Allegato B
Seduta n. 430 del 1/3/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ASCIERTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana per il suo funzionamento dispone di una articolazione territoriale suddivisa in 20 Comitati regionali, 100 comitati provinciali e centinaia di Comitati locali (altri in fase di costituzione);
sempre più sovente giungono segnalazioni sulla carenza di personale dotato di qualifiche appropriate per ricoprire le figure di Direttori regionali e provinciali espressamente previste dal nuovo Statuto, recentemente approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 208 del 2002;
anche le organizzazioni sindacali come ad esempio il Sindacato Nazionale Autonomo C.R.I. con comunicato n. 67 del 3 giugno 2003 ha sollecitato, tra l'altro, l'adozione di provvedimenti per la copertura di tali posizioni;
risulta all'interrogante che con determinazione direttoriale n. 215 del 9 dicembre 2002 sarebbe stata approvata la graduatoria della selezione per il conferimento di n. 55 posti di posizione C4 (ex IX q.f.) profilo amministrativo;
alcuni dei vincitori per effetto della statuizione degli emanati bandi concorsuali sono transitati dalla posizione C1 (ex VII q.f.) direttamente alla posizione C4 (ex IX q.f.) proprio per consentire all'ente di disporre di personale adeguato da assegnare a copertura delle vacanze regionali;
nonostante ciò tale personale è inspiegabilmente rimasto assegnato presso i Servizi di provenienza, probabilmente con le medesime mansioni, presso la sede centrale C.R.I. di Via Toscana n. 12 -:
se non si ritenga grave che si continuino a privare le unità periferiche della C.R.I. di adeguate professionalità anche se in effetti comunque presenti in servizio;
quali provvedimenti urgenti si ritengano di adottare perché si giunga, anche con il concerto delle organizzazioni sindacali, ad un corretto impiego del personale citato e a ristabilire il clima di serenità alla struttura periferica della C.R.I. da lungo tempo dimenticata.
(4-06841)

Risposta. - In data 28 novembre 2001, con Determinazione direttoriale n. 101 della Croce Rossa Italiana, sono stati emanati i bandi di selezione per i passaggi all'interno del nuovo sistema di classificazione del personale.
I suddetti bandi sono diretta derivazione del CCNL 1998-2001 comparto Enti Pubblici non Economici e del Contratto Integrativo di Ente CRI, sottoscritto in data 14 novembre 2001.
Tra le 17 procedure selettive era ricompresa anche quella relativa al conferimento di n. 55 posizioni C4 ex IX q.f. profilo


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amministrativo, secondo le disponibilità riscontrate dalla dotazione organica deliberata con Provvedimento n. 215/01 del Consiglio Direttivo nazionale ed approvata dai Ministeri vigilanti.
I 55 posti messi a selezione comprendevano tutte le posizioni scoperte sul territorio nazionale, tra cui anche alcune sedi di direzione regionale; in tal proposito il bando di cui sopra, come tutti gli altri bandi, conteneva la clausola per la quale i candidati nella domanda di partecipazione dichiaravano la disponibilità all'assegnazione ad altra sede di servizio, in caso di esubero nell'unità di appartenenza e successivamente alla rideterminazione della dotazione organica nazionale.
In considerazione dell'impegno preso dai singoli candidati, i vincitori delle selezioni, nella lettera di comunicazione del conferimento della nuova posizione ordinamentale, sono stati assegnati «temporaneamente» alle sedi di appartenenza, in attesa della conclusione della fase di riorganizzazione in atto.
Il regime commissariale dell'ente e la relativa fase di riordino in atto nonché la previsione normativa (legge finanziaria 2003), che dispone la rideterminazione della dotazione organica nazionale in base alle necessità riscontrate e alle attività, non hanno ancora consentito la riorganizzazione del personale, in modo da fornire alla periferia adeguato sostegno, anche attraverso procedure di mobilità.
Si segnala inoltre che il personale interessato alla riqualificazione, pur mantenendo le precedenti assegnazioni territoriali, è stato comunque impiegato in attività consone ai livelli rivestiti; in particolare sul totale dei dipendenti vincitori della selezione in oggetto (che con lo scorrimento sono pari a n. 59), n. 35 sono stati assegnati presso le sedi di Roma, sedi che, per dotazione organica e presenze, comprendono circa la metà di tutti i dipendenti civili a livello nazionale.
In ultimo, il fatto che alcuni dipendenti siano transitati direttamente dalla posizione C1 alla posizione C4 non è legato alla necessità di provvedete alla copertura delle vacanze regionali, ma è previsto dalle disposizioni del CCNL Enti Pubblici non Economici per il periodo 1998-2001, che dispone, nell'allegato «A», i requisiti di partecipazione per il conferimento delle singole posizioni.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BATTAGLIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la regione Lazio ha bandito una gara per l'acquisto di vaccini antinfluenzali e che risulterebbe vincitrice un'azienda che ha proposto un vaccino a virus frammentati che contiene Thiomnersal;
ilComitato Europeo Specialità Medicinali ha dichiarato l'opportunità di promuovere l'uso di vaccini privi di mertiolato e di altri composti organomercurali (Position Paper on Thiomersal - 1999; Points to Consider on the Reduction, Elimination or Substitution of Thiomersal in Vaccines 2001);
ilMinistero della salute con decreto ministeriale 13 novembre 2001 aveva disposto il ritiro delle confezioni dei suddetti medicinali entro il 30 giugno 2003;
imedici di famiglia ed i pediatri della regione hanno dichiarato il loro dissenso e la preoccupazione per l'uso di tale farmaco che, ove fosse acquistato, li obbligherebbero a richiedere ai pazienti il consenso informato per la somministrazione;
tale situazione potrebbe avere conseguenze rilevanti, scoraggiare la vaccinazione e compromettere l'efficacia della stessa campagna antinfluenzale in quella regione;
desta pertanto perplessità il fatto che il Ministero della salute abbia ritenuto di prorogare i termini per il ritiro di detti vaccini anche per il fatto che sono ormai sul mercato quantità di vaccino che non presentano tali inconvenienti;


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tale ingiustificata proroga rende possibile l'acquisto dei vaccini contenenti composti di mercurio -:
se non ritenga di rivedere la propria posizione e se non ritenga urgente e necessario disporre il ritiro immediato dei vaccini contenenti composti organomercurali, in modo tale che venga bloccato l'impiego di detti vaccini ad opera delle regioni che avessero eventualmente acquistato.
(4-07591)

Risposta. - La questione della presunta pericolosità dei composti del mercurio presenti nei vaccini in ragione delle loro proprietà conservanti (si tratta infatti di sostanze con azione antisettica e stabilizzante) è da tempo oggetto di dibattito nell'ambito della comunità scientifica internazionale.
Numerosi studi scientifici, anche di tipo retrospettivo, su coorti di soggetti vaccinati, in passato, con prodotti contenenti conservanti a base di mercurio, non hanno messo in luce alcuna evidenza di effetti tossici a breve, medio e lungo termine.
Ciò del resto è comprensibile se si pensa che, a suo tempo, il mercurio era presente nei vaccini in quantitativi variabili dai 0,0125 ai 0,025 mg (mentre ora si trovano in commercio quasi esclusivamente prodotti che ne sono del tutto privi).
Si tratta di quantitativi di mercurio estremamente piccoli, di gran lunga inferiori alle dosi massime giornaliere suggerite dall'Organizzazione mondiale della sanità e da altre agenzie sanitarie per esposizioni di breve durata, e pertanto non in grado di determinare effetti dannosi neanche negli organismi più delicati e sensibili (donne in gravidanza, neonati) all'azione tossica di questo elemento.
Ciò nonostante, l'esigenza di disporre di prodotti sempre più tollerabili e bene accetti dalla popolazione, ed esenti anche dai limitati rischi legati a possibili fenomeni di sensibilizzazione ed allergizzazione, ha suggerito l'opportunità di arrivare ad una graduale rimozione dei conservanti a base di mercurio dai vaccini.
Va però sottolineato che né la
Food and Drug Administration degli Stati Uniti d'America, né l'Agenzia europea per la Valutazione dei Medicinali-EMEA, hanno mai stabilito un termine per la messa al bando di tali conservanti dai vaccini, ma hanno fornito soltanto raccomandazioni per una loro graduale eliminazione.
Si vedano in proposito:
il
«Joint Statement» del Comitato Consultivo sulla pratica vaccinale (ACIP) degli Stati Uniti d'America e dell'America Academy of Pediatrics del 1999, in cui viene ribadito che anche i vaccini che contenessero ancora tali sostanze sono perfettamente accettabili per l'avvio ed il completamento del ciclo delle vaccinazioni di routine (DTP, antipolio, antiepatite B, antiHaemophilus), in quanto i rischi connessi alla mancata vaccinazione sono, sia su di un piano individuale che sul piano collettivo, di gran lunga superiori a quelli, peraltro ipotetici, legati all'introduzione di piccole quantità di mercurio;
l'
«EMEA Position Statement» del 29 giugno 2000, (Ref EMEA/CPMO/1578/00), in cui viene sottolineato come la vaccinazione con i vaccini esistenti, inclusi quelli contenenti thiomersal, continua ad offrire benefici alla popolazione generale ed ai bambini, che superano di gran lunga i rischi, peraltro ipotetici, conseguenti all'esposizione ai quantitativi di mercurio presenti nei vaccini.

In merito alle informazioni e agli interventi nei confronti della popolazione italiana, venne consultato il Consiglio superiore di sanità per chiederne il parere circa l'opportunità, in considerazione della presenza di conservanti a base di mercurio in alcune preparazioni vaccinali in commercio in Italia, di apportare cambiamenti alla strategia vaccinale nazionale e modificare il calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva, il cui ultimo aggiornamento risale al 7 aprile 1999.
In data 12 luglio 2000, il Consiglio Superiore di Sanità ribadiva che le vaccinazioni rappresentano uno strumento insostituibile per la prevenzione delle più importanti malattie infettive ed esprimeva il


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parere che l'immunizzazione con i vaccini attualmente disponibili, compresi quelli contenenti conservanti a base di mercurio, offre documentati benefici ai bambini ed alla popolazione generale, e non autorizza motivi di allarme per eventuali rischi alla salute.
Tale parere è stato portato a conoscenza degli Assessorati alla Sanità con lettera circolare del 17 ottobre 2000.
Inoltre, sul sito del Ministero della Salute, a partire dal mese di luglio 2002, è stata predisposta una sezione specificamente dedicata alla sicurezza delle vaccinazioni nei bambini, in cui le problematiche relative alla presenza dei conservanti a base di mercurio vengono affrontate ed approfondite, per una adeguata e corretta informazione della popolazione.
Più in particolare, si segnala che la sicurezza e la tollerabilità dei vaccini contenenti conservanti organo-mercuriali è stata oggetto di valutazione da parte dell'EMEA, che ha pubblicato in merito il documento CPMP/BWP/2517/00 del 26 aprile 2001 -
«Point to consider on the reduction, elimination or substitution of thiomersal in vaccines».
In tale documento si sottolinea quanto segue:
il tiomersale è un conservante antimicrobico contenuto in alcuni vaccini per uso umano; in aggiunta al suo potere antimicrobico, esso può svolgere anche attività antigenica e stabilizzante; inoltre, può essere necessario nella fase di preparazione per garantire la qualità dell'antigene;
l'utilizzo di tiomersale è razionale nelle preparazioni dei vaccini in formulazione multidose, nelle quali è richiesto un alto grado di stabilità dell'antigene e garantisce, inoltre, un maggiore potere antimicrobico; tale presupposto scientifico è meno evidente per le preparazioni biotecnologiche monodose.

Occorre sottolineare che, per le vaccinazioni destinate all'ambito nipiologico ed infantile, nel CPMP si è valutato che, nonostante non ci siano evidenze di rischi correlati all'esposizione a vaccini contenenti tiomersale, sarebbe più prudente promuovere l'uso generalizzato di preparazioni prive di conservanti organo-mercuriali, soprattutto nei vaccini monodose.
Le competenti Autorità dei Paesi membri si sono adoperate al fine di promuovere la sostituzione o l'eliminazione dei conservanti organo-mercuriali; tale processo avrebbe potuto essere assicurato tramite tre diverse opzioni:
ridurre il quantitativo di tiomersale nel prodotto finito;
eliminare il tiomersale, sostituendolo, se necessario, con un preservante alternativo;
eliminare interamente il tiomersale.

Il Ministero della Salute, sensibile alle problematiche in argomento, ha emanato nel novembre 2001 un decreto, recante disposizioni in ordine alla modifica della composizione dei vaccini monodose contenenti mertiolato ed altri composti organo-mercuriali come conservanti o come residui nel processo produttivo ed, inoltre, ha disposto l'obbligo per tutte le aziende titolari di autorizzazione all'immissione in commercio di tali vaccini, autorizzati con procedura nazionale, di presentare variazione di tipo II, finalizzata all'eliminazione del mertiolato o degli altri conservanti organo-mercuriali, nonché il ritiro dal commercio dei lotti delle confezioni dei suddetti medicinali entro il 30 giugno 2003.
A tal riguardo, sembra opportuno evidenziare che è, a tutt'oggi, in corso la valutazione dei dati di variazione, così come presentati dalle ditte, al fine di verificare la qualità, la sicurezza e l'efficacia dei prodotti modificati.
Infatti, l'eliminazione e la sostituzione del tiomersale potrebbero avere un impatto su vari aspetti della preparazione, quali la qualità microbiologica, la solubilità, l'antigenicità, l'immunogenicità e la stabilità.
Tali aspetti devono essere attentamente valutati caso per caso nelle diverse preparazioni vaccinali.
È opportuno ricordare, quindi, il fatto che, se l'obiettivo finale individuato nel


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CPMP corrisponde all'eliminazione e alla sostituzione del tiomersale dai vaccini monodose, è altrettanto necessario che sia assicurata una adeguata fase di transizione, che consenta alle aziende produttrici di rendere disponibili vaccini dalle caratteristiche tecniche ed immunologiche almeno non inferiori a quelli attualmente in commercio.
Infatti, come si è sottolineato nel CPMP, le preparazioni contenenti tiomersale debbono essere considerate sicure ed efficaci; inoltre, vista la stabilità delle formulazioni in monodose si può promuovere la sostituzione del tiomersale solo quando la qualità, la sicurezza e l'efficacia delle formulazioni modificate siano state debitamente accertate.
Sembra, infatti, il caso di ribadire che la sostituzione può essere effettuata solo dopo aver attentamente esaminato e valutato il rapporto rischio/beneficio del prodotto, con particolare riguardo alle caratteristiche precedentemente descritte.
Tali valutazioni sono in corso per le preparazioni vaccinali monodose, e solo dopo l'approvazione da parte e dell'Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute (per i rispettivi ambiti di competenza), i prodotti così variati potranno essere autorizzati per la commercializzazione.
I contenuti delle indicazioni sopra rese costituiscono la motivazione che ha comportato l'adozione del decreto ministeriale 27 giugno 2003, il quale dispone il ritiro dei vaccini monodose contenenti tiomersale dal mercato e la loro sostituzione con le nuove formulazioni prive di tiomersale entro 45 giorni dalla data di approvazione dei singoli decreti delle singole specialità.
Il decreto ministeriale in questione, quindi, non è stato adottato per concedere alle aziende una proroga
sine die dell'obbligo della presentazione della variazione di tipo II ed, in particolare, della eliminazione del mertiolato o degli altri conservanti contenenti organo-mercuriali.
Tale proroga permetterà al Ministero della salute di svolgere le attività previste e necessarie, quali l'attenta valutazione delle variazioni presentate, al fine di assicurare la massima qualità, la sicurezza e l'efficacia dei vaccini così modificati e, soprattutto, a tutela della salute pubblica, per garantire la copertura delle campagne vaccinali, in corso e future.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BIELLI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la maggior parte degli enti locali e delle aziende pubbliche e private, per venire incontro ai bisogni dei cittadini, si sono dotati di uno «sportello» per le relazioni con il pubblico;
l'Enel, al contrario, costringe i cittadini ad interloquire esclusivamente con il numero verde che non è in grado di dare risposte esaurienti a tutte le richieste ed ai quesiti che vengono avanzate -:
se il Ministro non ritenga opportuno sollecitare l'ente nazionale per l'energia elettrica a dotarsi di uno «sportello» nazionale e di «sportelli» regionali per le relazioni con il pubblico che possono soddisfare pienamente le esigenze degli utenti.
(4-07142)

Risposta. - L'Enel Distribuzione ha istituito il numero verde 800 900 800 al fine di consentire un accesso più facile ai servizi offerti alla clientela ed una più rapida assistenza, in caso di particolari operazioni commerciali che richiedano una specifica competenza, gli operatori del predetto servizio indicano al cliente le unità di Enel Distribuzione cui rivolgersi per l'espletamento delle necessarie operazioni. I clienti possono, inoltre, rivolgersi agli sportelli QuiEnel, presenti sul territorio nazionale, il cui personale è in grado di fornire i consigli e l'assistenza per svolgere operazioni commerciali relative a forniture di energia elettrica fino a 15 kW. Sono attualmente presenti, sul territorio nazionale, 1.200 punti QuiEnel ubicati presso i negozi autorizzati di Wind, di Enel.si e di Poste Italiane. L'individuazione del punto QuiEnel più vicino può avvenire consultando il sito prontoenel.it. L'elenco dei punti QuiEnel, presenti in ciascuna provincia italiana,


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è stato peraltro comunicato dall'Enel Distribuzione ai propri clienti insieme con la fatturazione dei consumi.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Beatrice de Carrello, procuradora para la Defensa de los Derechos Humanos, quarta carica elettiva dello stato de El Salvador, è cittadina italiana il cui impegno civico e le cui lotte contro la malavita sono note;
come rivela il giornale nazionale «Diario Colatine» del 9 settembre 2003, a partire da dicembre del corrente anno Beatrice de Carrello riceve reiterate minacce di morte, alcune spedite via fax da uffici pubblici. La colpa della Procuradora sarebbe d'essere una «fetida», un impicciona. Negli ultimi giorni le intimidazioni si sono intensificate al punto da far temere il peggio;
le minacce in questione sono da tempo note alla Fiscalia General de la Repùblica ma benché queste siano firmate dalla sedicente organizzazione «Limpieza de Maras» ed i moventi siano tali da indirizzare chiaramente le indagini, la Fiscalia non ha dato alcun peso alla vicenda -:
come il nostro Governo intenda assicurare, attraverso gli opportuni strumenti diplomatici, la posizione della nostra concittadina impegnata per la tutela dei diritti umani in Salvador, al fine di appoggiare il suo importante operato e proteggere la sua persona.
(4-07328)

Risposta. - La questione della tutela di coloro che sono impegnati nella promozione e difesa dei diritti umani nel mondo forma già da tempo oggetto di particolare attenzione da parte dell'Italia e degli altri partners comunitari.
L'Italia, infatti, unitamente agli altri membri dell'Unione europea, ha promosso l'adozione, nel 1998, della risoluzione 53/144 dell'assemblea generale delle Nazioni unite, avente ad oggetto la «Dichiarazione sui diritti e doveri di persone, gruppi ed organi della società civile che operano per promuovere e difendere i diritti umani universalmente riconosciuti e le libertà fondamentali».
Tale dichiarazione contiene un «codice di condotta» cui si deve ispirare l'azione dei «difensori dei diritti umani» e stabilisce, allo stesso tempo, alcuni principi generali che gli Stati sono chiamati a rispettare per garantire la piena tutela e incolumità dei difensori nonché il libero espletamento della loro attività.
Anche in ambito Commissione per i diritti umani l'Italia ha tradizionalmente sostenuto una risoluzione su «Human Rights Defenders» presentata dalla Norvegia. In occasione della cinquantanovesima sessione della CDU, svoltasi a Ginevra nei mesi di marzo e aprile 2003, è stata approvata con il pieno sostegno del nostro Paese la risoluzione 2003/64, che condanna gli atti di violenza perpetrati a danno dei difensori dei diritti umani e fa appello agli Stati affinché adottino tutte le misure necessarie a garantirne l'incolumità personale e consentire agli stessi di operare in piena libertà.
Per quanto riguarda poi il caso specifico segnalato nella presente interrogazione, si fa presente quanto segue.
Dalla firma degli Accordi di pace, nel gennaio del 1992, il Salvador ha intrapreso il lungo processo di transizione democratica con discreti risultati, tanto da essere citato dalle Nazioni Unite come raro esempio di pacificazione, ottenuta dopo una lunga e devastante guerra civile. Il Paese, tuttavia, presenta le tipiche caratteristiche di una giovane democrazia, e sia i partiti di destra, sia quelli di sinistra hanno ancora molta strada da percorrere.
La situazione sociale non è particolarmente favorevole a causa della povertà e della criminalità ordinaria e organizzata, colpevole di innumerevoli omicidi. Non si sono verificati, negli ultimi anni, episodi di


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tortura o maltrattamenti istituzionali ed i casi di «iniziativa individuale» sono stati regolarmente puniti anche con l'immediata destituzione e/o detenzione.
Malgrado gli sforzi che il Governo ha intrapreso nel settore della giustizia, non manca però un eccesso di garantismo che porta alla scarcerazione anzitempo di molti criminali.
La cittadina italiana Beatrice Alamanni de Carrello, che è un avvocato di rilievo nel Paese centroamericano, nonché una docente universitaria, ha richiesto ed ottenuto anche la cittadinanza di El Salvador dopo aver contratto matrimonio con un cittadino salvadoregno.
Dal luglio 2001 è alla direzione della procura per la Difesa dei diritti umani e il suo mandato di durata triennale, ottenuto con il voto qualificato del Parlamento e con l'appoggio sia dei partiti di destra sia dei partiti di sinistra, scadrà nel luglio del 2004.
Dal suo insediamento alla procura dei diritti umani, la signora Alamanni ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte, che fortunatamente non si sono mai concretizzate. La causa di queste minacce è da ricercarsi nella sua attività di procuratore e nel modo in cui svolge le sue funzioni da qualcuno ritenuto impulsivo, battagliero e critico soprattutto nei confronti del Governo.
È possibile che la signora riceva altre minacce di morte, ma è opinione comune fra gli ambasciatori dell'unione europea nel Paese centroamericano che queste non si concretizzeranno sia per l'imminenza del termine del suo mandato, sia perché la nomina di un procuratore per i diritti umani fu fortemente caldeggiata dai Paesi europei e dagli USA e né l'attuale Governo di destra, né l'opposizione di sinistra avrebbero alcun interesse ad inimicarsi i principali
partners del Paese. Inoltre, come tutte le cariche ufficiali del Paese, la signora Alamanni usufruisce della scorta e di un'automobile blindata per i suoi spostamenti.
La nostra ambasciata a San Salvador da sempre mantiene stretti contatti con lei e ciò dimostra l'interesse del Governo italiano per una cittadina che svolge un ruolo di spicco in un Paese estero. Proprio questo interesse ha portato in alcune occasioni il nostro ambasciatore a consigliare al procuratore per i diritti umani di modulare i suoi interventi al fine di evitare, per quanto possibile, situazioni conflittuali e polemiche, permettendo contemporaneamente il raggiungimento di maggiori risultati.
Sarà cura della nostra ambasciata sensibilizzare ulteriormente il Governo salvadoregno sull'importanza di tutelare i diritti umani e assicurare il massimo sostegno a chi si occupa con tanto impegno di questa delicata problematica.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

BURTONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (articolo 18, comma 2-bis e comma 8) ha previsto l'inquadramento nel livello dirigenziale del personale dipendente dal ministero della sanità, appartenente ai profili professionali di «medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo»;
in applicazione del succitato articolo 18 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 73 del 13 dicembre 1995, registrato alla Corte dei Conti che ha inquadrato il «personale del Ministero della Sanità nella dirigenza del ruolo sanitario articolato su due livelli»; un'unica categoria professionale, dunque, articolata su due livelli funzionali;
la contrattazione collettiva ha preso atto di questa riforma legislativa con disposizione consequenziali; il contratto 1994-1997 area 1 - dirigenza dello Stato - ha, infatti, regolato il rapporto di lavoro delle figure di cui sopra inserendo specifiche disposizioni nella cosiddetta «coda contrattuale», riferita sia ai dirigenti sanitari ex II livello, sia ai dirigenti sanitari ex I livello (medici veterinari, chimici,


