Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 473 del 25/5/2004
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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2869 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali. Proroga di termini di deleghe legislative (Approvato dal Senato) (4962) (ore 12,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali. Proroga di termini di deleghe legislative.
Ricordo che nella seduta del 24 maggio si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 4962)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 3), nel testo della Commissione identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo della Commissione identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 5).
Ricordo altresì che è stato presentato un unico emendamento riferito all'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 6).
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 2).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto estraneo alla materia oggetto del provvedimento, l'emendamento Duca 1.10 (vedi l'allegato A - A.C. 4962 sezione 1), volto a prorogare il termine per l'emanazione del regolamento concernente la riforma delle tasse e dei diritti marittimi, di cui all'articolo 100 della legge 21 novembre 2000, n. 342, già prorogato dalla legge 1o agosto 2002, n. 166.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.

FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, vorrei intervenire in particolare su un emendamento specifico che riguarda la cosiddetta addizionale comunale sui passeggeri aerei.
Ritengo, infatti, che questa sia diventata una rapina da parte del Governo e che con il provvedimento in esame si voglia rendere questa rapina «permanente». Come nasce il problema?
Il problema nasce dal fatto che molti comuni, sedi di aeroporti o comprendenti strutture aeroportuali nei propri confini, sono sovraccaricati di costi per le infrastrutture, per i servizi, per l'urbanizzazione, costi dovuti proprio alla presenza e all'attività di un aeroporto e che non vengono in alcun modo riconosciuti dallo Stato.
Questi comuni, e i loro sindaci, attraverso una specifica associazione all'interno dell'ANCI, avevano fatto pervenire a tutti i parlamentari, in occasione dell'esame dell'ultima legge finanziaria, una proposta emendativa che prevedeva l'introduzione di una specie di «tassa di scopo», per la quale, ad esempio, per ogni volo si prevedeva


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il prelievo di un euro sui diritti di imbarco dei passeggeri, redistribuendo tale somma ai comuni confinanti con la sede aeroportuale, proprio al fine di consentire loro la copertura delle spese che lo Stato non riconosce.
Ebbene, cosa ha fatto il Governo - il ministro Tremonti - attraverso la legge finanziaria per il 2004? Il Governo ha istituito solo per il 2004 una «addizionale comunale». Su decisione di Tremonti, l'ha denominata «addizionale comunale» sui diritti di imbarco dei passeggeri negli aeromobili, pari ad un euro per ogni passeggero. Considerando che i passeggeri in un anno sono 100 milioni, il gettito per il 2004 è di 100 milioni di euro.
Ebbene, il Governo - pur definendo tale addizionale come comunale - ha previsto che la riassegnazione avvenga solo per la parte eccedente i 30 milioni di euro restanti nel bilancio dello Stato. Dunque, vi è una soglia di 30 milioni di euro, che rimangono d'emblée allo Stato. Per quanto riguarda i restanti 70 milioni di euro - dice la legge finanziaria di Tremonti - va ai comuni soltanto il 20 per cento degli introiti, cioè 14 milioni di euro, mentre il rimanente 80 per cento, pari a 56 milioni di euro, va al Ministero dell'interno.
In sostanza, su 100 milioni di euro di addizionale definita comunale, 86 milioni di euro vanno al Governo nazionale e 14 milioni di euro ai comuni: una tassa che all'86 per cento va allo Stato viene definita comunale!
Proprio in questi giorni, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 marzo 2004 n. 80, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali, la tassa comunale è stata trasformata da annua a permanente. Questo furto con destrezza, è diventato continuato: cioè questo Governo - che proclama di voler ridurre le tasse - in realtà ne impone altre sotto falso nome, addirittura definendole comunali!
Desidero indicare qualche esempio a beneficio dei deputati che vivono nei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti. Ebbene, ogni anno, i sottoelencati comuni perdono: Alghero 762 mila euro; Ancona 440 mila euro; Bari 1 milione 247 mila - ripeto che si tratta di somme sottratte da Tremonti ai comuni! - Bergamo 2 milioni 442 mila euro; Bologna 3 milioni 63 mila euro; Bolzano 36 mila euro; Cagliari 1 milione 981 mila euro; Catania 4 milioni 132 mila euro; Firenze 1 milione 186 mila euro; Milano Malpensa 15 milioni 154 mila euro; Milano Linate 7 milioni 531 mila euro; Napoli 3 milioni 938 mila euro; Pisa 1 milione 699 mila euro; Roma Ciampino 1 milione 512 mila euro; Roma Fiumicino 22 milioni 604 mila euro; Torino Caselle 2 milioni 416 mila euro; Venezia 4 milioni 552 mila euro; Verona 2 milioni 105 mila euro; per un ammontare complessivo di circa 86 milioni di euro sottratti da Tremonti ai comuni attraverso una tassa che lui definisce comunale: una cosa che non sta né in cielo né in terra! Il giorno dispari si dice una cosa ed il giorno pari se ne fa un'altra: si dice che si tratta di tassa comunale, ma poi si scopre che essa viene trattenuta dal Governo per l'86 per cento!
A proposito, avevamo sentito dire che bisognava abolire l'IRAP una volta per tutte: «basta con l'IRAP: è un'imposta sbagliata!», ha affermato Tremonti ad ogni piè sospinto. Ebbene, con l'ultima finanziaria, tassando i contributi concessi dal Governo per il ripiano dei deficit, Tremonti ha introdotto l'IRAP per le aziende di trasporto pubblico locale! Non c'era: l'ha introdotta e l'ha resa addirittura retroattiva!
Tornando al tema di cui ci stiamo occupando, è come se Tremonti dicesse che una parte delle addizionali che i comuni possono deliberare sull'ICI e sull'IRPEF se la tiene lui: «vi do la facoltà di deliberare un aumento dell'ICI o dell'addizionale IRPEF, ma l'86 per cento me lo tengo io»! Questa è la situazione per i comuni sedi di aeroporti e per quelli viciniori. Tali comuni si vedono derubati di ciò a cui avevano diritto!
Insieme ad altri colleghi, ho presentato un emendamento che, prima di tutto, è volto ad attribuire ad ogni cosa il suo nome: se si tratta di tasse comunali, gli


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introiti debbono andare ai comuni! Altro che sussidiarietà alla rovescia! Non si può dire che i soldi vanno ai comuni quando, invece, restano a Roma! Cosa faranno sul nostro emendamento i colleghi della Lega dopo quanto ho affermato su Milano Malpensa, in Lombardia? Tremonti porta via i soldi ai loro comuni: cosa faranno? Va bene anche questo?
Occorre ridare ad ogni cosa il nome appropriato. Credo inoltre, che riportare la tassazione e l'imposizione di scopo alla loro funzione sia un giusto obiettivo, da perseguire mediante l'approvazione dell'emendamento che ho preannunciato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo intervento sul complesso delle proposte emendative vorrei esprimere tutta la preoccupazione del gruppo della Margherita sulla politica che da circa tre anni questo Governo sta attuando in materia di enti locali, una politica dissennata e priva di logica rispetto ad un intervento organico a favore del mondo delle autonomie, con trasferimenti di competenze da un ministero all'altro.
Apprezzo molto la presenza del sottosegretario Pescante ai banchi del Governo, tuttavia credo si occupi di altre materie in seno al Governo. Mi auguro che arrivi qualche sottosegretario...

MARIO PESCANTE, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Sono in arrivo!

