Allegato B
Seduta n. 274 del 4/3/2003


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BATTAGLIA, LUCIDI e CENTO. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Centro di Villa Maraini a Roma da oltre 25 anni interviene attivamente nel campo della droga con servizi ed azioni di contrasto ai fenomeni legati alla tossicodipendenza, ottenendo notevoli successi nel sostegno ai giovani ed alle famiglie e nel recupero e reinserimento sociale di persone tossicodipendenti ed alcoliste;
tale struttura sviluppa una gamma diversificata di servizi di accoglienza, di terapia ambulatoriale, di unità di strada, di cooperative di lavoro, che operano tutti i giorni dell'anno, 24 ore al giorno;
da diversi anni il Centro vive in uno stato di precarietà legata all'insufficienza ed alla discontinuità dei finanziamenti, che ne mettono in discussione la stessa sopravvivenza;
l'atto di intesa tra Stato e regioni in materia, ha creato i presupposti per una soluzione che possa dare stabilità alle attività svolte;
la regione Lazio ritarda l'attuazione dell'intesa determinando così l'impossibilità di definire i termini di accreditamento da parte delle ASL, le quali peraltro continuano ad inviare utenti presso la struttura;
in carenza di ciò gli stessi finanziamenti del comune di Roma appaiono largamente inadeguati e comunque non sono in grado da soli di sostenere la struttura;
tutto ciò rischia di bloccare l'attività e mettere a rischio la stessa sopravvivenza del centro -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non si ritenga che la regione Lazio sia inadempiente nell'attuazione dell'intesa Stato-regioni del 21 gennaio 2001 sulla riorganizzazione del sistema di assistenza di tossicodipendenti.
(4-02177)

Risposta. - Il ministero della salute non eroga finanziamenti relativi alle aree di intervento in cui opera la fondazione Villa Maraini che ha, invece, ricevuto finanziamenti a valere sul fondo nazionale per la lotta contro la droga, destinati a progetti sperimentali di recupero dei tossicodipendenti, gestiti sino all'anno 1995 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e, dall'esercizio finanziario 1996 in poi, dalla regione Lazio. Per il loro carattere «sperimentale» e per le complessità del meccanismo di erogazione, i suddetti finanziamenti rivestono un carattere non ordinario e difficilmente consentono il funzionamento di servizi da assicurare routinariamente senza soluzioni di continuità.
I servizi erogati dalla struttura non hanno, sinora, invece, potuto essere rimborsati nell'ambito dei fondi del Servizio sanitario nazionale, in quanto non ricadenti nella tipologia assistenziale propria della «Comunità tarapeutica residenziale o semiresidenziale», che è quella prevista dalla normativa per il convenzionamento con le aziende USL, ai sensi dell'atto di intesa Stato-Regioni del 9 febbraio 1993, recante l'approvazione dei «Criteri e modalità


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uniformi per l'iscrizione degli enti ausiliari che gestiscono strutture per la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei tossicodipendenti negli albi di cui all'articolo 116 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990».
In effetti, le predette disposizioni sono state poi superate dal nuovo atto di intesa Stato-Regioni del 5 agosto 1999, con il quale è stata, fra l'altro, ampliata la possibilità di acquisto da enti privati di prestazioni nel settore della tossicodipendenza ad ulteriori tipologie, fra le quali potrebbero figurare, teoricamente, anche alcune di quelle erogate dalla fondazione «Villa Maraini».
Ciò dovrebbe avvenire tramite la procedura dell'accreditamento, con le risorse dei fondi regionali sanitari.
A tal fine si rende, però, preliminarmente necessario il recepimento da parte della ragione Lazio delle suddette disposizioni dell'atto di intesa.
È da rilevare comunque la complessità della materia, anche per la necessità di dare attuazione alle predette disposizioni in modo coordinato rispetto alla più generale procedura di definizione dei criteri di accreditamento di tutti gli altri servizi sanitari.
Il 3 luglio 2002, presso l'assessorato regionale alla sanità del Lazio è stata istituita una commissione (con decreto del presidente della giunta regionale n. 58/2002) costituita da esperti nel campo delle tossicodipendenze al fine di definire procedure e metodologie per il recepimento dell'Atto d'intesa Stato-Regioni: in tal senso si sta procedendo alla definizione delle modalità necessarie per conseguire l'autorizzazione al funzionamento e l'accreditamento dei servizi. La conclusione dei lavori di tale commissione è prevista per la fine dell'estate.
In ogni caso, il recepimento del nuovo quadro normativo nazionale costituirebbe condizione necessaria, ma non sufficiente, rispetto alla erogazione dei finanziamenti di parte sanitaria, essendo questi condizionati anche dalla definizione, da parte della regione e, per quanto di competenza dalle aziende USL interessate, dei
budget disponibili per l'acquisto delle prestazioni da privati.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BATTAGLIA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 24 maggio 2002 è scaduta la convenzione tra l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Spallanzani» e l'Università di Tor Vergata;
il ritardo del rinnovo della convenzione sta comportando gravi disagi nell'organizzazione dei servizi sanitari e dell'attività di ricerca e determinando particolare disagio per i lavoratori;
tale situazione è particolarmente grave in quanto l'istituto Spallanzani è uno dei punti di riferimento nel Paese per la cura delle malattie infettive e di particolari gravi patologie, quali l'AIDS, e sviluppa altresì una importante attività scientifica nel settore -:
quali iniziative urgenti intendano assumere nei confronti degli enti preposti e del commissario dell'istituto per il rinnovo della convenzione.
(4-03683)

Risposta. - L'istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» di Roma, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, con la deliberazione n. 394 del 23 maggio 2002, ha prorogato per un biennio, a decorrere dal 24 maggio 2002, il protocollo d'intesa con l'università degli studi di «Tor Vergata» di Roma, per le attività assistenziali, di ricerca e di insegnamento della divisione di malattie dell'apparato respiratorio.
L'atto deliberativo n. 394/2902 dell'istituto «Lazzaro Spallanzani» ha conseguito l'approvazione del ministero della salute il 25 luglio 2002.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.


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ENZO BIANCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere:
se, a seguito delle notizie apparse sugli organi di stampa circa sospetti brogli elettorali incorsi a Noto (provincia di Siracusa) che avrebbero prodotto anche gli arresti di Corrado Cultrera, vice sindaco in carica, il Governo intenda adottare provvedimenti per ripristinare la legalità nel comune siciliano;
in particolare si intende conoscere quale grado di approfondimento le forze dell'ordine ed il Governo hanno prodotto su di un fatto politico e penale di rilevanza fondamentale che riporta la Sicilia ai tristi anni del voto di scambio e dei brogli elettorali;
se le elezioni, considerato il condizionamento che i risultati hanno avuto, possano considerarsi legittime e se invece non sia necessario procedere immediatamente ad una verifica dei risultati per individuare coloro che hanno direttamente usufruito della condotta illecita, dichiarandone l'annullamento e la contestuale nomina di un commissario;
se quindi il Governo intenda immediatamente procedere per riportare anche a Noto un minimo di legalità che consenta a tutti i cittadini di esprimere il proprio voto in libertà, secondo i canoni costituzionali, ed eleggere coloro che ricevono la maggioranza dei consensi popolari.
(4-03132)

Risposta. - La procura della Repubblica presso il tribunale di Siracusa ha in corso indagini in ordine a presunte irregolarità che si sono verificate in occasione delle elezioni amministrative di Noto (Siracusa) del 26 e 27 maggio 2002.
In quella data i cittadini del comune di Noto sono stati chiamati alle urne per eleggere il sindaco e i componenti del consiglio comunale.
Le elezioni si sono svolte in un unico turno in quanto il candidato della «Casa delle Libertà» è stato eletto avendo superato la maggioranza dei voti richiesta dalla legge.
Nel merito risulta - sulla base delle notizie fornite dalla competente Prefettura (UTG) che, effettivamente, le forze di polizia intervenute su richiesta del presidente di un seggio, accertavano che un elettore presentatosi per esercitare il diritto di voto esibiva un documento di identità non suo bensì appartenente ad un altro cittadino.
Nell'ambito delle indagini condotte dalla magistratura a seguito di detto episodio, venivano emessi dei provvedimenti restrittivi della libertà personale - con riferimento all'ipotesi di reato di cui all'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica 16.5.1960, n. 570 - nei confronti del dottor Corrado Cultrera, consigliere provinciale in carica a Siracusa eletto nella «Lista Dini - Rinnovamento Italiano» il quale nelle elezioni comunali di Noto risultava incluso, con l'ulteriore designazione di vicesindaco, nell'elenco degli assessori designati dal candidato sindaco della «Casa delle Libertà», ai sensi dell'articolo 7, comma 5, della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7.
Inoltre, un avviso di garanzia per concorso nel predetto reato raggiungeva la moglie del dottor Cultrera, a sua volta candidata alle elezioni del consiglio comunale di Noto in una lista civica appartenente alla medesima coalizione di liste.
In relazione al citato provvedimento giudiziario, la predetta rassegnava le dimissioni dalla carica di consigliere comunale a cui era risultata intanto eletta.
A seguito dell'esecuzione delle misure di custodia cautelare nei confronti del dottor Cultrera, il prefetto di Siracusa, avvalendosi dei poteri di cui all'articolo 59, comma 1 lettera C) del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, ha adottato provvedimento declaratorio di sospensione dello stesso dalla carica di consigliere provinciale.
D'altra parte, a seguito delle indagini svolte e delle notizie riportate dalla stampa, il sindaco del comune di Noto ha revocato la designazione del dottor Corrado Cultrera quale vice sindaco ed ha nominato in sua


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sostituzione un altro esponente della lista civica appartenente alla medesima coalizione di lista.
In merito alla suddetta vicenda, si rappresenta che il ministero dell'interno e, in ambito locale, le prefetture-UTG che sovrintendono all'organizzazione tecnica delle elezioni, non dispongono di alcun potere di annullamento delle stesse né di procedere ad una verifica delle schede e degli altri atti inerenti il procedimento elettorale.
Trattasi, invero, di provvedimenti che possono essere disposti esclusivamente dall'Autorità giudiziaria in quanto nell'attuale sistema normativo, secondo i principi generali, eventuali vizi o irregolarità del procedimento elettorale possono essere fatti valere solo in sede dì ricorso giurisdizionale, azionabile davanti al giudice amministrativo da parte di qualsiasi cittadino elettorale del comune, o di chiunque altro vi abbia diretto interesse.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

GERARDO BIANCO, BANTI e MEDURI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere:
se risponda al vero che il direttore generale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura - nominato a seguito di attente valutazioni confortate dai massimi esperti del settore - sia stato recentemente rimosso dal commissario governativo che, a quanto risulta all'interrogante, sarebbe stato nominato dallo stesso Ministro nella persona di un addetto alla segreteria particolare del Sottosegretario di Stato, onorevole Scarpa Bonazza, e che è stato chiamato ad optare per l'ordinaria amministrazione nell'attesa della ricostituzione degli organi amministrativi (consiglio di amministrazione e collegio dei revisori dei conti);
ove risulti confermata la notizia della rimozione del predetto direttore generale, che aveva ottenuto, al momento della nomina del maggio 2001, il conforto unanime del consiglio di amministrazione, quali siano i presupposti di legge e le motivazioni che l'hanno determinata;
se risulti vera la notizia che lo stesso commissario - senza aver raccolto l'obbligatorio parere dei quarti sub-commissari - abbia nominato, ignorando, secondo gli interroganti, i requisiti prescritti dalla legge (articolo 4, comma 7 del decreto legislativo n. 454 del 1999) che individua nel direttore generale un esperto di elevata qualificazione professionale, quale nuovo direttore generale del C.R.A. il signor Ranieri Mamalchi, attualmente capo della segreteria politica del ministro Alemanno;
ove la notizia di quest'ultima nomina risulti esatta, chiedono di conoscere il curriculum del neo direttore generale per sapere in quale disciplina sia laureato, quale specializzazione abbia conseguito, quali siano i riconoscimenti tributatigli dalla comunità scientifica, quali siano le sue esperienze lavorative e direzionali e se esse risultino compatibili con l'esercizio delle funzioni di direttore generale di un grande ente pubblico di ricerca;
inoltre gli interroganti, di fronte allo stato di decomposizione degli istituti di ricerca e di sperimentazione in agricoltura, che il citato decreto legislativo n. 454 del 1999 intendeva portare a nuova vita, sottraendoli alla pluriennale burocratica e inefficiente gestione ministeriale, chiedono al Ministro se non ritenga, nell'attuale fase di transizione, di emanare una direttiva per garantire l'intangibilità dei beni immobili degli stessi enti di ricerca, con particolare attenzione alle tenute sperimentali che sono da tempo racchiuse nella cerchia urbana di Roma, e tali quindi da rappresentare anche un polmone verde del quale la capitale ha assoluto bisogno.
(4-04345)

Risposta. - In merito alla questione evidenziata nell'interrogazione in oggetto si precisa che il commissariamento del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura è avvenuto a seguito dello scioglimento degli organi di amministrazione


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del suddetto ente, scioglimento determinato dall'articolo 14 comma 2, della legge 6 luglio 2002, n. 137.
Si evidenzia quindi che, la nomina del commissario straordinario non ha comportato la rimozione degli organi, in quanto questi ultimi erano già stati rimossi in applicazione della richiamata legge n. 137/2002.
Solo quindi a seguito di detto scioglimento, ed al fine evidente di evitare una stasi dell'attività istituzionale, si è provveduto, nelle more della ricostituzione degli organi ordinari, a commissariare l'ente.
Si ritiene necessario far presente che il direttore generale del C.R.A., nominato nel maggio 2001, non è stato rimosso dal suo incarico, piuttosto è lo stesso incarico che è cessato a seguito dell'emanazione della legge 15 luglio 2002, n. 145 che, all'articolo 3, comma 7, ha, tra l'altro, stabilito, che «...gli incarichi di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato cessano nel sessantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente legge».
Si deve peraltro aggiungere che i provvedimenti conseguenti all'applicazione, nel caso di specie, della suddetta normativa, sono stati valutati positivamente dal giudice amministrativo che ha respinto, sia in primo che in secondo grado, l'istanza incidentale di sospensione, contenuta nel ricorso presentato dal direttore generale sostituito avverso il C.R.A. ed il nuovo direttore.
L'istituzione del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, conglobando in un unico ente ventotto organismi operanti nella ricerca in agricoltura dislocati su tutto il territorio nazionale, comporterò la creazione di una nuova struttura estremamente articolata ed una nuova organizzazione comprensibilmente di notevole complessità.
Detta circostanza richiede, con ogni evidenza, che l'incarico di direttore generale, «responsabile della gestione del Consiglio» (articolo 4, comma 7, decreto legislativo n. 454/1999), venga ricoperto da persona in possesso dei requisiti professionali, anche di carattere manageriale, idonei a garantire, in concreto, una positiva attuazione di quanto previsto dalla legge istitutiva.
In tal senso il signor Ranieri Mamalchi è stata ritenuta persona idonea, potendo vantare una più che decennale esperienza e competenza nel campo della riconversione organizzativa, della riorganizzazione aziendale e del
management delle risorse umane.
Il percorso professionale del signor Mamalchi, annovera, infatti incarichi di rilievo in aziende operanti nel settore degli ausili medici, incarichi quali Area
manager, Direttore di vendite, direttore export, direttore generale, direttore marketing.
Dette esperienze professionali, hanno tra l'altro, consentito al signor Mamalchi di estendere le proprie competenze alla selezione e alla gestione delle risorse umane, e nonché alla strutturazione, ristrutturazione, organizzazione e riorganizzazione di P.M.I.
Il signor Mamalchi ha inoltre potuto acquisire una più specifica conoscenza del settore, coordinando, per diciotto mesi, in qualità di capo della segreteria, l'attività della segreteria particolare del Ministro (funzione equiparata a quella dirigenziale dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2001, n. 303 che disciplina gli uffici di diretta collaborazione del Ministro), nel corso della quale ha partecipato quale componente, al comitato Ministero delle politiche agricole e forestali per la valorizzazione del Patrimonio Alimentare Italiano, al Nucleo Valutazione Investimenti del Ministero delle politiche agricole e forestali, al Comitato tecnico ministeriale per l'orientamento, il coordinamento e la valutazione della Ricerca nel sistema agricolo, nonché al Comitato scientifico di:
«The Ageing Society» Ageing And Health Study Group.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

BIELLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la filiale di Forli-Cesena delle Poste italiane ha presentato una proposta di chiusura estiva degli uffici PT che crea


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grande preoccupazione tra i cittadini, ma anche nelle istituzioni locali, che hanno preso posizione contro tale proposta;
gli uffici PT in molte realtà rappresentano un vero e proprio servizio sociale, soprattutto nelle frazioni di montagna;
ma la cosa che appare sorprendente nella proposta avanzata è che le chiusure oltre a non aver avuto momenti di concertazione e valutazione preventiva con le OO/SS vanno in contro tendenza rispetto alle esigenze che il servizio PT dovrebbe soddisfare;
zone turistiche di montagna e della costa, proprio nel momento di maggior presenza e affollamento subiscono un ridimensionamento di organico, e di orario. Il turismo è soprattutto fenomeno dei mesi estivi per cui appare sorprendente che il servizio sia penalizzato proprio adesso;
quali esempi di disservizio si possono segnalare:
Bagno di Romagna - chiusura degli uffici nelle 4 settimane di agosto. Bagno di Romagna è una delle più importanti città termali non solo della Regione, ma nazionale;
Alfero - frazione di Verghereto, chiusura nelle 2 e 3 settimana di agosto; è il periodo di maggior afflusso turistico in montagna;
Cusercoli 3, 4, 5 settimana di luglio;
Gatteo Mare 1, 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Pieve di Rivorchio (Sarsina) 3 e 4 settimana di luglio;
Ranchio (Sarsina) 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Ricò (Meldola) 3 e 4 settimana di luglio - 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Rontagnano (Sogliano) 3 e 4 settimana di luglio - 2 e 4 di agosto;
S. Benedetto in Alpe 3 e 4 settimana di giugno e 3 e 4 settimana di settembre;
S. Mauro Mare 2, 3 e 4 settimana di agosto;
S. Maria Nuova (Bentinoro) 3 e 4 settimana di luglio, 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Selvapiana (Bagno di R.) 3 e 4 settimana di luglio, 3 e 4 settimana di agosto;
Strada S. Zeno (Goleota) 3 e 4 settimana di luglio, 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Terra del Sole (Castrocaro) 3 e 4 settimana di luglio, 2, 3 e 4 settimana di agosto;
Villalta (Cesenatico) 3 e 4 settimana di luglio;
Voltre (Civitella di R.) 3 e 4 settimana di luglio e 2, 3 e 4 settimana di agosto;
si aggiungono chiusure in città come Cesena e Forlì e importanti comuni come Forlimpopoli e Bertinoro, Meldola;
le scelte paiono non rispondere a criteri di oggettività e funzionalità e hanno già creato irritazione, contrarietà e protesta -:
se il Governo sia a conoscenza di tale situazione;
a quali criteri si ispiri una scelta di creare disagio e disservizio;
se intenda intervenire sulla azienda PT affinché siano riviste le scelte fatte e si garantisca un servizio efficiente nei comuni della provincia di Forli-Cesena.
(4-03125)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, l'operato riguardante la gestione aziendale rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.


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Ciò premesso, si fa presente che Poste italiane s.p.a. - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha riferito che nell'ambito delle iniziative adottate al fine di riorganizzare le proprie strutture operative e, nel contempo, di riequilibrare la gestione economico-finanziaria, in ottemperanza degli impegni assunti con il contratto di programma, sono stati previsti alcuni interventi di razionalizzazione circoscritti al periodo estivo che, in linea generale, si sono concretizzati nella chiusura di alcuni uffici postali limitatamente alle due settimane centrali del mese di agosto.
In merito alle suddette misure, tuttavia, questo ministero - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale che ha fra i suoi compiti quello di verificare la qualità del servizio universale erogato dalla società Poste - nel prendere atto degli sforzi attuati da Poste italiane al fine di equilibrare la gestione economico-finanziaria aziendale e di garantire al personale il diritto alle ferie, ha richiamato l'attenzione dei vertici societari sugli impegni derivanti dall'espletamento del servizio universale. Pur riconoscendo l'autonomia aziendale in materia di organizzazione del servizio, ha ribadito, inoltre, la necessità che la società Poste faccia preventivamente conoscere le linee guida ed i criteri di massima seguiti a livello nazionale in merito alle iniziative che la medesima società intenderà, nel futuro, adottare quando le stesse risultino tali da incidere sulle regole che presiedono al servizio postale universale.
Relativamente agli specifici uffici menzionati nell'atto parlamentare, tutti situati nell'ambito della filiale di Forlì, la società Poste ha comunicato che nel corso di una apposita riunione - tenutasi in data 15 maggio 2002, alla quale hanno partecipato le organizzazioni sindacali locali - è stato concordato un piano di interventi da attuare nel successivo periodo estivo; a seguito della suddetta riunione è stato predisposto un comunicato contenente le iniziative che sarebbero state adottate, che è stato diffuso presso tutti gli enti locali interessati.
In particolare la medesima società ha precisato che per gli uffici di Bagno di Romagna, Alfero, Cusercoli, Gatteo Mare e San Mauro Mare non sono stati attuati interventi estivi né di chiusura né di riduzione dell'orario di apertura dell'ufficio postale; per gli uffici di S. Maria Nuova e Terra del Sole la chiusura è stata autorizzata solo per la terza e la quarta settimana di luglio, mentre nel comune di Bertinoro, nello stesso periodo, la chiusura ha riguardato un ufficio su tre.
Nel periodo compreso fra la terza settimana di luglio e la quarta settimana di agosto nel comune di Forlimpopoli è stato osservato l'orario di apertura solo antimeridiana; nel comune di Meldola soltanto l'ufficio di Ricò è stato chiuso la terza e la quarta settimana di luglio mentre la seconda, la terza e la quarta settimana di agosto l'ufficio di Meldola non ha aperto per il turno pomeridiano.
In merito, infine, agli uffici di Cesena soltanto la succursale 2 è rimasta chiusa la terza e la quarta settimana di luglio, mentre la succursale 3 è rimasta chiusa la terza e la quarta settimana di agosto.
Nella stessa zona, la succursale cinque è rimasta aperta solo per il turno antimeridiano fra la terza settimana di luglio e la quarta settimana di agosto, mentre tutti gli altri uffici hanno osservato il normale orario di lavoro.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

BULGARELLI e CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito della comunicazione del Comitato direttivo direttivo dell'Aran si è provveduto ad accertare che la RdB-rappresentanza sindacale di base dei pubblico impiego risulta tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del Comparto Ministeri;
le relazioni sindacali dei pubblici dipendenti sono disciplinate, in via generale dal decreto legislativo n. 165 del 2001, dal decreto del Presidente della Repubblica


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n. 269 del 1987, e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 335 del 1990, nonché dal Contratto collettivo nazionale di lavoro, che prevedono una serie di prerogative tra cui l'informazione, la concertazione, la consultazione e i tavoli bilaterali;
alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative di categoria deve essere assicurata una preventiva e costante informazione sui provvedimenti di carattere generale riguardanti il personale dell'Amministrazione Civile dei Ministero dell'interno;
il modello di contrattazione collettiva nazionale e decentrata indica tra i soggetti sindacali titolari della contrattazione le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale e maggiormente rappresentative;
il mantenimento di un sistema stabile di relazioni sindacali costituisce indispensabile premessa tra le parti impegnate nel proseguimento di obiettivi di maggiore efficienza ed efficacia dell'azione politico-amministrativa e di conseguente trasparenza dell'amministrazione stessa;
i vertici dell'Amministrazione civile dell'interno non convocano le rappresentante di base (RdB) Interno alle trattative nazionali e periferiche. L'intento discriminatorio e vessatorio rispetto alle rappresentanze di base verrebbe confermato dal fatto che solo nel Ministero dell'interno si persegue questo tipo di condotta antisindacale;
il Ministro dell'interno Pisanu nell'incontro avuto il 17 settembre con tutte le organizzazioni sindacali del Ministero e anche con RdB si era impegnato ad avviare corrette relazioni sindacali;
in data 19 settembre RdB veniva convocata su argomenti quali a mobilità, le piante organiche, la riqualificazione. I delegati di RdB Interno dopo l'incontro prontamente diffondono a livello nazionale le notizie scaturite dall'incontro, subito dopo a RdB Interno viene informalmente comunicato che si è deciso di non convocarla ad altri tavoli contrattuali;
se, qualora i fatti si fossero svolti come in premessa, non si considera comportamento contrario ai principi democratici lesivo dei diritti costituzionali dei lavoratori la mancata convocazione di una sigla maggiormente rappresentativa;
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per ovviare a questa condotta dei vertici dell'amministrazione che, in violazione alle norme che regolano le relazioni sindacali hanno avviato un tavolo negoziale con una parte delle organizzazioni sindacali, mettendole in una posizione di privilegio a discapito delle rappresentanze di base del Ministero dell'interno;
quali iniziative intenda mettere in atto al fine di ristabilire corrette relazioni sindacali convocando immediatamente le Rappresentanze di Base del Ministero dell'interno ai tavoli contrattuali nazionali e periferici.
(4-04019)

Risposta. - L'articolo 8 del contrato collettivo nazionale di lavoro - comparto ministeri - 1998-2001 individua nelle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto collettivo di comparto i soggetti titolari della contrattazione integrativa di amministrazione.
La mancata sottoscrizione da parte delle rappresentanze di base del pubblico impiego del contratto relativo al biennio economico 2000-2001 ha di conseguenza determinato l'esclusione di detta organizzazione sindacale dalla contrattazione decentrata di questa amministrazione.
Del resto solo le sigle sindacali firmatarie dei contratti collettivi possono condividere i contenuti normativi di tutti gli istituti ivi regolati ed essere in grado di trasporre nella disciplina contrattuale delle singole amministrazioni gli obiettivi organizzativi e di riforma perseguiti nel contratto di riferimento.
Peraltro, l'organizzazione sindacale sopra nominata aveva già nel 2001 presentato ricorso, ai sensi dell'articolo 28 dello statuto


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dei lavoratori, avverso la mancata convocazione ad una contrattazione. Il gravame però è stato rigettato dal tribunale di Roma, con sentenza passata in giudicato, proprio sulla base delle considerazioni in premessa.
Pertanto, ai sensi delle vigenti disposizioni, questa amministrazione non può ammettere al tavolo negoziale decentrato le organizzazioni sindacali non firmatarie dei contratti collettivi di comparto.
Per completezza di informazione, si fa presente che l'incontro svoltosi il 17 settembre 2002 è stato organizzato al fine di una prima presa di contatto del nuovo Ministro con tutte le organizzazioni sindacali rappresentative del personale dell'intera amministrazione.
La riunione tenutasi il 19 settembre 2002 tra l'amministrazione e le sigle sindacali maggiormente rappresentative (firmatarie e non del contratto) ha avuto, invece, carattere esclusivamente «informativo» - trattandosi del primo incontro dopo la pausa estiva - su temi di estrema attualità quali appunto la mobilità volontaria, le piante organiche e le problematiche inerenti le ultime fasi della riqualificazione del personale contrattualizzato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

CATANOSO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'accesso alle professioni legali e le leggi che lo regolamentano sono risalenti nel tempo, principalmente alla legge 22 gennaio 1934, n. 36;
il decreto ministeriale n. 537 del 12 dicembre 1999 ha istituito le scuole di specializzazione per le professioni legali;
queste scuole hanno sede presso gli atenei universitari;
il decreto ministeriale n. 475 dell'11 dicembre 2001 statuisce che il «diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali ai fini della pratica forense e notarile... è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio per il periodo di un anno»;
chi frequenta i due anni di scuola di specializzazione deve contemporaneamente frequentare le Scuole, passare gli esami previsti e svolgere le attività di studio e quelle pratiche che queste prevedono, in più riuscire a svolgere in un anno contemporaneamente un anno di pratica tradizionale, ed uno di scuola, e questo solo per accedere ai concorsi, il fallimento di queste scuole, istituite e regolate dallo Stato, sta nei fatti -:
se i Ministri interrogati non intendano attivarsi per modificare la disciplina attuale permettendo il pieno riconoscimento dell'attestato finale comprensivo di due anni di frequenza a dette scuole, ai fini dei due anni di praticantato forense.
(4-02087)

Risposta. - La valenza del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione per le professioni legali, ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio, è stata fissata in un anno a seguito di approfondita valutazione, svolta con il contributo significativo degli ordini professionali interessati.
La
ratio della scelta effettuata con il decreto ministeriale 475 dell'11 dicembre 2001, emanato da questo ministero di concerto con il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai sensi dell'articolo 17, comma 114 della legge 15 maggio 1997, n. 127, trova fondamento nella necessità di coordinare la durata della scuola di specializzazione - biennale nella fase transitoria, di un anno a regime - con la durata della pratica per l'accesso alle professioni forense e notarile, che è rimasta invariata ed è biennale, allo scopo di fissare in complessivi sei anni il corso di studi diretto ad ottenere il diploma delle suddette scuole di specializzazione (sia con il corso di laurea in giurisprudenza previgente - quattro anni - sia con il nuovo corso di laurea specialistica - cinque anni).


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Alla luce di tali elementi, onde non creare irragionevoli differenze a seconda del momento in cui il soggetto consegua il diploma, la valutazione del predetto titolo è stata fissata in un identico periodo di tempo, per entrambe le professioni, pari ad un anno (tenuto anche conto della durata della scuola, come prevista dalla norma a regime).
Con riguardo al quesito posto nell'interrogazione, si segnala che la contemporanea frequenza della scuola di specializzazione con lo svolgimento di un anno di pratica «tradizionale», che peraltro riguarda soltanto la fase transitoria durante la quale la durata della scuola è biennale, è apparsa senz'altro fattibile sia agli esponenti dei Consigli nazionali forense e notarile, interpellati sul punto, che alla conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza.
Diversamente, per la fase a regime di durata biennale, si segnala come l'impostazione di tipo prevalentemente teorico che caratterizza le scuole di specializzazione, la cui frequenza non a caso è stata elevata a condizione necessaria per l'accesso alla magistratura, ha reso necessaria la previsione di un periodo ulteriore di pratica forense o notarile.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CATANOSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il sistema di reclutamento dei docenti di strumento musicale nella scuola media è stato sino a poco tempo fa regolato dal decreto ministeriale 13 febbraio 1996 («Nuova disciplina della sperimentazione musicale, nelle scuole medie statali ad indirizzo musicale»), e, in particolare, dall'articolo 6;
tale articolo prevedeva la compilazione di due distinti elenchi: nei primi - denominati «prioritari» - venivano inseriti gli aspiranti che avessero conseguito un «punteggio minimo di idoneità all'insegnamento di strumento musicale nella scuola media pari a punti settantotto di cui almeno trenta legati alla valutazione dei titoli artistico-professionali» (comma 3); nei secondi - denominati «aggiuntivi» - venivano graduati, secondo l'ordine del punteggio attribuito, coloro che non avessero raggiunto il punteggio minimo di idoneità previsto dal comma 3 e, pertanto, anche gli aspiranti con punteggio artistico zero;
in base a questi criteri sono state effettuate le prime immissioni in ruolo nell'anno 2000 (decreto ministeriale 201/2000); in particolare, per essere immessi in ruolo era necessario possedere 360 giorni di servizio specifico, requisito che consentiva l'accesso ad una sessione riservata di abilitazione per la classe di concorso A077;
in data 3 luglio 2001, veniva emanato il decreto-legge 255/2001, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002, con il quale nulla si modificava in merito alla classe di strumento musicale;
successivamente, la legge n. 333 del 2001, di conversione del suddetto decreto legge, modificava profondamente i criteri di reclutamento del personale docente vigenti sino a quella data. Tale legge, all'articolo 1, comma 2-bis, riconosce infatti al personale abilitato all'insegnamento di educazione musicale (classe A032) - incluso negli elenchi prioritari e aggiuntivi compilati ai sensi del decreto ministeriale 13 febbraio 1996 - il diritto all'inserimento nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti per l'insegnamento di strumento musicale nella scuola media (classe A077);
occorre sottolineare che l'abilitazione in educazione musicale, se non strettamente congiunta al requisito del servizio specifico di strumento prestato per almeno 360 giorni (articolo 11, comma 9, legge 3 maggio 1999 n. 124), non ha mai consentito in passato l'accesso alle graduatorie permanenti per l'insegnamento dello strumento nelle scuole medie ad indirizzo