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farmacisti), entrambi appartenenti al ministero della salute;
con disposizione incoerente, tuttavia, con decreto del Presidente della Repubblica 150 del 1999, che ha istituito, tra le altre cose, il R.U.D. (ruolo unico della dirigenza), il ministero della salute ha iscritto in tale ruolo unico soltanto i dirigenti sanitari ex II livello, escludendo i dirigenti sanitari ex I livello, iscritti invece negli specifici ruoli del ministero della salute;
con decreto legislativo 229 del 1999, sono stati aboliti i due livelli della dirigenza sanitaria ed è stato istituito un unico livello della dirigenza sanitaria riportando a piena unità la categoria -:
quali siano i motivi della mancata trasmissione, a suo tempo, al ministero della funzione pubblica dei nominativi dei dirigenti di I livello del ministero della sanità per l'iscrizione al RUD, posto che le disposizioni al tempo vigenti - sia di natura legislativa (decreto legislativo 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni) sia contrattuale (contratto collettivo sopra citato) - non lasciavano margine alcuno di discrezionalità, né possibilità di interpretazione in senso contrario, rispetto alla necessaria ed obbligatoria iscrizione al RUD di tutti i dirigenti delle amministrazioni, compresi quindi i dirigenti del ministero della sanità di I livello, qualificati come tali da convergenti disposizioni legali e contrattuali;
quali siano i motivi per i quali il Ministro della salute ancora non intenda ottemperare, ad avviso dell'interrogante, con grave ed ingiustificata omissione di atti dovuti, al disposto del decreto legislativo 229 del 1999 che, tra l'altro, istituisce un unico livello della dirigenza sanitaria, mantenendo la differenziazione non all'interno della categoria, ormai unica, ma soltanto in relazione alle diverse responsabilità attribuibili;
quali siano i motivi e il fondamento giuridico del potere in base al quale il Ministro della salute in contrasto con una chiara e convergente volontà del legislatore (legge 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 dicembre 1995) e degli attori negoziali, intenda invece dequalificare i suddetti dirigenti sanitari ex I livello riportandoli ai livelli dell'ex carriera direttiva;
quali siano i motivi di una condotta a dir poco schizofrenica per cui mentre, da un lato, il ministero della salute richiede al ministero dell'economia e delle finanze per il rinnovo del contratto relativo al biennio 2000-2001 le risorse economiche per n. 466 dirigenti di seconda fascia del RUD, ove risultano inclusi 306 dirigenti sanitari di ex II e I livello (circostanza acclarata dal parere espresso dal ministero dell'economia e delle finanze in seno al comitato di settore), dall'altro, e in assoluta contraddizione, il Ministro della salute condivide l'orientamento espresso nell'atto di indirizzo volta a non riconoscere la II fascia dirigenziale ai dirigenti di I livello;
se la mancata utilizzazione di dette risorse finanziarie, funzionalmente e originariamente destinate a sanare la, politicamente incresciosa e giuridicamente illegittima, discrasia tra sotto inquadramento di fatto e inquadramento giuridico dovuto ai dirigenti sanitari di ex I livello, abbia comportato la restituzione delle stesse al ministero dell'economia e delle finanze, ovvero se le stesse siano state destinate e/o utilizzate per differenti finalità e, in tal caso, quali;
se corrisponda al vero che il ministero della salute non intenda collocare, con gli atti regolamentari propri previsti con la legge 145/2002, i suddetti dirigenti nella seconda fascia dell'istituendo ruolo unico del ministero della salute, nelle apposite sezioni tecniche, prefigurando, in tal caso, una inaccettabile discriminazione giuridica con conseguenti responsabilità dirette che potrebbero essere fatte valere nelle opportune sedi;
se, nell'atto di riordino del ministero della salute, siano previste le posizioni


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dirigenziali di seconda fascia relative ai suddetti dirigenti;
quali siano i motivi per i quali, con l'articolo 7 (legge n. 362 del 14 ottobre 1999, rinnovata ogni anno e anche per il 2002) si preveda, in via sperimentale, una indennità per tutto il personale non appartenente al ruolo sanitario del ministero della salute «... in relazione all'accresciuta complessità dei compiti assegnati al ministro della salute in materia di vigilanza, ispezione, e controllo, di prevenzione, di sicurezza e di profilassi», con esclusione dei soli dirigenti sanitari ex I e II livello e se questa disposizione non violi il chiaro disposto del testo unico 165/2001, articolo 2, comma 3, che vieta l'attribuzione di trattamenti economici per legge e non tramite contrattazione collettiva e dell'articolo 7, comma 5, del medesimo testo unico, che dispone che le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese;
se corrisponda al vero che le suddette indennità (che variano dai 5000 ai 35000 euro) siano corrisposte a tutto il personale del ministero della salute (dal livello più basso fino ai dirigenti di I fascia, inclusi i capi dipartimento), della ragioneria centrale del ministero dell'economia e delle finanze presso il ministero della salute e, in caso affermativo, se non ritenga di dover informare la Corte dei Conti, l'Aran e le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto in relazione ad atti di spesa per il personale che, ad avviso dell'interrogante, sono fuori dai canali obbligatori previsti dal sistema delle fonti che regolano il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e quale sia, il rendiconto finanziario relativo alle suddette indennità, includendo la provenienza delle risorse economiche;
se risulti verosimile che calcolando questa indennità del personale appartenente a qualifiche non dirigenziali (personale non laureato del VII livello amministrativo), lo stipendio annuale lordo di detto personale finisca per essere superiore a quello dei dirigenti sanitari di ex I livello e, in caso affermativo, quale sia la valutazione del Ministro interrogato circa il rinnovato effetto di «giungla retributiva» e di spinte inflazionistiche (modello trattamento retributivo dei pubblici dipendenti negli anni '70) che tale situazione finirebbe per creare con violazione dell'articolo 8 del testo unico 165/2201 relativo alla certezza e alla prevedibilità della spesa per il personale;
se sia vero che lo stipendio annuale lordo di un dirigente sanitario di ex I livello con più di 15 anni di anzianità di servizio sia inferiore a quello di un neoassunto del servizio sanitario nazionale ed anche in questo caso quale sia la valutazione del Ministro circa l'irrazionalità di tale situazione.
(4-05355)

Risposta. - L'atto parlamentare in esame formula una serie di quesiti in merito all'inquadramento del personale del Ministero della salute nella dirigenza del ruolo sanitario.
Per quanto concerne il mancato inserimento dei dirigenti sanitari di I livello del Ministero della salute nel ruolo unico della dirigenza (R.U.D.), si fa presente che sulla questione è stato espresso il parere n. 742/1999 con il quale la Sezione I del Consiglio di Stato ha definitivamente ed inequivocabilmente chiarito che «il fatto che i dipendenti che provengono dalla ex carriera direttiva o dai livelli funzionali del Ministero della Sanità siano stati inquadrati nella dirigenza del SSN non comporta che essi abbiano mai acquisito la qualifica di dirigente dell'amministrazione dello Stato...
Ed è chiaro che il previo possesso di tale qualifica è inequivocabilmente richiesto (articolo 23 decreto legislativo n. 29 ed articolo 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 150) ai fini dell'inserimento nel ruolo unico, inserimento che ha dunque valore ricognitivo del requisito e non mai costitutivo dello stesso».
In ordine all'applicazione del decreto legislativo n. 229/1999, occorre ricordare che esso si applica alla dirigenza sanitaria


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del Servizio Sanitario Nazionale e non è estensibile al personale de quo.
L'articolo 18, comma 8, del decreto legislativo n. 502/1992, infatti, ha disposto che, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, fossero estese al personale sanitario dipendente dal Ministero della sanità, nell'ambito della contrattazione collettiva e in quanto applicabili, le norme contenute nello stesso decreto legislativo n. 502/1992.
Sulla base di tale norma, tanto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 dicembre 1995 quanto le disposizioni del contratto sottoscritto in data 30 settembre 1997, integrativo del CCNL 9 gennaio 1997 relativo all'Area della dirigenza del comparto Ministeri, si sono limitati, come rilevato nel menzionato parere del Consiglio di Stato «ad inquadrare il personale in questione nei due livelli in cui si articola(va) la dirigenza del SSN, ad esso... estendendo il miglior trattamento previsto dal decreto legislativo n. 502».
Il fatto che il trattamento economico dei dipendenti sanitari del Ministero sia stato fissato in entità conforme al trattamento economico dei sanitari del Servizio Sanitario Nazionale non implica affatto una completa equiparazione delle due categorie di dipendenti (anche per la diversa attività da essi svolta), che rimangono - infatti - soggetti a diversi ambiti contrattuali.
Per quanto concerne la richiesta di risorse economiche per 466 dirigenti di II fascia del R.U.D., (al riguardo, si suppone che l'interrogazione faccia riferimento alle risorse destinate al rinnovo del CCNL dell'Area I della dirigenza, sottoscritto in data 5 aprile 2001) è opportuno precisare che il Ministero della salute, con nota del 13 aprile 2001, ha comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze che i dirigenti sanitari di I livello andavano esclusi dall'applicazione del predetto contratto; per altro, a seguito delle precisazioni fornite dall'ARAN con nota del 9 maggio 2001, questo Ministero ha provveduto, con nota del 10 maggio 2001, ad escludere dai destinatari del menzionato CCNL anche i dirigenti sanitari di II livello, in attesa della coda contrattuale che definirà le varie sezioni del contratto stesso.
In merito all'eventuale inquadramento dei dirigenti sanitari di ex I livello nel ruolo dei dirigenti del Ministero previsto dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dall'articolo 3, comma 4, della legge n. 145/2002, si rammenta che non è stato ancora emanato il regolamento previsto dall'articolo 10, comma 2, della ora menzionata legge, con il quale saranno disciplinati le modalità di istituzione, l'organizzazione ed il funzionamento dei ruoli dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, nonché le procedure e le modalità per l'inquadramento, nella fase di prima attuazione, dei dirigenti di prima e seconda fascia del ruolo unico nei ruoli delle singole amministrazioni.
Infine, con riferimento all'applicazione dell'articolo 7 della legge n. 362/1999, si fa presente che l'esclusione del personale sanitario dal beneficio della relativa indennità è prevista dalla norma stessa la quale aveva, tra gli altri, intenti perequativi.
Peraltro, la supposta maggior retribuzione del personale amministrativo di ex VII livello rispetto ai dirigenti sanitari di ex I livello, non corrisponde al vero.
Infatti, la retribuzione lorda media di un dipendente in posizione economica C1 - comprensiva di stipendio base, indennità integrativa speciale, indennità di amministrazione, compenso produttività collettiva e predetto articolo 7 - corrisponde ad euro 30.119,41; la retribuzione lorda media di un dirigente sanitario, non medico, di primo livello, ex VII livello funzionale, attualmente corrisponde ad euro 31.081,93.
Si rammenta, inoltre, che per il personale in questione sono in corso di trattativa le code contrattuali al menzionato CCNL dell'Area I della dirigenza firmato in data 5 aprile 2001, la cui sottoscrizione comporterà, per detto personale, oltre ad una più precisa definizione del quadro giuridico di riferimento, anche adeguamenti economici presumibilmente consistenti.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.


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CATANOSO. - Al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 49 del 2 marzo 2000, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2000, nell'articolo 1, comma 1, fissò al 14 marzo 2000 (e cioè a quattro giorni di distanza dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) il termine entro il quale i medici e i veterinari dovevano comunicare l'opzione per il rapporto esclusivo;
l'articolo 1, comma 2, recava la seguente testuale disposizione: «i dirigenti di cui all'articolo 15-quinquies, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono sottoposti a verifica ai sensi del medesimo comma 7, e che, nel termine di cui al comma 1, abbiano optato per il rapporto esclusivo ovvero che non abbiano comunicato l'opzione al direttore generale, possono chiedere al direttore generale, entro il 30 aprile 2000, la verifica dell'attività svolta nell'ultimo quinquennio. Il direttore generale dispone la verifica entro il 30 giugno, da concludere entro il 31 dicembre 2000. La verifica è effettuata da un comitato composto dal direttore sanitario dell'azienda, di cui uno nominato dalla regione e uno nominato dal consiglio di direzione dell'azienda. Nel caso di verifica positiva i dirigenti sono confermati nell'incarico di direzione della struttura complessa, con rapporto esclusivo, per ulteriori sette anni. Nel caso di verifica non positiva al dirigente è conferito un incarico professionale non comportante direzione di struttura in conformità con le previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro;
il termine per proporre la richiesta di verifica era fissato al 20 aprile 2000, e cioè a poco più di un mese e mezzo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Si trattava di un termine obiettivamente brevissimo entro il quale molti degli interessati non ebbero in concreto possibilità di venirne a conoscenza;
la norma, inoltre, di non semplice lettura non consente la sicura identificazione di coloro che potevano utilizzarla, infatti il comma 3 dello stesso articolo 1 disponeva che coloro che non avessero richiesto la verifica avrebbero conservato l'incarico apicale per i due anni successivi cioè fino al 30 aprile 2002;
a decorrere da tale data essi sarebbero stati dequalificati dalla posizione funzionale di primari ovvero di veterinari dirigenti di struttura complessa a quella di semplici titolari di incarico professionale non comportante direzione di struttura, con perdita della posizione di ex II livello acquisita con concorso o abilitazione nazionale. La norma in tal modo equipara ingiustamente coloro che per motivi diversi non hanno superato la verifica;
risulta, inoltre, che in alcune Aziende USL le verifiche previste nella norma in argomento non sono iniziate entro il termine del 30 giugno 2000, né concluse entro il termine del 31 dicembre sopramenzionato. Tali verifiche, per lo più, si sono protratte fino al primo semestre del 2002, mentre in alcune aziende sanitarie non sono mai state eseguite -:
se, in ordine ai fatti esposti, salvi i diritti già acquisiti di coloro che sono stati sottoposti a verifica positiva nei termini della legge, i ministri interrogati non intendano prendere in considerazione la possibilità di predisporre quanto meno un'interpretazione autentica della norma in esame tendente a chiarire che il termine per la richiesta della verifica a domanda del 30 aprile non abbia natura perentoria, ma ordinatoria, con conseguente remissione in termini di coloro che non hanno potuto presentare domanda nelle aziende nelle quali non sono stati rispettati i termini delle verifiche né queste ultime sono state iniziate ovvero concluse.
(4-06060)

Risposta. - Il decreto legislativo n. 49/2000 è stato emanato come «Disposizioni correttive del decreto legislativo n. 229/99 concernenti il termine di opzione per il rapporto esclusivo da parte dei dirigenti sanitari».


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Ai sensi dell'articolo 15-
quater del decreto legislativo n. 502/1992, come modificato dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 229/99, i dirigenti sanitari dovevano entro novanta giorni dall'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 229/99 esercitare l'opzione in ordine al rapporto esclusivo.
La medesima disposizione rinviava alla contrattazione collettiva il trattamento economico da attribuire ai dirigenti sanitari con rapporto esclusivo.
Considerato che nei termini previsti dal suddetto articolo 15-
quater, comma 3, il nuovo C.C.N.L. non era ancora stato stipulato e che tale contratto avrebbe disciplinato alcuni aspetti propedeutici alla scelta del rapporto esclusivo, nonché che in sede di predisposizione della legge finanziaria erano state previste risorse aggiuntive per l'adeguamento del fondo per l'esclusività del rapporto, l'allora Ministro Bindi differì il termine per l'esercizio dell'opzione al 31 dicembre 1999.
Tale differimento fu comunicato con telefax del 21 ottobre 1999 a tutti gli Assessorati regionali alla Sanità ed agli Assessorati provinciali alla Sanità di Trento e Bolzano, ai fini di una tempestiva informazione alle Aziende sanitarie.
Successivamente, rilevato che erano sorte difficoltà operative per l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 229/99, fu predisposto il decreto legislativo n. 49/2000, secondo cui tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998, ivi compresi i dirigenti titolari di incarico quinquennale, potevano esercitare entro il termine del 14 marzo 2000 l'opzione per il rapporto esclusivo.
Con nota del 28 marzo 2000, inviata a tutti gli Assessorati alla Sanità delle Regioni a Statuto ordinario e speciale, nonché agli Assessorati alla Sanità delle Province autonome di Trento e Bolzano, sono state fornite ulteriori indicazioni al fine dell'esercizio dell'opzione per il rapporto esclusivo - richiamando in particolare l'attenzione dei Direttori generali delle Aziende sulle conseguenze in ordine alla mancata opzione per il rapporto esclusivo - che si sostanziavano nel conferimento di un incarico professionale per l'esercizio di funzioni ispettive, di consulenza, di studio e ricerca, di didattica, non comportanti direzione di struttura, rendendo contestualmente indisponibile un posto di organico di dirigente.
Alla luce del quadro normativo delineato, nonché delle note interpretative sulle disposizioni soprarichiamate, le argomentazioni formulate dall'interrogante in ordine alla mancanza di adeguata e tempestiva informazione sulle conseguenze del mancato esercizio dell'opzione per il rapporto esclusivo, non sembrano giustificabili.
In ordine alla verifica dell'attività svolta nell'ultimo quinquennio entro il termine del 30 aprile 2000, prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 49/2000 e dall'articolo 31 del C.C.N.L. per la dirigenza sanitaria, si rappresenta che la suddetta verifica costituiva un presupposto per la conferma dell'incarico.
Tale istituto della conferma dell'incarico era una innovazione introdotta dal citato decreto legislativo n. 49/2000 e prevedeva un articolato sistema, per far sì che, a regime, tutti i dirigenti sanitari apicali in servizio alla data del 31 dicembre 1998 avessero esercitato l'opzione per il rapporto esclusivo.
La non accettazione dell'incarico con rapporto esclusivo da parte dei dirigenti ha determinato il conferimento di un incarico professionale non comportante direzione di struttura.
Peraltro, tali conseguenze erano già state rese note con l'emanazione del decreto legislativo n. 229/99, che prevede all'articolo 15-
quinquies, comma 5, che gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto esclusivo.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CATANOSO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la signora Venera Mineo si è vista recapitare una lettera dall'Enel Distribuzione S.p.a. avente ad oggetto la fornitura di energia elettrica per l'abitazione da lei attualmente occupata a Guardia (Catania);


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trattasi - quella della signora - di una soluzione di emergenza dovuta all'ordinanza di sgombero per il terremoto che ha distrutto la sua casa di residenza;
nella missiva l'Enel richiamava l'attenzione sul fatto che non risultava ancora pervenuta la documentazione, a suo tempo richiesta, attestante la residenza anagrafica nell'abitazione sita in Guardia, per la quale la signora aveva stipulato un contratto di fornitura di energia elettrica per abitazioni di residenza;
la lettera si concludeva con l'avvertimento che - qualora non fosse pervenuta dall'utente alcuna attestazione nel termine di 30 giorni - la società avrebbe provveduto ad applicare retroattivamente, dalla data di attivazione della fornitura, le tariffe e le imposte previste per le seconde case;
da informazioni telefoniche risulta che l'Enel abbia comunque previsto di applicare le tariffe per la prima abitazione (residenti) ai soli terremoti del Molise;
se ciò fosse vero ci troveremmo alla presenza di una assurda discriminazione che rischia di coinvolgere altri sventurati -:
se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di sua competenza, al fine di adottare iniziative normative volte a prevedere, anche per i terremotati della provincia di Catania, analoghe agevolazioni sul piano tariffario, con ciò ponendo fine agli ingiustificati trattamenti discriminatori posti in essere dall'Enel a danno dei cittadini della Sicilia orientale.
(4-06588)

Risposta. - La signora Venera Mineo ha stipulato, il 29 novembre 2002, un contratto di fornitura di energia elettrica per abitazione di residenza con riferimento all'alloggio di via Nazionale 340 a Guardia (Catania). La fornitura è stata attivata il 3 dicembre 2002.
All'atto della stipula del contratto non è stata fornita ad Enel alcuna documentazione comprovante la sistemazione provvisoria del cliente presso l'alloggio di via Nazionale 340 a causa dei danneggiamenti subiti dall'abitazione di residenza, né tale documentazione è stata inviata da parte delle Autorità competenti. Inoltre, il sistema gestionale Enel, non riscontrando la presenza della documentazione attestante la residenza anagrafica nell'abitazione di via Nazionale 340, ha automaticamente sollecitato, al cliente, l'invio di tale documentazione.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con delibera n. 5 del 2003, ha istituito tariffe speciali per la fornitura di energia elettrica ai clienti danneggiati dagli eventi calamitosi nella provincia di Catania. L'elenco delle abitazioni e dei clienti legittimati a beneficiare di tali tariffe, elaborato dal capo del dipartimento della protezione civile, Commissario delegato per l'emergenza Etna, è stato inviato nel mese di maggio dal dipartimento della protezione civile all'Autorità per l'energia elettrica, e il gas e ad Enel distribuzione.
Per tali comuni, tuttavia, l'elenco non indicava l'indirizzo dell'alloggio provvisorio assegnato ai clienti coinvolti dagli eventi calamitosi.
Al fine di consentire la piena applicazione, delle tariffe speciali gli uffici commerciali Enel hanno, quindi, chiesto l'integrazione dei dati mancanti.
In tale fattispecie rientra anche la signora Venera Mineo che risulta registrata nell'elenco dei clienti del comune di Acireale.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

CIRIELLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano telematico Il Nuovo, riprendendo un articolo del Giornale di Sicilia, pubblicava, in data 24 giugno 2003, sul suo sito internet (www.ilnuovo.it) la seguente notizia: «Lo Stato pagherà le spese legali del capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, condannato all'ergastolo nel processo per l'omicidio di Mario Francese, il giornalista palermitano ucciso nel gennaio 1979 dalla mafia»;


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stando a quanto riportato da Il Nuovo «Provenzano si è avvalso del patrocinio gratuito, previsto per gli imputati nullatenenti. Non è la prima volta che questo riconoscimento viene attribuito al capo di Cosa Nostra. Che, per il fisco, è ufficialmente povero»;
Bernardo Provenzano, latitante da circa 40 anni, è ricercato per associazione di tipo mafioso, la strage di Capaci, in cui perse la vita il giudice Falcone, la moglie e gli agenti della scorta, l'attentato di via Fauro a Roma, e per reati di strage, detenzione e porto di materie esplodenti, concorso in omicidio ed altro;
l'istanza prodotta dall'avvocato Salvatore Traina, difensore di fiducia di Provenzano, sarebbe stata accolta per un totale di 17 mila euro, come riportato dai citati organi d'informazione;
se risulti al Ministro dell'economia e delle finanze che l'ufficio finanziario competente abbia chiesto la revoca del gratuito patrocinio;
se e quali iniziative normative il ministro intenda adottare per limitare ai latitanti di massima pericolosità, e ai ricercati per i reati previsti dall'articolo 416-bis del codice penale, la possibilità di nominare un difensore di fiducia, come nel caso del Provenzano, e poi accedere al gratuito patrocinio, e se non ritenga opportuno prevedere per queste categorie l'applicazione della procedura per irreperibili, ovvero la nomina di un difensore d'ufficio e la liquidazione dei minimi previsti dalle tariffe professionali.
(4-06775)

Risposta. - Per quanto riguarda l'omicidio del giornalista Mario Francese, si comunica che sono stati rinviati a giudizio Riina Salvatore, Calò Giuseppe, Madonna Giuseppe, Farinella Giuseppe, Geraci Antonino, Bagarella Leoluca, Greco Michele, Motisi Matteo, Madonia Francesco, Brusca Bernardo e Provenzano Bernardo.
Il processo si è scisso in due tronconi: l'uno (n. 40/1999 R.G. C.A. Palermo) a carico dei primi dieci dei suddetti imputati, che hanno avanzato richiesta di giudizio immediato; l'altro (n. 14/2000 R.G. C.A. Palermo) a carico degli ultimi due (Brusca Bernardo e Provenzano Bernardo), nei cui confronti il dibattimento è stato celebrato nelle forme ordinarie.
Il primo processo è stato definito in primo grado dalla IV sezione della Corte di Assise di Palermo con sentenza dell'11 aprile 2001 e, in secondo grado, con sentenza pronunziata dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 13 dicembre 2002.
Il separato processo n. 14/2000 R.G. è stato definito in primo grado dalla III sezione della Corte di Assise di Palermo con sentenza del 22 maggio 2002, gravata di appello il 28 ottobre 2003.
Nell'ambito di quest'ultimo procedimento, nel quale il Provenzano non è stato affatto assistito dall'avvocato Salvatore Trama, bensì da un difensore di ufficio, l'avvocato Giovanni Martines del Foro di Palermo, è stato appunto emesso, in data 26 settembre 2002, ai sensi dell'articolo 32-
bis disp. att. C.p.p., il decreto di pagamento dei compensi per l'assistenza legale prestata dal predetto difensore di ufficio all'imputato latitante.
Infatti dal verbale della prima udienza del dibattimento di primo grado risulta che l'avvocato Salvatore Trama, difensore di fiducia del Provenzano, ha rinunciato al mandato a seguito del diniego di ammissione del medesimo al beneficio del patrocinio a spese dello Stato: rinuncia che ha appunto determinato la nomina di un difensore di ufficio.
L'articolo 117 del decreto legislativo 30 maggio 2003 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), che ha sostituito l'articolo 32-
bis del codice di procedura penale e che disciplina l'argomento in questione, stabilisce infatti quanto segue:
«1. L'onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato o del condannato irreperibile sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità previste dall'articolo 82 ed è ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 84.


