Allegato B
Seduta n. 456 del 26/4/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nel nostro paese da anni si assiste ad un anomalo andamento del prezzo dei carburanti basati sulla doppia velocità, velocissimi in salita e lentissimi in discesa relativamente alle variazioni del prezzo del petrolio grezzo;
recentemente, però siamo arrivati ad una anomalia francamente esagerata se rapportata all'andamento valutario dell'euro rispetto al dollaro;
infatti, se si raffrontano i prezzi del petrolio grezzo dell'ultimo semestre del 2003 con quelli dell'analogo periodo del 2002 si nota che sono praticamente identici e collocati a 27/28 dollari al barile ma con la differenza dell'euro rispetto al dollaro di oltre il 20 per cento poiché a quella data l'Euro segnava 0,98 sul dollaro;
sviluppando il suddetto dato solo sul prezzo industriale della benzina, questo si sarebbe dovuto attestare a 29,50 centesimi al litro che sommate alla accisa (tassa di produzione) pari a 54,20 e all'IVA del 20 per cento, avrebbe dovuto portare il prezzo finale a meno di un euro con un risparmio di oltre sette centesimi al litro;
invece il prezzo medio annuale al consumo della benzina è stato di 1,058 euro/litro, analogamente è avvenuto per il gasolio auto e quello per autotrazione;
in questi giorni il prezzo del petrolio sui mercati internazionali ha raggiunto la quota di 35 dollari al barile e in Italia il prezzo dei carburanti ha subito nuovi vorticosi aumenti che hanno portato, in pochi giorni, le principali compagnie a ritoccare più volte i propri listini, con un aumento complessivo di circa 0,008 euro al litro, vale a dire 15 vecchie lire in più, che si traducono in un aggravio, per ogni pieno per un auto di media cilindrata, di quasi mille vecchie lire (circa mezzo euro);
questa nuova escalation, di rincari, associato all'aumento scattato da inizio del 2004 (intorno ad altri 0,006 euro), porta l'incremento complessivo a 0,014 euro al litro, vale a dire poco meno di 30 vecchie lire;
tale incremento, secondo quanto annunciato da fonti governative non sarebbe dovuto ricadere sull'utenza, ma avrebbe dovuto essere assorbito dall'industria petrolifera in base ai margini venutisi a creare con l'apprezzamento del cambio euro-dollaro;
a subire le conseguenze di queste anomalie dell'andamento dei prezzi dei carburanti, sono come al solito, le famiglie italiane già agravate dalla pessima situazione economica e dai continui aumenti di prezzi e tariffe, tant'è che gli esperti di settore stimano un incremento mensile dello 0,1 per cento dell'indice dei prezzi al consumo per ogni rincaro, in un mese, di 0,036 euro al litro sulla benzina;


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le associazioni dei consumatori hanno calcolato che una adeguata sorveglianza sui prezzi dei carburanti, si tradurrebbe per le famiglie italiane in una serie di risparmi, diretti ed indiretti:
96 euro annui per il risparmio su costo del carburante;
76 euro annui per la riduzione del tasso di inflazione per il minore impatto sui costi generali determinati dai costi di trasporto pari a circa lo 0,3 per cento;
176 euro all'anno per una adeguata politica di razionalizzazione dell'intero settore della distribuzione dei carburanti che potrebbe comportare una ulteriore riduzione del costo di un litro di carburante di 5 centesimi di euro e con un risparmio per la famiglie di 70 euro all'anno -:
se, e quali interventi il governo intenda predisporne per correggere le anomalie indicate in premessa nella determinazione dei prezzi dei carburanti;
se non ritenga urgente, necessario ed opportuno provvedere alla istituzione di una commissione ministeriale, come da tempo richiesta dalle associazioni dei consumatori, al fine di accertare eventuali fenomeni speculativi sui prezzi dei carburanti, atteso che alcune di queste associazioni, vedi ADUSBEF, hanno avanzato il sospetto che «sui consumi della sola benzina le compagnie, per impropri sovraprezzi, lucrano mensilmente maggiori entrate per 115 milioni di euro e lo Stato ne incassa con identiche motivazioni oltre 26 milioni»;
se non ritenga altrettanto urgente, necessario ed opportuno, attuare una incisiva politica di razionalizzazione dell'intero settore della distribuzione dei carburanti come peraltro attuata nei paesi europei.
(4-08778)

Risposta. - La competente direzione generale del Ministero delle attività produttive svolge una costante azione di monitoraggio sui prezzi dei prodotti petroliferi al fine, da un lato, di rendere trasparenti le componenti del prezzo dei prodotti petroliferi e, dall'altro, di fornire una informazione più completa e corretta a beneficio dei cittadini/consumatori. In particolare, essa provvede alla verifica dell'andamento del prezzo dei carburanti sia nel confronto con gli altri paesi europei che in relazione ai cambi valutari ed al costo del greggio ed effettua, attraverso la raccolta e la diffusione dei dati maggiormente rilevanti a livello nazionale ed internazionale, una analisi puntuale del mercato petrolifero.
I dati in possesso degli uffici del Ministero risultano essere, comunque, alquanto diversi da quelli citati nell'interrogazione in argomento: in particolare, infatti, prendendo a riferimento l'anno 2003, il greggio risulta aumentato in media del 23,1 per cento rispetto al 2002, ed ugualmente è avvenuto per i prezzi internazionali dei prodotti finiti (benzina senza piombo +27,9 per cento; gasolio auto +32,2 per cento) mentre, com'è noto, nell'ultimo anno l'euro si è apprezzato sul dollaro del 19,3 per cento.
Diversamente, il mercato nazionale ha fatto registrare, nel 2003, per il prezzo industriale della benzina senza piombo un aumento del 3 per cento e per il gasolio auto un aumento del 5,8 per cento rispetto all'anno 2002; per i prezzi al consumo risulta, un aumento dell'1,1 per cento per la benzina senza piombo e del 2,6 per cento per il gasolio auto, È invece costante un divario tra il prezzo italiano (sia industriale che al consumo) rispetto, alla media dei 15 paesi dell'Unione Europea.
Su questo ultimo dato, invero, pesa la particolare struttura della rete nazionale di distribuzione dei carburanti, che pone il nostro paese in una posizione svantaggiata rispetto agli altri paesi europei.
Quanto agli interventi o alle iniziative da intraprendere, si deve tener conto innanzitutto che il mercato dei prodotti petroliferi è stato liberalizzato sin dal 1994 e che allo stato attuale gli operatori economici agiscono in regime di libera concorrenza. In tale contesto il Governo, ed in particolare il Ministero delle attività produttive, vigilano costantemente e con particolare attenzione sul settore, tenendo


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conto dell'impatto dei prezzi dei carburanti sui processi inflattivi, con conseguenti risvolti sia sull'andamento economico generale che sulla vita quotidiana.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

BALLAMAN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che:
a) sul territorio nazionale esistono moltissimi laboratori tenuti da cinesi che fanno lavorare connazionali in condizioni che molto spesso non tengono conto delle più elementari regole di salvaguardia della salute e degli orari di lavoro;
b) tali laboratori forniscono a tante aziende nazionali materiale semilavorato a prezzi così bassi da evidenziare il non rispetto delle regole minime sopraccitate;
c) tali laboratori fatturano regolarmente il loro prodotto, incassando pure l'IVA, salvo successivamente in una pluralità di casi scomparire, evitando quindi di pagare alcuna tassa ed evitando di riversare l'IVA incassata per conto dello Stato;
d) tali laboratori scompaiono e ricompaiono sul territorio sempre sotto diverse sembianze e identità;
e) tali laboratori, lavorando in spregio di tutte le regole ed in esenzione di imposte, stanno inoltre mettendo in ginocchio i laboratori che lavorano nel rispetto delle regole e del sistema fiscale costringendoli alla chiusura -:
se non ritenga opportuno inserire tra le priorità dei controlli fiscali tutti i laboratori di nuova e nuovissima formazione che insistono sul territorio e che, dati i bassi prezzi di vendita dei loro prodotti, sono indizio serio e preciso di un operare scorretto e dannoso delle casse dello Stato e dell'intera economia.
(4-07788)

Risposta. - L'agenzia delle entrate ha assicurato l'impegno costante nell'attività di repressione dell'evasione fiscale tramite l'impiego sia di risorse informatiche, che consentono l'utilizzo delle informazioni disponibili nelle banche dati dell'amministrazione finanziaria, sia l'impiego di risorse umane che esplicano un accurato lavoro di analisi e di intelligence sul territorio.
L'utilizzo di tali strumenti consente un'attività di analisi e di selezione delle posizioni caratterizzate da elementi di particolare pericolosità fiscale, al fine della programmazione dei controlli, tra i quali rientra, in particolare, la richiesta di apertura e di successiva chiusura della partita IVA in tempi ravvicinati.
Inoltre, nell'ambito delle più ampie strategie finalizzate all'emersione del lavoro irregolare, sono state adottate iniziative per il coordinamento degli organismi istituzionalmente preposti al controllo (agenzia delle entrate, Guardia di finanza, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, INPS e INAIL) ed elaborati programmi di azione mirati alla individuazione di lavoro non regolare.
A seguito dell'adozione di tali iniziative sono stati individuati operatori economici di nazionalità cinese che impiegavano lavoratori non regolari, oltre che ad evadere le tasse.
Tali attività di controllo proseguono tuttora, così come è intensa l'attività di coordinamento con la Guardia di finanza per ottimizzare le risorse ed ampliare la capacità complessiva di controllo degli organi dell'amministrazione finanziaria.
La Guardia di finanza esercita, nel comparto operativo in questione, le tipiche funzioni di polizia economica e finanziaria, assicurando, in via prioritaria rispetto alle altre Forze di polizia, un'efficace azione di contrasto.
In particolare, sulla base delle direttive del Ministro dell'economia e delle finanze, che, a partire dall'anno 2001, ha richiesto al Corpo un impegno massiccio nella lotta all'economia «sommersa», al cui interno si inquadra il fenomeno di cui trattasi, il comando generale della Guardia di finanza ha comunicato l'esecuzione, nell'anno 2003,


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di n. 146 interventi che hanno consentito il conseguimento dei seguenti risultati:
in materia di imposte dirette:
elementi positivi di reddito non dichiarati euro 1.496.958,83;
elementi negativi di reddito non deducibili euro 2.865.187,71;
ritenute non operate e/o non versate euro 149.328,03.

In materia di I.V.A.:
I.V.A. relativa euro 568.715,51;
I.V.A. dovuta euro 656.411,08;
I.V.A. non versata euro 390.063,00;
in materia di I.R.A.P.: euro 1.254.334,57.

Inoltre, sono state denunciate n. 34 persone per violazione della nuova disciplina in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, prevista dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74. Tali illeciti sono spesso accompagnati da altre infrazioni in materia di lavoro, di immigrazione, di contraffazione dei marchi e di igiene.
Il comando generale della Guardia di finanza ha, infine, assicurato l'intento di continuare a perseguire, con fermezza, tale fenomenologia evasiva, impegnando risorse pari a circa il 40 per cento di quelle complessivamente versate nella lotta alle violazioni fiscali.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

DORINA BIANCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le esattorie utilizzano in modo sempre più massiccio il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, previsto dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973;
tale blocco consiste nel divieto, trascritto al Pra, di far circolare il veicolo a pena del sequestro e di una sanzione da 327,95 a 1.311,98 euro, senza però sospendere il pagamento dell'assicurazione e delle tasse di circolazione;
il suddetto fermo viene disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie, quali ad esempio il canone RAI, le multe stradali, il bollo di circolazione, le tasse, i contributi di bonifica, i contributi previdenziali di vario tipo, inclusi quelli a favore delle casse dei liberi professionisti;
il blocco viene attuato d'ufficio, decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella, viene iscritto al Pra e solo successivamente viene comunicato al proprietario (che in tal modo circola senza sapere nulla); spesso è disposto anche sui veicoli strumentali (che sono impignorabili), non si può sospendere e deve essere cancellato dal debitore con una spesa di 62,64 euro, oltre al pagamento delle spese di trasporto e di custodia del veicolo;
tale prassi è fuorilegge in quanto l'articolo 86, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 prevede un decreto, non ancora emanato, che stabilisce «le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto»;
il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare è stato introdotto dall'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 669 del 1996 e dalle relative norme attuative (decreto ministeriale 7 settembre 1998 n. 503) che imponevano la seguente successione di atti: notifica della cartella esattoriale, notifica dell'avviso di mora dopo il decorso dell'anno dalla notifica della cartella, richiesta di un pignoramento mobiliare negativo o incapiente, verbale di mancato reperimento dell'automezzo, fermo amministrativo, pignoramento entro i successivi sessanta giorni;
una prima modifica a tale normativa è stata disposta con l'articolo 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (rimasto in vigore dal 1 luglio 1999 all'8


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giugno 2001) che, sostituendo l'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha eliminato il requisito del previo pignoramento mobiliare negativo, ma ha lasciato in vigore il requisito verbale di mancato reperimento del veicolo ed ha imposto, ai fini di una più snella disciplina, un nuovo decreto di attuazione, mai emanato;
più di recente, l'articolo 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193, ha modificato il comma 1 del nuovo articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, eliminando anche il requisito del verbale del mancato reperimento del veicolo, sostituito con «l'inutile decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento»; e lasciando però la menzione di quel decreto di attuazione che non è stato ancora emanato e di cui oggi si avverte la necessità, in quanto mancano le norme per impugnarlo o sospenderlo nei casi meritevoli di tutela, come: l'avvenuto pagamento, la sproporzione tra il bene vincolato e il debito residuo, la pendenza di sgravi, la sospensione della riscossione disposta dal soggetto creditore o dall'esattoria, la impignorabilità dei veicoli strumentali, la contravvenzione elevata un veicolo con targa donata che sia divenuta definitiva per notifica ex articolo 140 del codice di procedura civile al proprietario dell'auto originale -:
quando sarà emanato il decreto attuativo dell'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973;
in attesa di tale decreto, quale forma di tutela esista nei confronti dei cittadini di fronte all'utilizzazione sempre più massiccia da parte delle esattorie del fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie;
quali provvedimenti intenda il Ministro adottare per far fronte ai notevoli disagi e costi arrecati ai contribuenti dall'applicazione di tale strumento.
(4-06082)

Risposta. - In merito alle considerazioni esposte dall'onorevole circa le disfunzioni che si sarebbero verificate in sede di applicazione dell'istituto del fermo amministrativo dei veicoli a motore, di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, da parte dei concessionari del servizio nazionale della riscossione, ed in particolare sull'illegittimità, in mancanza dell'emanazione del decreto di attuazione previsto dalla norma stessa, dei provvedimenti di fermo, si fa presente quanto segue.
Le modalità applicative dell'istituto del fermo amministrativo sono state disciplinate dal decreto interministeriale del 7 settembre 1998, n. 503, emanato in attuazione dell'articolo 91-
bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, con il quale è stata introdotta la possibilità, per i concessionari della riscossione, di disporre il fermo amministrativo dei veicoli a motore.
Successivamente, l'articolo 91-
bis è stato abrogato e il suo contenuto pressoché integralmente trasfuso nel «nuovo» articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (come riformulato dall'articolo 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46), poi ulteriormente modificato dal decreto legislativo n. 193 del 27 aprile 2001.
Le innovazioni apportate nel tempo alla norma originaria e al contesto legislativo di riferimento hanno inciso unicamente sull'assetto dei rapporti tra ente creditore e concessionario connessi all'adozione del fermo amministrativo, lasciando sostanzialmente immutata la disciplina dei rapporti tra concessionario e debitore (e, quindi, delle garanzie per il debitore sottoposto al fermo).
In proposito, l'agenzia delle entrate ha evidenziato che sia la direzione centrale per la riscossione dell'ex dipartimento delle entrate (circolare n. 221 del 24 novembre 1999), sia l'ex direzione, centrale rapporti con enti esterni della medesima agenzia (risoluzione n. 64 del 1o marzo 2002), hanno chiarito che, secondo i canoni interpretativi del nostro ordinamento, limitatamente alle parti non incompatibili con le


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nuove disposizioni, il regolamento di attuazione di una norma abrogata resta in vigore fino all'approvazione del regolamento attuativo della disposizione che ha sostituito la vecchia norma ed hanno specificamente individuato le singole parti del decreto n. 503 del 1998 da ritenersi soppresse per effetto delle citate innovazioni.
La nuova disciplina, contrariamente a quella vigente al momento dell'emanazione del decreto n. 503 del 1998, attribuisce ora al concessionario della riscossione, e non più alla direzione regionale delle entrate, la facoltà di disporre il fermo amministrativo nei confronti del debitore moroso.
Tali ultimi poteri, comunque, sono stati riconosciuti al concessionario della riscossione nella considerazione che questi, in quanto affidatario di un servizio pubblico, è sottoposto a controlli, obblighi e sanzioni, nonché all'osservanza delle istruzioni impartite dalla pubblica amministrazione, in virtù delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
In ordine, poi, alla mancanza di norme necessarie per impugnare o sospendere il provvedimento di fermo amministrativo nei casi meritevoli di tutela, lamentata con l'interrogazione, l'agenzia delle entrate ha osservato quanto segue.
La procedura da seguire nell'ipotesi in cui il debitore precedentemente moroso provveda al pagamento a seguito del fermo è regolata dall'articolo 6, comma 1 del decreto interministeriale n. 503 del 1998.
Quanto alla sproporzione tra bene vincolato e debito, l'Agenzia delle entrate nel ricordare che, ai sensi dell'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, il fermo di beni mobili costituisce una misura cautelare, strumentale all'esecuzione forzata sullo stesso bene mobile registrato, ritiene che la problematica vada inquadrata - in linea generale - nell'ambito dei principi e delle regole che governano il processo di esecuzione e delle relative garanzie che assistono il debitore.
Innanzitutto si evidenzia che, ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile, il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Il nostro ordinamento prevede, altresì, alcune misure speciali a salvaguardia del debitore contro eventuali eccessi nell'uso del procedimento di esecuzione forzata (articoli 483, 496, 504 e 508 del codice di procedura civile e 2911 del codice civile).
L'articolo 496 del codice di procedura civile, in particolare, prende in considerazione l'ipotesi di eccesso di destinazione dei beni alla soddisfazione dei creditori e disciplina la limitazione dell'espropriazione nell'ambito di uno stesso mezzo di espropriazione.
La norma dispone che, su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti per i quali si procede, il giudice, sentiti il creditore pignorante ed i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento.
Da ciò consegue che è da considerare legittimo il pignoramento eseguito dall'ufficiale giudiziario su un unico bene, ancorché di rilevante valore rispetto al credito per il quale si procede; il debitore, in tal caso, può soltanto evitare la vendita richiedendo la conversione ex articolo 495 del codice di procedura civile.
Alla luce di quanto esposto, qualora il provvedimento di fermo sia iscritto su un unico autoveicolo di valore superiore al credito per il quale il concessionario procede (eventualità che nella pratica può accadere di sovente), il debitore non può eccepire la sproporzione tra il valore del bene e l'entità del debito, così come non potrebbe eccepirla qualora il bene fosse pignorato.
D'altra parte, il decreto legislativo n. 46 del 1999 ha abrogato il disposto, già contenuto nell'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, secondo cui «non possono essere pignorati, senza autorizzazione del pretore, beni mobili per un valore superiore al doppio del debito», a conferma che con riferimento a beni mobili e nell'ambito delle norme speciali che regolano la riscossione coattiva, non esiste una soglia minima di importo (diretta o indiretta) al di sotto della quale non si possa procedere all'esecuzione forzata e quindi anche al fermo, né si è ritenuto di dovere mantenere una tutela per


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il debitore contro il rischio della sproporzione tra il valore dei beni mobili pignorati e l'entità del credito erariale.
Circa la procedura da seguire in pendenza di sgravi si evidenzia che, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto n. 503 del 1998, in caso di sgravio totale per indebito, la direzione regionale delle entrate provvede d'ufficio a curare la cancellazione gratuita dell'iscrizione del fermo nel pubblico registro automobilistico (PRA).
Quanto alla sospensione della riscossione disposta dal soggetto creditore o dall'esattoria si precisa che l'emanazione di un provvedimento di sospensione della riscossione da parte dell'ente creditore inibisce lo svolgimento, da parte del concessionario, di azioni dirette all'esazione del credito iscritto a ruolo, ivi compresa l'azione cautelare di fermo amministrativo di un autoveicolo e, in effetti, come riferito dall'agenzia, non risultano casi in cui siano stati adottati fermi amministrativi in presenza di sospensione. In proposito, peraltro, si segnala che i concessionari non sono titolari di un autonomo potere di sospensione della riscossione.
In ordine poi, al fermo di beni mobili indispensabili alle attività lavorative, l'agenzia delle entrate ha osservato che ai sensi dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, il limite di pignorabilità dei beni strumentali (sancito dall'articolo 514, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile) e quindi anche dei veicoli indispensabili per l'esercizio dell'arte o professione da cui il debitore ricava i propri mezzi di sostentamento, viene meno qualora si sia in presenza di crediti erariali assistiti dal privilegio generale di cui all'articolo 2759 del codice civile ed in particolare qualora si tratti di crediti per imposte dirette relative ad annualità pregresse, ma non oltre i due anni precedenti quello per il quale il pignoramento viene effettuato.
Considerato, come già detto, che il fermo dei beni mobili registrati si configura come atto cautelare, strumentale all'esecuzione sullo stesso bene mobile registrato, i limiti alla sua iscrizione non possono essere diversi da quelli previsti per il pignoramento e devono comunque essere eccepiti dal debitore.
Sulla scelta delle cose da pignorare l'articolo 517 del codice di procedura civile prevede che «il pignoramento, quando non v'è pregiudizio per il creditore, deve essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore». Tale disposizione presuppone la collaborazione del debitore che purtroppo, come segnalato dall'agenzia, generalmente, non viene prestata.
Infine, si fa presente che l'agenzia delle entrate, nell'esercizio della propria funzione di gestione dei rapporti di concessione ed alfine di migliorare il rapporto con i contribuenti nella delicata fase di iscrizione del fermo amministrativo sui veicoli, ha richiamato (con nota n. 44621 del 20 marzo 2003) i concessionari alla necessità di indicare nelle comunicazioni di iscrizione i dati riguardanti la cartella di pagamento in relazione alla quale lo stesso debitore si è reso moroso e la relativa data di notifica, l'importo del debito iscritto a ruolo e l'ente creditore, nonché i termini e l'organo innanzi al quale impugnare l'atto cautelare.
Successivamente (con nota n. 57413 del 9 aprile 2003), la stessa agenzia, venendo incontro alle preoccupazioni espresse da più parti in ordine alla necessità di far precedere il fermo amministrativo da una eventuale richiesta di composizione bonaria, ha invitato i concessionari della riscossione a comunicare ai debitori morosi l'attivazione della procedura del fermo amministrativo qualora il pagamento degli importi non venga effettuato entro venti giorni presso i propri sportelli.
Detta comunicazione ha la funzione da un lato di non rendere operativo il fermo amministrativo, in caso di sollecito pagamento e, dall'altro lato di dare notizia al contribuente, in caso di mancato pagamento, del divieto di circolazione del veicolo a motore, prima dell'iscrizione del provvedimento stesso nel pubblico registro automobilistico (PRA).
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.


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BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'ingresso nei territori sotto il controllo dell'Autorità Palestinese, nella Striscia di Gaza, Giudea e Samaria (Area A), senza l'ottenimento di una preventiva autorizzazione scritta è proibito. In mancanza della suddetta autorizzazione ad un ingresso nei territori possono seguire provvedimenti sanzionatori, inclusa la deportazione ed il rifiuto di un futuro re-ingresso nello stato d'Israele;
per coloro che sono interessati ad entrare nella Striscia di Gaza attraverso il passaggio di «Erez», le autorità israeliane esigono che sia compilato un modulo con la richiesta d'ingresso (entro i territori controllati dall'Autorità Palestinese) e che lo si presenti all'Ufficio Relazioni Estere presso l'Amministrazione Coordinamento & Relazioni nella Striscia di Gaza, sito al passaggio di «Erez». La risposta alle domande richiede alcuni giorni, le autorità israeliane assicurano di rispondere entro 5 giorni lavorativi, ma non sono vincolati da alcuna scadenza;
ai cittadini stranieri in arrivo all'Aeroporto Ben Gurion o ad uno dei Ponti dalla Giordania viene ora consegnato quest'ordine, apparentemente come avvertimento, in quanto non viene richiesta ancora alcuna firma per entrare in Israele. La minaccia di deportazione e di blocco al re-ingresso in Israele è preoccupante soprattutto perché Israele controlla tutti i confini e l'ingresso nei Territori Palestinesi;
tale misura è simile alla restrizione messa in atto per l'ingresso nella Striscia di Gaza nel maggio 2003, che richiedeva agli ospiti stranieri, compresi i giornalisti e gli operatori NGO, di firmare un incredibile atto di rinuncia con il quale essi accettavano la mancanza di assunzione di responsabilità da parte d'Israele per la loro morte o per le ferite dovute all'esercito israeliano. Ciò rese difficile l'ingresso a Gaza agli osservatori internazionali ed agli operatori umanitari. Di conseguenza l'abuso nei confronti dei diritti umani commessi dall'esercito israeliano, aumentò rapidamente e cessò in larga misura di essere riportato al mondo esterno - approssimativamente 2.000 persone rimasero senza casa a Rafah a causa della demolizione di numerosissime abitazioni operata dall'esercito israeliano nell'ottobre del 2003;
queste discutibili ordinanze precedono di poco il giudizio che il Tribunale Internazionale dell'Aia dovrà esprimere sulla costruzione del discusso muro che trasforma gran parte dei territori in un ghetto, giudizio che verosimilmente sarà negativo, ma che, con ogni probabilità, non modificherà in alcun modo l'impegno del governo di Sharon di portare a termine rapidamente la costruzione del Muro sia all'interno della Palestina occidentale ed ancor più sul versante orientale;
gli effetti, per non dire gli obiettivi, fin troppo evidenti di questo nuovo ordine sono:
la schedatura di tutti i volontari internazionali, pacifisti ed operatori umanitari, con successiva possibilità di ritorsioni nei loro confronti;
l'impossibilità per gli osservatori stranieri di accorrere tempestivamente nei territori occupati in caso di situazioni critiche emergenti. Più in generale i 5 giorni di attesa probabile per la risposta rappresentano un deterrente nei confronti di possibili iniziative di solidarietà;
alte probabilità di esito negativo delle richieste stesse, anche giustificate da vaghi indeterminati ed indeterminabili «motivi di sicurezza»;
isolamento totale del popolo palestinese dei Territori per cessazione di ogni contatto diretto con osservatori internazionali, fonte principale delle informazioni per il mondo esterno, e riduzione degli incontri istituzionali, sempre più occasionali ed affrettati;
l'assenza di testimoni oculari sul campo che annulla la possibilità di verificare e di riportare le violazioni dei diritti


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umani, che sembrano destinate a subire un rapido e drastico incremento se il Governo israeliano vorrà portare a termine il progetto del governo Sharon per chiudere la pagina del problema israelo/palestinese -:
se non si ritenga opportuno attraverso tutti i possibili canali diplomatici, ed in particolare la nostra Ambasciata in Israele ed il competente Ufficio Relazioni Estere del governo (Dipartimento di stato), adoperarsi affinché cessi l'isolamento a cui lo Stato d'Israele costringe, ben al di là di possibili ragioni di sicurezza, i palestinesi e chiedere al Governo d'Israele di rivedere queste misure in modo da garantire la presenza nei territori occupati di testimoni stranieri e, comunque, di fornire assicurazioni circa la sicurezza dei cittadini italiani entranti per fini pacifici nei Territori Palestinesi.
(4-08887)

Risposta. - Il Governo italiano ha seguito e segue costantemente, tramite le nostre Missioni diplomatiche a Tel Aviv e a Gerusalemme, l'evoluzione e l'applicazione delle misure con cui lo Stato d'Israele restringe il movimento verso i territori occupati e all'interno di essi. Allo stesso tempo il Governo italiano è in strettissimo contatto con gli altri partner europei, sia all'interno dei competenti gruppi di lavoro PESC sia attraverso la collaborazione in loco tra le diverse missioni diplomatiche, per uno scambio completo di informazioni e per giungere a valutazioni comuni che si pongano alla base di un atteggiamento unitario dell'Unione Europea su questo specifico dossier.
L'Italia ha quindi contribuito all'esame approfondito delle nuove misure israeliane condotto dall'Unione Europea attraverso le missioni a Gerusalemme/Ramallah e a Tel Aviv e ha attivamente partecipato alla discussione che ne è seguita a Bruxelles.
Sulla base delle istruzioni provenienti dal gruppo PESC
ad hoc sul processo di pace, la Troika UE in Israele ha incontrato il coordinatore israeliano per le attività governative nei territori, il generale Mishlev, dal quale ha comunque avuto notizia del ritiro del «foglio informativo» che veniva distribuito presso l'aeroporto Ben Gurion e gli altri posti di frontiera e che sembrava inteso a limitare l'accesso ai territori occupati da parte di cittadini stranieri.
Il Governo può, sulla base di quanto emerso in questo processo, riferire i seguenti elementi di informazione raccolti:
le restrizioni all'accesso nei territori occupati opposte dal Governo israeliano per motivi di sicurezza sono progressivamente aumentate nel corso della seconda intifada. Queste restrizioni possono in alcuni casi ostacolare il lavoro del personale diplomatico ed internazionale e dei giornalisti;
dall'8 maggio 2003 è in vigore un'ordinanza militare che impedisce l'ingresso di cittadini stranieri nella zona A della Cisgiordania. A tale ordinanza non è stata data piena attuazione, anche in ragione del fatto che una sua totale osservanza renderebbe impossibile il lavoro del personale internazionale che si occupa di assistenza e sviluppo. L'applicazione nei singoli casi, e quindi la concreta possibilità per il singolo coinvolto di accedere ai territori interessati, resta pertanto altamente aleatoria;
dal 5 gennaio 2004 sono entrate in vigore nuove disposizioni che regolano l'accesso alla striscia di Gaza da Erez. Secondo queste nuove disposizioni, il personale diplomatico e consolare accreditato, i cittadini stranieri possessori di passaporti di servizio e diplomatico, i rappresentanti di agenzie internazionali e di ONG in possesso della carta d'identità rilasciata dal Ministero degli esteri israeliano e i rappresentanti degli organismi registrati presso la COGAT (IDF coordination and administration) possono transitare per Erez senza una previa notifica. Tutti gli altri cittadini stranieri debbono coordinare le proprie visite chiedendo un permesso con cinque giorni di anticipo. Anche i giornalisti, pur non essendo chiaro quanto disposto nelle nuove regole, sembrano dover chiedere un permesso con cinque giorni di anticipo.

L'Unione Europea continua a monitorare con attenzione le conseguenze delle


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misure applicate dal Governo israeliano e ad esercitare la necessaria pressione perché gli effetti di queste misure non ostacolino il lavoro del personale diplomatico ed internazionale nonché dei giornalisti, anche in riferimento ai contatti con la popolazione locale.
Il nostro Paese, oltre ad assicurare come è stato fatto finora una puntuale assistenza consolare a tutti i cittadini italiani che siano oggetto di misure arbitrarie o incontrino difficoltà ingiustificate con le Autorità in Israele e nei territori occupati, continuerà a svolgere un ruolo di primo piano per garantire che sia prestata a livello europeo la giusta attenzione a questa problematica.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BURTONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dichiarato in più occasioni, anche con interviste alla stampa, che il MIUR sta provvedendo a erogare risorse per i corsi di dottorato e per i corsi di laurea di interesse europeo;
tali dichiarazioni, lungi dal rasserenare l'ambiente dei giovani e delle università, creano ulteriori preoccupazioni per le incertezze che caratterizzano la fase e per la continua riproposizione di speranze e promesse sistematicamente disattese;
le università e i giovani studiosi hanno già dovuto subire arbitrarie distribuzioni dei fondi di Agenda 2000, con gravi ritardi rispetto ai cicli di dottorato già avviati e conseguenti mortificazioni di fondate aspettative -:
quali concreti provvedimenti di attuazione del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito dalla legge 11 luglio 2003, n. 170, siano stati adottati e con quali criteri siano stati ripartiti i relativi fondi.
(4-07542)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in argomento, con cui l'Onorevole interrogante chiede di conoscere sia i provvedimenti adottati in attuazione del decreto-legge 105/2003, convertito nella L. 170/2003, sia i criteri individuati per la ripartizione dei relativi fondi si rappresenta quanto segue.
La citata legge 170/2003 prevede al primo comma che i criteri e le modalità di ripartizione tra gli Atenei del ridenominato «fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti» siano individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, università e ricerca, sentiti la CRUI ed il CNSU.
Detto decreto, recante il n. 198, è stato emanato il 23 ottobre 2003 in esso, tra l'altro, si prevede, a decorrere dal 2003, l'importo di 24,5 milioni di euro da assegnare alle università per il potenziamento dei corsi di dottorato afferenti alle aree ritenute strategiche nelle linee guida per la politica scientifica e tecnologica approvate dal CIPE.
A detta somma va aggiunta la quota di 7 milioni di euro, riservata sul capitolo di bilancio destinato al finanziamento delle borse di studio post laurea, compreso il dottorato di ricerca.
Il decreto ministeriale precisa, inoltre, che le risorse sono erogate sulla base delle proposte presentate dagli Atenei che potranno utilizzarle esclusivamente per incrementare il numero delle borse di studio dei corsi di dottorato già avviati ovvero per istituire ulteriori corsi.
Le relative proposte, presentate per via telematica entro il 19 gennaio 2004, sono sottoposte alla valutazione del CNVSU, ai cui lavori partecipano sia il presidente della Commissione per l'assegnazione delle risorse finanziarie del «Fondo per gli investimenti della ricerca di base» (FIRB), sia il presidente del Comitato di cui all'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 297 del 1999, nonché il presidente della Commissione di garanzia per la selezione dei programmi di ricerca di interesse nazionale (PRIN).
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.