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musicale: trattasi, infatti, di abilitazione in una diversa classe di concorso appartenente, tra l'altro, ad un ambito disciplinare, K03A, nel quale non è inclusa la classe di strumento;
del resto, il profilo professionale del docente di strumento musicale - precisato sin dal decreto ministeriale 3 agosto 1979 e ancor meglio definito dal decreto ministeriale 13 febbraio 1996 - implica con assoluta inequivocabilità il possesso di competenze didattico-pedagogiche e artistico professionali;
l'articolo 1, comma 2-bis, della legge n. 333/2001 ha invece determinato l'inclusione nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti dei candidati privi del punteggio minimo di idoneità e in alcuni casi addirittura sprovvisti di alcun titolo didattico e di qualsivoglia titolo artistico;
i suddetti candidati sono stati di conseguenza anteposti a quei docenti la cui valutazione dei titoli artistico-professionali - unitamente ai requisiti di servizio specifico - risultava garanzia di qualificata professionalità e di specifiche competenze nel settore dell'istruzione musicale;
l'articolo 3 dell'ordinamento ministeriale n. 1 del 2001 ha inoltre disposto lo scioglimento della riserva al personale che ha superato gli esami della sessione riservata precedente alla quale era stato ammesso con riserva per avere maturato i titoli di servizio e di studio in data successiva a quella prescritta -:
se non ritenga necessario adottare gli opportuni provvedimenti al fine di tutelare i docenti le cui legittime aspettative - motivate da un operato coerente tanto alla sperimentazione musicale nel suo percorso storico quanto al dettato del decreto ministeriale 13 febbraio 1996 e della legge n. 124 del 1999 - sono state tradite da un improvviso ed immotivato stravolgimento dei criteri di assunzione del personale aspirante all'insegnamento dello strumento nella scuola media ad indirizzo musicale;
se non ritenga opportuno, in particolare, disporre l'inserimento nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti dei candidati in possesso dei seguenti requisiti:
a) 360 giorni di servizio specifico maturato al 12 febbraio 2002, data dell'emanazione del provvedimento di riapertura dei termini per l'integrazione delle graduatorie permanenti (datato 12 febbraio 2002);
b) punteggio minimo di trenta punti ascrivibili alla valutazione dei titoli artistico-professionali (valutati in base alla tabella annessa al decreto ministeriale 13 febbraio 1996 - riportata come allegato «B» al Regolamento - e riconosciuti ai sensi del decreto ministeriale 4 giugno 2001 dalle commissioni costituite presso gli Uffici scolastici provinciali per la compilazione delle graduatorie permanenti);
c) possesso della specifica abilitazione in strumento musicale (classe A077) conseguita, ancorché con riserva, entro il 31 maggio 2002, garanzia di una specifica ed ulteriore professionalità nell'ambito dell'insegnamento strumentale.
(4-04045)

Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare in discorso l'interrogante, nel lamentare che l'articolo 1 comma 2-bis legge 330 del 2001 ha determinato l'inclusione nella 2a fascia delle graduatorie permanenti di strumento musicale nella scuola media di docenti in possesso dell'abilitazione all'insegnamento dell'educazione musicale, ma privi del punteggio minimo richiesto per l'inserimento negli elenchi prioritari di cui al decreto ministeriale 13-2-1996, e quindi, potenzialmente sprovvisti di qualsiasi titolo didattico e artistico, chiede iniziative per tutelare i docenti la cui valutazione dei titoli artistico professionali, unitamente ai requisiti di servizio specifico, risultava garanzia di qualificata professionalità e di specifiche competenze nel settore dell'istruzione musicale.
Al riguardo, pur ritenendo apprezzabile la richiesta di adottare procedimenti a favore di personale in possesso di elevate competenze didattico-pedagogiche e artistico-professionali


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nel settore musicale, si deve far presente che non è consentito in via amministrativa modificare i requisiti fissati dalla legge 330/2001 per l'accesso alle graduatorie permanenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

CENTO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il giorno 29 aprile 2002 si è svolta a Roma una protesta pacifica dei residenti del quartiere di Casalbertone contro l'installazione di una Stazione Radio Base n. RM 13957 della società Ericcson che doveva essere posta sui tetti di un palazzo al civico 171/173 di via Casalbertone;
l'Azienda unità sanitaria locale di zona ha già provveduto a rilasciare oltre a quello sopra esposto altri due nulla osta per due nuovi impianti della Società Nortel Italia e della Omnitel sempre da installare nello stesso quartiere;
i cittadini residenti del quartiere di Casalbertone hanno formato già da tempo un comitato di zona contro l'elettrosmog preoccupati appunto del fatto che i tre impianti una volta installati potrebbero superare il valore previsto dalla normativa vigente per quanto concerne i campi elettromagnetici e minacciare seriamente la loro salute -:
sarebbe opportuna la sospensione dei lavori di installazione di queste tre stazioni radio base nel quartiere di Casalbertone e attivare contemporaneamente un monitoraggio sull'inquinamento elettromagnetico nel V Municipio della città di Roma affinché venga salvaguardata e tutelata la salute degli abitanti in questo caso della zona, ma a breve di tutta la città che si mobiliterà contro questi impianti radio base poiché, già dalle prossime settimane, sono previste oltre 200 nuove installazioni;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere affinché sia attivato presso il Ministero della salute un sistema di monitoraggio costante sull'inquinamento elettromagnetico che interessi l'intero territorio nazionale.
(4-02841)

Risposta. - La problematica concernente le possibili implicazioni sanitarie connesse con l'utilizzazione dei telefoni cellulari e con l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici irradiati dalle stazioni radio base è stata oggetto, negli ultimi anni, di attenta valutazione da parte della comunità scientifica internazionale ed, in particolare, della commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP).
Consapevole dell'importanza di approfondire in ogni caso le conoscenze nel settore, l'organizzazione mondiale della sanità ha avviato, sin dal maggio 1996, «il progetto internazionale CEM (campi elettro magnetici)», la cui conclusione è presumibilmente prevista per il 2005, allo scopo di stabilire il grado di evidenza scientifica dei possibili effetti sanitari, anche a lungo termine, derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici, compresi quelli a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari e dalle stazioni ricetrasmittenti che molto spesso, ormai, per asserite esigenze di servizio, vengono collocate anche in più punti dei centri abitati.
Per quanto concerne la situazione normativa in tale ambito, si fa presente che nel nostro Paese, con il decreto 10 settembre 1998, n. 381, emanato all'epoca del ministero dell'ambiente d'intesa con i dicasteri della sanità e delle comunicazioni, sono stati fissati limiti di esposizione per la prevenzione degli effetti acuti derivanti dall'esposizione alle sorgenti di campi elettromagnetici nell'intervallo di frequenza compreso tra 100 kHz e 300 GHz, che riguarda specificamente l'ambito delle radiofrequenze e delle microonde, nel cui ambito sono comprese anche le stazioni radio base.
Al fine di minimizzare i possibili effetti a lungo termine connessi con l'impiego dei numerosi impianti di radiocomunicazioni, sono state previste ulteriori misure di cautela


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che si concretizzano, nella fattispecie, con una sensibile diminuzione dei valori di campo elettrico e magnetico in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore.
Nel settore specifico delle antenne per la telefonia mobile, inoltre, questo ministero ha provveduto da tempo ad acquisire le valutazioni dell'istituto superiore di sanità, derivanti dagli studi e dalle indagini condotte in questi ultimi anni.
Dette valutazioni giungono alla conclusione che «sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili si ritiene di poter affermare che: 1) i livelli di campi elettromagnetici a cui è esposta la popolazione a seguito della installazione delle antenne radio base dei sistemi di telefonia cellulare sono tali da escludere categoricamente qualsiasi ipotesi di rischio da esposizione acuta; 2) non esistono, per tali campi, evidenze scientifiche di effetti sanitari a lungo termine da esposizione cronica.».
Per quanto concerne, più in generale, lo stato delle conoscenze scientifiche nel settore in questione, si fa presente che l'ufficio stampa dell'organizzazione mondiale della sanità ha diramato, nel giugno 2002, un apposito promemoria, nel quale si afferma, fra l'altro, che «... nessuna delle recenti revisioni della letteratura ha concluso che l'esposizione ai campi a radiofrequenza prodotti dai telefoni cellulari o dalle stazioni radio base provochi alcun effetto negativo sulla salute. Sono comunque state identificate alcune lacune nelle conoscenze che richiedono ulteriori ricerche per giungere a una migliore valutazione dei rischi...».
La legge 22 febbraio 2001, n. 36 «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», nel delineare una articolata e dettagliata disciplina in materia di inquinamento elettromagnetico, ha inteso, tra l'altro, distinguere le funzioni riservate allo Stato dalle competenze attribuite alle regioni, province e comuni.
Gli articoli 8 e 14 della legge n. 36 del 2001, infatti, hanno attribuito a queste amministrazioni le funzioni di controllo e vigilanza sanitaria ed ambientale nei confronti dell'inquinamento elettromagnetico, mediante l'utilizzo delle strutture delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
Il caso richiamato dall'interrogante, inoltre, coinvolge la questione delle installazioni (ed eventuali modifiche) nel territorio urbano dei sistemi fissi di telecomunicazioni, fra cui sono comprese anche le stazioni radio base per la telefonia cellulare.
Ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto del Ministero dell'ambiente, d'intesa con questo ministero e con il dicastero delle comunicazioni, del 10 settembre 1998, n. 381, «Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana», infatti, è demandato in via esclusiva alle regioni e province autonome il compito di disciplinare l'installazione e la modifica di tutti gli impianti di radiocomunicazione, al fine di garantire il rispetto dei limiti di esposizione e dei valori di cautela prestabiliti dallo stesso decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381.
La medesima norma, altresì, ha disposto che le regioni e province autonome debbono provvedere ad assicurare il regolare svolgimento delle necessarie attività di controllo e vigilanza, anche in collaborazione con l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
D'altro canto, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, l'esercizio delle attività di controllo e di monitoraggio degli impianti radioelettrici è stata affidata alle regioni, le quali debbono anche elaborare piani di risanamento per adeguare, in modo graduale, gli impianti già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti dalla stessa legge n. 36/2001.
Le regioni, inoltre, sono tenute a realizzare i catasti regionali, che consentiranno di verificare la dislocazione degli apparati e di tenere sotto controllo le zone maggiormente a rischio.
Infine, la legge n. 36/2001 ha previsto l'istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone


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territoriali interessate, allo scopo di rilevare i livelli di campo presenti nell'ambiente, mediante il quale, in cooperazione con i catasti regionali, sarà possibile realizzare una mappa delle fonti di emissione e monitorare costantemente l'intero territorio nazionale.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la diffusione dell'insetto denominato «aedes albopictus», più comunemente noto come zanzara tigre, in molte città italiane è ormai una vera e propria emergenza, che è stata sottovalutata non solo dalle amministrazioni locali, ma anche dai ministeri dell'ambiente e tutela del territorio e della salute;
la presenza di tale insetto è indicatore negativo dei mutamenti climatici in atto e di una scarsa prevenzione ambientale e territoriale;
gli interventi di bonifica fatti in queste settimane sono inadeguati a volte persino controproducenti;
è necessario un piano di prevenzione nazionale capace di colpire le larve nel periodo in cui vengono depositate, da novembre a gennaio, e risanare gli acquitrini e le zone paludose dove le zanzare tigre si moltiplicano -:
quali provvedimenti intendano adottare i ministri interrogati per bonificare le città e le campagne che sono infestate dall'«aedes albopictus», la cui presenza causa notevoli disagi alla popolazione e rappresenta un pericolo per la salute dei cittadini;
se non ritengano necessario dare vita ad un piano nazionale di prevenzione;
quali risorse finanziarie il Governo intenda destinare alle amministrazioni comunali colpite per i necessari ed urgenti interventi di disinfestazione.
(4-03744)

Risposta. - Si risponde, dietro delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La
aedes albopictus, nota come «zanzara tigre», è stata introdotta in Italia attraverso l'importazione di pneumatici usati provenienti dal sud degli Stati Uniti a partire dall'autunno 1990; da allora essa si è impiantata stabilmente in diverse regioni italiane.
Tale zanzara, infatti, è in grado di adattarsi ad ambienti diversi da quelli originari e, in particolare, le sue uova riescono a sopravvivere alle basse temperature registrate durante la stagione invernale nel nostro Paese.
La
aedes albopictus, a differenza delle altre zanzare comuni, predilige le acque pulite e, non utilizzando per il proprio sviluppo habitat quali stagni, pozze, piccoli corsi d'acqua e canali fognari, la sua presenza è tipica degli ambienti densamente popolati.
Tale zanzara, inoltre, possiede la capacità di sfruttare, per la riproduzione, anche piccolissime raccolte d'acqua, come quelle che possono formarsi all'interno di copertoni o di contenitori di varia natura (sottovasi, vasche eccetera).
In base ai dati forniti dall'Istituto superiore di sanità, nel 1999 risultavano focolai di «zanzara tigre» in 9 regioni (Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Liguria, Veneto, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio e Campania), 23 province e 120 comuni, principalmente localizzati nel nord-est del Paese.
La presenza di «zanzara tigre» in Italia costituisce un problema sanitario nuovo, sia come potenziale vettore di patogeni sia come ectoparassita.
Al momento, tuttavia, nonostante sia stata dimostrata la sua capacità di trasmettere
arbovirus, non vi sono prove che la «zanzara tigre» possa essere coinvolta nella trasmissione di agenti patogeni responsabili di malattie nell'uomo.
I soli problemi derivano dall'attività ectoparassitaria e si correlano alla intensità degli attacchi, i quali possono dar luogo a reazioni allergiche localizzate, particolarmente frequenti in bambini ed anziani, che talvolta richiedono un intervento medico.


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Le misure per controllare lo sviluppo della popolazione di «zanzara tigre» sono basate su tre tipi di intervento:
riduzione dei focolai larvali mediante rimozione di tutti i potenziali contenitori d'acqua presenti in orti, giardini, aree industriali, etc., al fine di impedire la deposizione delle uova: questa operazione necessita la piena collaborazione della popolazione residente;
interventi larvicidi mediante disinfestazione di suoli pubblici e privati da effettuarsi durante i periodi idonei;
interventi adulticidi, effettuati con nebulizzatori o mezzi similari.

