Allegato B
Seduta n. 349 del 30/7/2003


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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

MASTELLA, BERTUCCI, CUSUMANO, DE FRANCISCIS, MAZZUCA POGGIOLINI, MONTECUOLLO, OSTILLIO, LUIGI PEPE, PISICCHIO e POTENZA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa (Il Corriere della Sera del 30 luglio 2003) si evince che i servizi segreti americani, sulla base di intercettazioni telefoniche e interrogatori di elementi legati allo sceicco Osama Bin Laden, avrebbero lanciato un allarme in ordine alla possibilità che - entro il mese di settembre - la rete eversiva di Al Qaeda avrebbe l'intenzione di portare a compimento dirottamenti aerei, volti a colpire gli Stati Uniti e tre dei Paesi che hanno sostenuto le guerre in Afghanistan e in Iraq, tra i quali anche l'Italia;
stando quindi all'allarme lanciato dall'intelligence statunitense, anche il nostro Paese rischierebbe di essere oggetto di dirottamenti o attentati da parte della rete di Al Qaeda -:
in relazione alla gravità di quanto denunciato, di quali informazioni disponga il Governo in ordine a tale minaccia per l'Italia e, in particolare, se i nostri servizi di intelligence abbiano ricevuto dalle autorità statunitensi informazioni più approfondite sulla fondatezza di quanto riportato nell'articolo di stampa citato in premessa.
(3-02600)

Interrogazioni a risposta scritta:

VENDOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il signor Massimo Paniconi in data 8 maggio 2002 vendeva, con atto di compravendita (repertorio n. 188159) redatto dal notaio dottor Claudio Cerini, ad una società un'immobile ubicato nella località residenziale denominata Casalpalocco-Axa (Roma) e, precisamente, in via Focilide nn. 64/66;
la società acquirente era la Cdp srl (cf 05595371005) di cui risulta amministratore unico e legale rappresentante il signor Valerio Casellini (cittadino svizzero);
l'oggetto sociale della Cdp srl risulta essere: l'acquisto, la vendita, la permuta di beni immobili sia urbani che rustici; la loro gestione, conduzione ed affitto; la locazione, anche ultranovennale; la ristrutturazione, il restauro, la manutenzione ed il controllo esecutivo di tutti i lavori relativi ai beni immobili; l'amministrazione ordinaria e straordinaria di detti beni e di quanto ad essi pertinente. Essa potrà compiere, solo in funzione strumentale rispetto all'oggetto sociale e purché questo non ne sia modificato, qualsiasi operazione industriale, commerciale, mobiliare, immobiliare e finanziaria (non in via prevalente ed escludendo espressamente la raccolta del risparmio e l'esercizio del credito nei confronti del pubblico, a norma del decreto legislativo n. 385 del 1993), locativa, ipotecaria, e comunque pertinenti con l'oggetto sociale. Potrà prestare garanzie reali ed anche fidejussorie e potrà assumere interessenze e partecipazioni anche azionarie in società aventi scopo analogo od affine al proprio, al solo fine del conseguimento dell'oggetto sociale;
la Cdp trasferiva la propria sede legale da via Francesco Siacci n. 1 a via Focilide nn. 64/66 in data 23 luglio 2002;
fino alla data del 10 ottobre 2001 i titolari della società Cdp risultavano essere


