Allegato B
Seduta n. 323 del 16/6/2003


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELLILLO, RIZZO e SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Poste Italiane s.p.a ha recentemente dichiarato 900 esuberi attivando le procedute previste dalla legge n. 223 del 1991 per la messa in mobilità;
l'Azienda sta attivando un fondo di solidarietà che prevede, tra l'altro, una forma di accompagnamento alla pensione per i lavoratori interessati per un periodo massimo di 60 mesi al fine di permettere ai dipendenti di raggiungere una pensione dignitosa;
tale possibilità, seconda la bozza di proposta che l'azienda ha presentato, non sarebbe prevista per le lavoratrici donne che, a prescindere dal numero di anni di contribuzione conseguiti, essendo i 60 anni il requisito minimo di vecchiaia per essere collocate in pensione, non potrebbero usufruire dei sessanta mesi messi a disposizione tramite il Fondo di Solidarietà;
per le lavoratrici che hanno compiuto 60 anni entro il prossimo 30 settembre si prospetterebbe così l'obbligo di andare comunque in pensione, a prescindere dagli anni di contribuzione conseguiti, senza poter usufruire del Fondo di Solidarietà Sociale attivato dall'Azienda -:
se il calcolo di 9000 esuberi dichiarati dall'azienda siano realmente effettivi, e non siano, invece, motivati da necessità di conto economico in relazione alla privatizzazione dell'azienda stessa;
in quale modo intendano intervenire al fine di eliminare una palese discriminazione dichiarata dall'Azienda Poste Italiane, al fine di consentire anche alle lavoratrici donne di poter accedere al Fondo di Solidarietà;
cosa intendano fare per rendere operante un diritto, sancito all'articolo 3 della Costituzione, affinché le donne dipendenti delle Poste Italiane s.p.a siano messe in condizioni di pari opportunità rispetto agli uomini.
(4-00757)

Risposta. - Si fa presente che in data 17 ottobre 2001 è stato siglato un accordo presso questo ministero con il quale è stato individuato un percorso per il personale in esubero delle Poste S.p.A.
Con tale accordo si prevede che:
chi ha i requisiti per la pensione di anzianità esca dal lavoro anche con incentivi da parte dell'azienda;
l'azienda ha costituito un Fondo
ex lege 662 del 1996 a totale carico delle Poste attraverso il quale accompagnare alla pensione circa 2.000 dipendenti;
si è stabilito di ridistribuire sul territorio nazionale circa 15.000 dipendenti per riequilibrare le risorse tra le aree in esubero e quelle in carenza;
infine, a fronte di questa razionalizzazione delle risorse umane l'azienda procederà a circa 3.000 assunzioni nella qualifica di portalettere.

Per quanto riguarda in particolare la paventata discriminazione a danno delle


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dipendenti, si fa presente che con l'accordo citato è stato introdotto un meccanismo correttivo che si attiva in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro da parte delle lavoratrici che rientrano nella fattispecie di cui all'Accordo stesso; meccanismo che consiste nel riconoscimento di un incentivo economico all'esodo di importo raddoppiato rispetto a quello versato al personale maschile interessato allo stesso sistema di pensionamento.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

BONDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'8 ottobre 2001 il boeing MD 87 della compagnia aerea sas diretto a Copenaghen in fase di decollo sulla pista principale dell'Aereoporto di Linate viene urtato da un aereo Cessna privato;
il boeing a causa dell'urto si è schiantato contro il Toboga del molo 31 adibito allo smistamento dei bagagli;
nello schianto sono morti tutti i passeggeri ed i membri dell'equipaggio scandinavo e del Cessna oltre gli operai della SEA presenti nel Toboga: in tutto 118 persone;
l'unico superstite con lesioni gravissime è il sig. Pasquale Padovano, dipendente della SEA addetto ai moli 31 e 32;
il signor Padovano viene immediatamente ricoverato presso il Centro ustioni del nosocomio Niguarda-Cà Granda e sottoposto a 24 operazioni;
suo corpo è per l'80 per cento interessato con gravi ustioni di 1 grado permanenti con limitazioni funzionali a carico degli arti superiori ed inferiori;
Oggi è ancora presso l'Ospedale Niguarda per essere sottoposto alla riabilitazione;
Il signor Padovano non potrà più svolgere attività lavorativa né condurre una vita normale: la stazione eretta gli è possibile solo con l'ausilio del girello e con l'assistenza personale di supporto di 24 ore al giorno; le mani sono praticamente inutilizzabili;
È stato presentato, all'esame del Consiglio dei Ministri in data20 agosto 2002, un disegno di legge per l'erogazione di un fondo di solidarietà di 225 milioni di euro in favore delle 118 vittime del disastro aereo di Linate;
ma anche il signor Padovano che pur non è deceduto deve considerarsi a tutti gli effetti una vittima;
la questione è stata già affrontata dal Comune di Milano che nell'erogazione di un contributo in favore del «Comitato 8 ottobre per non dimenticare», a seguito della segnalazione del legale della famiglia Padovano, considerava il signor Padovano a pieno titolo vittima della sciagura -:
se non ritenga che il signor Padovano debba comunque essere ricompreso tra i beneficiari del fondo istituito.
(4-03759)

Risposta. - Si rappresenta in primo luogo che, in attesa della conclusione delle inchieste relative al disastro di Milano Linate dell'8 ottobre 2001, è stata approvata da questa amministrazione la delibera n. 16/2002, adottata dal Consiglio di amministrazione dell'ENAC nella seduta del 31 maggio 2002, che ha autorizzato il preposto direttore generale a concludere un accordo con le parti e le compagnie assicuratrici, per la liquidazione dei danni subiti dalle persone in conseguenza dell'incidente di che trattasi.
All'onere stimato in un importo massimo di Euro 25 milioni, l'Ente nazionale per l'aviazione civile farà fronte per l'importo di Euro 15 milioni con le somme disponibili sul Capitolo 1.10.03 del proprio bilancio 2002 e per l'importo di euro 10 milioni con le somme disponibili sullo stesso capitolo del proprio bilancio del 2003.


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L'Ente riferisce che, successivamente alla sottoscrizione di un accordo con gli altri soggetti interessati alla definizione dei risarcimenti danni conseguenti al disastro stesso, ha avviato concrete trattative con gli aventi titolo alla liquidazione dei danni e si riserva di comunicare a questa amministrazione l'esito delle trattative medesime.
Si pone in evidenza che è stato altresì approvato, in data 18 febbraio 2003, in via definitiva, dalla Camera dei deputati il disegno di legge relativo alle «Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Linate» (Atto Camera 3603).
Con l'articolo 1, comma 1, di tale provvedimento legislativo è assegnata al prefetto di Milano la somma di lire 12.500.000 euro per un'equa elargizione a favore dei componenti le famiglie delle vittime, tenuto conto anche dello stato di effettiva necessità, nonché per il finanziamento di altre iniziative proposte dal «Comitato 8 ottobre per non dimenticare» costituito dai familiari delle vittime.
Il comma 2 prevede che il prefetto di Milano adotti i provvedimenti di elargizione e finanziamento sentito il parere del Comitato di cui al comma 1.
Il comma 3 dispone che le elargizioni ed i finanziamenti previsti dal predetto provvedimento siano esenti da ogni imposta o tassa. Le elargizioni sono attribuite in aggiunta a qualsiasi altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo secondo la normativa italiana.
Con l'articolo 2, comma 1, sempre di detto provvedimento, è previsto che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 12.500.000 euro per l'anno 2003, si provveda mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, come determinata dalla Tabella C della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il comma 2, del citato articolo 2, dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

BULGARELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
in data 26 novembre 2002 il Governo spagnolo e quello francese hanno siglato un accordo che, appellandosi all'articolo 56 della Convenzione dell'ONU sul diritto del mare, vieta a tutte le imbarcazioni monotrasporto con più di 15 anni di età aventi a bordo carichi pericolosi come petrolio e altri idrocarburi e che non presentino adeguate garanzie di sicurezza di avvicinarsi a meno di 200 miglia dalla costa;
in applicazione di tale accordo già due navi, la Byzantio e la Express, sono state respinte dalle autorità costiere. L'Express, imbarcazione costruita nell'anno 1980 in Giappone, battente bandiera maltese, fu ispezionata nell'agosto 2002 nel porto di Ravenna e in tale occasione fu riscontrato un difetto di sicurezza generale, nonostante l'imbarcazione in oggetto fosse dotata di autorizzazione dell'American Bureau of Shipping (ABS);
è del tutto ragionevole ritenere che, in virtù dell'applicazione dell'accordo tra Spagna e Francia, gran parte delle petroliere più vecchie e con minori garanzie di sicurezza sceglieranno i nostri porti, in particolar modo quelli situati nel mare Adriatico, per evitare i controlli previsti dall'accordo franco-spagnolo; tali porti, in particolare quello di Trieste, il maggiore del Mediterraneo e uno dei più grandi del mondo, sopportano già oggi un intensissimo traffico, e le manovre all'interno dell'area marittima portuale risultano di particolare difficoltà per la mancanza di sistemi radar per il monitoraggio del traffico;
il rischio di incidenti, pertanto, aumenterebbe vertiginosamente, tanto da determinare catastrofici danni ambientali al


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già provato ecosistema del mare Adriatico, che per la sua particolare conformazione amplificherebbe all'ennesima potenza le conseguenze già di per sé drammatiche tipiche di simili incidenti -:
se non ritenga urgente recepire nella nostra normativa quanto disposto dall'articolo 56 della Convenzione dell'ONU sul diritto del mare firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, predisponendo adeguate misure di protezione delle acque territoriali dal transito di imbarcazioni pericolose e sprovviste di efficaci misure di sicurezza.
(4-04683)

Risposta. - Si rappresenta che con il recentissimo provvedimento adottato di concerto tra i ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio è stato introdotto il divieto di «...accesso ai porti, ai terminali off-shore e alle zone di ancoraggio nazionali delle navi cisterna a scafo singolo di qualsiasi nazionalità, di età superiore ai quindici anni e di portata lorda superiore alle 5.000 tonnellate, che trasportano combustibile pesante, oli usati, greggio pesante, bitume e catrame».
Il predetto provvedimento datato 21 febbraio 2003 è stato pubblicato, nella
Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 53 del 5 marzo 2003.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CALZOLAIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la stampa croata ha dato la notizia che alla frontiera tra la Croazia e Bosnia-Erzegovina il 6 gennaio 2003 sono stati fermati due cittadini italiani, provenienti della provincia di Treviso che nascondevano in un contenitore speciale della loro macchina 850 uccelli canori (perlopiù merli) uccisi per essere destinati presumibilmente alla tavola di qualche buongustaio in Italia;
questo è il secondo caso negli ultimi due mesi; infatti all'inizio di novembre dell'anno scorso altri due cittadini italiani sono stati fermati alla frontiera tra Croazia e Slovenia, al varco di Bregane, con 800 merli;
sempre secondo i giornali croati gli uccelli sequestrati dai poliziotti croati e sloveni provengono dalla Romania e nell'Europa orientale appartengono alle specie protette, si catturano con colla sui rami, e per ogni uccello catturato in Croazia è prevista una multa tra 800 e 4.800 kune (110-660 euro);
dopo gli ultimi casi è stato intensificato il controllo sulle frontiere in Slovenia e in Croazia;
con la legge del 3 ottobre 2002, n. 221 «Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE» è stata ampliata la protezione sulle specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione, per le quali non sono previste deroghe -:
quali iniziative si intendano adottare per scoraggiare i cittadini italiani dal sottrarsi ai vincoli della propria giurisdizione quando esercitano attività venatoria al di fuori del territorio nazionale e che cosa si intenda fare per impedire l'ingresso e la commercializzazione sul territorio nazionale della selvaggina catturata in modo illegittimo.
(4-05042)

Risposta. - Si rappresenta che i cacciatori italiani che si recano all'estero per l'esercizio dell'attività venatoria sono sempre stati numerosi. In particolare, in questi ultimi anni si è incrementata la frequentazione dei Paesi dell'est europeo.
Oltre all'importazione in Italia per consumo personale di selvaggina cacciata si è riscontrato anche il trasporto verso i nostri confini di ingenti quantitativi di selvaggina destinati ad uso commerciale.


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In molti casi tali partite erano composte anche da animali appartenenti a specie protette, sia ai sensi delle leggi dei Paesi di prelievo che dell'Unione europea, e, con ogni probabilità, frutto di catture con mezzi illeciti.
Ferme restando le norme generali sul commercio, l'importazione in Italia della selvaggina cacciata è soggetta a limitazioni dipendenti dai livelli di tutela accordati alle varie specie animali (con riferimento anche ai vincoli previsti dalla legislazione in materia di commercio della flora e fauna in via di estinzione - CITES - in adempimento della convenzione internazionale di Washington sottoscritta da tutti i Paesi europei) nonché dalle disposizioni sanitarie e veterinarie vigenti con possibilità di differenti vincoli a seconda dei Paesi di provenienza della selvaggina.
Pertanto, sono state potenziate e recentemente allertate, presso i varchi aeroportuali e le principali arterie di traffico provenienti dai Paesi dell'Europa orientale, le forze di polizia giudiziaria e, in particolare, il corpo forestale dello Stato, che hanno, tra l'altro, effettuato una serie di sequestri significativi tra i quali quello di un camion frigorifero contenente specie avifaunistiche, anche cacciabili, ma non commerciabili sul territorio nazionale.
Seguire la strada di un maggiore scambio di informazioni tra i Governi in merito alle rispettive normative in materia venatoria favorirebbe l'efficacia delle azioni. Contatti in tal senso sono già stati avviati, ad esempio, con le autorità ungheresi.
Infine, va puntualizzato che la legge 221 del 3 ottobre 2002, delega le regioni all'esercizio delle deroghe di cui all'articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE, ma non amplia in alcun modo la protezione di nessuna specie animale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CASTAGNETTI, MATTARELLA, PISTELLI, DE FRANCISCIS, FIORONI, MOSELLA, DELBONO e BURTONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la situazione interna del Madagascar continua ad essere ancora caratterizzata da forti tensioni tra i sostenitori del nuovo Presidente della Repubblica, Marc Ravalomanana, e il Presidente uscente Didier Ratsiraka;
inutili si sono rivelati finora i diversi tentativi di mediazione messi in atto dalla comunità internazionale, in particolare dalla ex Organizzazione per l'Unità africana (OUA) che nel vertice svoltosi a Durban, dove è stata proclamata solennemente la nascita dell'Unione Africana (UA), ha deciso di lasciare vacante il seggio del Madagascar ritenendo opportuno lo svolgimento di nuove elezioni;
il Presidente uscente, Didier Ratsiraka, è fuggito alle Seychelles, mentre l'esercito fedele a Ravalomanana avrebbe ormai conquistato circa il 90 per cento del controllo del paese;
il Sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri, Margherita Boniver, rispondendo il 5 giugno scorso all'interpellanza n. 2-00309 (Castagnetti ed altri), dichiarava che: «qualora venisse decisa una nuova consultazione elettorale in Madagascar, siamo sin d'ora disponibili a contribuire con l'invio anche di osservatori italiani alla missione di monitoraggio dell'Unione europea. Il Governo italiano segue con la massima attenzione la situazione dei cittadini italiani presenti nel paese. La nostra ambasciata a Pretoria, competente anche per il Madagascar, in stretto contatto con il Consolato generale onorario ad Antananarivo e con il Vice consolato onorario di Nosy-Be, effettua un monitoraggio costante della situazione dei nostri connazionali nel paese. Al riguardo, in coordinamento con l'unità di crisi di questo Ministero, si stanno elaborando piani a tutela della sicurezza dei nostri connazionali per far fronte ad un eventuale deterioramento della situazione, in stretto contatto con le altre ambasciate occidentali. Finora, la grande maggioranza


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dei circa 1.200 connazionali residenti non ha espresso l'intenzione di lasciare il paese...» -:
se il Governo, considerata la grave situazione in cui versa questo paese africano - la cui condizione di povertà assoluta è aggravata dal conflitto politico e militare in atto - non ritenga urgente e opportuno ripristinare in Madagascar una adeguata rappresentanza diplomatica con la riapertura della nostra Ambasciata.
(4-03668)

Risposta. - Dopo le gravi tensioni sorte a seguito delle elezioni presidenziali del dicembre 2001 la situazione in Madagascar ha avuto uno sviluppo più positivo.
Infatti, dall'8 al 9 giugno 2002 è stata tentata una nuova mediazione da parte del Senegal. Nel corso della riunione denominata «Dakar II» è stato elaborato e discusso un Piano d'azione, rielaborato poi in sede OUA, nel quale si prevedevano elezioni legislative prima della fine dell'anno, precedute dalla creazione di una commissione elettorale indipendente, nonché la costituzione di un governo transitorio con rappresentanti delle due parti e la cessazione delle ostilità. Il tentativo di mediazione non ha prodotto accordo tra le parti ma è stato foriero di una lettera con la quale Ravalomanana accettava diverse proposte del Presidente Wade, tra cui la formazione di un governo di riconciliazione nazionale con l'inclusione di 4 ministri del Governo precedente e l'indizione di elezioni parlamentari entro la fine del 2002. Il nuovo Governo malgascio è stato formato il 18 giugno 2002.
Il 21 giugno 2002 l'organo centrale del
Conflict Management Centre dell'OUA ha emesso un comunicato che, pur ricollegandosi ai risultati delle due riunioni di Dakar, sottolineava la necessità di procedere a nuove elezioni presidenziali e di creare istituzioni transitorie con l'accordo delle due parti, non ritenendo che le elezioni del dicembre 2001 avessero dato luogo ad un governo legittimo e considerando vacante il seggio del Madagascar all'OUA. Ratsiraka aveva, subito dopo «Dakar II», abbandonato il Madagascar e Ravalomanana aveva preso il controllo pressoché totale del territorio.
Il 26 giugno 2002 gli Stati Uniti hanno riconosciuto il Presidente Ravalomanana con una lettera del Presidente Bush al nuovo Presidente in occasione della festa nazionale del Madagascar.
Successivamente anche Germania e Francia si sono schierate con il Presidente Ravalomanana (la Francia con la visita, il 3 luglio 2002, del Ministro degli esteri De Villepin e la firma di 4 accordi di cooperazione).
L'11 luglio 2002 l'UE ha adottato una dichiarazione sul Madagascar che riconosceva indirettamente Ravalomanana come Presidente e appoggiava il processo di riconciliazione da lui lanciato, garantendo la disponibilità ad assistere il Governo malgascio nella preparazione delle previste elezioni parlamentari.
Il 26 luglio 2002 ha avuto luogo a Parigi - convocata dalla Banca Mondiale - la riunione «Amici del Madagascar» che ha fatto incontrare i Paesi donatori con una delegazione di alto livello del Governo del Madagascar, composta dal Primo Ministro Sylla e dai Ministri delle finanze, dell'industria, dell'ambiente e delle politiche sociali. L'incontro, al quale era presente il Ministro degli esteri del Senegal, ha segnalato la ripresa dell'impegno della comunità internazionale verso il Madagascar ed ha fatto registrare un intervento dei donatori, per i prossimi 4 anni, su un programma di aiuto per un totale di 2,3 miliardi di USD. Nell'occasione il Primo ministro Sylla ha dato lettura di un messaggio del Presidente Ravalomanana nel quale è stata delineata la strategia del Governo malgascio nel futuro, incentrata sul miglioramento delle pratiche di governo, sulla lotta alla corruzione, la modernizzazione istituzionale, il decentramento, la riforma del sistema elettorale e, sul piano economico, il sostegno al settore privato, il rafforzamento del programma di privatizzazioni, nonché il miglioramento dei servizi sociali, in particolare sanità ed educazione. Nel messaggio, il Presidente Ravalomanana ha affrontato anche il processo di riconciliazione, usando


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toni distensivi ma ribadendo al tempo stesso la volontà di assicurare alla giustizia coloro che si erano resi responsabili di crimini.
Alla fine di luglio 2002 è stato inviato da parte italiana il consueto messaggio augurale al nuovo Ministro degli affari esteri del Madagascar, Marcel Ranjeva.
Dal 20 al 27 agosto 2002 la Commissione europea ha potuto inviare in Madagascar una missione esplorativa per dare attuazione alla disponibilità di assistere lo Stato malgascio nell'organizzazione di elezioni legislative entro il 2002. La missione ha avuto un esito giudicato soddisfacente da parte della Commissione, che ha deciso di inviare una missione di osservatori elettorali in occasione delle elezioni legislative fissate per il 15 dicembre 2002.
All'inizio di settembre il Presidente della Commissione dell'Unione europea Romano Prodi ha effettuato una breve visita in Madagascar ed ha incontrato il Presidente Ravalomanana ed il Primo ministro Jacques, a conferma del fatto che la crisi politica era ormai in fase di normalizzazione.
Le elezioni legislative del 15 dicembre 2002 - che costituivano uno degli impegni imposti dalla comunità internazionale al Presidente Ravalomanana per favorire la riconciliazione nazionale - si sono svolte pacificamente, dopo una campagna elettorale priva di incidenti violenti e con un'affluenza alle urne abbastanza elevata (55-60 per cento). La missione degli osservatori elettorali europei, guidata dalla Senatrice Tana de Zulueta, ha espresso un apprezzamento complessivamente positivo per l'andamento delle elezioni, pur con qualche riserva relativa alle liste elettorali ed a casi isolati di intimidazione. Il partito del Presidente Ravalomanana ha ottenuto la maggioranza dei seggi nell'Assemblea nazionale (oltre 100 dei 160 seggi).
Il buon andamento delle elezioni legislative dovrebbe avere l'effetto di sbloccare gli oltre 2,3 miliardi di dollari - su 4 anni - promessi dai Paesi donatori per la ricostruzione dell'economia del Paese in occasione della citata «Conferenza degli Amici dei Madagascar».
Il nostro Paese ha contribuito ad elaborare, d'intesa con i
partner, le posizioni espresse dall'Unione europea, ritenendo che ogni sforzo andasse fatto al fine di trovare una soluzione coerente con il mantenimento della pace e dei principi democratici, essenziali per il futuro del Madagascar e delle sue relazioni con la comunità internazionale.
Va sottolineato che la chiusura della nostra ambasciata ad Antananarivo a decorrere dal 1o giugno 2000, resasi necessaria per i vincoli di bilancio che hanno portato alla ristrutturazione della nostra rete diplomatico-consolare, non indica un diminuito impegno ed attenzione del nostro Governo nei confronti del Madagascar.
Tenuto conto dei vincoli sopra ricordati, si è dovuta ridefinire la struttura della nostra rete diplomatica in modo che fosse rispondente alle esigenze complessive dell'area ed ai mezzi disponibili. Va ricordato che comunque viene mantenuto ad Antananarivo un Consolato Generale Onorario ed un Vice Consolato Onorario a Nosy-Be mentre la nostra ambasciata a Pretoria, competente anche per il Madagascar, assicura un monitoraggio costante della situazione nonché dei nostri connazionali presenti nel Paese, effettuando anche delle missioni
in loco. Ciò è anche dimostrato dagli interventi effettuati in Madagascar dalla nostra cooperazione, tanto nel campo sanitario che in quello dei trasporti e dello sviluppo rurale.
In coordinamento con l'unità di crisi di questo ministero degli esteri, sono stati a suo tempo elaborati piani a tutela della sicurezza dei nostri connazionali, in stretto contatto con le altre ambasciate occidentali. L'invito rivolto nel maggio 2002 al personale delle organizzazioni non governative di lasciare il Paese può intendersi, oggi, superato in considerazione dell'avviata fase di normalizzazione della situazione, che continua peraltro ad essere seguita con attenzione in relazione anche a questi aspetti, dal ministero degli esteri.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.


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CENTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 18 aprile 2002 si è svolta una manifestazione pacifica di circa un centinaio di operatori sanitari di fronte alla palazzina dell'ex scuola infermieri dell'ospedale di via Candiani a Legnano in provincia di Milano;
detta manifestazione era stata indetta dalle rappresentanze sindacali di base (RdB) dell'ospedale stesso mentre in quel momento all'interno dell'azienda ospedaliera si stava discutendo una trattativa tra l'amministrazione e i rappresentanti sindacali sulle condizioni di lavoro ed economiche degli operatori sanitari;
molti degli infermieri che hanno preso parte a questa forma di protesta hanno portato con se i loro carrelli per trasportare cibo ai pazienti poiché la contestazione si riferiva ai 180 chilogrammi di peso di ogni carrello che da alcuni mesi, per tagliare le spese, non possono essere più mossi elettricamente bensì a mano dagli infermieri stessi che per questo motivo lamentano dolori insopportabili alla schiena;
risulta all'interrogante che l'amministrazione dell'azienda ospedaliera in oggetto abbia richiesto alcuni giorni dopo ai capisala di segnalare i nomi dei lavoratori che erano presenti alla manifestazione per valutare se avessero avvisato che avrebbero partecipato all'assemblea -:
se l'iniziativa assunta dall'amministrazione dell'azienda ospedaliera possa configurarsi come una violazione dei diritti sindacali;
e se in caso affermativo il Ministro interrogato non intenda assumere le opportune iniziative, anche sul piano ispettivo, affinché sia garantito ai lavoratori in oggetto il diritto di sciopero nonché il diritto ad adottare qualsiasi altra forma di protesta pacifica.
(4-02735)

Risposta. - Nell'interrogazione si evidenzia la situazione di alcuni operatori sanitari dell'ospedale civile di Legnano, a seguito di adesione alla assemblea indetta dalle rappresentanze sindacali di base (RdB) a sostegno di trattative sindacali che si stavano svolgendo con l'amministrazione ospedaliera.
In occasione di tale manifestazione, svoltasi in data 18 marzo 2002, è stato riscontrato che alcuni manifestanti si erano abusivamente impossessati di n. 18 carrelli, in dotazione a vari reparti del nosocomio per la distribuzione dei pasti ai degenti e di vari attrezzi della cucina.
Dalle informazioni assunte presso gli uffici competenti, è stato accertato che tali carrelli erano stati trasportati al di fuori dei reparti e, durante la manifestazione, erano stati battuti con coperchi e pentole di metallo per fare rumore.
Per mettere fine a tale illegittimo comportamento, la forza pubblica, su richiesta del responsabile dell'unità operativa logistica ed attività alberghiere, è dovuta intervenire ed ha imposto ai manifestanti la riconsegna dei carrelli e dell'altro materiale.
I carrelli riconsegnati, come accertato dal responsabile dell'unità operativa logistica presentavano segni di ammaccature dovuti alle percussioni cui erano stati sottoposti durante la manifestazione.
È stato, inoltre, necessario sottoporre tutti i carrelli ad accurato lavaggio.
Per quanto sopra, il dirigente responsabile amministrativo del presidio ospedaliero ha ritenuto doveroso inoltrare agli uffici di competenza una richiesta di informazioni in merito alla partecipazione dei dipendenti alla manifestazione.
Occorre tener presente che l'ambito ospedaliero, rientra nel novero dei servizi pubblici essenziali e in tale area, l'astensione collettiva dal lavoro, sia per lo sciopero che per la partecipazione alle assemblee, è sottoposta alla disciplina della legge 146 del 1990 e successive modificazioni, nonché alla correlativa regolamentazione attuativa.
I lavoratori, così come il datore di lavoro e le associazioni sindacali, sono tenuti all'osservanza delle relative prescrizioni finalizzate a garantire l'erogazione


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delle prestazioni indispensabili del servizio anche durante le astensioni collettive dal lavoro.
Il datore di lavoro, in quest'ambito, è chiamato a rilevare e ad irrogare sanzioni disciplinari per le infrazioni alla legge 146 del 1990, o alla relativa regolamentazione attuativa, eventualmente commesse dai lavoratori.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

CENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
atteso che con decreto ministeriale 471 del 1999 il Ministro dell'ambiente ha introdotto nuove misure per arginare il fenomeno dell'inquinamento che definisce i criteri, le modalità e le procedure indispensabili per la messa in sicurezza, la bonifica il ripristino dei siti inquinati;
risulta noto a tutti il degrado ambientale che ci circonda a causa dell'indiscriminata produzione di rifiuti, della sovente, criminale, commercializzazione, della costituzione di discariche abusive e non che giorno dopo giorno, in assenza di adeguati interventi delle amministrazioni, inquinano i terreni, ammorbano l'aria e compromettono la falda acquifera;
il ministero dell'ambiente, in ragione del sito inquinato di Pitelli in provincia di La Spezia, adottò attraverso la conferenza dei servizi il piano di caratterizzazione dei fondali che rientrano nell'ambito territoriale de qua, nel rispetto della specifica previsione di cui sopra, stabilendo che prima di procedere all'escavazione del fondale, si sarebbe atteso lo studio suddetto coordinato dalla società Icram;
visto l'articolo 21 del collegato ambientale alla legge finanziaria, approvato in via definitiva che demanda alle regioni l'autorità competente per l'istruttoria e il rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 35, comma 2, del decreto 152 del 1999;
dagli organi di stampa si è appresa la notizia che, nelle more della definizione del piano di caratterizzazione, secondo l'autorità portuale le operazioni di escavazione dei fondali dovrebbero avere inizio per i primi di settembre 2002 -:
se sia a conoscenza del fatto che nei fondali sono presenti altissime concentrazioni di stagno tributile, PCB e metalli pesanti;
quali debbano essere le autorizzazioni necessarie all'eventuale esecuzione del dragaggio, considerato che agli atti risulta solo la risposta del servizio difesa del mare del ministero dell'ambiente (che si dichiara non competente in materia) mentre non risulta che i Servizi TAI e RIBO si siano ancora espressi;
se la regione Liguria abbia già espresso parere in merito all'escavazione dei fondali;
quali provvedimenti intenda intraprendere tali da far presentare quanto prima alla società Icram lo studio ultimativo del piano di caratterizzazione dell'area prima che vengano avviate le operazioni di escavazione dei fondali, al fine di procedere con le dovute cautele per la definitiva messa in sicurezza di quel tratto di fondale.
(4-03695)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in discorso, riguardante il dragaggio dell'area portuale di La Spezia, anche sulla scorta delle notizie avute dalla prefettura di La Spezia e dalla regione Liguria, si rappresenta che tale area risulta compresa nel sito nazionale di bonifica di Pitelli che rientra, in base al Decreto ministeriale n. 468 del 2001, tra quelli individuati dal programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi della legge 426 del 1998.
Il piano di campionamento dei fondali delle zone portuali da dragare, finalizzato a fornire la caratterizzazione dei sedimenti in


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conformità con il Decreto 24 gennaio 1996, è stato predisposto dall'Icram e dall'Istituto superiore della sanità, prevedendo una magliatura di 50 x 50 metri, dunque più fitta di quella di 100 x 100 metri normalmente prevista dal summenzionato decreto.
Il piano di escavo, predisposto dall'autorità portuale, e il relativo sistema di monitoraggio a protezione dell'ambiente circostante, sono stati concepiti in modo da tutelare il Santuario dei Cetacei e l'area protetta delle Cinque Terre.
Le misure cautelari adottate per evitare conseguenze da risospensione del materiale dragato sono le seguenti:
a) sistema dragante dotato di posizionamento satellitare e sistema computerizzato di controllo e verifica del posizionamento del sistema di pesca in modo da effettuare connessioni in tempo reale;
b) panne galleggianti con gonne in pvc a maglia fitta della lunghezza del battente d'acqua, trattenute sul fondo da dragare con ancore e piombi;
c) realizzazione, nella zona di carico di mezzi da chiatta a terra, di un sistema di raccolta per contenere le perdite che possono verificarsi durante le operazioni;
d) trasporto del materiale di escavo direttamente ad un impianto di trattamento per il recupero o ad una discarica autorizzata escludendo, pertanto, l'immersione in mare dello stesso;
e) piano di monitoraggio delle attività di dragaggio per individuare l'aumento di torbidità e la diminuzione delle concentrazioni di ossigeno disciolto dovuti alle particelle in sospensione. Per tali valutazioni saranno effettuati controlli con stazioni fisse e mobili.

In data 30 dicembre 2002, presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, si è tenuta una conferenza dei servizi in cui è stato fatto rilevare che le attività di escavo previste nel progetto dell'autorità portuale sono dettate da ragioni di navigabilità e non di messa in sicurezza d'emergenza del sito nazionale e, pertanto, l'istruttoria, svolta dalla direzione generale rifiuti e bonifiche del ministero dell'ambiente e tutela del territorio, ha riguardato i seguenti aspetti:
a) verifica degli interventi di dragaggio del canale di accesso al porto di La Spezia, di realizzazione della vasca di colmata e di dragaggio della zona di evoluzione del 3o Bacino portuale e della zona antistante il molo Fornelli in base al criterio che detti interventi non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento e una diffusione dell'inquinamento;
b) necessità di ulteriori prescrizioni finalizzate ad assicurare il conseguimento della massima sicurezza ambientale in fase di esecuzione delle suddette attività.

A tal fine, il monitoraggio verrà attuato prima, durante e dopo le operazioni di dragaggio, sotto la supervisione dell'Arpa Liguria.
Inoltre, sono state definite le misure idonee a contenere il rischio ambientale derivante dall'asportazione dei sedimenti inquinanti sottostanti la vasca di colmata ed il loro smaltimento in idonei impianti, nonché ad assicurare l'impermeabilizzazione della stessa vasca al fine di impedire rilasci in mare del materiale ivi contenuto e relativamente al collocamento nella cassa del materiale di dragaggio proveniente dal bacino di evoluzione e dai fondali antistanti il molo Fornelli.
È stata prevista anche la necessità di prestare una polizza fidejussoria, da parte dell'appaltatore, a garanzia del risarcimento dei danni ambientali eventualmente prodotti in corso d'opera.
Infine, in data 25 febbraio 2003, si è tenuta una ulteriore conferenza di servizi finalizzata a verificare che gli interventi di dragaggio previsti non pregiudichino i successivi interventi di bonifica e non determinino una diffusione dell'inquinamento.
Nel corso della conferenza la direzione generale rifiuti e bonifiche del ministero dell'ambiente e tutela del territorio ha prescritto alcune integrazioni all'indagine per la caratterizzazione dei sedimenti marini


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nei fondali prospicienti la scogliera di Mariperman, interessati dal progetto di realizzazione di una nuova banchina, segnalando la necessità che vengano ricercati ulteriori «parametri chimici (pesticidi e nichel) e che vengano ripetute alcune analisi dei parametri tossici, impiegando una metodica analitica più accurata, da concordarsi con l'Arpal.
Una serie di ulteriori prescrizioni, tese a rendere più accurata la caratterizzazione chimica dei sedimenti, è stata indicata dall'Icram soprattutto relativamente alla determinazione dei «composti organostannici» (TBT).
A tutte le citate prescrizioni la società incaricata per la realizzazione dei lavori portuali è tenuta ad attenersi scrupolosamente.
Anche per gli interventi di dragaggio degli specchi d'acqua antistanti il terminal RAVANO, al servizio del porto mercantile di La Spezia, la direzione generale rifiuti e bonifiche e l'Icram hanno impartito una serie di prescrizioni, finalizzate ad un più accurato rilevamento dei microinquinanti tossici (diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili, cianuri, clorobenzeni e clorofenoli), nonché una serie di prescrizioni indirizzate all'autorità portuale mirate ad assicurare che nel corso dell'operazione di dragaggio non si verifichino perdite di materiale e risospensione e diffusione dei sedimenti inquinati, unitamente alle opportune misure per la sicurezza dei lavoratori esposti al contatto con il materiale dragato.
Per quanto riguarda l'esecuzione dei piani di caratterizzazione delle aree marine di competenza della pubblica amministrazione, il relativo incarico è stato affidato, con delibera di giunta regionale del 27 dicembre 2002, n. 1707, all'Arpal. Il relativo disciplinare sarà definito a breve e l'inizio delle attività è previsto entro l'autunno.
Nel corso della prossima conferenza dei servizi verranno forniti aggiornamenti in ordine agli accordi intercorsi tra il ministero dell'ambiente e tutela del territorio e il ministero della difesa ai fini della caratterizzazione delle aree di pertinenza dell'autorità militare, nonché in ordine ai piani di caratterizzazione di competenza dei soggetti privati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CENTO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le cronache giornalistiche da alcuni anni prestano attenzione alla storia di Lara, nata nel 1994, dal signor Silvio Berlini e Lisbeth Flister, una cittadina norvegese;
dopo il fallimento del matrimonio, il tribunale distrettuale di Midhordaland affidò la minore congiuntamente ai genitori, provvedimento che il signor Berlini faticò a fare applicare;
nell'estate del 1997 la bambina viene in Italia a trascorrere le vacanze, nel corso delle quali il padre nota un'accentuarsi della sofferenza psichica e fisica della bambina. Dagli accertamenti disposti dal pediatra, dottor Ronchi di Rimini, emerge che la bambina è affetta da una grave forma di deficit immunitario (IGA), da ricorrenti polmoniti, otiti ed infezioni micotiche. La bambina soffre di ritardi di sviluppo e di un forte rifiuto verso la figura materna. Di conseguenza Silvio Berlini informa la madre che tratterrà Lara oltre il termine previsto del 31 agosto 1997, in quanto il pediatra ha disposto il ricovero della bambina nell'ospedale civile di Cattolica;
Lisbeth Flister avvia la richiesta di rimpatrio della minore in base alla convenzione dell'Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori. Il padre si oppone in base all'articolo 10 della stessa convenzione e presenta ricorso per affidamento presso il tribunale di Rimini;
sulla base dei risultati dell'istruttoria, il presidente del tribunale di Rimini dispone una consulenza tecnica, e denuncia


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la madre per il reato di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del codice penale);
il tribunale per i minorenni di Bologna, però, il 13 novembre 1997 dispone l'immediato rimpatrio della minore suscitando le perplessità del tribunale di Rimini, dei servizi sociali e della questura. Il padre con una figlia in preda al panico per l'imminente distacco si rende irreperibile e si trasferisce con Lara a Bologna dove inizia a frequentare la scuola materna e dopo la scuola elementare;
il 13 luglio 2001, ottemperando ad un ordine del tribunale di Rimini, Lara e Silvio Berlini si recano nella Repubblica di San Marino per sottoporsi ad una consulenza tecnica d'ufficio disposta dal presidente del tribunale di Rimini; in conflitto con le disposizioni del tribunale di Rimini la procura del tribunale per i minorenni di Bologna chiede alle autorità sammarinesi di consegnare la minore. Ciò avviene il 2 agosto 2001 ed il 3 agosto 2001, in contrasto con le osservazioni della consulente tecnica d'Ufficio e dei Servizi sociali italiani, la bambina viene coattamente rimpatriata. Da allora la minore non ha più rapporti con suo padre, eccetto alcuni rari e fortemente contrastati contatti telefonici;
il tribunale di Rimini ordina il 13 settembre 2001 la prosecuzione della consulenza tecnica d'ufficio in Norvegia. Dalle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, depositata il 3 settembre 2002 risulta che la bambina ha subìto dei forti traumi. Risulta oltretutto che la madre Lisbeth Flister sia da anni afflitta da una grave patologia psichiatrica con frequenti ricoveri in cliniche psichiatriche. La consulenza tecnica d'ufficio conclude che Lara si trova in una situazione di «grave rischio psico-fisico»;
i servizi della Asl Bologna Nord in tre relazioni alquanto allarmanti dichiarano che: «Ci troviamo a reiterati tentativi di ledere i diritti di questa bambina impunemente agiti a dispetto di tutti i trattati e di tutte le convenzioni internazionali sulla tutela dell'infanzia»;
tutte le ordinanze del tribunale di Rimini atte a proteggere la minore sono state completamente disattese, tanto che le procure di Bologna e Rimini procedono nei confronti della signora Flister per varie ipotesi di reato;
Lara, secondo una consulenza tecnica d'ufficio pediatrica, necessita particolari cure e medicazioni riguardo al suo deficit immunitario. La madre apertamente si oppone e da oltre 20 mesi Lara non riceve tali cure;
in data 22 novembre 2002 il presidente del tribunale di Rimini ordina, con un provvedimento provvisorio, l'immediata decadenza della madre dall'affidamento;
la polizia norvegese ha emesso nel lontano 1998 un mandato di cattura internazionale contro il signor Berlini. Tale mandato fu dichiarato ineseguibile dalla questura di Rimini. Questo mandato ha come fondamento un provvedimento cautelare norvegese emesso dalla polizia di Bergen;
il signor Berlini ed i suoi legali sostengono di incontrare una indisponibilità ad affrontare la vicenda da parte della Ambasciata d'Italia ad Oslo e della direzione generale italiani all'estero presso il ministero degli affari esteri;
la direzione generale italiani all'estero ha comunicato al signor Berlini con lettera del 13 febbraio 2003 che sono impossibilitati a dare accesso agli atti inerenti Lara Berlini, come disposto dalla legge 241 del 1990 sull'accesso ad atti amministrativi, in quanto la vicenda è vincolata dal decreto ministeriale n. 604 del 7 settembre 1994 (Documenti inaccessibili per motivi attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla correttezza delle relazioni internazionali) -:
se i fatti riscontrati corrispondano al vero e quali siano i motivi per cui un atto che appare ordinario sia invece secretato ai sensi del decreto ministeriale n. 604 del 7 settembre 1994;


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quali iniziative intendano intraprendere presso le autorità competenti per tutelare la minore affinché possano essere rispettate le decisioni del Tribunale e sia ottenuta la collaborazione delle autorità norvegesi.
(4-05679)

Risposta. - Il ministero degli affari esteri si occupa del caso di Lara Berlini sin dall'ottobre 2001, a seguito del rimpatrio coattivo della minore in Norvegia avvenuto nell'estate dello stesso anno, in applicazione della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. All'epoca, infatti, il padre aveva sottratto la figlia, affidata alla madre dal tribunale norvegese prima e da quello italiano poi.
In stretta collaborazione con l'ambasciata d'Italia a Oslo, si è provveduto tempestivamente a fornire al signor Berlini alcune informazioni preliminari in merito alla possibilità di intraprendere ogni azione giurisdizionale volta a modificare il decreto di rimpatrio della minore, nonché ogni altro intervento ritenuto utile a revocare la potestà genitoriale della madre che, secondo l'interessato, non sarebbe in condizioni di esercitarla in quanto affetta da psicosi maniaco-depressiva.
Da quel momento, l'attività del ministero degli affari esteri e dell'ambasciata d'Italia in Norvegia ha proceduto in parallelo con l'
iter giudiziario avviato dal signor Berlini per l'affidamento della minore, nell'intento di suscitare l'interessamento delle autorità locali, mostratesi non particolarmente ricettive nei confronti delle segnalazioni pervenute da parte italiana.
In particolare, l'ambasciata si è adoperata per promuovere ogni utile tentativo di accordo con la signora Flister al fine di garantire al connazionale il pieno diritto di visita assicurandogli un rapporto di continuità affettiva con la figlia, acquisire elementi sulla posizione penale del signor Berlini in Norvegia a seguito della sottrazione della minore da lui precedentemente effettuata e provvedere ad una visita consolare alla bambina, continuando nel contempo a sensibilizzare le autorità locali sulla delicata vicenda.
La signora Flister si è opposta, tramite i suoi legali, all'effettuazione della citata visita consolare e, pertanto, l'Ambasciata è ripetutamente intervenuta sui servizi sociali locali, sul ministero della famiglia e sul ministero degli affari esteri norvegesi per conoscere lo stato di vita e di salute della piccola Lara, sottolineando l'importanza che la minore mantenga costanti rapporti con il padre e la famiglia italiana, vista anche l'impossibilità per il signor Berlini di recarsi in Norvegia.
Il connazionale risulta infatti perseguibile, secondo il codice penale locale, per il reato di sottrazione di minore, in relazione al quale è stato emesso un mandato di cattura internazionale, tuttora pendente.
Come rappresentato personalmente al signor Berlini nel corso delle sue visite presso questo ministero degli affari esteri, l'interessamento politico-diplomatico al caso potrebbe essere avvalorato da un'eventuale sentenza favorevole del tribunale italiano, della quale l'interessato è stato altresì invitato a chiedere il riconoscimento, ai sensi della Convenzione di Lussemburgo del 1980 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento di minori. Infatti, il provvedimento con il quale il competente Tribunale di Rimini ha revocato l'affidamento esclusivo della minore alla madre, riveste tuttora carattere provvisorio, in attesa che il collegio si pronunci sul merito della causa.
Per quanto concerne il diniego di accesso ai documenti amministrativi, risultano doverose alcune precisazioni.
Nella lettera citata dall'interrogante, infatti, si riscontra una specifica richiesta del legale del signor Berlini volta ad ottenere copia di una determinata risposta fornita dal ministero della famiglia norvegese ed i seguiti di tale corrispondenza, di cui il connazionale è stato peraltro messo puntualmente al corrente. Prescindendo dalla riservatezza di alcune comunicazioni sulla base della normativa norvegese sulla tutela dei dati personali, normativa che le autorità italiane sono tenute a rispettare, il diniego di accesso non si riferisce, come lascia supporre il testo dell'interrogazione, all'intera documentazione relativa al caso, ma ad