Questo tipo di intervento dovrebbe essere effettuato esclusivamente in condizioni di emergenza, poiché provoca l'immissione di notevoli quantità di insetticida nell'ambiente e comporta costi operativi elevati.
Allo scopo di predisporre adeguate iniziative rivolte alla prevenzione e al controllo, questo ministero ha emanato le circolari n. 13 del 19 luglio 1991 e n. 42 del 25 ottobre 1993: inoltre, dal 1991, presso l'Istituto superiore di sanità è stato istituito il centro di riferimento per la sorveglianza di
Aedes Albopictus.
Dal 1994 l'Istituto superiore di sanità coordina il programma nazionale di sorveglianza e controllo della zanzara tigre in Italia, in collaborazione con le strutture competenti del servizio sanitario nazionale.
A seguito del trasferimento di competenze alle regioni, per effetto della disciplina normativa contenuta nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», l'attuazione degli interventi atti a controllare lo sviluppo della popolazione di «zanzare tigre» rientra tra le competenze decisionali degli assessorati regionali alla sanità e delle Autorità sanitarie locali, ed in primo luogo dei comuni che, vagliando le specifiche situazioni locali, hanno la facoltà di emanare ordinanze per l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e per la disinfezione/disinfestazione, anche all'interno di proprietà private.
Per garantire risultati soddisfacenti, infatti, le misure da intraprendere non possono prescindere da un'accurata opera di mappatura del territorio, operabile solo a livello locale.
Infine, per quanto riguarda le risorse finanziarie da destinare agli interventi di disinfestazione, si precisa che alcune regioni hanno già emanato provvedimenti legislativi volti al finanziamento delle attività di disinfestazione sostenute dai comuni.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CENTO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
in via Boccea insistono due ripetitori per telefonia mobile situati in due diversi palazzi alla distanza di 50 metri l'uno dall'altro;
nella stessa strada persistono altri ripetitori;
nello stesso comprensorio militare, meglio conosciuto come carcere militare di Boccea, è presumibile che esistano altre forme di inquinamento elettromagnetico -:
se non intendano i Ministri interrogati di attivare un monitoraggio nella zona sull'inquinamento elettromagnetico per l'alta percentuale di decessi per leucemie e forme tumorali;
se non intendano adottare iniziative normative volte a modificare le normative nazionali vigenti in senso più restrittivo, tenendo conto che è stato recentemente depositato un quesito referendario sottoscritto da oltre 600 mila persone.
(4-04126)

Risposta. - La problematica concernente le possibili implicazioni sanitarie connesse con l'utilizzazione dei telefoni cellulari e con l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici irradiati dalle stazioni radio base è stata oggetto, negli ultimi anni, di attenta valutazione da parte della comunità scientifica internazionale ed


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in particolare della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti («ICNIRP»).
Consapevole dell'importanza di approfondire in ogni caso le conoscenze nel settore, l'Organizzazione mondiale della sanità ha avviato, sin dal maggio 1996, «il progetto internazionale CEM (Campi elettro magnetici)», la cui conclusione è presumibilmente prevista per il 2005, allo scopo di stabilire il grado di evidenza scientifica dei possibili effetti sanitari, anche a lungo termine, derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici, compresi quelli a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari e dalle stazioni ricetrasmittenti che molto spesso, ormai, per asserite esigenze di servizio, vengono collocate anche in più punti dei centri abitati.
Per quanto concerne la situazione normativa in tale ambito, si fa presente che nel nostro Paese, con il decreto 10 settembre 1998, n. 381, emanato all'epoca dal ministero dell'ambiente, d'intesa con i dicasteri della sanità e delle comunicazioni, sono stati fissati limiti di esposizione per la prevenzione degli effetti acuti derivanti dall'esposizione alle sorgenti di campi elettromagnetici nell'intervallo di frequenza compreso tra 100 kHz e 300 GHz, che riguarda specificamente l'ambito delle radiofrequenze e delle microonde, in cui sono comprese anche le stazioni radio base.
Al fine di minimizzare i possibili effetti a lungo termine connessi con l'impiego dei numerosi impianti di radiocomunicazioni, sono state previste ulteriori misure di cautela che si concretizzano, nella fattispecie, con una sensibile diminuzione dei valori di campo elettrico e magnetico in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore.
Nel settore specifico delle antenne per la telefonia mobile, inoltre, questo ministero ha provveduto da tempo ad acquisire le valutazioni dell'Istituto superiore di sanità, derivanti dagli studi e dalle indagini condotte in questi ultimi anni.
Dette valutazioni giungono alla conclusione che «sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili si ritiene di poter affermare che: 1) i livelli di campi elettromagnetici a cui è esposta la popolazione a seguito della installazione delle antenne radio base dei sistemi di telefonia cellulare sono tali da escludere categoricamente qualsiasi ipotesi di rischio da esposizione acuta; 2) non esistono, per tali campi, evidenze scientifiche di effetti sanitari a lungo termine da esposizione cronica.».
Per quanto concerne, più in generale, lo stato delle conoscenze scientifiche nel settore in questione, si fa presente che l'Ufficio stampa dell'Organizzazione mondiale della sanità ha diramato, nel giugno 2002, un apposito promemoria, nel quale si afferma, fra l'altro, che «... nessuna delle recenti revisioni della letteratura ha concluso che l'esposizione ai campi a radiofrequenza prodotti dai telefoni cellulari o dalle stazioni radio base provochi alcun effetto negativo sulla salute. Sono comunque state identificate alcune lacune nelle conoscenze che richiedono ulteriori ricerche per giungere a una migliore valutazione dei rischi...».
La legge 22 febbraio 2001, n. 36 «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», nel delineare una articolata e dettagliata disciplina in materia di inquinamento elettromagnetico, ha inteso, tra l'altro, distinguere le funzioni riservate allo Stato dalle competenze attribuite alle Regioni, Province e Comuni.
Gli articoli 8 e 14 della legge n. 36/2001, infatti, hanno attribuito a queste Amministrazioni le funzioni di controllo e vigilanza sanitaria ed ambientale nei confronti dell'inquinamento elettromagnetico, mediante l'utilizzo delle strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
Il caso richiamato dall'interrogante, inoltre, coinvolge la questione delle installazioni (ed eventuali modifiche) nel territorio urbano dei sistemi fissi di telecomunicazioni, fra cui sono comprese anche le stazioni radio base per la telefonia cellulare.
Ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con questo ministero e con il dicastero delle comunicazioni, del 10 settembre 1998, n. 381, «Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza


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compatibili con la salute umana», infatti, è demandato in via esclusiva alle regioni e province autonome il compito di disciplinare l'installazione e la modifica di tutti gli impianti di radiocomunicazione, al fine di garantire il rispetto dei limiti di esposizione e dei valori di cautela prestabiliti dallo stesso decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381.
La medesima norma, altresì, ha disposto che le regioni e province autonome debbono provvedere ad assicurare il regolare svolgimento delle necessarie attività di controllo e vigilanza, anche in collaborazione con l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
D'altro canto, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, l'esercizio delle attività di controllo e di monitoraggio degli impianti radioelettrici è stata affidata alle regioni, le quali debbono anche elaborare piani di risanamento per adeguare, in modo graduale, gli impianti già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti dalla stessa legge n. 36/2001.
Le regioni inoltre, sono tenute a realizzare i catasti regionali, che consentiranno di verificare la dislocazione degli apparati e di tenere sotto controllo le zone maggiormente a rischio.
Infine, la legge n. 36/2001 ha previsto l'istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate, allo scopo di rilevare i livelli di campo presenti nell'ambiente, mediante il quale, in cooperazione con i catasti regionali, sarà possibile realizzare una mappa delle fonti di emissione e monitorare costantemente l'intero territorio nazionale.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CESARO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 184 del 1983, successivamente modificata dalla legge n. 476 del 1998, disciplina il sistema delle adozioni internazionali, affidandone la gestione solo ad enti autorizzati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Commissione per le adozioni internazionali;
tale legge nata nello spirito di semplificare la notevole burocrazia che precede il sistema delle adozioni internazionali oltre che complicarlo ulteriormente diminuendo i soggetti autorizzati alla gestione di tale sistema affida nelle mani di pochi funzionari passaggi delicati dell'intero processo delle adozioni;
nell'ultimo periodo uno dei paesi maggiormente interessati dalle domande di adozione è l'Ucraina;
nell'ultimo periodo, molte delle coppie che hanno avuto rapporti con l'ambasciata italiana a Kiev in Ucraina hanno dovuto scontrarsi con la disonestà di alcuni funzionari;
molte segnalazioni sono giunte alle diverse Associazioni autorizzate e tante altre sono state indirizzate anche ai Ministri interrogati -:
se, in seguito alle numerose lettere dei cittadini e degli enti autorizzati, sia già stata aperta una istruttoria riguardante i fatti segnalati;
quali iniziative si intenda intraprendere per tutelare gli interessi dei cittadini e l'onorabilità delle istituzioni.
(4-01441)

Risposta. - In seguito dell'entrata in vigore della legge n. 476 del 1998, che ha riformato la legge n. 184 del 1983, il controllo del sistema delle adozioni internazionali spetta esclusivamente alla commissione per le adozioni internazionali (CAI), istituita presso la Presidenza del Consiglio, alla quale, dal 4 maggio 2000, è stata trasmessa dal Ministero della giustizia la documentazione concernente le richieste di autorizzazione ad operare in campo di adozioni internazionali.
È la stessa CAI ad autorizzare le attività delle associazioni e le singole pratiche di adozione, nonché tutti gli adempimenti burocratici di competenza delle ambasciate.


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Queste ultime hanno funzioni meramente consultive, esprimono pareri sui referenti locali, assistono i connazionali e le coppie adottanti, qualora ve ne sia la necessità, e presiedono alla legalizzazione dei documenti ed al rilascio del visto per adozione (previa autorizzazione della suddetta commissione).
In particolare, per quanto riguarda la rappresentanza diplomatico-consolare italiana a Kiev, citata dall'interrogante, non risultano al ministero degli affari esteri atti inerenti eventuali istruttorie riguardanti le asserite irregolarità menzionate dall'interrogante, o segnalazioni di disservizi.
Infine, la commissione ha il compito di controllare, ma anche di orientare, l'attività degli enti che svolgono i compiti propri dell'autorità centrale e propone la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale.
Con riferimento alla mancanza di adeguate risposte alle esigenze poste dai minori in stato di adottabilità e dalle coppie aspiranti all'adozione, si ritiene comunque utile rilevare che l'ampia e qualificata composizione della commissione (vi partecipano il dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell'interno, della giustizia, della salute e il ministero degli affari esteri, nonché le regioni, le province e i comuni) offre ampie garanzie all'utenza nel rito delle adozioni.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

CIMA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre 2002 sono stati arrestati due notissimi cardiochirurghi dell'ospedale Molinette di Torino con l'accusa di concussione e turbativa d'asta nel quadro di un gravissimo scandalo tangenti legato ad appalti per l'acquisto di valvole cardiache difettose di produzione brasiliana, e sospettate di aver causato il decesso di 9 pazienti;
solo a Torino (l'altro ospedale di riferimento è quello di Padova) ne sono state impiantate 125 a partire dal febbraio 2001 ed ora comprensibilmente moltissimi pazienti temono per la loro vita;
nel dicembre 2001 l'arresto del direttore generale e di altri dipendenti dell'ospedale aveva smascherato un giro di corruzione miliardario legato soprattutto agli acquisti e alle opere di ristrutturazione del nosocomio, evidenziando così gravissimi problemi nella gestione dell'ospedale Molinette di Torino;
secondo gli organi di stampa, lo scandalo delle valvole cardiache non sarebbe l'unico all'attenzione della magistratura, che starebbe anche interessandosi di altre forniture quali, presidi ortopedici, materiali per dialisi e fili per suture;
a gennaio 2001 un caso analogo a quello delle Molinette si è verificato all'ospedale San Camillo di Roma, quando il centro per i diritti del cittadino denunciò al Ministro della salute l'utilizzo di un centinaio di protesi cardiache difettose che furono ritirate dal mercato -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare affinché, nel rispetto delle competenze degli organi di governo locali, si possa giungere ad un sistema di controllo più severo;
se le strutture coinvolte abbiano provveduto ad avvisare tempestivamente i pazienti a rischio dell'urgenza di effettuare i necessari controlli sanitari.
(4-04500)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame segnala i gravi episodi avvenuti a Torino e a Roma a seguito dell'impianto in pazienti di due modelli di dispositivi valvolari cardiaci.
Per quanto riguarda le valvole cardiache denominate
«tri-prosthetic heart valve», prodotte dalla ditta Tri-technologies di Belo Horizonte (Brasile), impiantate a Torino, sono stati segnalati al ministero della salute tre incidenti similari, dovuti a malfunzionamento delle valvole (dislocazione di un emidisco).
In due casi è stato coinvolto il modello aortico, ed in un caso il modello mitralico.


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La prima segnalazione di incidente è del 1o marzo 2002, ed il paziente è deceduto dopo intervento chirurgico di sostituzione della valvola aortica; la seconda segnalazione è del 26 agosto 2002 e riguarda un paziente sottoposto a sostituzione della protesi mitralica divenuta malfunzionante; nel terzo caso, avvenuto il 10 settembre 2002, il paziente è stato espiantato per il malfunzionamento della valvola mitralica.
A seguito del primo caso, il ministero della salute, in data 5 marzo 2002, aveva provveduto a far ritirare dal mercato italiano tutte le valvole prodotte dalla ditta
Tri-technologies (qualsiasi modello), richiedendo ai carabinieri Nas di vigilare sulla puntuale ottemperanza a quanto disposto ed aveva trasmesso, altresì, una nota informativa agli altri Paesi europei in data 13 marzo 2002, invitandoli anche a fornire notizie in merito ad eventuali incidenti similari ed ai provvedimenti intrapresi.
Il ministero ha inviato, il 23 aprile 2002, una nota agli assessorati regionali e provinciali alla sanità invitandoli a diramare opportuna informativa alle strutture sanitarie di competenza e ad esortare i medici ad eseguire il
«follow-up» dei pazienti impiantati, a tutela della salute pubblica.
Detta nota è stata inviata anche alla federazione nazionale ordine medici e alla Federfarma.
Il
«device», in Europa, risulta venduto in Italia, Spagna, Francia, Germania, Grecia, Turchia ed Albania.
In data 10 settembre 2002, il Portogallo ha risposto, comunicando di non avere in commercio la valvola in questione.
Il 15 ottobre 2002, la Danimarca ha segnalato di non aver osservato malfunzionamenti. La Germania ha disposto il ritiro della valvola, richiedendo ulteriori dati a questo ministero.
Non risulta che Francia, Grecia, Turchia ed Albania abbiano disposto alcun provvedimento in merito a tale valvola cardiaca.
Inoltre, il ministero della salute ha disposto un campionamento a cura dei Nas, per la richiesta di un parere all'istituto superiore di sanità, il quale, in attesa di poter esaminare il fascicolo tecnico del prodotto in questione, aveva espresso un parere interlocutorio in merito alle cause che potevano aver determinato il decesso del paziente.
Dopo le due ulteriori segnalazioni, questo ministero ha inoltrato una nuova nota, il 6 settembre 2002, agli assessorati e agli altri Paesi europei, ed ha richiesto ai due centri impiantatori (Padova e Torino) maggiori notizie, in particolare, sul numero di valvole impiantate e sul
«follw-up» dei pazienti.
Inoltre, alla ditta «Linea» (Germania), mandatario europeo della ditta produttrice brasiliana, è stato richiesto il fascicolo tecnico del prodotto.
In risposta alla richiesta, la ditta «Linea» trasmetteva il fascicolo tecnico del prodotto, le cui copie venivano inviate, per un esame, sia al consiglio superiore di sanità (alla cui attenzione era stata portata l'intera problematica già in data 12 settembre 2002, per un parere riguardo al tipo più idoneo di controlli a cui sottoporre i pazienti impiantati), che all'istituto superiore di sanità.
Nel frattempo, l'istituto di chirurgia cardiovascolare di Padova segnalava un intervento di sostituzione di protesi mitralica, in quanto al controllo ecocardiografico la valvola presentava ritardo di apertura.
La valvola rimossa, sia ad un esame intracardiaco sia all'ispezione macroscopica mostrava di essere integra e ben funzionante.
I due centri impiantatori, San Giovanni Battista di Torino ed istituto di chirurgia cardiovascolare di Padova, hanno trasmesso i dati richiesti su valvole impiantate e
«follow-up» dei pazienti.
L'Istituto di chirurgia cardiovascolare di Padova ha comunicato di aver impiantato 36 protesi in 34 pazienti, tra il novembre 2000 e il febbraio 2002, inviando i dati sul
«follow-up» dei pazienti impiantati.
L'azienda ospedaliera San Giovanni Battista di Torino ha segnalato l'impianto di 137 protesi su un totale di 124 persone, (alcune hanno ricevuto doppi impianti) tra il dicembre 2000 e il febbraio 2002.
I dati trasmessi dai due centri sono stati inviati all'attenzione del consiglio superiore di sanità, che si riunirà alla fine di novembre