RENZO LUSETTI. ...del Ministero dell'interno o dell'economia (non saprei individuare il confine, poiché da tre anni vi sono travasi di competenze tra il Ministero dell'economia e il Viminale). Non so neanche quali siano i provvedimenti organici che questo Governo intende adottare per dare al mondo delle autonomie quella spinta promessa dalla Casa delle libertà in campagna elettorale e di cui oggi si è dimenticata.
Constato che i deputati del gruppo della Lega su questo tema mostrano disattenzione. Poiché la Lega ha svolto una campagna elettorale incentrata sulla tutela del mondo delle autonomie, credo che questa distrazione potrebbe essere pagata cara. Infatti, non si può predicare nelle piazze italiane il federalismo e l'autonomia degli enti locali e non tener conto in Parlamento dei provvedimenti concreti a favore delle autonomie.
Quello in esame era un provvedimento annunciato anche nel disegno di legge finanziaria per il 2004, approvato a colpi di fiducia - lo ripeto: a colpi di fiducia - senza dare la possibilità né all'opposizione, che va sempre «sotto» (tranne quando è previsto il voto segreto) né alla maggioranza di emendare il testo di legge. Giustamente, tra i colleghi della maggioranza vi sono molti sindaci preoccupati del modo in cui è trattato il mondo delle autonomie. Credo che una manovra economica approvata a danno dei comuni e delle province, senza tenere in considerazione le proposte emendative presentate dai colleghi della maggioranza interessati al mondo delle autonomie sia dissennata. Ecco che giunge all'esame dell'Assemblea un provvedimento già approvato dal Senato che reca disposizioni urgenti in materia di enti locali con proroga di termini di deleghe legislative.
Nel preambolo del provvedimento in esame è sottolineata la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di enti locali. Noi abbiamo sottolineato tale necessità ed urgenza circa 7 o 8 mesi fa, durante la discussione della manovra finanziaria per il 2004, ed ora, alla vigilia dell'approvazione del documento di programmazione economico-finanziaria (ammesso che venga approvato) spetta alla maggioranza, oltre che al ministro dell'economia, dire qualcosa su questo tema. Il Governo, inoltre, si rende conto della necessità di assicurare la funzionalità del lavoro degli enti locali, soprattutto con riferimento alla procedura


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di approvazione dei bilanci di previsione e alle difficoltà finanziarie dei piccoli comuni.
Non è una novità (mi rivolgo al rappresentante del Governo, onorevole Pescante, affinché lo riferisca ai colleghi dei Ministeri dell'economia e dell'interno) che i piccoli comuni oggi rischiano il dissesto finanziario.
Tutti i partiti dell'opposizione hanno sottolineato fin dall'inizio - i colleghi dell'opposizione che mi ascoltano sanno che abbiamo fatto battaglie anche molto forti e importanti sul tema del dissesto finanziario - che le migliaia di comuni con meno di 5 mila abitanti, con la legge finanziaria per il 2004, rischiavano il dissesto finanziario. Abbiamo anche pubblicato alcune tabelle che dimostravano la necessità di fondi per i piccoli comuni, che rischiano l'estinzione, oltre che il dissesto finanziario. Addirittura, l'ANCI - non so se sia presente in aula il collega Osvaldo Napoli (non lo vedo, ma spero che leggerà il resoconto stenografico) - ha pubblicato una serie di dati, che testimoniano la grave difficoltà finanziaria in cui si trovano i comuni. L'ANCI, a cui partecipano tutte le forze politiche presenti in Parlamento, che sono rappresentate nei vari comuni del nostro paese, ha spiegato qualche settimana fa sui quotidiani, attraverso una serie di spazi pubblicitari a pagamento (perché non riusciva a farsi ascoltare dal ministro dell'economia e delle finanze), che i comuni versano in un grave stato di difficoltà finanziaria. Il ministro dell'economia e delle finanze, se non ricordo male, ha minacciato anche la querela o comunque ha polemizzato duramente con i vertici dell'ANCI, quindi anche con alcuni vertici del suo stesso partito di riferimento (ammesso che sia sempre Forza Italia: non ho capito bene quali siano le intenzioni politiche del ministro dell'economia e delle finanze). Allora, il fatto che vi sia stata una scelta politica sbagliata perpetuata in questi tre anni di Governo di destra è dimostrato da questo decreto-legge, che introduce alcune norme per tentare di porre rimedio ai tantissimi errori che questo Governo ha commesso.
Mi auguro che l'attuale maggioranza venga penalizzata dagli elettori alle prossime elezioni amministrative. Giustamente infatti, gli elettori, che sono maturi, hanno capito che non si può fare il gioco delle tre carte a scapito dei comuni, delle province e di tutto il mondo delle autonomie. Non si può predicare la sussidiarietà dal punto di vista ideologico - perché qui c'è anche un frammento di ideologia - e poi emanare provvedimenti che penalizzano e mortificano tutto il comparto delle autonomie locali.
Ecco che ci troviamo a dover chiedere la proroga fino al 31 maggio per consentire agli enti locali di approvare i bilanci di previsione per il 2004 (e siamo ormai a metà del 2004!). Non sono cose che ha detto l'opposizione, sono osservazioni che anche molti colleghi della maggioranza hanno fatto al Governo. Però, i colleghi della maggioranza che hanno fatto questi rilievi non se la sono sentita poi di votare contro il Governo quando esso ha posto la questione di fiducia, perché quando arriva il diktat dall'alto si procede fino in fondo.
Allora, onorevoli colleghi, sono seriamente preoccupato per questo provvedimento, sul quale il gruppo della Margherita e tanti altri colleghi, che fanno parte dell'opposizione in questo Parlamento, hanno presentato diversi emendamenti. Questi emendamenti cercano di sanare, di comporre, di dare quella svolta che noi chiediamo da tempo al Governo, per lo svolgimento di una politica seria nei confronti del mondo delle autonomie.
È l'ennesimo provvedimento tampone, che, recependo la percezione che i comuni e le province non ce la fanno e considerata la mancanza di politiche a tutela delle autonomie, cerca di correre ai ripari.
In questo senso va letto l'articolo 1 del decreto-legge in esame, il quale proroga fino al 31 maggio 2004 l'approvazione, da parte dei comuni e delle province, dei bilanci di previsione.
Il tema dei piani regolatori viene affrontato allo stesso modo, penalizzando così tutti gli enti locali che non hanno adottato gli strumenti urbanistici generali, ben sapendo, tuttavia, che proprio qualche