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CAMPA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è da tempo ormai all'attenzione del Parlamento la necessità di definire l'ibrida situazione economico-giuridica della categoria degli accompagnatori di pianoforte e dei pianisti accompagnatori;
sull'argomento si è registrato il consenso di tutte le forze politiche della maggioranza ed anche dell'opposizione;
il 7 novembre 2002, nel corso dell'esame in sede consultiva del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, la XI Commissione permanente Lavoro pubblico e privato ha approvato all'unanimità un parere nel quale veniva sottolineata l'opportunità di istituire con una disposizione ad hoc le cattedre di «Pratica del repertorio vocale» e «Pratica del repertorio coreutica» in sostituzione dei posti di accompagnatori e di pianisti accompagnatori presso i Conservatori e l'Accademia nazionale di danza;
lo stesso Governo nella seduta n. 226 del 20 novembre 2002, in occasione della discussione sulla conversione in legge del citato decreto-legge n. 212 del 2002, ha accettato un ordine del giorno, impegnandosi a definire sollecitamente con iniziative normative il nuovo inquadramento giuridico e l'opportuna utilizzazione didattica di questa categoria di musicisti;
all'impegno assunto dal Governo non hanno fatto seguito iniziative concrete in favore di questi professionisti, la cui opera è importantissima -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere per definire la precaria situazione degli accompagnatori di pianoforte, atteso che si tratta di adottare un provvedimento di equità che consentirebbe a questi lavoratori di svolgere la loro professione con serenità.
(4-08032)

Risposta. - La figura degli accompagnatori al pianoforte, istituita con la legge n. 1178 del 1960 e nata con la funzione di coadiuvare il docente, dovendo svolgere la propria opera nei limiti delle direttive date dai titolari e dai direttori, si è profondamente trasformata ed, oggi, in tutti i paesi europei, le viene riconosciuto un pregio peculiare, dal momento che ad essa viene attribuita la titolarità della didattica, unitamente al maestro di canto.
Anche nel nostro paese, attualmente impegnato nel processo di riforma di tutto il sistema dell'alta formazione artistica e musicale, al quale è stata riconosciuta, con la legge 508 del 1999, pari dignità e livello rispetto alle università, è emersa la volontà di allinearsi a questo filone europeo nel rispondere alle istanze della categoria in oggetto.
Come peraltro esposto anche dall'onorevole interrogante esiste, infatti, la proposta di legge, A.C. 711, presentata il 12 giugno del 2001, avente ad oggetto l'istituzione «di una cattedra di repertorio vocale nei conservatori di musica», attualmente ancora
in itinere. La XI Commissione della Camera, nel parere espresso sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 212 del 2002 ha, effettivamente, segnalato l'opportunità di istituire con una norma ad hoc le cattedre di «pratica del repertorio vocale» e di «pratica del repertorio coreutica». Infine il Governo ha accolto, come raccomandazione, l'ordine del giorno Lolli, assumendosi l'impegno di provvedere in merito al reinquadramento di tali figure.
Si precisa però che la creazione, con la legge 508 del 1999, di un apposito comparto di contrattazione collettiva per il personale del settore dell'alta formazione artistica e musicale e l'inquadramento, da questa previsto, dei docenti e non docenti in servizio nelle accademie e nei conservatori, alla data di entrata in vigore della legge, in appositi ruoli ad esaurimento, con il mantenimento delle funzioni e del trattamento complessivo in godimento, ha devoluto alla contrattazione collettiva il compito di affrontare preliminarmente la situazione degli accompagnatori di pianoforte.
Il dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'atto di


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indirizzo predisposto per l'ARAN per la contrattazione collettiva del personale del comparto, relativa al quadriennio 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003, ha, infatti, espressamente previsto la ridefinizione del profilo professionale dell'accompagnatore al pianoforte, al quale potranno essere attribuiti compiti didattici integrativi; ha, inoltre, chiarito che dovrà essere prevista la possibilità di conferire a questo personale, purché inserito nelle graduatorie nazionali ad esaurimento di cui all'articolo 6, comma 2, della legge n. 508 del 1999, incarichi temporanei di insegnamento, in posizione di aspettativa e con il mantenimento del trattamento economico in godimento se più favorevole.
Il regolamento in materia di ordinamenti didattici, requisiti di idoneità dei docenti e delle sedi, programmazione e sviluppo del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge n. 508 del 1999, approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri, prevede, peraltro, che le istituzioni provvederanno alla copertura degli insegnamenti nei corsi, ove non si possa far fronte nell'ambito delle dotazioni organiche, proprio mediante l'attribuzione di incarichi di durata non superiore al quinquennio, rinnovabili, anche ove conferiti al personale incluso nelle graduatorie di cui sopra previste all'articolo 2, comma 6 della legge e rinvia per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei docenti incaricati al Contratto collettivo nazionale di comparto.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

CAPUANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'area dello svincolo dell'asse mediano Frattaminore (NA) - Orta di Atella (CE) giacciono abbandonati, ormai da diversi mesi, un'enorme quantità di rifiuti solidi urbani;
tali cumuli di rifiuti, che occupano una vasta area nei pressi dei comuni di Frattaminore, Crispano, Caivano (NA) e Orta di Atella (CE), sono stati dati alle fiamme inquinando l'intera zona con i fumi tossici che ne sono derivati e procurando enormi disagi alla salute pubblica di tutti gli abitanti dei centri limitrofi;
gli episodi di incendi di rifiuti e nubi tossiche continuano a ripetersi con preoccupante frequenza senza che le istituzioni preposte alla tutela dell'ordine e della salute dei cittadini siano mai intervenute a porre rimedi adeguati nonostante i continui solleciti rivolti dalle comunità interessate -:
se non ritenga assolutamente necessario ed urgente, nell'ambito delle proprie competenze, individuare l'ente responsabile di tale degrado e potenziare, allo stesso modo, l'attività di prevenzione e di intervento a favore del disinquinamento sulle strade al fine di scongiurare il ripetersi dei gravi episodi di danno ambientale altamente pericolosi per la salute pubblica.
(4-07616)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, riguardante la diffusione del fenomeno dell'abbandono incontrollato di rifiuti lungo le strade, in aree rurali e nelle cave dimesse in alcuni territori comunali campani, quali quelli segnalati dall'interrogante di Frattaminore (Napoli) e Orta di Atella (Caserta), si rappresenta che con decreto del Presidente della provincia di Caserta è stata istituita, in data 3 febbraio 1998, un'unità di crisi per l'esame delle problematiche relative al degrado ambientale conseguente all'illecito smaltimento di rifiuti.
Tale unità si avvale di strutture tecniche di livello nazionale (ENEA, APAT, Istituto di Geofisica), di organi locali (Settore Ecologia della Provincia, ARPAC, Corpo Forestale dello Stato) e di un rappresentante della Prefettura per l'esame dei profili di ordine e sicurezza pubblica.
La suddetta unità ha completato la mappa dei siti inquinati in superficie presenti sul territorio provinciale che è stata trasmessa alla struttura commissariale operante presso la regione Campania.


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Per i sondaggi nel sottosuolo, tesi ad individuare eventuali occultamenti, è in corso un'attività di telerilevamento satellitare, nell'ambito della quale si sta esaminando l'evoluzione delle immagini riferite al periodo temporale 1986/1998/2000.
L'unità di crisi ha, allo stato, censito 990 siti sul territorio provinciale, di cui 80 già bonificati, spesso però nuovamente utilizzati per gli sversamenti abusivi.
Sono stati, quindi, attivati maggiori controlli anche presso le discariche di rifiuti speciali per le quali sono state disposte verifiche ed ispezioni
in loco, al fine di evitare il ripetersi del fenomeno secondo il quale i rifiuti provenienti da altre zone vengono conferiti solo formalmente in discariche autorizzate, mentre in realtà vengono fatti oggetto di sversamento illegale e clandestino, spesso in ore notturne, sul territorio della regione Campania.
La prefettura ha, inoltre, sensibilizzato il sub-commissario regionale
pro tempore per l'emergenza rifiuti a potenziare o realizzare, attraverso i comuni e i tre consorzi attivi sul territorio, una più accurata organizzazione del servizio di smaltimento di rifiuti ingombranti e di pneumatici esausti nonché ad intensificare l'attività di risanamento dei siti inquinati svolta dai predetti consorzi su incarico e finanziamento del commissario regiona1e per l'emergenza rifiuti.
Per la rilevanza della vicenda sotto il profilo dell'ordine pubblico e per le possibili ingerenze nel settore da parte della criminalità organizzata, il 14 aprile 2003, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, fu deciso di interessare i sindaci a censire tutte le ditte che svolgono attività di vendita di pneumatici o altra connessa, al fine di accertare le modalità di smaltimento del materiale fuori uso e la sua destinazione finale.
La problematica è stata ulteriormente approfondita in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria (procura di S. M. Capua Vetere). In quella sede la prefettura di Caserta ha fornito la mappa dettagliata di tutti gli incendi verificatisi presso discariche abusive.
Presso la prefettura di Caserta è stato quindi costituito un gruppo tecnico di controllo del quale fanno parte un rappresentante della prefettura, della provincia, dell'Asl e dell'Arpac, con il compito di coordinare l'attività di verifica dei rifiuti in questione affinché, una volta prelevati, vengano effettivamente depositati presso centri specializzati e correttamente attrezzati, acquisendo la relativa attestazione di conferimento.
Al fine di verificare le modalità di influenza della criminalità sull'attività di smaltimento e raccolta rifiuti, è stata sensibilizzata l'attività investigativa già in corso e sono stati, inoltre, intensificati servizi intesi a vigilare che gli impianti autorizzati non divengano oggetto di danneggiamento o cadano sotto il controllo della criminalità organizzata.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CAPUANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni, oramai, i cittadini del comune di Caivano lamentano la grave situazione ambientale della strada provinciale di via San Paolo (arteria che collega i centri abitati dei comuni di Caivano, Cardito ed Afragola) trasformata in una delle più grandi discariche abusive della regione Campania;
infatti, ancora oggi stenta a decollare la completa apertura dell'arteria provinciale che collega i tre comuni, con la conseguenza che l'intera zona destinata al passaggio di pedoni e vetture, in venti anni di attese, si è ridotta in una illegale pattumiera con gravi danni sia per l'ambiente sia per la salute di tutti gli abitanti delle zone limitrofe;
da tempo, inoltre, si verificano, con una frequenza sempre più preoccupante, numerosi roghi notturni con pericolose


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ripercussioni sull'apparato respiratorio di tutti i minori residenti in tale area -:
quali misure urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga necessario adottare per risolvere la grave situazione ecologica venutasi a creare sulla strada provinciale San Paolo riqualificando, dal punto di vista ambientale, l'intera zona oramai ridotta ad una vera e propria discarica abusiva.
(4-08208)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la grave situazione igienico ambientale della strada provinciale di via San Paolo nel comune di Caivano, trasformata in una discarica abusiva, si riferisce innanzitutto che la giunta provinciale ha approvato, con deliberazione n. 939 dell'8 ottobre 2001, il progetto preliminare riguardante i Lavori di allargamento e ristrutturazione del piano viabile della Strada Provinciale San Paolo al Trivio ricadente nei comuni di Caivano, Afragola e Cardito.
Con determinazione dell'area amministrativa viabilità e lavori pubblici, n. 7892 del'11 settembre 2003, inoltre, si è proceduto alla pubblicazione, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 554 del 1999, della comunicazione di convocazione della Conferenza di Servizi per l'acquisizione dei nulla osta e delle autorizzazioni sul progetto definitivo dei suddetti lavori.
Nell'ambito dei lavori della Conferenza di Servizi è stata evidenziata la necessità di risolvere la grave situazione igienico-ambientale verificatasi sulla strada provinciale San Paolo per lo sversamento da parte di ignoti di rifiuti solidi urbani e materiali vari provenienti da demolizioni o da processi di lavorazioni.
I comuni di Cardito, Caivano e Afragola, quindi, nel corso della riunione del 29 settembre 2003, si impegnavano ognuno per le proprie competenze territoriali, ovvero in associazione tra loro, ad effettuare la bonifica dei siti, secondo il disposto delle leggi vigenti, ribadendo tale impegno nella successiva riunione del 13 ottobre 2003.
Al fine di scongiurare il grave rischio ambientale il comune di Caivano ha inviato alla Provincia con propria nota l'ordine di servizio protocollo 2163/CD del 30 gennaio 2004 del Commissario per l'emergenza rifiuti, con la quale viene disposta la bonifica dell'area di via San Paolo, sollecitando nel contempo la Provincia ad attivare ogni iniziativa affinché possa concretizzarsi a breve la realizzazione dell'arteria in questione, strategica per la risoluzione e miglioramenti di viabilità interna e di collegamento al sistema della grande viabilità.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CARDIELLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comune di Campagna (Salerno) a seguito del sisma del 1980 subì notevoli danni con crolli di alcuni fabbricati;
a 22 anni da detta data, l'antico Palazzo Tercasio, sede storica dell'istituto Magistrale e attualmente del Liceo Linguistico e Pedagogico, risulta ricostruito solo in parte;
l'interno è inutilizzato a causa della presenza di umidità, un'ala del colonnato crollata nel 1980, è ridotta ad un cumulo di macerie e i rocchi delle colonne che costituiscono l'ala del quadriportico sono abbandonate a se stesse;
tutto ciò si presenta come uno spettacolo indecoroso agli studenti che quotidianamente frequentano l'istituto, e ai cittadini, che aspettano il recupero di detta struttura di enorme interesse architettonico per il rilancio e lo svolgimento di attività culturali e turistiche -:
quali interventi di propria competenza intendano adottare per la definitiva ricostruzione del Palazzo Tercasio.
(4-05681)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa alla ricostruzione del palazzo Tercasio situato nel comune di Campagna, in


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provincia di Salerno, sede di un istituto scolastico, si comunica quanto segue.
L'edificio, danneggiato dall'evento sismico del 1980, è stato oggetto di interventi di consolidamento e restauro, da parte del Provveditorato alle opere pubbliche di Salerno, che hanno interessato l'intero immobile, con esclusione di un'ala del fabbricato che si affaccia nel chiostro interno.
Tali lavori sono stati condotti dal 1984 al 2001 ed hanno comportato una spesa di oltre tre miliardi delle vecchie lire, sotto l'alta sorveglianza della soprintendenza competente in quanto l'immobile è vincolato «
ipso iure» ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 1999.
Da notizie assunte, si riferisce che, al fine di completare il recupero dell'ala sud, il Provveditorato regionale alle opere pubbliche della Campania ha inserito l'immobile nel programma triennale 2003-2005, per un importo di cinquecentomila euro.
Per ogni intervento che si effettuerà sull'edificio, si conferma che questo ministero continuerà ad esercitare le funzioni di alta sorveglianza come finora avvenuto.
Per quanto di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lo stesso riferisce che l'immobile è inserito nell'elenco di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, riguardante disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, è gestito dall'agenzia del Demanio di Salerno - settore patrimonio, e che, ai sensi della legge n. 23 del 1996, la Provincia di Salerno è competente in merito al settore dell'edilizia scolastica.
Fino al 1980, nell'edificio erano presenti diciotto-venti classi di un istituto superiore, ma che a seguito dell'inagibilità dovuta al terremoto, l'immobile fu abbandonato fino al settembre 2001, quando fu riconsegnato allo stesso istituto scolastico con la capacità di ospitare solo otto classi.
Lo stesso dicastero riferisce che, sulla base di quanto emerso da un'ispezione ministeriale è risultato che «lo stabile per le sue caratteristiche strutturali difficilmente modificabili, se completamente recuperato nella funzionalità, può costituire un importante riferimento turistico e culturale ... mentre appare più difficile un utilizzo come edificio scolastico, in quanto ... non presenterebbe i necessari requisiti di abitabilità e di sicurezza che le più recenti normative impongono per gli edifici stessi, a partire dalla eliminazione delle barriere architettoniche che sarebbe di non facile realizzo, fino ai problemi di acustica e di microclima interno e, non ultimo, l'adeguamento antisismico che richiederebbe interventi difficilmente conciliabili con la conservazione dell'attuale tipologia strutturale».
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

CARLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
negli anni '70 in Argentina sono scomparsi oltre 30.000 giovani durante la dittatura militare che si era instaurata dopo il golpe militare del marzo 1976 guidato dal generale Jorge Videla che si rese colpevole di sequestri, sparizioni, esecuzioni sommarie torture;
il 30 aprile 1977 per la prima volta 14 donne, madri di desaparecidos, scendono nella Plaza de Mayo, spiazzo di fronte alla Casa Rosada, a chiedere ragione della sparizione dei loro figli; la polizia, chiamandole «locas» (pazze), tenta di sloggiarle intimando loro di «camminare». Così, camminando attorno alla piazza, inizia la lunga marcia delle Madres de Plaza de Mayo. Da allora ogni giovedì le madri di Plaza de Mayo scendono nella piazza per chiedere giustizia e verità sulle sparizioni dei loro cari;
il 12 agosto 2003 la Camera dei deputati argentina ha dichiarato nulle e vuote le leggi del punto finale e dell'obbedienza dovuta. Tali leggi, note anche come leggi di amnistia, incompatibili con gli obblighi internazionali dell'Argentina di indagare, processare e punire gli autori dei crimini contro l'umanità commessi durante il periodo del governo militare, sono


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state per anni un ostacolo alla verità e alla giustizia per le vittime delle violazioni dei diritti umani;
recentemente è arrivata la decisione del Presidente argentino Néstor Kirchner di aderire alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla non applicabilità di leggi di prescrizione a crimini di guerra e crimini contro l'umanità e la presentazione al Congresso di un disegno di legge per rendere la Convenzione costituzionale;
ho incontrato recentemente in Versilia in provincia di Lucca, Polda Barsottini, nata a Levigliani nel comune di Stazzema (Lucca) l'8 giugno 1922, trasferitasi in Argentina all'età di 6 anni. Polda Barsottini è dal 1978 una delle madri di Plaza de Mayo per ricercare il figlio desaparecido Guillermo Oscar Segalli Barsottini, nato a Buenos Aires il 10 aprile 1953 e scomparso dal 2 febbraio 1978 dopo 17 mesi di carcere a La Plata, dove era stato rinchiuso con l'accusa di aver scritto su un muro di una strada di Buenos Aires «Libertà ai prigionieri politici»;
gli italiani vittime di sparizioni negli anni della dittatura militare in Argentina sono 114 e solo per 8 di tali casi è stato possibile giungere ad un processo e alle conseguenti condanne;
l'ex ministro della Giustizia, Piero Fassino, rispondendo ad una lettera dell'ex senatore Patrizio Petrucci ha comunicato che il procedimento sulla scomparsa di Guillermo Oscar Segalli Barsottini ha avuto esito negativo, cosa che però non preclude la riapertura di un nuovo processo da parte della magistratura argentina -:
se il Governo:
non intende sostenere con tutti i mezzi a sua disposizione i cittadini italiani e i figli di italiani emigrati, e nello specifico i familiari di Guillermo Oscar Segalli Barsottini, in tutte le iniziative volte alla ricerca della verità sulla scomparsa di cittadini italiani e di figli di cittadini italiani negli anni della dittatura militare in Argentina;
non intende intervenire presso lo Stato argentino perché vengano istruiti e celebrati i processi a carico dei responsabili di dette sparizioni;
non ritiene che la tragedia dei «desaparecidos» debba essere sottoposta al Tribunale Penale Internazionale in quanto crimine contro l'umanità e non ritiene di assumere le necessarie iniziative.
(4-07320)

Risposta. - Il Governo italiano ha seguito con la massima attenzione il problema dei «desaparecidos» in Argentina negli anni della dittatura militare, con particolare riguardo ai casi dei cittadini italiani. Ciò ha portato, tra l'altro, alla celebrazione in Italia di un importante processo, conclusosi in primo grado il 6 dicembre 2000 con pesanti condanne ad alti esponenti dell'esercito argentino per delitti relativi alla scomparsa ed all'uccisione di otto cittadini italiani. Di particolare rilevanza, nell'ambito del dibattito processuale, fu la costituzione del Governo italiano quale parte civile.
Anche se la condanna non è stata fino ad ora eseguita, trovandosi i responsabili in Argentina, il processo ha assunto una considerevole rilevanza politica, con apprezzamento di tutti gli ambienti delle organizzazioni legate al rispetto dei diritti umani in Argentina e dei gruppi che si occupano in particolare di scomparsi italiani o italo-argentini.
Le recenti misure del nuovo Governo argentino, che hanno fatto ritornare alla ribalta la possibilità che un importante numero di militari (si tratta di circa 2000 ex membri delle forze armate) possa essere processato, grazie all'abolizione delle due cosiddette leggi del perdono note come «Punto finale» e «Obbedienza dovuta», sono considerate degne di incoraggiamento dal Governo italiano, che sta seguendo con la massima attenzione il nuovo approccio del Governo del presidente Kirchner, anche per le possibili implicazioni giudiziarie che potrebbero interessare familiari di scomparsi italiani.
Per quanto riguarda lo specifico caso del cittadino italiano Guillermo Oscar Segalli


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Barsottini, sequestrato nel 1976 e scomparso nel 1978, in un ultimo incontro presso l'ambasciata d'Italia a Buenos Aires, la madre signora Leopolda Barsottini ha espresso l'aspettativa che si giunga finalmente a conoscere tutta la verità sulla scomparsa del figlio e che si individuino e puniscano i colpevoli. Si sono fornite le più ampie assicurazioni sul fatto che verrà tenuta puntualmente aggiornata in merito ad ogni possibile novità che dovesse emergere circa l'apertura di un processo a carico dei responsabili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Baccini.

CENTO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i musei, le aree archeologiche, gli archivi e le biblioteche statali italiane rappresentano l'unico esempio a livello internazionale di istituti pubblici con orari prolungati di apertura al pubblico pari a 11 ore giornaliere;
le iniziative assunte dallo Stato nel settore dei beni e le attività culturali hanno visto un incremento dei visitatori che sono passati dai 25 milioni del 1996 ad oltre 30 milioni nel corso del 2000 con un introito registrato in miliardi che è passato dai 102 a quasi 150 all'anno 2000;
anche i dati del 2001 e del 2002 dimostrano che gli introiti sono cresciuti sia nel 2001 pur in presenza di meno visitatori per l'effetto dell'11 settembre;
infatti i visitatori sono diminuiti nel corso dell'ultimo trimestre del 2001, ma non sono diminuiti gli introiti che sono stati pari a 80.975.604,64 euro, mentre per il 2002 i visitatori sono tornati a crescere con un incremento ulteriore degli introiti pari a 85.317.695,64;
secondo una indagine di Federculture la spesa media di ogni turista italiano in visita nei siti espositivi statali è pari a 98.126,81 euro, un turista straniero ha una spesa media 103.291,70 euro il che significa che moltiplicata una cifra media di 100.000,00 euro a visitatore detratto il costo del biglietto, il ritorno per l'indotto quale alberghi, ristoranti, bar, esercizi commerciali e altre attività imprenditoriali è pari a 30.212.727.000,00 euro;
tali dati economici dimostrano come scelte oculate nel settore dei beni e le attività culturali rappresentano una straordinaria capacità di crescita delle economie locali con immediati e rilevanti riflessi in termini occupazionali ma anche promozionali delle multiforme realtà del nostro paese;
l'esiguità degli organici del personale addetto ai servizi di vigilanza e accoglienza dipendente dal Ministero per i beni e le attività culturali pari a meno di 7.000 unità, entro il 31 dicembre 2003 registrerà una ulteriore contrattazione per cessazioni dal servizio;
secondo uno studio dello stesso ministero, le unità di personale necessario a garantire l'apertura dei sui espositivi secondo le disposizioni dettate dai Contratti nazionali di lavoro, è pari in almeno 12.000 unità;
presso il predetto ministero dal 2000 prestano servizio 2.300 unità di personale precario, quali giubilari e assistenti tecnici mussali che in parte riescono a supplire alle carenze di organico;
nel Lazio prestano servizio 544 precari, quali giubilari e assistenti tecnici mussali -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per mantenere gli attuali standard di apertura di musei, aree archeologiche, archivi e biblioteche con le attuali risorse umane disponibili nell'area della vigilanza e dell'accoglienza;
se non ritenga urgente dar corso all'applicazione dell'articolo 34 delle legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) che prevede tra le amministrazioni destinatarie delle deroghe al blocco delle assunzioni, attraverso il sistema amministrativo delle autorizzazioni,


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il ministero per beni e le attività culturali per le esigenze di tutela;
quali provvedimenti intenda intraprendere per garantire la stabilità lavorativa dei 2.300 precari, di cui 544 unità solo nel Lazio, secondo gli impegni assunti in Parlamento e con le organizzazioni sindacali.
(4-06960)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa al personale precario in servizio presso il ministero per i beni e le attività culturali, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda la categoria degli assistenti tecnici museali, si rende noto che, in data 3 luglio 2003, questo ministero ha sottoscritto un accordo con le Organizzazioni sindacali in base al quale il lavoratore, su richiesta, ha la possibilità di ampliare la propria prestazione lavorativa in termini di ore e con conseguente incremento stipendiale, passando da undici a diciotto ore settimanali.
Si segnala, inoltre, che il segretariato generale, nell'ambito delle procedure di autorizzazione delle assunzioni previste dai commi 5 e 6 dell'articolo 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - legge finanziaria 2003 - ha chiesto l'autorizzazione ad assumere n. 2268 unità di personale, per una spesa complessiva annua di cinquantadue milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 2 marzo 2004 è prevista a Genova l'apertura del processo contro i 26 manifestanti no-global accusati di devastazione e saccheggio in occasione del G8 di Genova nel luglio del 2001;
per questa occasione sono previste numerose manifestazioni e iniziative pacifiche tra cui due convegni, una manifestazione di piazza, una carovana della pace, ecc.;
i responsabili dell'ordine pubblico sembrano intenzionati a riproporre una gestione dell'ordine pubblico da città blindata, con tanto di «zona rossa» invalicabile nell'area del tribunale, mentre secondo l'interrogante sarebbe invece indispensabile evitare di riproporre il clima dei giorni del G8 di Genova del 2001;
il rischio più che evidente è quello di varare misure di sicurezza assolutamente sproporzionate, che non fanno altro che creare un clima di tensione inutile e preoccupante -:
quali siano le misure di sicurezza che saranno adottate per il 2 marzo e nei giorni successivi, in occasione del processo di cui in premessa;
se non si ritenga necessario garantire le libere manifestazioni e le iniziative previste in quei giorni, evitando così gli errori compiuti in occasione del G8 del 2001, a cominciare dall'individuazione di un'area rossa off-limits, e da una gestione dell'ordine pubblico inutilmente repressiva in grado solo di favorire un clima di tensione preoccupante;
se non sia opportuno garantire un processo pubblico.
(4-09162)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in discorso, si comunica che il 2 marzo scorso a Genova circa mille manifestanti hanno partecipato a un corteo di protesta in occasione dell'inizio del processo contro 26 persone accusate di devastazione e di saccheggio in occasione del G8.
Nelle immediate vicinanze del tribunale si è, invece, svolto un presidio, a cui hanno dato vita 600 esponenti dell'area più radicale del movimento antagonista, provenienti da altre città. All'udienza hanno assistito parlamentari dell'opposizione e circa 90 aderenti al movimento
no global, che hanno preso posto nello spazio riservato al pubblico, dopo essere stati autorizzati e sottoposti ai dovuti controlli.
In particolare, di intesa con il procuratore generale presso la Corte d'appello di


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Genova, l'accesso all'area del palazzo di giustizia è stato filtrato mediante appositi varchi.
Non si è registrato alcun incidente: il dibattimento è iniziato regolarmente, la sicurezza dei cittadini è stata salvaguardata, così come il diritto di manifestare. Non vi sono state né zone rosse né zone franche.
Le opportune misure adottate dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, la professionalità delle Forze dell'ordine e l'autodisciplina dei manifestanti hanno garantito alla città di Genova una giornata tranquilla.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CENTO. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
in data 7 luglio 1973 con decreto ministeriale veniva accordata alla società Agip Spa, per la durata di anni trenta, la concessione per la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi «D.C1.AG» ubicata nel mare Jonio, nell'ambito della zona D, di cui all'articolo 5 della legge 21 luglio 1967, n. 613;
in data 7 luglio 2003 è scaduto il termine della citata concessione;
per trent'anni il popolo crotonese è stato a giudizio dell'interrogante beffato da un miraggio di benessere dissoltosi in trent'anni di sfruttamento, senza alcuna ricaduta significativa per la città ed i suoi abitanti; se non l'effetto di frenare la promozione delle valenze culturali del territorio, che opportunamente sfruttate avrebbero consentito di originare un settore economico qualificato e qualificante per la città;
tale coltivazione potrebbe aver indotto o concorso ad amplificare fenomeni di compromissione degli equilibri tettonici nell'area di coltivazione;
nella seduta del 2 aprile 2003 il Consiglio comunale di Crotone ha «ribadito il giudizio non positivo sull'attività imprenditoriale di ENI nel contesto cittadino sia in termini di ricaduta economica e sociale che ambientale» -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per commissionare uno studio particolareggiato che appuri l'esistenza di fenomeni di compromissione degli equilibri tettonici nell'area di coltivazione imputabili all'estrazione del metano;
se ritenga opportuno non accordare il rinnovo della suddetta concessione prima di conoscere l'esito di detto studio e se questa invece fosse già stata rinnovata quali siano i tempi certi e gli estremi della domanda di rinnovo e verificare la legittimità della proroga concessa;
se non ritenga di attivarsi perché siano definitivamente chiusi i pozzi metaniferi, ove il suddetto studio accertasse danni ambientali irreversibili provocati dalla coltivazione di idrocarburi.
(4-09274)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento, occorre innanzitutto premettere che l'Eni Spa-divisione Agip (ora ENI-Divisione exploration & production) opera sul territorio nazionale e nei relativi mari in regime concessorio, con l'ottenimento di permessi e concessioni minerarie rilasciate dal Ministero delle attività produttive sulla base della vigente legislazione nazionale (che ha già recepito quella comunitaria) in materia di conferimento dei titoli minerari per la ricerca e coltivazione di idrocarburi e nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela ambientale e della salute e sicurezza dei lavoratori.
L'attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi negli spazi marini ricadenti sotto la giurisdizione nazionale italiana è infatti espressamente regolata dalla legge n. 613 del 1967 ed oggi il panorama normativo vigente è sufficientemente aggiornato allo stato delle conoscenze tecniche per aver recepito anche specifiche direttive comunitarie emanate in materia di sicurezza delle lavorazioni minerarie, di tutela della salute dei lavoratori, di salvaguardia del patrimonio ambientale


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in senso lato, anche attraverso l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili.
Le attività di cui sopra sono riconosciute di primario interesse nazionale nel settore della ricerca e dello sfruttamento delle risorse energetiche presenti sotto forma di idrocarburi nel sottosuolo italiano.
L'attività estrattiva condotta nell'area del mare Jonio antistante il crotonese, di cui si tratta nell'interrogazione in oggetto, deriva da specifico decreto rilasciato dal Ministero in data 7 luglio 1973, con cui fu all'epoca conferita alla società AGIP (oggi ENI Spa), per la durata di anni trenta, la concessione di coltivazione denominata «D.C1.AG», ricadente nell'ambito della zona marina denominata «Zona D», per lo sviluppo e la messa in coltivazione del giacimento di gas naturale (metano) denominato «Luna», entrato in produzione nel 1975 e, successivamente, per lo sviluppo e la messa in produzione del giacimento di gas naturale (metano) denominato «Hera Lacinia-Linda», la cui produzione è stata avviata nel 1980. Il gas estratto a partire da piattaforme marine e relativi pozzi viene inviato, tramite, condotte sottomarine (sea lines), alla centrale a terra di Crotone, a suo tempo costruita per la raccolta ed il trattamento delle produzioni gasifere dell'area.
Si fa presente che nell'area marina adiacente o antistante le coste calabresi sono state conferite alla stessa AGIP, oltre alla concessione in argomento, anche altre concessioni, in atto vigenti, nonché, nella terraferma, la concessione di coltivazione «Capo Colonne», ricadente in territorio della provincia di Catanzaro. Anche tali concessioni sono produttive a gas naturale.
Per quanto riguarda, in particolare, la concessione «D.C1.AG», il cui periodo di vigenza scadeva il 7 luglio 2003, l'ENI, con istanza del 4 luglio 2002, ha chiesto a questa amministrazione una proroga decennale, ai sensi dell'articolo 29 della citata legge n. 613 del 1967, il quale stabilisce che «la durata della concessione di coltivazione è di trenta anni» e che «decorsi i due terzi del suddetto periodo, il concessionario ha diritto ad una proroga di dieci anni se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione».
Il Ministero delle attività produttive, verificato il rispetto dei suddetti adempimenti da parte della concessionaria e valutato il residuo potenziale minerario ancora estraibile dalla concessione, ha proceduto, con decreto ministeriale 11 febbraio 2003, al conferimento della richiesta proroga decennale della concessione stessa, a decorrere dal 7 luglio 2003 e fino al 7 luglio 2013.
Per il periodo di proroga è stato contestualmente approvato un programma di lavoro che prevede la prosecuzione dell'attività estrattiva attraverso l'installazione, presso la centrale di Crotone, di altri due compressori (successivamente ridotti ad uno soltanto) nonché lo studio della possibilità di ulteriore sviluppo del giacimento tramite l'esecuzione di due nuovi pozzi, eventualmente da perforare a partire da postazioni di pozzi chiusi, già esistenti, e da allacciare, tramite condotte sottomarine, alla esistente piattaforma marina fissa denominata «Luna A». In tal caso il citato decreto ministeriale di proroga obbliga la Società ad effettuare, prima della perforazione di tali nuovi pozzi e della realizzazione delle relative condotte di collegamento, la verifica di compatibilità ambientale presso il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 526 del 1994.
In ogni caso, eventuali nuovi impianti o strutture di tal tipo, ove ambientalmente compatibili a giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dovranno essere esplicitamente autorizzate dall'autorità mineraria competente.
Alla luce di quanto sopra esposto si conferma la piena legittimità della proroga decennale accordata con il citato decreto ministeriale 11 febbraio 2003 tenuto anche conto della messa in valore degli idrocarburi che costituiscono, come è noto, un bene indisponibile dello Stato (bene minerario) e contribuiscono significativamente al soddisfacimento del fabbisogno energetico de Paese. A tale riguardo si rappresenta che nel 2003 la produzione di gas dal