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2003 per esprimere un parere sulla gestione dei pazienti impiantati.
In vista della discussione in adunanza generale, la sezione II del consiglio, nella seduta del 24 ottobre 2002, ha già cominciato ad affrontare l'argomento, con particolare riferimento al tipo di controlli e di esami ai quali sottoporre i pazienti impiantati.
Per quanto riguarda le valvole cardiache denominate «Silzone», prodotte dalla ditta statunitense
St. Jude Medical, impiantate presso l'azienda ospedaliera S. Camillo - Forlanini di Roma, il ministero della salute ha da tempo predisposto un programma di controllo e sta tuttora svolgendo (così come previsto dalla direttiva comunitaria sui dispositivi medici, ed in linea con le azioni condotte dagli altri Paesi della Comunità europea nei quali la valvola è stata venduta ed impiantata), un'azione di sorveglianza nei riguardi della ditta statunitense St. Jude Medical, produttrice dei dispositivi medici.
In particolare, è stata acquisita tutta la documentazione inviata dalla stessa ditta ai centri utilizzatori, concernente il ritiro dei dispositivi medici «Silzone» dal mercato e comprendente le indicazioni sul
«follow-up» dei pazienti impiantati, nonché i dati di commercializzazione delle protesi in questione.
La ditta
St. Jude Medical comunicava, in data 21 gennaio 2000, il ritiro della valvola cardiaca «Silzone» dal mercato, e questo ministero, pertanto, ha provveduto a seguire l'andamento del ritiro della valvola dal mercato, chiedendo alla ditta, in data 17 febbraio 2002, la conferma del completamento del ritiro ed i dati sull'andamento del «follow-up» dei pazienti, informando, nel contempo, anche il comando carabinieri Nas.
Il 24 febbraio 2000, la ditta
St. Jude Medical ha confermato il completamento del ritiro, inviando al ministero tutta la documentazione trasmessa ai centri ospedalieri utilizzatori.
Il 21 marzo 2000 anche il Nas ha segnalato l'avvenuto completamento del ritiro della valvola dal commercio.
Relativamente ai dati del
«follow-up», è stato raccomandato ai medici di seguire tutte le normali procedure di controllo e di «follow-up» idonee ad identificare eventuali complicanze.
Questo dicastero ha ricevuto dalla
St. Jude Medical due note, rispettivamente in data 20 dicembre 1999 e 20 gennaio 2000, sull'andamento del monitoraggio dei pazienti impiantati con valvola «Silzone», nelle quali veniva riportato che «gli utenti nazionali della valvola cardiaca Silzone sono stati informati allo scopo di monitorare con particolare scrupolo i pazienti e fugare, a conclusione del periodo di analisi, ogni dubbio in merito alla validità della protesi con rivestimento in «Silzone».
Successivamente, la ditta
St. Jude Medical comunicava che, per ottemperare alla direttiva 93/42/CEE ed agli accordi intercorsi con il ministero della sanità, aveva distribuito a tutti i centri italiani utilizzatori della valvola meccanica cardiaca con rivestimento in «Silzone» una lettera, allegando copia della nota di avviso emessa dal Medical Device Agency («MDA») inglese.
Nella nota del «MDA» sono chiaramente indicate le modalità di effettuazione del
«follow-up» dei pazienti impiantati.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione relativa all'azienda ospedaliera «San Camillo-Forlanini» di Roma, segnalata nell'atto parlamentare in esame, l'assessorato alla sanità della regione Lazio ha comunicato al ministero, per il tramite dell'ufficio territoriale del Governo di Roma, di aver richiesto, a seguito delle istanze del Centro per i diritti del cittadino («CODICI»), al direttore generale dell'azienda gli opportuni chiarimenti in merito all'impianto delle valvole cardiache artificiali «Silzone».
In data 5 dicembre 2001 con nota trasmessa anche al «CODICI», il direttore generale dell'azienda ospedaliera «San Camillo-Forlanini» ha riferito che «durante il periodo in cui le protesi di cui trattasi sono state utilizzate dall'azienda, non si erano ancora verificate le complicanze notificate dalla stessa compagnia produttrice che determinarono poi l'immediata sospensione del loro impiego in azienda, come provato dai registri in sala operatoria.


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Le protesi in questione vennero, infatti, ritirate dal mercato in quanto, a seguito di uno studio prospettico randomizzato su 807 pazienti impiantati con valvole cardiache con o senza rivestimento di Silzone, condotto in 19 centri di cardiochirurgia europei e nord americani, venne riscontrata una più alta incidenza di distacchi peri proteseici negli appartenenti alla prima categoria (3,4 per cento
vs 1,3 per cento).
Tra i due gruppi, inoltre, non venne riscontrata alcuna differenza per quanto riguarda la mortalità ad un anno (6,2 per cento
vs 7,8 per cento).
I successivi studi prospettici randomizzati pubblicati non sono concordi sull'argomento, avendo alcuni confermato gli esiti sopra riportati, mentre altri non hanno messo in evidenza alcuna differenza tra le due categorie di pazienti presi come campione.
Relativamente alle misure di vigilanza e di controllo poste in essere a seguito dei gravi episodi verificatisi, si segnala che il ministero della salute, come già ricordato, ha monitorato l'azione informativa svolta dalla ditta
St. Jude Medical, acquisendo la documentazione inviata dalla stessa ditta e le indicazioni sul «follow-up» dei pazienti e sui dati di commercializzazione delle valvole.
È opportuno precisare, altresì, che dalla data del ritiro della valvola cardiaca denominata «Silzone» alla data della informativa pervenuta dal «CODICI», in cui si riferiva di presunti decessi attribuiti alla valvola, il Ministero della salute non ha effettuato azioni correttive specifiche, in quanto nessuna segnalazione ad esito infausto era pervenuta da alcun ospedale italiano.
Ad oggi, non risultano segnalati incidenti ad esito infausto, attribuibili a malfunzionamento della valvola «Silzone» avvenuti in Italia.
Il Ministero, altresì, stante l'urgenza e la delicatezza della problematica e al fine di tutelare la salute pubblica, ha ritenuto opportuno contattare ed informare direttamente i centri impiantatori (aziende ospedaliere, policlinici universitari e strutture accreditate in tutta Italia), che avevano impiantato la valvola «Silzone» ed ha richiesto direttamente a tali centri i dati sul numero delle valvole impiantate e sul
«follow-up» dei pazienti.
A seguito delle richieste, sono pervenute le risposte da tutti i centri ma, da un primo esame delle risposte, non sembrano emergere particolari problemi derivanti dall'applicazione della valvola in questione.
Il ministero ha sollecitato ulteriori informazioni dai centri, con particolare riferimento a quelli che avevano riportato eventi fatali nel
«follow-up» dei pazienti.
Per tali eventi, i centri interpellati escludono un malfunzionamento della valvola.
In particolare, occorre rilevare che il chirurgo impiantatore dell'azienda ospedaliera S. Camillo - Forlanini di Roma ha risposto all'indagine facendo (presente di aver impiantato 234 protesi e che nessun paziente è ritornato per un eventuale reintervento, né è mai pervenuta allo stesso chirurgo alcuna segnalazione di problemi.
In merito alla costante tutela della salute dei pazienti impiantati con le valvole cardiache che hanno avuto i problemi ora ricordati, questo ministero ritiene utile un ulteriore coinvolgimento degli assessorati regionali alla sanità, sia perché sollecitino la trasmissione dei dati richiesti e notizie e programmi sulle modalità del
«follow-up» eseguito sui pazienti, sia per una specifica informativa agli specialisti in cardiologia ed ai medici di base.
Il ministero della salute sta valutando la possibilità di allestire un registro nazionale delle protesi (comprese le protesi valvolari cardiache), al fine di conseguire la rintracciabilità certa delle protesi impiantate e di poter celermente individuare i pazienti per un idoneo controllo e
«follow-up».
Infine, tra i provvedimenti adottati allo scopo di fornire garanzia e sicurezza ai pazienti operati ed ai cittadini che sono in attesa di interventi di impianto valvolare, occorre segnalare che nel testo del disegno di legge concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria per il 2003), approvato dalla Camera dei deputati, ed attualmente all'esame del Senato, nel Capo IV - Interventi nel settore sanitario,


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è stato inserito l'articolo 38, che istituisce, presso il ministero della salute, la commissione unica sui dispositivi medici.
Detta commissione, nominata con decreto del Ministro della salute, sentite le competenti commissioni parlamentari, è composta da 5 membri nominati dal Ministro della salute, uno dal Ministro dell'economia e delle finanze e 7 dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome.
Sono componenti di diritto, inoltre, il direttore generale della valutazione dei medicinali e della farmacovigilanza di questo Ministero, ed il Presidente dell'istituto superiore di sanità o un suo direttore di laboratorio.
La Commissione, che può invitare a partecipare alle sue riunioni esperti nazionali e stranieri, costituisce un organo consultivo tecnico del ministero della salute, di elevata competenza, con il compito di definire ed aggiornare il repertorio dei dispositivi medici utilizzati nel nostro Paese, classificando tutti i prodotti in classi e sottoclassi specifiche, con l'indicazione del prezzo di riferimento.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CIRIELLI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Pontecagnano (Salerno), insiste l'Istituto sperimentale per l'orticoltura, impegnato nella ricerca e sperimentazione nel campo dell'orticolo. Da qualche anno l'istituto è parzialmente inattivo, essendo praticamente ferma l'attività di collaborazione con le società agricole sementiere nazionale e con le aziende agricole del territorio, a causa del mancato rinnovo delle convenzioni;
nonostante i finanziamenti, la struttura risulta essere notevolmente degradata, con edifici non adeguati alle normative sulla sicurezza degli stabili, e la conseguente chiusura di diversi ambienti, disposta dai vigili del fuoco, ha di fatto provocato notevoli danni all'attività dell'Istituto;
la riduzione della funzionalità operativa ha, a sua volta, determinato conseguenze anche per l'occupazione degli operai stagionali, in passato impegnati per 150 giorni, attualmente occupati solo per 50 giorni;
alla luce di quanto innanzi esposto, verificato il fermo dell'Ispor nella ricerca scientifica in ambito agricolo, con conseguenze che si ripercuotono sull'occupazione degli operatori stagionali, quali iniziative intenda adottare per rilanciare la stessa, che se ben gestita potrebbe dare un contributo notevole all'Agricoltura, primaria risorsa economica della Piana del Sele e di tutta la Campania.
(4-04562)

Risposta. - In merito alla problematica evidenziata, si precisa che la stessa può essere ricondotta alla mancata attuazione della riforma degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria nell'ambito del consiglio per la ricerca in agricoltura, come previsto dal decreto legislativo n. 454 del 29 ottobre 1999.
In tale quadro, si assicura, comunque, che al fine di consentire un intervento organico ed efficace atto ad identificare i rimedi per risolvere i più urgenti problemi organizzativi in ordine alle attività di ricerca, sia dal punto di vista delle strutture che del personale addetto, l'amministrazione ha intrapreso una serie di serrate ed ampie consultazioni con i vertici del consiglio ed i dirigenti delle sezioni operative centrali.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

COLASIO, BIMBI e RUZZANTE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
al quarto circolo didattico di Padova è arrivata comunicazione dei posti assegnati per l'anno scolastico 2002-2003, così determinati: N. 73 posti comuni (per il


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funzionamento delle classi), N. 4 posti di lingua Inglese, 5 posti di sostegno;
la previsione di fabbisogno viceversa per il 2002/2003 è di un numero di insegnanti per 46 classi funzionanti di cui 14 a tempo pieno e 4 a tempo lungo e di non meno di 5 insegnanti di lingua inglese e 7 insegnanti di sostegno; in sostanza sono stati assegnati per il 2002/2003 docenti solo tenendo conto di un tempo/scuola antimeridiano;
questo circolo si è trovato nella condizione di dover istituire classi a tempo pieno e a tempo lungo per le richieste motivate dei genitori e del territorio; ciò si è potuto realizzare in base all'articolo 8 comma 1 della legge n. 148 del 1998;
la circolare Ministeriale n. 16 del 19 febbraio 2002 sugli organici, prevede una contrazione dei posti, ma invita i direttori generali a tener conto delle situazioni territoriali: si parla di «contenimento delle classi a tempo pieno e a tempo prolungato» ma «soprattutto nelle realtà locali in cui la percentuale di tali classi superi maggiormente la media nazionale». Non è certo il caso di Padova che ha una percentuale di classi a tempo pieno fra le più basse in Italia;
su queste premesse, di fatto, il ministero concedeva alcuni posti-docenti in più nel mese di giugno per cui il circolo poteva alla fine contare su tre o quattro insegnanti in più per le esistenti situazioni problematiche;
questo circolo didattico è costituito da 5 scuole elementari nella periferia cittadina e corrispondenti ad un territorio densamente abitato, anche a causa delle abitazioni di edilizia prettamente popolare;
le cinque scuole sono frequentate da bambini che abitano nei quartieri corrispondenti alle scuole stesse e non è possibile escludere qualcuno dalla frequenza;
le scuole della IV direzione didattica di Padova si trovano ad affrontare questa situazione: n. 80 alunni in situazione di disagio socio-familiare (di cui ben 16 segnalazioni al Tribunale dei Minori), n. 60 alunni stranieri inseriti e frequentanti (quasi tutti neo arrivati in Italia), n. 17 alunni nomadi, n. 14 alunni portatori di handicap (di cui due gravissimi);
la quarta direzione didattica di Padova non poteva continuare ad offrire solo 10 classi a tempo pieno, quando la richiesta, da 5 anni a questa parte, è di almeno 20 classi;
l'organico funzionale, cioè il numero dei docenti assegnati al circolo dovrebbe essere corrispondente alle effettive esigenze del circolo stesso e viceversa sono stati assegnati docenti per il 2002/2003 solo tenendo conto di un tempo/scuola antimeridiano;
l'organico assegnato è assolutamente inferiore alle necessità reali e rappresenta una decurtazione insostenibile rispetto allo scorso anno;
se non verranno assegnati almeno 4 insegnanti in più su posti comuni e ripristinato il posto di Inglese e i due posti di sostegno soppressi, non potrà essere garantita l'offerta formativa finora mantenuta ed i servizi minimi attualmente assicurati;
la riduzione dell'offerta formativa avrà conseguenze gravissime non solo sugli alunni, ma anche sulle loro famiglie che sarebbero costretti improvvisamente a cambiare la loro situazione organizzativa familiare e lavorativa -:
come intenda dare soluzione per il prossimo anno scolastico a questa situazione drammatica ed evitare un grave disagio sociale per le famiglie, provvedendo a mantenere uno standard di servizio scolastico adeguato alle esigenze delle famiglie e degli alunni non mettendo la direzione didattica nelle condizioni di venir meno ad un servizio appena sufficiente per quell'utenza e per quel territorio dovendosi limitare, la direzione stessa, ad erogare solo un servizio di scuola al mattino.
(4-03085)

Risposta. - Per effetto delle norme contenute nell'articolo 22 della legge finanziari a per il 2002 (legge 28 dicembre 2001,


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n. 488), con l'annuale decreto ministeriale relativo ai contingenti organici delle scuole di ogni ordine e grado, alle scuole elementari della regione Veneto sono stati assegnati, per l'anno scolastico 2002/2003, 17.923 posti, con una differenza in meno, rispetto allo scorso anno scolastico, di 195 posti, pari all'1,08 per cento in meno e ciò nonostante che gli alunni iscritti siano aumentati di circa 1.700 unità.
Dovendo operare nel rispetto della normativa vigente non è stato possibile concedere deroghe né operare compensazioni con le dotazioni organiche degli altri ordini di scuole in quanto, da un lato, anche per la scuola secondaria di primo e secondo grado, pur sempre in presenza di un aumento di iscrizioni, sono stati assegnati posti in numero inferiore rispetto a quelli esistenti nell'anno scolastico 2001/2002 e dall'altro, i diversi tempi di attuazione degli organici hanno impedito di poterne verificare concretamente la reale fattibilità, dal momento che gli organici della scuola elementare sono i primi ad essere definiti.
Si fa, inoltre, presente che il 1o comma dell'articolo 8 della legge 5 giugno 1990, n. 148, che prevede il «tempo lungo», non indica per la sua realizzazione alcuna ulteriore risorsa prevedendo l'utilizzazione di quelle disponibili.
Comunque, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, sono stati autorizzati ulteriori 90 posti ed è stato possibile incrementare l'organico del 4o circolo di Padova con 2 posti di scuola comune e 12 ore per l'insegnamento della lingua straniera.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

CORONELLA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel mese di giugno ultimo scorso, presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono stati scoperti alcuni casi di «scabbia», malattia infettiva che si diffonde in ambienti precari dal punto di vista igienico sanitario;
tale episodio ha avuto notevole risalto sulla stampa locale (22 giugno 2002, il Corriere di Caserta; 28 giugno 2002 la Gazzetta di Caserta). Non solo ma anche il sindacato S.A.P.Pe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) con specifiche denuncie alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nonché alla competente ASL CE/2 faceva riferimento al grave stato di degrado ambientale della struttura e dei reparti dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa nonché a specifiche responsabilità del Dirigente dell'Istituto -:
se siano a conoscenza di quanto sopra;
se i ministri interrogati ritengano necessario ed urgente disporre un indagine al fine di accertare quanto detto in premessa:
se e quale provvedimenti si intendano adottare per scongiurare il diffondersi, della malattia e per bonificare la struttura interessata;
se e quali provvedimenti in fine, si intendano assumere nei confronti del responsabile della struttura dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, qualora se fossero accertate le responsabilità.
(4-04011)

