Allegato B
Seduta n. 417 del 3/2/2004


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ATTIVITĄ PRODUTTIVE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle attività produttive - per sapere - premesso che:
in una Provincia in cui su 242.549 residenti circa 46.000 sono anziani e il 43 per cento della popolazione è titolare di pensione (il più alto rapporto del nord est Italia secondo dati Istat relativi al 2001), desta preoccupazione l'impennata degli ultimi tre anni del ricorso alla Cassa integrazione Guadagni Ordinaria, già denunciato nell'ultima assemblea dell'Associazione Industriali di Trieste. Gli ultimi dati dicono che si è passati dalle 171.117 ore del 2001, alle 414.355 ore del 2002, alle 499.540 ore del 2003. La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria è balzata dalle 44.146 ore del 2001, alle 99.589 ore del 2002, alle 168.528 ore del 2003;
i punti di crisi del comparto industriale a Trieste sono numerosi, in un contesto dove la percentuale di incidenza dell'industria è solo del 16,8 per cento;
la crisi più grave di carattere industriale riguarda la Ferriera di Servola, del gruppo Lucchini, su cui in data 6 novembre 2003, l'interpellante ha già presentato un'interrogazione all'onorevole Ministro Marzano richiedendo un intervento e dove oggi la situazione rimane della stessa gravità. Inoltre, alle preoccupazioni già esposte, si sommano quelle relative agli impegni derivanti dalla nomina a commissario del gruppo Parmalat del dottor Bondi, che riveste anche l'incarico di amministratore delegato della Lucchini (su indicazione delle banche creditrici) e che ben aveva iniziato un percorso di impegno aziendale sui temi ambientali e occupazionali;
la crisi della Ferriera di Servola incide anche su un considerevole indotto (250 dipendenti) e, in maniera diretta, sulla capacità produttiva della Sertubi (280 dipendenti), azienda del gruppo Duferco, e del suo indotto (es: Linde Gas 20


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dipendenti) tutte realtà della filiera produttiva di Servola spa;
numerose sono le altre situazioni di crisi, chiusure o ridimensionamenti in atto, puntualmente segnalate dalle organizzazioni sindacali:
a) la Cartiera Burgo dove una delle tre linee produttive è ferma e l'azienda ha avviato la CIG Straordinaria per tutto il 2004, anticipando che potrà riguardare fino a 500 dipendenti;
b) il gruppo Olcese che da fine ottobre non paga più i lavoratori, neanche le indennità di cassa integrazione, a motivo della gravissima crisi finanziaria;
c) la Mac, ex Veneziani, che ha cessato l'attività al 31 dicembre del 2003, licenziando negli ultimi mesi i rimanenti 27 dipendenti;
d) la Dai Telecom, ultimo pezzo della Telit, l'unica impresa italiana che realizza telefonini, oggi affronta una difficilissima crisi, con oltre 100 dipendenti da tempo in cassa integrazione;
e) la Meloni HI, che ha acquisito il reparto di carpenteria della Wartila Italia e che per mancanza di commesse, ha posto in cassa integrazione tutti i dipendenti;
f) numerose altre imprese che negli ultimi mesi hanno avviato procedure di crisi o sono state chiuse o decentrate, in un contesto generale che non presenta quindi segnali di inversione di tendenza;
l'ingresso nell'Unione Europea della vicina Slovenia, fatto positivo e dagli interpellanti sempre auspicato, si accompagna comunque con il forte rischio di delocalizzazione delle nostre imprese, in aree di maggiore intensità di contributi europei e che comunque offrono garanzie di stabilità e di buoni servizi agli imprenditori, oltre che costi oggettivamente più bassi;
accanto alla crisi congiunturale che ha caratteristiche nazionali ed internazionali e alla complessa applicazione dei parametri di Basilea 2 - che pesano in particolare sulle imprese medio piccole oggi c'è una rigida politica delle banche, frutto anche degli errori di «valutazione» che le stesse hanno commesso sul gruppo Parmalat e che oggi si ripercuotono sulle piccole e medie imprese, anche aldilà delle valutazioni di merito;
a caratterizzare la situazione locale ci sono inoltre una serie di fattori legati alla struttura socio economica e territoriale di Trieste concernenti:
a) la saturazione degli spazi insediativi nella provincia, provocata in particolare dalle problematiche ambientali collegate con l'approssimativa perimetrazione dei siti inquinati effettuate dal Ministero dell'Ambiente;
b) fattori «strumentali» che indicano le difficoltà di una miglior definizione del rapporto tra industria e ricerca, non facilitati dalla recente legge finanziaria nazionale che esclude le agevolazioni della cosiddetta «tecnotremonti» per l'Ente Zona Industriale, per i parchi di ricerca scientifica, e gli incubatori di imprese che caratterizzano il nostro territorio;
c) elementi infrastrutturali, che riguardano anche scelte importanti di competenza governativa o comunitaria, con riferimento alla funzionalità del sistema trasportistico in generale ed in particolare di quello ferroviario - che negli anni ha penalizzato la nostra Regione - al sistema portuale, unico porto in Italia ad aver registrato una generosa diminuzione dei traffici, contenitori -39,29 per cento rinfuse solide -5,32 per cento, rinfuse liquide -4,42 per cento;
d) fattori «esogeni», afferenti a ristrutturazioni di gruppi industriali che coinvolgono le sedi triestine, frutto anche della forte presenza di società a partecipazione statale nell'economia locale e che ormai sono state in molti casi privatizzate;
la Regione Friuli-Venezia Giulia in questi mesi ha attivato una serie di interventi finanziari e legislativi tesi a sostenere