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minuto fa il Parlamento ha approvato, a maggioranza, la proroga dei termini del condono edilizio. Peraltro, riscontro anche una certa contraddizione tra i provvedimenti d'urgenza proposti dalla maggioranza: da un lato, infatti, si approva il differimento dei termini della sanatoria edilizia, con tutte le aberrazioni che ne conseguono, e dall'altro si propone lo scioglimento degli enti territoriali che non abbiano adottato le varianti dei piani regolatori od i piani regolatori stessi. Ribadisco, pertanto, che vi è anche una forte contraddizione all'interno sia della maggioranza, sia del Governo sui temi attinenti all'urbanistica ed alle autonomie locali.
Credo che vi siano ulteriori osservazioni da muovere al decreto-legge in esame anche per quanto concerne l'avanzo di amministrazione presunto nello scorso esercizio finanziario per i comuni fino a 3 mila abitanti che nel 2004 abbiano subito una riduzione dei trasferimenti erariali di parte corrente superiore al 10 per cento di quelli assegnati nell'anno precedente, di cui all'articolo 4 del provvedimento. Onorevoli colleghi, al riguardo vorrei osservare che quasi tutti i comuni hanno subito tale riduzione, a meno che non vi sia stato, a seconda dei parametri impiegati, qualche comune (magari più vicino alla maggioranza per colore politico) che abbia ricevuto qualche viatico particolare da parte di chi ha predisposto le tabelle finanziarie presso il Ministero dell'economia e delle finanze!
Non è questa la politica: una politica vera, anche nei confronti del sistema delle autonomie locali, deve essere adottata nell'ambito di una tutela complessiva dei comuni e delle province! È per tale motivo che siamo fortemente imbarazzati di fronte ad un provvedimento di questo tipo.
Le proposte emendative presentate dai gruppi dell'opposizione, pertanto, hanno una loro validità ed una loro valenza proprio perché mirano ad evitare che, tra qualche tempo, il Governo proponga, ancora una volta, un ulteriore provvedimento d'urgenza, volto a rimediare a quanto non è stato compiuto per tempo.
Mi riferisco, in tal senso, al fondo per i contributi agli enti locali per eventi eccezionali e situazioni contingenti, poiché ritengo occorra evitare di trovarsi in situazioni emergenziali in tale settore. È per questo motivo che abbiamo presentato proposte emendative anche per quanto concerne il finanziamento di interventi per le opere pubbliche (di cui all'articolo 7-ter del decreto-legge in esame) oppure, come ha illustrato precedentemente il collega Raffaldini, l'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili.
Vorrei ricordare, con riferimento a quest'ultima, che i colleghi del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo Rosato e Pasetto hanno presentato un emendamento sostitutivo dell'articolo 7-quater del provvedimento; tale proposta emendativa è stata sollecitata da numerosi amministratori di comuni nel cui territorio insiste un aeroporto. So che anche alcuni colleghi appartenenti alla maggioranza che ricoprono l'incarico di sindaco, oppure che sono stati giustamente e legittimamente sollecitati da sindaci del loro collegio elettorale, sono favorevoli all'approvazione dell'emendamento Rosato 7-quater.7.
Rivolgo pertanto un appello a tali colleghi affinché il decreto-legge in esame possa essere modificato in senso positivo, trasferendo agli enti locali un po' di «linfa vitale», non dico per vivere, ma almeno per sopravvivere, poiché siamo giunti ad ascoltare anche una sorta di richiesta di sopravvivenza da parte dei comuni e delle province. Vorrei segnalare ancora la vicenda che riguarda l'erogazione, in unica soluzione, di tutti i trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito IRPEF, per l'anno 2004, a favore degli enti locali. Vi è, poi, una serie di emendamenti che intervengono sulle fasce demaniali marittime di alcune zone costiere del Molise e della Puglia. Si tratta di interventi ad hoc, inseriti nel contesto più complessivo di questo decreto-legge, che riguarda non solo le disposizioni per l'approvazione dei bilanci di previsione 2004, ma anche una serie di proroghe di termini di deleghe legislative.


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Ritengo che il Governo, per un provvedimento così importante - poiché si tratta di un decreto-legge - avrebbe dovuto farsi rappresentare da esponenti non dico adeguati politicamente, perché riconosco l'autorevolezza dei membri del Governo presenti in aula, ma competenti per materia. Mi sarei aspettato un maggior interesse da parte del Governo.
Nella sostanza chiediamo, con questi emendamenti, che si finisca con la provvisorietà e la precarietà degli interventi a spot e si faccia una politica seria a tutela di tutto il mondo delle autonomie locali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Panattoni. Ne ha facoltà.

GIORGIO PANATTONI. Signor Presidente, siamo in presenza dell'ennesimo decreto-legge. Un provvedimento di proroga, di correzione di errori, che tocca punti molto rilevanti e che, naturalmente, non può che suscitare forti preoccupazioni.
Vi è un punto che mi piacerebbe toccare nel mio intervento, come ha già fatto il collega onorevole Raffaldini. Dopo l'attentato dell'11 settembre 2001 questo Governo decise di aumentare i fondi a disposizione della sicurezza. Operazione importante ma, poiché non vi erano risorse, si era deciso di ricorrere ad un'imposta, per il 2004, che era originariamente una tantum, nel senso che si prelevava denaro dai contribuenti e si usava tale denaro per aumentare gli strumenti dedicati all'incremento della sicurezza dei cittadini, molto a rischio dopo il clamoroso attentato dell'11 settembre. In materia, fu già compiuta un'operazione singolare. Infatti, si statuì una tassa pari ad un euro sui passeggeri «aerei» e poi si disse che tali fondi servivano per aumentare la sicurezza negli aeroporti e nelle ferrovie. Si tratta di una grande sproporzione, perché, ovviamente, le stazioni sono molto più numerose degli aeroporti, molto più articolate, molto più complesse e molto meno protette, per cui si tassava il trasporto aereo ed i fondi erano dirottati alle ferrovie. È la prima contraddizione.
Tale imposta, seguendo la linea del Presidente del Consiglio, onorevole Berlusconi, che, quando parla di imposte, ha in mente solo la riduzione delle stesse - egli si occupa dei problemi centrali, ovviamente, non di quelli periferici, di competenza delle autonomie locali - fu chiamata «addizionale comunale». Tutti avevamo capito che tale imposta addizionale sarebbe stata applicata una tantum dai comuni e che il suo introito sarebbe stato destinato agli aeroporti che erano presenti nei comuni stessi. Non è stato così. Infatti, l'86 per cento di tale imposta è finita nelle casse dello Stato, per il 2004.
Al proposito, rivolgiamo una domanda a chi ha il compito di garantire almeno la coerenza del nostro lavoro parlamentare: come si può chiamare addizionale comunale un'imposta il cui gettito è destinato allo Stato? Non sarebbe meglio chiamarla imposta tout court e, quindi, imposta centrale, di competenza dello Stato, anche se ciò potrebbe esteticamente disturbare, nel senso che andrebbe ad aumentare l'aliquota complessiva che contraddistingue il gravame fiscale?
È una contraddizione, oltretutto, incomprensibile, perché una tassa di scopo non viene utilizzata per il fine cui è destinata e un'addizionale comunale viene assicurata dallo Stato. Ma questo decreto-legge fa molto di più: improvvisamente stabilisce che tale imposta non sarà più una tantum, ma varrà per sempre. Infatti, si cancella il carattere di straordinarietà per il 2004 (anno di applicazione di tale imposta) definito al momento dell'imposizione di tale addizionale. Già l'idea che un'imposta una tantum diventi un'imposta tout court, valida per sempre e, quindi, modificabile solo per legge, lascia perplessi. Non vi è più, allora, il problema dell'aumento degli strumenti di sicurezza, ma vi è esclusivamente il problema del gettito fiscale. In altri termini, si aumentano le imposte.
Questa parte del decreto-legge è stata esaminata in IX Commissione e in sede di


