Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 475 del 27/5/2004
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(Gestione dell'ordine pubblico in occasione della prossima visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti - n. 2-01205)

PRESIDENTE. L'onorevole Mascia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01205 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per sottolineare che la visita del Presidente degli Stati Uniti rischia di determinare diversi problemi. In ogni caso, molti impegni da assumere riguardano la sicurezza.
Il direttore del settimanale Famiglia cristiana, nel suo editoriale, osserva che la visita di Bush in Italia e in Europa, per una volta, è ciò che dice di essere, ossia un viaggio per celebrare il d-day, lo sbarco Normandia, la liberazione di Roma e, in generale, la svolta della seconda guerra mondiale che diede il colpo di grazia alla potenza nazista. Tuttavia, ad avviso del direttore di Famiglia cristiana, la domanda che dobbiamo porci è la seguente: a cosa serve oggi questa celebrazione? Per il direttore del quotidiano, il vero scopo di questo viaggio è stabilire un collegamento morale tra quella campagna di liberazione e l'occupazione in Iraq, che di morale non ha assolutamente alcunché e, poiché le elezioni sono vicine e i cittadini diventano sempre più ansiosi di trovare uno spunto per sentirsi dalla parte del buono e del giusto anche nel caso dell'Iraq, per ottenere lo scopo, evaporata la propaganda e scompaginata la guerra, non resta che la memoria. Questa è anche la nostra opinione sull'obiettivo di tale visita. A nostro avviso, non varrebbe solo per le elezioni di Bush, ma anche per quelle che si terranno in Italia.
In questo clima elettorale, guardiamo a tale appuntamento con particolare attenzione perché è in atto una guerra che consideriamo assurda (come tutte le


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guerre) e particolarmente orribile per le sue conseguenze. Mi riferisco agli orrori delle violenze, agli abusi perpetrati nelle prigioni irachene e alla violazione generale dei diritti fondamentali dell'uomo, parte integrante della scelta compiuta nelle prigioni di Guantanamo.
Dunque, le ragioni per contestare questa visita stanno alle origini; vanno ricercate nel fatto che, oggi, il Presidente degli Stati Uniti è responsabile di una politica che consideriamo nefasta, cui si è opposto il movimento della pace internazionale, di straordinaria dimensione. Va da sé che questa visita, per quanto la motivazione ufficiale sia un'altra, rappresenta una grande occasione per far conoscere al Presidente Bush, e ai Governi nazionali (a quello italiano in particolare) la nostra contrarietà alla guerra e per esprimere i sentimenti di pace di milioni di persone, sia del nostro paese sia della Francia (il Presidente Bush si recherà anche in questo Stato).
In tale contesto, il movimento «Fermiamo la guerra» ha organizzato una serie di iniziative. Ritengo paradossale che si aprano polemiche sulla scelta di due pacifisti di svolgere una conferenza stampa incappucciati, come stanno facendo in tutto il mondo gli esponenti del movimento pacifista, a partire da quello americano. Si può condividere o no questa simbologia, ma è chiaro il richiamo ai prigionieri torturati. Si creano casi su elementi simbolici assolutamente trasparenti e rivendicati. Invece, passano naturalmente in secondo piano quelle che sono le ragioni concrete che determinano questa contestazione di straordinaria portata in tutto il mondo. È intenzione del movimento «Fermiamo la guerra», e rientra nel suo programma, organizzare una serie di iniziative articolate non soltanto nella giornata del 4 giugno, ma anche nel corso degli altri eventi, che si dovrebbero concludere con una grande manifestazione nel pomeriggio del 4 giugno. Naturalmente, la domanda che noi rivolgiamo in modo formale al Governo riguarda le modalità attraverso le quali si intendono gestire queste giornate di iniziative per garantire l'ordine pubblico e la tutela dei diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale.
Sono domande che possono apparire banali e scontate, perché la risposta non può che essere ovvia. Per noi tuttavia di banale e scontato non c'è nulla, perché siamo stati troppo «scottati», nel corso degli ultimi anni, da una gestione che non ha assicurato la garanzia effettiva di questi diritti.
Vorrei inoltre aggiungere una domanda che, pur essendo secondaria, ci interessa dal punto di vista formale: vorremmo cioè sapere quale rapporto si sia stabilito o si stabilirà con gli apparati di sicurezza statunitensi. Va da sé che quando vi è la visita di un Capo di Stato straniero un rapporto di collaborazione è dato per scontato; tuttavia, vorremmo sapere formalmente in cosa consista questa collaborazione con il servizio di sicurezza statunitense ed in che modo quest'ultimo potrebbe eventualmente condizionare le decisioni del Governo circa le manifestazioni che avranno luogo in Italia.
Si tratta di due domande rispetto alle quali le risposte dovrebbero essere scontate; tuttavia, auspichiamo naturalmente una risposta non soltanto formale, ma anche convincente, alla quale seguano fatti nel corso di queste giornate così impegnative per il nostro paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno Mantovano ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tra gli elementi interessanti della interpellanza vi è il fatto che Famiglia cristiana ispiri il partito della Rifondazione Comunista.
Tuttavia, rispondo ai due quesiti posti: le prossime celebrazioni del 2 giugno e la visita a Roma del Presidente degli Stati Uniti d'America sono all'attenzione delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza per l'adozione e la messa a punto delle misure dei relativi dispositivi di protezione e di ordine pubblico.