Risposta. - Il ministero della salute ha, per quanto di propria competenza, comunicato che dall'esame delle notifiche di malattie infettive inviate dalla regione Campania all'ufficio III (Malattie infettive e profilassi internazionale, OEN) della direzione generale della prevenzione, non risulta pervenuta alcuna segnalazione relativa a focolai epidemici di scabbia tra i ricoverati nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, poiché l'attuale sistema di notifica delle malattie infettive e diffusive (decreto ministeriale 15 dicembre 1990) prevede la segnalazione immediata dei casi di scabbia soltanto quando questi si presentino in forma epidemica (due o più casi tra ospiti - frequentatori della stessa comunità, o esposti a fonte comune di infezione). In ipotesi di manifestazione di casi singoli, o sporadici, di tale parassitosi, la


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notifica avviene per mezzo di un semplice riepilogo che la regione invia a fine anno, senza indicazioni circa i dati anagrafici dei pazienti e le collettività interessate.
In ogni modo, sia nell'eventualità di casi sporadici, che in quella di focolai epidemici, la messa in atto delle misure di sanità pubblica appropriate, riguardo le quali il ministero della salute ha fornito indicazioni di carattere generale con la circolare n. 4 del 19 marzo 1998, ricade nelle competenze dell'azienda sanitaria locale e della regione.
Si rappresenta peraltro che, in relazione al caso in questione, a seguito di un documento sindacale dell'organizzazione sindacale Sappe, il provveditorato regionale di Napoli ha provveduto a richiedere dettagliate informazioni alla Direzione dell'ospedale psichiatrico di Aversa.
In data 26 giugno 2002 quest'ultima ha comunicato che i casi di «presunta» scabbia erano riferiti a due internati ubicati presso il reparto n. 9 (ove, peraltro, non presta servizio personale di polizia penitenziaria, atteso che la cura e la vigilanza sono assicurate da personale infermieristico), che gli stessi erano sottoposti a terapie preventive specifiche e che in tutto il reparto erano stati adottati i necessari provvedimenti.
Successivamente, in data 1o luglio 2002, la stessa direzione ha rappresentato che i casi di sospetta acariosi erano in via di remissione clinica e che nel corso della visita effettuata dagli operatori sanitari della divisione di dermatologia dell'ospedale civile di Caserta, era stato riscontrato l'assoluto controllo sanitario della presunta patologia oltre alla mancanza di qualsivoglia condizione contagiosa.
Peraltro, come comunicato dallo stesso direttore dell'O.P.G., ad Aversa non vi sono internati affetti da scabbia.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MAURA COSSUTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il novanta per cento delle persone sordomute presenti in Italia è analfabeta e quindi incapace di dattilografare;
da diversi anni i sordomuti hanno chiesto di poter avere in dotazione dei fax in tutte le città italiane, in maniera tale da poter trasmettere e comunicare anche non sapendo dattilografare;
a tutt'oggi malgrado le numerose richieste avanzate, non si è ancora proceduto all'attivazione dei fax richiesti in dotazione dalle persone sordomute -:
se sia prevista ed entro quali tempi la dotazione in uso ai sordomuti, in tutto il territorio nazionale, dei fax dagli stessi richiesti.
(4-03621)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, dietro delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332 («Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe»), attualmente in fase di revisione, individua «le prestazioni di assistenza protesica che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del nomenclatore di cui all'allegato 1, erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (
...omissis...) e ne definisce le modalità di erogazione».
In particolare, l'articolo 4, comma 1, del decreto in questione, prevede che l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale delle prestazioni di assistenza protesica sia subordinata, tra l'altro, ad una preliminare prescrizione redatta da un «medico specialista del Servizio sanitario nazionale (
...omissis...) competente per tipologia di menomazione o disabilità.
Detta prescrizione, specifica il successivo comma 3, costituisce «parte integrante di un programma di prevenzione, cura e riabilitazione delle lesioni o loro esiti che, singolarmente, per concorso o coesistenza, determinano la menomazione o disabilità».
La fornitura, quindi, di un qualunque tipo di dispositivo (protesi, ortesi, ausilio tecnico) deve essere necessariamente preceduta


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da una valutazione clinica e strumentale effettuata nei riguardi dell'assistito, al fine di garantire che l'accesso alla prestazione sanitaria risponda alle reali esigenze terapeutiche o riabilitative del paziente.
Pertanto, pur considerando le difficoltà di comunicazione con cui quotidianamente devono convivere i soggetti affetti da sordomutismo, è necessario precisare che la fornitura di apparecchiature
fax non rientra nell'ambito delle prestazioni erogabili dal servizio sanitario nazionale, poiché ad esse non è riconosciuto lo status di ausilio tecnico a valenza sanitaria.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

COSTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Azienda sanitaria locale n. 8 di Moncalieri (Torino) ha speso 8 miliardi di lire per i lavori di ammodernamento ed ampliamento del nuovo reparto di pronto soccorso dell'Ospedale Santa Croce;
i lavori hanno avuto una durata di 5 anni con innegabili disagi per i ricoverati ed i cittadini;
solo il 7 dicembre 2001, proprio in occasione della cerimonia di inaugurazione, diretta a dimostrare l'efficienza del nuovo reparto, si è scoperto che le ambulanze, a causa delle porte d'accesso troppo strette, sono obbligate a lunghe e difficili manovre, per accedere all'edificio;
quanto sopra comporterà nuovi costi e nuovi disagi per le necessarie modifiche;
è indispensabile che le ASL abbiano una gestione più attenta del denaro pubblico -:
se non ritenga di inviare gli atti alla Corte dei conti per le opportune verifiche circa le responsabilità.
(4-01916)

Risposta. - L'azienda sanitaria locale n. 8 di Chieri-Carmagnola-Moncalieri-Nichelino (Torino) solo recentemente ha riferito sull'inadeguatezza, rilevata subito dopo l'ultimazione dei lavori di costruzione per l'ampliamento dell'ospedale «Santa Croce» di Moncalieri, relativa alla difficoltà di accesso al pronto soccorso per le ambulanze.
Il fatto è stato dai responsabili attribuito ad una difformità di esecuzione rispetto alle tavole di progetto esecutivo, e più precisamente ad un andamento del muro perimetrale non conforme al tracciato del progetto originario.
La ditta appaltatrice, riconosciute le proprie responsabilità, ha provveduto, a proprie spese, senza alterazione dei patti contrattuali ed ulteriore impegno di spesa da parte dell'amministrazione, a tutte le opere necessarie ad una piena corrispondenza dei manufatti alle corrette previsioni progettuali.
La ditta ha eseguito i lavori (rifacimento del muro controterra, con demolizione di quello erroneamente posizionato e sua successiva ricostruzione nel punto esatto indicato dal progetto) tra il 15 gennaio ed il 15 febbraio 2002.
I lavori sono stati realizzati, fino al ripristino delle originarie dimensioni del progetto di ampliamento delle strutture ospedaliere, senza causare alcun ritardo agli interventi relativi alla messa in funzione del D.E.A. e dei piani superiori dell'ospedale «Santa Croce» di Moncalieri.
Sulla costruzione delle opere e la loro funzionalità finora non è stata avanzata alcuna osservazione.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

COSTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la proposta del Ministero della salute in ordine della ripartizione del Fondo sanitario nazionale per il 2002, non risulta ancora presentata e dovrà essere sottoposta prima alla Conferenza Stato-Regioni e successivamente al CIPE; è pertanto probabile che la ripartizione divenga definitiva dopo il primo semestre dell'anno;
secondo dati non confermati, ma sostanzialmente credibili, si viaggerebbe


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verso una spesa sanitaria, per il 2002, di oltre 150.000 miliardi di lire (77 miliardi di euro) con superamento delle previsioni: la situazione di lunga attesa crea anomalie e costituisce motivo di crescita ingiustificata della spesa poiché le regioni finiscono con l'essere indotte a spendere di più non sapendo quali siano esattamente i limiti della spesa -:
quali siano le ragioni per le quali il ministero della salute non abbia ancora potuto presentare la proposta di ripartizione del Fondo sanitario nazionale per l'anno 2002 e, in particolare, se corrisponda al vero che le regioni avevano raggiunto un accordo di massima sulla ripartizione e che successivamente tale accordo è venuto meno relativamente soprattutto al computo delle quote capitarie.
(4-03197)

Risposta. - Il ministero della salute - Direzione generale della programmazione sanitaria, ha elaborato una ipotesi di ripartizione del Fondo sanitario nazionale per l'anno 2002.
L'ipotesi di finanziamento è tuttora in fase istruttoria.
In merito all'accordo di massima sulla ripartizione, di cui all'ultima parte dell'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente che le regioni avevano manifestato opinioni convergenti in materia durante un incontro tenuto a Perugia.
L'ipotesi in tale occasione delineata, tuttavia, non poteva trovare concorde il Governo, in quanto basata su presupposti finanziari che non corrispondono alla interpretazione governativa dell'Accordo intervenuto in seno alla Conferenza Stato-Regioni in data 8 agosto 2001.
In effetti, le regioni indicavano, come quota di entrate proprie, lo stesso importo in valore assoluto utilizzato per l'anno precedente (anziché un importo proporzionalmente incrementato) e ritenevano che i 2 mila miliardi di lire aggiuntivi fossero interamente a carico dello Stato (mentre anche su questi gravano, proporzionalmente, sia le quote di entrate proprie, sia le «partecipazioni» delle Regioni a statuto speciale).
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

COSTA. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella città di Torino in poco più di un mese ben dieci persone, quasi tutte in giovane età, hanno perso la vita per aver fatto uso di stupefacenti;
occorre accertare, attraverso i campioni di droga residua rinvenuta presso i corpi delle vittime se la strage sia dovuta a fattori occasionali, (ipotesi poco veritiera stante la grossa partita di droga anomala spacciata a Torino in estate ovvero ad un'operazione non colposa bensì delittuosa ed omicida di vaste proporzioni);
i dubbi circa le ipotesi peggiori derivano dai dati statistici che evidenziano come a Torino nei primi sei mesi dell'anno non vi sia stato neppure una vittima della droga, mentre in poco più di un mese dieci persone abbiano perso la vita -:
se sia informato circa la gravissima situazione denunciata;
se, accanto alle inchieste della magistratura, gli uffici competenti dei ministeri in collaborazione con la regione ritengano di attuare un'iniziativa di prevenzione sia attraverso un'idonea informazione sia attraverso un'opera straordinaria di controllo del territorio nelle zone urbane a rischio.
(4-03850)

Risposta. - In merito alla grave problematica denunciata nell'atto parlamentare in esame, l'ufficio territoriale del Governo di Torino ha segnalato che, mentre nel 2001 nella provincia di Torino si erano verificati 19 decessi dovuti ad «overdose» di sostanze stupefacenti, di cui 10 nel capoluogo, nell'anno in corso sono stati fino ad oggi 16 i decessi per «overdose», 11 dei quali in città.
In particolare, fra il mese di luglio ed i primi giorni di settembre si sono verificati a Torino 10 decessi per «overdose», attribuibili,


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in base alle indagini svolte e all'esperienza maturata dagli organi di polizia, all'assenza dal territorio dei fornitori abituali dei tossicodipendenti deceduti, che si sono rivolti, molto probabilmente, a «pusher» occasionalmente conosciuti, i quali hanno fornito loro eroina in quantità e qualità diversa da quella assunta in condizioni ordinarie, che ne ha causato la morte.
In effetti, gli accertamenti svolti consentono di ricondurre i decessi a fattori occasionali e non ad eventi dolosi: l'unico legame che collega tra di loro, nella maggior parte dei casi, i soggetti deceduti è costituito, infatti, dalla comune frequentazione di zone in cui gli spacciatori sono soliti sostare per vendere gli stupefacenti.
Anche se la situazione denunciata appare come la conseguenza di fattori contingenti e transitori del mercato degli stupefacenti in un determinato ambito territoriale, il Ministero della salute auspica lo sviluppo di una maggiore circolazione, tra le forze dell'ordine ed i servizi pubblici per le tossicodipendenze (SerT), delle informazioni concernenti le sostanze stupefacenti presenti sul mercato, allo scopo di favorire l'adozione di opportune azioni di prevenzione da parte delle aziende sanitarie locali.
Per quanto riguarda l'attività di prevenzione rivolta al consumo di stupefacenti, il ministero del lavoro e delle politiche sociali, in sede di ripartizione annuale del fondo nazionale d'intervento per la lotta alla droga, ha inteso attribuire euro 7.615.312 alla regione Piemonte per il 2002.
Le scelte di merito relative all'utilizzazione di queste risorse rientrano nella autonomia regionale.
Infine, quanto alle idonee iniziative di prevenzione sviluppate mediante l'attività di informazione sugli effetti delle sostanze stupefacenti, si rammenta che è da tempo in corso la campagna informativa nazionale per l'anno 2002, prevista dall'articolo 1 della legge n. 45 del 1999, gestita dal ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

COSTA. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, è stato istituito l'ispettorato centrale repressione frodi con compiti di prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agro-alimentari e delle sostanze di uso agrario e forestale, di controllo di qualità alle frontiere e, in generale, di controllo nei settori, di competenza dell'allora ministero delle politiche agricole e forestali;
attualmente, il suddetto ispettorato è articolato in 4 divisioni centrali e 22 uffici periferici, ciascuno con un proprio laboratorio chimico;
si è assistito ad una progressiva contrazione del personale, ridottosi, secondo i dati ufficiali aggiornati al 31 marzo 2002, a 684 dipendenti, a fronte di un organico, stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 novembre 1996, in 880 unità;
questa forte contrazione del personale ha colpito in modo particolare le sedi del nord Italia, specialmente degli uffici di Asti e Torino che lamentano una carenza di personale del 30-40 per cento e quello di Genova del 50 per cento;
in data 15 ottobre 2002, è stato predisposto uno schema di regolamento di riorganizzazione che prevede un'ulteriore penalizzazione del Nord-Ovest (Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta) con la soppressione dei laboratori di Torino ed Asti e dei posti dirigenziali di Asti e Genova, oltre che con il declassamento degli Uffici di Asti e Genova a sedi distaccate di Torino e del Laboratorio di Genova a sede distaccata del laboratorio dirigenziale di Modena;
il provvedimento di riorganizzazione si ispira, con una riduzione degli uffici periferici, che scendono ad 11, ed un aumento d quelli dell'amministrazione centrale, ad una concezione centralistica


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in contrasto con la tendenza, attualmente in atto, di potenziamento delle strutture locali -:
se il Ministero non ritenga che l'assetto organizzativo previsto nello schema di regolamento di riordino non possa pregiudicare le capacità operative dell'Ispettorato vista la forte contrazione di personale e di uffici a livello locale;
se, non ritenga la suddetta riorganizzazione eccessivamente penalizzante per la zona Nord-Ovest, che presenta il ridimensionamento di gran lunga più marcato rispetto a tutte le altre aree regionali, e quali azioni intenda intraprendere per riequilibrare tale situazione.
(4-04926)

Risposta. - In merito alle preoccupazioni espresse, riguardo allo schema di regolamento di riorganizzazione dell'Ispettorato centrale repressione frodi ed ai possibili pregiudizi che questo potrebbe comportare alla generale capacità operativa dell'Ispettorato a causa della contrazione del personale e degli uffici a livello locale, si precisa, innanzi tutto, che la proposta di riorganizzazione dell'ispettorato centrale repressione frodi non produce affatto uno smantellamento dell'apparato attualmente esistente, ma solo una sua razionalizzazione, come previsto dalla legge 19 gennaio 2001, n. 3, in modo da consentire un migliore utilizzo delle dotazioni strumentali e umane a disposizione.
La razionalizzazione in parola, infatti, si fonda su alcuni principi essenziali per un più efficiente ed efficace svolgimento dell'attività istituzionale della struttura.
Tali principi possono, in sostanza, ricondursi principalmente:
a) alla necessità di assicurare una più diffusa presenza delll'ispettorato sul territorio a livello ispettivo, contestualmente ad una migliore collaborazione con le strutture regionali, titolari delle competenze in agricoltura a livello di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;
b) all'esigenza di poter disporre, all'interno dell'ispettorato, di laboratori separati funzionalmente dagli uffici ispettivi per garantirne la terzietà, con adeguate dotazioni organiche e strumentali, qualificati scientificamente e quindi capaci, da un lato, di conseguire le necessarie specializzazioni nei diversi settori merceologici e, dall'altro lato, di mettere in atto studi volti alla messa a punto di metodi di analisi utili per individuare le sempre più sofisticate frodi nel settore agroalimentare e dei mezzi tecnici di produzione;
c) alla necessità di garantire più efficaci azioni di programmazione e di coordinamento delle attività ispettive e di laboratorio in concorso con le altre forze di polizia operanti nel settore delle frodi agroalimentari.

