La Camera,
premesso che:
tra il luglio 2001 e l'agosto 2003 l'indice dei prezzi al consumo è cresciuto ad un ritmo medio annuo del 2,6-2,7 per cento, a fronte di un tasso di crescita nei Paesi dell'area dell'euro che si situa intorno al 2,2 per cento;
lo scostamento tra il tasso di inflazione in Italia e quello medio dell'area dell'euro si va ampliando, come dimostra l'andamento del primo semestre 2003, con l'Italia che si porta stabilmente al 2,7 per cento e segnatamente dal mese di marzo 2003 in poi si assiste ad un'ulteriore preoccupante divaricazione tra l'inflazione italiana, tendenzialmente in aumento, e quella media europea, che evidenzia segni di rallentamento;
la crescita dell'inflazione convive nel nostro Paese con un andamento dell'economia che ormai è di stagnazione-recessione, con la riduzione nel secondo trimestre 2003 del prodotto interno lordo dello 0,1 per cento, che segue quella già registrata nel primo trimestre; tale fenomeno non può non generare grande preoccupazione, in quanto la crescita dell'inflazione si associa ad una condizione di riduzione della domanda e di riduzione del potere d'acquisto, in particolare dei lavoratori dipendenti e dei pensionati;
il confronto sull'andamento dell'inflazione italiana con l'inflazione dei Paesi che in Europa hanno un andamento di stagnazione o recessione del prodotto interno lordo pone in evidenza un dato clamoroso: la Germania, che ha una crescita negativa del prodotto interno lordo come l'Italia, registra, però, un tasso di inflazione dell'1,1-1,2 per cento;
pertanto, l'Italia associa le peggiori performance del prodotto interno lordo con il più significativo tasso di crescita dell'inflazione, con danni evidenti per la competitività del Paese;
l'andamento nel mese di agosto 2003, mese in genere assai «freddo» ai fini inflazionistici, segna, invece, quest'anno una stabile tendenza al rialzo, associato alle previsioni di gran parte degli operatori economici di un significativo incremento dei prezzi in autunno, dovuto anche al particolare andamento climatico stagionale, al prezzo del petrolio ed alla lievitazione dei prezzi di libri e articoli scolastici;
a questo andamento del tasso di inflazione si contrappone un'evoluzione dei livelli retributivi cresciuti in media annua ed in termini contrattuali solo dell'1,7 per cento tra il luglio del 2001 e il giugno del 2003;
di conseguenza, sono sempre più evidenti i disagi di fasce ampie della popolazione, il cui tenore di vita è stato negli ultimi due anni significativamente ridotto;
i disagi hanno colpito, principalmente, le fasce più deboli della popolazione (come dimostrano i frequenti dati sui crescenti livelli assoluti di povertà), i cui livelli di consumo e la cui composizione dei consumi tendono ad essere non sempre adeguatamente rappresentati dagli indici generali del costo della vita;
gravi appaiono le responsabilità del Governo, che non ha efficacemente e sufficientemente vigilato contro i fenomeni speculativi in occasione dell'introduzione dell'euro, non informando con continuità i cittadini sull'evoluzione dei prezzi;
il Governo ha, inoltre, contribuito attivamente alle tendenze citate del tasso di inflazione con una politica incompetente ed inefficace sul fronte tariffario;
ad attivare un tavolo di concertazione con le forze imprenditoriali, sindacali e le associazioni di consumatori per un attento monitoraggio sull'andamento dei prezzi, con particolare riferimento, in questa fase, a quelli dei prodotti scolastici, della benzina, dei ristoranti e dei pubblici esercizi;
ad attivare una specifica iniziativa del Ministro delle politiche agricole e forestali, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali di settore e i consumatori, al fine di ottenere piena trasparenza nella formazione dei prezzi dei prodotti agricoli, dandone piena informazione alla pubblica opinione;
a predisporre un quadro organico dei previsti interventi tariffari d'autunno, sia a livello nazionale sia, attraverso il confronto con la conferenza unificata, a livello regionale e locale, e a promuovere su tale quadro il pieno coinvolgimento del Parlamento;
ad accelerare i processi di liberalizzazione, da due anni completamente bloccati, in particolare nel settore energetico, e a stimolare azioni di liberalizzazione nel settore dei servizi;
a promuovere un rafforzamento dell'indagine sui consumi delle famiglie, al fine di pervenire ad una rappresentazione ancora più esauriente degli standard di vita di famiglie con diverse caratteristiche demografiche e socio-economiche, con particolare riferimento alle famiglie in condizioni disagiate residenti in aree diverse del Paese;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a disciplinare le cosiddette «azioni di gruppo», come ripetutamente richiesto dalle associazioni dei consumatori e da importanti settori politici.
