Allegato B
Seduta n. 475 del 27/5/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AMICI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'attività produttive, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
diversi fenomeni ambientali, connessi con i mutamenti climatici, hanno flagellato nel corso dei mesi estivi il territorio nazionale -:
quali siano le rispettive valutazioni in merito a quanto esposto in premessa e se è stata stimata l'entità dei danni ed in genere gli effetti negativi provocati dagli incendi boschivi, dalle siccità e dalle frane e alluvioni provocate da fenomeni meteorologici estremi;
se il Governo intenda adottare misure urgenti a carattere di prevenzione riguardanti:
a) la elaborazione di piani regionali di prevenzione per contenere ed annullare gli effetti causati sul territorio, in particolare, sulle attività agricole e sulla salute dell'uomo dai mutamenti climatici anche dal punto di vista degli eventi meteorologici;
b) la sollecitazione agli Enti locali, specie per quelli situati nelle aree maggiormente vulnerabili;
c) la verifica, nei contesti sopra richiamati, dell'utilizzazione da parte degli Enti locali degli strumenti di intervento previsto (Agenda 21 locale, certificazione ambientale eccetera);
d) la promozione, a cura del Ministero dell'ambiente e delle Regioni di azioni mirate a informare e sensibilizzare gli enti locali sulla necessità di avviare tutti i possibili strumenti di intervento per prevenire e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
(4-07295)

Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare cui si risponde è stata sollevata la problematica relativa agli interventi da adottare relativamente ai danni arrecati al territorio nazionale dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nell'estate del 2003. In merito si riferisce che l'Italia per la sua configurazione geomorfologica e strutturale e l'elevato grado di antropizzazione presenta una rilevante esposizione al rischio da fenomeni di dissesto idrogeologico.
Occorre riflettere sul fatto che il rischio di danno economico per calamità naturali è in ordine di grandezza paragonabile alle ricorrenti manovre economiche di governo: basti pensare che l'alluvione della scorsa estate in Friuli Venezia Giulia ha prodotto danni stimati in circa 1 miliardo di euro e che le risorse stanziate per gli interventi in soli 13 comuni colpiti nel 1998 dall'evento di Sarno, ammontano a 550 milioni di euro.
In un recente articolo di stampa viene stimata in 1,5 miliardi di euro all'anno la


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spesa della pubblica amministrazione per azioni ed interventi gestiti con procedure di emergenza a seguito di disastri naturali.
Le cause di tale situazione vanno ricercate principalmente nell'espansione urbana e periurbana e nelle dinamiche torrentizie e fluviali; ma anche nella realizzazione di opere avvenuta nella seconda metà dello scorso secolo senza che sia stata posta la necessaria attenzione alla pianificazione e programmazione delle attività di sviluppo e di uso del suolo.
Con l'entrata a regime delle nuove leggi che lo Stato si è dato si registra la quasi totale elaborazione degli strumenti di pianificazione per l'Assetto idrogeologico, che costituiscono un quadro di riferimento fondamentale e che hanno permesso, tra l'altro, di definire gli interventi e le necessità finanziarie per la sistemazione dei bacini e per la messa in sicurezza delle situazioni a rischio. La situazione, aggiornata al marzo 2004, presenta un quadro assai confortante con 34 Autorità di bacino su 38 che hanno elaborato i Piani di assetto idrogeologico (PAI).
I piani di assetto idrogeologico stanno progressivamente arricchendo il quadro conoscitivo dei dissesti e degli squilibri presenti nei bacini idrografici italiani, estendendo l'indagine anche alle situazioni a rischio potenziale: attraverso l'analisi della pianificazione stralcio per l'assetto idrogeologico, sia ordinaria sia straordinaria, è possibile oggi definire un quadro nazionale delle aree a potenziale rischio idrogeologico più alto, valutate in più di 2,4 milioni di ettari (circa l'8 per cento del territorio italiano), di cui 1,6 milioni di ettari per frana e valanga e 0,8 milioni di ettari per alluvione, con oltre 400.000 situazioni di criticità idrogeologica, cui si aggiungono gli 800 chilometri di tratti fluviali sul fiume Po che sono da arginare. In 5.942 comuni (circa il 70 per cento dei comuni italiani) ricade almeno un'area «a potenziale rischio più alto» da frana e valanga e da alluvione.
Con la legge quadro sulla difesa del suolo sono stati programmati ed avviati interventi preventivi in un'ottica pianificatoria riferita al bacino idrografico. L'analisi condotta dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, evidenzia che dal 1991 al 2002 sono stati finanziati per le finalità di cui alla legge n. 183 del 1989 oltre 4000 interventi per circa 2,7 miliardi di euro; a questi si aggiungono circa 955 milioni di euro per la realizzazione di 1260 interventi urgenti ai sensi del «Decreto Sarno».
Oggi, con il monitoraggio dello stato di attuazione degli interventi possiamo evidenziare che per quanto riguarda gli interventi finanziati ai sensi della legge n. 183 del 1989, abbiamo il 40 per cento di essi realizzato, mentre il 23 per cento è in corso di esecuzione, il 32 per cento risulta di prossimo avvio ed il 5 per cento deve essere ridefinito.
Per quanto riguarda i fondi del decreto legislativo 180/1998, dai dati forniti dall'APAT, relativi al triennio 1998-2000 risulta che gli interventi sono stati completati per il 26 per cento del totale, mentre il 40 per cento risulta in fase di esecuzione ed il restante 34 per cento in corso di progettazione.
È indubbio che la carenza di personale tecnico competente in materia e la complessità intrinseca degli interventi di difesa del suolo, richiedono tempi lunghi per la loro realizzazione.
È necessario dare tutti una spinta al fine di rimuovere tali ostacoli e procedere quanto prima alla realizzazione degli interventi previsti nei piani di assetto idrogeologico dalle autorità di bacino, con particolare attenzione a quelli di difesa attiva e di miglioramento della funzionalità idraulica dei suoli, quali azioni di forestazione, recupero, manutenzione delle superfici boscate e delle sistemazioni idraulico-agrarie e idraulico-forestali realizzate nella prima metà del secolo scorso, regimazione e rinaturalizzazione della rete idrografica. A questo scopo, il Ministero si impegna a promuovere con determinazione tale linea di intervento, sostenendo l'attività dei Segretari Generali delle Autorità di bacino e dei responsabili delle amministrazioni locali.
Allo stesso tempo vanno sostenuti anche gli interventi non strutturali relativi all'adozione di misure di salvaguardia nelle aree più vulnerabili individuate nei piani di


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assetto idrogeologico, per non incrementare i livelli di rischio esistenti.
Vanno incentivate, inoltre, le delocalizzazioni e l'attivazione o il completamento delle reti di monitoraggio, finalizzate alla previsione in tempo reale degli eventi di piena e strumenti di supporto e collaborazione nella gestione delle situazioni di crisi con gli organi competenti.
In conclusione, sulla base di quanto previsto dalla legislazione vigente e degli importanti risultati raggiunti nella pianificazione per l'assetto idrogeologico, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio continuerà a sostenere l'attuazione dei piani stralcio attraverso un programma decennale di investimenti per il riassetto idrogeologico del paese nell'obbiettivo di una sempre maggiore attenzione alla prevenzione dei dissesti e di politiche di uso e sviluppo del territorio realmente sostenibili.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la prefettura di Catania, nell'ambito del piano per far fronte all'emergenza rifiuti, ha individuato il territorio di Mineo - un centro a prevalente economia agricola - quale sito per la realizzazione di una discarica per lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani (Rsu) a servizio del comprensorio dei 15 comuni del Calatino (Catania);
il bando per l'affidamento dei lavori - già pronto per la pubblicazione - è stato sospeso per trenta giorni dal prefetto, dopo le vivaci proteste degli imprenditori agricoli e la contrarietà del consiglio comunale di Mineo, manifestata con una delibera approvata all'unanimità;
il sito, riconosciuto idoneo da una commissione di esperti nominati dalla prefettura, si trova nella contrada Impeciato: una vecchia cava di gesso da tempo abbandonata, con una capacità massima stimata di 350 mila tonnellate di rifiuti;
l'area interessata dall'intervento - estesa 35 ettari - sovrasta la pianura di Mineo, che è coltivata prevalentemente ad arance pigmentate (Tarocco, Moro e Sanguinello) e si può considerare certamente come un'area «storica» dell'agrumicoltura tipica e di qualità;
gli imprenditori agricoli e gli agrumicoltori non disconoscono l'utilità del sito ma sono tuttavia contrari alla scelta di ubicare la discarica proprio in un'area del territorio delimitata dall'Igp arancia rossa di Sicilia, senza contare la porzione dell'olio Dop Monti Iblei;
si tratta di un'area che, grazie alla qualità della produzione, ogni anno in media genera una Plv di 500 mila euro, che sale a un milione, con la lavorazione e la commercializzazione degli agrumi, e garantisce almeno 250 posti di lavoro;
la discarica, qualora venisse realizzata, rischierebbe di compromettere, forse irrimediabilmente, una microeconomia che non si ferma al reddito e all'occupazione prodotti dall'agricoltura;
la presenza della discarica - secondo quanto affermato dai rappresentanti della Confagricoltura provinciale - potrebbe mettere una seria ipoteca sullo sviluppo delle attività agrituristiche della zona e sulle potenzialità del distretto rurale, che si vorrebbe costituire sull'esempio di quanto si sta facendo in Toscana creando una sinergia tra le attività agricole, commerciali e turistico-culturali;
la scelta effettuata, infine, non sarebbe stata preceduta né da uno studio sull'impatto ambientale né da uno sulle ricadute socio-economiche -:
se non ritenga opportuno intervenire con urgenza presso la prefettura competente affinché - nel pur arduo tentativo di individuare un sito idoneo per fare fronte all'emergenza rifiuti - si possa giungere ad una soluzione il più possibile condivisa (tramite per esempio la convocazione di un tavolo di lavoro con i soggetti interessati) in grado di contemperare le necessarie esigenze di sanità


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pubblica e rispetto dell'ambiente con quelle - altrettanto fondamentali - derivanti dal mondo dell'agricoltura, oggi così gravemente minacciate.
(4-08263)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione cui si risponde, riguardante il progetto per la realizzazione di una discarica per rifiuti solidi urbani nel comune di Mineo, si rappresenta che la prefettura di Catania, nell'ambito del Piano di emergenza per la gestione dei rifiuti, dopo una laboriosa istruttoria, con il coinvolgimento delle autorità locali interessate, ha previsto la realizzazione di una discarica al servizio dei comuni del Calatino, individuando un sito nel territorio del comune di Mineo, conferendo l'incarico per la redazione del relativo progetto e facendo richiesta di finanziamento al commissario delegato per l'emergenza rifiuti.
A seguito della pubblicazione del bando di gara, numerose proteste hanno indotto il prefetto a sospendere le procedure ed a cercare di individuare un sito alternativo ove realizzare la discarica a servizio del comprensorio, coinvolgendo anche le autorità locali.
In attesa di una soluzione, l'ufficio del commissario delegato e la prefettura di Catania hanno proseguito nell'attività di incremento della raccolta differenziata, finanziando gli impianti e le iniziative di sensibilizzazione e attivando l'impianto di compostaggio di Grammichele, essendo indubbio che l'incremento della raccolta differenziata è la migliore soluzione anche al problema dell'individuazione dei siti per le discariche.
Risulta che l'area interessata alla realizzazione della discarica, estesa per 35 ettari, sovrasta la pianura di Mineo sede di coltivazioni agricole intensive e di qualità, in particolare di agrumi tipici di pregio tra cui l'arancia rossa di Sicilia, definita ad «Indicazione geografica protetta» (Igp), ai sensi del Regolamento CEE n. 2081/92.
Qualora venisse realizzata la discarica in oggetto, appare degno di attenzione il timore espresso dagli interroganti di vedere compromesse le potenzialità di sviluppo delle attività agrituristiche nell'area, avviata a divenire distretto rurale attraverso l'attivazione di sinergie tra attività agricole, commerciali e turistico-culturali, sull'esempio di analoghe realizzazioni che già da tempo e con successo ormai consolidato vengono praticate in Toscana.
Effettivamente, come ricordato nell'interrogazione, il decreto legislativo n. 36/2003 all'Allegato 1, punto 2.1 «Ubicazione», definisce le situazioni di compatibilità delle discariche di rifiuti con il territorio, elencando una serie di situazioni geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche ed ambientali di norma oggettivamente incompatibili a priori con la realizzazione di una discarica, e prevedendo, a cura dell'autorità competente, una selezione dei siti di ubicazione anche sulla base di una valutazione delle condizioni locali di accettabilità dell'impianto di discarica, da condursi caso per caso, in relazione alla distanza dai centri abitati, all'eventuale rischio sismico, alla presenza di rilevanti beni storici, artistici ed archeologici ed alla collocazione in zone di produzione di prodotti agricoli a denominazione Igp o Dop e in aree interessate da agricoltura biologica ai sensi del Regolamento CEE n. 2092/91.
Nel caso in esame si esprime l'avviso che una siffatta valutazione, ove la realtà agricola della zona assuma i caratteri di unicità, tipicità, importanza economica e promettenti prospettive di sviluppo, possa assumere un peso di primo piano al fine di orientare in modo ragionato e corretto le decisioni in ordine alla collocazione sul territorio di discariche di rifiuti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il dottor Giuseppe Grimaldi è un avversario politico del sindaco di Mercato San Severino (Salerno), quale futuro probabile candidato sindaco della città;


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il giorno 23 maggio 2002 i vigili urbani del comune di Mercato San Severino eseguivano, con esito negativo, nella casa dove vive da oltre 12 anni, una perquisizione per eventuali abusi edilizi;
i vigili urbani del comune di Mercato San Severino, sempre nel mese di maggio 2002, si sono recati più volte presso il centro per disabili Juventus, dove Grimaldi svolge volontariaro da oltre 7 anni, per accertarsi se svolgesse attività professionale retribuita, incompatibile con quella di medico della mutua;
gli stessi vigili urbani, sempre nel maggio 2002, hanno effettuato un sopralluogo presso lo studio medico del Grimaldi, per controllore se questo era ubicato in una struttura dove la destinazione consentisse tale attività e che il 20 luglio 2002 l'ufficio tecnico del comune ha stabilito lo sgombero dello studio Grimaldi;
sembrerebbe che tale attività sia legata ad un esposto anonimo, il cui utilizzo è ampiamente limitato dalla legge;
ci sono forti sospetti per ritenere che il sindaco di Mercato San Severino, potrebbe aver indirizzato tali controlli, per altro tale eventualità ha avuto ampia eco sui giornali locali;
sembrerebbe che le forze dell'ordine, nonostante i giornali abbiano adombrato la possibilità di una persecuzione politica, si siano limitati solo ad un'acquisizione formale dei documenti, senza indagare se l'attività posta in essere dal comune di Mercato San Severino fosse o meno frutto di una persecuzione politica. In particolare, nessuno dei vigili urbani intervenuti è stato ascoltato per accertate se avessero o meno subito pressioni per svolgere tale attività -:
alla luce di quanto innanzi esposto, se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero, se siano state svolte tutte le indagini necessarie per accertare se siano stati commessi abusi dall'amministrazione comunale e quali provvedimenti intende adottare per garantire il ripristino della legalità nell'azione amministrativa del comune di Mercato San Severino.
(4-07806)

Risposta. - Nell'atto di sindacato ispettivo, cui si risponde, sono stati lamentati fatti riconducibili a presunti abusi che sarebbero stati commessi dall'amministrazione comunale di Mercato San Severino (Salerno) a danno del medico chirurgo dottor Giuseppe Grimaldi, nei confronti del quale gli organi amministrativi dell'Ente avrebbero disposto una serie di controlli per accertare la veridicità di quanto asserito in un esposto anonimo, indirizzato sia al comune che al comando della Guardia di Finanza.
Ciò premesso, sulla base di quanto riferito dal competente ufficio territoriale del governo di Salerno, si rappresenta quanto segue.
A seguito degli accertamenti disposti in data 11 dicembre 2002 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Salerno, è emerso che l'abitazione del dottor Grimaldi - in origine abusiva - è conforme all'autorizzazione concessa il 02 aprile 1999 ed alla concessione edilizia in sanatoria del 27 aprile 1998.
Il professionista, che è stato il direttore della struttura per disabili «Juventus» fino al 1995, da allora non risulta avervi più espletato alcuna attività. Egli occupava ad uso studio medico una struttura di tre vani ed accessori situata al piano terra dell'ex Monastero delle Visitandine di Ciorani in virtù di un contratto di concessione a titolo gratuito sottoscritto nel 1998 dall'amministratore della struttura conventuale, tale Padre Jesus Lopez. In assenza della comunicazione relativa a detta concessione, gli organi municipali competenti hanno sanzionato l'amministratore del Convento; quindi, con provvedimento del 19 luglio 2002, l'ingegnere capo del comune di Mercato San Severino - rilevato l'uso difforme dall'originaria destinazione dei locali di cui sopra - ha vietato all'interno degli stessi la prosecuzione dell'attività ambulatoriale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio d'Alì.