Inoltre, la predetta legge n. 3/2001 obbliga ad effettuare la riorganizzazione dell'Ispettorato senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, il che costituisce un grande limite soprattutto per quel che riguarda la possibilità di adeguare le dotazioni organiche del personale alle effettive necessità del settore.
Sulla base di tali presupposti è stato impostato lo schema di regolamento proposto, che ha raccolto il parere favorevole sia degli uffici legislativi del ministero dell'economia e finanze - dipartimento del tesoro - e del dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sia la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato.
Inoltre, il testo in oggetto è stato sottoposto alla consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Nel dettaglio il testo individua:
a) n. 6 uffici centrali di livello dirigenziale non generale per la programmazione, il coordinamento delle attività ispettive e di laboratorio, la gestione e la formazione del personale, l'attività sanzionatoria;
b) n. 11 uffici ispettivi di livello dirigenziale non generale, con 15 sezioni distaccate di livello non dirigenziale, assicurando in tal modo circoscrizioni omogenee e una presenza dell'Ispettorato in tutte le regioni;


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c) n. 5 laboratori di livello dirigenziale non generale, con 7 sezioni distaccate di livello non dirigenziale, distribuiti su tutto l'arco della penisola, con aree di servizio pluriregionali, in considerazione del fatto che le analisi di laboratorio possono essere «delocalizzate» senza minimamente inficiare la loro attendibilità.

Con tale proposta di riorganizzazione, in particolare, vengono di fatto mantenute tutte le attuali 22 sedi periferiche dell'ispettorato - anche se, in alcuni casi, ne sono diversificate le funzioni -, anzi ne vengono addirittura create di nuove in zone nelle quali non era prevista, finora, la presenza di alcun ufficio.
Appare, pertanto, evidente come l'intento dell'amministrazione, lungi da concezioni centralistiche in contrasto con le attuali tendenze al potenziamento delle strutture locali, sia in realtà quello di assicurare la massima capillarità all'azione di vigilanza su tutto il territorio nazionale.
Quanto alla preoccupazione, infine, che, nell'ambito della riorganizzazione, la zona Nord-Ovest sarebbe stata particolarmente ridimensionata rispetto alle altre regioni si fa presente che per tale zona, in ossequio alle sopra descritte esigenze di omogeneità e capillarità, si è ritenuto opportuno riunire le regioni interessate (Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta) in un'unica area territoriale, tenuto conto non solo della contiguità fisica delle medesime, ma anche e soprattutto della notevole affinità delle problematiche agroalimentari da affrontare e della rete di collegamenti stradali esistente.
In tale area, infatti, sono state conservate tutte le strutture operative dell'Ispettorato già presenti; ad una di esse, in particolare, e cioè all'ufficio periferico dirigenziale non generale di Torino verrà attribuita la funzione di coordinamento dell'attività ispettiva da espletare nella circoscrizione territoriale di competenza; gli altri due uffici ispettivi previsti su tale area (le sezioni distaccate non dirigenziali di Asti e Genova), dipendenti a livello sia funzionale che organizzativo dall'ufficio periferico principale, garantiranno un'adeguata e ugualmente ramificata presenza dell'Ispettorato in tutta l'area interessata.
Tutto ciò, si sottolinea, senza alcun ridimensionamento del personale attualmente in servizio.
A ciò si aggiunga che anche l'attività di laboratorio non subirà alcun rallentamento o limitazione.
Infatti, gli accertamenti analitici su tutti i campioni di prodotto, prelevati nel corso dell'attività di controllo svolta dagli uffici ispettivi sopra indicati, saranno affidati al laboratorio dirigenziale di riferimento di Modena, che in tale azione sarà opportunamente coadiuvato da una sezione distaccata di livello non dirigenziale prevista a Genova.
Da tutto quanto espresso risulta, pertanto, evidente come la proposta di razionalizzazione in argomento non miri affatto a ridimensionare alcune aree territoriali rispetto ad altre, ma sia invece orientata ad assicurare, in maniera uguale su tutto il territorio italiano, una presenza efficace e realmente incisiva dell'ispettorato, allo scopo di potenziarne l'azione di lotta contro le frodi agroalimentari e fornire così un'adeguata e tempestiva risposta alle sempre più pressanti richieste di tutela della qualità merceologica dei prodotti agroalimentari e della sicurezza alimentare, in totale ossequio sia agli obiettivi fissati dal legislatore con la legge n. 3/2001, sia alle vigenti disposizioni nazionali e comunitarie in materia di tutela dei consumatori e della sicurezza degli alimenti.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

D'AGRÒ. - Al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il data 8 gennaio 2002 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 22 ottobre 2001 che stabilisce un «Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazione e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a


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terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi»;
l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio sopra enunciato (verifiche periodiche - soggetti abilitati) al comma 2, detta: «per l'effettuazione delle verifiche, il datore di lavoro si rivolge all'Asl, o all'Arpa, o ad eventuale organismi individuati dal ministero delle attività produttive»;
risulta all'interrogante che, alla richiesta di informazioni da parte di soggetti interessati all'applicazione della nuova normativa, dal ministero delle attività produttive si sia più volte risposto che era allo studio un decreto attuativo;
nel 2000 l'Ispesl ha pubblicato un testo intitolato: «Linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatori»;
sembra che al ministero della salute sia in corso di redazione una ulteriore versione della linea guida -:
se i ministri interrogati siano al corrente della situazione di cui alla premessa e se non intendano chiarire quanto sarà disponibile il decreto attuativo relativo al decreto del Presidente della Repubblica 462 del 22 ottobre 2001, se saranno redatte delle linee guida per i reparti operatori da parte del ministero della salute o dell'istituto superiore della sanità e, se applicabile, in quali tempi sarà pubblicata tale guida.
(4-02397)

Risposta. - Il decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, ha introdotto alcune modifiche delle procedure per l'omologazione e la verifica degli impianti di messa a terra, dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti nei luoghi in pericolo di esplosione, già previste dagli articoli 40 e 328 del decreto del Presidente della Repubblica n. 547/55 e dai decreti ministeriali del 12 settembre 1959 e 22 febbraio 1965.
Infatti, le procedure della omologazione sono ora sostituite dalla presentazione, a cura del datore di lavoro, all'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (I.S.P.E.S.L.) ed alla ASL territorialmente competente ovvero all'ARPA, della dichiarazione di conformità redatta dalla ditta installatrice, ai sensi della legge n. 46 del 1990.
Per quanto concerne le verifiche periodiche, che per i locali medici vengono previste con cadenze biennali, esse possono oggi essere effettuate da parte delle ASL o dell'ARPA, oppure da organismi abilitati, la cui individuazione è di competenza del Dicastero delle attività produttive, che ha emanato la direttiva 11 marzo 2002, concernente le «Procedure per l'individuazione, ai sensi degli articoli 4, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 462/2001 degli organismi di ispezione di tipo A».
Permangono, infine, le verifiche da effettuarsi da parte delle strutture tecniche delle aziende ospedaliere.
Per quanto riguarda i reparti operatorii, si precisa che il Ministro della sanità
pro tempore, con decreto 8 giugno 1998, aveva costituito un Comitato tecnico-operativo per il monitoraggio delle sale operatorie, che ha redatto un documento per la sorveglianza della qualità delle camere e delle attività operatorie.
Nel contempo l'Ispesl, i cui rappresentanti erano tra i componenti del Comitato, predisponeva, per la parte di sua competenza, il documento concernente le «Linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatorii».
In data 29 settembre 1999, entrambi i documenti venivano esaminati dal Consiglio superiore di sanità, il quale, mentre approvava con lievi variazioni il documento elaborato in seno al Comitato, suggeriva di apportare modifiche al documento predisposto dall'Ispesl, riservandosi di visionarlo, una volta riformulato, e raccomandando una tempestiva informazione delle strutture interessate sulla natura provvisoria di tale documento.
Il documento Ispesl, non appena riformulato, venne riproposto all'esame del consiglio superiore di sanità il 5 luglio 2001.
In esito alla disamina dell'atto, il consiglio richiedeva ulteriori integrazioni.


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Il 12 dicembre 2001, il consiglio ha nominato un gruppo di lavoro «ad hoc», con il compito di rivedere il documento e di effettuare le opportune integrazioni al fine di renderlo strumento operativo utile per tutti gli addetti del settore.
Il gruppo di lavoro, costituito in seno al consiglio superiore di sanità e di cui facevano parte rappresentanti dell'Ispesl, dell'istituto superiore di sanità e docenti universitari, ha rielaborato il documento e lo ha sottoposto all'esame del consiglio superiore di sanità, che ha dato parere favorevole il 16 luglio 2002.
Il documento di «Linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatorii», intende fornire risposta alle esigenze di sicurezza dei lavoratori e dei pazienti nei confronti dei possibili rischi connessi con le attività operatorie.
Tale documento è stato predisposto per esplicitare maggiormente gli adempimenti in materia indicati dalla vigente legislazione e per orientare le regioni nell'applicazione della stessa normativa, soprattutto per taluni aspetti di difficile interpretazione.
Il documento concernente lo schema di linee guida per la definizione degli
standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatorii, corredato del parere espresso il 16 luglio 2002 dal consiglio superiore di sanità, è stato trasmesso il 29 ottobre 2002 alla segreteria della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, affinché tali linee guida possano venir recepite con apposito accordo, ai sensi degli articoli 2, comma 1 lettera b) e 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

DAMERI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a Valenza Po (Alessandria) da alcuni mesi prima per le indiscrizioni filtrate attraverso gli organi di stampa poi per i pronunciamenti dei responsabili del Governo Regionale si è creato un clima di forte preoccupazione circa il futuro dell'ospedale, che come è noto appartiene all'Ordine Mauriziano di Torino, con strutture ospedaliere oltre che nel capoluogo piemontese anche a Lanzo ed appunto a Valenza Po;
il Presidente della Giunta Regionale nel marzo scorso preannunciando un incontro con il Ministro degli interni dichiarava che i costi del Mauriziano sono superiori a quelli delle altre strutture ospedaliere, e l'Assessore Regionale alla sanità sosteneva che sono addirittura il quadruplo rispetto agli altri, accusando quindi di fatto l'Ente di cattiva gestione, senza peraltro avanzare proposte di riorganizzazione funzionale a migliorare i conti economici e il servizio reso agli utenti;
il Consiglio di Amministrazione dell'Ordine Mauriziano in data 14 marzo sottolineava come la particolare situazione di difficoltà economica dell'Ente derivi dalla mancata definizione della convenzione con la Regione Piemonte, lamentava la mancata parificazione nel trattamento alle Aziende Regionali di pari livello, disparità da cui a parere dei responsabili dell'Ente deriva attuale situazione di deficit, ricordava che il conto consuntivo dell'anno 1999 è stato regolarmente approvato dal Ministero del Tesoro e concludeva sottolineando la volontà dell'Ente di mantenere gli Ospedali di Lanzo e Valenza continuando l'erogazione delle prestazioni alle comunità locali;
le istituzioni locali territoriali in primis il Comune di Valenza hanno attivato molteplici incontri con gli operatori, con la cittadinanza che ha più volte espresso la sua contrarietà alla ventilata chiusura della struttura ospedaliera, nonché si è aperto un confronto con i responsabili dell'ASL e con il Mauriziano che ipotizza una riconversione e riorganizzazione delle attività, all'interno di una logica territoriale che contempla progetti sperimentali di assistenza integrata ospedale-territorio come concreta struttura ospedaliera di riferimento del distretto socio-sanitario;
di fronte all'inerzia della Regione Piemonte, mossa esclusivamente da una


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logica di tagli senza un disegno di politica sanitaria, nelle ultime settimane all'ospedale di Valenza sono entrate in vigore le restrizioni volute dall'ordine Mauriziano con le aree chirurgiche e ortopediche che si sono viste ridurre i posti letto da tredici a otto, mentre sono stati addirittura eliminati gli otto posti letto del reparto di cardiologia per acuti per lasciare il posto a quelli di riabilitazione cardiologica -:
se non intenda, vista anche la natura particolare dell'ordine Mauriziano promuovere un'iniziativa che coinvolga la Regione Piemonte e gli Enti locali interessati per definire in modo chiaro, anche attraverso la citata convenzione, il rapporto tra l'Ordine stesso e la Regione e a contribuire a definire il futuro della struttura ospedaliera di Valenza nel quadro di un Piano sanitario regionale fondato sulla certezza delle risorse economiche e finalizzato al miglioramento della salute dei cittadini piemontesi.
(4-03261)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame riguarda l'ospedale di Valenza Po (Alessandria), appartenente all'ente ordine mauriziano di Torino ed, in particolare, fa riferimento alle iniziative che la regione Piemonte deve promuovere per fronteggiarne la situazione di dissesto finanziario.
A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo il disposto dell'articolo 117 della Costituzione (nel testo introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e come stabilito dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (articolo 2 e articolo 4, comma 10), l'organizzazione della rete ospedaliera rientra nell'autonomia riconosciuta alle regioni, mentre rimane attribuita alla competenza del livello centrale la garanzia dei livelli essenziali di assistenza, che devono essere erogati a tutti i cittadini in condizioni di uniformità.
La citata normativa prevede, inoltre, il pieno coinvolgimento degli enti locali nelle decisioni programmatorie, sia nell'ambito del piano sanitario regionale sia nella programmazione in sede locale (articolo 2, comma 2-
quinquies decreto legislativo 502 del 1992, e successive modificazioni).
Pertanto, la concertazione nell'ambito del piano sanitario regionale, auspicata nell'interrogazione, rientra nella procedura programmatoria regionale, al fine della miglior tutela della salute della popolazione residente.
Infatti, il ministero della salute non può interferire sulle scelte che la regione Piemonte sta operando sulle strutture ospedaliere insistenti sul proprio territorio, dovendosi limitare, ai sensi della vigente normativa, a svolgere un'opera di monitoraggio dell'attività sanitaria effettivamente erogata in favore dei cittadini.
Si aggiunge, infine, che al fine di procedere al risanamento dell'ente ordine mauriziano, stante la sua grave situazione di dissesto finanziario, il Governo ha deliberato lo scioglimento degli organi ordinari dell'ente, nominando commissario straordinario per la sua provvisoria gestione il prefetto dottoressa Anna Maria D'Ascenzo (decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2002).
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in tutto il mondo occidentale prosegue la ricerca di nuovi e più efficaci strumenti per l'individuazione e la repressione del fenomeno terroristico, dopo la tragedia che ha colpito il popolo americano l'11 settembre 2001;
è ormai accertato che le banche hanno giocato, involontariamente, un ruolo di grande copertura delle attività dei gruppi che destinano ingenti risorse alle attività terroristiche;
non a caso il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder in data 26 settembre 2001, parlando al Bundestag, ha offerto ai parlamentari uno spunto di riflessione sulla permanenza dell'underground banking, e cioè del segreto bancario;