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complesso delle suddette concessioni è stata di oltre 1,6 miliardi di metri cubi (pari a circa l'11,5 per cento dell'intera produzione nazionale di gas).
Per quanto concerne la richiesta di commissionare uno studio particolareggiato per appurare l'esistenza di eventuali fenomeni di compromissione degli equilibri tettonici nell'area di coltivazione, imputabili all'estrazione del gas metano, all'esito del quale condizionare il rinnovo della concessione in oggetto, si deve preliminarmente osservare che il timore ventilato appare del tutto generico perché non supportato da indizi certi o segnalazioni specifiche.
In relazione a tale preoccupazione, si fa presente che fu istituita in data 19 novembre 1993 una specifica Commissione interdisciplinare di elevato profilo tecnico-professionale, costituita da personalità del mondo scientifico e della P.A. e di cui facevano anche parte esperti espressamente designati dal Comune di Crotone, con il mandato di evidenziare eventuali fenomeni di subsidenza indotta in terraferma e comunque correlati alle coltivazioni in essere.
Le risultanze dei lavori di detta Commissione, conclusi in data 10 dicembre 1998, non appalesarono evidenze di sorta eziologicamente correlabili a dette coltivazioni, atteso che non furono rilevati fenomeni di subsidenza più pronunciati rispetto all'andamento regionale del fenomeno riscontrabile in altre zone costiere e non interessate dalla coltivazione di giacimenti di gas. D'altro canto la Commissione, nelle sue conclusioni, riferiva che i lavori svolti e le indagini di rilevamento poste in essere dalla società avevano evidenziato, sulla linea di costa indagata, una subsidenza «correlabile con la tettonica gravitativa dell'area, storicamente accertata».
La Commissione, tuttavia, in previsione dello sviluppo futuro dell'attività estrattiva, suggeriva la prosecuzione e lo sviluppo dei controlli territoriali ed in particolare delle livellazioni.
In effetti, una vasta zona estesa da Castrovillari a Soverato e quindi comprendente anche l'area di Crotone-Capo Colonne-Isola Capo Rizzuto, è ancora oggi oggetto di periodico controllo geodinamico da parte dell'ENI effettuato con particolare strumentazione. Ciò, in aggiunta ai controlli effettuati con la strumentazione posizionata direttamente sulle piattaforme marine di coltivazione.
Sono state inoltre recentemente installate e rese pienamente operative quattro stazioni di terraferma, facenti parte di una rete di monitoraggio microsismico nella zona di Capo Colonne, mentre altre due stazioni marine, da posizionare sulle piattaforme «Luna A» e «Luna B», saranno installate non appena possibile, compatibilmente con le condizioni meteomarine. Si precisa che questa rete di sorveglianza microsismica nella zona, progettata dall'ENI, consentirà di migliorare ulteriormente il processo di taratura del modello dinamico di giacimento e quindi di subsidenza dell'area.
L'ufficio del Ministero, territorialmente competente in materia mineraria, riferisce che a tutt'oggi il complesso delle rilevazioni effettuate conferma le risultanze del lavoro della predetta Commissione, e, pertanto, si deve ritenere con ciò assorbita la necessità di istituire una nuova commissione di studio.
Infine, con riferimento alla lamentata assenza di ricadute economiche, si fa presente che per il complesso delle citate concessioni di coltivazioni e con riferimento all'anno produttivo 2001, l'ENI ha versato «royalties» sul gas estratto per complessivi circa 14.877.000 euro parte significativa delle quali (55 per cento) sono state corrisposte alla regione Calabria ed ai comuni interessati.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

CESARO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
in Campania, in tutta l'area che appartiene all'enorme territorio di Giugliano di Napoli, fin dal 1998, quotidianamente danni inestimabili si arrecano ai cittadini che abitano tutto il territorio in


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questione a causa della presenza di diverse discariche;
fu proprio nel 1998, infatti, che per scelte governative, abbastanza discutibili, il presidente della regione Campania, commissario delegato del Governo di centro-sinistra, pubblicò un bando di Gara a procedura ristretta (Cfr. Burc n. 39 del 6 luglio 1998) relativo alla realizzazione di n. 3 impianti di preparazione dei combustibili derivati dai rifiuti di cui uno era destinato al territorio Asi di Giugliano (Napoli), il bando prevedeva anche la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione di cdr sempre sulla stessa area. Quest'ultimo è operativo dal febbraio 2002. Tutte queste opere andavano ad integrarsi poi con un altro bando per l'ampliamento della discarica a cielo aperto in località Messeria del Pozzo sempre nel comune di Giugliano di Napoli, decisa questa dal prefetto di Napoli (sempre nel lontano 1998, in qualità di sub-commissario, delegato dal Governo per la gestione dell'Emergenza rifiuti in Campania);
come previsto, allora, ed è agli atti un'analoga interrogazione, non fu per nulla considerato l'impatto ambientale che le scelte sopradescritte avrebbero avuto. Ci si dimenticò completamente che l'area interessata da questi «colossi dello smaltimento» fosse a prevalenza agricola per il suo fertilissimo terreno e per il pascolo dei bufali e che fosse anche zona turistica per la sua vasta estensione costiera, corposa rappresentanza della macchia mediterranea;
attualmente sono all'ordine del giorno i disastri ed i danni che quelle scelte hanno provocato. Cattivo odore, tossicità e problemi ambientali immani suscitano ed animano quotidianamente la protesta degli abitanti di Giugliano -:
quali immediati provvedimenti intenda adottare per dare risposte diverse e certe a tutela della salute pubblica degli abitanti di questi comuni.
(4-05829)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta che l'impianto di produzione del CDR di Giugliano (Napoli), il cui progetto esecutivo è stato approvato con, ordinanza commissariale n. 142 del 16 maggio 2000, con ordinanza n. 34 del 30 gennaio 2002, è in esercizio provvisorio fin dal 4 febbraio 2002.
Gli altri due impianti di produzione del CDR, previsti in provincia di Napoli, sono localizzati nel comune di Caivano e nel comune di Tufino. Essi sono entrati in esercizio rispettivamente a partire dal 13 agosto 2001 e dal 10 settembre 2002.
Il Piano regionale dei rifiuti prevede, inoltre, la realizzazione di n. 2 termovalorizzatori di cui uno in provincia di Napoli, localizzato nell'area ASI del comune di Acerra.
Con ordinanza commissariale n. 258 del 3 ottobre 2003 sono state incaricate le Società Fibe Spa e la Fibe Campania spa, ciascuna per quanto di propria competenza, alla verifica delle effettive emissioni dai singoli impianti, nonché l'Arpac di effettuare i sopralluoghi necessari per la verifica della conformità delle emissioni con i valori limite di legge, il tutto a partire dal mese di novembre 2003.
La relazione tecnica ed i rapporti di prova relativi al funzionamento dell'impianto di Giugliano (Napoli) nel periodo 12-13 novembre 2003 e 3-4 dicembre 2003 mostrano che non sono superati i limiti di legge per nessuno dei parametri indagati.
Il sito di stoccaggio definitivo di Fos (frazione organica stabilizzata) e di sovvalli, provenienti dagli impianti di produzione del CDR di Giugliano-Cava Giuliani, località Masseria del Pozzo, gestito dalla società Fibe spa, ha ultimato i conferimenti dal 07 luglio 2003. L'invaso risulta ricoperto da teli in Hdpe (polietilene ad alta densità) e sono in corso i lavori per la sua messa in sicurezza attraverso la ricopertura finale e la captazione del biogas.
Infine, nell'ambito del comune di Giugliano, sono previste n. 4 centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria. Le centraline avranno ubicazione una in area urbana, due in area industriale e una in area rurale, con un centro di raccolta dati presso il settore ambiente del comune di


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Giugliano ed un pannello informativo esterno al Palazzo Comunale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CIRIELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'ATI Valentino Giuseppe S.r.l - Sciopero Angelo con sede in Afragola (Napoli) è stata invitata dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Napoli e Provincia, a presentare offerta per la gara di licitazione privata relativa ai lavori di restauro e valorizzazione del Castello di Baia sito in Bacoli (Napoli) (Perizia n. 40 e 41 F.P.T. Lotto 2001.03. Licitazione Privata, l'importo a base d'asta Euro 11.827.379,64);
il giorno 13 settembre 2002 l'offerta dell'ATI Valentino Giuseppe S.r.l - Sciopero Angelo è risultata la più vantaggiosa per l'Amministrazione appaltatrice, anche se «anomala» ai sensi della legge 109/94, presentando un ribasso pari o superiore alla media delle offerte;
la normativa richiamata in questi casi prevede che l'Amministrazione richieda alla ditta appaltatrice, entro il termine di 60 giorni dalla data di presentazione dell'offerta, di presentare adeguate giustificazioni dell'anomalia fondate sull'economicità del procedimento di costruzione o delle soluzioni tecniche adottate o sulle condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l'offerente;
l'Amministrazione appaltante, dopo numerosi solleciti dell'ATI, solo in data 28 febbraio 2003 - ben 168 giorni dopo - (venerdì) inviava a mezzo fax richiesta di integrazioni giustificative assolutamente illeggibili, che il successivo lunedì si poteva accertare presso la sede della Soprintendenza prevedeva 7 giorni perentori (compreso il sabato e la domenica) per trasmettere quanto richiesto;
ciò nonostante in data 10 marzo 2003, l'ATI ha trasmesso ampia documentazione integrativa con relazione descrittiva delle caratteristiche tecnico-organizzative che consentivano un ribasso consistente rispetto alla base d'asta;
solo in data 19 maggio 2003 avveniva il contraddittorio diretto con la Commissione interna dell'Amministrazione appaltante, organismo tecnico per la valutazione delle offerte;
l'appalto è formato da n. 647 voci di prezzo, ma la suddetta Commissione chiedeva chiarimenti solo sui n. 6 prezzi;
l'ATI ha presentato i relativi chiarimenti analitici entro il 27 maggio 2003;
infine, nonostante la ripetute richieste dell'ATI di accesso agli atti, queste sono state tutte negate, mentre la Soprintendenza permetteva di visionare gli atti di gara all'ACEN (Associazione Costruttori Edili di Napoli) -:
quali siano le cause del ritardo che ha riguardato l'intera procedura, oltre 270 giorni dall'esperimento della gara;
per quali motivi l'Amministrazione appaltante concedeva termini perentori così ristretti, comprensivi del sabato e della domenica, ed inviava a mezzo fax una richiesta di integrazione delle giustificative assolutamente illeggibile;
per quale motivo, pur essendo l'appalto formato da n. 647 voci di prezzo, la Commissione interna dell'Amministrazione appaltante, organismo tecnico per la valutazione delle offerte, ha ristretto a solo sui 6 prezzi i quesiti al fine di giustificare il consistente ribasso operato dall'ATI Valentino Giuseppe S.r.l. - Sciopero Angelo e non gli ha piuttosto permesso di dimostrare in modo più ampio le ragioni che le permettono di essere particolarmente competitiva;
quali siano i motivi o le cause ostative che inducono l'Amministrazione appaltante a non aggiudicare definitivamente l'appalto;


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per quali motivi l'accesso agli atti di gara, garanzia di trasparenza, è stato negato alla ATI richiedente e permesso ad una Associazione di categoria, priva di uno specifico interesse legittimante;
se siano individuabili responsabilità della sovrintendenza nell'evidente anomala procedura adottata, ovvero se i modi e i tempi adottati siano conformi con la normativa vigente;
se e quali atti intende porre in essere per far sì che l'ATI Valentino Giuseppe S.r.l. - Sciopero Angelo possa vedere rispettati i diritti che discendono dall'aver partecipato correttamente alla gara d'appalto.
(4-07220)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, riguardante la gara mediante licitazione privata per i lavori di restauro e valorizzazione del Castello di Baia a Bacoli (Napoli) ed alla partecipazione alla suddetta gara dell'ATI Valentino Giuseppe S.r.l - Sciopero Angelo, interpellati gli uffici competenti, si comunica quanto segue.
La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico riferisce che, a seguito della pubblicazione del bando di gara, sono pervenute 54 richieste di partecipazione e l'amministrazione, sulla base delle dichiarazioni dei richiedenti, ha diramato 52 inviti di gara. Le offerte pervenute entro i termini sono state 22 e quelle ammesse alla gara sono state 20.
Considerato che tra le offerte presentate è risultato che cinque di esse avevano un ribasso superiore alla soglia dell'anomalia - tra cui anche quella dell'ATI Valentino S.r.l. -, il Presidente della commissione di gara ha sospeso la pubblica seduta, trasmettendo gli atti delle offerte anomale al Responsabile del procedimento.
Come previsto dall'articolo 21 della legge 109 del 1994, infatti, in questi casi, l'amministrazione deve valutare la congruità delle offerte anomale prima di procedere all'aggiudicazione. Pertanto, la soprintendenza competente, al fine di assicurare il necessario supporto tecnico al responsabile e di garantire la massima trasparenza, ha costituito, un organismo tecnico composto da un esperto, responsabile dell'osservatorio regionale per i lavori pubblici, uno designato dal Soprintendente regionale e due funzionari interni alla Soprintendenza stessa.
Lo stesso ufficio ha reso noto che, in data 16 marzo 2004, è stata espletata la gara di appalto e che è stato previsto un sistema di verifica, interna all'amministrazione, al fine di accertare la regolarità delle procedure svolte.
Per quanto riguarda il termine perentorio di sette giorni entro il quale l'ATI Valentino S.r.l. ha dovuto presentare integrazioni giustificative, si rappresenta che tale periodo è del tutto analogo a quelli che sono assegnati in casi consimili, in simili procedure e, peraltro, la soprintendenza precisa che non ha ricevuto alcuna richiesta di proroga che, qualora fosse stata presentata sarebbe stata adeguatamente valutata.
In merito ai quesiti richiesti dall'amministrazione appaltante alla ditta appaltatrice, la stessa evidenzia che i chiarimenti richiesti dall'organismo tecnico hanno riguardato temi generali dell'offerta e non solo singole voci, così come è riscontrabile dal verbale di contraddittorio.
Per quanto concerne la richiesta da parte dell'ATI sopra richiamato di accedere agli atti interni dell'Amministrazione prima dell'espletamento della verifica delle offerte anomale, la Soprintendenza competente informa che l'accesso è stato semplicemente posticipato all'esito della procedura, al fine di garantire il corretto andamento del procedimento di contraddittorio. È stato, invece, consentito l'accesso all'Acen, peraltro solo in tema di verifica dei requisiti di qualificazione delle imprese, in quanto la stessa è un'associazione di categoria portatrice di interessi generali.
A conclusione, si ritiene che la procedura adottata, rispettosa delle norme e degli orientamenti giurisprudenziali, non risulta lesiva dei diritti dell'ATI Valentino S.r.l. il quale, viceversa, ha instaurato una rilevantissima attività contenziosa, come è documentato, tra l'altro, anche dal ricorso pendente


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presso il tribunale amministrativo regionale della Campania.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

COLA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in un analogo atto di sindacato ispettivo (3-03392 del 4 febbraio 1999) l'interrogante segnalava il mancato inserimento, del piano di recupero delle opere finanziati con i proventi delle lotterie, del progetto degli scavi per riportare alla luce l'Anfiteatro di Nola;
rappresentava, altresì, che i lavori di scavo già in atto avrebbero subito un inevitabile e lungo arresto da censurare, attese l'importanza del sito archeologico e la cifra irrisoria circa (quattro milioni di euro) sia in relazione all'enorme cifra a disposizione per il recupero di opere d'arte che alla incontestabile importanza dell'intervento;
la risposta del rappresentante del Governo di allora fu, ad avviso dell'interrogante, fuorviante, ancorché fosse stato assunto nell'occasione l'impegno di finanziare il progetto nel programmato lotto relativo all'anno 2001-2003;
purtroppo anche da tale programma l'anfiteatro di Nola è rimasto escluso;
sono indiscutibili la rilevanza e l'interesse che il riferito sito archeologico rappresenta e suscita sia per il pregio dei reperti che per l'area interessata, addirittura superiore a quella di Pompei;
è altrettanto pacifico il ritorno a livello occupazionale che l'esecuzione dei lavori comporterebbe, atteso il contesto territoriale, caratterizzato da indici di disoccupazione vicini al massimo -:
se non sia opportuno assumere idonee iniziative o adottare consequenziali provvedimenti acché sia rimossa la riprovevole situazione di stallo segnalata;
se, più specificamente, i Ministri interrogati non ritengano di adottare le opportune iniziative per inserire il progetto di recupero dell'anfiteatro di Nola, così come più volte sollecitato dalla Sovrintendenza di Napoli, nelle opere da finanziare con i proventi delle lotterie, al fine di consentire di portare alla luce reperti archeologici unici al mondo, agevolare l'occupazione in un'area depressa e creare le condizioni per un maggiore sviluppo dell'area nolana.
(4-07340)

Risposta. - In relazione alla interrogazione in esame, concernente il recupero dell'anfiteatro di Nola, in provincia di Napoli, interpellati gli uffici competenti, si comunica quanto segue.
La soprintendenza per i beni archeologici delle province di Napoli e Caserta ha reso noto che le ultime campagne di scavo condotte all'anfiteatro romano, nell'ambito del progetto di valorizzazione del patrimonio archeologico dell'area di Nola, sono avvenute nell'anno 1997, con progetto finanziato dai fondi P.O.FERS - Programma operativo, Fondo europeo di sviluppo regionale 1995-1996, e continuate nell'anno 2000 a seguito di finanziamenti CIPE.
La Soprintendenza informa che le indagini condotte hanno portato alla luce circa la metà dell'intera struttura dell'edificio e che ha provveduto ad eseguire lavori di restauro di notevole rilievo riguardanti l'anastilosi del muro del circuito esterno crollato e delle lastre di marmo che rivestivano il parapetto dell'arena.
Com'è noto, negli ultimi anni le manovre per il contenimento della spesa pubblica hanno determinato una progressiva decurtazione degli stanziamenti per tutta la pubblica amministrazione. Anche questo dicastero ha risentito, in generale, di tale situazione, con riflessi particolarmente sfavorevoli per il settore archeologico e, che, nello specifico, ha comportato l'interruzione delle operazioni di scavo per riportare totalmente in luce il monumento.
Si segnala, infine, che la locale Soprintendenza ha presentato alla regione Campania


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dei progetti, al fine di poter accedere ai fondi comunitari - progetti integrati territoriali -, tra cui anche quello che riguarda il recupero dell'Anfiteatro di Nola, progetto che, al momento, è stato inserito tra le opere da finanziare.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
registrato il diffuso malessere presente tra gli organismi e gli operatori dello spettacolo dal vivo, in particolare della musica e della danza, circa l'operato delle Commissioni consultive ministeriali in ordine alle valutazioni dei progetti di attività per l'anno 2003;
constatate le recenti determinazioni in merito alla istituzione di una nuova fondazione lirico sinfonica ed al riconoscimento di quattro nuovi teatri di tradizione e di una istituzione concertistico orchestrale, pur in presenza di una stasi, ed anzi di una diminuzione dello stanziamento del Fondo unico dello spettacolo, come da disegno di legge attualmente in esame alla Camera dei deputati;
preso atto che ad oggi, ovvero all'anno solare di attività ormai ultimato, sussiste ancora incertezza sull'entità dei finanziamenti statali per l'anno 2003 (non ovviata dall'erogazione in automatico dell'80 per cento del contributo riferito all'anno precedente), che ha prodotto conseguenze negative sulla stabilità economica del sistema e sulle prospettive progettuali artistiche ed organizzative dei settori -:
quali siano le motivazioni di quanto avvenuto e quali urgenti iniziative intenda assumere per superare lo stato di incertezza lamentato da tutti gli operatori dello spettacolo dal vivo e per evitare il ripetersi in futuro di analoghe circostanze;
quale sia la valutazione del Ministro sull'operato delle attuali commissioni consultive, stante l'unanime, e condiviso dall'interrogante, giudizio negativo degli operatori della musica e della danza, e se intenda acquisire utili elementi su come operare il finanziamento dell'attività dei nuovi soggetti riconosciuti, in presenza di minori risorse e senza ledere i livelli di operatività delle strutture esistenti ed attualmente finanziate.
(4-08343)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa al riconoscimento di nuovi organismi nel settore musicale ed alla diminuzione dello stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, interpellata la direzione generale per lo spettacolo dal vivo, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda l'assegnazione di acconti sui contributi statali per l'anno 2003, si rende noto che gli stessi, come già avvenuto in precedenza, sono stati erogati e si attende la necessaria documentazione da parte degli organismi beneficiari atta a consentire il saldo dei contributi stessi.
In merito al riconoscimento dei quattro nuovi teatri di tradizione, avvenuto con decreto ministeriale, così come previsto dall'articolo 28 della legge n. 800 del 1967, si precisa che l'istruttoria delle istanze per l'anno 2004 è in una fase preliminare e, pertanto, non è possibile al momento valutare la necessità di un eventuale reperimento di risorse aggiuntive, nei limiti dell'eventuale fabbisogno ulteriore determinato dal riconoscimento dei nuovi quattro teatri.
Per quanto concerne la costituzione di una nuova fondazione lirico sinfonica, si evidenzia che la scelta operata dal Governo è sorta dall'esigenza di individuare una soluzione per garantire la ricostruzione del teatro Petruzzelli di Bari, nel rispetto degli impegni assunti in sede di accordo con gli enti locali, in una convergenza di interessi pubblici e privati.
Con riferimento al riconoscimento della nuova istituzione concertistico-orchestrale - che peraltro svolge già un ruolo significativo sul territorio, sia per l'aspetto qualitativo che per il volume dell'attività svolta - si segnala che la stessa usufruiva di una sovvenzione e, pertanto, il suo riconoscimento ha confermato solo la formalizzazione


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di uno stato di fatto già esistente e che non ha comportato sostanziali aumenti della sovvenzione 2003.
Per quanto riguarda, infine, l'attività delle Commissioni consultive, si evidenzia che le stesse operano in una situazione caratterizzata da una consistente crescita di produzione musicale e di eventi a fronte di contributi, non da ora, ritenuti, esigui, sia per valore nominale che per potere d'acquisto ma che, comunque, le scelte operate rientrano nell'ambito della loro attività discrezionale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

MAURA COSSUTTA e PISTONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della funzione pubblica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Automobile Club d'Italia è un ente pubblico non economico, senza scopo di lucro, che realizza prodotti e servizi per gli automobilisti e per la pubblica amministrazione e che, a tal fine, è dotato di società strumentali tra cui Aci Informatica SpA;
Aci detiene il 100 per cento delle azioni di Aci Informatica SpA, organizzata in una divisione informatica, che si occupa della progettazione, realizzazione, sviluppo, messa in opera e gestione di sistemi informativi e procedure di elaborazione automatica dei dati inerenti al settore automobilistico e ad ogni altro settore di interesse dell'Automobile Club d'Italia e in una divisione commerciale, chiamata divisione Aci Rete, che si occupa dell'acquisizione e della fidelizzazione degli associati all'Aci (privati ed aziende), della commercializzazione di servizi riservati ai soci Aci, della gestione e coordinamento della rete commerciale a marchio Aci e dello svolgimento delle connesse attività di trade marketing;
da diverso tempo l'ACI e le sue società controllate sono soggette a processi di ristrutturazione con espulsione di lavoratori, mentre contemporaneamente l'ente procede, direttamente o tramite le controllate, ad acquisizioni di società sul mercato (Targa Sys, Ventura Travel, Banca della Rete) dimostrando la disponibilità di forti risorse economiche;
la controllata LEA (L'editrice dell'Automobile) è stata chiusa ed i lavoratori in massima parte licenziati, nonostante sia stata creata una nuova società, Aci-Mondadori, con la stessa missione aziendale;
le controllate ACI 116 e ALA Service sono state incorporate in una nuova controllata, ACI Global, con l'espulsione di 176 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e non riconferma di 130 contratti a tempo determinato; contemporaneamente ACI Global ha assunto 85 lavoratori (35 stagisti e 50 a tempo determinato) ed è alla ricerca di 100 lavoratori da inserire in part-time a tempo determinato;
l'acquisizione di Ventura Travel ha generato conseguenze negative per il personale della controllata Aci Sestante (in parte dimissioni incentivate, in parte «trasferimenti» a Milano e per gli altri una totale incertezza del posto di lavoro);
nello specifico della controllata Aci Informatica, nel marzo 2003 la Direzione raggiungeva un accordo sindacale con la RSU che prevedeva l'assunzione a tempo indeterminato di tre lavoratrici assunte con contratto interinale, ma il 29 luglio 2003, una delle lavoratrici veniva licenziata senza fornire motivazioni né alla lavoratrice né alla RSU, contravvenendo all'accordo sindacale e mettendo in discussione il principio di correttezza e buona fede alla base delle corrette relazioni industriali;
chiamata dai lavoratori al rispetto degli accordi, la Direzione di Aci Informatica ha invece preannunciato un piano di ristrutturazione che ha l'obiettivo di ridurre i costi attraverso la messa in discussione degli accordi sindacali integrativi esistenti;


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a causa di tali problematiche, da agosto 2003, è in atto un acceso conflitto sindacale che sta producendo inevitabili disagi sia ai lavoratori che all'attività produttiva -:
se gli interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti;
quali notizie abbiano gli interrogati dei processi di ristrutturazione che riguardano il gruppo Aci e quali iniziative intendano assumere in merito;
quali iniziative si intendano assumere per ricondurre l'Aci e le sue società controllate a corrette relazioni sindacali;
se si ritenga opportuno intervenire presso l'azienda Aci Informatica SpA per mettere fine alla condizione di incertezza in cui si trovano circa 400 lavoratori a causa del piano di riorganizzazione preannunciato dalla direzione aziendale.
(4-08135)

Risposta. - L'Automobile club d'Italia, ente di controllo della società ACI informatica, interpellato sull'argomento, ha evidenziato che la questione trae origine dall'assunzione da parte della società ACI informatica - divisione ACI rete - di tre lavoratrici con contratto di lavoro interinale (uno per il periodo dal 2 settembre 2002 al 28 febbraio 2003 e due per il periodo dal 4 novembre 2002 al 2 maggio 2003) per far fronte a temporanee esigenze di servizio.
Successivamente il 7 marzo 2003 tra ACI informatica Spa e RSU è stato concluso un accordo in virtù del quale la Società alla scadenza dei rispettivi contratti interinali si impegnava ad assumere le tre lavoratrici con contratto a tempo indeterminato e con periodo di prova di tre mesi.
In esecuzione al riferito accordo l'ACI informatica Spa ha quindi assunto le tre lavoratrici con contratto a tempo indeterminato, condizionando la definitiva instaurazione del rapporto di lavoro al superamento del previsto periodo di prova.
A conclusione di tale periodo ad una delle lavoratrici è stato comunicato, con nota del 28 luglio 2003, il mancato superamento del periodo di prova.
Tale situazione, secondo quanto sostiene l'ente, non interferirebbe con il rispetto di quanto stabilito nell'accordo sindacale del 7 marzo 2003, in quanto concernente esclusivamente la verifica del comportamento e delle qualità professionali della lavoratrice sottoposta al periodo di prova.
Per quanto riguarda il piano di ristrutturazione industriale della società A.C.I. informatica, lo stesso, nelle intenzioni dell'azionista A.C.I. avrebbe come obiettivo un riposizionamento della società stessa ed una razionalizzazione dei costi mediante la revisione delle politiche di investimento che, senza incidere sugli attuali livelli occupazionali.
Quanto alle altre società del gruppo ACI, i cui lavoratori verserebbero in una situazione di incertezza, alcune di queste sono state oggetto, nel corso degli ultimi anni, di processi di razionalizzazione volti alla revisione degli assetti organizzativi, per eliminare sovrapposizioni di funzioni e duplicazione di costi di gestione, fermi restando i livelli occupazionali delle società interessate.
Diversa è la situazione della società ACI global che è stata oggetto di un processo di ridimensionamento strutturale che ha portato al collocamento in mobilità di 171 dipendenti, a seguito del mutato assetto organizzativo dovuto alla liberalizzazione del servizio di soccorso sulla rete autostradale.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

COSTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a Cremona in data 23 agosto 2003 si spegneva Marleny Gonzales, cittadina di origine colombiana ma da 15 anni, dopo il matrimonio, residente in Italia;
ammalata di leucemia, le sue speranze erano legate al trapianto del midollo;
la sorella Nelly, residente in Colombia, da cinque mesi attendeva invano dalla


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nostra ambasciata il nulla osta all'ingresso in Italia, sì da poterle donare il midollo;
è degli ultimi giorni la notizia di una vicenda analoga di cui sarebbe vittima un cittadino ivoriano residente anch'egli in provincia di Cremona, affetto da insufficienza renale cronica ed in trattamento emodialitico trisettimanale, da 13 mesi in attesa dell'autorizzazione all'ingresso in Italia per il fratello intenzionato a donargli un rene -:
quali siano gli ostacoli, di ordine legislativo, burocratico ed amministrativo che in situazioni come quella esposta hanno impedito e impediscono di realizzare tempestivamente il trapianto di midollo e quali iniziative intenda adottare perché casi del genere non abbiano più verificarsi.
(4-07294)

Risposta. - L'Ambasciata d'Italia in Bogotà ha seguito con estrema attenzione il caso della richiesta di visto relativo alla cittadina colombiana Nelly Gonzalez rispetto alla quale - dall'esame degli atti - non risultano essere state opposte difficoltà burocratiche.
La prima richiesta di appuntamento per un visto turistico era stata inviata dall'interessata con un messaggio in posta elettronica in data 2 luglio 2003 all'ufficio competente, senza specificare alcun motivo di urgenza.
A seguito di una serie di contatti via fax e per le vie brevi - iniziati in data 13 luglio ultimo scorso tra l'ambasciata italiana a Bogotà e l'associazione «International police association Italia delegazione regione Lombardia» di Bergamo - la signora Gonzalez, che non si era presentata ad un primo appuntamento fissatole per il 25 luglio 2003, veniva ricevuta in data 28 luglio.
In tale occasione la signora Gonzalez non risultava in possesso della documentazione necessaria per il rilascio del visto d'ingresso e presentava, senza alcuna indicazione di particolare urgenza, una domanda di visto per turismo per un nipote minorenne, in assenza, peraltro, dei requisiti richiesti per tale tipologia di visto.
Successivamente veniva fissato alla signora un ulteriore appuntamento il 4 agosto, per l'integrazione della documentazione mancante, al fine di rilasciare il visto in tempo utile per la partenza prevista per la data del 17 agosto. In data 5 agosto 2003 la predetta associazione, nell'inoltrare all'Ambasciata i documenti richiesti, chiedeva altresì di posticipare l'appuntamento del 4 agosto alla data del 18 agosto.
L'interessata si ripresentava solo in data 19 agosto con una prenotazione aerea per il 27 agosto. L'ambasciata, procedendo al tempestivo inserimento della richiesta nella rete mondiale visti, riusciva a dare alla signora Gonzalez la possibilità di partire il giorno dopo. L'interessata, tuttavia, indicava di voler utilizzare il volo prenotato per il 27 agosto.
La sorella della signora Gonzalez, affetta da leucemia e ricoverata presso l'ospedale Maggiore di Crema, decedeva in data 23 agosto.
Dalla ricostruzione della vicenda sembra emergere chiaramente che nelle procedure di rilascio del visto, le nostre Autorità consolari hanno semplicemente richiesto i normali adempimenti previsti dalla legge, sottolineando sollecitamente alla richiedente le necessarie integrazioni di documentazioni.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Baccini.