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COSTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la caserma «Carlo Alberto Dalla Chiesa» di Fossano (Cuneo), che rappresenta uno dei più pregevoli esempi di architettura militare dell'intero territorio nazionale è stata, a più riprese, sottoposta a lavori di ristrutturazione;
nella progettazione ed esecuzione di suddetti lavori, non sembra essere stato tenuto nel debito conto nè il grande valore storico del complesso, nato nell'800 come «Polverificio del Regno d'Italia», né il problema dell'impatto paesaggistico e del rapporto con la città che tali interventi avrebbero potuto comportare;
ad avviso dell'interrogante, tali lavori di ristrutturazione hanno comportato, spesso, l'utilizzo di materiali che mal si armonizzano con l'architettura del complesso (come, ad esempio, la sostituzione dell'originario scalone in pietra di Luserna con alzate e pedane in marmo lucido o, ancora, la sostituzione, con serramenti di alluminio, di quelli preesistenti in legno) -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per salvaguardare l'integrità architettonica e paesaggistica del complesso militare;
se non sia possibile che gli ulteriori rimaneggiamenti a cui eventualmente dovesse essere sottoposta la caserma, vengano realizzati tenendo conto del suo rapporto con la città e del suo importante valore storico ed ambientate.
(4-08531)

Risposta. - Il complesso infrastrutturale della Caserma «Dalla Chiesa» in Fossano (Cuneo) originariamente adibito ad opificio per la produzione di polvere da sparo e successivamente utilizzato quale sito militare per vari reparti dell'Esercito italiano con la denominazione di caserma «Piave», è stato acquisito dall'Arma nel giugno 1996 ed oggi è sede del 2o Battaglione Allievi Carabinieri.
La struttura che nel tempo è stata oggetto di molteplici interventi infrastrutturali di ammodernamento curati dagli organi tecnici dell'Arma e dal competente Provveditorato alle opere pubbliche, non risulta sottoposta a specifici vincoli paesaggistici/ambientali/architettonici.
Relativamente ai lavori di ristrutturazione:
a) gli interventi di sostituzione degli infissi originari in legno, presso le palazzine destinate a camerate, si sono resi necessari a causa del precario stato di usura;
b) la sostituzione dello scalone in pietra di Luserna è avvenuta in tempi remoti.

Peraltro, non sembrano emergere particolari contrasti tra le vecchie e le nuove realizzazioni, soprattutto con riferimento all'originario nucleo di edifici, che sostanzialmente conserva un immutato assetto architettonico.
In conclusione, nonostante il complesso in parola, al momento, non sia sottoposto a specifici vincoli, si assicura che eventuali futuri interventi/ristrutturazioni/lavori verranno realizzati tenendo conto, oltre che delle esigenze funzionali dell'Arma, anche dell'impatto paesaggistico, ambientale ed architettonico, nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DEIANA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da molte organizzazioni, associazioni e avvocati, che lavorano sul tema dell'immigrazione, pervengono denunce sulla situazione in cui si trovano i cittadini stranieri che fin dalle prime ore della mattina, davanti alle sedi delle questure e dei commissariati, attendono in piedi e al freddo per presentare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, e spesso sono oggetti da parte di agenti di polizia di comportamenti lesivi dei diritti della persona;


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le sedi delle questure e dei commissariati spesso non sono dotati di locali sufficientemente adeguati al flusso dei cittadini stranieri e il personale operante non sempre è adeguatamente preparato sulla materia;
i periodi di attesa per il rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno sono molto più lunghi di quanto stabilito dalla normativa a riguardo, con conseguente ricaduta sulla situazione economico-lavorativa e socio-sanitaria dei richiedenti;
l'istanza ritenuta incompleta dagli incaricati alla ricezione non viene accettata, e non viene fornita all'interessato una motivazione scritta senza la quale non è messo in grado di dimostrare di aver presentato la pratica nei termini previsti per legge -:
se non intenda provvedere a che i locali delle questure siano consoni ad attese così lunghe;
se non intenda dotare questi uffici preposti al ricevimento e alla trattazione delle pratiche, riguardanti la materia dell'immigrazione, di personale adeguatamente preparato;
se non intenda provvedere affinché i cittadini stranieri vengano trattati con il dovuto rispetto della dignità umana;
se non ritenga necessario, nel caso delle istanze giudicate incomplete, che sia data la possibilità di poter integrare la documentazione eventualmente mancante.
(4-02061)

Risposta. - Si premette, innanzitutto, che il testo dell'interrogazione cui si risponde appare espresso in termini molto generali e, pertanto, non consente una puntuale risposta riferita a singole strutture della polizia di Stato.
In linea generale, si è fatto fronte, con un'ampia gamma di iniziative, all'insufficienza delle strutture disponibili per l'«emergenza stranieri» degli ultimi anni.
In alcuni casi, il reperimento di una migliore sistemazione per l'ufficio immigrazione rientra in un più ampio programma di ridislocazione dei vari uffici di polizia delle città (questure di Bologna e di Bari); in altri casi è stato individuato uno stabile idoneo al trasferimento di sede dell'intero organismo (questura di Roma); in altri ancora si sta procedendo all'allestimento e all'acquisizione di nuovi spazi aggiuntivi (questure di Napoli e di Macerata).
Inoltre, nel corso degli ultimi esercizi finanziari, il ministero dell'interno è intervenuto per finanziare lavori destinati a vari uffici stranieri di alcune questure (Varese, Cosenza, Alessandria, Genova e altre).
Relativamente ai tempi di attesa per il rilascio e/o il rinnovo del permesso di soggiorno, effettivamente questi sono più lunghi di quanto stabilito dalla normativa vigente; tuttavia, sono allo studio soluzioni tecniche per superare l'inconveniente.
Per quanto riguarda le istanze di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno presentate incomplete, è prassi costante degli Uffici Immigrazione consentire agli interessati la possibilità di integrarle con ulteriore documentazione nel rispetto dei termini previsti per legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DEIANA e PISA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'isola de La Maddalena - S. Stefano a partire dalla fine degli anni sessanta è stato edificato un complesso di sterminati depositi sotterranei e di superficie per carburanti, armi e munizionamento navale, attraverso un fondo comune tra la Marina italiana e quella degli Stati Uniti con le modalità del trattato Nato del 1951 e fin dal 1972 in una delle banchine del molo ha avuto diritto d'attracco e a tutt'oggi non è dato sapere attraverso quali segreti accordi, una nave statunitense a propulsione nucleare con armamento missilistico atomico, nominata dagli stessi militari americani nave «balia» per la sua funzione di approvvigionamento dei sommergibili «in sonno» nelle caverne sottomarine de La Maddalena. Su questa nave è stoccato il munizionamento per il rifornimento


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dei sottomarini e dalla nave avviene il trasbordo dei missili nucleari sui sommergibili che così armati vengono ospitati nel deposito sottomarino comune alla marina italiana;
da fonti di stampa, (il Manifesto 10 luglio 2003) si apprende che a La Maddalena - Santo Stefano è in via di attuazione il progetto presentato l'inverno scorso dalla Us. Navy che prevede la costruzione di oltre 50 mila metri cubi fra edifici e strutture di cemento armato già sito d'approdo - attualmente è questa la denominazione con cui viene chiamato nei documenti ufficiali destinati alle autorità italiane - per la nave appoggio per i sommergibili nucleari d'attacco della classe Los Angeles, appartenenti al X Squadrone della 69 task force della sesta flotta americana di stanza nel Mediterraneo;
la sede della Naval Support Activity, alloggiata al presente in un terreno di proprietà di un privato cittadino, a seguito di questo nuovo progetto, sul quale peraltro la componente civili del Comitato regionale paritetico per le servitù militari ha dato già parere negativo, subirà un sostanziale ampliamento logistico e infrastrutturale che comprenderà un lungo molo e una serie di edifici alti anche 14 metri che prenderanno il posto delle casematte e del vecchio pontile utilizzati dall'attuale insediamento militare, tanto da configurare l'assetto di una vera e propria base di supporto navale come fin da adesso viene già nominata nei bollettini ufficiali in sostituzione della vecchia e più ambigua dicitura di sito d'approdo;
il progetto complessivo, prevede la costruzione di palazzine per servizi portuali, manutenzione di unità operative e unità navali leggere, edifici per l'amministrazione, una sala conferenze, uno spazio dedicato alle operazioni di sicurezza, laboratori d'informatica e di analisi chimiche oltre a una sala addestrativa, un centro benessere, un campo di pallacanestro, un magazzino di stoccaggio per materiali/rifiuti speciali, barili e serbatoi di gas, mentre un'altra palazzina ospiterà 24 unità abitative in piena regola con annessa sala mensa, cucina e magazzino, teatro, sala da ballo, sala biliardo, area snack e agenzia di viaggi, infine una banchina di ormeggio predisposta per 24 unità di naviglio leggero, della lunghezza di 185 metri;
così configurata l'isola della Maddalena-Santo Stefano, diventa per estensione ed importanza una vera e propria base Usa anzi la più importante - già lo è strategicamente - nell'area mediterranea;
l'isola perde interamente la sua prerogativa di Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena e le drastiche restrizioni e la rigida disciplina sulle attività della pesca e quelle turistiche relative a questa sua peculiarità, finiscono per favorire non l'insediamento faunistico e ambientale, del tutto incompatibile con la presenza di una base nucleare statunitense, ma piuttosto agevolare e dissimulare l'operatività della Us. Navy -:
quale trattato, accordo, o memorandum, di cui per altro il Parlamento è assolutamente all'oscuro, possa consentire al Governo una simile operazione, tanto più che l'evoluzione internazionale per quanto attiene la natura e la funzione del trattato Nato, punto di riferimento obbligatorio per tutto ciò che ha a che vedere con gli accordi bilaterali tra l'Italia e gli USA, ha modificato notevolmente il contesto e il significato dell'alleanza imponendo una ridiscussione parlamentare a fondo dell'intera materia;
se il Governo non ritenga almeno necessario, riguardo un progetto tanto devastante, attenersi a quanto deciso dal Comitato regionale paritetico per le servitù militari, ente preposto a valutare il progetto e darne il via libera, considerando fra l'altro la volontà del popolo sardo e dei cittadini de La Maddalena - Santo Stefano, che da sempre hanno contrastato la presenza del nucleare e delle servitù militari sull'isola.
(4-07230)

Risposta. - Il Governo e la Difesa hanno già avuto modo di riferire sulle


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questioni sollevate dagli interroganti, rispondendo ad analoghi atti di sindacato ispettivo.
Ad integrazione di quanto già riferito in Aula Camera nella seduta del 15 ottobre 2003, in merito all'interrogazione a risposta immediata n. 3-02771 presentata dai medesimi interroganti, si rende noto che la regione Sardegna, nell'ambito di una riunione tenuta il 14 gennaio 2004 presso il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha ritirato il dissenso precedentemente espresso sulla decisione assunta dal Ministro della difesa il 30 settembre 2003 ai sensi della legge n. 898/1976.
In quella stessa riunione è stato, inoltre, firmato un Protocollo con il quale la Difesa si è impegnata a fare propri tutti i suggerimenti e le migliorie progettuali che i competenti uffici della regione autonoma Sardegna vorranno proporre, per il rispetto dell'ambiente e del paesaggio, tenuto conto della natura e delle finalità dell'opera.
Si tratta di migliorie infrastrutturali per le quali non è necessaria alcuna revisione dei preesistenti Accordi bilaterali riguardanti l'ormeggio di una nave appoggio presso la banchina dell'isola di Santo Stefano, destinata a fornire supporto tecnico-logistico ai sommergibili NATO.
Peraltro è assai fantasiosa la descrizione riportata nella prima premessa dell'interrogazione in merito all'esistenza di sterminati depositi, a sommergibili «in sonno» nelle caverne sottomarine ed al deposito sottomarino comune alla Marina italiana.
Il progetto di ammodernamento mira ad adeguare le strutture esistenti agli attuali standard di vita e di sicurezza antiterrorismo del personale e ad ottimizzare le attività lavorative; non comporta alcun incremento delle banchine, tanto meno prevede la realizzazione di opere sottomarine.
Tale progetto, proposto dagli statunitensi a fine 2001, è stato certificato in ambito nazionale per verificarne la rispondenza ai requisiti necessari per il rilascio della dichiarazione di «opera destinata alla difesa nazionale».
È appena il caso di ricordare che nell'
iter di approvazione del progetto, la Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio e il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico per le province di Sassari e Nuoro, dopo aver accertato che erano state apportate le varianti ad alcune modifiche progettuali precedentemente richieste, ha espresso parere tecnico favorevole.
Anche l'Ente Parco «Arcipelago della Maddalena», interessato in merito, non ha rappresentato alcuna eccezione.
Va evidenziato, peraltro, che la base militare di S. Stefano esisteva già molti anni prima della data di approvazione della legge quadro per le aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 294), dell'istituzione del Parco Nazionale (legge 4 gennaio 1994, n. 10) e dell'Ente Parco (decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1996).
Quest'ultima norma specifica che «fatte salve le modalità operative concernenti le utilizzazioni del territorio per esigenze di carattere militare, di competenza dell'Amministrazione Difesa, l'area del Parco è suddivisa in tre zone terrestri e tre zone marine».
È pertanto evidente che il legislatore aveva già considerato a suo tempo la possibile convivenza delle due realtà.
Il Parco Nazionale è certamente fruibile, fatte salve le limitazioni relative al tratto che sull'isola di Santo Stefano va dalla punta Sassu, a nord, alla punta Guardia Moro, a sud; la presenza americana nell'isola di La Maddalena riguarda uffici, collocati in costruzioni preesistenti appartenenti a privati, nonché abitazioni delle famiglie di militari, anch'esse di proprietà privata.
In conclusione, il Ministro della difesa, ai sensi dell'articolo 3 della citata legge 898/1976, nel superiore interesse della difesa nazionale e della sicurezza militare, tenuto conto della presenza di problemi seri di tutela dei lavoratori e della necessità di mettere a norma dal punto di vista antinfortunistico strutture ormai obsolete, ha autorizzato l'esecuzione dei lavori superando, per prevalente interesse, la mancanza dell'unanime parere tecnico del comitato paritetico misto della regione Sardegna.