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definizione del parere è stata approvata all'unanimità una condizione che chiedeva di riequilibrare il gettito fra enti locali e Stato e, quindi, di ridestinare le risorse agli enti locali, come originariamente previsto.
La domanda che rivolgo al relatore è la seguente: come mai la Commissione di merito non ha assolutamente preso in considerazione quella condizione? A quale scopo questi provvedimenti vengono valutati dalle Commissioni di merito?
Se si afferma che, dal punto di vista del merito, vi è un errore pesante e decisivo e si pone una condizione affinché l'esame del provvedimento possa procedere, siamo estremamente sorpresi che la Commissione di merito non ne tenga conto. Mi domando se questo modo di procedere sia normale, giusto ed accettabile e se ciò non generi ulteriori contraddizioni che pongono sul tappeto un problema di competenza.
Perché mai non potremmo assumere una decisione su un affare di merito che riguarda la nostra Commissione e vedere realizzata una condizione posta all'unanimità nella formulazione definitiva del decreto-legge? Gradirei che il relatore, il Governo e, addirittura, il Comitato per la legislazione in qualche modo ci facciano capire se, continuando ad operare come abbiamo fatto fino ad oggi, si possa avere la certezza che le condizioni poste in termini di merito vengano poi assunte nella formulazione finale del provvedimento.
Vi è di più: Berlusconi gira l'Italia in campagna elettorale e, non più tardi di ieri, ha fatto una strabiliante affermazione in merito ai milioni di persone che, pur avendo beneficiato di una riduzione delle tasse, non se ne sarebbero nemmeno accorti: è una cosa divertente! Berlusconi ha il monopolio della visione dell'Italia; ciò che egli afferma è vero, anche se i singoli cittadini non solo non se ne accorgono, ma sono di parere contrario. Questo è il delirio di onnipotenza del Presidente del Consiglio!
Berlusconi afferma che le imposte sono state ridotte: falso! È una grande bugia raccontata agli italiani: le imposte in Italia sono aumentate, perché, a fronte di una leggera riduzione delle imposte statali, vi è stato un forte aumento delle imposte locali e la somma è maggiore di zero. Quindi, le imposte sono aumentate.
Questa è una bugia grave, anche perché parallelamente vi è una cosa che, invece, in Italia si è ridotta: mi riferisco al livello dei servizi ai cittadini. Allora, forse la versione giusta che Berlusconi dovrebbe raccontare in campagna elettorale è la seguente: italiani, ho aumentato le imposte e ridotto i servizi.
Questo è il messaggio che dovrebbe formulare un Presidente del Consiglio che faccia il suo mestiere in maniera corretta, motivandolo attraverso una serie di ragioni che probabilmente meritano di essere raccontate ai cittadini.
Successivamente, è cominciata una incredibile bagarre all'interno della maggioranza, nel senso che su questa fantomatica riduzione delle imposte non vi è nella maniera più assoluta alcun tipo di accordo: c'è chi vuole che essa riguardi soltanto le fasce più elevate di reddito e chi vuole la riduzione prioritariamente sulle fasce medie. Risultato: Berlusconi annuncia che si ridurranno le imposte dopo le elezioni. Per adesso, quindi, le ha aumentate, ha ridotto i servizi e prende un impegno che naturalmente non onorerà, cioè quello di ridurre le imposte dopo le elezioni.
Ciò significa che gli italiani sono liberi di votare Berlusconi dopo le elezioni, quando le avrà già perse, sulla scorta delle bugie che è andato raccontando agli italiani e che oggi sono largamente dimostrabili, come hanno fatto autorevoli istituti.
È anche curioso che l'attuale Governo, secondo studi che vengono presentati da organismi qualificati, continui a dire che questi ultimi non sono reali e che non si comprende per quale ragione vi sia questo accanimento, probabilmente di istituti di area comunista, che fanno conti sbagliati soltanto per dargli torto. Ecco questo delirio di onnipotenza che torna fuori in modo veramente clamoroso!
Ancora: vi sono altre considerazioni di principio che andrebbero svolte: una riduzione


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di imposta sui redditi più elevati, nella storia, non ha generato un incremento dei consumi, ma probabilmente soltanto un aumento del risparmio. Non è vero cioè che una riduzione dell'imposta sui redditi più elevati attivi quel meccanismo virtuoso di aumento dei consumi, che è una delle molle attraverso la quale l'economia può ripartire.
Infatti, i consumi elevati sono sostanzialmente rigidi; lo prova l'andamento di questi ultimi mesi, nel corso dei quali i consumi si sono ridotti, ma all'interno di questa riduzione non si è registrata la diminuizione di quelli che definirei pregiati, ovvero quelli dei redditi più elevati, prevalentemente indirizzati all'acquisto di beni di lusso.
Si sono invece ridotti tutti gli altri: c'è allora un problema di coerenza, a prescindere dalla progressività dell'imposta, dal problema dell'equità, dal ritenere giusta o meno l'ipotesi di incidere sui redditi più elevati piuttosto che su quelli più bassi; vi è infatti un problema di utilità di questo provvedimento.
Se il decreto-legge in esame non persegue l'obiettivo di rilanciare l'economia, che cosa fa? È un regalo, una captatio benevolentiae? Una presa di posizione politica nei confronti dei ceti più abbienti, uno «scusarsi» per altre cose che sono state compiute?
Qual è la motivazione reale di questo provvedimento, dunque, se non è quella di un provvedimento indirizzato al rilancio dell'economia del paese?
Credo che su questo punto si potrebbe aprire una bella discussione che tenti di individuare quali siano le molle che spingono il Governo ad adottare provvedimenti così sbagliati!
È evidente che vi è un'altra questione fondamentale per il paese: una riduzione di imposta di questa natura non può che portare ad un'ulteriore riduzione dei servizi. Un'ulteriore riduzione dei servizi spingerà le imposte locali a crescere e si determinerà un ulteriore disequilibrio strutturale, che porterà un altro elemento forte di turbamento nel quadro economico complessivo del paese.
Come si può ben notare, partendo da un dato marginale come quello della sovraimposta comunale sul trasporto aereo, destinato ad incrementare gli strumenti di sicurezza locale, si giunge ad un certo tipo di considerazione, al di là della coerenza di una classificazione di imposte fatta in modo strumentale e per dimostrare una tesi sbagliata. Chiedo davvero al relatore di esprimersi a tale proposito oltre che sul problema da me sollevato in precedenza. Mi riferisco al motivo per cui una condizione introdotta dalla Commissione di merito sia stata completamente trascurata dalla Commissione che aveva il compito di istituire il testo per l'esame in Assemblea.
Si tratta di un tema che ci porta molto lontano: non è questa la sede per svolgere un'analisi più dettagliata. Tuttavia, mi sembrava opportuno rilevare che tutti i provvedimenti del Governo sono orientati verso la stessa parte: non hanno affatto come obiettivo fondamentale quello di migliorare la condizione economica generale, riattivare l'economia e lo sviluppo che da troppi mesi langue. L'Italia è in una condizione di scarsa possibilità di recupero ed ha una posizione vicaria in Europa, dato il deterioramento di tutti i parametri di confronto con i paesi forti dell'Unione europea.
Credo che su tali punti il prossimo DPEF dovrà chiarire le linee di comportamento del Governo. Siamo tutti molto ansiosi di sapere come sarà quadrata, con i soliti strumenti di finanza creativa, tale equazione di difficile composizione.

PRESIDENTE. Onorevole Panattoni...

GIORGIO PANATTONI. Concludo, signor Presidente.
Il ricorso ad una tantum ed a scorpori di debito pubblico si sta esaurendo, a meno che non si pensi a strumenti molto più radicalmente offensivi. Tutta l'Italia si augura che questo Governo, con un minimo di dignità e di senso del paese, non voglia porli in atto, anche se la situazione sta diventando davvero pesante ed è necessario cambiare completamente strada (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici


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di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Saluto gli alunni di una scuola di Rionero in Vulture presenti nelle nostre tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, come accade ogni anno siamo di fronte al decreto-legge per la proroga dei termini per l'approvazione dei bilanci di previsione dei comuni. Si tratta di un provvedimento che giunge in aula a due giorni dalla scadenza, consentendo una scarsa possibilità di analizzarne i diversi contenuti.
La proroga per i bilanci dei comuni degli enti locali è il risultato necessario per tamponare la situazione insostenibile nella quale gli enti locali si sono venuti a trovare a causa della politica fallimentare del Governo, che getta sulle spalle degli enti locali, e quindi dei cittadini, le difficoltà nella gestione della finanza pubblica.
Vorrei sottolineare alcune «perle» del decreto-legge in esame che, naturalmente, non si limita alla proroga per l'approvazione dei bilanci degli enti locali, ma contiene alcune norme francamente inaccettabili. Innanzitutto, vorrei segnalare - come già hanno fatto alcuni colleghi - che l'articolo 6 contiene disposizioni finanziarie per i comuni disciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
Le disposizioni finanziarie riguardano l'erogazione, in un'unica soluzione, ai comuni disciolti per queste ragioni, dei trasferimenti erariali e della quota di compartecipazione al gettito IRPEF. Ciò che mi sorprende e che non riesco a spiegarmi è il fatto che l'erogazione anticipata ai commissari prefettizi di questi comuni (le cui amministrazioni sono state sciolte) viene prelevata dall'ammontare complessivo dei trasferimenti verso tutti gli altri enti locali: viene cioè pagata da tutti gli enti locali, in termini di ulteriore riduzione dei trasferimenti. Inoltre, non appena termina l'amministrazione commissariale dei comuni sciolti per queste ragioni, l'articolo prevede che il comune stesso debba restituire l'anticipazione dei trasferimenti. Al di là dell'entità delle somme previste, ciò che ritengo sia assolutamente sorprendente ed inaccettabile è il fatto di rendere la vita facile, dal punto di vista finanziario, ai comuni retti da commissari prefettizi, e di renderla invece difficile alle amministrazioni locali democraticamente elette.
Sempre con riferimento all'articolo 6, il comma 2-bis riguarda un comune della provincia di Campobasso, per il quale è prevista la ridefinizione dell'area demaniale. Si tratta, in buona sostanza, di mettere fuori dell'area demaniale una fascia di pineta che è stata oggetto di costruzioni abusive per molti anni. Il Governo intende risolvere il problema in questo modo, accettando un'interpretazione della delimitazione dell'area demaniale che collochi queste costruzioni abusive al di fuori dell'area demaniale stessa. Poiché possono esserci problemi di incertezza giuridica e amministrativa nell'interpretazione dei limiti della fascia demaniale, non credo che problemi di questo genere - così delicati perché costituiscono un precedente pericoloso - siano risolvibili con un emendamento presentato al Senato (con l'assenso del Governo) sul provvedimento. La questione riguarda il patrimonio dello Stato, che in pratica viene trasferito a privati; potendoci, pertanto, essere interpretazioni controverse a causa dell'incertezza dei diritti da chiarire, non credo sia questo il modo per risolvere tali situazioni. Questo è un esempio lampante di cattiva amministrazione nella gestione dei problemi e del fatto che il senso dello Stato, da parte del Governo, è ridotto allo zero.
Vi è poi la questione del fondo di copertura, da istituire presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per finanziare contributi agli enti locali per eventi eccezionali e per situazioni contingenti. Questo sembrerebbe essere un tentativo di dare una boccata di ossigeno, un po' di respiro agli enti locali. In realtà, l'inghippo sta nel fatto che manca, nel testo del


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decreto, un'esplicita autorizzazione di spesa per quantificare la dotazione del fondo. Quindi la cosa resta, almeno stando alla lettera del decreto, del tutto aleatoria.
Vi sono poi altri aspetti. Vorrei citare soltanto quello che riguarda la tassa sui diritti di imbarco. Nel decreto-legge è contenuta la norma secondo la quale l'imposta comunale cosiddetta sui diritti di imbarco viene trasformata da temporanea, qual era nella legge finanziaria, in permanente (un bell'esempio di riduzione delle imposte!). Al riguardo, un altro regalo viene fatto agli enti locali, perché gran parte del gettito di questa imposta va allo Stato, mentre soltanto una parte minima ai comuni.
Insomma un decreto che non risolve nessun problema per i comuni, se non la boccata d'ossigeno della proroga per approvare i bilanci. È un insieme di norme pasticciate e precarie, che creerà nuove difficoltà alla finanza pubblica, che si aggiungono alle altre difficoltà pregresse - causate da questo Governo -, che già gli enti locali devono sopportare.
Il Governo parla tanto di riduzione delle imposte in questo periodo, anche se permangono alcune contraddizioni tra il Presidente del Consiglio, che dice una cosa ed alcuni ministri che, invece, ne affermano altre. Ogni membro del Governo sembra avere la sua ricetta per ridurre l'IRPEF: peccato che si tratti di propaganda elettorale, anche perché alla ricetta non segue la medicina, ammesso che si tratti di medicina (io lo credo)! Se non si trattasse di uno spot elettorale, avrebbe già messo in atto le misure previste.
Vorrei ricordare che la legge delega sulla cosiddetta riforma dell'IRPEF è stata approvata dal Parlamento un anno fa: perché non avete dato attuazione a quella legge che, tra l'altro, è pessima, perché prevede la riduzione delle aliquote a due (al 23 per cento e al 33 per cento), con effetti macroscopici di iniquità distributiva? Perché la tirate fuori durante la campagna elettorale? La risposta è evidente: come nel 2001, quando avete propagandato la riduzione delle imposte, sperate che abbia gli effetti che si sono riscontrati allora, vale a dire che i cittadini ci credano e che vi premino alle elezioni. Credo che ciò non accadrà, perché non si possono «fregare» i cittadini per due volte sullo stesso tema!
Poiché si è tanto parlato di riduzione delle imposte, ci si aspettava da un provvedimento concernente gli enti locali interventi conseguenti: mi riferisco ad un alleggerimento della stretta che, in questi anni, è stata operata nei confronti dei medesimi e che ha prodotto gravi conseguenze per i cittadini, in termini di aumento di tariffe e di peggioramento delle stesse, mentre gli enti locali hanno tentato di barcamenarsi tra l'aumento delle tariffe ed il tentativo di mantenere integri i servizi ai cittadini.
Per tali ragioni, credo non siate credibili ed affidabili sulla gestione della finanza pubblica (questo è un episodio di cattiva gestione della finanza pubblica) e di tanti altri problemi che il paese si trova a dover affrontare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, la ringrazio anche per il saluto che ha rivolto agli alunni di Rionero in Vulture (comune del mio collegio): non è un fatto importante o storico, ma è il comune del grande meridionalista Giustino Fortunato e quando si parla di Fortunato non possiamo non pensare alle condizioni del Mezzogiorno ed a quelle degli enti locali.
Il provvedimento in esame che riguarda gli enti locali è parva res, un insieme di piccoli aggiustamenti, di piccoli interventi non risolutivi dei gravi e annosi problemi degli enti locali. I tagli ai comuni ed alle province sono diventati e diventano sempre più odiosi (sono tre anni di tagli). La scelta del Governo di scaricare sugli enti locali oneri e responsabilità è assai grave, ma è certamente funzionale al disegno di nascondere le difficoltà del bilancio dello Stato.
Che i conti pubblici non tornino lo sanno anche le pietre delle strade del