DAMERI, VIGNI, PIGLIONICA e VIANELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa e di agenzia del 6 e del 7 febbraio 2003 si apprende che il prossimo 11 febbraio 2003 a Vercelli, si riuniranno i responsabili dei servizi di sicurezza per organizzare con la società di proprietà dell'Enel, il trasferimento di scorie radioattive da Saluggia (Piemonte) a Brian, nelle vicinanze di Sellafield in Inghilterra;
le stesse notizie indicano in un convoglio ferroviario composto di carri merci


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tradizionali il mezzo di trasporto che si intenderebbe utilizzare e del quale sarebbe previsto il transito attraverso la galleria del Frejus e nel tunnel sotto la «Manica»;
tali notizie sono emerse mentre è in corso una indagine conoscitiva della VIII Commissione Ambiente di questa Camera dei deputati durante la quale le stesse non sono state comunicate da alcuno dei soggetti auditi;
in merito a tali notizie la professoressa Rita Levi Montalcini ha espresso fortissime preoccupazioni circa i grandissimi rischi ai quali si andrebbe incontro in ordine alla sicurezza e all'incolumità degli addetti alle operazioni, dei cittadini che abitano nelle zone toccate dal percorso del convoglio e dell'ambiente circostante;
lo stesso premio Nobel per la medicina, professoressa Montalcini ha, tra l'altro, dichiarato che «se tali notizie fossero confermate, ci si troverebbe di fronte ad un grave atto di irresponsabilità»;
la stessa preoccupazione si ripropone con puntale periodicità allorquando si prospettano ipotesi di smaltimento dei rifiuti radioattivi senza che si considerino i costi, non solo economici, dell'operazione; tralasciando cioè l'analisi dei rischi e dei conseguenti costi sociali, in termini di salute pubblica e di impatto ambientale;
in altri paesi, europei come, ad esempio, la Germania, i trasporti delle scorie radioattive seguono un protocollo standardizzato di sicurezza che prevede, innanzitutto, l'utilizzo di mezzi speciali, percorsi protetti e scorte di sicurezza -:
se i Ministri siano al corrente di tali notizie e, ove queste fossero confermate, quali provvedimenti urgenti intendano prendere per evitare che, ancora una volta, l'agire su questa materia sia lasciata all'improvvisazione e senza una strategia complessiva che tenga conto, prima di tutto, della salvaguardia della salute degli operatori, dei cittadini e dell'ambiente.
(4-09262)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante il trasferimento di rifiuti radioattivi da Saluggia (Piemonte) a Brian, nelle vicinanze di Sellafield in Inghilterra, si rappresenta che le attività del trasporto vengono svolte secondo gli standard di sicurezza stabiliti dalla legislazione vigente e sotto la sorveglianza delle Autorità preposte a tali attività.
Il trasporto su percorso stradale e su ferrovia avverrà a valle delle relative autorizzazioni specifiche da parte del ministero dei trasporti, utilizzando un carrello e un carro ferroviario appositamente realizzati e omologati, sotto la vigilanza dell'APAT, oltre che dalle Autorità competenti.
Il contenitore per il combustibile nucleare è stato omologato per tale specifica attività da tre Autorità di controllo europee: Inglese, Francese ed Italiana.
La quantificazione degli standard di sicurezza per la tenuta del contenitore imposti dall'Apat è dieci volte migliore di quella imposta dalle Autorità Inglesi e Francesi e dai paesi Europei in generale.
L'improvvisazione paventata nella interrogazione è del tutto infondata in quanto l'
iter autorizzativo e la preparazione tecnica delle attività di trasporto durano da due anni con continua vigilanza delle Autorità competenti.
Il trasporto viene organizzato di concerto con il Ministero delle attività produttive, il Ministero dell'ambiente (APAT), il Ministero dell'interno (prefettura), il Ministero dei trasporti, le Ferrovie, le Autorità locali (Comuni e Provincia), le Istituzioni locali e regionali preposte alla tutela radiologica dei cittadini (Arpa), i Vigili del Fuoco (comando provinciale) e Centro Operativo del dipartimento dei vigili del fuoco del dipartimento del soccorso pubblico e della Difesa Civile presso il Ministero degli Interni, la questura, i Carabinieri, la guardia di Finanza, la Polfer, gli Esperti qualificati delle ferrovie, il vettore appositamente autorizzato e qualificato dalle istituzioni con la propria organizzazione di protezione radiometrica, l'Esercente dell'impianto appositamente autorizzato dal Ministero per le attività produttive, gli Enti Terzi


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per controllo e verifica (APAT ed Enea) e gli Enti proprietari delle Strade interessate.
Tutte le attività vengono svolte nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 185 del 1964, del decreto del Presidente della Repubblica 230 del 1995, del decreto del Presidente della Repubblica 241 del 2000, della Legge 1860 del 1962, della Legge 131 del 1985, dell'A.D.R./RID europeo (Accordo Europeo Trasporto Internazionale di Merci Pericolose su Strada o Ferrovia), del Codice della Strada per trasporti eccezionali e merci pericolose con relativo regolamento, oltre che nel rispetto delle leggi correlate e dei numerosi decreti applicativi.
I contenitori utilizzati hanno subito apposite prove di qualifica, fra le quali, ad esempio, la verifica della tenuta dopo caduta da 9 metri su superficie rigida e su punzone, secondo il peggior angolo di impatto previsto da progetto, e le ispezioni mediante ultrasuoni delle saldature.
Le attività avvengono nel rispetto dei regolamenti imposti dall'Euratom per il trasferimento di materiali fissili e sotto la vigilanza dei suoi ispettori e del monitoraggio continuo tramite telecamere installate all'interno del deposito, controllate dalla stessa Euratom.
Il personale operativo è qualificato ed addestrato appositamente e le relative attività rappresentano normali attività di esercizio regolamentate dalle prescrizioni tecniche allegate alla licenza di esercizio rilasciata a valle di rigorosa istruttoria del ministero attività produttive.
Sul posto, durante le attività, sono presenti ispettori dell'APAT competenti sia sull'esercizio dell'impianto, sia sulle attività di movimentazione e trasferimento del combustibile.
Le Assicurazioni e le Garanzie finanziarie necessarie sono regolamentate per legge e con decreti emessi di concerto tra Ministero Attività Produttive, Ministero dei Trasporti e Ministero degli Interni.
Per verificare l'assenza di impatto radiologico sull'ambiente, viene preparata dall'ARPA una campagna di misure ambientali con prelievi di campioni secondo un piano predisposto ad hoc, sia prima, sia durante e sia dopo i trasporti. Inoltre sono già state predisposte squadre di tecnici specializzati per eventuali interventi di emergenza.
Quanto detto evita in modo permanente e standardizzato che le attività vengano svolte «con improvvisazione e senza una strategia complessiva che tenga conto, prima di tutto, della salvaguardia degli operatori, dei cittadini e dell'ambiente».
Tale prassi non è eccezionale, ma è normalmente applicata in tutte le attività connesse con attività nucleari svolte in Italia presso gli impianti ed istallazioni nucleari.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DEIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 2 dicembre 2002 le navi porta container in partenza per gli Stati Uniti d'America dai porti di Genova e La Spezia dovranno passare pure essendo in territorio italiano, dai controlli della dogana statunitense;
tale fatto, che dovrebbe essere considerato una vera e propria anomalia, avviene in virtù di un accordo firmato il 7 novembre 2002 negli Stati Uniti tra il direttore dell'Agenzia delle dogane Mario Andrea Guaiana ed il suo omologo dell'US Custom service, Robert C. Bonner;
questo tipo di negoziati bilaterali sono da considerarsi un vero e proprio sfregio all'Unione europea in quanto rappresentano una violazione dell'autonomia stessa dell'Unione europea in materia di decisioni e controllo sui porti, rappresentando, altresì, una rinuncia alla sovranità dello Stato italiano;
nei porti interessati a questa «tutela statunitense» il controllo avviene solo per le merci con destinazione Stati Uniti;


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lo scorso 21 novembre 2002 nel porto commerciale di La Spezia è stato casualmente intercettato un container pieno di armi proveniente dalla Cina e diretto in Libia segno evidente che nel porto spezzino continuano i traffici illeciti di armi e scorie (anche nucleari), che hanno fatto guadagnare al porto ligure il nome di «porto dei veleni» -:
chi abbia autorizzato, e sulla base di quali motivazioni, il direttore dell'Agenzia delle dogane, alla stipula dell'accordo firmato lo scorso 7 novembre 2002 e per quali motivi l'accordo riguarda solo i porti di Genova e La Spezia e non gli altri porti liguri;
se i nostri porti siano destinati a divenire zona franca o extraterritoriale non soggetta alle leggi nazionali con rinuncia alla sovranità dello Stato italiano nonché della regione Liguria e degli enti locali per quanto di loro competenza;
se il controllo dei porti interessati dall'accordo avverrà attraverso personale civile o militare;
quale sia il sistema di controllo che si introdurrà nei citati porti;
se i lavoratori, attraverso le loro organizzazioni sindacali, siano stati informati dell'accordo sottoscritto e se, in relazione alle nuove strumentazioni che saranno utilizzate, il loro lavoro sarà tutelato dalle direttive di precauzione previste dalla Unione europea, dalla normativa vigente a livello nazionale e da quanto previsto dallo statuto dei lavoratori.
(4-04724)

Risposta. - In ordine a quanto rappresentato con l'interrogazione cui si risponde, l'Agenzia delle dogane ha fatto presente che la dichiarazione di intenti sull'iniziativa della Sicurezza dei containers-CSI, firmata a Washington, in data 7 novembre 2002, dalle Amministrazioni doganali italiana e statunitense, è una iniziativa pilota sulla sicurezza nel traffico di containers diretti dall'Italia verso gli Stati Uniti, ovvero dagli Stati Uniti verso l'Italia.
Tale iniziativa, denominata «Container security iniziative» (CSI), interessa, al momento, venti porti, individuati per volume di traffici a livello mondiale, inseriti in una lista predisposta dagli Stati Uniti nella quale figurano, rispettivamente al 9o ed al 15o posto, i porti di Genova e di La Spezia.
Nel corso di una riunione interministeriale, in data 2 settembre 2002, indetta dal Ministero degli affari esteri, l'agenzia delle dogane ha rilevato che è stato disatteso l'indirizzo convenuto in sede di Consiglio europeo, che si prefiggeva la stipula di un Accordo unitario tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. Infatti, taluni Stati Membri (Olanda, Belgio, Francia e Germania) hanno già firmato distinte intese bilaterali con gli Stati Uniti.
Nel corso di detta riunione, si è quindi convenuto all'unanimità, l'opportunità, onde evitare una possibile penalizzazione dei flussi commerciali dai porti nazionali verso gli Stati Uniti, che anche da parte italiana fosse adottata una intesa analoga, sulla base di uno schema di Accordo predisposto dall'agenzia delle dogane, di concerto con la parte americana.
Su tale schema si è quindi avviata, a cura del Dicastero degli affari esteri, una procedura di consultazione con le altre amministrazioni interessate, conclusasi con l'auspicio di una rapida definizione dell'Accordo: unico rilievo, quello relativo all'opportunità che, in sede di estensione dello stesso agli Stati Uniti, le proposte italiane tenessero conto del criterio di riequilibrio geografico tra i porti della penisola.
Quindi, il direttore dell'agenzia delle dogane, con l'assenso del Ministro dell'economia e delle finanze, si è recato a Washington dove, in data 7 novembre 2002, ha proceduto, unitamente al rappresentante americano, alla firma di una dichiarazione d'intenti che prevede, in particolare, nel suo dispositivo:
1. di intensificare la cooperazione fra le due amministrazioni doganali attraverso lo scambio di informazioni, alfine di identificare i containers ad alto rischio. Tale cooperazione è ricondotta, sotto il profilo giuridico, nel contesto dell'Accordo intergovernativo di mutua assistenza amministrativa


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in materia doganale tra l'Italia e gli Stati Uniti, firmato a New York il 15 novembre 1985 e ratificato in Italia con legge 27 ottobre 1988, n. 497;
2. di distaccare, su base pilota, a cominciare dai porti di Genova e di La Spezia, funzionari del servizio doganale degli Stati Uniti, i quali dovranno fornire utili indicazioni per l'identificazione dei containers a rischio, lasciando il controllo fisico delle merci alla sola competenza dei funzionari doganali italiani;
3. di estendere, di comune accordo, la dichiarazione di intenti ad altri porti italiani, che saranno individuati sulla base del volume dei traffici commerciali verso gli Stati Uniti, nonché sulla base di altri fattori;
4. di distaccare, su richiesta dell'agenzia delle dogane, funzionari doganali italiani presso porti statunitensi per gli stessi scopi ed alle medesime condizioni sanciti dalla dichiarazione medesima;
5. il venir meno di quelle disposizioni nazionali che risultassero in contrasto con i contenuti di un eventuale accordo, sulla stessa materia, tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti d'America. Ciò a conferma dell'impegno e del sostegno dell'Italia per una soluzione comunitaria, peraltro tuttora in fase di discussione.

Da ultimo, l'agenzia delle dogane ha assicurato che con l'iniziativa in parola non si introducono innovazioni rispetto alle modalità operative, non si modifica l'organizzazione del lavoro, né saranno impiegate nuove strumentazioni rispetto a quelle già in uso (scanner), per l'utilizzo delle quali, comunque, sarà adottata ogni adeguata tutela dei lavoratori ad esse addetti.
Il Ministero degli affari esteri ha, a sua volta, evidenziato che l'intesa firmata riguarda su base pilota i porti di Genova e La Spezia, ma potrà estendersi, con l'accordo delle due parti, anche ad altri porti marittimi sulla base di altri fattori di valutazione, tra i quali, soprattutto, il volume dei traffici commerciali verso gli Stati Uniti.
È stato inoltre precisato che nel testo dell'Accordo sarà previsto che i funzionari statunitensi distaccati in Italia lavoreranno in base alle direttive dell'agenzia delle dogane e che, per la clausola di reciprocità, su richiesta dell'agenzia delle dogane, funzionari italiani potranno essere distaccati, con gli stessi scopi ed alle medesime condizioni, in porti statunitensi.
Peraltro, nel testo dell'Intesa, su richiesta italiana, è stata inserita una specifica «clausola di risoluzione» che prevede il venir meno dell'Intesa siglata tra Italia e Stati Uniti nel momento in cui entri in vigore un analogo accordo tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. In effetti l'Italia ha sempre sostenuto la propria preferenza a veder disciplinata in via definitiva la materia oggetto della «Containers security iniziative» americana in ambito comunitario, anziché attraverso intese di singoli Stati membri, per evitare negative distorsioni nei flussi commerciali marittimi nell'Unione europea.
A tal proposito, il Dicastero degli affari esteri ha fatto presente che in diverse occasioni è stata sensibilizzata la Commissione europea, affinché sia concluso un accordo tra Unione Europea e Stati Uniti, sulla sicurezza dei containers negli scali marittimi.
Peraltro, con lettera di messa in mora del 2 aprile 2003, la Commissione europea ha avviato, ai sensi dell'articolo 226 del Trattato, una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana, in relazione al progetto «Container security iniziative».
Al riguardo, l'amministrazione finanziaria, in data 4 giugno 2003, ha fornito, alla rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, precise informazioni per chiarire esaustivamente i quesiti sollevati dalla Commissione europea.
Il citato progetto, quindi, è stato concretamente avviato, dal 16 giugno 2003, per Genova e, dal 23 giugno 2003, per La Spezia. In entrambi i porti sono presenti nuclei di esperti statunitensi che collaborano con gli uffici SVAD delle locali circoscrizioni doganali per la pratica attuazione di tale iniziativa.


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La Task Force statunitense, incaricata di riscontrare, presso i suddetti porti, le modalità operative adottate per i controlli, ha recentemente espresso una positiva valutazione sull'andamento della collaborazione con la dogana italiana.
L'Agenzia delle dogane sta valutando l'espansione del C.S.I. presso i porti di Livorno, Gioia Tauro e Napoli, rientranti nella graduatoria dei primi 40 porti mondiali per volume di traffico commerciale diretto verso gli USA. Tale estensione, peraltro, trova riscontro nella stessa Dichiarazione di intenti sulla iniziativa della sicurezza dei containers del 7 novembre 2002.
Parallelamente a tali iniziative, la Commissione europea e la delegazione statunitense hanno avviato i negoziati volti all'estensione dell'accordo bilaterale CE-USA sulla mutua assistenza amministrativa del 28 maggio 1997, alfine di comprendervi la cooperazione sulla sicurezza dei containers.
L'agenzia delle dogane ha fatto presente che tali negoziati si sono recentemente conclusi, in data 18 novembre 2003, con la «parafaratura» di uno specifico Accordo tra la Comunità europea e gli USA, volto a modificare il citato Accordo del 28 maggio 1997.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nella Costa di Santa Lucia, a Strà di Marinasco, poco lontano da La Spezia, è ubicata la trecentesca chiesa di Santa Lucia, oggi in condizioni generali decisamente critiche;
questa deliziosa pieve del XIV secolo risulta essere ormai pericolante anche dal punto di vista strutturale e pressoché del tutto abbandonata;
la chiesa è stata pericolosamente danneggiata da scavi eseguiti per la realizzazione di una galleria stradale;
è elevato il rischio, che nessuno si occupi del recupero della chiesa di Santa Lucia prima che essa rovini miseramente, disperdendo un patrimonio storico-culturale-religioso vecchio di settecento anni -:
se non ritenga per quanto di propria competenza di dover segnalare con sollecitudine alla Soprintendenza competente per territorio la necessità di un urgente intervento per salvare dal crollo la trecentesca chiesa di Santa Lucia nella Costa di Santa Lucia a Strà di Marinasco, in prossimità ed in provincia di La Spezia, per avviarne quindi il restauro.
(4-07288)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in esame, concernente la Chiesa di Santa Lucia situata a Strà di Marinasco in provincia di La Spezia, si rappresenta quanto segue.
La Soprintendenza competente ha evidenziato che l'area su cui è situata la Chiesa di Santa Lucia, nonché numerosi altri edifici, è interessata da un vasto movimento franoso tanto che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, nel novembre 2002, la Prefettura della provincia di La Spezia ha nominato un Commissario delegato ai fini dell'attuazione degli interventi necessari per arginare il fenomeno.
Successivamente, la stessa Soprintendenza, dopo aver richiesto alla prefettura ed alla Curia di essere tenuta a conoscenza dell'evoluzione del caso ai fini di una eventuale azione di tutela, ha ricevuto un progetto preliminare delle opere per la messa in sicurezza dei soli edifici della Pieve di Marinasco.
Nel frattempo, gli uffici competenti, eseguito un primo sopralluogo alla Chiesa di Santa Lucia per verificarne lo stato di conservazione e, riscontrato che la chiesa era anche interessata da un'azione di monitoraggio, hanno invitato la Curia Vescovile ad avviare tutte le procedure necessarie per il recupero del manufatto. A tutt'oggi, però, alla stessa Soprintendenza non è stato presentato alcun progetto od altro atto finalizzato a tale recupero.
A seguito di un ulteriore sopralluogo, nel novembre 2003, nel quale è stato constatato


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il perdurare di cedimenti differenziati nel suolo, la soprintendenza ha ritenuto che qualsiasi intervento di conservazione del bene debba, comunque, essere effettuato solo in un momento successivo alla messa in sicurezza geologica dell' intera zona, al fine di non vanificare l'intervento medesimo
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

ERCOLE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo le ricerche più recenti la costruzione del nucleo più importante della Torre Civica di Pavia risaliva al sec. XI (1060 ca.);
dopo molti decenni di manutenzione scarsa o quasi nulla, la Torre cadde rovinosamente il 17 marzo 1989;
da tempo si è innescato un vivace dibattito sul futuro della torre e dei possibili interventi e destinazioni di cui quel luogo potrà essere oggetto;
la torre civica che sorgeva accanto al Duomo è sempre stata un punto di riferimento importante della storia di Pavia;
è importante che gli interventi di ricostruzione, semmai fossero iniziati, siano rispettosi della storia e del significato culturale che per anni essa ha rappresentato e rappresenta, evitando azioni che non siano rispettose dell'aspetto e della originaria configurazione della costruzione -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione di degrado in cui si trova la Torre Civica di Pavia, del dibattito e delle diverse posizioni sul tipo di intervento da eseguire sui resti della torre e se non ritenga opportuno che essi rispettino e ripropongano l'originaria costruzione.
(4-07082)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, concernente la Torre civica di Pavia, si rappresenta quanto segue.
A seguito del crollo della Torre, avvenuto improvvisamente senza segni premonitori il 17 marzo 1989 e dovuto ad uno schiacciamento delle strutture murarie, la soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio ha effettuato, nell'anno 1993, un intervento di consolidamento, di restauro e di protezione dei resti, unica testimonianza dell'edificio originario, costituenti il basamento.
Successivamente, nell'Accordo di programma che prevedeva il consolidamento statico del Duomo, considerato che la torre civica sorgeva nelle immediate vicinanze, è stato previsto un progetto di riqualificazione dell'area in questione, con l'inserimento dei resti della torre nell'ambito di un percorso museale.
Per quanto riguarda l'ipotesi di una sua ricostruzione, la soprintendenza ha evidenziato che, a distanza di quattordici anni dal crollo, sarebbe più opportuno orientarsi sulla conservazione della memoria storica dei ruderi della torre, procedendo ad un'efficace e completa valorizzazione degli stessi, nell'ambito del contesto storico-architettonico e museale del Duomo, mediante una concreta proposta progettuale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

GAMBA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è giunta notizia all'interrogante che i due istituti veneziani del C.N.R. che si occupano della biologia e della dinamica delle acque adriatiche abbiano svolto una gara pubblica per l'affidamento del servizio di gestione dei loro mezzi navali applicando una procedura finalizzata a riservarne in maniera discrezionale la partecipazione alle sole aziende che avessero già in passato fornito analoghi servizi agli enti stessi anche mediante altro tipo di licitazione, escludendo di fatto altre aziende del settore che viceversa avrebbero quantomeno potuto - con la loro


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partecipazione - consentire una adeguata competizione anche sul piano economico;
l'aggiudicazione relativa al servizio di cui sopra sarebbe quindi avvenuta a favore dell'impresa che aveva formulato l'offerta più alta;
risulterebbe inoltre che sempre il C.N.R. di Venezia mantenga in servizio una obsoleta nave oceanografica, la nave «Umberto D'Ancona», che presenta evidenti carenze sia sotto il profilo della sicurezza che dell'economicità di gestione, con serio rischio per il personale imbarcato e danno per l'immagine degli istituti di ricerca pubblici -:
se corrispondano al vero le notizie sopra riportate, se siano stati espletati tutti i controlli dovuti e nel caso in cui emergessero irregolarità, quali iniziative nell'ambito della propria competenza intenda adottare;
quali prescrizioni e limitazioni abbia eventualmente posto il Registro Navale Italiano, in sede di collaudo del natante di cui sopra, considerata la vetustà e le ridotte dimensioni dello stesso;
se il Ministero dei Trasporti ritenga di interessare la locale Capitaneria di Porto per l'effettuazione di adeguati controlli relativi all'effettiva sicurezza dello stesso natante.
(4-05599)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in discorso, con il quale l'interrogante chiede chiarimenti, sia in merito alle modalità di svolgimento della gara pubblica indetta da due istituti veneziani del C.N.R che si occupano della biologia e della dinamica delle acque adriatiche per l'affidamento del servizio di gestione dei loro mezzi navali, sia sul mantenimento in servizio della nave oceanografica «Umberto D'Ancona», si rappresenta quanto segue.
In merito alla prima questione posta il C.N.R. ha chiarito che, nel caso di specie, sul quale si chiedono chiarimenti, non si è trattato di gara d'appalto pubblica ma di richiesta di offerta per la gestione armatoriale unitaria dei mezzi nautici degli istituti anzidetti.
Conformemente a quanto previsto dai regolamenti dell'ente, trattandosi di prestazioni non particolarmente onerose (il loro importo era stato stimato, infatti, in una somma inferiore ai 200.000 euro più IVA) si è seguita la procedura prevista per i servizi in economia, con richiesta di presentare le offerte in busta chiusa; l'invito è stato rivolto a 10 ditte, di Venezia, Trieste e Genova, ritenute in grado, in quanto conosciute, di offrire i molteplici e specifici servizi necessari ai mezzi nautici, dotati di strumentazioni scientifiche molto particolari, utilizzati dagli istituti.
Il CNR ha precisato che, in dette lettere di invito, era stato preliminarmente chiarito il criterio di aggiudicazione prescelto: sarebbe stata presa in considerazione l'offerta più rispondente ai fini delle strutture di ricerca appaltanti, ossia l'offerta ritenuta, nel complesso, economicamente più vantaggiosa e non quella, in assoluto, più bassa.
Delle dieci ditte solo cinque avevano inviato la relativa offerta. La scelta, conformemente a quanto previsto, era caduta su quella ammontante a euro 1.850 al mese, che, pur discostandosi di poco dalla più bassa, pari a 1.650 per mese, nel complesso risultava economicamente più vantaggiosa, tenuto conto della specificità tecnica dei servizi richiesti.
La ditta proponente, con la quale erano stati intessuti precedenti rapporti, offriva, inoltre, tutte le garanzie di affidabilità, necessarie alla natura del servizio da appaltare, che prevedeva l'acquisizione della veste di mandatario del C.N.R e la conseguente gestione di rilevanti somme a questo appartenenti.
In merito alla seconda questione trattata nell'atto di sindacato ispettivo sia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riferendosi ad una nota del Comando generale del corpo delle Capitanerie di porto, corredata dai relativi allegati, sia il CNR, hanno ritenuto di poter smentire le «evidenti carenze» in materia di sicurezza della nave oceanografica «Umberto D'Ancona»,


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denunciate dall'interrogante, sulla base sia dei risultati delle visite ispettive alla quale questa è stata sottoposta da parte della «commissione di visita» ai sensi della legge n. 616/1962 che ha portato al rilascio, in data 28 gennaio 2003, dell'apposito «certificato di idoneità» sia dell'esito positivo dei controlli del RINA.
Alla nave è stato, infatti, rilasciato, in data 11 aprile 2000, con validità fino a febbraio 2005, il certificato di classe ed è stata regolarmente sottoposta alla visita di convalida ordinaria (scafo/macchina), avvenuta il 6 marzo 2002, con scadenza febbraio 2003, come risulta dai registri di bordo.
Il CNR ha, inoltre, precisato che, solo a causa delle scarse disponibilità economiche degli istituti di cui trattasi, la predetta nave è stata posta in disarmo temporaneo dal 1o marzo 2003 per essere, poi, riarmata, dall'aprile 2003, a soli fini amministrativi, con una unità di personale indispensabile alla sua custodia. Essa è attualmente tenuta agli ormeggi presso l'arsenale di Venezia e custodita a cura dell'ente.
Il Viceministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Guido Possa.

GIORDANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il signor Raffaele Pane, segretario del circolo di Rifondazione Comunista di Decollatura in provincia di Catanzaro, è stato vittima di un vile atto intimidatorio;
gli è stata recapitata una lettera anonima contenente il disegno di una pistola puntata alla tempia con la scritta: «fatti i fatti tuoi»;
la busta, contenente anche un proiettile, è stata immediatamente consegnata ai carabinieri di Decollatura e si è provveduto a sporgere denuncia contro ignoti;
il signor Raffaele Pane, consigliere comunale, sta portando avanti in consiglio una ferma battaglia di opposizione, supportata da iniziative e interrogazioni parlamentari, come quella sollecitata contro la chiusura della caserma dei carabinieri di Decollatura e sull'attività boschiva, di taglio e manutenzione;
nella notte di sabato 6 luglio 2002, sempre a Decollatura località di Gesariello, si è verificato un incendio di origine dolosa contro un ristorante-pizzeria «La Baracca» (dal giornale Il Quotidiano del 9 luglio 2002);
ci potrebbe essere la possibilità di una connessione tra i due episodi sopracitati -:
se intenda apprestare uno straordinario livello di prevenzione e vigilanza da parte delle forze dell'ordine per prevenire ogni ulteriore intimidazione o degenerazione della convivenza civile e democratica della cittadina.
(4-03487)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in discorso, si comunica che le indagini relative agli episodi criminosi avvenuti, nel giugno e nel luglio 2002, a Decollatura (Catanzaro), non hanno sinora consentito l'individuazione dei responsabili.
In particolare, il 23 giugno, il consigliere comunale di minoranza, signor Raffaele Pane, denunciava alla locale stazione dei carabinieri di avere ricevuto, con posta prioritaria, una busta contenente un proiettile ed una lettera con messaggi di minaccia.
Un analogo plico era stato recapitato, in quei giorni, al padre di uno dei consiglieri di maggioranza della stessa amministrazione comunale.
Il prefetto di Catanzaro, inoltre, ha escluso collegamenti tra l'incendio appiccato, il 7 luglio, al ristorante menzionato nell'interrogazione e gli atti delittuosi in parola.
Ciò posto, occorre considerare che gli atti intimidatori e vandalici, quale quelli citati in premessa, non richiedono particolari capacità operative o sforzi organizzativi, né modalità e tempi di esecuzione che espongano a rilevanti rischi di essere individuati attraverso attività d'indagine; inoltre,


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possono rivolgersi verso un numero indeterminato ed incontrollabile di potenziali obiettivi.
Sulla base di queste considerazioni occorre riconoscere l'obiettiva difficoltà per le Forze di polizia sia di un'attività di prevenzione capace di impedire, in assoluto, il verificarsi di tali atti, sia di un'attività di repressione capace di individuare, in ogni caso, i responsabili degli episodi delittuosi.
Va evidenziato, per completezza d'informazione, che le indagini relative ad alcuni atti intimidatori in danno di amministratori locali, hanno escluso la sistematica appartenenza degli autori dei gesti delittuosi alla malavita organizzata; tali comportamenti, in molti casi, sono risultati come isolate forme di protesta violenta per il mancato accoglimento di istanze amministrative o come reazioni verso atteggiamenti più rigorosi delle autorità locali.
Il Governo, tuttavia, non sottovaluta il significato di tali gesti e, in generale, di tutti gli atti di vandalismo o di intimidazione ai danni di amministratori locali, di titolari di funzioni pubbliche, di sedi di uffici pubblici o di partiti e forze politiche nonché dell'imprenditoria.
Anche quando simili episodi non sono ascrivibili a gruppi organizzati o a forme di intolleranza politica, essi sono comunque espressione di metodi violenti, che puntano a condizionare la normale dialettica democratica, il corretto svolgimento delle funzioni amministrative e la vita economica della comunità locale, potendo, inoltre, degenerare in più gravi atti di intolleranza.
In molti casi gli episodi denunciati sono stati e vengono esaminati dai Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, appositamente ed immediatamente convocati, che spesso decidono l'adozione di misure di protezione personale commisurate all'entità del rischio obiettivamente riscontrato.
La recrudescenza del fenomeno degli atti vandalici ed intimidatori in danno di esponenti pubblici locali nell'intero ambito regionale ha formato oggetto, nei primi mesi del 2003, di apposite riunioni tra le Autorità provinciali di pubblica sicurezza, le Forze di polizia territoriali ed i competenti organismi centrali dipartimentali, allo scopo di definire le appropriate strategie d'intervento, calibrandole sulle emergenze criminali delle diverse realtà territoriali.
In quella sede è stato impresso un maggiore impulso alle attività di controllo del territorio attraverso l'invio, a supporto delle risorse locali e per l'impiego in servizi mirati, di contingenti dei reparti prevenzione crimine della Polizia di Stato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della salute, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il comune di Assisi ha concesso in affitto dieci aree pregiate del centro storico e delle frazioni a società di telecomunicazioni per la installazione di impianti radioelettrici;
si tratta delle seguenti: Assisi-piazza del Comune, un locale e lo spazio nelle aperture delle bifore del piano campane della Torre Civica, S. Maria degli Angeli, Stadio Comunale, Assisi, piazza Matteotti, Assisi Porta S. Pietro, sull'arco della Porta, uno spazio interno all'arco e lo spazio nella sommità dello stesso arco di Porta Nuova, Assisi, Palazzo Vallemani, all'interno e nella facciata, Assisi, Piazza S. Chiara, S. Maria degli Angeli, uno spazio all'interno del Palazzo del Capitano del Perdono e sulla facciata prospiciente Piazza Garibaldi, Assisi, via S. Francesco Palazzo Bernabei e lo spazio nella facciata dello stesso, Assisi, via della Cooperazione, Assisi, Piazza del Comune, ex Palazzo delle Poste, Assisi, Piazza Inferiore di S. Francesco, Assisi, parcheggio del Cimitero, Assisi, parcheggio Piazza Unità d'Italia, Assisi, parcheggio Piazza Matteotti, Assisi, parcheggio Porta S. Giacomo, Assisi, parcheggio S. Vetturino, Assisi, parcheggio Porta Nuova, Assisi, San Damiano;
appare evidente come si sia scelta una logica di insediamento degli impianti priva di un disegno organico, assenza di


