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appello sarebbe stato sottovalutato e di fatto eluso dalle strutture penitenziarie -:
la cassa delle ammende, istituita con legge 9 maggio 1932, n. 547, nasceva con la finalità di finanziare prioritariamente «progetti dell'amministrazione penitenziaria che utilizzano le disponibilità finanziarie dei fondi strutturali europei, nonché progetti che utilizzano finanziamenti previsti dalla normativa comunitaria, da quella nazionale e da quella regionale»;
con le modifiche successivamente apportate dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 e finalità della Cassa sono state altresì estese alla erogazione di fondi per il finanziamento di programmi che attuano interventi di assistenza economica in favore delle famiglie di detenuti ed internati, nonché di programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale di detenuti ed internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione;
l'ampliamento della finalità della Cassa ha posto il problema di una migliore e più puntuale regolamentazione delle modalità di erogazione dei fondi per consentire un uso razionale ed organico degli stessi. Tale regolamento, atteso oramai da oltre quattro anni, ed annunciato ufficialmente dal Ministro in data 18 settembre 2003, in occasione della risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-04560, ad oggi non risulta essere stato ancora adottato;
le importantissime finalità della Cassa, se realizzate, potrebbero dare concreto sollievo alla difficile situazione penitenziaria;
la giacenza inattiva di fondi cospicui è ingiustificabile e non può protrarsi oltre -:
se e come il Governo, recependo l'urgenza, intenda intervenire per superare questa situazione di inattivismo.
(3-03079)
si apprende dalle pagine de Il Giornale di martedì 17 febbraio che un detenuto recluso nel carcere di Rebibbia di Roma sarebbe entrato in coma e successivamente deceduto a seguito di un tumore al cervello;
parrebbe, in base alle testimonianze dei familiari della vittima, che il cancro sarebbe stato diagnosticato troppo tardi dalle strutture sanitarie dell'istituto penitenziario, e che peraltro non sarebbe stata eseguita alcuna forma di trattamento terapeutico volto a prevenire l'aggravamento delle condizioni di salute dell'uomo;
sembrerebbe che il detenuto abbia più volte rivolto al carcere la richiesta di intervento da parte dei medici, ma tale
se non ritenga doveroso, qualora la ricostruzione di quanto avvenuto corrisponda al vero, attivarsi affinché sia fatta chiarezza sul possibile coinvolgimento diretto da parte degli organismi penitenziari preposti alla tutela fisica del detenuto, individuandone le eventuali responsabilità;
se non sia il caso, qualora ciò venga accertato, di adottare misure forti e decisive affinché sia garantito a tutti i detenuti, specialmente quelli che versano in condizioni di salute precarie o critiche, un livello di assistenza sanitaria adeguato alle reali necessità, in modo da scongiurare il possibile ripetersi di simili tragiche situazioni.
(4-08980)
risulta all'interrogante che alcuni Istituti di Credito starebbero sollecitando, tramite i propri procuratori, la pubblicazione degli avvisi d'asta relativi alle vendite giudiziarie su siti internet di cui direttamente o indirettamente sono comproprietari;
suscita perplessità il fatto che una parte del procedimento di vendita giudiziaria sia portatrice di interessi correlati ad attività funzionali alla vendita stessa (es. pubblicità alle vendite), specie quando detta parte sia nella condizione di disporre o condizionare la scelta di un servizio che costituisce un onere aggiuntivo per la parte debitrice -:
se non valuti opportuno intervenire, anche con idonee iniziative normative, al fine di assicurare maggiore trasparenza ed imparzialità nel campo della pubblicità telematica delle aste giudiziarie, e in particolare, di prevenire il rischio di oligopoli che escludano inevitabilmente i creditori non organizzati, rendendo per loro più gravoso lo sviluppo del processo di esecuzione che invece dovrebbe essere garantito a tutti con eguali modalità ed alle stesse condizioni.
(4-08991)
con un precedente atto ispettivo l'interrogante ha già provveduto a denunziare le vacanze-premio natalizie - che l'interrogante ritiene «vergognose» - delle quali spesso usufruiscono pericolosi boss mafiosi;
il boss GiovanniBrusca ha trascorso, anche quest'anno, le vacanze di Natale 2003 a casa con moglie e figlio;
Giovanni Brusca ha innescato l'esplosivo per uccidere il giudice Giovanni Falcone e gli uomini della sua scorta ed ha dato l'ordine di strangolare e sciogliere nell'acido il corpo del piccolo Giuseppe Di Matteo;
il Brusca, passato nella schiera dei «pentiti», deve ancora scontare la condanna definitiva a diciannove anni e undici mesi di reclusione -:
se non intenda avviare un'azione di monitoraggio volta ad accertare in quanti casi siano stati concessi permessi premio a boss mafiosi negli ultimi mesi.