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La mancata realizzazione dei lavori avrebbe comportato l'inosservanza di norme vigenti, esponendo i titolari ad eventuali denunce penali.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 4-32883, presentato il 5 dicembre 2000 (XIII Legislatura) l'interpellante evidenziava come le signore Bergonzi Carla (nata a Ferriere, in provincia di Piacenza, il 6 aprile 1930) e Bergonzi Rosa (nata a Ferriere, in provincia di Piacenza, l'11 luglio 1927), entrambe residenti a Ferriere, in via Genova 13, lamentassero di essere vittime di giustizia, atteso che ai reiterati esposti presentati alle competenti autorità, riguardanti gravi fatti aventi rilievo penale, non risultava fosse stato dato seguito alcuno;
allo scadere della Legislatura l'interrogazione predetta decadeva, ma le questioni prospettate rimangono tuttora attuali;
con nota protocollo 1366 del 26 novembre 2001 la signora Carla Bergonzi, che delle questioni lamentate aveva investito il prefetto di Piacenza, veniva informata da quest'ultimo che lo stesso non aveva facoltà di intervenire «essendo pendente un procedimento innanzi l'autorità giudiziaria»;
successivamente, in data 12 agosto 2003, la signora Bergonzi Carla veniva convocata, su Sua richiesta, presso il comando provinciale di Piacenza dei Carabinieri, reparto operativo, ove esponeva in forma riassuntiva i fatti -:
se in ordine ai predetti fatti, formalmente denunciati, vi siano procedimenti giudiziari in corso.
(4-09073)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in discorso, si comunica che, secondo quanto riferito dalla prefettura di Piacenza, gli atti di denuncia e gli esposti presentati negli anni (il primo il 22 ottobre 1966 e l'ultimo il 21 gennaio 2001) dalle signore Carta e Rosa Bergonzi sono stati tutti archiviati dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza per infondatezza delle notizie di reato.
Dell'esito degli esposti e delle denunce il Comandante della stazione dei Carabinieri di Ferriere (PC) ha informato le signore Bergonzi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIORDANO e VENDOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza n. 464 del 9 dicembre 2003 la Commissione straordinaria del comune di Lamezia Terme ha dettato una serie di misure per lo smaltimento dei teli di plastica utilizzati in agricoltura;
tale ordinanza si è resa necessaria a seguito dei risultati di uno studio scientifico realizzato dall'Istituto centrale di ricerca applicata al Mare di Roma e commissionato dall'Ufficio del commissario straordinario per i rifiuti della regione Calabria;
questi risultati evidenzierebbero la presenza di diossina nei fondali marini prospicienti il Golfo di Sant'Eufemia Lamezia;
la diossina potrebbe provenire dalle ceneri provocate dalla combustione dei teli di plastica massicciamente utilizzati nell'agricoltura della piana Lametina;
l'assunzione, anche in dosi minime, di diossine attraverso l'alimentazione e l'inalazione è in grado di produrre alterazioni del sistema produttivo, immunitario ed endocrino con gravi conseguenze per la salute;
questo ennesimo episodio di grave inquinamento ambientale, sommato alla pessima condizione delle acque di balneazione


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nella scorsa stagione estiva, conferma i numerosi e ripetuti dubbi che da più parti sono stati sollevati sull'efficacia delle politiche adottate in questi anni dall'Ufficio del Commissario per l'Emergenza Rifiuti in Calabria;
la stessa sezione regionale della Corte dei conti sul Referto pubblicato nell'ottobre 2002 scrive tra l'altro: «Ad avviso della sezione, il fenomeno dell'inquinamento (si riferisce ai dati sullo stato della salute delle coste tirreniche calabresi, comprese tra la provincia di Vibo Valentia a sud e quella di Cosenza a nord) di questo lungo tratto di costa presentava profili di interesse per un'indagine sulla gestione onde valutare il grado di efficacia delle politiche di salvaguardia ambientale, anche di tipo straordinario, previste dalle leggi di programma, in un'area ad alta vocazione turistica e di rilevante interesse economico per le risorse che può garantire»;
risulta agli interroganti che le scelte dell'ufficio del commissario, invece di indirizzarsi con il massimo degli sforzi e dei finanziamenti alla raccolta differenziata, sono stati indirizzati quasi esclusivamente alla costruzione di discariche, di impianti di compostaggio e di produzione di Cdr, nonché a quella di termovalorizzatori, questi ultimi fortemente sotto accusa per il loro impatto ambientale e sanitario;
in merito all'inquinamento ambientale nell'area del lametino sono state già presentate numerose interrogazioni dal sottoscritto e da altri colleghi parlamentari del mio gruppo alle quali non è stata mai fornita risposta;
il diritto alla salute, alla sicurezza e ad un ambiente salubre devono essere costituzionalmente tutelati -:
se la presenza della diossina nelle acque del golfo di Sant'Eufemia Lamezia è da addebitare esclusivamente alle ceneri prodotte dalla combustione delle plastiche utilizzate in agricoltura;
quali sono i rischi per l'ambiente e per la salute dei cittadini del lametino;
se non ritenga opportuno vista la gravità della situazione proporre indagini dettagliate sulla presenza di diossine anche sul terreno della piana lametina;
come si è potuta determinare tale situazione e come mai non vi sono state delle politiche preventive in grado di evitarla;
quali azioni di monitoraggio e di controllo capillare intenda porre in essere per contrastare il fenomeno delle pratiche messe in atto in difformità delle leggi vigenti in materia di difesa ambientale;
quali sono i motivi di tale situazione;
come mai si sono verificate e continuano a verificarsi le inadempienze da più parti denunciate;
se non ritenga necessario intervenire per mettere in campo un approccio diverso al problema dei rifiuti, da quello fallimentare adottato in questi anni in Calabria, capace di garantire il superamento delle emergenze, il rispetto della salute umana ed ambientale e la reale soluzione del problema.
(4-08698)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in argomento, si premette innanzitutto che l'ICRAM, opportunamente contattato, ha smentito la realizzazione di uno studio scientifico sulla presenza di diossina nei fondali marini prospicienti il Golfo di Sant'Eufemia Lamezia, commissionato dall'ufficio del commissario straordinario per i rifiuti della regione Calabria.
Tale, studio, secondo gli onorevoli interroganti, sarebbe stato funzionale all'emanazione di un'ordinanza del comune di Lamezia Terme per regolamentare lo smaltimento dei teli di plastica usati in agricoltura, in quanto ritenuti responsabili, previo incenerimento, della presenza di diossina nei fondali marini prospicienti il Golfo di Sant'Eufemia Lamezia.
Tanto premesso ed in mancanza di un ragionevole studio scientifico che supporti quanto lamentato dagli onorevoli interroganti, si rappresenta tuttavia che l'Amministrazione interrogata attua un programma


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di monitoraggio per il controllo dell'ambiente marino costiero, in prossima scadenza a maggio 2004; a tale riguardo, si è potuto verificare che l'area antistante il comune di Vibo Valentia, risulta l'area monitorata più vicina a quella interessata dall'interrogazione parlamentare: pur non essendo eseguite analisi specifiche sulla presenza di diossina, vengono tuttavia controllati gli andamenti semestrali dei PCB (policlorobifenili), degli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e dei composti organoclorurati nei sedimenti.
Nell'eventuale prosecuzione del programma di monitoraggio delle acque marino-costiere posto in essere dal ministero interrogato, si potrà inserire il controllo della presenza di diossina in tale area critica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

GROTTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'approvazione del Terminal gasiero da realizzarsi al largo di Porto Levante, allo foci del Po, da parte del ministero dell'ambiente e della regione Veneto ha suscitato tra le popolazioni locali e varie associazioni di categoria allarme e preoccupazione;
questo impianto di stoccaggio e rigassificazione per 250.000 metri cubi di gas proveniente dalla Nigeria, dovrebbe essere costruito a 10,12 Km dalla costa su una piattaforma marina di 356 per 56 metri e il metano liquido dovrà essere mantenuto ad una temperatura costante di 162 gradi sotto zero, con il rischio che se questo non accadesse il metano passerebbe allo stato gassoso aumentando di 600 volte il proprio volume;
l'operazione di rigassificazione sarà attuata sulla stessa piattaforma marina utilizzando l'acqua di mare come scambiatore di calore con l'effetto di restituire la stessa con una variazione di 4,4 gradi in più o meno da quella iniziale dipendentemente dalla stagione invernale o estiva, e arricchita di ipoclorito di sodio per impedire la precipitazione di sali marini lungo l'impianto;
tale impianto è stato rifiutato a Manfredonia e a Fano, mentre a Monfalcone la proposta è stata respinta dopo un referendum e due anni di lotta da parte della popolazione locale;
l'opposizione alla localizzazione in questa area dell'impianto si basa su numerose considerazioni che appaiono inconfutabili:
a) i rischi notevoli per le popolazioni e il territorio circostante, visto che numerose sono le ipotesi di incidente (che nessuno si sente di escludere in assoluto) tra cui il flasch-fire, ovvero il rilascio di GNL che non vaporizzando immediatamente genererebbe una nube che potrebbe incendiarsi tutta assieme, o ipotesi ancora più preoccupante la possibilità di una esplosione dell'impianto con le terribili conseguenze annesse;
b) il rifornimento di metano liquido verra assicurato da enormi navi gasiere con 135 mila metri cubi di carico che in caso di incidente navale, purtroppo sempre possibile, determinerebbe un vero e proprio disastro per tutta la costa interessata;
c) l'interdizione di una vasta area alla navigazione con notevoli danni alla pesca, alla coltivazione dei mitili e al turismo che sono fonti primarie da un punto di vista economico dell'intera zona;
d) l'impatto negativo evidente che simile opera avrebbe nei confronti della recente costituzione dell'Ente Parco del Delta del Po avvenuta con legge regionale n. 36 dell'8 settembre 1997, che aveva come obiettivo la valorizzazione dell'area e la prospettiva di uno sviluppo basato sul turismo, la pesca e la molluschicoltura;
e) infine è da registrare la modesta creazione di posti di lavoro (circa un centinaio) che si creerebbero ad impianto


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operativo che sicuramente non servirebbero a risolvere i problemi socio economici del Basso Polesine;
a rafforzare queste opposizioni vi sono le stesse conclusioni a cui è giunta una commissione speciale sulle problematiche relative al terminal gasiero voluta dalla Provincia di Rovigo che nella seduta del 23 ottobre 2000, dopo un lungo lavoro di ricerca ed una serie di incontri avuti con tecnici, cittadini ed associazioni affermava che tale impianto, allo stato attuale, doveva ritenersi inopportuno;
non si può dimenticare, inoltre, che il Piano d'area definisce il Delta del Po come «sistema ambientale lagunare e litoraneo» e che in tali ambiti sono consentiti solo interventi ed opere con finalità idraulica e produttiva ittica, cosa che non ha niente a che vedere con il terminal gasiero per la costruzione del quale sono state poste ben 17 condizioni preventive all'Edison;
da ultimo è da sottolineare che sino ad oggi la Capitaneria di porto di Chioggia non ha ancora dato l'autorizzazione all'avvio di questo mega impianto a conferma dei dubbi e delle preoccupazioni sollevate da più parti -:
se non ritenga, pur comprendendo la necessità di arrivare ad una diversificazione delle fonti di energia nel nostro Paese, necessario rivedere la collocazione di tale impianto restituendo alle popolazioni del Basso Polesine la necessaria tranquillità riconfermando, allo stesso tempo, le scelte già operate che puntano ad uno sviluppo dell'area attraverso il potenziamento del Parco e del Turismo che saranno, altrimenti, gravemente penalizzati.
(4-00561)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, riguardante il Terminale marino per la rigassificazione di GNL da realizzarsi al largo di Porto Viro proposto da EDISON Gas, si evidenzia che il progetto riguarda la realizzazione di un terminale marino: che consente di svolgere le attività di accosto delle navi metaniere, scarico, stoccaggio e rigassificazione di GNL. Il gas rigassificato è trasferito a terra attraverso una condotta marina-terrestre. Il terminale è costituito da una struttura in calcestruzzo appoggiata sul fondo marino, localizzata in un'area dal raggio di 2,5 chilometri, posta a 10-12 chilometri dalla costa al largo di Porto Levante. L'area è caratterizzata da un fondale a morfologia piatta ad una profondità di 25-30 metri.
Il progetto è stato assoggettato alla procedura di valutazione dell'impatto ambientale e con DEC/VIA/44o7 del 30 dicembre 1999 è stato espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale con prescrizioni. Si evidenzia che nell'ambito del procedimento di VIA regione Veneto con nota del 3 agosto 1999 si è espressa positivamente con prescrizioni.
Con riferimento a quanto paventato dall'interrogante in merito ad «impatti disastrosi» derivanti da rigassificatore, si evidenzia che la Commissione VIA ha nel suo parere considerato tali evenienze ed ha giudicato tali impatti nel complesso «poco significativi».
A tale proposito nel citato decreto di compatibilità ambientale si legge:
a) la scelta del sito al largo di Porto Levante appare sufficientemente motivata dal confronto con le altre localizzazioni considerate, alla luce dei criteri utilizzati quali: distanza della costa, profondità dei fondali, caratteristiche sismologiche, condizioni meteomarine del sito, caratteristiche morfologiche, vincoli per titoli minerari preesistenti;
b) per quanto concerne le alternative di tracciato analizzate per la condotta di collegamento, le motivazioni della scelta del tracciato, approfondite su specifica richiesta della Regione, appaiono convincenti e non interferenti con ecosistemi di particolare valore;
c) l'impianto offre un adeguato margine di sicurezza nei confronti del collasso sotto i carichi determinati sia per gli eventi di progetto (onda dei 100 anni e sisma dei 200 anni) che per gli eventi eccezionali (sisma dei 2.000 anni e dei 10.000 anni);


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d) in relazione agli impatti che potrebbero determinarsi anche sull'ambiente da mal funzionamenti o da eventi incidentali, nel corso dell'istruttoria si sono particolarmente approfonditi i temi relativi agli scenari incidentali per eventi interni o esterni, anche con l'ausilio di incontri con l'estensore del rapporto di sicurezza redatto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 175/88 (direttiva Seveso), con la Capitaneria di Porto di Chioggia e con il presidente della C.T.R. della regione Veneto. I risultati delle analisi di sicurezza mostrano che i rischi sono accettabili ed analoghi a quelli riscontrabili in altre installazioni offshore. Nella progettazione dell'opera sono stati adottati tutti i possibili accorgimenti per ridurre al minimo le frequenze delle interazioni incidentali e le relative conseguenze attese, le cui fasce di impatto rimangono peraltro di limitata estensione;
e) si è presa visione degli approfondimenti e delle valutazioni della C.T.R. relativi alle problematiche connesse alla realizzazione dell'opera con le conseguenti interferenze con i flussi di traffico marittimo e quelle connesse alla sopportabilità del manufatto di un impatto da parte di una nave mercantile in transito. Tali approfondimenti e valutazioni hanno evidenziato che nel sito del Terminale non si riscontrano vincoli per la manovra delle navi in transito e non si determina interferenza con il campo boe per GPL gestito dalla ABIBES e ciò anche nell'ipotesi di implementazione di quest'ultimo. La presenza del Terminale e le sue caratteristiche, specialmente se migliorate così come indicato nelle prescrizioni, non interferiscono con il traffico peschereccio che per le modeste dimensioni dei natanti non costituirebbe comunque un pericolo se non come intralcio alla navigazione;
f) le analisi che il RINA (Registro Navale Italiano) ha sviluppato per verificare l'efficacia della struttura a proteggere dalle azioni ambientali critiche, previste durante le fasi operative, la nave LNC ormeggiata nonché l'adeguatezza del sistema stesso di ormeggio a resistere alle forze ambientali che lo sollecitano hanno dato esito positivo;
g) gli impatti potenziali dell'opera verso le variabili ambientali ed i possibili fattori perturbativi attengono principalmente alla fase di realizzazione del terminale e della condotta e sono ricollegabili agli effetti della risospensione dei sedimenti;
h) le risospensioni di sedimenti rappresentano senz'altro l'impatto maggiore, quantunque temporaneo, della fase di realizzazione e, sia pure con minore intensità, della fase di decommissioning;
i) meno preoccupanti risultano gli altri impatti potenziali legati alla fase di realizzazione, alcuni dei quali sono semplicemente riferibili allo stadio iniziale della fase realizzativi;
l) gli effetti sulla biomassa che avverranno una tantum al momento dell'insediamento e lungo il tracciato del gasdotto, si possono considerare non rilevanti anche su scala locale. Non sembrano, infine, importanti eventuali fenomeni di bioaccumulo di inquinanti, data anche la relativa brevità della fase di realizzazione/rimozione;
m) gli impatti più rilevanti nella fase di esercizio si possono ricondurre alle già menzionate alterazioni di carattere oceanografico e geomorfologico prevedibili nelle immediate adiacenze del terminale. A questi si debbono aggiungere gli effetti dello scarico dell'acqua di rigassificazione del GNL sia in termini di temperatura sia di inquinamento da cloro libero. Quest'ultimo aspetto, dovuto alla produzione di cloro-derivati derivante dall'impiego di cloro libero in funzione prodotto antivegetativo antifouling nell'impianto dell'acqua di rigassificazione, è tuttavia da considerarsi poco significativo;
n) le altre forme di impatto, se si esclude quella sull'uso del territorio ai fini della pesca, non sembrano avere ruoli significativi: fenomeni di bioaccumulo di metalli provenienti dagli anodi sacrificali del terminale o derivanti dal traffico da e per il terminale stesso, ad esempio, sono probabilmente indistinguibili da quelli derivanti


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dalle aliquote di quegli stessi metalli già presenti in fase sedimentaria e provenienti da altre fonti.