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un qualsiasi piano regolatore delle antenne per radiotelefonia, come invece raccomandato dai più illustri urbanisti, e utilizzando a tale fine siti culturali di pregio, spesso soggetti a vincolo, sia urbanistico o, quale bene culturale;
nei pressi di alcuni dei siti prescelti, ad esempio a Piazza Matteotti, si trova il convitto che ospita le scuole elementari, le medie, il liceo scientifico e l'istituto alberghiero;
in tutte le aree individuate si sono levate forti proteste da parte della popolazione costituitasi in comitati contro l'installazione delle antenne;
è sorprendente come l'amministrazione comunale di Assisi, città riconosciuta quale patrimonio mondiale da parte dell'Unesco, oltre a polverizzare i siti relativi l'installazione degli impianti, giustifichi tale operazione come redditizia per le casse comunali senza prendere in considerazione la possibilità, praticata da altre amministrazioni umbre di definire un vero e proprio piano regolatore delle telecomunicazioni riducendo i siti ed individuando luoghi al di fuori del centro storico e delle aree abitate, è il caso delle città di Perugia e Orvieto;
tali autorizzazioni, non sono state minimamente verificate in sede di partecipazione con i comitati cittadini costituitisi in Assisi -:
se non ritengano i Ministri interrogati di intervenire attraverso gli organismi competenti in materia di beni culturali, per tutelare i beni storici interessati dall'installazione di detti impianti.
(4-04967)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, riguardante la localizzazione di antenne per radiotelefonia nel comune di Assisi, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
La soprintendenza per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Perugia ha ritenuto opportuno precisare che gli impianti radioelettrici, per i quali è stata richiesta l'autorizzazione ad una loro installazione, si riferiscono essenzialmente a «microcelle».
In proposito, la stessa ha reso noto che non sono state autorizzate le proposte di collocazione di tali antenne in corrispondenza dei prospetti delle porte storiche - Porta San Pietro e Porta Nuova - in quanto ritenute di eccessivo impatto visivo, nonché quelle che avrebbero interessato i palazzi storici - quali Palazzo Vallemani, Palazzo Bernabei, Palazzo del Capitano del Perdono, ex Palazzo delle Poste - considerata la loro valenza storica e architettonica.
Per quanto riguarda, invece, la richiesta di ubicazione in prossimità del limite di Piazza Santa Chiara, si rende noto che la Soprintendenza competente ha espresso parere favorevole a condizione - utilizzando pali di sostegno già presenti - in quanto ha ritenuto che il posizionamento di tali «microcelle» e la loro ridotta dimensione non avrebbero interferito a livello visivo.
La stessa Soprintendenza segnala, infine, che la collocazione dell'impianto nell'area di San Damiano ha interessato uno spazio non compreso nella zona storica e che non è apprezzabile visivamente, mentre per quanto attiene quella all'interno della cella campanaria della Torre civica, l'ufficio suddetto ne sta attualmente valutando la compatibilità con la struttura storica.
Per quanto di competenza del ministero della salute, lo stesso ha comunicato che l'A.R.P.A. - attuale organismo preposto al controllo degli impianti radioelettrici -, in base all'istruttoria tecnica effettuata sugli impianti autorizzati dal comune di Assisi, non ha riscontrato condizioni di superamento dei limiti di campo previsti dalla normativa nazionale e regionale, nemmeno in fase di verifica strumentale effettuata dopo l'attivazione degli stessi.
In merito alla questione concernente le scelte di localizzazione dei suddetti impianti, si precisa che, anche secondo quanto riferito dal ministero delle comunicazioni, i comuni, fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente a tutela della salute, dell'ambiente e del patrimonio culturale nonché il loro potere autorizzatorio alle installazioni, hanno anche il potere di


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definire, ai sensi della legge 22 febbraio 2001, n. 36, i luoghi e le aree di minimizzazione delle emissioni elettromagnetiche.
Al riguardo, si segnala, infine, che risulta che tutti gli impianti sono muniti delle relative autorizzazioni.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

LOLLI e GRIGNAFFINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il giorno 20 novembre 2002 nella seduta 226 è stato presentato a firma Giovanni Lolli, Alba Sasso, Giovanna Grignaffini, Gabriella Pistone e Franco Giordano l'ordine del giorno 9/3312/9 che riguardava le figure degli «accompagnatori al pianoforte e pianisti accompagnatori»;
l'ordine del giorno è stato discusso nell'occasione della conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2002 n. 212;
in quella occasione, dopo una richiesta di modificazioni, accettata dai firmatari, il Governo, nella persona del sottosegretario di Stato all'istruzione, università e ricerca Stefano Caldoro, dava parere favorevole e accoglieva l'Ordine del Giorno;
l'Ordine del giorno impegnava «a provvedere sollecitamente a dare una risposta a questi lavoratori, attraverso iniziative normative volte a definirne il nuovo inquadramento giuridico e l'opportuna utilizzazione didattica»;
alla VII commissione è stata assegnata la proposta di legge 711, prima firma Giovanna Grignaffini, che mira a costituire specifiche cattedre per queste professionalità;
nessuna iniziativa normativa è stata intrapresa dal Governo per risolvere l'ibrida condizione in cui si ritrovano queste figure;
l'impegno preso pubblicamente dal Governo accettando l'Ordine del Giorno non è stato minimamente assolto -:
cosa intenda fare il Ministro per risolvere questa questione, dando seguito impegno preso dal Governo il 20 novembre 2002;
cosa intenda fare il Ministro per dare una risposta chiara in merito ai problemi di questa categoria di lavoratori.
(4-07680)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame l'interrogante chiede una soluzione al problema dell'inquadramento giuridico ed economico della categoria «degli accompagnatori al pianoforte e pianisti accompagnatori» si rappresenta quanto segue.
La figura degli accompagnatori al pianoforte, istituita con la legge n. 1178 del 1960 e nata con la funzione di coadiuvare il docente, dovendo svolgere la propria opera nei limiti delle direttive date dai titolari e dai direttori, si è profondamente trasformata ed, oggi, in tutti i Paesi Europei, le viene riconosciuto un pregio peculiare, dal momento che ad essa viene attribuita la titolarità della didattica, unitamente al maestro di canto.
Anche nel nostro Paese, attualmente impegnato nel processo di riforma di tutto il sistema dell'Alta formazione artistica e musicale, al quale è stata riconosciuta, con la legge n. 508 del 1999, pari dignità e livello rispetto alle università, è emersa la volontà di allinearsi a questo filone europeo nel rispondere alle istanze della categoria in oggetto.
Come peraltro esposto anche dall'interrogante esiste, infatti, la proposta di legge, AC 711, presentata il 12 giugno del 2001, avente ad oggetto l'istituzione «di una cattedra di repertorio vocale nei conservatori di musica», attualmente ancora
in itinere. La XI Commissione della Camera, nel parere espresso sul disegno di legge di conversione del 212/2002 ha, effettivamente, segnalato l'opportunità di istituire con una norma ad hoc le cattedre di «pratica del repertorio vocale» e di «pratica del repertorio coreutico». Infine il Governo ha accolto,


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come raccomandazione, l'ordine del giorno Lolli, assumendosi l'impegno di provvedere in merito al reinquadramento di tali figure.
Si precisa però che la creazione, con la legge n. 508/99, di un apposito comparto di contrattazione collettiva per il personale del settore dell'alta formazione artistica e musicale e l'inquadramento, da questa previsto, dei docenti e non docenti in servizio nelle accademie e nei conservatori, alla data di entrata in vigore della legge, in appositi ruoli ad esaurimento, con il mantenimento delle funzioni e del trattamento complessivo in godimento, ha devoluto alla contrattazione collettiva il compito di affrontare preliminarmente la situazione degli accompagnatori di pianoforte.
Il dipartimento della funzione pubblica, d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'atto di indirizzo predisposto per l'ARAN per la contrattazione collettiva del personale del comparto, relativa al quadriennio 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003, ha, infatti, espressamente previsto la ridefinizione del profilo professionale dell'accompagnatore al pianoforte, al quale potranno essere attribuiti compiti didattici integrativi; ha, inoltre, chiarito che dovrà essere prevista la possibilità di conferire a questo personale, purché inserito nelle graduatorie nazionali ad esaurimento di cui all'articolo 6, comma 2, della legge 508/99, incarichi temporanei di insegnamento, in posizione di aspettativa e con il mantenimento del trattamento economico in godimento se più favorevole.
Il Regolamento in materia di ordinamenti didattici, requisiti di idoneità dei docenti e delle sedi, programmazione e sviluppo del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla Legge 508/99, approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri, prevede, peraltro, che le istituzioni provvederanno alla copertura degli insegnamenti nei corsi, ove non si possa far fronte nell'ambito delle dotazioni organiche, proprio mediante l'attribuzione di incarichi di durata non superiore al quinquennio, rinnovabili, anche ove conferiti al personale incluso nelle graduatorie di cui sopra previste all'articolo 2, comma 6 della legge e rinvia per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei docenti incaricati al Contratto collettivo nazionale di comparto.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

LUSETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i cosiddetti Bronzi di Cartoceto (Pesaro Urbino) furono scoperti negli anni '50 a Pergola, e attualmente sono esposti nel bellissimo museo di Pergola (Pesaro Urbino);
si tratta del resti di un unico gruppo bronzeo di età augustea raffigurante due cavalli e alcune figure umane;
nel febbraio 2002 il Ministro interrogato, attraverso il suo Sottosegretario, aveva decretato il «deposito», che equivale all'assegnazione definitiva, dei bronzi dorati in un apposito museo attrezzato all'uopo nel comune di Pergola;
il Tar delle Marche ha accolto recentemente un ricorso presentato dalla provincia e dal comune di Ancona che prevedeva una permanenza alternata nelle città di Ancona e di Pergola;
la società civile e gli amministratori di Pergola dell'entroterra pesarese e della Valle del Cesano si sono mobilitati contro tale decisione, pur riconoscendo piena autonomia alla giustizia amministrativa e legittimità alla sua sentenza;
il consiglio comunale di Pergola ha opposto ricorso al Consiglio di Stato riguardo alla sentenza del Tar di cui sopra -:
se il Ministro interrogato intenda anch'egli opporre ricorso alla sentenza del Tar delle Marche di cui alla premessa, per rafforzare la posizione del comune di Pergola e per ribadire l'opportunità dell'atto del ministero del febbraio 2002;


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se il Ministro interrogato non intenda porre in essere tutti gli atti amministrativi e regolamentari necessari affinché i «bronzi» rimangano a Pergola.
(4-07685)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la questione dei Bronzi di Cartoceto, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Come è noto la sentenza del Tribunale amministrativo delle Marche - datata 29 settembre 2003 - ha annullato i provvedimenti del 31 gennaio e del 5 febbraio 2002 con i quali era stato disposto che il deposito in essere a quella data del gruppo scultoreo presso la sede del Museo di Pergola dovesse intendersi, fino a nuovo ordine, a tempo indeterminato. Ciò a modifica di quanto disposto con la convenzione del 20 luglio 2001 che aveva previsto un'alternanza espositiva delle suddette opere fino al 31 dicembre 2004.
Pertanto, la predetta sentenza ha confermato l'accordo previsto dalla citata convenzione che di conseguenza è da ritenersi in vigore e compiutamente attuabile.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che non vi siano al momento sostanziali motivi per proporre ricorso al Consiglio di Stato avverso la sentenza di primo grado, ma che si debba procedere sulla base degli accordi della citata convenzione fino alla data della sua scadenza.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

LUSETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino è custodito un importante dipinto di Giovanni Battista Guerrieri (vissuto nel '600 a Pesaro);
si tratta di un quadro raffigurante Cleopatra, la bellissima Regina d'Egitto;
risulta all'interrogante che il prezioso dipinto, che fa parte della Fondazione Volponi, è stato sfregiato nei giorni scorsi da mano ignota, servendosi di una penna;
la collocazione del quadro sfuggiva al controllo delle telecamere;
non vi è quindi la possibilità di risalire all'autore dello sfregio, almeno in tempi rapidi;
i custodi non erano posti nelle condizioni oggettive di accorgersi del fatto nell'immediato -:
se risponde al vero quanto riportato in premessa e se il dipinto sia già in fase di restauro, con forti possibilità di essere rimesso nella sua integrità, al suo posto in tempi brevi;
se i Ministri interrogati, attraverso le forze dell'ordine di Urbino che svolgono ottimamente il loro lavoro, siano in grado di assicurare la prevenzione di altri atti vandalici del genere;
se non ritenga opportuno porre in essere tutti gli atti amministrativi per rivedere il sistema di sicurezza e controllo del Palazzo Ducale, visto che alcuni anni or sono è stato compiuto il furto d'arte del secolo nella medesima struttura storico-artistica.
(4-07700)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il danno subito da un dipinto presente alla Galleria nazionale delle Marche nel Palazzo Ducale di Urbino, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, in data 5 ottobre 2003, il ritratto raffigurante Cleopatra di Giovan Battista Guerrieri, facente parte della «donazione Volponi», ha subito, da parte di uno sconosciuto, un piccolo foro sulla tela.
Si ritiene, altresì, opportuno riferire che un analogo danneggiamento è stato accertato, nei giorni seguenti, sul dipinto raffigurante «San Pietro in carcere», appartenente alla stessa donazione.
Entrambi i danni, essendo di lieve entità, sono stati immediatamente restaurati e le tele ricollocate nei luoghi originari.
La direzione della Galleria, oltre a presentare denuncia formale al locale comando


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stazione Carabinieri, ha messo a disposizione delle forze dell'ordine tutti gli strumenti necessari per risalire all'autore del fatto il quale, si ritiene, ha compiuto l'azione in tempi rapidissimi.
Al riguardo si precisa che tutte le Sale del Palazzo Ducale adibite ad esposizione, sono sia vigilate dal personale di custodia che protette da antifurto a tenda e da telecamere che registrano tutti i movimenti, e, pertanto, le autorità competenti confidano nella possibilità di poter individuare l'artefice del danneggiamento.
Per opportuna conoscenza, si rende noto che la Galleria Nazionale delle Marche è stato uno dei primi musei ad essere dotati dei più moderni sistemi di controllo ed antifurto ed è attualmente fra gli istituti maggiormente rispondenti alle norme di sicurezza. È infatti in funzione un banco di regia costruito secondo le più accurate tecnologie, con videoregistrazione e controllo 24 ore su 24, controllato dagli addetti di vigilanza e direttamente collegato con il locale commissariato di pubblica sicurezza.
A seguito dell'episodio, comunque, la protezione delle opere esposte nella Galleria Nazionale è stata rinforzata incrementando l'efficacia delle barriere dell'allarme a tenda, provvedendo all'installazione di distanziatori ed aumentando il numero delle telecamere.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

MAZZUCA POGGIOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
presso la I università degli studi di Roma «La Sapienza», molti docenti vincitori di concorso, chiamati dalle loro rispettive facoltà, non hanno potuto prendere servizio a causa del blocco delle assunzioni stabilito nell'ambito della manovra finanziaria del Governo;
si tratta chiaramente di una finzione giuridica, perché tale personale docente lavora da decenni presso l'università «La Sapienza»;
la situazione descritta si trascina ormai da quasi due anni, con una serie di rimpalli di competenze e di responsabilità tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il rettorato dell'università «La Sapienza»;
gli interessati hanno costituito un «coordinamento di docenti senza presa di servizio (SPS)», che ha ottenuto l'appoggio e la simpatia di tutto il corpo docente, facendosi promotore di un appello al rettore dell'università «La Sapienza», sottoscritto da centinaia di professori;
in particolare, la grave situazione economica in cui versa l'università «La Sapienza» ha provocato la quasi totale paralisi della programmazione, facendo mancare le risorse sulle quali era basata la politica del reclutamento del personale messa fino ad ora in atto;
la mancata presa di servizio, da parte di docenti risultati idonei nelle procedure di valutazione comparativa, appare particolarmente ingiusta perché essi erano stati chiamati dalle facoltà sulla base di risorse economiche esistenti al momento della chiamata;
il danno per gli interessati è imminente e irreversibile, in quanto la legge istitutiva delle procedure di valutazione comparativa prevede che le relative idoneità abbiano durata triennale, mentre i docenti che hanno risposto due anni fa alla chiamata dell'università «La Sapienza» hanno rinunciato ad altre sedi, rischiando di perdere per sempre i benefici derivanti dal superamento delle prove comparative di idoneità;
risulta all'interrogante, inoltre, che la crisi finanziaria dell'università «La Sapienza» non si ripercuota in egual misura su tutte le facoltà, tanto che presso la facoltà di medicina e chirurgia si opera in regime di deroga e di privilegio, assumendo personale docente regolarmente, come risulta dal verbale del consiglio di amministrazione 20 giugno 2003, durante il quale è stato approvato il passaggio di 15 tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori,


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mentre presso la facoltà di lettere e filosofia non si assumono i docenti idonei chiamati due anni fa;
i docenti risultati idonei nelle procedure di valutazione comparativa, e poi chiamati dalle facoltà, svolgono, fin dal momento della chiamata, un carico di lavoro didattico ed organizzativo ben maggiore di quello previsto, rispettivamente, dal ruolo di professore associato o di professore ordinario, dovendo provvedere al funzionamento complessivo dei corsi di laurea attivati e delle stesse facoltà di appartenenza;
nella maggior parte dei casi, inoltre, considerate le pregresse anzianità lavorative dei docenti «senza presa di servizio» (SPS), la loro eventuale presa di servizio sarebbe pressoché «a costo zero» ed, anche dopo l'anno di straordinariato, a regime essi verrebbero a pesare sul bilancio dell'ateneo in misura irrilevante;
l'esperienza didattica ed il valore scientifico dei docenti-SPS esercitano una notevole forza di attrazione verso gli studenti, comprovata dall'alto numero di iscrizioni e dall'elevata frequenza dei corsi da essi tenuti, per i quali l'università «La Sapienza» gode di un notevole ritorno economico, in termini di tasse universitarie;
nella logica di una corretta gestione delle procedure di presa di servizio di tali docenti, a giudizio dell'interrogante, dovrebbe essere seguito un criterio che tenga conto, nell'ordine, dell'anzianità di idoneità, dell'anzianità di servizio nel ruolo, della precedenza da accordare alle idoneità ottenute nella facoltà che ha poi provveduto alla chiamata, delle esigenze didattiche delle aree disciplinari e dei corsi di laurea -:
quali iniziative normative i Ministri interrogati intendano adottare urgentemente, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, per favorire una rapida presa di servizio, secondo i criteri prioritari ritenuti in premessa, da parte dei docenti risultati idonei nelle procedure di valutazione comparativa per professore associato o per professore ordinario e chiamati dalle facoltà.
(4-07901)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in argomento, con cui l'Onorevole interrogante, nel rappresentare la situazione dei docenti dell'Università «La Sapienza», risultati idonei nelle procedure di valutazione comparativa per professore associato o per professore ordinario, chiede l'adozione di provvedimenti che ne favoriscano una rapida presa di servizio, si rappresenta quanto segue.
Il Governo ha mostrato una particolare attenzione per il sistema universitario e per le aspettative del personale in attesa di assunzione: la legge finanziaria 2004, infatti, ha previsto un incremento di 270 milioni di euro del fondo di finanziamento ordinario delle università.
Tale incremento è finalizzato essenzialmente al riequilibrio del sistema universitario nonché alle esigenze connesse agli incrementi retributivi del personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo che fin dalla legge finanziaria per il 2000 risultano a totale carico dei bilanci delle università.
Nella medesima legge, inoltre, oltre a detto fondo, sono state previste risorse aggiuntive individuate da un fondo specifico che permette di assumere in servizio, nelle università e negli enti di ricerca, tutti i vincitori dei concorsi dalla data del 31 ottobre 2003, in deroga al blocco delle assunzioni contenuto nella stessa legge finanziaria.
Infine, in applicazione dei commi 54 e 55 dell'articolo 3, i quali prevedono deroghe al divieto di nuove assunzioni per 280 milioni di euro a favore di enti ed amministrazioni, stabilendo una priorità a favore di università e di enti di ricerca, potranno essere assunti i vincitori dei concorsi a ricercatore, dalla data del 1o marzo a quella del 31 dicembre 2003 e coloro che hanno conseguito l'idoneità a professore associato e ordinario.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.


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MENIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alcuni uffici del suo Dicastero hanno provveduto a modificare d'autorità il codice fiscale e la denominazione italiana del luogo di nascita dei cittadini italiani, nati dopo il 1948, benché fossero in possesso della qualifica di profughi -:
se non intenda intervenire al fine di ristabilire la precedente situazione, secondo quanto previsto dalla legge 15 febbraio 1989, n. 54 «Norme sulla compilazione di documenti rilasciati a cittadini italiani nati in comuni ceduti dall'Italia ad altri Stati in base al trattato di pace».
(4-08790)

Risposta. - L'Agenzia delle entrate, nell'ambito della procedura di attribuzione dei codici fiscali, si attiene a quanto disposto della legge 15 febbraio 1989, n. 54, che prevede, nel rilasciare documenti e certificati a cittadini italiani nati in comuni già sotto la sovranità italiana ed oggi rientranti in territori appartenenti ad altri Stati, come luogo di nascita, l'indicazione dello stesso, unicamente con il nome italiano del comune.
In particolare, la stessa Agenzia ha riferito che per i cittadini istriani, giuliani e dalmati, nell'attribuire il codice fiscale a quelli nati nei comuni ceduti alla ex Repubblica di Jugoslavia in seguito al Trattato di pace di Parigi, si procede con le seguenti modalità:
per i nati in data anteriore al 15 settembre 1947 (data della ratifica del trattato), sul tesserino di codice fiscale viene riportato il comune di nascita con la denominazione italiana;
per i nati a decorrere da tale data (15 settembre 1947), sul tesserino di codice fiscale viene riportata, in luogo del comune di nascita, la denominazione dello Stato estero.

Le stesse modalità valgono per i cittadini nati nei comuni posti sotto amministrazione iugoslava in base al Memorandum d'intesa di Londra e passati definitivamente alla Repubblica di Jugoslavia con il Trattato di Osimo, ratificato il 3 aprile 1977.
L'Agenzia delle entrate ha, inoltre, fatto presente che, di norma, i suoi uffici non intervengono a modificare d'autorità i dati anagrafici registrati in Anagrafe tributaria. Infatti, le posizioni anagrafiche dei cittadini vengono aggiornate a seguito della presentazione da parte del cittadino di un'idonea documentazione anagrafica, oppure su richiesta del Comune di residenza del cittadino stesso, in fase di allineamento dei dati anagrafici presenti nelle anagrafi comunali con quelli dell'anagrafe tributaria, in virtù dal decreto interministeriale del 6 ottobre 2000.
L'Agenzia delle entrate ha dichiarato il proprio impegno ad effettuare puntuali verifiche e a correggere eventuali errori previa segnalazione analitica.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
sono in corso i lavori per la costruzione del depuratore di Acone, frazione del Comune di Pontassieve (Firenze);
tali lavori comportano - tra l'altro - la realizzazione di una strada di collegamento;
l'area in questione risulta particolarmente pregiata con vari vincoli paesaggistici, idrogeologici ed archeologici -:
quali iniziative il ministro interrogato intenda assumere onde verificare se tutti i pareri obbligatori in merito, compresi quelli dell'autorità di bacino e della competente Sovrintendenza per i beni culturali, siano stati richiesti ed ottenuti.
(4-04331)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sono in corso i lavori per la costruzione del depuratore di ACONE, frazione del comune di Pontassieve (Firenze);


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tali lavori comportano - tra l'altro - la realizzazione di una strada di collegamento;
l'area in questione risulta particolarmente pregiata con vari vincoli paesaggistici, idrogeologici ed archeologici -:
quali iniziative si intenda assumere onde verificare se tutti i pareri obbligatori in merito, compresi quelli dell'autorità di bacino e della competente sovrintendenza, siano stati richiesti ed ottenuti.
(4-06076)

Risposta. - In ordine alle interrogazioni parlamentari indicate in oggetto, concernenti la costruzione di un depuratore ad Acone, in provincia di Pontassieve (Firenze), si rappresenta quanto segue.
La Soprindendenza competente, in data 21 ottobre 1998, a seguito di autorizzazione da parte del comune di Pontassieve per la costruzione dell'impianto suddetto, ha confermato tale autorizzazione, non avendo ravvisato motivi di legittimità idonei a proporre l'annullamento delle opere in questione.
Successivamente la stessa soprintendenza ha verificato la conformità delle opere già eseguite con le previsioni progettuali, tra cui quelle riguardanti gli interventi di ampliamento della sede stradale.
Dalle verifiche effettuate è risultato che i lavori sembrano coincidere con le previsioni del progetto approvato e che le opere relative agli impianti di depurazione non sono state ancora avviate, fatto salvo l'interramento di alcuni collettori con relativi pozzetti.
Per quanto riguarda l'aspetto archeologico, si rende noto che la Soprintendenza per i beni archeologici, nel novembre 1998, ha rilasciato parere favorevole condizionato a «preavviso scritto della data di inizio dei lavori... al fine che risulti possibile inviare personale tecnico... e che qualora si verifichino scoperte archeologiche fortuite ... è fatto obbligo di sospendere immediatamente i lavori e di avvertire subito dopo la Soprintendenza e la Stazione dei Carabinieri competente...».
Si precisa, altresì, che l'amministrazione comunale ha invitato la Società competente sul ciclo delle acque a precisare i propri progetti al riguardo, prevedendo di darne informazione anche alle soprintendenze interessate.
Per quanto di competenza del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, si riferisce quanto segue.
Nell'area interessata dalla costruzione del depuratore, che ricade interamente nel territorio dell'autorità di Bacino dell'Arno, non sono attualmente vigenti misure di salvaguardia, in quanto il sito non è compreso tra le perimetrazioni del Piano straordinario per le aree a pericolosità e rischio idrogeologico molto elevato.
La stessa autorità di Bacino ha, altresì, evidenziato che nel progetto di piano stralcio per l'assetto idrogeologico, adottato il 1o agosto 2002, è segnalata invece la presenza di aree a pericolosità di frana moderata ed elevata. Su tali aree, una volta entrato in vigore il piano, il comune sarà tenuto a rispettare le eventuali prescrizioni.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel novembre del 2002 la Ragioneria Generale dello Stato ha trasmesso al ministero per i beni e le attività culturali la relazione sulla verifica amministrativo-contabile alla Soprintendenza Archeologica per la Calabria - sezione di Reggio Calabria;
nella citata relazione sono state evidenziate le irregolarità e disfunzioni, sia di carattere generale sia riguardanti situazioni verificabili a livello locale registrate presso la citata sezione di Reggio Calabria;
tra le irregolarità sono emerse discrasie della contabilità resa dal Concessionario «Novamusa Arcal» affidatario della vendita dei biglietti d'ingresso, mancanza sui registri dell'inventario generale del numero iniziale e di quello finale utilizzati in ciascun registro o tomo per il


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materiale archeologico, irregolarità della tenuta del registro di protocollo generale della corrispondenza, non corretta tenuta delle scritture relative al registro generale d'ingresso della biblioteca interna, accesso non giustificato nei locali della biblioteca in assenza del personale addetto, diffuse irregolarità nelle contabilità relative ai trattamenti di missione ed altre ancora;
il 15 luglio 2003, il signor De Bartolo Cataldo, coordinatore regionale CISL-FPS-Beni e Attività Culturali, ha presentato, presso la DIGOS di Reggio Calabria, un esposto-denuncia relativo a «Presunte irregolarità e disfunzioni presso la Soprintendenza Archeologica di Reggio Calabria»;
sempre il citato signor De Bartolo ha presentato alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria esposti-denuncia riguardanti l'erogazione impropria delle quote, articolo 12, commi 1 e 2 del C.C.I.M., e la mancata applicazione dell'articolo 3 del decreto ministeriale 13 aprile 1993;
successivamente alla presentazione dei richiamati esposti-denuncia il signor De Bartolo ha ricevuto una serie di minacce, tanto da dover essere sottoposto ad un adeguato servizio di vigilanza -:
se non ritenga necessario ed urgente avviare un'adeguata indagine ispettiva presso la soprintendenza archeologica di Reggio Calabria al fine di accertare le irregolarità evidenziate dal servizio ispettivo della finanza pubblica ed assumere le conseguenti iniziative.
(4-07989)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa a verifiche amministrative contabili effettuate presso la Soprintendenza per i beni archeologici di Reggio Calabria, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda l'indagine svolta dall'Ispettorato generale di finanza, dalla quale non sono emerse contestazioni specifiche di responsabilità ed addebiti, ma solo limitati aspetti amministrativi della gestione che non inficiano la legittimità dell'azione complessiva svolta dall'amministrazione, ed a seguito di visita ispettiva ministeriale, si precisa che:
le irregolarità contabili da parte del concessionario «Novamusa Arcal» sono state rilevate e contestate dalla stessa Soprintendenza anteriormente alla verifica dell'Ispettorato generale di finanza;
la mancanza del numero iniziale e finale nei registri del materiale archeologico è riferita al solo frontespizio, ma è presente sul dosso;
l'adozione del protocollo informatico è subordinata agli adempimenti dell'amministrazione centrale;
le scritture relative al registro generale d'ingresso dei libri sono state tenute regolarmente, mancando soltanto, alla fine di ogni tomo, l'attestazione formale della chiusura dello stesso;
l'accesso alla biblioteca dell'Istituto, riservata esclusivamente al personale scientifico, è stato ridefinito;
le irregolarità contabili relative ai trattamenti di missione si riferiscono principalmente ad aspetti formali della documentazione prodotta a giustificazione delle spese e che sono agevolmente sanabili.

Si evidenzia che l'Ispettorato generale di finanza ha accettato i chiarimenti e le controdeduzioni della Soprintendenza archeologica e che la successiva ispezione amministrativa, nel rilevare la regolarità dell'operato e nel confermare l'adeguamento alle prescrizioni dell'ispettorato, ha assicurato una costante attenzione nei confronti dell'istituto in argomento.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

NESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Università Bocconi di Milano ha ufficialmente comunicato che l'ammissione all'Università stessa sarà decisa sulla


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base di parametri che prescindono dall'esame di maturità;
le autorità della stessa Università avrebbero chiarito che il loro proposito è togliere peso alla validità legale del titolo di studio;
ad avviso dell'interrogante la decisione dell'Università Bocconi sembra voler annullare il significato di «maturità» quale è stato concepito dalla legislazione italiana, quel significato che - pur svilito in decenni di irresponsabile permissivismo, rimane tuttora come una attestazione di preparazione generale, conferita dalla collettività -:
quali siano gli intendimenti del Governo circa il valore legale del titolo di studio.
(4-05483)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo, nel quale si riferisce della scelta dell'Università degli studi Bocconi di Milano di prevedere parametri di ammissione ai corsi di laurea che prescindano dal voto del diploma rilasciato dalla scuola secondaria superiore, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 6 del Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, riconosciuta con la legge n. 341 del 1990 di riforma dell'università, individua come requisito imprescindibile per ottenere l'ammissione ad un qualsiasi corso di laurea «il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di altro titolo di studio conseguito all'estero, riconosciuto idoneo».
In virtù di tale disposizione, pertanto, le università sia statali che non statali sono tenute ad ammettere alle selezioni per i corsi a numero programmato i possessori del diploma di scuola media superiore indipendentemente dal voto riportato.
Per quanto riguarda, invece, i criteri per le selezioni preordinate all'accesso ai corsi a numero programmato, i relativi criteri sono rimessi ai regolamenti didattici di ciascuna università, ai sensi dell'articolo 6 del decreto ministeriale 509 del 1999.
Al riguardo, non vi è alcuna disposizione statale che imponga di adottare quale criterio il voto conseguito in sede di esame di Stato di licenza di scuola superiore.
L'università Bocconi, quindi, nel pieno rispetto delle norme, secondo quanto riferito dal Rettore, ha definito sia le attitudini richieste, indicate al punto 12.1 del Regolamento del corso di laurea, emanato con Decreto Rettorale n. 5663, del 30 luglio 2001, sia le relative modalità di verifica.
L'accertamento delle attitudini di cui sopra, secondo l'articolo in questione, doveva essere effettuato «attraverso la valutazione del curriculum scolastico e con eventuali apposite prove attitudinali».
Il Rettore ha precisato, inoltre, che, in virtù dell'articolo 32.1 del Regolamento Didattico di Ateneo, emanato con Decreto Rettorale n. 5655, del 23 luglio 2001, «il Consiglio di facoltà, nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto, in materia di numero programmato, disciplina annualmente le procedure di accesso ai corsi di studio». E che, per l'anno accademico 2003/2004, il Consiglio di Facoltà ha deliberato di valutare attitudini e conoscenze basandosi per il 50 per cento sul curriculum scolastico e per il 50 per cento sui risultati di un test attitudinale e di cultura generale.
La selezione dei richiedenti, fino a concorrenza del numero programmato di accessi, è avvenuta in due momenti: aprile e settembre. Per la prima data in calendario il voto dell'Esame di Stato non sarebbe stato disponibile; il curriculum, quindi, è stato valutato con gli stessi criteri previsti dalla normativa che disciplina l'esame in questione, ossia attraverso i risultati del terzo e del quarto anno di scuola media superiore.
La procedura ad avviso di questo Ministero appare regolare, dal momento che, come sopra si è detto, l'Università è libera di determinare i criteri per la selezione, e dal momento, altresì, che i criteri definiti dall'Università appaiono del tutto ragionevoli.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.


