazioni a carico della Cotecno consistenti in: a) fornitura di attrezzature, nuove di fabbrica e corredate dalle prescritte garanzie d'uso, in Giordania e in Italia (presso gli uffici della stessa società); b) servizi in Italia (programmazione e organizzazione di seminari, produzione di materiale informativo, raccolta dati e assistenza tecnica); c) servizi in Giordania (missioni e formazione del personale in loco, coordinamento del programma). I tempi di espletamento delle descritte prestazioni sono fissati all'articolo 3. All'articolo 4 era riconosciuta la possibilità in capo al Ministero di applicare penalità per ritardi nell'adempimento delle suddette prestazioni da parte della esecutrice, con rivalsa sulla cauzione di cui al successivo articolo 13, di consistenza pari ad un ventesimo dell'importo contrattuale (lire 121.750.000). Tale cauzione, stando al testo della clausola da ultimo citata, risultava svincolabile soltanto dopo l'approvazione da parte dell'amministrazione del rendiconto finale di cui all'articolo 9. Detta ultima clausola prescriveva che il programma si concludesse con la presentazione da parte di Cotecno di una Relazione finale delle attività, accompagnata da un rendiconto finale dei costi sostenuti. L'articolo 5 precisava gli oneri e gli obblighi a carico della Cotecno, consistenti essenzialmente in adempimenti connessi all'invio e alla permanenza del proprio personale in Giordania, nonché alla selezione di personale giordano per la partecipazione ai seminari in Italia. Corrispettivamente, il successivo articolo 6 stabiliva le attività e le obbligazioni dell'amministrazione, relative ad ogni operazione che potesse consentire la buona esecuzione del programma oltre ovviamente, alla corresponsione dell'importo del contratto. Questo, si ribadisce, era di lire 2.435.000.000 inclusa l'IVA (articolo 7) ripartito, come segue: a) lire 616.740.000 per la fornitura di attrezzature, per lo più da inviare in Giordania e solo parte da installare in Italia (lire 38.940.000); b) lire 862.260.000 per i servizi resi dalla Cotecno in Italia; c) lire 803.000.000 per i servizi resi dalla stessa in Giordania; d) lire 153.000.000 per un Fondo di gestione in Giordania. Detto corrispettivo doveva essere versato, previa anticipazione del 20 per cento dello stesso (vedi articolo 8), a successivi stati di avanzamento, dietro presentazione delle richieste di pagamento (complete di fatture) da parte dell'esecutrice e con le modalità indicate all'articolo 7.
Il contratto approvato con decreto ministeriale n. 128/3427/3 del 29 dicembre 1986 e registrato il 28 febbraio 1987, entrò in vigore il 24 marzo 1987. La durata originaria del programma era di trentasei (36) mesi a decorrere dalla predetta entrata in vigore, con scadenza, quindi, al 23 marzo 1990. Di fatto, l'iniziativa si concluse solo il 31 luglio 1991, in virtù di più proroghe richieste dalla Cotecno e concesse dal MAE. Infatti, durante lo svolgimento del programma si sono verificati eventi (soprattutto conseguenti alla situazione interna giordana e a quella mediorientale, più in generale) e si sono determinati stati di fatto che hanno indotto la società a richiedere una variante al contratto a suo tempo stipulato ed una prima proroga della scadenza
Successivamente Cotecno ha prodotto istanza, datata 8 ottobre 1990, di proroga di cinque mesi delle attività, fino al 23 marzo 1991, sempre senza oneri aggiuntivi. Previa valutazione tecnica favorevole del 18 dicembre 1990, questa proroga è stata concessa con comunicazione del direttore generale n. 9401 del 20 dicembre 1990, e si è considerata la citata sospensione di fatto quale vera e propria proroga: ciò ha salvato la continuità contrattuale e la decorrenza della durata ulteriore del programma per altri cinque mesi. Di nuovo, il 1o marzo 1991, l'Esecutrice torna a richiedere con nota n. 16192 una seconda proroga non onerosa (in realtà la terza, se si considera anche la sospensione di fatto) fino al 31 dicembre 1991: le verrà accordato un termine finale solo fino al 31 luglio 1991, a seguito di positiva valutazione tecnica in tal senso, con comunicazione del direttore generale del 30 maggio 1991. La data del 31 luglio 1991 segna effettivamente la conclusione dell'iniziativa.
Quanto alla variante (inclusa la sospensione di fatto) e alle proroghe sopra citate, c'è da notare che esse sono consistite in semplici scambi di note con la società e non sono state recepite in formali «Atti aggiuntivi» al contratto base, né soprattutto risultano approvate mediante decreto. Inoltre, sia nel caso della prima che in quello della seconda proroga, si deve rilevare che esse sono state concesse a termine finale del contratto già scaduto. In sostanza, mentre le richieste di proroga della società risultano presentate in data utile, cioè a contratto in vigore al contrario le dichiarazioni di approvazione da parte D.G.C.S. sono state rese «ora per allora», forse in conseguenza dei tempi di rilascio della valutazione tecnica.
Ancora più complessa è la valutazione giuridica del periodo di sospensione di fatto dal 24 marzo 1990 al 24 ottobre 1990: non si tratta di proroga formalmente concessa dalla DGCS, tuttavia la stessa UTC a posteriori sostiene la legittimità, sulla base di una sopravvenuta impossibilità per cause di forza maggiore; le altre due proroghe formalizzate tengono conto, nel computare gli spostamenti in avanti del termine finale, di tale sospensione come se si trattasse effettivamente di una prima proroga.
Ragione per cui quando in data 29 settembre 1994 la Cotecno, con nota prot. 23355 ha richiesto il pagamento di lire 21.908.700 a titolo di corrispettivo per la conclusione delle attività, al netto del recupero dell'anticipazione e della ritenuta di garanzia, e di saldo delle spese di gestione in Giordania, la DGCS, che per parte sua aveva approvato la «relazione tecnica conclusiva» del programma, ed il conseguente pagamento dei corrispettivi contrattuali ancora dovuti (nota n. 5645 del 26 giugno 1995) si è vista bloccare il relativo decreto di impegno della predetta somma (decreto ministeriale n. 1996/128/3553/6 del 18 settembre 1996) da un rilievo dell'ufficio di ragioneria (il n. 1229/4886/471 del 23 ottobre 1996), che eccepiva proprio la mancanza di decreti approvativi delle proroghe. A questo, l'amministrazione ha risposto annullando il predetto decreto ministeriale.
Successivamente al citato rilievo e prima della relativa risposta DGCS, la unità tecnica centrale ha prodotto un appunto in data 7 agosto 1997 (n. 225/UTC/AT3/San16017), in cui ha fornito spiegazione del parere favorevole espresso in merito alla concessione della variante (compresa la connessa sospensione di fatto delle attività, che ha funzionato come una prima proroga non formalizzata) e delle due proroghe successivamente formalizzate, operazioni tutte necessitate dalla situazione di instabilità, prima, e di guerra, poi, determinatasi nell'area mediorientale.
Purtroppo, anche il successivo tentativo teso a risolvere la questione della corresponsione della somma a saldo del contratto mediante riconoscimento di debito, non è andato a buon fine e, pertanto, questo aspetto dei rapporti contrattuali con la Cotecno è rimasto privo di definizione, con la conseguenza che non si sono potute svincolare le fidejussioni ancora in essere.
In merito allo svolgimento vero e proprio della iniziativa, fanno stato il rapporto di missione effettuata da un esperto dell'UTC e la relazione finale al programma, presentata dalla Cotecno ai sensi del punto m) dell'articolo 7 del contratto, approvata dalle competenti Autorità Giordane e vistata dall'ambasciata d'Italia in Amman. In tale documento figurano, tra l'altro, i quadri riepilogativi dei corrispettivi e delle fatture emesse dalla società. Il predetto rapporto è stato redatto dalla esecutrice nel giugno 1994 e successivamente presentato alla DGCS in allegato alla nota n. 23355 del 29 settembre 1994: tre anni dopo la fine delle attività!
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti della DGCS per vedersi riconosciuti gli interessi di ritardato pagamento sulle somme di contratto, i costi aggiuntivi sostenuti per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale, dunque, mesi/uomo non retribuiti), gli importi relativi al difforme pagamento delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Giordania (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fidejussioni ed, infine, l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
In data 24 ottobre 1990 veniva stipulato con la Cotecno S.r.l., un contratto della durata di 20 mesi che prevedeva da parte della società la fornitura di attrezzature didattiche, prestazioni in loco, la raccolta ed elaborazione di dati, sulla base di quanto specificato nell'annesso tecnico e negli allegati al contratto. Il contratto fu approvato con decreto ministeriale 1991/128/1224/3 del 10 maggio 1991.
La società, ai sensi di quanto previsto nel contratto ed al fine di importare dall'Italia attrezzature di ricambio non reperibili in loco, richiedeva alla D.G.C.S. la sostituzione di alcune attrezzature previste nel contratto. A seguito di favorevole parere, espresso dalla competente UTC della D.G.C.S. venne formalizzata la richiesta variante, approvata successivamente con decreto n. 1994/128/2944/4 del 5 luglio 1994. Inoltre, con nota n. 18951 del 12 novembre 1992, la società, al fine di ottimizzare l'utilizzo del coordinatore del programma, richiedeva all'amministrazione una proroga non onerosa di otto mesi della durata del contratto in questione. La D.G.C.S. con decreto 1994/128/311/3 del 3 febbraio 1994 concedeva la proroga, che fissava il termine ultimo delle attività al 30 novembre 1993.
Le attività si sono svolte regolarmente e sono terminate il 30 novembre 1993 come risulta sia dalla relazione finale del 26 giugno 1995 redatta dall'unità tecnica centrale della D.G.C.S., sia dal Rapporto finale di attività presentato dalla Società il 16 gennaio 1995.
La Cotecno sin dall'agosto 1995 ha richiesto senza successo all'amministrazione il riconoscimento di interessi e revisione prezzi.
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti il pagamento di interessi a causa di lamentati ritardi con cui la DGCS avrebbe effettuato i pagamenti; il pagamento di costi aggiuntivi, per maggiori impiego di mesi/uomo, sostenuti dalla Società e solo in parte pagati dalla DGCS (e in modo difforme dalla previsione contrattuale, secondo quanto lamentato dalla controparte); il pagamento di ulteriori somme relative al periodo di ferie maturate dal personale esperto della Cotecno, liquidate dalla DGCS, secondo l'impresa, in maniera difforme da quanto dovuto; il rimborso delle spese e degli oneri aggiuntivi sostenuti per il mantenimento delle sedi in Italia e in Guatemala, per necessità di sicurezza, e a causa della maggiore durata del contratto; il pagamento di danni per la mancata corresponsione del corrispettivo revisionale; il riconoscimento di maggiori oneri sostenuti a causa del mancato svincolo delle fideiussioni prestate dalla Cotecno ed, infine, i maggiori oneri sostenuti a seguito di quanto disposto dalla DGCS circa le varianti al contratto, che hanno comportato - secondo la Società - la necessità di redigere nuovi elaborati.
La procura regionale della Corte dei Conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Per le succitate iniziative, la società chiedeva il riconoscimento di una somma complessiva di 5.613.572.415 di lire.
L'avvio quasi contestuale di due procedure arbitrali con la Cotecno, inerenti ai casi sopraccitati ha influito sulle determinazioni dell'amministrazione, che è pervenuta alla definizione del quantum da riconoscersi sulla base degli elementi rinvenibili negli atti a disposizione e dell'abbondante e consolidata giurisprudenza esistente su casi analoghi.
Dopo lunghe trattative si è raggiunto un punto di incontro con la controparte, pervenendo ad una soluzione transattiva complessiva delle vertenze de quibus che ha visto riconoscere alla Cotecno la somma onnicomprensiva di lire 2.685.812.939 (transazione del 7 novembre 2002).
Un qualche ritardo nel pagamento è in certi casi originato sia dallo scrupoloso rispetto dell'iter burocratico preordinato, sia per la dovuta cautela ed i necessari controlli propedeutici per problematiche connesse alla realizzazione di programmi internazionali; a fronte di società agguerrite nel far valere le proprie pretese, che talvolta hanno disatteso prassi e criteri consolidati, l'Amministrazione è dovuta spesso «scendere a trattative» per fronteggiare le complesse istanze delle imprese ed evitare ancor più pesanti decisioni a proprio carico.
Venendo al caso «Consorzio Ceitral», il contratto relativo al programma in oggetto fu stipulato nel maggio 1991 per una spesa di lire 15,499 mld. e, con due varianti approvate nel 1995 e 1996, l'importo complessivo del contratto divenne pari a lire 17,396 mld. ca. e le opere completate nel luglio 1996.
Una complessa vicenda si inserì nello svolgimento del programma: eventi bellici e politico economici locali avevano stravolto la situazione congiunturale del Paese, determinando livelli inflattivi dei prezzi sul mercato angolano così abnormi, da rendere inaccettabile la formula revisionale dei prezzi prevista in contratto e di cui l'azienda richiedeva - ovviamente - l'applicazione ex articolo 11 del contratto. Il direttore lavori evidenziò all'Amministrazione l'eccessiva onerosità, poiché ad un primo calcolo riferito al 31 dicembre 1994 risultava l'assurda cifra di 351 miliardi di lire. Si rese pertanto necessaria una modifica della pattuizione revisionale, che l'amministrazione riuscì a far accogliere contrattualmente dall'azienda, con cui venne
Ad evitare, pertanto, l'insorgere di un contenzioso arbitrale, l'Amministrazione raggiunse la composizione bonaria di un prospettato abnorme contenzioso, quantificando l'importo revisionale in circa euro 3 miliardi, a cui avrebbero dovuto aggiungersi gli interessi per ritardato pagamento del compenso revisionale, quanto meno nella misura del tasso legale.
Con il parere favorevole dell'avvocatura dello Stato che così giudicò testualmente la transazione: «non sussistono pertanto dubbi in ordine alla opportunità di evitare l'insorgere di un contenzioso arbitrale dall'esito sicuramente non favorevole per l'amministrazione e suscettibile di aggravare, in particolare, per il carico degli interessi, degli ulteriori danni e delle spese di giudizio, l'ammontare di quanto il consorzio Ceitral accoglieva in relazione al contratto in oggetto», ed a seguito di vari incontri con tutte le parti interessate, si raggiunse l'accordo «transattivo», che venne stipulato in data 3 dicembre 2002. A tacitazione di ogni pretesa del Consorzio, l'amministrazione riconobbe euro 1,880 milioni ca. a titolo di revisione prezzi ed euro 1,115 milioni ca. a titolo di interessi moratori (anziché l'intero ammontare a titolo di revisione prezzi).
Con sentenza del 23 febbraio 1998 il Pretore adito respingeva la domanda sul presupposto che la circolare del Ministero degli affari esteri che regola la materia precisa che, poiché il beneficio in questione è destinato a favorire i Paesi in via di sviluppo, non poteva essere riconosciuto a chi, come il ricorrente, non ha mantenuto la cittadinanza straniera e non ha fatto più rientro nel suo paese.
Il Dr. A.Z.N. proponeva appello avverso la predetta sentenza con ricorso presso il tribunale di Napoli. Con sentenza n. 4588 del 24 ottobre 2001 il predetto tribunale dichiarava il diritto di A. Z.N. a percepire la borsa di studio assegnatagli, anche per il periodo 1o novembre 1991-27 novembre 1992 (primo anno di corso) e condannava il Ministero degli affari esteri al pagamento in suo favore della somma di lire 17.016.000 oltre interessi.
In esecuzione di detto dispositivo l'amministrazione procedeva alla liquidazione in favore del dr. A.Z.N. della somma di euro 8.788,03 per sorte capitale ed euro 5.467,12 a titolo di interessi dal 27 novembre 1992 al 30 novembre 2002.
Il contratto tra il sottosegretario delegato e l'impresa G.I.L.C.O., dell'importo forfettario di lire 8.500.000.000, è stato stipulato in data 3 aprile 1990 approvato con decreto ministeriale n. 128/1298//6 del 3 gennaio 1990, registrato il 22 giugno 1990 al n. 1649 ed è entrato in vigore il 29 giugno
A causa della ripresa della guerra civile, i lavori furono sospesi e l'Impresa ha mantenuto sul posto n. 3 tecnici italiani sia per la custodia dell'impianto che per consentire, su specifica ed esplicita richiesta delle autorità locali, l'erogazione dell'acqua alla città di Porto Amboim per il periodo dal 30 ottobre 1992 al 30 giugno 1993 come attestato dal Governo Municipal de Porto Amboim. Solo al termine della guerra civile, il MAE ha potuto nominare la commissione di collaudo con decreto ministeriale 10974 del 7 dicembre 1995.
La Commissione di collaudo ha eseguito la visita nel maggio 1996 ed ha ritenuto le opere ben eseguite e conformi al progetto approvato ed al relativo contratto. Tuttavia la commissione ha ritenuto qualificabili come extracontrattuali le prestazioni eseguite dall'impresa su richiesta delle autorità locali relative all'erogazione dell'acqua potabile. Al riguardo, la commissione si è limitata a verificarne l'effettiva esecuzione e ad esprimere un parere di congruità, al fine di consentire al MAE di adottare le opportune decisioni in merito. Il solo costo dell'erogazione dell'acqua è stato valutato in circa lire 1.306 milioni, cui va aggiunto il costo della custodia delle opere che il decreto-legge ha valutato in 236 milioni circa. Il tutto al netto degli interessi e della rivalutazione monetaria relativi al periodo 1992-1996.
A seguito dell'intervenuto fallimento della società Gilco, il MAE ha provveduto a riconoscere in misura notevolmente ridotta al Curatore fallimentare le prestazioni extracontrattuali eseguite dalla società Gilco liquidando gli importi riferiti nell'interrogazione.
La Procura della Corte dei Conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
La DGCS, dunque, dispose apposita missione, al fine di accertare la natura e l'entità delle pendenze contrattuali con la società; detta missione fu effettuata da un consulente tecnico DGCS dal 29 novembre al 1o dicembre 2001. Da essa emerse, oltre alla determinazione esatta dell'ammontare delle penali per ritardo applicate dall'ambasciata (USD 24.679), anche l'entità dei lavori non eseguiti dalla società (USD 83.878,10), nonché - tuttavia - la sussistenza di lavori eseguiti al di là delle prescrizioni contrattuali e utilmente recepiti dal beneficiario locale del programma.