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una specifica corrispondenza tra l'ambasciata e le autorità locali che, attenendo alla protezione diplomatica del connazionale, rientra nei casi contemplati dall'articolo 2, paragrafo 1 del decreto ministeriale n. 604 del 7 settembre l994, sottratti al diritto di accesso previsto dalla legge 241 del 1990.
La predetta norma recita, infatti, che sono sottratti all'accesso gli «atti concernenti la protezione diplomatica dei connazionali aventi come oggetto valutazioni sulla attendibilità delle parti interessate, sulla opportunità e sulla modalità degli interventi dell'amministrazione nei confronti delle autorità degli altri Paesi».
È peraltro opportuno precisare che una richiesta d'accesso agli atti relativi alla corrispondenza tra l'ambasciata d'Italia ad Oslo e il ministero degli affari esteri è stata già soddisfatta, conformemente alla citata legge 241 del 1990 sull'accesso ai documenti amministrativi, nell'estate del 2002.
In merito alle iniziative intraprese sul caso, occorre ribadire quanto già reso noto al legale del signor Berlini in una lettera del 28 febbraio 2002, che fa stato dei recenti interventi dell'Ambasciata d'Italia ad Oslo e dei relativi esiti.
Il ministero degli esteri norvegese, al quale i servizi sociali di Bergen hanno riferito le loro osservazioni sullo stato di salute della minore, ha comunicato che tale stato risulta estremamente soddisfacente, sottolineando l'assenza di motivi ostativi al mantenimento dell'affidamento di Lara alla madre. Stando a tale rapporto sembrerebbe emergere, in linea di principio, un'eventuale disponibilità da parte della signora Flister ad acconsentire ad un nuovo regime di visite per il signor Berlini, purché esso venga organizzato secondo modalità tali da impedire nuove illecite sottrazioni. La signora avrebbe altresì fatto notare l'assenza di proposte concrete da parte dell'ex marito al riguardo. Pertanto, si è ritenuto opportuno invitare il legale del signor Berlini a verificare la fattibilità di tale ipotesi, anche alla luce del peculiare
status giuridico del suo assistito in Norvegia (stante la pendenza del mandato di cattura internazionale ed il conseguente rischio di arresto per il reato di sottrazione di minore) ma soprattutto la disponibilità dell'interessato a raggiungere un compromesso. Tale compromesso riveste, infatti, un indubbio rilievo ai fini della tutela dell'interesse prioritario della minore, nell'ottica dell'essenziale mantenimento di buoni rapporti con entrambi i genitori.
Oltre ad un riscontro in merito a quanto sopra rappresentato, si attende ancora la pronunzia definitiva del tribunale di Rimini in merito all'affidamento della minore, anche ai fini della più volte ventilata possibilità di riconoscimento di un'eventuale sentenza più favorevole al connazionale, ai sensi della Convenzione di Lussemburgo del 1980.
Occorre ribadire, infatti, che le decisioni del tribunale cui fa riferimento l'interrogante rivestono ancora carattere provvisorio, di scarso rilievo ai fini degli interventi per via diplomatica che l'ambasciata d'Italia ad Oslo, in stretto coordinamento con questo ministero, continua a porre in essere nell'interesse prioritario della minore.
Si ritiene, pertanto, che la descrizione dei fatti e degli interventi effettuati in favore del signor Berlini non confermino l'asserito atteggiamento d'indisponibilità nei suoi confronti. Tale atteggiamento sarebbe oltretutto privo di ragion d'essere alla luce del quotidiano impegno rivolto dagli uffici centrali e periferici di questa amministrazione ai casi di minori contesi, per la cui soluzione risultano fondamentali le peculiari vicende familiari, i contesti politico-sociali, la disponibilità o meno di strumenti giuridici a supporto dell'azione diplomatica, nonché la reale determinazione delle parti a risolvere le spiacevoli vicende, in un rapporto di fiducia e collaborazione con le Istituzioni deputate alla loro tutela.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

CIMA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Giovanni Boccia, consigliere provinciale della provincia di Asti, recentemente ha inviato una lettera di protesta


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all'ambasciatore d'Italia in Tunisia, e per conoscenza ad altre autorità competenti, per denunciare la grave situazione di abbandono e mancanza di organizzazione dell'ambasciata italiana a Tunisi;
nella missiva il signor Boccia racconta di aver avuto recentemente la necessità di contattare telefonicamente l'ufficio visti dell'ambasciata e di aver provato, in orario d'ufficio, per diversi giorni senza ricevere risposta;
in una sola giornata ha telefonato per ben 74 volte senza che nessuno mai gli rispondesse; ha inviato fax ed e-mail chiedendo cortesemente di essere contattato dal personale dell'ambasciata data l'impossibilità da parte sua di farlo;
tutti i tentativi sono stati vani e, in seguito a una sua piccola indagine, il signor Boccia ha scoperto che numerosi nostri connazionali hanno riscontrato le sue stesse difficoltà ed hanno denunciato per iscritto alle autorità competenti questa inconcepibile situazione, aggravata per alcuni dalle risposte maleducate e fuori luogo del personale addetto -:
se sia a conoscenza dei motivi che causano il grave stato di inefficienza in cui versa l'ambasciata d'Italia a Tunisi;
come ritenga di intervenire affinché anche questa nostra rappresentanza all'estero sia resa efficiente e disponibile come altre ambasciate italiane nel mondo che, nonostante carenza di mezzi e personale, portano alto il buon nome dell'Italia.
(4-04531)

Risposta. - In merito al caso sollevato dall'interrogante, l'ambasciata d'Italia a Tunisi ha inviato una lettera di risposta al signor Giovanni Boccia, consigliere provinciale di Asti, che aveva lamentato la difficoltà di contattare, con qualsiasi mezzo, la stessa rappresentanza, come a suo avviso era già accaduto ad altri connazionali.
La nostra ambasciata ha rilevato la mancanza di indicazioni dettagliate atte a suffragare tali lamentele. Nella sua istanza, infatti, il signor Boccia non ha precisato il giorno in cui si sarebbero verificati tali problemi, né il numero telefonico ovvero l'indirizzo
e-mail composto per cercare di comunicare. Non è stata inoltre allegata alcuna delle comunicazioni riproducibili su supporto cartaceo, né è stato precisato il servizio per il quale egli avrebbe ripetutamente scritto e telefonato. Tali semplici indicazioni avrebbero facilitato un'immediata verifica dei fatti, delle eventuali responsabilità correlate, favorendo l'adozione, se del caso, degli appropriati interventi. L'ambasciatore ha comunque disposto tempestivi accertamenti, anche in relazione alle presunte richieste di altri connazionali che non avrebbero avuto seguito.
Con riferimento al caso in esame, va sottolineato che, la nostra ambasciata aveva peraltro avuto contatti telefonici con il signor Boccia al quale erano stati spiegati i motivi del mancato rilascio di un visto d'ingresso in Italia ad un cittadino tunisino, la cui richiesta non soddisfaceva i requisiti della normativa italiana e comunitaria in materia di visti.
Per quanto riguarda l'efficacia del servizio, durante l'orario di lavoro (08.30-14.00 e 14.30-18.00 dal lunedì al venerdì) opera un normale centralino. Nelle ore restanti entra in funzione una segreteria telefonica trilingue che recita il numero del cellulare del funzionario di turno da comporre per i casi di emergenza. Innumerevoli sono infatti le occasioni, con particolare riguardo all'assistenza ai connazionali, alle quali i servizi di emergenza dell'ambasciata in questione fanno fronte quotidianamente.
Durante l'orario lavorativo viene peraltro costantemente verificato che i tempi d'attesa siano brevi e dunque ragionevolmente accettabili. Il personale è peraltro costantemente sensibilizzato all'esigenza di assicurare la massima tempestività di risposta telefonica, ovviamente nei limiti imposti dalle risorse tecniche ed umane a disposizione. A tal fine, la nostra ambasciata mira a potenziare il servizio esistente per ridurre ulteriormente la soglia di possibile attesa, dando così seguito ad una specifica richiesta in tal senso del locale COMITES, l'organo di rappresentanza elettiva della collettività italiana, che auspicherebbe


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una linea dedicata esclusivamente all'utenza italiana.
Come sopra detto, l'ambasciata in questione, come del resto il suo ufficio visti e l'istituto di cultura, che operano in edifici separati, smaltiscono un considerevole traffico telefonico, dovuto tra l'altro al forte impulso impresso alle relazioni tra i due paesi in tutti i settori di reciproco interesse. Basterà ricordare a titolo esemplificativo che in due anni l'interscambio commerciale e aumentato del 40 per cento circa; che dal 1999 ad oggi sono più che raddoppiate le società a partecipazione italiana (da 300 a circa 750); si è giunti alla trattazione di circa 20.000 richieste di visto; l'insegnamento della lingua italiana interessa oltre 22.000 studenti eccetera.
È quindi possibile che in certi momenti della giornata e/o in determinate occasioni (ad esempio in concomitanza con la visita di una personalità) si verifichino dei picchi di utenza con conseguente occupazione delle linee, come del resto avviene in qualsivoglia ufficio che operi in costante contatto con il pubblico.
Al fine di migliorare il funzionamento dei centralini delle nostre sedi diplomatiche, l'ispettorato generale del ministero degli affari esteri ha di recente effettuato una serie di approfonditi ed estesi controlli, dai quali non sono emersi disservizi nell'attività del centralino telefonico delll'ambasciata d'Italia a Tunisi. In ogni caso, tali verifiche sono disposte in via permanente e regolare proprio al fine di assicurare un servizio al pubblico sempre più efficace.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

MAURA COSSUTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
con una nota inviata dalla Swiss Re Italia alle organizzazioni sindacali in data 17 gennaio 2002, l'azienda ha informato le stesse organizzazioni sindacali del proprio intendimento di procedere ad una riorganizzazione delle proprie attività e dell'organico che comporterebbe, nell'arco di tre anni, una eccedenza di personale pari a 130 addetti, diversamente suddivisa tra i vari settori della società;
la necessità della suddetta riorganizzazione verrebbe principalmente giustificata dalla Swiss Re Italia, nella stessa nota del 17 gennaio 2002, con il difficile momento attraversato dall'industria assicurativa, anche successivamente ai fatti dell'11 settembre 2001 e con la stagnazione del mercato italiano delle assicurazioni, elementi che avrebbero portato a risultati altamente negativi per la società negli ultimi anni;
secondo l'azienda, la negatività dei risultati, accompagnata alla presenza di elevati costi di gestione, non può che essere combattuta con una riorganizzazione delle attività concentrata, in primis, su una chiara identificazione delle stesse, sulla necessaria riduzione dei costi e sull'attività aziendale prevedibile dal 2003 in avanti;
mentre per l'azienda la procedura per la ristrutturazione in oggetto è quella prevista dall'articolo 15 del Contratto collettivo nazionale di lavoro del 18 dicembre 1999, secondo cui le organizzazioni sindacali prendono solo atto delle decisioni aziendali, per le rappresentanze sindacali la riorganizzazione dell'organico deve essere impostata seguendo quanto disposto dall'articolo 14 dello stesso Contratto collettivo del 18 dicembre 1999, secondo il quale i sindacati partecipano alla definizione del programma di ristrutturazione attraverso una trattativa della durata massima di 90 giorni;
le stesse organizzazioni sindacali hanno chiesto, sulla questione, l'intervento del ministero per le attività produttive, anche a seguito degli accordi sottoscritti presso il ministero dell'industria il 1 luglio 1998 tra Ina spa, Uniorias spa e organizzazioni sindacali, accordo fatto proprio anche dalla Swiss Re Italia e secondo il quale l'Uniorias, in caso di riorganizzazioni aziendali, si impegnava a non attivare le procedure previste dalle


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vigenti leggi in materia di licenziamenti collettivi, a perseguire ogni possibile riutilizzo del personale eccedente e a dare precedenza agli esodi volontari agevolati per il personale pensionabile -:
se siano a conoscenza del piano di riorganizzazione aziendale proposto dalla Swiss Re Italia alle organizzazioni sindacali e dei conseguenti 130 esuberi di personale previsti;
se ritengano di costituire un tavolo istituzionale di confronto tra ministero delle attività produttive, ministero del lavoro e delle politiche sociali, azienda e organizzazioni sindacali al fine di verificare l'effettiva necessità dei 130 esuberi previsti e, comunque, di garantire il pieno rispetto degli accordi sottoscritti in precedenza in materia di esuberi di personale.
(4-02432)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma è emerso quanto segue.
La SWISS RE ITALIA S.p.A. - già Unione italiana di riassicurazione S.p.A. - è un'impresa autorizzata a svolgere l'attività di riassicurazione in qualsiasi ramo di assicurazione con sede in Roma ed una dipendenza sita in Milano.
L'azienda, alla data del 31 dicembre 2001, occupava 290 unità (31 dirigenti e 259 fra impiegati e funzionari).
A causa delle perdite conseguite nel mercato domestico, negli ultimi anni per la situazione critica in cui versa il mercato assicurativo italiano, il Gruppo Swiss Re ha deliberato un progetto riorganizzativo della propria attività in Italia proiettato nell'arco di tre anni, con la previsione di una eccedenza di personale pari a 130 unità.
Tale processo riorganizzativo è stato formalmente comunicato alle rappresentanze sindacali aziendali con lettera datata 17 gennaio 2002, ai fini dell'avvio del confronto sindacale previsto dalla disciplina pattizia in vigore fra le parti.
Si fa presente che si sono svolti numerosi incontri fra l'impresa e le organizzazioni sindacali, a livello nazionale ed aziendale, tesi ad acquisire ulteriori maggiori elementi in ordine alla programmata riorganizzazione varata dal predetto gruppo multinazionale relativamente alle attività svolte sul mercato italiano.
Le iniziative intraprese sono sfociate in un accordo, siglato in data 8 maggio 2002, fra la società SWISS RE ITALIA S.p.A, le organizzazioni sindacali nazionali del settore e la rappresentanza sindacale aziendale, ad esaurimento della procedura ex articolo 15 del vigente CCNL per il settore.
Con tale accordo l'impresa, fra l'altro, si impegna a non fare ricorso alla procedura di cui alla legge n. 223 del 1991 in materia di licenziamenti collettivi sino al 31 dicembre 2004, data di scadenza dell'accordo stesso.
Si fa presente che nelle premesse di cui all'accordo citato - riferito unicamente al personale dipendente non dirigente ed approvato dall'assemblea del personale in data 12 maggio 2002 - si conferma che il «Gruppo Swiss Re» ha deciso di sottoscrivere i contratti di riassicurazione sul mercato domestico attraverso una nuova struttura organizzativa italiana diversa dalla Swiss Re Italia S.p.A. e che le attività di amministrazione dei contratti sottoscritti dal 1o gennaio 2003 in poi non verranno svolte in Italia.
Inoltre, si conferma, altresì, l'intendimento del gruppo multinazionale in questione di far svolgere le attività attuali e future di «Swiss Re» in Italia prevalentemente dal personale attualmente in forza, anche attraverso attività di formazione e riqualificazione dello stesso, nonché il mantenimento dell'attuale localizzazione della sede principale in Roma e degli uffici in Milano.
Infine, con la finalità di agevolare l'esodo dei lavoratori, è previsto un piano di incentivazione economica ai dipendenti che, su base volontaria, risolveranno il rapporto di lavoro nell'arco temporale di validità dell'accordo, nonché un piano di «outplacement» accessibile, su base individuale e collettiva, a quei lavoratori che matureranno il diritto a percepire la pensione di anzianità o vecchiaia, secondo la normativa


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in vigore, oltre i 48 mesi dal momento della risoluzione del rapporto.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

MAURA COSSUTTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5, comma 1, della legge 11 ottobre 2000, n. 290, (modificativo dell'articolo 10, comma 11, terzo periodo, della legge n. 133 del 1999) stabilisce che i trasferimenti ai comuni sono variati, in diminuzione od in aumento, in misura pari alla somma del maggiore o minor gettito derivante (ai comuni) dall'applicazione dell'aumento delle tariffe dell'addizionale sul consumo di energia elettrica per gli usi delle abitazioni, diminuita del mancato gettito dell'addizionale stessa per gli usi nei luoghi diversi dalle abitazioni (gettito attribuito dal 2000 interamente alle province a differenza del passato);
a distanza di due anni non è stata ancora rispettata la suddetta norma ed addirittura numerosi comuni, specialmente del centro-nord, si sono visti ridurre i trasferimenti degli anni 2000, 2001 e 2002 in base ad un presunto maggior gettito derivante dall'aumento delle tariffe sugli usi nelle abitazioni, nonostante abbiano avuto, di fatto, una notevole riduzione del gettito dell'addizionale (non avendo il suddetto aumento compensato la perdita sugli usi diversi dalle abitazioni);
gli uffici di questo ministero dell'interno, interpellati, hanno comunicato che non sono in grado di definire i trasferimenti erariali fino a che il ministero dell'economia non avrà fornito i dati definitivi del 2000 sull'addizionale;
i dati relativi all'esercizio 2000 sono senza dubbio a conoscenza di tutti i comuni italiani;
in base ai dati suddetti ed alla norma di legge i comuni sono tenuti ad accertare il gettito, come loro risultante, nei propri documenti contabili;
sul sito Internet relativo alle «spettanze, assegnazioni, decurtazioni» dell'anno 2002 è stata prevista la modifica dei trasferimenti in relazione al menzionato gettito solo per la parte relativa alla «decurtazione» a differenza delle indicazioni impartite per l'esercizio 2001 -:
per quale motivo non si proceda a modificare nei giusti termini le spettanze dei comuni in merito alle disposizioni citate in premessa;
perché il ministero dell'economia e delle finanze non fornisce al ministero dell'interno i dati occorrenti alla modifica di cui sopra, ritenendo che come i comuni anche il ministero ne abbia conoscenza;
quali iniziative intenda opportuno intraprendere per dare certezza del rispetto della legge in questione e quindi procedere all'attribuzione compensativa del mancato gettito dell'addizionale;
quale sia il motivo per cui nel sito internet ministeriale relativo alle «spettanze, assegnazioni, decurtazioni» venga prevista solo la decurtazione in merito all'addizionale di cui trattasi.
(4-03129)

Risposta. - Sulla base di dati presuntivi forniti dal ministero dell'economia e delle finanze, questa amministrazione ha operato, a decorrere dall'anno 2000, le relative variazioni sulle spettanze di ciascun comune, avendo stimato presunte maggiori entrate, per gli enti locali, derivanti dall'applicazione dell'aumento delle tariffe dell'addizionale sul consumo di energia elettrica per gli usi delle abitazioni.
Nell'operazione di raccolta dei dati definitivi, l'agenzia delle dogane ha riferito di aver incontrato, sul territorio, alcune difficoltà dal momento che molti distributori di energia hanno prodotto dichiarazioni attestanti valori riferiti al consumo anziché quantificati in termini monetari e proprio da ciò è scaturita la mancata variazione delle spettanze assegnate ai comuni così come l'interrogante ha evidenziato.
Queste difficoltà sono state comunque superate in data 25 giugno 2002 dal Ministro dell'economia e delle finanze con la


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trasmissione dei dati definitivi delle differenze di gettito dell'addizionale, scaturenti dal confronto tra i dati dell'anno 2000 e quelli dell'anno 1999.
Inoltre, al fine di poter adeguatamente quantificare i trasferimenti erariali per il corrente esercizio, nonché i conguagli per il biennio 2000-2001, sono stati pubblicati, sul sito
Internet di questo Ministero, i dati definitivi delle differenze di gettito dell'addizionale trasmessi dal ministero dell'economia e delle finanze con l'invito ai comuni a verificare l'entità dei gettiti riportati e ad informare tempestivamente il ministero dell'economia e delle finanze di eventuali errori o inesattezze.
Si soggiunge, infine, che questo ministero ha diramato, in data 22 luglio 2002, una circolare per la divulgazione urgente dei dati a tutti gli enti locali, inserendovi la comunicazione telematica citata.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

COSTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati riportati dal «Rapporto mensile sulla popolazione penitenziaria, indagine al 31 dicembre 2002», pubblicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato, il numero di detenuti nelle carceri italiane ammontava, alla fine dell'anno 2002, a 55.670 unità di cui 53.200 uomini (pari al 95,6 per cento del totale) e 2.469 donne;
con provvedimento del Ministero è stata disposta la «capienza regolamentare» di ciascun istituto penitenziario;
superandosi con frequenza la capienza regolamentare, è stata introdotta la categoria «capienza tollerabile», con l'intenzione di indicare l'ipotetica massima ricettività di ciascun carcere, oltre la quale viene superata la soglia della stessa tolleranza in qualche modo accettabile;
in ben 41 istituti penitenziari italiani, su 205, i detenuti presenti eccedono addirittura la capienza tollerabile;
nel dettaglio le situazioni più critiche: Padova C.C. (regolamentare 64, tollerabile 100, presenti 219: +242 per cento rispetto alla capienza regolamentare), Busto Arsizio (regolamentare 167, tollerabile 297, presenti 386: +131 per cento), Brescia Mombello (regolamentare 206, tollerabile 307, presenti 415: +130 per cento), Bari (regolamentare 220, tollerabile 363, presenti 474: +115 per cento), Catania Piazza Lanza, (regolamentare 222, tollerabile 326, presenti 475: +113 per cento), Verona Montorio (regolamentare 281, tollerabile 477, presenti 594: +111 per cento), Pistoia (regolamentare 64, tollerabile 118, presenti 131: +104 per cento), Bergamo (regolamentare 210, tollerabile 349, presenti 425: +102 per cento), Foggia (regolamentare 390, tollerabile 449, presenti 613: +101 per cento), Firenze Sollicciano (regolamentare 467, tollerabile 796, presenti 930: +99 per cento), Bologna (regolamentare 483, tollerabile 895, presenti 921: +90 per cento), Pordenone (regolamentare 46, tollerabile 62, presenti 87: +89 per cento), Pisa (regolamentare 227, tollerabile 236, presenti 428: +88 per cento), Locri regolamentare 76, tollerabile 128, presenti 135: +77 per cento, Sciacca (regolamentare 45, tollerabile 61, presenti 80: +77 per cento), Treviso (regolamentare 129, tollerabile 187, presenti 225: +74 per cento), Perugia (regolamentare 139, tollerabile 193, presenti 240: +72 per cento), Santa Maria Capua Vetere (regolamentare 527, tollerabile 799, presenti 867: +64 per cento), Venezia Santa Maria Maggiore (regolamentare 111, tollerabile 161, presenti 179: +61 per cento), Rovereto (regolamentare 49, tollerabile 53, presenti 78: +59 per cento), Genova Marassi (regolamentare 459, tollerabile 569, presenti 728: +58 per cento), Napoli Poggioreale (regolamentare 1.359, tollerabile 1.546, presenti 2.158: +58 per cento), Padova C.R. (regolamentare 418, tollerabile 657, presenti 661: +58 per cento), Trento (regolamentare 100, tollerabile 125, presenti 152: +52 per cento), Palermo Ucciardone (regolamentare 424, tollerabile


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577, presenti 642: +51 per cento), Bolzano (regolamentare 123, tollerabile 165, presenti 185: +50 per cento), Avellino (regolamentare 266, tollerabile 365, presenti 398: +49 per cento), Massa C.C. (regolamentare 108, tollerabile 132, presenti 157: +45 per cento), Messina (regolamentare 268, tollerabile 384, presenti 390: +45 per cento), Milano San Vittore (regolamentare 1.015, tollerabile 1.302, presenti 1.419: +39 per cento), Siracusa (regolamentare 260, tollerabile 352, presenti 363: +39 per cento), Roma Rebibbia N.C.1 (regolamentare 1.188, tollerabile 1.495, presenti 1.561: +31 per cento), Belluno (regolamentare 87, tollerabile 90, presenti 113: +29 per cento), Gorizia (regolamentare 49, tollerabile 53, presenti 63: +28 per cento), Lodé Mamome (regolamentare 154, tollerabile 169, presenti 194: +25 per cento), Novara (regolamentare 186, tollerabile 223, presenti 226: +21 per cento, Matera (regolamentare 114, tollerabile 117, presenti 138: +21 per cento) -:
se la categoria di «capienza tollerabile», ben superiore a quella regolamentare, sia stata introdotta dal ministero in base a criteri oggettivi;
se il Ministero non ritenga che eccedere in 41 istituti di pena alla stessa capienza tollerabile non pregiudichi grandemente la vivibilità dei suddetti istituti;
quali azioni intenda intraprendere il ministero per portare alla soluzione di una situazione «intollerabile» sancita dalla stessa Amministrazione.
(4-05323)

Risposta. - Si rappresenta che ai fini della determinazione della capienza cosiddetta «regolamentare» questa ammministrazione fa riferimento ad un decreto del Ministero della sanità del 5 luglio 1975 con il quale si dispone che una stanza da letto debba avere una superficie minima di mq. 9 se per una persona e di mq. 14 se per due persone.
Sulla base di tali indicazioni, con circolare del 17 novembre 1988 si è determinata la cosiddetta «capienza ottimale o regolamentare», sostanzialmente definita partendo da una superficie minima di mq. 9 per una cella ad uso singolo ed aggiungendo un posto-detenuto ogni ulteriori 5 mq. di superficie.
Attesa la situazione di costante sovraffollamento rispetto al dettato regolamentare e dovendo definire criteri equi di distribuzione dei detenuti presenti, si è provveduto ad individuare una capienza cosiddetta «tollerabile», aggiungendo alla capienza regolamentare, un numero di posti letto calcolato per metrature intermedie; ad esempio, se una stanza di mq. 9 può ospitare un detenuto ed una di mq. 14 ne può ospitare due, si ipotizza che in una stanza di 12 o 13 mq. possano essere previsti un posto-detenuto regolamentare ed un posto-detenuto tollerabile.
Per quanto concerne la situazione degli istituti citati dall'interrogante, si sottolinea che il problema del sovraffollamento è al centro di una continua ed intensa attività di monitoraggio da parte della competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, impegnata nell'opera di contenimento dei potenziali effetti distorsivi che un fenomeno come quello sopra segnalato può sortire.
In particolare, al fine di contenere il sovraffollamento di alcune sedi penitenziarie entro i limiti massimi di presenze convenuti e ritenuti non oltrepassabili dal Comitato europeo per la prevenzione delle torture e dei trattamenti inumani presso il Consiglio d'Europa, sono stati progressivamente attuati sfollamenti a cadenza periodica, tenendo comunque conto delle esigenze processuali e personali (di studio, di lavoro, sanitarie e familiari) dei detenuti.
È inoltre all'esame del predetto dipartimento un nuovo sistema di rideterminazione delle capienze, sulla base del quale giungere ad un'uniformità di determinazione del livello di affollamento di ciascun istituto.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CRUCIANELLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche


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sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
in data 18 luglio 2001 si interrogava il Ministro del lavoro ed il Ministro delle attività produttive in merito alla grave situazione riguardante i lavoratori della Incom di Pieve a Nievole, in provincia di Pistoia (Int. n. 4/00307);
alla data odierna non risulta ancora pervenuta alcuna risposta in merito alla interrogazione in oggetto, nonostante il grave stato di incertezza occupazionale e l'indisponibilità dell'azienda ad intraprendere percorsi utili al mantenimento dei livelli occupazionali esistenti;
tale azienda si sarebbe aggiudicata una commessa del Ministero della difesa per il confezionamento delle divise della Guardia di finanza, e tale produzione sarebbe stata delocalizzata negli stabilimenti siti in Romania;
a giudizio dell'interrogante sarebbe opportuno che i ministri interrogati rispondessero tempestivamente alle predette interrogazioni -:
se non si intenda intervenire al fine di garantire che le divise del nostro esercito vengano confezionate sul territorio italiano.
(4-00696)

Risposta. - In riferimento all'atto ispettivo di cui all'oggetto, ed in base ad elementi assunti presso la direzione provinciale del lavoro di Pistoia, rappresento quanto segue.
La societa INCOM S.p.A., per arginare i corposi disavanzi registrati nei bilanci degli ultimi anni, in data 11 ottobre 2001, ha siglato un verbale di accordo con le rappresentanze aziendali e le organizzazioni sindacali di categoria per la messa in mobilità di 35 lavoratori, stante l'impossibilità tecnica e procedurale di ricorrere a diverse alternative.
Le parti si sono impegnato a considerare la disponibilità individuale alla risoluzione del rapporto di lavoro come criterio per la individuazione delle unità in esubero anche se non appartenenti ai profili di inquadramento indicati nella procedura di mobilità, applicando, quindi, una riqualificazione ed una redistribuzione delle mansioni equivalenti, salvo le due unità che verranno adibite a pulizie.
A fronte di quanto sopra, la INCOM S.p.A. si è dichiarata disponibile ad erogare, a coloro che daranno la loro disponibilità e accettazione, un incentivo per contenere l'impatto sociale in una cifra globale di euro 294.380 con un massimo di euro 10.329 per coloro che non conseguiranno diritto a pensione o collocazione futura in nuove attività nell'ambito del periodo di mobilità, ed euro 3.098 per coloro che conseguiranno il diritto a pensione o ricollocazione.
È stato, inoltre, stabilito che le competenze aziendali (preavviso, trattamento di fine rapporto,
bonus all'esodo, altre competenze aggiuntive) saranno suddivise in nove rate mensili, senza interessi, a far data dalla stipula delle transazioni individuali.
Da parte dell'amministrazione provinciale, verranno, poi, attivate idonee iniziative di formazione professionale, attingendo all'apposito Fondo previsto a tale scopo, per la riqualificazione dei lavoratori in esubero al fine di una loro ricollocazione al lavoro.
Per ciò che concerne, infine, l'ultimo punto dell'atto ispettivo in oggetto, è opportuno precisare che il Governo non ha alcuna possibilità di intervenire sull'organizzazione e sulle strategie logistiche delle strutture aziendali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

DELBONO e TOLOTTI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 4 novembre 2002 si è avviata la procedura di mobilità per i 271 dipendenti del Marzotto unità produttiva di Manerbio;
questa scelta avviene, non solo senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e senza coinvolgimento delle realtà istituzionali locali, ma in rottura con impegni


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precedentemente assunti dalla Marzotto con i lavoratori e le istituzioni locali a seguito di due accordi realizzati in data 3 marzo 1999 e 30 marzo 2000;
gli accordi precedentemente assunti prevedevano, dopo un periodo di utilizzo della cassa integrazione ordinaria, un rilancio di investimenti e produttivo del sito industriale di Manerbio, tale da farne, si affermava, «la più grande tessitura europea»;
la decisione della Marzotto prevede una progressiva delocalizzazione della produzione all'estero e apre ulteriori rischi occupazionali per i siti di Mortara (180 addetti) e Schio (65 addetti);
la principale motivazione avanzata dalla azienda per disattendere gli impegni assunti nel 1999 e nel 2000 è l'eccessivo costo del lavoro italiano, considerato 5-10 volte superiore a quello di Paesi in via di sviluppo o di Paesi dai sistemi di protezione sociale meno impegnativi;
il territorio di Manerbio è interessato da una crisi industriale e produttiva preoccupante che impedisce di guardare al futuro con certezze di reimpiego da parte del personale della Marzotto -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che il sito di Manerbio venga chiuso;
in quali tempi e con quali modalità intenda confrontarsi con l'azienda perché si eviti un grave, dannoso e pericoloso processo di delocalizzazione da parte della Marzotto;
quali iniziative intenda assumere affinché siano tutelati e garantiti il lavoro o la ricollocazione del personale della Marzotto, unità produttiva di Manerbio;
come intenda coinvolgere le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali nel difficile periodo a venire, dopo che da parte di un autorevolissimo membro del consiglio di amministrazione della Marzotto si è affermato che spetta alle istituzioni ed alle parti sociali «portare nella zona nuove occasioni di lavoro»;
perché alle ripetute sollecitazioni del comune di Manerbio e delle istituzioni locali non sia stata ancora data alcuna risposta.
(4-04960)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in discorso, concernente la situazione del gruppo Marzotto, si rappresenta quanto segue.
Il ministero delle attività produttive ha seguito con attenzione il piano di sviluppo dei settori di
business in cui opera il Gruppo Marzotto.
In particolare, il Ministero, in un apposito tavolo di confronto tra le parti, istituito presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro su richiesta degli enti locali e delle organizzazioni sindacali, ha seguito le criticità che hanno determinato il ridimensionamento degli organici e delle strutture industriali del Gruppo.
In tale sede, ed in collaborazione anche con gli uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, la società ha ribadito la propria volontà di non voler dismettere il settore tessile, ha illustrato la propria strategia competitiva ed i programmi di segmentazione, innovazione e potenziamento dell'offerta di filati e tessuti, unitamente ad un piano di ridimensionamento del proprio assetto industriale. Ha precisato, inoltre, che tale ridimensionamento si è reso necessario a seguito della strutturale riduzione dei volumi produttivi del settore tessile, in specie nel segmento dei tessuti lanieri per l'abbigliamento formale uomo, che è la parte prevalente della propria offerta (circa il 90 per cento del fatturato 2001).
Il piano di ridimensionamento predisposto dalla Marzotto è ora in corso di attuazione. Com'è noto sono stati conclusi accordi sindacali per i siti di Valdagno (Vicenza) e di Manerbio (Brescia). La riduzione di personale ha interessato, altresì, lo stabilimento di Nova Molisana, sito nella Repubblica Ceca.
Nel dettaglio, il sito di Mortara è stato interessato, nel corso del 2002, da programmi di cassa integrazione ordinaria. La società non ha mai dichiarato, neppure al tavolo di confronto presso il ministero delle


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attività produttive, di voler procedere alla cessazione dell'attività in questo sito. In coerenza con il piano di riduzione dei volumi produttivi che interessa l'intera filiera, per il sito di Mortara è prevista, per il 2003, una rimodulazione dell'attività che comporterà una riduzione di circa 20 unità, sulle 180 occupate, da realizzarsi d'intesa con le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei lavoratori, attraverso il blocco del turnover e la mobilità con accompagnamento alla pensione.
A Manerbio, in data 6 febbraio 2003, è stato siglato un accordo sindacale che prevede la cessazione dell'attività del sito. Tale accordo stabilisce che i dipendenti verranno posti in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell'attività. La gestione degli esuberi avverrà sulla base di un piano che vedrà impegnato un organismo composto da: Marzotto, organizzazioni sindacali, assessorato al lavoro della provincia di Brescia, assessorato alle attività produttive e formazione della provincia di Brescia, comune di Manerbio - area servizi alla persona. Il predetto piano prevede attività di
placement sul territorio, job offer in società del gruppo Marzotto, mobilità volontaria, programmi di orientamento, riqualificazione e formazione ed incentivi all'esodo.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.

DELL'ANNA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il collegamento aereo tra il Salento e l'Italia si realizza solo attraverso l'aeroporto Papola Casale di Brindisi con voli giornalieri per Roma e per Milano;
in particolare il collegamento di Brindisi/Roma e viceversa è assicurato da solo quattro coppie di voli realizzati in esclusiva dalla compagnia ALITALIA e con divari temporali così forti da arrecare ingenti disagi alle popolazioni salentine e gravi ripercussioni a tutta l'economia del territorio;
il prezzo del biglietto per le suddette tratte è particolarmente oneroso tanto da risultare per molti inaccessibile ed anche sproporzionato rispetto a quello di altre tratte molto più lunghe;
le tratte Brindisi/Roma e Brindisi/Milano assumono un'importanza strategica per lo sviluppo e l'affermazione sui mercati delle produzioni salentine;
il volume di traffico che si registra è tale da garantire anche nel caso dell'ampliamento del numero dei voli più che soddisfacenti risultati in termini di redditività -:
se non ritengono doveroso per il Governo, in qualità di azionista di maggioranza della compagnia di bandiera ALITALIA, di chiedere che sia aumentato il numero di coppie di voli sulla tratta Brindisi/Roma in modo da ridurre il divario temporale delle fasce orarie in vigore;
se non ritengano necessario intervenire presso gli organi competenti affinché sia consentito che altre compagnie possano assicurare il collegamento fra Brindisi ed i principali aeroporti italiani;
se non ritengano di adottare le opportunità iniziative per determinare sulle tratte in questione tariffe aeree piu economiche.
(4-05516)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate l'Enac - Ente nazionale per l'aviazione civile - interessato a riguardo riferisce quanto segue.
La società Alitalia opera sulla linea Roma-Brindisi con quattro collegamenti giornalieri in grado di soddisfare le esigenze dell'utenza garantendo, in tal modo, la possibilità di rientro nella stessa giornata e consentendo, attraverso un sistema di voli in coincidenza in arrivo da Brindisi, il collegamento sia con il resto dell'Italia sia con le principali destinazioni europee ed internazionali servite da Roma.


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Nello scorso periodo estivo, è stato attivato un quinto collegamento, in connessione con un incremento della domanda, a differenza di quanto si verifica nel restante periodo dell'anno dove invece si riscontra un decremento della stessa di circa il 30 per cento.
Sulla tratta in questione, infatti, l'Enac fa presente che, malgrado l'abbandono della società Airone che ha operato fino al 2001, fatta eccezione per il periodo estivo, la compagnia Alitalia ha registrato nei primi mesi dell'anno un calo del trasporto aereo pari al -10 per cento ed un coefficiente di riempimento del 65,6 per cento anch'esso in calo di -1,9 punti percentuali.
Alla luce di quanto suesposto, non sembra quindi che l'offerta sia stata inadeguata alla domanda.
Per quanto attiene alla politica aziendale dell'Alitalia e di Volare nei confronti dello scalo brindisino e gli interventi richiesti al fine di aumentare l'offerta di collegamenti su detta destinazione, l'Enac fa conoscere che l'attività di trasporto aereo in ambito comunitario e, quindi, anche fra gli scali nazionali aperti al traffico commerciale è regolata dalla normativa comunitaria che, con il cosiddetto terzo pacchetto costituito dei Regolamenti 2407/92, 2408/92, 2409/92, ha disciplinato il rilascio delle licenze di trasporto aereo da parte dei vettori della comunità e la determinazione delle tariffe dei vari servizi.
Infatti, ai sensi della predetta normativa ogni Stato rilascia le licenze di esercizio dell'attività aerea e consente ai vettori comunitari di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della comunità.
Ciascun vettore comunitario, quindi, determina in piena autonomia le tratte da attivare, sulla base di valutazioni che precipuamente attengono al rischio di impresa ed alla redditività di ogni singola tratta.
Nessuno Stato membro può, pertanto, imporre collegamenti o frequenze su rotte già asservite. La stessa normativa comunitaria prevede, peraltro, come unica eccezione alla libertà dei vettori (e per quanto riguarda l'Italia limitatamente a taluni aeroporti individuati dall'apposita legge n. 448/2001), la possibilità per ciascuno Stato di costituire oneri di servizio pubblico, allo scopo di servire con collegamenti aerei aeroporti situati in zone periferiche o in via di sviluppo o su una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nell'ambito del proprio territorio qualora detta rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione stessa.
Analogamente ed in attuazione del medesimo principio di liberalizzazione, il Regolamento n. 2409/92 stabilisce unicamente i criteri per la determinazione delle tariffe che sono autonomamente fissate dai vettori ed in ordine alle quali l'unico possibile intervento dello Stato è nel senso di proteggere i consumatori da tariffe troppo onerose ovvero di salvaguardare l'intero sistema industriale da processi di ribasso portati agli estremi.
A tal riguardo l'Enac fa presente che la Compagnia Alitalia determina le proprie tariffe sulla base delle distanze ortodromiche, in relazione ai tempi di volo e tenendo presente le strategie proprie di un sistema basato sulla concorrenza e sulla competitività.
L'Ente informa, infine, che l'Alitalia ha recentemente lanciato sul mercato, per la tratta Roma/Brindisi anche una tariffa promozionale che è stata applicata dal 16 settembre 2002 al 15 dicembre 2002 pari a 110 euro a/r e che è stata reiterata per l'ulteriore periodo, dal 16 dicembre 2002 al 29 marzo 2003.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Filatura di Grignasco Spa, con sede in Grignasco (Novara), ha comunicato l'avvio della cassa integrazione fino a tutto dicembre 2001 per 560 persone su 590 occupati;
la comunicazione è stata data ai sindacati dal titolare, onorevole Giancarlo Lombardi, ex ministro della pubblica istruzione;


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il grave provvedimento sarebbe una conseguenza diretta dal calo dei consumi registrato a livello internazionale e soprattutto negli Stati Uniti d'America, ove la Filatura di Grignasco coprirebbe importanti quote di mercato;
la cassa integrazione interesserebbe, come detto, 520 lavoratori per un giorno alla settimana ed altri 40 per più giorni;
a complicare ulteriormente la situazione è la controversia per il rinnovo del contratto integrativo aziendale, che vede offerte datoriali nettamente inferiori rispetto alle richieste di parte sindacale;
è evidente che la crisi americana dei consumi riverbera effetti negativi sulle nostre imprese che a quei mercati indirizzavano la loro produzione, ma certamente la percentuale dei dipendenti interessati al provvedimento sul totale degli occupati genera forte preoccupazione sul futuro lavorativo dei dipendenti, anche perché molte altre imprese del settore tessile-abbigliamento che operano sui mercati statunitensi registrano contraccolpi decisamente meno gravi di quelli accusati dalla Filatura di Grignasco;
è bene attivare un intervento del Ministro del lavoro, anche perché il dialogo sarà facilitato dal fatto che l'interlocutore, ottimo imprenditore ed autorevole esponente di rango nazionale del partito popolare, potrà manifestare una particolare sensibilità al problema della salvaguardia dei posti di lavoro -:
quali iniziative intenda assumere per verificare la reale portata delle difficoltà asseritamente accusate dalla Filatura di Grignasco e per ottenere il massimo di garanzie possibili per la salvaguardia dell'occupazione.
(4-01116)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto si fa presente quanto segue.
La Filatura di Grignasco S.p.A. nello stabilimento ubicato a Grignasco (Novara) produce filati di lana e misti con un fatturato complessivo di 82.120.000 euro (anno 2000) ed occupa n. 570 dipendenti.
La produzione esportata in tutto il mondo viene utilizzata, per la maggior parte, nella confezione di capi di abbigliamento venduti sul mercato statunitense.
Dopo aver registrato, nella prima parte dell'anno 2001, livelli produttivi sostenuti, ha visto ridimensionarsi le richieste della clientela nel secondo semestre, conformemente alla tendenza riscontrata in tutto il comparto ed in vasti settori dell'economia.
L'andamento negativo, repentinamente aggravatosi dopo gli attentati terroristici negli Usa, ha indotto l'azienda, in linea con le previsioni di tutti gli economisti, a considerare più lontana la ripresa dell'economia e a procedere ad una temporanea contrazione dell'attività, con ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria.
Dopo l'espletamento delle procedure di consultazione sindacale previste dalla legge, si è proceduto a programmare, nel periodo dal 15 ottobre al 29 dicembre 2001, una contrazione di attività.
Al termine di detto periodo la Filatura di Grignasco ha ripreso l'attività lavorativa con tutti i propri dipendenti al normale regime di orario contrattuale.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei primi giorni del mese di agosto del 2002, i giornali nazionali hanno dato ampio risalto al caso della signora Iris Moneta, impegnata in una difficile battaglia legale in Siria per l'affidamento della figlia;
la signora Iris Moneta, nel febbraio dell'anno 2000, ha avuto una bambina dal siriano Ahmed Khaled;
nel luglio del 2000 la signora Moneta ed il signor Khaled si sono sposati in Siria con rito musulmano;


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nel mese di aprile del 2002 il signor Khaled, dopo la separazione dalla moglie, prende con sé la bimba e la porta in Siria;
in data 25 luglio 2002 la signora Moneta si reca in Siria a cercare la figlia;
in data 30 luglio 2002 il signor Khaled sequestra la signora Moneta e la malmena, tanto che in data 1 agosto viene arrestato;
in data 3 agosto 2002 i giudici siriani affidano temporaneamente la bimba, di due anni e mezzo, alla madre;
in tutta questa triste e difficile vicenda la signora Moneta ha potuto godere dell'aiuto decisivo dell'attività diplomatica del governo e dei nostri rappresentanti in Siria;
il caso della signora Iris Moneta non è purtroppo isolato, tanto che si può affermare che il grave problema della sottrazione internazionale dei minori deve essere senza indugio affrontato, atteso che il nostro Paese è attualmente impegnato in circa 300 casi analoghi, mentre si stima che almeno il triplo non siano denunciati -:
come i Ministri interrogati intendano affrontare il grave problema della sottrazione internazionale dei minori, la cui dimensione esige un intervento organico e giuridicamente compiuto, oltre al meccanismo informativo commendevolmente avviato con la diffusione della guida per genitori dal titolo «Bambini contesi».
(4-03720)