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2. Lo Stato ha diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti di chi si è reso successivamente reperibile».

Lo Stato, dunque, in applicazione del principio del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, ha inteso garantire un'effettiva assistenza legale anche al soggetto che nel corso di un procedimento penale sia stato dichiarato irreperibile.
Sull'argomento è intervenuta anche la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 266 del 22 luglio 2003, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 116 (liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore d'ufficio) del citato testo unico, sollevata con riferimento all'articolo 81, comma quattro della Costituzione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

COSSIGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono state recentemente soppresse le ultime rivendite di biglietti ferroviari sulla tratta Varese-Porto Ceresio, nelle stazioni di Induno Olona, Arcisate, Bisuschio, Viggiù e Porto Ceresio, comuni della comunità montana Valceresio in provincia di Varese;
tale stato di cose rappresenta un grave danno per il territorio, poiché disincentiva fortemente l'uso del trasporto pubblico su rotaia in un contesto già penalizzato da una inadeguata viabilità -:
quali siano state le motivazioni della citata soppressione e quali siano i piani per la salvaguardia e la valorizzazione della tratta ferroviaria in oggetto, anche in relazione agli annunciati sviluppi della tratta Arcisate-Stabio.
(4-02338)

Risposta. - Ferrovie dello Stato s.p.a. ha comunicato che la situazione sollevata nell'atto ispettivo in esame si è verificata nei primi mesi dell'anno 2002, in presenza della doppia circolazione della lira e dell'euro, con le relative difficoltà di concambio, di resti di denaro e contabilizzazione del venduto e degli incassi. In tale periodo, presso le stazioni di Induco Olona, Arcisate, Bisuschio, Viggiù e Porto Ceresio non era attivo un servizio di biglietteria.
La vendita dei biglietti è stata tuttavia effettuata dal personale addetto alla circolazione dei treni di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a, che aveva garantito la propria disponibilità a svolgere tale mansione, ovviamente nel rispetto delle priorità determinate dalla gestione dell'esercizio ferroviario.
La situazione si è normalizzata dal 10 marzo 2002 quando, conclusosi il regime di doppio corso di circolazione lira/euro, sono venute meno alcune delle difficoltà sopra descritte e la vendita dei biglietti è ripresa regolarmente.
Già prima di tale periodo, la direzione regionale Lombardia della divisione trasporto regionale di Trenitalia S.p.a. aveva, comunque, attivato, nel bacino in questione, punti di vendita presso esercizi commerciali.
Inoltre, nel corso del 2002, le località in argomento sono state dotate di emettitrici automatiche ETF 500 self-service.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

COSTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto stabilito dalla legge 30 aprile 1999, n. 136: «...a decorrere dal 1 gennaio 1999 gli impianti idroelettrici di accumulo per pompaggio, aventi il serbatoio di carico in un Bacino Imbrifero Montano... sono soggetti ai sovracanoni previsti... in ragione dello 0,15 della potenza nominale media... riferita al pompaggio...»;
l'Enel deve pagare un sovracanone - per l'energia prodotta dalla centrale idroelettrica «Einaudi» di Entracque - alla provincia di Cuneo, agli enti rivieraschi


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(Entracque e Valdieri) ed ai 95 comuni appartenenti al Bacino Imbrifero Montano (BIM) all'interno del quale si trova l'invaso utilizzato dalla medesima centrale;
la cifra dovuta per il suddetto canone ammontava, per lo scorso anno, a 10.834.164,11 euro e che, per quanto riguarda la sola provincia di Cuneo, il credito nei confronti dell'Enel per gli anni 1999-2002 ammontava a 457.207,95 euro;
nel febbraio del 2000 l'Enel segnalava con una lettera alla provincia di Cuneo di non essere in grado di prevedere l'entità delle somme dovute;
maggiori chiarimenti sulla materia sono giunti dalla legge finanziaria per il 2001 che ha stabilito che la potenza minimale media deve essere intesa come prodotto della portata massima utilizzata -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per sollecitare l'Enel a pagare gli oltre 10 milioni di euro di sovracanone dovuti agli enti locali della provincia di Cuneo per l'utilizzo della centrale elettrica di Entracque.
(4-05822)

Risposta. - La legge n. 136 del 1999 «Norme per il sostegno ed il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e per interventi in materia di opere a carattere ambientale» a norma dell'articolo 28 comma 4, ha istituito, a decorrere dal 1o gennaio 1999, un sovracanone a carico degli impianti idroelettrici di accumulo per pompaggio aventi il serbatoio di carico nell'ambito di un «bacino imbrifero montano» (ai fini anche della riqualificazione dell'energia prodotta), in ragione dello 0,15 della potenza nominale media risultante dal decreto di concessione e riferita al pompaggio, da corrispondere ai comuni montani e rivieraschi.
La prima applicazione di tale norma ha evidenziato delle difficoltà, messe in luce anche dall'Enel, dal momento che il parametro «potenza nominale» non è riportato nel decreto di concessione e quindi non è determinabile.
Per il caso specifico riguardante i 95 comuni della provincia di Cuneo interessati dall'impianto Enel di Entracque, tali difficoltà di applicazione della norma non hanno consentito all'Enel di quantificare le somme da versare ai comuni e a tal fine, come indicato nell'interrogazione, nel febbraio 2000 l'Enel comunicava alla provincia di Cuneo l'impossibilità di adempiere a quanto previsto dalla legge 136/1999.
Al fine di rendere applicabile la norma, la legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 23 dicembre 2000) ha previsto, all'articolo 28, comma 8, che «la potenza nominale media deve essere intesa come prodotto della portata massima utilizzata in fase produttiva, per il salto pari alla differenza tra le quote massime degli invasi superiore ed inferiore, per l'accelerazione di gravità».
L'Enel evidenzia, però, che anche detta formulazione presenta delle imprecisioni tecniche in quanto, per il calcolo della «potenza nominale media», ci si dovrebbe riferire alla «produzione effettiva da pompaggio» anziché alla portata massima dell'impianto, circostanza che si verifica solamente in coincidenza di alcune punte produttive durante l'anno.
La Società fa presente che tale interpretazione è stata fatta propria anche dalla Federazione dei Bacini Imbriferi Montani (FEDERBIM) e che in virtù di questa posizione, nel giugno del 2001, è stato stipulato un accordo tra la Federazione e l'Enel volto a definire un criterio per il calcolo della potenza nominale media di ciascun impianto che non risultasse distorsivo.
L'Enel comunica, quindi, di aver provveduto a versare le somme dovute ai comuni aderenti alla FEDERBIM, interessati dagli impianti di pompaggio, tra cui anche quelli interessati dall'impianto di Entracque, in virtù dell'applicazione del criterio di calcolo concordato con FEDERBIM. La stessa modalità è stata applicata ai comuni non consorziati che ne hanno fatto richiesta.
Pertanto, alcuni comuni beneficiari, pur trattenendo le somme ricevute da Enel in qualità di acconto di quanto dovuto ai sensi


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di legge si sono opposti ingiungendo il pagamento del sovracanone, quantificato in base alla legislazione vigente.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

DEIANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il direttore del carcere di Viterbo ha rifiutato al detenuto Paolo Persichetti la possibilità di disporre di un personal computer;
secondo quanto denunciato dal Comitato Paolo Persichetti (Ansa del 17 luglio 2003), prima del diniego da parte del direttore del carcere, le difficoltà per la concessione del personal computer erano insorte per le modalità di acquisto e per le operazioni di asportazione del modem;
l'impossibilità di usare un computer impedisce a Paolo Persichetti di lavorare per il conseguimento del dottorato di ricerca all'università di Paris VIII di cui è tuttora docente a contratto;
risulta che disposizioni di legge e regolamenti carcerari consentano ai detenuti di utilizzare personal computer, purché privi del modem che permette la comunicazione con l'esterno -:
quali siano le ragioni che hanno determinato la decisione di negare il personal computer al signor Paolo Persichetti e se non ritenga tale diniego del tutto arbitrario;
quali iniziative intenda prendere per garantire ai detenuti che ne fanno richiesta, il diritto di poter utilizzare un personal computer.
(4-07034)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che, preso atto della progressiva diffusione e del consistente uso degli strumenti e delle apparecchiature informatiche, l'Amministrazione penitenziaria ha avvertito l'opportunità di disciplinare con apposite disposizioni la materia de qua, sia pur con talune cautele ed accortezze rese necessarie dall'esigenza di salvaguardare le primarie esigenze di ordine e sicurezza che caratterizzano la detenzione all'interno degli istituti.
Segnatamente, con circolare del 15 giugno 2001, da ultimo modificata con la lettera circolare del 4 novembre 2002, sono state disciplinate in dettaglio le modalità di concessione dell'autorizzazione, ad opera del direttore d'istituto, all'uso del personal computer all'interno delle stanze di detenzione, nonché i controlli da esercitare sia sul sistema informatico (
software) che sull'hardware (memoria).
Può dunque dirsi garantita a tutta la popolazione detenuta che ne faccia richiesta la possibilità di utilizzare
personal computers, nonché lettori nastri e compact disk portatili, per motivi di lavoro o di studio, secondo quanto prevede l'articolo 40 del regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario.
La disponibilità individuale di stampanti,
scanner, masterizzatori CD, modem è invece concessa a condizione che tali strumenti non vengano utilizzati per attuare indebite comunicazioni di dati o documenti verso l'esterno.
Peraltro, le circolari sopra citate prevedono che l'utilizzazione di personal computer dotati di tali strumenti, almeno nelle versioni più recenti, sia consentita purché avvenga all'interno di apposito locale all'uopo individuato.
Con riferimento ai quesiti posti dall'onorevole interrogante, si rappresenta che non può dirsi del tutto fondata l'affermazione relativa alla «decisione di negare al Persichetti il
personal computer».
L'autorizzazione all'uso del P.C. è frutto di una valutazione discrezionale del direttore dell'istituto, subordinata alla insussistenza di motivi ostativi, quali quelli relativi ad un suo possibile uso illecito quale strumento indebito di comunicazione, alternativo al colloquio e alla telefonata.
Per assicurare la disponibilità dell'utilizzo del computer a tutti i reclusi della C.C. di Viterbo compreso il Persichetti, la competente Direzione Generale si è peraltro attivata presso il locale Provveditorato al


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fine della individuazione e predisposizione di idoneo locale per l'installazione di PC ad uso comune di tutta la popolazione detenuta richiedente.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE, MEROI e LUIGI MARTINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'ultima legge finanziaria approvata dal Parlamento è stato normativamente introdotto il principio della totale cumulabilità tra pensione e reddito per determinate categorie di cittadini;
in particolare coloro che non avevano, all'atto del pensionamento, 58 anni di età e 37 anni di contribuzione potevano comunque ottenere detta cumulabilità previo versamento all'Istituto nazionale della previdenza sociale una somma di denaro, calcolata in base a determinati parametri e criteri;
l'Inps ha provveduto ad inviare ai cittadini i bollettini per consentir loro di avvalersi di tale facoltà, con un termine ultimo, per il versamento, fissato per il giorno 17 marzo;
giungono segnalazioni, da più parti, secondo cui un numero enorme di pensionati non avrebbe ricevuto la comunicazione (indispensabile per poter effettuare il versamento, in quanto il calcolo della somma dovuta è di competenza dell'istituto previdenziale e non è effettuabile autonomamente) oppure l'ha ricevuta in data successiva alla scadenza; in tal modo vanificandosi la facoltà di avvalersi del diritto al cumulo;
come spesso accade, anche in questa circostanza devesi evidenziare il gap organizzativo fra le decisioni del Parlamento ed i profili tecnico-organizzativi degli enti che hanno la responsabilità di dare adempimento alle normative;
oggi peraltro appare necessario addivenire ad una proroga del termine al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di avvalersi, se lo ritengono, del diritto previsto dalla legge finanziaria -:
se non ritenga indispensabile e soprattutto urgente adottare le opportune iniziative atte a prorogare la scadenza del 17 marzo per tutti coloro che hanno il diritto di avvalersi della cumulabilità tra pensione e reddito, atteso che tale diritto non ha potuto essere esercitato, in un gran numero di casi, per i ritardi con i quali l'Inps ha provveduto ad inviare i bollettini necessari per provvedere al pagamento delle somme dovute.
(4-05910)

Risposta. - Con circolare n. 16 del gennaio 2003 l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha chiarito i contenuti della normativa inerente il cumulo della pensione di anzianità con i redditi da lavoro e la sanatoria per coloro che non hanno ottemperato agli obblighi previsti dalla legge per i pensionati che lavorano.
L'articolo 44, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, prevede che a decorrere dal 1o gennaio 2003 il regime di totale cumulabilità tra redditi da lavoro autonomo e dipendente e pensioni di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, è esteso ai casi di anzianità contributiva pari o superiore ai 37 anni a condizione che il lavoratore abbia compiuto 58 anni di età. I predetti requisiti debbono sussistere all'atto del pensionamento.
Viene fatta salva la possibilità di accedere al suddetto beneficio agli iscritti alle forme di previdenza suddette, già titolari di pensione di anzianità alla data del 1o dicembre 2002 o che abbiano presentato domanda di pensionamento entro il 30 novembre 2002, nei cui confronti trovi applicazione il vecchio regime del divieto di cumulo, previo versamento
una tantum di un importo di ammontare non superiore a tre volte l'importo lordo della pensione di gennaio 2003.
Viene altresì prevista la possibilità, per chi abbia prodotto redditi sottoposti al


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divieto parziale o totale di cumulo e non abbia ottemperato agli adempimenti previsti dalla normativa di volta in volta vigente, la possibilità di versare un importo pari al 70 per cento della pensione relativa al mese di gennaio 2003, moltiplicato per il numero degli anni in cui si è verificato l'inadempimento, sanando le irregolarità commesse sino al 31 marzo 2003 ed evitando le penalità e le trattenute previste.
Vi è anche la possibilità di optare per il pagamento rateale, entro tale data, del 30 per cento del dovuto, con la rateizzazione in cinque rate trimestrali della differenza, applicando l'interesse legale del tre per cento.
Gli importi predetti devono essere pagati entro il 17 marzo 2003, secondo modalità definite dall'Ente previdenziale di appartenenza che l'INPS ha specificato con l'utilizzo di un apposito bollettino di conto corrente postale, con intestazione, numero e causale di cui è stata data ampia e dettagliata informazione all'interno del sito infolNPS, nell'apposita sezione dedicato alle novità «varie» in materia di pensioni.
L'istituto, intendendo agevolare i pensionati interessati ad usufruire della particolare disciplina contenuta nell'articolo 44 della legge finanziaria 2003, ha fornito ai beneficiari i bollettini precompilati con l'importo da versare (calcolato sulla base dell'importo mensile della pensione di gennaio 2003, la decorrenza della pensione, la data di nascita del pensionato, il numero di settimane di contribuzione alla decorrenza della pensione, il numero di settimane di contribuzione utilizzate al gennaio 2003) e l'informazione relativa all'ammontare delle rate, per coloro che avrebbero scelto il pagamento rateale.
Sulla base di quanto sopra detto ne deriva che era precipuo onere dei beneficiari, ai quali non sia stata data comunicazione tempestiva da parte dell'INPS con invio dei bollettini di pagamento, attivarsi per provvedere al versamento nei termini di legge, tanto più se si considera che la norma in oggetto pone un obbligo limitatamente al versamento e non alle modalità dello stesso.
Si fa presente, infine, che a normativa vigente, non sussistono le condizioni affinché questo Ministero adotti iniziative per la riammissione in termini nelle ipotesi di versamenti tardivi, sia pure in relazione ai casi particolari rappresentati.
Colgo l'occasione per inviarLe cordiali saluti.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

FERRO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le Poste italiane - direzione provinciale di Verona - hanno comunicato con una nota del 22 maggio 2003 che nei mesi estivi e precisamente dal 30 giugno al 27 settembre 2003, l'ufficio postale di Valgatara resterà chiuso nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì;
il consiglio comunale di Marano di Valpolicella, con una delibera del 23 giugno 2003, ha approvato una mozione contro, questa chiusura, in quanto la decisione assunta dalle Poste italiane comporta l'interruzione di un servizio di pubblica utilità che sta procurando disagio a molti cittadini -:
quali iniziative intenda assumere presso l'ente Poste, affinché sia ripristinata l'apertura e la funzionalità, anche nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dell'ufficio postale di Valgatara.
(4-06992)

Risposta. - Si ritiene opportuno rammentare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, l'operato riguardante la gestione aziendale rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane s.p.a. - interessata in merito a quanto rappresentato dall'onorevole - ha riferito che nell'ambito delle iniziative adottate al fine di riorganizzare le proprie strutture operative nel periodo estivo, è rimasto fermo l'impegno di garantire, nel territorio di ciascun comune, l'apertura giornaliera di almeno un ufficio postale.


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I provvedimenti di riduzione dell'orario di apertura al pubblico hanno, infatti, riguardato uffici che, in considerazione della vicinanza con altri uffici postali, è stata ritenuta non particolarmente pregiudizievole per l'utenza.
Le chiusure che l'azienda ha attuato, pertanto, sempre di durata limitata, non hanno intaccato l'estensione, la capillarità e la funzionalità generale della rete operativa in quanto è stata posta la massima attenzione alle specifiche realtà locali, effettuando interventi circoscritti ai soli uffici che presentano scarsi volumi di traffico durante tutto l'anno e che, già nel passato, avevano fatto registrare un significativo calo degli stessi nel periodo estivo.
Anche in tali casi, comunque, è stata garantita l'apertura nei giorni di pagamento delle pensioni, nonché il regolare svolgimento del servizio di recapito della corrispondenza.
Ciò premesso, per quanto concerne il comune di Marano di Valpolicella, la società Poste ha precisato che lo stesso è servito da due uffici, quello di Marano di Valpolicella - aperto tutti i giorni senza limitazioni durante il periodo estivo - nonché quello di Valgatara che nei mesi estivi fa registrare un calo del 15 per cento dei flussi di traffico di regola già molto esigui; tale ultimo ufficio nel periodo 30 giugno/27 settembre è stato attivo nei giorni di martedì, giovedì e sabato.
In merito alle suddette misure, tuttavia, questo ministero - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale che ha fra i suoi compiti quello di verificare la qualità del servizio universale erogato dalla società Poste - nel prendere atto degli sforzi attuati da Poste italiane al fine di equilibrare la gestione economico-finanziaria aziendale e di garantire al personale il diritto alle ferie, ha richiamato l'attenzione dei vertici societari sugli impegni derivanti dall'espletamento del servizio universale. Pur riconoscendo l'autonomia aziendale in materia di organizzazione del servizio, ha ribadito, inoltre, la necessità che la società Poste faccia preventivamente conoscere le linee guida ed i criteri di massima seguiti a livello nazionale in merito alle iniziative che la medesima società intenderà, nel futuro, adottare.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

FINOCCHIARO, CARBONI e GRILLINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come si apprende da una nota sul sito internet dei Ds, un certificato di detenzione, regolarmente firmato dal direttore di una casa di reclusione di Roma e relativo alla posizione di un detenuto condannato con sentenza definitiva alla pena dell'ergastolo, reca come data di fine pena, piuttosto che il tradizionale «mai», le cifre «99/99/9999» -:
quale sia la ragione per la quale il sistema computerizzato adotti la scelta di indicare, piuttosto che la esplicita menzione sinora utilizzata, una serie di numeri che simulano la sequenza di una data, ma che risultano incomprensibili ad ogni lettore e in ogni caso recano ulteriore umiliazione al detenuto cui si riferiscono;
se il Ministro condivida il giudizio sopra espresso e come intenda intervenire.
(4-07797)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che il competente Ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha effettuato una verifica sui modelli di stampa del sistema informatico denominato SIAP.
Si è potuto rilevare che il certificato di detenzione, emesso dal predetto sistema, stampa la data di fine pena, in caso di ergastolo, con un «99/99/9999» invece del tradizionale «mai».
Ciò dipende dalla necessità di memorizzare in archivio un campo definito come data che, nella fattispecie dell'ergastolo, è trascritto, per esigenze tecniche, in un formato particolare quale «99/99/9999».
Recentemente è stata impartita disposizione che i programmi finalizzati ad estrapolare tale informazione per poterla riproporre in consultazione sul video o per


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potere stampare modelli, individuino l'ergastolo nella data caratterizzata «9» del fine pena e la trasformino, per la consultazione e la stampa, in «MAI».
Il certificato di detenzione, invece, non segue la formula sopra descritta e trascrive la data così come è stata memorizzata in archivio sin dalla partenza del sistema SIAP e, cioè, dal 1986.
Peraltro, in merito al menzionato certificato, finora non era stata segnalata alcuna anomalia.
In ogni caso il programma informatico relativo al certificato di detenzione è stato adesso modificato e, pertanto, nel campo «fine pena» apparirà «MAI» al posto del «99/99/9999» riferito ai detenuti con condanna definitiva all'ergastolo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
il 7 novembre 2002, a Washington, il direttore dell'Agenzia delle dogane, Mario Andrea Guaiana, e il direttore delle dogane degli Stati Uniti, Robert C. Bonner, siglavano un programma pilota in ragione del quale i doganieri americani, dislocati nei porti italiani, possono collaborare con i doganieri italiani per l'ispezione dei container destinati agli Stati Uniti;
si apprende dal Sole 24 Ore di giovedì 3 aprile 2003 che la Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, di Svezia, Spagna e Regno Unito per aver sottoscritto accordi bilaterali quale quello sopra menzionato;
in particolare risulta che l'accordo sottoscritto costituirebbe: infrazione dell'accordo doganale UE-USA, violazione del principio di politica commerciale comune e omesso rispetto dell'articolo 10 del Trattato europeo che obbliga gli Stati a non prendere decisioni in contrasto con gli obiettivi del Trattato stesso -:
se e quali iniziative si intendano assumere prima che la procedura di infrazione sia sottoposta alla Corte di giustizia.
(4-06002)

Risposta. - La Commissione europea ritiene che la Repubblica italiana, a seguito della firma della Dichiarazione d'intenti, avvenuta a Washington il 7 novembre 2002 tra l'Agenzia delle dogane e l'Amministrazione doganale statunitense, tesa a rafforzare la reciproca cooperazione operativa nei porti marittimi, sia venuta meno agli obblighi previsti dal Trattato, ai sensi degli articoli 10, 131 e 133.
L'Amministrazione finanziaria, in data 4 giugno 2003, ha fornito alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea precise informazioni volte a chiarire esaustivamente i quesiti sollevati dalla Commissione europea.
In particolare è stato evidenziato che la Dichiarazione d'intenti firmata con le autorità doganali americane si inquadra nel contesto giuridico dell'Accordo bilaterale intergovernativo, di mutua assistenza amministrativa in materia doganale tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America, firmato a Washington il 15 novembre 1985 e ratificato in Italia con legge 27 ottobre 1988, n. 497, il cui campo di applicazione è molto ampio e non limitato al solo settore della politica commerciale che rileva in principio dell'articolo 133 del Trattato CE.
Pertanto, il predetto Documento non può essere considerato come un nuovo accordo internazionale con il quale le due parti assumono obblighi nuovi e diversi rispetto a quelli già derivanti dall'accordo del 1985, bensì come una mera dichiarazione di intenzioni, con la quale viene preannunciato, in modo non giuridicamente vincolante per nessuna delle due Parti, un programma congiunto di lavoro con il quale le due amministrazioni doganali competenti danno pratica attuazione e concretizzano, nelle iniziative in essa delineate, l'obbligo di cooperazione bilaterale reciproca derivante dall'Accordo medesimo.
Il programma di cooperazione previsto nella Dichiarazione è finalizzato principalmente alla lotta al terrorismo che è di