Dal canto suo la B&B INGG continuò pervicacemente a rivendicare il pagamento da parte della DGCS, del corrispettivo dei lavori per così dire straordinari, consistenti sostanzialmente in manutenzioni ed interventi su strutture già presenti nell'Ospedale,
La precorsa corrispondenza tra le parti, seguita alla risoluzione del contratto, prefigurò l'insorgere di un vero e proprio contenzioso tra la società e l'ambasciata (e/o il Ministero), che culminò con la diffida ad adempiere con relativa messa in mora del legale della B&B INGG. datata 21 ottobre 2002. A questo punto le parti, dopo lunghe trattative volte a verificare tutti gli aspetti della vertenza, giunsero alla determinazione di risolvere transattivamente la controversia, in modo da tener conto, nel determinare il credito residuo della B&B INGG., sia delle penali applicate per ritardo, sia per quanto ad oggi imputabili e contestabili dei lavori da questa non eseguiti, sia, in misura parziale, dei lavori eseguiti al di là delle prescrizioni contrattuali e utilmente recepiti nell'ambito dell'iniziativa di cooperazione allo sviluppo.
Dal canto suo la B&B INGG. con nota n. 02725 del 28 gennaio 2002, accettò, a «tacitazione» di ogni ulteriore pretesa, la proposta, avanzata dalla DGCS, di definizione delle residue pendenze contrattuali mediante pagamento a proprio favore della somma onnicomprensiva di USD 88.717,00 + euro 12.524,00, per un totale onnicomprensivo di euro 99.395.68.
L'avvocatura generale dello Stato con note del 6 dicembre 2002 e del 6 febbraio 2003 espresse parere favorevole alla stipula dell'atto transattivo sottopostole, in considerazione del fatto che nel programma in ispecie, alla luce di un attento esame, emersero, sì in modo piuttosto netto una serie di responsabilità ed inadempienze contrattuali da addebitarsi in gran parte alla società esecutrice B&B INGG., per il reiterato ritardo nell'esecuzione dei lavori stessi e per il mancato completamento di questi, per la eco negativa che tale circostanza ha cagionato, e per il disservizio creato all'interno dell'ospedale stesso.
Infine, vi è da rilevare che la B&B INGG. ha eseguito lavori «straordinari», ossia non contrattualmente previsti ma comunque recepiti utilmente dal beneficiario nell'ambito dell'intervento di emergenza, senza per questo richiedere alcun prezzo aggiuntivo.
Premesso quanto sopra, in una logica di contemperamento delle diverse esigenze, l'Atto transattivo che è stato poi sottoscritto dalle parti, ha rappresentato sicuramente la soluzione migliore, anche in considerazione del fatto che molto probabilmente l'Amministrazione all'esito di un altrimenti non evitabile giudizio sarebbe stata condannata al pagamento dei lavori eseguiti in eccedenza dalla B&B INGG.
Il contratto aveva come oggetto (articolo 1) la realizzazione nell'arco di ventisei (26) mesi di un programma di potenziamento ed organizzazione funzionale della formazione professionale nel settore della P.A. e del management industriale, mediante la preparazione di quadri tecnici per enti, uffici ed aziende statali somale. Le prestazioni della Cotecno (articolo 2) consistevano in:
a) fornitura di attrezzature e sussidi didattici (acquisto ed invio CIF a Mogadiscio, con garanzie d'uso fornite dalle ditte produttrici), previa verifica tecnica degli stessi presso le ditte fornitrici, da trasferire in proprietà dalla società alle autorità somale;
b) servizi in Italia di organizzazione e progettazione dell'intervento e di coordinamento e gestione operativa del programma;
c) servizi in Somalia di controllo tecnico, formazione del personale somalo, coordinamento e supervisione del programma, piccola manutenzione delle attrezzature. I termini di esecuzione delle prestazioni predette erano precisati all'articolo 4 del testo stipulato e l'articolo 5 prescriveva le penalità applicabili alla Esecutrice in caso di difformità e ritardi nell'adempimento degli obblighi contrattuali. Ulteriori obbligazioni della Cotecno derivavano dalla gestione del proprio personale in loco, compresa la copertura assicurativa per infortuni e assistenza sanitaria (articolo 6). Il corrispettivo a carico della DGCS era pari a lire 1.115.500.000, oltre all'IVA. La ripartizione temporale del predetto importo era regolata dall'articolo 8 del contratto, rispecchiando sostanzialmente la suddivisione delle prestazioni in «forniture», «servizi in Italia», «servizi in Somalia» e «spese di manutenzione». Il meccanismo della corresponsione delle varie tranches era incentrato, per i beni, sulla presentazione di fatture, corredate dalle rispettive dichiarazioni di avvenuta consegna, vistate dall'Ambasciata d'Italia; per i servizi, sulla presentazione delle fatture e dei relativi, stati di avanzamento approvati dalla DGCS nonché delle: polizze assicurative, per rate trimestrali posticipate; per le spese di manutenzione, su presentazione con cadenza trimestrale delle fatture e dei documenti giustificativi di spesa, vistati dall'Ambasciata d'Italia. Era prevista un'anticipazione di lire 223.100.000, pari al 20 per cento del corrispettivo globale, previa garanzia fidejussoria per l'importo stesso e con le modalità di cui all'articolo 9 del contratto. Era prescritto, altresì, che la liquidazione del 5 per cento del corrispettivo globale venisse effettuata a conclusione del programma, su presentazione di fattura e di un Rapporto finale sulle attività svolte (articolo 8 lettera e). L'impianto contrattuale si completava (Articolo 14) con la previsione di adeguata cauzione, a garanzia della corretta esecuzione degli obblighi sottoscritti, nonché con le clausole tipiche dei contratti DGCS: controlli del committente, efficacia differita per le parti, arbitrato, risoluzione unilaterale per grave inadempimento, rapporti informativi della Esecutrice ad ogni stato di avanzamento. Il contratto, corredato dei suoi Allegati, fu approvato con decreto ministeriale n. 128/811/0 del 25 febbraio 1988, vistato il 23 marzo 1988, ed è entrato in vigore in data 30 marzo 1988. La scadenza contrattuale, considerata la durata di 26 mesi del programma, era fissata al 30 maggio 1990.
Dagli atti si rileva che lo svolgimento delle attività ha avuto un andamento iniziale sostanzialmente regolare, a prescindere dalle proroghe concesse e dalla controversa sussistenza di prestazioni effettuate in eccedenza
La relazione finale è stata presentata da COTECNO alla DGCS molto tempo dopo, in data 24 dicembre 1996, con la nota prot. 35030. Con quest'ultima nota la Esecutrice chiedeva, tra l'altro, il pagamento della somma di lire 2.873.725 (fattura n. 76/96) pari al 5 per cento dei corrispettivi per i servizi resi, relativi al 10o e 11o stato di avanzamento, nonché lo svincolo delle fidejussioni e dava credito dell'anticipazione non recuperata pari a lire 7.323.900 (nota credito n. 6/96).
Si evidenzia che la scadenza dei tempi contrattuali, fissata inizialmente al 30 maggio 1990, ha subito due successive proroghe di cinque e di quattro mesi - non onerose - che l'hanno prolungata al 28 febbraio 1991.
La società Cotecno, il 27 luglio 2000, notificava alla Direzione Generale la domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali, oltre spese e oneri aggiuntivi per la maggiore durata del contratto, i costi aggiuntivi per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale), il pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Somalia (più interessi), la revisione prezzi e lo sblocco delle fidejussioni. Tutto quanto precede, con l'aggiunta delle spese di funzionamento e delle competenze del Collegio arbitrale, delle spese, diritti e onorari del difensore, oltre al 10 per cento per spese generali. Con lodo emesso l'11 settembre 2002, la DGCS liquidava alla Società Cotecno l'importo complessivo di euro 494.963,06.
In data 13 ottobre 1995 il G. si trovava presso gli uffici della Cooperazione italiana in Bogotà, quando gli venne consegnata - al di fuori dei locali dell'Ambasciata italiana - una busta che esplodeva e causava allo stesso gravi lesioni agli arti superiori ed inferiori ed al volto, con esiti permanenti.
Il giudice di primo grado accertava che l'evento si era reso possibile per il fatto che la vittima avesse introdotto il plico nell'Ambasciata, sfuggendo ai controlli di sicurezza che, data la pericolosità della sede e secondo le norme di comune prudenza, avrebbero dovuto essere effettuati anche sui bagagli e sugli effetti personali dei dipendenti e dei collaboratori dell'Amministrazione.
Con sentenza del tribunale di Roma n. 33442/2002 il Ministero degli affari esteri era condannato al pagamento in favore del dottor M.G., a titolo di risarcimento del danno, della somma di euro
L'importo risulta assai inferiore rispetto a quanto richiesto nell'atto di citazione (è escluso, infatti, il riconoscimento del danno alla capacità lavorativa specifica) e pertanto l'amministrazione prestava - come consigliato dall'Avvocatura Generale dello Stato con nota n. 27199 dell'11 marzo 2003 - acquiescenza alla decisione. Con decreto ministeriale n. 2003/340/003164/3 dell'8 agosto 2003, l'amministrazione disponeva il pagamento in favore del dottor M.G. della somma di euro 113.452,72 a titolo di risarcimento danni, rivalutazione monetaria, interessi e spese per CTU.
Stando al testo stipulato e alla comunicazione alla Società di entrata in vigore del contratto, questo avrebbe dovuto avere decorrenza dal 1 novembre 1991 e scadenza
La società Cotecno, il 27 luglio 2000, notificava alla Direzione Generale la domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali, i costi aggiuntivi per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale e mesi/uomo effettuati e non retribuiti secondo pattuizione, più interessi), il pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale espatriato (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Giordania (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fideiussioni e l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto. Tutto quanto precede, con l'aggiunta delle spese di funzionamento e delle competenze del Collegio arbitrale, delle spese, diritti e onorari del difensore, oltre al 10 per cento per spese generali.
Con lodo emesso l'11 settembre 2002, la DGCS liquidava alla Società l'importo complessivo di euro 1.217.318,75.
La procura regionale della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Quest'ultimo fu particolarmente vantaggioso per l'Amministrazione se si considera che il relativo credito era piuttosto certo, risultando per tabulas (importi fatture), e poi la somma omnicomprensiva oggetto della transazione (euro 550.000 + 16.781,49 di spese legali = 566.781,49) frutto delle reciproche concessioni, era ben distante dalle iniziali pretese della VRM, non soltanto in riferimento agli interessi cui VRM ha rinunciato ma, anche e soprattutto, con riguardo all'alea di un giudizio per danni che sicuramente avrebbe vista l'Amministrazione soccombere per un'entità di gran lunga più elevata. Questa è la valutazione di convenienza che correttamente è stata adottata dall'Amministrazione.
Al certificato di collaudo finale la EMIT appose quattro riserve (tra cui fu eminente la richiesta di interessi per ritardato pagamento sui lavori svolti e di revisione prezzi), che l'Amministrazione tentò di soddisfare in via amministrativa, ma su cui l'impresa non esitò a ricorrere alla procedura arbitrale, formulando, in questa sede, ben sette quesiti.
La decisione lodale del giugno 2000, pur a parziale accoglimento di alcuni quesiti, dichiarava dovuta alla EMIT, per il solo ritardo nel pagamento delle fatture prodotte, la somma di lire 340 mln. ca. L'Amministrazione vi si oppose, proponendo appello con richiesta di annullamento del lodo. L'impugnazione fu respinta (per la preliminare motivazione in rito che tali arbitrati vanno considerati e disciplinati come «arbitrati internazionali», dunque, non appellabili per nullità), con conseguente conferma della decisione arbitrale e condanna del MAE alla rifusione delle spese di lite del giudizio di secondo grado per la somma complessiva di euro 7.000 circa.
L'Avvocatura Generale dello Stato, «sulla scorta della giurisprudenza intervenuta», con nota del maggio 2003 ha ritenuto opportuno non proporre ricorso in Cassazione.
La procura regionale della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando alcuna responsabilità perseguibile.
Con sentenza del tribunale di Roma n. 22944 del 10 giugno 2002 il Giudice del lavoro rigettava il ricorso, quanto al capo inerente alla natura del rapporto di lavoro (che veniva confermato quale a tempo determinato) e, tuttavia, condannava il Ministero degli Affari Esteri a corrispondere al Dottor R. P. le retribuzioni relative al periodo 30 agosto 1999-31 dicembre 1999, con accessori di legge, non riconoscendo valida la risoluzione del rapporto con decorrenza immediata disposta dal MAE, ritenendo invece doversi fissare la corretta scadenza del contratto al 31 dicembre 1999. In esecuzione della sentenza sopra citata, l'amministrazione procedeva alla liquidazione in favore del dottor R.P. della somma di euro 34.607,99 a titolo di sorte ed euro 7.040,59 per interessi e spese legali.
La decisione arbitrale (gennaio 2003), nonostante la decisa difesa da parte della DGCS delle proprie ragioni, ha accolto, seppure parzialmente, le pretese della SINCAT, quantificate dal suo legale in euro 480.000 ca., che l'Avvocatura Generale dello Stato non ritenne però doversi riconoscere per intero, escludendo alcune voci (tra cui interessi per euro 111mila ca.). Infine, l'impresa ha accettato la liquidazione dell'importo complessivo di euro 130.000 ca., per i dovuti interessi nella misura legale, sulle somme di contratto pagate in ritardo nonché per spese di giudizio e compensi arbitrali di spettanza della DGCS.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
negli ultimi mesi sono sempre più numerosi gli operatori italiani nel settore delle fonderie ad accusare pesanti contraccolpi produttivi;
molteplici sono le cause di questa situazione allarmante: da un lato, le materie prime (ghisa ematite, ghisa sferoidale, rottami ghisa ed acciaio, coke) risultano sempre più costose, soprattutto a seguito delle restrizioni alle esportazioni introdotte dal governo cinese e dal contestuale massiccio assorbimento delle stesse da parte della Cina stessa e del mondo asiatico (basti pensare che un terzo della disponibilità mondiale di acciaio viene assorbito in toto dalla Cina);
molti addetti ai lavori denunciano inoltre difficoltà derivanti dalla classificazione nella legislazione italiana dei rottami tra i rifiuti;
questi, e altri, sono i fattori che hanno determinato negli ultimi dodici mesi aumenti esponenziali delle materie prime da fonderia, con rincari che oscillano dal 45 al 70 per cento sui rottami e dal 60 al 100 per cento sulle ferroleghe (molibdeno, nichel, vanadio);
la situazione non appare sostenibile e potrebbe tradursi già nel breve periodo in pesanti crisi industriali ed occupazionali -:
quali iniziative s'intendano prendere con urgenza per fronteggiare le difficoltà su esposte e se non s'intenda adottare iniziative in sede comunitaria o direttamente sul governo di Pechino affinché siano adottati accordi commerciali meno penalizzanti per le aziende comunitarie del settore.
(4-09276)
Il Governo non è rimasto alla finestra, bensì ha provveduto a convocare il tavolo di confronto per la siderurgia con le organizzazioni sindacali, tavolo che è stato preceduto da una riunione tecnica straordinaria dell'Osservatorio siderurgico, cui hanno partecipato, oltre ai membri istituzionali, tutte le categorie interessate a valle del settore siderurgico e le organizzazioni sindacali. In quella sede si è constatato, con soddisfazione unanime, una sostanziale identità di vedute in ordine alla soluzione dei problemi evidenziati. Certamente non sarà facile risolvere tutti i problemi in un breve lasso di tempo, ma è importante affrontarli nel modo migliore a cominciare - grazie alla recente individuazione delle BAT (Best available technologies) - dalla più rapida riattivazione delle cokerie dello stabilimento di Taranto, a suo tempo fermate dall'intervento della Magistratura per motivi ambientali. Sarà, inoltre, opportuna un'azione decisa a livello comunitario, volta a canalizzare verso i Paesi della Comunità i rottami prodotti dai Paesi aderenti. Sarà anche necessario chiarire normativamente che i rottami non sono rifiuti, bensì materie prime seconde, al fine di evitare blocchi all'importazione da parte della Magistratura.
In particolare, il Governo sulla materia «rottame», in funzione dell'impennata dei costi dell'acciaio, sta valutando alcuni strumenti di parziale correzione delle esigenze dell'apparato produttivo che riguardano, da un lato, l'aumento della produzione nazionale attraverso una migliore organizzazione dei processi di rottamazione, dall'altro, il ricorso all'utilizzo della distruzione di impianti connessi all'applicazione di specifiche norme (ad esempio la riduzione della capacità produttiva delle fonderie). Altro strumento per far fronte alla lievitazione dei costi dell'acciaio, che va a favore dei titolari di precedenti contratti di fornitura e/o di costruzione, è costituito dall'emanando provvedimento reintroduttivo di una forma di revisione dei prezzi.
Poiché, come è noto, la rappresentanza degli interessi nazionali in ambito WTO non può che essere affidata alla Commissione dell'U.E, il Governo è impegnato ad effettuare le massime pressioni possibili perché la linea comunitaria possa essere diretta ad una decisa contrattazione sulle regole di reciprocità.
Anche la richiesta di un monitoraggio, sia per il controllo delle diseconomie che per il controllo di possibili speculazioni, è già stata avanzata in ambito comunitario e si continuerà ad insistere perché ciò avvenga.
