ad adottare le opportune iniziative affinché l'analgesia epidurale in travaglio
di parto sia inclusa fra le prestazioni garantite a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza;
affidato alla buona volontà di alcune strutture sanitarie, alla sensibilità degli operatori oppure viene effettuato dal privato, con i relativi alti costi per le partorienti;
ad adottare le iniziative più opportune affinché le tecniche di analgesia per l'espletamento del parto naturale vengano incluse fra le prestazioni garantite a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza;
premesso che:
l'analgesia epidurale è una tecnica praticata durante il travaglio, con un alto grado di sicurezza per la madre e per il neonato e pienamente compatibile con il parto naturale: una tecnica capace di diminuire il dolore, esaltando, di conseguenza, gli aspetti positivi legati all'evento della nascita;
in Italia, secondo l'Istat, solo al 3,7 per cento delle partorienti viene praticata questa tecnica analgesica (che, al contrario, viene scelta fino al 60 per cento dei casi in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti);
è da notare che nel nostro Paese, invece, si è registrata una progressiva crescita dei parti cesarei, che dal 1998 al 2000 sono passati dal 31,4 per cento al 33,2 per cento, ponendoci al primo posto in Europa, molto al di sopra della soglia del 10-15 per cento indicata come ottimale dall'Organizzazione mondiale della sanità;
sulla base del piano sanitario nazionale, all'interno dei punti nascita, dovrebbero essere presenti l'anestesista, il ginecologo ed il pediatra, oltre che l'ostetrica in forma attiva: tuttavia, in molte realtà la carenza di personale sanitario specializzato, in particolare anestesisti e paramedici, rende difficile l'attuazione di metodiche di parto indolore;
il comitato nazionale per la bioetica, in data 30 marzo 2001, nel riconfermare che «la lotta al dolore (....) rientra nei compiti primari della medicina e della società», ha riconosciuto che «il diritto della partoriente di scegliere un'anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza»;
gli esperti del settore, riuniti a Milano il 30 e 31 gennaio 2004 per un convegno internazionale degli istituti clinici di perfezionamento (clinica Mangiagalli e Ospedale dei bambini V. Buzzi), hanno individuato il primo ostacolo da rimuovere nella mancanza di qualunque finanziamento o rimborso per le aziende ospedaliere che offrono gratuitamente questa prestazione;
va ricordato, infatti, che, poiché queste tecniche non sono comprese nei livelli essenziali di assistenza, in molte regioni i raggruppamenti omogenei di diagnosi (diagnosis related groups) relativi al parto naturale non considerano i costi relativi all'assistenza necessaria per l'attuazione del parto con analgesia epidurale e ciò che si fa è sostanzialmente affidato alla buona volontà delle strutture e degli operatori;
a promuovere un'adeguata campagna informativa, con il coinvolgimento attivo delle regioni, rivolta al personale medico-sanitario, affinché la piena conoscenza dell'analgesia epidurale, con le conseguenze e le opportunità che presenta, venga diffusa presso tutte le donne in stato di gravidanza, per metterle in condizione di esercitare una scelta libera e responsabile.
(1-00316) «Magnolfi, Montecchi, Pollastrini, Abbondanzieri, Bimbi, Bolognesi, Burani Procaccini, Maura Cossutta, Alberta De Simone, Di Serio D'Antona, Licastro Scardino, Mazzuca Poggiolini, Paoletti Tangheroni, Zanella, Zanotti, Baldi, Cordoni, Trupia, Deiana, Moroni, Ottone, Turco, Sereni, Chiaromonte, Bianchi Clerici, Pisa, Melandri, Buffo, Sasso, Amici, Motta, Paola Mariani, Dorina Bianchi, Mazzoni, Lucidi, Cima, Capitelli, Grignaffini, Manzini, Bertolini, Finocchiaro, Pinotti, Boato».
(9 febbraio 2004)
premesso che:
il comitato nazionale per la bioetica nel marzo del 2001, nel riconfermare che «la lotta al dolore rientra nei compiti primari della medicina e della società», ha riconosciuto che «il diritto della partoriente di scegliere un'anestesia efficace rientra tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza»;
le tecniche di analgesia in ostetricia, siano esse epidurali (o peridurali) o combinate, come la cse (combined spinal epidural), più comunemente conosciute con il termine di «parto indolore», hanno oramai raggiunto dal punto di vista sia tecnico che farmacologico un livello di sicurezza tale da poter essere praticate come terapia di routine nell'assistenza al parto naturale, con lo scopo di ridurne drasticamente il dolore ed esaltare, di conseguenza, tutti gli aspetti positivi legati all'evento nascita;
tra le gestanti il parto indolore riscuote un gradimento sempre maggiore: risulta, infatti, che nelle strutture sanitarie o nei centri nascita dove si pratica il parto indolore il numero di donne che preferisce ricorrere a questa tecnica è sempre più in crescita e sempre più spesso donne in vista del parto scelgono il ricovero in strutture o centri che offrono la possibilità di effettuare il parto indolore, affrontando spesso disagi e costi;
in Italia, secondo l'Istat, solo al 3,7 per cento delle partorienti viene praticata questa tecnica analgesica, contro una percentuale intorno al 50 per cento della Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia ed una percentuale intorno al 60 per cento nei Paesi scandinavi;
sempre l'Istat riferisce che in Italia il ricorso al taglio cesareo è passato dall'11,2 per cento del 1980 al 27,9 per cento del 1996, fino al 30-33 per cento degli ultimi anni, con picchi al di sopra del 50 per cento registrati in alcune regioni del Centro-Sud del Paese. Una percentuale sempre troppo alta (che colloca l'Italia al primo posto in Europa per ricorso al taglio cesareo, evidenziando un'eccessiva medicalizzazione dell'evento parto), pur considerando che è ormai condivisa, dai ginecologi europei e mondiali, la non applicabilità agli standard occidentali della sog1ia del 10-15 per cento fissata a suo tempo dall'Organizzazione mondiale della sanità;
queste tecniche non sono comprese nei livelli essenziali di assistenza ed in molte regioni i raggruppamenti omogenei di diagnosi (diagnosis related groups) relativi al parto naturale non considerano i costi relativi all'assistenza necessaria per l'attuazione del parto indolore;
infatti, tutto quello che viene attualmente fatto nel settore pubblico è
la bassa percentuale delle partorienti che ricorrono al parto indolore è legata anche alla carenza di personale sanitario specializzato (in particolare, anestesisti ed infermieri), oltre che ad un'insufficiente campagna informativa rivolta alle donne;
a promuovere, anche presso le regioni, scelte di politica sanitaria che, sulla base di quanto previsto nel piano sanitario nazionale, garantiscano all'interno dei reparti di ostetricia o dei punti nascita gli spazi e le figure professionali necessarie per attuare il parto indolore, sia in regime di ricovero, sia in attività libero-professionale intramuraria;
a promuovere un'adeguata campagna formativa ed informativa, con il coinvolgimento attivo delle regioni, rivolta al personale medico sanitario, affinché la piena conoscenza delle tecniche di analgesia per il parto venga diffusa presso tutte le donne in gravidanza, per metterle in condizioni di esercitare una scelta libera e responsabile.
(1-00332) «Castellani, Giulio Conti, Gianni Mancuso, Porcu, Angela Napoli, Garnero Santanché, Franz, Ercole».
(1o marzo 2004)