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competenza statuale non comunitaria e giustifica le prerogative di autonomia negoziale di ogni singolo Stato membro nell'ordinamento internazionale, rivestendo carattere di priorità rispetto al rischio ipotetico di intralciare, come paventato dall'esecutivo comunitario, il commercio e la concorrenza.
Sul piano operativo, le misure di controllo previste dalla Dichiarazione vengono assunte solo dalle dogane italiane, nel quadro dei poteri che sono loro attribuiti dalla legislazione nazionale in materia di sicurezza, limitandosi gli interventi degli agenti doganali statunitensi ad una preventiva collaborazione per l'individuazione dei
container a rischio ai fini del loro controllo.
L'Amministrazione finanziaria ha, infine, evidenziato alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione Europea di ritenere, alla luce delle osservazioni formulate, che la procedura d'infrazione in questione non abbia ragione di esistere.
Allo stato, non risulta che alla procedura medesima sia stato dato seguito.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

FRAGALÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 28 gennaio 1987, in un'operazione di Polizia, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli venivano tratte in arresto circa 39 persone tra cui Giuseppe Serpe, assistente di volo dell'A.T.I. e sua moglie Maria Rosaria Velotto;
in data 28 novembre 1988 chiusa l'istruttoria formale Maria Rosaria Velotto viene prosciolta per non aver commesso il fatto e Giuseppe Serpe viene rinviato a giudizio con la concessione degli arresti domiciliari nonostante non fossero previsti tali benefici data la gravità dei reati contestati;
in data 13 marzo 1990 la Corte di Appello di Napoli - VII sezione - senza rinnovazione dibattimentale e senza rivolgere all'imputato alcuna domanda, lo condanna alla pena di anni due di reclusione e lire 14.000.000 di multa ex articolo 75 legge n. 685 del 1975 (all'epoca il minimo edittale era di 7 anni, il massimo 21 anni), accogliendo l'appello del pubblico ministero;
la sentenza si fonda su tre punti essenziali:
1) intercettazioni di conversazioni telefoniche;
2) chiamata di correità del coimputato Sgueglia Salvatore;
3) un viaggio compiuto in Colombia nel 1986 su invito di tal Serino Ferdinando, lontano parente di Maria Rosaria Velotto, mai escusso nemmeno in qualità di teste (vedi sentenza di primo grado). Inoltre in sentenza, ad avviso dell'interrogante, si fanno affermazioni del tutto prive di riscontro e non si tiene in alcun conto la dichiarazione del pentito Gutierrez, definito dagli stessi inquirenti «faro direzionale di tutta la vicenda processuale» secondo cui Giuseppe Serpe è estraneo alle vicende per cui è processato.
in relazione a detta sentenza, con lettera del 15 marzo 1990, allegata agli atti, il difensore espresse vibrata protesta poiché la Corte lo aveva invitato ad astenersi dal dilungarsi nella arringa tenuto conto anche e soprattutto della dettagliata e circostanziata requisitoria del P.G. d'udienza che concludeva con la richiesta di conferma della sentenza assolutoria;
il 25 maggio 1991 la Corte di Cassazione rigettava il ricorso dell'imputato;
il 15 luglio 1994 sulla base di quanto affermato sulla sentenza di condanna, Giuseppe Serpe presentava istanza di revisione, allegando una dichiarazione a firma autentica del coimputato Sgueglia Salvatore con la quale lo stesso negava di aver mai operato chiamate di correità nei confronti di Giuseppe Serpe, mentre Serpe lamentava, nel contempo di non aver potuto dimostrare con perizia fonica, perché


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mai concessa, di non essere l'interlocutore delle telefonate ritenute gravemente indizianti;
con ordinanza n. 5578/94 del 6 novembre 1995 la VI sezione della Corte di Appello di Napoli dichiarava inammissibile l'istanza di revisione;
il 2 marzo 1996 veniva proposta nuova istanza di revisione, supportata da una dichiarazione a firma autentica di Serino Ferdinando (estraneo al processo) che si assumeva la responsabilità del viaggio in Colombia e ne chiariva i contorni;
peraltro in relazione a tale viaggio, Giuseppe Serpe non aveva nessuna garanzia, di poterlo effettuare in quanto come dipendente A.T.I., usufruiva di una concessione aziendale senza diritto di prenotazione;
anche per tale ultima istanza di revisione, si rinnovava la richiesta di produrre perizia fonica al fine di dimostrare in maniera definitiva che Giuseppe Serpe non è il Joseph interlocutore delle telefonate sospette;
con decreti dell'11 settembre 1996 e 10 aprile 1997 la II sezione di Appello di Napoli convocava le parti in Camera di Consiglio e autorizzava la difesa (istanza del 7 aprile 1997) a produrre perizia fonica sulle bobine di intercettazioni telefoniche;
il 15 ottobre 1997 si svolgeva l'udienza camerale durante la quale la difesa invocava l'applicazione della nuova normativa in materia di revisione (Cass. Penale Sez. VI n. 8300/96-sez. III n. 595/94-sez. I n. 3924/93) e lamentava l'impossibilità di rinvenire le bobine di intercettazioni telefoniche (il 23 settembre 1998 l'Archivio Centrale del Tribunale di Napoli attesta che agli atti del processo non risultano allegate bobine d'intercettazioni telefoniche);
la Corte si riservava di decidere, ed in data 22 ottobre 1997 dichiarava inammissibile l'istanza di revisione;
l'11 ottobre 1999, invocando l'applicazione della legge n. 405 del 23 novembre 1998 che dichiarava l'incompetenza della Corte di Appello di Napoli, veniva inoltrata istanza di revisione alla Corte di Roma che, in data 13 aprile 2000, dichiarava inammissibile l'istanza e condannava il richiedente al pagamento di lire 2.000.000 (duemilioni) in favore della cassa ammende;
data l'enorme rilevanza che i descritti mezzi di prova rivestono al fine dell'ammissibilità del procedimento di revisione invocato dal signor Giuseppe Serpe, e non solo per l'individuazione delle «nuove prove» di cui alla lettera c) dell'articolo 630 del codice di procedura penale;
il ritrovamento delle bobine è indispensabile per consentire a Giuseppe Serpe di affrontare e risolvere, anche alla luce dei principi del «giusto processo», introdotti dal novellato articolo 111 della Costituzione, questo clamoroso caso di denegata giustizia -:
se il Ministro intenda procedere ad un'ispezione presso gli uffici competenti, tenuto conto che le bobine de quo risultano inspiegabilmente disperse, in quanto l'Archivio generale presso il tribunale di Napoli si era limitato, in data 23 settembre 1998, ad attestare che, agli atti del procedimento «non risultano allegate bobine di intercettazioni telefoniche».
(4-04929)

Risposta. - L'interrogante, riferendosi alla vicenda giudiziaria relativa a tale Giuseppe Serpe, condannato con sentenza passata in giudicato all'esito di procedimento penale originato da un'indagine per traffico internazionale di stupefacenti, si duole del mancato accoglimento di diverse istanze di revisione dallo stesso presentate e dichiarate inammissibili dalla competente autorità giudiziaria, senza peraltro dedurre profili di abnormità ovvero di preordinata strumentalizzazione dell'attività giudiziaria per finalità contrarie a quelle di giustizia; si limita, infatti, a dedurre l'asserito smarrimento di alcune bobine di intercettazioni telefoniche, ritenute indispensabili ai fini


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della revisione del processo in quanto integranti il requisito delle «nuove prove» di cui alla lettera c dell'articolo 630 del codice di procedura penale.
Dagli accertamenti compiuti al riguardo, è emerso che il reperto in questione è stato distrutto in data 31 maggio 1993, in esecuzione di ordinanza del 2 marzo 1993 emessa dalla VII sezione penale della Corte di appello di Napoli, come comunicato dal Presidente del locale tribunale; né comunque risulta che si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo la condanna confermata dalla Corte di cassazione in data 25 maggio 1991.
Per quanto sin qui rappresentato, non ritengo che nel caso in esame ricorrano le condizioni per intraprendere le iniziative richieste dall'interrogante.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GIACHETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il giorno 9 gennaio 2003, su alcuni organi di informazione è apparsa una notizia riguardante la commercializzazione dei farmaci contro la disfunzione erettile;
sembrerebbe che un farmacista italiano abbia preparato su ricetta ad personam nel laboratorio della farmacia, delle pasticche a base di sildenafil, il principio attivo del Viagra;
sempre secondo le notizie riportate dagli organi di informazione, sembrerebbe che un farmacista di Santa Maria Capua Vetere abbia ricevuto una prescrizione medica di farmaco galenico per un paziente che non otteneva alcun beneficio con il Viagra a dosaggio minimo di 50 mg e aveva effetti indesiderati con la pasticca a dosaggio di 100 mg. La pasticca prodotta in forma galenica con dosaggio a 70 mg prodotta dal farmacista citato si sarebbe rivelata adatta per il paziente;
i farmaci contro la disfunzione erettile rappresentano, per chi ne è affetto, l'unico rimedio per poter avere una attività sessuale. Per alcuni pazienti è necessaria una preparazione personalizzata, poiché i dosaggi prestabiliti dalla casa produttrice potrebbero non avere effetto o averne troppo -:
se corrisponda al vero quanto dichiarato da professionisti del settore, secondo cui la casa farmaceutica che produce il Viagra neghi da sempre di rendere pubblico il principio attivo dello stesso medicinale, con il rischio che lo si cerchi illegalmente;
se sia illegale realizzare il farmaco in forma galenica;
se sia possibile farlo solo previa prescrizione del medico curante e previa richiesta del principio attivo a chi produce il farmaco «originale»;
se nel caso fosse confermata la notizia relativa alla pubblicizzazione del principio attivo del Viagra, il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire, con tutti gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, presso la società farmaceutica Pfizer affinché dia la sua autorizzazione alla realizzazione di farmaci galenici a base di sildenafil, il principio attivo del Viagra;
se non ritenga di intervenire affinché anche i farmaci contro la disfunzione erettile possano essere acquistati secondo il principio dei generici, a prezzo ridotto. Rappresenterebbe infatti un risparmio per molti cittadini affetti da questa patologia, che non possono permettersi l'originale a causa di un prezzo davvero poco abbordabile.
(4-05050)

Risposta. - Il diritto di brevetto sulle invenzioni industriali, che attribuisce al titolare la facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto, incontra nell'articolo 1, comma 3, del Regio Decreto 29 giugno 1939, n. 1127, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 338/1979, un limite in relazione alle preparazioni per unità di medicinali nelle farmacie in base a ricetta medica personalizzata,


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contenente l'indicazione di una sostanza, una composizione o un processo produttivo coperti da brevetto (c.d. esenzione galenica).
Analoga eccezione è prevista per l'utilizzazione del prodotto brevettato in via sperimentale.
La «ratio» che giustifica il ricorso ai medicinali galenici allestiti in farmacia e che esclude la violazione della privativa, è lo sfruttamento dell'invenzione per esclusive finalità private e non commerciali, in funzione, ad esempio, della necessità di ottenere dosaggi e forme farmaceutiche diverse da quelli presenti sul mercato, ovvero di evitare l'impiego di eccipienti ai quali il paziente potrebbe risultare allergico.
Detti preparati, ai sensi dell'articolo 4, lettera b), del decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, non soggiacciono neppure alla disciplina prevista per le specialità medicinali di realizzazione industriale e, pertanto, non necessitano dell'autorizzazione alla produzione di cui all'articolo 2 dello stesso decreto legislativo n. 178/91.
Qualità, sicurezza ed efficacia terapeutica sono, comunque, assicurate dalla osservanza delle indicazioni del medico prescrittore e dalla conformità alle formule di buona preparazione fissate dalla Farmacopea ufficiale, che dettano precise regole in ordine alla qualità delle materie prime, all'attrezzatura ed igiene dei locali utilizzati e alle preparazioni medesime.
Naturalmente il farmacista è tenuto a rifornirsi del prodotto brevettato o presso il titolare del brevetto o presso i rivenditori da questo autorizzati alla relativa distribuzione intermedia, altrimenti incorrerà nel reato di ricettazione, in caso di consapevolezza della illecita provenienza, o di incauto acquisto, nell'ipotesi di condotta colposa.
La recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sezione III, Sentenza del 28 gennaio 2003, n. 4018), intervenuta proprio contro l'illegale produzione del «Sildenafil-citrato», il principio attivo del Viagra, brevettato dalla azienda farmaceutica Pfizer, ad opera di un'azienda non autorizzata, dimostra chiaramente che l'approvvigionamento da parte del farmacista delle materie prime non possa mai avvenire in violazione del diritto di esclusività brevettuale.
Inoltre, in virtù dell'articolo 7, primo comma, della legge 16 novembre 2001, n. 405, come sostituito dal decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, l'autorizzazione alla immissione in commercio dei medicinali generici, ossia essenzialmente simili a specialità medicinali brevettate, laddove la copertura brevettuale si riferisca al principio attivo del prodotto, è impedita per tutta la validità del brevetto (20 anni), e, ove esista, del certificato protettivo complementare di cui alla Legge 19 ottobre 1991, n. 349 e al Regolamento CEE 1768/92, che ha durata pari al periodo intercorso tra il deposito della domanda di brevetto e la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio.
Tuttavia, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, della Legge 15 giugno 2002, n. 112, è consentito alle aziende interessate alla autorizzazione dei medicinali generici, di avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo brevettato in anticipo di un anno rispetto alla scadenza del certificato di copertura brevettuale complementare.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

GIBELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Goigo Mirkanovic, persona considerata socialmente pericolosa dal Sindaco di Gerre (Cremona) essendo soggetto incline a commettere reati contro il patrimonio, in data 11 luglio 2003, mentre si trovava a Cremona, a bordo di un'autovettura rubata, perdeva il controllo della stessa e travolgeva il motociclista Andrea Tranquillo Picciotti, cagionandone il decesso;
in relazione a tale fatto, Mirkanovic è stato arrestato immediatamente dalla polizia giudiziaria e l'arresto è stato convalidato dal GIP di Cremona, il quale gli ha applicato la misura cautelare della custodia cautelare in carcere sia in relazione al reato di omicidio colposo, sia in relazione


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al furto d'auto nella quale si trovava il Mirkanovic al momento dell'investimento;
a causa di un errore materiale sulle generalità riportate nel precedente verbale di arresto, il certificato del Casellario giudiziario e quello dei carichi pendenti del Mirkanovic attestavano l'assenza di precedenti a carico dello stesso;
per tali motivi il PM di Cremona, ritenendo che non sussistessero le condizioni per richiedere una misura cautelare, disponeva l'immediata liberazione del Mirkanovic;
in base ad ulteriori notizie acquisite presso il tribunale per i minorenni di Brescia era emerso che Mirkanovic era stato arrestato nella notte tra il 3 e il 4 aprile 2003, per furto di tre autoveicoli commesso a Cremona e Bonemerse;
il PM di Brescia, alla luce dei nuovi fatti aveva richiesto ed ottenuto dal GIP sia la convalida dell'arresto che l'applicazione della misura cautelare in carcere;
i termini di custodia cautelare scadevano in data 4 luglio 2003 e il GUP si trovava nell'impossibilità di fissare l'udienza preliminare prima di tale data, il 24 luglio 2003, per lo spirare dei termini cautelari, il predetto giudice disponeva la scarcerazione del Mirkanovic;
ad avviso dell'interrogante si tratta di un caso di mala amministrazione della giustizia che produce, come tale, risvolti sociali che non devono essere sottovalutati visto che alimentano nei cittadini una mancanza di fiducia nelle istituzioni e soprattutto nella Magistratura -:
se alla luce di ulteriori valutazioni sul caso sia stata accertata la sussistenza di eventuali errori commessi da parte del GUP presso il Tribunale dei Minori di Brescia e del PM presso il tribunale di Cremona, ed in caso affermativo, se sia stata adottata l'iniziativa disciplinare e quale esito abbia eventualmente avuto.
(4-08501)

Risposta. - In data 17 ottobre 2003 ho promosso, a norma degli articoli 107 della Costituzione, 14 n. 1 della legge 24 marzo 1958 n. 195, 59, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958 n. 916, in relazione all'articolo 18 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, l'azione disciplinare nei confronti dei dottori Beniamino Spizuoco e Francesco Messina ed ho, pertanto, chiesto al signor procuratore genera1e presso la Suprema Corte di Cassazione di attivarne la procedura.
Ciò in relazione all'articolata e complessa vicenda processuale menzionata nell'interrogazione in oggetto - valutata rilevante sotto il profilo disciplinare - essendosi i due predetti resi immeritevoli della fiducia e considerazione di cui deve godere un magistrato, così da compromettere il prestigio e la credibilità dell'ordine giudiziario, avendo violato, nelle rispettive funzioni di GIP/GUP presso il tribunale per i minorenni di Brescia (il dott. Beniamino Spizuoco) e di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Cremona (il dott. Francesco Messina), il dovere di diligenza.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MALGIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo l'arresto di Aung San Suu Kyi, avvenuto il 30 maggio 2003, le autorità birmane hanno fornito indicazioni contraddittorie sulla sorte della leader della Lnd, sulle modalità della sua detenzione e sul posto in cui è custodita. Il 2 luglio 2003 il governo birmano ha fatto sapere di aver trasferito Suu Kyi in un altro carcere dopo che l'inviato dell'Onu aveva criticato le condizioni del precedente. Da allora è calato il silenzio e il regime militare comunista al potere si è rivelato impermeabile a qualunque appello della comunità internazionale;
anche l'Unione europea, nel corso del vertice di Porto Carras, ha condannato il


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comportamento del governo di Myanmar, mentre il 4 giugno 2003 l'ambasciatore birmano a Roma era stato convocato al ministero degli affari esteri in relazione all'arresto di Suu Kyi;
l'arresto del premio Nobel per la pace ha condotto ad un ulteriore giro di vite sulla già provata popolazione di Myanmar. Se anche di fronte ad un personaggio «ingombrante» come Suu Kyi i militari birmani non si creano problemi e restano in silenzio, non si può che essere sempre più preoccupati per la sorte delle migliaia di oppositori e prigionieri politici, la cui identità è sconosciuta, incarcerati nei campi di rieducazione del regime -:
quali ulteriori misure, anche nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è membro e nell'ottica del semestre di presidenza dell'Unione europea, ritenga necessarie per richiamare il governo di Myanmar al rispetto dei diritti umani fondamentali, primi tra tutti quello alla libertà d'espressione e circolazione.
(4-06913)

Risposta. - La questione del rispetto dei diritti umani in Birmania e della detenzione forzata del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, nonché di esponenti del partito di opposizione NLD (Lega Nazionale per la Democrazia), continua a formare oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia, sia in sede UE che in sede Nazioni Unite.
Dopo il 30 maggio 2003 l'Unione europea, ha anticipato l'applicazione delle sanzioni aggravate previste dal rinnovo della Posizione Comune del 28 aprile 2003, con la decisione del CAGRE (Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne) del 17 giugno 2003. Sotto la presidenza italiana, l'UE ha continuato a svolgere un'azione diplomatica volta ad incoraggiare le pressioni delle capitali asiatiche nei confronti di Yangon.
Sul tema delle sanzioni alla Birmania si è richiesto alla Commissione Europea uno studio che è stato presentato il 5 novembre 2003 e che è in corso di esame da parte degli Stati membri. Tuttavia, sono per il momento da escludere ulteriori misure - in particolare di natura economica - poiché non vi è un consenso tra i
partners UE su tale proposta.
Il 24 luglio 2003 a Bali i Paesi asiatici ed europei, nell'ambito della V Riunione dei Ministri degli esteri dell'ASEM (unico foro di dialogo tra i paesi membri dell'Unione Europea e i dieci principali Paesi dell'Asia sud orientale) - cui ha partecipato anche il Ministro Frattini in qualità di Presidente di turno dell'Unione europea - hanno unanimemente condannato, sebbene con toni diversi, con una dichiarazione sottoscritta, la situazione venutasi a creare dopo il 30 maggio 2003 e l'arresto del Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Nella medesima occasione la Presidenza italiana, minacciando la non partecipazione, è riuscita ad evitare la presenza di rappresentanti del Governo militare di Yangon.
In agosto è stato presentato il rapporto dello Special Rapporteur della Commissione per i diritti umani, Paulo Sergio Pinherio, sulla situazione in Myanmar a seguito della visita in quel Paese nel marzo 2003. In generale, il rapporto sottolinea la sostanziale assenza di progressi nel campo dei diritti umani.
Il 15 settembre 2003 l'ambasciatore d'Italia a Yangon, in occasione di un incontro con il Vice Ministro degli affari esteri, U Khin Maung Win, ha chiesto la pronta liberazione della signora Aung San Suu Kyi e un suo ruolo attivo nella fase preparatoria della convenzione incaricata di individuare i princìpi fondamentali cui dovrebbe ispirarsi la nuova Costituzione del Paese.
Il 16 settembre 2003, essendo stata la signora Aung San Suu Kyi sottoposta ad un delicato intervento chirurgico, io stessa non ho mancato di sottolineare che l'occasione avrebbe costituito un eccellente motivo per provvedere ad un immediato ed incondizionato rilascio del premio Nobel da parte della giunta militare.
Il 22 settembre 2003, inoltre, ho incontrato alla Farnesina l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Birmania, l'ambasciatore Razali, alla vigilia della missione che questi ha compiuto nel Paese il 30 settembre 2003. Principale oggetto di discussione


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sono stati la situazione politica del Paese, il recente annuncio da parte della giunta militare dell'istituzione di una «road map» per la democrazia e i recenti sviluppi sul caso della Signora Aung San Suu Kyi. L'ambasciatore Razali Ismail ha concordato con me nel dichiarare che la scarcerazione del Premio Nobel avrebbe potuto rappresentare un positivo segnale di apertura da parte della giunta militare birmana, anche in vista della Conferenza dell'ASEAN (Association of South East Asian Nations), tenutasi a Bali il 7 e l'8 ottobre.
Sempre in vista del suddetto vertice ASEAN di Bali, le ambasciate d'Italia presso i principali
partners asiatici della Birmania hanno compiuto un passo ufficiale quali presidenti della UE in formato Troika, nel quale si chiedeva la liberazione del Premio Nobel.
Negli stessi giorni, l'inviato speciale della presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri, Ali Alatas, nel corso di una conferenza stampa, si era detto ottimista sulla possibilità che Aung San Suu Kyi venisse liberata prima del predetto vertice ASEAN. L'inviato speciale indonesiano ha consegnato ai vertici della giunta birmana una lettera di Sukamoputri, nella quale si invitavano le autorità del paese a liberare il Premio Nobel per la pace e a far ripartire il processo di democratizzazione del paese.
Il 26 settembre 2003 la Signora Aung San Sua Kyi è stata trasferita dall'ospedale, ove era ricoverata, alla propria abitazione per essere soggetta agli arresti domiciliari. Il suo medico personale ha altresì precisato che eventuali visite da parte del corpo diplomatico ed altre personalità avrebbero dovuto essere preventivamente autorizzate dal Governo. Il medico ha inoltre letto un comunicato scritto del Premio Nobel, nel quale Aung San Suu Kyi, pur ringraziando per l'appoggio ricevuto dai propri simpatizzanti nei pressi dell'ospedale nel corso della sua degenza, ha chiesto loro espressamente di non attenderla al momento del trasferimento. Tale presa di posizione è stata motivata dal timore di eventuali incidenti con le forze di polizia.
Dal 30 settembre al 2 ottobre 2003, ha avuto luogo l'undicesima visita a Yangon dell'inviato specia1e di Kofi Annan, ambasciatore Razali Ismail. Nell'incontro che questi ha avuto con il corpo diplomatico al termine della visita, egli ha preliminarmente affermato che, date le condizioni di partenza, considerava importante l'aver potuto effettuare la visita, aggiungendo che suo obiettivo prioritario non era costituito dal rilascio immediato della signora, a proposito del quale comunque il regime non ha fornito indicazioni precise, ma di ottenere che la sua libertà venisse posta in stretta relazione con il coinvolgimento del NDL nel processo di preparazione della convenzione nazionale.
Nel corso della visita l'ambasciatore Razahi ha avuto tra l'altro l'occasione di incontrare direttamente la signora Aung San Suu Ky. Da tali colloqui sarebbe emersa la disponibilità della Signora a collaborare con Khin Nyunt per l'attuazione della
Road Map.
Sempre nello scorso mese di ottobre, al vertice APEC (Asia Pacific Economie Cooperation) di Bangkok, i Paesi Asiatici hanno evitato di pronunciarsi sulla questione birmana, che infatti non è menzionata nella dichiarazione finale.
Su iniziativa americana il tema è stato tuttavia discusso ed è stata riesumata la proposta, contenuta nella
road-map tailandese, di riunire una conferenza dei paesi «like-minded» (asiatici) a supporto del processo politico interno birmano. Su diretto impulso del governo thailandese, è prevista il 15 dicembre 2004 a Bangkok la convocazione di un Forum internazionale sulla Birmania, allargato alla partecipazione di paesi «like-minded» asiatici e, per l'Europa, di Francia, Germania, Austria e Italia.
La convocazione di una seconda conferenza, questa volta allargata alla partecipazione di tutta la comunità internazionale, è stata ventilata da parte tailandese.
Infine l'8 novembre 2003 alla signora Suu Kyi sono stati revocati gli arresti domiciliari. Tuttavia ella ha dichiarato di non accettare tale misura finché non saranno rilasciati altri 35 prigionieri politici