Oltre alle su citate misure, sarà adottata ogni altra misura che sarà possibile ed utile intraprendere per la salvaguardia della produzione dell'industria siderurgica e metallurgica italiana.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
l'articolo 55 della legge finanziaria n. 449 del 1997 ha dato facoltà all'Ente nazionale per le strade di aumentare con proprio atto i canoni di accesso in genere;
l'aumento è stato vertiginoso e nel corso del 2003 l'Ente ha richiesto ai titolari di licenze di accesso un pagamento una tantum retroattivo di ben quattro annualità (anni 2000, 2001, 2002, 2003), con un onere per gli interessati talvolta insostenibile;
la richiesta di pagamento non è corredata da informazioni precise sul calcolo effettuato che talvolta si è dimostrato erroneo;
avendo l'Ente nazionale per le strade richiesto il pagamento entro il termine perentorio di trenta giorni, pena la revoca della licenza, i titolari sono costretti a
nel corso del 2003 il provvedimento annuale di aggiornamento dei canoni da parte dell'amministratore dell'Ente non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale;
la sentenza del Consiglio di Stato n. 5483/2000 riconosce all'Ente nazionale per le strade il monopolio assoluto e nel contempo un'ampia discrezionalità nella determinazione dei canoni di accesso a danno dei cittadini -:
se ritenga di dover intervenire presso l'Ente nazionale per le strade affinché sospenda la richiesta di pagamento retroattiva di quattro annualità, pervenuta ai titolari di licenze di accesso nel corso del 2003, introducendo magari il principio della rateizzazione;
quali sono i criteri di determinazione applicati dall'Ente per il calcolo del canone e perché questo sia commisurato al vantaggio che l'utente ricava direttamente dalla concessione, considerato che l'accesso alla propria abitazione è un diritto e non un vantaggio;
per quale motivo nel corso del 2003 non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il provvedimento annuale dell'amministratore dell'Ente.
(4-09104)
Nella specie, il canone è determinato dalla soggezione derivante alla strada dall'accesso privato che vi si affaccia nonché dall'usura maggiore del tratto della strada su cui tale accesso si immette causata dalle fermate dei veicoli e dal loro transito in entrata ed in uscita, tenuto altresì conto dell'ampiezza del varco stesso.
La legge finanziaria per l'anno 1998 aveva disposto l'adeguamento dei canoni in questione ai citati criteri che sono quelli previsti dal nuovo codice della strada. Dal 2002, inoltre, nel calcolo del canone è stata presa in considerazione anche l'importanza della strada sulla quale si affaccia l'accesso.
Il Consiglio di Stato ha in diverse occasioni confermato la più ampia discrezionalità dell'ANAS in merito alla determinazione dei canoni.
Il provvedimento di aggiornamento dei canoni relativo all'anno 2003 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 28 ottobre 2002, mentre quello relativo all'aggiornamento per l'anno 2004 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2003.
La richiesta del pagamento delle quattro annualità pregresse, cui si fa riferimento nell'interrogazione, riguarda solo gli utenti che erano risultati sprovvisti di autorizzazione, per i quali, all'atto della regolarizzazione, era necessario procedere alla riscossione delle quote insolute.
Peraltro, pur essendo i criteri di determinazione dei canoni così come applicati dall'ANAS perfettamente rispondenti alla normativa vigente, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti intende valutare assieme alla società stradale la possibilità di una diversa definizione delle modalità di pagamento dei canoni pregressi.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
il comune di Montemiletto (Avellino) ha ricevuto negli ultimi anni circa 17 miliardi, in base alla legge n. 32 del 1992, per la ricostruzione del patrimonio abitativo, distrutto o danneggiato dall'evento sismico del 1980;
parte di detti fondi sono stati assegnati con delibere Cipe 8 agosto 1995 e 20 novembre 1995 (lire sei miliardi e trecento
l'articolo 3 della legge n. 32 del 1992 finalizza la destinazione di detti fondi in via prioritaria e in ordine successivo, senza ammissione di deroga, in favore: dei soggetti proprietari di un'unica abitazione e ancora costretti in sistemazioni precarie o provvisorie in conseguenza degli eventi sismici; dei soggetti proprietari di un'unica abitazione; dei soggetti proprietari di immobili inclusi nei piani di recupero dei comuni classificati come disastrati o gravemente danneggiati;
oltre a questi fini l'articolo 3 della citata legge permette che i comuni possano destinare i fondi per il terremoto ad opere di carattere pubblico; la destinazione dei fondi ed i relativi criteri sono deliberati, secondo l'articolo 3 di detta legge, dai consigli comunali;
il comune di Montemiletto con delibera consiliare n. 70 dell'11 novembre 1996 fissava i criteri per l'utilizzo della somma di 6 miliardi, assegnata con delibera Cipe dell'8 agosto 1996;
successivamente la giunta comunale con delibera n. 247 del 20 agosto 1997 prendeva atto che la legge n. 677 del 31 dicembre 1996 modificava i termini per la presentazione della domanda per l'ottenimento del contributo (spostandoli dal 31 marzo 1984 al 30 giugno 1988), constatava che sul finanziamento di 6 miliardi era stata impegnata la somma di 2 miliardi e deliberava di procedere all'utilizzo della somma disponibile per finanziare le pratiche presentate entro il 30 giugno 1988, secondo un elenco allegato alla delibera indicante 36 pratiche per un importo complessivo di lire 3.630.653.800; un elenco che, a quanto risulta, non è stato mai affisso all'albo pretorio del comune, privando altri cittadini della possibilità di poter presentare opposizione; che detto elenco non è suddiviso in cittadini con priorità a) e b) secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge n. 32 del 1992; il comune di Montemiletto ha provveduto al riparto dei fondi assegnati per il terremoto del 1980 con delibere consiliari n. 4 del 13 febbraio 1995, n. 70 dell'11 novembre 1996, n. 19 dell'11 aprile 1997, n. 48 del 14 dicembre 1999 e, ultimamente, con delibera consiliare n. 5 dell'11 febbraio 2000;
con quest'ultima delibera, il comune di Montemiletto prende atto che la disponibilità finanziaria utilizzabile per la ricostruzione ammonta a lire 6.650.000.000; precisa, altresì, che tutte le domande relative ai cittadini con priorità a) (proprietari di un'unica abitazione e ancora costretti in alloggi precari o provvisori) sono state finanziate e in conseguenza di ciò il consiglio comunale delibera di assegnare la somma di lire 6.650.000.000 ai soggetti con priorità b) (prorietari di un'unica abitazione); che il dirigente generale del ministero dei lavori pubblici, dottoressa Bozzi, con nota n. 2234 dell'8 ottobre 1996, chiedeva al comune di Montemiletto l'invio, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della delibera Cipe 8 agosto 1996, della delibera consiliare di programmazione, oltre all'invio degli elenchi nominativi dei destinatari dei contributi in priorità a) e b) con le attestazioni di legge (data domanda entro il 31 marzo 1984, data progetto entro il 31 marzo 1989, dichiarazione sostitutiva atto notorio circa unicità dell'abitazione, eventuale ordinanza di sgombero e precarietà situazione abitativa);
il dirigente generale del Ministero dei lavori pubblici, dottoressa Bozzi, con nota n. 934 del 10 febbraio 2000, ha fatto presente al comune di Montemiletto che il ministero è in attesa degli elenchi nominativi dei beneficiari con l'attestazione che è stata acquisita agli atti del comune la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio relativa all'unicità dell'abitazione; con la stessa nota ministeriale si chiede che i richiedenti il contributo vengano inclusi in apposito elenco, con priorità per i soggetti in situazione precaria e provvisoria, secondo i criteri di cui alla delibera Cipe 13 luglio 1993, da pubblicare all'albo pretorio del comune per eventuali opposizioni e da
la nota ministeriale indica la necessità di concedere i contributi ai soggetti risultati in situazione precaria, lettera a), attingendo detti contributi dai fondi già disponibili presso il comune di Montemiletto; si comprende dalla nota sopracitata che il comune di Montemiletto: a) non ha mai predisposto e affisso all'albo pretorio del comune gli elenchi nominativi dei beneficiari con priorità a) e b) secondo l'articolo 3 della legge n. 32 del 1992; b) le domande dei soggetti con priorità a) non sono state tutte finanziate, contrariamente a quanto affermato dal comune di Montemiletto con delibera n. 5 dell'11 febbraio 2000; che ciò trova ulteriore conferma dai casi della signora Angiolina Minichiello (citata nella nota ministeriale n. 934 del 10 febbraio 2000) e del caso del signor Felice Musto a cui il sindaco di Montemiletto con nota n. 5243 del 25 novembre 1997 comunicava che per mancanza di risorse finanziarie non poteva essere finanziato il contributo già determinato in data 25 giugno 1988, anche se, successivamente a questa comunicazione, il sindaco emetteva, il 10 ottobre 1997 il decreto di finanziamento a favore del condominio Barletta;
contributi pare che siano stati concessi senza la dichiarazione sostitutiva di atto notorio del requisito di unicità di abitazione abitativa;
il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avellino, relativamente al procedimento penale n. 447 del 1998 a carico della giunta del comune di Montemiletto evidenzia che il consulente tecnico del pubblico ministero ha accertato che non fu redatta alcuna graduatoria, tra tutti i possibili aventi diritto, per l'assegnazione dei finanziamenti di cui alla delibera Cipe 8 agosto 1996, risultando, invece, compiuta una mera consultazione degli atti da parte degli amministratori, i quali, in conclusione della stessa, hanno inteso finanziare l'elenco che risulta allegato alla delibera di giunta n. 247 del 20 agosto 1997;
il comune di Montemiletto (Avellino), con delibera consiliare n. 5 dell'11 febbraio 2000 stabiliva i sub-criteri per l'assegnazione di contributi in applicazione della legge n. 32 del 1992; al punto 4 di detti sub-criteri si prescrive che il soggetto richiedente il contributo doveva avere la residenza nell'abitazione danneggiata all'epoca del sisma (23 novembre 1980) e alla data di entrata in vigore della legge n. 32 del 1992, che ha stanziato le relative provvidenze (13 febbraio 1992); che tale sub-criterio di fatto obbligava il proprietario di un alloggio terremotato ad abitare fino al 1992 in un alloggio pericolante;
nella sopra richiamata delibera consiliare si legge che l'intero importo disponibile di lire 6.650.000.000 dovrà essere utilizzato esclusivamente per l'assegnazione di nuovi contributi ai soggetti richiedenti classificabili in priorità «b» prevista dalla legge n. 32 del 1992, articolo 3, comma 2, precisando che le priorità «a» del medesimo articolo, sono già state tutte finanziate e che tutte le domande presentate entro il 31 marzo 1984 sono state anch'esse tutte finanziate;
a seguito di detta delibera, l'ufficio tecnico comunale di Montemiletto comunicava i sub-criteri ai vari richiedenti il contributo per la ricostruzione, precisando che la mancanza di uno dei requisiti fissati nei sub-criteri comportava la esclusione dalla graduatoria;
si tratta di requisiti arbitrari che sono stati individuati dal consiglio comunale di Montemiletto in contrasto con le disposizioni di cui alla legge n. 32 del 1992; che la normativa in vigore prevede alcuni criteri per individuare le priorità che non ammettono deroghe; non esiste nessuna disposizione che prevede il possesso della residenza in un determinato periodo come elemento indispensabile per ottenere il contributo;
l'anomala concessione dei contributi per la ricostruzione attuata dal Comune di Montemiletto (Avellino), attuata in mancanza di una graduatoria degli aventi diritto veniva accertata dal consulente tecnico
il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avellino con l'ordinanza sopracitata del 20 gennaio 2000 ordinava al pubblico ministero entro sei mesi dalla comunicazione della sopra chiamata ordinanza il compimento delle indagini relative alla concessione di contributi in mancanza di una graduatoria dei possibili aventi diritto, il tutto al fine di accertare la sussistenza o meno della denunciata ipotesi di cui all'articolo 323 del codice penale, nei confronti del sindaco e della giunta di Montemiletto;
il consulente tecnico nominato dal pubblico ministero, a luglio 2000, non aveva ancora consegnato la propria consulenza, tanto da non permettere il compimento delle indagini nei mesi indicati dal giudice per le indagini preliminari con l'ordinanza prima citata;
il protrarsi delle indagini e la conseguente mancata definizione dell'ipotesi di reato di cui all'articolo 323 del codice penale nei confronti del sindaco e della giunta di Montemiletto ha indotto l'ufficio tecnico del comune di Montemiletto a continuare ad elargire somme ai contribuenti del terremoto senza alcuna graduatoria degli aventi diritto;
il dirigente generale del Ministero dei lavori pubblici dottoressa Bozzi ha richiesto al comune di Montemiletto l'elenco completo delle pratiche anomale, purché periodicamente finanziata, fornita dei requisiti di priorità a) e b) dell'articolo 3 della legge n. 32 del 1992;
la procura della Repubblica di Avellino ha concluso le indagini relativamente al procedimento penale n. 447 del 1998 e 420 del 1999 GIP a carico del sindaco e della giunta di Montemiletto (Avellino), ipotizzando i reati 323, 110 e 112 del codice penale per la violazione dell'articolo 3 della legge n. 32 del 1992;
la procura della Repubblica di Avellino ha ipotizzato per 51 cittadini di Montemiletto la concessione del contributo per la ricostruzione senza che gli stessi avessero presentato la dichiarazione relativa all'unicità abitativa;
quanto su citato è confermato dalle conclusioni delle indagini della procura della Repubblica di Avellino;
quanto attuato dal comune di Montemiletto sarebbe stato praticato da altri comuni irpini;
il sindaco di Montemiletto e l'intera giunta comunale sono stati rinviati a giudizio per avere commesso irregolarità nelle procedure di concessione dei contributi per la ricostruzione post-sisma del 1980, in violazione dell'articolo 3, comma 1 e comma 2 lettera B, della legge 32/1992;
il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino ha richiesto la costituzione di parte civile del Comune di Montemiletto e del Ministero delle infrastrutture;
la prima udienza è fissata per il 24 ottobre 2001 presso il Tribunale di Avellino -:
se intenda il ministro costituirsi parte civile nel procedimento penale su indicato;
se i contributi finora concessi siano stati destinati a cittadini che hanno presentato dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di unicità dell'abitazione, dell'attestazione del nesso di casualità tra sisma e danno, della precarietà abitativa e se detti beneficiari siano inclusi nell'apposita graduatoria affissa all'albo pretorio;
quanti finanziamenti siano stati concessi e se tutti i cittadini con priorità a) abbiano ottenuto il contributo;
se sia legittimo e lecito emettere la determinazione del contributo senza la copertura finanziaria, come è il caso del
se sia legittima la graduatoria allegata alla delibera di giunta n. 247 del 20 agosto 1997;
quali atti il ministero dei lavori pubblici abbia predisposto nei confronti del comune di Montemiletto;
se tutti i comuni irpini dichiaratisi terremotati abbiano rispettato pedissequamente i criteri prescritti dall'articolo 3 della legge n. 32 del 1992;
i motivi per i quali le indagini indicate dal giudice per le indagini preliminari non sono state completate entro i sei mesi, relativamente al procedimento n. 420/99 Reg-GIP;
quali atti siano stati compiuti per bloccare la concessione di contributi in mancanza della graduatoria degli aventi diritto prescritta per legge;
se i comuni irpini terremotati abbiano agito nel rispetto dell'articolo 3 della legge n. 32 del 1992, tanto da permettere la definizione dei finanziamenti necessari per completare la ricostruzione privata;
a quanto ammontino i finanziamenti statali per la ricostruzione non spesi dai comuni irpini e quali motivi impediscano la concessione ai cittadini aventi diritto di detti finanziamenti;
se sia stato dato riscontro alle richieste ministeriali della dottoressa Bozzi da parte del comune di Montemiletto.
(4-00852)
Il comune di Montemiletto, attraverso l'ufficio tecnico responsabile a seguito della «Riforma Bassanini», ha trasmesso - analogamente agli altri comuni interessati - tale elenco attestando l'unicità di abitazione e l'esigenza abitativa di tutti i soggetti ivi inclusi.
Tutti i decreti di contributo concessi senza copertura finanziaria antecedente alla legge n. 32 del 1992, segnalati dai comuni sulle apposite schede predisposte dal ministero, interrogato ancorché derivanti da procedure irregolari, sono stati interamente finanziati dal CIPE.
Ai sensi della delibera CIPE 11 ottobre 1994, articolo 3 secondo capoverso, i comuni possono tuttora utilizzare i fondi assegnati per ineludibili pagamenti connessi a impegni assunti antecedentemente alla legge n. 32 del 1992.
Per quanto riguarda i contributi finanziati in misura parziale dal comune di Montemiletto, lo stesso comune ha confermato di attenersi alle direttive del ministero interrogato.
Sulla base dell'istruttoria svolta, sono state assegnate ulteriori risorse ai comuni interessati, con la delibera CIPE 4 aprile 2001, e con la recente delibera del 23 dicembre 2003, predisposta d'intesa con la regione Campania, che aveva svolto al riguardo una propria analoga istruttoria.
I fondi assegnati ai sensi della legge n. 32 del 1992, risultano tutti in corso di erogazione agli aventi titolo da parte dei comuni.
Il ministero interrogato non è informato degli sviluppi del procedimento penale in corso in relazione al quale non risultano competenze del ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il servizio ispettivo del ministero interrogato, con nota n. 2433 in data 28 ottobre 2002, ha richiesto il parere circa la costituzione di parte civile.
Al riguardo il ministero interrogato, in linea con analoghe precedenti situazioni e confortato dal parere dell'Avvocatura dello Stato, non ha ritenuto di doversi costituire parte civile.
Qualora, infatti, dal procedimento penale risultasse l'indebita erogazione di contributi, i relativi fondi dovrebbero rientrare nel bilancio dell'amministrazione comunale interessata, su iniziativa del sindaco, con procedure di cui al regio decreto n. 639 del
Nella fattispecie, in particolare, il fabbisogno accertato per la ricostruzione è di gran lunga superiore ai fondi finora assegnati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
il mancato inizio dei lavori per la realizzazione della strada statale 514 «Licodia Eubea-Libertinia» in provincia di Catania, uno dei più importanti progetti per la viabilità del Mezzogiorno, desta viva preoccupazione e senso di abbandono nei sentimenti della cittadinanza locale e degli amministratori locali;
tale problema era già stato oggetto dell'interrogazione parlamentare a risposta scritta 4-02509 del 19 marzo 2002, a seguito della quale il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti onorevole Ugo Martinat rispose che: «I lavori relativi alla strada a scorrimento veloce Licodia Eubea-Libertinia, già precedentemente appaltati, non sono stati avviati in quanto l'ente Anas, a seguito di norme regolamentari sopravvenute, si è trovato nella necessità di acquisire ulteriori pareri presso gli enti locali. Ciò ha comportato l'esigenza di aggiornare il progetto esecutivo in ottemperanza alle prescrizioni contenute nei pareri espressi dai predetti enti locali. L'ente stradale ritiene che entro il mese di settembre 2002 si potrà disporre del progetto esecutivo aggiornato e, quindi, dare inizio ai lavori»;
tale ultimo termine è stato abbondantemente superato, ma dell'effettivo via libera ai lavori non vi è nemmeno l'ombra -:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno sollecitare l'Anas al fine di conoscere più dettagliatamente le reali difficoltà che bloccano l'inizio dei lavori;
se il Ministro interrogato ritenga opportuno adoperarsi presso l'Anas affinché siano rimosse le difficoltà che impediscono l'inizio dei lavori della Licodia Eubea-Libertinia.