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OLIVERIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Paludi (Cosenza) si trova il più importante sito archeologico brezio della Calabria: Castiglione di Paludi;
la località di Castiglione di Paludi costituisce la piana superiore di un colle a circa 8 chilometri di distanza dal mare Ionio;
la documentazione archeologica, pur coprendo un lungo arco di tempo (dal secolo IX a.C. all'epoca romana), interessa prevalentemente due diverse fasi storiche che corrispondono ai momenti salienti dell'occupazione antica del sito;
la prima fase, riferibile ad un abitato indigeno dell'età del ferro (IX-VIII secolo a.C.), è nota soltanto dai corredi funerari di Piana d'Agretto, recuperati nel corso degli scavi degli anni 50; la seconda è caratterizzata dalle emergenze monumentali dell'abitato fortificato risalente al IV-III secolo a.C.;
sulla base dei ritrovamenti archeologici - in particolare, bolli su tegoli in lingua osca - si può affermare che l'area rientra nell'ambito culturale del popolo dei Brezi. I Brezi, antagonisti prima delle città greche della costa, poi dei romani, caratterizzarono l'assetto territoriale dei secoli IV e III con centri stabili e fortificati su altopiani. L'area archeologica di Castiglione di Paludi di circa 35 ettari è racchiusa, per una parte, da una imponente cinta muraria, ancora oggi visibile in tutta la sua poderosa ampiezza, costruita con blocchi squadrati di arenaria, dotata di porte di accesso e torri a pianta circolare, che rappresentano uno dei più interessanti e meglio conservati esempi di architettura militare della Magna Grecia, dopo Siracusa;
le campagne di scavi - condotte dalla Soprintendenza archeologica della Calabria dal 1949 al 1956, riprese il 1978 fino al 1993 - hanno portato alla luce, all'interno della cinta muraria:
a) un vasto teatro a pianta semi circolare: i sedili a gradinata nella parte alta della cavea sono stati ricavati nel pendio roccioso naturale, quelli della parte bassa sono stati costruiti con blocchi squadrati di arenaria;
b) un lungo muro di terrazzamento (42 metri) al di sotto del teatro;
c) una serie di edifici;
d) vari oggetti di grande interesse archeologico;
con un finanziamento della legge n. 64 del 1986 è stata acquisita al comune una parte dell'area archeologica mentre rimane da acquisire la rimanente parte per completare i lavori interni e le opere di scavo al fine di realizzare un parco archeologico di grande interesse;
dal 1993 i lavori di scavo sono fermi e si registra una completa assenza di manutenzione e persino di piccoli interventi per saggi e ricerche;
sulla cinta muraria e sulle altre emergenze archeologiche sono cresciuti arbusti che hanno prodotto danni rilevanti alla compattezza dei blocchi, causando fratture e una evidente instabilità -:
quali iniziative intenda assumere per la valorizzazione del sito archeologico di Castiglione di Paludi (Cosenza) e se non ritenga di dover assumere iniziative urgenti ed adeguate per la ripresa degli scavi per la definizione di un programma di difesa e di tutela del sito archeologico per la destinazione delle risorse necessarie all'acquisizione completa dell'area, per la realizzazione del Parco archeologico di Castiglione di Paludi.
(4-06321)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, concernente il sito archeologico brezio nel comune di Paludi, in provincia di Cosenza, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, le ultime ricerche archeologiche e gli ultimi interventi di restauro risalgono al 1993 in quanto, a seguito di successive e drastiche riduzioni della spesa


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pubblica, la soprintendenza per i beni archeologici, pur inserendo l'area nella programmazione ordinaria, è stata impossibilitata ad intervenire.
Attualmente, in considerazione dell'importanza del sito e dell'interesse manifestato anche da parte delle autorità locali, la Soprintendenza competente ha concordato con la soprintendenza regionale di inserire tale località, nell'ambito dell'accordo Stato-regione Calabria, nella programmazione regionale a favore delle «aree depresse».
Si auspica in questo modo di riuscire a garantire la necessaria tutela e valorizzazione di un importante e monumentale sito archeologico della Calabria antica.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

PANATTONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
le recenti piogge, di grande intensità e concentrazione temporale, hanno provocato sensibili danni in molti comuni del Canavese e del Piemonte;
molti sindaci hanno chiesto il riconoscimento della condizione di calamità naturale per affrontare in misura adeguata l'opera di ripristino e di copertura dei danni materiali;
nelle zone che hanno subito il grande evento catastrofico del mese di ottobre 2000, nuovamente colpite, è ancora emersa in modo drammatico la necessità di provvedere al più presto al completamento delle opere per la messa in sicurezza del territorio;
gli stanziamenti per completare le opere necessarie non sono sufficienti;
per i nuovi danni non è sino ad ora previsto alcun intervento;
i cittadini vivono con apprensione crescente il ripetersi di eventi tanto gravi e si attendono interventi tempestivi e complessivamente in grado di risolvere i problemi che emergono con sistematicità -:
se il Governo intenda provvedere al più presto per le zone colpite alla copertura finanziaria per tutti gli interventi di messa in sicurezza del territorio secondo i piani elaborati dalle autorità competenti;
se il Governo intenda definire gli stanziamenti necessari a copertura dei nuovi danni provocati dai più recenti eventi calamitosi.
(4-09584)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, concernente i provvedimenti adottati a seguito degli eventi meteorologici del giugno 2002 che hanno interessato il Canavese ed il Piemonte, si riferisce che gli eventi metereologici che hanno investito vasti territori delle province di Cuneo, Torino ed Asti nei periodi dal 3 al 5 maggio, dal 9 all'11 maggio e ripetutisi nei giorni 4-6 giugno 2002, hanno determinato l'insorgere di situazioni critiche connesse a fenomeni di dissesto idrogeologico.
A seguito di tali eventi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2002, è stato dichiarato, ai sensi dell'articolo 5 della legge 225 del 1992, lo stato di emergenza per le province medesime, per la durata di dodici mesi.
In base a tale provvedimento, sono stati attuati gli interventi straordinari per il superamento dell'emergenza, con l'utilizzo sia di mezzi e poteri straordinari previsti dalla legge 225 del 1992 che mediante appositi stanziamenti a carico dei fondi della Protezione Civile; la quale con propria ordinanza n. 3237 del 12 agosto 2002 ha disposto gli «interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi alluvionali ed ai dissesti idrogeologici nei territori della regione Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna».
In particolare, con la predetta ordinanza i Presidenti delle regioni interessate dagli eventi calamitosi in parola, sono stati nominati Commissari delegati per porre in essere gli interventi necessari a fronteggiare la grave emergenza di cui sopra, e con il compito di predisporre dei Piani regionali


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di intervento da sottoporre alla presa d'atto del Dipartimento della Protezione Civile.
Nei citati Piani sono stabilite delle priorità in favore del ripristino in sicurezza delle opere pubbliche danneggiate, della pulizia e della manutenzione degli alvei e dei corsi d'acqua. Vengono indicate anche le opere di difesa idraulica. I piani tengono conto anche delle eventuali proposte formulate dai comuni e dalle province e, relativamente alle opere in materia idraulica, devono osservare le prescrizioni delle autorità di rilievo nazionale.
La pianificazione contiene anche interventi finalizzati alla riparazione dei danni, alla rimozione delle situazioni di pericolo ed alla prevenzione dei rischi finanziati con fondi europei, statali, regionali e degli altri enti locali, nonché quelli relativi al ripristino ed al recupero delle funzionalità delle infrastrutture rurali.
Oltre a quanto sopra indicato, l'ordinanza ha previsto l'erogazione di contributi in favore dei proprietari di beni immobili privati adibiti ad abitazione principale, distrutti o non ripristinabili, che siano oggetto di ordinanza di sgombero.
Gli interventi predisposti, inoltre, devono coordinarsi con quelli già avviati nei medesimi territori a seguito degli eventi alluvionali dell'ottobre e novembre 2000.
Per provvedere alla realizzazione di tutti gli interventi finalizzati al superamento dell'emergenza è stata stanziata la somma complessiva di 50 milioni di Euro, successivamente ripartita tra le regioni interessate dall'evento calamitoso con il provvedimento del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 1o ottobre 2002, in base al quale in favore del Piemonte sono stati assegnati 15.950.000,00 euro pari al 32 per cento dell'intera somma stanziata.
Si rileva altresì che la più volte menzionata ordinanza 3237 del 2002, con l'articolo 4 consente l'utilizzo anche di eventuali ulteriori risorse finanziarie assegnate da leggi dello Stato per le esigenze relative al superamento dell'eccezionale situazione emergenziale conseguente alle alluvioni dei mesi ottobre e novembre 2000.
È stata, inoltre, prevista la possibilità di attingere a fondi già destinati all'attuazione negli stessi territori dei medesimi interventi di cui alla predetta ordinanza, non ancora impiegati ma disponibili nel bilancio dello Stato.
Relativamente alle problematiche di carattere idrogeologico dei territori del Canavese si fa presente quanto segue.
Il territorio del Canavese è compreso nei bacini idrografici dei fiumi Orco, Malone e Soana, confluenti nel Po a Chivasso e nel bacino idrografico affluente in destra della Dora Baltea (torrente Chiusella); si tratta di bacini di tipo alpino-pedemontano sfocianti nell'area di pianura (pianura del Canavese) posta a nord est di Torino. Dal dopoguerra, i dissesti idrogeologici più rilevanti verificatisi a seguito di eventi metereologici estremi sono occorsi nel settembre 1993, nel novembre 1994, nell'ottobre 2000.
Nel corso di tali eventi i danni più ingenti causati da erosioni ed esondazioni fluviali e da fenomeni franosi, hanno coinvolto sia gli insediamenti localizzati lungo i fondovalle e nelle aree di pianura, che le infrastrutture viarie e ferroviarie direttamente interferenti con i corsi d'acqua.
Il Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino del fiume Po, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 maggio 2001, rappresenta il principale strumento di pianificazione di settore che in base alla definizione delle situazioni di dissesto e/o di rischio idrogeologico, individua misure non strutturali (norme d'uso del suolo) e strutturali (sistemazione idrogeologica complessiva del bacino), prioritariamente finalizzate alla messa in sicurezza delle popolazioni e dei beni.
In particolare per il territorio del Canavese, già nel Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministsri 24 luglio 1998) risultano delimitate, in base ai tempi di ritorno delle portate di piena, le fasce fluviali dei corsi d'acqua principali (Dora Baltea e Torrente Orco). Risultano, altresì, già vigenti, le norme che regolamentano l'uso del suolo all'interno delle fasce fluviali.
Nell'ambito del Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino del fiume Po,


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per il territorio del Canavese, le maggiori situazioni di squilibrio idrogeologico sono legate all'interferenza tra i corsi d'acqua (alvei ed aree esondabili di pertinenza fluviale) e le numerose infrastrutture (viarie e ferroviarie) che si collegano con i deflussi che creano ostacoli e limitano le funzioni di laminazione delle piene. Analoghi squilibri si creano in relazione alla presenza di insediamenti residenziali e produttivi in aree di pertinenza fluviale.
Le linee d'intervento strutturali contenute nel Piano, individuano a carattere prioritario:
il mantenimento delle aree di libera espansione delle piene a monte dei centri abitati ai fini della riduzione del colmo di piena e del conseguente rischio di esondazione;
il mantenimento della capacità di deflusso degli alvei fluviali per contrastare la tendenza alla diminuzione della sezione di deflusso;
l'adeguata manutenzione delle opere idrauliche esistenti e l'adeguamento o la nuova realizzazione, localmente, di arginature ed opere di difesa.

Nel Piano inoltre, ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 180 del 1998 sono state individuate, perimetrate e soggette a misure di salvaguardia, aree a rischio idrogeologico molto elevato, così come definite nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 1998, ricadenti nel territorio del Canavese.
Nell'ambito della programmazione effettuata dalla regione Piemonte ai sensi del decreto-legge n. 180 del 1998, articolo 1, comma 2, ai fini della realizzazione di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico finanziati nelle annualità 1998-2000 dal Ministero dell'ambiente, risulta ad oggi richiesto e finanziato un unico intervento urgente relativo alla sistemazione del fenomeno franoso in comune di Nasca, finanziato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1999, per un importo di 600 milioni di lire.
Risulta inoltre che per talune situazioni di rischio idrogeologico molto elevato, sono stati programmati interventi di sistemazione idraulica da parte della regione Piemonte e del Magistrato per il Po, nell'ambito del programma di interventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 2000-2003, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 331 del 2001, approvato dal Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Po in data 18 dicembre 2001.
Si fa presente infine che la legge finanziaria 2002 ha stanziato circa 180 milioni di Euro per l'attuazione di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico ex articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 180 del 1998, che saranno oggetto di futura programmazione da parte del ministero dell'ambiente, d'intesa con gli enti territoriali interessati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PARODI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si sono espletate le prove per l'iscrizione ai corsi di laurea in medicina e per le altre professioni sanitarie;
i test sottoposti agli esaminandi sono costituiti da domande di cultura generale, il cui livello si dovrebbe desumere dal precedente curriculum scolastico dei ragazzi, nonché di materie, chimica, biologia, che saranno oggetto di apposito insegnamento nei primi anni dei rispettivi corsi di laurea;
questa formulazione tradizionale dei quesiti dà, sistematicamente, adito, a fughe di notizie, che anticipano i quesiti stessi, con varie forme di mercanteggiamento fino a quella, di una immoralità assoluta, come la vicenda esplosa all'università di Bari -:
se il Ministro non ritenga opportuno adottare tutte le necessarie iniziative normative per riformare l'esame di ammissione


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ai succitati corsi universitari introducendo test psico-attitudinali, che verifichino meglio la predisposizione di ognuno a svolgere professioni così impegnative quali quelle sanitarie.
(4-07398)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo con cui l'interrogante critica le modalità di formulazione e somministrazione delle prove relative all'esame d'ammissione ai corsi di laurea in medicina ed nelle altre professioni sanitarie e ne propone la riforma si rappresenta quanto segue.
La formulazione dei quesiti oggetto delle prove di ammissione per i corsi di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria è affidata ad una Commissione di esperti, nominata, con apposito decreto. Essa è composta da quattro professori universitari, uno dei quali assume la carica di Presidente, scelti, due in rappresentanza della facoltà di medicina, uno del dipartimento di Scienza della formazione, uno del dipartimento di biochimica e biofisica, da tre docenti di licei e da un direttore di ricerca.
A tale organismo tecnico di elevata specializzazione viene conferito l'incarico di predisporre, entro una data che consenta il confezionamento dei plichi destinati ai singoli studenti partecipanti, gli ottanta quesiti a risposta multipla su argomenti di Logica e Cultura generale, Biologia, Chimica, Fisica e Matematica.
Ciò si realizza nella consegna da parte del Presidente, di una busta sigillata accuratamente conservata e consegnata al Cineca in tempo utile per la predisposizione dei plichi che verranno distribuiti, sempre sigillati, ai responsabili del procedimento, designati dai rispettivi Rettori che, a loro volta, provvederanno alla somministrazione finale della prova agli studenti.
Al fine dell'ammissione ai corsi la Commissione, ai sensi della Legge 264/1999, dovrà accertare sia il superamento della prova di cultura generale sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore sia la predisposizione per le discipline oggetto dei corsi.
Al fine di perfezionarne il contenuto la prova è oggetto da anni di un'intensa attività di monitoraggio e di studio. Il Presidente della Commissione, infatti, coadiuvato da docenti ed esperti, raccoglie e valuta i quesiti utilizzati per le varie prove di ammissione, al fine di modificare la tipologia degli stessi in relazione alle prove previste per l'anno accademico successivo.
In un incontro con i componenti del gruppo istruttorio, costituito per l'esame delle modalità di effettuazione delle prove di ammissione per l'anno accademico 2003-2004, lo stesso Presidente ha dichiarato che i quesiti sono il risultato di ricerche sempre più approfondite che si differenziano attraverso due parametri: difficoltà e capacità di discriminazione ed ha riferito che la qualità delle ottanta domande relative alla prova di ammissione per l'anno accademico 2002/03, verificata in base alle risposte fornite, ha messo in evidenza che solo il 12 per cento delle stesse è stato considerato di complessa soluzione.
Si fa presente, pertanto, che questo monitoraggio e le osservazioni mosse alla tipologia dei quesiti consente e consentirà di perfezionare sempre meglio e progressivamente i contenuti delle prove predisposti dalla Commissione. Inoltre, l'Amministrazione, sta valutando, attraverso il richiamato gruppo istruttorio, che definisce le modalità di effettuazione delle prove in questione, l'eventuale adozione di una diversa metodologia che consenta l'ammissione ai corsi.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

RAISI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 12 dicembre 2001 alcuni consiglieri comunali della città di Granarolo (Bologna), interpellavano il sindaco di Granarolo (Bologna) al fine di conoscere se sia il caso che l'impianto di incenerimento di Granarolo di via del Frullo (considerata la vicinanza con il centro


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abitato non è più all'altezza delle attuali avanzate politiche ambientali in campo europeo ed internazionale) venga delocalizzato al più presto;
con la stessa interpellanza i consiglieri comunali, richiedevano certificazione e un adeguato riscontro tecnico se:
1) l'impianto porta all'inquinamento atmosferico al suolo per quanto attiene l'estensione dell'ombrello termico della città di Bologna e l'aumento della concentrazione di O3 troposferico.
2) l'elettrodotto di servizio che è fonte di emissione elettromagnetiche che determinano situazioni potenzialmente a rischio nei confronti di complessi abitativi situati in adiacenza;
3) l'analisi delle emissioni dell'impianto di incenerimento;
4) nel territorio circostante all'impianto siano state individuate apposite parcelle di monitoraggio periodico dell'inquinamento al suolo;
5) sono stati realizzati i pozzi di monitoraggio per verificare eventuali inquinamenti delle falde connessi ad apporti derivati da emissioni dell'impianto di incenerimento;
6) è stato effettuato un monitoraggio delle popolazioni al fine di conoscere se sono presenti indici difformi di patologie;
7) si chiedono informazioni dettagliate su modalità di trattamento e sconfinamento dei residui di combustione dell'impianto di incenerimento;
il sindaco di Granarolo (Bologna), rispondeva all'interpellanza ut supra sostenendo che «nell'elaborazione dell'Aggiornamento del Piano infraregionale Rifiuti è stata condotta un'attenta valutazione che, tenendo conto di fattori ambientali ed economici, ha portato alla convinzione di ritenere valida la scelta di confermare, migliorandone la qualità, la localizzazione dell'attuale impianto di termovalorizzazione»;
nella stessa risposta del Sindaco all'interpellanza si dimostra inequivocabilmente che l'inceneritore di Granarolo è fonte di preoccupazione, posto che nella zona dell'inceneritore è stata appurata la presenza di diossina anche se l'ARPA ed il Comune di Granarolo non sono in grado di dire se l'impianto ha effetto o meno sull'aumento dei livelli di ozono al suolo;
difatti, la stessa ARPA con propria comunicazione (protocollo n. 2111/2000) riguardante il monitoraggio chimico-biologico del Termovalorizzatore a Granarolo, evidenziava che, per quanto riguarda il monitoraggio dei terreni circostanti la centrali è emerso testualmente «i risultati ottenuti analizzando i campioni di terreno hanno evidenziato valori del fattore di tossicità nell'ordine di grandezza individuati in decreto»;
nella stessa risposta del Sindaco di Granarolo dichiarava inoltre che «nei primi anni di gestione dell'impianto, fino all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 915/82, i residui di combustione (scorie e polveri non separate) venivano conferite ad AGES Strade di Castenaso (BO)», che farebbe supporre l'utilizzo di tali scorie per i sottofondi stradali;
da una relazione dell'AUSL di Bologna Nord si ipotizza che «le sostanze emesse da un inceneritore, soprattutto cadmio, mercurio e piombo possono avere effetto carcinogenetico per l'uomo» e che da uno studio della stessa AUSL emerge che due comuni del medesimo contesto geografico: Granarolo e Castenaso, il primo ha un tasso di mortalità per tumori superiori al secondo -:
se sia a conoscenza della situazione ambientale dell'inceneritore di Granarolo (Bologna), e quali iniziative intenda intraprendere al fine di verificare se lo stesso sia o meno pericoloso per la salute dei cittadini;
se non sia opportuno inviare una commissione di tecnici del ministero al fine di campionare il terreno e svolgere


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ogni ricerca e/o monitoraggio sull'inceneritore.
(4-01919)

Risposta. - L'interrogazione in esame, con il quale si chiede di conoscere quali iniziative si intendano intraprendere al fine di verificare se il termovalorizzatore di Granarolo dell'Emilia (Bologna) sia pericoloso per la salute dei cittadini, si ritiene utile rappresentare che l'inceneritore per rifiuti è un impianto che rientra nelle industrie insalubri di prima classe.
In base al testo unico sulle leggi sanitarie (R.D. 1265/1934, artt. 16 e 217) le industrie insalubri di prima classe «debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni». Tuttavia, le stesse «possono essere permesse nell'abitato se è possibile provare che per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele l'esercizio non reca nocumento alla salute».
L'incenerimento costituisce il mezzo più rapido ed igienico del trattamento dei rifiuti, in quanto comporta una diminuzione dell'85 per cento in peso e del 90 per cento in volume del materiale di partenza e trova consensi da diverse parti, anche se le spese di impianto e di gestione sono alquanto onerose.
La combustione avviene in diversi impianti ormai già in gran parte diffusi presso centri urbani che si diversificano tra loro per la modalità di gestione e del materiale da trattare.
Al fine di controllare adeguatamente il funzionamento dell'impianto e di verificare gli effetti sullo stato dell'ambiente e sulla salute della popolazione, la provincia di Bologna, i comuni di Castenaso e Granarolo dell'Emilia e la Seabo Spa hanno stipulato un accordo volontario per la realizzazione di un monitoraggio dell'area circostante l'impianto avvalendosi dell'Arpa.
L'attività svolta, secondo il programma concordato, ha interessato:
1) l'individuazione, mediante l'utilizzo di modelli di ricaduta (ISC), delle aree potenzialmente interessate alla ricaduta delle emissioni del termovalorizzatore;
2) il controllo sistematico delle emissioni al camino;
3) l'allestimento di 10 stazioni di campionamento delle varie matrici ambientali sulla base delle previsioni di ricaduta al suolo e della diffusione delle sostanze aeriformi ottenute mediante l'utilizzo del modello predittivo ISC e della necessità di verificare le situazioni relative ad insediamenti abitativi dei comuni predetti;
4) lo sviluppo di una attività di campionamento ed analisi per ogni singola stazione in merito alla qualità dei terreni, acque meteoriche, polveri come residuo secco (deposizione naturale) determinazione della concentrazione in aria di HC1, Nox, Sox, attraverso l'uso di campionatori passivi e valutazione del bioaccumulo di metalli pesanti tramite licheni;
5) realizzazione di una indagine relativa ad una ricerca di alcuni metalli pesanti presenti nel miele fresco prodotto dalle api in cinque stazioni appositamente realizzate;
6) sviluppo di una indagine epidemiologica relativa alle cause di morte ed ai ricoveri ospedalieri sugli abitanti dei comuni interessati alle ricadute del termovalorizzatore.

La zona su cui è stata effettuata l'indagine comprende un ambito territoriale che si estende per un raggio di 5 Km dall'impianto e i risultati mostrano, per i siti ubicati a una distanza di circa 500/700 metri dall'impianto di termovalorizzazione e posti sottovento, secondo la direzione prevalente dei venti sull'asse Nord/Ovest, un incremento significativo di nichel, zinco, cromo, rame, alluminio e manganese.
Di questi metalli, l'alluminio e il manganese sono elementi ubiquitari di prevalente origine litogena, infatti l'alluminio è un metallo a bassa tossicità e il manganese è uno dei metalli più abbondanti negli organismi viventi, esso è essenziale come coofattore nella sintesi degli acidi nucleici. La concentrazione di manganese nel suolo è fortemente Ph-dipendente e tale metallo è estremamente solubile e disponibile per l'assimilazione da parte degli organismi viventi nei suoli acidi.


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Lo zinco è anch'esso un elemento presente nella crosta terrestre in concentrazione media di 40 ppm e con un tasso di dispersione nell'ambiente piuttosto elevato arrivando fino a 35 Km di distanza dalla fonte di emissione. È relativamente poco tossico sia per le piante che per gli animali, a tal punto che alcuni vegetali ne accumulano senza danno anche quantità pari al 15 per cento del loro peso.
Per quanto riguarda il nichel e il cromo, bisogna evidenziare che questi due metalli hanno come loro fonte di origine rispettivamente i gasoli da combustione e le attività produttive. Per il nichel è dubbia la sua tossicità negli animali e la concentrazione nelle piante in zone non contaminate varia da 0,20 a 3,00 ppm, mentre in zone contaminate si riscontrano valori superiori a 15 ppm. Per il cromo in tracce, invece, esso risulta essenziale anche alla nutrizione dell'uomo, ma in concentrazioni elevate risulta molto tossico.
Il rame trova ampio utilizzo nella formulazione di fitofarmaci tradizionali o utilizzabili in agricoltura biologica, infatti i vari composti del rame vengono usati come pesticidi.
Non si sono rilevati incrementi significativi sui livelli di piombo, la cui fonte principale è comunque la combustione degli additivi antidetonanti nella benzina.
Invece, nei siti ubicati a una distanza superiore ai 2000 metri dall'impianto non si sono rilevati aumenti significativi.
L'analisi comparata delle varie matrici, prese in esame da questo studio, quindi, non ha prodotto correlazioni certe tra le concentrazioni dei metalli pesanti nelle varie stazioni di monitoraggio e le emissioni del termovalorizzatore.
Dal punto di vista dei limiti di emissione dell'impianto, stabiliti da norme e codificati nell'autorizzazione, e dei limiti di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali (suolo) previsti dalle norme, l'analisi svolta con i dati resi disponibili non ha evidenziato problematiche di superamenti.
Lo sviluppo dell'indagine epidemiologica per i comuni di Castenasio e Granarolo dell'Emilia ha permesso di evidenziare per la mortalità in generale e per la mortalità per tumori in generale, valori di SMR (rapporto standardizzato di mortalità) che non evidenziano esorbitanza di decessi.
Dall'analisi della causa di morte per tumori al polmone e bronchite cronica, l'indagine ha posto in evidenza come non vi siano risultati di rilievo.
Si rappresenta, infine, che nella revisione ed aggiornamento del Piano infraregionale di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali della provincia di Bologna è stata condotta una attenta valutazione che, tenendo conto di fattori ambientali ed economici, ha portato alla convinzione di tenere valida la scelta di confermare, migliorando nella qualità, la localizzazione dell'attuale impianto; infatti è stato previsto l'ammodernamento e la rifunzionalizzazione dell'impianto di termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani ubicato nel comune di Granarolo dell'Emilia, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

REALACCI, BIMBI e COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Archivio di Stato di Pisa, facente parte del dicastero dei beni e delle attività culturali, con sede in Lungarno Mediceo 30 è uno degli archivi più importanti e ricchi di documenti della città di Pisa che pure è ricchissima di luoghi ove vengono conservati documenti del passato, ed è soprattutto un imprescindibile punto di riferimento per tutti coloro che studiano o hanno l'esigenza di documentarsi sulla storia di Pisa e dei suoi territori e che mai nella sua storia ha dovuto subire limitazioni nell'accesso ai documenti ivi depositati;
il suddetto Archivio di Stato versa in una gravissima crisi finanziaria, a causa di tagli alle spese imposte unilateralmente dal ministero interrogato;


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in conseguenza dei tagli disposti dal ministero, alcuni capitoli di bilancio dell'Archivio di Stato di Pisa, in particolare il capitolo 2532/0 e il capitolo 2352/1 rispettivamente riferiti alle voci «sicurezza» e «spese di ufficio», risultano incapienti per le spese minime preventivate per l'anno in corso, con la conseguenza paventata della chiusura al pubblico dell'Archivio, il che ne mina alla radice la stessa ragione di esistenza, essendo insufficiente la sola opera di conservazione ed in contraddizione con i programmi di tale ministero di valorizzazione del patrimonio storico;
il direttore dell'Archivio, dottoressa Maria Augusta Morelli Timpanaro, con lettera del 12 marzo 2003 scriveva al ministero dei beni e delle attività culturali, facendo presente le difficoltà in cui versa la struttura nonché l'improcrastinabilità delle spese minime indispensabili al mantenimento dell'archivio, le quali secondo le risultanze dei conteggi e delle fatture da pagare così come riportate nella suddetta lettera sono incapienti nel caso del capitolo 2532/0 e palesemente inadeguate nel caso del capitolo 2532/1 il quale, secondo le stime del direttore, restando disponibile per tutto l'anno 2003 allo scopo di pagare fatture relative a forniture di gas, elettricità, acqua, servizi di pulizia eccetera di soli 1.470,52 euro;
lo stesso direttore stima come cifra minima necessaria per garantire i servizi essenziali allo scopo di rendere agibile e aperta al pubblico la struttura la cifra di 35.000 euro, da rendersi disponibile per le spese dell'anno corrente;
la pubblica denuncia della situazione è stata raccolta con grande risalto dalla stampa cittadina, suscitando una motivata e immediata reazione di riprovazione da parte della cittadinanza per la precarietà in cui versa una così prestigiosa istituzione cittadina -:
quali siano i motivi e quali le circostanze che hanno indotto il ministero dei beni e delle attività culturali a effettuare tagli ai capitoli di spesa di entità tale da mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza del servizio ai cittadini e delle precipue funzioni che è chiamato a svolgere l'Archivio di Stato, e se vi siano spiegazioni plausibili per una tale manifesta incongruenza dispositiva;
quali intenzioni abbia codesto ministero al fine di permettere e di garantire anche per il futuro, auspicabilmente in modo meno precario e con maggiori possibilità di attuare anche una programmazione dell'attività e dei servizi al pubblico che vada oltre la mera contingenza e il superamento momentaneo di questa fase di emergenza;
quale cifra abbia ora intenzione di stanziare il ministero per le immediate esigenze di cassa della struttura, al fine di scongiurare l'inaccettabile ipotesi di chiusura al pubblico.
(4-05861)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, interpellata la direzione generale per gli archivi, si rappresenta quanto segue.
Com'è noto, negli ultimi anni le manovre per il contenimento della spesa pubblica hanno determinato una progressiva decurtazione degli stanziamenti di parte corrente per tutta la pubblica amministrazione.
Anche questo dicastero ha risentito, in generale, di tale situazione, con riflessi particolarmente negativi per il centro di responsabilità «Archivi», dato il maggior numero di istituti periferici da esso dipendenti.
Si segnala, comunque, che la legge per l'assestamento del bilancio ha previsto l'assegnazione a tale centro di responsabilità di cinque milioni e duecento mila euro, mentre ulteriori fondi sono stati messi a disposizione dal ministero dell'economia e delle finanze, attingendo dal proprio fondo di riserva, per un importo pari a circa tre milioni di euro. Tali disposizioni consentiranno, ovviamente, di venire incontro anche alle esigenze finanziarie dell'archivio di Stato di Pisa.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.