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i signori Davide Pavoncello e Cesare Pavoncello i quali trasferivano le proprie quote sociali rispettivamente alla società Sycorex ricerche Sa e al signor Valerio Casellini;
risulta all'interrogante che la Sycorex ricerche Sa (cf 97240640587) è una società svizzera la quale è titolare della quota dell'80 per cento della Sycorex ricerche Italia srl (cf 04212111217), il 10 per cento appartiene alla Duca srl (cf 01063880296), il 5 per cento a tale Roberto Sala e il restante 5 per cento a tale Giulia Ghezzi;
nell'oggetto sociale della Cdp si legge che: ...la società può assumere interessenze e partecipazioni anche azionarie in società aventi scopo analogo od affine al proprio, al solo fine del conseguimento dell'oggetto sociale;
l'oggetto sociale della Sycorex ricerche Italia srl risulta essere il seguente: a) la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti di ogni tipo, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento e di riciclaggio, nello specifico per rifiuti si intendono: i rifiuti urbani, quelli assimilati ed i rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, destinati al riutilizzo ed al non riutilizzo; b) la gestione degli impianti per il trattamento dei rifiuti e per l'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero; c) l'intermediazione dei rifiuti senza detenzione; d) la bonifica di siti e beni contaminati da qualsiasi contaminante; e) la gestione tariffaria dei rifiuti; f) la raccolta ed il riciclaggio dei pneumatici fuori uso (Pfu) e degli articoli tecnici in gomma (Atg), le cui materie prime/secondarie ricavate potranno essere vendute su mercati esistenti o direttamente reimpiegate per la realizzazione di prodotti finiti in gomma di qualsiasi specie; g) la società potrà svolgere ogni tipo di attività inerente a ricerca, allo scopo di migliorare le qualità dei propri prodotti e di ricercare quelli innovativi; nello specifico la società può estendersi anche alla preparazione, ricerca e studio al fine di conseguire la realizzazione di nuovi prodotti;
risulta alquanto singolare che una sola società quale la Sycorex ricerche Sa sia in verità la controllante di due diverse società con diversi oggetti sociali e che dunque opererebbe in spregio alle normative vigenti in materia societaria;
la Sycorex ricerche Italia srl è stata ammessa dal Ministero delle attività produttive ai fondi del Pon 2000-2006 (Programma operativo nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria locale) per un importo complessivo di euro 2.930.676;
in verità la società controllante di maggioranza della Sycorex ricerche Italia srl è la Sycorex ricerche Sa (società svizzera) la quale opererebbe in una condizione di non trasparenza societaria per il fatto che secondo l'interrogante, utilizza una società italiana per avere accesso ai finanziamenti elargiti dallo Stato italiano per lo sviluppo economico e sociale delle imprese localizzate nelle regioni del Mezzogiorno;
in data 30 aprile 2002 alla carica di preposto della sede secondaria ubicata a Milano della Sycorex ricerche Italia srl veniva nominato il signor Roberto Quaranta subentrante alla signora Giulia Ghezzi;
la Duca srl in data 30 dicembre 2002 veniva cancellata dal registro delle imprese di Roma mediante fusione ed incorporazione nella società Esiodo srl (cf 06856101008);
la Duca srl era formata a sua volta dalla Athena srl (cf 04269031003), dalla Herakles srl (cf 04269071009) e dalla Sarpedonte srl (cf 04269091007);
la Athena srl, la Heraldes srl e la Sarpedonte srl in data 10 dicembre 2002 cedevano le proprie quote sociali alla Esiodo srl;
la Esiodo srl risulta essere formata dalla Cinque Aprile srl (cf 06288720581) e dalla Mnemosine srl (cf 01551320565);
la peculiarità, o meglio, la singolarità delle suddescritte società sta nel cosiddetto gioco delle «scatole cinesi» il quale contribuisce


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non poco a creare società fittizie o di breve durata senza che vi possano essere, da parte delle autorità competenti, quei controlli con cui sia possibile verificare la regolarità di tali fusioni ed incorporazioni -:
quali interventi legislativi il Governo intenda porre in essere per disciplinare l'ambito delle fusioni o rifusioni societarie e, precisamente, il cosiddetto gioco delle «scatole cinesi»;
quali azioni si intendano intraprendere per verificare se i fondi elargiti dal Ministero delle attività produttive siano stati effettivamente utilizzate dalla Sycorex ricerche Italia srl e, in caso affermativo, se i finanziamenti abbiamo trovato il reale investimento nel Mezzogiorno essendo che i fondi Pon sono stati istituiti per tale realtà geografica;
quali iniziative il Ministro dell'interno ritenga adottare per valutare che le società descritte in premessa e, in particolar modo la Sycorex ricerche Italia srl e la Sycorex ricerche Sa, siano in possesso della obbligatoria certificazione antimafia.
(4-07165)