(1-00261)
«Violante, Agostini, Nicola Rossi, Innocenti, Bogi, Montecchi, Calzolaio, Magnolfi, Ruzzante, Bersani, Benvenuto, Michele Ventura, Visco, Gambini, Rava, Adduce».
(4 settembre 2003)
La Camera,
premesso che:
il coefficiente di cambio trattato dai Governi dell'Ulivo in occasione della fissazione delle parità tra euro e monete nazionali ha certamente favorito fenomeni speculativi dovuti all'introduzione delle cifre decimali, con evidenti conseguenze sull'inflazione attraverso la tendenza ad utilizzare il sistema degli arrotondamenti;
i prezzi dei servizi regolamentati sotto il diretto controllo del Governo sono cresciuti del 2 per cento, dunque meno dell'inflazione, mentre quelli di pertinenza dei governi locali sono aumentati del 3,9 per cento, come emerge dai rilievi del ministero delle attività produttive;
il Governo controlla, ormai, pochissime tariffe e gli impegni europei impediscono ogni forma di blocco delle tariffe stesse e dei prezzi; nonostante ciò, le tariffe telefoniche sono diminuite, ma nulla si è potuto fare per le tariffe elettriche, il cui aumento è la logica conseguenza della carenza di offerta, dell'eccessivo
costo e dell'incertezza nelle importazioni dall'estero concordate dai precedenti Governi, come del resto è emerso dai recenti black out estivi;
la mancata crescita dell'offerta elettrica, dovuta, tra l'altro, anche ai vincoli ed alle limitazioni introdotte dalla politica della precedente maggioranza, indirizzata ad un miope ambientalismo ideologico, è stata un elemento determinante per l'aumento delle tariffe elettriche;
le modifiche del titolo V della Costituzione introdotte nella precedente legislatura hanno prodotto ritardi ed incomprensioni nell'attribuire le competenze in materia di commercio alle regioni; la mancata liberalizzazione del settore ha reso strutturale un'eccessiva polverizzazione dell'intera filiera, fino alla distribuzione al dettaglio, che ostacola la trasparenza nella formazione dei prezzi dei prodotti;
ad intervenire nelle sedi competenti per sensibilizzare i Governi europei circa l'adozione di una carta moneta del valore di un euro, onde ricondurre nella misura massima possibile la tendenza agli arrotondamenti;
ad evitare che un eventuale anomalo aumento delle tariffe possa provocare un impatto sull'inflazione;
a convocare i rappresentanti delle regioni, le parti sociali e le associazioni rappresentative dei consumatori per verificare i nodi ancora da sciogliere e per superare le difficoltà che hanno portato alla mancata applicazione della riforma del commercio, come premessa per la liberalizzazione del settore;
ad adottare iniziative affinché si provveda attraverso la polizia annonaria a controllare i prezzi al consumo, che variano molto da comune a comune;
ad attivarsi affinché venga adottato, d'intesa con le organizzazioni di categoria, un codice deontologico che permetta di rendere trasparenti i prezzi e la qualità dei prodotti;
a promuovere un rafforzamento dell'indagine sui consumi delle famiglie, al fine di pervenire ad una rappresentazione più esauriente degli standard di vita di famiglie con diverse caratteristiche demografiche e socio-economiche, agendo sulle rilevazioni Istat e sulle loro procedure.