Per quanto concerne il blocco della realizzazione dell'impianto, si rappresenta che per quanto compete al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio non si ravvisano gli estremi per revocare il decreto di compatibilità ambientale.
In ogni caso, l'impianto è stato autorizzato con decreto dell'allora ministero dell'industria e con il parere favorevole della regione Veneto.
Di recente, la EDISON ha richiesto una parziale modifica dell'impianto che, attualmente, è all'esame tecnico della Commissione VIA, al fine di verificarne la fattibilità.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

LETTIERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Francavilla sul Sinni in provincia di Potenza, antico grazioso e significativo comune del Parco Nazionale del Pollino, spesso è erroneamente definito Francavilla in Sinni;
infatti molti uffici statali, nel loro sistema informativo, usano tale errata dizione, che, anche se «parva res», crea non pochi problemi ai cittadini nei loro quotidiani rapporti con gli uffici pubblici, banche, eccetera. Dovendo compilare moduli, assegni, essi incontrano difficoltà, perché i vari impiegati sollevano questioni;
la denominazione esatta è storicamente Francavilla sul Sinni, come risulta dal testo del professor Antonio Giganti «Francavilla nella media valle del Sinni», nonché dalla «Storia dei popoli della Lucania» del Racioppi, e soprattutto dallo statuto del Comune e dai documenti che esso rilascia -:
se non intenda dare specifica direttiva ai vari uffici statali e quant'altro ritenga opportuno fare per ovviare all'inconveniente lamentato, che sebbene apparentemente piccolo, crea non pochi disagi.
(4-05158)

Risposta. - Anche a seguito dell'interrogazione presentata dall'interrogante, la Prefettura di Potenza ha interpellato la Deputazione di Storia Patria per la Lucania sull'esatta denominazione del Comune di Francavilla in Sinni.
Tale Ufficio affermava che con deliberazione del consiglio comunale del 12 novembre 1862 era stata decisa la denominazione di «Francavilla in Sinni», denominazione che, a partire da quella data, era divenuta quella ufficiale, utilizzata dapprima nell'elenco ufficiale dei comuni del Regno d'Italia e, poi, in quello dei comuni della Repubblica italiana e in tutte le pubblicazioni che ad esso fanno riferimento.
Il consiglio comunale di Francavilla in Sinni, ritenuto che l'uso corrente del toponimo fosse differente da quello considerato ufficiale, con provvedimento n. 37 del 12 agosto 2003, ha deliberato, tuttavia, la modifica della denominazione del comune in «Francavilla sul Sinni».
Il citato provvedimento comunale è stato inviato alla regione Basilicata per l'avvio della conseguente iniziativa legislativa prevista dalla normativa vigente che, al momento, non risulta essere stata ancora intrapresa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MARTELLA, CAZZARO e RUZZANTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 25 giugno 2003 presso il reparto TDI della Dow Chemical di Portomarghera si è verificato un ennesimo incidente e precisamente la fuoriuscita di 800 kg di toluendisocianato da un serbatoio e che parte del prodotto è defluito in laguna;
l'impianto in questione era stato riavviato solo da tre giorni dopo il gravissimo


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incidente del 28 novembre 2002 nel corso del quale era andata distrutta una sezione dell'impianto;
questo ulteriore incidente determina una profonda e giustificata preoccupazione nell'intera città di Venezia e getta una pesante ombra di discredito nei confronti dell'azienda e della sua affidabilità anche in relazione ai ripetuti annunci sulla sicurezza dell'impianto -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per accertare le cause e la dinamica dell'incidente e le sue effettive conseguenze;
quali iniziative intenda assumere il Governo nell'ambito delle proprie prerogative nei confronti dell'azienda interessata affinché un eventuale riavvio dell'impianto sia preceduto da una puntuale ed approfondita verifica sul suo stato di manutenzione ed efficienza;
quali misure intenda adottare affinché sia garantita la massima sicurezza dell'impianto in questione ed il rispetto delle norme di compatibilità ambientale previste dalle direttive europee;
se non ritenga opportuno alla luce di questa situazione convocare al più presto presso la Presidenza del Consiglio il tavolo nazionale su Portomarghera, affinché in primo luogo sia garantita la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori.
(4-06762)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione cui si risponde, concernente il danno ambientale causato dalla fuoriuscita di TDI (Toluen di Isocianato) liquido, avvenuto il 26 giugno 2004 durante il ciclo produttivo della DOW CHEMICAL (DOW Poliuretani di Porto Marghera (Venezia), si riferisce che da un primo esame degli elementi acquisiti, l'evento non risulta poter essere classificato rilevante ai sensi della direttiva Seveso II, in quanto i quantitativi fuoriusciti, da una prima stima sono stati calcolati in 800 chilogrammi circa, inferiori, quindi, alla soglia indicata nell'allegato VI al decreto legislativo n. 334 del 1999, che, in accordo con la direttiva comunitaria, considera un incidente rilevante quando il quantitativo sversato è uguale o superiore al 50 per cento del quantitativo di soglia limite per il quale, la sostanza rientra negli obblighi di cui all'articolo 8-colonna 3 dell'allegato I.
Nel caso del TDI tale limite è pari a 100 tonnellate, pertanto l'evento sarebbe stato considerato rilevante qualora fossero fuoriuscite 5, o più, tonnellate di TDI.
Si segnala come il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio attraverso la Direzione IAR ha richiesto alla medesima Commissione che è stata incaricata di effettuare il sopralluogo post-incidentale presso lo stabilimento DOW relativamente al precedente evento verificatosi nel novembre 2002, di condurre un analogo sopralluogo anche in relazione a questo ultimo evento.
Si fa presente che nel 1998 è stato stipulato un protocollo d'intesa per il risanamento, disinquinamento e rilancio di Porto Marghera, noto come «l'accordo di programma per la Chimica di porto Marghera», il quale intende fare di Porto Marghera un caso pilota di «Area ecologicamente attrezzata», e prevede un Comitato di sorveglianza.
L'accordo è stato sottoscritta dai ministeri dell'industria, dell'ambiente, dei lavori pubblici, la regione Veneto, la provincia di Venezia, il comune di Venezia, l'autorità portuale, Industria di Venezia, la Federchimica, le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL (Nazionali, regionali e provinciali), le aziende dell'Area, l'Ente Zona Industriale di Porto Marghera.
L'accordo è fondato sulla considerazione delle peculiari caratteristiche ambientali della Laguna Veneta ed è il risultato di una mediazione che, tenendo conto delle istanze di tutti i soggetti interessati ha consentito di giungere ad una definizione consensuale degli obiettivi. Il documento individua le iniziative dei soggetti pubblici e privati, sulla base di un calendario che prevede interventi di monitoraggio del sistema ambientale e significativi investimenti: accanto alle azioni volte alla bonifica dei siti è prevista la


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realizzazione di interventi tecnologici sugli impianti, fissando i tempi e le risorse finanziarie necessari a permettere uno sviluppo eco-compatibile della zona.
L'accordo prevede la bonifica dei fondali dei canali industriali portuali immediatamente collegati, da Fusina al Canale Vittorio Emanuele; lo smantellamento, messa in sicurezza e/o bonifica dei siti; la laguna; il Piano di sicurezza portuale; la riduzione dei rischi nella movimentazione generale delle merci; il controllo a distanza della movimentazione delle merci pericolose; l'Accordo volontario per la certificazione ambientale delle industrie; il sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione del rischio industriale e delle emergenze; l'Area ecologicamente attrezzata.
Una delle problematiche più complesse incontrate nell'attuazione dell'Accordo è quella legata alle attività di bonifica dei siti inquinati, disciplinate dal decreto ministeriale n. 471 del 1999. Per affrontare tali difficoltà si è reso necessario un Protocollo aggiuntiva, divenuto esecutivo con l'emanazione del decreto 15 novembre 2001 da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.
L'atto integrativo dell'Accordo prevede l'elaborazione e l'approvazione di un apposito
Master Plan sulle bonifiche.
Per fare il punto sullo stato di attuazione dell'accordo di programma ed affrontare quelli che sono i problemi ancora aperti, è operativo a Palazzo Chigi il tavolo per la chimica.
Si fa presente, infine, che in materia di rischi di incidenti rilevanti il decreto legislativo n. 334 del 1999 prevede che i comitati tecnici regionali (CTR), competenti per territorio, debbano effettuare l'istruttoria tecnica dei Rapporti di Sicurezza.
Il competente Comitato Tecnico Regionale per il Veneto ha concluso 10 istruttorie tecniche sui rapporti di sicurezza di altrettanti stabilimenti dell'area industriale di Porto Marghera e ne ha 6 in corso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

MASCIA e VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una casa di riposo di proprietà del comune di Olgiate Comasco si è dotata di un dispositivo di controllo elettronico attraverso il quale verificare gli spostamenti degli anziani ospiti della struttura;
il bracciale elettronico emette un segnale che attiva un allarme quando la persona che lo indossa si trova in prossimità del cancello di accesso;
tale dispositivo è sia sonoro che visivo: non appena il sensore attiva il segnale suona una sirena e si accende la telecamera collegata al monitor della guardiola della portineria;
i bracciali per il controllo degli anziani, a differenza di quelli utilizzati per i detenuti, sono mobili e si possono togliere con facilità, ciononostante restano forti perplessità sull'utilizzo di un simile dispositivo che trasforma di fatto la casa di riposo in una sorta di prigione -:
quali iniziative normative intenda prendere per vietare l'utilizzo di tali dispositivi che trasformano gli anziani ospiti di una casa di riposo in «detenuti» ledendone la dignità umana.
(4-08399)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in argomento, va premesso, innanzitutto, che in tema di servizi pubblici assistenziali l'ente locale provvede in via autonoma alla loro gestione, nei confronti della quale il ministero dell'interno non dispone di strumenti di vigilanza o controllo.
Il sistema elettronico cerca persone al quale si fa riferimento nell'interrogazione - che nulla ha in comune con quelli usati per i detenuti - è stato utilizzato, nella casa di cura pubblica del comune di Olgiate Comasco (Como) nei confronti di un solo ospite e per un periodo limitato di tempo in attesa di essere sostituito con un impianto di sensori installati a tutte le porte della struttura comprese quelle antipanico.
In merito ai motivi che hanno indotto il direttore sanitario, con la preventiva autorizzazione


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dei parenti degli ospiti, ad introdurre tale dispositivo di controllo, la prefettura di Como ha riferito che l'iniziativa è scaturita dalla circostanza che l'ospite in questione, sfuggendo alla vigilanza del personale, si era allontanata, durante la notte, dal ricovero ed era rimasto all'aperto per diverso tempo, vestito dei soli indumenti per la notte.
Si precisa che la struttura priva, tra l'altro, di un reparto protetto per i malati di Alzheimer, ospita 82 anziani fra i quali alcuni non autosufficienti per patologie invalidanti di tipo fisico e cognitivo ed altri che presentano sintomi più o meno marcati di demenza senile.
In questo contesto, il fatto accaduto ha dunque determinato la temporanea attivazione del sistema elettronico di controllo che, come detto, è stato adottato esclusivamente e temporaneamente per l'ospite sfuggito ai controlli.
Sul piano più generale delle politiche a favore delle persone anziane, il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fatto presente di essere da tempo impegnato in tali attività in un ottica che miri a potenziare interventi e prestazioni socio-sanitarie per gli anziani non autosufficienti, attraverso la costituzione di servizi territoriali sociali e sanitari che, opportunamente integrati, favoriscano la permanenza della persona nel proprio contesto familiare.
In particolare, in base alle considerazioni svolte dalla commissione interministeriale, costituita dal ministero del lavoro e delle politiche sociali e da quello della salute, sul trattamento e la prevenzione della non autosufficienza, proprio nella regione Lombardia è stato avviato un progetto sperimentale di un nuovo modello d'intervento volto a razionalizzare l'utilizzo delle risorse umane e finanziarie disponibili. Il progetto prevede l'istituzione di centrali operative con la funzione di migliorare la gestione delle risorse disponibili sul territorio dì propria competenza per ottimizzare l'erogazione di servizi e prestazioni sociosanitarie, favorendo l'assistenza domiciliare e, dove non sia ritenuto possibile, l'inserimento in strutture residenziali.
Si ricorda, altresì, che la legge finanziaria per il 2004 ha previsto un incremento della dotazione del Fondo nazionale politiche sociali, con l'obiettivo di ipotizzare le politiche a favore delle famiglie con a carico un anziano o un disabile.
Lo stesso dicastero ha informato, infine, che per la realizzazione di tali obiettivi si sta procedendo a un monitoraggio della spesa sociale e alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, anche al fine di giungere nel tempo a una maggiore omogeneità nella erogazione delle prestazioni e nella qualità delle stesse, omogeneità che dovrà essere tutelata anche mediante un sistema di verifiche in linea con l'ordinamento costituzionale derivante dalla revisione del titolo V della Costituzione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MUSSI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 25, commi 7 e 8, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 (legge finanziaria 2002), prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori le cui risorse, per l'anno 2002, sono state determinate in oltre 50 milioni di euro;
il comma 9 del medesimo articolo demanda ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro due mesi dall'entrata in vigore della legge, l'individuazione della tipologia e dei settori di interventi da considerare ai fini dell'accesso al fondo, nonché ad un successivo decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la determinazione delle modalità per l'accesso al fondo medesimo e per la ripartizione delle risorse;
solo in data 7 marzo 2003, il Presidente del Consiglio dei ministri ha provveduto, con più di un anno di ritardo, ad emanare il decreto attuativo di cui all'articolo 25, comma 9, della legge n. 448 del 2001, ma a tutt'oggi, nulla è dato sapere


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del decreto ministeriale di determinazione delle modalità per l'accesso al fondo;
in assenza di tale decreto non è possibile procedere all'erogazione del finanziamento di oltre 50 milioni di euro finalizzati all'adozione di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle piccole realtà isolane;
i comuni delle isole minori sono nella gran parte piccole comunità che vivono di turismo nei mesi estivi e che già sopportano il disagio dell'isolamento dalla terra ferma e l'impossibilità di accedere a tutta una serie di servizi tra cui quelli scolastici, ospedalieri e assistenziali e per i quali le provvidenze di cui alla legge finanziaria rappresentano una fondamentale risorsa e occasione di crescita e sviluppo -:
quali siano le ragioni dei summenzionati ritardi nell'emanazione delle disposizioni attuative degli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria, e quali rimedi intenda adottare al fine di provvedere in tempi rapidi all'emanazione del decreto ministeriale di determinazione delle modalità di accesso al fondo e di ripartizione delle risorse.
(4-07279)

