Allegato B
Seduta n. 418 del 4/2/2004


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BENI E ATTIVITĄ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FOTI, AIRAGHI, ALBONI, ASCIERTO, BELLOTTI, BUTTI, CANNELLA, CARUSO, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, CORONELLA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FATUZZO, GARNERO SANTANCHÈ, GHIGLIA, LA GRUA, LA STARZA, LANDOLFI, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, LUIGI MARTINI, MEROI, MESSA, MIGLIORI, PAOLONE, PATARINO, ANTONIO PEPE, RONCHI, SAGLIA e SCALIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 2000, n. 441, è stato emanato il regolamento recante norme di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali;
in base a quanto disposto da detto regolamento, risulta che:
a) il segretariato generale costituisce centro di responsabilità amministrativa, ai sensi dell'articolo 3 del Decreto Legislativo 7 agosto 1997, n. 279. Ad esso afferiscono le Soprintendenze regionali (articolo 1, comma 4);
b) le Direzioni generali costituiscono centri di responsabilità amministrativa, ai sensi dell'articolo 3 del Decreto Legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e a ciascuno di essi afferiscono le Soprintendenze di settore, fatto salvo quanto previsto per le Soprintendenze e le gestioni autonome (articolo 2, comma 2);
c) la Direzione generale per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico impartisce direttive ai Soprintendenti di settore nelle materie ad essi attribuite e delegate (articolo 3, comma 2);
dalla lettura, quindi, del regolamento di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali, si ricava, secondo l'interrogante, che le Soprintendenze regionali per i beni e le attività culturali, afferendo al Segretariato generale, non dipendono gerarchicamente dalla Direzione generale per i beni architettonici e il paesaggio;
il Direttore generale per i beni architettonici e il paesaggio, Architetto Roberto Checchi, con nota inviata al Segretario Generale, professor Carmelo Rocca, il 23 settembre 2003, protocollo n. 31337 - posto che, a fronte dell'avvio del procedimento di dichiarazione di interesse storico-architettonico disposto dalla Soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali dell'Emilia-Romagna (nota del 21/7/2003, prot. n. 6525) per i depositi di clinker (segnati al catasto del Comune di Piacenza al foglio n. 71, particella n. 131 parte) facenti parte dell'ex opificio Unicem di Piacenza, risultava presentato dal Comune di Piacenza ricorso gerarchico - suggeriva «l'opportunità di una sovraordinata verifica tecnica» al fine di porre «particolare riferimento al ricorso su citato», di individuare con esattezza «l'eventuale interesse monumentale