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il comparto economico ed in particolare quello industriale, avviando una procedura di concertazione con le parti sociali che porti alla definizione di un piano a medio lungo termine di rilancio economico -:
se intenda convocare un tavolo di concertazione sulla crisi industriale che coinvolge il territorio della Provincia di Trieste, per prospettare le azioni di competenza governativa che intende attuare, coinvolgendo Regione, enti locali e parti sociali.
(2-01060)
«Rosato, Boccia, Damiani, Maran».

Interrogazioni a risposta immediata:

ALFONSO GIANNI, BERTINOTTI, GIORDANO, MASCIA, RUSSO SPENA, DEIANA, VENDOLA, VALPIANA, PISAPIA, TITTI DE SIMONE e MANTOVANI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
oltre 900 posti di lavoro sono a rischio in seguito alla decisione del gruppo tedesco Thyssen Krupp di abbandonare il proprio impegno produttivo attualmente situato nello stabilimento di Terni;
tale decisione avviene malgrado che venga prodotto un materiale, l'acciaio magnetico, altamente competitivo per qualità e costi;
la chiusura del settore magnetico può configurarsi come un primo passo verso una progressiva chiusura degli stabilimenti e la localizzazione della produzione in altre zone del mondo, ove si conta di ottenere un costo del lavoro assai più basso;
la produzione dell'acciaio magnetico riveste un'importanza decisiva per l'economia del nostro Paese, visto che ne siamo i maggiori esportatori in Europa;
già dieci anni fa il sito ternano, punto di eccellenza europeo nella produzione degli acciai speciali, è stato svenduto ai tedeschi della Krupp affiancati da una cordata di imprenditori italiani, che, però, ha realizzato una semplice speculazione finanziaria, rivendendo lautamente le proprie quote alla multinazionale tedesca;
le garanzie che le relazioni industriali sarebbero state adeguate e che i centri decisionali non si sarebbero allontanati dal nostro Paese sono state quindi vanificate;
già le scelte adottate 18 mesi fa dalla Thyssen Krupp di separare la produzione dell'acciaio magnetico da quello inossidabile potevano fare presagire un disimpegno della medesima dagli stabilimenti ternani;
la condizione industriale generale del nostro Paese è già in una fase di grave declino, rispetto al quale la perdita eventuale della produzione e degli stabilimenti di Terni assesterebbe un altro colpo micidiale;
di fronte a tutto ciò la protesta operaia e delle organizzazioni sindacali, attuata anche con originali e intense forme di lotta, avviene giustamente in un contesto di piena solidarietà della cittadinanza e delle istituzioni al loro massimo vertice regionale, cui si è aggiunta la parola del Papa e il fattivo intervento del monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Narni, Terni ed Amelia -:
cosa intenda urgentemente fare, anche sulla scorta degli errori del passato, per difendere la continuità di una produzione di assoluta eccellenza, gli insediamenti industriali e l'occupazione dei lavoratori, nonché la dignità e la storia di una città da 120 anni all'avanguardia nella produzione dell'acciaio.
(3-03009)