(1-00263)
«Armani, Alberto Giorgetti, Canelli, Lisi, Paolone, Riccio, Garnero Santanché, Antonio Pepe, Fatuzzo, Fiori, Leo, Maggi, Saia, Saglia, Airaghi, Arrighi, Gamba, Mazzocchi, Messa, Raisi».
(18 settembre 2003)
La Camera,
premesso che:
dall'introduzione della moneta unica europea il tasso di inflazione nel nostro Paese ha interrotto e, quindi, invertito il suo processo di discesa, tanto che il costo della vita è cresciuto molto più della media dei Paesi dell'Unione euroepa, con tutto quello che ciò comporta in termini di tenore di vita dei cittadini e perdita di competitività internazionale;
l'elevato tasso di inflazione è, però, solo in parte giustificato dal passaggio dalla lira all'euro, passaggio che ha rappresentato, comunque, l'occasione di rincari ingiustificati, soprattutto nei settori meno esposti alla concorrenza, quali quelli alimentari, degli alberghi e dei ristoranti e per alcune tariffe, tra cui quelle assicurative in particolare;
detti rincari vanno molto al di là di una sorta di fisiologica «sindrome da arrotondamento» dovuta al cambio di moneta, peraltro in parte prevedibile e comunque del tutto sottovalutata dal Governo;
i segnali inflattivi sono sempre più preoccupanti: l'inflazione ad agosto 2003 è
stata confermata al 2,8 per cento, contemporaneamente le vendite al dettaglio (giugno 2003-giugno 2002) sono a più 0,2 per cento, record negativo da due anni a questa parte, toccato solo in un'altra occasione, nel settembre 2002;
la recente indagine della camera di commercio di Milano, non certo vicina alle associazioni dei consumatori, ha fotografato una realtà incontestabile, ossia che l'Italia si trova ai vertici europei delle classifiche dei rincari. In tutti i principali settori l'aumento dell'ultimo anno è stato superiore alla media dei Paesi dell'Unione europea e per molte voci, come tariffe, medicine, ristoranti e trasporti, l'Italia sale ai vertici delle graduatorie;
le tariffe sono aumentate del 4 per cento tra maggio 2002 e maggio 2003, con un preoccupante distacco rispetto ad altri Paesi europei, come il Belgio che ha l'aumento più contenuto (0,3 per cento), la Germania (1,3 per cento), la Francia (2,6 per cento) e la Spagna (2,8 per cento);
uno studio della Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre, che ha rielaborato i dati Istat, ha evidenziato che diminuisce il potere d'acquisto di impiegati e operai, il fattore lavoro vale sempre meno, con la conseguenza che aumenta l'esercito dei lavoratori poveri, e che negli ultimi due anni e mezzo l'inflazione si è mangiata completamente gli aumenti contrattuali di quasi tutte le categorie;
gli ultimi dati Eurostat indicano un'inflazione nel nostro Paese al 2,9 per cento, contro il 2 per cento dell'insieme dei Paesi dell'Unione europea, e le prospettive a breve termine non sono affatto ottimistiche, tanto che si prevede che in autunno, a causa anche del cambiamento climatico in corso e della siccità drammatica di quest'estate, si assisterà molto probabilmente ad un rincaro considerevole dei prodotti alimentari;
è ormai in atto una rincorsa agli aumenti dei prezzi e delle tariffe, le cui conseguenze negative sono note a tutti: diminuzione del potere di acquisto, calo dei consumi, ristagno del sistema economico;
il pericolo ormai concreto è quello di una spirale recessiva pur in presenza di un tasso d'inflazione elevato, tanto che possiamo vantare l'apparentemente paradossale record di avere insieme la crescita più bassa d'Europa contemporaneamente all'inflazione più alta;
un'attenzione particolare deve essere rivolta anche agli incrementi dei prezzi e delle tariffe dei servizi pubblici, al cui aumento hanno anche contribuito i tagli alle risorse e ai trasferimenti apportati dalla legge finanziaria per il 2003 agli enti locali, che si sono, quindi, spesso visti costretti ad aumentare i prezzi di molti servizi pubblici;
secondo una stima sulla perdita del potere di acquisto effettuata da Codacons, Adusbef, Federconsumatori e Adoc, le famiglie italiane hanno perso oltre 2.800 euro in meno di due anni per effetto dell'inflazione e si è registrata la più massiccia speculazione mai realizzata in precedenza;
l'inflazione ha eroso i salari reali e adeguare l'inflazione programmata a quella effettiva significa far recuperare potere d'acquisto ai salari che l'hanno nel frattempo perso, anche a causa dell'eliminazione che il Governo ha compiuto nella compensazione per la perdita fiscale dell'inflazione (fiscal drag);