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aderenti alla NLD e fino a quando non sarà fatta piena luce sui fatti del 30 maggio 2003.
L'Italia, dal canto suo, in qualità di Presidente di turno dell'UE, ha proposto ai
partners europei una missione a livello politico a Yangon da svolgersi, auspicabilmente, entro la fine dell'anno e ha predisposto, insieme agli altri paesi europei, un progetto di risoluzione su Myanmar che è stato presentato all'Assemblea Generale.
Il Governo italiano continuerà a mantenere viva l'attenzione sulla situazione dei diritti umani in Myanmar sia nell'ambito del competente gruppo di lavoro UE (COHOM gruppo di lavoro sui diritti umani), sia in vista della prossima sessione della Commissione ONU per i diritti umani (Ginevra, marzo-aprile 2004), ove verrà rilanciata con ogni probabilità, qualora non si verificassero concreti passi in avanti nella situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Paese, la proposta di una risoluzione di condanna nei confronti del Myanmar.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

MAZZOCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 16 giugno 2001, dopo diciotto riunioni iniziate il 13 gennaio 2001, la Commissione Giudicatrice delle offerte di Sale Bingo ha concluso i suoi lavori rassegnando una graduatoria che è stata approvata dall'Amministrazione affidataria del controllo con decreto dell'11 luglio 2001;
in data 27 giugno 2001, l'Amministrazione ha diffuso, via Internet, per esigenza di trasparenza postuma, i criteri di valutazione dei progetti che la Commissione aveva approvato nella seduta del 27 febbraio 2001, ed ha reso pubblici, in tale circostanza, i verbali delle diciotto sedute redatti dalla Commissione in parola;
dall'analisi di questi atti emerge l'estrema genericità di criteri di valutazione finalizzali su giudizi di apprezzamento pressoché scolastici quali sufficiente, buono, ottimo, modesto, medio, alto, che però sono anche espressione di valutazioni ancorché concordate pur sempre vaghe e discrezionali;
in tale ambito di apprezzamento discrezionale è accaduto che senz'alcuna altra spiegazione desumibile dagli atti così redatti in certe zone si è avuta una concentrazione di Sale Bingo assegnate in prima battuta a seicento m. o a duecento m. l'una dall'altra che la situazione dei luoghi non giustifica né sul piano dell'intensità urbanistica né sotto il profilo di concentrazione di utenza. E questo si è verificato a Roma e a Torino;
il 14 marzo 2001 (verb. n. 6) viene stabilito che non è possibile suddividere il numero minimo di postazioni per Sala (300) in più Sale ma che il numero minimo di postazioni può essere suddiviso in più livelli comunicanti fra di loro che consentano di realizzare l'entità numerica prescritta;
il 5 maggio 2001, (verb. n. 11) in una serie di altre motivazioni standard, viene codificata la contraddizione fra Sala e livello senza specificare una volta per tutte se la Sala è un'estensione unica o può essere composta da più livelli senza che ognuno di questi assurga dignità di Sala;
queste formulazioni standard, fatte proprie dalla Commissione sono state poi inserite in un software e costituiscono le motivazioni adottate nel decidere i vari casi;
i criteri di valutazione diffusi il 27 giugno dall'Amministrazione difettano nella trasparenza comunicativa, proprie di questi elementi di valutazione assunti, in rete telematica dopo la decisione del 5 maggio u.s.;
la Commissione ha quindi impiegato sei mesi, con quindici membri e sette segretari, per esaminare 1.400 progetti di Sale con il supporto di una collaborazione


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esterna informatica, scelta intuitu personae, a cui è stata affidata, sulla base di criteri riportati in software, il compito di assegnare la tipologia delle motivazioni ai casi concreti in esame;
l'Amministrazione, infine, nel decreto di approvazione della graduatoria accomuna fra i vincitori gli assegnatari di prima e seconda ripartizione imponendo loro gli stessi obblighi ancorché i secondi, se l'andamento del gioco lo consentirà, saranno autorizzati ad aprire le sale non prima di sei mesi dopo l'inizio del gioco; il che li espone ad un'ingiustificata mobilitazione improduttiva di risorse per non meno di un anno;
l'incertezza e l'imprecisione dei riferimenti così effettuati si ritiene che daranno luogo ad un ampio e diffuso contenzioso che si unirà a quello gia in corso nei confronti del bando -:
quali controlli abbia compiuto l'Amministrazione per approvare con la graduatoria, l'operato della Commissione, nella quale pure si è inserita con attività di consulenza di cui non vi è traccia nei verbali;
quanto sia costata allo Stato una simile procedura concorsuale oltre al mancato conseguimento di una parte cospicua dei 1.400 miliardi iscritti in bilancio per il 2001, come conseguenza delle direttive ministeriali del 13 settembre, di affidare all'Amministrazione dei Monopoli il compito di gestire l'introduzione di un gioco che nella migliore delle ipotesi non inizierà prima del prossimo gennaio modificando così l'indirizzo espresso dal regolamento legislativo del 31 gennaio 2001.
(4-00342)

Risposta. - I criteri di valutazione utilizzati dalla commissione giudicatrice delle offerte Sale Bingo in sede di formazione della graduatoria per l'assegnazione delle sale da gioco siano stati di estrema genericità e privi di trasparenza comunicativa. L'interrogante, al riguardo, richiama alcune vicende che hanno caratterizzato la distribuzione territoriale delle sale, il tempo impiegato dalla commissione per l'espletamento dei suoi lavori e, infine, la discriminazione effettuata dall'amministrazione finanziaria, in sede di approvazione della graduatoria, tra gli assegnatari di prima e seconda ripartizione.
In relazione a ciò, l'onorevole interrogante vuole conoscere quali controlli siano stati compiuti dall'amministrazione finanziaria per approvare, con la graduatoria, l'operato della Commissione e quanto sia costata allo Stato tale procedura concorsuale.
Occorre subito evidenziare che, secondo quanto riferito dalla competente amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, i criteri di aggiudicazione delle sale da gioco e la loro classificazione hanno avuto la massima e preventiva diffusione. Infatti, il bando di gara che li aveva previsti (articolo 15) è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, foglio delle inserzioni n. 278 del 28 novembre 2000, allegato alla documentazione distribuita a tutti i partecipanti alla gara, mentre i mass-media e le riviste specializzate hanno dato ampi spazi alla gara e alle sue modalità di partecipazione, contribuendo alla «trasparenza comunicativa».
L'individuazione di criteri oggettivi fissati a priori ha consentito, così, una valutazione equitativa delle offerte dei concorrenti sulla base dei dati da essi dichiarati nel progetto e nella documentazione a corredo.
Ciò premesso, il decreto istitutivo del gioco del Bingo (decreto del Ministro delle finanze, ora Ministro dell'economia e delle finanze, 31 gennaio 2000, n. 29) ha previsto (articolo 2, comma 1) che la rete di sale destinate alla gestione del gioco sia effettuata sulla base di criteri che ne assicurino la razionale e bilanciata distribuzione nel territorio, secondo parametri programmati e controllabili. Al riguardo, la ripartizione territoriale delle sale è stata effettuata su base provinciale assumendo, come criteri oggettivi di ripartizione, la popolazione maggiorenne residente e la propensione al gioco (volumi raccolti per il lotto e il superenalotto), criteri che non attengono ad


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aspetti valutativi e discrezionali, bensì sono espressione di parametri matematici verificabili.
Ed invero, è stata presa in considerazione la popolazione residente superiore ai diciotto anni di età e non sono stati attribuiti pesi diversi alla popolazione maschile e a quella femminile, in quanto è stata ritenuta poco significativa la eventuale differente propensione al gioco in tali classi di popolazione.
Quanto allo svolgimento della procedura concorsuale, l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha fatto sapere che, a seguito dei numerosi progetti (1.348) presentati da parte di persone fisiche e società per la partecipazione alla gara, onde pervenire nel più breve tempo possibile alla definizione della procedura concorsuale, è stata nominata una commissione aggiudicatrice composta da specifiche professionalità (architetti, ingegneri, giuristi ed informatici), per l'approfondita disamina della complessa documentazione amministrativa e tecnica presentata a corredo delle istanze.
La commissione ha svolto il proprio lavoro procedendo a delineare, riguardo a ciascuna area di valutazione, una griglia di sub criteri al fine di determinare una valutazione quanto più possibile omogenea ed analitica delle singole proposte. Informata a tale principio è la scelta di adottare, per i giudizi d'attribuzione dei punteggi, una valutazione cosiddetta «scolastica», che, tuttavia, non può essere considerata vaga e discrezionale, bensì è la valutazione sintetica effettuata secondo specifiche professionalità e competenze dei singoli membri della commissione.
Tali sub criteri sono stati stabiliti dalla commissione aggiudicatrice nell'adunanza del 27 febbraio 2001, prima di procedere all'apertura delle buste contenenti la documentazione tecnica.
L'elevato volume dei progetti da valutare, tenuto conto dei ristretti tempi a disposizione, ha determinato anche l'esigenza di una procedura informatica, quale supporto tecnico, per garantire l'autonomia, l'autoregolamentazione e la riservatezza dei lavori.
Quanto ai rilievi circa i tempi impiegati dalla predetta commissione nell'espletamento dei propri lavori, i sei mesi impiegati dalla commissione, nonostante molteplici riunioni in giornate prefestive e festive - anche fino a tarda notte - sono un lasso di tempo più che congruo rispetto alla mole di atti che sono stati visionati e valutati.
In ordine alla dislocazione delle Sale, la predetta amministrazione ha specificato che nel bando di gara non è stato inserito, quale requisito minimo essenziale per la valutazione da parte della commissione aggiudicatrice, la distanza lineare intercorrente tra le Sale Bingo - così come avviene, per garantire la redditività minima del gestore, per le ricevitorie del lotto - ma è stata invece privilegiata la liberalizzazione del mercato - in analogia alla gara per le agenzie ippiche - nella convinzione che la piena concorrenza porti al miglioramento dei servizi resi all'utenza con beneficio per le casse dello Stato.
Comunque, l'ubicazione della sala, valutata in termini di urbanizzazione della zona, attrattività turistica, vicinanza ad infrastrutture commerciali ed ad altri elementi migliorativi, è stato solo uno - ma non esclusivo - dei criteri di valutazione previsti nel bando così che la classificazione in graduatoria è determinata dalla sommatoria dei punteggi ottenuti per ciascun criterio.
Ai fini della valutazione della propensione al gioco di ciascuna provincia sono state considerate le somme giocate nel corso del 1999 al lotto ed al superenalotto (circa 26.000 miliardi).
Tale criterio, ad avviso della amministrazione dei monopoli di Stato, è da ritenersi sufficientemente rappresentativo sia per la rilevante spesa considerata, sia perché basato su giochi affini al Bingo che è un gioco di sorte, non a pronostico. Invece, la spesa per le lotterie non è stata considerata a motivo del modesto volume e delle caratteristiche del gioco che nel Bingo non sussistono (decreto direttoria1e del 16 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 279 del 29 novembre 2000).


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Per quanto concerne poi il trattamento discriminatorio che sarebbe stato riservato agli assegnatari di seconda ripartizione, va rilevato che, a fronte delle prime quattrocentoquindici concessioni, attribuite sulla base della graduatoria approvata con decreto direttoriale dell'11 luglio 2001, l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha la possibilità (articolo 3, comma 2, della direttiva del 12 settembre 2000 del Ministro delle finanze) di ampliare la rete delle sale, mediante l'affidamento, entro due anni dall'avvio del gioco, fino a trecentottanta concessioni a soggetti rientranti nell'originaria graduatoria, qualora ciò risulti conveniente sulla base di una analisi su base territoriale del volume complessivo delle giocate presso i punti di raccolta.
Invero, la predetta amministrazione autonoma, consapevole del disagio finanziario che devono sostenere taluni concessionari di seconda attribuzione per le risorse impegnate non ancora produttive - che, però, deve essere configurato come rischio imprenditoriale conosciuto e valutato a priori da tutti i partecipanti alla gara - ha precisato che farà il possibile per ridurre i tempi di assegnazione delle residue concessioni secondo l'ordine di graduatoria per provincia, nel rispetto delle previsioni contenute (punto 5) nel bando e secondo il piano di ripartizione territoriale di cui al decreto direttoriale del 6 luglio 2001 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 159 dell'11 luglio 2001), anche al fine di aumentare il gettito erariale.
In ordine ai controlli svolti sulla procedura in argomento, va preliminarmente rilevato che il parere reso dalla commissione aggiudicatrice in sede istruttoria aveva per l'Amministrazione dei monopoli carattere obbligatorio e parzialmente vincolante. Quest'ultima, di conseguenza, in sede di approvazione della graduatoria per l'assegnazione delle sale da gioco, si è rimessa al parere tecnico-valutativo dell'organo consultivo, che, val la pena ricordare, era costituito da componenti di qualificata professionalità. Per cui, recependone le relative risultanze, la commissione si è limitata a valutare che i criteri fissati ed il ragionamento svolto per l'attribuzione dei punteggi fossero conformi alle prescrizioni del bando di gara ed alla vigente normativa in materia.
Ad ogni buon conto, la predetta amministrazione ha assicurato di aver effettuato il riscontro del rispetto delle regole di concorrenza secondo quanto previsto dall'articolo 9 dello schema tipo di convenzione (approvato con decreto ministeriale del 21 novembre 2000), in base al quale un medesimo aggiudicatario non può essere titolare, direttamente oppure attraverso soggetti controllati o collegati, di un numero di concessioni superiore al dieci per cento nell'ambito nazionale ed al cinquanta per cento nell'ambito regionale.
Quanto ai controlli espletati successivamente all'aggiudicazione, l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in qualità di affidataria del controllo centralizzato del gioco (direttiva del Ministro delle finanze del 12 settembre 2000), ha fatto sapere che è stata data pronta evasione a tutte le richieste di collaudo, non appena segnalato il completamento dei lavori di approntamento delle sale. In particolare, il gioco del Bingo è stato avviato dal 14 novembre 2001 e alla data del 27 novembre 2003, secondo quanto riferito dalla amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sono stati eseguiti 360 sopralluoghi di collaudo e, per quelli che hanno avuto esito positivo, sono state stipulate n. 320 convenzioni di concessione. Al riguardo bisogna ricordare che il termine per la richiesta di collaudo di cui al citato decreto direttoriale 11 luglio 2001 ai fini del completamento dei lavori, è stato prorogato, dapprima, con l'articolo 52, comma 48, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) e, da ultimo, con l'articolo 1, comma 5-
bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2002, n. 178.
Peraltro, va precisato, rispetto a quanto evidenziato nella interrogazione circa la data di inizio del gioco in argomento, che il decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29, istitutivo del gioco del Bingo, non contiene alcun «indirizzo» in ordine alla data di inizio del gioco.


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La predetta amministrazione autonoma, ha, poi, trasmesso, nell'ambito dei propri poteri di vigilanza, la graduatoria formulata dalla commissione aggiudicatrice al Ministero dell'interno per gli accertamenti di competenza. Quest'ultimo ha diramato, in data 7 dicembre 2001, una circolare con la quale sono state fornite indicazioni alle questure per il rilascio delle licenze (prevista dall'articolo 88 del testo unico di Pubblica sicurezza, approvato con regio decreto) ai primi quattrocentoventi assegnatari delle concessioni sulla base della graduatoria e la gestione delle sale destinate al gioco del Bingo.
Va peraltro aggiunto che la procedura per l'assegnazione delle sale da gioco è attualmente oggetto di numerose contestazioni. In particolare, l'amministrazione dei monopoli di Stato ha specificato che avverso la graduatoria formulata dalla commissione aggiudicatrice, approvata con decreto direttoriale dell'11 luglio 2001 e contenente la valutazione di n. 1.366 offerte di gara, sono stati proposti n. 216 ricorsi giurisdizionali, per i quali, all'attualità:
i tribunali amministrativi regionali aditi hanno adottato n. 72 sentenze di rigetto e n. 82 sentenze di accoglimento;
27 di queste ultime sentenze sono state impugnate con ricorso in appello al Consiglio di Stato, il quale ha annullato una sentenza, e per altre 13 ha disposto la sospensiva;
l'amministrazione dei monopoli di Stato, dal canto suo, ha dato esecuzione a 19 sentenze ed ha adottato 12 provvedimenti di autotutela;
per 12 dei 62 ricorsi ancora pendenti, si è determinata la cessata materia del contendere per effetto dello scorrimento della graduatoria che ha comportato subentri nelle posizioni di soggetti che hanno rinunciato alla concessione o che sono stati dichiarati decaduti.

Infine, circa i costi della procedura in argomento, secondo quanto previsto dall'articolo 39, comma 3, della legge finanziaria per il 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388), i compensi percepiti dalla commissione di gara (quindici componenti, oltre a trenta della segreteria) sono stati posti a carico e nei limiti delle disponibilità del bilancio proprio della amministrazione, per un importo di circa un miliardo di vecchie lire, con un notevole risparmio dello stanziamento previsto, che era pari al doppio dell'importo effettivamente speso.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

MESSA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tribunale civile di Roma, con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Roma, dichiarava l'incompatibilità di Domenico De Vincenzi alla carica di consigliere comunale del comune di Guidonia, per la pendenza di un procedimento penale a carico dello stesso all'interno del quale il comune di Guidonia si era costituito parte civile;
in applicazione della sentenza il comune di Guidonia prendeva atto della contestata incompatibilità dichiarando decaduto il De Vincenzi e provvedendo a surrogarlo con il primo dei non eletti;
nel frattempo il De Vincenzi aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello e la causa, avente numero 16347/2001 di R.G., veniva discussa dalla suprema corte alla udienza del 21 gennaio 2002;
con la sentenza n. 10172, depositata solo in data 12 luglio 2002, la Suprema corte, preso atto della legge n. 75 del 24 aprile 2002, nel frattempo intervenuta, che escludeva tra le cause di incompatibilità la mera costituzione di parte civile in procedimento penale, disponeva la rimessione sul ruolo della causa all'udienza del 30 settembre 2002;
in tale udienza la Corte di cassazione, preso atto della modifica legislativa, escludeva la decadenza del De Vincenzi dalla


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carica di consigliere comunale del comune di Guidonia Montecelio;
detta ultima sentenza n. 15750 veniva depositata l'8 novembre 2002;
come si evince dai dati sovra riportati tra l'udienza di discussione ed il deposito della prima sentenza della cassazione intercorrevano poco meno di sei mesi, mentre tra l'udienza di discussione ed il deposito della seconda sentenza della cassazione intercorrevano solo trentanove giorni;
il lasso di tempo intercorso tra udienze e deposito della prima sentenza consentiva di fatto la promulgazione della legge 75/2002 che escludeva la decadenza del De Vincenzi;
appare di tutta evidenza, infatti, che qualora la sentenza fosse stata pubblicata in termini più ragionevoli, il ricorso del De Vincenti sarebbe stato respinto -:
se non intenda disporre un'ispezione presso il tribunale civile di Roma affinché siano verificate le ragioni per cui la sentenza n. 15750 è stata depositata con notevole ritardo rispetto a quanto prescritto dal codice di procedura civile e, più in generale, se non intenda chiarire con quale ordine vengano pubblicate le sentenze nelle cancellerie dei tribunali.
(4-04821)

Risposta. - Dalle notizie acquisite presso la Corte suprema di cassazione, si può escludere qualsivoglia ritardo addebitabile al relatore, il quale ha depositato la sentenza in minuta nel termine prescritto.
Il notevole lasso di tempo trascorso si è reso necessario per la successiva copiatura della sentenza da parte dei personale, dell'ufficio copie, e quindi per la collazione e firma della sentenza medesima e l'invio di copia della stessa all'ufficio del Massimario, per la prescritta previa massimazione.
L'entrata in vigore della legge n. 75 del 2000, avvenuta a fine aprile del 2002, ha poi bloccato la pubblicazione della sentenza nel testo originario.
All'esito dell'istruttoria svolta, quindi, non si sono ravvisate le condizioni ed i presupposti per far luogo alle iniziative di competenza di questo Ministero auspicate nell'atto di sindacato ispettivo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
fin dalla scorsa legislatura l'interrogante ha provveduto a denunziare la anomala gestione della Cooperativa edilizia «Elettra» di Cosenza;
in data 25 settembre 2001 l'interrogante ha presentato l'atto n. 4-00779 riguardante analogo ed aggravato problema, ma, a tutt'oggi, non vi è stato alcun riscontro in merito, nel mentre il signor Pietro Aiello continua a mantenere l'incarico di presidente della cooperativa in questione;
in data 13 marzo e 15 aprile 2002 l'interrogante ha provveduto a trasmettere al direttore generale per gli enti cooperativi del ministero delle attività produttive una corposa documentazione attinente gli illeciti compiuti dal signor Aiello nella sua qualità di presidente della Cooperativa «Elettra»;
l'ufficio provinciale del lavoro di Cosenza ha avviato ormai da tempo, una ulteriore ispezione straordinaria della Cooperativa in oggetto, ma nel frattempo al socio Pietramale è stata sottratta la casa, lasciando lo stesso in mezzo ad una strada insieme alla propria famiglia;
l'avvocato Iolanda Giordanelli, difensore del Presidente Aiello, ha persino citato l'interrogante precludendo le prerogative di parlamentare e solo perché proponente degli atti ispettivi citati, quale teste in un procedimento giudiziario del signor Aiello e della stessa Giordanelli contro due soci della «Elettra»;


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gli illeciti commessi dal consiglio di amministrazione della cooperativa «Elettra» sono palesi e documentati, basterebbe leggere numerosi verbali, denunzie e libri sociali per verificare in che modo sono stati approvati i bilanci annuali e quali sono stati i provvedimenti adottati nei confronti di quei soci che hanno osato opporvisi;
ben 47 soci sono stati espulsi dalla cooperativa seppur l'espulsione è un atto che nella normalità avviene per gravi e comprovati motivi;
nonostante l'espulsione di alcuni soci, cominciata nel settembre 1997, la «Elettra» ha rogitato a questi parte dell'immobile realizzato a Bosco De Nicola;
risulta all'interrogante che vi siano stati poi atti palesemente illegittimi rispetto al dettato statutario della Cooperativa, quali, ad esempio, il rogito dell'alloggio del presidente Aiello; i contributi dei soci, oltre a quelli previsti, per realizzazioni di centri sociali, i costi di costruzione, senza socio prenotatario, per la diciottesima villetta del programma di Marzi nonché, a quanto risulta all'interrogante, l'assegnazione di questa ad un nipote del presidente;
del collegio sindacale della cooperativa hanno fatto parte, nel tempo, persone, tra le quali l'avvocato Giordanelli, che avevano interessi con la cooperativa stessa;
l'interrogante potrebbe continuare nell'elencazione degli illeciti, tutti coraggiosamente denunziati da alcuni soci, ma certamente appare anomalo l'inerzia o la non valutazione degli stessi da parte dei vari ispettori ministeriali, ma ancora più allarmante appare il comportamento del dipartimento per gli enti cooperativi del ministero delle attività produttive, che pur avendo avuto le copie di tutti gli atti si ostina a non assumere alcun provvedimento di revoca dell'incarico di Presidente al signor Pietro Aiello;
il silenzio sulla vicenda, oltre che ad avere creato gravi problemi a numerosi soci, sta giustificando un comportamento, da parte dell'avvocato difensore della cooperativa che, ad avviso dell'interrogante, è improprio in quanto sembra contrapporsi ad un parlamentare che usa la propria prerogativa per ottenere giustizia -:
se non ritengano necessario ed urgente effettuare un'adeguata indagine per valutare il silenzio sulla vicenda del dipartimento per gli enti cooperativi del ministero della attività produttive;
se non ritengano ormai improcrastinabile l'emanazione del provvedimento amministrativo di revoca al signor Pietro Aiello di presidente della cooperativa «Elettra» di Cosenza;
quale sia lo stato delle indagini avviate sulla vicenda dalla magistratura.
(4-03421)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
fin dalla scorsa legislatura l'interrogante ha provveduto a denunziare l'anomala gestione della Cooperativa edilizia «Elettra» di Cosenza;
il 25 settembre 2001 ed il 9 luglio 2002, l'interrogante ha presentato rispettivamente gli atti n. 4-00779 e n. 4-03421 riguardanti analoghi ed aggravati problemi, ma, a tutt'oggi, non vi è stato alcun riscontro;
fin dal marzo 2002 l'interrogante ed altri soci della Cooperativa «Elettra» hanno provveduto a trasmettere al direttore generale per gli enti cooperativi del Ministero delle attività produttive copiose documentazioni attinenti illeciti compiuti dal signor Aiello nella sua qualità di presidente della Cooperativa «Elettra»;
dagli scambi epistolari intercorsi con il direttore generale per gli enti cooperativi del ministero delle attività produttive l'interrogante ha appreso delle ispezioni ordinarie e straordinarie disposte, ma senza conoscerne le rispettive risultanze;
all'interrogante è apparso, peraltro, discutibile il supplemento di indagine ri