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Già la scorsa settimana il ministro dell'interno ha incontrato i vertici delle Forze di Polizia e dei servizi di sicurezza per la preparazione dell'evento. In particolare, in occasione della visita del Presidente Bush, nei giorni 4 e 5 giugno, come per altre visite di Capi di Stato, è stato definito un dispositivo di prevenzione finalizzato, da un lato, ad assicurare livelli massimi di protezione della delegazione statunitense e dei possibili obiettivi di azioni violente o terroristiche e, dall'altro, a garantire il diritto di manifestare pacificamente sia per coloro che intendono esprimere dissenso nei confronti della visita, sia per coloro che invece intendono esprimere consenso.
Il dispositivo messo a punto, che prevede l'impiego di adeguati contingenti di forze dell'ordine, sarà oggetto di verifica il prossimo 31 maggio, nel corso del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, sede nella quale, come viene ricordato anche nell'interpellanza, verranno presi in considerazione tutti i profili di sicurezza e di ordine pubblico collegati all'evento.
Quanto alle manifestazioni di protesta, la questura di Roma ha riferito che, al momento, risultano preannunciate le seguenti iniziative: una prima manifestazione con corteo organizzato per il 4 giugno dal sindacato Cobas e dal movimento «Attac Italia», con raduno in piazza della Repubblica; una seconda manifestazione, con comizi e spettacoli musicali, promossa dalle stesse organizzazioni nella serata del 4 giugno, in piazzale dei Partigiani ed in piazza di Porta San Paolo.
La questura di Roma ha ricevuto la notifica di tale manifestazione; restano salve le valutazioni in ordine al loro svolgimento.
Nel pomeriggio del 4 giugno è prevista inoltre una maratona oratoria a piazza Navona, organizzata dal quotidiano «L'Opinione delle libertà», dedicata alla celebrazione del sessantesimo anniversario della liberazione di Roma.
Ribadisco la posizione del Governo in tema di diritto a manifestare che si traduce nel garantire a tutti di organizzare iniziative a sostegno delle proprie convinzioni, nel pieno rispetto della Costituzione e dell'ordinamento vigente. Vanno condivise le dichiarazioni di coloro che ritengono che nella manifestazione del dissenso debba affermarsi il profilo della responsabilità; ciò significa praticare metodi non violenti, attenti alle regole della convivenza civile e democratica e non mettere in atto comportamenti illegali.
In proposito, non posso che confermare quanto dichiarato ieri dal ministro dell'interno, onorevole Pisanu, circa la minacciosa esibizione degli «incappucciati», che ha trovato ospitalità in una sede istituzionale. «Se anche le istituzioni democratiche» - sono le parole del ministro - «assecondano i messaggi di violenza politica, diventa difficile il compito di salvaguardare i diritti costituzionali, la sicurezza e l'ordine pubblico».
Ciò è stato condiviso fra gli altri dal sindaco di Roma, onorevole Veltroni, per il quale - cito testualmente - è inaccettabile che in una sede istituzionale qualcuno possa mettere un cappuccio sulla testa o possa pronunciare frasi che non corrispondono a quella idea della convivenza civile, del confronto dialettico tra opinioni, del rispetto delle opinioni altrui, del rifiuto totale di ogni forma di intolleranza o di violenza, che sono le uniche parole pronunciabili in una istituzione.
Ed è certamente inammissibile - come è stato fatto ieri da un parlamentare - accusare il Governo di provocazione e di avvelenare il clima in occasione della visita di Bush a Roma, a fronte di ipotesi di regolamentazione delle manifestazioni di protesta.
Il Governo assicura che l'operato delle forze di polizia sarà improntato, anche in questo caso, a equilibrio e professionalità, al fine di evitare che il minimo disordine provochi danni a persone o cose. È superfluo ricordare il lavoro straordinario svolto dalle forze di polizia in occasione delle migliaia di manifestazioni organizzate negli ultimi anni e negli ultimi mesi; soltanto nel 2003 sono state 14 mila, di cui oltre la metà di natura politica. È altrettanto superfluo ricordare le attestazioni