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nostro paese, ma, anziché fare un discorso di trasparenza e di verità, dicendo al paese come effettivamente stanno le cose, quale è lo stato della finanza pubblica e quali sono le difficoltà della nostra economia, il Governo pretende di scaricare sugli enti locali la responsabilità di aumentare le imposte locali, le tariffe ed il costo dei vari servizi a domanda individuale. Il risultato di tale operazione è la penalizzazione degli amministratori e, soprattutto, dei cittadini, ovviamente dei cittadini più bisognosi.
I comuni non possono tagliare i servizi sociali, gli asili nido, l'assistenza agli anziani, i trasporti pubblici locali e via seguitando. Sono costretti, volenti o nolenti, ad aumentare gli oneri a carico dei cittadini per mantenere i livelli minimi di tali servizi.
Con questa situazione disastrosa, evidenziata l'altro giorno dai dati ufficialmente forniti dall'ISTAT, il Governo osa ancora parlare di riduzione delle tasse per i redditi elevati, per coloro che hanno redditi superiori a 100 mila euro. Voglio ricordare che a costoro già si è fatto il regalo dell'abolizione della tassa di successione e donazione.
Ricordo, ancora, che uno dei più grandi liberali, Luigi Einaudi, sosteneva giustamente la necessità di mantenere tali tasse che, del resto, sono presenti anche negli Stati Uniti, paese che il nostro Presidente del Consiglio prende sempre a modello. Ma il nostro Presidente del Consiglio ha fatto di più: ricorderete tutti - cari colleghi - quando è andato a Wall Street a dire ai ricchi americani che possono venire a morire in Italia perché nel nostro paese è stata abolita la tassa di successione. Questo è il nostro Presidente del Consiglio!
Il decreto-legge in discussione, oltre alla proroga dei termini per l'approvazione dei bilanci degli enti locali, contiene anche una serie di disposizioni che in pratica non agevolano l'attività degli amministratori. I nostri emendamenti sono tutti migliorativi, nella consapevolezza che il patto di stabilità imposto ai comuni e alle province non può diventare una camicia di forza tale da rendere impossibile il governo dei comuni. Si tratta, dunque, di un provvedimento sbagliato, anche perché non ha coinvolto i comuni, l'ANCI e l'UPI nell'accordo per mantenere il cosiddetto patto di stabilità.
Non parliamo, poi, dei piccoli comuni, di cui si è tanto discusso in quest'aula, ma senza prevedere alcun provvedimento concreto a loro favore. Anzi, molto spesso, le comunità più piccole sono private dei servizi più elementari (le scuole, gli uffici postali, e così via). Quante interrogazioni noi parlamentari rivolgiamo continuamente per fare in modo che nei piccoli comuni di montagna, di collina, delle aree interne, dell'Appennino calabro-lucano e delle altre Alpi piemontesi possano almeno essere garantiti i servizi essenziali! Purtroppo, non sempre le nostre proteste, le nostre legittime richieste per ottenere decisioni più eque vengono prese in considerazione dal Governo, dai vari enti cosiddetti privatizzati - non so fino a che punto - come l'Ente poste italiane o dai ministeri, come quello della pubblica istruzione che, a seguito della riforma Moratti, soprattutto nei piccoli comuni, sta mettendo in discussione la bontà e la qualità della scuola italiana.
Proponiamo dunque di incrementare i vari fondi per gli investimenti, sapendo che con una politica seria a favore degli enti locali - a partire, ripeto, dai più piccoli - si attua una scelta di solidarietà e coesione. Quella solidarietà e quella coesione che hanno fatto grande il nostro paese prima che giungesse al Governo il duo Berlusconi-Tremonti, che oggi, con le promesse e le innovazioni a volte fantasiose del nostro ministro dell'economia, non incanta più nessuno, come mi auguro si potrà verificare il 12 e il 13 giugno prossimi.
Dopo tre anni di Governo del centrodestra i sogni che avevate sollecitato sono svaniti. Tutti ricordano la lavagna ed il pennarello di Berlusconi nello studio di Vespa; tuttavia, quel pennarello non è stato magico, in quanto di quelle opere, di quelle autostrade, di quelle ferrovie non ne è stata avviata neanche una, anzi i


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pochi appalti in essere sono tutti dovuti alle scelte e agli stanziamenti decisi dai precedenti Governi di centrosinistra.
Il Governo di centrodestra, invece, non ha proprio nulla di cui menar vanto, anche se tenta di farlo dicendo bugie, come spesso fa il Presidente del Consiglio, circa l'avvenuta riduzione delle tasse che, al contrario - è bene che resti agli atti di questa Camera -, sono aumentate (come evidenzia l'ISTAT) dal 42,2 per cento al 46,8 per cento. E l'ISTAT non è certamente condizionata, almeno non da noi dell'opposizione!
Le tasse aumentano e così, purtroppo, aumenta anche l'inflazione, che falcidia le pensioni, i salari e gli stipendi, tanto che le famiglie stentano ad arrivare a fine mese. Le nostre casalinghe, le madri di famiglia lo sanno bene; sono loro le vere e moderne eroine che, pur facendo salti mortali per far quadrare i conti familiari, riescono a mantenere salde e unite le famiglie italiane, per le quali questo Governo non fa assolutamente nulla. Non dispone neppure il rinnovo dei contratti per i pubblici dipendenti e tale problema ha già portato ad un grande sciopero. Quando parlo di pubblici dipendenti alludo a quelli delle varie amministrazioni pubbliche, comprendendo anche gli addetti all'Agenzia delle entrate, che svolgono una funzione e un ruolo assai delicati, anche e soprattutto nell'interesse dello Stato e dell'erario.
Sono questi i fatti che ci inducono ad affermare come, alla luce dei dati reali, il nostro paese in questi tre anni purtroppo si sia impoverito. È stato ricordato come l'ANCI abbia protestato unitariamente, avanzando contestualmente proposte, senza però trovare la giusta attenzione da parte del Governo. Eppure, non vi è altra strada se non quella della concertazione: così fece il centrosinistra, riuscendo ad imporre anche dei sacrifici, che furono però condivisi, per raggiungere il grande obiettivo costituito dall'adesione alla moneta unica.
In tale quadro complessivo, ancor più grave è la situazione degli enti locali nel Mezzogiorno. Non è questa la solita lamentela di un meridionale, perché il divario tra nord e sud resta ancora assai grave. Ricordo che, fino al 2001, il trend di crescita del Mezzogiorno superava quello del nord. Non voglio citare dati che voi certamente conoscete bene; sapete, quindi, che ciò era dovuto al fatto che la spesa per investimenti al sud, in quegli anni e per la prima volta, aveva superato il 42 per cento. Ora invece è stato istituito il cosiddetto fondo unico per le aree depresse, le cui risorse per il 2004, oltre ad essere esigue, vengono erogate con il contagocce, se non peggio. Ricordo, per memoria, il blocco e il successivo ridimensionamento del credito di imposta, nonché l'estensione della cosiddetta Tremonti-bis alle aree del nord, e così via. Solo per memoria ho voluto ricordare queste due importanti agevolazioni, che sono state sostanzialmente sottratte al Mezzogiorno per essere in parte dirottate verso il nord.
In conclusione, ricordo che anche con questo decreto-legge non si fa una corretta politica degli enti locali, né un'efficace politica economica. Il Presidente del Consiglio può far stampare milioni di manifesti con cifre e dati tanto sbalorditivi quanto falsi; non sarà convincente, però, per i pensionati, per i lavoratori, per le famiglie, per le piccole e medie imprese e per i consumatori, perché essi conoscono bene la realtà e non si faranno prendere per i classici fondelli da un premier che ormai governa il paese spesso con le barzellette e con le boutade. Ricordo, in proposito, la storiella odiosa sulle presunte amanti dei colleghi senatori, che la dice lunga sulla sua levatura di statista. Povero, questo nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Susini. Ne ha facoltà.

