Allegato B
Seduta n. 451 del 7/4/2004


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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FRANCI, VIGNI, FILIPPESCHI e RAFFAELLA MARIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 38-bis comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 prevede la facoltà ai contribuenti che effettuano esclusivamente o prevalentemente operazione di vendita con aliquote inferiori a quelle degli acquisti (e operazioni non imponibili per più del 25 per cento del volume degli affari) il rimborso IVA infrannuale;
il soggetto passivo può in alternativa alla compensazione chiedere il rimborso, anche parziale dei crediti IVA maturati in ciascuno dei primi tre trimestri dell'anno, mentre per il quarto trimestre può essere richiesto rimborso solo in sede di dichiarazione annuale;
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 10 ottobre 2003, n. 309 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 15 novembre 2003 si stabiliva espressamente che i rimborsi disposti dall'ufficio finanziario sono erogati dal concessionario entro venti giorni dalla ricezione delle disposizioni di pagamento;
ad oggi il ritardo accumulato nei rimborsi risulta essere, nelle province di Grosseto, Siena, Pisa, Lucca di oltre sei mesi e così in altre aree del Paese;
i rimborsi IVA rappresentano una parte consistente dei bilanci aziendali;
di tale rimborso usufruiscono prevalentemente le aziende casearie;
il settore è attraversato da una perdurante crisi delle vendite;
tale ritardo si ripercuote nella gestione aziendale accrescendo le difficoltà di liquidità finanziaria e di gestione;
tale difficoltà si riversa sui produttori di latte che vedono ritardarsi il pagamento delle forniture;
tutto ciò arreca danni alla filiera lattiero casearia -:
quali siano i motivi che hanno prodotto il verificarsi di tali ritardi e quali iniziative si intendano adottare affinché i termini dei venti giorni previsti dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 10 ottobre 2003, n. 309 vengano rispettati.
(5-03084)

GRANDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel centro di Verona ci sono due enormi immobili (circa 30.000 mq uno e 12.000 mq l'altro) attualmente adibiti ad uffici (Agenzia delle Entrate - VR1 e VR2, il primo Metropolis-FFSS, il secondo);


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risulta all'interrogante che quello del Ministero dell'Economia (Lungadige dei Capuleti), compreso nelle cartolarizzazioni, sarebbe stato recentemente ceduto al prezzo, si dice in città, di circa 25 milioni di euro (quindi a 860 euro circa a mq);
il secondo di Metropolis (FS) è posto a 100 metri dall'altro e la provincia di Verona starebbe per essere acquisito dalle Ferrovie Real Estate SpA al prezzo di 1.530 euro al mq, per complessivi 18,2 milioni di euro IVA al 20 per cento esclusa -:
quale sia il prezzo pagato per l'immobile cartolarizzato e chi sia l'acquirente.
(5-03094)

Interrogazioni a risposta scritta:

PEZZELLA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la vicenda dei custodi giudiziari inizia nel 1999, sulla base di una indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Napoli a seguito di numerosi esposti nei confronti della Prefettura, relativi all'inerzia dell'amministrazione nell'emettere nei termini prescritti dalla vigente normativa le ordinanze di confisca dei veicoli sequestrati amministrativamente per infrazioni al codice della strada;
nel corso degli ultimi 20 anni si erano accumulati quasi 100.000 veicoli all'interno dei depositi dei custodi giudiziari, che con il decorrere del tempo ed a causa degli agenti naturali, si erano degradati a meri corpi ferrosi, con grave pericolo per la salute pubblica, costituendo i veicoli «rifiuti speciali», e con grave ed ingiustificato sperpero di pubblico danaro per le spese di custodia;
a seguito di tali accertamenti la Procura della Repubblica intimò alla Prefettura di Napoli di procedere all'immediata esitazione dei reperti giacenti, allo scopo di tutelare la pubblica salute;
a seguito di tale invito la Prefettura di Napoli predispose, sulla scorta della vigente normativa sulla depenalizzazione e sull'ecologia, contratti di compravendita con i quali venivano ceduti ai titolari delle depositerie i reperti in giacenza presso le stesse;
tale contratto, avente per oggetto l'esclusiva cessione dei beni, con onere per i depositari-acquirenti di demolire i mezzi entro termini prestabiliti, disciplinava in via incidentale anche i pagamenti delle spese di custodia, nel senso che venivano contrattualmente determinate le tariffe da applicare;
tali tariffe erano fortemente riduttive rispetto ai prezzi medi vigenti stabiliti dall'U.T.E. di Napoli, prevedendo riduzioni fino all'85 per cento delle tariffe U.T.E.;
la spesa preventivata dalla Prefettura si aggirava intorno ai 110.000.000.000 di vecchie lire;
dopo aver iniziato ad erogare i compensi per circa 50.000.000.000 la Prefettura, a seguito di inchiesta condotta da altro Magistrato della Procura di Napoli, sospendeva l'erogazione dei compensi, senza mai più riprendere i pagamenti;
attualmente quasi tutte le ditte creditrici della Prefettura (oltre 50) hanno in corso procedure giudiziarie presso il Tribunale Civile di Napoli, che ha già emesso le relative ingiunzioni di pagamento (talvolta anche con la provvisoria esecutorietà) condannando la Prefettura al pagamento delle somme dovute, degli interessi e delle spese di giudizio, il tutto con enorme dispendio di danaro pubblico;
in un caso il Tribunale di Napoli ha addirittura dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento della Prefettura, condannando la stessa al risarcimento del danno cagionato al custode, ed