(4-09775)
I lavori relativi al suddetto tratto di strada erano originariamente suddivisi in sette stralci e sette distinti appalti. Tali lavori non sono mai stati consegnati alle imprese aggiudicatarie in quanto è stato reso necessario l'adeguamento progettuale per via di normative intervenute e di prescrizioni imposte dai vari enti deputati alla tutela del territorio e dei beni ambientali e paesaggistici.
La società stradale fa conoscere che detto adeguamento progettuale è stato affidato a seguito di gara pubblica ad un raggruppamento temporaneo di società di ingegneria (BONIFICA spa CO.RE Ingegneria, STI, AST Sistemi) ed il relativo incarico affidato il 3 luglio 2002 con scadenza per il suo completamento al 30 ottobre 2003.
Nel corso di tale attività sono emerse variazioni comportanti modifiche sostanziali nella natura ed essenza dell'opera le quali hanno determinato l'opportunità di rinunciare ai sette distinti progetti, redigendo invece il progetto esecutivo in un lotto unico.
L'ANAS fa presente che per le ragioni di cui sopra e per le difficoltà progettuali emerse nell'iter degli studi, il termine previsto per l'ultimazione dell'adeguamento progettuale ha subito pertanto delle dilazioni.
Il progettista ha dovuto rielaborare alcune delle parti descrittive e tutti gli elaborati tecnico-contabili dei sette stralci per poterli riunire in un progetto unico.
La consegna degli elaborati revisionati in funzione del lotto unico è stata completata nel mese di ottobre 2003.
La società stradale rende noto che le attività di verifica previste dalle norme in vigore, peraltro ancora in fase di completamento, hanno tuttavia evidenziato alcune incongruenze ed insufficienze del progetto risultato non pienamente rispondente al livello contrattualmente richiesto.
Il progettista pertanto si è impegnato a rivisitare il progetto recependo tutte le osservazioni sino ad oggi evidenziate.
L'ANAS ritiene, infine, di poter prevedere una conclusione dell'intero iter di validazione ed approvazione entro il terzo trimestre di quest'anno con possibile cantierizzazione dell'opera entro il 2004.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
tra la società Autostrada Milano-Torino spa e l'Azienda nazionale autonoma delle strade, sussistono le seguenti convenzioni: convenzione n. 287 del 30 novembre 1929, convenzione n. 3023 del 21 giugno 1956, convenzione n. 5065 del 28 marzo 1962, convenzione n. 13546 del 12 aprile 1974, atto aggiuntivo n. 18763 del 10 ottobre 1986, convenzione aggiuntiva n. 19177 del 27 ottobre 1987, convenzione n. 19777 del 20 luglio 1989, revisione di convenzione in data 28 luglio 1999 decreto ministero dei lavori pubblici n. 305 del 27 dicembre 1999;
dalla convenzione in data 20 luglio 1989 rep. 1977 si riscontra che: in data 4 giugno 1984 e in data 29 gennaio 1985 che la società Autostrade Milano-Torino spa ha presentato richiesta di proroga di anni quindici della durata di concessione, con adeguamento del pedaggio, al fine di procedere in regime di autofinanziamento all'esecuzione di importanti lavori di adeguamento della piattaforma autostradale agli standard imposti dalla normativa Cnr nonché dei lavori connessi e conseguenti ovvero: adeguamento e ristrutturazione dei sovrappassi, degli svincoli e delle stazioni dell'autostrada, adozione e installazione di dispositivi e impianti intesi a migliorare e mantenere nel tempo un elevato livello del servizio reso all'utenza a mezzo delle più aggiornate tecnologie di guida. Stante la dichiarata urgente necessità di adeguare l'asse autostradale e le infrastrutture in quanto «i volumi e le caratteristiche dei traffici che già attualmente insistono sulla infrastruttura rivestono carattere di necessità ed urgenza», come recita il punto IV della convenzione sopra citata, il tutto per un importo di lire 509.705 milioni.
Nonché in compartecipazione di spesa con gli enti interessati la progettazione e il realizzo di vari raccordi autostradali tra cui, il raccordo autostradale per Malpensa e la variante strada statale n. 341, di chilometri 22.4 + 9.5 per complessivi 203.570 milioni, oltre a 16.000 milioni per la tratta tra le progressive chilometri 3,5 e chilometri 5,6, più raccordo autostradale ad est di Chivasso, più asse autostradale gronda nord di Milano, opere di completamento inserite nel piano decennale della viabilità di grande comunicazione del decreto ministeriale 30 maggio 1986, n. 257.
Che con decreto interministeriale del 26 marzo 1990, n. 1886 è assentita la costruzione e l'esercizio delle seguenti opere: asse di penetrazione in Torino, del raccordo di Chivasso per lire 46 miliardi per Chivasso, per il raccordo per Malpensa lire 50 + 20 miliardi, nonché adeguamento delle tariffe chilometriche ai sensi del piano finanziario aggiornato.
Che con decreto interministeriale del 21 gennaio 1992, n. 2470 si autorizzava il progetto esecutivo per il raccordo Novara-Malpensa come già approvato in data 27 marzo e 12 luglio 1991 in conferenza dei servizi ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 205 del 1989, si garantiva la copertura finanziaria stanziando lire 70.000.000.000 da parte Anas, e si poneva la data limite di consegna dei lavori entro e non oltre il 30 agosto 1992 con relative penali.
Che la convenzione 28 luglio 1999 sostituisce totalmente la precedente convenzione del 1977 del 20 luglio 1989 e dei suoi atti aggiuntivi, che detta nuova convenzione disciplina nuovamente la costruzione e l'esercizio delle seguenti autostrade già assentite: A4 Milano-Torino, nonché le opere realizzate in forza del decreto-legge n. 121 del 1 aprile 1989, convertito in legge n. 205 del 29 maggio 1989 e della legge 23 agosto 1988, n. 373; ovvero raccordo est Chivasso tra A4 e la strada statale 11, lotto 1 e lotto 2, raccordo Novara A4 Malpensa e variante alla strada statale 341 -:
a) quante e quali opere sono state effettivamente realizzate in totale autofinanziamento a carico del concessionario, quante e quali in concorso finanziario con l'Anas o con altri enti pubblici, relativamente al tratto autostradale Milano-Torino, durante il corso della validità delle convenzioni richiamate in premessa;
b) quanto a titolo di canone, calcolato in percentuale sugli introiti netti derivati dal pedaggio è stato corrisposto allo Stato;
c) le attuali opere in corso di realizzazione inerenti al rifacimento e all'adeguamento delle strutture autostradali, viadotti, svincoli autostradali, caselli a pedaggio, aree di servizio, adeguamenti dell'asse autostradale, opere idriche, da quale ente o società sono attuate, e con quali finanziamenti;
d) per quale motivazione l'Anas, non abbia prontamente richiesto, il realizzo delle opere di adeguamento delle strutture viarie sull'asse autostradale in oggetto, anche se in convenzione dichiarate «urgenti e improcrastinabili» nonché, secondo l'interrogante, pretesto di una nuova convenzione e proroga di scadenza, e se ne ha autorizzato il rinvio per quali motivazioni;
e) il previsto, progettato e finanziato collegamento autostradale Novara-Malpensa, per quali motivazioni non è stato realizzato, quando e se ne è prevista la realizzazione, quale autorità ne ha autorizzato la non esecuzione, i finanziamenti pubblici stanziati per l'opera sono tuttora integralmente a disposizione, se diversamente utilizzati a fronte di quale atto deliberativo;
f) quali e quante rimesse finanziarie sono state accreditate alla società Autostrade Milano-Torino spa da parte dello Stato o/e Anas ed a quale titolo;
g) quando l'utenza della Milano-Torino potrà fruire di un asse autostradale adeguato alle normative, Cnr di un livello del pedaggio adeguato a livelli di qualità superiori, quando potrà essere garantito un adeguato livello di sicurezza della viabilità, quanti incidenti sono occorsi agli utenti a causa delle caratteristiche non ottimali dell'asse autostradale, ovvero a cause di corsie di larghezza non a norma solo ml 3 anziché i 3,50 prescritti, o cause di viadotti con parti prospettanti sulle carreggiate non ad altezza prescritta, garde rail non adeguati, inefficaci e pericolosi, fondo irregolare con facilità di formazione di pozze d'acqua, estrema rarefazione delle zone di sosta di emergenza lungo l'asse autostradale (una ogni 400 metri circa) mancanza della corsia di emergenza, carenza di segnaletica orizzontale e verticale eccetera, quante azioni civili o/e penali sono in itinere per le motivazioni richiamate, in quanti verbali di constatazione di incidente stradale redatti dalla polizia stradale si fa riferimento alle cattive condizioni dell'asse viario.
(4-07500)
La Società Autostrada Torino-Milano prima della stipula della convenzione del 27 dicembre 1999, revisionata ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, efficace dal 10 marzo 2000, aveva sottoscritto con l'ANAS in data 20 luglio 1989, n. 1977, un atto convenzionale che prevedeva la realizzazione di diversi interventi inseriti in apposito piano finanziario.
L'equilibrio del piano stesso veniva garantito da calibrate manovre tariffarie
Le previsioni tariffarie dei predetti atti convenzionali rimanevano, comunque, inattuate per i noti blocchi conseguenti all'amministratività dei pedaggi autostradali, a fini antinflattivi, introdotta fin dal 1984 ed operativa fino all'entrata in vigore nel marzo 2000 dei predetti nuovi atti convenzionali.
Pertanto, riferisce la società stradale, il programma di interventi non poteva essere rispettato a causa del venir meno di uno degli elementi essenziali del piano, a garanzia dell'equilibrio della concessione, che è poi sfociato in un ingente contenzioso con ANAS.
In sede di revisione dei predetti strumenti convenzionali della Società Torino-Milano conclusasi nel marzo 2000, è stato risolto transattivamente, come previsto dalle direttive del CIPE e dalla direttiva interministeriale 20 ottobre 1998, n. 283 «Costa-Ciampi», il problema del contenzioso tariffario ed è stato, contestualmente, imposto alla stessa Società di realizzare l'intero programma di ammodernamento dell'autostrada in concessione.
La rigida applicazione dei criteri stabiliti dalla citata direttiva «Costa-Ciampi», per la soluzione del pregresso contenzioso tariffario, ha condotto ad una proroga della concessione della Torino-Milano spa.
L'ANAS rende noto che il nuovo programma di ammodernamento, rispetto alle precedenti previsioni, ha subito delle integrazioni di intervento dovute anche all'armonizzazione dell'infrastruttura con le opere dell'Alta velocità ferroviaria, che hanno comportato maggiori necessità finanziarie, cui far fronte anche attraverso aumenti di capitale sociale.
L'ammortamento degli investimenti complessivi dell'ultimo piano finanziario è consentito dalla possibilità di realizzare lo stesso entro la nuova scadenza della concessione scaturita dalla predetta transazione, fermo restando che nessuna proroga è stata riconosciuta alla Società Torino-Milano a sostegno degli ulteriori fabbisogni.
La predetta convenzione disciplina la concessione alla Società Torino Milano spa delle seguenti opere: 1) autostrada A/4 Torino-Milano chilometri 127; 2) raccordo autostradale ad Est di Chivasso 1 tronco lotto 1, estesa chilometri 5+203; 3) raccordo autostradale ad Est di Chivasso 1 tronco lotto 2, variante alla strada statale 21-bis, estesa chilometri 5+054; 4) il raccordo Novara (A4)-Malpensa e variante alla strada statale n. 341, 1 tronco funzionale, estesa Km. 11+129;
Inoltre, nell'ambito del rapporto di concessione sono stati previsti i seguenti interventi: ammodernamento e adeguamento dell'autostrada Torino Milano; costruzione di una nuova caserma di Pubblica Sicurezza in comune di Novara.
Per quanto riguarda gli interventi previsti nella convenzione vigente, l'ANAS fa presente che essi sono stati o verranno realizzati dalla Società in autofinanziamento ad eccezione di:
a) raccordo Novara-Malpensa per il quale venne stanziato un contributo dell'ANAS pari ad euro 36.151.982,94, su un investimento complessivo di oltre 67 milioni di euro. L'opera è stata realizzata ed aperta al traffico dal 1999. Al riguardo, si precisa che la prosecuzione del raccordo fino all'aeroporto intercontinentale di Malpensa non è mai stata prevista nei piani finanziari della Società Torino Milano oggetto di convenzione con l'Anas. Per quanto attiene ai contributi stanziati per il suddetto raccordo, si fa presente che ad oggi sono stati erogati euro 27.973.566,07. Nel corso dell'anno 2004 si prevede un saldo pari ad euro 6.015.852,50 a fronte di un residuo di contributo disponibile pari ad euro 8.178.416,86; Intervento già effettuato;
b) raccordo autostradale ad Est di Chivasso, 1 tronco lotto 1, per il quale sono stati previsti contributi dell'Anas e della Regione Piemonte per un totale di euro 14.977.250,00 su un investimento complessivo di euro 28.921.586,00; Intervento già effettuato;
c) opere di interesse locale per le quali sono stati stanziati e corrisposti minimi
L'ANAS fa conoscere, inoltre, che l'entrata in vigore della legge 24 dicembre 1993, n. 537, articolo 10 ha istituito il canone di concessione per tutto il Settore Autostradale. Pertanto, la Società Autostrada Torino Milano - ASTM ha versato, come stabilito, un canone di concessione calcolato sugli introiti netti da pedaggio nella misura dello 0,50 per cento dal 1994 al 1996 e successivamente dal 1997 in poi nella misura dell'1 per cento.
Nell'allegata tabella a) redatta dall'ANAS sono riportati i predetti canoni dall'anno 1994 al 2002, ultimo bilancio disponibile.
Sempre l'ANAS informa, altresì, che gli interventi di ammodernamento ed adeguamento dell'Autostrada, contenuti nell'ambito degli investimenti previsti nel Piano Finanziario allegato alla Convenzione di concessione con ANAS, hanno potuto essere concretamente programmati solo dopo il marzo 2000, allorquando la vigente convenzione registrata presso la Corte dei conti è divenuta operativa. Immediatamente, la ASTM bandiva una licitazione internazionale per la scelta del progettista, terminando la fase approvativa in Conferenza di Servizi del tronco Torino-Novara nell'aprile 2002.
Effettuata la progettazione esecutiva e stipulate con le associazioni degli agricoltori le necessarie convenzioni per poter procedere alle occupazioni dei terreni necessari all'allargamento, alle fine dell'estate 2002 la Società inviava ad ANAS il progetto del primo lotto presso Santhià che, ricevute le necessarie approvazioni in tempi ristrettissimi, poteva vedere il suo inizio a novembre 2002.
Ad oggi, i lavori in questione sono in fase di esecuzione essendo stati approvati ed in fase di cantierizzazione progetti per circa 90 Km. (da Torino a Novara est).
Il termine di tutti gli interventi da Torino a Novara si prevede per la fine del 2006, assicurando comunque la percorribilità dell'Autostrada ammodernata, anche per i lotti funzionali, in concomitanza con lo svolgimento delle Olimpiadi invernali del febbraio 2006.
La ASTM provvederà in autofinanziamento a coprire i fabbisogni finanziari dell'opera.
L'ANAS fa presente, infine, che gli incidenti stradali constatati dalla Polizia stradale sulla tratta autostradale di competenza della Torino Milano, nel periodo 1999-2002 hanno registrato una flessione sia per quanto riguarda il numero totale di incidenti sia per quanto riguarda gli incidenti con conseguenze alle persone, a fronte, peraltro, di un consistente aumento dei transiti.
Inoltre, nel corso del 2003 il numero totale di incidenti ha subito un'ulteriore riduzione del 25 per cento rispetto all'anno precedente. Tale riduzione è imputabile anche al limite di velocità di 110 Km orari, disposto tra Torino e Novara est onde garantire condizioni di maggior sicurezza per l'utenza, in considerazione dei numerosi cantieri aperti nella tratta sopraddetta.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
le Compagnie di assicurazione hanno annunciato di diminuire il costo delle polizze Rca di appena il 4 per cento, dopo avere praticato per anni aumenti superiori al 50 per cento in alcuni casi e oltre il 100 per cento in altri;
si sa che gli incidenti stradali sono notevolmente diminuiti, quindi gli esborsi sono calati di almeno il 50 per cento, appare quindi scandaloso e provocatorio diminuire di appena il 4 per cento le polizze assicurazioni auto -:
se il Governo intenda adottare iniziative anche di natura normativa dirette a determinare un abbassamento delle tariffe Rca.
(4-09270)
Si precisa che è stato anche emanato il regolamento in materia di accesso ai dati delle imprese di assicurazione, in attuazione dell'articolo 3 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (decreto ministeriale 20 febbraio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 marzo 2004).
È stata poi elaborata, da parte dell'apposito comitato di esperti della materia assicurativa, la stesura definitiva del codice delle assicurazioni che diventerà la base normativa di riferimento per gli utenti del settore, semplificandone notevolmente la consultazione, tenuto anche conto che nello stesso codice sono inserite nuove norme per il miglioramento della disciplina del settore. Tale stesura definitiva sarà diramata in tempi brevi.