(4-09000)
il giorno 16 febbraio 2004 presso l'ospedale Pertini di Roma è deceduto in stato di detenzione il signor F. M. di Petrosino (Trapani) in seguito alle complicazioni sorte dopo un lungo intervento chirurgico al cervello;
il detenuto è giunto dal carcere di Rebibbia presso l'ospedale già in stato di coma provocato da un tumore in stato avanzato al cervello;
lo stesso detenuto aveva richiesto già dal dicembre 2003, a causa dei frequenti malori che lo angosciavano, una TAC e una visita medica;
risulterebbe che tali richieste non fossero state mai accolte da parte della direzione sanitaria di Rebibbia -:
se non intendano intervenire per potenziare un settore così importante quale quello dell'assistenza sanitaria penitenziaria, in questo carcere come in tutti quelli presenti nel nostro paese, in modo da garantire qualità ed efficienza nelle cure ai detenuti.
(4-09011)
a seguito dei rilievi contenuti nella Relazione al Parlamento della Sezione controllo enti della Corte dei conti, presieduta dal professor Luigi Schiavello, sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale per le strade Anas S.p.a., concernente - tra l'altro - investimenti, manutenzione, posizione dominante e applicazione delle disposizioni in materia di concessioni autostradali, la società concessionaria Autostrade S.p.a. ha istituito un Comitato consultivo per le funzioni del Servizio pubblico, finalizzato a dare risposte alle obiezioni sollevate dalla magistratura contabile;
la costituita struttura, che ha in parte già provveduto a stilare pareri tendenzialmente favorevoli sulla attività della concessionaria Autostrade S.p.a., è sorprendentemente coordinata dal professor Luigi Schiavello, tutt'ora presidente della succitata Sezione controllo della Corte dei conti e composta, tra gli altri, dal dottor Francesco De Filippis, magistrato della medesima Sezione, relatore ed estensore della Relazione al Parlamento sull'Anas, nonché da alcuni esponenti del mondo politico e giudiziario;
il presidente Schiavello, con lettera di risposta a quanto pubblicato sulla rivista il Mondo del 28 novembre 2003 che denunciava un tale stato di cose, ha di fatto unicamente contestato l'entità dei compensi indicati, che secondo l'autore dell'articolo si aggirerebbero tra i 200-300 mila euro annui, non smentendo nulla di quanto esposto, ma chiarendo di essere stato «chiamato da Autostrade a una collaborazione scientifica in una Commissione di studio per la valutazione di problematiche giuridiche per il più corretto ed etico svolgimento della concessione» e di occuparsi, quindi, esclusivamente «dello studio di problematiche generali»;
appare di tutta evidenza il conflitto di interessi in cui versano, in particolar modo, i magistrati della Corte dei conti stante il loro duplice e assolutamente non conciliabile ruolo di «controllori» dell'operato di Anas S.p.a da una parte, e di indiretti «controllati», perché consulenti della società concessionaria Autostrade S.p.a. chiamata a formulare risposte ai rilievi mossi dalla stessa magistratura contabile, dall'altra -:
quali iniziative intenda adottare, anche nell'immediato, al fine di porre rimedio al fenomeno dei doppi incarichi rivestiti da personale appartenente, al contempo, alla amministrazione della giustizia e al settore privato, rivestendo in tale ambito, in virtù di incarichi extragiudiziari o extraistituzionali, ruoli di consulenza, così violando gravemente i principi di imparzialità, indipendenza e trasparenza nella gestione della res publica.
(4-09034)
in data 2 giugno 1998, l'Ordine dei medici di Trieste concludeva un procedimento disciplinare ritenendo non sussistenti le lacune deontologiche lamentate, nei confronti di un suo iscritto, dal dottor Torricelli, paziente in cura di psicoterapia;
la valutazione circa le lacune deontologiche lamentate, era stata espressamente demandata al procedimento disciplinare triestino da una sentenza penale che concludeva un precedente processo per reato di truffa intentato dallo stesso Torricelli;
nonostante l'assoluzione dal capo di imputazione di truffa, infatti, la sentenza del giudice penale non escludeva a priori una responsabilità disciplinare nei confronti del medico triestino, posto che la perizia d'ufficio faceva esplicito riferimento a scorrettezze deontologiche;
a decorrere dalla data sopra riportata, il dottor Torricelli ha cercato in più modi di riaprire l'esame della decisione dell'ordine triestino, che in più punti si presentava imperfetta, rivolgendosi più volte ora all'autorità giudiziaria ordinaria, dichiaratasi però non competente, ora sollecitandone l'impugnazione da parte del procuratore della Repubblica e del Prefetto, ex articolo 53 decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950;
il dottor Torricelli, infatti, trovandosi nella posizione di controinteressato, non può proporre direttamente ricorso innanzi all'organo competente della Commissione centrale, ex articolo 53 del citato decreto del Presidente della Repubblica, e dunque avrebbe come unica possibilità a tutela dell'interesse del riesame di una decisione disciplinare, l'attivazione da parte del procuratore della Repubblica o del prefetto -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare le opportune iniziative affinché sia modificato l'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950, al fine di dare al comune cittadino la possibilità di effettuare ricorso diretto alla Commissione centrale avverso i provvedimenti disciplinari adottati dai Consigli degli ordini dei professionisti.
(4-09042)