MAZZONI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la legge 9 gennaio 1991, n. 10, all'articolo 5, comma 2, prevede l'adozione da parte di ciascuna regione, entro il termine di 180 giorni dall'entrata in vigore della


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stessa, di un piano energetico che individui, tra le altre cose, la collocazione dei bacini energetici sul territorio;
il decreto legislativo n. 112 del 1998, all'articolo 30, comma l, delega alle regioni le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative alle fonti rinnovabili;
ad oggi, la regione Campania non ha ancora adottato un piano energetico regionale, così come previsto dalla legge n. 10 del 1991 sopra citata;
con delibera della giunta regionale del 15 novembre 2001, n. 6148, la regione Campania ha approvato, nelle more dell'adozione del piano energetico regionale, «Procedure ed indirizzi per la installazione di impianti eolici sul territorio della regione Campania», prevedendo, all'articolo 2, comma 2, che «gli interventi proposti (di installazione di impianti) e quelli già realizzati sul territorio devono rispettare i vincoli di cui al successivo comma 3 (vincoli procedurali e di tutela paesaggistica)»;
tra il 1998, anno di delega delle funzioni in materia di energia eolica alle regioni, ed il 2001, anno di adozione da parte della regione Campania della delibera citata, varie zone della regione sono state fatte oggetto di installazione selvaggia di impianti, nella completa assenza di qualsiasi regolamentazione;
tali impianti, chiaramente al di fuori di qualsiasi parametro di tutela del paesaggio e della sicurezza e salute degli abitanti, tuttora producono i loro effetti negativi, danneggiando la popolazione a causa di un elevato inquinamento acustico, oltre che visivo -:
se non intenda adottare iniziative normative volte a disciplinare, in via generale, le modalità per la messa a norma degli impianti di energia eolica installati in assenza di una pianificazione regionale.
(3-03010)

Interrogazione a risposta orale:

DELMASTRO DELLE VEDOVE, RICCIUTI e ROMELE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
un gran numero di artigiani e di piccole imprese torinesi che hanno costituito l'indotto di Olivetti stanno vivendo una condizione di straordinaria e comprensibile preoccupazione, nata verso la metà del mese di dicembre 2003;
la procedura fallimentare della fallita società OP computer, infatti, ha avviato le azioni revocatorie nei confronti delle ditte che hanno incassato i loro crediti durante il cosiddetto «periodo sospetto»;
il valore complessivo delle domande revocatorie ammonta a circa 220 milioni di euro;
è evidente che la procedura si sta muovendo, sotto il controllo del giudice delegato del Tribunale di Ivrea, nel pieno rispetto della normativa vigente e nel superiore interesse della massa dei creditori;
tuttavia è di evidenza solare come le domande revocatorie rischino di creare un gravissimo problema nel tessuto produttivo del Canavese, che ha già subito i pesanti contraccolpi della crisi industriale e dello stesso fallimento di OP computer;
non è obiettivamente semplice coniugare la necessità di applicare la legge fallimentare con la necessità, altrettanto stringente, di salvare l'apparato produttivo dell'Eporediese -:
se non ritenga di dover assumere opportune iniziative in favore delle imprese coinvolte nella vicenda in difetto delle quali è inevitabile ricreare una nuova pesante crisi per la città di Ivrea e per tutta la zona industriale circostante.
(3-03018)