Inoltre, come previsto dall'articolo 21 della predetta legge n. 273 del 2002, è stato istituito nel mese di luglio 2003 il Comitato di esperti in materia di assicurazione RCAuto che sta svolgendo la propria funzione di osservare l'andamento degli incrementi tariffari praticati dalle imprese di assicurazione operanti sul territorio della Repubblica, valutando in particolare le differenze tariffarie applicate nelle differenti aree geografiche e con particolare riferimento alle tariffe applicate agli assicurati che non abbiano denunciato incidenti nel corso dell'anno.
Detto Comitato ha fornito nel corso del mese di aprile 2004 un primo rapporto sull'andamento delle tariffe RCAuto nel periodo dal primo trimestre 2001 al primo trimestre 2004, elaborato sulla base dei dati forniti dall'ISVAP e dall'ISTAT.
Detto rapporto evidenzia come, dopo incrementi tariffari eccezionali relativi al periodo da aprile 2001 a dicembre 2002 e a seguito degli interventi del Governo miranti a contenere i costi delle tariffe del settore e a migliorarne la trasparenza, si siano registrati effetti positivi nella forma di una netta diminuzione dei tassi di variazione delle tariffe in questione a partire dall'inizio del 2003.
Secondo il citato rapporto il mercato appare attualmente orientato verso incrementi molto contenuti e inferiori al tasso di inflazione, secondo una tendenza anche giustificata dalla diminuzione tendenziale dei sinistri, anche a seguito dell'introduzione della patente a punti.
È infine da ricordare che nel corso del mese di maggio 2003 il Governo, l'ANIA e le Associazioni dei consumatori hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa per un contenimento generale delle tariffe RCAuto.
Come già evidenziato le parti stanno procedendo all'attuazione degli impegni assunti che, per quanto concerne le imprese di assicurazione, si sta concretizzando nella predetta riduzione degli incrementi tariffari.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
il comando generale delle capitanerie di porto dipende dallo Stato Maggiore della Marina e dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le sole funzioni amministrative;
il personale civile impiegato negli uffici marittimi periferici è dipendente
tale subalternità limita la professionalità e preclude la carriera del personale civile;
la convivenza tra le due componenti militare e civile causa conflittualità e dualismo difficilmente gestibile con criteri di obiettività;
il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato processi di riqualificazione del personale che sono stati espletati con notevole dispendio di risorse -:
se non sia opportuno riesaminare i problemi del personale civile operante nelle Capitanerie di Porto;
se non si ritenga di dover istituire gli uffici marittimi, come previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, separando e costituendo i rispettivi ruoli;
quali siano le motivazioni del mancato adeguamento delle posizioni di carriera del personale a seguito dei processi di riqualificazione;
quale iter deve seguire il personale per poter ottenere il rinnovo delle tessere di polizia giudiziaria per la pesca marittima.
(4-07544)
A tal riguardo, si fa presente che in sede di stesura dei precitati decreti ministeriali, verrà rivisitata la situazione delle Capitanerie di porto per quanto attiene, in particolare, alle problematiche relative all'impiego di personale civile operante negli uffici marittimi periferici.
Pertanto, anche la questione relativa al non corretto espletamento delle procedure di partecipazione sindacale nell'ambito dell'emanazione della «Direttiva per l'organizzazione interna dei servizi relativi agli uffici marittimi periferici retti dal personale del corpo delle capitanerie di porto» del luglio 2001, è da considerarsi superata e, conseguentemente, il richiesto incontro con i sindacati verrà rinviato al momento in cui verrà attivata la concertazione sui citati decreti di organizzazione degli uffici.
A riguardo, in tal sede, dovrà altresì essere valutata la nuova situazione che si verrà a creare negli uffici marittimi, a seguito della riqualificazione del personale civile che comporterà la presenza di qualifiche anche a livello apicale in uffici tradizionalmente diretti da personale militare.
Infatti, tali processi di riqualificazione del personale dell'ex ministero dei trasporti e della navigazione sono stati contrattati nel luglio 2000, con le organizzazioni sindacali, in sede di contrattazione collettiva integrativa. Per tale finalità è stata destinata una parte del fondo unico di amministrazione le cui risorse, com'è noto, il contratto collettivo nazionale di lavoro ha finalizzato espressamente per finanziare gli incentivi di carattere economico da corrispondere al personale.
Per quanto concerne lo stato attuale di tali processi di riqualificazione, si fa presente che sono state pubblicate le graduatorie definitive e che l'inquadramento del personale, inserito utilmente nelle relative graduatorie, avverrà entro il mese di maggio del corrente anno.
Per quanto riguarda l'assoggettamento del personale civile all'ordinamento militare il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, cui sono state richieste informazioni, rappresenta che gli impiegati civili sono inquadrati negli uffici delle Capitanerie di porto secondo una destinazione che è frutto di una concertazione decentrata, con la partecipazione dei sindacati, con la quale vengono assegnati gli incarichi presso le sezioni; in tal modo viene tenuto conto del titolo di studio posseduto, dell'esperienza lavorativa maturata, della vocazione professionale, delle aspettative funzionali dell'impiegato.
Il ruolo degli impiegati civili, a detta dell'autorità marittima, quindi, non viene relegato in posizioni secondarie e mortificato: infatti, molte posizioni di capo sezione di diverse Capitanerie di porto sono ricoperte da personale civile.
Negli uffici ove viene svolta prevalentemente attività amministrativa il rapporto di lavoro delle diverse figure professionali sia civili che militari, come in altre amministrazioni, è basato su criteri funzionali con la suddivisione di carichi di lavoro e tramite un'azione di coordinamento dei dirigenti-titolari dell'ufficio, a similitudine di tutti gli uffici pubblici ove esiste un'organizzazione gerarchica del resto anch'essa disciplinata dal diritto amministrativo.
Lo svolgimento dell'azione amministrativa, peraltro, è soggetto alla sola sovranità della legge e valorizzare la professionalità e le capacità di tutto il personale è responsabilità che grava su chi assume l'incarico di dirigente, nell'interesse proprio e dell'amministrazione che rappresenta, fermo restando che la progressione delle carriere non dipende dalla discrezionalità del comandante della capitaneria di porto, ma dai requisiti del lavoratore a cui non deve difettare un titolo di studio adeguato.
In concreto, nell'assegnazione degli incarichi al personale, viene rilevata la posizione lavorativa connessa ai livelli funzionali; ne segue che il personale militare in possesso di laurea e con adeguata anzianità di servizio non può non rivestire un incarico di rilievo, rispetto a chi non detiene i corrispondenti titoli.
Il comando generale delle Capitanerie di porto evidenzia altresì che gli ufficiali devono necessariamente accrescere, con diversi cambi di incarico, la loro preparazione professionale in vista dell'assunzione della titolarità degli uffici marittimi espressamente prevista dal codice della navigazione in capo al personale dello stesso corpo delle capitanerie di porto.
Per quanto invece attiene specificatamente la questione afferente il rinnovo delle tessere di polizia giudiziaria per la pesca, a suo tempo rilasciate dal soppresso ministero della marina mercantile, il comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto fa conoscere come le stesse non siano state più rinnovate a seguito della istituzione del soppresso ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali (attuale ministero per le politiche agricole e forestali), al quale furono attribuiti funzioni e compiti in materia di pesca ai sensi dell'articolo 2, comma 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 491.
Pertanto, la predetta Autorità Marittima fa presente che, allo stato attuale, il citato Dicastero ha predisposto gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla legge 7 marzo 2003, n. 38 sia in materia di modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, sia in materia di pesca marittima. Decreti per i quali il comando generale in oggetto ha fornito il proprio parere, in particolare per quanto riguarda gli aspetti connessi all'attività di vigilanza e controllo, proprie delle funzioni attribuitegli.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.
il 25 luglio 2000, il viadotto San Nicola, al km 514 + 350 della strada statale n. 16 «Adriatica» ha subìto gravi lesioni alle strutture portanti a causa dello scoppio di una bombola di gas abbandonata tra le sterpaglie che si sono incendiate;
il 19 giugno 2001, dopo parziale ristrutturazione e verifica statica, il viadotto è stato riaperto al solo transito dei mezzi di peso a pieno carico inferiore a 7,5 tonnellate;
i mezzi pesanti, dopo quattro anni dall'incidente, sono ancora costretti a pericolose inversioni di marcia effettuate sulle bretelle che collegano la statale «Adriatica» con la città di Vasto, causando in più occasioni incidenti e mettendo a costante grave rischio la sicurezza degli automobilisti;
in data 7 febbraio 2002 il viceministro onorevole Ugo Martinat con risposta scritta prot. 2292 ad un precedente atto ispettivo dell'interrogante del 7 novembre 2001 affermava testualmente:
«L'Ente (ANAS) riferisce che per il completamento dei lavori di ripristino delle opere in elevazione danneggiate dall'incendio sono stimati ulteriori interventi per l'importo di lire 600 milioni, in fase istruttoria. L'ANAS, comunque, fa presente che l'opera d'arte in questione necessita di un adeguamento strutturale, per la riqualificazione ai sensi delle vigenti normative, per il quale sarà necessario individuare la necessaria copertura finanziaria»;
frattempo, un movimento franoso interessa la stessa SS 16 a poche centinaia di metri a nord del ponte San Nicola, riducendo in modo pericoloso l'ampiezza della carreggiata ed aumentando i rischi per chi percorre questa arteria di livello nazionale ed internazionale, unico collegamento nord-sud alternativo all'autostrada A14 sul versante Adriatico -:
cosa è stato fatto, dal 7 febbraio 2002 ad oggi, per individuare le risorse necessarie e per mettere a norma il ponte San Nicola come necessità espressamente dichiarata dall'ANAS;
cosa intende fare il Governo ed in quali tempi per affrontare e risolvere anche il problema creato dal movimento franoso a nord del ponte San Nicola in località Vasto.
(4-08604)
È, inoltre, attualmente in corso di redazione una perizia per lavori di adeguamento strutturale del suddetto viadotto San Nicola, a valere sui fondi a disposizione del competente Compartimento dell'ANAS.
In ordine al problema creato dal movimento franoso a nord del viadotto San Nicola lungo la strada statale n. 16 «Adriatica», la società stradale informa che la soluzione tecnica già individuata sarà valutata nell'ambito del programma di miglioramento della sicurezza stradale di cui all'articolo 5 della legge n. 166 del 2002.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
se non ritenga particolarmente oneroso l'aumento dei pedaggi che ha ultimamente interessato l'autostrada A/24 «Roma-L'Aquila», gestita dalla società Autostrada dei Parchi;
se corrisponda al vero che siano lievitati di oltre il 20 per cento;
se corrisponda al vero che gli stessi, come sostenuto da alcune associazioni di consumatori (Italia Oggi, 6 gennaio 2004), siano nulli «perché sprovvisti dell'autorizzazione ministeriale»;
se l'aumento, come ipotizzato, sia finalizzato ad aumentare gli standard di sicurezza sull'autostrada;
se non ritenga che tale obiettivo non possa essere scaricato sulle tasche degli utenti attraverso l'imposizione di una sorta di nuovo tributo;
se non ritenga che i rincari penalizzino oltremodo le economie locali ed i loro programmi di sviluppo;
quale sia il ruolo dell'Anas in questa vicenda;
se non si ritenga opportuno procedere alla revisione del meccanismo previsto per l'adeguamento delle tariffe;
se l'Anas abbia compiutamente vigilato rispetto al regolare svolgimento dei programmi d'investimento, da parte del gestore dell'A/24, mirati al miglioramento complessivo delle condizioni di sicurezza della rete;
quali siano le migliorie apportate, in tal senso, negli ultimi tre anni dalla società Autostrada dei Parchi;
quali iniziative urgenti intenda assumere perché siano soppressi gli aumenti in questione.
(4-08503)
Infatti, il concessionario della gestione delle autostrade A24 e A25, in sede di gara e come disciplinato dalla convenzione accedente alla concessione, ha assunto l'impegno di realizzare ingenti investimenti per l'adeguamento, il completamento delle tratte ed il miglioramento degli standard di sicurezza e della qualità del servizio offerti agli utenti.
Gli interventi previsti sono:
a) progettazione e realizzazione dei lavori di completamento dell'autostrada, seconda carreggiata, dalla progressiva km.ca 0+000 alla progressiva km.ca 5+474 del tronco Villa Vomano-Teramo, da realizzare negli anni 2002-2006, per un importo complessivo lordo di circa 74,8 milioni di euro;
b) adeguamento del tratto a tre corsie dell'autostrada A24, tra via Palmiro Togliatti e la barriera di Roma Est, compreso l'adeguamento della stazione di Lunghezza e l'armonizzazione con la viabilità ordinaria, da realizzare negli anni 2002-2006, per un importo complessivo lordo di circa 72,3 milioni di euro;
c) interventi di manutenzione straordinaria, previsti per tutta la durata della concessione, finalizzati ad elevare il servizio in termini di sicurezza, fluidità del traffico, per un importo complessivo di circa 179,2 milioni di euro;
d) investimenti per manutenzione ordinaria ammontanti complessivamente a circa 767,4 milioni di euro, previsti per tutta la durata della concessione con una spesa media annua di circa 25,8 milioni di euro.
Essa fa presente, inoltre, che detti pedaggi, sempre dal 1 gennaio 2003, e per gli anni successivi, sono incrementati dei sovrapprezzi di legge dovuti allo Stato ex articolo 15, comma 5, lettera b), della legge n. 531 del 1982, ed articolo 11, comma 2, della legge n. 407 del 1990, (l'equivalente in euro delle tre e nove lire sulle tariffe unitarie chilometriche rispettivamente dei mezzi leggeri e dei mezzi pesanti).
Tali sovrapprezzi fino al 31 dicembre 2002, non venivano applicati sulle tariffe delle autostrade in oggetto, in quanto la norma prevede che gli stessi siano esigibili solo per le autostrade in concessione.
L'ANAS fa presente, infine, che alle tariffe come sopra incrementate si aggiunge la percentuale dell'I.V.A. nella misura del 20 per cento ed il pedaggio finale viene arrotondato, come consentito, per agevolare le operazioni di esazione.
Anche con gli incrementi predetti, tenuto conto del basso livello delle tariffe in vigore fino al 31 dicembre 2002, non essendo state le stesse regolarmente adeguate per moltissimi anni, i pedaggi delle A24 ed A25 risultano di gran lunga inferiori rispetto a quelli adottati su tratte analoghe del resto della rete autostradale.
Comunque, riferisce l'ANAS, allo scopo di individuare soluzioni in grado di attenuare l'impatto delle nuove tariffe, sono iniziati confronti con le parti interessate, sentiti anche i rappresentanti degli enti locali.
A tal fine è stato avviato un tavolo di trattative finalizzate a verificare la possibilità che gli enti stessi possano farsi carico delle eventuali agevolazioni da accordare a
L'ANAS ha fatto inoltre osservare che la convenzione vigente con la concessionaria non consente, come per il resto della rete italiana, l'esenzione dal pedaggio in assenza di compensazioni definite tramite interventi di enti od organismi diversi.
Si fa presente, altresì, che nel caso specifico non sussiste un potere diretto di intervento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti o del Governo.
Nel caso in questione, difatti, le nuove tariffe nascono da un patto negoziale, concluso in esito ad una regolare gara di appalto e potrebbero essere ridotte solamente riducendo gli oneri del Concessionario, compresi gli investimenti previsti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
l'inquinamento acustico autostradale è un problema drammatico per la città di Genova, la cui popolazione è sempre più sensibile manifestando spesso la propria comprensibile esasperazione;
negli anni scorsi il Ministero dell'Ambiente ha costituito la «Commissione Caso Pilota Genova» che si riunisce di norma a Genova, ed è composta da Autostrade S.p.A. e dal Comune di Genova ed è presieduta da un rappresentante del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio;
nel corso dei lavori della Commissione, il Comune di Genova ha avanzato le proprie proposte di intervento per la mitigazione dell'inquinamento in città;
in seguito, Autostrade S.p.A. ha presentato una propria prima proposta di interventi che accoglie sostanzialmente le richieste del Comune di Genova, ma propone una tempistica realizzativa assolutamente inaccettabile e che, se presentata alla cittadinanza, viste le aspettative, rischia di provocare vere e proprie «tensioni sociali» in città) -:
se non intenda intervenire presso Autostrade S.p.A. affinché sia presentata una proposta di interventi profondamente diversa, che sostanzialmente preveda nel 2004 l'avvio - e possibilmente il completamento - almeno di un intervento prioritario per Circoscrizione: ciò rappresenterebbe un'inversione di tendenza significativa ed assolutamente necessaria in un anno importante quale il 2004.
(4-09233)
Nel mese di ottobre 2003 è stato presentato da Autostrade per l'Italia spa un piano in cui venivano accolte le richieste avanzate dal comune di Genova che soddisfacevano anche la necessità di avviare almeno un intervento prioritario per ogni circoscrizione interessata da attraversamenti autostradali.
La società stradale rende noto che il piano prevedeva entro l'anno 2004 i seguenti interventi:
a) ultimazione dei lavori di n. 2 interventi (A10 via Villini Rollino-A12 via Fontanarossa) nell'ambito delle Circoscrizioni VI Medio Ponente e III Valbisagno;
b) progettazione e inizio dei lavori di n. 4 interventi (A12 Marassi-A12 via Bobbio-A10 via Villini Negrone-A7 via Sibona/salita Bersaglio) relativamente alle Circoscrizioni III Valbisagno, IV Valbisagno, VII Ponente e V Valpolcevera;
c) progettazione definitiva di n. 2 interventi (A10 viadotto Molinassi-A10 Cantarena) relativi alla Circoscrizione VI Medio Ponente;
d) progettazione preliminare di n. 2 interventi (A7 Sampierdarena-A7 via Cambiaso) nelle Circoscrizioni II Centro ovest e V Valpolcevera.
L'ANAS informa che la situazione attuale rispetto al suddetto programma è la seguente: è stato ultimato l'intervento di via Villini Rollino; è stato affidato l'intervento sperimentale con finestre silenti autoventilanti di via Fontanarossa ed è in ultimazione il progetto esecutivo di via Bobbio; è stato affidato il progetto esecutivo di via Villini Negrone; sono in corso di affidamento le progettazioni esecutive degli altri interventi previsti nel 2004, rallentate dalle nuove procedure e dalle modifiche portate dalla recente normativa sui limiti accettabili per le strade esistenti.