MARCO SUSINI. Signor Presidente, in questo provvedimento sono contenute misure - come già osservato in precedenza da altri colleghi -, quali l'addizionale comunale sui diritti di imbarco, che suonano ancora una volta come un'ennesima


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truffa perpetrata non solo a danno dei contribuenti, ma anche e soprattutto a danno della dignità e delle prerogative dei comuni italiani. Ci troviamo di fronte, infatti, ad una falsa addizionale comunale, per quanto concerne i diritti di imbarco. Non si tratta di una «questioncella» di scarsa entità: tale nuova imposta, infatti, ammonta a ben 100 milioni di euro annui, in quanto viene calcolato un euro a passeggero su una massa stimata, appunto, in 100 milioni di passeggeri.
Ma c'è di più, in cauda venenum: una misura originariamente limitata a un solo esercizio finanziario, e dunque sostanzialmente una tantum, è divenuta d'emblée una tassa permanente. È opportuno ricordare che ai comuni andrà soltanto il 14 per cento delle entrate derivanti da tale tassa e allo Stato l'86 per cento. E, nonostante questo rapporto così sproporzionato, avete ancora il coraggio di chiamarla addizionale comunale!
La verità è un'altra: questo Governo, che ad ogni piè sospinto si balocca con la devolution, con il federalismo e via dicendo, si rivela, alla prova dei fatti, il più centralista possibile. Non perdete infatti occasione - oggi sugli aeroporti, ieri sui porti, ieri l'altro sui parchi e sulle aree protette, e ancora sulla viabilità - per colpire, ridurre ed umiliare le prerogative e comprimere i poteri delle autonomie locali, e per passare sulla testa dei comuni e delle regioni.
Un esempio dell'ultima ora: sempre in materia di trasporti, avete introdotto di soppiatto, nel decreto-legge in materia di riordino della pubblica amministrazione, una norma che avoca al Consiglio dei ministri le nomine delle autorità portuali, laddove non si sia realizzata l'intesa prevista dalla legge tra il ministero, la regione e gli enti locali interessati. Avete dunque introdotto una deroga alla legge n. 84, facendo strame degli accordi che stavano intervenendo con la Conferenza delle regioni, presieduta, lo ricordo, dal forzista Ghigo. Avete fatto ciò passando sulla testa dell'ANCI, che proprio la scorsa settimana, nel corso di un'audizione presso la Commissione trasporti della Camera, ha avanzato una serie di proposte di correzioni alla legge n. 84, in materia di nomine. La vostra risposta è stata quella di avocare al Consiglio dei ministri la decisione in ultima istanza.
Ebbene, la falsa addizionale comunale costituisce l'ennesima beffa, che segue una serie di comportamenti arroganti, centralisti e scorretti. Come ha ricordato il collega Lettieri, altro che diminuzione delle tasse: le state aumentando! Come emerge infatti dai dati dell'ISTAT, la pressione fiscale complessiva dal 2001 ad oggi è andata aumentando.
Inoltre, cercate quasi sempre di tirare il sasso nascondendo la mano, vale a dire scaricando la vostra responsabilità di una politica economica e finanziaria dissennata e di corto respiro sugli enti locali, per di più beffandoli, come nel caso del provvedimento in esame, con un'imposta che tutto è fuorché comunale.
L'adozione di un'imposta sui diritti di imbarco era stata auspicata dall'ANCI, ma sulla base dell'esigenza di reperire risorse in favore dei comuni sedi di aeroporto per l'esercizio di funzioni istituzionali proprie, dai servizi di polizia locale ai servizi demografici. Tuttavia l'ANCI, sia chiaro, chiedeva un'addizionale che servisse davvero alle casse dei comuni, non chiedeva l'elemosina del ministro dell'economia! Invece, con questa operazione truffaldina, voi manderete ai comuni italiani pochi spiccioli e il resto - ben l'86 per cento, lo voglio ripetere - servirà probabilmente a coprire i buchi, quelli veri, che avete causato con la sciagurata politica dei condoni, con la politica degli annunci, con una politica che ha fatto crollare le entrate nel corso di questi anni.
Non è giusto, non è serio! Noi ci batteremo anche su questo punto specifico affinché le richieste dei comuni italiani vengano accolte fino in fondo, perché in un sistema fiscale corretto una tassa di scopo deve rispondere allo scopo per la quale è stata istituita e la tassa di imbarco doveva servire ai comuni per provvedere ai compiti che gravano sul loro bilancio. Voi,


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invece, li avete scippati perché il ministro Tremonti è ormai costretto, in virtù dei suoi errori, a raschiare il barile.
Avevate promesso una riduzione delle tasse mentre, come dicevo poc'anzi, le state aumentando e il provvedimento di riduzione delle imposte, tanto enfatizzato e tanto strombazzato dal Presidente del Consiglio, lo avete rimandato a dopo le elezioni perché siete divisi sulla entità e sulla qualità di questo provvedimento. Eppure Berlusconi, anche in questi giorni, ha avuto il coraggio di ripetere che gli occorrerebbero dieci anni per riformare e rinnovare l'Italia: noi pensiamo che, visti i risultati, siano invece più che sufficienti tre anni perché gli italiani abbiano capito che lui e il suo Governo se ne devono andare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Signor Presidente, colleghi, ancora un decreto-legge, e ancora un decreto-legge in materia di enti locali. Ciò che ai sensi della Costituzione dovrebbe essere straordinario, sempre meno lo è nei fatti, nella prassi politico-istituzionale e parlamentare. Questo pone oggettivamente dei problemi, di cui voglio segnalarne uno, magari piccolo, modesto, ma che ha colpito me, parlamentare di prima nomina, arrivato qui, come spesso accade - credo sia accaduto a tutti, prima o poi -, con lo zelo del neofita e con il testo della Costituzione della Repubblica sotto il braccio.
La Costituzione, all'articolo 77 - ed io ben lo sapevo, arrivando in quest'aula -, stabilisce che il Governo può ricorrere a decreti-legge «in casi straordinari di necessità e d'urgenza». Ora, via via che passa il tempo, mi trovo davanti una messe notevole di decreti-legge nel cui preambolo non si parla di casi straordinari, ma c'è scritto «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza». Può apparire la stessa cosa, signor Presidente, ma non lo è, perché nella Costituzione della Repubblica l'aggettivo «straordinario» è riferito ai casi, non alla necessità e all'urgenza, anche perché sostantivi e situazioni come la necessità e urgenza, di per sé, forse sono in qualche modo straordinari, extra ordinem si potrebbe dire, ma non a questo fatto si riferisce la Costituzione della Repubblica! Anche perché altrimenti - come di fatto avviene nella prassi quasi quotidiana della nostra vita parlamentare - ciò aprirebbe la strada ad un proliferare abnorme di provvedimenti assunti con forza di legge senza il vaglio preventivo del Parlamento, ma solo con il vaglio successivo.
Allora, ci si riferisce quasi con pudore non a casi straordinari, ma ad una presunta straordinaria necessità ed urgenza. Ripeto, non è la stessa cosa ed è il segno - ahimè non positivo -, nonostante si dica di voler rafforzare l'esecutivo, di una prassi che, in realtà, tende a consentire all'esecutivo di intervenire nel più e nel meno - e, vorrei dire, più nel più che nel meno - senza il preventivo vaglio delle Assemblee parlamentari. Per quanto riguarda gli enti locali
Per quanto riguarda gli enti locali, questa è ormai un'abitudine consolidata, e forse qui ricorre davvero il caso straordinario, ma si tratta di un caso straordinario negativo; infatti, non è una novità che si proroghi il termine per la deliberazione dei bilanci di previsione degli enti locali.
Coloro che ci seguono da casa, attraverso la radio, che hanno questa pazienza e che fanno anche la fatica di seguire il nostro, a volte faticoso, periodare, sanno bene che un bilancio di previsione su base annuale dovrebbe essere predisposto ed approvato entro la fine di dicembre dell'anno precedente, perché altrimenti si potrà prevedere poco o perlomeno si prevederà in maniera abnorme rispetto alla normalità di una situazione data.
I ritardi dei Governi e dei Parlamenti - in questo caso, certo non solo di questo Governo, bisogna riconoscerlo! - nella predisposizione delle leggi finanziarie e la complessità delle manovre di bilancio, anche in relazione all'ingresso in Europa, hanno reso via via sempre più abituale, per non dire indispensabile, la proroga nella presentazione dei bilanci di previsione.