Risposta. - La frequenza assunta dal fenomeno della sottrazione internazionale di minori ha dato luogo in questi ultimi anni ad un rafforzamento delle iniziative poste in essere da questo ministero degli affari esteri. In primo luogo è stata favorita la circolazione di informazioni corrette e di facile accesso attraverso la pubblicazione della guida per genitori dal titolo «Bambini Contesi», citata peraltro anche dall'interrogante, e di manifesti raffiguranti la copertina del predetto opuscolo con il numero telefonico di personale esperto in grado di fornire una consulenza giuridica sul tema.
Si è inoltre provveduto a promuovere la costituzione di appositi centri informativi per famiglie miste, nei Paesi più colpiti dal fenomeno, sul modello di un Comitato già esistente a Tunisi e sono stati organizzati incontri tra gli Stati membri della Convenzione dell'Aia del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori al fine di favorire una maggiore adesione e migliorare il funzionamento della suddetta Convenzione. Sono stati anche avviati con il competente dipartimento di giustizia minorile del ministero della giustizia importanti negoziati per la conclusione di accordi bilaterali, specialmente con Paesi islamici quali l'Egitto, la Libia, il Marocco, ma anche il Libano.
Va rilevato in proposito che il mancato rispetto delle previsioni contenute nella Convenzione dell'Aja da parte di alcuni Stati membri, in particolare di quelli che non hanno ancora provveduto a ratificarla, come per esempio la Siria, paese di provenienza del genitore che ha sottratto la minore oggetto della presente interrogazione, non ha permesso quanto previsto nella Convenzione stessa e cioè di garantire l'immediato rimpatrio del minore illecitamente sottratto o trattenuto all'estero e non restituito al genitore dello Stato di residenza abituale che, tra l'altro ha competenza primaria a pronunciarsi su ogni controversia che coinvolge i minorenni.
È utile sottolineare che detta Convenzione ha avuto, peraltro, effetti di particolare rilevanza in merito allo sviluppo del diritto internazionale di famiglia, nel tentativo di non incoraggiare il genitore sottrattore all'idea che la sottrazione possa costituire motivo di trasferimento di giurisdizione al di fuori dello Stato di residenza abituale del minore.
Alla fine dello scorso anno, vi erano trecentonovantacinque casi di sottrazione di minori segnalati a questo Ministero, di cui quarantasette risolti e i restanti aperti.
È utile sottolineare che delle trecentonovantacinque situazioni sopracitate, sono trecentootto quelle che interessano l'Unione europea, Americhe e Australia con un'incidenza


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in percentuale dei casi risolti del 10 per cento mentre per quello che riguarda Asia, Africa e Medio oriente abbiamo un totale di 87 casi segnalati con una percentuale di quelli risolti del 18 per cento. È comunque in atto, presso la competente Direzione per gli Italiani all'Estero una nuova stima del fenomeno che è soggetto ad una dinamica evoluzione, di arduo monitoraggio.
Nel caso della signora Iris Moneta e della piccola Iman, la nostra ambasciata a Damasco ha operato in base alle suddette competenze istituzionali, dando rilievo all'aspetto umanitario, avendo la minore meno di 3 anni. Sul piano legale, il tribunale siriano di competenza ha immediatamente affidato la piccola alla madre proprio in ragione dell'età.
Attualmente in Siria vi sono solo due casi ancora aperti.
Nel corso dell'intera vicenda della piccola Isman, va segnalata oltre alla particolare assistenza da parte della nostra Rappresentanza anche la massima collaborazione e disponibilità mostrate dalle competenti autorità governative, giudiziarie e di polizia siriane per il raggiungimento di una soluzione che, ponendo fine alla sottrazione, fosse conforme alla legge e al superiore interesse del minore.
Lo scorso 25 agosto 2002, all'indomani della soluzione del caso in questione, il Ministro per gli Italiani nel mondo ha annunciato l'istituzione di una
Task force per la soluzione dei casi di sottrazione internazionale di minori, che operasse in stretta collaborazione con la preesistente struttura competente del Ministero degli affari esteri nonché con la Presidenza del Consiglio dei ministri e svolgesse un ruolo propositivo presso le istanze europee per la cura delle questioni di comune interesse, tra cui lo stesso rafforzamento del quadro giuridico vigente. In tale ottica si inquadra la possibilità di ricorrere ad esperti esterni alle Amministrazioni, che forniranno un'adeguata consulenza giuridica circa l'analisi delle norme che regolano il diritto di famiglia nei Paesi più colpiti dal fenomeno, consentendo altresì il potenziamento dell'informazione al pubblico.
La
Task Force è stata puntualmente istituita nel successivo mese di settembre e il 9 ottobre 2002 si è tenuta la prima riunione di coordinamento con questo ministero degli affari esteri. Nei circa tre mesi di vita della nuova struttura, la Task force ha preso in esame, anche nel corso di riunioni periodiche di coordinamento con questo ministero, trentacinque casi segnalati al Ministro per gli Italiani nel mondo, sette dei quali hanno trovato soluzione.
Naturalmente la più ampia ratifica da parte di tutti gli Stati membri della Convenzione dell'Aja del 1980 al fine di scoraggiare tutti i potenziali sottrattori, garantirebbe ai minori il ristabilimento del loro diritto di vivere nel Paese ove gli affetti e gli interessi primari si sono sviluppati solo al momento della sottrazione.
Su tale linea si muove la normativa vigente italiana e si conforma l'azione del ministero degli affari esteri al fine di provvedere al ristabilimento della residenza abituale del minore, e nella tutela degli interessi di quest'ultimo ritenendoli prioritari rispetto a quelli rappresentati dagli esercenti la potestà genitoriale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la tecnologia impiegata dalla società ENAV spa per lo svolgimento dei servizi istituzionali come le continue avarie ai sistemi di controllo radar o alle frequenze terra-bordo-terra dimostrano, non può considerarsi certamente a livello di eccellenza;
l'attuale gestione di ENAV spa ha ridimensionato, rispetto a precedenti programmazioni, gli investimenti nella ricerca avanzata nel campo specifico del controllo del traffico aereo, della metereologia aeronautica e, in generale, dell'assistenza al volo;


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è stato superato, nel corso dell'anno 2002, come e più di quanto avvenuto nel corso dell'anno 2001, il lavoro straordinario oltre i limiti posti a tutela della sicurezza e tale impiego «coatto» è stato imposto ai meteorologi, ai tecnici e, in misura particolarmente gravosa, ai controllori del traffico aereo;
recentemente è stato varato un piano d'assunzioni per circa 150 controllori del traffico aereo di cui circa 40 già in prova sugli impianti ENAV spa;
in data 13 dicembre 2002 ENAV spa ed alcune organizzazioni sindacali (ed esattamente Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, AssivoloQuadri, Sacta, Up e Anpac) hanno sottoscritto un accordo che comporta la riduzione delle posizioni operative per il personale controllare del traffico aereo ed esperto assistenza al volo, nonché la riqualificazione di altri 100 esperti in controllori;
secondo l'accordo 13 dicembre 2002, in aperta violazione delle previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro sono state modificate le turnazioni del personale operativo delle torri di controllo, delle sale ARO-AIS e dei centri di controllo d'area, in modo tale da richiedere straordinari diurni ma anche notturni - come a Brindisi - pur riducendo in maniera significativa i team di personale impiegato nelle sale operative;
come se tutto ciò non bastasse i vertici ENAV spa hanno gravemente discriminato sulla base dell'appartenenza sindacale, i lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali che non hanno condiviso l'accordo del 13 dicembre 2002 (ANPCAT, CILA-AV, LICTA, UGL, CISAL-AV e USPPI) e che, insieme, rappresentano la stragrande maggioranza del personale operativo, non erogando, a tali «riottosi» dipendenti, le spettanze relative alla produttività del 2002 -:
se non ritengano, anche alla luce dei fatti denunciati che si sommano ad altri fatti significativi già evidenziati in documenti di sindacato ispettivo, di dover intervenire energicamente per por fine immediatamente ad una discriminazione assurda e vergognosa, chiaramente persecutoria e certamente produttiva di nuove tensioni che mal si conciliano con la sicurezza del volo.
(4-05043)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, sono state richieste informazioni all'ENAV - Ente nazionale per l'assistenza al volo - che rappresenta preliminarmente di non aver operato, rispetto a precedenti programmazioni, alcun ridimensionamento del piano degli investimenti. Difatti, dal confronto del valori totali degli investimenti previsti nell'attuale Piano rispetto a quello edito nel luglio del 2001, è emersa per il triennio 2002/2004 l'anticipata esecuzione di programmi che erano stati previsti per gli anni successivi nonché la previsione di maggiori investimenti per un totale complessivo di circa +863 milioni di euro.
L'attuale piano triennale è inoltre proiettato all'interno di un piano più ampio di investimenti strategici che fino al 2012 ammontano complessivamente a circa 2 miliardi di euro. La parte più cospicua di dette risorse, vale a dire il 76 per cento, è destinata e verrà utilizzata nel settore dell'ingegneria, in particolare nei sistemi di comunicazione, di navigazione di sorveglianza, nelle infrastrutture, nel servizio ATM e nel servizio meteorologico.
Le prestazioni straordinarie effettuate nel corso dell'anno 2002 dal personale operativo, principalmente dai C.T.A. (controllori del traffico aereo), risultano allineate a quelle rese nell'anno precedente.
A riguardo, l'Ente precisa che non si è trattato di
impiego coatto in quanto nella programmazione delle prestazioni straordinarie non è stato superato il limite concordato con le organizzazioni sindacali. Le sole eccezioni resesi necessarie per ricoprire le posizioni per carenze improvvise ed assolutamente non prevedibili del personale impiegato in linea operativa hanno riguardato l'impiego delle risorse di riserva, sempre con il consenso del lavoratore e nel pieno rispetto dei riposi fisiologici e degli standard di sicurezza previsti nel controllo del traffico aereo.


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Nel mese di dicembre 2002 è stata avviata una ricerca di personale per la professione di Controllore del traffico aereo indirizzata ai candidati residenti nel Nord-Est.
Tale ricerca, riferisce l'Enav, è scaturita dalla necessità di selezionare dei candidati da inserire, dopo l'
iter formativo di circa 15 mesi, nelle sedi aeroportuali in cui è stata individuata l'esigenza di programmare un incremento dell'organico e/o di poter aderire alle numerose richieste di trasferimento di risorse verso il Centro-Sud. Per quanto concerne le nuove assunzioni, al momento sono in fase di conclusione le borse di studio relative alle selezioni degli anni 2001 e 2002. In relazione a tali selezioni 69 allievi sono in fase di addestramento pratico presso i vari impianti per essere assunti nel mese di maggio 2003 ed altri 67 sono ancora presso il centro di formazione di Roma per l'addestramento teorico.
L'accordo del 7 dicembre 2002 non comporta, a detta dell'Enav, la riduzione delle posizioni operative ma la standardizzazione dell'impiego del personale nei centri di controllo e nei 40 impianti attraverso il cambiamento delle turnazioni. In sintesi è stata concordata una minore presenza del personale di notte in relazione al fatto che il traffico è minore, una omogeneizzazione delle quantità di personale con le finalità di migliorare la qualità e la sicurezza del servizio di assistenza al volo e sviluppare la crescita professionale del personale.
L'Ente fa presente di non aver adottato alcun grave comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori iscritti nelle liste sindacali non firmatarie del citato accordo del dicembre 2002. Difatti, la corresponsione delle spettanze relative al premio di produttività 2002, ai sensi del vigente CCNL per i dipendenti ENAV, è prevista nel corso dell'anno successivo. L'accordo del 7 dicembre 2002 prevede, invece, nell'ambito della globale regolamentazione di alcuni aspetti del lavoro in turno, il riconoscimento ai lavoratori delle OO.SS. firmatarie di un anticipo sul premio di produttività 2002, che è stato erogato a dicembre, salvo conguaglio che avverrà al momento in cui tale premio verrà corrisposto a tutti gli altri dipendenti.
L'ENAV precisa che, comunque, non è avvenuta, nei fatti, alcuna discriminazione in quanto con comunicazione successiva all'accordo medesimo, ha esteso a tutto il personale, ivi compreso quello aderente alle organizzazioni sindacali non firmatarie, i benefici economici originariamente rivolti ai dipendenti aderenti ai sindacati firmatari dell'accordo 7-13 dicembre 2002.
L'Ente fa conoscere, infine, che il giudice del lavoro di Roma, dottoressa Foscolo, ha respinto il ricorso ex articolo 28 legge n. 300 del 1970, avanzato a riguardo dalla LICTA, giudicando non antisindacale il comportamento tenuto dalla società in occasione del citato accordo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ad iniziativa del partito radicale transnazionale è stato lanciato un appello-dichiarazione ai Capi di Stato e di Governo di tutto il mondo «per fermare la guerra del Vietnam alla libertà e alla democrazia», «per l'affermazione del diritto all'identità religiosa, etnica, culturale e politica in Vietnam», «per il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani, civili e politici da parte del Vietnam» e «per il rispetto del principio di legalità e la clausola dei diritti umani da parte del Vietnam e dell'Unione europea»;
l'iniziativa del partito radicale transnazionale, commendevole e condivisibile sotto ogni profilo, esprime le seguenti considerazioni:
a) il Vietnam continua ad essere un Paese fondato su un sistema di partito unico che mantiene il controllo più rigoroso su tutti i settori della vita politica, economica, sociale ed istituzionale, come confermato dalle elezioni-farsa svoltesi il 28 maggio 2002;


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b) la sotto-commissione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per le minoranze, durante la sua 75 sessione, ha sottolineato «le sue preoccupazioni quanto ai rapporti sulla limitazione del diritto alla libertà di espressione nei media e quanto alla mancanza di informazioni dettagliate sulle popolazioni indigene, in particolare i Degar (Montagnard), così come sulle misure prese al fine di assicurare il loro diritto di mantenere le loro tradizioni culturali e quanto alle restrizioni relative alle manifestazioni e alle riunioni pubbliche»;
c) nel febbraio 2001, le manifestazioni popolari delle minoranze etniche dell'Altopiano del Centro Vietnam (Montagnard) che protestavano contro la confisca delle loro terre e contro le persecuzioni religiose, con brutalità sono state sedate e represse dall'intervento dell'esercito vietnamita;
d) le autorità vietnamite continuano a fare ricorso alla tortura - ivi compreso l'elettroshock -, alla sparizione delle persone arrestate, alla distruzione di chiese e oggetti sacri e promettono ricompense alle autorità cambogiane per la cattura ed il rimpatrio di rifugiati vietnamiti;
e) le autorità vietnamite impongono gravi e generalizzate limitazioni all'uso di Internet;
f) il Vietnam continua le persecuzioni contro tutte le Chiese «non riconosciute» e, in particolare, contro le Chiesa di Cao Dai, la Chiesa di Hoa Hao e le Chiese protestanti;
g) il Vietnam continua altresì la persecuzione subìta dai cattolici, esemplificativamente dimostrata dall'arresto di Padre Thaddeus Nguyen Van Ly, avvenuto il 17 maggio 2001, per aver praticato la propria religione;
le pur comprensibili politiche di rispetto, di non ingerenza e di tradizionale riserbo diplomatico che caratterizzano le iniziative del Ministero degli affari esteri trovano un limite preciso nella valutazione delle violazioni metodiche e scientifiche di tutti i princìpi di rispetto dei valori di libertà e di democrazia ed esigono che si sviluppi una serie di iniziative adeguate alla gravità della situazione e finalizzate a far comprendere alle autorità vietnamite che il mondo libero, e dunque anche l'Unione europea, non può sottoscrivere ed applicare accordi di cooperazione laddove non vengano contestualmente attivate politiche intese ad introdurre le fondamentali libertà nei rapporti fra Stato e cittadini -:
quali iniziative ritenga di poter e di dover assumere, anche di concerto con gli omologhi Ministri degli esteri dell'Unione europea, per far cessare immediatamente ogni strumento di persecuzione e di soffocamento delle più elementari libertà, rappresentando altresì al Governo vietnamita l'indisponibilità a mantenere in essere gli accordi di cooperazione laddove non vengano avviate politiche di libertà.
(4-05064)

Risposta. - La situazione interna in Vietnam sotto il profilo del rispetto dei diritti umani continua a formare oggetto di specifica attenzione da parte del Governo italiano e degli altri partners comunitari.
In ambito Nazioni unite il Comitato per i diritti del fanciullo ha esaminato lo scorso ottobre il secondo rapporto periodico presentato dal Governo vietnamita sullo stato di attuazione della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dei bambini. Le prime reazioni espresse a titolo preliminare dagli esperti onusiani fanno stato di apprezzabili progressi nel settore, pur ritenendo necessari ulteriori interventi da parte vietnamita per assicurare la piena attuazione del dettato convenzionale.
Nel corso della 58a sessione della Commissione delle Nazioni unite per i Diritti Umani (CDU), svoltasi a Ginevra nell'aprile-maggio 2002, il Vietnam non ha formato oggetto di una risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani.
Nell'intervento pronunciato in tale occasione dalla Presidenza di turno spagnola - a nome dei quindici - sul tema delle


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violazioni dei diritti umani nel mondo, i Paesi dell'Unione europea, pur esprimendo apprezzamento per le riforme dell'ordinamento interno adottate dalle autorità vietnamite, quale primo passo verso la realizzazione dello stato di diritto nel Paese, hanno reiterato la loro preoccupazione per le violazioni dei diritti civili e politici dei cittadini, con particolare riguardo alla libertà religiosa, di espressione e di associazione. I Paesi dell'Unione europea hanno inoltre richiesto alle Autorità vietnamite di aprire il Paese alla cooperazione umanitaria internazionale e di collaborare con gli organi di monitoraggio delle Nazioni Unite in tema di rispetto dei diritti umani.
Nell'ultimo rapporto del Comitato Diritti Umani delle Nazioni unite, del 26 luglio 2002, si prende atto di progressi e di sforzi da parte del Governo vietnamita per adeguare il proprio ordinamento interno agli
standards internazionali. Tra i segnali di progresso viene citata la riduzione dei casi in cui è prevista l'applicazione della pena di morte.
Il Governo italiano dedica particolare attenzione alla problematica del rispetto dei diritti umani in Vietnam, anche nell'ambito delle misure poste in essere dall'Unione europea. L'Ue svolge da tempo un'azione politica volta al costante monitoraggio del rispetto dei diritti umani nel Paese e ad attirare l'attenzione delle Autorità vietnamite sulle violazioni più eclatanti.
Nel marzo 2002 gli Ambasciatori dell'Ue accreditati in Vietnam hanno emanato un rapporto sulla situazione dei diritti umani nel Paese che si sofferma, tra l'altro, sui problemi derivanti dalle violazioni della libertà di culto e sulla situazione delle minoranze etniche, riferendo anche degli incidenti occorsi nella regione degli altipiani centrali nel febbraio del 2001.
Riguardo all'uso della tortura, pur sottolineando la presenza nell'ordinamento vietnamita di disposizioni che ne fanno espresso divieto, il rapporto prende atto dell'esistenza di denunce di trattamenti brutali, da parte delle forze di polizia, durante gli interrogatori.
Quanto alle limitazioni dell'uso di
internet, gli Ambasciatori Ue rilevano che le limitazioni amministrative esistenti non sono tuttavia sufficienti ad esercitare un effettivo controllo sull'uso di tale strumento informatico.
Nelle conclusioni del rapporto non mancano considerazioni positive basate su una valutazione dinamica della situazione: rispetto al passato la popolazione vietnamita gode infatti di maggiori libertà e di un livello di benessere notevolmente più elevato.
Il rapporto rileva inoltre come proprio la stretta cooperazione con i paesi della Ue favorisca negli interlocutori vietnamiti una maggiore disponibilità a confrontarsi sui temi relativi ai diritti umani. L'accordo di cooperazione fra l'Ue ed il Vietnam siglato nel 1995, che fissa come criteri fondamentali per la cooperazione il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, rappresenta uno strumento di pressione estremamente importante che ha consentito ad esempio all'Ue di ottenere il rilascio di un grande numero di detenuti per reati di opinione.
La tematica del rispetto dei diritti umani viene costantemente inserita nell'agenda di incontri sia a livello bilaterale che multilaterale, anche in base a quanto previsto dalla cornice comune di dialogo fra l'Ue ed il Vietnam sui diritti umani, formalmente avviato nel 1997. A seguito di una lunga azione di sensibilizzazione da parte europea, nel 2001 il Ministro degli esteri vietnamita, Nguyen Dy Nien, ha acconsentito all'avvio di un dialogo più strutturato in materia di diritti umani, attraverso apposite riunioni tra alti funzionari della sua Amministrazione e la
troika di turno degli Ambasciatori Ue in Hanoi. Tale dialogo è stato ampliato fino ad includere, da parte vietnamita anche funzionari dei Ministeri della pubblica sicurezza e della giustizia.
Nel corso della prima riunione allargata, che ha avuto luogo il 4 dicembre 2002, sono state ribadite alle autorità vietnamite le vive preoccupazioni dell'Ue per il trattamento delle minoranze etniche residenti negli altipiani del Vietnam centro-meridionale, per l'applicazione della pena di morte e per le condanne relative a delitti di opinione. È possibile che nel corso del 2003


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detto dialogo venga ulteriormente strutturato da parte vietnamita in modo da far partecipare alle riunioni i rappresentanti dei locali dicasteri della cultura e informazione e degli affari religiosi.
Un apposito gruppo di lavoro della Ue, che si riunisce a cadenza mensile, ha inoltre compilato una lista dei più eclatanti casi di condannati per reati di opinione (denominata
E.U. List of prisoners of concern) che rappresenta uno strumento di pressione nei confronti del Governo vietnamita. Tale lista, che viene costantemente aggiornata, è stata portata all'attenzione del ministero degli esteri vietnamita il 14 ottobre 2002.
Quanto al problema delle minoranze etniche degli altipiani centrali
(Montagnards), l'Unione europea ha ribadito al Governo di Hanoi la necessità di dedicare specifica attenzione alle stesse. Nel maggio e nel novembre 2002 un gruppo di rappresentanti dell'Ue, tra i quali un funzionario dell'Ambasciata italiana in Hanoi, ha visitato gli altipiani centrali per valutare il problema, verificare lo stato delle attività di cooperazione dell'Ue e acquisire impressioni di prima mano sulla situazione locale dopo il ritorno dei rifugiati dalla Cambogia.
La tematica in questione è stata oggetto di approfondita analisi anche nel corso della riunione congiunta del Gruppo di Lavoro sui Diritti Umani (COHOM) e del competente Gruppo di Lavoro Geografico (COASI) dell'Ue, tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2003, durante la quale gli Ambasciatori Ue in Hanoi sono stati incaricati di verificare la veridicità di notizie relative a presunte esecuzioni in carcere di attivisti Montagnards.
A seguito della recente notizia diffusa da una ONG locale circa la presunta esecuzione arbitraria in carcere di tre attivisti del movimento dei «Montagnards» ad opera di agenti governativi, il Governo italiano si è fatto promotore in ambito comunitario di una iniziativa volta ad accertarne il fondamento mediante il coinvolgimento dei Capi Missione Ue
in loco.
La libertà di culto non è garantita in modo efficace, ma va rilevato come - almeno nei confronti della comunità cattolica - si siano registrati lievi miglioramenti negli ultimi anni. Il 29 novembre 2002 il Vice Primo Ministro vietnamita è stato ricevuto in Vaticano dal Segretario per le Relazioni con gli Stati, Monsignor Tauran.
Infine, la necessità di rispettare i diritti religiosi e quelli delle minoranze etniche è stata ribadita con forza da parte europea anche in occasione della X Conferenza annuale dei Paesi donatori del Vietnam, tenutasi a Hanoi il 10 e l'11 dicembre 2002, alla presenza del Vice primo Ministro Vu Khoan, del Ministro del Piano e degli Investimenti, Vo Hung Phuc, e di numerosi Vice Ministri vietnamiti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'evidentissimo approssimarsi della guerra contro l'Iraq e le posizioni recentemente assunte dal Governo italiano rendono ormai pressante la verifica della piena legittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, delle decisioni già assunte e delle decisioni che ci si appresta ad assumere;
il presupposto necessario per un uso della forza diretto a mantenere o a ristabilire la pace, sulla base del disposto dell'articolo 39 della Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, è l'esistenza di una minaccia alla pace o di una violazione della pace o di un'aggressione in atto;
anche in ragione del contenuto del primo rapporto presentato dagli ispettori dell'ONU, al momento non pare giuridicamente possibile sostenere che tale precisa previsione normativa sia integrata dai comportamenti del Governo iracheno;
per converso, pare potersi affermare che le quotidiane minacce statunitensi di avviare - con o senza l'autorizzazione dell'ONU - una massiccia operazione militare, i quotidiani bombardamenti dell'aeronautica


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degli Stati Uniti sul territorio iracheno e, da ultimo, la minaccia di utilizzo di bombe atomiche tattiche contrastino irreparabilmente con il IV comma dell'articolo 2 della Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che vieta ai Paesi membri sia l'uso sia la minaccia dell'uso della forza;
anche sotto il profilo delle modalità con le quali dovrebbe svolgersi l'annunciata guerra contro l'Iraq, il III comma dell'articolo 47 della Carta dell'ONU prevede che l'azione coercitiva internazionale debba essere svolta «alle dipendenze» del Consiglio di sicurezza e comunque, anche laddove siano utilizzate forze diverse da quelle di cui parla il Capitolo VII, «sotto la sua direzione» (articolo 53, I comma) -:
se la posizione assunta dal Governo italiano sia ritenuta, sul piano del diritto internazionale, compatibile con i citati articoli della Corte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
(4-05298)

Risposta. - Il Governo italiano, sin dall'inizio della crisi irachena, ha ribadito la centralità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite e la necessità di tutelare la legalità internazionale. Le posizioni assunte dall'Italia non sembrano smentire tale premessa che continua ad ispirare l'azione diplomatica intrapresa.
In particolare, in relazione a quanto richiamato dall'interrogante e relativo al primato conferito al Consiglio di Sicurezza dal Capitolo VII della Carta delle Nazioni unite in caso di minacce alla pace, si attira l'attenzione sulla circostanza che è stato conformemente a quanto previsto dall'articolo 39 citato nell'Interrogazione che il Consiglio ha già riconosciuto, da ultimo con la Risoluzione 1441, la mancata ottemperanza dell'Iraq alle precedenti Risoluzioni ONU (fonti,
inter alia, di diritto internazionale) e la sua attività di proliferazione di armi di distruzione di massa come una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionali.
Né sembra allo stato attuale configurarsi una violazione del Paragrafo 4, Articolo 2 della Carta, che vieta la minaccia della forza contro l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di uno Stato membro, in quanto è la stessa Risoluzione 1441 a ribadire che devono essere preservate la sovranità e l'integrità territoriale dell'Iraq.
Da parte dell'Italia si è condotta un'intensa attività diplomatica, come ricordato dal nostro Presidente del Consiglio in Parlamento, volta a recuperare l'unità più ampia possibile dell'Europa e della Comunità Internazionale ed a rafforzare la dissuasione verso il regime iracheno. La linea del nostro Governo è restata sempre coerente al principio dell'appartenenza all'Unione europea, al legame euroatlantico, al riconoscimento dell'ONU e del Consiglio di Sicurezza come sede primaria per la ricerca di una soluzione pacifica di questa crisi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991 del Consiglio di Sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è senza dubbio centrale rispetto alle decisioni che la comunità internazionale deve assumere in ordine alla crisi irachena;
la risoluzione citata non si limita a dettare disposizioni per garantire l'inviolabilità del confine tra Iraq e Kuwait, a creare una zona demilitarizzata in corrispondenza del confine istituendo una unità di osservatori delle Nazioni Unite, ma reca disposizioni in materia di disarmo e di riparazioni di guerra ponendosi come elemento necessario per la costruzione di un sistema di sicurezza in Medio Oriente, fondato innanzi tutto sul controllo degli armamenti dei Paesi dell'area;
la risoluzione, benché costruita sulla necessità di disciplinare i rapporti della comunità internazionale con il regime iracheno dopo la fine della guerra del Golfo,


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in realtà assume un carattere strategico di più ampio respiro, tentando di impostare un processo di pace duratura anche attraverso il controllo degli armamenti di tutti i Paesi dell'area mediorientale;
sembra potersi affermare che, in realtà, l'attenzione è stata tutta incentrata sul controllo degli armamenti iracheni e che invece risulti pressoché del tutto pretermesso il controllo degli armamenti degli altri Paesi dell'area, così come chiaramente ed inequivocabilmente previsto dalla risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991 -:
se risulti rispettata la risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991 del Consiglio di Sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nella parte in cui prevede il controllo degli armamenti dei Paesi dell'area mediorientale;
quali siano gli Stati da ritenersi assoggettati al sistema di controllo degli armamenti nell'area mediorientale;
se risultino effettuati controlli sugli armamenti degli Stati dell'area mediorientale e, in caso affermativo, quali esiti abbiano sortito i controlli medesimi.
(4-05299)

Risposta. - La Risoluzione 687 del 1991 ha concentrato la propria attenzione sul controllo degli armamenti iracheni in quanto era stato il Governo di Baghdad a rendersi responsabile - nell'agosto del 1990 - dell'invasione del Kuwait, così ponendosi in maniera immediata e macroscopica come minaccia alla pace ed alla sicurezza della regione.
Quanto al controllo degli armamenti nell'area, molti dei Paesi mediorientali non sono tuttora parte delle principali Convenzioni multilaterali sul disarmo e la non proliferazione: nessun Paese dell'area è parte della Convenzione per il bando delle armi chimiche (CWC), salvo Israele (che l'ha firmata) e la Giordania (che l'ha ratificata); con la sola eccezione di Israele, tutti i Paesi dell'area hanno sottoscritto sia la Convenzione sul bando delle armi biologiche (BWC) che il Protocollo di Ginevra del 1925 per il divieto d'impiego di veleni e gas o altre sostanze batteriologiche in guerra, così come il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Iraq, Siria ed Israele, infine, non sono parte della Convenzione sul bando globale degli esperimenti nucleari (CTBT).
Tutte le predette Convenzioni prevedono meccanismi di verifica del loro rispetto da parte degli Stati parte. Il commercio internazionale di armi e la proliferazione delle armi di distruzione di massa sono inoltre contrastati attraverso un sistema di regimi internazionali di controllo alle esportazioni di armi e di materiali e tecnologie a duplice uso
(Wassenaar Arrangement, Missile Technology Control Regime, Nuclear Suppliers Group, Australia Group e Zangger Group) i cui Paesi membri - tra i quali l'Italia - cooperano al fine di evitare che le armi ed i materiali e le tecnologie a duplice uso siano esportati verso tutti quei Paesi che possono farne uso a fini militari.
Per quanto riguarda l'armamento nucleare, il direttore generale dell'agenzia per l'energia atomica internazionale (IAEA), El Baradei, ha compiuto dal 2001 ad oggi numerose missioni nell'area, visitando Paesi quali l'Egitto, il Kuwait, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l'Iran e naturalmente l'Iraq, ribadendo in ogni occasione la disponibilità dell'Agenzia a lavorare per lo stabilimento di una
nuclear weapon free zone (zona libera da armi nucleari) in Medio Oriente.
È infine utile aggiungere che con quasi tutti i Paesi dell'area firmatari del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) sono stati conclusi o sono in corso di negoziato
Comprehensive Safeguards Agreements per il rafforzamento del regime di non proliferazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

FOLENA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo anni di tensioni e di scontri tra diverse fazioni il Madagascar ha oggi un governo democraticamente eletto;


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alle consultazioni elettorali, a cui hanno partecipato in veste di osservatori rappresentanti delle Nazioni Unite, è risultato vincente Marc Ravalona, il quale è stato investito dall'Alta corte costituzionale per la formazione del nuovo governo;
il risultato segna un'importante svolta nella storia del Madagascar e di tutta l'area sud orientale africana dimostrando come la pace e la democrazia possano affermarsi solo in un contesto fatto di cooperazione e solidarietà internazionale;
da più parti è giunta la richiesta di un atto di riconoscimento del risultato elettorale, da parte della comunità internazionale;
tale riconoscimento è giunto tanto dai paesi dell'Unione Europea quanto da quasi tutti i paesi africani;
permangono oggi in Madagascar situazioni di povertà, depressione economica e di sofferenza delle popolazioni che, dopo la costituzione di un governo democraticamente eletto, necessitano di interventi coraggiosi e sostenuti dalla comunità internazionale -:
se il Governo intenda adoperarsi perché riconosciuto il nuovo governo malgascio, appositi programmi di aiuto e sostegno possano essere predisposti per rendere più stabile ed efficace il nuovo corso democratico in Madagascar;
se il Governo, forte anche di una presenza non minima di italiani che per ragioni turistiche o lavorative visitano spesso il paese, non intenda favorire in sede comunitaria apposite convenzioni commerciali per la difesa ed il rilancio delle esportazioni dei prodotti malgasci.
(4-02919)

Risposta. - Nel corso della seconda metà del 2002 la situazione in Madagascar ha avuto uno sviluppo favorevole in virtù del programma di riconciliazione nazionale varato dal Presidente Ravalomanana e conclusosi con le elezioni legislative del 15 dicembre 2002.
Il 26 giugno 2002 gli Stati Uniti hanno riconosciuto il Presidente Ravalomanana con una lettera del Presidente Bush al nuovo Presidente in occasione della festa nazionale del Madagascar. Successivamente anche Germania e Francia si sono schierate con il Presidente Ravalomanana (la Francia con la visita, il 3 luglio, del Ministro degli Esteri de Villepin e la firma di 4 accordi di cooperazione).
L'11 luglio 2002 l'Ue ha adottato una dichiarazione sul Madagascar che riconosceva di fatto Ravalomanana come Presidente e appoggiava il processo di riconciliazione da lui lanciato, garantendo la disponibilità ad assistere il Governo malgascio nella preparazione delle previste elezioni parlamentari. L'Italia ha contribuito ad elaborare, d'intesa con i
partners, le posizioni espresse dall'Ue, ritenendo che ogni sforzo andasse fatto al fine di trovare una soluzione coerente con il mantenimento della pace e dei principi democratici, anche per non compromettere il rispetto della democrazia e quindi il futuro del Madagascar e delle sue relazioni con la comunità internazionale.
Il 26 luglio 2002 si è tenuta a Parigi - convocata dalla Banca Mondiale - la riunione «Amici del Madagascar» in cui ha avuto luogo l'incontro dei donatori con una delegazione di alto livello del Governo del Madagascar, composta dal Primo Ministro Sylla e dai Ministri delle finanze, dell'industria, dell'ambiente e delle politiche sociali. L'incontro ha segnato la ripresa dell'impegno della Comunità Internazionale verso il Madagascar ed ha fatto registrare un intervento dei donatori, per i prossimi 4 anni, su un programma di aiuto per un totale di 2,3 miliardi di USD.
Nell'occasione il Primo Ministro Sylla ha dato lettura di un messaggio del Presidente Ravalomanana nel quale è stata delineata la strategia del Governo malgascio nel futuro, incentrata sul miglioramento delle pratiche di governo, sulla lotta alla corruzione, la modernizzazione istituzionale, il decentramento, la riforma del sistema elettorale e, sul piano economico, il sostegno al settore privato, il rafforzamento del programma di privatizzazioni, nonché il


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miglioramento dei servizi sociali, in particolare sanità ed educazione. Nel messaggio, il Presidente Ravalomanana ha affrontato anche il processo di riconciliazione, usando toni distensivi ma ribadendo al tempo stesso la volontà di assicurare alla giustizia coloro che si erano resi responsabili di crimini.
Alla fine di luglio è stato inviato da parte italiana il consueto messaggio augurale al nuovo Ministro degli affari esteri del Madagascar, Marcel Ranjeva.
Dal 20 al 27 agosto 2002 la Commissione europea ha potuto inviare in Madagascar una missione esplorativa per dare attuazione alla disponibilità di assistere lo Stato malgascio nell'organizzazione di elezioni legislative entro il 2002. La missione ha avuto un esito giudicato soddisfacente da parte della Commissione, che ha deciso di inviare una missione di osservatori elettorali in occasione delle elezioni legislative fissate per il 15 dicembre 2002. All'inizio di settembre il Presidente della Commissione Ue, Romano Prodi ha effettuato una visita in Madagascar ed ha avuto conferma, dal Presidente Ravalomanana di organizzare rapidamente le elezioni legislative e di richiedere l'intervento europeo per prepararne ed osservarne lo svolgimento.
Le elezioni legislative del 15 dicembre 2002 - che hanno dato attuazione ad uno degli impegni imposti dalla comunità internazionale al Presidente Ravalomanana per favorire la riconciliazione nazionale - si sono svolte pacificamente, dopo una campagna elettorale priva di incidenti violenti e con un'affluenza alle urne abbastanza elevata (55-60 per cento). La missione degli osservatori elettorali europei, guidata dalla Senatrice Tana de Zulueta, ha espresso un apprezzamento complessivamente positivo per l'andamento delle elezioni, pur con qualche riserva relativa alle liste elettorali ed a casi isolati di intimidazione. Il partito del Presidente Ravalomanana ha ottenuto la maggioranza dei seggi nell'Assemblea Nazionale (oltre 100 dei 160 seggi).
Il buon andamento delle elezioni legislative ha indotto l'organo Centrale dell'Unione Africana a raccomandare all'Assemblea della stessa UA di riconoscere Ravalomanana come il legittimo Presidente dei Madagascar, pur evidenziando la necessità di impegnare il Governo ed i partiti malgasci ad affrontare insieme le questioni pendenti relative al rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché la questione dei detenuti politici.
Anche a fronte dei rapporti bilaterali si va verso la normalizzazione: è in corso la procedura che dovrebbe portare all'accreditamento di un nuovo Ambasciatore del Madagascar a Roma. Dal 21 al 24 settembre 2002 il Vice Presidente dell'Assemblea Nazionale del Madagascar, Bruno Josvah Randrianantenaina, ha effettuato una visita in Italia ed ha avuto incontri con il Vice Presidente della Commissione Esteri del Senato, senatore Frau e con il Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, onorevole Selva.
Va sottolineato che la chiusura della nostra Ambasciata ad Antananarivo a decorrere dal 1o giugno 2000, resasi necessaria per i vincoli di bilancio che hanno portato alla ristrutturazione della nostra rete diplomatico-consolare, non indica un diminuito impegno ed attenzione del nostro Governo nei confronti del Madagascar.
Tenuto conto dei vincoli sopra ricordati, si è dovuta ridefinire la struttura della nostra rete diplomatica in modo che fosse rispondente alle esigenze complessive dell'area ed ai mezzi disponibili. Va ricordato inoltre che manteniamo ad Antananarivo un Consolato Generale Onorario dove l'attuale Console Onorario, Signora Cinzia Catalfamo è stata confermata a tempo indeterminato a decorrere dal 12 ottobre 2001, nonché un Vice Consolato Onorario a Nosy-Be, mentre la nostra Ambasciata a Pretoria, competente anche per il Madagascar, in stretto contatto con il Consolato Generale Onorario ad Antananarivo, ha assicurato un monitoraggio costante della situazione dei nostri connazionali presenti nel Paese, effettuando anche delle missioni in loco.
A tal riguardo si sottolinea che, in coordinamento con l'Unità di crisi di questo Ministero, sono stati a suo tempo elaborati piani a tutela della sicurezza dei nostri connazionali per far fronte ad un


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eventuale deterioramento della situazione, in stretto contatto con le altre Ambasciate occidentali. L'invito rivolto nel maggio scorso al personale delle ONG di lasciare il paese può intendersi oggi, ad avviso della nostra Ambasciata a Pretoria, superato, in considerazione dell'avviata fase di normalizzazione della situazione che continua peraltro ad essere seguita con attenzione in relazione anche a questi aspetti, dal Ministero degli esteri.
Ciò è anche dimostrato dagli interventi effettuati in Madagascar dalla nostra Cooperazione, tanto nel campo sanitario che in quelli dei trasporti e dello sviluppo rurale. Sono attualmente in corso di attuazione attraverso l'OMS interventi umanitari di emergenza.
È utile ricordare che l'Italia è il terzo creditore bilaterale del Club di Parigi del Madagascar, dopo il Giappone e la Francia, per un ammontare complessivo di 240 milioni di dollari, tutti in crediti commerciali. L'Italia ha firmato il 7 marzo 2001 al Club di Parigi la prima Intesa multilaterale di ristrutturazione del debito estero del Madagascar nel quadro dell'«iniziativa HIPC rafforzata». Si tratta della cancellazione del 90 per cento del pagamento del servizio del debito (
interim debt relief), resa possibile dal raggiungimento del decision point da parte del Madagascar il 22 dicembre 2000.
In realtà l'Italia, sulla base delle decisioni adottate - su specifica iniziativa del Governo italiano - dal G7 di Palermo il 17 febbraio 2001, cancellerà il 100 per cento del servizio del debito estero del Madagascar dovuto nel periodo interinale, andando oltre quanto previsto dal programma HIPC. L'Italia ha recentemente fatto pervenire alle Autorità malgasce un progetto di accordo bilaterale di ristrutturazione debitoria applicativo dell'intesa Multilaterale del Club di Parigi del 7 marzo 2001, ed è al momento in attesa di indicazioni da parte delle suddette Autorità relativamente al loro assenso sul testo dell'Accordo.
Per quanto riguarda l'ultimo quesito posto dall'interrogante, è utile ricordare che il Madagascar ha ratificato l'Accordo di Cotonou nel luglio dello scorso anno e potrà pertanto beneficiare del sistema di accesso al mercato Ue in totale esenzione di dazi e/o contingentazione. Nell'ambito di tale Accordo opera, inoltre, lo strumento finanziario del IX FES. Il Documento di strategia (
Country Strategy Paper) dell'Ue per il periodo 2001-2006 destina alla Repubblica del Madagascar le seguenti risorse finanziarie:
a) linea A (267 milioni di Euro) così suddivisi: 135 milioni per trasporti, 60 milioni per sviluppo rurale e sicurezza alimentare, 60 milioni per sostegno macro-economico, 12 milioni per governance» eccetera;
b) linea B (60 milioni di euro) destinata a coprire bisogni imprevisti non coperti dal budget per gli aiuti d'urgenza dell'Ue, contributi ad iniziative di alleggerimento del debito adottate in sede internazionale, sostegno destinato ad attenuare gli effetti indesiderati dell'instabilità sui profitti d'esportazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

GAMBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la recente drammatica sequenza di disastri ed incidenti che hanno colpito alcuni nodi infrastrutturali - aeroporto di Linate, traforo del San Gottardo - hanno riproposto l'importanza di una adeguata previsione di accorgimenti e misure di prevenzione ai fini della sicurezza;
alcune segnalazioni della stampa locale ed esposti di comitati di cittadini lamentano che presso l'aeroporto «L. Ridolfi» di Forlì vi sia uno «stato di precarietà e pericolosità» che richiede addirittura «la messa in sicurezza dell'aeroporto» - stando anche alle dichiarazioni alla stampa attribuite agli organi amministrativi locali;
da notizie ricavabili dalla richiesta di interventi inviata dalla Seaf (società di gestione dello scalo) all'Enac di Roma, vi è necessità di acquisizione dei parametri di sicurezza all'interno e all'esterno dello


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scalo ed in particolare si richiama l'urgenza di adeguare e completare la strada perimetrale il cui stato attuale non consente ai Vigili del fuoco di poter intervenire in caso di incidente -:
se siano a conoscenza della situazione e se quanto lamentato corrisponda a verità;
quali provvedimenti eventualmente il Governo intenda adottare per scongiurare possibili situazioni di pericolo nell'immediato, e per la definitiva messa in sicurezza dello scalo.
(4-01272)

Risposta. - In merito a quanto richiesto con l'atto cui si risponde l'Enac - Ente nazionale per l'aviazione civile - interessato a riguardo fa preliminarmente presente che l'aeroporto di Forlì presenta delle problematiche particolari in materia di sicurezza, considerato che sullo stesso operano sei scuole di volo e che è necessario garantire l'accesso continuativo agli allievi ed ai visitatori di dette scuole con personale limitato a disposizione.
La chiusura dell'aeroporto, a suo tempo effettuata, fu conseguenza di un'ispezione immediatamente avviata dallo stesso Enac che evidenziò il mancato rispetto di alcune misure di sicurezza aeroportuale.
L'Enac fa conoscere, in ogni caso, che attraverso le proprie sedi periferiche ed un nucleo ispettivo appositamente costituito, ha avviato un programma di verifica ed ispezione sugli aeroporti minori e, quindi, anche sull'aeroporto di Forlì, proprio al fine di rilevare le eventuali situazioni non coerenti con le disposizioni già emanate in materia di sicurezza.
I primi risultati dell'attività ispettiva realizzata nel mese di giugno 2002 hanno segnalato un livello di sicurezza maggiore rispetto a quello registrato in passato anche se sono stati evidenziati episodi di debolezza in alcuni scali nazionali nell'applicazione delle schede elaborate dal, Comitato interministeriale per la sicurezza.
In ogni caso le indicazioni contenute in dette schede, che devono trovare attuazione da parte delle società di gestione aeroportuale, sono soggette a continue verifiche da parte del suddetto comitato per testarne l'efficacia e provvedere, eventualmente, ad integrazioni e modifiche.
Per quanto concerne i lavori da effettuare sul medesimo aeroporto, l'Enac fa presente che, a seguito di varie riunioni tenutesi sull'argomento, furono individuate tre tipologie di opere da eseguire a cura e spese della società di gestione e, precisamente, in ordine di priorità:
a) lavori di completamento della strada perimetrale;
b) lavori di manutenzione straordinaria del piazzale di sosta degli aeromobili;
c) lavori di asfaltatura per l'aviazione generale.