La società stradale fa conoscere, altresì, che entro l'anno 2005 è previsto l'inizio dei due interventi di cui al punto c), il completamento della progettazione degli interventi di cui al punto d) e l'avvio della progettazione di ulteriori cinque interventi (A10 via Ventimiglia-A7 Bolzaneto-A10 villa Durazzo Paravicini/via Varenna-A10 Chiaravagna-A7 via della Pineta) relativi alle Circoscrizioni VII Ponente, V Valpolcevera, VI Medio Ponente.
L'ANAS fa presente, infine, che tali interventi hanno tenuto conto delle priorità individuate nell'ambito del piano di risanamento acustico dell'intera città di Genova.
Il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, per quanto di competenza, ha fatto conoscere che la legge vigente in materia di risanamenti acustici (decreto ministeriale 29 novembre 2000) prevede una tempistica ben precisa in relazione all'attuazione degli interventi di risanamento.
In particolare, per le infrastrutture di interesse nazionale o di più regioni, quali ad esempio le autostrade, è previsto per l'attuazione degli interventi di risanamento un tempo di 15 anni dall'approvazione del piano di risanamento. Gli interventi devono essere attuati in base ad una scala di priorità individuata da Autostrade spa in seguito all'applicazione di un meccanismo menzionato nell'allegato I al decreto ministeriale 29 novembre 2000.
Ciò premesso, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, nell'assicurare il proprio interessamento ad una rapida soluzione di tutte le problematiche emerse, si attiverà, per quanto di competenza, ad espletare l'attività di controllo sull'attuazione degli interventi attraverso la suddetta «Commissione Caso Pilota Genova», al fine di garantire interventi rapidi ed efficaci.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
come è noto la multinazionale Exide, pur avendo concordato con il ministero di mantenere in vita lo stabilimento di Casalnuovo, che tra l'altro risulta non in perdita, sta procedendo diversamente mettendo a repentaglio la posizione lavorativa di circa 200 dipendenti e disattendendo gli impegni assunti;
la stessa società ha considerevoli commesse pubbliche (Marina Militare e FS) -:
se il Ministro intenda intervenire in maniera rapida e decisa a salvaguardia dei livelli occupazionali dell'azienda in questione.
(4-09846)
Da questi incontri sono emerse le difficoltà in cui si dibatte l'azienda, che al di
Alla luce di tale rigida posizione il ministero delle attività produttive, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avviato una serie di incontri e di verifiche tecniche per individuare le reali opportunità di deindustrializzazione dell'area Exide.
In particolare sono state coinvolte l'ASI di Napoli e Sviluppo Italia-Aree Produttive, che hanno confermato il loro impegno ad avviare in tempi brevissimi una prima indagine conoscitiva delle citate aree, ai fini di una loro valorizzazione. La società Exide, da parte sua, ha dichiarato la propria disponibilità a concedere una prelazione gratuita per sei mesi e nel rispetto del parametro del valore di mercato delle aree ai soggetti pubblici che saranno individuati per consentire il riutilizzo delle stesse.
Il Governo, di concerto con la regione Campania, inoltre, ha ribadito l'impegno a mantenere aperto il tavolo di confronto e a definire e sostenere il piano complessivo di deindustrializzazione dell'area, anche attraverso l'utilizzo degli strumenti finanziari disponibili al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
il 24 marzo 2003 la Fiat comunica ufficialmente l'avvenuta vendita dell'intero Gruppo Toro - primario gruppo assicurativo italiano, presente in tutti i rami di attività in vari Paesi del mondo - comprese le compagnie estere e tutte le quote di partecipazione (Capitalia, Roma Vita e altre) alla De Agostini di Novara, vincitrice nella «gara» di acquisto rispetto alla cordata Hopa-Unipol, vendita perfezionata successivamente il 30 giugno scorso;
nell'ambito del perfezionamento della vendita, Capitalia esercita il suo diritto di opzione su Roma Vita e l'acquisisce totalmente;
da tale operazione potrebbe derivare un danno per Nuova Tirrena che, a tutt'oggi, gestisce un service per l'acquisizione di polizze vita per conto di Roma Vita e che si troverebbe in difficoltà se, a fronte di un'attività che «esce», non si vedesse assegnare altri «incarichi» realmente produttivi;
in pericolo potrebbero esserci circa 80 posti di lavoro, tutti su Roma, di cui 20 interinali, che da due anni lavorano nel settore;
dagli organi di informazione si apprende che la vendita procede, anche se con tempi più dilazionati, dal momento che l'Isvap ha dato un assenso «vincolato», non consentendo alla De Agostini di procedere ad una fusione fra Gruppo Toro ed una nuova società creata come veicolo dell'acquisizione e che materialmente avrebbe dovuto effettuare il pagamento;
tale fusione avrebbe consentito, alla De Agostini stessa, di abbattere rapidamente l'ammontare dei debiti contratti per la scalata al gruppo, attraverso le dismissioni già previste da Toro (riduzione della partecipazione in Capitalia, cessione Roma Vita e Continent);
successivamente alla fase in cui la Fiat ha deciso di vendere il Gruppo Toro per affrontare il finanziamento delle proprie attività industriali, decisione poi concretizzatasi con la cessione del gruppo stesso alla De Agostini, tutte le Rsa del
le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali sono aggravate dalle singole situazioni strutturali delle varie società del gruppo: Augusta (che gestisce un'attività di captive per la Fiat: acquisizione di polizze per acquisto auto Fiat), Lloyd Italico (dislocata a Genova, in una regione già provata da crisi specifiche), Nuova Tirrenia (con la direzione a Roma e dislocata prevalentemente nel centro sud);
il pericolo di tali vendite, che spesso si risolvono in mere operazioni finanziarie, è quello di depauperare sempre più territori già fortemente privati di attività produttive di alto livello, di estromettere dall'attività produttiva lavoratori che non sono più riassorbibili e di arricchire sempre più industriali senza troppi scrupoli che pensano unicamente al loro profitto -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per i propri ambiti di competenza, presso i soggetti interessati al fine di conoscere lo stato attuale delle cose e per capire se corrisponde a verità quanto riportato dagli organi di informazione riguardo al suddetto processo di vendita, proprio al fine di adoperarsi per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, tutelando così la dignità ed i diritti dei lavoratori, e per scongiurare qualunque ipotesi di ristrutturazione tendente ad operazioni di esuberi o a forzose fuoriuscite o a mobilità, mantenendo la dislocazione territoriale attuale di ogni azienda del gruppo, dei singoli addetti e valorizzando le professionalità dei lavoratori attualmente impiegati.
(4-06994)
Secondo quanto precisato dalla De Agostini, tale acquisizione si inserisce in un quadro di politica di sviluppo e di diversificazione verso aree industriali diverse che il gruppo, prevalentemente attivo nel settore editoriale, ha perseguito nell'ultimo biennio e che ha visto rafforzare ed ampliare le proprie attività anche in settori diversi da quello tipico.
In particolare, le finalità che la De Agostini spa si è proposta di perseguire con l'acquisizione della compagnia assicuratrice torinese possono così riassumersi:
a) sviluppare ulteriormente ed integrare la strategia di diversificazione industriale delle proprie attività facendo ingresso anche nel comparto assicurativo;
b) valorizzare in una prospettiva di lungo termine Toro Assicurazioni e le sue componenti manageriali ed occupazionali;
c) rafforzare ulteriormente la propria presenza industriale nella regione, e nella città di Torino (ove verrà mantenuta la sede e la direzione operativa di Toro Assicurazioni), già testimoniata dalla propria attività tradizionale e dalla recente acquisizione di un importante gruppo editoriale torinese (Utet).
Tali finalità sono state ribadite anche dal neo-presidente di Toro Assicurazioni al momento dell'insediamento nella carica, allorché sono state esposte le linee guida che ispireranno la gestione della compagnia da parte dell'azionista De Agostini.
Con l'acquisizione del Gruppo Toro, composto fra l'altro da 9 società assicurative italiane ed 11 società assicurative estere, la De Agostini spa ha assunto una connotazione fortemente assicurativa.
Nell'ambito del procedimento di autorizzazione le dismissioni prospettate dalla società acquirente durante la fase istruttoria riguardano, con riferimento alle società assicurative, la cessione a Capitalia spa della partecipazione detenuta in Roma Vita, pari al 47,5 per cento del capitale sociale, e del gruppo di diritto francese Le Continent. Con riguardo a quest'ultima, la cessione è stata perfezionata in data 10 luglio 2003, sotto la condizione sospensiva dell'ottenimento dell'autorizzazione dell'Autorità di controllo francese.
Nessun cenno ad ipotesi di dismissione della proprietà di Nuova Tirrena viene fatto nel citato programma. In proposito, si segnala che il personale dipendente della Nuova Tirrena al 31 dicembre 2002, era di 707 unità.
Relativamente alla cessione di Roma Vita, la Toro aveva già trasmesso all'ISVAP un accordo con il quale Toro stessa e Capitalia si impegnano rispettivamente a vendere ed acquistare il 47,5 per cento di Roma Vita. Fra i due gruppi intercorrono, tramite la Roma Vita, anche rapporti di collaborazione nel settore della bancassicurazione.
Nella premessa di tale accordo risulta, in particolare, che la Nuova Tirrena è parte di un contratto di outsourcing con Roma Vita, in forza del quale presta a quest'ultima servizi amministrativi, di assistenza e consulenza, con l'utilizzo di n. 47 suoi dipendenti (28 interamente dedicati e 19 utilizzati pro quota) e con 17 interinali.
Sempre in base al predetto accordo è previsto che, anche dopo la vendita di Roma Vita Capitalia, il contratto di prestazione di servizi con Nuova Tirrena continuerà ad avere efficacia per il periodo necessario affinché Capitalia sia in grado di reperire servizi analoghi, ma comunque non oltre il termine di quindici mesi dalla data del trasferimento delle azioni Roma Vita.
Al fine di garantire che il trasferimento delle funzioni attualmente svolte da Nuova Tirrena avvenga senza comportare pregiudizi all'attività di Roma Vita, la Toro Assicurazioni si è impegnata, qualora Capitalia ne faccia richiesta, a far sì che Nuova Tirrena distacchi - presso la società che sarà individuata da Capitalia, a spese della stessa Capitalia e per un periodo massimo di due anni - propri dipendenti attualmente addetti alla gestione informatica del portafoglio polizze di Roma Vita. Capitalia si è impegnata all'assunzione - alle dipendenze di Roma Vita o di altra società del gruppo - di tutti i dipendenti che al termine del contratto di outsourcing con Nuova Tirrena risulteranno essere ancora distaccati.
Si segnala, infine, che nell'accordo siglato tra Capitalia e Toro non viene precisato il numero di dipendenti che potrebbero essere coinvolti nel descritto distacco.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
il settore del tessile-abbigliamento sta attraversando un momento di crisi profonda e se non interverranno iniziative adeguate a fronteggiarla tempestivamente si rischia di pervenire alla chiusura di numerose imprese, soprattutto piccole e medie, con ripercussioni gravissime sul terreno economico ed occupazionale;
una delle ragioni delle difficoltà delle nostre imprese consiste nella concorrenza sleale operata da chi agisce in violazione parziale o totale delle norme in materia di lavoro, fisco, sicurezza, igiene e sanità;
dagli organi di stampa si apprende che, quotidianamente, vengono immessi sul mercato interno, attraverso i porti di Brindisi, Bari, Napoli e Palermo, oltre 300 container di manufatti tessili e di abbigliamento, provenienti soprattutto dai paesi asiatici e dalla Cina, che vengono, poi, rivenduti al dettaglio a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato, in
quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per impedire l'immissione illegale sul mercato nazionale di ingenti quantità di capi di tessile-abbigliamento attraverso una azione più penetrante ed efficace di controllo nei nostri porti e quali misure immediate intenda assumere a sostegno del settore tessile-abbigliamento oggi in così grave difficoltà.
(4-03361)
Sul piano specifico, quindi, avendo scarsa possibilità di incidere sulle singole politiche aziendali di imprenditori o di gruppi privati, il MAP ha fatto il possibile, nell'ambito dei «singoli casi vertenziali» per sviluppare tutte le iniziative più adeguate tendenti a limitare i danni.
Su un piano più generale, invece, di politica settoriale, per l'anno appena concluso, anche con l'ausilio della Presidenza italiana, nel secondo semestre, del Consiglio della U.E., si può affermare che il Governo ha operato uno sforzo considerevole nell'affrontare i principali problemi che affliggono il comparto. Sinteticamente, l'azione prodotta è consistita in:
Inoltre sul piano normativo la legge finanziaria (articolo 4 commi n. 49/84), ha individuato tutta una strategia di politica industriale, consistente nella qualificazione, tutela e valorizzazione del prodotto italiano, segnatamente quello appartenente al settore del T.A.C..
Si è preso altresì atto dell'indifferibile compito di monitorare la situazione del mercato e in particolare della sua aggressione, non ai fini di istituire barriere doganali che automaticamente ci porrebbero fuori del contesto internazionale ed europeo, ma per una attenta vigilanza dell'uso dei prodotti conforme alle loro caratteristiche strutturali. Tale monitoraggio rappresenta un'azione di politica industriale alla quale non si può rinunciare e che potrà formare la base di un programma per una ordinata ed equilibrata lotta alla contraffazione.
Dallo svolgimento di tali azioni dovrebbe poter scaturire una riduzione della anomalia delle importazioni con il conseguente rafforzamento della domanda interna.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
gli organi di informazione con sempre maggiore frequenza denunciano le preoccupanti dimensioni che sta assumendo il fenomeno di quei sistemi di vendita che, ispirandosi al modello del cosiddetto multilevel marketing, ne costituiscono, di fatto, una pericolosa deformazione e imitazione;
la formula organizzativa di dette strutture si caratterizza sia per particolari modalità di reclutamento del personale, motivato alla vendita attraverso improbabili prospettive di guadagno e di successo - obiettivi che, secondo alcune stime delle stesse aziende che operano nel settore, sono raggiunti solo dallo 0,01 dei soggetti - sia per un sistema in cui ciascun addetto è tenuto a un progressivo reclutamento di altri adepti a loro volta indotti a riprodurre tale meccanismo, con progressione esponenziale o, ad esempio, al pagamento di una somma di denaro versata per la partecipazione a costosi corsi obbligatori di formazione;
in tale contesto, sembrerebbe emergere il caso della Bayerische Assicurazioni, società tra le più note nel settore previdenziale, che da 1992 provvede alla vendita di polizze assicurative attraverso la rete messa a disposizione dalla Star Service International Holding AG (SSI) uno dei cui obiettivi aziendali, secondo alcune ripetute segnalazioni, potrebbe essere proprio quello dell'espansione della rete di vendita attraverso il meccanismo illustrato e i cui corsi di formazione sembrerebbero improntati più a subdole forme di indottrinamento che a veri e propri aggiornamenti professionali;
nel quadro di un vuoto normativo al fine di disciplinare in modo puntuale la materia delle vendite dirette a domicilio e di porre rimedio al dilagare di tale fenomeno e di tutelare sia gli operatori del settore che i consumatori, tra le altre è stata presentata recentemente una proposta di legge (A.C. 3008) finalizzata a regolare la materia in questione e a sancire il divieto dell'organizzazione e gestione delle vendite piramidali -:
se il Governo sia a conoscenza delle preoccupanti dimensioni che sta assumendo detto fenomeno e se non intenda adottare iniziative volte alla sollecita definizione di una disciplina che tuteli i soggetti interessati, in particolare i consumatori, da possibili distorsioni del mercato.
(4-04657)
L'ISVAP ha rilevato che le suddette forme di vendita, nate in altri contesti normativi e commerciali per la distribuzione di prodotti di massa e standardizzati, non si prestano ad una applicazione generalizzata e incondizionata nella distribuzione del «servizio assicurativo» che, soprattutto con riguardo ai prodotti dei rami vita di elevata complessità, non si esaurisce nella sola fase di collocamento, in quanto richiede una costante attività di verifica delle esigenze del cliente e di consulenza altamente specializzata da parte di intermediari professionali, per la comprensione delle clausole contrattuali, per gli adempimenti da attuare per accedere alle prestazioni assicurative.
A tal fine sono stati, pertanto, individuati alcuni prodotti, per i quali è vietato l'utilizzo della tecnica multilevel.
In particolare, non può essere applicata la tecnica di vendita in esame a:
a) prodotti previdenziali (sia fondi pensione aperti a contribuzione definita che piani di previdenza complementare individuati ex articolo 9-ter decreto legislativo n. 124 del 1993), la cui distribuzione già con le circolari Isvap n. 350/D e 369/D è stata riservata agli agenti con esperienza di vendita vita nonché ai subagenti ed ai produttori iscritti all'albo nazionale degli agenti di assicurazione e dotati di particolari requisiti specificati nelle circolari stesse;
b) polizze con marcata presenza della componente finanziaria in aggiunta a quella assicurativa (polizze index linked e unit linked, il cui andamento dipende dal valore di un indice azionario o di un altro valore di riferimento, dalle quote di fondi di investimento interni all'impresa di assicurazione).
È previsto, pertanto, che le compagnie debbano comunicare all'ISVAP i nominativi dei soggetti - ai quali deve essere necessariamente rilasciato mandato agenziale - cui fanno capo le reti commerciali in questione e che gli stessi comunichino alle imprese mandanti l'elenco, da aggiornarsi continuamente, dei produttori che operano nella rete.
In considerazione della possibile diffusione ultraregionale delle suddette reti e delle conseguenti potenziali difficoltà di adattamento che tale tecnica di vendita può produrre sul tradizionale modello organizzativo agenziale, l'ISVAP ha imposto alle imprese mandanti e alle agenzie di effettuare penetranti controlli sull'operato dei produttori, al fine di verificarne la correttezza e l'affidabilità.