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chiesto, in data 6 dicembre 2002 dal direttore generale in questione, anche perché tale decisione potrebbe sembrare giustificata, ad avviso dall'interrogante, solo dalla volontà di mantenere lo status dell'attuale presidente della cooperativa;
l'interrogante, peraltro, nei due precedenti atti ispettivi presentati ha denunciato gli illeciti commessi negli anni dal consiglio di amministrazione dalla Cooperativa «Elettra» e nel frattempo, però, ad un socio è stata sottratta la casa e ben 47 soci sono stati espulsi dalla Cooperativa;
come è già evidenziato nell'atto ispettivo n. 4-03421, anche a causa dell'assenza di adeguati interventi da parte del ministero delle attività produttive, l'avvocato Iolanda Giordanelli, difensore del presidente Aiello, ha citato l'interrogante, precludendone le prerogative parlamentari, quale teste in un procedimento giudiziario del signor Aiello, attuale presidente, e della stessa Giordanelli contro due soci della Cooperativa «Elettra»;
a seguito di una controversia concernente la gestione della cooperativa, il signor Aiello è stato condannato il 24 febbraio 2003 dal tribunale di Cosenza alla pena di 10 mesi e 20 giorni;
all'interrogante appaiono decisive tutte le irregolarità imputabili all'amministrazione della cooperativa in questione per giustificarne finalmente il commissariamento -:
se non ritenga necessario ed urgente emanare il provvedimento amministrativo di revoca della carica di presidente della Cooperativa «Elettra» di Cosenza al signor Pietro Aiello.
(4-05802)

Risposta. - La cooperativa Elettra di Cosenza, aderente alla Legacoop, costituita il 7 aprile 1978, ha realizzato cinque complessi abitativi assegnando tutti gli alloggi ai componenti del sodalizio ad eccezione dei signori Pietramale Livio e Pichierri Francesco, nei confronti dei quali la cooperativa ha in corso procedimenti giudiziari.
Nel corso degli anni precedenti la cooperativa Elettra è stata sottoposta a numerose ispezioni, ordinarie - ai sensi dell'articolo 3 del DLCPS n. 1577/1947 - da parte della associazione di rappresentanza cui l'ente aderisce (legacoop) e straordinarie - ai sensi dell'articolo 2, comma 4 e dell'articolo 3, comma 2 del succitato DLCPS - da parte di funzionari ministeriali negli anni 1996-1997 e 1998. Dai verbali delle citate ispezioni non sono mai emerse irregolarità gestionali tali da comportare l'adozione di elementi sanzionatori nei confronti della cooperativa
de qua.
Sono state in seguito disposte nuove ispezioni straordinarie in data 21 ottobre 2002 e 14 marzo 2003 in seguito a segnalazioni dell'onorevole Angela Napoli che richiedeva l'adozione del provvedimento della gestione commissariale nei confronti del sodalizio a seguito del rinvio a giudizio del presidente dello stesso nonché di conoscere notizie relativamente ai rapporti intercorrenti tra la cooperativa Elettra e la società arl GIGAT.
Poiché la società GIGAT risultava svolgere attività di reperimento soci per conto della cooperativa Elettra ed era diretta da soggetti che svolgono funzioni amministrative anche all'interno della cooperativa medesima, si è ritenuto accertare se svolgesse un ruolo intermediario immobiliare e se gli aspiranti soci fossero obbligati a versare alla società delle somme di denaro, nel qual caso si sarebbe potuto configurare un elemento di spurietà in capo alla cooperativa Elettra con conseguente cancellazione della stessa dal registro prefettizio
ex articolo 11 Legge 59/1992 ed un suo eventuale scioglimento ex articolo 2544 c.c.
Dal verbale ispettivo in data 14 marzo 2003 è, invece, emerso che gli aspiranti soci della cooperativa Elettra non avevano dovuto versare somme di denaro alla società GIGAT e che non poteva, quindi, configurarsi un rapporto di intermediazione immobiliare tra la cooperativa Elettra e la società GIGAT; non sono, pertanto, emerse irregolarità tali da comportare l'adozione del provvedimento di gestione commissariale. Il presidente della cooperativa è stato, però, richiamato all'osservanza degli adempimenti


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previsti al punto 30 del verbale del 21 ottobre 2002 e precisamente invitato a non reiterare le contestate irregolarità relative alla modalità di compilazione di verbali di assemblea, inventario, bilanci.
Si fa presente, infine, che le risultanze delle ispezioni straordinarie sono sottratte al diritto d'accesso, ai sensi dell'articolo 24, comma 4, della legge 241/1990 e del successivo decreto del Ministro del lavoro e PS del 4 novembre 1994, n. 757 e che una richiesta di rinvio a giudizio o una eventuale condanna penale di un presidente di cooperativa non comportano l'automatica adozione del provvedimento di rigore
ex articolo 2543 cc cui si ricorre nel solo caso in cui dovessero emergerne i presupposti ai termine dell'attività ispettiva.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del piano di riorganizzazione dell'agenzia delle dogane è prevista l'attivazione dei nuovi unici uffici doganali;
tra gli uffici unici sarebbe stato inserito quello di Gioia Tauro -:
se corrisponda al vero che, sarebbe stata spostata al 2003 l'attivazione dell'ufficio unico doganale di Gioia Tauro.
(4-04655)

Risposta. - L'Agenzia delle dogane ha fatto sapere che nel programma, da realizzare nel quadriennio 2001-2004, per la istituzione degli uffici locali delle dogane, previsti dall'articolo 7 del regolamento di amministrazione dell'agenzia delle dogane (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 486 del 17 luglio 2001), è stato inserito l'Ufficio delle dogane di Gioia Tauro, dipendente dalla Direzione Regionale della Campania e della Calabria.
In particolare, l'attivazione dell'ufficio delle dogane di Gioia Tauro, non risulta inserito nel piano di programma per il 2003, in quanto la convenzione per il corrente anno prevede l'istituzione di almeno sette nuovi uffici la cui attivazione sia a costo zero, ma sarà attivato nel corso del 2004.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

NARO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il Canada è l'unico paese al mondo in cui i programmi di RAI International non sono trasmessi direttamente e per 24 ore al giorno, anche se è in atto un tentativo per risolvere questa situazione;
l'informazione verso le collettività italiane nel mondo costituisce una priorità anche alla luce dell'approvazione della legge 459/2002 sul voto degli italiani all'estero;
la soluzione del problema RAI International-Canada non è solo interesse della stessa RAI e della comunità italiana in Canada, ma di tutte le forze politiche che devono garantire che il servizio pubblico televisivo sia accessibile a tutti i cittadini italiani senza esclusione -:
quali iniziative urgenti intenda adottare a riguardo.
(4-08620)

Risposta. - Al riguardo non può che confermarsi che, effettivamente, nonostante la presenza di una rilevante comunità italiana (circa 1,5 milioni) il Canada è uno dei pochi Paesi del mondo in cui non è possibile ricevere il canale di Rai International.
Tale situazione dipende dalle norme per l'emissione di segnali radiotelevisivi ivi vigenti, particolarmente restrittive in materia di ricezione di canali esteri, che consentono di concedere la licenza di trasmissione - peraltro indispensabile per poter trasmettere legalmente - solo ai canali che non siano in concorrenza con canali che siano di origine canadese.


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Tale singolare situazione non ha, tuttavia impedito a 47 canali internazionali di 13 lingue diverse di ottenere la licenza di trasmissione.
Il canale 24 ore di Rai International non ha ancora ottenuto tale licenza a causa dell'opposizione di fatto di Telelatino, un canale multilingue italo-spagnolo nato nel 1984, che da allora trasmette circa 6 ore al giorno di programmi italiani, per la quasi totalità ottenuti dalla Rai in virtù di un accordo di fornitura stipulato nel 1984.
La RAI, interessata in merito a quanto rappresentato dall'onorevole interrogante, ha comunicato di aver cercato di superare la suddetta limitazione sfruttando l'opportunità di ottenere licenze digitali offerta da una nuova legge canadese.
Pertanto, all'inizio del 2000, è stata esaminata la praticabilità di una soluzione basata sull'ipotesi di creare insieme a Corus - attuale azionista di maggioranza di Telelatino - una società mista che avrebbe gestito un canale da denominarsi Rai Canada, in cui la Rai, pur fornendo l'85 per cento della programmazione (il 15 per cento per legge avrebbe dovuto essere canadese), sarebbe stata in posizione minoritaria. Detto studio, peraltro, implicava che Corus provvedesse a presentare, entro il breve termine di decadenza previsto dalla nuova normativa, una domanda che, in caso di accordo con la Rai, avrebbe permesso il successivo ottenimento di una licenza per la trasmissione del canale satellitare digitale, ovvero un canale di fatto canadese, con pubblicità locale, differente dal canale Rai International 24 ore diffuso direttamente da Roma in tutto il mondo.
Nel corso del 2002 però, il Consiglio di amministrazione della Rai, preso atto dell'inadeguatezza dell'ipotesi Rai Canada, rivelatasi una soluzione costosa e non controllata dalla Rai, ha preferito avviare la procedura per la richiesta alla CRTC (Canadian Radiotelevision and Telecommunication Commission) della licenza di trasmissione del canale 24 ore di Rai International.
Varie considerazioni hanno determinato in Rai International la convinzione della assoluta necessità di avviare con urgenza questa procedura: anzitutto la riapertura da parte della Canadian Radiotelevision and Telecomunication Commission dei termini per la presentazione delle domande per i canali etnici internazionali, nonché la decisa presa di posizione della comunità italiana in Canada e del CGIE (Consiglio generale degli italiani all'estero).
Tale stato di cose, infatti, è stato più volte segnalato dagli italiani residenti in Canada attraverso le loro rappresentanze - Consiglio generale degli italiani all'estero e COMITES (comitati degli italiani all'estero) - che hanno sottolineato, attraverso documenti ufficiali e con una petizione che ha raccolto molte migliaia di adesioni, la discriminazione in atto nei confronti della comunità italiana, nonché l'inadeguatezza della soluzione basata unicamente sulle trasmissioni di Telelatino ed hanno proposto l'avvio di una richiesta alla Canadian Radiotelevision and telecomunication Commission per la concessione della licenza per il canale 24 ore.
D'altra parte ha proseguito la Rai Telelatino è un canale con fini esclusivamente commerciali e, pertanto, lo stesso si limita alla trasmissione di programmi ad elevato indice di ascolto con il risultato di una informazione insufficiente e frammentaria dei nostri connazionali i quali vengono privati della maggior parte dei programmi culturali ed informativi e della totalità dei programmi di servizio di Rai International ed esposti al rischio di ricevere un'informazione non originale in quanto le trasmissioni subiscono tagli ed interruzioni, per l'inserimento della pubblicità, non concordati.
Tutto ciò premesso la Rai ha significato che, anche in considerazione dell'obbligo di informare gli italiani residenti in Canada derivante dall'approvazione della legge per il voto degli italiani all'estero, ha ritenuto opportuno intraprendere tutte le azioni necessarie all'ottenimento della licenza, iniziando dalla disdetta del contratto con Telelatino a partire dal 31 agosto 2003.
Nell'aprile 2003 è stata presentata alla Canadian Radiotelevision and Telecomunication Commission, da parte dello
sponsor Roger's Cable, la richiesta di licenza di


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trasmissione per il canale 24 ore di Rai International a sostegno della quale sono state presentate 350 lettere sottoscritte da eminenti personalità canadesi del mondo della politica, dell'economia e della cultura e dai rappresentanti della quasi totalità delle organizzazioni italo canadesi.
Secondo quanto riferito, nello scorso mese di agosto Telelatino ha presentato opposizione alla richiesta della Rai e, nonostante la disdetta del contratto, ha continuato a mandare in onda i programmi di RAI International anche nel mese di settembre 2003.
Da parte sua la Rai per ottemperare alla normativa locale che impone a chi fa richiesta di licenza di trasmissione come canale internazionale, di impegnarsi a mettere comunque a disposizione di emittenti canadesi propri programmi, ha inviato a Telelatino una proposta di fornitura di programmi per 1500 ore annue ad un prezzo molto conveniente, seppur maggiorato rispetto a quello precedentemente applicato; tuttavia, atteso che Telelatino ha continuato a trasmettere i programmi Rai, nonostante la disdetta del contratto e senza che alcun accordo sia stato raggiunto, Rai International ha annunciato la sua intenzione di fare causa alla suddetta emittente per violazione di
copyright rispetto ai programmi Rai illegittimamente trasmessi dopo il 31 agosto 2003.
In tale contesto il legale di Telelatino ha annunciato l'intenzione dell'emittente di sospendere le trasmissioni dei programmi Rai ed ha chiesto di poter continuare a trasmettere, nelle more della negoziazione di un eventuale nuovo accordo di fornitura in sostituzione di quello del 1984, solamente il TG1 delle ore 20 e le SS Messe; a tale proposta la Rai ha risposto inviando una bozza di contratto per la trasmissione gratuita del richiesto TG ed autorizzando la trasmissione gratuita delle SS Messe fino al 6 gennaio (autorizzazione successivamente estesa fino alla fine del mese di gennaio 2004).
La Rai ha provveduto, inoltre, a comunicare a Telelatino che, in mancanza di un accordo entro il 31 gennaio 2004, si sarebbe ritenuta libera di offrire sul mercato canadese i programmi già offerti a Telelatino (1500 ore di trasmissioni annue) ferma restando la disponibilità, in ossequio alla citata normativa canadese, di fornire in sostituzione altri titoli.
Allo stato attuale, pertanto, completati tutti gli adempimenti formali, si è in attesa di una decisione della Canadian Radiotelevision and Telecomunication Commission che dovrebbe avvenire nel prossimo mese di febbraio 2004.
Per sensibilizzare questo organismo alla necessità di risolvere urgentemente, ed in senso positivo, la richiesta della Rai, la comunità italiana ha organizzato una manifestazione ad Ottawa, di fronte agli edifici della Canadian Radiotelevision and Telecomunication Commission, a cui hanno partecipato più di 2000 italiani.
Contemporaneamente gli italo canadesi stanno inviando lettere ai deputati della loro circoscrizione, segnalando la necessità di risolvere positivamente la richiesta di Rai International.
A ciò deve aggiungersi che la nostra Ambasciata in Ottawa ha, da tempo, effettuato interventi presso le autorità canadesi allo scopo di rappresentare la necessità dell'ottenimento della suddetta licenza, mentre, come già ricordato, nelle attività di sensibilizzazione sono stati coinvolti oltre alla Rappresentanza italiana, anche il Cosiglio generale degli italiani all'estero, i Comites e numerose personalità politiche italiane che, in occasione di incontri con i propri omologhi canadesi, non hanno mancato di soffermarsi sulla necessità di avviare a soluzione il problema in questione.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

NESI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'assicurazione della responsabilità civile automezzi è obbligatoria per legge;
le tariffe che vengono applicate alla suddetta assicurazione sono fissate dalle compagnie di assicurazione;
si è creata così una situazione giuridicamente assurda, e cioè che un obbligo


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di legge viene assolto dal cittadino attraverso un contratto di diritto privato;
tale anomalia è ancora più evidente, tenendo conto che nella trattativa per la stipulazione di detto contratto, il cittadino è in una posizione di assoluta, evidente disparità, trovandosi di fronte ad accordi tra le compagnie (che assumono la sostanza di «cartelli») che impediscono in realtà il funzionamento di una vera e propria concorrenza;
l'esistenza di tali «cartelli» è stata ufficialmente riconosciuta dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale, con sentenza del 28 luglio 2000, ha condannato alcune compagnie ad una multa, per essersi accordate sui prezzi delle tariffe;
la sentenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è stata confermata dal Tribunale Regionale del Lazio e dal Consiglio di Stato;
le tariffe applicate dalle Compagnie sono pressoché raddoppiate dal 1996 al 2002, atteso che:
a) nel 1996, a fronte di un'inflazione del 4 per cento, la polizza media è stata pari a 400,77 euro, con un aumento pari al 9,1 per cento;
b) nel 1997, a fronte di un'inflazione del 2 per cento, la polizza media è stata pari a 437,44 euro, con un aumento di 36,67 euro, pari al 9,2 per cento;
c) nel 1998, a fronte di un'inflazione del 2 per cento, la polizza media è stata pari a 497,35 euro, con un aumento di 59,91 euro, pari al 13,6 per cento;
d) nel 1999, a fronte di un'inflazione dell'1,7 per cento, la polizza media è stata pari a 578,43 euro, con un aumento di 81,08 euro, pari al 16,3 per cento;
e) nel 2000, a fronte di un'inflazione del 2,5 per cento, la polizza media è stata pari a 634,21 euro, con un aumento di 55,78 euro, pari al 9,7 per cento;
f) nel 2001, a fronte di un'inflazione del 2,7 per cento, la polizza media è stata pari a 702,38 euro, con un aumento di 68,17 euro, pari al 10,7 per cento;
g) nel 2002, a fronte di un'inflazione del 2,4 per cento, la polizza media è stata pari a 780,35 euro, con un aumento di 77,96 euro, pari all'11,1 per cento;
complessivamente, nel periodo 1997-2002, nel 1996, a fronte di un'inflazione del 14,05 per cento, l'aumento medio delle polizze è stato pari al 94,65 per cento;
l'enorme e continuo aumento delle tariffe ha creato e crea gravi disagi in tutte le famiglie italiane, ma in particolare in quelle delle classi disagiate -:
se non ritengano che sia ormai indilazionabile dare al settore un ordinamento definitivo;
se non ritengano che, nel frattempo, sia necessario adottare iniziative normative volte a disporre un blocco temporaneo delle tariffe, fissandolo in un periodo di 6 mesi.
(4-05527)

Risposta. - La recente legge 12 dicembre 2002, n. 273, che reca misure dirette a favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, al fine di realizzare un'effettiva tutela del consumatore, ha dedicato l'intero capo III alle disposizioni in materia di responsabilità civile auto.
Tra le altre misure introdotte dalla citata legge è stato stabilito, allo scopo di assicurare la trasparenza e la concorrenzialità delle offerte dei servizi assicurativi ed un'adeguata informazione dei consumatori, che le imprese assicuratrici rendano pubblici i premi e le condizioni generali di polizza praticati sul territorio nazionale. Tale forma di pubblicità deve essere attuata presso ogni punto di vendita dell'impresa, nonché mediante diffusione sui siti internet in modo da permettere ai consumatori di calcolare i premi e prendere visione delle condizioni di polizza. L'inadempimento degli obblighi fissati dalla legge n. 273/2002 comporta l'irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 a 10.300 euro.


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L'insieme delle disposizioni introdotte ha lo scopo di favorire condizioni di maggiore competitività tra le compagnie assicuratrici. Inoltre, la previsione esplicita dell'obbligo, per il danneggiato che ha ottenuto il risarcimento del danno, di trasmettere all'assicuratore la fattura, o il documento fiscale equivalente, relativa alla riparazione dei danni risarciti entro tre mesi dal risarcimento, consentendo un effettivo controllo dei costi dei risarcimenti, determina un contenimento dei livelli dei premi praticati dalle imprese assicuratrici.
Tra le misure volte all'obiettivo sopra citato si segnala, in particolare, l'articolo 21 che prevede l'istituzione, da parte del Ministro delle attività produttive, di un comitato di esperti «... con il compito di osservare l'andamento degli incrementi tariffari praticati dalle imprese di assicurazione operanti nel territorio della Repubblica...» e, allo scopo di prevenire comportamenti fraudolenti da parte degli utenti, la creazione presso l'ISVAP di una banca dati dei sinistri.
In relazione alla richiesta di adottare iniziative normative volte al blocco temporaneo delle tariffe, si ricorda che è stata recentemente pubblicata (25 febbraio 2003) la sentenza della Corte di giustizia europea che, in relazione al blocco delle tariffe di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, condanna la Repubb1ica italiana per inadempimento alla direttiva del Consiglio 94/49/CEE del 18 giugno 1992, in particolare, per violazione al principio della libertà tariffaria e di abolizione dei controlli preventivi e sistematici delle tariffe e dei contratti.
Pertanto, non si ritiene opportuno riproporre una misura che potrebbe essere fonte di un nuovo contenzioso in ambito comunitario.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

NESPOLI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il professor Enzo Cardi ricopre da molti anni l'incarico di Presidente dell'Ente Poste successivamente trasformato in Poste Italiane spa;
è specifica responsabilità del professor Enzo Cardi sovrintendere a tutta la parte legale di Poste Italiane spa;
risulta all'interrogante che Poste Italiane spa, nonostante abbia al proprio interno un ufficio affari legali di cui è Direttore, con il grado di Direttore Centrale Andrea Sandulli, abbia ogni anno consulenze legali per un importo superiore agli otto milioni di euro;
Poste Italiane spa ha un contenzioso di oltre 100.000 cause;
il quotidiano Corriere della Sera pubblica settimanalmente l'inserto Corriere Economia;
a pagina 5 del Corriere Economia del 2 giugno 2003 è pubblicato un articolo dal titolo «I Vecchi boiardi guadagnavano molto meno»;
nel corpo dell'articolo è testualmente scritto: «... è la retribuzione dell'Amministratore Delegato delle Poste Massimo Sarmi, che ricopriva lo stesso ruolo in Siemens Italia: 630.000 Euro l'anno. Il suo Presidente Enzo Cardi incassa invece meno della metà: 300.000 Euro. Potendo però cumulare questa cifra i non irrilevanti introiti della sua attività forense.» -:
se corrisponda al vero quanto riportato dal quotidiano Corriere della Sera;
se molti dei giudizi pendenti si sarebbero potuti tranquillamente evitare con una più oculata gestione del contenzioso;
se corrisponda al vero che uno studio legale si occupi di molta parte delle consulenze legali di Poste italiane;
se il Magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo di Poste Italiane spa abbia disponibile un elenco nominativo degli incarichi di consulenza legale conferiti.
(4-06666)

Risposta. - Si ritiene opportuno ribadire che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni,