Relativamente alla strada perimetrale, l'ente fa conoscere di aver invitato la società SEAF a provvedere alla modifica ed integrazione della perimetrale interna stessa e la società si è impegnata a presentare il progetto entro la primavera 2003.
La sicurezza aeroportuale, garantisce l'Enac, non è comunque inficiata dalla citata carenza infrastrutturale in quanto l'intervento dei vigili del fuoco può, comunque, avvenire utilizzando la striscia di sicurezza della pista che è compattata.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

GAZZARA, STAGNO D'ALCONTRES, D'ALIA, GERMANÀ, NARO e CRIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sempre più spesso si sente dire che, in un programma di ristrutturazione delle ferrovie e per rispondere ad esigenze di carattere economico, verrà eliminato il trasporto di passeggeri su treni nell'attraversamento dello Stretto di Messina;
conseguentemente, i passeggeri dovrebbero scendere dal treno a Messina (o Villa San Giovanni), attraversare lo Stretto su mezzi appositamente predisposti e, quindi, riprendere il treno; tale soluzione


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comporterebbe disagi di certo insostenibili, tenuto conto delle difficoltà obiettive (orari, trasporti, attese...) e soggettive (età, stato di salute, bagagli...);
l'attraversamento dello stretto sul treno si effettua oggi con tempi da secolo passato, e appare inverosimile che si individui una soluzione del problema tale da accelerare (forse) i tempi, ma da creare difficoltà e ostacoli che faranno rimpiangere, se attuati, quelli odierni;
in ogni caso, poi, si accentuerebbe la divisione del territorio nazionale, che da fisica sarebbe anche psicologica, come già è per altre questioni (autostrade, raddoppio binario ferroviario, aeroporti, sistema dei trasporti in genere);
la determinazione di cui si parla, sembrerebbe peraltro in modo implicito, allontanare la definizione del progetto di massima del ponte sullo Stretto, in chiara contraddizione con l'accelerazione data negli ultimi tempi al relativo iter;
il precedente Governo ha maldestramente negato l'esistenza di tale programma e, comunque, nulla ha fatto per tutelare le esigenze dei viaggiatori -:
per il caso in cui la notizia dovesse risultare vera, se non ritengano di riesaminare la questione e rivedere le determinazioni adottate, per garantire l'effettivo rispetto delle reali esigenze degli utenti facendo coincidere, semmai, la realizzazione di tale progetto con la realizzazione del ponte sullo stretto lungo il quale di certo è previsto il transito dei treni;
se non ritengano inoltre e comunque, proprio nell'ottica del rispetto dell'utenza, di migliorare l'attuale servizio (qualità delle vetture, comfort di viaggio, rispetto di orari, assistenza ai passeggeri in viaggio e in stazione), dato che il treno deve servire al passeggero e non viceversa.
(4-00719)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in discorso, Ferrovie dello Stato s.p.a., relativamente alla paventata eliminazione del servizio di trasporto passeggeri sui treni nell'attraversamento dello Stretto di Messina, ha riferito che non rientra negli orientamenti della società quello di limitare i treni a Messina ed a Villa S. Giovanni senza farli traghettare, pur in presenza di pesanti condizionamenti, connessi ai tempi necessari per le operazioni di carico e scarico dei convogli dalle navi traghetto, che penalizzano la competitività del prodotto.
A ribadire tale impegno, Ferrovie ha fatto conoscere che per il prossimo anno 2003 non sono previste variazioni volte ad eliminare o ridurre le operazioni di traghettamento dei treni passeggeri sullo Stretto di Messina, al contrario la società è orientata ad inserire i treni di sussidio ai servizi ordinari nell'orario ufficiale al fine di renderli «visibili» e prenotabili.
Inoltre, tra le iniziative da intraprendere, Ferrovie ha in previsione il miglioramento della qualità dei posti offerti in cuccette e vagoni letto, nonché l'ottimizzazione delle procedure volte a mantenere o migliorare i tempi di percorrenza dei treni diurni che attraversano lo Stretto.
Per completezza si aggiunge che, relativamente agli interventi infrastrutturali riguardanti il territorio siciliano, il contratto di programma 2001-2005 ha previsto i seguenti interventi:
a) «Interramento Capaci e completamento raddoppi nodo di Palermo: costo a vita intera 614 miliardi di lire, di cui 239 ancora da finanziare. Sono in corso le progettazioni di massima. L'ultimazione dei lavori è prevista in sei anni dall'inizio degli stessi;
b) «raddoppio Palermo-Messina (tratta Messina-Patti e Fiumetorto-Cefalù)»: costo a vita intera 3.563 miliardi di lire interamente finanziati. Lo stato di avanzamento si aggira intorno al 60 per cento (dati al 31 dicembre 2000). Ultimazione prevista per il quarto trimestre 2006;
c) «itinerario Messina-Catania: Completamento raddoppio»: costo a vita intera 700 miliardi di lire, interamente da finanziare.

Nell'ambito del 1o programma delle infrastrutture strategiche di preminente interesse


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nazionale di cui alla legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo), approvato dal CIPE nella seduta del 21 dicembre 2001, sono inseriti l'asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Palermo-Catania ed il Ponte sullo stretto di Messina (quest'ultimo anche nel contesto delle opere già avviate con leggi proprie delle quali si conferma il principio di rilevanza nazionale).
Inoltre si rileva che, in conformità a quanto disposto, dalla normativa comunitaria (regolamento CEE 1191/1969 e successive modifiche), nel contratto di programma 2001-2005 è previsto che lo Stato riconosca al gestore dell'infrastruttura per l'obbligo di collegamento ferroviario via mare fra la penisola e, rispettivamente, la Sicilia e la Sardegna, una compensazione determinata in via provvisoria in 93 miliardi annui per il periodo 2001-2005.
Infine, il contratto di servizio 2000-2001, sottoscritto il 18 ottobre 2002, introduce la compensazione a Trenitalia S.p.a dei costi di traghettamento e manovra per il trasporto merci da e per la Sicilia, in modo che tali maggiori oneri non vengano scaricati sulle tariffe.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

GIACHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2002, la società Swiss Re, compagnia operante nel ramo delle riassicurazioni, ha trasmesso una nota alle Organizzazioni Sindacali nella quale informava dell'intenzione della suddetta società di procedere ad una riorganizzazione della propria attività;
nella citata nota viene esplicitato che tale riorganizzazione comporterà una revisione, nei prossimi tre anni dell'organico attuale, così da rendere ottimale per la società l'impiego delle risorse aziendali;
la ottimizzazione delle risorse aziendali preannunciata, provocherà nei prossimi tre anni una eccedenza di personale pari a 130 unità;
la soc. Swiss Re sembrerebbe voglia sottrarsi al confronto con Organizzazioni Sindacali ai sensi dell'articolo 14 del CCNL - 18 dicembre 1999, (disciplina dei rapporti tra le imprese di assicurazione e il personale dipendente non dirigente) e invece voglia procedere ai sensi dell'articolo 15 del suddetto CCNL che prevede che le Organizzazioni Sindacali prendano semplicemente atto delle situazioni di eccedenza di personale senza poter entrare nel merito dei motivi che l'hanno determinato;
la soc. Swiss Re nel 1996 acquistò l'unione italiana di riassicurazione e sottoscrisse un accordo con le Organizzazioni Sindacali che prevedeva tra l'altro il mantenimento delle attuali strutture operative presso la sede di Roma;
oltre alle gravi incertezze dei mercati provocate dagli attacchi terroristici dell'11 settembre, la soc. Swiss Re specifica, nella nota inviata alle Organizzazioni Sindacali che uno dei punti fondamentali per la riorganizzazione della propria attività è, tra l'altro, la difficoltà dell'industria assicurativa avutasi per la grande volatilità dei mercati negli ultimi anni, che hanno prodotto per le società svolgenti attività nel ramo assicurativo, dei risultati tecnici altamente negativi;
a parere dell'interrogante le dichiarazioni della soc. Swiss Re potrebbero far supporre che al momento dell'acquisto della Uniorias nel 1996 non sia stato da parte della società suddetta svolto un serio e accurato studio per verificare se ciò che in seguito è stato sottoscritto con le Organizzazioni Sindacali in relazione alle assicurazioni per le unità lavorative della Uniorias, fosse stato possibile attuarlo e che tale comportamento potrebbe far pensare ad una operazione esclusivamente speculativa -:
quali azioni urgenti intenda adottare affinché la soc. Swiss Re porti avanti con le Organizzazioni Sindacali un confronto


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sulle basi delle intese sottoscritte e ai sensi dell'articolo 14 del CCNL citato in premessa;
se non ritenga opportuno attivare urgentemente un tavolo istituzionale governativo, assieme alla società Swiss Re e alle Organizzazioni Sindacali per verificare se ci sono altre prospettive oltre il licenziamento di 130 persone in tre anni.
(4-02535)

Risposta. - Dagli accertamenti effettuati dalla direzione provinciale del lavoro di Roma è emerso quanto segue.
La SWISS RE ITALIA S.p.A. - già Unione Italiana di Riassicurazione S.p.A. - è un'impresa autorizzata a svolgere l'attività di riassicurazione in qualsiasi ramo di assicurazione con sede in Roma ed una dipendenza sita in Milano.
L'azienda, alla data del 31 dicembre 2001, occupava 290 unità (31 dirigenti e 259 fra impiegati e funzionari).
A causa delle perdite conseguite nel mercato domestico, negli ultimi anni per la situazione critica in cui versa il mercato assicurativo italiano, il Gruppo Swiss Re ha deliberato un progetto riorganizzativo della propria attività in Italia proiettato nell'arco di tre anni, con la previsione di una eccedenza di personale pari a 130 unità.
Tale processo riorganizzativo è stato formalmente comunicato alle rappresentanze sindacali aziendali, con lettera del 17 gennaio 2002, ai fini dell'avvio del confronto sindacale previsto dalla disciplina pattizia in vigore fra le parti.
Si fa presente che si sono svolti numerosi incontri fra l'impresa e le organizzazioni sindacali, a livello nazionale ed aziendale, tesi ad acquisire ulteriori maggiori elementi in ordine alla programmata riorganizzazione varata dal predetto gruppo multinazionale relativamente alle attività svolte sul mercato italiano.
Le iniziative intraprese sono sfociate in un accordo, siglato in data 8 maggio 2002, fra la società «SWISS RE ITALIA S.p.A.», le organizzazioni sindacali nazionali del settore e la rappresentanza sindacale aziendale, ad esaurimento della procedura
ex articolo 15 del vigente contratto collettivo nazionale del lavoro per il settore.
Con tale accordo l'impresa, fra l'altro, si impegna a non fare ricorso alla procedura di cui alla legge n. 223/91 in materia di licenziamenti collettivi sino al 31 dicembre 2004, data di scadenza dell'accordo stesso.
Si fa presente che nelle premesse di cui all'accordo citato - riferito unicamente al personale dipendente non dirigente ed approvato dall'assemblea del personale in data 12 maggio 2002 - si conferma che il «Gruppo Swiss Re» ha deciso di sottoscrivere i contratti di riassicurazione sul mercato domestico attraverso una nuova struttura organizzativa italiana diversa dalla «Swiss Re Italia S.p.A». e che le attività di amministrazione dei contratti, sottoscritti dal 1o gennaio 2003, in poi non verranno svolte in Italia.
Inoltre, si conferma l'intendimento del gruppo multinazionale in questione di far svolgere le attività attuali e future di «Swiss Re» in Italia prevalentemente dal personale attualmente in forza, anche attraverso attività di formazione e riqualificazione dello stesso, nonché il mantenimento dell'attuale localizzazione della sede principale in Roma e degli uffici in Milano.
Infine, con la finalità di agevolare l'esodo dei lavoratori, è previsto un piano di incentivazione economica ai dipendenti che, su base volontaria, risolveranno il rapporto di lavoro nell'arco temporale di validità dell'accordo, nonché un piano di
outplacement accessibile, su base individuale e collettiva, a quei lavoratori che matureranno il diritto a percepire la pensione di anzianità o vecchiaia, secondo la normativa in vigore, oltre i 48 mesi dal momento della risoluzione del rapporto.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

ALFONSO GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 21 ottobre a causa di un incidente sul lavoro avvenuto il giorno


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prima in un cantiere di Chiari (Bs), è morto un lavoratore residente a Bolgare (Bg);
in data 26 ottobre, all'interno del perimetro della «Dalmine spa» di Dalmine (Bg), un autotrasportatore proveniente dalla Calabria è morto schiacciato dal carico trasportato dal proprio autotreno;
in data 29 ottobre, in un cantiere edile di Adrara S. Martino (Bg), due persone (un agricoltore e un operaio) sono state colpite alla testa da pietre pesanti circa tre chili, crollate da oltre quattro metri d'altezza e ora sono ricoverate in gravi condizioni;
in data 9 novembre è morto un operaio di Mozzo (Bg) a seguito delle ferite riportate nell'incidente in un cantiere di Cassiglio (Bg);
in dieci mesi i morti sul lavoro nella provincia di Bergamo sono stati ben 41 (compresi quelli sul percorso casa-lavoro);
dal 1995 ad oggi gli infortuni sul lavoro denunciati in provincia di Bergamo superano la cifra di 20.000 all'anno;
lo scorso anno l'allora ministro del lavoro Cesare Salvi inviò una task-force ministeriale a Bergamo per controllare e reprimere le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro;
tale task-force in soli due mesi portò alla luce un numero considerevole di violazioni in materia di sicurezza da parte di molte aziende bergamasche;
il servizio di prevenzione e sicurezza dell'ASL di Bergamo è tuttora sotto dimensionato rispetto alle necessità (si tenga presente che la realtà produttiva bergamasca è costituita in particolare da una miriade di piccole, piccolissime aziende);
a giudizio dell'interrogante le cause di tale vero e proprio bollettino di guerra sono da ricercare nel non rispetto delle norme di sicurezza da parte delle aziende e/o imprese appaltatrici al fine di diminuire i costi e dall'aumento dei ritmi e degli orari di lavoro al fine di massimizzare i profitti e ciò è anche frutto dell'aumento della precarietà e della flessibilità all'interno del mondo del lavoro -:
quali provvedimenti urgenti intenda prendere affinché siano rispettate le norme di sicurezza in materia di lavoro, al fine di evitare in futuro il ripetersi di incidenti e morti sul lavoro;
in particolare se non ritenga opportuno intervenire affinché vengano potenziate le strutture di ispezione dell'ASL al fine di una maggiore prevenzione degli incidenti sul lavoro.
(4-01401)

Risposta. - In base ad elementi assunti
presso la direzione provinciale del lavoro di Bergamo, rappresento quanto segue.
Il servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della A.S.L. di Bergamo dispone attualmente di 92 unità.
Detto personale include 32 unità provenienti dall'unità impiantistica, recentemente accorpata al servizio, che si dedica prevalentemente ai controlli sugli impianti ai fini della sicurezza, e 60 unità - tra le quali una trentina di addetti con qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria - che operano prettamente in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Per tale ultimo aspetto risulta che il servizio in esame effettua circa 2200 interventi all'anno nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda in particolare l'edilizia, che è il settore maggiormente a rischio nella provincia di Bergamo sotto il profilo infortunistico, risulta che la ASL di zona ha svolto sopralluoghi ispettivi in oltre 600 cantieri.
Il grave fenomeno infortunistico che si riscontra in questa provincia ha registrato nel 2001 una riduzione del numero assoluto dei casi mortali ed un leggero incremento dei casi non mortali (cui fa però riscontro un maggiore incremento delle ore lavorate).
L'impegno delle istituzioni e delle forze sociali, a livello locale, per il contenimento di tale fenomeno, è intenso, costante e concorde, sia nello scrupoloso adempimento dei rispettivi compiti, sia nel frequente


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confronto ed interscambio (a livello di analisi, organizzativo, tecnico e di coordinamento).
Sono operanti appositi «tavoli», anche presso la prefettura, e sono attivi i nuclei ispettivi misti che intervengono in vari settori, soprattutto nell'edilizia, con la partecipazione di ispettori del lavoro, Ispettori ASL e degli istituti previdenziali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

GIULIETTI, STRAMACCIONI, AGOSTINI, BELLILLO e SERENI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Hemmond di Bastia Umbra in provincia di Perugia, opera nel settore della maglieria;
il personale direttamente impiegato è pari a 148 dipendenti, la gran parte del quale femminile;
l'indotto che ruota intorno all'azienda arriva a circa 1.000 unità;
il fatturato del 2000 è stato pari a circa 100 miliardi;
l'azienda produce con il proprio marchio per circa il 30 per cento della produzione, il restante 70 per cento con e per altri marchi, alcuni di levatura internazionale;
la Hemmond non si trova in crisi per mancanza di mercato, ma per una cattiva gestione aziendale, che, come sollevato dalle organizzazioni sindacali di categoria Cgil, Cisl, Uil, punta alla dismissione dell'attività;
sia la regione dell'Umbria, sia il comune di Bastia si sono mossi per trovare una soluzione che permetta la ripresa dell'attività produttiva e la salvaguardia dei livelli occupazionali -:
se non si ritenga di dover convocare le parti presso il ministero del lavoro, congiuntamente agli enti locali interessati, per verificare la possibilità di soluzioni tendenti ad uscire dall'attuale fase di stagnazione della vertenza.
(4-02384)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, si fa presente che in data 15 maggio 2002 in Perugia, presso la sede dell'associazione industriali, è stato firmato un accordo tra l'Impresa Hemmond S.p.A. e le organizzazioni sindacali.
Con tale accordo l'azienda ha fornito un'ampia e dettagliata informativa in merito alla attuale situazione aziendale.
In particolare è stata evidenziata la necessità, a causa di una transitoria sfavorevole situazione di mercato, di richiedere l'intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria nei confronti di 90 unità lavorative, a decorrere dal 13 maggio 2002, per un periodo presumibile di 13 settimane e previo godimento degli istituti contrattuali maturati.
Le parti si sono impegnate ad incontrarsi periodicamente al fine di verificare e definire le modalità di utilizzo ed applicative del ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria nonché per esaminare l'evoluzione delle iniziative, aziendali ed istituzionali, di definitivo rilancio dell'azienda.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 8 ottobre 2001, trovarono la morte a Linate in una sciagura aerea dovuta all'impatto di un velivolo da turismo Cessna 525A ed un aereo di linea della Compagnia svedese Sas, 118 persone;
lo staff di consulenti tecnici, nominato dalla procura di Milano per fare chiarezza sulla dinamica dello spaventoso incidente ha accertato, oltre all'errore umano, una catena di omissioni e di manchevolezze le cui responsabilità risultano ancora da attribuire;


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per la definizione delle responsabilità civili e penali da parte dei giudici, sulla base delle perizie tecniche effettuate e delle indagini fin qui svolte, si prospettano tempi particolarmente lunghi e spese legali particolarmente onerose;
il «Comitato Parenti per le Vittime di Linate», che annovera oltre 5.500 membri, a nome del suo Presidente, Paolo Pettinaroli, ha reso noto come il procrastinarsi dei tempi dell'inchiesta possa risultare rovinosamente esiziale per quanti nel disastro aereo hanno perso un loro caro. Oltre all'incommensurabile perdita affettiva, le famiglie colpite si trovano infatti ora a dover fronteggiare conseguenze economiche pesantissime;
a detta del Presidente Paolo Pettinaroli, i familiari di alcuni piccoli imprenditori, periti nel tragico evento, si sono trovati nella necessità di chiudere le aziende, di liquidare gli addetti ivi impiegati e di non riuscire ad onorare i debiti assunti;
lo stesso Pettinaroli, sottolineando testualmente come il risarcimento della Sas non «basti a mantenere una sola famiglia», ha chiamato in causa il Governo perché possa fornire un aiuto concreto, anche a sostegno delle ingenti spese legali che le famiglie delle vittime devono affrontare per il prosieguo della causa -:
se, in considerazione delle motivazioni suesposte, attese le incalcolabili implicazioni del disastro aereo di Linate, non siano allo studio misure di sostegno economico-finanziario in favore delle famiglie coinvolte, in deroga alla normativa vigente che, come lo stesso Ministro ha già reso noto, prevede indennizzi governativi nell'esclusivo caso in cui si annoverino, in ambito familiare, vittime di mafia o di terrorismo.
(4-02848)

Risposta. - Si rappresenta in primo luogo che, in attesa della conclusione delle inchieste relative al disastro di Milano Linate dell'8 ottobre 2001, è stata approvata da questa amministrazione la delibera n. 16/2002 adottata dal Consiglio di amministrazione dell'ENAC nella seduta del 31 maggio 2002, che ha autorizzato il preposto direttore generale a concludere un accordo con le parti e le compagnie assicuratrici, per la liquidazione dei danni subiti dalle persone in conseguenza dell'incidente di che trattasi.
All'onere stimato in un importo massimo di Euro 25 milioni, l'Ente nazionale per l'aviazione civile farà fronte per l'importo di Euro 15 milioni con le somme disponibili sul Capitolo 1.10.03 del proprio bilancio 2002 e per l'importo di euro 10 milioni con le somme disponibili sullo stesso capitolo del proprio bilancio del 2003.
L'Ente riferisce che, successivamente alla sottoscrizione di un accordo con gli altri soggetti interessati alla definizione dei risarcimenti danni conseguenti al disastro stesso, ha avviato concrete trattative con gli aventi titolo alla liquidazione dei danni e si riserva di comunicare a questa Amministrazione l'esito delle trattative medesime.
Si pone in evidenza che è stato altresì approvato, in data 18 febbraio 2003, in via definitiva, dalla Camera dei deputati il disegno di legge relativo alle «Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Linate» (Atto Camera 3603).
Con l'articolo l, comma 1, di tale provvedimento legislativo è assegnata al prefetto di Milano la somma di lire 12.500.000 euro per un'equa elargizione a favore dei componenti le famiglie delle vittime, tenuto conto anche dello stato di effettiva necessità, nonché per il finanziamento di altre iniziative proposte dal «Comitato 8 ottobre per non dimenticare» costituito dai familiari delle vittime.
Il comma 2 prevede che il prefetto di Milano adotti i provvedimenti di elargizione e finanziamento sentito il parere del Comitato di cui al comma 1.
Il comma 3 dispone che le elargizioni ed i finanziamenti previsti dal predetto provvedimento siano esenti da ogni imposta o tassa. Le elargizioni sono attribuite in aggiunta a qualsiasi altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo secondo la normativa italiana.


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Con l'articolo 2, comma 1, sempre di detto provvedimento, è previsto che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 12.500.000 euro per l'anno 2003, si provveda mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, come determinata dalla Tabella C della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il comma 2, del citato articolo 2, dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

LA GRUA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dopo circa dieci anni dal loro inizio sono in fase di completamento i lavori di costruzione dell'edificio destinato ad ospitare gli uffici della sede distaccata di Vittoria del Tribunale di Ragusa;
l'ultimazione dell'opera - vivamente attesa dalla popolazione locale - non risolverà i problemi dell'ufficio giudiziario in quanto l'edificio in questione non sarà sufficiente ad accogliere i giudici ed il personale del locale Tribunale, dal momento che dispone di soli dieci vani oltre alle aule di udienza;
solo con la realizzazione del secondo stralcio dei lavori, che prevede una spesa di circa 2 milioni di euro, la nuova struttura potrà essere utilizzata altrimenti resterà abbandonata vanificando le aspettative del mondo forense e degli operatori giudiziari, oltre che degli utenti;
il comune di Vittoria ha già da tempo avanzato formale richiesta di finanziamento del secondo stralcio dell'opera ed anche il presidente del tribunale di Ragusa ha avanzato al Ministero analoga richiesta -:
se non ritenga di accogliere la richiesta del comune di Vittoria di finanziamento del secondo stralcio dell'edificio destinato ad ospitare la sede distaccata di Vittoria del tribunale di Ragusa per rendere finalmente fruibile una struttura da circa dieci anni che se non venisse ampliata rimarrebbe inutilizzata ed andrebbe a rappresentare una ennesima «cattedrale nel deserto» e un esempio di cattiva amministrazione.
(4-05162)

Risposta. - Il comune di Vittoria nel 1989 ha ottenuto un mutuo a totale carico dello Stato, ex articolo 19, legge 119 del 1981. Si trattava di un finanziamento di lire 3.401.370.000 per la costruzione di un immobile giudiziario.
I lavori iniziarono ma vennero sospesi in quanto la ditta aggiudicataria, dopo aver realizzato le strutture portanti, abbandonò il cantiere. Erano state eseguite opere per un importo di lire 461.521.230.
Il ministero della giustizia nel 1999 chiese al comune di dar conto della mancata realizzazione dell'opera a fronte del finanziamento erogato.
Il comune ha pertanto riavviato la procedura per il completamento dell'edificio, curando la redazione del progetto di completamento.
Il progetto prevede uno stralcio funzionale che utilizza il residuo del mutuo concesso nel 1989, ed un progetto generale di completamento. Il costo complessivo dell'opera è di oltre 3 milioni di euro.
I fondi per l'edilizia giudiziaria sono limitati e vengono assegnati in base a una programmazione che risponde a criteri di efficienza ed economicità, in relazione agli obiettivi generali prioritari.
Il ministero decise pertanto di approvare il progetto di primo lotto che utilizzava il finanziamento concesso oltre dieci anni prima e di rimandare ad un momento successivo l'eventuale finanziamento del completamento dell'edificio. La commissione di manutenzione del palazzo di giustizia collegialmente, e il presidente del tribunale, espressero parere favorevole sul progetto generale di completamento e sul primo lotto precisando, ovviamente, che la


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piena funzionalità sarebbe stata raggiunta con il completamento dell'opera.
In data 26 gennaio 2001 il ministero della giustizia approvò il progetto di primo stralcio. I lavori sono iniziati.
Attualmente i fondi per l'edilizia giudiziaria
ex articolo 19 legge 119 del 1981 sono esauriti, pertanto il completamento della sezione distaccata di Vittoria resta inserito nell'elenco delle richieste in attesa di finanziamento.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LION e CENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
oltre 150 operai dell'ex stabilimento GoodYear di Cisterna di Latina, sarebbero stati colpiti da forme tumorali, probabilmente causate dalle sostanze tossiche utilizzate o prodotte nella lavorazione dei pneumatici;
i 44 mila metri quadri di capannoni vuoti dell'ex stabilimento GoodYear di Cisterna di Latina sono ricoperti da pericolose lastre di amianto, che, per stessa ammissione degli amministratori della GoodYear Italia, sono state messe in sicurezza solo fintanto che lo stabilimento è rimasto in funzione;
secondo la GoodYear Italia il sito e gli impianti di Cisterna di Latina sarebbero stati ceduti a titolo gratuito alla Meccano Holding;
il 13 aprile 2001 la procura di Latina ha aperto un'inchiesta sulle morti degli operai, citando il come responsabili ex presidenti e dirigenti della GoodYear -:
quali opportune iniziative i ministri in indirizzo intendano assumere perché sia garantita e ripristinata la sicurezza ambientale e sanitaria nel sito dell'ex stabilimento;
se non si ritenga opportuno, dopo una previa ispezione, notificare alla società attualmente proprietaria dell'ex sito industriale l'obbligo di mantenere in sicurezza l'amianto ivi presente;
se non si ritenga opportuno intervenire nei confronti della multinazionale per avere un chiarimento e soddisfacenti rassicurazioni sulla tutela sanitaria dei lavoratori garantita dalla società fino alla chiusura degli impianti.
(4-02235)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in discorso, sulla scorta di quanto comunicato dal comune di Cisterna di Latina (Latina), dalla ASL Latina e dalla regione Lazio, si comunica quanto segue.
In data 13 aprile 2001 è stata presentata presso la procura della Repubblica di Latina, da parte di alcuni dipendenti e familiari di ex dipendenti dello stabilimento
GoodYear di Cisterna di Latina (Latina), una denuncia, a cui ne sono seguite molte altre, per omicidio colposo e lesioni nei confronti di alcuni responsabili dello stabilimento.
Dall'attività di indagine della parte offesa è emerso che i dipendenti dello stabilimento, nel corso degli anni, sarebbero stati esposti diversi fattori di rischio: ammine aromatiche, nerofumo, solventi, amianto, eccetera.
Durante il periodo 1977/78, inoltre, vi sono stati nei confronti della
GoodYear alcuni verbali di inadempienza alle disposizioni dei decreti del Presidente della Repubblica 303/56 (igiene del lavoro) e 547/55 (sicurezza e lavoro) e successivo provvedimento di sequestro del reparto Banbury da parte della procura della Repubblica di Latina su segnalazione dell'ispettorato del lavoro.
Per la realizzazione della bonifica del suddetto sito, lo stabilimento è stato ceduto dalla
GoodYear, in data 9 aprile 2001, ad una società mista a maggioranza pubblica denominata Cisterna Sviluppo Spa, a cui partecipa il comune di Cisterna di Latina al 49 per cento, la Provincia di Latina al 2 per cento e la Meccano Holding Srl al 49 per cento.


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L'ASL Latina, con nota prot. n. 15109, del 16 dicembre 2002, ha informato circa gli interventi di bonifica ed incapsulamento di materiali contenenti amianto effettuati dalla ex direzione
GoodYear Italiana Spa dal 1995 al 2001.
Da tale nota si evince che la scelta del tipo di intervento di bonifica realizzato, consistente in una sovracopertura ed incapsulamento relativamente all'eternit presente sulla copertura e sulle pareti dell'ex stabilimento
GoodYear Italiana Spa, è stata autonomamente decisa dalla Società a seguito di una consulenza da parte di esperti.
La suddetta ASL ha sottolineato i limiti di tale scelta che presenta in genere un'efficacia limitata nel tempo, ed ha informato di aver segnalato all'autorità giudiziaria, in data 17 luglio 2000, la mancanza di attestazione di conformità del prodotto utilizzato come incapsulante, ai sensi del decreto ministeriale 20 agosto 1999.
Non ha avuto seguito, inoltre, la richiesta dell'ASL alla direzione
GoodYear di trasmettere una relazione con il calcolo della porzione residua di amianto da bonificare, nonché le schede di rilevazione del responsabile aziendale amianto, con indicazione se su tale superficie fosse stato possibile attuare una bonifica conservativa, ovvero si ritenesse necessaria la rimozione totale.
La regione Lazio, infine, in data 2 settembre 2002, ha comunicato l'avvenuto completamento della prima fase dell'indagine di caratterizzazione dell'area, autorizzata dal comune di Cisterna di Latina nell'ambito del procedimento disciplinato dal regolamento per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, approvato con decreto ministeriale 471 del 1999.
I risultati delle analisi fatte eseguire dalla
GoodYear sui campioni di terreni prelevati nel corso dei sondaggi effettuati sotto il controllo della Provincia di Latina e dell'ARPA, non hanno evidenziato livelli di contaminazione del terreno sottostante le aree delle zone indagate (deposito solventi, impianto Bandbury, capannone industriale) superiori ai limiti consentiti, stabiliti dal suddetto decreto ministeriale 471 del 1999 per le aree industriali e commerciali.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

LUCÀ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Ficomirrors Italia srl fa parte di un gruppo internazionale di società che fa capo alla Ficosa Internationai s.a, con sede in Spagna e con stabilimenti commerciali e sedi in Spagna, Polonia, Portogallo, Francia, Inghilterra e Turchia;
sul mercato nazionale la Ficomirrors svolge attività di produzione e commercializzazione di componenti per l'industria dell'automobile e del veicolo industriale;
la Ficomirrors il 24 ottobre 2001 ha, improvvisamente, annunciato l'intenzione di smantellare le attività produttive dello stabilimento di Venaria, acquisito in seguito alla vendita della Magneti Marelli Retrovisori (gruppo Fiat);
tale decisione ha comportato l'apertura della procedura di mobilità per tutti gli operai e di parte degli impiegati, coinvolgendo in tutto 211 lavoratori su un totale di 286;
la società Ficomirrors ha motivato questo drastico taglio al personale adducendo una forte diminuzione dei volumi produttivi causata dalla pesante crisi congiunturale che sta coinvolgendo il settore della produzione automobilistica e provocando serie ripercussioni sull'indotto dell'intera regione;
la situazione dello stabilimento di Venaria sta generando forti preoccupazioni per la situazione occupazionale del territorio nonché per le ricadute sul tessuto sociale -:
se i ministri competenti non ritengano di assumere iniziative volte ad istituire un tavolo di concertazione tra l'azienda interessata


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e le organizzazioni sindacali, a garanzia della salvaguardia dei livelli occupazionali e del mantenimento di una presenza industriale nel territorio.
(4-01457)

LUCÀ, NIGRA, BUGLIO e BENVENUTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Ficomirrors Italia srl fa parte di un gruppo internazionale di società facenti capo alla Ficosa International sa, con sede in Spagna e con stabilimenti commerciali e sedi in Spagna, Polonia, Portogallo, Francia, Inghilterra e Turchia, e sul mercato nazionale svolge attività di produzione e commercializzazione di componenti per l'industria dell'automobile e del veicolo industriale;
la Ficomirrors lo scorso 24 ottobre 2001 aveva improvvisamente annunciato l'intenzione di smantellare le attività produttive dello stabilimento di Venaria, acquisito in seguito alla vendita della Magneti Marelli Retrovisori (gruppo Fiat);
la conseguenza di tale decisione era stata l'immediata apertura della procedura di immobilità per tutti gli operai e per parte degli impiegati, e cioè per 211 lavoratori su un totale di 286;
l'azienda motivava una scelta così drastica adducendo una forte diminuzione dei volumi produttivi, causata dalla pesante crisi congiunturale che sta coinvolgendo il settore della produzione automobilistica e provocando serie ripercussioni sull'indotto dell'intera regione;
la situazione di cui sopra era già stata peraltro oggetto di un'interrogazione presentata dallo stesso interrogante nel novembre del 2001 alla quale il Governo non ha ancora ad oggi ritenuto di dover fornire una risposta;
nel frattempo però, esattamente venerdì 18 gennaio 2002 le cose sono andate avanti e la Ficomirrors ha inviato la lettera di licenziamento a 211 lavoratori dell'azienda -:
quali iniziative i Ministri competenti abbiano intenzione di adottare affinché sia immediatamente riaperta una trattativa tra l'azienda e le organizzazioni sindacali che conduca, in tempi brevi, alla revoca dei licenziamenti, al fine di garantire alle 211 persone in corso di licenziamento il mantenimento del posto di lavoro nonché la continuità della presenza industriale sul territorio.
(4-01888)

Risposta. - Dagli accertamenti effettuati dalla direzione provinciale del lavoro di Torino è emerso quanto segue.
In data 24 ottobre 2001 la Società FICOMIRRORS ITALIA S.p.A. (ex Magneti-Marelli Retrovisori), facente capo alla multinazionale spagnola FICOSA INTERNATIONAL, ha attivato la procedura di mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, per n. 211 dipendenti sui complessivi n. 286 occupati nello stabilimento di Venaria (Torino), per cessazione dell'attività produttiva.
Nell'ambito della suddetta procedura, l'azienda ha argomentato la propria decisione con la necessità di provvedere ad una ristrutturazione del gruppo, chiudendo o ridimensionando alcuni stabilimenti in Europa, fra cui quello di Venaria.
Poiché, però, i suddetti incontri, tesi alla ricerca di soluzioni idonee a sostenere i lavoratori interessati, si sono risolti negativamente, la vertenza è ripresa presso la regione Piemonte.
Il giorno 24 gennaio 2003 è stato finalmente raggiunto un accordo tra le parti con il quale, ferma restando la chiusura dello stabilimento di Venaria Reale, è stato concordato che verranno posti in mobilità i lavoratori in possesso dei requisiti per accedere alla pensione di anzianità o di vecchiaia nel corso o al termine della fruizione della relativa indennità.
Per i restanti dipendenti è stata presentata istanza di concessione della Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, con decorrenza 16 gennaio 2002.
Successivamente sono stati tenuti diversi incontri con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, per la definizione


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delle modalità di erogazione degli incentivi alla mobilità.
Nell'incontro del 3 aprile 2002 sono stati definiti una parte degli importi degli incentivi da erogare.
Da ultimo, le parti si sono incontrate presso la regione Piemonte, alla presenza di tutte le Istituzioni interessate, per la verifica dello stato di avanzamento del piano di ricollocazione attuato dall'azienda.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

MARAN. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'area del Lisert a Monfalcone (Gorizia) già di proprietà dell'Enel, continua a essere usata come discarica abusiva di rifiuti tossici nocivi, nonostante l'opera di vigilanza messa in atto dalle associazioni ambientalistiche;
l'ultimo episodio è stato segnalato dal responsabile del Wwf cittadino, che ha rinvenuto cinque sacchi di grandi dimensioni contrassegnati da una «A», che segnala la presenza di amianto. A fianco della zona in cui sono stati sistemati i sacchi, circondati da un nastro bianco e rosso, c'è un cartello con la scritta «stoccaggio provvisorio di rifiuti nocivi». Soltanto pochi mesi fa erano stati rinvenuti altri due sacchi;
l'area è interdetta da una sbarra ma l'ingresso è comunque possibile. Non si sa se l'amianto sia stato portato lì abusivamente o se questo «stoccaggio provvisorio» sia stato in qualche modo autorizzato, visto che il fondo in questione, oltre lo stabilimento ex Officine Maraldi, era di proprietà dell'Enel e veniva utilizzato per il deposito delle ceneri prodotto in centrale. Nella zona sono già stati ritrovati in passato alcuni bidoni interrati contenenti amianto -:
quali iniziative il Governo intende assumere per evitare che tali episodi di inquinamento ambientale si ripetano e mettano a rischio la salute della popolazione, già molto provata dai danni dovuti all'esposizione all'amianto.
(4-04120)

Risposta. - Sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Gorizia e dal comune di Monfalcone (Gorizia), si rappresenta quanto segue.
Il comune di Monfalcone, in data 11 aprile 2002, ha ricevuto comunicazione da parte del comando della stazione forestale di Monfalcone, a seguito di un sopralluogo effettuato, sulla presenza di una discarica abusiva in località Lisert, in cui veniva riscontrata anche la presenza di materiale contenente amianto.
A seguito di ciò, il predetto comune, assegnava, con determinazione dirigenziale n. 620 del 30 aprile 2002, alla ditta specializzata
Tecno-Soffitti, avente sede in Ronchi dei Legionari, la rimozione ed il conferimento in discarica autorizzata del materiale suddetto.
La ditta in questione ha provveduto a predisporre il necessario piano di lavoro ed il deposito dello stesso presso l'azienda servizi sanitari n. 2 «Isontina» - dipartimento di prevenzione - per l'approvazione, così come previsto dall'articolo 34 del decreto legislativo 277 del 1991.
Ottenuta l'approvazione del piano di lavoro, ha iniziato, nel mese di luglio 2002, alla rimozione del materiale, incapsulandolo in appositi sacchi al fine di conferirli in discarica autorizzata.
Durante i lavori, inoltre, è stata accertata la presenza di ulteriori estesi abbandoni di materiale contenente amianto, i cui lavori di rimozione sono in via di conclusione.
Dalla nota della prefettura di Gorizia, l'area in questione risulta essere stata già interessata nel passato da fenomeni di abbandono dei rifiuti da parte di soggetti e ditte private.
La bonifica dell'area per tali episodi è stata conferita all'
ENAM (Energia e Ambiente Multiservizi) per l'asporto degli inerti, nonché alla citata ditta Tecno-Soffitti per la rimozione ed il conferimento in discarica autorizzata del materiale in eternit,


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previa autorizzazione della competente A.S.S n. 2 «Isontina».
Per effetto delle intervenute bonifiche, sono stati già rimossi dal sito, secondo quanto risulta dalla documentazione comunale, circa 24.000 kg di eternit.
Sarà compito di questa amministrazione coordinare e monitorare gli interventi, al fine di una completa bonifica dell'area in questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

MASSIDDA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la vigente legge 144 del 1999, in attuazione del regolamento comunitario del 1992, contiene norme sulla continuità territoriale aerea per la Sardegna, e prevede lo stanziamento dei fondi necessari a introdurre agevolazioni tariffarie per i cittadini residenti nell'isola;
in base alla succitata norma, sono state indicate le tratte aree a tariffa scontata, la cui assegnazione è stata oggetto di apposito concorso tra compagnie aeree;
a seguito di un ricorso presentato da una delle compagnie esclusa dall'assegnazione della rotta Cagliari-Milano, il 3 agosto 2001 il Tar del Lazio ha disposto l'annullamento dell'assegnazione della medesima tratta alla compagnia aerea Air-One;
il provvedimento di annullamento è stato motivato sulla base della mancata indicazione, prima del concorso, dei criteri e dei requisiti per l'assegnazione dei punteggi di gara;
l'annullamento dell'assegnazione determina sicuramente una situazione di incertezza sul futuro della continuità territoriale, anche in relazione alla possibilità che la sentenza del Tar abbia individuato una crepa nel sistema normativo che potrebbe aprire la strada a nuovi ricorsi e annullamenti;
la continuità territoriale è un bene prezioso per i cittadini sardi perché consente loro di superare, anche se parzialmente, una condizione di disuguaglianza con il resto della penisola, determinata dai disagi sociali ed economici dell'insularità;
la sentenza del Tar ha creato un clima di incertezza che ha provocato legittimi dubbi sul mantenimento del regime di continuità territoriale, incertezza che può essere fugata da un pronunciamento del ministero in indirizzo;
la continuità territoriale, nonostante il breve periodo di vigenza, ha già manifestato diverse lacune legate alla limitatezza delle rotte contemplate - da e per Roma e Milano -, all'esclusione delle merci dalle agevolazioni tariffarie, al concomitante depotenziamento generalizzato dei voli sulle altre rotte e all'aumento eccessivo delle tariffe di mercato -:
quali misure intenda adottare per salvaguardare il sistema delle agevolazioni tariffarie alla continuità territoriale;
se non intenda adottare provvedimenti atti a perfezionare il sistema della continuità territoriale, aumentando il numero delle tratte a tariffa agevolata, con un numero maggiore di scali aeroportuali, oltre quelli attuali.
(4-03832)

Risposta. - Si fa presente che è stato
proposto l'appello avverso la sentenza del TAR del Lazio n. 6938/02 del 9 maggio 2002 che ha accolto il ricorso presentato dalla società Volare contro l'aggiudicazione ad Air One della rotta Cagliari-Milano, sulla base della pretesa omessa determinazione, da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, nel relativo bando di gara, dei criteri per l'attribuzione dei punteggi ai concorrenti.
In attesa, pertanto, che il Consiglio di Stato si pronunci in merito, l'Ente non ha provveduto a denunciare la Convenzione con
Air One, consentendo in tale modo agli utenti cagliaritani di conservare i benefici degli oneri di servizio pubblico ed evitando così discriminazioni rispetto al resto della Sardegna.