Risposta. - Come ricordato anche dall'interrogante, il Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori è previsto dall'articolo 25, commi 7, 8 e 9 delle legge 28 dicembre 2001, n. 448: In particolare, il citato articolo 25, al comma 7, ha istituito presso il ministero dell'interno il suddetto Fondo per l'adozione di interventi a favore delle predette isole, determinandone le risorse in euro 51.645.689,90 al successivo comma 8.
Il comma 9 dello stesso articolo 25 ha demandato ad apposito decreto del Ministro dell'interno la definizione delle modalità per l'accesso al Fondo.
In applicazione della citata disposizione, nel mese di febbraio 2002 è stato predisposto lo schema di decreto del Ministro dell'interno di contenuto regolamentare ed è stato inserito all'ordine del giorno della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali del 6 giugno 2002, unitamente al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione della tipologia e dei settori di intervento ammissibili al finanziamento. Il predetto Organo, però non si è poi riunito nella data sopra indicata.
Successivamente, lo schema di decreto è stato portato all'esame della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali svoltasi in data 17 ottobre 2002, nel corso della quale è stato deciso di rinviare il provvedimento ad una successiva riunione dell'organo, previo esame da parte di un apposito tavolo tecnico.
In ottemperanza a tale decisione, in data 6 novembre 2002 si e svolta presso il ministero interrogato una riunione tecnica con i rappresentanti dell'A.N.C.I., dove sono state convenute sostanziali modifiche che hanno condotto alla stesura definitiva del provvedimento regolamentare. Lo schema di decreto è stato quindi sottoposto, con esito favorevole, all'esame della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali il 12 dicembre dello stesso anno.
Ai fini del successivo invio del decreto del Ministro dell'interno al Consiglio di Stato per il prescritto parere, ai sensi dell'articolo 17 comma 3 della legge 23 agosto 1998, n. 400, si è atteso che decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di individuazione dei settori di intervento ammissibili al finanziamento concludesse il suo iter procedurale con la sottoscrizione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri e la sua pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
In data 1o aprile 2003 lo schema di decreto è stato trasmesso al Consiglio di Stato, il quale, con parere interlocutorio n. 1440 del 28 aprile 2003, ha rilevato che particolari aspetti della disciplina regolamentare dovessero essere approfonditi attraverso l'intervento di altre amministrazioni. Seguendo tale orientamento, lo schema di decreto, in data 27 maggio 2003, è stato inviato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al ministero dell'economia e delle finanze ed al ministero delle attività produttive, al fine di valutare l'aspetto relativo alla possibile concessione di contributi a soggetti privati, visto che tale ipotesi, come rilevato dal


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Consiglio di Stato, avrebbe concretizzato la fattispecie degli aiuti di Stato in relazione alla quale la normativa comunitaria prevede particolari procedure per potervi adempiere. Al ministero dell'economia e delle finanze, inoltre, è stato chiesto di valutare anche l'aspetto relativo ai criteri di riparto del Fondo, così come previsti dall'articolo 5 dello schema di decreto.
Infine, sempre dietro indicazione del Consiglio di Stato, è stato richiesto, in data 27 maggio 2003, un parere al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al fine di valutare se e disposizioni dello schema di provvedimento rispettassero le finalità del Fondo.
Il Consiglio di Stato, con parere definitivo del 25 agosto 2003 si è espresso in senso sfavorevole in merito allo schema di provvedimento.
Alla luce del suddetto parere, il ministero interrogato ha rielaborato di concerto con il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed il ministero delle attività produttive, il nuovo schema di decreto per la definizione dei criteri e delle modalità per l'accesso al fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, ai sensi dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Si comunica, infine, che in data 9 febbraio 2004 è stato esitato favorevolmente dal Consiglio di Stato il nuovo schema di decreto e che lo stesso è attualmente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l'autorizzazione alla pubblicazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

NUVOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi a portotorres gli abitanti hanno avuto la sgradevole sorpresa di trovarsi nelle loro abitazioni una coltre nera tipo fuliggine;
a seguito di quest'increscioso fatto s'è diffusa nella cittadinanza una più che legittima preoccupazione legata alla salubrità dell'ambiente e alla tutela della salute;
è risaputo che il contesto ambientale di Portotorres e di tutto il territorio è fortemente compromesso dalla presenza di siti produttivi altamente inquinanti come l'Enichem e la termo centrale di fiume santo;
il modello di sviluppo perseguito in questi ultimi decenni s'è rivelato tragicamente sbagliato perché ha prodotto disoccupazione, malattie e morte tanto da collocare il triangolo portotorres-Sassari-Alghero ai primi posti in Italia per patologie tumorali;
rispetto alla fuliggine in questione, nonostante il comune di Portotorres abbia inviato i reperti a diversi laboratori d'analisi e alla stessa magistratura, ancora non si sa niente di preciso;
le centraline nel presidio ambientale spesso sono in disuso e l'alternativa della causa dell'inquinamento è comunque dovuta o a residuati della lavorazione dell'Enichem oppure alla movimentazione del carbone da bruciare a fiumesanto, come dire che, come recita un vecchio proverbio sardo «se non si muore di tuoni si muore di lampi» -:
se non ritengano opportuno intervenire prontamente per conoscere la reale situazione dell'ambiente a Portotorres e nel territorio al fine di preservare la salute dei cittadini già fortemente compromessa e favorire un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile fondato sul rilancio del turismo, dell'artigianato, dell'agricoltura, della pesca e del terziario.
(4-06936)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, riguardante l'inquinamento interessante l'area industriale del comune di Porto Torres, si rappresenta che tale area è stata inserita nell'elenco dei siti di interesse nazionale dall'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998 e dall'articolo 14 della legge n. 179/2002.


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L'area potenzialmente inquinata è stata perimetrata, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge n. 426/1998 con il decreto del Ministro dell'ambiente 7 febbraio 2003.
Nell'area perimetrata sono presenti stabilimenti che producono dicloretano/vinilcloruro monomero, polivinilcloruro e prodotti chimici, depositi di prodotti petroliferi, discariche, aree con presenza di notevoli quantità di coperture in eternit (cemento/amianto), aree industriali dismesse, una centrale termoelettrica, l'area marina antistante il polo industriale e, in particolare, l'area dello stabilimento SYNDIAL (ex Enichem).
In data 3 luglio 2003 si è tenuta presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio la prima Conferenza di servizi istruttoria, a cui hanno partecipato il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il ministero della salute, il ministero delle attività produttive e la regione Autonoma della Sardegna, nel corso della quale sono state istruite le Linee guida operative per la relazione, esecuzione e gestione dei Piani di caratterizzazione
ex decreto ministeriale n. 471/1999, di cui al Protocollo d'Intesa per gli interventi di risanamento dei siti Enichem spa (ora SYNDIAL) e Polimeri Europa srl nella regione Sardegna, elaborate dalla regione Autonoma della Sardegna.
Nella suddetta Conferenza, pur prendendo atto che i contenuti delle Linee Guida sono finalizzati ad assicurare omogeneità e sistematicità nella predisposizione ed attuazione dei Piani di caratterizzazione, è stata sottolineata, comunque, la necessità di rispettare i contenuti del decreto ministeriale n. 471/1999 e di evitare che l'adozione delle suddette Linee Guida rallenti la realizzazione degli interventi di bonifica.
Per tale motivo sono state, quindi, formulate una serie di prescrizioni a cui ci si deve attenere in sede di applicazione delle Linee Guida.
Successivamente, in data 25 settembre 2003, la regione Autonoma della Sardegna ha trasmesso la revisione del documento «Linee guida operative per la redazione, esecuzione e gestione dei Piani di caratterizzazione
ex decreto ministeriale n. 471/1999».
In data 21 ottobre 2003, la SYNDIAL ha trasmesso al ministero interrogato «L'adeguamento del Piano di caratterizzazione del proprio stabilimento di Porto Torres alle Linee Guida operative redatte all'interno del Protocollo d'Intesa per gli interventi di risanamento della Regione Sardegna».
In data 22 ottobre 2003 si è tenuta presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una ulteriore Conferenza di servizi istruttoria nel corso della quale sono stati illustrati:
a) da parte della società Syndial, il Piano di Caratterizzazione del sito Syndial (ex Enichem) di Porto Torres ex decreto ministeriale n. 471/1999, Relazione tecnico-descrittiva;
b) da parte dell'ICRAM, il Piano di caratterizzazione delle aree marino costiere prospicienti il sito da bonificare d'interesse nazionale di Porto Torres.

Si ricorda, inoltre, che è stata esaminata, nella medesima Conferenza, la revisione del «Protocollo d'intesa per gli interventi di risanamento dei siti Enichem S.p.A e Polimeri Europa S.r.l in Regione Sardegna», trasmesso dalla regione Sardegna in data 25 settembre 2003. Il documento è stato ritenuto approvabile, fatto salvo l'obbligo dei soggetti responsabili di adempiere alle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi in merito ai singoli Piani di caratterizzazione presentati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PASETTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli ennesimi gravi incidenti verificatisi nei giorni scorsi a Nettuno ripropongono, in tutta la sua drammaticità, l'annoso problema che insiste sul territorio e riconducibile all'inspiegabile mancata previsione


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di un distaccamento di Polizia Stradale sul litorale sud della Capitale;
da Ostia e sino ai confini con la provincia di Latina, per un totale di 70 chilometri, non esiste alcun Ufficio di tale specialità della Polizia di Stato, nonostante la vastità del territorio e che nella zona vi siano importanti arterie stradali come la Litoranea, la Nettunense, l'Ardeatina ed un tratto della SS 148, tutte pericolose e fin troppo spesso teatro di incidenti mortali;
a seguito della recrudescenza di episodi criminosi sul litorale registrata in questo anno, come ad esempio l'omicidio di un gioielliere e l'individuazione di pregiudicati locali responsabili dell'efferato assassino di un poliziotto a Perugia;
con l'apertura della nuova sede del commissariato di P.S. «Anzio-Nettuno», l'istituendo distaccamento del posto di Polizia Stradale potrebbe essere allocato nei locali attualmente sede del posto di Polizia di Nettuno, tra l'altro già dotato di impianto di trasmissione radio e situato a 100 metri circa dall'Istituto di perfezionamento per Ispettori di Polizia, ove potrebbero essere ricoverati gli automezzi della Polizia Stradale -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a rendere continua l'opera di prevenzione e sicurezza sul territorio di Nettuno, inviando un nucleo della Polizia Stradale non solo nel periodo estivo, ma considerando l'opportunità di istituire, insieme alle Autorità preposte, un distaccamento permanente di Polizia Stradale nella zona in questione;
se non ritenga urgente adottare iniziative volte ad alleggerire il carico di lavoro del Commissariato di Anzio, impegnato in una giurisdizione fin troppo vasta, che si estende dai confini con Latina sino a Marina di Ardea, istituendo un Commissariato di Polizia a Pomezia.
(4-08516)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in argomento, si comunica che l'ipotesi di attivare un ulteriore presidio della polizia stradale nella zona sud del litorale laziale, in posizione mediana tra le città di Roma e Latina, più volte presa in considerazione negli ultimi anni, è stata ritenuta non realizzabile, poiché le esigenze generali di distribuzione sul territorio nazionale delle risorse umane disponibili non hanno permesso l'assegnazione di un contingente adeguato.
Tuttavia, per far fronte alle necessità di controllo delle reti viarie dell'area, è stata di recente stabilita l'assegnazione di 8 ulteriori unità di personale alla stazione di polizia stradale di Latina; inoltre, come avviene già da vari anni, per la prossima stagione estiva, per il periodo da giugno a settembre, è prevista l'attivazione del posto mobile di polizia stradale di Nettuno, che assicura la vigilanza sulla litoranea da Nettuno fino ad Ostia Lido e a San Felice Circeo.
Attualmente, comunque, la vigilanza sulla via Pontina, ex strada statale 148, viene svolta dal distaccamento della polizia stradale di Aprilia, mentre la vigilanza sulla via Nettunense, ex strada statale 207, viene svolta dalla sottosezione della polizia stradale di Albano Laziale.
Quanto alla proposta di istituire un comissariato di pubblica sicurezza nella città di Pomezia, il dipartimento della pubblica sicurezza giudica non necessaria l'istituzione del presidio, poiché in quel territorio operano già una compagnia e due stazioni dei carabinieri (Pomezia e Torvajanica) con una dotazione di personale e mezzi ritenuta sufficiente dal comando generale dell'Arma, nonché una compagnia e un gruppo della guardia di finanza, costituito di recente e composto da 450 militari.
L'Arma dei carabinieri dispone, inoltre, della stazione di Nettuno, il cui organico è stato di recente incrementato di tre unità, mentre, all'occorrenza, può intervenire il reparto territoriale di Frascati; la stessa Arma ha fatto presente che, complessivamente, gli organici delle 24 stazioni presenti nell'area sono stati incrementati, nell'ultimo triennio, con 95 unità di personale.
Per quanto riguarda le problematiche connesse all'ordine e alla sicurezza pubblica nel bacino territoriale in discorso, il prefetto di Roma ha riferito che la materia è


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stata oggetto di esame in una apposita seduta del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, tenuta il 17 ottobre 2003 presso la sede del comune di Pomezia, con la presenza anche dei sindaci di Ardea, Anzio e Nettuno.
In tale occasione è stata concordata una maggiore e più coordinata presenza delle forze dell'ordine sul territorio ed una intensificazione dei servizi di vigilanza, con un consistente impiego dei nuclei prevenzione crimine della polizia di Stato, al fine di sostenere, anche sul piano della prevenzione e del controllo del territorio, le azioni investigative in corso nei confronti della criminalità comune e organizzata, presente nell'area nei settori del traffico di stupefacenti, dell'usura, delle estorsioni, del riciclaggio del denaro e del gioco d'azzardo.
Il questore ha riferito che nell'ultimo periodo sembra registrarsi un netto calo dei reati denunciati ed un incremento delle persone denunciate ed arrestate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

PECORARO SCANIO e LION. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
l'accordo di programma quadro del sistema delle infrastrutture di trasporto posto in essere tra la Regione Calabria e il Governo della Repubblica prevede una serie di opere infrastrutturali;
tra le opere previste dall'accordo di programma quadro vi è il progetto di approdo turistico nel comune di Bonifati (Cosenza);
in data 14 aprile 2001 la società Edilten, con sede in Cosenza, richiedeva in concessione per trent'anni un'area demaniale e relativo specchio d'acqua per la realizzazione di un approdo turistico. La succitata società in data 13 aprile 2002 trasmetteva al comune di Bonifati il progetto esecutivo relativo all'approdo turistico il quale prevede: sette moli di sopraflutto, due darsene (una interna e l'altra esterna), un pennello nord, una passeggiata a mare e l'altra pedonale, una banchina massi, un moletto di rifornimento, diverse palancole e pannelli di rivestimento ed altre opere strutturali ricadenti sul pezzo di costa in oggetto;
il progetto per l'approdo turistico è stato approvato con delibera n. 56 il 31 marzo 2003 dalla Giunta Comunale di Bonifati;
l'approdo turistico è stato denominato «Baia di Fella»;
per la realizzazione del succitato progetto il Comune di Bonifati non ha indetto la procedura concorsuale prevista dalla normativa vigente;
il TAR Lazio, sez. II bis, con sentenza n. 2429 del 22 marzo 2003 ha sottolineato l'importanza delle procedure a evidenza pubblica per l'affidamento dei servizi come disposto dall'articolo 113 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Inoltre l'articolo 35 della Finanziaria del 2002 ha introdotto nel nostro ordinamento l'obbligatorietà, per i servizi pubblici locali a rilevanza industriale, del conferimento dell'attività di erogazione dei servizi stessi a società di capitali da individuarsi attraverso l'esperimento di procedure concorsuali a evidenza pubblica. Di fatto le nuove norme hanno introdotto il divieto di procedere a forme di affidamento diretto della gestione del servizio di erogazione stabilendo, in aggiunta, un periodo di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, di scadenza o cessazione anticipata delle concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica. Pur essendoci l'assenza di un regolamento attuativo dell'articolo 35 e, quindi «sottoposto ad una incertezza interpretativa», il TAR Lazio con la citata sentenza ha stabilito che l'interpretazione dell'articolo 35 deve essere inquadrata nell'ambito dei più generali principi comunitari in materia di servizi pubblici (Direttive n. 92/50 e n. 97/52 recepite rispettivamente