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dell'area» e di «corrispondere alla richiesta di approfondimento presentata in sede parlamentare»;
con nota del 29 settembre 2003, protocollo n. 54337, il Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali disponeva i richiesti (dal Direttore Generale del Ministero) accertamenti ispettivi, all'uopo incaricando l'architetto Stefano Rezzi. Quest'ultimo assolveva l'incarico effettuando un sopralluogo sull'area in questione il 7 ottobre 2003 e predisponendo una relazione - trasmessa al Gabinetto del Ministro con nota protocollo n. 3102 del 15 ottobre 2003 (in evasione della nota prot. n. 8787 del 3 ottobre 2003), all'Ufficio Legislativo e alla Direzione Generale per i Beni Architettonici e il Paesaggio - dalla quale risultava opportuno e necessario sottoporre la questione in argomento all'esame e al parere del competente Comitato di Settore;
la sopra richiamata relazione veniva inviata «per opportuna conoscenza e per gli effetti della Direttiva 2/7/2002 ("Direttiva sull'attività di ispezione" della Presidenza del Consiglio dei Ministri Gazzetta Ufficiale 31/7/2002, n. 278)» anche al Soprintendente regionale per i beni e le attività culturali dell'Emilia-Romagna (nota prot. 61128 del 31 ottobre 2003);
l'evocata Direttiva, ad un'attenta lettura, secondo l'interrogante induce a concludere che gli accertamenti ispettivi disposti hanno violato le prescrizioni dalla stessa dettate, atteso che la citata relazione dell'architetto Rezzi si esaurisce in un'attività di sindacato sui contenuti del provvedimento con il quale il Soprintendente regionale aveva avviato la procedura di vincolo. All'incaricato, infatti - come risulta dalle linee guida proposte con la Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 luglio 2002 afferente le attività d'ispezione - è permesso «di avanzare proposte adatte a risolvere le inefficienze che incontra» (lettera A); inoltre, la professionalità dell'ispettore si traduce, fondamentalmente «nella capacità di prestare ascolto, di dialogare e di sapere convincere chi lavora nella struttura ispezionata, per evitare il ripetersi degli errori riscontrati e migliorare la qualità delle prestazioni» (lettera B); infine, risulta che «l'obiettivo da conseguire è sempre quello di generare nell'interlocutore tutta la collaborazione necessaria per analizzare le ragioni che hanno causato un determinato disservizio» (lettera E, ultimo capoverso). Pare evidente che la proposta - in seguito, come si vedrà, accolta - di sottoporre la questione che qui interessa al Comitato di Settore attesta l'avvenuto travisamento delle disposizioni in materia di attività d'ispezione atteso che, come logica e diritto vogliono, quest'ultima non può certo riguardare i contenuti dei singoli provvedimenti assunti (il che costituirebbe attività contra legem) ma - invece e per contro - il funzionamento dell'ufficio da ispezionare, di cui il preposto all'ispezione deve conoscere «l'organizzazione, i nominativi dei funzionari responsabili, le caratteristiche della gestione e dei servizi erogati, ...» (lettera C della più volte richiamata Direttiva sull'attività di ispezione);
i motivi per i quali il Segretario generale, cui compete l'attività di vigilanza sull'efficienza e il rendimento degli uffici (ex articolo 1, comma 1, del Decreto Presidente della Repubblica n. 441/2000), abbia disposto - ad avviso dell'interrogante senza averne i poteri - accertamenti ispettivi su di un provvedimento, per di più in fase di avvio, di dichiarazione di interesse storico-architettonico relativa ad una porzione d'area del tutto modesta (meno di 1.000 metri quadrati, a fronte degli oltre 190.000 disponibili) posta all'interno dell'ex opificio Unicem in Piacenza, anziché - come nei suoi poteri - sul funzionamento dell'Ufficio in questione, giuste le disposizioni di cui alla Direttiva di cui sopra;
i motivi per i quali, nonostante la nota di attuazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali annunciata il 22 luglio 2003 - nota con la quale lo stesso Ministero dava conto del sopralluogo, disposto dalla Soprintendenza regionale, sull'intera area dell'opificio ex Unicem e dal


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quale emergeva che la stessa Soprintendenza riteneva meritevole di tutela una parte di area (circa 900 mq) destinata a deposito di clinker - il Direttore Generale del Ministero abbia suggerito al Segretario generale dello stesso l'opportunità di una sovraordinata verifica, anche al fine di «corrispondere adeguatamente alla richiesta di approfondimento in sede parlamentare», atteso che, con nota protocollo n. 7439 del 7 agosto 2003, il Capo di Gabinetto del Ministero per i Beni e le attività culturali aveva inviato al Servizio per il controllo parlamentare della Camera copia della relazione resa in data 21 luglio 2003, prot. n. 6493, dalla Soprintendenza regionale per i Beni e le Attività culturali dell'Emilia-Romagna, con la quale il Governo assolveva l'impegno assunto in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01795;
i motivi per i quali, a fronte del ricorso gerarchico presentato dal Comune di Piacenza avverso la comunicazione di avvio del procedimento di vincolo per la parte di area che qui interessa, il Direttore generale del Ministero per i Beni e le Attività culturali abbia ritenuto di sollecitare (nota prot. n. 31337 del 23 settembre 2003), una visita ispettiva che ponesse «particolare riferimento al ricorso su citato» e ciò «a prescindere da ogni considerazione circa la sua proponibilità». Pare evidente, infatti, che proprio perché in presenza di un ricorso gerarchico fosse preciso dovere del Direttore generale verificarne la proponibilità, conditio sine qua non è possibile valutarne l'accoglimento o la reiezione, quest'ultima anche attraverso l'omesso pronunciamento;
i motivi per i quali il Direttore generale del Ministero per i Beni e le Attività culturali, nel sottoporre al parere del Comitato di Settore la questione oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, abbia richiamato il ricorso gerarchico presentato dal Comune di Piacenza, senza essersi pronunciato, come suo preciso dovere, sulla proponibilità dello stesso e senza avere assunto le dovute e conseguenti decisioni;
la relazione resa dall'Architetto Stefano Rezzi, così conclude al punto 5: «L'accolto mantenimento della Palazzina Uffici e dei viali alberati può essere elemento sufficiente per conservare la memoria storica del luogo». L'affermazione, tuttavia, non corrisponde alla verità dei fatti, essendo - così come risulta in modo chiaro dalle tavole allegate alla delibera del Consiglio comunale di Piacenza n. 132 del 19 luglio 2003, delibera con la quale veniva approvato il Piano Particolareggiato di Iniziativa Privata relativo all'area di trasformazione AID 24 (ex Unicem) - la conservazione della fascia alberata (esistente a margine dell'area verso via Farnesiana e destinata inizialmente a verde pubblico, nota anche come «Parco dei Tigli») interessata e, senza dubbio, oltremodo ridotta dalla prevista edificazione del comparto R 17 (3 edifici di 3-4 piani, a destinazione residenziale e aventi superficie utile complessiva pari a 5.150 metri quadrati), oltre che dalla realizzazione di un asilo e di un parcheggio pubblico -:
se siano stati trasmessi al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per la decisione di competenza, gli esiti delle analisi volte a rilevare la presenza di emergenze architettoniche, analisi promosse dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio dell'Emilia-Romagna, secondo quanto risulta dal verbale della Conferenza dei Servizi tenutasi l'8 maggio 2003 presso il Comune di Piacenza ed afferente la questione che qui interessa.
(5-02828)