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che da vari settori delle forze di opposizione sono state rivolte alla gestione del Ministero dell'interno di tali manifestazioni.
Circa la supposta collaborazione con il servizio di sicurezza statunitense, della quale si chiedono notizie nell'interpellanza, va detto che l'adozione delle misure per la sicurezza del Presidente degli Stati Uniti e della sua delegazione rientra nelle attribuzioni del ministro dell'interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza: esse sono esercitate avvalendosi delle autorità provinciali di pubblica sicurezza.
In tal senso, non esiste alcuna forma di condizionamento da parte di strutture di sicurezza degli Stati Uniti; vi è piuttosto un doveroso raccordo con la struttura dedicata alla protezione individuale del Presidente degli Stati Uniti. Si tratta dell'Agenzia federale americana, denominata «Secret Service», il cui nome non deve generare equivoci, perché si tratta infatti del servizio di scorta personale dello stesso Presidente.

PRESIDENTE. L'onorevole Mascia ha facoltà di replicare.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, naturalmente ringrazio il sottosegretario, e prendo atto di questa ultima precisazione circa il rapporto di collaborazione con i servizi di sicurezza statunitensi. Per quanto riguarda le altre considerazioni, vorrei intanto ribadire che mi paiono davvero smisurate le parole ripetute in questa sede a proposito della cosiddetta minacciosa esibizione degli incappucciati.
Non si può ragionare e parlare di violenza, quando non vi sono state parole di violenza in alcun modo, ma si sono semplicemente ribadite le ragioni che hanno portato e che portano il comitato «Fermiamo la guerra», come in altri paesi di tutto il mondo, a contestare questa guerra e ad esibire - questo sì - le conseguenze che sono parte del sistema della guerra.
Il problema è che le violenze e gli abusi sui prigionieri purtroppo non sono la rappresentazione estemporanea di qualcuno: sono ormai parte integrante di un sistema che si riproduce ad ogni occasione di guerra.
Non è possibile parlare, quindi, di violenza e d'intolleranza quando - lo ripeto - non sono state pronunziate parole violente ed intolleranti, ma semplicemente si è voluta rappresentare una situazione grave, come si sta facendo in tutto il mondo (ciò può piacere o non piacere). Ritengo pertanto che bisognerebbe misurare le parole, perché anch'esse contribuiscono a surriscaldare il clima, tanto più quando provengono da autorità, da livelli istituzionali alti e quando, poi, seguono polemiche di carattere prettamente elettorale (le abbiamo conosciute in ogni appuntamento elettorale rilevante).
Vorrei semplicemente aggiungere che, per quanto riguarda le iniziative del 4 giugno, non vi sarà solamente la manifestazione del pomeriggio, ma anche numerose altre manifestazioni di carattere simbolico, teatrale e musicale, con l'idea di rappresentare e di contestare la realtà della guerra (che noi cercheremo di riprodurre in modo scenografico).
Naturalmente, sono in corso trattative e discussioni tra il comitato «Fermiamo la guerra » e la questura di Roma, responsabile dell'ordine pubblico. In tal senso, una delegazione di parlamentari dell'opposizione e del Forum contro la guerra ha avuto, ieri sera, un incontro con il ministro dell'interno, onorevole Pisanu, per ribadire l'esigenza che i diritti fondamentali dei manifestanti siano garantiti e per sottolineare che, sia il contenimento dei toni - che tutti dovrebbero tenere bassi, in una fase come questa e noi ci sforzeremo di farlo, nonostante tutto -, sia la capacità di gestire e di rispondere in modo adeguato alle richieste, nei percorsi e nelle iniziative organizzate dal comitato «Fermiamo la guerra», possano contribuire a stabilire un clima che sia il più sereno possibile; altrimenti, si potrebbero verificare momenti di tensione.
In tal senso, devo dire che la sua risposta, signor sottosegretario - assolutamente formale -, che afferma che


