Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 407 del 15/1/2004
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(Misure a tutela dei risparmiatori italiani che hanno investito in bond argentini - n. 2-01024)

PRESIDENTE. L'onorevole Vianello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01024 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, vorrei fornire qualche rapidissima cifra. Come è noto, quasi 500 mila risparmiatori italiani si trovano ad essere - uso un termine un po' pesante, ma così ci comprendiamo - truffati nella vicenda dei bond argentini. Si tratta di quasi 14 miliardi di euro di risparmio italiano che, al momento - almeno da ciò che si sa; questo peraltro è il motivo dell'interpellanza -, non hanno grandi possibilità di rientro. Come conseguenza della situazione della cifra, è noto che l'ABI (Associazione bancaria italiana) ha costituito una propria task force, chiamata in modo eufemistico task force argentina, per trattare direttamente - e parliamo dell'ABI: questo è un aspetto su cui vorremmo discutere - con il Governo argentino la restituzione di questi fondi. Penso non si tratti di un atto di gentilezza da parte dell'ABI, dal momento che i bond argentini non si trovano nelle edicole, ma vengano venduti dagli istituti bancari. Se i cittadini italiani hanno comprato i bond, è evidente che qualche operatore bancario li avrà consigliati in tal senso, ma quei titoli si sono rivelati, come è apparso assolutamente evidente, non un grande investimento dal punto di vista della sicurezza per il risparmiatore.
Solo nella mia regione, il Veneto, ci sono 30 mila risparmiatori che hanno comprato bond argentini e che oggi si trovano esposti alla situazione che conosciamo. Naturalmente, non si tratta di ipermiliardari, ma si tratta anche di gente assolutamente comune che, in un momento in cui i buoni del tesoro italiani sono venuti meno nei loro rendimenti, si sono rivolti ai mercati più svariati per poter cercare di ottenere rendimenti alti. Si sa che nell'interlocuzione fra l'ABI, la task force argentina e il Governo argentino le risposte fornite sono state fino ad ora insoddisfacenti, se non addirittura offensive. Infatti, se le notizie diffuse non riportano male i fatti, il ministro delle finanze argentino spiega che le banche sono in grado di restituire il 75 per cento


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del valore nominale dei bond con scadenze fino a 40 anni: quindi, nei fatti non restituiranno mai questi soldi.
Ciò che vorrei conoscere è in quale maniera il Governo italiano intenda intervenire nella vicenda: non ritengo che l'ABI possa muoversi da sola senza alcuna concertazione con il Governo italiano. D'altronde, come è noto, i rapporti fra i due paesi esistono e penso che il Governo italiano - dico ciò non in senso polemico -, anche alla luce della vicenda Parmalat, in questo momento debba prestare grande attenzione ai milioni di risparmiatori italiani che attualmente non soltanto perdono soldi, ma potrebbero - se già non l'hanno persa - aumentare la loro dote di sfiducia nei confronti delle nostre istituzioni, non solo creditizie, ma anche politiche; del resto, alla fine, la gente non fa distinzioni quando vede persi i risparmi di una vita.
Ascolterò la risposta del sottosegretario, ma insisto nel chiedere che l'intervento sul Governo argentino sia assolutamente pressante in quanto è necessario dare una risposta certa ai nostri concittadini.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Armosino, ha facoltà di rispondere.

MARIA TERESA ARMOSINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'onorevole Vianello ha dettagliatamente illustrato i termini della vicenda relativa ai bond argentini e alla situazione in atto esistente. Il Governo ha già avuto modo di precisare, in occasioni di precedenti analoghi atti di sindacato ispettivo su questo problema - e intende ribadirlo ancora oggi -, di voler continuare a svolgere un'azione di sostegno delle posizioni assunte dai rappresentanti dei risparmiatori, sia direttamente nei confronti del Governo argentino, sia indirettamente nelle sedi internazionali e multilaterali competenti.
Per quanto riguarda il sistema bancario, la Banca d'Italia ha comunicato che, in seguito alla dichiarazione di moratoria sul debito annunciata dalla Repubblica argentina il 23 dicembre 2001, le banche italiane si sono adoperate per tutelare i propri clienti e l'investimento effettuato in titoli di emittenti argentini governativi e privati. In questo contesto - come è già stato anticipato -, è stato costituito un gruppo di lavoro interbancario che ha stimato il numero e l'esposizione degli investitori retail in circa 350 mila clienti, con un controvalore di titoli posseduti per circa 14 miliardi di euro.
Per la rappresentanza degli interessi degli investitori in titoli argentini nell'ambito del negoziato per la ristrutturazione del debito con le autorità e con altri emittenti privati, il 18 settembre 2002 otto banche italiane hanno costituito l'Associazione per la tutela degli investitori in titoli argentini, alla quale possono partecipare banche ed intermediari italiani i cui clienti abbiano investito in titoli di emittenti argentini. A questa associazione hanno aderito 471 istituti di credito, con quote di mercato equivalenti ad oltre il 98 per cento del sistema bancario italiano.
Il meccanismo che consente alla task force argentina di rappresentare gli investitori si basa sul rilascio di deleghe. Ad oggi, le 471 banche italiane che hanno aderito all'associazione suddetta hanno trasmesso informazioni su circa 430 mila deleghe raccolte, per un valore nominale di titoli di circa 13 miliardi di euro (di cui, 12,3 miliardi riguardano i titoli di emittenti pubblici). Sulla base delle procure ottenute, l'organismo di rappresentanza partecipa ai negoziati con la Repubblica argentina e con gli altri emittenti argentini.
In particolare, con riguardo ai negoziati con la Repubblica argentina, la TFA ha partecipato all'assemblea annuale del Fondo monetario internazionale svoltasi a Dubai tra il 22 e il 24 settembre 2003, nel corso della quale sono stati resi noti i termini dell'accordo tra il Fondo monetario internazionale e la Repubblica argentina per la ristrutturazione dei prestiti degli enti sovranazionali (mi riferisco alla World Bank, al Fondo monetario internazionale e alla Inter-American Development