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REALACCI e COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi organi di stampa e servizi radiotelevisivi nazionali e regionali hanno riportato la notizia che potrebbe essere introdotto a breve un ticket per poter usufruire del prestito di libri dalle dodicimila biblioteche pubbliche;
questo pericolo è rappresentato da una direttiva comunitaria del 1992 recepita con il decreto legislativo 16 novembre 1994 n.685 (Attuazione della direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale);
la Direttiva da un lato riconosceva, per la prima volta, come un diritto esclusivo dell'autore l'autorizzare il prestito, dall'altro permetteva agli Stati membri di esentare alcune categorie di istituzioni aperte al pubblico che effettuassero prestiti di opere protette dal richiedere autorizzazione all'autore (o meglio al titolare dei diritti economici). In alcuni casi speciali gli Stati potevano prevedere l'esclusione anche dalla remunerazione per il prestito effettuato dalle istituzioni aperte al pubblico. La stessa prevedeva una relazione per valutare l'effettiva armonizzazione e le eccezioni previste dagli Stati membri;
il 16 gennaio scorso la Commissione europea ha però sollecitato formalmente Italia, Irlanda, Francia, Lussemburgo, Spagna e Portogallo a dare applicazione alla direttiva in parola, in nome del diritto dell'autore e dell'editore;
questo servizio è sempre stato gratuito e in questi anni ha assicurato una lettura alle fasce più svantaggiate: studenti, anziani, famiglie a basso reddito che non potendosi permettere di comprare un libro hanno usufruito di un servizio che ha notevolmente contribuito all'istruzione, allo sviluppo della conoscenza, della cultura e del sapere nel nostro Paese;
contro questa Direttiva europea i bibliotecari e gli operatori del settore hanno già organizzato il 21 febbraio a Cologno Monzese una «Giornata contro il prestito a pagamento»;
sempre dagli organi di stampa e radiotelevisivi nazionali e regionali si è avuta la notizia che il Ministro per i beni e le attività culturali, ha annunciato che non ci sarà alcun ticket per ottenere un libro in prestito nelle biblioteche pubbliche italiane. E per questo per prima cosa affronterà l'argomento con il professor Francesco Sicilia, direttore generale per i beni librari e successivamente incontrerà le altre realtà coinvolte, prima fra tutte la Siae -:
se non intenda attivare immediatamente, anche alla luce di quanto dichiarato agli organi di stampa, tutti gli strumenti politico normativi, anche a livello europeo, atti ad evitare l'introduzione di questo ticket che andrebbe a discapito di un servizio gratuito che in questi anni ha assicurato una lettura alle fasce più svantaggiate contribuendo all'istruzione, allo sviluppo della conoscenza, della cultura e del sapere nel nostro Paese.
(4-09177)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa alla procedura di infrazione intrapresa dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano per inadempienza rispetto alle prescrizioni della direttiva 19 novembre 1992, n. 92/100/CE del 19 novembre 1992 sul diritto di prestito, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero per i beni e le attività culturali, considerata la rilevanza della questione, ha sottoposto all'attenzione del Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore il problema del diritto di prestito pubblico alla luce delle problematiche sollevate dalla suddetta direttiva.
Tale Comitato ha rilevato la necessità di adeguare la normativa interna a quella comunitaria bilanciando, però, i diversi interessi costituzionalmente tutelati e ha sostenuto l'opportunità di adottare un


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provvedimento legislativo che intervenga sull'articolo 69 della legge 633 del 1941.
Tale provvedimento dovrà tenere conto della necessità di non gravare sull'utente finale e sulle biblioteche, mediante una soluzione che contemperi i differenti interessi delle parti (diritto allo studio e alla informazione e diritti economici degli editori e degli autori).
Si è parallelamente provveduto a costituire un tavolo di lavoro al quale sono stati invitati i rappresentanti di tutte le amministrazioni e degli enti interessati (Ministero dell'istruzione, università e ricerca, Presidenza della Conferenza unificata dei rettori delle università italiane, Associazione nazionale dei comuni italiani, Unione province italiane, coordinamento assessori regionali alla cultura, Associazione italiana biblioteche e ministero delle politiche comunitarie).
Tale gruppo di lavoro si prefigge di predisporre in tempi brevi un documento sulla cui base dovrà essere avviata l'integrazione della procedura di recepimento della direttiva comunitaria anche nella parte relativa al diritto di prestito pubblico.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

RUZZANTE e COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Padova già nel 2001 aveva previsto la costruzione di un parcheggio sotterraneo nell'area esterna alla Porta Liviana di Pontecorvo (all'interno del sistema bastionato padovano) per complessivi 370 posti macchina distribuiti su cinque piani;
il Ministro per i beni e le attività culturali, rispondendo ad un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante, evidenziava l'inidoneità del sito individuato per la costruzione del parcheggio, sottolineando i gravi rischi di danneggiamento di una zona di Padova di particolare pregio storico ed architettonico;
la Sovrintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Veneto orientale, in merito al progetto di costruzione del parcheggio sotterraneo in area Pontecorvo, evidenziava la sussistenza di un decreto ministeriale del 1928 che stabilisce un vincolo di edifcabilità e immidificabilità di Porta Pontecorvo, della cintura muraria cinquecentesca e delle aree esterne corrispondenti all'antico vallo, sottolineando l'incompatibilità di tale costruzione sotterranea con un eventuale recupero di tali antichi manufatti difensivi e rendendosi disponibile per l'individuazione di un'area alternativa nel quadro di una corretta gestione del patrimonio storico artistico della città;
nel corso della seduta del 16 luglio 2003 della IV commissione consiliare del comune di Padova (Politiche del territorio e delle infrastrutture), tra le varie soluzioni indicate per poter provvedere alla costruzione del parcheggio sotterraneo in quell'area, ha stabilito di ridurre i posti auto costruendo un parcheggio di soli due piani nel sottosuolo;
nel corso del consiglio comunale del 20 ottobre 2003, dopo aver preso atto delle osservazioni sopra riportate della Sovrintendenza peri beni architettonici e della mancanza di un interessamento della Sovrintendenza archeologica di Padova, l'amministrazione comunale s'impegnava a rinunciare alla realizzazione del parcheggio sotterraneo, accogliendo però una mozione che, allo stesso tempo, impegnava l'amministrazione comunale a dare seguito alle indicazioni della IV commissione consigliare (vale a dire la sola riduzione dei piani del parcheggio mantenendo come ubicazione l'area Pontecorvo);
i cittadini residenti nella zona, costituitisi in comitato, stanno portando avanti un'attività di sensibilizzazione per fare in modo che il parcheggio, come nel 2001, non venga realizzato in quell'area ed hanno interpellato vari professionisti che univocamente hanno evidenziato numerosi problemi per la sicurezza statica delle abitazioni circostanti;


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tra le prese di posizione più autorevoli in senso contrario alla costruzione del parcheggio in quell'area, segnaliamo quella del professor Gianumberto Caravello (apparsa su Il Mattino di Padova del 1 marzo 2004) che lo ha considerato un attentato alle mura veneziane;
con delibera della giunta comunale di Padova del 24 febbraio 2004 (n. 2004/0132) è stata dichiarata di pubblico interesse la proposta modificata presentata dal promotore costituito da Interparking SA. e Siae Spa relativa ad un parcheggio sotterraneo a due piani in zona Pontecorvo, deliberando altresì, attesa l'urgenza, l'immediata eseguibilità della delibera in oggetto ai sensi dell'articolo 134 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000;
l'amministrazione comunale di Padova ha annunciato sulla stampa locale che farà partire la relativa gara per l'aggiudicazione dell'appalto per la costruzione del parcheggio interrato nell'area Pontecorvo che, una volta ultimato, ospiterà 208 auto su due piani interrati -:
se il Ministro sia al corrente di quanto sta avvenendo a Padova ai danni di un'area cittadina di rilevante pregio storico ed artistico;
se il Ministro, visti i particolari vincoli a cui è soggetta l'area in questione e le indicazioni delle competenti Sovrintendenze, non ritenga di dover intervenire per impedire che quest'area venga irrimediabilmente compromessa.
(4-09292)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame relativa al previsto progetto da parte del comune di Padova, finalizzato alla realizzazione di un parcheggio sotterraneo nell'area esterna alla Porta Liviana di Pontecorvo - all'interno del sistema bastionato padovano -, si rappresenta quanto segue.
I competenti uffici periferici di questo ministero hanno più volte richiesto, in forma non autoritativa, al comune di Padova la trasmissione degli atti progettuali relativi alla realizzazione del parcheggio sotterraneo.
Poiché il comportamento finora tenuto dagli uffici periferici di questa amministrazione, peraltro ispirato al principio costituzionale di leale collaborazione tra enti, tutti tenuti a vario titolo e con diverse responsabilità alla salvaguardia del patrimonio culturale nazionale ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione, non ha sortito gli effetti sperati, i medesimi uffici hanno provveduto a diffidare formalmente il comune di Padova a consegnare gli atti progettuali in suo possesso dando sei giorni per adempiere.
Si evidenzia che la mancata ottemperanza alla diffida avrebbe rilievo penale.
Una volta acquisiti gli atti, questa amministrazione valuterà la portata dell'intervento ed assumerà le determinazioni del caso.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

SAIA e RAISI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la legge 18 giugno 2002, n. 136 si è disposta la equiparazione tra il diploma in educazione fisica rilasciato dall'istituto superiore di educazione fisica statale di Roma e dagli istituti superiori di educazione fisica pareggiati ai sensi dell'articolo 28 della legge 7 febbraio 1958, n. 88 e le lauree afferenti alla classe 33 di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 4 agosto 2000, ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi ed alle attività professionali;
la legge 18 giugno 2002, n. 136 ha avuto origine dalla volontà del legislatore di evitare che durante il regime transitorio dalla precedente alla nuova normativa venissero a crearsi condizioni di ingiustificato svantaggio per coloro che conseguirono il diploma ISEF in base al vecchio ordinamento;
precedentemente alla predetta normativa, in mancanza di intervento del legislatore, la giurisprudenza aveva equiparato


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il diploma in educazione fisica rilasciato dall'ISEF alle vecchie lauree, permettendo così si diplomati ISEF di partecipare ai bandi previsti per i possessori di vecchie lauree;
l'Università di Padova con decreto del rettore n. 1599 del 7 agosto 2002, ha pubblicato un bando per l'amministrazione ai corsi (Master) di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente per l'anno accademico 2002/03;
il bando di ammissione prevedeva quale requisito essenziale - ai fini dell'iscrizione al predetto Master di secondo livello - il possesso di una Laurea del vecchio ordinamento;
la signora Donatella Diamanti, nata a Bologna il 18 maggio 1957, diplomata ISEF iscrittasi (tenuto conto della suddetta giurisprudenza e della stessa legge 18 giugno 2002, n. 136) al Master dell'Università di Padova, sotto condizione sospensiva dell'accertamento dei requisiti è stata invece esclusa dalla graduatoria generale di merito in quanto «titolare di diploma ISEF conseguito nell'anno accademico 1980/81 presso l'ISEF di Bologna e che tale diploma, in base alla normativa vigente non può essere equiparato ad una laurea del vecchio ordinamento»;
l'esclusione di cui sopra nasce da una - seppur minima - lacuna legislativa, difatti, se dalla legge 18 giugno 2002, n. 136 si evince che i diplomi in educazione fisica ISEF sono equiparati alle nuove lauree triennali in scienze dell'attività motorie e sportive, la stessa normativa nulla provvede sulla precedente equiparazione giurisprudenziale che il diploma ISEF era equiparato alle vecchie lauree -:
se sia a conoscenza della situazione sopradescritta, il caso della signora Diamanti è solo uno dei tanti casi che potranno prospettarsi in futuro, e quali opportune iniziative normative voglia intraprendere al fine di modificare la situazione sopra descritta che inevitabilmente avantaggierà i diplomati ISEF nell'accesso di bandi universitari per le sole vecchie lauree.
(4-07429)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in argomento, con il quale gli onorevoli interroganti chiedono chiarimenti e, conseguentemente, provvedimenti in ordine alla pretesa lacuna legislativa, creatasi con la legge n. 136 del 2002 che ha equiparato il diploma in educazione fisica, rilasciato dall'Isef di Roma e dagli Istituti superiori di educazione fisica pareggiati ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 88 del 1958, alle lauree afferenti alla classe 33 (di cui al Decreto del ministero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica 4 agosto 2000) ai fini dell'accesso ai concorsi pubblici ed alle attività professionali.
A parere degli onorevoli interroganti la norma di cui trattasi avrebbe tralasciato di riproporre l'equipollenza tra i due titoli, creando una situazione di svantaggio, per i diplomati Isef, come la signora Diamanti (la cui vicenda viene dettagliatamente esposta), che si era vista negare l'iscrizione ad un master di secondo livello da parte dell'università di Padova.
Al riguardo si ritiene opportuno premettere quanto segue. Ai sensi del decreto legislativo n. 178 del 1998, contenente norme relative alla trasformazione degli Isef ed alla istituzione delle facoltà e dei corsi di laurea in scienze motorie, le università sono state autorizzate ad istituire ed attivare i suddetti corsi di laurea, a decorrere dell'a.a. 1999-2000.
Il predetto decreto, all'articolo 8, nel fare salvi gli effetti giuridici, ai fini dello svolgimento dell'attività professionale, dei titoli di studio conseguiti ai sensi del precedente ordinamento, ha disciplinato le modalità per il conseguimento della laurea da parte dei diplomati Isef, previa valutazione degli studi svolti.
In applicazione del disposto dell'articolo 8, e del successivo provvedimento di attuazione, emanato dal Ministro (decreto ministeriale 15 gennaio 1999) alcune università hanno attivato proprio specifici corsi finalizzati al conseguimento della laurea da parte dei diplomati Isef.


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È da sottolineare che, con quest'ultima disposizione, il legislatore ha previsto la possibilità di completare il corso di studi svolto presso l'Isef con un anno integrativo specifico istituito presso le università, non ritenendo di dover equiparare i due titoli, acquisiti alla fine di due diversi percorsi didattici.
A seguito della riforma degli ordinamenti didattici, introdotta dal decreto ministeriale n. 509 del 1999, tutti i corsi universitari di primo livello hanno durata triennale ed il relativo percorso formativo, divenuto flessibile, viene definito dalle università.
In particolare, il decreto ministeriale 4 agosto 2000 ha determinato la classe delle lauree universitarie triennali in «Scienza delle attività motorie e sportive» ed il decreto ministeriale 28 novembre 2000 ha disciplinato l'istituzione dei corsi di laurea specialistica, riguardanti alle classi 53/S, 75/S e 76/S.
A seguito delle modifiche introdotte dalla riforma, con la legge n. 36 del 2002, il legislatore è nuovamente intervenuto prevedendo l'equiparazione, ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi ed alle attività professionali, dei diplomi Isef alle lauree afferenti alla classe 33, di cui al citato decreto ministeriale 4 agosto 2000, e riconoscendo agli atenei la facoltà, nell'ambito della propria autonomia didattica, di definire le modalità di accesso ai corsi di laurea specialistica nonché ai master universitari di primo livello per coloro che fossero già in possesso del diploma Isef e per coloro che avessero conseguito la laurea quadriennale al termine dei corsi finalizzati sopra menzionati, in quanto la struttura degli ex corsi Isef è compatibile alla struttura dei nuovi corsi universitari triennali.
Nella formulazione del bando per l'accesso al master di secondo livello, pertanto, l'università di Padova, ai sensi della vigente normativa, ha ritenuto che il diploma Isef non potesse essere titolo idoneo, in quanto esso è equiparato ad una laurea di primo livello ed ha, conseguentemente, escluso dalla graduatoria la signora Diamanti.
Va ulteriormente precisato che il decreto ministeriale n. 509 del 1999 prevede master di primo e di secondo livello, l'accesso ai quali è consentito ai possessori di laurea rispettivamente di primo e di secondo livello. La laurea del vecchio ordinamento è stata ritenuta dall'università titolo idoneo alla ammissione al master; ma questo non è avvenuto, né poteva avvenire, per il diploma ex Isef che la legge ha espressamente equiparato alla laurea di primo livello.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

SERENA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo aver scontato interamente la pena di 18 anni di reclusione in totale isolamento, l'ex tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu - rapito nel 1986 a Roma da agenti del Mossad - tornerà in libertà alla fine di aprile e i servizi di sicurezza israeliani sono già all'opera per tentare di impedirgli di rivelare particolari sul potenziale atomico di Israele;
nel 1986 Vanunu aveva rivelato al Sundy Times informazioni sulle attività della centrale nucleare di Dimona, nel deserto del Neghev. Il settimanale britannico era così giunto alla conclusione che lo Stato d'Israele aveva un considerevole potenziale nucleare;
durante la sua reclusione, Vanunu ha confermato di essersi proposto di «lottare contro la bomba atomica» e di essere determinato a portare avanti la battaglia anche dopo la sua scarcerazione. Per questa ragione - scrive il quotidiano israeliano Yediot Ahronot - i servizi di sicurezza hanno chiesto che gli sia negata non solo la possibilità di recarsi all'estero, ma anche la facoltà di rilasciare interviste, di incontrare deputati o di corrispondere liberamente per posta -:
se il Governo italiano non intenda attivarsi a livello diplomatico al fine di garantire le libertà fondamentali del tecnico nucleare Mordechai Vanunu.
(4-09038)


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Risposta. - Il nostro Paese, d'intesa con i partner europei, ha sempre seguito con attenzione il caso del fisico nucleare israeliano Vanunu, effettuando anche dei passi presso le competenti Autorità israeliane per ottenere un trattamento umanitario e di clemenza nei confronti dello stesso.
Non ci risulta, al momento attuale, che sia stata decisa alcuna misura lesiva dei diritti e delle libertà fondamentali del signor Vanunu, che dovrebbe essere regolarmente rilasciato questo mese dopo aver scontato la sua pena detentiva. Non appare quindi possibile prospettare in proposito un'azione a livello diplomatico, che sarebbe peraltro fondata solo su notizie stampa non confermate.
È utile sottolineare che il nostro Governo, pienamente consapevole del carattere di particolare delicatezza della vicenda umana e politica del signor Vanunu, continuerà comunque, d'intesa con i partner europei, a seguire con attenzione il caso in esame.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

SINISCALCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
presso l'università «La Sapienza» di Roma, in relazione allo scorso anno accademico (2002/2003), le facoltà hanno assegnato a diverse personalità esterne, provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni, alcune docenze;
il regolamento dell'ateneo prevede che i suddetti incarichi siano affidati ufficialmente dal rettore, su indicazione delle facoltà;
le docenze «a contratto» presso la facoltà di scienze della comunicazione, coprono il 53 per cento del totale degli insegnamenti; percentuali molto elevate si registrano anche in altre facoltà, in particolare ad architettura, dove i docenti a contratto sono circa 200;
lo scorso anno accademico, a causa di lungaggini burocratiche, i professionisti nominati, in attesa del conferimento ufficiale da parte del Rettore e del relativo contratto, hanno iniziato il proprio lavoro svolgendo l'attività di docenza nella convinzione che, come in passato, sarebbero stati retribuiti (circa 3.200 euro al lordo delle trattenute di legge, comprese quelle a carico dell'università per 30 ore di lezioni frontali, più ricevimenti settimanali, esami, sedute di laurea);
alcuni giorni fa, il rettorato avrebbe rappresentato, nella persona del direttore Amministrativo, la assenza di fondi per retribuire i docenti che hanno svolto la propria attività nello scorso anno accademico;
il rettorato avrebbe rappresentato altresì la esiguità dei fondi per provvedere alla regolare retribuzione degli insegnanti che svolgeranno l'attività per il prossimo anno accademico;
quanto evidenziato dal rettorato, ha inevitabilmente determinato malumori e tensioni tra i docenti, finendo per ripercuotersi sul rinvio delle lezioni e sulla ripresa della attività didattica;
a seguito delle richiamate problematiche, di recente esplosione, è nato un coordinamento di docenti «a contratto» che ha raccolto adesioni in tutta Italia;
il rettorato, previa convocazione di rappresentanze dei docenti, avrebbe proposto una soluzione attraverso una drastica riduzione degli emolumenti per lo scorso anno ed un più consistente «taglio» retributivo per il prossimo;
il giorno 4 novembre 2003, il consiglio di amministrazione de «La Sapienza» ha confermato, deliberando, la cifra totale messa a disposizione per tutte le docenze a contratto dell'Ateneo a copertura dello scorso anno accademico e di quello appena iniziato. Tale cifra, stornata dal fondo studenti, non è sufficiente a garantire, secondo i parametri retributivi utilizzati in passato, neppure la copertura del fabbisogno della sola facoltà di scienze


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della comunicazione, relativamente allo scorso anno accademico;
il coordinamento dei docenti «a contratto», pur rifiutando la proposta, ha iniziato a svolgere regolarmente le lezioni per non recare disagi agli studenti, prospettando, tuttavia, un blocco della attività qualora non venisse trovata una soluzione consona alle più elementari esigenze di dignità e di decoro professionale in relazione alle attività svolte;
ad avviso dell'interrogante, dovrebbero essere riequilibrati i dislivelli e le difformità di trattamento per i docenti «a contratto» tra un ateneo e l'altro nel nostro Paese -:
se il Ministro interrogato, non intenda adottare iniziative normative allo scopo di:
a) destinare maggiori risorse finanziarie alle Università e di non consentire rilevanti penalizzazioni nei confronti dei docenti che hanno svolto il proprio lavoro negli Atenei, gravati, sostanzialmente, dagli stessi obblighi professionali dei docenti di carriera;
b) se non ritenga di stabilire una disciplina uniforme per l'assegnazione degli incarichi di insegnamento «a contratto» per evitare che alcune facoltà utilizzino dette docenze in modo sproporzionato e non in linea con il carattere e la natura della figura professionale prevista dalla normativa vigente.
(4-08014)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in discorso, con il quale l'interrogante chiede iniziative legislative per disciplinare in modo uniforme l'assegnazione degli incarichi ai professori a contratto e maggiori risorse finanziarie per gli Atenei, al fine di evitare le attuali penalizzazioni della categoria, si rappresenta quanto segue.
In merito all'assegnazione degli incarichi a contratto il decreto ministeriale 2l maggio 1998 n. 242, che li disciplina, consente il ricorso a questo personale «per sopperire a particolari e motivate esigenze per l'insegnamento nei corsi di diploma universitario, di laurea o di specializzazione ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative» riservando alle Università ed agli istituti di istruzione universitaria statale, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, la possibilità di stipularli concretamente, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nei limiti di appositi stanziamenti in bilancio.
Al Rettore dell'Università «La Sapienza» è stato chiesto, quindi, di chiarire la particolare situazione descritta nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto.
Questi ha precisato che effettivamente i fondi sono venuti a mancare ma si è trattato di un problema temporaneo, ascrivibile alla circostanza che la facoltà di Scienze della Comunicazione è di recente costituzione, essendo stata attivata, per gemmazione dalla esistente Facoltà di Sociologia, con delibere del Senato Accademico del 15 febbraio 2001 e del Consiglio di amministrazione del 6 marzo 2001, rese esecutive con D.R. n. 353 del 7 marzo 2001.
Questo ha comportato la necessità di accordi economici tra le due facoltà nelle more delle quali non è stato possibile al Consiglio di amministrazione, nel mettere a disposizione le risorse relative all'anno accademico 2002/2003, prevedere stanziamenti specifici, da destinare ad affidamenti interni/esterni, supplenze, contratti di insegnamento ecc., per Scienze della Comunicazione.
Nonostante la mancata attribuzione di risorse, derivante dal mancato accordo tra le Facoltà, la Presidenza della Facoltà di Scienze della Comunicazione, ha trasmesso, con nota dell'1o luglio 2003, la documentazione relativa alle proposte per affidamenti/supplenze interne, esterne e contratti deliberati dal Consiglio di Facoltà per l'a.a. 2002/2003 indicando a fianco di ciascun insegnamento svolto, le ore di lezione, la data della delibera del Consiglio di Facoltà ed il compenso.
Il Consiglio di amministrazione, nella seduta del 4 novembre 2003, ha, poi, provveduto, in sede di approvazione dell'assestamento del bilancio di previsione relativo all'esercizio finanziario 2003, a stanziare


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ulteriori risorse al fine di consentire alla facoltà in oggetto di fronteggiare la particolare situazione creatasi e tamponare l'insofferenza manifestata da parte dei professori a contratto.
Quindi, con nota rettorale dell'11 novembre 2003, valutate le particolari e straordinarie esigenze rappresentate dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione e tenuto conto della mancata attribuzione di risorse per le esigenze didattiche dell'a.a. 2002/2003, imputabile, ribadisce il Rettore, al mancato raggiungimento dell'accordo con la Facoltà di Sociologia circa la ripartizione di quanto a disposizione della preesistente facoltà unita è stato comunicato che l'Amministrazione aveva assegnato alla facoltà di scienze della Comunicazione risorse da destinare alle attività didattiche etc. per l'a.a. 2002/2003.
Con la medesima nota sono state comunicate le attribuzioni per le stesse voci relative all'a.a. 2003/2004.
Sulla base delle risorse la Facoltà di Scienze della Comunicazione, con una nota del 19 novembre 2003, rettificando la documentazione precedentemente inviata in fase di proposta, ha trasmesso gli elenchi relativi al conferimento di incarichi esterni e contratti per l'a.a. 2002/2003; in base a questa il numero di contratti risultava pari ad 89 da stipulare con 85 esperti, 5 affidamenti esterni all'Università La Sapienza e 14 affidamenti/supplenze interni, con l'indicazione a fianco di ciascun nominativo dell'insegnamento svolto, delle ore di lezione e delle effettive retribuzioni in ordine a ciascun contratto ovvero affidamento/supplenza.
A ratifica del conferimento delle attività di insegnamento svolte presso tale facoltà nell'a.a. 2002/2003 è stato predisposto il decreto rettorale di autorizzazione alla spesa e si è successivamente provveduto alla sottoscrizione dei relativi contratti.
Il Rettore, inoltre, ha precisato il numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori) in servizio alla data del 30 novembre 2003, presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, ammontante a 61 unità oltre a quello dei professori a contratto, comunicati dalla Facoltà per l'a.a. 2002/2003, corrispondente a 85 unità, smentendo che questi siano più del doppio rispetto ai primi, come affermato dall'Onorevole interrogante, e sottolineando che dipende dal Consiglio di Facoltà, nell'ambito della programmazione didattica e nel rispetto delle disponibilità di bilancio, promuovere i corsi che si ritengono necessari, fermo restando che questi possono essere coperti sia mediante conferimento di affidamenti/supplenza a docenti già in ruolo, sia tramite contratto ad esperti esterni.
Relativamente, poi, all'importo delle retribuzioni, comunicate dal Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione con nota del 28 ottobre 2003, di cui si ignora completamente il contenuto, in quanto non è mai stata inviata agli uffici ed è considerata, pertanto, sconosciuta, il Rettore fa notare che non esiste nell'ordinamento in vigore alcuna disposizione che stabilisca l'entità ovvero i criteri cui fare riferimento per la determinazione degli emolumenti da corrispondere ai professori a contratto.
L'Università, pertanto, per la determinazione di detta entità, ha ritenuto necessario basarsi sia sugli articoli 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 382/80 e 1 del decreto ministeriale n. 242 del 21 maggio 1998 che individuano quale limite le disponibilità finanziarie disponibili, sia sulla circolare del Ministero della pubblica istruzione del 5 novembre 1984, al tempo competente in materia, che ritiene valida la legge di mercato della domanda e dell'offerta, stante la carenza di risorse circa gli emolumenti da corrispondere, si ritiene valida la legge di mercato della domanda e dell'offerta.
In merito alla richiesta avanzata dall'Onorevole interrogante di maggiori risorse da destinare agli atenei si ricorda che la recente legge finanziaria ha incrementato il fondo di finanziamento ordinario delle Università.
Sulle vicende descritte dal rettore dell'Università di Roma «La Sapienza» il Ministero non ha ulteriori considerazioni da aggiungere.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.


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TAGLIALATELA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la situazione dell'emergenza rifiuti in Campania è tale da aver determinato il rinnovo della dichiarazione dello stato di emergenza;
la dichiarazione dello stato di emergenza trova applicazione con l'emanazione di una ordinanza interministeriale attraverso la quale è stato individuato e nominato quale Commissario di Governo il Presidente della giunta regionale, Antonio Bassolino;
tra i poteri esercitati dalla struttura commissariale vi è stato anche quello di autorizzare impianti di tritovagliatura, biostabilizzazione, eco-imballaggio dei rifiuti solidi urbani destinati agli impianti per la produzione del CDR non ancora attivati;
l'esercizio di tali poteri ha portato scarsissimi risultati a fronte di una spesa elevatissima;
tali poteri sono stati esercitati anche dal sub-commissario Facchi attraverso l'emanazione di ordinanze a propria firma;
l'onere di tali spese è stato coperto con un intervento economico della struttura commissariale -:
se vi sia stato un controllo sugli affidamenti privatistici riguardo allo smaltimento rifiuti e, in caso affermativo, quali siano i risultati di tali controlli;
se, in particolare, sia stata svolta una gara pubblica per la scelta di un impianto di proprietà della ditta Pellini srl per le operazioni di tritovagliatura ed eco-imballaggio per un costo, interamente a carico del Commissario di Governo, dal 15 luglio 2001 al 15 settembre 2002, di oltre 2.000.000 di euro (quattro miliardi di vecchie lire);
se risulti che tale impianto sia idoneo alle necessità individuate dal Commissario di Governo o se, invece, lo stesso impianto sia soggetto a continui lavori di riparazione;
se risulti vero che siano stati smaltiti ed inceneriti rifiuti speciali e pericolosi nell'impianto di tritovagliatura ed eco-imballaggio.
(4-06252)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente lo smaltimento dei rifiuti in Campania, si rappresenta che il comune di Acerra (Napoli), agli inizi del 2001, per la chiusura delle vecchie discariche, con propria ordinanza sindacale, acquisì un'area di 5000 mq, di proprietà, della ditta Pellini srl, per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti, corrispondendo un canone di affitto di circa 9 milioni di lire al giorno.
Successivamente, il Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti, Bonifiche e Tutela delle Acque in Campania, che aveva dotato il suddetto comune anche di una macchina rotoimballatrice per lo smaltimento dei rifiuti secchi, al fine di rendere più spedite le varie attività lavorative, con propria ordinanza, dispose lo spostamento dei rifiuti dall'area di stoccaggio, denominata Settore A, ad un'area attigua, denominata Settore B, di circa 13 mila mq, sempre di proprietà della Pellini srl e sufficiente ad ospitare ulteriori impianti.
Inoltre, la suddetta Struttura Commissariale, con ordinanza n. 306 del 12/06701, dispose l'autorizzazione, in via provvisoria, all'esercizio dell'impianto ubicato in Contrada Lenza-Schiavone che risultava impermeabilizzato e munito di tutti i requisiti di carattere igienico-sanitario, per un costo giornaliero di 7.600.000 lire e per un periodo massimo di sei mesi.
La gestione dell'impianto veniva affidata, quindi, al Consorzio di bacino NA/2.
Il suddetto Consorzio veniva affiancato dalla società «Igica» nel ruolo di supervisore e nella gestione dell'attività di rotoimballatura, e dalla società Pomigliano Ambiente nell'attività di tritovagliatura, mentre i controlli di competenza sulla gestione dell'intero impianto venivano svolti dall'amministrazione provinciale.