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il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato in merito alla gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Ciò premesso non si è mancato di interessare in merito a quanto rappresentato dalla S.V. on.le nell'atto parlamentare in esame, la predetta società Poste la quale ha significato che le valutazioni e le determinazioni in materia di emolumenti riguardanti le posizioni corrispondenti a funzioni e mansioni di vertice dipendono da scelte aziendali che tengono conto oltre che dell'esperienza passata, della competenza, nonché dei risultati ottenuti dagli interessati presso altre realtà operative, anche della responsabilità e dei poteri riferiti a ciascuna posizione ferme restando, comunque, le attribuzioni spettanti in merito, agli organi di controllo interni ed esterni all'azienda.
I fattori suddetti, nel loro insieme, concorrono alla determinazione del compenso - che, peraltro, si allinea a quanto praticato per posizioni e situazioni lavorative esistenti in contesti paragonabili - tenuto anche conto della peculiarità e delle dimensioni dell'impresa gestita.
Stando a quanto riferito, nel corso del 2002 sono state determinate, da parte della commissione appositamente incaricata dal consiglio di amministrazione (formata dal vicepresidente, dal consigliere anziano e da un esperto indicato dal Ministero dell'economia e delle finanze), le remunerazioni degli amministratori investiti di particolari cariche, nonché il trattamento economico del direttore generale; in ordine alle determinazioni assunte dalla commissione (successivamente approvate dal Consiglio di amministrazione), il collegio, relativamente ai compensi attribuiti al presidente e all'amministratore delegato, ha espresso dopo un'accurata istruttoria, ai sensi dell'articolo 2389, comma 2, del codice civile, parere favorevole.
La società Poste, inoltre, ha precisato che i redditi del presidente sono regolarmente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri in conformità alle prescrizioni della legge 5 luglio 1982, n. 441 e sono soggetti alle forme di pubblicità stabilite dalla legge.
Per quanto concerne il volume ed i costi del contenzioso la medesima società Poste nel premettere che gli oneri sostenuti per la tutela dei propri interessi in giudizio hanno subito una diminuzione passando dagli 8.800.000 euro del 2001 ai 7.279.000 euro del 2002, ha precisato che a tale riduzione ha contribuito in misura considerevole la generale diminuzione del contenzioso riferito al personale dipendente che costituisce la parte più significativa del contenzioso stesso; diminuzione da correlare anche agli effetti della risoluzione delle controversie relative ad indennità varie, avvenuta contrattualmente di concerto con le organizzazioni sindacali.
Sempre nell'esercizio 2002, la società Poste ha corrisposto, per l'assistenza in materia di lavoro, onorari ad avvocati estranei al proprio apparato per un importo complessivo di 4,3 milioni di euro.
Dalla fine dell'anno 2001, stando a quanto riferito, la cura del contenzioso del lavoro è stata attribuita interamente ad apposite strutture della Direzione centrale risorse umane; la decisione circa l'affidamento del patrocinio della società a legali interni o esterni è, quindi, di competenza della medesima direzione in applicazione di precisi e predefiniti criteri di riferimento, che tengono conto del connesso rischio economico di volta in volta emergente.
In proposito Poste italiane ha precisato che, nella scelta di legali esterni, si avvale di professionisti particolarmente qualificati, di norma attraverso un rapporto continuativo su base fiduciaria, mentre ha sottolineato che la direzione affari legali oltre all'attività di assistenza in giudizio, presta altresì un'intensa attività di consulenza (anche in materia contrattualistica), a supporto dell'intera struttura aziendale, sia centrale che periferica.
In particolare l'affidamento del patrocinio della società a legali interni o esterni è deciso in applicazione di precisi criteri di riferimento così riassumibili: per le vertenze avviate prima dell'ottobre 2001 il ruolo di difensore dell'azienda è di regola confermato al legale che già se ne occupava;


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nei casi in cui si intravedano sviluppi particolarmente critici, e/o elevati rischi di soccombenza, è possibile rafforzare la difesa a cura dei procuratori interni, già costituiti in giudizio, con l'apporto di legali esterni.
Anche le vertenze connesse ai rapporti di lavoro inerenti il periodo compreso tra il 1994 ed il 1997, quando cioè l'azienda operava quale ente pubblico economico, rimangono, di regola, affidate ai legali interni, mentre per le vertenze che sotto diversi profili appaiono particolarmente delicate e complesse si ricorre a professionisti esterni in possesso delle specifiche qualificazioni ed esperienze, prevalentemente nei settori giuslavoristico e previdenziale privato, nei quali l'azienda, per ragioni connesse alla sua precedente condizione e alle sue stesse caratteristiche non ha ancora raggiunto una condizione di piena autonomia.
La gestione della parte di contenzioso residuale, viene affidata tanto a legali interni che esterni, con preferenza a questi ultimi in presenza di consistenti volumi di vertenze
pro capite già assegnate ai procuratori interni; si opera nello stesso modo anche nei confronti di controversie che, in caso di soccombenza, potrebbero esporre l'azienda ad oneri economici di particolare rilievo.
Il magistrato della Corte dei conti delegato al controllo è a conoscenza delle problematiche suesposte e delle soluzioni adottate per risolverle; la materia, come è noto, è peraltro destinata a confluire nella relazione della sezione controllo enti che la stessa sezione invia al Parlamento in applicazione della legge 21 marzo 1958, n. 259.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

NICOTRA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta impossibile trovare tutte le molecole (princìpi attivi) nelle farmacie italiane nelle confezioni previste dalla legge nelle forme di medicinale generico;
spesso i cittadini italiani sono costretti a pagare la differenza tra il prezzo del generico e quello della specialità perché il generico non è reperibile nel normale ciclo distributivo;
in alcune regioni italiane la differenza di costo è rimborsata dalle regioni stesse, nel caso d'indisponibilità della specialità generico;
si crea un trattamento difforme tra cittadino e cittadino;
il diritto costituzionale alla salute non è tutelato allo stesso modo in Italia -:
se il Ministro della salute sia a conoscenza di suddette problematiche;
quali provvedimenti intenda adottare per ovviare alle disparità di trattamento dei cittadini italiani;
se sia possibile, ed in che modo, ovviare a questi inconvenienti.
(4-05251)

Risposta. - L'articolo 9, comma 5, della legge 8 agosto 2002, n. 178, stabilisce che «i medicinali aventi uguale composizione in princìpi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla Regione; tale disposizione non si applica ai medicinali coperti da brevetto sul principio attivo».
La recente normativa sui farmaci fuori brevetto e generici ha introdotto due importanti innovazioni: un principio di concorrenza sul prezzo tra farmaci uguali e un decentramento della responsabilità di controllo a livello regionale.
Al riguardo questo Ministero, al fine di consentire alle Regioni ed alle Province autonome una omogenea applicazione del dettato normativo, predispone, con cadenza periodica, l'elenco delle confezioni che non godono più di tutela brevettuale, raggruppate secondo tipologie uguali; le Regioni


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verificano, per ogni tipologia di confezione, quale è quella più economica presente sul proprio mercato, limitando a questo livello il tetto del rimborso per quella tipologia (tale elenco è disponibile sul sito istituzionale del Ministero della salute nella sezione «medicinali e vigilanza»).
Pertanto, ogni Regione emette, per le tipologie di farmaci fuori brevetto, una propria lista di prezzi massimi di rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale, senza ledere il diritto dei produttori a praticare un prezzo superiore.
L'introduzione dei farmaci generici a carico del Servizio sanitario nazionale ha determinato un abbassamento del prezzo delle corrispondenti specialità: questa riduzione di prezzi iniziata a fine 2001 ha determinato per il 2002 un risparmio di 137 milioni di euro, pari ad 1,13 per cento circa della spesa lorda.
La spesa per i farmaci senza copertura brevettuale ha rappresentato, nel 2002, l'11,6 per cento della spesa farmaceutica totale, pari a 1528 milioni di euro, mentre la compartecipazione del cittadino per l'acquisto di farmaci «genericabili» di prezzo superiore a quello di riferimento è stimata in circa 63 milioni di euro (0,5 per cento della spesa lorda).
Tuttavia, è stato osservato, rispetto al 2001, un calo della spesa di farmaci «genericabili» pari al 21,2 per cento e una riduzione della relativa prescrizione del 7 per cento circa, in controtendenza rispetto all'incremento del 3,4 per cento nel complesso della prescrizione dei farmaci (dati Osmed, Osservatorio nazionale sull'impiego dei farmaci).
Questo fenomeno può essere spiegato, in primo luogo, con uno spostamento delle prescrizioni verso i farmaci coperti da brevetto, in quanto soggetti ad una maggiore pressione del mercato.
Inoltre, la natura stessa del meccanismo del prezzo di riferimento induce le aziende a ridurre i prezzi di medicinali inseriti nel sistema, per mantenere o guadagnare quote di mercato.
È probabile che tali effetti mantengano efficacia nel corso del 2003.
Si precisa, infine, che l'individuazione dei princìpi attivi di cui sia imminente la scadenza della copertura brevettuale attiene propriamente alle competenze istituzionali del Ministero delle Attività Produttive, quale ente deputato alla registrazione dei brevetti e marchi industriali ed alla gestione della relativa banca dati.
Il Ministero della Salute si dichiara, comunque, favorevole alla istituzione, presso il Ministero sopra citato, di tale elenco, manifestando fin d'ora la disponibilità a collaborare per la creazione di un collegamento informatico con la banca dati delle specialità medicinali autorizzate dalla competente Direzione Generale dei farmaci e dispositivi medici.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è stato pubblicato su diversi quotidiani nazionali un appello da parte dei produttori e degli autori del cinema italiano rivolto al Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
i firmatari dell'appello hanno espresso una fortissima preoccupazione in relazione a come verrà affrontata la vicenda della televisione a pagamento e alle possibili conseguenze per il cinema italiano di un'eventuale fusione tra i due principali operatori nel settore;
nell'appello si evidenzia l'importanza di un percorso che tenga conto delle opinioni delle associazioni del cinema italiano;
il cinema italiano rappresenta una risorsa culturale ed economica importantissima nel nostro Paese che merita di essere valorizzata -:
se i ministri interrogati siano al corrente di quale sia lo stato della situazione della vicenda della televisione a pagamento


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e se intendano fornire un quadro chiaro e approfondito in merito;
quali provvedimenti intendano adottare al fine di impedire che il cinema italiano esca penalizzato dalla vicenda.
(4-08633)

Risposta. - Si fa presente che in merito ai progetto di acquisizione di Telepiù s.p.a. da parte di The News Corporation limited (Newscorp) - la quale congiuntamente alla società Telecom Italia s.p.a. detiene il controllo di Stream s.p.a. - l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato a suo tempo due procedimenti istruttori.
Il primo si è concluso con un non luogo a provvedere a seguito del ritiro dell'operazione, mentre a conclusione del secondo procedimento, l'Autorità ha deliberato di autorizzare l'operazione stessa subordinandola ad alcune condizioni volte a favorire l'ingresso di nuovi operatori nel settore della televisione a pagamento.
L'operazione di acquisizione in parola è stata notificata alla Commissione europea il 16 ottobre 2002 ed il successivo 29 novembre la Commissione ha deliberato l'apertura di una seconda fase istruttoria.
Secondo quanto reso noto la Commissione avrebbe riscontrato l'esistenza di seri dubbi circa la compatibilità dell'operazione con il mercato comune, in quanto si riteneva che tale operazione avrebbe creato in Italia una situazione di quasi monopolio. Stream e Telepiù erano, infatti, le uniche fornitrici di programmi televisivi a pagamento e la disciplina concorrenziale esercitata dalla società e.Biscom s.p.a. tramite l'offerta di servizi di video
on demand sembrava del tutto marginale. L'operazione appariva, inoltre, sollevare preoccupazioni concorrenziali in relazione alla possibilità di acquisizione, da parte di potenziali nuovi entranti, dei diritti di trasmissione di eventi sportivi e opere cinematografiche premium, attesa l'esistenza di ampi e duraturi vincoli di esclusiva a favore di Stream e di Telepiù.
Stante la complessità e l'ampiezza degli impegni presentati dalle parti, la Commissione europea ha ritenuto opportuno condurre indagini più approfondite per verificarne l'idoneità a rimuovere ogni dubbio sotto il profilo concorrenziale.
La Commissione, infatti, intendeva analizzare i potenziali effetti secondari che l'operazione avrebbe potuto produrre su taluni mercati connessi nel settore delle telecomunicazioni (quali quello dell'accesso internet a larga banda).
L'approfondimento era, inoltre, ritenuto necessario alla luce della partecipazione che Telecom Italia avrebbe detenuto nell'entità derivante dalla concentrazione e dagli eventuali problemi che tale partecipazione avrebbe potuto produrre sotto il profilo della concorrenza.
Tutto ciò premesso, si significa che con decisione adottata in data 2 aprile 2003 la Commissione ha autorizzato la proposta di acquisizione della
pay-tv italiana Telepiù s.p.a. da parte del gruppo australiano dei media Newscorp.
A tale proposito la Commissione, pur considerando che l'operazione in parola determina una situazione di quasi monopolio del mercato italiano della televisione a pagamento, ha ritenuto l'operazione di concentrazione in parola - subordinatamente al rispetto di talune condizioni ritenute in grado di abbassare le barriere all'ingresso sul mercato di nuovi operatori e di creare le condizioni per l'affermarsi di una concorrenza effettiva - compatibile con il mercato comune e più utile ai consumatori rispetto ai disagi causati dalla probabile scomparsa di Stream, l'operatore più debole fra i due presenti sul mercato.
D'altra parte - stando a quanto comunicato dalla stessa Commissione - è stato ritenuto fondamentale imporre alla piattaforma satellitare combinata di diffusione di programmi a pagamento condizioni adeguate a garantire l'apertura del mercato.
Sotto il profilo della concorrenza, infatti, è stato ritenuto che le attività della nuova entità potranno essere, in futuro, condizionate da e.Biscom (un operatore via cavo con qualche potenzialità), dalle emittenti DTT (trasmissione digitale terrestre), dai


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canali televisivi satellitari ed, eventualmente, da una vera e propria piattaforma satellitare alternativa.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

PERROTTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la grazia è un provvedimento individuale concesso dal Presidente della Repubblica, così come espressamente previsto nella nostra Costituzione nell'articolo 87. La grazia ha lo stesso effetto dell'indulto, vale a dire condona o diminuisce la pena senza estinguere il reato;
come si evince da una serie di articoli pubblicati sui maggiori quotidiani d'informazione, il numero delle domande di grazia richieste dai detenuti negli ultimi anni è notevolmente aumentato. Ma d'altro canto, non emerge, con la stessa chiarezza, quante sono andate a «buon fine» -:
se il Ministro può riferire su quante domande di grazia, dal 2002 ad oggi, sono state richieste dai detenuti, quante sono state istruite, quante concesse e quante rifiutate.
(4-07526)

Risposta. - Nell'anno 2002 il numero delle domande di grazia richieste dai detenuti, pervenute alla competente articolazione ministeriale e trasmesse per l'istruttoria, sono state complessivamente 484. Delle predette domande 400 si sono concluse con esito negativo, 45 con provvedimento di archiviazione e 10 sono ancora in fase di istruttoria. I provvedimenti di grazia concessi nel medesimo anno sono stati 4 e sono riferiti ad istanze presentate precedentemente all'anno 2002.
Nell'anno 2003, invece, sono pervenute e trasmesse per l'istruttoria 334 istanze, di cui 160 si sono concluse con esito negativo, 10 con l'archiviazione e 164 sono in fase di istruttoria.
I provvedimenti di grazia per l'anno 2003 sono stati 2, di cui un provvedimento è relativo ad un'istanza presentata nell'anno 2001 e l'altro si riferisce all'anno 2003.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
prima del 1988, con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale non era prevista alcuna forma di risarcimento nei confronti di quei soggetti che fossero stati vittima di un errore giudiziario. Attualmente la riparazione pecuniaria per errore giudiziario è regolamentata dagli articoli 643 e seguenti del codice di procedura penale e consiste nel pagamento di una somma di denaro o nella costituzione di una rendita vitalizia commisurata alla durata della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna;
invece la riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione è stata introdotta dal nuovo codice di procedura penale ed è regolamentata dagli articoli 314 e 315. La riparazione non ha carattere risarcitorio, ma di indennizzo e viene determinata dal giudice in via equitativa -:
quanti pagamenti dal 2000 ad oggi sono stati effettuati per ingiusta detenzione ed errori giudiziari e quali siano ripartite per procura, le relative spese.
(4-08192)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in argomento, intesa a conoscere i risarcimenti nei confronti delle vittime di errori giudiziari e le relative spese ripartite per Procura.
Con riferimento al numero dei pagamenti effettuati per ingiusta detenzione ed errori giudiziari dal 2000 ad oggi, si fa presente che i dati in questione sono riportati nel prospetto allegato (all. n. 1) (*).
Per quanto concerne il riferimento all'entità delle spese ripartite per Procura, si precisa che gli indennizzi dovuti agli aventi diritto sono liquidati sulla base delle Ordinanze


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delle Corti d'Appello territorialmente competenti, le quali, spesso, non contengono alcun riferimento alla Procura che inizialmente ha esercitato l'azione penale.
Pertanto, con l'allegato n. 2 (*), si forniscono i dati relativi alla spesa erogata per Corti d'Appello nell'esercizio 2003. Si precisa che, ai sensi della normativa vigente, la domanda intesa ad ottenere la riparazione pecuniaria per l'ingiusta detenzione, deve essere presentata presso la Cancelleria della Corte d'Appello del distretto giudiziario in cui è stata pronunciata la sentenza, che ha definito il procedimento penale.
Per quanto riguarda, invece, questi dati riferiti agli anni precedenti, si fa presente che il settore in questione è stato informatizzato recentemente e, pertanto, i dati pregressi non sono pertinenti alla richiesta formulata.
Con l'allegato n. 3 (*), si fornisce, comunque, l'entità della spesa ripartita per zone di intervento; queste ultime indicano la Regione nell'ambito della quale viene effettuato il pagamento al beneficiario, il quale potrebbe non risiedere nella stessa Regione in cui ha sede la Corte d'Appello, che ha riconosciuto il diritto all'indennizzo.
Per quanto concerne, infine, le riparazioni pecuniarie per errori giudiziari, l'allegato n. 4 (*) riporta i relativi dati con riferimento anche agli esercizi precedenti, considerato l'esiguo numero dei pagamenti effettuati.
(*) Allegati disponibili presso il Servizio Assemblea.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Giuseppe Vegas.

PISA, DEIANA e CALZOLAIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il CPT (Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa) è composto da esperti indipendenti dei vari paesi e può recarsi, periodicamente oppure ad hoc in qualsiasi luogo di detenzione nei paesi che hanno ratificato la Convenzione;
la prima visita del Comitato al leader curdo Abdullah Ocalan, il presidente del KADEK, è avvenuta nel marzo del 1999, subito dopo la cattura del 15 febbraio a Nairobi e la seconda nel settembre del 2001;
dietro l'insistenza dei parenti e degli avvocati di Ocalan che incontravano parecchie difficoltà per recarsi nel carcere sulla isola di Imral il Comitato ha inviato il 16 febbraio 2003 una delegazione di verifica della condizione di salute e della situazione generale di detenzione;
secondo le notizie riportate dalla stampa il 26 agosto 2003 sulla isola di Imral si sono recati 7 medici turchi e da fonti non ufficiali si è saputo che alla fine della visita è stato redatto un rapporto medico;
il CPT può rendere pubblico il proprio rapporto, dopo averlo segretamente consegnato al governo competente, solo dopo sei mesi nel caso che questo non abbia adempiuto a quanto richiesto;
al momento non si sa nulla neppure sulla visita dei medici turchi né in quale situazione hanno trovato il leader curdo;
da più di un mese non si hanno contatti con il Presidente Ocalan poiché lui rifiuta di incontrare i suoi avvocati per protesta contro le terribili condizioni di detenzione cui è sottoposto;
se il Governo italiano intenda farsi promotore, nell'ambito del semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea, di una richiesta perché sia dato corso ad un'ulteriore verifica del CPT sulle condizioni di salute di Abdullah Ocalan e quali iniziative intende assumere per vigilare anche in futuro sulla applicazione della Convenzione nei confronti del detenuto Ocalan tenendo conto della sentenza del Tribunale civile di Roma con la quale gli è stato riconosciuto l'asilo politico;
se intenda chiedere formalmente al Governo turco di rendere pubblico il rapporto redatto dai medici turchi sulle condizioni di salute di Ocalan e quello redatto


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dal CPT impegnadolo inoltre a fornire notizie con regolarità agli avvocati e ai familiari sulle condizioni del detenuto.
(4-07922)

Risposta. - Come noto, in Turchia la questione curda ha conosciuto momenti drammatici soprattutto per via dell'indipendentismo armato operante sotto la bandiera dell'organizzazione terroristica PKK. Ciò spiega l'elevata sensibilità che tale tematica riveste tuttora presso l'opinione pubblica interna e nella vita politica turca.
In ogni caso, negli anni più recenti detta conflittualità interna si è fortemente attenuata. Ne è riprova l'abolizione dello stato di emergenza che vigeva nelle quattro province sud orientali del Paese, di etnia prevalentemente curda, accompagnata dalla rimozione degli ostacoli all'istruzione e a trasmissioni radiofoniche e televisive in lingue diverse dal turco, nonché all'uso di nomi non tipicamente turchi, e dall'abolizione dell'articolo 8 della legge sull'antiterrorismo, che riguarda le attività di «separatismo» e che era stato in precedenza spesso invocato per l'adozione di misure repressive nei confronti dei militanti curdi.
Alle predette riforme si aggiunge l'approvazione, alla fine dello scorso mese di luglio, di una legge volta a promuovere il «reinserimento nella vita sociale» degli
ex militanti del PKK, la quale, sebbene preveda un'amnistia soltanto parziale e condizionata, costituisce comunque un assai significativo passo di distensione su un tema, quello del separatismo curdo, tuttora oggetto di vive sensibilità in Turchia.
Non vi è alcun dubbio che la odierna realtà turca non sia statica; anzi, mai come oggi si è delineata la possibilità di un deciso salto di qualità nella tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in quel Paese. Tale processo è strettamente collegato al desiderio della Turchia di aderire all'Unione Europea ed è in tal contesto, quello della candidatura turca all'Unione europea e dei processi istituzionali che essa comporta, che è opportuno pertanto alimentare la dialettica sulle riforme con la Turchia.
In tale ottica anche il nostro Paese non ha mancato di svolgere un attivo ruolo di stimolo ed incoraggiamento nei confronti di Ankara a proseguire con determinazione l'opera riformatrice. Tale ruolo non risulta minimamente inficiato dagli ottimi rapporti bilaterali esistenti, bensì ne è reso ancor più qualificato ed efficace.
Ciò premesso, il Governo è impegnato a continuare a sostenere l'azione dei competenti organismi del consiglio d'Europa, che stanno seguendo la problematica della salute di Abdhullah Ocalan e che hanno già effettuato una visita al medesimo nel corso di quest'anno. A tale riguardo, il Comitato Europeo anti-tortura (CPT) ha previsto di compiere, nel corso del 2004, una nuova visita in Turchia al fine di esaminare le condizioni e il trattamento dei detenuti.
Sulla base di quanto precede non si ritiene che sussistano i presupposti per specifiche iniziative diplomatiche del Governo italiano nei confronti di quello turco in merito a quanto richiesto dall'Onorevole interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

RAISI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la nuova disciplina delle opposizioni avverso le sanzioni amministrative irrogate a seguito delle violazioni commesse dagli automobilisti è stata profondamente modificata a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 151 del 2003, convertito in legge 1 agosto 2003 n. 214, pubblicata nel supplemento ordinario n. 133/L alla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 186 del 12 agosto 2003, recante nuove norme in materia di ricorso avverso l'ordinanza-ingiunzione al pagamento di sanzioni amministrative;
nello specifico la legge n. 214 del 2003 nell'ipotesi di proposizione di un ricorso giurisdizionale diretto all'Ufficio del Giudice di Pace competente, prevede


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una particolare procedura, il cui utile espletamento è indefettibilmente prodromico rispetto all'avvio del contenzioso giudiziario, nei cui confronti, si pone in un rapporto di chiara pregiudizialità (inammissibilità dello stesso, rilevabile anche ex officio iudicis come recita l'espressione letterale dell'articolo 4 della legge n. 214 del 2003) costituita dall'esecuzione del deposito cauzionale nella misura pari alle metà del massimo edittale della sanzione amministrativa prevista per il tipo di violazione riscontrata dall'Organo accertatore;
per quanto attiene poi alle esatte modalità di esecuzione del predetto deposito cauzionale, non potendo le Cancellerie degli Uffici Giudiziari ricevere versamenti in denaro contante, essendo tutt'ora vigente l'articolo 4 del regio decreto-legge 10 marzo 1910 n. 149, devesi opportunamente richiamare le disposizioni previste negli articoli 1-4 della Circolare del 13 agosto 2003 diramata dalla Direzione Generale del Dipartimento per gli Affari di Giustizia, con la quale, si pone a conoscenza dei Presidenti dei distretti di Corte d'Appello l'esatta sequenza procedimentale, che, può riassumersi nei seguenti adempimenti: il ricorrente esegue il versamento della cauzione prevista dall'articolo 4 della legge n. 214 del 2003 attraverso l'apertura di un libretto di deposito giudiziario acceso presso l'Ente poste italiane;
risulta all'interrogante che lo sportello dell'Ente Poste Italiane presso il Comune di Vergato (Bologna), Comune ove è presente l'Ufficio del Giudice di Pace non dispone della possibilità di apertura di libretto di deposito ma rimanda i cittadini e/o i difensori presso altro sportello (nello specifico Porretta Terme o Bologna) che dista diverse decine di chilometri dall'Ufficio;
probabilmente, tale situazione trova riscontro anche in altre realtà locali ove - pur presente l'Ufficio del Giudice di Pace - non ha uno sportello dell'Ente Postale idoneo ad aprire i predetti libretti di deposito di cui alla normativa in oggetto;
tale disfunzione non può e non deve ricadere sui cittadini e sul loro diritto di difesa costituzionalmente garantito. Non è possibile e nemmeno giustificabile richiedere ai cittadini di dovere percorrere in alcuni casi anche decine e decine di chilometri per poter opporsi ad una sanziona amministrativa -:
se sia a conoscenza della situazione sopra descritta, e se non sia opportuno aprire un tavolo di trattativa con l'Ente Poste alfine di dotare gli sportelli postali nei comuni ove è ubicato l'Ufficio del Giudice di Pace della possibilità di emettere libretti di deposito giudiziari.
(4-07672)

Risposta. - Si fa presente che la società Poste italiane - interessata in merito a quanto rappresentato dall'onorevole nell'atto parlamentare in esame - ha significato che effettivamente non tutti gli uffici postali sono abilitati all'emissione di libretti di deposito giudiziario, circostanza che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 1o agosto 2003 n. 214, ha indotto la medesima società Poste italiane, in collaborazione con il Ministero delle giustizia, a ricercare soluzioni alternative idonee a soddisfare le esigenze della clientela, non disgiuntamente da quelle del predetto dicastero.
A seguito degli accordi intervenuti, il problema del versamento della cauzione nell'ipotesi di ricorso
ex articolo 204-bis del Codice della strada, è stato risolto con l'emanazione, in data 31 ottobre 2003, da parte del Ministero della giustizia di una circolare che, in alternativa allo strumento del deposito giudiziario, ha previsto l'utilizzo del cosiddetto libretto nominativo con vincolo cauzionale.
Il libretto in questione è un normale libretto nominativo fruibile in ogni ufficio postale del territorio, intestato al ricorrente sul quale, in sede di apertura, è apposta l'annotazione «vincolo per cauzione ai sensi dell'articolo 204-
bis della legge n. 214 del 10 agosto 2003», nonché gli estremi (data e numero) del verbale di accertamento contro cui si ricorre, completi dell'indicazione dell'Autorità che ha stilato il verbale.