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Per quanto concerne le lacune nel sistema della continuità territoriale, si rappresenta che, in data 12 giugno 2002, è stato sottoscritto un Protocollo di intesa tra l'Enac e la regione Sardegna con cui è stato istituito un Comitato Paritetico con il compito, tra gli altri, di formulare proposte migliorative del menzionato sistema.
Tali proposte sono attualmente allo studio del Comitato suddetto che adotterà le più opportune determinazioni in merito, in coerenza con la normativa di riferimento e compatibilmente con le disponibilità finanziarie allo stato esistenti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

MASTELLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il quotidiano Il Mattino del 18 e 19 settembre 2002 nella cronaca di Avellino si è interessato alla questione giustizia afferente gli uffici giudiziari della procura della Repubblica di Sant'Angelo dei Lombardi;
per quanto riportato in epigrafe dal giornale la situazione sarebbe gravissima al punto tale da titolare «La giustizia negata»;
il procuratore della Repubblica di Sant'Angelo dei Lombardi dottor Mario Pezza dovrebbe essere coadiuvato da due sostituti procuratori, organico già insufficiente alla mole di lavoro esistente presso la sede di cui è a capo;
attualmente non è coperto un posto di sostituto presso la sua sede;
la situazione sarebbe ulteriormente aggravata dal fatto che la dottoressa Auferio sta per andare in permesso per maternità, per cui il procuratore capo resterebbe solo nell'ufficio;
il dottor Pezza ha evidenziato l'impossibilità di svolgere indagini;
tale lamentata carenza influirebbe su inchieste importanti;
anche gli avvocati del foro di Sant'Angelo dei Lombardi per tale situazione hanno deliberato, in data 10 settembre 2002, di proclamare l'astensione dalle udienze civili e penali dal 23 settembre 2002 al 15 ottobre 2002 con le dovute eccezioni previste dal codice di autoregolamentazione;
non è consentito che l'amministrazione della giustizia sia paralizzata da simili questioni -:
quale sia la reale situazione di organico negli uffici giudiziari del tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi ed in particolare della procura della Repubblica;
per quale motivo non sia possibile coprire il posto dichiarando che la sede è «copertura necessaria»;
quale iniziativa intenda adottare, nell'immediato, il Ministro interrogato.
(4-04235)

Risposta. - Si precisa che il tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi è dotato di un organico di 9 magistrati e al momento si rileva la vacanza non pubblicata, dovuta al trasferimento della dottoressa Marina Stirpe, con provvedimento in corso di predisposizione, al tribunale di Frosinone.
La dotazione organica della procura della Repubblica di Sant'Angelo dei Lombardi, composta da 3 magistrati, risulta al completo a seguito della presa di possesso del dottor Ugo Miraglia Del Giudice, trasferito dalla procura della Repubblica di Foggia, con provvedimento pubblicato sul
Bollettino Ufficiale n. 1 del 15 gennaio 2003, e del rientro in servizio della dottoressa Emma Aufieri, che terminera il 7 aprile 2003 il periodo di assenza obbligatoria post partum.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MOLINARI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il settore turistico in Basilicata sta assumendo sempre maggiore rilevanza, in particolare quello invernale;


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tra le piste sciistiche lucane vi è quella della Sellata-Pierfaone, località molto vicina alla città di Potenza e di grande richiamo turistico anche per l'hinterland e la vicina Puglia;
nonostante la neve presente, gli impianti della Sellata restano chiusi a causa di lungaggini burocratiche;
i Vigili del fuoco di Potenza hanno dato parere positivo all'apertura degli impianti sciistici della Sellata;
nonostante ciò, gli impianti restano chiusi, in quanto l'ufficio speciale impianti fissi (USTIF), che ha la responsabilità della sicurezza degli impianti ha sede fuori regione e precisamente a Napoli;
questa chiusura rappresenta una penalizzazione per il settore turistico e per gli operatori che pure in questi anni hanno messo in piedi una qualificata e sempre migliore offerta per attrarre visitatori anche oltre i confini regionali -:
quali siano le motivazioni dei ritardi che impediscono l'apertura degli impianti e quali iniziative intenda adottare il Governo affinché in presenza di numerosi impianti sciistici venga istituita in Basilicata una sede dell'ufficio speciale impianti fissi (USTIF), evitando che la sede di Napoli sia responsabile anche per quanto riguarda le competenze lucane, al fine di garantire una maggiore efficienza e maggiore rispondenza anche alle esigenze dell'economia turistica regionale.
(4-02213)

Risposta. - Gli Uffici speciali per i trasporti ad impianti fissi (Ustif) sono stati istituiti con legge n. 870 del 1o dicembre 1986, recante misure urgenti per i servizi della direzione generale M.C.T.C., che all'articolo 12 ha individuato il numero, l'ubicazione e la competenza territoriale dei suddetti organi periferici del ministero delle infrastrutture e trasporti con compiti, fra l'altro, di vigilanza sulla sicurezza di esercizio dei trasporti ad impianti fissi.
Nelle regioni Basilicata e Calabria le funzioni e gli adempimenti riguardanti i servizi effettuati mediante impianti funicolari aerei e terrestri sono svolti dall'Ustif per la Campania con sede a Napoli.
L'esiguo numero degli impianti a fune in esercizio nella regione Basilicata (1 ascensore, 2 seggiovie e 7 sciovie) non giustifica l'istituzione di un Ustif nella regione.
Il Governo sta valutando, al riguardo, nell'ambito degli Ustif esistenti, la possibilità di procedere ad un riordino delle competenze; in tale sede si effettuerà un assestamento fisiologico con l'attribuzione all'Ustif di Bari, competente anche per le regioni Basilicata e Calabria, delle funzioni di vigilanza sugli impianti a fine delle due regioni summenzionate.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

PAOLETTI TANGHERONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i passeggeri del volo Az1673 Roma-Pisa hanno subito, nella giornata di mercoledì 11 settembre 2002, una vera e propria odissea, costellata di ritardi e di disservizi di vario genere;
infatti il decollo del volo AZ1673, da Roma per Pisa, che era previsto alle ore 21.15, è stato spostato, in un primo momento, alle 23.59 e successivamente anticipato alle ore 23.40;
all'ora della partenza, fissata per le ore 23.40, è sorto un ulteriore e grave problema. Si trattava, infatti, di reperire un comandante, perché quello previsto per guidare l'aereo ormai aveva abbondantemente superato il limite massimo delle ore di volo consentite;
in conclusione, il volo, dopo altri inspiegabili ritardi, dovuti a disservizi, è partito da Fiumicino alle ore 1.10 del giorno successivo e dopo ben quattro ore di ritardo, visto che la partenza era fissata per le ore 21.15, è atterrato a Pisa;
è innegabile che tale situazione di disinteresse totale nei confronti dell'utenza


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ha creato malumori e forti tensioni tra i passeggeri con intervento anche della forza pubblica;
è da rilevare, inoltre, che queste carenze organizzative si ripetono molto frequentemente ed in particolare sul volo AZ1673 -:
se sia a conoscenza dell'accaduto e quali iniziative intenda adottare perché sia assicurata agli utenti un'organizzazione seria, efficace e tale da evitare, per il futuro, il ripetersi di questi problemi.
(4-03853)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'interrogazione in discorso l'Enac - l'Ente nazionale per l'aviazione civile - cui sono state richieste informazioni, rappresenta che da controlli effettuati è risultato che il volo AZ1673 Roma PISA è arrivato a Pisa il giorno 11 settembre 2002 pressoché in orario, vale a dire alle ore 22,07, anziché alle ore 22.05 come previsto. Anche i controlli effettuati sullo stesso volo nel giorno immediatamente precedente e successivo non hanno evidenziato alcun significativo ritardo.
Risulta, invece, che il volo AZ1673 Roma PISA ha subito gravi ritardi il giorno 11 agosto 2002, vale a dire un mese prima dell'11 settembre 2002, con arrivo a Pisa alle ore 01,39 e quindi con circa tre ore e mezzo di ritardo rispetto allo schedulato.
Tale ritardo, fa conoscere l'Ente, è stato peraltro motivato dal maltempo, dal disbrigo di operazioni a terra e dall'attesa dell'equipaggio proveniente da altro volo non in orario.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PAOLETTI TANGHERONI e GALVAGNO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Ambasciata italiana a Tunisi costituisce la rappresentanza diplomatica del nostro Paese in Tunisia e, come tale, deve garantire e assicurare tutela ai cittadini italiani;
tale funzione non può essere efficacemente esercitata, laddove non vi sia un efficiente svolgimento del lavoro quotidiano;
risulta agli interroganti che alcuni cittadini italiani abbiano spesso telefonato all'Ambasciata italiana a Tunisi senza, peraltro, trovare risposta;
nessun riscontro avrebbero avuto neppure le numerose e-mail ed i fax inviati dagli stessi cittadini italiani -:
quali provvedimenti intenda adottare per evitare che tali disagi si possano ripetere in futuro.
(4-04453)

Risposta. - In merito alle questioni sollevate dall'interrogante, l'Ambasciata d'Italia in Tunisia, nell'ottica di garantire un servizio più appropriato e tempestivo all'utenza, ha allestito un sistema che consente di rispondere all'utenza medesima, italiana e tunisina, 24 ore su 24.
Infatti, durante l'orario di lavoro (08.30-14.00 e 14.30-18.00 dal lunedì al venerdì) opera un normale centralino. Nelle ore restanti entra in funzione una segreteria telefonica trilingue che recita il numero del cellulare del funzionario di turno da comporre per i casi di emergenza. Innumerevoli sono infatti le occasioni, con particolare riguardo all'assistenza ai connazionali, alle quali i servizi di emergenza dell'Ambasciata in questione fanno fronte quotidianamente.
Durante l'orario lavorativo viene peraltro costantemente verificato che i tempi d'attesa che siano brevi e dunque ragionevolmente accettabili. Il personale è peraltro costantemente sensibilizzato all'esigenza di assicurare la massima tempestività di risposta telefonica, ovviamente nei limiti imposti dalle risorse tecniche ed umane a disposizione. A tal fine, la nostra Ambasciata mira a potenziare il servizio esistente per ridurre ulteriormente la soglia di possibile attesa, dando così seguito ad una specifica richiesta in tal senso del locale


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Comites, l'organo di rappresentanza elettiva della collettività italiana, che auspicherebbe una linea delicata esclusivamente all'utenza italiana.
Come sopra detto, l'Ambasciata in questione, come del resto il suo Ufficio visti e l'Istituto di cultura, che operano in edifici separati, smaltiscono un considerevole traffico telefonico, dovuto tra l'altro al forte impulso impresso alle relazioni tra i due paesi in tutti i settori di reciproco interesse. Basterà ricordare, a titolo esemplificativo che in due anni l'interscambio commerciale è aumentato del 40 per cento circa; che dal 1999 ad oggi sono più che raddoppiate le società a partecipazione italiana (da 300 a circa 750); si è giunti alla trattazione di circa 20.000 richieste di visto; l'insegnamento della lingua italiana interessa oltre 22.000 studenti eccetera.
È quindi possibile che in certi momenti della giornata e/o in determinate occasioni (ad esempio in concomitanza con la visita di una personalità) si verifichino dei picchi di utenza con conseguente occupazione delle linee, come del resto avviene in qualsivoglia ufficio che operai in costante contatto con il pubblico.
Peraltro, con riferimento al caso in esame, va sottolineato che, nello stesso periodo, la nostra Ambasciata ha avuto ripetuti contatti telefonici con il signor Boccia in merito alla richiesta di un visto d'ingresso in Italia avanzata da un cittadino tunisino. Non è stato tuttavia possibile, dopo un'attenta valutazione del caso, accogliere questa domanda perché essa non soddisfaceva i requisiti della normativa italiana e comunitaria in materia di visti.
Al fine di migliorare ulteriormente il funzionamento dei centralini delle nostre sedi diplomatiche, l'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri ha di recente effettuato una serie di approfonditi ed estesi controlli, nell'ambito di queste verifiche non sono stati rilevati disservizi nell'attività del centralino telefonico dell'ambasciata d'Italia a Tunisi. In ogni caso, tali verifiche sono disposte in via permanente e regolare proprio al fine di assicurare un sempre migliore servizio agli utenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PASETTO, DUILIO, TUCCILLO e LUSETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a pochi giorni dal tragico incidente occorso nello scalo aeroportuale di Milano Linate il Governo aveva assicurato che in un breve arco temporale avrebbe presentato nel successivo Consiglio dei ministri una mozione con la quale avrebbe definito gli aiuti a favore dei familiari delle vittime della più grave sciagura dell'Aviazione Civile italiana;
ad oggi tali aiuti non sono ancora pervenuti alle famiglie delle vittime né tantomeno è stato definito un fondo speciale dal quale prelevarli;
tale assenza del Governo non trova alcuna giustificazione e risulta inoltre inaccettabile alla luce dei risultati conclusivi dell'inchiesta della procura di Milano che confermano quanto già emerso in Commissione Trasporti, l'intera catena di omissioni, negligenze, imperizie e violazioni di legge contestate dalle perizie tecniche a tutti gli enti, pubblici e privati, operanti nello scalo milanese con compiti di controllo;
da quanto si apprende in ambito parlamentare, e dagli organi di stampa, molte delle famiglie delle vittime, a causa anche del mancato risarcimento statale, si trovano in condizioni economiche difficili. E che tale situazione può portarle ad accettare il rimborso delle assicurazioni che tuttavia preclude ogni possibilità futura di costituirsi parte civile -:
quali atti intenda prendere per onorare i propri impegni con i familiari delle vittime di Linate, e per far sì che il diritto fondamentale di costituirsi parte civile non venga precluso da fattori di carattere economico.
(4-03469)


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Risposta. - Si rappresenta in primo luogo che, in attesa della conclusione delle inchieste relative al disastro di Milano Linate dell'8 ottobre 2001, è stata approvata da questa amministrazione la delibera n. 16/2002 adottata dal consiglio di amministrazione dell'ENAC nella seduta del 31 maggio 2002, che ha autorizzato il preposto Direttore generale a concludere un accordo con le parti e le compagnie assicuratrici, per la liquidazione dei danni subiti dalle persone in conseguenza dell'incidente di che trattasi.
All'onere stimato in un importo massimo di Euro 25 milioni, l'Ente nazionale per l'aviazione civile farà fronte per l'importo di Euro 15 milioni con le somme disponibili sul Capitolo 1.10.03 del proprio bilancio 2002 e per l'importo di euro 10 milioni con le somme disponibili sullo stesso capitolo del proprio bilancio del 2003.
L'Ente riferisce che, successivamente alla sottoscrizione di un accordo con gli altri soggetti interessati alla definizione dei risarcimenti danni conseguenti al disastro stesso, ha avviato concrete trattative con gli aventi titolo alla liquidazione dei danni e si riserva di comunicare a questa amministrazione l'esito delle trattative medesime.
Si pone in evidenza che è stato altresì approvato, in data 18 febbraio 2003, in via definitiva, dalla Camera dei deputati il disegno di legge relativo alle «Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Linate» (Atto Camera 3603).
Con l'articolo 1, comma 1, di tale provvedimento legislativo è assegnata al prefetto di Milano la somma di lire 12.500.000 euro per un'equa elargizione a favore dei componenti le famiglie delle vittime, tenuto conto anche dello stato di effettiva necessità, nonché per il finanziamento di altre iniziative proposte dal «Comitato 8 ottobre per non dimenticare» costituito dai familiari delle vittime.
Il comma 2 prevede che il prefetto di Milano adotti i provvedimenti di elargizione e finanziamento sentito il parere del comitato di cui al comma 1.
Il comma 3 dispone che le elargizioni ed i finanziamenti previsti dal predetto provvedimento siano esenti da ogni imposta o tassa. Le elargizioni sono attribuite in aggiunta a qualsiasi altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo secondo la normativa italiana.
Con l'articolo 2, comma 1, sempre di detto provvedimento, è previsto che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 12.500.000 euro per l'anno 2003, si provveda mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250 come determinata dalla Tabella C della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il comma 2, del citato articolo 2, dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PASETTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende l'Anas, intenderebbe istituire un padaggio sui tratti del raccordo anulare di Roma che conducono alla Roma-Napoli, Roma-L'Aquila, e Roma-Civitavecchia;
sebbene l'introduzione dei pedaggi stradali nelle strade extra-urbane possa essere considerata una politica di riequilibrio modale dei trasporti, la stessa cosa non può dirsi per l'introduzione del pedaggio su una arteria che di fatto rappresenta una strada urbana caratterizzata quotidianamente da punte di traffico intenso;
l'introduzione di un pedaggio in assenza di un sistema di ferrovie e autobus efficiente, e le prevedibili strozzature che si determinerebbero a seguito dell'introduzione di caselli o rallentamenti obbligati


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su una strada dove quotidianamente transitano circa 110 mila veicoli, rischierebbero di aggravare la mobilità non solo del raccordo anulare ma l'intera città a causa dei prevedibili riversamenti sulle tangenziali interne di gran parte del traffico;
un tale progetto determinerebbe esclusivamente un maggiore afflusso di risorse finanziarie, sia dirette che indirette a seguito di quanto proposto dal Governo nell'articolo 55 della legge finanziaria per il 2003 (AS 1825) per l'Anas -:
quali atti abbiano intrapreso o intendano intraprendere per far sì che l'eventuale introduzione di un pedaggio sul grande raccordo anulare della città di Roma avvenga solo a seguito di una regolamentazione nazionale condivisa dagli enti locali e non per opera dell'Anas.
(4-04764)

Risposta. - Si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Anas S.p.A. ha fatto conoscere che la recente trasformazione in società per azioni richiede l'individuazione di nuove fonti di risorse finanziarie e di forme diversificate di sostenibilità economica, a copertura parziale dei notevoli investimenti in programma e dei costi di gestione conseguenti.
In tale ambito si collocano le ipotesi, tuttora oggetto di studio di fattibilità tecnico-economica e di successiva valutazione, relative alla possibilità di applicazione di un sovrapprezzo ai pedaggi riscossi in corrispondenza delle barriere di alcune delle arterie autostradali di connessione al Grande raccordo anulare (Roma Nord, Roma Sud e Roma Ovest).
Tale ipotesi esclude, pertanto, l'utenza connessa alla necessità di mobilità interna all'area metropolitana.
Le ipotesi oggetto di studio potranno comunque avere eventuale concretizzazione allorquando i lavori di realizzazione della terza corsia del Gra saranno completati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel corso della trasmissione TV dossier, andata in onda sulle emittenti RAI il giorno 13 ottobre 2002, si è descritta la drammatica situazione in cui versa lo Stato africano della Sierra Leone;
sul territorio di questo Stato, in cui la mortalità infantile è superiore ben mille volte quella italiana, non vi è ancora la rete elettrica. Ciò è dovuto al fatto che è ancora in corso di realizzazione la diga di Bumbuma, costruita dalla «Salvi costruzioni», di nazionalità italiana. Questo grave ritardo comporta la mancanza della rete elettrica ed il protrarsi della situazione di disagio in cui si trova la nazione, considerata la più povera del mondo;
la diga è stata costruita con la quasi totalità dei contributi dello Stato italiano, tranne che per una piccola parte attraverso l'intervento di una banca africana;
nel 1997 sono stati sospesi i lavori per mancanza di fondi. Necessitano a tutt'oggi 70 miliardi di vecchie lire. La banca africana si è dichiarata disponibile a finanziare la sua parte-:
se ritenga fare chiarezza sul mancato intervento del Governo italiano per la conclusione dell'opera predetta, considerato che la somma necessaria è di soli 70 miliardi di vecchie lire;
se ritenga fare chiarezza sugli accordi intercorsi fra lo Stato africano e quello italiano sull'andamento dei lavori, al fine di onorare gli impegni presi;
se ritenga porre all'attenzione del Governo la responsabilità in cui si è incorsi nel bloccare l'avanzamento di una simile opera, la cui realizzazione garantirebbe all'intera popolazione dello Stato della Sierra Leone beni di primaria importanza quali l'acqua e l'energia elettrica.
(4-04284)

Risposta. - Il progetto idroelettrico di Bumbuna, ubicato nella Northern Province della Sierra Leone, comprende la realizzazione


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di una diga la cui produzione energetica è destinata a potenziare il Western Area Power System, che serve attualmente 35.000 utenze, inclusa la capitale e il polo industriale e commerciale sviluppatosi attorno ad essa.
Dopo aver finanziato all'inizio degli anni '80 la fase di progettazione e alcune opere preliminari alla costruzione della diga per un totale di 20 milioni di U.S.D., nel giugno del 1989 l'Italia ha siglato con il Governo sierraleonese una Convenzione finanziaria per la realizzazione delle componenti relative alle opere civili e alle strutture idrauliche in acciaio per un importo di 61 milioni di U.S.D. Entrambi i contratti erano stati assegnati alla «Salini Costruttori».
L'ultimo contratto fu rescisso nel novembre 1993 per esaurimento del finanziamento italiano, quando i lavori civili risultavano completati all'80 per cento. L'importo complessivo erogato dall'Italia è stato pari a circa 170 miliardi di lire a credito d'aiuto, per 120 dei quali nel 1993 il Governo italiano decise la cancellazione del debito. Ciò ha comportato l'impossibilità, ai sensi della legge n. 190, di concedere ulteriori crediti d'aiuto.
Co-finanziatore del progetto è stata la Banca Africana di Sviluppo (B.A.D.), che dal 1990 ha concesso ulteriori crediti al Governo della Sierra Leone per il finanziamento delle restanti componenti. Inoltre, a seguito dell'esaurimento del credito italiano, ha assicurato dal 1996 la copertura dei costi aggiuntivi relativi alle componenti originariamente finanziate dall'Italia. Complessivamente il credito messo a disposizione finora dalla B.A.D. è pari a 50,4 milioni di dollari.
La partecipazione della Sierra Leone è stata di 14,4 milioni di dollari, destinati alla copertura dei costi locali relativi alle opere civili e alle strutture idrauliche in acciaio. Infine la Banca Mondiale ha finanziato la realizzazione di uno studio tariffario e di impatto ambientale del progetto, completati rispettivamente nel 1996 e nel 1999.
La realizzazione della diga, affidata alla Salini Costruttori e avviata nel 1989, ha subito considerevoli ritardi, principalmente a causa della guerra civile nel paese; a causa di tale conflitto, le iniziative di questi ultimi anni hanno assunto carattere umanitario. Il mancato ristabilirsi di permanenti condizioni di sicurezza nell'area del progetto ha di fatto impedito, sino a poco fa, ulteriori avanzamenti nelle attività progettuali.
Nel 1998 la Sierra Leone si è di nuovo rivolta all'Italia per il completamento della diga e per il pagamento degli arretrati verso la Salini. In base a contatti tra l'allora Sottosegretario agli Esteri, Serri e il Presidente della Sierra Leone, fu concordato l'invio ricognitivo di una missione tecnica della B.A.D. Nel novembre 1999 la B.A.D. ha effettuato tale missione di supervisione, accertando una percentuale di realizzazione dell'opera dell'80 per cento a fronte di un'erogazione dei fondi B.A.D. del 90 per cento e del totale esaurimento dei fondi italiani. Inoltre, la Sierra Leone aveva sospeso da tempo i pagamenti a suo carico in valuta locale alle imprese, causando un incremento continuo degli interessi per ritardato pagamento. La missione B.A.D. ha evidenziato, peraltro, la necessità di effettuare un'accurata verifica tecnica e finanziaria del programma: tale
audit è stato commissionato alla società di consulenza tedesca Lahmeyer International.
Nel giugno del 2002, in occasione di un incontro che ho avuto a Roma, a margine del Vertice F.A.O., con il Presidente della Sierra Leone Kabbah, ho confermato la disponibilità del Governo italiano a valutare la partecipazione al completamento della diga sulla base delle risultanze finali che avrebbe espresso la B.A.D. al fine di definire le condizioni per un nuovo coinvolgimento dell'Italia. L'Ambasciatore della Sierra Leone ha consegnato copia dell'
audit B.A.D. il 2 agosto 2002.
Da questo è emerso che per il completamento di Bumbuna sarebbero necessari 35,2 milioni di dollari; a fronte dell'attuale disponibilità residua di 8,7 milioni di dollari a valere sui fondi B.A.D., il finanziamento necessario per il completamento del progetto è pari a 26,5 milioni di dollari. Il
gap finanziario sale poi ad un totale di 31,5


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milioni di dollari, a causa dell'inserimento da parte del Governo della Sierra Leone di ulteriori attività necessarie per la realizzazione ottimale del Progetto. L'arco temporale stimato necessario per il completamento dei lavori è di 2 anni.
Considerato che è impossibile prevedere nuovi crediti d'aiuto a favore della Sierra Leone, nei confronti della quale si sta procedendo anche alla cancellazione dei debiti di origine commerciale, in base alla legge 209, da parte italiana si è tuttavia espresso l'avviso che una nostra partecipazione al completamento dei lavori poteva avere luogo nella forma di un finanziamento ad un fondo fiduciario ad hoc costituito dalla Banca Africana di Sviluppo e aperto anche ad altri eventuali donatori.
Si consideri inoltre che le norme O.C.S.E. sullo slegamento degli aiuti ai Paesi meno avanzati rendono delicata questa materia, precludendo ogni ipotesi di un finanziamento diretto alle imprese costruttrici.
Pertanto, anche sulla base delle risultanze della consultazione interdonatori (Gruppo Consultivo) per la Sierra Leone tenutasi a Parigi nei giorni 13-14 novembre 2002, il Governo italiano ha deciso di indicare in 10 milioni di Euro la somma da mettere a disposizione della BAD per il completamento dell'opera. In tal senso, esso ha informato il Governo di Freetown e la Banca stessa, che si trova peraltro in un periodo di crisi, dovendo spostare parte delle proprie attività da Abidjan a Tunisi a causa delta situazione in Costa d'Avorio.
Risulta quindi evidente che non si può attribuire al Governo italiano alcuna responsabilità circa il mancato completamento dell'opera, conseguente al grave stato di conflittualità interna della Sierra Leone. Ma anzi, il nostro Governo, che ha dato un significativo impulso iniziale, sotto il profilo finanziario, all'iniziativa, ha mantenuto aperto il dialogo con quello della Sierra Leone, continuando a proporre le soluzioni più opportune.
L'intero settore energetico della Sierra Leone è attualmente oggetto di uno specifico studio della Banca Mondiale, tuttora non completato, dal quale ci si attendono informazioni e valutazioni indispensabili per esaminare i fattori di sostenibilità del progetto e l'assetto complessivo del settore, cioè gli elementi di base per una corretta definizione dell'intervento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PISA, CENTO, TITTI DE SIMONE e DEIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel corso di incontri che gli interroganti hanno avuto a Baghdad, nell'ambito di una missione politica organizzata dalla coalizione contro la guerra in Iraq, si è appreso che il Governo italiano ha ritenuto politicamente inopportuno trasmettere alla competente autorità delle Nazioni Unite la richiesta per l'apertura di un corridoio aereo per un volo offerto dall'Alitalia con un carico di medicinali a Baghdad;
l'iniziativa, nata su impulso di Betty Williams e sottoscritta da numerosi suoi colleghi Premi Nobel, da associazioni non governative e della società civile, tra cui la Croce Rossa, ha lo scopo di portare in Iraq medicine, al fine di lenire le sofferenze di una popolazione così duramente martoriata da decenni di guerra e da un odioso e opprimente embargo che ha prodotto solo povertà ed emergenza umanitaria -:
quali siano le ragioni del mancato invio da parte del Governo italiano della richiesta di apertura di un corridoio aereo alle Nazioni Unite, atto peraltro dovuto e non soggetto a valutazione politica diversa da quella delle Nazioni Unite stesse.
(4-04748)

Risposta. - In relazione a quanto indicato nell'interrogazione in discorso, il Governo italiano ha formalmente richiesto il 4 dicembre 2002 al Comitato 661 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite l'autorizzazione all'effettuazione del volo umanitario in Iraq organizzato dall'Organizzazione


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World Centers of Compassion for Children International.
Tale autorizzazione è stata concessa il 10 dicembre 2002, circostanza di cui sono stati tempestivamente informati i promotori dell'iniziativa, e la missione umanitaria si è effettivamente svolta il 17 dicembre 2002.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PISAPIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in una lettera inviata all'interrogante il 21 gennaio 2003, Armando Mariani, un detenuto ristretto presso la casa di reclusione «Opera» di Milano, ha segnalato la carenza, e l'attuale livello di inadeguatezza, dell'assistenza medica che sarebbe riscontrabile in tale istituto di pena;
in particolare, tale detenuto - affetto da epatite cronica di tipo «C» e sieropositivo da circa diciotto anni - lamenta la costante mancanza di farmaci anche di uso quotidiano, e l'assoluta difficoltà di accesso alle visite specialistiche, pur necessarie ed indispensabili in considerazione della gravità delle condizioni di salute nelle quali versano sia il Mariani, sia altri detenuti presenti nell'istituto;
le visite mediche, anche quando accordate, verrebbero effettuate con mesi di ritardo (ad es. nell'agosto scorso, Armando Mariani è stato visitato dopo ventiquattro giorni dalla richiesta e, attualmente, è in attesa di una visita odontoiatrica per la quale aveva fatto domanda ben sette mesi fa);
per ovviare a tali carenze, i detenuti che necessitano di farmaci verrebbero invitati dallo stesso personale medico a provvedere autonomamente all'acquisto dei medicinali, senza tener conto del fatto che molti detenuti si trovano in condizione di indigenza e, non potendo fronteggiare tali spese, non vengono quindi adeguatamente curati;
in caso di necessità di visite urgenti, secondo quanto segnalato dal Mariani, queste sarebbero eseguite dal personale infermieristico, seguendo le istruzioni fornite dal medico di guardia per telefono «in tempo reale»;
lo smarrimento del referto di alcune analisi per il monitoraggio delle sottopopolazioni linfocitarie - effettuate dal Mariani più di un mese fa - e, fatto ancor più grave, la prescrizione di un antibiotico a largo spettro ad un detenuto affetto da AIDS conclamata che soffriva di una candidosi orale acuta in stato avanzato (episodi segnalati nella lettera inviata all'interrogante), da un lato, non possono che far riflettere sulla situazione gravemente lesiva di un diritto riconosciuto come fondamentale dalla nostra Costituzione e, dall'altro, impongono la necessità di interventi urgenti per evitare conseguenze - che potrebbero anche essere irreversibili - sulle condizioni di salute dei detenuti -:
se il Ministro disponga di informazioni su quanto esposto in premessa;
quali iniziative intenda adottare per verificare la fondatezza di quanto denunciato da Armando Mariani;
quali provvedimenti - anche di carattere legislativo - intenda intraprendere per garantire un adeguato sostegno medico e farmacologico alle persone, che ne hanno necessità, detenute nella Casa di Reclusione di Opera;
se, più in generale, non ritenga necessario adottare provvedimenti - e, in caso affermativo, di quale genere, ed in quali tempi - per garantire il diritto alla salute all'interno delle carceri del nostro Paese, gravemente compromesso a seguito del drastico ridimensionamento dei fondi destinati alla sanità penitenziaria.
(4-05281)

Risposta. - Si rappresenta che il detenuto Armando Mariani, nato a Milano il 12 marzo 1957, è stato tratto in arresto in data 4 febbraio 1999, in seguito a condanna passata in giudicato, alla pena di anni 16, mesi 8 e giorni 28 di reclusione e giorni 20 di arresto per i reati di concorso in rapina


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aggravata, concorso in furto aggravato, evasione, lesione personale ed altro, con fine pena previsto per il 24 maggio 2015.
All'atto dell'arresto il Mariani è stato associato presso la casa circondariale di San Vittore Milano e successivamente, essendo lo stesso a disposizione della procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari, nel dicembre 1999 è stato trasferito presso la casa circondariale di Cagliari.
Nel novembre del 2000, in accoglimento di una specifica istanza del detenuto, il provveditore regionale di Cagliari lo ha assegnato presso la casa di reclusione di Alghero.
Successivamente, a causa delle sue precarie condizioni di salute, nel marzo 2002, il Mariani è stato temporaneamente assegnato alla casa circondariale di Sassari in quanto sede dotata di centro diagnostico terapeutico.
Presso quest'ultimo istituto il detenuto ha posto in essere diverse manifestazioni di protesta a seguito delle quali l'ufficio di sorveglianza di Sassari richiese al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di assegnare il Mariani ad altra sede idonea sia dal punto di vista sanitario che trattamentale.
In data 15 marzo 2002 il suddetto detenuto è stato assegnato alla casa di reclusione di Milano Opera, dotata di centro clinico, ove tuttora si trova ristretto.
Per quanto concerne le sue condizioni di salute, si rappresenta che lo stesso risulta essere affetto dai virus
HIV e HCV oltre che da varie patologie correlate.
Dalla disamina delle più recenti relazioni sanitarie risulta che il Mariani spesso rifiuta, nonostante i ripetuti consigli del personale sanitario dell'istituto, la terapia antiretrovirale.
Inoltre la competente direzione generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria riceve, con cadenza trimestrale, una relazione sanitaria sulle condizioni di salute del Mariani.
Per quanto concerne le specifiche questioni segnalate nell'atto di sindacato ispettivo, si comunica quanto segue:
a) in merito alle presunte asserite difficoltà da parte del Mariani ad essere sottoposto a visite medico-specialistiche (in particolar modo viene citato il periodo relativo al mese di agosto 2002) si rappresenta che il detenuto in questione nel mese di agosto 2002 è stato sottoposto a n. 2 visite urologiche, n. 1 visita pneumologica, n. 1 visita dermatologica, n. 1 visita oculistica e n. 2 visite infettivologiche;
b) per quanto concerne i presunti lunghi tempi di attesa per l'esecuzione delle visite specialistiche, con particolare riferimento a quelle odontoiatriche, si fa presente che la predetta prestazione sanitaria è stata richiesta in data 29 gennaio 2003 e la sua mancata esecuzione, a tutt'oggi, è dovuta al fatto che la stessa non riveste carattere d'urgenza e, pertanto, il detenuto dovrà attendere che vengano prima evase le richieste urgenti;
c) per quanto riguarda i presunti inviti rivolti ai detenuti da parte dei sanitari operanti nel centro clinico di «Opera» all'acquisto, a proprie spese, di farmaci, si comunica che i farmaci salvavita sono tutti disponibili presso il suddetto centro clinico e che comunque i medici ivi operanti sono autorizzati all'acquisto urgente anche di altri farmaci. Accade che alcuni detenuti, per preferenze personali, vengano autorizzati dalla direzione dell'istituto penitenziario, sentito il parere del sanitario, all'acquisto di farmaci a proprie spese, anche se presso il centro clinico vi è disponibilità di altri farmaci in grado di sostituirli;
d) in esito a quanto segnalato dal Mariani relativamente all'esecuzione delle visite specialistiche d'urgenza da parte del personale infermieristico, la direzione della casa di reclusione di Milano «Opera» ha fatto presente che, a seguito di segnalazione effettuata dal personale di polizia penitenziaria, l'infermiere di turno provvede ad interessare di volta in volta il medico di guardia;
e) in relazione allo smarrimento del referto di alcune analisi per il monitoraggio delle sottopopolazioni linfocitarie lamentato dal Mariani, la direzione dell'istituto di Milano Opera ha rappresentato che il citato referto, riguardante accertamenti effettuati


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in data 30 gennaio 2003, si trova allegato nella cartella personale del detenuto sopracitato ed è stato esaminato dal medico addetto;
f) per quel che concerne le doglianze del detenuto in parola riguardo la mancata prescrizione di un antibiotico a largo spettro, la direzione dell'istituto sopracitato ha fatto conoscere che, qualora si rendesse necessaria la somministrazione di tale farmaco, il medico incaricato ha a disposizione nella locale farmacia una adeguata scelta di antibiotici ad ampio spettro; a tal proposito la direzione della casa di reclusione di Milano-Opera ha fatto comunque conoscere che, a seguito di visita specialistica infettivologica, alla quale il detenuto Mariani è stato sottoposto in data 7 marzo 2003, lo specialista non ha ritenuto necessario prescrivere l'uso di tale farmaco.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PISCITELLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione n. 422764700 del 23 gennaio 1992, la Cassa depositi e prestiti ha concesso un mutuo da 100 miliardi di lire all'università di Palermo per «cliniche universitarie», al saggio di interesse del 9 per cento, assistito dal contributo statale del 5 per cento;
il succitato mutuo era destinato al completamento del programma di «edilizia universitaria ospedaliera» di cui alla legge n. 643 del 1978, che, per l'ateneo di Palermo, prevedeva la realizzazione del I lotto della nuova facoltà di medicina e chirurgia, con annesso policlinico;
il bando per «l'affidamento in concessione della progettazione ed esecuzione dei lavori di costruzione» del nuovo policlinico era stato pubblicato dall'università di Palermo già nel mese di agosto del 1987 (Gazzetta Regionale n. 201 del 29 agosto 1987), quindi oltre quattro anni prima della concessione del mutuo;
con decreto n. 307 del 13 maggio 1993 (quindi quasi sei anni dopo la pubblicazione del succitato bando) la regione Siciliana, assessorato per la pubblica istruzione, ha concesso all'università di Palermo un contributo a copertura della restante quota di interessi (4 per cento pari a circa 62 miliardi di lire in 20 anni);
a partire dal bilancio di previsione del 1995, l'università di Palermo ha iscritto fra le voci in uscita quella relativa alla «restituzione di mutui» con riferimento all'obbligazione contratta con la Cassa depositi e prestiti per un importo pari a circa 5 miliardi annui;
l'università di Palermo, a partire dal 1994 ha emesso diversi deliberati con i quali ha deciso di non procedere alla realizzazione dell'opera per cui era stato bandito l'appalto-concorso del 1987; motivazione principale di ciò è stato il fatto che l'ateneo non disponeva dell'area su cui realizzare l'opera (in parte privata ed in parte di proprietà della regione siciliana) e non disponeva delle somme per i relativi espropri; da tali decisioni è scaturito un contenzioso con le imprese aggiudicatesi l'appalto che si è concluso innanzi alla giustizia amministrativa con la bocciatura dei ricorsi presentati dalle imprese stesse;
la regione siciliana non ha mai proceduto al pagamento delle quote di interessi che le competevano, considerato che l'opera per cui era stato concesso il contributo non è mai stata realizzata né cantierata;
già nel 1990 una apposita commissione ministeriale di indagine aveva evidenziato non poche «anomalie» nella gestione degli appalti da parte dell'ateneo di Palermo e aveva suggerito al rettore pro tempore alcuni interventi, tanto urgenti quanto semplici, per porre fine a tale situazione -:
come si spieghi il fatto che l'università di Palermo abbia bandito ad agosto del 1987 una gara d'appalto con il metodo


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dell'appalto concorso, per un'opera per la quale all'epoca non disponeva né dell'area né, tanto meno dei fondi necessari alla realizzazione, nonostante i controlli, allora vigenti, di spettanza del Ministro dell'università;
se e in che forme si esercita il controllo sulla regolarità dei bilanci degli atenei dello Stato da parte degli organi centrali dello Stato e come vengano sanzionate eventuali anomalie quali la mancata ripetuta approvazione dei bilanci consuntivi.
(4-03660)

Risposta. - Relativamente alla complessa e delicata questione sollevata dall'interrogante, concernente il mutuo di 100 miliardi di lire, contratto nel 1992 dall'università degli studi di Palermo con la cassa depositi e prestiti, è necessario far presente, in primo luogo, che presso il medesimo ateneo è stata disposta una verifica amministrativo-contabile, effettuata da due dirigenti dei servizi ispettivi di finanza pubblica.
A conclusione della predetta verifica è stata redatta un'apposita relazione, di cui uno stralcio, relativo in particolare alla questione del mutuo sopra menzionato, è stato inviato, con nota del 13 giugno 2000 dall'allora ministero del tesoro direttamente a quest'amministrazione.
Il ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ha pertanto invitato il rettore dell'ateneo palermitano a produrre una circostanziata relazione e ad adottare ogni provvedimento idoneo ad eliminare le carenze e le irregolarità riscontrate.
L'università di Palermo ha ottemperato alla richiesta di questo ministero, nominando una commissione incaricata di riferire sulla complessa questione e, in particolare, sull'utilizzazione del mutuo di 100 miliardi.
La commissione ha predisposto una dettagliata relazione (fatta propria dalla stessa università ed inviata al MURST), facendo luce sui diversi accadimenti susseguitisi nell'ambito della delicata vicenda e formulando conclusivamente il proprio avviso in merito.
In seguito, in data 20 aprile 2001, il rettore dell'università di Palermo ha comunicato a questo ministero l'avvenuta approvazione, da parte del provveditorato alle opere pubbliche, del progetto di massima di riutilizzo del mutuo in argomento, nonché il rilascio, da parte dell'ente medesimo, dell'autorizzazione alla devoluzione delle somme erogate a mutuo ad interventi di potenziamento delle strutture sanitarie del policlinico.
In merito poi alla problematica, alla quale pure si fa riferimento nella presente interrogazione, relativa alle modalità di controllo, da parte degli organi dello Stato, della regolarità dei bilanci degli Atenei, si rammenta che l'articolo 7, comma l0, della legge n. 168 del 1989 prevede, tra l'altro, che «la gestione finanziaria delle università è soggetta, sulla base di consuntivi annuali, al controllo successivo della Corte dei Conti. La Corte stessa riferisce al Parlamento con un'unica relazione annuale». Inoltre, il ministero dell'economia e delle finanze, a norma dell'articolo 29 del regio decreto 12 novembre 1923 n. 2440, dell'articolo 3 della legge 4 luglio 1939, n. 2037, nonché dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 29 del 1993, esegue, attraverso dirigenti dei propri servizi ispettivi, verifiche amministrativo-contabili nei confronti delle università, interessando il M.I.U.R in qualità di amministrazione covigilante del contenuto dei relativi referti ispettivi.
Si ricorda, infine, che talora il M.I.U.R. interviene a seguito di particolari esposti o casi, per i quali si valuta opportuno effettuare un'indagine, conferendo appositi incarichi ispettivi.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

PREDA, SEDIOLI e ALBONETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le risorse per l'anno 2001 della legge n. 58 del 2001, istitutiva del Fondo per lo sminamento umanitario sono state destinate dal Ministero degli esteri all'Unmas


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(United nations mine action service) che non interviene nella regione curda del nord Iraq;
per l'anno 2002 il medesimo fondo sta per essere destinato a diversi Stati e che fra questi non ci sarebbe la regione nord irachena abitata dai curdi;
tale area era stata indicata dal Parlamento con risoluzione dell'aprile 2001 (A.C. 9/6690/1) come priorità d'intervento;
il Ministero degli esteri sembra trascurare gli ostacoli che l'Iraq frappone all'attuazione dei progetti socio-economici a favore dei curdi;
le autorità curde irachene della suddetta regione autonomamente amministrata sotto la protezione dell'Onu lamentano rilevanti lentezze nell'opera di finanziamento dell'attività di sminamento da parte delle stesse organizzazioni internazionali a ciò deputate;
l'alto numero di campi minati esistenti nella regione curda nord irachena è causa di numerosi incidenti;
nella citata regione opera da anni l'Ong italiana Emergency con finalità, anche riabilitative delle vittime di tali ordigni -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per concorrere a finanziare la bonifica della regione del nord Iraq abitata dai curdi dall'enorme presenza di campi minati, e di conoscere per quali motivi non sia finanziato, almeno parzialmente, il progetto di bonifica della suddetta area già presentato nell'ottobre 2000 al Ministero degli esteri dal rappresentante in Italia dell'amministrazione della regione nord-Iraq, abitata dai curdi (Kurdistan iracheno), ed infine quali iniziative intenda assumere per il riconoscimento dei diritti umani dei curdi.
(4-03419)

Risposta. - Le determinazioni in materia di individuazione dei Paesi prioritari ai fini dell'utilizzo dei fondi stanziati dalla legge 7 marzo 2001, n. 58 per finanziare programmi di sminamento umanitario ed assistenza alle vittime, vengono definite a seguito di riunioni di coordinamento effettuate dalla Direzione generale degli affari politici del Ministero degli affari esteri, nella sua veste di Segreteria del «Comitato nazionale per l'azione umanitaria contro le Mine Anti-Persona», di concerto con le Direzioni geografiche interessate.
La decisione di non includere le regioni curde dell'Iraq tra le aree di intervento è stata presa sulla scorta di valutazioni di natura cautelativa: tali iniziative, soprattutto se realizzate in partenariato con le locali Autorità curde irachene, rischierebbero infatti di creare reazioni negative ed ostili da parte del Governo centrale di Baghdad.
In merito all'ultimo punto evocato nell'interrogazione, ovvero al rispetto dei diritti umani dei curdi, l'Italia è impegnata a tutti i livelli a promuovere e sostenere tutte le iniziative che vengono intraprese alfine di assicurare e garantire il rispetto dei diritti umani in Iraq, ivi compresi i diritti delle minoranze.
A tal fine, nel corso della 58a Sessione della Commissione dei Diritti umani delle Nazioni unite, che ha avuto luogo nel marzo-aprile del 2002, grazie all'impegno profuso dall'Italia e dagli altri Partners europei, è stata approvata una risoluzione (2002/15) sulla situazione dei diritti umani in Iraq.
La risoluzione sottolinea che è responsabilità del governo iracheno assicurare il benessere dell'intera popolazione e garantire ad essa il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il par. 3 della risoluzione condanna le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario commesse dal Governo iracheno ed il par. 4, più specificamente, chiede che l'Iraq rispetti i diritti e le libertà individuali, senza alcuna forma di discriminazione religiosa, etnica, razziale o sessuale.
Con maggiore forza, il punto (i) del paragrafo sopra menzionato prende in considerazione la condizione delle minoranze nel paese ed intima pertanto al governo


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iracheno di rispettare i diritti di tutti i gruppi etnici e religiosi, di cessare da ogni politica repressiva, inclusa la deportazione forzata, nei confronti della popolazione curda, assira e turcmena in alcune aree del paese.
Successivamente, e sulla stessa questione, si è anche pronunciato il Parlamento europeo che, riprendendo a grandi linee il contenuto della risoluzione della CDU sopra citata, ha approvato, nel maggio 2002, una risoluzione sulle gravi violazioni dei diritti umani in Iraq, mentre nell'agosto dello stesso anno anche il rapporto dello Special Rapporteur della CDU muove rilievi simili.
Infine, l'Unione europea ha presentato in sede di III Commissione delle Nazioni Unite a New York un nuovo testo di risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Iraq poi approvato dall'Assemblea generale il 18 dicembre 2002, che tocca anch'essa il tema delle gravi violazioni dei diritti umani nei confronti della popolazione irachena e quindi anche delle discriminazioni e persecuzioni di cui sono oggetto le minoranze curde nel paese.
Si tratta di una rilevante testimonianza dell'attenzione e dell'impegno profuso dall'Italia e dall'Unione europea riguardo la questione posta dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PREDA e SEDIOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il cittadino siriano Muhammad Sa' id al-Sakhri e la sua famiglia, composta da moglie e quattro figli, di cui il più piccolo di due anni sono stati respinti presso la frontiera dell'aeroporto di Milano Malpensa in data 28 novembre 2002, ed imbarcati a forza su di un volo per Damasco;
il signor Muhammad Sa' id al-Sakhri rischia l'esecuzione capitale per motivi di natura politica, ed i suoi familiari rischiano di subire carcere e tortura per gli stessi motivi;
le norme italiane proibiscono l'espulsione e/o l'estradizione di qualunque persona verso un paese in cui rischia di subire la pena capitale e/o trattamenti disumani o degradanti -:
quali iniziative intenda prendere il Governo affinché il suddetto cittadino siriano e la sua famiglia possano rientrare in Italia per l'esercizio del diritto di richiedere asilo politico nel nostro paese.
(4-04907)

Risposta. - L'Italia ha sempre riservato una particolare attenzione alle tematiche relative ai rifugiati ed al riconoscimento del diritto di asilo, come testimoniano gli eccellenti rapporti con l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati improntati ad uno spirito di collaborazione tanto sul piano politico che operativo. L'Italia è infatti membro del Comitato esecutivo dell'UNHCR fin dalla sua creazione nel 1958.
Il nostro Paese, anche per la sua posizione geografica, ponte naturale nel Mediterraneo verso l'Africa, i Balcani e lo stesso Oriente è divenuto negli ultimi anni meta finale oltre che luogo di transito per i profughi ed ha conosciuto un rilevante aumento delle domande individuali di riconoscimento dello status di rifugiato (pari a 1.860 nel 1997, 11.120 nel 1998, 33.360 nel 1999 - crisi nel Kossovo -, 15.560 nel 2000 e 9.620 nel 2001).
La legislazione italiana vigente regola in modo completo la materia di rifugiati ed asilo anche se in atti normativi diversi:
a) l'articolo 10 della Costituzione, che riconosce espressamente il diritto di asilo;
b) la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, alla cui elaborazione l'Italia partecipa con altri 26 Stati e che è parte integrante del nostro diritto interno, a differenza di quanto accade per altri Paesi. La Convenzione definisce i diritti di cui gode il rifugiato residente in Italia;
c) l'articolo 1 della legge n. 39 del 1990 (cosiddetta Legge Martelli) ed il suo regolamento di attuazione, che contengono le norme sulla procedura di esame delle domande, sul trattamento dei richiedenti in pendenza della decisione ed istituiscono la


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Commissione Nazionale per il riconoscimento dello status di rifugiato;
d) l'articolo 20 della legge 286 (cosiddetta Turco-Naplitano) che dispone in merito all'asilo umanitario (o protezione temporanea) per afflussi straordinari di persone provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea e legati a conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità;
e) la convenzione europea di Dublino del 15 giugno 1990, che determina lo Stato membro responsabile dell'esame della domanda di asilo. Tale Convenzione, vigente tra gli Stati membri dell'Unione Europea, è finalizzata a determinare lo Stato competente per l'esame delle domande d'asilo, allo scopo di ridurre i casi di domande multiple, presentate dalla stessa persona in più di un Paese;
f) si tratta quindi di un impianto normativo completo che è stato peraltro integrato dalla legge n. 189 del 30 luglio 2002 (cosiddetta Bossi-Fini, articoli 31 e 32). La nuova legge definisce una procedura semplificata per l'esame delle domande di asilo, che si applica nei casi stabiliti dalla legge, con termini ristretti per l'esame delle domande di asilo, che si applica nei casi stabiliti dalla legge, asilo, che si applica nei casi stabiliti dalla legge, con termini ristretti per l'esame e l'eventuale riesame delle decisioni, competenti ad esaminare le domande oggetto della procedura semplificata sono le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, di nuova istituzione;
g) il funzionamento delle commissioni territoriali e della Commissione Nazionale per il diritto di asilo, che prenderà il posto della commissione centrale è oggetto di uno specifico regolamento di attuazione previsto dalla legge n. 189 attualmente in corso di elaborazione;
h) è inoltre da precisare che l'Italia partecipa attivamente al dibattito in corso in ambito europeo in tema di diritto di asilo. Con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam la materia concernente l'asilo è divenuta infatti di competenza comunitaria. Al riguardo, il processo di armonizzazione europea ha ricevuto un nuovo impulso dal recente Consiglio europeo di Siviglia che ha fissato scadenze precise per l'adozione di una normativa comune minima in tema di criteri di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo (trasformazione in regolamento della Convenzione di Dublino, dicembre 2002); procedure minime di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato (direttiva, dicembre 2003); attribuzione della qualifica di rifugiato e contenuto dello status di protezione (direttiva, giugno 2003); accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (direttiva, accordo politico già raggiunto).