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con il decreto legislativo n. 157/95 e decreto legislativo 65/200);
la Commissione Europea in diverse occasioni aveva avviato una procedura di infrazione contro la prassi italiana di affidare a società miste la gestione dei servizi pubblici locali attraverso forme di affidamento diretto. Tale contestazione era stata già accolta dalla circolare interpretativa n. 12727 del 19 ottobre 2001 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento delle Politiche Comunitarie) che aveva ribadito la necessità delle procedure ad evidenza pubblica. La circolare interpretativa aveva tra le altre cose precisato l'obbligatorietà della scelta del contraente privato tramite gara, obbligatorietà sancita dai principi comunitari sulla liberalizzazione dei servizi pubblici; principi che avevano già reso non legittima la programmata costituzione delle società miste con individuazione diretta del socio privato: obbligatorietà in seguito assunta dall'articolo 35 della Finanziaria 2002;
il Consiglio di Stato (V sez. sentenza del 19 febbraio 1998 n. 192) ha stabilito che: «...la salvaguardia dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e della libertà di mercato è ugualmente garantita dalle modalità e dalle cautele che accompagnano la scelta del socio privato di minoranza. Tanto che questa deve essere compiuta dal comune attraverso una apposita procedura concorsuale perché il socio privato è un imprenditore chiamato a svolgere mediante il suo apporto parte rilevante di un pubblico servizio e ciò esclude che l'amministrazione possa basarsi, nella scelta del socio, su generici apprezzamenti soggettivi e, comunque, di carattere fiduciario perché ciò escluderebbe i principi di buona amministrazione e trasparenza dell'azione amministrativa...»;
il Comune di Bonifati nella già citata delibera afferma il principio che l'approvazione del progetto dell'approdo turistico equivalga a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse. Siffatta affermazione deliberativa è priva di qualunque fondamento tecnico-giuridico in materia urbanistica per i seguenti motivi: la creazione del porto turistico è stata proposta da un ente privato e non dal Comune. Il Piano Regolatore di Bonifati non prevede tale tipo di opere in detta zona e, quindi, l'opera si inquadra in una variante allo strumento urbanistico che per poter essere realizzata necessita di un iter amministrativo di modifica del Piano Regolatore. Tant'è vero che la legge n. 1150/42 all'articolo 7 dispone che opere similari destinate alla collettività devono essere previste anche nei Piani Regolatori Generali comunali. L'opera di che trattasi, anche se inquadrata nel cosiddetto «piano spiaggia», dovrà essere necessariamente recepita quale variante del locale strumento urbanistico vigente;
la delibera n. 56 della Giunta Comunale del 31 marzo 2003 ha stabilito che la società mista mediante partecipazione pubblica minoritaria sarà finanziata per il 30 per cento dal Comune e per il 70 per cento dalla Edilten (importo complessivo di euro 8.562.819,17);
l'atto deliberativo di approvazione del progetto, a quanto risulta all'interrogante, sarebbe privo della necessaria copertura finanziaria e, pur essendoci un carattere di urgenza, la copertura finanziaria si rende indispensabile entro il termine di trenta giorni. A tale proposito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8189 del 2003 ha affermato che: «...il pagamento delle somme dovute, in esecuzione di un rapporto negoziale, non possa prescindere dal rispetto delle procedure contabili legislativamente previste, laddove il versamento di detti importi gravi sul bilancio di altro ente...» ed ancora: «... come è noto, al fine di garantire l'equilibrio finanziario delle amministrazioni locali e la corretta gestione delle risorse, il legislatore ha previsto con l'articolo 23 del decreto legge 2 marzo 1989 n. 66, convertito dalla legge 144 del 1989, sostituito dall'articolo 35 del decreto legislativo 77 del 1995, poi modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo 342 del 1997 e, infine, trasfuso nell'articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 267


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del 2000, una complessa disciplina volta ad assicurare la copertura finanziaria e a contenere il fenomeno dei debiti fuori bilancio. A tal uopo, ha prescritto che la valida acquisizione di beni e servizi sia subordinata alla registrazione dell'impegno contabile e alla attestazione della copertura finanziaria, o nel caso di lavori di «somma urgenza», alla successiva regolarizzazione contabile entro il termine di trenta giorni ed infine: «... il principio secondo il quale tutte le uscite dell'amministrazione pubblica debbono trovare copertura», consacrato definitivamente con la disciplina in esame, impone che ogni somma di denaro, diretta all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria assunta, sia vincolata, nell'ambito del capitolo di bilancio, a quella specifica destinazione, attraverso il meccanismo della registrazione dell'impegno di spesa. Da ciò consegue che, ai fini del versamento dell'importo dovuto, non rilevi la provenienza della somma, bensì la circostanza che il competente organo abbia impresso una specifica funzione alla somma già stanziata per generiche finalità pubbliche. Posto, pertanto, che l'utilizzazione di denaro pubblico è subordinata all'impegno dello stesso nell'ambito del bilancio di previsione...»;
il Comune di Bonifati non ha prodotto ad oggi la prescritta procedura di compatibilità ambientale, violando il tal modo le disposizioni normative previste dal decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile 1996;
la stragrande maggioranza dei proprietari di abitazioni (residenti e villeggianti) del borgo ubicato di fronte al porto denominato Baia di Fella ha espresso la propria contrarietà al suddescritto progetto consegnando una petizione popolare alla Regione Calabria;
il pezzo di costa interessato alla creazione del porto turistico ha un'erosione della costa pari al 60-70 per cento;
in data 29 luglio 2003 è stata convocata dalla Regione Calabria (Dipartimento Urbanistico - Settore Demanio Servizio di Cosenza) la Conferenza dei Servizi per l'approvazione del progetto per la realizzazione dell'approdo turistico denominato «Baia di Fella»;
secondo l'interrogante l'intera vicenda configura un grave rischio di sperpero del denaro pubblico e di lesione del principio di legalità -:
quali azioni il Ministro dell'ambiente intenda adottare per far sì che vengano rispettate quelle misure normative volte a valutare la fattibilità di realizzazione dell'approdo turistico e, inoltre, quali interventi il Ministro voglia porre in essere per risolvere o quantomeno ridurre in maniera significativa il fenomeno dell'erosione della costa fatta oggetto di un ennesimo scempio ambientale;
se la società Edilten sia in possesso dei requisiti richiesti per legge ovvero: la certificazione antimafia;
se alla luce di quanto esposto in premessa, non si intenda valutare l'opportunità di chiedere alla Conferenza dei servizi che si terrà prossimamente - considerando che la stessa è il frutto di un accordo di programma quadro con il Governo - di fornire tutti gli elementi a supporto che dimostrino l'effettivo rispetto di tutte le norme afferenti tali contesti socio-amministrativi.
(4-07307)

Risposta. - In merito all'interrogazione cui si risponde, concernente la realizzazione dell'approdo turistico «Baia di Fella», si fa presente che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 1988 n. 377, che individua le categorie di opere soggette alla procedura di valutazione di impatto ambientale, all'articolo 1 comma 1 lettera h) stabilisce che sono sottoposti alla procedura di V.I.A. i progetti dei porti commerciali marittimi, nonché delle vie navigabili e dei porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 tonnellate.
L'attuale ordinamento amministrativo dei porti nazionali, suddivide i porti in due categorie. La prima categoria comprende i porti che interessano la navigazione generale o la difesa (militare) e la sicurezza dello Stato, la seconda comprende i porti


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commerciali a loro volta suddivisi in quattro classi. La I classe comprende i porti il cui movimento commerciale abbia una intensità tale da interessare il traffico marittimo internazionale ed una estesa parte dello Stato; la II i porti il cui movimento commerciale interessi una o più province; III classe i porti che sono di interesse di una parte notevole di una sola provincia; IV classe i porti (ed inoltre i seni, i golfi e le spiagge) che non risultano assegnabili (quanto ad estensione territoriale della loro utilità ed a quantità di merce movimentata) alle tre classi precedenti.
Il Consiglio di Stato, con parere n. 851/1989 ha stabilito che sia i porti della prima categoria (se e per la parte in cui non siano destinati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato), sia quelli delle quattro classi della seconda categoria sono da considerare porti commerciali marittimi, rientranti dunque nella procedura di valutazione d'impatto ambientale.
Anche tutti gli interventi a carattere diportistico da realizzare nell'ambito di porti commerciali preesistenti, come l'ampliamento dello specchio acqueo o la realizzazione di nuove strutture integrative, devono essere assoggettati a procedura di V.I.A. in quanto producono modifiche sostanziali alle strutture esistenti (articolo 1, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 377/1988).
Per quanto concerne i «porti turistici» questi si differenziano da quelli commerciali, in quanto destinati alla sosta ed al ricovero (spesso per tempi superiori a quelli della navigazione) di unità da diporto, e ad attività accessorie a tali unità.
La direttiva CEE 27 giugno 1985, n. 337, ha disciplinato in modo diverso i «porti commerciali marittimi» ed i «porti turistici», introducendo i primi nell'allegato 1 (progetti soggetti a procedura di V.I.A.), ed i secondi nell'allegato 2 (progetti soggetti a tale procedura solo quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo richiedano). Pertanto poiché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, stabilisce che devono essere soggetti a valutazione di impatto ambientale tutti i progetti contenuti nell'allegato 1, mentre, per quanto riguarda l'allegato 2, riporta solo le dighe con altezza superiore a 10 metri e/o di capacità superiore a 100.000 metri cubi, i porti turistici non possono considerarsi inclusi, allo stato, tra le opere i cui progetti vanno sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'articolo 6 della legge n. 349/1986.
Pertanto alla luce di tali considerazioni il progetto di realizzazione dell'approdo turistico «Baia di Fella» è di competenza regionale e pertanto dovrà essere sottoposto a procedura di V.I.A. regionale, così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Bonifati (Cosenza) è stato inserito nell'Accordo di Programma Quadro (APQ) per il Sistema delle Infrastrutture di Trasporto della Regione Calabria, assessorato ai lavori pubblici, firmato il 29 luglio 2002;
con delibera di giunta municipale n. 56 del 31 marzo 2003 è stato approvato il progetto per la realizzazione di un approdo turistico denominato «Baia di Fella» presentato dalla Società privata Edilten S.p.a.;
alla data odierna nessuna società mista è stata formata tra il comune di Bonifati e la predetta società Edilten S.p.a.;
nell'area interessata all'intervento edilizio vivono molte famiglie ed esistono attività commerciali, e detta zona è percorsa dalla linea ferroviaria, con grave inquinamento acustico: l'inquinamento acustico, a causa delle previste 300 imbarcazioni dei potenti e rumorosi motori a benzine, aumenterà e quindi con la nuova realizzazione dell'approdo turistico «Baia


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di Fella» tale fenomeno creerà forti problemi di salute alle famiglie;
l'opera verrà realizzata in pieno centro abitato esattamente nella zona di massima concentrazione della balneazione riducendo notevolmente l'area di balneazione ledendo così un diritto inalienabile dei cittadini residenti e villeggianti;
l'accesso al porto si trova esattamente presso la «scogliera del signore» area sottoposta a vincolo assoluto dal decreto ministeriale del 26 marzo 1970, che verrebbe quindi ad essere completamente inutilizzabile dai cittadini e offesa irrimediabilmente dal punto di vista dell'impatto ambientale sia per il passaggio dei natanti che per gli scarichi da benzine degli stessi ed ancora per le ulteriori opere in cemento armato alzate in prossimità;
il litorale del comune di Bonifati (Cosenza) è stato dichiarato di notevole interesse ambientale con il decreto ministeriale predetto che nell'allegato B recita testualmente « ... vincolo sul tratto dal confine con il comune di Cetraro, delineato dal torrente S. Tommaso, sino a raggiungere il mare e indi la battigia del mare sino a raggiungersi con il confine di Sangineto. Sono compresi nel vincolo gli scogli lungo il litorale ...»;
l'Autorità di bacino della regione Calabria nel piano di assetto idrogeologico (PAI) regolarmente approvato dal consiglio regionale nel dicembre 2001 indicava il tratto di costa in questione ad elevati tassi di erosione che comportano livelli di rischio elevati per le infrastrutture;
non è stato effettuato un corretto svolgimento delle procedure di compatibilità ambientale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996;
la proposta di realizzare un approdo turistico da parte di una «società privata», non può configurarsi come «progetto di opera pubblica» applicando per l'appunto le disposizioni contenute nella Legge n. 1 del 31 gennaio 1978;
la regione Calabria - assessorato ambiente e territorio - settore n. 25 con Prot. n. 1452 ha già respinto tale medesimo progetto della società Edilten S.p.a. in data 20 febbraio 1997;
trattandosi di un'opera proposta da privati in una zona non prevista nel piano regolatore, deve essere considerato a tutti gli effetti una variante allo strumento urbanistico e quindi dovrà seguire l'iter burocratico previsto dalla normativa vigente in materia non potendo essere dichiarata «opera di pubblica utilità»;
l'articolo 7 della legge n. 1150 del 1942 dispone che opere similari destinate alla collettività devono essere previste anche nei Piani regolatori generali comunali;
a quanto risulta all'interrogante l'atto deliberativo di approvazione del progetto (delibera di giunta municipale n. 56/2003) è privo della necessaria copertura finanziaria, di conseguenza la delibera è illegittima ed inoltre manca il necessario parere del responsabile dell'ufficio o del servizio (articolo 49 decreto legislativo n. 267/00) in quanto nell'atto viene espresso dal responsabile del procedimento e non da quanto previsto nel citato articolo;
nella citata delibera viene ad essere violato, secondo l'interrogante, l'articolo 35 del decreto legislativo n. 77/1995 in quanto pone il divieto ai comuni, di effettuare qualsiasi spesa se non sussiste l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio di previsione;
l'opera non trovando riscontro negli strumenti urbanistici comunali e, segnatamente nel PRG e nella variante al medesimo PRG secondo l'interrogante, ha violato e falsamente applicato quanto previsto dall'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/77;
risulta, infine, all'interrogante che la giunta municipale di Bonifati (Cosenza)


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non ha provveduto alla approvazione delle fasi progettuali a norma dell'articolo 16 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e succ. modifiche -:
il parere in merito alla situazione rappresentata;
quali iniziative intendano intraprendere, ognuno per la parte di propria competenza, per far sì che vengano rispettate le leggi dello Stato vigenti, salvaguardando il litorale del comune di Bonifati (Cosenza) dichiarato «di notevole interesse ambientale» con decreto ministeriale del 26 Marzo 1970;
se la società Edilten S.p.a. sia in possesso dei requisiti richiesti dalla legge ovvero: la certificazione antimafia.
(4-07308)