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Il Commissariato di Governo, inoltre, si impegnava a fornire al Consorzio NA/2 un fondo economico da destinarsi all'avvio delle attività e di altri interventi necessari a garantire una corretta gestione.
Infine, come, riferito dal comando provinciale dei Carabinieri di Napoli alla prefettura di Napoli, non risulta che l'impianto di tritovagliatura ed ecoimballaggio di rifiuti ubicato in località Lenza-Schiavone del comune di Acerra (Napoli) sia stato soggetto a continui lavori di riparazione o giudicato inidoneo, né che vi siano stati trattati rifiuti speciali e pericolosi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

TOCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) 8 agosto 2000, n. 580, relativo alle modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, definisce all'articolo 5 una rigorosa tempistica per l'esame e l'approvazione dei progetti di ricerca presentati e, in particolare:
a) il comma 12 fissa in 15 giorni dalla data del ricevimento la trasmissione della documentazione presentata da PMI ad uno o più esperti iscritti nell'apposito albo ministeriale per la valutazione dei contenuti tecnico-scientifici del progetto, nonché all'istituto bancario indicato dal richiedente per gli adempimenti tecnico-amministrativi;
b) il comma 13 fissa in 15 giorni dalla data del ricevimento la trasmissione della documentazione presentata da grandi imprese all'apposito Comitato (che in base al comma 14 si deve riunire con frequenza almeno mensile) perché ne effettui una valutazione preliminare;
c) il comma 15 fissa in 30 giorni dalla trasmissione del progetto l'invio dell'esperto al MIUR e all'istituto bancario dell'esito della propria istruttoria;
d) il comma 16 fissa in 60 giorni dalla trasmissione del progetto (e comunque in 30 giorni dal ricevimento dell'istruttoria dell'esperto) l'invio al MIUR dell'esito della propria istruttoria tecnico-economica;
e) il comma 18 stabilisce che il MIUR trasmetta le relazioni istruttorie dell'esperto e dell'istituto bancario all'apposito Comitato (che, come detto, si deve riunire con frequenza almeno mensile) e che il Comitato stesso si esprima sul progetto entro la prima riunione successiva alla trasmissione delle relazioni, proponendo contestualmente al Ministero l'adozione dei relativi provvedimenti;
f) il comma 19 stabilisce che il MIUR, acquisito il parere del Comitato, adotti, con proprio decreto, la relativa determinazione;
g) il comma 34 stabilisce in 60 giorni dalla data di ricezione del decreto del MIUR la stipula del contratto con il soggetto proponente da parte dell'istituto bancario;
h) il comma 36 stabilisce in 90 giorni dal ricevimento della documentazione da parte del contraente la liquidazione da parte dell'istituto bancario degli stati di avanzamento semestrali, soggetta alle positive verifiche tecnico-contabili effettuate dall'istituto bancario e dall'esperto;
da tempo risulta sospesa l'adozione da parte del MIUR dei decreti relativi alle domande d'agevolazione sulle quali il Comitato si è espresso favorevolmente -:
quali siano stati, separatamente per le domande d'agevolazione presentate nell'esercizio 2002 e nell'esercizio 2003:
a) tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di ricezione) di trasmissione da parte del MIUR all'esperto e all'istituto bancario della documentazione presentata da PMI;


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b) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di ricezione) di trasmissione da parte del MIUR all'apposito Comitato della documentazione presentata da grandi imprese;
c) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di trasmissione del MIUR) di trasmissione da parte degli esperti al MIUR e all'istituto bancario al MIUR e all'istituto bancario dell'esito delle proprie istruttorie;
d) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di trasmissione del MIUR) di trasmissione da parte degli istituti bancari al MIUR degli esiti delle proprie istruttorie tecnico-economiche;
e) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di ricevimento della relazione dell'esperto) di trasmissione da parte degli istituti bancari al MIUR degli esiti delle proprie istruttorie tecnico-economiche;
f) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di ricezione dell'istruttoria tecnico-economica) di trasmissione da parte del MIUR all'apposito Comitato delle relazioni istruttorie degli esperti e degli istituti bancari;
g) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di trasmissione della documentazione del MIUR) della formulazione da parte del Comitato delle relative proposte al MIUR;
h) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data della proposta del Comitato) di adozione dei decreti da parte del MIUR;
i) i tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di trasmissione del decreto del MIUR) della stipula da parte degli istituti bancari dei contratti con i soggetti proponenti;
l)tempi medi, minimo e massimo (a decorrere dalla data di ricezione della documentazione pertinente) per la liquidazione degli stati d'avanzamento semestrali;
m) i tempi medi, minimo e massimo intercorrenti fra la data di presentazione delle domande d'agevolazione e la data di stipula dei relativi contratti;
se, come previsto all'articolo 5, comma 17, del decreto ministeriale n. 580 del 2000, nell'ambito degli atti convenzionali con gli esperti e con gli istituti bancari, siano state indicate le misure sanzionatorie da applicarsi nei casi, imputabili a tali soggetti, di mancato adempimento dei rispettivi compiti e se tali eventuali sanzioni siano mai state applicate;
se il Ministro non ritenga che il rispetto dei tempi dettati dal decreto ministeriale n. 580 del 2000 non rappresenti soltanto un doveroso adempimento di carattere formale, ma sia essenziale per l'efficacia degli interventi di agevolazione alla ricerca;
quale sia la valutazione del Ministro sul mancato rispetto dei tempi fissati, quali responsabilità abbia individuato, quali sanzioni abbia assunto, quali interventi abbia adottato per assicurare in futuro il rispetto delle scadenze;
per quali motivi l'adozione dei decreti relativi alle agevolazioni alla ricerca di cui alla legge n. 297 del 1999, sia stata sospesa e quale sia la valutazione del Ministro sugli effetti di tale sospensione sull'ammontare degli investimenti programmati per la ricerca nel corrente esercizio.
(4-07887)

Risposta. - In primo luogo, si ritiene opportuno premettere che gli interventi a sostegno delle attività di ricerca svolte in ambito industriale, di competenza del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, sono attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 291/1999. Quest'ultimo è stato reso operativo con il decreto ministeriale n. 593/2000, il quale reca tutte le modalità procedurali dei singoli interventi previsti.
Tutti gli interventi gravano sul FAR - Fondo per le agevolazioni alla ricerca: si tratta di un fondo rotativo che si alimenta, da un lato, con le assegnazioni annuali di bilancio e, dall'altro, con le somme restituite


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in dipendenza dell'accensione di mutui (che rappresentano una delle forme più tipiche di sostegno utilizzate dal MIUR).
L'impianto normativo prevede una serie di interventi strutturati su tre modalità procedurali: interventi con procedura valutativa (articoli 5-11 decreto ministeriale n. 593/2000): si tratta di interventi
«bottom up» a sostegno di progetti che si presentano «a sportello», vale a dire in ogni momento dell'anno senza la necessità di rispondere a specifici inviti e/o bandi; interventi con procedura negoziale (articoli 12-13 decreto ministeriale n. 593/2000): si tratta di interventi «top-down», ossia a sostegno di progetti proposti in conformità a specifici bandi emanati dal Ministero; interventi con procedura automatica (articoli 14-15-16 decreto ministeriale n. 593/2000): si tratta di forme di intervento a favore, prevalentemente, di PMI, destinate a favorire specifiche condizioni di contesto per l'investimento in ricerca da parte di tali soggetti. Esse operano in modo automatico, prescindendo da valutazioni preventive di legittimità, e nelle forme del credito di imposta e del contributo a fondo perduto.
Inoltre, con le stesse modalità è prevista la concessione di premi alle PMI che ottengano finanziamenti dalla Unione Europea nell'ambito dei programmi quadro di ricerca e sviluppo (articolo 16).
Le richieste poste dall'interrogante Tocci in sede di atto di sindacato ispettivo riguardano, specificatamente, gli interventi con procedura valutativa: al fine di meglio corrispondere ai chiarimenti richiesti, appare opportuno fornire alcuni specifici e indispensabili elementi di informazione.
Con riferimento agli interventi di carattere valutativo realizzati ai sensi degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 del richiamato decreto ministeriale n. 593/2000 (rispettivamente, progetti autonomi per lo svolgimento di attività di ricerca industriale; progetti autonomi di ricerca inseriti in accordi intergovernativi di collaborazione; progetti autonomi di formazione professionale per ricercatori e tecnici di ricerca; progetti autonomi di ricerca comprensivi della realizzazione di infrastrutture di ricerca) occorre distinguere tra gli interventi valutativi riguardanti il Mezzogiorno d'Italia e quelli relativi al resto del territorio nazionale.
Per quanto riguarda questi ultimi, con esclusivo riferimento alle domande non ricomprendenti costi per attività da svolgersi per almeno il 75 per cento del totale nelle zone dell'obiettivo 1 del territorio nazionale, il Ministero, con decreto direttoriale del 12 dicembre 2002, ha ravvisato l'opportunità di sospendere, oltre alla ricezione di nuove domande di finanziamento, ogni attività istruttoria relativa alle domande già pervenute.
In particolare, si è proceduto alla sospensione di n. 831 richieste di finanziamento, la copertura delle quali avrebbe richiesto un impegno di risorse pubbliche complessivamente pari a 2.200 milioni di euro.
La situazione era resa ulteriormente gravosa dalla ricezione, nelle ultime settimane di vigenza della precedente legge n. 46/1982 di un numero assai consistente di richieste di finanziamento (200, per un impegno di risorse pubbliche pari a 2.328 milioni di euro), le quali, pervenute cronologicamente in precedenza, avevano naturalmente la priorità nell'acquisizione dei finanziamenti.
Pertanto, in considerazione dell'elevato numero di richieste di finanziamento sino ad allora pervenute e tenuto conto di una evidente insufficienza di risorse finanziarie disponibili, si è ritenuto opportuno procedere ad una temporanea sospensione delle attività istruttorie delle richieste pervenute ai sensi del decreto legislativo n. 297/1999, al fine di effettuare una esatta ricognizione della situazione, evitando d'altra parte la soluzione della restituzione delle domande che, pur prevista ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo n. 123/1998, presentava aspetti di evidente criticità.
La situazione della finanza pubblica non ha consentito, sino ad ora, di poter superare la descritta situazione di sospensione, anche se nell'ultima manovra finanziaria e, in particolare, nell'ambito della legge n. 326/2003 (di conversione del decreto-legge, n. 269/2003, recante «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione


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dell'andamento dei conti pubblici») è stata prevista, all'articolo 2, la cartolarizzazione dei crediti dello Stato relativi ai finanziamenti di investimenti in ricerca. Da tale operazione saranno ricavate le risorse per poter riavviare le valutazioni in ordine alla finanziabilità delle richieste sospese.
In relazione a quanto sinora esposto, appare evidente come la descritta situazione di sospensione debba considerarsi assorbente rispetto alle puntuali richieste contenute nell'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto.
Diversa è la situazione per quanto concerne le richieste di finanziamento per progetti ricomprendenti costi per attività da svolgersi almeno per il 70 per cento nelle aree dell'obiettivo 1 del territorio nazionale. Infatti, tali richieste vengono ricevute, valutate e finanziate normalmente, potendo contare sulla disponibilità rinvenienti dalle risorse dei fondi strutturali della Unione Europea (FESR, FSE) e dalle risorse per le aree sottoutilizzate ripartite con le delibere del CIPE.
Al momento, sono pervenute n. 852 richieste di finanziamento, per un costo complessivo di 2.716 milioni di euro e per un impegno di risorse pubbliche presuntivamente pari a 2.400 milioni di euro.
Per tali richieste, i termini temporali specificatamente previsti per le singole fasi della procedura contenuta nel decreto ministeriale n. 593/2000 (di natura, comunque, non perentoria) appaiono sostanzialmente rientrare nei limiti della ragionevolezza, anche considerata la natura dei progetti di ricerca in esame che, in quanto tali, presentano assai spesso aspetti di natura tecnico-scientifica la cui valutazione risulta particolarmente delicata.
Occorre al riguardo ricordare che l'istruttoria di tali richieste è molto accurata e approfondita, proprio considerata la particolare natura delle attività finanziabili. Le valutazioni istruttorie, infatti, non si limitano ad un esame della documentazione cartacea, ma prevedono, sia per la parte tecnico-scientifica, sia per la parte economico-finanziaria, specifiche visite presso il luogo di svolgimento delle attività. In questo modo il Ministero, pur al prezzo di un qualche rallentamento nei tempi di risposta, ha la possibilità di selezionare e finanziare iniziative di alto livello qualitativo.
Complessivamente, al momento i tempi medi di risposta si aggirano intorno ai 5-6 mesi. D'altra parte, pur nelle considerazioni sopra svolte, rimane costante l'impegno dell'Amministrazione a ridurre il più possibile tali tempi. Tale obiettivo risulta, peraltro, progressivamente realizzato, se si considera che già nel corso del 2003 i tempi di risposta risultano nettamente più brevi di quanto rilevato nell'esercizio precedente.
Occorre, inoltre, sottolineare che per tutto il 2003 il Ministero è stato nell'impossibilità, anche se in presenza di risorse finanziarie disponibili, di procedere all'assunzione di impegni a valere sul fondo per le agevolazioni alla ricerca. Infatti, in conseguenza della complessa applicazione dell'articolo 72 della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), l'operatività del FAR è stata, sin dall'inizio del 2003, completamente bloccata, sia dal punto di vista dell'assunzione degli impegni, sia per quanto riguarda la possibilità di procedere alle erogazioni.
In particolare, tale articolo prevede, al primo comma, che le somme aventi natura di trasferimenti alle imprese per contributi alla produzione e agli investimenti affluiscono in appositi fondi rotativi istituiti presso le Amministrazioni interessate e, al secondo comma, che i contributi a carico di tali fondi vengano concessi, a decorrere dal 1o gennaio 2003, secondo i criteri e le modalità stabiliti, sulla base di specifici principi, dal Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro competente.
Solo recentemente, con l'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 10 ottobre 2003, il FAR ha potuto recuperare la sua completa operatività e, quindi, con decreto direttoriale del 19 novembre 2003, si è potuto procedere alla ripartizione delle risorse del FAR per l'esercizio 2003.
I due provvedimenti sopra descritti consentono ora al Ministero di procedere all'adozione di una serie di decreti di finanziamento relativi a progetti di ricerca industriale, presentati a valere sulle risorse


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del FAR, valutati positivamente e sinora non finanziati per le problematiche citate. In particolare, si tratta di progetti presentati sulla legge n. 46/1982 sulla legge n. 488/1992 nonché, con esclusivo riferimento a quelli ricomprendenti costi per attività da svolgersi per almeno il 75 per cento delle aree dell'obiettivo 1 del territorio nazionale, sul decreto legislativo 297/1999. Pertanto, con tali decreti il Ministero procede, complessivamente, al finanziamento di n. 222 progetti di ricerca industriale per un impegno di risorse pubbliche pari ad oltre 445 milioni di euro.
Il Viceministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Guido Possa.

VILLARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il radon, gas radioattivo inodore ed incolore, è catalogato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tramite l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel Gruppo 1 in cui sono elencate quelle sostanze per cui vi è un'evidenza certa di cancerogenicità sull'uomo. L'inalazione del radon e dei suoi prodotti di decadimento è ritenuta responsabile dalle maggiori autorità competenti ed in particolare dall'EPA (United States Environmental Protection Agency) del 10 per cento di casi di tumore ai polmoni;
vivere, lavorare o studiare in ambienti con elevate concentrazioni di radon aumenta la probabilità di contrarre un tumore polmonare. Il rischio risulta proporzionale alla concentrazione e al tempo di esposizione;
generato dal naturale processo di decadimento radioattivo dell'uranio, il radon è presente in alcune rocce della crosta terrestre, in particolare in quelle vulcaniche come lave, tufi e graniti. Esso può concentrarsi nelle falde acquifere e penetrare in ambienti domestici chiusi attraverso fori o fessure delle fondamenta, dei muri e dei pavimenti delle cantine, rappresentando una seria minaccia per la salute dei cittadini, con particolare attenzione ad ambienti, quali: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo, frequentati da una popolazione più sensibile agli effetti nocivi di questo gas;
è importante sottolineare come, l'Italia paese ricco di zone vulcaniche con particolare riferimento alla regione Campania, sia carente di una precisa mappa di rischio del radon;
si fa, infine, presente che il decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241 (Attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti) stabilisce che entro 5 anni dalla data di entrata in vigore (1 gennaio 2001) le regioni devono individuare quali aree geografiche presentano caratteristiche tali da richiedere l'applicazione della legge -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire predisponendo un piano di monitoraggio in merito all'attuazione del citato decreto legislativo, al fine di individuare i siti a rischio radon e provvedere a tutelare la salute dei cittadini.
(4-08838)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, concernente l'individuazione dei siti a rischio radon, si riferisce che l'esposizione al radon sta emergendo come una nuova problematica ambientale. Elevati livelli di concentrazione di radon e dei suoi prodotti di decadimento sono responsabili di un aumento di rischio di tumore polmonare.
L'Organizzazione mondiale della sanità (WHO-OMS), attraverso la sua Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha inserito il radon nel gruppo 1 (cancerogeno) fin dal 1988. All'esposizione al radon è associata la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo di tabacco.
In Italia 1500-6000 casi l'anno di tumore polmonare sono attribuiti all'esposizione al radon.


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Sta crescendo la consapevolezza di questa problematica presso le organizzazioni ambientaliste e dei consumatori, i media e quindi presso la pubblica opinione.
In materia, occorre distinguere tra esposizioni in ambienti di lavoro e quelle in ambienti residenziali.
Il decreto legislativo n. 241 del 2000 ha introdotto nella legislazione italiana la problematica dell'esposizione al radon della popolazione e dei lavoratori negli ambienti di lavoro, recependo la direttiva n. 29 della Commissione Europea del maggio 1996. Il decreto integra e modifica il decreto legislativo n. 230 del 1995 in materia di radiazioni ionizzanti.
Nell'articolo 10-
bis sono individuate alcune attività e particolari luoghi di lavoro per i quali i datori di lavoro (ma anche le amministrazioni locali e quelle nazionali) hanno l'obbligo di ottemperare a una serie di adempimenti. Tra i luoghi di lavoro sono individuati tunnel, sottovie, catacombe, grotte e comunque tutti i luoghi di lavoro sotterranei.
L'articolo 10-
sexies assegna alle Regioni e Province autonome il compito di individuare le aree del territorio ad elevata probabilità di alte concentrazioni di radon allo scopo di far eseguire gli adempimenti di legge anche in ambienti diversi da quelli citati, in pratica in tutti i luoghi di lavoro.
Tale attività, definita «mappatura radon», prevede, sulla base di indicazioni fornite da un'apposita commissione, l'esecuzione di indagini sul territorio, l'identificazione delle aree e la relativa pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale.
Le regioni e province autonome devono effettuare la mappatura entro il 31 agosto 2005.
Pochissime regioni hanno ad oggi avviato studi preliminari e tutte, comunque, hanno coinvolto le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. In altri casi le Agenzie hanno avviato propri, limitati, programmi. Non è previsto un coordinamento nazionale sulla mappatura se non limitatamente alle linee guida che dovranno essere emanate dalla citata commissione.
La maggior parte dell'esposizione al radon avviene mediamente negli ambienti residenziali, se non altro per effetto del maggior tempo trascorso nelle proprie abitazioni. Negli anni 90 è stata effettuata un'indagine su tutto il territorio nazionale, organizzata dall'ex ANPA e dall'ISS con il contributo degli assessorati regionali della sanità, che ha portato ad un ottimo livello di conoscenza della situazione nazionale e regionale. Le misure sul territorio sono state effettuate dalle allora strutture sanitarie dei CRR (Centri regionali di riferimento per la radioattività ambientale), costituite tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90 dal ministero della sanità. Tali strutture sono successivamente confluite nelle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente (ARPA/APPA) a seguito della legge n. 61 del 21 gennaio 1994.
L'esposizione al radon nelle abitazioni è oggetto di una raccomandazione europea, la 143/EURATOM del 1990 che ha fissato livelli di azione superati i quali si raccomanda di adottare interventi di bonifica. Non è ancora stata emanata una normativa nazionale mentre la sola regione Veneto ha affrontato il problema con una delibera regionale.
Anche in questo caso è di particolare utilità la conoscenza del territorio in termini di maggiore probabilità di alte concentrazioni di radon negli edifici, che si realizza con apposite campagne conoscitive (mappature).
Come è stato fatto per molti paesi, tale attività consente di razionalizzare le risorse e di concentrarle laddove il fenomeno presenta una maggiore incidenza.
Sarà cura di questa amministrazione affrontare questa problematica cercando di:
sensibilizzare gli assessorati regionali e provinciali all'ambiente e alla sanità sul problema;
avviare le attività di mappatura del territorio che consentono da una parte di ottemperare agli obblighi di legge e dall'altra di razionalizzare le risorse destinate alla protezione della popolazione;


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avviare le necessarie azioni di informazione e sensibilizzazione del pubblico.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

ZANELLA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno degli incendi boschivi, favorito anche dalla eccezionale calura estiva, è stato questa estate un'emergenza nazionale che ha messo alla prova le politiche di prevenzione e di intervento;
gli incendi sono risultati per la gran parte di natura dolosa, in ciò evidenziando la necessità di interventi di controllo adeguati al fenomeno e di indagini volte ad individuare i responsabili e a conoscerne le motivazioni alla base delle azioni dolose;
anche nel parco regionale dei Colli Euganei (provincia di Padova) si sono avuti molti incendi, per lo più di origine dolosa, segnando una nuova recrudescenza dopo anni di netta riduzione del loro numero;
da informazioni scritte si ricavano due ordini di problemi che sembra possano aver contribuito ad evidenziare manchevolezze, inefficienze e incompetenze nell'azione di prevenzione e di intervento durante questa emergenza nei Colli Euganei;
risulta all'interrogante che tra l'Ente Parco e il SRF è in atto un conflitto di competenze molto aspro in merito alla titolarità degli interventi, dei progetti, dei cantieri di lavoro nel parco con, sullo sfondo, anche la gestione dei finanziamenti. L'Ente Parco rivendica a sé tale titolarità, forte di quanto dispone la legge regionale n. 38 del 1989, istitutiva del parco, titolarità del tutto disconosciuta dalla SRF -:
quali iniziative intenda assumere affinché siano garantite la prevenzione degli incendi e la sicurezza, nel caso di eventuali emergenze, attualmente compromesse, dai conflitti di competenza tra gli enti coinvolti.
(4-07861)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente incendi nel Parco regionale dei Colli Euganei, si rappresenta che in materia di incendi boschivi all'interno del Parco le funzioni amministrative e organizzative, a seguito della legge regionale del Veneto del 24 gennaio 1992, n. 6, sono attribuite alla Direzione regionale foreste e ai suoi uffici periferici.
Pertanto, in applicazione di tale disposizione legislativa regionale, che ha modificato l'articolo 16 della legge regionale n. 38 del 1989, il Parco regionale dei Colli Euganei ha, come delega in materia di incendi boschivi, solo la possibilità di formulare proposte alla regione Veneto per l'acquisto di automezzi e la formazione di volontari.
Su richiesta del predetto Parco, la regione Veneto sta predisponendo appositi atti di indirizzo per chiarire, inequivocabilmente, le attribuzioni di competenza, sulla scorta di quanto stabilito dalla legge regionale 10 ottobre 1989, n. 38.
Il Corpo forestale dello Stato di Padova ha fatto presente che la scorsa estate, dopo alcuni anni di relativa tranquillità, si è ripresentato il fenomeno degli incendi boschivi di origine dolosa nel territorio dei Colli Euganei e che gli interventi per lo spegnimento sono stati sufficienti, pronti ed efficaci, grazie alle notevoli dotazioni di uomini e mezzi dei vigili del fuoco e delle Associazioni di volontariato e dei Servizi della regione Veneto.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

ZANELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la facoltà di scienze della comunicazione di Roma fa parte dell'Università «La


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Sapienza» ed è, in ordine di consistenza numerica, la terza dopo Giurisprudenza ed Ingegneria, in un Ateneo che, con 150.000 iscritti è il più grande d'Europa e, forse, del mondo;
le lezioni dell'anno accademico 2003-2004 sarebbero dovute iniziare il 1 ottobre ma la disponibilità delle Aule è stata comunicata solo alla fine del mese di ottobre;
dopo l'estate si è presentato il problema della carenza dei professori a contratto; durante l'anno accademico 2002-2003 ben 154 moduli su 294 sono stati affidati a professori esterni o a contratto che avrebbero dovuto ottenere un lettera d'incarico e, alla fine dell'incarico, la retribuzione concordata, ma tutto questo non è avvenuto e di fatto i docenti che hanno svolto regolarmente le lezioni sono in una condizione di precariato totale;
nella facoltà di scienze della comunicazione il rapporto docenti/studenti è di 1/85, mentre mediamente nelle altre Università italiane è di 1/35; anche il rapporto professori di ruolo/professori a contratto è assolutamente sproporzionato, infatti i professori a contratto sono quasi il doppio di quelli di ruolo;
in una lettera indirizzata ai professori di ruolo e a contratto il 28 ottobre 2003, il Preside della Facoltà Domenico De Masi, ha comunicato che, per questo anno accademico, le retribuzioni minime garantite per ogni professore a contratto si aggirano intorno ai 950 euro annui per ogni modulo, che prevede: 30 ore di lezione, la preparazione della stesse, lo svolgimento degli esami con relativa compilazione dei verbali, il ricevimento degli studenti e la correzione dei compiti; il Preside ha altresì aggiunto che si tratta di «retribuzione simbolica, ma certa»;
le risorse finanziarie che la Facoltà di Scienze della Comunicazione procura all'Università «La Sapienza» consentirebbero il raggiungimento di tutti gli obiettivi, infatti, le tasse pagate dagli iscritti ammontano ad oltre 15 milioni di euro mentre gli esborsi della stessa Università per il pagamento dei docenti, del personale e dell'affitto delle aule non raggiungono i 6 milioni di euro -:
se non ritenga che questa situazione sia ormai divenuta insostenibile e indecorosa e che leda profondamente il diritto allo studio;
se non ritenga che questa situazione che, di fatto, demotiva il personale docente e gli studenti creando una conflittualità sempre più alta, debba essere risolta con un forte intervento da parte del Ministero che deve impegnarsi a reperire risorse e stanziare fondi adeguati per l'Università pubblica in modo da garantire il diritto al lavoro e non costringere il personale a contratti le cui condizioni sono assolutamente al di sotto del minimo vitale e si prefigurano come forme di vero e proprio sfruttamento inaccettabile in uno stato civile.
(4-07954)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante, dopo aver rappresentato la situazione di precariato dei docenti a contratto della facoltà di Scienze della comunicazione dell'università la Sapienza di Roma, chiede di accrescere le risorse finanziarie degli atenei, al fine di evitare lo sfruttamento economico di detti docenti, si rappresenta quanto segue.
In merito all'assegnazione degli incarichi a contratto il decreto ministeriale 21 maggio 1998 n. 242, che li disciplina, consente il ricorso a questo personale «per sopperire a particolari e motivate esigenze per l'insegnamento nei corsi di diploma universitario, di laurea o di specializzazione ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative» riservando alle università ed agli istituti di istruzione universitaria statale, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, la possibilità di stipularli concretamente, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nei limiti di appositi stanziamenti in bilancio.
Al Rettore dell'università «la Sapienza» è stato chiesto, quindi, di chiarire la particolare


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situazione descritta nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto.
Questi ha precisato che effettivamente i fondi sono venuti a mancare ma si è trattato di un problema temporaneo, ascrivibile alla circostanza che la facoltà di Scienze della Comunicazione è di recente costituzione, essendo stata attivata, per gemmazione dalla esistente Facoltà di Sociologia, con delibere del Senato accademico del l5 febbraio 2001 e del Consiglio di amministrazione del 6 marzo 2001, rese esecutive con D.R. n. 353 del 7 marzo 2001.
Questo ha comportato la necessità di accordi economici tra le due facoltà nelle more delle quali non è stato possibile al Consiglio di amministrazione, nel mettere a disposizioni le risorse relative all'anno accademico 2002/2003, prevedere stanziamenti specifici, da destinare ad affidamenti interni/esterni, supplenze, contratti di insegnamento ecc., per Scienza della Comunicazione.
Nonostante 1a mancata attribuzione di risorse, derivante dal mancato accordo tra le facoltà, la presidenza della facoltà di scienze della comunicazione, ha trasmesso, con nota dell'1 luglio 2003, la documentazione relativa alle proposte per affidamenti/supplenze interne, esterne e contratti deliberati dal Consiglio di Facoltà per l'a.a. 2002/2003 indicando a fianco di ciascun insegnamento svolto, le ore di lezione, la data della delibera del Consiglio di Facoltà ed il compenso.
Il Consiglio di amministrazione, nella seduta del 4 novembre 2003, ha, poi, provveduto, in sede di approvazione dell'assestamento del bilancio di previsione relativo all'esercizio finanziario 2003, a stanziare ulteriori risorse al fine di consentire alla facoltà in oggetto di fronteggiare la particolare situazione creatasi e tamponare l'insofferenza manifestata da parte dei professori a contratto.
Quindi, con nota rettorale dell'11 novembre 2003, valutate le particolari e straordinarie esigenze rappresentate dalla facoltà di scienza delle comunicazioni e tenuto conto della mancata attribuzione di risorse per le esigenze didattiche dell'a.a. 2002/2003, imputabile, ribadisce il Rettore, ai mancato raggiungimento dell'accordo con la Facoltà di Sociologia circa la ripartizione di quanto a disposizione della preesistente Facoltà unita è stato comunicato che l'Amministrazione aveva assegnato alla Facoltà di Scienze della Comunicazione risorse da destinare alle attività didattiche etc. per l'a. a. 2002/2003.
Con la medesima nota sono state comunicate le attribuzioni per le stesse voci relative all'a.a. 2003/2004.
Sulla base delle risorse la Facoltà di Scienze della Comunicazione, con una nota del 19 novembre 2003, rettificando la documentazione precedentemente inviata in fase di proposta, ha trasmesso gli elenchi relativi al conferimento di incarichi esterni e contratti per l'a.a. 2002/2003; in base a questa il numero di contratti risultava pari ad 89 da stipulare con 85 esperti, 5 affidamenti esterni all'Università la Sapienza e 14 affidamenti/supplenze interni, con l'indicazione a fianco di ciascun nominativo dell'insegnamento svolto, delle ore di lezione e delle effettive retribuzioni in ordine a ciascun contratto ovvero affidamento/supplenza.
A ratifica del conferimento delle attività di insegnamento svolte presso tale facoltà nell'a.a. 2002/2003 è stato predisposto il decreto rettorale di autorizzazione alla spesa e si è successivamente provveduto alla sottoscrizione dei relativi contratti.
Il Rettore, inoltre, ha precisato il numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori) in servizio alla data del 30 novembre 2003, presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, ammontante a 61 unità oltre a quello dei professori a contratto, comunicati dalla facoltà per l'a.a. 2002/2003, corrispondente a 85 unità, smentendo che questi siano più del doppio rispetto ai primi, come affermato dall'Onorevole interrogante, e sottolineando che dipende dal Consiglio di Facoltà, nell'ambito della programmazione didattica e nel rispetto delle disponibilità di bilancio, promuovere i corsi che si ritengono necessari, fermo restando che questi possono essere coperti sia mediante conferimento di affidamenti/supplenza a docenti già in ruolo, sia tramite contratto ad esperti esterni.


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Relativamente, poi, all'importo delle retribuzioni, comunicate dal Preside della facoltà di scienze della comunicazione con nota del 28 ottobre 2003, di cui si ignora completamente il contenuto, in quanto non è mai stata inviata agli uffici e è considerata, pertanto, sconosciuta, il Rettore fa notare che non esiste nell'ordinamento in vigore alcuna disposizione che stabilisca l'entità ovvero i criteri cui fare riferimento per la determinazione degli emolumenti da corrispondere ai professori a contratto.
L'Università, pertanto, per la determinazione di detta entità, ha ritenuto necessario basarsi sia sugli articoli 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 382/80 e 1 del deceto ministeriale n. 242 del 21 maggio 1998 che individuano quale limite le disponibilità finanziarie disponibili, sia sulla Circolare del Ministero della pubblica istruzione del 5 novembre 1984, al tempo competente in materia, che ritiene valida la legge di mercato della domanda e dell'offerta, stante la carenza di risorse circa gli emolumenti da corrispondere, si ritiene valida la legge di mercato della domanda e dell'offerta.
In merito alla richiesta avanzata dall'interrogante di maggiori risorse da destinare agli atenei si ricorda che la recente legge finanziaria ha incrementato il fondo di finanziamento ordinario delle Università.
Sulle vicende descritte dal Rettore dell'Università di Roma «la Sapienza» il Ministero non ha ulteriori considerazioni da aggiungere.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

ZANELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'ordinanza n. 1 del 16 gennaio 2004, emessa dall'Ente Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena, dispone, tra l'altro, «...di procedere con un'operazione straordinaria e urgente all'abbattimento selettivo dei cinghiali e degli ibridi cinghiale x maiale nelle isole di Caprera e Spargi...» seguendo un calendario che comprendeva il periodo dal 20 gennaio al 15 febbraio;
a quanto risulta anche da segnalazioni di animalisti de La Maddalena e da organi di stampa, si è trattato di una vera e propria indiscriminata mattanza, anche di cuccioli, eseguita con metodi di caccia collettiva a opera di squadre di cacciatori visti rincorrere gli animali per ucciderli; la cifra pare riguardare circa 250 capi abbattuti su un popolazione di 300 esemplari;
la pratica della caccia di selezione al cinghiale all'interno dei parchi sembra ormai essere quella più sponsorizzata dalle amministrazioni locali di concerto con gli Enti Parco al fine di affrontare il «problema cinghiali», con i ringraziamenti delle associazioni venatorie locali;
l'area dei Parchi interessati da tale pratica crudele comprende inevitabilmente zone di particolare interesse naturalistico e paesaggistico in cui è assolutamente vietata l'attività venatoria, salvo evidenti e documentati squilibri ecologici;
a oggi nessun documento scientifico dimostra che siamo in presenza di un disequilibrio ecologico all'interno di quei parchi che lamentano una rilevante presenza di cinghiali; semmai, il problema riguarda i danni ad alcune colture presenti in ben definite aree del parco;
la crescita o la diminuzione della popolazione di cinghiali dipende da alcuni fattori, non ultimo quello dell'immissione da parte dei cacciatori di capi provenienti dall'Europa centrale e orientale più grandi e con un tasso riproduttivo maggiore rispetto a quelli presenti in origine sul territorio italiano, in maniera tale da giustificare la necessità di successive ordinanze di abbattimento selettivo;
la presenza di cacciatori e cani all'interno di un parco causa problemi anche


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a tutte le altre specie animali presenti, spaventati dagli spari udibili anche a forte distanza -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
sulla base di quali considerazioni di carattere scientifico documentate si sia proceduto a questa sorta di «abbattimento selettivo» citato in premessa;
per quale motivo non sia stato utilizzato personale competente come le guardie forestali per risolvere quanto previsto dall'ordinanza, in luogo della presenza massiccia di cacciatori;
quali provvedimenti intenda adottare per evitare il ricorso a una pratica tanto crudele quanto non risolutiva della questione relativa alla proliferazione dei cinghiali all'interno dei parchi.
(4-09048)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente l'abbattimento selettivo dei cinghiali nelle isole di Caprera, Spargi, si comunica che la problematica inerente la proliferazione del Cinghiale nel Parco Nazionale di La Maddalena è stato ed è tuttora oggetto di particolare attenzione da parte di questo ministero
Ciò, anche in considerazione del fatto che all'interno di Caprera esisteva una presenza eccessiva di cinghiali che, tra l'altro, nella scorsa estate ha anche causato un serio rischio di incolumità per cittadini e turisti sull'isola.
In ogni caso, si deve rilevare che il controllo numerico degli ungulati in esubero all'interno delle aree protette viene, attuato, di norma, mediante l'utilizzo di trappole e, in ultima analisi, con il ricorso agli abbattimenti selettivi effettuati da personale abilitato ed incaricato dal Parco, sotto il diretto controllo dell'organismo di gestione dell'area protetta
Il controllo con gli abbattimenti selettivi è finalizzato a ridurre il numero degli animali in esubero nei parchi e generalmente non prevede l'utilizzo di mute di segugi e cacciatori appostati.
La tecnica della «braccata», più che una forma di abbattimento selettivo per il controllo della specie, è una tipica forma di caccia, con il conseguente disturbo ed impatto negativo nei confronti di altri animali presenti nel territorio.
L'Ente Parco della Maddalena, vista l'impraticabilità dei territori, aveva richiesto più volte di poter utilizzare i cani durante i controlli selettivi. In merito è stato richiesto un parere all'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, il quale ha suggerito l'impiego di un solo cane limiere, escludendo a priori l'impiego di più cani durante gli interventi di selezione. Tale parere è stato trasmesso a tutti gli Enti parco interessati al fenomeno della proliferazione del cinghiale nelle aree protette.
Comunque, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha realizzato, in collaborazione con il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, una pubblicazione scientifica relativa al controllo numerico del cinghiale nelle aree protette e svariate ricerche e studi approfonditi sull'impatto del cinghiale in alcune aree protette italiane.
Sulla base di tali dati scientifici si provvede, di volta in volta, ad autorizzare prelievi selettivi di cinghiali nei parchi, lasciando agli enti gestori la scelta del personale da autorizzare nel rispetto della normativa vigente.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.