la pressione del costo della vita peggiora le condizioni delle categorie più deboli ed esposte agli effetti dell'inflazione, quali i lavoratori dipendenti, i pensionati, gli incapienti, il cui potere d'acquisto era già lontano dall'inflazione reale;
un ulteriore problema che si pone ora, conseguente ad un tasso d'inflazione in costante aumento, riguarda il rinnovo dei contratti;
l'Intesa dei consumatori (Adusbef, Codacons, Federconsumatori e Adoc), con l'adesione delle organizzazioni sindacali,
ha indetto per il 16 settembre 2003 una giornata di protesta e di sciopero della spesa, proprio per protestare contro l'impennata dei prezzi in atto, e ha comunicato di voler presentare un ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio contro il dato sull'inflazione di agosto 2003 comunicato ufficialmente dall'Istat e pari al 2,8 per cento, in quanto dato totalmente lontano dalla realtà e dagli acquisti degli italiani;
va ricordato come l'Istituto di statistica svolge una funzione delicatissima proprio per la ricaduta che i dati statistici da esso emanati hanno su stipendi, pensioni e affitti ed è perciò indispensabile, quindi, che le rilevazioni effettuate siano le più fedeli possibili;
risultano necessari indici più raffinati e più mirati che siano in grado di fotografare meglio la realtà, tenendo conto dei bilanci delle famiglie, delle famiglie monoreddito, dei pensionati;
sono molti mesi che l'Istituto di statistica è al centro di forti polemiche proprio per i criteri da esso utilizzati per il calcolo dell'inflazione e nella scelta dei beni che compongono il cosiddetto paniere, dove non hanno adeguato peso voci fondamentali, quali l'assicurazione per la responsabilità civile auto o i servizi bancari;
detti criteri rischiano fortemente di risultare inadatti a rilevare un dato complessivo e complesso come quello del costo della vita, col risultato, come denunciano anche le associazioni dei consumatori e i sindacati, che in realtà i prezzi crescono molto più di quanto certifica l'Istat;
i premi assicurativi delle assicurazioni per la responsabilità civile auto continuano a rimanere eccessivamente alti, pur in presenza di una riduzione degli incidenti stradali di questi mesi, tanto che in un'intervista riportata dal quotidiano «la Repubblica» del 1o settembre 2003, il presidente dell'Isvap, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, affermava testualmente: «le condizioni per abbassare le tariffe della assicurazioni per la responsabilità civile auto ci sono già e un rinvio da parte delle compagnie di assicurazione non sarebbe né auspicabile, né giustificato»;
ad inserire la questione del costo della vita tra le priorità assolute dell'azione del Governo e ad agire immediatamente con un'efficace politica economica in grado di contrastare un'inflazione in continua e pericolosa crescita, che sta mettendo in crisi migliaia di famiglie italiane e sta facendo perdere competitività al nostro Paese;
ad adottare le opportune misure per calmierare prezzi e tariffe, con particolare riguardo alle tariffe delle assicurazioni per la responsabilità civile auto, dei trasporti e delle autostrade;
ad adoperarsi per contrastare efficacemente il «cartello» delle assicurazioni ponendo in essere le condizioni per un abbassamento delle tariffe assicurative;
ad avviare un'indagine approfondita sui consumi delle famiglie, con particolare riguardo a quelle meno abbienti, verificando, altresì, l'affidabilità dell'attuale «paniere» utilizzato dall'Istituto centrale di statistica, e ad interpretare correttamente le dinamiche inflattive in atto nel nostro Paese;
a convocare un apposito tavolo di confronto, in cui, tra gli altri, sindacato e associazioni dei consumatori possano portare le loro proposte;
ad intervenire concretamente per tutelare quelle categorie più penalizzate da un'inflazione in costante crescita, quali i non capienti, i pensionati, le famiglie monoreddito;
a rivedere il tasso di inflazione programmato;
ad adottare le opportune iniziative per adeguare le tariffe al tasso d'inflazione programmato e collegarle alla qualità dei servizi;
ad attivare le opportune iniziative per migliorare la concorrenza e la qualità dei servizi;
ad adottare strumenti efficaci e controlli capillari, al fine di individuare chi nella «catena commerciale» attua aumenti speculativi.
