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articolo: «Dieci anni di ammanchi al tribunale fallimentare di Milano, e almeno 35 milioni di euro di peculato sui fondi delle procedure assegnate alla curatrice Carmen Gocini, non inducono il ministero della giustizia a costituirsi parte civile nel processo cominciato ieri contro la commercialista e i coimputati fratelli Angelo e Caterino Borra, proprietari di Radio 101. A sorpresa, infatti, accanto alle scontate costituzioni di parte civile dei legali delle varie curatele spogliate negli anni di almeno 70 miliardi di lire, ieri non si è registrata la costituzione dell'Avvocatura dello Stato. L'ufficio guidato da Dante Corti aveva regolarmente segnalato a via Arenula l'esistenza di questo processo, l'indicazione come "parte offesa", e l'opportunità di costituirsi in giudizio per chiedere agli imputati sia i danni materiali sia quelli arrecati al prestigio dell'amministrazione che rappresenta l'interesse dei cittadini al corretto esercizio dell'attività giudiziaria: tanto più in un settore nel quale creditori, fornitori e dipendenti (e gli stessi falliti) trovano tutela proprio nello Stato, contro il quale potrebbero in teoria rivalersi in futuro qualora i proventi della messa all'asta della radio o la caccia al "tesoro" svolta dalla Finanza non bastassero a coprire l'intero ammontare del "buco". Ma dal dicastero del ministro leghista Roberto Castelli non è arrivata a Milano alcuna risposta. E in assenza di direttive, l'Avvocatura dello Stato non ha un autonomo potere di costituirsi. La decisione del ministro leghista di passare la mano, in controtendenza rispetto alla spiccata attenzione manifestata da Castelli per i cordoni della borsa del mondo della giustizia, è giunta in una udienza dominata dai Borra, in carcere con l'accusa di aver riciclato soldi provenienti dai mandati di pagamento firmati dai giudici della fallimentare ma falsificati negli importi dalla curatrice Gocini, sentimentalmente legata ad Angelo Borra: assegni prima fatti transitare su conti bancari (specie quelli di un piccolo istituto cooperativo di riferimento della Lega, CrediEuroNord), e poi fatti subito uscire in contanti verso destinazioni ignote. Impugnando la legge Cirami, e mettendo in conto di restare in carcere (i termini infatti sono "congelati" finché la Cassazione non avrà deciso), i proprietari di Radio 101 - emittente sotto sequestro dal settembre 2003, e che curiosamente si ritrova da ieri tra le società costituitesi parte civile contro i propri proprietari - hanno incaricato i loro legali Massimo Teti, Raffaele Dolce e Gianni Tizzoni di chiedere il trasferimento del processo a Brescia, sostenendo che l'ambiente del Tribunale penale di Milano non sarebbe la sede più adatta per discutere di colossali ammanchi protrattisi per anni sotto il naso di magistrati e cancellieri del tribunale fallimentare di Milano. Mossa difensiva a sorpresa anche per Gocini: la commercialista ha revocato il proprio difensore di fiducia Andrea Galasso senza nominarne uno nuovo. Il giudice Cristina Mannocci ha così dovuto dargliene uno d'ufficio, Tommaso Pisapia, al quale ha concesso termini a difesa sino al 19 aprile»;
sul Corriere della Sera del 25 marzo 2004 (pagina 17) è comparso il seguente
i fatti riportati dal quotidiano, per come esposti, sono di eccezionale gravità e potrebbero integrare, secondo l'interrogante, ipotesi di reato. È naturale chiedersi per quale ragione il Ministro interpellato non abbia voluto deliberatamente costituirsi parte civile, malgrado fosse a conoscenza della gravità del danno, con ciò impedendo di fatto il recupero di ingenti somme e arrecando alla pubblica amministrazione un danno di corrispondente importo; così come è naturale chiedersi lo stesso Ministro abbia omesso ciò per favorire o non danneggiare la banca CrediEuroNord, «istituto cooperativo di riferimento della Lega» che avrebbe riciclato assegni o altri titoli di provenienza illecita -:
se i fatti esposti a carico del Ministro corrispondano al vero;
in caso affermativo, i motivi per i quali non sia avvenuta la costituzione di parte civile e quali altre iniziative intenda assumere per sopperire al grave danno arrecato alla pubblica amministrazione.
(2-01139) «Fanfani».
la metanizzazione della provincia di Avellino è stata affidata in regime di concessione alla Sidigas spa con sede in Avellino;
tale società, a seguito di tormentate vicende interne, finì, per un arco di tempo abbastanza lungo, in amministrazione giudiziaria;
l'amministratore giudiziario rilevò una serie di irregolarità amministrative molto rilevanti, irregolarità che, per gli evidenti rilievi penali, erano finite, all'attenzione della Procura della Repubblica di Avellino;
il rilievo penale della vicenda riguardava, in particolare, la presunta fatturazione da parte della SIDIGAS di lavori mai realizzati;
i fatti e le denunce di cui sopra risalgono a tempi ormai remoti nel corso dei quali, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei denuncianti, le indagini non hanno prodotto alcun risultato noto;
i termini per le indagini preliminari sono abbondantemente scaduti senza che sia stato possibile appurare se i manufatti fatturati dalla SIDIGAS e rimborsati dal Ministero esistano veramente, fatto oggettivamente facile da verificare -:
le ragioni per le quali la Procura della Repubblica di Avellino, a distanza di anni, non abbia ancora concluso le indagini su una vicenda che, ad opinione dell'interrogante, non sembra presentare grandi difficoltà investigative.
(4-09550)