In attesa dell'entrata in vigore del regolamento relativo agli articoli 31-32 della legge n. 189 del 2000, le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato politico presentate in Italia seguono la procedura ordinaria prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136 e dalla Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990.

Per quanto riguarda più specificatamente il caso oggetto dell'interrogazione parlamentare in questione, il ministero degli affari esteri non appena al corrente del rimpatrio coatto del signor Al-Aakhari della moglie e dei quattro figli minori in Siria, il 10 dicembre 2002, si è immediatamente attivato, tramite Ambasciata d'Italia in Damasco al fine di ricostruire lo svolgimento dei fatti ed accertare le condizioni della famiglia nonché assicurarsi che venissero rispettati i diritti fondamentali delle persone coinvolte.
Da quanto riferito dal competente mini-stero dell'interno, dalle prime verifiche immediatamente disposte da quella Amministrazione, è stato possibile escludere che l'interessato abbia mai presentato alcuna domanda d'asilo; le procedure adottate per il controllo e il respingimento della famiglia siriana, come confermato anche dal direttore del servizio immigrazione e polizia di frontiera del dipartimento della pubblica


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sicurezza inviato sul posto, sono state pienamente rispondenti alle norme vigenti.
Il personale dell'ufficio di polizia di frontiera presso l'Aeroporto di Malpensa, il 23 novembre stava infatti al controllo del nucleo familiare siriano giunto in quell'aeroporto con volo Alitalia proveniente da Amman.
I componenti di quella famiglia esibivano nella circostanza passaporti siriani che il personale di polizia ha ritenuto opportuno fotocopiare in quanto la tratta Amman-Malpensa-Casablanca, per la quale gli stessi erano in possesso di regolari titoli di viaggio, è a rischio di immigrazione clandestina.
Un successivo controllo da parte degli stessi organi di polizia, espletato dopo che il volo per Casablanca era partito senza che il gruppo avesse voluto imbarcarsi, trovava, però la famiglia siriana priva dei documenti di viaggio.
Tale comportamento è così apparso conforme a quello tenuto da altri extracomunitari che tentano di entrare clandestinamente in area Schengen e che, in sala di transito, si disfano dei documenti di viaggio della prima tratta per entrare in possesso di altri documenti falsi, ma idonei ad attraversare la frontiera per raggiungere la loro destinazione finale. Ciò consentirebbe peraltro di evitare l'eventuale rimpatrio.
Nei confronti dei citati stranieri veniva quindi adottato un provvedimento di respingimento in Giordania, paese di provenienza, da effettuarsi con volo Alitalia, in partenza il 16 dicembre 2002 diretto ad Amman da dove erano giunti.
Tuttavia gli stranieri rifiutavano tale imbarco e le autorità giordane peraltro manifestavano la loro indisponibilità ad accogliere la famiglia siriana.
Solo allora gli uffici di polizia di frontiera organizzavano il servizio di scorta per il rimpatrio in Siria, paese d'origine, avvenuto il successivo 28 novembre 2002.
Come sopra detto, nessuna dichiarazione diretta a richiedere asilo è stata mai manifestata né agli operatori di polizia né agli addetti allo scalo e nemmeno al personale dell'Alitalia. Era stato inoltre appurato che sul capofamiglia non pendeva una condanna a morte.
Peraltro, presso l'aeroporto di Malpensa, accanto alla zona controllo passaporti, è presente un apposito ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
La nostra ambasciata a Damasco ha quindi compiuto il 19 dicembre scorso un ulteriore passo a più elevato livello, sottolineando l'aspettativa italiana a che nessuno dei componenti della famiglia venisse sottoposto a misure restrittive e detentive lesive della dignità umana, reiterando altresì la richiesta di massima trasparenza nell'adottare qualsiasi misura nei loro confronti.
L'ambasciata ha infine intrapreso un terzo passo a livello diplomatico, il 16 gennaio mediante il quale sono stati raccolti nuovi elementi sulla situazione attuale della famiglia e più ampie assicurazioni a che nessuno dei componenti della famiglia venisse sottoposto a misure restrittive lesive della dignità umana, reiterando altresì la richiesta di massima trasparenza nell'adottare qualsiasi misura nei loro confronti.
Dalle più recenti indicazioni fornite dalle Autorità siriane tramite la nostra Ambasciata, risulta che i familiari sono ritenuti del tutto estranei ai fatti imputati al signor Said Al-Sakri e non sono pertanto sottoposti a misure detentive. Il capo famiglia, invece, è accusato di gravi reati commessi nel corso degli eventi di Hama del 1982 ed è stato altresì aperto un ulteriore procedimento penale nei suoi confronti per falsificazione di passaporti.
Le autorità interpellate hanno tuttavia formalmente garantito che da parte siriana sarà assicurato il pieno rispetto delle norme a tutela dei diritti dell'uomo nel caso in questione. È questo un risultato positivo al quale il Governo italiano è riuscito a pervenire grazie ai ripetuti interventi intrapresi per le vie diplomatiche.
Il Governo intende comunque continuare a seguire da vicino la vicenda, intervenendo ad ogni livello nel rispetto delle norme internazionali, affinché i diritti fondamentali


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civili e politici delle persone coinvolte vengano sempre rispettati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

QUARTIANI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 9 settembre 2002 il consiglio provinciale di Milano ha, a maggioranza, deliberato di non procedere alla sostituzione temporanea prevista dall'articolo 59 del decreto legislativo n. 267 del 2000 del consigliere Claudio Fanchin affidando la supplenza al signor Roberto Clerici, primo dei non eletti della medesima lista;
in data 17 luglio 2002 la Prefettura di Milano ha inviato una nota n. 13.5/08802575 all'Ente interessato dichiarandosi in attesa di ricevere il provvedimento di sostituzione in oggetto a norma del citato decreto legislativo a seguito di sentenza di condanna di primo grado con la pena di due anni, pena sospesa senza menzione, per delitto di tentata concussione riguardante il consigliere provinciale signor Fanchin, sentenza emessa dalla 10 Sezione penale del Tribunale di Milano in data 14 maggio 2002 nell'ambito del procedimento penale 4150/2001 mod. 21;
il Ministero dell'interno interpellato dalla medesima Prefettura ha, con nota del 3 settembre 2002, risposto al quesito sulla applicabilità del succitato articolo 59 anche alla fattispecie di reato richiamato (tentata e non consumata concussione) in modo affermativo, in contrasto con quanto sostenuto in nota del 14 agosto 2002 dalla Avvocatura provinciale, propensa alla non applicabilità;
risulta all'interrogante che in data 6 settembre 2002 i legali del signor Fanchin hanno inviato alle presidenze della provincia e della giunta provinciali testo di parere pro veritate di un avvocato di chiara fama a suffragio di una interpretazione di non applicabilità della norma alla citata fattispecie di reato -:
quali iniziative la Prefettura di Milano e i Ministri interrogati abbiano assunto al fine di tutelare il corretto svolgersi delle attività istituzionali del Consiglio Provinciale di Milano nonché quali iniziative normative i ministri interrogati intendano assumere al fine di una più chiara definizione della norma richiamata.
(4-04223)

Risposta. - In merito alla corretta applicazione dell'articolo 59 del Testo unico n. 267 del 2000 - «Sospensione e decadenza di diritto - nei confronti del Consigliere provinciale di Milano signor Claudio Franchini, a seguito di condanna per delitto tentato, il prefetto di Milano ha rappresentato che, nella seduta consiliare avvenuta il 7 novembre 2002, il consiglio provinciale ha deliberato la sostituzione temporanea del consigliere provinciale signor Claudio Franchini con il signor Roberto Clerici.
Per completezza di notizie, si comunica che la Corte di cassazione - Sezione I Civile, pronunciatasi su caso analogo, con sentenza dell'11 febbraio 2003, n. 1990 ha argomentato, innovando rispetto a precedente giurisprudenza, che nel quadro normativo attuale la condanna per delitti tentati (e non consumati) contro la Pubblica amministrazione è rilevante ai soli fini della «decadenza» e non anche della «sospensione cautelare» dalla carica elettiva prevista dal vigente articolo 59 Testo unico n. 267 del 2000.
In particolare, è da ritenersi non riferibile anche al reato di «concussione tentata» la causa di «sospensione» (cautelare) di diritto dalla carica elettiva prevista dal suddetto articolo 59 nei confronti di coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per il delitto di cui all'articolo 317 c.p. (concussione), atteso che il tentativo di concussione, in quanto reato autonomo, non può essere assimilato al (corrispondente) delitto consumato, che è il solo previsto dall'articolo 59 citato quale causa di sospensione dell'eletto.
A seguito di ciò, si precisa che questo ministero, a modifica del parere espresso con la nota del 3 settembre 2002, citata dall'interrogante rendendo edotto il prefetto


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di Milano, con nota del 28 febbraio 2003, del nuovo orientamento giurisprudenziale adottato dalla Corte di Cassazione con la richiamata sentenza n. 1990 dell'11 febbraio 2003, ha comunicato che ad esso non ci si può che attenere.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RAVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel corso del mese di novembre del 2002 si sono verificati in provincia di Alessandria violenti nubifragi che hanno creato numerosi e gravi danni, in particolare alla viabilità;
i danni sono riferibili principalmente alle strade dell'appennino ligure-piemontese. La piena eccezionale del torrente Scrivia ha, tra l'altro, portato al collasso due campate del ponte lungo la strada provinciale n. 140 della Val Borbera tra Arquata Scrivia e Vignola Borbera;
per i soli lavori di somma urgenza la provincia dovrà impegnare circa 500 mila euro;
i danni alla viabilità di competenza della provincia di Alessandria ascendono a complessivi 13 milioni e 700 mila euro;
pesanti sono i danni anche alla viabilità comunale e all'agricoltura -:
se non ritenga di intervenire tempestivamente per la dichiarazione dello stato di calamità e, conseguentemente, con gli interventi finalizzati a sostenere gli enti pubblici, le imprese e i cittadini colpiti dai danni calamitosi.
(4-04830)

RAVA, DAMERI, PATRIA e STRADELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'evento alluvionale dei giorni 25-26 novembre 2002 ha determinato gravi danni nel territorio della provincia di Alessandria che gli uffici tecnici provinciali e regionali hanno quantificato provvisoriamente come di seguito indicato:
a) danni agricoltura pari a euro 3.644.500;
b) danni opere di bonifica pari a euro 935.000;
c) danni a privati pari a euro 2.824.000;
d) danni alle imprese pari a euro 3.699.500;
e) danni opere pubbliche comunali pari a euro 15.000.000;
f) danni opere pubbliche provinciali pari a euro 15.000.000;
permangono gravi situazioni di disagio per mancati o insufficienti collegamenti viari;
risulta necessario dare tempestive certezze agli enti, alle aziende ed ai privati che hanno subito danni in seguito agli eventi sopracitati -:
se non ritenga necessario accelerare le procedure volte a riconoscere l'entità dei danni e ad attivare le necessarie e congrue risorse finanziarie al fine di assicurare la piena ripresa della vita sociale ed economica dei territori della provincia di Alessandria colpiti dall'evento calamitoso di cui in premessa e che hanno aggravato una situazione già fortemente provata da eventi precedenti.
(4-05576)

Risposta. - In relazione agli atti di sindacato ispettivo in discorso si fa presente quanto segue.
L'ondata di maltempo che si è abbattuta, nel mese di novembre 2002 nell'Italia settentrionale, è stata caratterizzata da precipitazioni di notevole intensità e persistenza che, in Piemonte, hanno provocato danni alla popolazione ed alle attività produttive.
In conseguenza di ciò, su proposta del capo dipartimento della Protezione civile, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 29 novembre 2002, ha deliberato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 anche per la regione Piemonte.
Alla dichiarazione di stato di emergenza ha fatto seguito l'ordinanza di protezione


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civile n. 3258 del 20 dicembre 2002 recante «primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli aventi atmosferici che hanno colpito nel mese di novembre 2002 i territori delle regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna».
La somma stanziata per fronteggiare l'emergenza è pari a 50 milioni di euro, da ripartire in favore delle regioni interessate con provvedimenti del capo dipartimento della Protezione civile, sulla base di una proposta congiunta delle regioni medesime, che tenga conto dell'ammontare dei danni occorsi nei territori di competenza.
Ciò non esclude, tuttavia che i presidenti delle regioni possano utilizzare eventuali risorse finanziarie disponibili sui propri bilanci, nonché ulteriori risorse, che potranno essere destinate allo scopo in deroga alla normativa vigente.
Il suddetto stanziamento, pertanto, è stato ripartito tra le regioni interessate dall'emergenza con provvedimento del capo dipartimento della Protezione civile del 28 gennaio 2003 a seguito della proposta delle regioni stesse, in proporzione alla entità dei danni nei territori colpiti dall'alluvione.
Con tale provvedimento, si rende noto che alla regione Piemonte sono stati assegnati 5 milioni di euro.
È stato inoltre emanato il decreto-legge 7 febbraio 2003, n. 15, in corso di conversione, recante «misure finanziarie per consentire interventi urgenti nei territori colpiti da calamità naturali», che prevede ulteriori stanziamenti finalizzati all'erogazione, da parte del dipartimento della Protezione civile, di contributi quindicennali a valere sui mutui che i soggetti competenti possono stipulare allo scopo di fronteggiare le esigenze derivanti dalla prosecuzione degli interventi e dell'opera di ricostruzione nelle zone interessate dalle dichiarazioni di stato di emergenza descritte al comma 3 dell'articolo 1 del medesimo decreto-legge, tra le quali risulta anche quella coinvolta dalla suddetta deliberazione del 29 novembre 2002.
Il decreto-legge prevede che la ripartizione dei limiti di impegno venga effettuata ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, con ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le Amministrazioni interessate ed il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
In proposito, si fa presente che è in corso di formalizzazione il citato provvedimento di riparto delle risorse di cui all'articolo 3 del suddetto decreto-legge con riferimento al quale sono già stati acquisiti i consensi delle Amministrazioni interessate e sono stati, altresì, definiti i contenuti essenziali delle negoziazioni che dovranno praticarsi, da parte delle regioni aventi diritto, con gli istituti di credito per l'acquisizione delle risorse finanziarie occorrenti.
Per ciò che riguarda, in particolare l'erogazione dei finanziamenti alle singole province, si fa presente che la regione Piemonte, sollecitata dal Dipartimento della Protezione civile alfine di procedere all'emanazione delle ordinanze di protezione civile relative alla definizione degli ambiti comunali interessati dall'emergenza, non ha al momento trasmesso al suddetto dipartimento l'elenco dei comuni colpiti dall'alluvione.
Il suddetto elenco risulta di particolare importanza anche alla luce della legge 21 febbraio 2003, n. 27, recante «disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità,» che, all'articolo 5-
sexies, proroga, limitatamente agli interventi realizzati fino al 31 luglio 2003, nei comuni interessati dagli eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza (tra cui è compresa l'alluvione che ha colpito il Piemonte nel novembre 2002), le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 363 riguardante la detassazione del reddito di impresa e di lavoro autonomo reinvestito.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.


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REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 84 del 1994 indica tra i compiti dell'autorità portuale il mantenimento dei fondali dei porti commerciali;
l'Autorità Portuale della Spezia ha stabilito di procedere all'approfondimento del fondale di un tratto della dockway del porto spezzino, collocata davanti alla località Punta Pezzino, comune di Portovenere, e di un altro enorme tratto alla radice del molo Fornelli, comune della Spezia;
tale dragaggio si renderebbe necessario non già per il mantenimento dell'attuale fondale, bensì al fine di permettere l'ingresso nel porto di navi porta containers a maggior pescaggio;
recenti dati relativi ai sedimenti fangosi presenti nei fondali confermano la grave situazione ambientale del Golfo della Spezia. Tali risultati hanno infatti evidenziato valori elevati di metalli pesanti, idrocarburi, arsenico e stagno tributile, sostanza considerata dalla Unione Europea come «pericolosa primaria»;
il golfo della Spezia è inserito all'interno della perimetrazione stabilita dalla legge per il fine della bonifica del sito della discarica di Pitelli ed il tratto di costa sopraccitato rientra nella riserva internazionale denominata «Santuario dei Cetacei»;
sussiste l'adiacenza delle aree interessate all'escavo alle aree tutelate dall'Unesco, al Parco di Portovenere e all'area marina protetta del Parco Nazionale delle Cinque Terre e lo stesso Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre ha preso posizione contro il dragaggio del golfo -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda intraprendere in merito alla richiesta di dragaggio dei tratti sopracitati, accertato che tale operazione provoca nell'opinione pubblica, nelle categorie produttive e negli operatori turistici un forte e motivato allarme in merito alla risospensione in acqua ed al loro trascinamento, per effetto delle correnti, in tutto il golfo e nelle località adiacenti, delle sostanze inquinanti attualmente confinate sotto un cospicuo strato di sedimento organico sul fondo marino e quali azioni intenda realizzare affinché siano poste in essere tutte le misure di caratterizzazione ed analisi dei fondali del golfo della Spezia, e come queste debbano essere preventive a qualsiasi intervento, oltreché essere discusse e approvate tramite apposita conferenza dei servizi, aperta a tutte le forze interessate dal problema dragaggio.
(4-05877)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in discorso, riguardante il dragaggio dell'area portuale di La Spezia, anche sulla scorta delle notizie avute dalla prefettura di La Spezia e dalla regione Liguria, si rappresenta che tale area risulta compresa nel sito nazionale di bonifica di Pitelli che rientra, in base al decreto ministeriale n. 468 del 2001, tra quelli individuati dal programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi della legge 426 del 1998.
Il piano di campionamento dei fondali delle zone portuali da dragare, finalizzato a fornire la caratterizzazione dei sedimenti in conformità con il decreto 24 gennaio 1996, è stato predisposto dall'ICRAM e dall'Istituto superiore della sanità, prevedendo una magliatura di 50 x 50 metri, dunque più fitta di quella di 100 x 100 metri normalmente prevista dal summenzionato decreto.
Il piano di escavo, predisposto dall'autorità portuale, e il relativo sistema di monitoraggio a protezione dell'ambiente circostante sono stati concepiti in modo da tutelare il Santuario dei Cetacei e l'area protetta delle Cinque Terre.
Le misure cautelari adottate per evitare conseguenze da risospensione del materiale dragato sono le seguenti:
1) sistema dragante dotato di posizionamento satellitare e sistema computerizzato di controllo e verifica del posizionamento del sistema di effettuare connessioni in tempo reale; 2) panne galleggianti con gonne in pvc e maglia fitta della lunghezza del battente d'acqua, trattenute sul fondo da


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dragare con ancore e piombi; 3) realizzazione, nella zona di carico di mezzi da chiatta a terra, di un sistema di raccolta per contenere le perdite che possono verificarsi durante le operazioni; 4) trasporto del materiale di escavo direttamente ad un impianto di trattamento per il recupero o ad una discarica autorizzata escludendo, pertanto, l'immersione in mare dello stesso; 5) piano di monitoraggio delle attività di dragaggio per individuare l'aumento di torbidità e la diminuzione delle concentrazioni di ossigeno disciolto dovuti alle particelle in sospensione. Per tali valutazioni saranno effettuati controlli con stazioni fisse e mobili.

In data 30 dicembre 2002, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, si è tenuta una conferenza di servizi in cui è stato fatto rilevare che le attività di escavo previste nel progetto dell'autorità portuale sono dettate da ragioni di navigabilità e non di messa in sicurezza d'emergenza del sito nazionale e, pertanto, l'istruttoria, svolta dalla direzione generale rifiuti e bonifiche del ministero dell'ambiente e tutela del territorio, ha riguardato i seguenti aspetti:
a) verifica degli interventi di dragaggio del canale di accesso al porto di La Spezia, di realizzazione della vasca di colmata e di dragaggio della zona di evoluzione del 3o bacino portuale e della zona antistante il molo Fornelli in base al criterio che detti interventi non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento e una diffusione dell'inquinamento; b) necessità di ulteriori prescrizioni finalizzate ad assicurare il conseguimento della massima sicurezza ambientale in fase di esecuzione delle suddette attività.

A tal fine, il monitoraggio verrà attuato prima, durante e dopo le operazioni di dragaggio, sotto la supervisione dell'ARPA Liguria.
Inoltre, sono state definite le misure idonee a contenere il rischio ambientale derivante dall'asportazione dei sedimenti inquinanti sottostanti la vasca di colmata ed il loro smaltimento in idonei impianti, nonché ad assicurare l'impermeabilizzazione della stessa vasca al fine di impedire rilasci in mare del materiale ivi contenuto e relativamente al collocamento nella cassa del materiale di dragaggio proveniente dal bacino di evoluzione e dai fondali antistanti il molo Fornelli.
È stata prevista anche la necessità di prestare una polizza fidejussoria, da parte dell'appaltatore, a garanzia del risarcimento dei danni ambientali eventualmente prodotti in corso d'opera.
Infine, in data 25 febbraio 2003, si è tenuta una ulteriore conferenza di servizi finalizzata a verificare che gli interventi di dragaggio previsti non pregiudichino i successivi interventi di bonifica e non determinino una diffusione dell'inquinamento.
Nel corso della conferenza la direzione generale rifiuti e bonifiche del ministero dell'ambiente ha prescritto alcune integrazioni all'indagine per la caratterizzazione dei sedimenti marini nei fondali prospicienti la scogliera di Mariperman, interessati dal progetto di realizzazione di una nuova banchina, segnalando la necessità che vengano ricercati ulteriori parametri chimici (pesticidi e nichel) e che vengano ripetute alcune analisi dei parametri tossici, impiegando una metodica analitica più accurata, da concordarsi con l'ARPAL.
Una serie di ulteriori prescrizioni, tese a rendere più accurata la caratterizzazione chimica dei sedimenti, è stata indicata dall'ICRAM, soprattutto relativamente alla determinazione dei «composti organostannici» (TBT).
A tutte le citate prescrizioni la società incaricata per la realizzazione dei lavori portuali è tenuta ad attenersi scrupolosamente.
Anche per gli interventi di dragaggio degli specchi d'acqua antistanti il terminal Ravano, al servizio del porto mercantile di La Spezia, la direzione generale rifiuti e bonifiche e l'ICRAM hanno impartito una serie di prescrizioni, finalizzate ad un più accurato rilevamento dei microinquinanti tossici (diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili, cianuri, clorobenzeni e clorofenoli), nonché una


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serie di prescrizioni indirizzate all'autorità portuale mirate ad assicurare che nel corso dell'operazione di dragaggio non si verifichino perdite di materiale e risospensione e diffusione dei sedimenti inquinati, unitamente alle opportune misure per la sicurezza dei lavoratori esposti al contatto con il materiale dragato.
Per quanto riguarda l'esecuzione dei piani di caratterizzazione delle aree marine di competenza della pubblica amministrazione, il relativo incarico è stato affidato, con delibera di giunta regionale del 27 dicembre 2002, n. 1707, all'ARPAL. Il relativo disciplinare sarà definito a breve e l'inizio delle attività è previsto entro l'autunno.
Nel corso della prossima conferenza dei servizi verranno forniti aggiornamenti in ordine agli accordi intercorsi tra il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e il Ministero della difesa ai fini della caratterizzazione delle aree di pertinenza dell'autorità militare, nonché in ordine ai piani di caratterizzazione di competenza dei soggetti privati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RONCHI, MALGIERI, BUTTI, FRANZ, ROSITANI, LANDOLFI, ANTONIO PEPE, ANGELA NAPOLI, LAMORTE, FASANO, CORONELLA, TAGLIALATELA, ZACCHEO, LEO, MAZZOCCHI, GARNERO SANTANCHÈ, MENIA e ANEDDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo i tragici fatti dell'11 settembre 2001 con la delicata situazione dello scacchiere politico mondiale che ne è derivata si è acuito il difficile rapporto tra la religione musulmana e le altre religioni, in particolare la cristiana, rendendo attuale il pericolo del dilagare del fondamentalismo islamico in tutto il mondo occidentale;
risulta comunque che in varie parti del mondo, dall'Algeria all'Indonesia, al Pakistan, al Sudan e alla Nigeria, vengono tuttora commessi crimini di varia natura dai musulmani contro i cristiani e, in generale, in molti Stati a governo musulmano l'espressione di altre confessioni religiose viene di fatto limitata o compromessa e vengono commesse discriminazioni contro le comunità cattoliche e cristiane locali;
tali delitti, persecuzioni e vessazioni risultano anche dal Rapporto 2002 sulla libertà religiosa nel mondo, curato dall'associazione umanitaria di diritto pontificio «aiuto alla Chiesa che soffre», in cui sono riportati, per ogni Paese del Mondo, situazioni e fatti, anche cruenti, di intolleranza religiosa, accuratamente documentati, che riguardano i cristiani;
secondo la prestigiosa World Christian Encyclopedia i cristiani uccisi ogni anno nel mondo per la loro religione sono circa centosessantamila -:
se non si ritenga opportuno esercitare pressioni diplomatiche affinché siano assicurate le norme di una pacifica convivenza internazionale che assicurino la reciprocità in tema di diritti religiosi, affinché la libertà religiosa e di culto, quale fondamentale diritto dell'uomo, venga concessa in tutti i Paesi quale principio a cui tutta la comunità internazionale dovrebbe aderire;
quali iniziative abbiano intrapreso od intendano intraprendere verso quei Paesi che permettono consapevolmente od appoggino persecuzioni di carattere religioso, in considerazione anche dell'attività di aiuto ed assistenza svolta da migliaia di cittadini italiani, religiosi e volontari, anche negli stessi Stati in cui sono perpetrate persecuzioni religiose.
(4-05491)

Risposta. - Il tema del rispetto della libertà religiosa e di culto nel mondo forma tradizionalmente oggetto di particolare attenzione da parte dell'Italia e degli altri partners comunitari.
In particolare, in occasione dei lavori della cinquattottesima sessione della Commissione per i Diritti umani, svoltasi a


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Ginevra nel marzo-aprile dello scorso anno, su proposta irlandese, cosponsonizzata dall'Italia e da tutti gli altri partners comunitari, è stato approvato, all'unanimità, un testo di risoluzione dal titolo «Eliminazione di ogni forma di discriminazione religiosa». Il testo raccomanda agli Stati di adeguare i propri ordinamenti interni al fine di assicurare effettive garanzie alla libertà di pensiero e di credo religioso, senza distinzioni ed eccezioni, prevedendo fra l'altro specifici rimedi nei casi in cui il diritto a praticare liberamente un credo religioso, incluso il diritto individuale a cambiare la propria religione, sia violato. Fra le raccomandazioni rivolte ai Governi figura anche quella di assicurarsi che nessun soggetto, sia esso cittadino o straniero, sottoposto alla sua autorità, possa essere privato del diritto alla vita, alla libertà personale ed alla propria sicurezza, ed essere quindi soggetto ad arresti arbitrari o a forme di tortura in ragione del proprio credo religioso. Il diritto all'associazione ed all'assemblea a fini di culto, così come l'obbligo di protezione nei confronti dei luoghi di culto e dei siti religiosi, sono egualmente riconosciuti e garantiti.
Sin dal 1986 la Commissione per i Diritti umani ha conferito mandato ad un Relatore speciale di monitorare e riferire in merito al rispetto della libertà di religione e di culto, incarico attualmente ricoperto dal tunisino Abdelfattah Amor il rapporto più recente del Relatore Speciale sulla libertà di religione e di credo risale al 15 gennaio 2008 ed è stato ufficialmente presentato in occasione dei lavori della cinquantanovesima sessione della Commissione per i Diritti Umani che si sono aperti a Ginevra il 17 marzo 2003. Il documento rileva un preoccupante aumento della intolleranza e della discriminazione su basi religiose nel mondo nonché una tendenziale ascesa delle componenti più oltranziste ed integraliste in seno a tutte le comunità religiose. In alcuni Paesi la stessa sopravvivenza di minoranze religiose sarebbe, secondo il Relatore Speciale, a rischio. Fra i casi specifici che sono citati nel rapporto come particolarmente gravi e preoccupanti, figurano le deportazioni di Avventisti e Protestanti in Azerbaidjan e Turkmenistan, la repressione del Fatun Gong, dei religiosi tibetani, e delle comunità cristiane in Cina, le persecuzioni di cristiani in Myanmar e della comunità Ismaili in Arabia Saudita. Altre forme di persecuzione perpetrate dai Governi in danno di diverse minoranze religiose sono denunciate dal Relatore Speciale in Israele, Eritrea, Moldova, Turchia e Repubblica Popolare di Corea. Il Rapporto denuncia infine situazioni in cui alcune minoranze religiose sono vittime di forme di violenza ed intolleranza poste in essere da altre comunità religiose senza che i Governi pongano in essere le necessarie misure atte a proteggere le prime. In tale contesto sono operati riferimenti alla situazione in Georgia, in cui comunità cristiane sarebbero vittima di vane forme di persecuzione e violenza da parte degli estremisti ortodossi, in India, in Indonesia, Bangladesh e Pakistan.
Per quanto riguarda la situazione dei Paesi del Golfo, il Ministero degli affari esteri ha costantemente sottolineato, nei suoi ordinari rapporti con i Governi di quei Paesi, l'importanza che vengano rispettati i diritti della persona e le libertà individuali, ivi compresa pertanto la piena libertà religiosa. Sebbene tale traguardo non possa consideransi oggi ancora compiutamente raggiunto, è importante sottolineare che non appaiono diffusi nell'area del Golfo Persico fenomeni di sistematica persecuzione di individui di religione cristiana ovvero crimini commessi da musulmani contro cristiani.
Si sottolinea come il Ministero degli affari esteri abbia posto l'accento - ed in modo particolare proprio dopo i tragici eventi dell'11 settembre 2001, ricordati dall'onorevole interrogante - sull'importanza di perseguire il dialogo tra le civiltà occidentale ed islamica, adoperandosi a tale proposito anche per un più articolato dialogo con l'Organizzazione della Conferenza islamica. Nell'ambito di tale dialogo sussiste evidentemente la possibilità di un ampio confronto sul rispetto della libertà religiosa e di culto.
Ecco un quadro della situazione nei Paesi espressamente citati dall'interrogante.


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Indonesia.

Questo Paese è stato da sempre caratterizzato dalla presenza di un ampio numero di credo religiosi e da un alto grado di tolleranza reciproca tra i diversi fedeli, che tradizionalmente praticano i rispettivi culti senza interferire nelle espressioni religiose altrui. La Costituzione del Paese, varata nel 1945, sancisce all'articolo 29 il principio della libertà religiosa e il Governo riconosce ufficialmente cinque religioni: Islam, Cattolicesimo, Protestantesimo, Buddismo e Induismo, pur esercitando un certo controllo sull'attività delle sette islamiche più estremiste rispetto all'ortodossia musulmana.
Si sono verificati incidenti interreligiosi nelle Molucche meridionali, nella parte centrale dell'isola di Sulawesi e nel Katimanitan. Nati come conflitti etnico-religiosi, essi sono stati poi strumentalizzati dalla «Laskar-jihad» (formazione islamica estremista) nella sua lotta contro il movimento indipendentista filo-cristiano della «South Maluku Republic» (RMS). È da rilevare come a tal proposito le Autorità indonesiane hanno contrastato il fenomeno e impedito che esso avesse ripercussioni o si espandesse a livello nazionale, facendo stato del fatto che i responsabili di tali violenze sono stati identificati, arrestati e puntualmente condannati in base alle disposizioni del codice penale interno.
Il Governo di Jakarta, nel corso del 2001, è riuscito a concludere con i movimenti filo-cristiani e filo-musulmani due accordi, detti di «Malino» dalla località in cui è stato firmato il primo di essi, per la pacificazione delle Molucche meridionali e di Sulawesi.
Ala luce di quanto precede, non si ritiene necessario prevedere alcuna forma di pressione diplomatica presso le Autorità indonesiane per garantire il rispetto della libertà religiosa, dal momento che quest'ultima risulta tutelata.

Pakistan.

Con riguardo al Pakistan vengono espressi timori in ordine all'applicazione, in base alla legislazione interna, della pena di morte per il reato di apostasia.
Nonostante il carattere islamico professionale dello Stato pakistano, la Costituzione pakistana sancisce il principio della libertà di culto (articolo 20), in base al quale ogni cittadino ha il diritto di professare, praticare e propagare la propria religione ogni denominazione religiosa e ogni culto ha il diritto di stabilire e mantenere le sue istituzioni religiose». L'articolo 21 stabilisce poi che «nessuno può essere forzato a pagare tasse speciali destinate a sostenere e propagare qualsiasi religione diversa dalla propria».
Il maggiore elemento di preoccupazione per le minoranze religiose è dato dalla cosiddetta «Legge sulla blasfemia», contenuta nelle sezioni 295, 296, 297 e 298 del Codice Penale, che prevedono condanne (fino alla pena di morte) per coloro che «insultano i sentimenti religiosi dei musulmani», «interrompono le loro cerimonie religiose» o, infine, «insultano il sacro nome del Profeta». Questi articoli si applicano naturalmente a tutti i pakistani, musulmani e non; tuttavia viene percepita dalle minoranze religiose come un mezzo per intimidirle. Alcuni casi di cristiani condannati per blasfemia negli ultimi anni hanno comunque dimostrato che alla base vi erano, più che questioni religiose, contrasti di interesse (terreni, professioni, eccetera), che avevano spinto i musulmani ad avanzare le accuse.
Per completare il quadro legislativo, nel gennaio 2002 è stata abolita la legge sull'elettorato separato, secondo cui nelle elezioni generali e locali i musulmani votavano per i candidati islamici presenti nelle loro circoscrizioni, mentre i non-musulmani votavano per i loro candidati presenti in una lista unica per tutto il Paese; tale misura ha trovato applicazione sia nelle elezioni dell'ottobre 2002 che in quelle del febbraio u.s.
Quanto alla posizione sociale dei cristiani, il fatto che essi appartengano solitamente agli strati più poveri della popolazione trova le sue radici nel passato coloniale: infatti, nella divisione in caste, non scritta ma ereditata dall'India al


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momento dell'indipendenza, i cristiani rappresentano la base della piramide sociale.
Alla luce di queste considerazioni non si può parlare obiettivamente di oppressione dei cristiani in Pakistan essi infatti godono della liberta di culto, nonostante esistano alcune forme di discriminazione nei loro confronti circostanza del resto difficilmente evitabile in un paese di stretta osservanza islamica.
Comunque sia la nostra Ambasciata in Islamabad, sia quelle degli altri Paesi membri dell'UE spesso di concerto, seguono con attenzione la questione intervenendo, se del caso, presso le autorità pakistane.
Per quanto riguarda invece gli episodi di violenza contro i cristiani, dovuti ai gruppi integralisti islamici più intransigenti, va segnalato che la presenza nel territorio di molteplici gruppi, genericamente vicini al fondamentalismo islamico ed anti-occidentali, spesso senza alcun legame tra di loro, rende spesso arduo il compito delle forze dell'ordine.

Algeria.

Con riferimento all'Algeria, occorre precisare che tale Paese è stato oggetto di una visita ispettiva ad hoc del Relatore Speciale, svoltasi dal 16 al 26 settembre del 2002. Le conclusioni tratte dalla visita hanno indotto il Relatore-Speciale ad evidenziare progressi incoraggianti ed una positiva disponibilità da parte delle Autorità algerine a collaborare con le Nazioni unite in tale specifico settore, pur sottolineando la persistenza di aree problematiche, fra cui, in particolare, l'uso politico che viene fatto della religione da parte di gruppi estremisti islamici, il cui fanatismo trae vigore e fondamento dalla profonda crisi economica e sociale che attanaglia il Paese. Raccomandazioni specifiche sono inoltre rivolte al Governo algerino per quanto concerne la tutela della minoranza cristiana nel Paese.
Sotto il profilo giuridico, si segnala che l'articolo 2 della Costituzione algerina statuisce che «l'Islam è la religione di Stato».
Tuttavia, l'articolo 28 della Costituzione (Capitolo IV - Dei diritti e delle libertà), pur non contemplando espressamente la libertà religiosa, prevede che «i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza che possa prevalere alcuna discriminazione per causa di nascita, di razza, di sesso, d'opinione o di qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale».
L'Algeria è inoltre membro di differenti organismi internazionali interreligiosi che riconoscono la libertà di culto come una libertà fondamentale dell'uomo.
Per quanto concerne la situazione di fatto, si segnala che in Algeria sono presenti diverse chiese cattoliche e sinagoghe e che ad Algeri, oltre alla Nunziatura apostolica, vi è un Arcivescovado che svolge anche la funzione di Presidente della CRENA (Conferenza regionale episcopale del nord Africa) con nove diocesi distribuite tra Algeria, Marocco e Libia.
Quanto al ruolo svolto dall'Italia in favore del rispetto della libertà religiosa, si ricorda che il 27 gennaio in occcasione della visita di Stato ad Algeri del Presidente della Repubblica, è stato firmato un Accordo di Amicizia, Buon Vicinato e Cooperazione che, fra l'altro, prevede espressamente il rispetto della libertà religiosa e di culto.
Si segnala che anche l'Accordo di Associazione fra Algeria e Unione europea, firmato nell'aprile dello scorso anno in occasione della Conferenza euroministeriale di Valencia, prevede il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali così come denunciati nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

Sudan

Per quanto riguarda il Sudan, l'Unione europea ha presentato anche quest'anno, in sede di 59a sessione della Commissione per i Diritti Umani di Ginevra un testo di risoluzione sotto il punto 9 dell'agenda «violazione dei diritti umani», in cui esplicito riferimento è fatto alle restrizioni in materia di libertà religiosa.
L'Italia ha promosso e favorito il dialogo politico dell'Unione Europea con il


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Governo di Khartoum per incoraggiare positivi sviluppi nel campo dei diritti umani. Nel quadro di tale dialogo, ogni occasione di incontro è valsa a sensibilizzare quelle Autorità al rispetto degli impegni assunti in forza degli strumenti internazionali di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali di cui il Sudan è parte. Particolare enfasi è stata posta sui temi della libertà per ciascun individuo di professare la propria religione e sul divieto di discriminazioni sulla base del credo. Analogamente si è fatta pressione sul Governo di Khartoum affinché assicurasse che nessun cristiano fosse processato applicando le leggi della sha'rya islamica.
Anche sul piano dei rapporti bilaterali, l'Italia continua a lavorare per contribuire al superamento degli ostacoli residui per l'istituzione di un sistema che garantisca in modo equilibrato i diritti dei vari settori della società sudanese, ivi compreso il rispetto della libertà di culto e di religione. Il nostro Governo a più riprese, da ultimo in occasione della mia visita a Khartoum (novembre 2002) e dei colloqui intrattenuti in Kenya con esponenti del Governo sudanese e dell'opposizione dell'ISPLA (febbraio 2003), ha ribadito che tutti i membri delle Nazioni Unite sono tenuti a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali contenute nella Carta dell'ONU nella Dichiarazione sui diritti dell'Uomo.
Abbiamo chiesto ed ottenuto che nel corso degli incontri dell'IGAD
Partners Forum, organismo che raccoglie i Paesi donatori dell'Intergovernmental Authority on Development (IGAD) e del quale siamo presidenti, fossero sempre affrontare, parallelamente al processo di pace, le telematiche inerenti il rispetto dei diritti umani e che fossero lanciati appelli al Governo di Khartoum per il riconoscimento delle libertà fondamentali di ciascun cittadino.
È attualmente in corso il negoziato per la pace nel Paese, condotto dal Kenya su mandato dell'IGAD, fondato sui principi dell'autodeterminazione e della separazione fra Stato e religione, al quale l'Italia partecipa in qualità di osservatore insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia.
In tale contesto, le Parti hanno firmato il 20.7.2002 un importante accordo, nel quale è stata inclusa anche l'Italia, sui termini fondamentali del processo di pace, ed un ulteriore accordo sui rapporti fra Stato e religione. Tale intesa riafferma il carattere multi-religioso dello Stato sudanese e ribadisce la piena libertà di fede e di culto ed il divieto di ogni discriminazione di carattere religioso. Viene inoltre stabilito che l'accesso ai pubblici uffici dovrà avvenire sulla base del criterio della cittadinanza e non della appartenenza ad un culto determinato. È infine sancita la piena libertà di esercitare le funzioni religiose e di istituire e mantenere luoghi di culto e di preghiera. L'intesa costituirà parte del regolamento finale e sarà operativa nel momento in cui le Parti sottoscriveranno il definitivo accordo di pace.
I negoziati sono attualmente concentrati sul tema degli accordi di sicurezza e dovranno poi essere affrontati i delicati nodi della divisione del potere e della ricchezza, sui quali già sono state raggiunte intese di principio, I positivi risultati finora ottenuti alla Conferenza lasciano sperare che le Parti possano raggiungere un compromesso entro il primo semestre del 2003. Quando esso sarà firmato, l'Italia sarà pronta a sostenere, sia a titolo nazionale, sia in ambito dell'Unione Europea, la sua puntuale applicazione con particolare riferimento alla costituzione di istituzioni democratiche e rappresentative in esso previste.