Particolare attenzione è prestata anche alla formazione dei produttori e alle modalità di controllo dell'effettivo svolgimento. In particolare si dispone che debbano essere forniti ad ogni singolo produttore non solo una adeguata formazione prima dell'immissione nella rete, ma anche un continuo aggiornamento, secondo contenuti preventivamente valutati e condivisi dall'impresa mandante. La compagnia è tenuta a sorvegliare l'attività didattica, anche tramite la presenza a campione di propri ispettori commerciali ai corsi e ai seminari.
Allo scopo di favorire la correttezza e la trasparenza dell'operato dei produttori è stabilito l'obbligo:
a) di esibire, al primo contatto con il cliente, un apposito tesserino rilasciato dall'agenzia preponente;
b) di avvalersi, nella presentazione dei prodotti, esclusivamente di modulistica pre
c) di utilizzare, quale modalità di pagamento del premio, esclusivamente mezzi di pagamento aventi come diretti beneficiari le compagnie di assicurazione (assegni non trasferibili o versamento delle somme tramite bonifici bancari o conti correnti postali).
Al riguardo la società ispezionata ha intrapreso, nell'ultimo anno, una politica di rinnovamento del proprio management e della propria struttura organizzativa, sia attraverso l'inserimento nell'organigramma di nuove professionalità, sia tramite una generale revisione dei processi aziendali che la società medesima ha previsto di portare a termine entro la fine del 2004.
La compagnia, dal 24 febbraio 2003, data di entrata in vigore della circolare 487/D, ha interrotto la raccolta da parte della rete multilevel delle proposte del «Piano Pensionistico Bayerische», forma pensionistica individuale attuata mediante contratto di assicurazione sulla vita.
L'impulso dato alla diversificazione dei canali distributivi delle polizze, soprattutto tramite l'attivazione di accordi di distribuzione con istituti bancari, ha comportato la diminuzione dei premi intermediati con il multilevel marketing. Nel primo semestre 2003 la quota della nuova produzione acquisita tramite la suddetta tecnica di vendita risulta pari al 48 per cento, a fronte del 77 per cento registrato nel secondo semestre 2002.
Si riscontra altresì una contrazione delle dimensioni della rete SSI dalla quale, nel corso del 2003, sono stati cancellati 16.384 collaboratori. Al 31 agosto 2003 risultavano far parte della struttura 7.120 collaboratori aventi una anzianità di servizio media di 574 giorni.
In merito alle modalità organizzative dei corsi di formazione dei produttori SSI, il cui contenuto, come sopra evidenziato, deve essere preventivamente valutato e condiviso dall'impresa mandante, l'ISVAP ha contestato all'impresa l'organizzazione tematica dei corsi, troppo sbilanciata a favore delle tecniche commerciali rispetto alle esigenze di illustrazione tecnica dei prodotti ed in generale di trasparenza.
Per quanto concerne, invece, gli accertamenti dell'impresa sull'efficacia dei suddetti corsi di base, l'ISVAP ha verificato che la stessa impresa ha costituito di recente un apposito ufficio per i controlli in questione. In proposito l'Istituto ha rilevato la necessità di apportare alcuni miglioramenti alle procedure di controllo adottate, con specifico riferimento alle esigenze di trasparenza degli assicurati.
Si rappresenta, che le iniziative adottate dall'impresa per adeguarsi alle descritte prescrizioni di vigilanza sono oggetto di ulteriori verifiche e monitoraggio da parte dell'ISVAP.
Il ministero della giustizia precisa, infine, che dagli elementi forniti dagli On.li interroganti non sembrano emergere particolari necessità di interventi normativi innovativi.
La legislazione vigente, infatti, già prevede la tutela del cittadino nell'eventualità di degenerazione delle forme di proposta contrattuale, in particolare, nelle ipotesi di circonvenzione, truffa o estorsione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
la Ssi srl è una società che si occupa della vendita di polizze assicurative Bayerische, ora ERGO, e che, a tal fine, si serve di una struttura di vendita denominata «multilevel marketing»;
tale tipo di vendita, basata essenzialmente su di una struttura piramidale,
stando sempre alle segnalazioni pervenute all'interrogante, anche i guadagni promessi, nella fase di addestramento dei venditori, sarebbero del tutto privi di fondamento reale, in quanto le posizioni più lucrative all'interno della piramide di vendita sarebbero solo ad appannaggio di certi vertici già inseriti nella struttura;
sul numero dei collaboratori, in attività o cessati dalla stessa, non esistono dati precisi: secondo SSI srl si tratterebbe di 46.000 collaboratori in 16 anni, ma tale dato, secondo quanto segnalato all'interrogante per il medesimo lasso di tempo, ammonterebbe a di più di 800.000 (contando i partecipanti ai vari corsi di formazione), con l'apertura di più di 400.000 codici di collaborazione;
alla luce dei numeri esposti al punto precedente, alla luce del fatto che molte posizioni all'interno della piramide di vendita sono state addirittura acquistate da singoli venditori (dietro ingenti versamenti in denaro e facendo fare ricorso a prestiti bancari) e considerando, da ultimo, che sui contratti conclusi vi sono degli storni piuttosto ingenti a favore di SSI (modulati sui vari gradini della piramide di vendita), risulta che si è di fronte ad una struttura piramidale che, dietro la promessa di facili guadagni, ha in realtà raggirato migliaia di persone -:
se siano al corrente di quanto sopra esposto in merito all'attività di SSI srl che, stando alle segnalazioni pervenute all'interrogante, ha causato ingenti danni a migliaia di sub-agenti venditori;
se siano al corrente della chiusura forzata del sito web di alcuni ex agenti SSI (http://utenti.lycos.it/ssibayerisce), le cui pagine spiegavano nel dettaglio i metodi di vendita di SSI;
se non intendano adottare iniziative normative affinché pratiche come quella descritta ritenute illegittime, considerata anche la delicatezza connessa alla vendita di polizze assicurative.
(4-08331)
In primo luogo si evidenzia che, nell'ambito degli interventi regolamentari concernenti i processi distributivi dei prodotti assicurativi e la protezione dei consumatori, l'ISVAP con circolare n. 487/D del 24 ottobre 2002 (disponibile sul sito Internet dell'Istituto www..isvap.it) ha dettato regole volte a disciplinare l'utilizzo di reti di produttori operanti tramite tecniche di vendita diretta quali mulfilevel marketing, network marketing e affini (forme di vendita che si attuano presso il domicilio dei potenziali assicurati e che si caratterizzano per l'organizzazione gerarchica in senso piramidale dei produttori-venditori).
L'ISVAP ha rilevato che le suddette forme di vendita, nate in altri contesti, normativi e commerciali per la distribuzione di prodotti di massa e standardizzati, non si prestano ad una applicazione generalizzata e incondizionata nella distribuzione del «servizio assicurativo» che, soprattutto con riguardo ai prodotti dei rami vita di elevata complessità, non si esaurisce nella sola fase di collocamento, in quanto richiede una costante attività di verifica delle esigenze del cliente e di consulenza altamente specializzata da parte di intermediari professionali, per la comprensione delle clausole contrattuali, per gli adempimenti da attuare per accedere alle prestazioni assicurative.
A tal fine sono stati, pertanto, individuati alcuni prodotti per i quali è vietato l'utilizzo della tecnica multilevel.
In particolare, non può essere applicata la tecnica di vendita in esame a:
a) prodotti previdenziali (sia fondi pensione aperti a contribuzione definita che piani di previdenza complementare individuati ex articolo 9-ter decreto legislativo 124/1993), la cui distribuzione già con le circolari Isvap n. 350/D e 369/D è stata riservata agli agenti con esperienza di vendita vita nonché ai subagenti ed ai produttori iscritti all'albo nazionale degli agenti di assicurazione e dotati di particolari requisiti specificati nelle circolari stesse;
b) polizze con marcata presenza della componente finanziaria in aggiunta a quella assicurativa (polizze index linked e unit linked, il cui andamento dipende dal valore di un indice azionario o di un altro valore di riferimento, dalle quote di fondi di investimento interni all'impresa di assicurazione).
È previsto, pertanto, che le compagnie debbano comunicare all'ISVAP i nominativi dei soggetti - ai quali deve essere necessariamente rilasciato mandato agenziale - cui fanno capo le reti commerciali in questione e che gli stessi comunichino alle imprese mandanti l'elenco, da aggiornarsi continuamente, dei produttori che operano nella rete.
In considerazione della possibile diffusione ultraregionale delle suddette reti e delle conseguenti potenziali difficoltà di adattamento che tale tecnica di vendita può produrre sul tradizionale modello organizzativo agenziale, l'ISVAP ha imposto alle imprese mandanti e alle agenzie di effettuare penetranti controlli sull'operato dei produttori, al fine di verificarne la correttezza e l'affidabilità.
Particolare attenzione è prestata anche alla formazione dei produttori e alle modalità di controllo dell'effettivo svolgimento. In particolare si dispone che debbano essere forniti ad ogni, singolo produttore non solo una adeguata formazione prima dell'immissione nella rete, ma anche un continuo aggiornamento, secondo contenuti preventivamente valutati e condivisi dall'impresa mandante. La compagnia è tenuta a sorvegliare l'attività didattica, anche tramite la presenza a campione di propri ispettori commerciali ai corsi e ai seminari.
Allo scopo di favorire la correttezza e la trasparenza dell'operato dei produttori è stabilito l'obbligo:
a) di esibire, al primo contatto con il cliente, un apposito tesserino rilasciato dall'agenzia preponente;
b) di avvalersi, nella presentazione dei prodotti, esclusivamente di modulistica predisposta dall'impresa mandante e di proposte di assicurazione prenumerate e dal contenuto immodificabile;
c) di utilizzare, quale modalità di pagamento del premio, esclusivamente mezzi di pagamento aventi come diretti beneficiari le compagnie di assicurazione (assegni non trasferibili o versamento delle somme tramite bonifici bancari o conti correnti postali).
Al riguardo la società ispezionata ha intrapreso, nell'ultimo anno, una politica di rinnovamento del proprio management e della propria struttura organizzativa, sia attraverso l'inserimento nell'organigramma di nuove professionalità, sia tramite una generale revisione dei processi aziendali che la società medesima ha previsto di portare a termine entro la fine del 2004.
La compagnia, dal 24 febbraio 2003, data di entrata in vigore della circolare 487/D, ha interrotto la raccolta da parte della rete multilevel delle proposte del «Piano Pensionistico Bayerische», forma pensionistica individuale attuata mediante contratto di assicurazione sulla vita.
L'impulso dato alla diversificazione dei canali distributivi delle polizze, soprattutto tramite l'attivazione di accordi di distribuzione con istituti bancari, ha comportato la diminuzione dei premi intermediati con il multilevel marketing. Nel primo semestre 2003 la quota della nuova produzione acquisita tramite la suddetta tecnica di vendita risulta pari al 48 per cento a fronte del 77 per cento registrato nel secondo semestre 2002.
Si riscontra altresì una contrazione delle dimensioni della rete SSI dalla quale, nel corso del 2003, sono stati cancellati 16.384 collaboratori. Al 31 agosto 2003 risultavano far parte della struttura 7.120 collaboratori aventi una anzianità di servizio media di 574 giorni.
In merito alle modalità organizzative dei corsi di formazione dei produttori SSI, il cui contenuto, come sopra evidenziato, deve essere preventivamente valutato e condiviso dall'impresa mandante, l'ISVAP ha contestato all'impresa l'organizzazione tematica dei corsi, troppo sbilanciata a favore delle tecniche commerciali rispetto alle esigenze di illustrazione tecnica dei prodotti ed in generale di trasparenza.
Per quanto concerne, invece, gli accertamenti dell'impresa sull'efficacia dei suddetti corsi di base, l'ISVAP ha verificato che la stessa impresa ha costituito di recente un apposito ufficio per i controlli in questione. In proposito l'Istituto ha rilevato la necessità di apportare alcuni miglioramenti alle procedure di controllo adottate, con specifico riferimento alle esigenze di trasparenza degli assicurati.
Si rappresenta, che le iniziative adottate dall'impresa per adeguarsi alle descritte prescrizioni di vigilanza sono oggetto di ulteriori verifiche e monitoraggio da parte dell'ISVAP.
Secondo quanto di competenza del Ministero della giustizia, si precisa che dagli elementi forniti dall'interrogante non sembrano emergere particolari necessità di interventi normativi innovativi.
La legislazione vigente, infatti, già prevede la tutela del cittadino nell'eventualità di degenerazione delle forme di proposta contrattuale, in particolare, nelle ipotesi di circonvenzione, truffa o estorsione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
le recenti vicende finanziarie legate a Parmalat stanno producendo una serie di ripercussioni in tutto il settore, con gravi conseguenze per quanto riguarda le varie società controllate da Parmalat;
tra queste società vi è anche la Eurolat di Padova che, con 51 dipendenti e un indotto di notevoli dimensioni (che interessa moltissimi allevatori della provincia di Padova), rappresenta una realtà industriale importante per il territorio padovano;
la società Eurolat rischia di non avere le liquidità sufficienti per pagare gli stipendi di gennaio ai dipendenti e, data la situazione in cui versa il gruppo Parmalat, le cose non sono destinate a migliorare nel breve periodo;
la vicenda interessa anche i moltissimi allevatori padovani che potrebbero per mesi non ricevere alcun pagamento per la merce consegnata -:
se il Governo sia al corrente di quanto sta succedendo presso la Eurolat di Padova, che rappresenta una realtà industriale di fondamentale importanza per il territorio padovano;
se il Governo, alla luce di quanto esposto circa le ripercussioni a livello occupazionale e di indotto, non ritenga opportuno attivarsi per garantire alle controllate del gruppo Parmalat adeguate risorse finanziarie per poter continuare a svolgere la propria attività, che in molte realtà, come nel caso della Eurolat di Padova, rappresenta una risorsa economica fondamentale;
se non ritenga opportuno mettere in campo tutte le misure necessarie per garantire agli allevatori il pagamento della merce consegnata alle varie società che fanno capo al gruppo Parmalat.
(4-08463)
Ciò premesso, si segnala altresì che la società Eurolat, operante con varie unità produttive dislocate sul territorio nazionale è in amministrazione straordinaria a decorrere dal 30 dicembre 2003.
Acquisiti i necessari elementi informativi da parte della gestione commissariale, si precisa che alla data del 15 marzo, la predetta società ha provveduto, entro i tempi previsti, al pagamento delle retribuzioni correnti di tutto il personale dipendente, comprensivo delle 51 unità lavorative di Padova e precisamente per le retribuzioni di dicembre 2003 il pagamento è stato effettuato il 12 gennaio 2004; per le retribuzioni di gennaio 2004 il pagamento è stato effettuato l'11 febbraio 2004; per le retribuzioni di febbraio 2004 il pagamento è stato effettuato il 10 marzo 2004.
Con riferimento inoltre alle forniture di materia prima effettuate dal 1o gennaio 2004 dagli allevatori presenti sul territorio di Padova, la società Eurolat sta provvedendo quindicinalmente al pagamento delle predette forniture entro dodici giorni dalla data di fatturazione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
i rincari eccezionali delle materie prime, dell'acciaio in particolare, hanno colpito negli ultimi mesi le impresa della provincia di Padova, con ripercussioni pesanti sulla produzione;
da inizio dell'anno gli aumenti hanno raggiunto il 50 per cento, e si riversano su tutta la filiera. Nelle ultime settimane inoltre i rincari hanno subito un'ulteriore accelerazione;
il problema più grave è la mancanza di materia prima, che rischia di mettere in ginocchio l'industria padovana;
ormai ci sono pochi margini di autonomia, poche scorte di acciaio, esaurite le quali la produzione tirerà inevitabilmente il freno;
non è solo la siderurgia a soffrire ma tutto il tessuto produttivo, l'intera filiera dell'acciaio: dalla distribuzione a tutte le produzioni manifatturiere, metalmeccanica in testa;
sono in difficoltà soprattutto i produttori di macchine utensili, elettrodomestici, componentistica per auto, motori elettrici, carpenteria e le aziende della refrigerazione, che utilizzano acciaio in lamiera o in vergette (rotoli);
stessi problemi hanno il settore delle costruzioni - che impiega prelavorati in acciaio per viadotti e opere pubbliche, impianti di illuminazione, edifici industriali - e il settore alimentare che usa il packaging in lamiera;
il sistema metalmeccanico, già alle prese con una congiuntura debole, non può assorbire aumenti di costo così rilevanti, che potranno essere recuperati solo parzialmente sui prodotti finiti;
è un problema che investe in modo drammatico le 5.500 aziende metalmeccaniche della provincia (oltre il 40 per cento del manifatturiero), che occupano 60 mila addetti;
ma il rischio, ancora più allarmante, è che si inneschi un effetto-domino su tutte le produzioni manifatturiere, con effetti inflattivi sui listini industriali, congelati ormai da due anni;
se il prezzo dell'acciaio è fuori controllo, ancora più grave è il problema
l'acciaio scarseggia e alcuni distributori hanno iniziato a mettere all'asta le scorte residue. Chi acquista direttamente da acciaierie e ferriere, può avere un'autonomia di qualche settimana. Poi la produzione è destinata a rallentare;
soprattutto i piccoli acquirenti sono sulla corda;
si tratta di uno scenario non transitorio, ma delinea una nuova condizione della competizione globale;
l'origine di questa bolla è nel Far East - in particolare in Cina - dove la domanda di coke e di rottame è in continua ascesa e ha rotto gli equilibri del mercato europeo;
sul mercato globale delle materie prime si sono affacciati nuovi attori, come Cina, India, Russia, Brasile;
la Cina produce un terzo del coke mondiale, ma quello che prima arrivava in Europa oggi alimenta la produzione interna di quel Paese;
il coke siderurgico - materia prima indispensabile per produrre acciaio col ciclo dell'alto forno (circa 40 per cento della produzione nazionale) - è lievitato in misura vertiginosa;
oggi la Cina lo vende a un prezzo sette volte maggiore rispetto al 2002. E la stessa Cina, fino all'anno scorso, era il primo esportatore mondiale di coke con 15 milioni di tonnellate, di cui un milione in Italia;
da quest'anno le esportazioni di coke dalla Cina sono state prima ridotte e poi bloccate, per far fronte al fabbisogno interno;
un fronte parallelo è quello del rottame, che è materia prima per la produzione di acciaio al forno elettrico;
i prezzi hanno avuto un'impennata del 55 per cento negli ultimi sette mesi e continuano ad essere in tensione -:
se il Governo sia a conoscenza di questa preoccupante situazione che sta coinvolgendo moltissime aziende padovane;
cosa il Governo intenda fare per aiutare le aziende nell'acquisto di materie prime a prezzi ragionevoli;
quali iniziative il Governo intenda adottare per fermare il rialzo speculativo dei prezzi delle materie prime e per evitare rallentamenti nella produzione, che avrebbero delle pesanti ripercussioni sull'occupazione della nostra provincia.