(1-00265)
«Cima, Pecoraro Scanio, Boato, Bulgarelli, Cento Lion, Zanella».
(18 settembre 2003)
La Camera,
premesso che:
in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002, in aula è stato accolto dal Governo come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/1984/30, che impegna il Governo, in considerazione del diverso tenore di vita esistente nel Paese, ad utilizzare criteri correlati al costo della vita nell'applicazione delle misure fiscali, al fine di agevolare le fasce meno abbienti ed introdurre il fattore costo della vita nella determinazione dell'indicatore socio-economico per l'accesso ai servizi sociali agevolati;
tale misura è del tutto inadeguata, in quanto, invece di introdurre il costo della vita come criterio da adottare nell'applicazione delle misure fiscali, il Governo dovrebbe impegnarsi per contenere l'aumento del costo della vita stesso;
l'inflazione programmata, su cui vengono calcolati gli aumenti retributivi dei prossimi rinnovi contrattuali, risulta essere comunque pari a circa la metà di quella statisticamente rilevata, con la conseguenza che, in occasione dei rinnovi contrattuali, i lavoratori non recuperano neppure la medesima inflazione statisticamente rilevata;
la liberalizzazione di molti servizi un tempo pubblici ha provocato una lievitazione dei prezzi e dei costi per i cittadini, abbassando ulteriormente la capacità d'acquisto delle famiglie italiane, il nuovo sistema di «mercato condizionato», reso operativo nel 1996 dal Governo per il monitoraggio dell'andamento dei prezzi basati sul metodo price-cap (che è determinato dal tasso di inflazione programmato, indicato nel documento di programmazione economico-finanziaria e nella relazione previsionale programmatica, al quale si sottrae la percentuale di recupero di produttività che l'autorità competente ritiene possibile ed utile da parte della società e degli enti erogatori dei servizi di pubblica utilità), non ha prodotto gli effetti desiderati;
a quanto sopra evidenziato, si deve aggiungere che in questi ultimi mesi l'Istituto nazionale di statistica ha gettato ombre sulle proprie capacità di effettuare rilevazioni metodologicamente ed operativamente incontestabili ed affidabili, in particolare dell'indice dei prezzi al consumo;
infatti, il 15 luglio 2003 - a distanza di pochi mesi dal clamoroso errore commesso dall'Istat in ordine all'applicazione della riduzione dei prezzi di alcuni farmaci - il gruppo parlamentare del partito di Rifondazione comunista, nel corso di una conferenza stampa, ha invitato lo stesso Istat a riconsiderare il dato sull'inflazione di giugno 2003, che appariva palesemente affetto da un macroscopico errore riguardante la diminuzione dei prezzi delle chiamate effettuate da un telefono domestico;
la sera dello stesso giorno l'Istat ha diffuso una nota per le redazioni economiche in cui si affermava che non era stato commesso alcun errore nel valutare l'impatto delle riduzioni delle tariffe di telefonia fissa sull'indice generale dei prezzi al consumo di giugno 2003, spiegando per sommi capi il meccanismo di calcolo e dichiarando di aver rilevato nel mese di giugno 2003 una diminuzione generalizzata per le comunicazioni verso rete mobile del call setup (o scatto alla risposta) e, differenziato per operatore di destinazione, del prezzo al secondo di conversazione;
il medesimo comunicato veniva inviato al giornale Liberazione e pubblicato dallo stesso il giorno 17 luglio 2003, seguito da una controreplica, in cui si evidenziava che, a differenza di quanto sostenuto dall'Istat, lo scatto alla risposta era aumentato da 7,87 centesimi a 12 centesimi di euro e non diminuito;
il 17 luglio 2003 si teneva presso l'Istat il consiglio d'istituto e in quella sede il presidente dell'Istat informava i consiglieri che erano stati effettuati accurati controlli e che non era emerso alcun errore;