VENDOLA, TITTI DE SIMONE e VALPIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 27 giugno 2003 è stato nominato dal Ministro dell'istruzione lo storico modernista Roberto De Mattei alla carica di sub-commissario del Consiglio Nazionale di Ricerca (CNR);
il professore Roberto De Mattei, unitamente al dottor Fabio Pistella e al dottor Giorgio Recchia, va ad affiancare il commissario straordinario Adriano De Maio nel delicato compito di riordinare entro un anno il CNR;
la nomina del professore Roberto De Mattei ha suscitato nel mondo accademico italiano e, in particolar modo, da parte dei docenti universitari di Storia che ricoprono o che hanno ricoperto incarichi istituzionali, una viva preoccupazione al punto che in una lettera di protesta pubblicata sul quotidiano la Repubblica hanno affermato che: «...riteniamo sul piano del metodo che il conferimento di un incarico di direzione del più grande Ente di ricerca italiana debba avvenire nel rispetto e col coinvolgimento dell'intera comunità scientifica trattandosi di un problema che riguarda la ricerca italiana e dunque anche lo sviluppo e la civiltà del Paese. Quanto al merito, senza soffermarci sul valore del professore De Mattei come studioso, non possiamo fare a meno di constatare come la matrice fondamentalista di alcune sue asserzioni su momenti essenziali della democrazia occidentale così come sui valori della laicità dello Stato e del dialogo tra culture e religioni si collochi non solo in contrasto coi principi fondanti della nostra Costituzione ma anche in conflitto con le premesse della collaborazione scientifica internazionale e coi caratteri originari della ricerca storica come strumento di conoscenza e di comprensione delle culture diverse...»;
tale lettera è solo l'espressione più autorevole di una protesta e di uno sconcerto assai più vasti, poiché il professore De Mattei è noto, più che per la qualità dei suoi studi e più che per i suoi meriti accademici, per l'esibizioni di atteggiamenti culturali intrisi di fondamentalismo e di odio nei confronti delle diversità; il suddetto in diverse circostanze, scrivendo su giornali e riviste o parlando in pubblici convegni, ha adoperato espressioni denigratorie nei confronti dell'Islam ed ha manifestato convincimenti apertamente razzistici e discriminatori nei confronti dei cittadini il cui orientamento sessuale non è conforme ai suoi codici etici -:
a quale logica scientifica e istituzionale corrisponda la nomina del citato professore De Mattei nell'incarico di sub-commissario del CNR;
se, alla luce dello sconcerto generalizzato che la suddetta nomina ha provocato nel mondo accademico e nella pubblica


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opinione, non si ritenga di revocare la nomina del suddetto professor De Mattei dal suo nuovo incarico al CNR.
(4-07177)

ANGELA NAPOLI e CAMINITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
iprecedenti Governi non hanno mai inteso attuare un vera programmazione mirata allo sviluppo del Porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria);
ilmasterplan, predisposto nel 1998, ha di fatto già messo in forse la polifunzionalità del porto, prevedendo esclusivamente l'incremento, dell'attività di Transhipment;
la politica sul porto attuata dalla regione Calabria non è stata mai sufficientemente chiara neppure nei confronti del Governo nazionale anche se il consiglio regionale ha approvato, lo scorso anno, la legge per la istituzione della zona franca nel porto;
tutti i rappresentanti dell'attuale Governo nazionale che hanno visitato il porto di Gioia Tauro si sono fatti carico di assolvere agli impegni assunti per incoraggiarne lo sviluppo;
la regione Calabria ha altresì, assunto un comportamento equivoco nei confronti dell'ASI, da tempo commissariata e che sembra persino abbia venduto terreni demaniali non contenuti nei limiti del perimetro assegnatole;
l'autorità portuale, l'ASI, il Governo regionale ed il Governo nazionale, sembra che lavorino senza alcun collegamento, per cui l'uno assume decisioni non condivise dall'altro, con l'unico risultato di lasciare tutto bloccato;
il tasso di disoccupazione esistente nella piana di Gioia Tauro continua ad essere il più alto della Regione Calabria e ciò nonostante si incentiva solo l'attività di transhipment;
nell'area portuale sono state finanziate attività, alcune delle quali hanno visto solo la costruzione dei capannoni senza mai giungere all'effettiva produzione, ed altre hanno avviato produzioni che nulla hanno a che fare con l'indotto;
il tutto mentre il territorio continua a vedere il predominio delle cosche 'ndranghetistiche di Gioia Tauro e Rosarno;
il 24 luglio 2003, nella riunione del pre-Cipe, che avrebbe dovuto esaminare l'intero pacchetto dei fondi destinati alla legge obiettivo per le opere infrastrutturali necessarie allo sviluppo del Porto di Gioia Tauro, la Regione Calabria ha perso tempo sulle decisioni, bloccando di fatto ben 93 milioni di euro;
ogni tanto appare sulla stampa qualche decisione relativa alla istituzione della «zona franca» non si sa bene se «aperta» o «chiusa», ma di fatto ancora nulla in merito è stato definito;
i sindacati hanno iniziato una giusta proposta valutando che qualcuno «mette il bastone tra le ruote» per il conseguimento dello sviluppo reale del porto di Gioia Tauro -:
se non ritengano necessario ed urgente avviare un adeguato tavolo di trattative per definire una programmazione unitaria e chiara utile allo sviluppo del porto di Gioia Tauro.
(4-07181)

VENDOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sotto la superficie dell'acqua del Lago Maggiore, a circa 300 metri di profondità giacciono tonnellate di Ddt, mercurio, arsenico, ammoniaca, acido acetico, formaldeide,


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acetamide, triossido di antimonio che rappresentano i rifiuti prodotti in 100 anni di industria chimica dalla Enichem di Pieve Vergonte (Verbania);
l'inquinamento prodotto riguarda oltre al lago anche il fiume Toce;
il Ddt venne messo al bando negli anni settanta in tutta Europa ma, nonostante il bando, l'Enichem ne continuava la produzione (cinquemila tonnellate l'anno) fino a metà degli anni novanta, produzione finalizzata all'esportazione;
in data 17 giugno 1996 l'allora Ministro dell'ambiente onorevole Edo Ronchi con una ordinanza ministeriale bloccava la produzione del pesticida e inseriva il sito industriale di Pieve Vergonte nelle 17 aree di interesse nazionale da bonificare;
sul sistematico avvelenamento del Lago Maggiore veniva avviata, a partire dal 1992, un'inchiesta da parte della competente autorità giudiziaria; all'esito del procedimento penale venivano contestati, a undici dirigenti dell'Enichem e alla azienda stessa, i reati di danneggiamento e inquinamento; tutti gli imputati chiedevano infine il patteggiamento; la relativa sentenza sarà pronunciata il 12 maggio 1999;
dalla sentenza del 1999 contro l'Enichem e gli undici imputati sono trascorsi quattro anni e sette dalla scoperta della contaminazione e a tutt'oggi non è ancora cominciata l'opera di bonifica di tutti i suddetti siti inquinati per la mancanza di un progetto definitivo. Il Pubblico Ministero aveva accordato il patteggiamento a fronte del risarcimento del danno a tutte le parti civili e della garanzia economica per la futura bonifica, quantificata nella somma di 60 miliardi di vecchie lire che l'Enichem avrebbe versato in un conto corrente della Banca di Roma per poi essere utilizzati dal Ministero per la bonifica dei luoghi;
il progetto di bonifica dell'Enichem prevedeva la costruzione di un immenso sarcofago dove rinchiudere 500 mila metri cubi di macerie, scorie e detriti contaminati: una discarica impermeabilizzata il cui progetto suscitò perplessità per il fatto che era troppo vicina al fiume Toce e, quindi, troppo pericolosa in caso di smottamenti, alluvioni o piene, dato che la zona dove sorge il sito industriale è dissestata dal punto di vista idrogeologico;
il progetto dell'Enichem non superò la valutazione di impatto ambientale;
sotto il sito industriale scorre un torrente, il rio Marmazza, che quando piove in maniera abbondante tracima dall'alveo lavando la pavimentazione della fabbrica, invadendo le strade del paese, portandosi dietro i detriti e l'acqua contaminata, e versandosi nel fiume Toce che confluisce nel Lago Maggiore;
ad oggi l'Enichem non ha presentato più alcun progetto valido di bonifica dei luoghi inquinati;
i pesci del Lago Maggiore e del fiume Toce (lavarelli, scardole, bondelle e agoni) presentano un valore oltre il livello di tollerabilità stabilito dalla legislazione nazionale (0,1 microgrammi di pesticida per ogni chilo di pesce) al punto che dal 1996 allo scorso maggio era vietata la pesca;
in data 17 aprile 2003 il Presidente della regione Piemonte, Enzo Ghigo, liberalizzava, parzialmente, tramite un decreto, la pesca sul Lago Maggiore;
la parziale liberalizzazione della pesca fu concessa in base ad una documentazione risultata falsa; in particolare presso il Consiglio Regionale era stato recapitato un fax trasmesso dallo studio di un commercialista di Verbania, ovvero da Marco Zacchera, fratello dell'Assessore all'Ambiente della provincia di Verbania, Alberto Zacchera nella sua qualità di Commissario straordinario per la pesca. Il fax presentava l'intestazione della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo Svizzere (CIPAIS) e riportava lo stato di avanzamento delle ricerche di monitoraggio sul Ddt nei pesci del lago;