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Così, anche quest'anno era stata decisa la proroga al 31 marzo, ovverosia stabilendo che il primo trimestre fosse in regime di esercizio provvisorio. Una cosa ragionevole, tutto sommato, anche se non del tutto corretta in una situazione di normalità. Ma adesso cosa sta avvenendo? Si proroga al secondo trimestre, arrivando al 31 maggio: cinque mesi senza l'approvazione di un bilancio di previsione nei comuni piccoli e medio-piccoli, nelle province grandi e meno grandi!
In questa situazione, per più di un terzo dell'esercizio finanziario, si instaura un regime di esercizio provvisorio, con i limiti evidenti nella possibilità non solo di spendere (il che forse è visto con favore dal ministro dell'economia), ma anche di programmare! E quindi, a fronte di situazioni già di per sé difficili, quali sono quelle in cui si trovano gli enti locali, si aggiunge una ulteriore difficoltà, riconosciuta, mi pare, anche dal relatore. Ma il problema è che non basta riconoscerle queste cose: occorre rendersi conto delle difficoltà in cui mettiamo coloro che, sulla base delle modifiche al Titolo V della Costituzione, rappresentano uno dei pilastri dell'ordinamento costituzionale del nostro paese; e questo già da prima, e a maggior ragione in seguito alle modifiche intervenute nel Titolo V. Che senso ha, oggi, quando siamo ormai al 25 maggio, stabilire che il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2004 da parte degli enti locali verrà prorogato al 31 maggio 2004? Certamente ha poco senso!
Si aggiunga, inoltre, che questa proroga, abnorme nella sua abnormità, sopraggiunge per moltissimi enti locali del nostro territorio italiano in un periodo di piena campagna elettorale, con consigli comunali di fatto sciolti, che devono riconvocarsi per l'adempimento straordinario e necessario dell'approvazione del bilancio di previsione in questa fattispecie, ma con la testa già del tutto rivolta alla campagna elettorale in corso, con sindaci che non si possono più candidare ma debbono comunque presentare il bilancio di previsione. Una situazione tanto più difficile e abnorme che potrebbe - come di fatto accade secondo le notizie che abbiamo - dare adito ad ulteriori polemiche strumentali (da qualunque parte esse provengano, non si fa fatica a definirle così) nell'ambito dei consigli comunali, i quali - ripeto - si riuniranno senza avere più una piena legittimità, se non formale, e devono ottemperare ad un atto che avrebbero dovuto invece adempiere molti mesi prima. Questa proroga, dunque, dà un ulteriore segnale di grande difficoltà nei rapporti fra il centro e la periferia di tale paese.
Noi non possiamo immaginare che la gran parte di cittadini, che ogni giorno ha rapporti con gli enti locali, per qualunque problema ed anche per qualunque adempimento che riguardi la propria famiglia o il pagamento delle imposte locali o l'organizzazione della vita delle comunità, si senta rispondere: non abbiamo approvato il bilancio; non sappiamo cosa possiamo fare; non sappiamo se la lampadina potrà essere messa o non messa! Sono queste le realtà nella stragrande maggioranza delle situazioni esistenti, piccole, medie e grandi: non possiamo pensare che questi cittadini non traggano sconsolatamente una valutazione vieppiù negativa riguardo alla funzionalità delle istituzioni.
A noi sta particolarmente a cuore il tessuto della vita democratica e vogliamo difenderlo sempre e comunque, contro ogni qualsiasi prevaricazione ed arbitrio.
Tra poco, ricorrerà l'ottantesimo anniversario del sequestro e della morte di Giacomo Matteotti. Tale circostanza ci fornirà l'occasione per ricordare e per sottolineare il valore e l'importanza della difesa della democrazia nelle aule parlamentari, contro qualsiasi possibilità, anche minima (non fu certo questo che si verificò nel caso di Matteotti), di prevaricazione.
È necessario ricostruire un tessuto di fiducia e di collaborazione nei rapporti tra i diversi livelli istituzionali, ma provvedimenti come quello in esame non aiutano in questa direzione. Il discorso non vale soltanto per il comma 1 dell'articolo 1 che, con l'ulteriore proroga al 31 maggio 2004 per la deliberazione dei bilanci di previsione


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per l'anno 2004, rappresenta la vera e propria architrave del fallimento del rapporto istituzionale tra Governo ed enti locali, ma anche per tutte le altre fattispecie di cui ai commi ed agli articoli successivi, che i colleghi del mio gruppo e del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo intervenuti prima di me non hanno mancato di indicare con precisione e con puntiglio, mettendo in risalto grandi contraddizioni (tra esse, quella relativa all'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili, l'86 per cento della quale va allo Stato, pur risultando essa imposta comunale) e sottolineando la complessiva difficoltà di organizzazione delle entrate dei comuni, piccoli e grandi, che emerge dal combinato disposto di un decreto-legge senz'altro farraginoso.
Anche se, forse, si tratta di un aspetto per addetti ai lavori, è giusto che chiunque segua i nostri lavori, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, sappia che il provvedimento al nostro esame si occupa un po' di tutto: sono previste addirittura modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in materia di eleggibilità e di ineleggibilità dei consiglieri comunali e dei membri della giunta, ed altro ancora. Insomma, come sempre, è stato inserito nel decreto-legge un po' di tutto!
Per l'ennesima volta, siamo in presenza di un provvedimento cosiddetto omnibus, che contiene - ripeto - un po' di tutto: in questo caso, non un «di tutto, di più», ma un «di tutto, di meno», se si ha riguardo alla funzionalità di un sistema giuridico che avrebbe bisogno di regole estremamente precise e chiare, e non di quelle confuse che derivano da continui rinvii normativi a testi che si susseguono l'un l'altro e che, nella sostanza, non danno l'impressione di un Stato che funzioni in maniera adeguata.
So che con una situazione di questo tipo non ci si trova a fare i conti soltanto in questa legislatura; tuttavia, almeno sulla base dell'esperienza che sto vivendo, questa legislatura non solo non è da meno rispetto alle altre che l'hanno preceduta, ma sta anche producendo un'incredibile confusione legislativa nonché situazioni di abnormità dal punto di vista delle regole complessive che dovrebbero presiedere al sistema dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali.
Credo sia necessario richiamare tutti noi al dovere di operare affinché, a partire dall'esame del prossimo disegno di legge finanziaria, anzi dalla discussione del prossimo documento di programmazione economico-finanziaria, vi sia il ritorno ad una situazione di chiarezza, per così dire, preventiva rispetto a quei conti dello Stato di cui proprio il decreto-legge sul condono edilizio, in precedenza discusso, dimostra il procedere ondivago, senza certezze e, soprattutto, senza possibilità che sia offerto un reale contributo allo sviluppo del paese, nel rispetto dei parametri stabiliti dall'Unione europea. Chi ci governa non si illuda che queste vicende non vengano osservate con attenzione anche al di fuori dei confini nazionali, in quel più grande contesto dell'Unione europea che è sempre più un riferimento virtuoso e non prevaricatore.
Tutti noi abbiamo il dovere di lavorare affinché l'Italia faccia la sua parte. Purtroppo, il provvedimento al nostro esame non va in tale direzione: per questo motivo, i nostri emendamenti propongono di modificarlo, sia pure in un'ottica, come si suol dire, di riduzione del danno, considerato che esso arriva all'approvazione del Parlamento quando taluni effetti o sono consolidati oppure non sono più modificabili (mi riferisco, ad esempio, al termine del 31 maggio per la deliberazione dei bilanci di previsione).
Allora, cercheremo di modificare almeno alcuni aspetti (alcuni colleghi prima di me li hanno illustrati dettagliatamente) che possono ancora essere modificati, nella prospettiva di una assunzione maggiore di responsabilità, che rappresenta il primo dovere dei parlamentari della Repubblica, un dovere che, troppe volte, ci vediamo sottratto dal ricorso alla decretazione d'urgenza, francamente ormai giunto a livelli


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insopportabili (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NUCCIO CARRARA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate.

PRESIDENTE. Il Governo?

MANLIO CONTENTO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta, prevista per le 15,30.

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