Risposta. - In merito all'interrogazione cui si risponde, concernente la realizzazione dell'approdo turistico «Baia di Fella», si fa presente che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 1988 n. 377, che individua le categorie di opere soggette alla procedura di valutazione di impatto ambientale, all'articolo 1 comma 1 lettera h) stabilisce che sono sottoposti alla procedura di V.I.A. i progetti dei porti commerciali marittimi, nonché delle vie navigabili e dei porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 tonnellate.
L'attuale ordinamento amministrativo dei porti nazionali, suddivide i porti in due categorie. La prima categoria comprende i porti che interessano la navigazione generale o la difesa (militare) e la sicurezza dello Stato, la seconda comprende i porti commerciali a loro volta suddivisi in quattro classi. La I classe comprende i porti il cui movimento commerciale abbia una intensità tale da interessare il traffico marittimo internazionale ed una estesa parte dello Stato; la II i porti il cui movimento commerciale interessi una o più province; III classe i porti che sono di interesse di una parte notevole di una sola provincia; IV classe i porti (ed inoltre i seni, i golfi e le spiagge) che non risultano assegnabili (quanto ad estensione territoriale della loro utilità ed a quantità di merce movimentata) alle tre classi precedenti.
Il Consiglio di Stato, con parere n. 851/1989 ha stabilito che sia i porti della prima categoria (se e per la parte in cui non siano destinati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato), sia quelli delle quattro classi della seconda categoria sono da considerare porti commerciali marittimi, rientranti dunque nella procedura di valutazione d'impatto ambientale.
Anche tutti gli interventi a carattere diportistico da realizzare nell'ambito di porti commerciali preesistenti, come l'ampliamento dello specchio acqueo o la realizzazione di nuove strutture integrative, devono essere assoggettati a procedura di V.I.A. in quanto producono modifiche sostanziali alle strutture esistenti (articolo 1, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 377/1988).
Per quanto concerne i «porti turistici» questi si differenziano da quelli commerciali, in quanto destinati alla sosta ed al ricovero (spesso per tempi superiori a quelli della navigazione) di unità da diporto, e ad attività accessorie a tali unità.
La direttiva CEE 27 giugno 1985, n. 337, ha disciplinato in modo diverso i «porti commerciali marittimi» ed i «porti turistici», introducendo i primi nell'allegato i (progetti soggetti a procedura di V.I.A.), ed i secondi nell'allegato 2 (progetti soggetti a tale procedura solo quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo richiedano). Pertanto poiché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, stabilisce che devono essere soggetti a valutazione di impatto ambientale tutti i progetti contenuti nell'allegato 1, mentre, per quanto riguarda l'allegato 2, riporta solo le dighe con altezza superiore a 10 metri e/o di capacità superiore a 100.000 metri cubi, i porti turistici non possono considerarsi inclusi, allo stato, tra le opere i cui progetti vanno sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'articolo 6 della legge n. 349/1986.
Pertanto alla luce di tali considerazioni il progetto di realizzazione dell'approdo turistico


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«Baia di Fella» è di competenza regionale e pertanto dovrà essere sottoposto a procedura di V.I.A. regionale, così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PISAPIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da una lettera pubblicata il 15 maggio 2003 sul quotidiano Liberazione, si è appreso che in data 13 maggio 2003, alcune persone, forse appartenenti all'arma dei Carabinieri, si sarebbero introdotte nel centro sociale «Corto Circuito» di Roma, dove avrebbero sequestrato un camion che si trovava parcheggiato all'interno del centro sociale;
da quanto emerge dalla lettera di cui sopra, il fatto si sarebbe svolto quando la struttura era chiusa e senza la presenza del proprietario del veicolo, o di altri frequentatori del centro sociale;
considerate le modalità con la quale si è proceduto al sequestro del veicolo - ingresso nel centro sociale in un momento in cui nessuno era presente e senza avvisare il proprietario del camion - forte è la preoccupazione che l'episodio possa costituire un tentativo di intimidire i giovani che frequentano il centro sociale «Corto Circuito» di Roma -:
di quali informazioni il Ministro disponga al riguardo;
in particolare, se il sequestro del veicolo sia avvenuto effettivamente da parte di appartenenti alle forze dell'ordine e, in tal caso, da chi;
se il sequestro sia avvenuto a seguito di un provvedimento dell'autorità giudiziaria e, in caso negativo, sulla base di quale norma di legge si sia provveduto al sequestro con le modalità sopra descritte.
(4-06615)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in argomento si comunica che il 13 maggio 2003 i carabinieri del comando provinciale di Roma hanno proceduto al sequestro di un furgone di proprietà di una cooperativa di Anzio (Roma), parcheggiato all'interno del centro sociale «Corto circuito», in esecuzione del provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale, attualmente nella fase delle indagini preliminari, per l'individuazione dei responsabili dei danneggiamenti ad istituti di credito, avvenuti il 12 aprile 2003 durante una manifestazione.
Prima di entrare nella struttura, i militari hanno atteso sul posto, per circa un'ora e trenta minuti senza, tuttavia, riuscire a rintracciare i rappresentanti della cooperativa intestataria del furgone, né aderenti al citato centro sociale, ai quali notificare il provvedimento di sequestro.
Solo il giorno successivo, dopo numerosi tentativi, è stato individuato il presidente della cooperativa, nei cui confronti si è potuto provvedere alla prescritta notifica.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
i giornali riportano con molto allarme del grave incidente avvenuto questa settimana alla spiaggia di Masua in Sardegna, dove milioni di metri cubi di materiale altamente inquinante proveniente dall'omonima miniera si è riversato sulla spiaggia, area protetta, dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'Umanità;
la spiaggia di Masua rappresenta un piccolo gioiello ambientale che da alcuni giorni è stata letteralmente cancellata da un'ondata di fango maleodorante di colore arancione proveniente dalla miniera che la sovrasta, composta da sostanze altamente inquinanti come mercurio, piombo, zinco e altre sostanze nocive. Già da tempo l'Igea aveva segnalato la situazione di pericolo proveniente dalla miniera, che sin dal momento in cui è stata chiusa ha posto il problema della messa in sicurezza degli


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impianti minerari, ma da parte del governo regionale non è stata messa a disposizione alcuna risorsa per un intervento urgente. Per i lavori, peraltro, sono stati stanziati 500 milioni di euro finanziati nell'ambito del progetto del Parco Geominerario, ma la regione fino ad oggi non ha dato seguito ai lavori di bonifica;
ci troviamo di fronte all'ennesimo episodio in cui le omissioni gravi delle amministrazioni e la negligenza colpevole creano danni irreparabili all'ambiente, al territorio, alla salute e all'economia della regione -:
quali provvedimenti intende adottare per accertare le responsabilità di questo scempio che poteva essere evitato e per chiarire gli eventuali rischi per la salute dei cittadini dovuti alla presenza di sostanze altamente tossiche quali il mercurio nell'area in cui è interdetta la balneazione e nell'area circostante.
(4-07213)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione parlamentare cui si risponde, riguardante l'incidente avvenuto sulla spiaggia di Masua in Sardegna, sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Cagliari e dalla regione Sardegna, assessorato della difesa dell'ambiente, si rappresenta quanto segue.
Nel pomeriggio del 27 luglio 2003 nel comune di Iglesias (Cagliari) in località Acquaresi, si è verificata una frana che ha provocato la fuoriuscita di alcune decine di migliaia di metri cubi di acqua da una galleria mineraria denominata «Ornella», dotata di infrastrutture ferroviarie di collegamento a vari giacimenti minerari della zona.
L'imbocco della galleria, attraverso il quale un tempo passava il materiale estratto dalla miniera per essere trasportato all'esterno, si trova in prossimità della spiaggia di Masua; quest'ultima è stata, quindi, invasa dall'acqua fuoriuscita dalla galleria poi riversatasi in mare.
In data 29 luglio 2003 la regione Sardegna ha provveduto ad effettuare un sopralluogo presso la zona suddetta rilevando che la spiaggia di Masua ed il prospiciente specchio di mare non risultano compromessi.
L'evento in questione, secondo quanto riferito dall'assessorato regionale all'industria, sarebbe dovuto al distacco di materiale, verificatosi all'interno dei vuoti di coltivazione della miniera «Acquaresi», non più attiva dal 1998. Tale distacco, della presumibile entità di 10-15 mila metri cubi, avrebbe determinato una notevole spinta sull'acqua sotterranea con successivo riversamento della stessa nella galleria «Ornella» (distante circa 7 chilometri dalla miniera). La porta in lamiera installata all'imbocco della galleria di carreggio, sottoposta alla elevata pressione esercitata dall'acqua per circa un'ora, avrebbe ceduto consentendo il riversamento dell'acqua stessa sulla spiaggia e poi in mare.
Successivamente, la società Igea provvedeva a ripulire la spiaggia dai detriti trasportati dall'acqua.
Al fine di impedire il ripetersi di eventi analoghi, l'amministrazione regionale dell'Industria ha comunicato di aver disposto l'apertura della porta della galleria suddetta per consentire il naturale deflusso di una eventuale venuta d'acqua superiore a quella di percolazione di natura meteorica proveniente esclusivamente da quote superiori a quella della galleria di carreggio.
Per quanto riguarda il monitoraggio dell'intera area mineraria dell'Iglesiante, il predetto Assessorato ha sottolineato che le strutture sotterranee della miniera «Acquaresi», nonché le altre zone ritenute a rischio, sono da tempo sottoposte a continue verifiche.
Non gli accertamenti tecnici necessari a verificare l'esistenza di eventuali correlazioni tra il distacco del materiale all'interno del vuoto di coltivazione ed il richiamo dall'esterno di un consistente quantitativo di roccia e terreno di copertura.
Il 13 agosto 2003 la società IGEA ha comunicato alla prefettura medesima di aver provveduto:
a) a posizionare nella galleria «Ornella», a nord dell'inserimento nella stessa della galleria «Galligaris», uno sbarramento in calcestruzzo armato in grado di


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resistere a sollecitazioni di almeno 10 Bar, onde ostruirla completamente;
b) ad installare nella galleria un sistema di preavviso dell'eventuale arrivo d'acqua, ubicato a 3 chilometri a nord dello sbarramento;
c) all'inserimento nello sbarramento di 3 valvole per valutare il livello raggiunto dall'acqua;
d) a realizzare nei piazzali di Masua un sistema di bacini di contenimento per una capienza di circa 20.000 metri cubi.

Per tale fatto, comunque, con Determinazione n. 3008/VII del 31 dicembre 2003, emanata dal Direttore del Servizio Tutela del Suolo e Politica Forestale, sono stati impegnati 2 milioni di euro a favore del comune di Iglesias per il ripristino e il risanamento ambientale dell'area mineraria di Masua.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RICCIOTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i signori Coppola Giovanni, Di Talia Angelo e Ruggiero Michelina sono cittadini elettori del comune di Fontanarosa (Avellino) e sono stati candidati, il Coppola a sindaco, e gli altri a consiglieri comunali per la lista «Coccinella»;
a tali candidature, nella competizione elettorale del 13 maggio 2001 per il rinnovo dell'amministrazione comunale di Fontanarosa si contrapponeva, alla lista della «Colomba» che è risultata vincitrice con la elezione a sindaco dell'Avvocato De Lisa Giuseppe;
in realtà, il candidato De Lisa, quale avvocato, espletava le funzioni di giudice onorario presso il tribunale di Ariano Irpino occupandosi prevalentemente del ruolo relativo alle esecuzioni mobiliari e facendo altresì parte dei collegi civili, anche in materia agraria, e penali, e come tale, per tanto, equiparato ai giudici togati ex articoli 101 e 106 della Costituzione;
l'esercizio di tali funzioni avveniva anche con giurisdizione sul territorio del comune di Fontanarosa, mediante la partecipazione alla attività decisionale;
proprio in virtù di ciò, il candidato sindaco De Lisa avrebbe dovuto cessare dalle funzioni in tempo utile come prescritto dalla legge;
il De Lisa non solo non ha presentato le dimissioni in tempo utile per la presentazione della candidatura, ma ha continuato ad esercitare le funzioni di giudice sino a pochi giorni prima delle elezioni, e a quanto è dato sapere, anche dopo, adottando e depositando provvedimenti -:
se non si ritenga di dover precisare in sede interpretativa che anche i giudici onorari debbano, per essere candidabili in elezioni amministrative, cessare dalle funzioni in tempo utile, come prescritto dalla legge per i giudici togati.
(4-02247)

Risposta. - In riferimento alla vicenda evidenziata dall'interrogante, si comunica che per effetto della sentenza n. 2195 del 27 gennaio 2003 della Corte Suprema di Cassazione, passata in giudicato, è stata dichiarata la decadenza del sindaco del comune di Fontanarosa, in provincia di Avellino, Signor Giuseppe De Lisa, per ineleggibilità in quanto dimessosi dalle funzioni di giudice onorario di tribunale oltre i termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Conseguentemente, con decreto del Presidente della Repubblica del 20 novembre 2003, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 279 del 1o dicembre 2003, il consiglio comunale di Fontanarosa è stato sciolto: il predetto comune è inserito nell'elenco delle amministrazioni Locali da rinnovare nelle prossime consultazioni elettorali.
Quanto agli aspetti di carattere generale sollevati dall'interrogante, nel premettere che l'interpretazione delle norme giuridiche vigenti è di competenza dell'autorità giudiziaria, la Corte di Cassazione, nella sentenza


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citata, ha sostanzialmente affermato che i magistrati onorari, secondo quanto previsto dall'ordinamento giudiziario, sono da considerare a tutti gli effetti «magistrati addetti ai tribunali» e, pertanto, inclusi nella previsione di ineleggibilità a sindaco di cui all'articolo 60, n. 6; del decreto legislativo n. 267 del 2000.
La stessa Suprema Corte ha soggiunto, peraltro, che non può indurre a diverse conclusioni il fatto che la norma abbia espressamente previsto l'ineleggibilità per il giudice di pace ed omesso di menzionare i giudici ordinari dei tribunali, dal momento che i giudici di pace sono addetti ad altro ufficio che necessita di espressa previsione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dopo diversi mesi di indagini, il 20 maggio 2003 la squadra mobile di Campobasso, arrestava il Presidente della Confcommercio molisana Luigi Zappone, titolare dell'istituto di vigilanza «Lo Zaffiro», il figlio ed un maresciallo dei carabinieri in pensione che svolgeva compiti di caposervizio all'interno dell'istituto, accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato, violazione delle prescrizioni impartite dal Prefetto, corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, ricettazione, furto pluriaggravato ai danni dell'ENEL, comodato di armi non autorizzato, violenza privata;
le indagini iniziarono nell'agosto del 2002 e sono tuttora in corso. Gli indagati sono stati circa quaranta giorni agli arresti domiciliari e tuttora non possono allontanarsi dal comune di Campobasso;
a seguito di questi arresti la Prefettura di Campobasso decise la sospensione della licenza per due mesi, mentre sul ricorso il TAR del Molise si pronunciò in maniera negativa. Da qui la decisione del Prefetto di revocare la licenza dal 1 settembre 2003;
gli indagati hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato con la richiesta di sospensiva, che è stata accolta. La discussione in merito è prevista per il giorno 23 settembre 2003;
intanto, i lavoratori che non sono stati coinvolti nelle indagini da tre mesi vivono in uno stato di tensione particolare -:
quali iniziative intenda intraprendere per accertare se:
dopo le gravi accuse l'istituto abbia lavorato e continui a lavorare;
alle guardie indagate, sia stato rinnovato il porto d'armi e il decreto di nomina a guardia;
l'istituto «Lo Zaffiro», il cui titolare è stato arrestato, continui a far servizio di vigilanza presso il Tribunale;
quali iniziative intenda assumere affinché venga garantito il posto di lavoro ai lavoratori non coinvolti nella vicenda giudiziaria.
(4-07434)

Risposta. - In merito all'atto di sindacato ispettivo in argomento, si comunica che il prefetto di Campobasso, con provvedimenti del 22 maggio e del 20 giugno 2003, ha sospesa dall'esercizio delle funzioni per un periodo di sessanta giorni il Signor Luigi Zappone, titolare dell'istituto di vigilanza privata «Lo Zaffiro srl» in quanto sottoposto a misure cautelari nel corso di un procedimento penale a suo carico, autorizzando, contestualmente, un dipendente dell'istituto a svolgere gli adempimenti necessari per assicurare il regolare svolgimento dei servizi di vigilanza già affidati alla ditta.
Successivamente, con decreto prefettizio del 22 luglio, ma con decorrenza dal 1o settembre, al fine di consentire un graduale trasferimento da parte degli utenti dei contratti in corso e del personale applicato nei relativi servizi, le licenze intestate al signor Zappone sono State revocate.
Il 18 settembre 2003 successivo una nuova licenza a gestire l'istituto è stata rilasciata al Signor Giuseppe D'Aquila,