(4-09917)
Il Governo non è rimasto alla finestra, bensì ha provveduto a convocare il tavolo di confronto per la siderurgia con le organizzazioni sindacali, tavolo che è stato preceduto da una riunione tecnica straordinaria dell'Osservatorio siderurgico, cui hanno partecipato, oltre ai membri istituzionali, tutte le categorie interessate a valle del settore siderurgico e le organizzazioni sindacali. In quella sede si è constatato, con soddisfazione unanime, una sostanziale identità di vedute in ordine alla soluzione dei problemi evidenziati. Certamente non sarà facile risolvere tutti i problemi in un breve lasso di tempo, ma è importante affrontarli nel modo migliore a cominciare - grazie alla recente individuazione delle BAT (Best available technologies) - dalla più rapida riattivazione delle cokerie dello stabilimento di Taranto, a suo tempo fermate dall'intervento della magistratura per
In particolare, il Governo sulla materia «rottame», in funzione dell'impennata dei costi dell'acciaio, sta valutando alcuni strumenti di parziale correzione delle esigenze dell'apparato produttivo che riguardano, da un lato, l'aumento della produzione nazionale attraverso una migliore organizzazione dei processi di rottamazione, dall'altro, il ricorso all'utilizzo della distruzione di impianti connessi all'applicazione di specifiche norme (ad esempio la riduzione della capacità produttiva delle fonderie). Altro strumento per far fronte alla lievitazione dei costi dell'acciaio, che va a favore dei titolari di precedenti contratti di fornitura e/o di costruzione, è costituito dall'emanando provvedimento reintroduttivo di una forma di revisione dei prezzi.
Poiché, come è noto, la rappresentanza degli interessi nazionali in ambito WTO non può che essere affidata alla Commissione dell'U.E, il Governo è impegnato ad effettuare le massime pressioni possibili perché la linea comunitaria possa essere diretta ad una decisa contrattazione sulle regole di reciprocità.
Anche la richiesta di un monitoraggio, sia per il controllo delle diseconomie che per il controllo di possibili speculazioni, è già stata avanzata in ambito comunitario e si continuerà ad insistere perché ciò avvenga.
Oltre alle su citate misure, sarà adottata ogni altra misura che sarà possibile ed utile intraprendere per la salvaguardia della produzione dell'industria siderurgica e metallurgica italiana.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
gli artigiani molto spesso, nel contesto di fallimenti di medie e grandi imprese, sono assoggettati all'azione revocatoria fallimentare prevista dagli articoli 66 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 con la conseguenza di dover far confluire nello stato passivo fallimentare quanto ricevuto, a titolo di corrispettivo di servizi resi e prezzo di vendita di manufatti, anni prima, in condizioni economiche molto diverse;
le regole generali che governano la revocatoria non fanno distinzione tra la grande impresa e quella a carattere fallimentare -:
se non ritenga opportuno intervenire con apposite iniziative normative volte a colmare una lacuna tanto appariscente quanto distorcente di un mercato di per se stesso già problematico per la piccola impresa.
(4-08348)
la condizione giuridica degli artigiani, di cui è unanimemente riconosciuta la valenza per l'economia del Paese, non li tutela così come si conviene nelle procedure concorsuali;
gli artigiani, in sede fallimentare, si trovano costantemente esposti al rischio di essere ammessi al fallimento quali meri creditori chirografari, vedendo così ampiamente diminuite le aspettative che il loro credito venga soddisfatto;
l'iscrizione alla camera di commercio non è sufficiente per essere ammessi al privilegio, in quanto gli organi giudiziari di Brescia e Milano richiedono si faccia riferimento a parametri quantitativi - dimensionali, tratti dalle dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni Iva dell'anno della fornitura e di quello precedente e che i limiti per l'ammissione al privilegio sono individuati in 154.937,07 euro di investimenti nella ditta individuale (o per ogni socio per la Snc) e in 516.456,90 euro di fatturato Iva nella ditta individuale (o per
tale interpretazione del dettato normativo si inquadra nel contesto dell'assenza, nel codice civile, di una univoca definizione di impresa artigiana, semplicemente citata dall'articolo 2083 del codice civile per qualificarla come di natura piccolo-imprenditoriale -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, adottare opportune iniziative normative volte a prevedere che anche gli artigiani possano usufruire nelle procedure concorsuali di adeguata tutela.
(4-08349)
L'origine di quanto sopra andrebbe ricercata nell'assenza di una univoca definizione «di impresa artigiana» nel codice civile (l'unico riferimento è contenuto nell'articolo 2083). Per evitare tale situazione, a quanto risulterebbe dall'atto di sindacato ispettivo, gli organi giudiziari, in particolare quelli di Brescia e Milano, richiederebbero la sussistenza di «parametri quantitativi» praticamente sconosciuti e del tutto inadeguati alla dimensione delle micro-imprese.
Viene quindi richiesto al ministero interrogato di adottare opportune iniziative volte a fornire alle imprese artigiane una maggiore tutela nelle procedure concorsuali.
Si richiama, anzitutto, l'enorme divario di situazioni aziendali che offre il vasto e complesso mondo artigiano. La stessa consistenza numerica (circa 1.400.000 imprese) e il forte fenomeno delle «nati-mortalità» non sembra possano consentire misure omogenee nel campo di cui trattasi.
Per quanto concerne la definizione giuridica di impresa, è nota la disparità sorta in dottrina sin dai primi anni successivi all'entrata in vigore del codice civile.
In particolare, per quanto concerne l'articolo 2083 rubricato «piccoli imprenditori», si è discusso a lungo se la definizione contenuta e la seconda parte (...«coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia») fosse valida anche per l'elenco di piccoli imprenditori (coltivatori diretti, artigiani, piccoli commercianti) riportato all'inizio dell'articolo stesso.
La dottrina generalmente si era già orientata per una risposta positiva quando è intervenuta la prima legge sulla disciplina giuridica dell'impresa artigiana (n. 860 del 25 luglio 1956) che ha superato tale disputa fornendo una definizione valida «a tutti gli effetti di legge» articolo 1).
La successiva legge-quadro 8 agosto 1985, n. 443 ha ancora di più ampliato lo status giuridico dell'impresa artigiana.
Infine, ulteriori passi in avanti sono stati fatti con la legge 20 maggio 1997, n. 133 (riconoscimento delle s.r.l. uni-personali) e con la legge 3 marzo 2001, n. 57 (articolo 13) (riconoscimento delle s.r.l. con maggioranza di soci artigiani).
Non sembra quindi, sussistano i dubbi paventati circa la disciplina giuridica; il problema ha in effetti valenza pratica e coinvolge direttamente l'amministrazione giudiziaria.
Pur condividendo le considerazioni esposte nell'interrogazione si fa presente che, tralasciando le moltissime situazioni dell'artigianato di servizio che richiedono un immediato pagamento delle prestazioni effettuate, si vanno facendo strada anche nell'artigianato forme contrattuali che dovrebbero evitare le circostanze rappresentate nelle interrogazioni in esame.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
l'interrogante in diversi interventi, anche recenti, ha denunciato come si stia registrando in tutta Italia una massiccia immissione sul mercato (si parla solo per il porto di Napoli di circa 80 containers al giorno provenienti da vari Paesi orientali) di prodotti tessili e di abbigliamento, con marchio Made in Italy e firme contraffatti a prezzi ovviamente stracciati rispetto a quelli di mercato -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per porre freno al dilagare di queste attività illecite che mettono a dura prova un settore, quello del tessile-abbigliamento che già sta vivendo un momento di gravissima crisi con la chiusura di migliaia di imprese artigiane e industriali e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.
(4-03295)
Sul piano specifico, quindi, avendo scarsa possibilità di incidere sulle singole politiche aziendali di imprenditori o di gruppi privati, il MAP ha fatto il possibile, nell'ambito dei «singoli casi vertenziali» per sviluppare tutte le iniziative più adeguate tendenti a limitare i danni.
Su un piano più generale, invece, di politica settoriale, per l'anno appena concluso, anche con l'ausilio della Presidenza italiana, nel secondo semestre, del Consiglio della U.E., si può affermare che il Governo ha operato uno sforzo considerevole nell'affrontare i principali problemi che affliggono il comparto.
Sinteticamente, l'azione prodotta è consistita in:
A) Misure nazionali.
Inoltre sul piano normativo la legge finanziaria (articolo 4 commi 49/84), ha individuato tutta una strategia di politica industriale, consistente nella qualificazione, tutela e valorizzazione del prodotto italiano, segnatamente quello appartenente al settore del T.A.C.
Si è preso altresì atto dell'indifferibile compito di monitorare la situazione del mercato e in particolare della sua aggressione, non ai fini di istituire barriere doganali che automaticamente ci porrebbero fuori del contesto internazionale ed europeo, ma per una attenta vigilanza dell'uso dei prodotti conforme alle loro caratteristiche strutturali. Tale monitoraggio rappresenta un'azione di politica industriale alla quale non si può rinunciare e che potrà formare la base di un programma per una ordinata ed equilibrata lotta alla contraffazione.
Dallo svolgimento di tali azioni dovrebbe poter scaturire una riduzione della anomalia delle importazioni con il conseguente rafforzamento della domanda interna.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
il 21 gennaio scorso, i dipendenti del pastificio «La Molisana» di Campobasso hanno allestito una giornata di mobilitazione, attraverso la diffusione di un volantino informativo sulla loro situazione lavorativa alla cittadinanza, per cercare di salvare l'azienda dal fallimento;
il pastificio, i cui prodotti sono venduti sia in Italia che all'estero, dà lavoro ad oltre 200 dipendenti diretti che salgono a varie centinaia con l'indotto che vi ruota attorno;
la crisi dell'azienda è andata aggravandosi nel corso dei mesi tanto che, ormai da settimane, i dipendenti temono la perdita del loro posto di lavoro;
se l'azienda dovesse fallire si calcola che circa 400 famiglie, molte delle quali monoreddito, si troverebbero senza fonte di sostentamento;
se non ritengano opportuno adoperarsi, ciascuno per i propri ambiti di competenza, presso i soggetti interessati, al fine di individuare soluzioni capaci di trovare una soluzione alla crisi dell'azienda, salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e garantire un definitivo e certo futuro produttivo e occupazionale dello stabilimento, come strumento di sviluppo per la regione Molise, già purtroppo interessata da altre e gravi crisi.
(4-08624)
Quest'ultimo è stato coinvolto nella gestione della vicenda a seguito di una specifica richiesta avanzata dal presidente della regione Molise. Le riunioni hanno visto il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: l'azienda, i suoi advisor, le istituzioni, le parti sociali, le banche creditrici.
Un'ampia discussione tra le parti ha messo in evidenza, da una parte, le motivazioni che nel corso degli ultimi anni hanno reso tanto critica la situazione finanziaria dell'azienda e, dall'altra, le attività
Nel frattempo sono pervenute presso il Comitato richieste di interesse da parte di vari imprenditori che sono state portate alla discussione del tavolo. Di queste l'unica proposta di riattivazione produttiva immediata dello stabilimento, attraverso un fitto d'azienda finalizzato all'acquisto tramite concordato, è stata quella avanzata e formalizzata dal Gruppo SO.FIN.IND.
L'avvocato Maione in nome del gruppo, ha preliminarmente precisato che non c'è sovrapposizione di mercato tra la produzione Molisana e quella Russo, di proprietà del gruppo medesimo, essendo le due produzioni su fasce diverse ed ha inoltre illustrato la proposta di Piano Industriale, i cui punti salienti si riportano di seguito:
a) l'affitto del ramo d'azienda del pastificio la Molisana e del Molino sono finalizzati all'acquisto ad un canone congruo, per il tempo strettamente necessario all'espletamento delle procedure del concordato;
b) l'offerta rimarrà valida anche in caso di esito negativo;
c) l'affitto sarà vincolato alla salvaguardia e al rilancio del sito produttivo di Campobasso e il mancato rispetto di tale vincolo comporterà l'annullamento del contratto stesso.
In tale occasione le rappresentanze sindacali presenti hanno dichiarato il loro assenso al percorso così individuato.
Per quanto riguarda la proposta dell'imprenditore Colussi, secondo quanto riferito dalla Presidenza, lo stesso ha dimostrato un interesse esclusivamente a seguito di una eventuale procedura di amministrazione straordinaria.
Quanto alla possibilità di accesso per La Molisana all'amministrazione straordinaria, quale procedura concorsuale con finalità conservative del patrimonio produttivo dell'impresa, ove il piano sopra delineato risultasse vano, occorre precisare che ai sensi del decreto legislativo n. 270 del 1999, possono essere ammesse a tale procedura le imprese che presentino, congiuntamente, un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno ed un ammontare dei debiti non inferiore ai due terzi dell'attivo dello stato patrimoniale.
Il concordato preventivo è una procedura alternativa all'amministrazione straordinaria prevista dal decreto legislativo n. 270 del 1999. Il ministero delle attività produttive segue con attenzione quanto emerge dal confronto azienda-sindacato ed è disponibile a svolgere un ruolo attivo per la conservazione del patrimonio produttivo nel rispetto delle decisioni che saranno assunte dal tribunale di Campobasso.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
una agenzia ADNKRONOS uscita nella giornata del 4 maggio 2004 riferisce una questione che coinvolge circa 200.000 persone in
i matrimoni misti, infatti, non sono mai stati riconosciuti dalle autorità dell'Afghanistan, così come non sono stati riconosciuti i figli nati da queste unioni, circa 100.000 bambini che non avendo mai ottenuto un documento non possono frequentare scuole, se non quelle semi-clandestine messe in piedi da alcune organizzazione non governative, non hanno accesso al servizio sanitario pubblico e sono praticamente invisibili;
il governo di Teheran ha ora deciso di rimpatriare i profughi afgani ma il governo dell'Afghanistan non permette alle mogli iraniane, il cui matrimonio non è stato registrato regolarmente, di entrare nel paese. D'altra parte le autorità di Teheran temono che il riconoscimento di queste unioni impedisca loro di rimpatriare i profughi afghani;
la questione è molto complessa dal punto di vista normativo infatti nella Repubblica Islamica solo gli uomini iraniani possono trasmettere il diritto alla cittadinanza alla moglie straniera mentre la donna iraniana unita in matrimonio con cittadini stranieri conserva la propria cittadinanza ma non può trasmetterla al marito e ai figli nati da questa unione;
la situazione, sulla quale hanno sollevato un velo diverse associazioni non governative locali, rischia di diventare drammatica e innescare una crisi umanitaria dato che i governi dei due paesi non hanno dato, fino ad ora, l'impressione di volersene occupare -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e se non ritenga che essa si configuri come una ipotesi di violazione dei diritti umani;
se non ritenga inoltre che tale vicenda debba essere posta all'attenzione nelle opportune sedi internazionali e che il nostro Governo debba prendere una posizione forte nei confronti dei regimi politici iraniano e afgano, che vada nella direzione di esercitare pressioni con i mezzi a disposizione perché tale situazione si risolva al più presto e nel migliore dei modi.
(4-09939)
Per quanto invece riguarda il processo di rimpatrio volontario dei rifugiati afgani dall'Iran, così come dagli altri Paesi limitrofi, procede ad un ritmo considerevole e secondo stime fornite dall'Alto commissariato per i rifugiati negli ultimi due anni sarebbero circa 2,7 milioni i rifugiati che sarebbero ritornati volontariamente in Afghanistan dall'Iran e dal Pakistan. La sede dell'Alto Commissariato per i Rifugiati a Teheran si sta da tempo attivamente operando, con il coinvolgimento dei Governi interessati, per risolvere gli ostacoli di ordine amministrativo e legale che possano ritardare o impedire i processi di rimpatrio volontari.
I problemi che emergono con maggiore frequenza riguardano essenzialmente il riconoscimento della titolarietà delle proprietà terriere in Afghanistan ed il pagamento di salari e compensi vari per prestazioni lavorative prestate dai rifugiati afgani durante la loro permanenza in Iran.
Si ricorda inoltre che il 16 giugno dello scorso anno è stato firmato a Teheran un programma congiunto fra il Governo iraniano, l'Autorità Transitoria afgana e l'Alto Commissariato per i Rifugiati per il rimpatrio volontario dei rifugiati afgani in Iran. Il programma ha una durata prevista sino al 20 marzo del 2005, eventualmente soggetta ad ulteriore estensione. Fra l'altro il programma ha previsto l'istituzione di una Commissione Tripartita composta da rappresentanti dei Governi dei due Paesi e dell'Alto Commissariato per i Rifugiati, incaricata di sovrintendere a tutte le operazioni di rimpatrio volontario. Ai sensi del programma congiunto l'Alto Commissariato per i Rifugiati è garante dell'impegno delle parti ad assicurare un ritorno in Afghanistan spontaneo, sicuro, libero con riguardo alla destinazione finale, protetto ed informato dei rifugiati.
A riguardo si segnala che l'articolo 16 del programma congiunto concerne, in modo specifico il problema della preservazione dell'unità familiare ed impegna l'Autorità Transitoria afghana a consentire l'ingresso nel Paese di coniugi e bambini di rifugiati afgani, non in possesso della cittadinanza, ed a riconoscere loro il diritto a soggiornarvi in modo permanente.
Come sopra ricordato l'Alto Commissariato per i Rifugiati, oltre ad essere parte contraente del programma, è anche il garante internazionale della sua attuazione e sino a questo momento non ha ritenuto opportuno segnalare alla comunità internazionale inadempienze specifiche.