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Il libretto, una volta emesso, è consegnato al ricorrente per allegarlo al ricorso.
Le scritture di movimentazione in accredito ed in addebito sul libretto vengono effettuate direttamente dall'ufficio postale dietro presentazione del libretto stesso da parte del ricorrente. La cancelleria, pertanto, non dovrà effettuare, come nei depositi giudiziari, aggiornamenti sul titolo.
Alla luce di quanto sopra si ritiene che la disfunzione lamentata dalla S.V. on.le nell'atto parlamentare cui si risponde sia stata risolta.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

REALACCI e VERNETTI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il forte incremento della domanda di energia elettrica determinato anche dall'uso esagerato dei condizionatori d'aria per fronteggiare l'eccezionale ondata di caldo abbattutasi sull'Italia, che vede da alcuni giorni i consumi elettrici avvicinarsi pericolosamente al livello massimo dell'offerta, con il rischio costante del verificarsi di black out come è effettivamente avvenuto in diverse zone del Paese, avvicina l'Italia al modello statunitense con il picco della domanda di elettricità spostato nei mesi estivi;
la situazione in atto nel nostro Paese assomiglia, in particolare, a quella californiana dove negli anni fra il 1996 e il 2001, soprattutto nei mesi estivi, l'amministrazione di quello stato fu costretta a interrompere frequentemente l'erogazione di elettricità provocando notevoli disagi alla popolazione e mettendo in grave difficoltà il sistema industriale. Da quella crisi la California è uscita grazie ad una martellante campagna di sensibilizzazione iniziata nelle scuole e proseguita fra la popolazione, e ad una politica di forti incentivi per il risparmio energetico: in breve tempo si è ridotta di un quinto la domanda di energia. Oltre a questo tipo di incentivi, sono state introdotte in tutti gli uffici pubblici e privati lampadine a basso consumo, elettrodomestici e macchinari a spegnimento automatico e soprattutto sono stati installati migliaia di pannelli solari: addirittura per alimentare i semafori;
un'organica politica di interventi a favore dell'efficienza energetica può portare anche nel nostro Paese a risultati significativi (negli Usa tra il 1990 e il 2000 si sono mediamente risparmiati 20.000 MW grazie ai programmi delle compagnie elettriche);
i due decreti del Ministero dell'industria del 24 aprile 2001 (Gazzetta Ufficiale n. 177 del 22 maggio 2001) sull'efficienza energetica definiscono obiettivi di riduzione dei consumi per i distributori di energia elettrica e gas che avrebbero dovuto portare progressivamente a partire dal 2002 e fino al 2006 a sensibili riduzioni dei consumi di energia primaria raggiungendo alla fine di tale periodo un taglio di 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio;
il costo dell'elettricità risparmiata è inferiore al costo di produzione dell'elettricità, cosicché i programmi di innalzamento dell'efficienza energetica degli usi finali garantiscono un beneficio economico netto al Paese;
i citati decreti sull'efficienza energetica purtroppo non sono ancora diventati esecutivi;
la crisi in cui sembra trovarsi il nostro sistema elettrico può essere risolta soltanto grazie al contributo immediato che potrà derivare da una politica di razionalizzazione della domanda elettrica -:
se non ritenga il Ministro interrogato di eliminare con la massima urgenza gli ostacoli che limitano l'operatività dei decreti citati in premessa sull'efficienza energetica;
se non reputi, inoltre, che gli obiettivi di tali decreti debbano essere decisamente incrementati, a partire da quelli previsti per l'anno in corso, in relazione alla


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situazione delicata in cui si troverà la rete elettrica nazionale nei prossimi 2-3 anni, soprattutto nei periodi estivi;
se non ritenga, infine, che, perdurando la situazione di allarme, sia opportuno varare immediatamente un «pacchetto di misure di emergenza», analogamente a quanto fatto in California, in grado di garantire un reale governo della domanda di energia elettrica e di fronteggiare adeguatamente la situazione.
(4-06761)

Risposta. - L'operatività dei decreti ministeriali del 24 aprile 2001 è stata compromessa dalla sottovalutazione, in sede di predisposizione degli stessi, dei problemi connessi alla definizione delle necessarie regole operative.
Infatti, i decreti demandavano all'autorità per l'energia elettrica e il gas il compito di predisporre linee guida per la preparazione e l'attuazione dei progetti, strumento indispensabile per il concreto avvio delle iniziative: tali linee guida sono state emesse solo lo scorso settembre, non per inerzia dell'organo di regolazione, bensì per l'effettiva complessità della materia. L'autorità, inoltre, solo negli ultimi mesi ha emanato delibere con le quali sono definite le modalità di misura del risparmio energetico ottenuto con la realizzazione dei progetti, mentre non risulta ancora emesso l'atto che definisce l'entità dei rimborsi riconosciuti ai distributori per i risparmi ottenuti. Tali ritardi hanno causato l'impossibilità, per gli operatori, di agire.
Peraltro, i vecchi decreti modulavano l'incremento degli obiettivi nel quinquennio considerato (2002-2007) in modo poco coerente e poco realistico.
L'esperienza maturata nel periodo intercorso ha evidenziato che, in una materia così complessa, sono necessarie misure preparatorie e di accompagnamento, onde supportare l'avvio di un meccanismo nuovo e originale.
Sempre sulla base dell'esperienza maturata, è emersa l'opportunità di prevedere una serie di ulteriori misure, apparentemente secondarie, ma che in realtà conferiscono al meccanismo che si va a delineare quella indispensabile flessibilità che nel vecchio decreto mancava e che, inoltre, possono indirizzare meglio verso lo sviluppo di un mercato dei servizi energetici.
Sulla base di questi elementi, a seguito di una proficua collaborazione tra il Ministero delle attività produttive, Ministero dell'ambiente e autorità per l'energia elettrica e il gas, è stata effettuata una revisione dei due decreti, che peraltro fa salva tutta l'attività sinora svolta, sia dall'autorità che dagli operatori, e che inoltre supporta con decisione la nascita e lo sviluppo delle società di fornitura di servizi energetici. I due nuovi decreti sono stati approvati dai Ministri delle attività produttive e dell'ambiente.
Gli obiettivi dei due decreti nel periodo quinquennale considerato, pari a 2,9 Mtep, (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) corrispondono a una riduzione dei consumi elettrici di una quantità equivalente agli attuali consumi di circa 2,5 milioni di famiglie e ai consumi di riscaldamento di circa 1,5 milioni di famiglie. Lo sforzo da profondere per conseguire i predetti obiettivi può essere meglio valutato osservando che per conseguire una riduzione dei consumi di 0,01 Mtep è necessario un progetto per la diffusione di circa 68.500 lampade fluorescenti, oppure di 7.250 sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore per singolo appartamento, o anche di 5 impianti di cogenerazione da 150-200 kWe ciascuno, o infine 2500 interventi di isolamento termico del sottotetto in edifici monofamiliari.
È dunque necessario un approccio realistico, fermo restando l'intendimento del Governo di conseguire pienamente gli obiettivi fissati e di stabilire ulteriori progressi per il periodo successivo al quinquennio considerato nei decreti.
Il Governo ha già, nei fatti, definito un pacchetto di misure, che comprendono una campagna di sensibilizzazione, già in fase di svolgimento sui mezzi televisivi; l'emanazione dei nuovi decreti sul risparmio energetico, di cui è detto in precedenza e l'avvio, in attuazione dei due decreti citati, di misure di accompagnamento, consistenti nell'avvio di specifiche campagne di sensibilizzazione,


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svolte dai distributori, nonché nella esecuzione di un ampio e articolato programma di interventi di riduzione dei consumi presso utenze pubbliche, già in fase di preparazione.
A ciò si devono aggiungere, ovviamente, le misure di gestione di eventuali situazioni di emergenza attraverso distacchi programmati, tempestivamente comunicati agli utenti, che vedono una continua e assidua collaborazione tra il Ministero delle attività produttive, il gestore della rete e i distributori di energia elettrica.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

RUSSO SPENA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
Dedyulia Natalia, nata a Anypckas (Russia) il 2 aprile 1984 nell'anno scolastico 2002-2003 ha superato, presso il Centro Territoriale Permanente per l'Educazione degli Adulti annesso all'Istituto Comprensivo «F. Negri» di Casale Monferrato, l'esame di licenza media riportando il giudizio sintetico: distinto;
Dedyulia Natalia è regolarmente iscritta, per l'anno scolastico 2003-2004, al primo biennio del corso triennale per gli adulti «Progetto Polis» finalizzato all'esame di Stato per il conseguimento del diploma del liceo sociopsicopedagogico;
il «Progetto Polis» è un progetto approvato dal Ministero dell'Istruzione per consentire agli adulti di rientrare nella scuola superiore e conseguire un diploma che permetta un migliore collocamento nel mondo del lavoro. L'anno scolastico iniziato il 29 settembre 2003, terminerà il 15 settembre 2004;
la Dedyulia Natalia in Italia è ospitata dal signor Vigino Franco nel proprio alloggio in Casale Monferrato (Alessandria), Corso Indipendenza, 41, in modo totalmente gratuito. Egli la segue con serietà e costanza nei suoi studi. Inoltre, con dichiarazione sostitutiva dell'Atto di Notorietà (articolo 21-47-48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 28 dicembre 2000) il Vigino dichiara di provvedere al suo mantenimento, alle eventuali spese medico-ospedaliere (ha stipulato un'assicurazione per copertura sanitaria, il 19 febbraio 2003 presso «Le Assicurazioni d'Italia»). Il 18 febbraio 2003, la Dedyulia Natalia apre un libretto di deposito nominativo presso la Banca Popolare di Novara di euro 4.800,00;
a settembre 2003, la Dedyulia Natalia fa richiesta di un visto per studio. Non le viene concesso il visto per studio ma le viene rilasciato un visto turistico -:
quali iniziative intendano assumere presso l'ambasciata italiana a Mosca affinché venga rilasciato il visto per studio che permetta alla Dedyulia Natalia di frequentare l'anno scolastico 2003-2004 per il conseguimento del diploma del liceo sociopsicopedagogico.
(4-07780)

Risposta. - La cittadina russa Natalia Dedyulia ha presentato il 23 settembre 2003 una richiesta di visto per motivi di studio presso l'Ambasciata d'Italia a Mosca.
La stessa aveva in passato ottenuto due visti per motivi di turismo nel 2002, con validità di 10 giorni e nel 2003, con validità di 60 giorni. In entrambi i casi i soggiorni sono stati prolungati rispettivamente per un totale di 3 e di 5 mesi, con il rilascio dei relativi permessi di soggiorno. Nella prima occasione il visto - rilasciato per motivi turistici - risulta essere stato indebitamente utilizzato, poiché la cittadina russa ha frequentato in quel periodo la Scuola Media di Casale Monferrato, cui risulterebbe essere stata iscritta prima del suo arrivo in Italia. Nella seconda occasione, il periodo di permanenza sarebbe stato prolungato per cure mediche.
Nell'ambito degli accertamenti circa la domanda di visto di cui trattasi, la Sede competente non riteneva che il corso per il conseguimento del diploma in psicopedagogia, cui la stessa risulta iscritta, fosse riconducibile alla prosecuzione del curriculum


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formativo già avviato in patria, ai sensi delle disposizioni vigenti in materia.
L'Ambasciata, nel ravvisare una finalità diversa da quella addotta - sulla scorta anche dei precedenti sopra indicati - non si trovava nella condizione di rilasciare alla cittadina russa un visto per motivi di studio e concedeva pertanto alla stessa un visto per turismo.
La Rappresentanza diplomatico-consolare a Mosca ha fatto altresì presente che la predetta decisione risulta avvalorata dai contatti avuti con il garante della cittadina russa in parola, il connazionale Franco Vigino, il quale avrebbe confermato che la effettiva finalità del soggiorno in Italia sarebbe diversa da quella addotta nella richiesta di visto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

SERENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il diritto processuale ed alcune leggi prevedono che, a fronte di determinate situazioni debitorie, l'autorità giudiziaria proceda, d'ufficio o su richiesta di un creditore, alla vendita forzata dei beni mobili o immobili di proprietà del soggetto debitore;
la vendita degli immobili è disciplinata dagli articoli 555 e seguenti del codice di procedura civile e dagli articoli 108 e seguenti della legge fallimentare;
il giudice dell'esecuzione del Tribunale emette ordinanza di vendita dell'immobile, fissando il giorno dell'incanto e indicando le modalità per parteciparvi;
tale provvedimento viene reso pubblico dalla cancelleria mediante affissione del bando d'asta all'albo del Tribunale e pubblicazione dello stesso su determinati organi di stampa -:
se non intenda adottare le opportune iniziative normative affinché non venga pubblicato il nome del debitore o fallito, posto che questi, nel momento della cessione dei beni all'incanto, assolve alle obbligazioni derivanti dalla sua situazione di fallito o di debitore e che il procedimento può essere pubblicato con la semplice indicazione di una cifra o di un numero;
se non intenda in proposito sentire l'autorevole parere dell'Autorità garante per la privacy.
(4-07994)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, si comunica che il trattamento dei dati personali per finalità di giustizia da parte di uffici giudiziari è stato di recente disciplinato dagli articoli da 46 a 49 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali; dal momento della sua entrata in vigore, fissata al 1o gennaio 2004, numerose norme sulla tutela dell'interessato al trattamento saranno applicabili anche nel settore giudiziario, tra cui quelle dell'articolo 11 sulle modalità di trattamento e quelle dell'articolo 15 del citato testo legislativo per i danni cagionati dal trattamento.
Per ciò che concerne l'oggetto specifico dell'interrogazione, va rilevato che il nome del debitore e quello del fallito si inseriscono nella dinamica del processo esecutivo e fallimentare e non possono essere eliminati, né sostituiti da altri riferimenti non univoci, vuoi perché il processo è un processo di parti (e non di cifre o di numeri), vuoi perché dalla pubblicazione del nome del debitore o del fallito in alcuni atti (si pensi all'ordinanza di vendita o a quella di esecutività dello stato passivo) derivano diritti non solo in capo ai terzi o ai creditori procedenti, ma anche in capo agli stessi soggetti debitori (si pensi ai termini per proporre opposizione agli atti esecutivi o opposizione allo stato passivo), cosicché la pubblicazione del nome e l'univoco riferimento alla persona finisce per essere una garanzia per lo stesso debitore.
Si segnala, da ultimo, che in data 1o dicembre 2003 è stato trasmesso alla Presidenza del Consiglio il testo di uno schema di decreto-legge avente per oggetto la mo


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dificazione dei citato codice della privacy in relazione alle esigenze di accertamento e della repressione dei reati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

VASCON. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge 6 marzo 1987, n. 89 attribuisce al Ministro della salute il potere di fissare i criteri tecnici per l'accertamento dei requisiti psicofisici minimi per ottenere la licenza di porto d'armi;
il decreto ministeriale 28 aprile 1998, nel definire i requisiti psicofisici minimi necessari per il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d'armi per uso difesa personale, ha stabilito, all'articolo 3, che l'accertamento dei requisiti psicofisici sia effettuato dagli uffici medico-legali o dai distretti sanitari delle unità sanitarie locali o dalle strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato e che il richiedente, sottoponendosi a tali accertamenti, sia tenuto a presentare un certificato anamnesico rilasciato dal medico di fiducia;
l'articolo 3, comma 3 del citato decreto ministeriale 28 aprile 1998 ha stabilito che spetta al medico certificatore prescrivere gli ulteriori accertamenti che riterrà necessari;
qualora necessari, tali accertamenti dovranno comunque essere effettuati presso strutture sanitarie pubbliche;
risulta all'interrogante che nonostante la presenza di una disciplina nazionale uniforme sulla questione, alcune Asl continuano a richiedere, come documentazione necessaria alla visita di idoneità per l'uso/detenzione di armi, prove ulteriori a quelle prescritte dal decreto ministeriale 28 aprile 1998, tra cui, in particolare, un referto di visita psichiatrica (anche di uno psichiatra privato) e un referto di analisi del sangue;
per quanto nei requisiti psicofisici minimi individuati dal decreto ministeriale 28 aprile 1998 sia prevista anche la valutazione circa l'assenza di alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiano ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico o dinamico e l'assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali, tali accertamenti devono essere effettuati dal medico di fiducia (come si evince anche dall'allegato A del citato decreto) e non richiedono la presentazione di un referto psichiatrico;
rimangono peraltro delle perplessità sull'ammissibilità di referti rilasciati da medici privati, dal momento che il citato articolo 3, comma 3 del decreto ministeriale 28 aprile 1998 specifica che tutti gli ulteriori accertamenti dovranno essere compiuti presso strutture sanitarie pubbliche;
tali ulteriori referti richiesti in alcune Asl rappresentano un onere non irrilevante a carico dei soggetti interessati a richiedere/rinnovare la licenza di porto d'armi, perché il decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2001 ha esplicitamente indicato tali certificazioni tra le prestazioni sanitarie erogate con onere a carico dell'interessato;
quali misure il Ministro intenda adottare per garantire che su tutto il territorio nazionale venga data uniforme applicazione al decreto ministeriale 28 aprile 1998, evitando che sia riconosciuta ai direttori generali delle Asl una discrezionalità personale nell'individuazione dei referti medici da presentare ai fini del rinnovo/rilascio della licenza per porto d'armi.
(4-07457)

Risposta. - È necessario premettere che il decreto ministeriale 28 aprile 1998 presuppone che siano valutati alcuni requisiti minimi nei richiedenti per l'accertamento dell'idoneità al porto d'armi e concede ai medici accertatori e certificatori (il medico di fiducia di cui alla legge n. 833/78 e i medici di cui all'articolo 3 del decreto


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ministeriale 28 aprile 1998) la facoltà di ogni ulteriore valutazione sanitaria, comprese visite specialistiche e indagini ematochimiche.
Con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2001, relativo alla definizione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), le certificazioni di idoneità al porto d'armi sono state elencate tra le prestazioni sanitarie erogate con onere a carico dell'interessato, in quanto non rispondono ai fini di tutela della salute collettiva anche se richieste da disposizioni normative.
Successivamente, con nota circolare inviata agli Assessori alla sanità, il Ministero della Salute ha espresso l'avviso che l'esclusione dai LEA riguarda solo la specifica certificazione di idoneità al porto d'armi e che gli accertamenti sanitari necessari alla redazione di tale certificato debbano essere effettuati nell'ordinario regime di partecipazione al costo.
D'altra parte, l'accordo sui LEA affida alle singole Regioni un ruolo importante.
In particolare, ciascuna Regione ha facoltà, di decidere quali prestazioni, anche se escluse dai LEA previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2001 citato, possono ancora essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la stesura di una nuova classificazione delle prestazioni erogabili su base regionale e conseguente presa in carico dei relativi costi.
Inoltre, per quel che concerne l'organizzazione dell'erogazione di tale prestazione sanitaria, non si può escludere la possibilità esercitata dalle strutture sanitarie pubbliche di erogarla attraverso specialisti che operano per l'azienda ASL in regime libero professionale intra ovvero extramoenia.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

VIALE e TABORELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerose imprese italiane importano dalla Cina seta greggia non torta, al fine di sottoporla a lavorazione per trasformarla in filato di seta (codice doganale 5004 00%10);
altre aziende italiane acquistano il filato, effettuando a loro volta lavorazioni su tale prodotto, che viene successivamente rivenduto (codice doganale 5004 00 909) ad aziende estere, in molti casi rumene, le quali lavorano il filato per trasformarlo in tessuti che vengono reimportati in Italia (codice doganale 5007) -:
se il filato lavorato da imprese italiane e venduto alle imprese rumene sia sottoposto a dazio doganale in Italia o in Romania;
se la successiva reimportazione dalla Romania all'Italia dei tessuti sia a sua volta sottoposta a dazio in Romania o in Italia;
se sia possibile che la cessione dei filati alle imprese rumene da parte di imprese italiane e la successiva reimportazione in Italia dei tessuti possa avvenire in temporanea sospensione d'imposta, senza pagamento di dazi doganali.
(4-06834)

Risposta. - L'Agenzia delle dogane, nel premettere che in generale i trasferimenti di merce da un paese terzo verso un paese comunitario e viceversa comportano il pagamento dei diritti doganali nel paese di importazione, ha rappresentato che qualora i prodotti ottenuti dalla lavorazione dei prodotti in questione siano venduti ad imprese straniere ed immesse in consumo in un paese terzo, le stesse sono soggette alla fiscalità applicabile in tale paese.
Tuttavia, nei casi in cui la merce non sia destinata ad essere immessa in consumo nel paese terzo ma solo lavorata e successivamente reimportata, è possibile richiedere l'applicazione del regime di perfezionamento passivo, che permette di inviare una merce in lavorazione in temporanea esportazione nel paese terzo, vale a dire in sospensione dal pagamento del dazio in tale paese, e la successiva reimportazione del prodotto ottenuto nella Comunità europea.


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In tal caso, il dazio e l'IVA sarebbero calcolati unicamente sulle spese di perfezionamento (compenso di lavorazione), che saranno considerate come valore imponibile ai fini della determinazione dei dazi e dell'IVA sui prodotti compensatori.
Ad ogni buon fine, l'Agenzia delle dogane ha precisato che gli scambi di merci fra la Comunità europea e la Romania sono regolamentati dall'Accordo di associazione Ce-Romania che prevede, ad eccezione di taluni prodotti agricoli, l'esenzione dai dazi doganali anche in presenza del regime di perfezionamento passivo, purché le merci siano scortate dal prescritto certificato di origine preferenziale EUR 1.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.