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Bank). Tale accordo prevede che l'Argentina destini una quota non inferiore al 3 per cento del surplus primario al pagamento dei propri debiti, in particolare quello nei confronti degli organismi internazionali citati (WB, FMI, IADB). In tale occasione, il ministro argentino dell'economia ha annunciato le linee guida del piano per la ristrutturazione del debito verso i bondholders privati, piano che prevede una perdita in conto capitale per gli investitori pari al 75 per cento del valore nominale.
Sia nel corso del meeting di Dubai che nel corso di un incontro con il segretario delle finanze argentino con delega per la ristrutturazione del debito, svoltosi il 22 ottobre a Roma, la TFA ha dichiarato l'inaccettabilità della proposta presentata e, in considerazione della situazione illustrata, sta esaminando soluzioni percorribili alternative alla negoziazione, quali la verifica delle reali possibilità economiche del paese e, in particolare, l'entità del surplus primario effettivamente destinabile al servizio del debito, nonché la possibilità di esperire azioni presso i tribunali competenti.
Questo è lo stato dell'arte, con specifico riferimento alle problematiche dei bond argentini. È chiaro che si è di fronte - ma credo che tutti ne siamo consapevoli - ad un processo di maturazione, di definizione e scrittura di regole che consentano maggiore capacità di penetrazione e di controllo, a fronte di attività che obiettivamente hanno interessato i risparmiatori e il sistema delle banche, di fronte ai quali, altrettanto obiettivamente, bisogna constatare che qualcosa è mancato nel nostro ordinamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Vianello ha facoltà di replicare.

MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, soltanto poche rapidissime battute. Il punto che vorrei sottolineare - peraltro lo diceva anche il sottosegretario nella sua risposta - è come la TFA stia pensando seriamente ad una strada alternativa a quella della negoziazione perché è chiaro che, di fronte alle risposte del ministro delle finanze argentino, la strada della negoziazione sembra assolutamente impraticabile: il 75 per cento di perdita sul capitale reale e la restituzione in quarant'anni, francamente, è una presa in giro per i risparmiatori!
La questione che pongo al Governo - e che, mi consenta, non ha trovato nella risposta del sottosegretario - è se il Governo italiano intenda sostenere attivamente o meno le richieste dei risparmiatori attraverso le strade proprie di un esecutivo, perché non possiamo pensare si tratti soltanto di una interlocuzione privata tra il sistema bancario italiano e il Governo argentino.
Qui c'è bisogno, probabilmente, di un intervento molto più forte, nelle sedi adeguate (non si tratta del mio mestiere, ed io non saprei quali siano, tuttavia i rappresentanti del Governo lo sapranno sicuramente), nei confronti del Governo argentino.
Si può dire al risparmiatore che sapeva che si trattava di titoli ad alto rischio, e che quindi sono problemi suoi; tuttavia, come è noto, quando un risparmiatore si reca in banca, si fida dell'operatore bancario. Ho fatto quel mestiere e posso dirvi che è un po' complicato spiegare al cliente, quando si effettua questo tipo di investimenti, come funzionano e gli alti livelli di rischio per il risparmio.
Pertanto, signor sottosegretario, insisto affinché vi sia un intervento più forte e pressante da parte del Governo italiano nei confronti del Governo argentino; vorrei, inoltre, che la task force sia non solo quella dell'ABI, ma una task force «italiana» sotto tutti i punti di vista.

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