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presso la questura di Roma si compiranno le opportune verifiche, come è naturale che si faccia, non è soddisfacente. Mi permetto di ribadire, in questa sede, l'urgenza dell'assunzione di tali decisioni. Sappiamo anche noi che vi sono tempi tecnici, che vi è anche la possibilità che si giunga fino al giorno stesso della manifestazione per concordare un percorso. Tuttavia, penso che, nell'interesse di tutti, sia opportuno che i nodi - di carattere tecnico, come ha ribadito il ministro dell'interno - siano risolti presto. Se si tratta, infatti, di questioni di carattere tecnico, possono essere affrontate in tempi rapidi, altrimenti le stesse possono assumere una piega di intralcio politico, che tutti dicono di voler evitare. Dunque, noi vigileremo e solleciteremo una decisione in tempi brevi.
Per concludere, vorrei dire al sottosegretario, onorevole Mantovano, che anche noi siamo assolutamente convinti della professionalità delle nostre forze dell'ordine; l'abbiamo verificata nel corso degli ultimi anni. Tale professionalità è stata, infatti, coltivata per garantire equilibrio, proporzionalità e risultati positivi in tutte le situazioni in cui le stesse forze dell'ordine sono state chiamate ad operare. Viceversa, abbiamo purtroppo sperimentato sulla nostra pelle - non faccio riferimento solo alle vicende di Genova e di Napoli, ma anche a molti episodi recenti - come detta professionalità non sia stata messa in atto, ma si sia determinato un clima inadeguato, assurdo, che ha creato addirittura più problemi di quelli che si dovevano risolvere.
Per tale ragione, noi facciamo leva sulla professionalità delle forze dell'ordine - ripeto, di cui non abbiamo dubbi - affinché essa sia utilizzata per garantire i diritti e perché nella situazione difficile in cui ci troveremo ad operare, anche in presenza di allarmi di altro tipo che si ripropongono ogni giorno, la gestione delle stesse forze dell'ordine sia improntata a grande intelligenza.
Signor sottosegretario, Famiglia cristiana non è un giornale che ci appartiene, ma le frasi che lei ha citato in precedenza sono l'ennesima testimonianza che - in una vicenda come l'attuale, in una lotta mondiale contro la guerra, in cui i tutti i popoli del mondo hanno il diritto di pretendere che i governi risolvano le controversie internazionali con gli strumenti della politica e non con la guerra - noi, come movimento antagonista e movimento dei movimenti, ci troviamo felicemente insieme a tanta parte del mondo cattolico, italiano e non solo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

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