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le ricerche di monitoraggio erano state fatte dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) la quale dimostrava che il tasso di Ddt nei lavarelli e nelle scardole era sceso sotto la soglia di allarme;
la CIPAIS viceversa non aveva mai certificato i dati che facevano rientrare il livello d'allarme;
la presidente del «Circolo Verbano» di Legambiente, Amelia Alberti, ha pubblicamente affermato che: «...il nostro sospetto era che Mario Zacchera avesse ricevuto questi dati dall'ARPA di Novara, ci avesse messo sopra l'intestazione della CIPAIS e li avesse spediti in Regione per liberalizzare la pesca...»;
la suddescritta tesi sarebbe stata confortata dalla corrispondenza via e-mail tra Legambiente e i vertici della CIPAIS. In data 8 maggio la signora Cecilia Moresi, segretaria della Commissione scrive alla signora Amelia Alberti quanto segue: «...confermo la mia sorpresa sul fatto che circolino documenti intestati alla CIPAIS senza nostra conoscenza o approvazione, in quanto le decisioni sulla diffusione e sulla pubblicazione integrale dei dati originali delle indagini e dei risultati competono alla Commissione. Senza dimenticare il fatto che non eravamo informati o peggio ancora in possesso di tali documenti...»;
i Consiglieri della regione Piemonte di Rifondazione Comunista e dei Verdi chiedevano, dopo l'accaduto, di revocare il decreto di liberalizzazione della pesca perché basato su un documento non autentico (ma anche perché i grafici sulla presenza di Ddt nei pesci subisce un andamento ciclico dovuto al rimescolarsi dei detriti del fondale del lago);
ad oggi i suddetti Consiglieri non hanno ricevuto alcuna risposta dal Presidente della regione Piemonte;
il dottor Mario Jaggli è il chimico preposto al coordinamento del Laboratorio cantonale di Bellinzona (è stato colui che ha scoperto la contaminazione dei pesci del lago) il quale ad oggi non ha tolto il divieto sulla pesca, mentre sulle sponde del Verbano si continua a pescare e a mangiare pesci inquinati;
nel 1997 la multinazionale belga Tessenderlo ha acquistato dalla Enichem gli impianti produttivi e le centrali elettriche utilizzate per il funzionamento dei macchinari; alla Enichem è rimasta la proprietà del suolo e del sottosuolo;
la multinazionale belga per il ciclo produttivo utilizza il mercurio;
nello stabilimento sono stoccate 80 tonnellate del metallo. Tale situazione è allarmante per il fatto che il mercurio rappresenta un pericolosissimo inquinante;
il Ministero dell'ambiente ha classificato il sito industriale di Pieve Vergonte ad «alto rischio di incidente rilevante», una locuzione tecnica che afferma il principio di «massimo grado di pericolosità»;
a tutt'oggi non esiste un piano di evacuazione;
il responsabile della Sezione per la protezione dell'aria, delle acque e del territorio del Canton Ticino, signor Mario Camani, ha più volte espresso la preoccupazione per il rischio che il mercurio, nel caso di incendio o guasto agli impianti di raffreddamento, potrebbe creare una nube tossica con conseguenze inimmaginabili anche per il vicinissimo territorio svizzero;
in data 7 maggio 2003 è cominciato presso il Tribunale di Verbania il processo a, carico di undici dirigenti della azienda Acetati Spa-Italpet (posta in riva al lago). I due marchi fanno capo al gruppo Mossi e Ghisolfi che possiedono uno stabilimento proprio nel centro della città; un grande impianto che produce bottiglie di plastica e acetato di cellulosa, materiale utilizzato per fabbricare manici di ombrelli e montature per occhiali;
secondo la Procura della Repubblica di Verbania, lo stabilimento avrebbe scaricato nel Lago Maggiore ammoniaca, acido acetico, formaldeide, acetamide,