ROSATO, COLASIO e DAMIANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il castello di Miramare, sito a Trieste, ed il suo parco sono statisticamente la meta turistica che attira più visitatori nell'area triestina. Il castello nella classifica ministeriale si colloca nel 2002 al ventunesimo posto, per numero di visitatori, tra i principali siti culturali italiani. Gli ultimi dati disponibili testimoniano che il castello nel 2002 ha avuto oltre 250


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visitatori paganti e il parco oltre 2.400.000 visite. Negli ultimi anni, poi, alcune grandi mostre, pur soffrendo oggi di un momento di stasi, ospitate nello spazio espositivo ricavato dalle scuderie del castello hanno, ulteriormente, invogliato i turisti a visitare il complesso;
il parco e l'area delle scuderie presentano, attualmente, molti punti di grave degrado e di incuria veramente preoccupanti che non costituiscono certo un bel biglietto da visita, che mal si sposano con la vocazione turistica della città e che dovrebbero essere quindi oggetto di radicali e urgenti interventi di ripristino e di risanamento per non far scadere il livello qualitativo del complesso e per contenere - per quanto possibile - i costi degli interventi stessi;
la soprintendenza ai beni culturali e ambientali del Friuli-Venezia Giulia non ha tra le risorse assegnate fondi sufficienti per programmare gli interventi necessari;
se alle problematiche sopra evidenziate non verrà posto rimedio in tempi brevi, è evidente che la situazione è destinata a peggiorare in modo esponenziale -:
se intenda intervenire urgentemente provvedendo allo stanziamento delle risorse finanziarie necessarie ai fini del risanamento di questa struttura di rilevantissimo livello storico, architettonico ed ambientale oltre che dal grande valore turistico.
(5-02833)

Interrogazione a risposta scritta:

MINNITI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 12 giugno 2002 la Giunta regionale della Calabria ha stanziato la somma di 516.000 euro per la duplicazione dei Bronzi di Riace;
tale decisione ha provocato un'unanime reazione di contrarietà nella città di Reggio Calabria e nel mondo della cultura italiana perché è evidente che la natura prettamente commerciale dell' operazione di duplicazione comprometterebbe il valore artistico dell'opera originale e comporterebbe gravi danni per lo sviluppo turistico della Calabria;
non risultano precedenti di duplicazione di capolavori se non per scopi di tutela e salvaguardia e non certo per finalità di natura commerciale;
si sono pronunciati contro tutte le autonomie locali della provincia di Reggio Calabria e in varie forme l'intera cittadinanza che si è anche espressa con un referendum consultivo, il cui risultato in modo pressoché plebiscitario ha bocciato il provvedimento;
il TAR con propria sentenza si è pronunciato contro la legittimità della delibera in questione -:
quali sono le ragioni che hanno indotto il Ministro dei Beni culturali, malgrado la unanime contrarietà della comunità scientifica e culturale, quella dei cittadini calabresi e reggini e delle autonomie locali, a presentare ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR;
se non intenda rendere note le informazioni di cui il Ministero dispone in merito al progetto di duplicazione anche con riferimento alla società che gestirà l'operazione.
(4-08769)