Nigeria

Anche questo Paese è tradizionalmente inserito nel testo del discorso generale pronunciato dalla Presidenza sotto il punto 9 dell'agenda dei lavori della Commissione, e fra gli specifici motivi di condanna espressi dai Quindici figurano in particolare le tensioni etniche e religiose.
Gli scontri etnico-religiosi che si sono verificati in Nigeria hanno origini e peculiarità proprie. Essi dissimulano in realtà lotte di potere tra potentati locali e rivendicazioni socio-economiche che degenerano


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talvolta in sanguinosi conflitti. Una delle cause principali è tuttavia l'introduzione della Sha'rya, autorizzata sin dall'ottobre 1999 dal Presidente cristiano Olusegun Obasanjo, in 12 dei 36 Stati che compongono la Nigeria. Voluta dalle etnie musulmane del Nord pér accrescere la loro influenza sulle popolazioni locali (sia musulmane che cristiane), la Sha'rya ha fatto sorgere situazioni di tensione soprattutto negli Stati confessionalmente «misti» ed ha consentito alle Corti islamiche di emanare talune sentenze di condanna a morte motivate dall'adulterio che hanno suscitato la riprovazione di una parte della popolazione nigeriana e di tutta la comunità internazionale. Tali vicende hanno peraltro messo in luce le enormi difficoltà di coesistenza in Nigeria di due ordinamenti giuridici paralleli non omogenei, quello statale e quello federale che sono apparse evidenti quando è stata posta la questione della costituzionalità della Sha'rya ancora irrisolta, e sempre più politicizzata sia per le diverse possibilità di interpretazione che offre la Costituzione nigeriana sia per l'approssimarsi delle elezioni presidenziali, politiche ed amministrative, che avranno luogo nel periodo aprile-maggio 2003.
I casi che hanno maggiormente scosso l'opinione pubblica internazionale sono quello di Safiya Hussaini Tungar Tudu, conclusosi il 25 marzo 2003 con una dichiarazione di non colpevolezza da parte del Tribunale di Sokoto che ritenne la condanna di primo grado «invalida nei suoi presupposti tecnici» sulla base della ritrattazione dell'originale versione dei fatti da parte dell'interessata, e quello di Amina Lawal, nei confronti della quale la Corte superiore islamica di Funtua (Stato di Katsina), nella Repubblica Federale di Nigeria, ha invece respinto l'appello contro la sentenza di condanna a morte per lapidazione.
Sia il Governo italiano che l'Unione europea hanno seguito con attenzione i due casi giudiziari, intervenendo a più riprese presso le autorità nigeriane richiamando le Convenzioni internazionali sul rispetto dei diritti dell'uomo e contro i trattamenti inumani cui anche la Nigeria è parte. Per quanto riguarda l'Italia il nostro Governo ha effettuato passi anche con l'Ambasciatore della Nigeria a Roma per sottolineare l'attenzione con cui in Italia erano seguite le due vicende e per sollecitare una soluzione positiva delle medesime. Si ricorda altresì che alla fine del 2002 si sono inoltre svolto due missioni di parlamentari volte a favorire l'affermazione dei diritti umani in Nigeria, l'una organizzata dall'ONG «Nessuno Tocchi Caino» e le seconda composta da tre membri della Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica.
Va rilevato che l'Italia, pur essendo ovviamente preoccupata per le recenti esplosioni di violenza iniziate con gli eccidi di Kaduna e scaturiti dalla programmata organizzazione della manifestazione di «Miss Mondo» ad Abuja (poi trasferita a Londra), ha accolto con favore gli sforzi del Governo federale volti a far sì che il diritto osservato in tutti gli Stati della Nigeria sia conforme ai patti internazionali in materia di diritti umani. Essa continuerà ad incoraggiare l'azione pacifica e legale condotta da gruppi sia musulmani che cristiani che si occupano di tali questioni in Nigeria ed intende, assieme all'UE, proseguire il dialogo in corso nel quadro del partenariato europeo con la Nigeria, nella prospettiva di rafforzare i processi che si stanno portando avanti per il consolidamento della democrazia, il rispetto dei diritti umani e la difesa di tutte le minoranze, incluse quelle religiose.
È utile in chiusura sottolineare che il rispetto della libertà religiosa e di culto è riconosciuto e sancito nel Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici delle Nazioni unite, al rispetto del quale tutti gli Stati parte sono tenuti e soprattutto nell'articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo. La libertà religiosa e di culto rientra quindi pienamente nei diritti fondamentali della persona umana e come tale non può essere oggetto di forme


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di limitazione e/o condizionamento basate sul principio della reciprocità.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ROTUNDO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sabato 27 aprile 2002, nel primo pomeriggio, nelle acque antistanti San Cataldo di Lecce una piccola imbarcazione di circa 4 metri con a bordo Roberto e Giuseppe Spinelli rispettivamente di anni 30 e 35, Giancarlo Signore di anni 35 e Giancarlo Caputo di anni 28, naufragava a causa delle condizioni del tempo improvvisamente peggiorate, a circa 500 metri dalla costa;
Giancarlo Signore, aggrappatosi alla ciambella di salvataggio, dopo oltre un'ora in mare, è stato tratto in salvo da due pescatori, che hanno provveduto a dare l'allarme;
Roberto Spinelli veniva salvato a circa 4 miglia da San Foca, intorno alle ore 8.00 di domenica 28 aprile, dalla nave traghetto greca Afrodite II diretta al porto di Brindisi;
Giuseppe Spinelli, rimasto aggrappato per molte ore insieme al fratello Roberto ad un galleggiante, è stato ritrovato morto a poca distanza e precisamente all'altezza di Roca. Dall'esame autoptico è emerso che la morte è stata causata da annegamento e che la stessa è avvenuta presumibilmente nelle prime ore di domenica 28 aprile;
Giancarlo Caputo risulta tuttora disperso e le possibilità di trovano in vita appaiono ormai molto remote anche se, ad avviso dell'interrogante, è necessario continuare nell'opera di ricerca, così come giustamente richiesto dai familiari;
dalla drammatica vicenda emergono molti punti oscuri relativamente alla tempestività e all'efficacia dei soccorsi sui quali è necessario ed urgente fare piena luce per accertarne le eventuali responsabilità;
in particolare ciò che appare incredibile è che - come confermato in una intervista dallo stesso prefetto di Lecce - dalla chiamata che lanciava l'allarme, arrivata in questura alle ore 15,57, siano trascorse circa 3 ore prima che l'elicottero giungesse sul posto del naufragio;
occorre sottolineare che l'elicottero proveniva da Bari, così come i sommozzatori dei vigili del fuoco e che l'intero piano di emergenza in mare ha evidenziato gravi problemi di coordinamento e di attrezzature in dotazione; gli stessi vigili del fuoco hanno lamentato al loro comando provinciale scarso addestramento del personale e carenza delle strutture;
sono da accertare le ragioni per le quali inspiegabilmente le ricerche siano state sospese nella notte del 27;
ciò che inquieta maggiormente è la circostanza che, nonostante il largo arco di tempo trascorso tra l'ora del naufragio e quello della morte di Giuseppe Spinelli, le ricerche siano risultate infruttuose, in quanto, come ha riferito Roberto Spinelli, i mezzi di soccorso scandagliavano un pezzo di mare fuori dalla zona dove le correnti marine avevano trascinato i naufraghi;
è dovere primario ed irrinunciabile per la stessa credibilità delle istituzioni dare risposte puntuali e persuasive all'interrogativo, che in queste ore angoscia non solo le famiglie interessate ma l'intera opinione pubblica, se soccorsi tempestivi meglio coordinati e non interrotti durante le ore notturne, avrebbero potuto salvare altre vite umane -:
quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di pervenire ad un rigoroso e puntuale accertamento nella tempistica e della dinamica dei soccorsi relativi al naufragio di San Cataldo del 27 aprile e se non ritenga che in provincia di Lecce, circondata da 200 chilometri di


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mare, debbano essere dislocati stabilmente sul proprio territorio mezzi, infrastrutture e professionalità per efficaci e rapidi soccorsi in mare, affinché tragedie come quella accaduta in questi giorni possano, in futuro, essere evitate.
(4-02837)

Risposta. - Dagli accertamenti svolti in relazione alla tragedia accaduta nelle acque antistanti S. Cataldo di Lecce il 27 aprile 2002, si comunica quanto segue.
Le operazioni di soccorso sono state condotte dai vigili del fuoco continuativamente per tutto il periodo di ricerca, salvo i brevi intervalli di sospensione, preventivamente comunicati all'Autorità marittima e comunque motivati da esigenze di carattere tecnico, dovuti alla circostanza che sia il gommone dei sommozzatori (del nucleo sommozzatori di Bari) che l'elicottero (del nucleo elicotteri dell'Ispettorato Regionale dei Vigili del fuoco) non sono abilitati alla navigazione notturna, né sono in grado di operare in condizioni meteo-marine sfavorevoli.
In particolare risulta dalla circostanziata relazione presentata dal Comando VVF di Bari che i sommozzatori del Comando di Bari, allertati il 27 aprile 2002 alle ore 16.50 e giunti sul luogo alle ore 18.50 (dove il personale di Lecce, già da tempo era presente con un proprio gommone di appoggio), hanno temporaneamente sospeso le ricerche alle ore 21.40, unitamente al gommone della Guardia di Finanza, ma non per decisione autonoma, bensì in accordo con l'unità navale della Capitaneria di porto presente sul posto, per il sopraggiungere dell'oscurità e per l'aggravamento delle condizioni meteomarine.
Infatti, nella stessa nota del Comandante della Capitaneria di porto di Gallipoli è precisato che «tutte le unità della Guardia costiera hanno proseguito le ricerche in mare a lento moto... mentre sono rientrate le unità delle altre Amministrazioni non attrezzate per tale delicata operazione, tra cui il gommone dei vigili del fuoco.»
L'intervento di soccorso è proseguito l'indomani con i sommozzatori del Comando provinciale di Brindisi e nei giorni successivi con l'avvicendamento dei quattro nuclei sommozzatori della regione.
Per quanto riguarda l'intervento del nucleo elicotteri si precisa che poiché gli aeromobili in dotazione al Comando di Bari non sono abilitati al volo notturno, il luogo delle ricerche è stato raggiunto soltanto alle ore 8,00 del giorno 28.
Le operazioni di ricerca da parte dei Vigili del fuoco si sono protratte fino al 5 maggio ben oltre quindi quelle della Capitaneria di Porto territorialmente competente, che erano cessate il 1o maggio 2002.
Tali problemi di coordinamento non sono stati ravvisati successivamente, in quanto sia gli elicotteristi - le cui operazioni sono regolamentate dalle norme per la sicurezza in volo e che pertanto sono stati costretti ad un continuo contatto radio con la torre di controllo e con la Capitaneria di porto - sia i sommozzatori - intervenuti quando già l'unità nautica della Capitaneria di porto era presente sul luogo delle operazioni e, pertanto, già coordinava le forze presenti in mare - hanno operato ininterrottamente secondo le indicazioni dell'Autorità marittima.
Per quanto riguarda poi la lettera aperta di denuncia agli organi di informazione dove due Vigili del fuoco lamentavano disfunzioni e scarso addestramento oltre alla mancanza di attrezzature e mezzi, occorre sottolineare che il personale specialista intervenuto non risulta aver manifestato alcuna insoddisfazione, in quanto le dotazioni e le attrezzature assegnate risultano essere adeguate e l'addestramento rientra nell'attività giornaliera, programmata ed eseguita sulla base delle disposizioni in vigore.
Si precisa, infine, che il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco ha in programma una rivisitazione complessiva del soccorso acquatico attraverso l'elaborazione di un piano regionale-interregionale di previsione del rischio da parte degli Ispettori regionali VVF di concerto con i Comandanti Provinciali, le Organizzazioni Sindacali e gli specialisti del settore.


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In particolare l'Ispettorato regionale dei Vigili del fuoco per la Puglia ha elaborato un piano di riordino del servizio sommozzatori delle regioni Puglia e Basilicata che prevede l'imminente istituzione dei presidi acquatici (personale qualificato in attività di soccorso in superficie) di Otranto e Gallipoli nella provincia di Lecce, da trasformare in una fase successiva in nucleo sommozzatori (specialisti subacquei).
Il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, del Ministero dell'Interno, sulla base delle richieste formulate dagli Ispettorati, sta definendo gli iter formativi per la qualificazione delle figure di Vigili del fuoco denominate «soccorritori acquatici» e sta individuando le risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del progetto acquatico.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Carmelo Musumeci fino a pochi giorni fa era detenuto nel carcere di Sulmona, da qualche giorno è stato trasferito in Sardegna nel carcere di Badu e Carros (Nuoro);
da tempo il Musumeci chiedeva di essere trasferito vicino alla propria famiglia e alla sede universitaria di Firenze, dove è iscritto al primo anno di giurisprudenza, visto che in undici anni di detenzione non è mai stato trasferito vicino casa, e che, inoltre, ogni mese e mezzo deve recarsi a Firenze per gli esami universitari, con un costo enorme per l'amministrazione carceraria;
già quattro anni fa era stato detenuto in Sardegna, dove, per ovvie ragioni di lontananza, non aveva mai potuto usufruire di colloqui con i propri familiari -:
quali siano i motivi del trasferimento in Sardegna del Musumeci, considerato che, oltre al fattore umano (lontananza dai propri cari), comporta un costo enorme e spreco di uomini e mezzi per permettere al Musumeci di recarsi periodicamente a Firenze per sostenere gli esami universitari.
(4-03547)

Risposta. - Il detenuto Carmelo Musumeci è in carcere per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e concorso in estorsione ed è stato definitivamente condannato alla pena dell'ergastolo.
È stato segnalato dagli organi di polizia quale soggetto di notevole spessore criminale, ritenuto promotore ed organizzatore di un pericoloso ed agguerrito sodalizio mafioso operante nella fascia costiera tirrenica che si estende tra Livorno e La Spezia.
Dalle numerose relazioni di servizio agli atti del fascicolo, emerge che il Musumeci assume comportamenti prevaricatori nei confronti degli altri detenuti e provocatori verso il personale di polizia penitenziaria, accumulando numerose sanzioni disciplinari che hanno portato nel tempo alla applicazione nei suoi confronti del regime speciale
ex articolo 14-bis Ordinamento penitenziario, nonché diverse denunce all'Autorità giudiziaria.
Dai vari rapporti informativi redatti dalle direzioni degli istituti penitenziari dove è stato ristretto (da ultimo Parma, Novara, Voghera), si evince che il detenuto Musumeci ha sempre evidenziato il suo temperamento polemico, di forte contrapposizione all'istituzione.
Da ultimo, assegnato presso la casa di reclusione di Sulmona, nel perseverare nella sua condotta ha denotato la costante intolleranza al regime penitenziario, evidenziando, tra l'altro, una personalità desiderosa di imporre la propria volontà in aperta contrapposizione con i fini istituzionali dell'amministrazione penitenziaria.
Coinvolgendo e trascinando la parte più debole dei suoi compagni di detenzione ha assunto, altresì, comportamenti minacciosi e ingiuriosi, fino ad arrivare al tentativo di aggressione nei confronti del personale di


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polizia penitenziaria, compromettendo la sicurezza degli istituti.
In particolare, risulta agli atti dell'Ufficio competente la campagna diffamatoria avviata nei confronti della direttrice dell'istituto di Sulmona, sul cui operato l'Amministrazione penitenziaria nulla ha da obiettare o contestare avendo ella agito nel pieno rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario e secondo le direttive ricevute.
Al riguardo è stato altresì fatto presente che risulta inoltrata dalla direttrice della casa di reclusione di Sulmona alla procura della Repubblica di Sulmona una denuncia-querela contro ignoti per i reati di cui agli articoli 414 e 595 c.p.
Per quanto sopra esposto, in conformità alle disposizioni normative che stabiliscono i criteri di assegnazione negli istituti di pena, nel rispetto dei principi direttivi dell'individuazione del trattamento in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti (articoli 1, 13 e 14 dell'ordinamento penitenziario), l'Amministrazione penitenziaria ha ritenuto di procedere al trasferimento del detenuto Musumeci presso la casa circondariale di Nuoro.
Allo stato nulla emerge circa un atteggiamento di contrapposizione a far data dall'ingresso nell'istituto di Nuoro. Si rinviene, invece, una relazione comportamentale, datata 22 ottobre 2002 (prossima, pertanto, alla data del suo ingresso presso l'istituto nuorese), nella quale si dà atto che «...trattasi di soggetto dalla forte personalità che si informa delle sue possibilità di benefici più per saggiare la competenza e la disponibilità dell'interlocutore che per sua ignoranza delle possibilità attuali di misure premiali o alternative alla carcerazione». E che nel periodo di presenza presso la Casa circondariale di Nuoro «ha tenuto un comportamento costantemente corretto e collaborativo». Relazione confermata da una successiva del 14 febbraio 2003.
Il diritto allo studio del Musumeci viene assicurato con la traduzione del detenuto presso l'istituto prossimo alla sede universitaria in occasione dello svolgimento delle prove d'esame.
È pur vero che l'amministrazione affronta dei costi, in termini economici e di risorse umane, ma è a maggior ragione vero che questi non possono essere comparati con il dovere di tutelare l'incolumità e l'immagine di quel personale che ha dato prova nel tempo di agire con professionalità, serietà e nel pieno rispetto della normativa vigente, nonché salvaguardare il regolare svolgimento della vita intramuraria anche a tutela dei diritti degli altri soggetti ristretti.
Sarà sempre possibile per il detenuto Musumeci proseguire il corso di studi presso la sede universitaria ove è iscritto o presso altra struttura universitaria ubicata in luogo prossimo alla sua attuale sede di detenzione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUZZANTE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel dicembre 2002 è stato siglato dall'ENAV s.p.a. e da alcuni sindacati, nell'ambito del contratto di lavoro attualmente in vigore, un accordo di rilevanza nazionale in osservanza del quale l'ENAV, a chiusura del contratto collettivo di lavoro 1998-2001, avrebbe dovuto portare in pagamento, a tutto il personale, gli emolumenti correlati alla produttività;
di fatto, su disposizione aziendale, sarebbe stata decisa la sospensione del pagamento di cui sopra per il solo personale iscritto ai sindacati non firmatari dell'accordo nazionale, nonostante l'espressa previsione costituzionale che stabilisce l'efficacia obbligatoria dello stesso sulla base dell'appartenenza del singolo lavoratore ad una determinata categoria, a nulla rilevando l'appartenenza sindacale;
tale discriminazione, oltre a ledere il principio di uguaglianza cristallizzato nella nostra Carta costituzionale nelle sue molteplici espressioni, va ad incidere su lavoratori impegnati in un settore molto


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delicato, come appunto la sicurezza del traffico aereo nazionale e internazionale -:
quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare affinché sia posto rimedio alla grave discriminazione dei lavoratori appartenenti alle organizzazioni sindacali non firmatarie dell'accordo nazionale con l'ENAV;
se il Governo non reputi essenziale, data la delicatezza del settore, mettere in campo tutte le misure necessarie per evitare che episodi simili si ripetano.
(4-04974)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'interrogazione in discorso, sono state richieste informazioni all'ENAV - Ente nazionale per l'assistenza del volo - che rappresenta quanto segue.
L'accordo siglato in data 7 dicembre 2002 non ha comportato la riduzione delle posizioni operative bensì la standardizzazione dell'impiego del personale nei centri di controllo e nei 40 impianti, attraverso il cambiamento delle turnazioni. In effetti, è stata concordata una minore presenza del personale di notte in relazione al fatto che il traffico è minore, una omogeneizzazione delle quantità di personale con le finalità di migliorare la qualità e la sicurezza del servizio di assistenza al volo e sviluppare la crescita professionale del personale.
L'Ente fa presente di non aver adottato alcun grave comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori iscritti nelle liste sindacali non firmatarie del citato accordo 7-13 dicembre 2002. Difatti, la corresponsione delle spettanze relative al premio di produttività 2002, ai sensi del vigente CCNL per i dipendenti ENAV, è prevista nel corso dell'anno successivo. L'accordo del 7 dicembre 2002 prevede, invece, nell'ambito della globale regolamentazione di alcuni aspetti del lavoro in turno, il riconoscimento ai lavoratori delle organizzazioni sindacali firmatarie di un anticipo sul premio di produttività 2002, che è stato erogato a dicembre, salvo conguaglio che avverrà al momento in cui tale premio verrà corrisposto tutti gli altri dipendenti.
L'ENAV precisa che comunque non è avvenuta, nei fatti, alcuna discriminazione in quanto con comunicazione successiva all'accordo medesimo ha esteso a tutto il personale, ivi compreso quello aderente alle organizzazioni sindacali non firmatarie, i benefici economici originariamente rivolti ai dipendenti aderenti ai sindacati firmatari dell'accordo 7-13 dicembre 2002.
L'Ente fa conoscere, infine, che il Giudice del Lavoro di Roma, dottoressa Foscolo, ha respinto il ricorso
ex articolo 28 della legge 300 del 1970, avanzato a riguardo dalla LICTA, giudicando non antisindacale il comportamento tenuto dalla società in occasione del citato accordo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

SANDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni Enel Distribuzione, ha cominciato a sostituire i vecchi contatori domestici (3Kw di potenza) coi nuovi elettronici, spiegando, con facili pieghevoli illustrativi, la novità, già preannunciata nelle ultime bollette bimestrali;
i vantaggi reclamizzati sono:
a) migliore qualità del servizio;
b) ricognizione tecnica preventiva per il cambio (tutto gratuito, ma obbligatorio in quanto l'ente erogatore è proprietario degli apparecchi);
c) lettura a distanza dei consumi. E poi eliminazione del conguaglio - anticipo in bolletta (si paga solo il consumo effettivo); il nuovo contatore elettronico permette di attivare o modificare la fornitura all'utente domestico di energia elettrica in modo automatico, senza l'intervento del tecnico sul posto; tutti i futuri servizi saranno comunicati attraverso la bolletta;
più di un utente, a proprie spese, si è accorto che, col nuovo contatore,


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aumentano le bollette, senza che si sappia prima, pur riconoscendo la bontà tecnica;
organizzazioni dei consumatori hanno già confermato che continue segnalazione-lamentele, sul contatore elettronico, giungono un po' da tutt'Italia; il problema è conosciuto ampiamente anche dalla Guardia di Finanza (tramite il 114); si sono verificati casi di interpellanze presentate a sindaci e a presidenti di amministrazioni provinciali;
a parità di potenza i contatori elettronici rendono molto meno: tarati sugli 1,5-2 Kw (contro i 3 dei vecchi sostituiti; la stessa potenza di quelli ultratrentennali a 1,5 Kw spariti prima del 1980) fanno «saltare la corrente», basta accendere due elettrodomestici in contemporanea;
l'utente, quando si rivolge all'Enel per spiegazioni, si sente dire che occorre aumentare la potenza contrattuale a 4,5 Kw;
i costi del potenziamento a 4,5 si traducono in bolletta in una una tantum di 28 euro annui, in un aumento fisso da 4 a 80 euro ogni bimestre per un totale di ben 480 euro in più all'anno per ogni utenza domestica;
Enel Distribuzione fa passare questa operazione commerciale come un miglioramento tecnico ed un risparmio per ogni famiglia utente, ed è vero che, con una potenza di 4,5 Kw il costo-Kw è di 0,16 euro contro gli attuali 0,18 dei vecchi contatori a 3Kw, vero pure che, per non spendere di più, l'utente tipo dovrebbe consumare oltre 19 mila Kw all'anno, quando la media per uso domestico è di 2.500 Kw annui per singola utenza familiare -:
se, ferme restando le competenze dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, tali effetti inflazionistici possano essere quantificati e quale possa esserne l'entità.
(4-05046)

Risposta. - La società Enel Distribuzione, sta provvedendo all'installazione presso la clientela di nuovi misuratori elettronici telegestiti, in grado di fornire alla clientela stessa nuovi servizi e la possibilità di un controllo costante sul proprio livello di consumi.
Tuttavia, alcuni utenti con contratti di potenza impegnata di 3 kW hanno lamentato problemi connessi al funzionamento di tali nuovi contatori, con riferimento ad un più frequente «scatto» del contatore in caso di uso contemporaneo di più elettrodomestici.
A seguito dei reclami dell'utenza e sulla base di una specifica richiesta di informazioni avanzata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (competente ai sensi della legge n. 481 del 1995), Enel Distribuzione ha chiarito che:
a) i nuovi contatori sono tarati per una potenza massima disponibile di 3 kW più un margine di 10 per cento, per un periodo illimitato e in qualsiasi condizione ambientale; misurazioni effettuate su reclami di singoli clienti, alla presenza dei clienti stessi, hanno permesso di verificare la correttezza e il regolare funzionamento dei contatori. La differenza di prestazione in alcuni casi rispetto ai vecchi contatori è spiegabile non con una diversa taratura ma con una maggiore sensibilità dei nuovi gruppi di misura, anche perché è possibile che l'interruttore del vecchio contatore fosse diventato nel tempo meno sensibile nel registrare ed intervenire nel caso di superamento della potenza disponibile;
b) nei casi in cui l'utente impegni una potenza maggiore di quella massima consentita, avviene lo scatto del contatore con tempi tanto più rapidi quanto maggiore è l'entità della potenza prelevata: dopo 2 minuti se la potenza assorbita supera quella disponibile di un valore superiore al 15 per cento e dopo 1 ora e 2 minuti se tale superamento non sia superiore al 15 per cento;
c) nel caso di scatto, l'utente può verificare sul display del nuovo contatore la percentuale del supero di potenza, rispetto a quello che il suo contratto consente;


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d) i servizi assistenza dell'Enel Distribuzione chiariscono all'utenza che, prima di pensare a cambiare il contratto per passare ad una potenza maggiore, è consigliabile far controllare il grado di efficienza del proprio impianto elettrico e evitare l'uso contemporaneamente degli apparecchi domestici di più elevata potenza.

Si ritiene che il nuovo sistema consenta al cliente di capire come utilizzare al meglio e correttamente la potenza disponibile, prima di pensare eventualmente alla scelta di modificare il contratto per passare ad una maggiore potenza impegnabile, in base ai propri fabbisogni di vita.
Riguardo ai temuti effetti inflazionistici, si fa presente che i dati registrati fino a giugno scorso riguardanti il numero dei clienti con contatore elettronico che ha chiesto di modificare la potenza disponibile non registrano una tendenza ad un aumento rispetto ad analogo dato registrato nel passato: si tratta di 8.452 richieste di modifica su 1.337.177 di clienti con nuovo contatore, contro un dato di 202.721 richieste su 30.720.122 di clienti complessivi nel 2001, con una percentuale pari rispettivamente a 0,63 e 0,66.
In ogni caso, per controllare il fenomeno della crescita dei consumi di energia elettrica anche da parte dei consumatori domestici, si ritiene importante educare i comportamenti dei clienti ad un uso razionale dell'energia, incentivando gli strumenti atti a conseguire obiettivi di risparmio energetico.
Il processo di liberalizzazione dei settori elettrico e del gas naturale - avviato in recepimento delle rispettive direttive europee e che l'Italia sta portando avanti con grande convinzione - costituisce l'occasione per una ampia revisione delle politiche riguardanti anche il risparmio energetico, introducendo strumenti basati su logiche di mercato.
In particolare, il decreto legislativo 79 del 1999 (liberalizzazione mercato elettrico) stabilisce che i distributori di energia elettrica perseguano obiettivi di efficienza energetica degli usi finali stabiliti con decreto del ministro dell'industria in concerto con il ministro dell'ambiente.
Analoga disposizione è contenuta nel decreto legislativo 164 del 2000 per quanto riguarda il settore della distribuzione del gas naturale.
I decreti ministeriali di attuazione di tali previsioni sono stati recentemente emanati: complessivamente, gli obiettivi cumulativi di risparmio energetico stimati partono da 0,2 Mtep (Milioni tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2002 e si incrementano fino a 2,9 Mtep nel 2006.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

SINISCALCHI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi nel cratere di Casella Pisani, in località Pianura, si è sviluppato un pericoloso incendio, dalle cause ancora ignote, che sta impegnando la sezione ecologica della competente procura della Repubblica per le rituali indagini;
le fiamme sprigionatesi nel corso dell'incendio sono state domate dopo quasi sei giorni di specifici interventi diretti a fronteggiare la grave emergenza;
a seguito del rogo di Pianura sono state ipotizzate gravi conseguenze di natura ambientale a causa del sospetto, riportato anche da organi di informazione, relativo alla presenza di diossina nella zona interessata;
la sostanza tossica potrebbe essersi sviluppata proprio in conseguenza del prolungato contatto di alcuni materiali con le fiamme;
il cratere interessato sarebbe, stando a quanto si è appreso dalla lettura dei quotidiani, da tempo teatro di scarichi abusivi da parte di ignoti che, sistematicamente, continuerebbero a liberarsi di


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rifiuti di ogni tipo ammassandoli nella cavità del territorio;
l'eventuale presenza di sostanze tossiche nella zona, sprigionatesi con le modalità descritte, produrrebbe, tra le tante conseguenze, devastanti effetti sui prodotti ortofrutticoli -:
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previo accertamento dei fatti indicati in premessa, sia in grado di escludere il pericolo della diffusione di diossina nella zona investita dall'incendio sviluppatosi nei giorni scorsi;
se lo stesso Ministro non ritenga opportuno adottare iniziative specifiche per la salvaguardia di quel territorio e della tutela ambientale minacciata dal concreto dal pericolo che, episodi analoghi a quello denunciato possano compromettere irreparabilmente la qualità dei prodotti, in particolare di quelli ortofrutticoli, espressione della realtà idrogeologica;
se il Ministro dell'interno accertati i fatti, con specifico riferimento ad un monitoraggio afferente le segnalazioni degli ultimi anni relative agli scarichi illegali ed abusivi della zona, non ritenga opportuno rafforzare il programma di vigilanza e di controllo, di concerto con la prefettura competente e gli enti locali interessati, allo scopo di fronteggiare su un piano preventivo il grave fenomeno.
(4-05876)

Risposta. - Si rappresenta che il commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella regione Campania, ha emanato l'ordinanza n. 278 del 2002 per l'attuazione dei primi interventi di messa in sicurezza dell'area della discarica ex DI.FRA.BI, in località Casella di Pianura e, in particolare, di una cava a ridosso di Via Montagna Spaccata.
Tale ordinanza, adottata a seguito delle risultanze dei sopralluoghi effettuati di concerto tra Anpa, Arpac, Sogin, amministrazione provinciale di Napoli, Circoscrizione Pianura e comune di Napoli, prevede l'esecuzione delle menzionate operazioni di messa in sicurezza in danno dei soggetti obbligati, sulla base di un programma di interventi da predisporre a cura dell'amministrazione comunale di Napoli in collaborazione con l'Anpa e l'Arpac.
I lavori di recinzione dell'area, propedeutici all'intervento di messa in sicurezza, sono stati eseguiti d'urgenza già nella prima decade del mese di agosto 2002 dal competente servizio tecnico circoscrizionale di Pianura che ha curato la realizzazione di un muro di cemento armato, con interposto cancello di ferro, a delimitazione dell'intera zona a rischio di ulteriori sversamenti.
L'Arpac, inoltre, d'intesa con l'amministrazione comunale, ha effettuato analisi sulle matrici ambientali sui campioni prelevati nel sito in questione.
I risultati di tali analisi hanno evidenziato la presenza di diossine sui campioni di terreno, ma comunque in quantità costantemente al di sotto dei limiti più restrittivi previsti dalla normativa vigente, che si riferisce a siti destinati ad uso residenziale o al verde pubblico.
Per quanto riguarda i PCB (Policlorobifenile), soltanto in un campione è stato riscontrato un valore corrispondente al 15,63 µg/kg, superiore al limite di 1 µg/kg previsto per i siti ad uso residenziale e al verde pubblico ma che risulta, comunque, al di sotto del limite di 5000 µg/kg previsto per i siti ad uso commerciale e industriale.
La presenza di diossine nei campioni di fogliame risulta essere, inoltre, alquanto modesta e, probabilmente, imputabile a fenomeni di ricaduta conseguenti all'incendio dei rifiuti. Pertanto, l'amministrazione comunale di Napoli ha chiesto all'Arpac di effettuare le operazioni di caratterizzazione dei rifiuti in questione.
Sull'argomento è stato evidenziato che i servizi di vigilanza, già disposti nel mese di maggio 2002, allo scopo di impedire sversamenti abusivi, sono stati ulteriormente intensificati.
Infine, occorre sottolineare che sussistono incertezze circa l'effettiva titolarità della proprietà del sito ove è ubicata la discarica, appartenendo parte di esso al comune di Napoli e parte ad un privato,


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destinatario, peraltro, di un provvedimento di occupazione e poi di espropriazione non trascritto.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

TAORMINA, ORSINI, CARLUCCI, GARAGNANI, SANTULLI e LECCISI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382 dispone che il consiglio nazionale di ogni categoria professionale, sovranamente, quanto inammissibilmente, con potestà hegeliana «determina annualmente il contributo dovuto dagli iscritti nell'albo»;
peraltro l'articolo 23 della Costituzione riserva alla legge l'imponibilità di prestazioni patrimoniali, ma - come è pacifico in dottrina e come ha ribadito la giurisprudenza (tra le altre: Corte costituzionale sentenza n. 88 del 1986) - affinché la riserva di legge sia pienamente efficace, è necessario (come già sommariamente accennato) che la legge contenga tutti gli elementi necessari all'individuazione e all'applicazione del tributo o contributo: in particolare la legge deve indicare - tra l'altro - gli importi esigibili o, almeno, gli importi massimi pretendibili o - quantomeno - i princìpi per la determinazione oggettiva delle aliquote da applicarsi, oppure l'aliquota massima consentita; in pratica la legge deve individuare tutti gli elementi essenziali, affinché non vi sia la possibilità di arbitri da parte dell'ente impositore;
in mancanza di una predeterminazione legale, oggettiva dell'importo, occorrerebbe almeno una determinazione negoziale, assembleare di approvazione preventiva da parte degli onerandi, come nell'assemblea annuale di ogni ordine territoriale, dei costi e della diversa contribuzione eventualmente, tra diverse categorie di contribuenti, come nel caso della pretesa del consiglio nazionale forense (C.N.F.) a carico sia degli iscritti nell'albo tenuto da tale ente, sia - in misura diversa - degli avvocati non iscritti in tale albo;
il detto consiglio nazionale forense (C.N.F.), senza rendere noto preventivamente ai propri contribuenti il proprio bilancio sul quale basare la previsione e poi il consuntivo delle spese necessarie al proprio funzionamento e così senza che i contribuenti cassazionisti, approvino un tale bilancio, pretende potestativamente, sovranamente (e così incostituzionalmente) il contributo annuo di 51,6 euro da esso stesso Consiglio nazionale forense unilateralmente determinato a carico di circa 30.000 avvocati iscritti nel predetto albo dei cassazionisti tenuto dallo stesso C.N.F.;
la pretesa di pagamento è stata così finora basata su una disposizione superata dall'entrata in vigore della Costituzione, appunto nel menzionato articolo 14, secondo comma del detto decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, mentre la Costituzione impone il principio della riserva di legalità nell'imposizione di tributi o contributi, con indispensabile predeterminazione di importi o aliquote massime, elementi che la detta disposizione non prevede. Il Consiglio nazionale forense, per di più pretende anche un contributo annuale di 25,83 euro (anche esso da sé, solitariamente, potestativamente determinato) dai circa 110.000 iscritti negli albi degli avvocati formati e custoditi dai Consigli degli ordini (territoriali) degli avvocati, non anche iscritti nell'albo dei cassazionisti da esso Consiglio nazionale tenuto;
lo stesso Consiglio nazionale forense, pur pretendendo i contributi annuali a carico degli avvocati cassazionisti e perfino dei non cassazionisti, si è sempre ben guardato dal perseguire con riscossione coattiva i tanti avvocati - cassazionisti e non - di fori cronicamente «morosi» (come quello di Velletri ed altri anche di maggiori dimensioni) sull'ingiusta gabella, limitandosi - dove ha potuto - ad accettare


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dai Consigli dei relativi ordini importi protestativamente assai ridotti a saldo e stralcio (Napoli, Locri, ed altri), evidentemente non osando affrontare il problema dell'incostituzionalità della pretesa, ma così ingiustamente favorendo gli appartenenti a tali ultimi ordini, e - ancor più - ironicamente morosi, a tutto danno degli iscritti negli albi tenuti da consigli degli ordini non consapevoli del problema, i quali hanno così per anni ripianato le carenze contributive altrui;
preso infine atto di tale situazione il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma (che è il più importante in Europa) che finora acriticamente aveva provveduto (pur senza alcun obbligo legale) a raccogliere tra i propri iscritti il contributo preteso dal Consiglio nazionale forense, ha deciso di non farsi grazioso strumento della illegittima e comunque incostituzionale (ed antistorica pretesa del Consiglio nazionale forense), ripugnando una esazione del contributo ingiusto, a carico degli avvocati romani sotto gravissima minaccia della sospensione dall'esercizio professionale per morosità, rinunciando a raccogliere il contributo per il C.N.F. dagli avvocati romani non cassazionisti, non iscritti nell'albo tenuto dal detto Consiglio nazionale;
dopo eloquentemente lunga inerzia (certamente dovuta alla insicurezza per la insostenibilità giuridica della pretesa) nel mese di agosto 2002 l'allora presidente del C.N.F. ha scritto individualmente agli avvocati non cassazionisti romani, invitandoli al pagamento di 25,83 euro tentando ingiustamente così di debellare la più autorevole (e unica apertamente e motivatamente dichiarata) sentenza di un Consiglio a raccogliere il contributo ridetto, onde tentare esso C.N.F. di evitare la diffusione della argomentata consapevolezza della non debenza, ponendo vessatoriamente ciascun avvocato romano non cassazionista nella penosa condizione di dover pagare i 25,83 euro, per non affrontare l'alternativa di un più costoso giudizio per contestare l'ingiusta pretesa -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare con la massima urgenza per finanziare il Consiglio nazionale forense con soluzioni e metodi costituzionalmente legittimi, affinché si ponga fine alla persecuzione iniziata nei confronti dei circa 12.000 avvocati non cassazionisti.
(4-04664)

Risposta. - La titolarità della potestà impositiva in capo ai consigli nazionali di imporre un contributo annuale a carico degli iscritti all'albo è attribuita specificatamente dall'articolo 14 decreto legislativo 23 novembre 1944 n. 382, il cui secondo comma dispone che «i Consigli Nazionali determinano la misura del contributo da corrispondersi annualmente dagli iscritti nell'albo per le spese del proprio funzionamento». È dunque realizzato il principio costituzionale (articolo 23 Cost.) per cui ogni imposizione deve essere prevista dalla legge.
In relazione alla riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione, si osserva inoltre che l'articolo 14 del decreto legislativo 382 del 1944 reca in riferimento ad un certo criterio generale, di tipo funzionale, per la fissazione del contributo: il contributo e infatti determinato «per le spese del proprio funzionamento». La legge cioè, indica nelle spese da sostenersi per l'esercizio delle funzioni il criterio di riferimento generale che permette di ritenere soddisfatta anche la riserva di legge di cui all'articolo 23 Cost., unanimemente considerata come riserva di legge relativa (e cioè la legge fissa i principi entro i quali altre fonti subordinate possono intervenire normativamente).
È vero che si tratta di norme promulgate prima della entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, ma non v'è dubbio che il riferimento alla contribuzione a carico degli iscritti, anche là dove è usato il termine «tassa» (articolo 7), risulta conforme al dettato costituzionale, in quanto espressione del principio generale di solidarietà che informa la struttura degli enti rappresentativi di professionisti.
Analoghe disposizioni vigono, infatti, per gli altri ordini professionali.