il 24 luglio 2003, nel corso dell'audizione sul documento di programmazione economico-finanziaria del presidente dell'Istat presso la V Commissione permanente del Senato della Repubblica e la V Commissione permanente della Camera dei deputati riunite congiuntamente, lo stesso continuava a negare la presenza di un errore di calcolo nell'indice dei prezzi al consumo di giugno 2003;
finalmente l'11 agosto 2003, in occasione della diffusione del comunicato stampa degli indici dei prezzi al consumo di luglio 2003, l'Istat correggeva il dato di giugno 2003 sulla telefonia, riportando conseguentemente l'inflazione al livello di +2,7 per cento, anziché +2,6 per cento;
a sostenere la necessità di una revisione dei sistemi di rilevazione attraverso l'individuazione di indici del costo della vita differenziati per le diverse fasce sociali, abitudini di consumo e capacità di spesa, che tengano conto non solo della diversa importanza che rivestono i singoli beni e servizi nella spesa di ciascun gruppo familiare, ma anche della diversa inflazione che ciascun gruppo sociale subisce per effetto della differente gamma di prezzi disponibili sul mercato per ciascun prodotto;
a sostenere la necessità di un rafforzamento dell'indagine sui consumi delle famiglie, per determinare in modo più dettagliato il peso all'interno del paniere delle sue componenti;
ad adottare iniziative volte al rafforzamento delle commissioni comunali per il controllo delle rilevazioni dei prezzi al consumo, che siano rappresentative delle parti sociali e delle associazioni dei consumatori;
a sostenere l'introduzione di un meccanismo automatico, che, almeno, permetta il riallineamento annuale dell'inflazione programmata a quella reale, con conseguente obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di reintegrare le retribuzioni della differenza;
ad attivarsi perché sia garantito il diritto di ogni famiglia di avere prezzi molto più contenuti per «i beni e i servizi di pubblica utilità», assicurando, tramite tale via, alcuni dei diritti negati dalle liberazioni;
a far sì che nell'erogazione dei beni e dei servizi di pubblica utilità vi sia una quota che non risponda alla logica del prezzo di mercato, bensì a quella di un prezzo formato dal puro costo del bene o del servizio, fermo restando che per «prezzo di costo» va inteso il prezzo comunemente definito «di mercato», con l'esclusione della quota finanziaria riconducibile all'investimento necessario per la costruzione delle reti ed ai suoi ammortamenti, della quota fiscale diretta o accessoria attribuibile all'esercizio del servizio, nonché della quota riconducibile al profitto delle imprese;
ad attivarsi affinché la quantità del servizio da sottoporre a prezzi di costo sia rapportata alla sua natura di necessità e calcolata proporzionalmente al numero dei soggetti che costituiscono un nucleo familiare, escludendo quei nuclei familiari che hanno un reddito superiore agli 80 milioni di vecchie lire annue;
a far sì che siano definiti come beni e i servizi di pubblica utilità per il consumo familiare in primo luogo i seguenti: energia elettrica, gas per riscaldamento e
alimentazione, acqua e depurazione della stessa, comunicazioni telefoniche fisse, raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, trasporti;
ad accertare, attraverso la Commissione per la garanzia per l'informazione statistica di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 322 del 6 settembre 1989, cause e responsabilità dell'errore macroscopico commesso dall'Istat in merito al costo delle chiamate telefoniche da apparecchio domestico fisso a cellulare;
ad attuare un effettivo blocco dei prezzi, almeno per un periodo determinato, al fine di verificare l'efficacia delle misure sopra indicate.