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triossido di antimonio: tutte sostanze tossiche al punto che le ultime tre sono state classificati cancerogene dagli studi della IARC (International Agency for Research on Cancer);
la legge pone dei limiti per lo scarico degli aldeidi (un milligrammo per litro). Sempre secondo la suddetta Procura gli scarichi della fabbrica sono 3/4 volte superiori ai limiti stabiliti per legge. Secondo l'accusa gli scarichi verrebbero diluiti con le acque di raffreddamento dell'impianto in modo da farli rientrare nei parametri stabiliti;
la Acetati Spa possiede tre tubi di scarico nel lago: sono millecinquecento i metri cubi di acqua che ogni ora escono dalla fabbrica e si riversano nel lago e uno di questi tubi è posto a pochi metri dalla spiaggia di Verbania dove, nonostante il divieto di balneazione, è costante la presenza di bagnanti;
all'interno della Valle Strona scorre il torrente Strona che si riversa nel Toce e poi nel Lago Maggiore. Lungo il torrente vi sono centinaia di piccole fabbriche che producono rubinetteria, pentolame e cromature (la valle viene considerata la valle mondiale dei rubinetti);
lungo il torrente Strona ignoti di notte scaricano nei tombini e nel fiume il cromo esausto, cromo esavalente, nichel, soluzioni di pulitura e zinco che hanno provocato e continuano a provocare un incessante moria di pesci;
alcuni giorni fa la Procura della Repubblica di Verbania ha emesso una ventina di avvisi di garanzia e ha posto sotto sequestro 15 scarichi inquinanti;
nella parte terminale del fiume Toce alla confluenza con il Lago Maggiore si trova la Riserva naturale speciale di Fondotoce (istituita nel 1990). Ad ogni pioggia il fiume si ingrossa e la diga naturale - rappresentata dagli alberi e dai sabbioni dorati che formano parte della riserva - ostruisce l'ingresso dell'acqua nel lago, facilitando gli straripamenti;
nei mesi scorsi gli amministratori locali e i responsabili dell'area protetta si riunivano per decidere la rimozione dei sabbioni. Alla riunione partecipava anche il Magistrato per le acque del Po che intervenendo alla riunione affermava che la sabbia non si può spostare a causa dell'elevato livello di contaminazione del terreno da Ddt e metalli pesanti; dunque per rimuovere i sabbioni bisognerebbe trattarli come se fossero rifiuti tossico-nocivi;
prospiciente alla suddetta area si trovano strutture attrezzate per i bagnanti;
il decreto ministeriale 471/99 impone la bonifica delle aree contaminate indicando in maniera precisa le sostanze tossiche e fissando i limiti in percentuale (microgrammi per chilo) da rispettare, ma il detto decreto non contempla i sedimenti lacustri;
ad oggi non sono state espletate analisi chimiche sui sabbioni;
la CIPAIS annualmente pubblica un bollettino afferente lo stato di salute dell'ecosistema del Lago Maggiore e in quello del luglio del 2002 affermava che in base a 32 carotaggi effettuati sui fondali si evidenziava in maniera allarmante la presenza ovunque di Ddt, arsenico e mercurio;
nel febbraio scorso l'ARPA ha pubblicato uno studio sulla mortalità in Piemonte ed è risultato che la provincia di Verbania è quella che ha il più alto tasso di leucemie maschili di tutta Italia: su una popolazione di 100.000 persone, 17 persone si ammalano e muoiono di leucemia a fronte della media italiana che è di 10 persone;
la valle Anzasca, la quale fa parte della Comunità Montana del Monte Rosa, parte dalla piana in cui è situato lo stabilimento dell'Enichem fino ad incunearsi nel Monte Rosa. I paesi ubicati nella valle (Ceppo Morelli, Vanzone con San Carlo, Bannio Anzino, Calasca Castiglione, Piedimulera e Pieve Vergonte sono tutti in provincia di Verbania) contano una


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popolazione complessiva di poco più di 2.000 abitanti dove si registrano 5/6 casi di leucemie infantili all'anno;
a tutt'oggi non è stato fatto alcuno studio epidemiologico serio e non esiste alcuno studio sui lavoratori dello stabilimento chimico -:
quali provvedimenti urgenti si intendano assumere per la salvaguardia della salute delle popolazioni residenti nel territorio del Lago Maggiore;
quali interventi urgenti per rendere effettiva e inderogabile la bonifica del Lago Maggiore e di tutti gli altri corsi d'acqua pesantemente e costantemente inquinati dagli scarichi dei siti produttivi;
quali provvedimenti si intenda assumere al fine di verificare se la parziale liberalizzazione della pesca sul Lago Maggiore, consentita dalla regione Piemonte in virtù di una documentazione falsa, non rappresenti un rischio insopportabile per la salute dei cittadini;
quali siano allo stato attuale le ricerche di tipo epidemiologico sul territorio suddetto.
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