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In senso contrario non sembrano invocabili i principi sopranazionali dettati in ambito europeo, in quanto il mantenimento degli ordini professionali esistenti, necessariamente implica la possibilità che detti enti esercitino le proprie prerogative, e realizzino - attraverso quelle - le funzioni ad essi attribuite dalla legge, dalle quali sono evidentemente espunte quelle contrastanti con il principio di libera circolazione dei servizi.
In merito poi all'affermazione che in mancanza di una predeterminazione legale, oggettiva dell'importo, occorrerebbe almeno una determinazione negoziale di approvazione preventiva da parte degli onerandi, si evidenzia che tale prospettazione applica a determinazioni di tipo pubblicistico criteri e istituti propri degli enti di diritto privato (associazioni e/o società commerciali); viene inoltre fatto cenno ad una «assemblea annuale di ogni ordine territoriale» con compiti di approvazione preventiva da parte degli onerandi che non è dato di rintracciare nella legislazione vigente in materia.
Si noti che l'articolo 14 del decreto legislativo n. 382/1944 dispone per tutti i Consigli nazionali di tutte le professioni (e per gli avvocati tale articolo è richiamato espressamente dal successivo articolo 18).
Per quanto sopra, il consiglio nazionale forense ha sempre determinato il contributo dovuto dagli iscritti all'albo degli avvocati e ciò è avvenuto senza contestazioni, sia per quanto riguarda l'imposizione, che per quanto riguarda la misura del contributo (da ultimo, -25,8 per tutti gli avvocati; -51,6 per gli avvocati cosiddetti cassazionisti). I consigli dell'ordine hanno sempre riscosso questi contributi e li hanno poi trasmessi al consiglio nazionale trattenendo una piccola percentuale per le spese (5 per cento).
Tanto premesso, senza alcuna preventiva comunicazione, il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma ha dichiarato ai propri iscritti che non avrebbe più raccolto l'importo spettante al consiglio nazionale forense (-25,8) ritenendolo non dovuto: secondo il consiglio dell'ordine di Roma, infatti, l'articolo 4 si dovrebbe interpretare in senso restrittivo, laddove si fa riferimento al contributo a carico degli iscritti «all'albo» (e non agli albi), il che indicherebbe che il legislatore avrebbe inteso contemplare non gli iscritti in tutti gli albi degli avvocati ma solo quelli relativi all'albo tenuto dal consiglio nazionale stesso, e cioè l'albo dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori.
Tale interpretazione non appare condivisile per una serie concorrente di motivi.
Anzitutto l'interpretazione corretta della norma non permette distinzioni tra «albi», perché l'articolo 14 riferendosi a tutte le professioni indica sostanzialmente tutti gli iscritti di quella professione. Tale norma riguarda infatti una serie ampia di categorie professionali, elencate nell'articolo 1, e si applica alla professione di avvocato in virtù del richiamo operato dall'articolo 18. La normativa in questione, dunque, riguarda tutte le categorie professionali organizzate in albi, sia l'albo unico, locale o nazionale. La dicitura utilizzata dall'articolo 14 deve essere pertanto intesa in senso generico, come riferita a tutti gli iscritti (nell'albo, ove questo sia unico, o negli albi, ove questi siano molteplici).
L'imposizione prevista dall'articolo 14 non è l'unica perché in favore dei Consigli dell'ordine locali dispone anche l'articolo 7 per cui «nei limiti strettamente necessari» ogni Consiglio può porre una tassa per l'iscrizione; si precisa poi che nessun pagamento oltre quelli previsti nel citato decreto (cioè quelli previsti nell'articolo 4 e nell'articolo 14) può essere posto a carico degli iscritti. Ciò conferma dunque ancora una volta che l'articolo 14 permette ai consigli nazionali di richiedere il contributo a tutti gli iscritti.
Vi è ancora un argomento «comparatistico».
Non è dato di rilevare alcun caso di ordinamento professionale nel quale gli iscritti negli albi locali non versino contributi al rispettivo consiglio nazionale, o, viceversa, consigli nazionali che non esigano contributi dagli iscritti negli albi locali. Spesso, anzi, gli iscritti negli albi locali sono gli unici che possono contribuire al funzionamento del consiglio nazionale,


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non esistendo albi specifici presso il consiglio nazionale (come nel caso del Consiglio nazionale forense).
Può essere interessante esaminare alcuni ordinamenti professionali anche successivi al decreto legislativo citato fra questi, l'ordinamento della professione di dottore commercialista (decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1953, n. 1067) e l'ordinamento della professione di ragioniere (decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1953, n. 1068), che dispongono, nella medesima formulazione, che il Consiglio nazionale «determina la misura del contributo da corrispondersi annualmente dagli iscritti negli albi e negli elenchi per le spese del proprio funzionamento».
Si osserva poi che il contributo richiesto annualmente dal Consiglio nazionale forense agli avvocati italiani risulta essere di misura assai modesta, di gran lunga inferiore rispetto a quanto altri consigli nazionali sono soliti richiedere agli appartenenti alle rispettive categorie professionali.
Oltre ai riferimenti normativi citati, il fondamento del potere impositivo del consiglio nazionale nei confronti degli appartenenti alla categoria degli avvocati può essere validamente ricollegato alle funzioni esercitate nell'interesse della categoria, tra le quali spicca innanzitutto la funzione di rappresentanza istituzionale, alla quale si riconduce la funzione consultiva e di interlocuzione con le istituzioni politiche ed amministrative. Né poi va dimenticata la funzione giurisdizionale (che ovviamente non si esplica soltanto nei confronti dei cassazionisti ma nei confronti di tutti gli avvocati).
Lo stesso può dirsi per il ruolo svolto dal consiglio nazionale forense nel procedimento di elaborazione delle tariffe per tutti gli avvocati, per assicurare la formazione iniziale e la formazione permanente e per quant'altro è riferito ai compiti istituzionali del Consiglio.
È inoltre significativo ricordare che quando vengono a determinarsi conflitti tra gli iscritti e i consigli dell'ordine territoriali (quando ad esempio gli iscritti non pagano i contributi dovuti ai consigli dell'ordine) interviene in loro difesa lo stesso consiglio nazionale. Si veda, ad esempio, tra le numerosissime, le decisioni del consiglio nazionale forense 24 giugno 1999, n. 81, con le quali il consiglio nazionale ha sanzionato i comportamenti illegittimi degli iscritti che non hanno corrisposto i contributi dovuti ai consigli degli ordini locali, affermando ripetutamente che pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante il professionista che non adempia al versamento del contributi, anche se arretrati, previsti dal decreto-legge n. 382/1944 a favore del C.d.O. locale (nella specie è stata inflitta la sanzione della sospensione a tempo indeterminato sino al pagamento dei contributi dovuti).
Pur nella ovvia scarsezza di riferimenti giurisprudenziali (il principio non era mai stato contestato fino ad ora) non è esatto affermare che non esista giurisprudenza sul potere impositivo dei Consigli nazionali. In un caso relativo al mancato pagamento di contributi a favore di un Consiglio locale degli ingegneri, le sezioni unite della Suprema Corte di cassazione hanno avuto modo di argomentare sul potere impositivo degli ordini, e sulla procedibilità disciplinare a carico degli iscritti che non paghino i contributi per gli organi locali ma anche quelli per gli organi nazionali. Con sentenza n. 11622 del 21 novembre 1997 la Suprema Corte ha affermato che «da queste norme si trae che, se l'iscritto non versa nei termini stabiliti i contributi determinati dal Consiglio dell'ordine e dal Collegio nazionale, contributi tra i quali rientra la tassa annuale, in suo confronto può essere adottato un provvedimento di sospensione dall'esercizio professionale a tempo indeterminato, ma debbono essere osservate le forme del procedimento disciplinare». La lettura della sentenza segnala come la Corte, nella sua composizione più adatta alla funzione nomofilattica, abbia interpretato chiaramente le norme in esame nel senso che i contributi dovuti dagli iscritti negli albi sono sia quelli di cui all'articolo 7 decreto legislativo citato, destinati alle istanze locali, sia quelli dovuti ai sensi dell'articolo


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14 decreto legislativo citato, e destinati alle istanze nazionali, e che alla violazione di entrambi tali obblighi consegue l'esercizio dell'azione disciplinare.
Va inoltre sottolineato che il bilancio del consiglio nazionale forense, redatto secondo le disposizioni vigenti in materia, è comunicato alla Corte dei conti e viene pubblicato per intero, anno per anno, nella rivista
«Rassegna forense».
Non corrisponde poi al vero che il Consiglio nazionale forense si è sempre ben guardato dal perseguire con riscossione coattiva i tanti avvocati - cassazionisti e non - di fori cronicamente «morosi», limitandosi, dove ha potuto, ad accettare dai Consigli dei relativi ordini importi assai ridotti a saldo e stralcio, evidentemente non osando affrontare il problema della incostituzionalità della pretesa, ma così ingiustamente favorendo gli appartenenti a tali ultimi ordini territoriali, e - ancor peggio - cronicamente morosi, a tutto danno degli iscritti negli albi tenuti da Consigli degli ordini non consapevoli del problema, i quali hanno così per anni ripianato le carenze contributive altrui.
Il caso di Roma è assolutamente unico. In passato si sono verificati e ancora si verificano ritardi nei trasferimenti da parte di alcuni Consigli, poi regolarmente saldati, ma non è mai stata messa in dubbio la legittimità dell'imposizione.
In conclusione si osserva che la contestata illegittimità dell'articolo 14 citato è contraddetta dalla puntuale applicazione di tale normativa in sede giudiziaria e che l'interpretazione sostenuta dal Consiglio nazionale forense è stata da ultimo confortata dalla pronunzia delle Sezioni unite della Corte di cassazione dianzi citata.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del decreto ministeriale 6 aprile 1994, n. 500 disciplina la pubblicità di alimenti per lattanti prevedendo che non sia consentita la distribuzione di campioni gratuiti diretta a promuoverne la vendita;
nella rivista Bimbisani e belli di ottobre 2002, per festeggiare il suo centenario che si è compiuto il 15 ottobre 2002, la Plasmon annuncia che per tutti i bambini nati in quel giorno avrebbe regalato una fornitura di prodotti delle oasi ecologiche Plasmon, sufficiente per tutto il primo anno di vita del piccolo, completa di latte di proseguimento, omogeneizzati di carne e di frutta, biscotti e altre specialità; per partecipare all'iniziativa, denominata «100 di questi giorni», è sufficiente inviare il certificato di nascita del bambino o della bambina e l'indirizzo a cui recapitare i prodotti, al numero di fax 02/92162644 entro il 22 ottobre 2002;
nella risposta all'interrogazione Valpiana n. 4/04040 il Sottosegretario Antonio Guidi ha ribadito l'impegno del ministero della salute per la promozione e il sostegno dell'allattamento al seno -:
se non ritenga che la Plasmon abbia contravvenuto ad una norma posta a tutela dell'allattamento al seno e quali iniziative intenda adottare in merito.
(4-04880)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in discorso, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Secondo il decreto ministeriale 6 aprile 1994, n. 500, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 91/321/CEE, il divieto di distribuire campioni gratuiti per esigenze di tutela dell'allattamento al seno vige solo per i «latti» per lattanti e non per i «latti» di proseguimento.
Ciò in considerazione del fatto che solo i primi, definiti come prodotti «destinati alla particolare alimentazione dei lattanti nei primi 4-6 mesi di vita, in grado di soddisfare da soli al fabbisogno nutritivo di questa fascia di età» articolo 2, comma 1, lettera
c), sono considerati come sostituti del latte materno sul piano normativo.


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I «latti» di proseguimento, di conseguenza, restano esclusi anche da tutte le altre disposizioni e limitazioni introdotte in materia di etichettatura, pubblicità e forniture per le stesse finalità di tutela, valide esclusivamente per i «latti» per lattanti (cfr. articolo 6, articolo 7 e articolo 8).
Si ritiene comunque che la fornitura gratuita di latte di proseguimento non possa essere disgiunta da tutte le informazioni e gli elementi necessari per tutelare anche la prosecuzione dell'allattamento al seno, ove possibile, per tutto il primo anno di vita.
Ciò premesso, si fa presente che a seguito delle segnalazioni pervenute sull'iniziativa «Cento di questi giorni», promossa dall'impresa Plasmon, il ministero della salute, tramite la competente direzione generale degli alimenti, della nutrizione e della sanità pubblica veterinaria, si è attivato per richiedere alla stessa chiarimenti sulle modalità del suo svolgimento.
Dalla documentazione acquisita risulta che per la fornitura del latte di proseguimento è stata prevista una procedura differenziata rispetto agli altri prodotti per lo svezzamento.
In una nota appositamente predisposta per illustrare le modalità di consegna dei prodotti, infatti, si specifica che la mamma potrà ricevere il latte di proseguimento solo nel caso in cui, iniziato lo svezzamento e sentito il parere del pediatra, decida di fare ricorso a tale prodotto.
Inoltre, per l'eventuale consegna del medesimo, l'impresa intende trasmettere una lettera in una fase successiva per richiedere se dopo il sesto mese continua l'allattamento al seno o si deve invece passare ad un latte formulato.
La predetta direzione generale, in ogni caso, ha formalmente invitato la Plasmon a sottolineare in modo evidente l'importanza di proseguire l'allattamento al seno per tutto il primo anno di vita e di ricorrere al latte di proseguimento solo ove ciò non sia possibile.
Con l'esatto adempimento del richiamato dettato normativo sulla fattispecie in questione, al momento, si esclude l'esistenza di ulteriori impedimenti alla realizzazione della iniziativa in questione nel contesto dell'attuale assetto normativo che ha armonizzato la materia a livello comunitario.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Guidi.

VASCON. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi i casi di matrimoni misti tra cittadini italiani e soggetti stranieri di religione islamica che danno adito a contrasti nell'applicazione e nell'interpretazione del diritto di famiglia;
non esistono nella maggior parte dei casi accordi di diritto privato internazionale tra lo Stato italiano e i paesi di origine di tali soggetti sul diritto di famiglia, che definiscano in modo univoco la legge e la giurisdizione applicabili nel caso insorgano controversie;
la vicenda di Michela Silvestri, cittadina italiana di Montegaldo (Vicenza) e della figlia Meryem ha suscitato grande partecipazione emotiva e mobilitazione da parte della comunità vicentina;
la donna, dopo aver sposato nel 1996 il cittadino algerino Ahmed Tajeb Errahmani, si è vista portar via la figlia dal marito, ritornato al paese di origine nel quale la legge islamica nega alle madri ogni potere di decisione sulla vita dei figli;
il tribunale di Vicenza ha riconosciuto a Michela Silvestri la separazione dal marito e l'affidamento della figlia Meryem, ma la sentenza non ha alcun effetto per lo Stato algerino che ha rigettato una prima richiesta di divorzio inoltrata dai legali della signora Silvestri, e sta ora esaminando il ricorso con tempi prevedibilmente molto lunghi;
Michela Silvestri e la figlia sono attualmente confinate nell'ambasciata italiana ad Algeri, senza poter comunicare con l'Italia e senza prospettive di risoluzione del caso, nonostante i ripetuti appelli


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in televisione e le lettere già inviate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Repubblica da parte dei sostenitori della signora Silvestri -:
quale sia l'opinione del Governo in merito al caso esposto e alle possibilità di intervento per far rientrare in tempi brevi in Italia la signora Silvestri e la figlia Meryem;
se il Governo abbia preso in considerazione l'opportunità di informare le donne italiane che intendono contrarre matrimonio con persone di religione islamica circa tutte le possibili conseguenze che discendono dalla possibile applicazione del diritto islamico di famiglia.
(4-02501)

Risposta. - Dopo due anni di continue azioni da parte delle autorità italiane, si è finalmente concluso il delicato caso della connazionale Michela Silvestri, rifugiata dal 3 giugno 2000 con la figlia Meriem nella nostra Ambasciata ad Algeri.
Ci sono state trattative complesse che hanno intrecciato vie politiche e diplomatiche, al massimo livello. Del caso si era occupato il Presidente Ciampi in occasione di colloqui al Quirinale con il Presidente algerino, Bouteflika, nonché il Presidente del Consiglio, anche in occasione del Vertice di Valencia nel mese di aprile dello scorso anno.
In questi ultimi anni, la frequenza assunta dal fenomeno della sottrazione internazionale di minori ha dato luogo ad un rafforzamento delle iniziative poste in essere da questo ministero degli affari esteri. In primo luogo è stata favorita la circolazione di informazioni corrette e di facile accesso attraverso la pubblicazione della guida per genitori dal titolo «Bambini Contesi» e di manifesti raffiguranti la copertina del predetto opuscolo con il numero telefonico di personale esperto in grado di fornire una consulenza giuridica sul tema.
Si è inoltre provveduto a promuovere la costituzione di appositi centri informativi per famiglie miste, nei Paesi più colpiti dal fenomeno, sul modello di un Comitato già esistente a Tunisi e sono stati organizzati incontri tra gli Stati membri della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori al fine di favorire una maggiore adesione e migliorare il funzionamento della suddetta Convenzione. Sono stati anche avviati, d'intesa con il competente Dipartimento di Giustizia minorile del Ministero della giustizia, importanti negoziati per la conclusione di accordi bilaterali, specialmente con Paesi islamici quali l'Egitto, la Libia, il Marocco, ma anche il Libano.
Va rilevato in proposito che il mancato rispetto delle previsioni contenute nella Convenzione dell'Aja da parte di alcuni Stati membri, in particolare di quelli che non hanno ancora provveduto a ratificarla, come per esempio la Siria, paese di provenienza del genitore che ha sottratto la minore oggetto della presente interrogazione, non ha permesso quanto previsto nella Convenzione stessa e cioè di garantire l'immediato rimpatrio del minore illecitamente sottratto o trattenuto all'estero e non restituito al genitore della Stato di residenza abituale che, tra l'altro ha competenza primaria a pronunciarsi su ogni controversia che coinvolge i minorenni.
È utile sottolineare che detta Convenzione ha avuto, peraltro, effetti di particolare rilevanza in merito allo sviluppo del diritto internazionale di famiglia, nel tentativo di non incoraggiare il genitore sottrattore all'idea che la sottrazione possa costituire motivo di trasferimento di giurisdizione al di fuori dello Stato di residenza abituale del minore.
Alla fine dello scorso anno, vi erano trecentonovantacinque casi di sottrazione di minori segnalati al Ministero degli Affari esteri, di cui quarantasette risolti e i restanti aperti.
È utile sottolineare che delle trecentonovantacinque situazioni sopracitate, sono trecentootto quelle che interessano l'Unione europea, Americhe e Australia con un'incidenza in percentuale dei casi risolti del 10 per cento, mentre per quello che riguarda Asia, Africa e Medio Oriente abbiamo


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un totale di 87 casi segnalati con una percentuale di quelli risolti del 18 per cento. È comunque in atto, presso la competente Direzione per gli Italiani all'Estero una nuova stima del fenomeno che è soggetto ad una dinamica evoluzione, di arduo monitoraggio.
Il 25 agosto 2002, il Ministro per gli Italiani nel mondo ha annunciato l'istituzione di una
task force per la soluzione dei casi di sottrazione internazionale di minori, che operasse in stretta collaborazione con la preesistente struttura competente del Ministero degli affari esteri nonché con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e al fine di svolgere un ruolo propositivo presso le istanze europee per la cura delle questioni di comune interesse, tra cui lo stesso rafforzamento del quadro giuridico vigente. In tale ottica si inquadra la possibilità di ricorrere ad esperti esterni alle Amministrazioni, che forniranno un'adeguata consulenza giuridica circa l'analisi delle norme che regolano il diritto di famiglia nei Paesi più colpiti dal fenomeno, consentendo altresì il potenziamento dell'informazione al pubblico.
La
task force è stata puntualmente istituita nel mese di settembre del 2002 e il 9 ottobre 2002 si è tenuta la prima riunione di coordinamento con questo ministero degli affari esteri. Nei circa tre mesi di vita della nuova struttura, la task force ha preso in esame, anche nel corso di riunioni periodiche di concerto con il Ministero degli Esteri, trentacinque casi segnalati al Ministro per gli Italiani nel mondo, sette dei quali hanno trovato soluzione.
Naturalmente la più ampia ratifica da parte di tutti gli Stati membri della Convenzione dell'Aja del 1980 al fine di scoraggiare tutti i potenziali sottrattori, garantirebbe ai minori il ristabilimento del loro diritto di vivere nel Paese ove gli affetti e gli interessi primari si sono sviluppati solo al momento della sottrazione.
Su tale linea si muove la normativa vigente italiana e si conforma l'azione del Ministero degli Esteri al fine di provvedere al ristabilimento della residenza abituale del minore, e nella tutela degli interessi di quest'ultimo ritenendoli prioritari rispetto a quelli rappresentati dagli esercenti la potestà genitoriale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

VILLANI MIGLIETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere, premesso che:
con lo sciagura aerea del 3 marzo 1977, consumatasi sul Monte Serra (Pisa), hanno perso lo vita 38 cadetti dell'Accademia navale di Livorno assieme al proprio ufficiale accompagnatore e 5 membri dell'equipaggio dell'Hercules C130 - Vega 10;
in data 22 agosto 1981 il G.I. del tribunale di Pisa, su conforme richiesta del pubblico ministero, decretava il non doversi promuovere l'azione penale;
in data 13 ottobre 1984, 23 famiglie adivano il tribunale civile di Roma citando l'amministrazione della difesa aeronautica per la condanna di questa al risarcimento del danno;
in data 9 giugno 1995, la I sezione del tribunale di Roma, con sentenza n. 9716/95, ha ritenuto di non poter «affermare alcuna responsabilità per colpa della convenuta amministrazione»;
in data 12 aprile 2000 la Corte d'appello di Roma, a seguito di ricorso proposto da 13 famiglie, ha emesso sentenza di condanna del ministero della difesa aeronautica così dicendo: «il disastro aereo del 3 marzo 1977 fu determinato per fatto e per colpa dei piloti e del Comando della 46 Aerobrigata all'aeroporto di Pisa San Giusto dell'aeronautica militare e, per l'effetto, condannare il ministero difesa aeronautica al risarcimento di tutti i danni subiti e subenti, morali e materiali, patiti dagli appellanti


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per la perdita dei loro rispettivi figli, da liquidarsi in separata sede o in prosieguo di giudizio»;
detta sentenza evidenzia, in modo inequivocabile, le responsabilità di questa grave tragedia fino od allora addebitata ad una crudele fatalità del destino;
detta sentenza, purtroppo, determina, inevitabilmente, gravi disparità di riconoscimento e trattamento tra le famiglie dei caduti, considerato che la stragrande maggioranza non ha partecipato all'azione giudiziaria per difficoltà economiche, familiari e logistiche (le famiglie sono dislocate su tutto il territorio nazionale) -:
se il Governo non ritenga giusto trattare allo stesso modo, nelle forme che si riterranno più opportune, tutti quei ragazzi tragicamente deceduti nell'adempimento del loro dovere.
(4-03492)

Risposta. - Nessun dubbio può nutrirsi sulla delicatezza della vicenda dei familiari degli allievi dell'accademia navale periti a bordo di un velivolo dell'AM nella sciagura occorsa il 3 marzo 1977 sul monte Serra (Pisa). Alcuni di loro non hanno potuto ottenere il risarcimento per la dolorosa perdita del congiunto, in quanto non ricorrenti nel giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado.
Al di là di ogni considerazione di carattere umano, il soddisfacimento delle comprensibili istanze di giustizia sostanziale provenienti da quei familiari trova ostacolo nella mancanza di uno strumento o di un istituto che consenta di risarcire anche i non ricorrenti e nel principio giuridico della non estensibilità del giudicato nei confronti di costoro.
In tale quadro, pur comprendendo il senso dei nobili intenti che muove l'onorevole interrogante, duole dover comunicare che, allo stato, non appare percorribile l'adozione di alcun provvedimento che possa consentire l'esborso di somme a titolo risarcitorio a favore dei congiunti in argomento.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha sempre avuto stretti rapporti, in questi anni, con il Mozambico anche a seguito degli accordi di pace a suo tempo promossi e favoriti dalla Comunità di Sant'Egidio, che permisero una sostanziale pacificazione del paese e l'avvio del sistema democratico con la presenza sul territorio mozambicano anche delle nostre forze armate;
risulta però come tale processo democratico sia piuttosto difficoltoso tanto che i partiti e movimenti di opposizione lamentano una sostanziale discriminazione di accesso alle fonti di informazioni, oltre che a denunciare brogli in occasioni delle più recenti elezioni politiche ed atteggiamenti brutali da parte del governo -:
quale sia la posizione del Governo italiano in merito alla situazione in Mozambico, quali siano le effettive condizioni del processo democratico;
contestualmente, a quanto ammontino gli aiuti che l'Italia investe in quella nazione e come sia lo stato dei rapporti diplomatici tra i due paesi.
(4-01134)

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha sempre avuto stretti rapporti, in questi anni, con il Mozambico anche a seguito degli accordi di pace a suo tempo promossi e favoriti dalla Comunità di Sant'Egidio, che permisero una sostanziale pacificazione del paese e l'avvio del sistema democratico con la presenza sul territorio mozambicano anche delle nostre forze armate;
risulta però come tale processo democratico sia piuttosto difficoltoso tanto che i partiti e movimenti di opposizione lamentano una sostanziale discriminazione


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di accesso alle fonti di informazioni, oltre che a denunciare brogli in occasioni delle più recenti elezioni politiche ed atteggiamenti brutali da parte del governo -:
quale sia la posizione del Governo italiano in merito alla situazione in Mozambico, quale siano le effettive condizioni del processo democratico; contestualmente, a quanto ammontino gli aiuti che l'Italia investe in quella nazione e come sia lo stato dei rapporti diplomatici tra i due paesi.
(4-01963)

Risposta. - Dalla firma degli accordi di Roma dell'ottobre 1992, che avevano posto fine alla guerra civile (e per i quali l'Italia si era attivamente adoperata sia in ambito negoziale, in razione con la Comunità di Sant'Egidio, che in termini di partecipazione alla forza di pace dell'Organizzazione delle Nazioni Unite), il Mozambico ha avviato con positivi risultati, grazie anche al sostegno internazionale, un processo di riconciliazione, ricostruzione istituzionale e sviluppo economico.
Questa fase di espansione positiva del Mozambico ha subito una battuta d'arresto a causa delle calamità naturali che hanno colpito il Paese e della situazione politica interna creatasi a seguito delle elezioni politiche e presidenziali del dicembre 1999.
Le elezioni hanno confermato al potere il Presidente Chissano ed il suo partito; si è al contempo registrata una significativa affermazione dell'unione elettorale delle opposizioni guidata dalla RENAMO nelle province centro-settentrionali. La RENAMO ha contestato i risultati elettorali complessivi, convalidati dagli osservatori internazionali e dalla Corte Suprema. Lo stato di tensione è sfociato nel novembre 2000 in manifestazioni di piazza ed episodi di violenza civile. Per trovare una soluzione, il Presidente Chissano ed il leader dell'opposizione Dhlakama avevano avviato un dialogo che si è però arenato sulla nomina dei Governatori.
La situazione generale resta quindi delicata. L'Unione europea ha dato inizio ad un dialogo con il Governo, con l'opposizione e con la «società civile». Gli obiettivi sono scongiurare nuovi fatti di sangue, facilitare i contatti e le intese fra i protagonisti e promuovere con loro la piena maturazione della democrazia nel paese a 11 anni dalla fine della guerra. Le impressioni finora tratte da questo dialogo sono abbastanza positive. Il Governo e l'opposizione mostrano di accettare di buon grado l'intervento dell'Unione europea. Chissano sembra consapevole che ulteriori passi verso la reale democratizzazione del Paese siano necessari, tuttavia le riforme chieste dalla RENAMO (che riconducono all'applicazione dell'Accordo generale di pace) non vengono discusse in Parlamento con spirito costruttivo. Il FRELIMO dovrebbe operare alcune concessioni. In materia elettorale, per esempio, la legge attuale non è sufficientemente garantista per l'opposizione, la cui domanda di una Commissione nazionale elettorale e di Commissioni elettorali locali pienamente indipendenti dall'Esecutivo non è peregrina. In tema di autonomie locali, il partito al potere potrebbe accelerare riforme di decentramento e gestione finanziaria a livello locale che consentano all'opposizione di poter contare sulla efficace diretta gestione per lo meno dei distretti amministrativi ove riuscisse ad ottenere la maggioranza alle elezioni locali previste nell'anno in corso.
Sul piano dei rapporti tra Mozambico e Unione europea va ricordato il passo effettuato dalla Troika a Maputo il 16 settembre 2002 per segnalare la necessità di ulteriori sforzi nella lotta alla corruzione e al crimine, la cui sempre più ampia diffusione rischia di offuscare i risultati positivi raggiunti in termini di pace, stabilità politica e crescita economica.
Nel quadro generale del panorama politico interno del Mozambico, appare in ultima analisi senz'altro auspicabile un intervento più deciso da parte dei donatori (
in primis dell'UE) per incoraggiare il varo di riforme che diano maggiore spazio e garanzie di «fair play» all'opposizione. In tale contesto, i principali Donatori hanno avviato un intervento a supporto del bilancio dello Stato che, tra l'altro, prevede


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di appoggiare il processo di riforme istituzionali previste dal programma governativo ed in particolare di favorire un maggior decentramento sia amministrativo che politico. Tale intervento, al quale l'Italia si appresta a partecipare con un finanziamento di 10 milioni di euro, appare quale più indicato per armonizzare le azioni dei Donatori.
Si tratta in pratica di agevolare i passi avanti sulla strada della piena democratizzazione del «regime» (il FRELIMO governa da 25 anni). Tale progresso democratico è indispensabile per scongiurare incomprensioni, reazioni incontrollate e nuove preoccupanti situazioni conflittuali che potrebbero prodursi soprattutto nel caso, non impossibile, in cui la RENANO prevalga nel prossimo responso elettorale.
Un passo avanti comunque incoraggiante sulla via della democratizzazione è rappresentato dall'approvazione in Parlamento del cosiddetto «Pacchetto elettorale», che consiste in una serie di provvedimenti normativi che apportano alcune importanti modifiche nella legislazione elettorale del Paese. I punti essenziali di questa riforma riguardano il criterio decisionale all'interno della Commissione nazionale per le elezioni (ricerca del
consensus e, in seconda battuta, approvazione per maggioranza semplice) e la nomina del Presidente di tale organismo (il reverendo protestante Arao Litsuri), scelto tra personalità della società civile al fine di garantire una certa neutralità verso i partiti.
Continua invece a costituire un elemento di preoccupazione, anche se in fase di miglioramento, la situazione concernente gli attivisti della RENAMO di etnia Macua, attualmente detenuti in carcere a seguito di condanna perché implicati nelle manifestazioni anti-governative di Montepuez nel 2000. Infatti, da una parte, Dhlakama che aveva chiesto espressamente la scarcerazione di almeno uno dei detenuti, come condizione per la sua partecipazione agli eventi commemorativi della firma degli accordi di pace di Roma, previsti per il 4 ottobre 2002, ha poi finito col partecipare alle celebrazioni (anche grazie agli inviti in tal senso rivoltigli da parte italiana), contribuendo così al buon esito delle stesse, dall'altro il Presidente Chissano starebbe valutando la possibilità di concedere amnistie, per le quali resta comunque indispensabile l'intervento parlamentare.
Questo tuttavia non è l'unico del problemi che Dhlakama si trova in questo momento a dover fronteggiare. Infatti, oltre a fratture interne al suo Partito, si sono sviluppate nuove polemiche nel dicembre scorso tra la RENAMO e il FRELIMO tanto che, per consentire il regolare svolgimento delle sedute parlamentari e scongiurare disordini, polizia e uomini delle forze speciali sono intervenuti all'interno dell'Assemblea nazionale durante lo scorso mese di dicembre, in occasione della presentazione da parte dei Ministri competenti, del Piano economico e sociale del Bilancio generale della Stato.
In relazione alla politica estera del Paese, il Mozambico coopera attivamente con gli altri Paesi dell'area della Comunità per lo Sviluppo dell'Africa Australe (SADC), di cui ha esercitato la presidenza di turno fino all'agosto scorso, ed in particolare con il Sud Africa, che ha in Mozambico importanti investimenti. Il Presidente Chissano si sta adoperando, anche dopo l'assassinio del Presidente Kabila, per una soluzione pacifica del conflitto nella Repubblica Democratica del Congo in aderenza agli Accordi di Lusaka. Insieme al Presidente sudafricano Mbeki sta inoltre cercando, sia pure con la discrezione, di riportare alla moderazione il Presidente Mugabe anche per evitare che la crisi in Zimbabwe produca effetti destabilizzanti su tutta l'area.
Gli ottimi rapporti fra l'Italia ed il Mozambico hanno origine dalla solidarietà di ambienti parlamentari, sindacali, culturali ed economici italiani fin dalla lotta di liberazione contro il colonialismo portoghese. Il livello della cooperazione, che con l'impiego nel corso degli anni di diverse centinaia di esperti e con gli impegni finanziari assunti ci aveva dato la posizione di primo Paese donatore, può


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essere considerato, assieme alla forte presenza di missionari, uno dei fattori che spinsero il Governo di Maputo e l'opposizione armata a scegliere Roma come sede negoziale.
Nel dicembre 2000, con la firma del Memorandum italo-mozambicano, è stata formalmente concordata una strategia delle attività di cooperazione che recepisce le linee di intervento del Governo mozambicano e le linee della
Poverty Reduction Strategy Paper (PRSP), che ha come obiettivi la riduzione della povertà, lo sviluppo economico e sociale delle aree rurali, la promozione del capitale umano, l'integrazione dei gruppi più vulnerabili della popolazione.
Il programma triennale, dotato di circa 150 miliardi di lire a valere sulla programmazione ordinaria, introduce nei rapporti bilaterali Italia-Mozambico il concetto di «concentrazione geografica degli interventi» al fine di creare le condizioni di maggior efficacia ed impatto per l'esecuzione del programma stesso. L'Italia ha inoltre allocato risorse finanziarie addizionali pari a 53 miliardi di lire, destinate ad azioni tese ad alleviare la particolare situazione di sofferenza creatasi in Mozambico a seguito delle alluvioni del 2000.
Il Mozambico è inoltre uno dei Paesi beneficiari dell'iniziativa, dotata di 10 milioni di euro, sull'
e-Government. In tale quadro i due Paesi hanno individuato delle azioni prioritarie che riguardano la creazione di una rete informatica governativa, la realizzazione di un catasto elettronico per l'uso dei suoli e l'informazione dell'anagrafe.
Per quanto concerne la posizione economica del Paese, il Mozambico è strettamente dipendente dagli aiuti internazionali ed è vincolato dagli impegni assunti con le Istituzioni Finanziarie Internazionali (per circa il 55 per cento del bilancio statale, calcolalo intorno ad 1 miliardo di dollari annui). Al momento dell'indipendenza il Paese poteva contare su un'economia basata esclusivamente sull'agricoltura (rappresentava oltre l'80 per cento del PIL) con uno sviluppo industriale davvero irrisorio. Successivamente la guerra civile ha contribuito alla distruzione delle infrastrutture del Mozambico, senza favorire lo sviluppo di settori moderni della produzione.
Il Mozambico viene rappresentato oggi come un modello per le riforme economiche intraprese e la riconciliazione seguita alla guerra civile. Il Governo, infatti, attraverso un'accurata gestione delle principali variabili fiscali e monetarie ed un continuo impegno alla liberalizzazione del mercato ha intrapreso azioni volte ad incoraggiare la rapida espansione del settore privato. In tal senso l'Italia sta coordinando in sede NePAD un intervento specifico in Mozambico nel comparto grandi infrastrutture.
Il Paese ha compiuto comunque negli ultimi dieci anni notevoli progressi, riconosciuti unanimemente a livello internazionale, ma ancora debole sul piano economico, non può prescindere dalla solidarietà del preponderante vicino sudafricano che, in occasione per esempio dell'emergenza inondazioni del 2000, ha assicurato il suo determinante aiuto in uomini, mezzi e tecnologie. Verso il Sud Africa si dirige anche la grande maggioranza degli emigrati mozambicani.
Il Governo di Maputo, con il sostegno dei donatori, ha avviato un'ampia trasformazione del sistema economico e politico, imperniata su una vasta serie di riforme strutturali contenute in un piano programmatico quinquennale (2000-2005) che formula le linee guida delle riforme. In linea generale il programma governativo si basa sul rafforzamento della base impositiva, sulla liberalizzazione del commercio, sullo sviluppo del settore finanziario e sulla riforma del sistema legale.
Il nostro Paese continuerà a dare il proprio contributo anche nell'ambito dell'Unione europea affinché il Mozambico prosegua sulla via del consolidamento della pace, della democrazia e dello sviluppo economico.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.


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ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è numerosissima la nostra comunità italiana residente in Germania;
è richiesta da tempo - anche con raccolta di firme - da parte di migliaia di nostri connazionali l'apertura di un consolato italiano a Dusseldorf (Germania) che possa curare gli interessi di chi gravita su questo importante centro industriale tedesco -:
quale sia l'attuale consistenza della nostra rete consolare in Germania, quali strutture si intendano potenziare e istituire sul territorio, con quale criterio e tenendo conto di quale strategia;
se, anche alla luce della nuova legge che concede il diritto di voto agli italiani residenti all'estero, non si ritenga necessario adeguare la nostra rete consolare al numero degli italiani residenti, soprattutto per avere una aggiornata e veritiera anagrafe dei nostri connazionali;
se l'apertura di uffici adeguati a Dusseldorf non possa avere che effetti positivi sul funzionamento complessivo della nostra rete consolare in Germania.
(4-02117)

Risposta. - La rete consolare in Germania è composta da 13 Uffici: 2 Consolati Generali di I classe, 5 Consolati Generali, 1 Consolato di I classe, 3 Consolati e 2 Agenzie Consolari.
Il Consolato Generale di I categoria a Düsseldorf fu istituito nel 1978. Tuttavia, la presenza a Colonia di un Consolato Generale ben strutturato, a poche decine di chilometri di distanza da Düsseldorf, ha fatto sì che l'apertura effettiva dell'Ufficio in Düsseldorf venisse ripetutamente rinviata, anche in ragione degli stringenti vincoli di bilancio che imponevano una razionalizzazione della rete consolare, fino a determinare l'effettiva e formale chiusura nel settembre del 2000.
Il Ministero degli affari esteri è impegnato fin dal 1996, anche in attuazione delle specifiche indicazioni parlamentari al riguardo, in un ampio esercizio di ristrutturazione della rete diplomatica e consolare. Tale azione ha comportato un totale di 62 interventi tra il 1996 e il 2001 (di cui 11 nuove istituzioni, 41 soppressioni e 10 modifiche di rango dell'ufficio). Oltre all'esigenza di rispettare i sopra citati vincoli imposti dal risanamento del bilancio pubblico, la predetta azione di razionalizzazione si è basata sull'esigenza di tenere conto delle nuove priorità emergenti dall'evoluzione del contesto internazionale e dei connessi interessi generali del Paese. Una tale impostazione ha pertanto consentito di ottimizzare la distribuzione funzionale delle risorse (umane, finanziarie e strumentali) a disposizione. In particolare, gli interventi volti all'apertura di nuovi uffici consolari si stanno concentrando verso quelle Sedi a più forte vocazione economica e commerciale quali Manama, Pristina e Timisoara.
Tuttavia, nell'ambito del suddetto piano di ristrutturazione, un particolare riguardo continua a riservarsi alla rete consolare in Germania che, nonostante la mancata operatività prima e la soppressione poi del Consolato gerale in Düsseldorf, ha mantenuto una delle reti consolari più ampie in Europa (Germania - 13 Uffici; Francia - 10 Uffici; Gran Bretagna - 4 Uffici; Spagna - 2 Uffici), a testimonianza del particolare interesse dell'Amministrazione degli Esteri nei confronti della collettività italiana in Germania.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Sima Samar, ex ministra per gli affari delle donne nel governo di transizione afghano guidato da Rabani, ed ex vicepresidente della Loya Girga (Gran Consiglio), è una figura di grande prestigio internazionale. Medico, si è scontrata per lunghi anni con la dura realtà dei campi profughi e con la discriminazione


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nei confronti delle donne che ha caratterizzato l'operato delle organizzazioni umanitarie internazionali in Afghanistan, dove fino a poco tempo fa non esistevano strutture per curare le donne poiché l'ONU, per non avere attriti con i capi dei clan afghani e pakistani, non aveva previsto reparti ospedalieri femminili. Dall'amara constatazione di questo fatto, Sima Samar ha trovato gli stimoli e la determinazione per lanciare una sfida all'apparenza impossibile, decidendo di costruire, contando esclusivamente sulle proprie forze, una struttura sanitaria per le donne afghane. Grazie all'aiuto di un ospedale di una missione cristiana ed ai fondi che è riuscita a raccogliere un pò ovunque nel mondo, ha costruito un proprio ospedale, la clinica Shuhada, consentendo finalmente alle donne di essere assistite durante il parto, di farsi operare o, semplicemente, di essere curate ambulatorialmente. Con il passare del tempo l'attività si è estesa; Sima Samar ha organizzato corsi di formazione per personale paramedico, di pronto soccorso, programmi di vaccinazione per i bambini, ha aperto scuole e nel 1989, anno in cui l'Armata Rossa abbandonava l'Afghanistan, Shuhada è diventata una organizzazione non governativa;
oggi l'attività di Shuhada comprende vari settori: 12 cliniche in Afghanistan, 1 ospedale in Pakistan, scuole con più di 20 mila studentesse e studenti, corsi per ostetriche e operatrici e operatori sanitari di base, maestre e infermiere, corsi di alfabetizzazione per donne adulte, progetti di autofinanziamento per donne e un mercato autogestito per i loro prodotti di artigianato. I fondi per questi progetti tengono reperiti all'estero, soprattutto in Europa, ed anche in Italia numerose organizzazioni, come OMID Onlus, finanziano Sima Samar;
il nuovo Governo afghano, insediatosi il 22 giugno, ha abolito il ministero per gli Affari delle Donne, di cui Sima Samar era stata titolare, e, qualche giorno prima della convocazione della Loya Girga, gruppi fondamentalisti islamici hanno accusato Sima Samar di apostasia, chiedendone l'incriminazione e l'arresto. In seguito a tali accuse, basate esclusivamente su di un intervista che Sima Samar avrebbe concesso a un giornale in lingua dari della comunità afghana di Vancouver in occasione di un suo viaggio in Canada nel dicembre del 2001 - e contenente, secondo le accuse dei fondamentalisti, affermazioni irriguardose nei confronti del Corano - ella è stata costretta ad abbandonare la propria abitazione ed è attualmente perseguita dall'autorità giudiziaria;
Sima Samar ha sempre smentito di aver pronunciato quanto attribuitole dal cronista del giornale della comunità afghana di Vancouver e in una deposizione resa nei giorni scorsi al Presidente della Corte Suprema ha ribadito di «essere musulmana, di rispettare il Corano e le parole del Profeta e di essere stata eletta democraticamente dal popolo alla carica di vice presidente della Loya Girga» e, per questi motivi, di non sentirsi colpevole di alcunché se non di aver lavorato duramente in questi anni per il benessere del suo popolo -:
se non ritenga opportuno intervenire, in considerazione del rispetto e della stima di cui Sima Samar gode anche nel nostro Paese, presso le autorità del nuovo Governo afgano per chiedere conto della natura e della fondatezza delle accuse rivolte a Sima Samar, personalità nota per il suo impegno civile e politico in tutto il mondo e invitata alla Conferenza internazionale, sotto l'Alto Patrocinio della Presidenza della Camera, promossa dal Gruppo di Contatto delle deputate italiane per il prossimo settembre.
(4-03332)

Risposta. - Le accuse di apostasia rivolte all'ex Ministro afghano per gli Affari delle Donne, Sima Samar, da gruppi fondamentalisti islamici nell'imminenza della Loya Girga (Gran Consiglio) di emergenza del giugno 2002, sono state fatte


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cadere dalla Corte suprema Afghana «per mancanza di prove».
Sima Samar continua a esercitare nel suo Paese il proprio impegno per la tutela e la protezione dei diritti umani, e in particolare dei diritti delle donne, nelle vesti di Presidente della Commissione nazionale dei diritti umani.
Nell'attuale governo dello Stato transitorio islamico d'Afghanistan l'incarico di Ministro per gli affari delle donne è stato conferito alla Signora Habiba Surabi, mentre un'altra donna, la dottoressa Sohaila Siddiqui, già ministro nell'Amministrazione interinale, è stata confermata Ministro della Sanità.
L'Italia sostiene costantemente il ruolo delle donne nella società afghana e opera attivamente, anche attraverso l'UNIFEM (il Fondo delle Nazioni unite per le donne), per valorizzare l'attività delle associazioni femminili maggiormente impegnate a diffondere una più ampia coscienza dell'apporto che le donne possono dare al Paese. L'azione a favore del ruolo femminile nella società si inserisce nel più ampio impegno per il ristabilimento nel Paese del rispetto dei diritti umani.
In occasione della penultima sessione della commissione delle Nazioni unite per i diritti umani (CDU), tenutasi a Ginevra nel marzo-aprile 2002, il nostro Paese ha proposto ed è riuscito a far approvare per consenso una Risoluzione con cui si invitavano le Autorità afghane a tener fede all'impegno di rispettare i diritti umani, assunto con gli accordi di Bonn del dicembre 2001. La Risoluzione, nel ribadire la disponibilità della comunità internazionale a sostenere l'opera di ricostruzione intrapresa dall'Amministrazione interinale afghana, sottolineava anche l'impegno assunto dalla stessa Amministrazione interinale di giudicare e punire i responsabili delle violenze e degli abusi compiuti nel Paese.
Inoltre, nell'affermare l'importanza di una effettiva partecipazione delle donne all'attività politica, attraverso incarichi di responsabilità negli organi rappresentativi e di governo previsti dagli accordi di Bonn, la Risoluzione chiedeva all'Autorità interinale la riapertura delle scuole per le ragazze e l'abolizione di qualsiasi norma discriminatoria nei confronti delle donne per facilitarne l'integrazione sociale.
L'Italia ha seguito con attenzione l'evoluzione politica afghana dopo la Loya Girga del giugno 2002, e continua a vegliare affinché l'attuale Governo guidato dal Presidente Karzai mantenga gli impegni presi dall'Autorità Interinale per la restaurazione dei diritti umani e dei diritti delle donne.
In occasione della 57a sessione della III Commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, tenutasi a New York nei mesi di ottobre e novembre 2002, alla quale sono personalmente intervenuta, l'Italia ha proposto un nuovo testo di Risoluzione sulla situazione dei diritti umani nel Paese, poi approvato all'unanimità. Il testo, nel reiterare gli inviti alle Autorità afghane a rispettare gli impegni assunti nel quadro degli accordi di Bonn, recepisce le conclusioni e le valutazioni dei Rapporti sulla situazione dei diritti umani elaborati dallo Special Rapporteur per i diritti umani nel Paese, Kamal Hossein, dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, e dal Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per l'Afghanistan, Lakhdar Brahimi.
Per quanto riguarda in particolare la tutela dei diritti delle donne, la nuova Risoluzione, nel sottolineare la necessità di assicurare piena partecipazione delle donne a tutti i processi decisionali concernenti il futuro del Paese, reitera l'invito a riaprire le scuole per le ragazze. Essa condanna inoltre gli episodi di discriminazione denunciati dai competenti organi onusiani ed in particolare: gli attacchi registrati in alcune zone del nord contro istituti scolastici femminili; la persistenza di pratiche familiari quali i matrimoni imposti, in violazione delle libertà fondamentali; il diffondersi della violenza, anche sessuale, verso le donne; la detenzione di donne in istituti di pena per violazioni di codici sociali.
Nel contempo il documento esprime soddisfazione per alcuni progressi registrati


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nel Paese, come la costituzione della citata Commissione per i Diritti Umani, di cui Sima Samar è Presidente.
L'Italia continuerà a seguire l'evolversi della situazione dei diritti umani in Afghanistan, che sarà oggetto di costante attenzione e di ulteriori valutazioni anche da parte dei competenti organi onusiani, anche nell'ambito dei lavori della 59a Sessione della Commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, attualmente in corso a Ginevra.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.