(1-00266)
«Alfonso Gianni, Giordano, Mascia, Russo Spena, Bertinotti, Deiana, Titti De Simone, Mantovani, Pisapia, Valpiana, Vendola».
(22 settembre 2003)
La Camera,
premesso che:
l'attuale fase del ciclo economico presenta un andamento preoccupante, considerato che alla riduzione del prodotto interno lordo dello 0,1 per cento nei primi due trimestri 2003 si affiancano le tendenze correnti di un'inflazione in crescita costante e in netto contrasto con quanto accade negli altri Paesi dell'area dell'euro, in cui ad una crescita negativa del prodotto interno lordo si accompagna un tasso di inflazione contenuto;
l'inusuale aggressività del processo inflazionistico risulta in tutta la sua evidenza dagli ultimi dati Eurostat, che indicano nel nostro Paese un'inflazione al 2,9 per cento, contro il 2 per cento dell'insieme dei Paesi dell'Unione europea;
la situazione dei Paesi dell'Unione europea evidenzia che i temuti fenomeni speculativi derivanti dall'introduzione della moneta unica hanno ormai da tempo esaurito ogni loro effetto e che le cause dell'aumento fuori controllo dei prezzi al consumo in Italia sono da ricercarsi altrove;
l'aumento dei prezzi, che grava effettivamente sulle singole famiglie, è un fenomeno che si manifesta in modo differenziato e che risente oltre che del reddito disponibile di tutta una serie di variabili individuali e sociali;
in particolare, si può ipotizzare che i comportamenti relativi alla scelta delle varietà di prodotto e dei luoghi di acquisto presentino differenze rilevanti, a seconda della livello di consumi, e quindi di reddito, delle famiglie. Un primo tentativo di valutare perlomeno la direzione dell'effetto attribuibile ai movimenti dei prezzi delle varietà di prodotto è stato compiuto sulla base di ipotesi fortemente semplificatrici dal punto di vista dell'identificazione delle varietà stesse dall'Istat, all'interno di una componente di prezzi «bassi» (quelli inferiori alla mediana) e una di prezzi «alti» (superiori alla mediana);
lo studio evidenzia che quelli appartenenti alla prima componente manifestano un andamento inflazionistico significativamente più accentuato di quelli inclusi nella seconda, indicando che sono proprio le famiglie con basso reddito a subire, per quel che riguarda il solo effetto «varietà», un tasso di inflazione più elevato di quello delle famiglie più ricche;
la percezione popolare è di un rapido e netto impoverimento delle proprie ricchezze e, come già rilevato dagli economisti, di una probabile espansione nella redistribuzione di reddito tra i produttori, a favore delle strutture meno concorrenziali, più marcata di quella registrata dai dati di contabilità nazionale;
in questa nuova situazione il Governo ha l'onere fondamentale di orientare i comportamenti degli attori economici, nella misura in cui le decisioni di politica economica potrebbero contribuire sia al radicamento o sradicamento del processo inflazionistico in atto, sia al rilancio effettivo di una politica dei redditi a sostegno delle famiglie;
ad aprire un tavolo di confronto con le categorie interessate, al fine di monitorare l'andamento dei prezzi e di offrire validi elementi di valutazione ai cittadini, anche attraverso la realizzazione di campagne pubblicitarie ad hoc, finalizzati ad un orientamento consapevole delle proprie scelte di acquisto;
ad adottare le iniziative necessarie a sbloccare quei processi di liberalizzazione e di privatizzazione nei mercati dei beni e servizi che risultano fermi dal 2001 e a rimuovere le difficoltà che hanno impedito l'applicazione della riforma del commercio al dettaglio, varata nella XIII legislatura;
a ridefinire un tetto di inflazione credibile cui ricondurre una nuova politica dei redditi, dei prezzi e delle tariffe.
(1-00267)
«Castagnetti, Morgando, Pinza, Gerardo Bianco, Boccia, Giachetti, Lettieri, Milana, Rocchi, Santagata, Stradiotto».
(22 settembre 2003)