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al pagamento delle spese di procedura. Il tutto, ovviamente, oltre al pagamento delle spese di custodia a tariffa intera;
da ultimo i custodi giudiziari, pur risultando vittoriosi in sede giudiziaria, hanno manifestato la loro ulteriore disponibilità a rinunciare agli interessi maturati sulle somme a fronte del pagamento immediato delle spese di custodia, ma senza alcun riscontro da parte della Prefettura -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendono assumere per addivenire ad una definitiva soluzione della problematica esposta.
(4-09688)

FIORI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come è noto la reintroduzione nella Finanziaria del 2004 del comma 20 dell'articolo 3 del decreto-legge 351/2001 (abrogata in precedenza dall'articolo 26 comma 9 del decreto-legge 269/2003) ha escluso la possibilità, per i conduttori dei cosiddetti immobili di pregio di acquistare ai prezzi del valore di mercato vigenti nell'ottobre 2001, quando cioè era stata espletata la volontà di acquisto entro i termini previsti dalla legge;
tale esclusione, ribadita dal testo normativo recante la conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41 «in materia di determinazione del prezzo di vendita di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione»; evidenzia ad opinione dell'interrogante, una disparità di trattamento tra inquilini che spesso, pur risultando conduttori di immobili di pregio per i criteri che andremo ad esaminare, sono anziani pensionati, impiegati ed artigiani con possibilità economiche limitate, ai quali si rende impossibile la legittima aspirazione ad acquistare la prima ed unica casa in cui da anni abitano;
i criteri che concorrono alla classificazione di un immobile di pregio contenuti nel testo della delibera assunta dall'Osservatorio sul Patrimonio Immobiliare di concerto con l'Agenzia del territorio del 17 aprile 2002 così come modificata il 24 luglio 2002 sono i seguenti: a) esistenza per l'intero immobile di «vincoli di valore storico artistico, paesaggistico» o ricadenti in zone vincolate ai sensi della legge n. 431/1985 (vincoli paesistici categoriali); b) immobili costituiti per oltre 2/3 da «abitazioni di lusso» e, per quanto riguarda le singole unità abitative, quelli con la superficie superiore ai 240 metri quadri; c) ubicazione in zone nelle quali il «valore unitario medio di mercato degli immobili sia superiore al 70 per cento rispetto al valore di mercato medio rilevato nell'intero territorio comunale»; d) ubicazione nel centro storico, individuato in base alle perimetrazioni dei piani regolatori (zone omogenee di tipo A) con esclusione delle zone degradate soggette ai piani di recupero;
dai casi sopra indicati sono esclusi gli immobili in stato di degrado il cui valore di riproduzione a nuovo sia inferiore alla soglia di valore indicata per la classificazione di pregio (vale a dire con valore a metro quadro inferiore a 1.431,00 euro);
è bene sottolineare che per procedere alla classificazione «di pregio» di un'immobile è sufficiente la presenza di uno solo di questi parametri;
risulta dunque all'interrogante, che la semplice ubicazione nel centro storico sia stata determinante affinché numerosi immobili risultassero di pregio anche quando le caratteristiche dello stabile non corrispondessero al valore attribuito per legge. L'ubicazione dell'immobile, infatti, pur essendo importante nella determinazione del suo prezzo di mercato, dovrebbe costituire uno dei fattori che concorrono alla formazione del prezzo finale. A questa stessa conclusione sembrerebbe essere giunto il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione sesta - (Reg. Ord. 4420/03), che in data 7 ottobre 2003 ha respinto il ricorso


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in appello dell'INPDAP, non ritenendo sufficiente la tesi sostenuta dall'Ente della «necessaria qualificazione come di pregio degli immobili inseriti nei centri storici urbani» senza avere effettuato «verifiche» al riguardo. Ne consegue che per ogni immobile dovrebbero essere espressamente indicati tutti gli elementi di fatto e di diritto che determinino la classificazione di pregio;
un'ipotesi percorribile potrebbe essere quella di seguire la suddivisione dei centri storici in microzone ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1998, n. 138, come attualmente viene applicato in materia di affitti concordati nell'ambito dei patti territoriali. Così per esempio, applicando il criterio della zona A al quartiere Sallustiano di Roma si taglierebbe la microzona che accorpa tale quartiere a quello di Castro pretorio (che inizia dal lato opposto della strada) a cui gli studi tecnici del Comune, supportati da quelli dell'Agenzia del Territorio e del CRESME (Centro di Ricerche Economiche e Sociali sul mercato edilizio), lo hanno equiparato rilevando caratteristiche socio-economiche ed urbanistiche uniformi. La microzona del Castro Pretorio infatti non può essere venduta alle stesse condizioni (senza gli sconti ai sensi dell'articolo 3 comma 20 del decreto-legge 351/2001) dei quartieri di Fontana di Trevi, Pantheon, Piazza Navona o Piazza di Spagna -:
se non si ritenga opportuno adottare, in materia di qualificazione degli immobili di pregio, parametri tecnici più aderenti alla realtà sociale, economica ed urbanistica delle città e dei quartieri oggetto della cartolarizzazione, tenendo presente strumenti già esistenti (come appunto sono le «microzone») che eviterebbero l'aggravarsi di una situazione di sperequazione nei confronti delle classi sociali più deboli.
(4-09699)