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nuovo amministratore unico e legale rappresentante dello «Lo Zaffiro srl».
Al riguardo, il prefetto ha evidenziato come i provvedimenti adottati, nel rispetto delle normative vigenti in materia ed a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, sono stati sempre finalizzati alla conservazione - per quanto possibile - dei livelli occupazionali dell'istituto.
Nonostante la disdetta di importanti contratti (diminuiti da 22 a 14), gli incarichi mantenuti alla data del 19 settembre, tra i quali quello della vigilanza armata presso il Tribunale di Campobasso, hanno consentito di circoscrivere a sole 8 unità la riduzione del numero delle guardie particolari giurate dipendenti.
Alle 30 rimaste in servizio sono stati regolarmente rinnovati il decreto di nomina a guardia giurata e il porto d'armi.
Si precisa, infine, che il contenzioso cui l'interrogante fa riferimento è stato instaurato dal Signor Carmine Zaffiri, all'epoca amministratore unico della società, al quale il prefetto aveva negato l'intestazione delle licenze «qui in argomento» per mancanza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla legge.
Il signor Zaffiri ha adito il T.A.R. per la regione Molise che, con ordinanze nn. rr. 184 e 185 del 27 agosto 2003, ha respinto le relative domande incidentali di sospensione.
Tale decisione è stata poi confermata, in sede di appello, dal Consiglio di Stato nella camera di consiglio del 23 settembre 2003. Nessuna sentenza sul merito è stata finora emessa dal T.A.R. in questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

SARDELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 5973 del 16 ottobre 2003 è stato approvato il programma delle opere marittime per il triennio 2003/2005;
all'interno di questo programma è stata individuata con codice "0", da finanziarsi in condizioni di cantierabilità dei progetti, la variante al piano regolatore portuale di Brindisi e precisamente: opere di completamento accosti portuali, navi traghetto e Ro - Ro nella località Sant'Apollinare nel porto di Brindisi per un importo complessivo di euro 19 milioni e 500 mila;
è ferma presso codesto Ministero la procedura di via con grave rischio di perdita del finanziamento suddetto che permetterebbe la riqualificazione del porto con una netta separazione del traffico passeggeri (porto interno) dal traffico commerciale (porto medio) e dal traffico industriale energetico (porto esterno) -:
riferire sull'iter amministrativo della procedura di via e di rimuovere i motivi ostativi alla sua definizione in tempi rapidi che consentano l'utilizzazione del finanziamento, la realizzazione delle opere e il rilancio dell'attività portuale.
(4-08814)

Risposta. - In merito all'interrogazione cui si risponde, concernente la variante al piano regolatore portuale di Brindisi, si riferisce che in data 18 novembre 2002 l'Autorità Portuale di Brindisi ha presentato la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale per il progetto di Variante al Piano regolatore predetto.
In data 19 dicembre è stato nominato il gruppo istruttore, e in data 3 febbraio 2003 si è svolta una riunione presso questo ministero, alla quale hanno preso parte, oltre al gruppo istruttore, l'Autorità Portuale di Brindisi, il ministero per i beni e le attività culturali e l'Enel Produzione; successivamente in data 4 marzo 2003 si è svolto il sopralluogo.
In data 28 gennaio 2004 è pervenuta al ministero la delibera di giunta regionale con la quale la regione Puglia esprime parere negativo per il progetto presentato dall'Autorità Portuale di Brindisi.
A seguito del rinnovo della Commissione V.I.A. in data 5 marzo 2004 è stato nominato il nuovo gruppo istruttore.


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Ad oggi, la procedura di valutazione di impatto ambientale è ancora in corso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

VENDOLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
l'accordo di programma quadro del sistema delle infrastrutture di trasporto posto in essere tra la Regione Calabria e il Governo della Repubblica prevede una serie di opere infrastrutturali;
tra le opere previste dall'accordo di programma quadro vi è il progetto di approdo turistico nel comune di Bonifati (Cosenza);
in data 14 aprile 2001 la società Edilten, con sede in Cosenza, richiedeva in concessione per trent'anni un'area demaniale e relativo specchio d'acqua per la realizzazione di un approdo turistico. La succitata società in data 13 aprile 2002 trasmetteva al comune di Bonifati il progetto esecutivo relativo all'approdo turistico il quale prevede: sette moli di sopraflutto, due darsene (una interna e l'altra esterna), un pennello nord, una passeggiata a mare e l'altra pedonale, una banchina massi, un moletto di rifornimento, diverse palancole e pannelli di rivestimento ed altre opere strutturali ricadenti sul pezzo di costa in oggetto;
il progetto per l'approdo turistico è stato approvato con delibera n. 56 il 31 marzo 2003 dalla Giunta Comunale di Bonifati;
l'approdo turistico è stato denominato «Baia di Fella»;
per la realizzazione del succitato progetto il Comune di Bonifati non ha indetto la procedura concorsuale prevista dalla normativa vigente;
il TAR Lazio, sez. II bis, con sentenza n. 2429 del 22 marzo 2003 ha sottolineato l'importanza delle procedure a evidenza pubblica per l'affidamento dei servizi come disposto dall'articolo 113 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Inoltre l'articolo 35 della Finanziaria del 2002 ha introdotto nel nostro ordinamento l'obbligatorietà, per i servizi pubblici locali a rilevanza industriale, del conferimento dell'attività di erogazione dei servizi stessi a società di capitali da individuarsi attraverso l'esperimento di procedure concorsuali a evidenza pubblica. Di fatto le nuove norme hanno introdotto il divieto di procedere a forme di affidamento diretto della gestione del servizio di erogazione stabilendo, in aggiunta, un periodo di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, di scadenza o cessazione anticipata delle concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica. Pur essendoci l'assenza di un regolamento attuativo dell'articolo 35 e, quindi «sottoposto ad una incertezza interpretativa», il TAR Lazio con la citata sentenza ha stabilito che l'interpretazione dell'articolo 35 deve essere inquadrata nell'ambito dei più generali principi comunitari in materia di servizi pubblici (Direttive n. 92/50 e n. 97/52 recepite rispettivamente con il decreto legislativo n. 157/95 e decreto legislativo 65/200);
la Commissione Europea in diverse occasioni aveva avviato una procedura di infrazione contro la prassi italiana di affidare a società miste la gestione dei servizi pubblici locali attraverso forme di affidamento diretto. Tale contestazione era stata già accolta dalla circolare interpretativa n. 12727 del 19 ottobre 2001 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento delle Politiche Comunitarie) che aveva ribadito la necessità delle procedure ad evidenza pubblica. La circolare interpretativa aveva tra le altre cose precisato l'obbligatorietà della scelta del contraente privato tramite gara, obbligatorietà sancita dai principi comunitari sulla liberalizzazione dei servizi pubblici; principi che avevano già reso non legittima la programmata costituzione delle società


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miste con individuazione diretta del socio privato: obbligatorietà in seguito assunta dall'articolo 35 della Finanziaria 2002;
il Consiglio di Stato (V sez. sentenza del 19 febbraio 1998 n. 192) ha stabilito che: «...la salvaguardia dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e della libertà di mercato è ugualmente garantita dalle modalità e dalle cautele che accompagnano la scelta del socio privato di minoranza. Tanto che questa deve essere compiuta dal comune attraverso una apposita procedura concorsuale perché il socio privato è un imprenditore chiamato a svolgere mediante il suo apporto parte rilevante di un pubblico servizio e ciò esclude che l'amministrazione possa basarsi, nella scelta del socio, su generici apprezzamenti soggettivi e, comunque, di carattere fiduciario perché ciò escluderebbe i principi di buona amministrazione e trasparenza dell'azione amministrativa...»;
il Comune di Bonifati nella già citata delibera afferma il principio che l'approvazione del progetto dell'approdo turistico equivalga a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse. Siffatta affermazione deliberativa è priva di qualunque fondamento tecnico-giuridico in materia urbanistica per i seguenti motivi: la creazione del porto turistico è stata proposta da un ente privato e non dal Comune. Il Piano Regolatore di Bonifati non prevede tale tipo di opere in detta zona e, quindi, l'opera si inquadra in una variante allo strumento urbanistico che per poter essere realizzata necessita di un iter amministrativo di modifica del Piano Regolatore. Tant'è vero che la legge n. 1150/42 all'articolo 7 dispone che opere similari destinate alla collettività devono essere previste anche nei Piani Regolatori Generali comunali. L'opera di che trattasi, anche se inquadrata nel cosiddetto «piano spiaggia», dovrà essere necessariamente recepita quale variante del locale strumento urbanistico vigente;
la delibera n. 56 della Giunta Comunale del 31 marzo 2003 ha stabilito che la società mista mediante partecipazione pubblica minoritaria sarà finanziata per il 30 per cento dal Comune e per il 70 per cento dalla Edilten (importo complessivo di euro 8.562.819,17);
l'atto deliberativo di approvazione del progetto, a quanto risulta all'interrogante, sarebbe privo della necessaria copertura finanziaria e, pur essendoci un carattere di urgenza, la copertura finanziaria si rende indispensabile entro il termine di trenta giorni. A tale proposito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8189 del 2003 ha affermato che: «...il pagamento delle somme dovute, in esecuzione di un rapporto negoziale, non possa prescindere dal rispetto delle procedure contabili legislativamente previste, laddove il versamento di detti importi gravi sul bilancio di altro ente...» ed ancora: «... come è noto, al fine di garantire l'equilibrio finanziario delle amministrazioni locali e la corretta gestione delle risorse, il legislatore ha previsto con l'articolo 23 del decreto legge 2 marzo 1989 n. 66, convertito dalla legge 144 del 1989, sostituito dall'articolo 35 del decreto legislativo 77 del 1995, poi modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo 342 del 1997 e, infine, trasfuso nell'articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 267 del 2000, una complessa disciplina volta ad assicurare la copertura finanziaria e a contenere il fenomeno dei debiti fuori bilancio. A tal uopo, ha prescritto che la valida acquisizione di beni e servizi sia subordinata alla registrazione dell'impegno contabile e alla attestazione della copertura finanziaria, o nel caso di lavori di «somma urgenza», alla successiva regolarizzazione contabile entro il termine di trenta giorni ed infine: «... il principio secondo il quale tutte le uscite dell'amministrazione pubblica debbono trovare copertura», consacrato definitivamente con la disciplina in esame, impone che ogni somma di denaro, diretta all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria assunta, sia vincolata, nell'ambito del capitolo di bilancio, a quella specifica destinazione, attraverso il meccanismo della registrazione dell'impegno di spesa. Da ciò consegue che, ai fini del versamento dell'importo


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dovuto, non rilevi la provenienza della somma, bensì la circostanza che il competente organo abbia impresso una specifica funzione alla somma già stanziata per generiche finalità pubbliche. Posto, pertanto, che l'utilizzazione di denaro pubblico è subordinata all'impegno dello stesso nell'ambito del bilancio di previsione...»;
il Comune di Bonifati non ha prodotto ad oggi la prescritta procedura di compatibilità ambientale, violando il tal modo le disposizioni normative previste dal decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile 1996;
la stragrande maggioranza dei proprietari di abitazioni (residenti e villeggianti) del borgo ubicato di fronte al porto denominato Baia di Fella ha espresso la propria contrarietà al suddescritto progetto consegnando una petizione popolare alla Regione Calabria;
il pezzo di costa interessato alla creazione del porto turistico ha un'erosione della costa pari al 60-70 per cento;
in data 29 luglio 2003 è stata convocata dalla Regione Calabria (Dipartimento Urbanistico - Settore Demanio Servizio di Cosenza) la Conferenza dei Servizi per l'approvazione del progetto per la realizzazione dell'approdo turistico denominato «Baia di Fella»;
secondo l'interrogante l'intera vicenda configura un grave rischio di sperpero del denaro pubblico e di lesione del principio di legalità -:
quali azioni il Ministro dell'ambiente intenda adottare per far sì che vengano rispettate quelle misure normative volte valutare la fattibilità di realizzazione dell'approdo turistico e, inoltre, quali interventi il Ministro voglia porre in essere per risolvere o quantomeno ridurre in maniera significativa il fenomeno dell'erosione della costa fatta oggetto di un ennesimo scempio ambientale;
se la società Edilten sia in possesso dei requisiti richiesti per legge ovvero: la certificazione antimafia;
se alla luce di quanto esposto in premessa, non si intenda valutare l'opportunità di chiedere alla Conferenza dei servizi che si terrà il 29 luglio prossimo venturo - considerando che la stessa è il frutto di un accordo di programma quadro con il Governo - di fornire tutti gli elementi a supporto che dimostrino l'effettivo rispetto di tutte le norme afferenti tali contesti socio-amministrativi.
(4-07097)

Risposta. - In merito all'interrogazione cui si risponde, concernente la realizzazione dell'approdo turistico «Baia di Fella», si fa presente che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 1988 n. 377, che individua le categorie di opere soggette alla procedura di valutazione di impatto ambientale, all'articolo 1 comma 1 lettera h) stabilisce che sono sottoposti alla procedura di V.I.A. i progetti dei porti commerciali marittimi, nonché delle vie navigabili e dei porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 tonnellate.
L'attuale ordinamento amministrativo dei porti nazionali, suddivide i porti in due categorie. La prima categoria comprende i porti che interessano la navigazione generale o la difesa (militare) e la sicurezza dello Stato, la seconda comprende i porti commerciali a loro volta suddivisi in quattro classi. La I classe comprende i porti il cui movimento commerciale abbia una intensità tale da interessare il traffico marittimo internazionale ed una estesa parte dello Stato; la II i porti il cui movimento commerciale interessi una o più province; III classe i porti che sono di interesse di una parte notevole di una sola provincia; IV classe i porti (ed inoltre i seni, i golfi e le spiagge) che non risultano assegnabili (quanto ad estensione territoriale della loro utilità ed a quantità di merce movimentata) alle tre classi precedenti.
Il Consiglio di Stato, con parere n. 851/1989 ha stabilito che sia i porti della prima categoria (se e per la parte in cui non siano destinati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato), sia quelli delle quattro classi della seconda categoria sono da considerare


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porti commerciali marittimi, rientranti dunque nella procedura di valutazione d'impatto ambientale.
Anche tutti gli interventi a carattere diportistico da realizzare nell'ambito di porti commerciali preesistenti, come l'ampliamento dello specchio acqueo o la realizzazione di nuove strutture integrative, devono essere assoggettati a procedura di V.I.A. in quanto producono modifiche sostanziali alle strutture esistenti (articolo 1, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 377/1988).
Per quanto concerne i «porti turistici» questi si differenziano da quelli commerciali, in quanto destinati alla sosta ed al ricovero (spesso per tempi superiori a quelli della navigazione) di unità da diporto, e ad attività accessorie a tali unità.
La direttiva CEE 27 giugno 1985, n. 337, ha disciplinato in modo diverso i «porti commerciali marittimi» ed i «porti turistici», introducendo i primi nell'allegato i (progetti soggetti a procedura di V.I.A.), ed i secondi nell'allegato 2 (progetti soggetti a tale procedura solo quando gli Stati membri tengono che le loro caratteristiche lo richiedano). Pertanto poiché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, stabilisce che devono essere soggetti a valutazione di impatto ambientale tutti i progetti contenuti nell'allegato 1, mentre, per quanto riguarda l'allegato 2, riporta solo le dighe con altezza superiore a 10 metri e/o di capacità superiore a 100.000 metri cubi, i porti turistici non possono considerarsi inclusi, allo stato, tra le opere i cui progetti vanno sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'articolo 6 della legge n. 349/1986.
Pertanto alla luce di tali considerazioni il progetto di realizzazione dell'approdo turistico «Baia di Fella» è di competenza regionale e pertanto dovrà essere sottoposto a procedura di V.I.A. regionale, così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.