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secondo Schroeder, il problema del mantenimento o della modificazione del segreto bancario, costituisce «un argomento decisivo che va necessariamente affrontato» (cfr. Agenzia Ansa 26 settembre 2001 ore 10,50);
effettivamente pare riaffermarsi con drammatica attualità l'esigenza di coniugare il principio di riservatezza che deve permanere nei rapporti con le banche con la primaria esigenza di accedere a quei dati che possono consentire di individuare gruppi terroristici -:
quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'attuale assetto giuridico che disciplina il segreto bancario, con particolare riferimento alle esigenze di accesso ai dati bancari onde poter efficacemente concorrere alla prevenzione di eventi terribili come quello verificatosi a New York in data 11 settembre 2001.
(4-00787)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in discorso, con la quale nel richiamare i tragici fatti verificatisi negli USA nel settembre 2001, si chiede quale sia l'orientamento del Governo in ordine al segreto bancario, considerato che sarebbe opportuno coniugare il principio di riservatezza, che deve permanere nei rapporti con le banche, con l'esigenza di accedere a quei dati al fine di individuare i gruppi terroristici e prevenire eventi terribili come quelli citati.
Al riguardo, occorre premettere che nel nostro ordinamento non esiste un esplicito riconoscimento del segreto bancario ed il prevalente indirizzo della dottrina e della giurisprudenza ritiene che il segreto bancario trovi giustificazione nell'uso generalmente osservato, che ai sensi dell'articolo 1374 del codice civile integra il contratto, ovvero nel dovere di correttezza contrattuale previsto dall'articolo 1175 del codice civile.
Secondo la Banca d'Italia, su un piano generale, il cosiddetto segreto bancario, inteso come il dovere di riservatezza cui sono tradizionalmente tenute le banche, rispetto alle operazioni della propria clientela, costituisce una prassi comunemente osservata dal sistema bancario e finanziario.
Peraltro, il segreto bancario non può essere opposto all'autorità giudiziaria in sede di indagine penale, né all'amministrazione finanziaria nel corso di accertamenti fiscali.
La normativa vigente in tema di prevenzione del riciclaggio, incentrata sulla legge n. 197 del 1991, fa obbligo agli intermediari di segnalare all'ufficio italiano cambi eventuali operazioni che destano sospetto per la provenienza illecita dei fondi trasferiti. Attraverso tale procedura, quindi, è possibile ricostruire i trasferimenti di fondi che direttamente o indirettamente sono riconducibili ad attività criminali.
I presidi antiriciclaggio sono stati estesi alle operazioni poste in essere da soggetti collegati alle organizzazioni terroristiche. Infatti, dopo gli eventi che hanno colpito gli USA nel settembre 2001, la Banca d'Italia ha emanato, ai sensi dell'articolo 3-
bis della legge n. 197 del 1991, istruzioni integrative con le quali è stato disposto che le verifiche cui sono tenuti gli intermediari, ai sensi della disciplina antiriciclaggio, vanno condotte anche sulle liste di «sospetti terroristi» elaborate dalle autorità e dagli organi investigativi e circolate in ambito comunitario.
Per i soggetti compresi negli elenchi allegati ai regolamenti comunitari in materia di «embargo», resta fermo l'obbligo per gli intermediari di procedere al congelamento dei capitali o delle risorse finanziarie di qualsiasi tipo riconducibili a tali nominativi.
In ottemperanza agli obblighi internazionali assunti dall'Italia nell'ambito della strategia di contrasto al terrorismo, con il decreto-legge 12 ottobre 2001 n. 369, convertito nella legge 14 dicembre 2001, n. 431, recante «Misure urgenti per reprimere e contrastare il finanziamento del terrorismo internazionale», è stato istituito un apposito organismo, denominato comitato di sicurezza finanziaria (CSF), con compiti di monitoraggio del sistema finanziario italiano e di coordinamento con l'azione degli altri Paesi. Il comitato, per lo svolgimento delle proprie funzioni, può acquisire informazioni presso le pubbliche


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amministrazioni anche in deroga alle disposizioni in materia di segreto d'ufficio.
Si soggiunge, infine che il Governo italiano è impegnato, insieme agli altri Paesi appartenenti all'Unione europea, ad esercitare forme adeguate di pressione sugli Stati appartenenti ai cosiddetti «Paradisi fiscali» affinché rendano disponibili i dati bancari necessari per lo svolgimento di indagini sulla criminalità organizzata e la frode fiscale.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati resi pubblici da «Federasma», l'associazione dei pazienti asmatici, nel corso del proprio congresso nazionale svoltosi a Palermo a partire dal 14 giugno 2002, ogni anno sono circa 1.200 le morti causate dall'asma;
secondo gli specialisti, quasi tutti i decessi potrebbero essere evitati;
le cure a disposizione della medicina moderna rendono possibile controllare la malattia, ma il problema centrale è costituito dal fatto che una persona su tre sfugge alla diagnosi del medico;
inoltre, tra coloro che scoprono di essere asmatici il 25 per cento circa non si sottopone ad alcuna terapia;
in Italia, a differenza di altri Paesi europei, l'intervallo tra la comparsa deisintomi e la diagnosi è ancora eccessivamente ampio, in quanto oscilla tra i quattro ed i cinque anni;
le statistiche più aggiornate informano che oggi, una percentuale oscillante tra il 5 ed il 7 per cento della popolazione italiana, di cui il 10 per cento in età scolare, è colpito da asma bronchiale, per un totale di circa tre milioni di individui;
è evidente la necessità di intervenire per affrontare i temi della prevenzione, della cura e della corretta informazione -:
in relazione ai dati statistici impressionanti esposti a Palermo nel corso del recentissimo congresso di «Federasma», se non si ritenga di avviare una mirata campagna di informazione per prevenire e controllare l'asma bronchiale e per evitare l'imponente numero di decessi che si registrano ogni anno e che, secondo gli specialisti, potrebbero essere in gran parte evitati.
(4-03218)

Risposta. - Le preoccupazioni manifestate nell'interrogazione sono condivise e sono già oggetto di un paragrafo del piano sanitario nazionale «Le malattie respiratorie e allergiche» ora in discussione presso il Parlamento.
È obiettivo del Governo migliorare, tramite sistemi di sorveglianza mirati, la conoscenza della epidemiologia dell'asma e delle patologie allergiche e del ruolo etiologico di fattori genetici, personali ed ambientali, nonché dell'efficacia dei metodi per la riduzione dell'esposizione agli allergeni nell'ambiente e negli alimenti e la valutazione dell'impatto di tali metodi sulla salute.
Non viene trascurato neanche il ruolo del fumo di sigaretta come fattore principale alla base dell'aumento della prevalenza delle malattie allergiche.
Per questo, con la nuova legge votata dal Parlamento sarà possibile tutelare i soggetti a rischio che vogliano frequentare locali aperti al pubblico.
Si condivide, quindi, la necessità di promuovere, ai fini della prevenzione bronchiale e del controllo dell'asma, campagne di educazione e formazione verso i cittadini, ma soprattutto di organizzare e stimolare corsi di formazione ed aggiornamento sulla materia da destinare al personale sanitario, particolarmente per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un servizio dedicato alle operazioni di scrutinio delle schede relative al referendum del 1946 sulla forma istituzionale dello Stato, il quotidiano Il Giornale di martedì 20 agosto 2002, alla pagina 11, ha riportato interessanti dichiarazioni dell'intellettuale Massimo Caprara, in allora segretario di assoluta fiducia di Palmiro Togliatti, ministro della giustizia;
Caprara ha ricordato che «dopo la conclusione delle operazioni di voto, la Corte di Cassazione, che era anche l'ufficio elettorale responsabile del referendum, avrebbe dovuto procedere, il 10 giugno 1946, alla proclamazione dell'esito finale. Ma quella proclamazione non fu fatta. O meglio, venne bloccata da Togliatti che intimò al presidente Giuseppe Pagano di prendere tempo»;
Caprara ricorda con esattezza l'episodio in quanto fu lui personalmente a consegnare la missiva, contenente la disposizione di Togliatti, a Pagano;
Caprara afferma che «Togliatti non era sicuro che la Repubblica avrebbe avuto la meglio e continuava a ripetere ai suoi uomini che bisognava vincere ad ogni costo. Per questo aspettò prima di chiudere la questione. In quelle ore, però, continuavano ad arrivare i ricorsi presentati dall'avvocato Selvaggi per conto del partito nazionale monarchico. E lui li temeva. Sapeva che qualche ricorso sarebbe potuto andare a buon fine rimettendo in discussione una partita che si giocava sul filo dei voti. Erano ore concitate. E qualcosa in quelle ore fu fatto per aggiustare le cose. L'ipotesi che circolava dentro il partito era che Togliatti avesse dato ordine di aggiungere altre schede: quelle di chi non aveva votato. Ma di questo lui non parlò con nessuno»;
è noto che gli ambienti monarchici, da sempre, sostengono la tesi dei brogli nel conteggio dei voti, brogli che sarebbero stati decisivi ai fini del risultato finale del referendum;
è certamente utile, anche per consegnare alla storia la verità sul referendum, tentare di verificare, ammesso che sia ancora possibile, quel che in effetti accadde in quelle «ore concitate», per usare una significativa espressione di Massimo Caprara;
è opportuno accertare la verità atteso che la forma repubblicana non è certamente in discussione e che dunque l'accertamento ha semplicemente una valenza di natura storica in ordine agli eventi di quei giorni -:
se e quali documenti esistano ancora, presso l'archivio della Corte di Cassazione, relativi ai risultati del referendum del giugno 1946 che ha dato la forma repubblicana allo Stato;
se, in particolare, vi sia traccia del documento a firma Palmiro Togliatti consegnato da Massimo Caprara al Presidente della Corte di Cassazione Giuseppe Pagano;
se risulti qualche documento che giustifichi formalmente il ritardo nella proclamazione dei risultati del referendum;
se siano stati conservati, se non le schede, quanto meno i verbali dei singoli seggi elettorali o degli Uffici elettorali che raccoglievano i risultati dei singoli seggi;
se siano pervenuti rapporti dalle Prefetture o dalle Questure circa irregolarità nelle operazioni di voto;
quali esiti abbiano avuto i ricorsi presentati dai monarchici avverso i risultati dei singoli seggi e quale fosse l'entità globale delle contestazioni in rapporto alla differenza finale fra i voti repubblicani ed i voti monarchici.
(4-03749)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, si rappresenta che, stante il tempo intercorso, la documentazione relativa al referendum del 1946 non è più rinvenibile negli archivi della Corte suprema di cassazione e della Procura generale. Tali atti dovrebbero trovarsi


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presso l'Archivio Centrale dello Stato, competente ad autorizzarne l'eventuale consultazione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DUILIO, RUSCONI, REDUZZI e GIOVANNI BIANCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
non risulta ancora accreditato dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai Csa (Centro servizi amministrativi - ex provveditorati agli studi) lo stanziamento di circa lire 176 miliardi concernente il sussidio ordinario relativo all'anno 2001 - ex capitolo 1461 concesso, su domanda in base alla legge 24 luglio 1962, n. 1073, alle scuole materne autorizzate, tuttora risultanti in credito dell'importo che, negli ultimi anni, si aggirava intorno a lire 8.500.000 per sezione;
relativamente al contributo (anno 2001) alle scuole materne non statali per la partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato - anno 2000-2001 (legge 10 marzo 2000, n. 62, concernente norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio) tuttora, per le scuole della provincia di Milano non è stato pagato il saldo (circa il 10 per cento della somma stanziata) a fronte dell'acconto concesso, tra aprile e maggio scorso, di lire 9.400.000 (euro 4.800 circa) per sezione a tutte le scuole (paritarie e non) pari al 75 per cento dello stanziamento e di lire 13.595.000 (euro 7.000 circa) per scuola solo paritaria (pari al 25 per cento dello stanziamento);
relativamente al sussidio ordinario previsto nella finanziaria 2002 allo stato attuale non è stato concesso alcun acconto in merito -:
quali ragioni abbiano determinato i ritardi di erogazione dei suddetti impegni finanziari assunti e quali i tempi di erogazione concernenti le singole fattispecie sopra descritte.
(4-04642)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto con la quale l'interrogante chiede i motivi che hanno determinato ritardi nell'erogazione dei finanziamenti dell'anno 2001 relativi alle scuole materne autorizzate.
Al riguardo si fa presente che non è stato possibile provvedere, nel corso dell'esercizio finanziario, all'accreditamento, in conto resti, degli stanziamenti iscritti nell'ex capitolo 4150 (assegni, premi, sussidi, contributi per il mantenimento e la diffusione delle scuole materne non statali) confluiti, nell'anno finanziario 2002, unitamente ai resti di altri capitoli di bilancio di questo ministero, nel capitolo aggiunto n. 1473, per carenza del capitolo 1473 in termini di autorizzazione di cassa.
Con l'approvazione dell'assestamento del bilancio 2002 e la pubblicazione del decreto ministeriale del 29 novembre 2002 afferente alla «Limitazione agli impegni e all'emissione dei titoli di pagamento per le Amministrazioni centrali dello Stato nonché riduzione delle spese di finanziamento per gli enti e organismi pubblici non territoriali» che ha ridotto, in modo significativo le autorizzazioni di cassa concesse con la legge di assestamento del bilancio 2002, si è provveduto ad accreditare le somme impegnate, a carico dell'ex capitolo 4150, sia per l'anno 2000, per evitare la caduta in perenzione, che l'anno 2001 - accreditamento parziale.
I residui stanziamenti saranno erogati appena si renderanno disponibili in termini di cassa.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

FATUZZO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso recentemente notizie riguardanti la chiusura imminente dell'ospedale «Codivilla-Putti» di Cortina d'Ampezzo (Belluno);
nato nel 1923 come ospedale specializzato degli istituti ortopedici Rizzoli


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(IOR) per la cura della tubercolosi osteo-articolare, il nosocomio in questione riveste un'importanza nazionale dal momento che esso rappresenta il punto di riferimento per circa ventimila malati di infezioni osteo-articolari;
si tratta, di fatto, dell'unico centro italiano veramente specializzato nel trattamento della patologia settica dell'apparato locomotore, a suo tempo voluto anche come naturale completamento dell'ambito d'interesse e di formazione degli specialisti;
l'associazione nazionale per le infezioni osteo articolari (A.N.I.O. - Onlus) - da anni impegnata a tutelare in ogni sede le problematiche, sia individuali che collettive, legate al dramma delle infezioni osteo-articolari - aveva già in passato espresso preoccupazioni sul futuro della struttura ospedaliera sollevando la questione presso l'opinione pubblica e le autorità competenti -:
se corrisponda al vero la paventata ipotesi di una imminente chiusura dell'ospedale Codivilla-Putti di Cortina d'Ampezzo e, in caso affermativo quali immediate iniziative intenda adottare affinché sia comunque garantito il trattamento della patologia settica dell'apparato locomotore.
(4-02558)

Risposta. - Per effetto della disciplina normativa contenuta nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», il ministero della salute non ha oggi alcun potere di tipo organizzativo e gestionale nei riguardi dei servizi sanitari regionali. Pertanto, si risponde ai quesiti contenuti nell'atto parlamentare in esame, sulla base degli indispensabili elementi a tal fine acquisiti dalle competenti autorità sanitarie della regione Veneto per il tramite dell'ufficio territoriale del Governo di Venezia.
In data 8 agosto 2001, con provvedimento n. 1426 la Giunta regionale ha deliberato:
a) di approvare la proposta di progetto di sperimentazione gestionale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 229 del 1999 denominata sperimentazione gestionale ospedale Cortina d'Ampezzo»;
b) di trasmettere tale proposta alla Conferenza Stato Regioni per le valutazioni del caso;
c) di trasmettere il provvedimento, de quo alla V Commissione consiliare competenze in materia di Sanità.

Dal decreto della Giunta regionale 1426/2001 si evince che non solo l'ospedale Codivilla-Putti di Cortina d'Ampezzo non verrà chiuso, ma che anzi ne verranno esaltate le vocazioni: a livello locale, il servizio di diagnosi e cura di ortopedia e traumatologia per tutto il Cadore nonché il servizio ambulatoriale per la Val Boite ed a livello regionale e nazionale il servizio di diagnosi e cura monospecialistico per la cura delle malattie infettive delle ossa (oltre 80 per cento di utenza fuori regione per la specialistica di osteomielite e TBC ossea).
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

FOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta che il Ministro interrogato di concerto con quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia sottoposto, per l'espressione del relativo parere, alla Conferenza Stato Regioni lo schema di regolamento recante i criteri e le modalità per il riconoscimento dell'equivalenza ai diplomi universitari dell'area sanitaria dei titoli del pregresso ordinamento;
già nell'anno 2000 su detto schema di decreto avevano espresso parere il Consiglio Superiore di Sanità e la Sezione Consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato -:
se e quali iniziative intenda assumere per potere, in tempi rapidi, sottoporre lo schema di Regolamento che qui interessa, all'esame delle competenti Commissioni parlamentari, sì da permettere


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l'entrata in vigore di un provvedimento normativo che interessa numerosi soggetti che meritoriamente operano nel settore della sanità.
(4-04506)

Risposta. - Il 15 ottobre 2002, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, si sono riuniti, in sede tecnica, i rappresentanti delle regioni e quelli dei ministeri interessati, che hanno esaminato lo schema di regolamento predisposto dal ministero della salute in applicazione dell'articolo 4, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42, prima che intervenissero le modifiche del Titolo V della Costituzione.
È noto che, con decisione interlocutoria n. 187 del 18 giugno 2001, la sezione consultiva per gli Atti normativi, ha rilevato l'opportunità di un accertamento sulla effettiva entità dei corsi iniziati dopo il termine del 1o gennaio 1996; le risultanze di tale ricognizione, sia pure parziale, sono state portate a conoscenza dei rappresentanti regionali.
Pur essendo totalmente condivisi dai presenti i criteri e le modalità per il riconoscimento dell'equivalenza dei titoli conseguiti, in base al pregresso ordinamento, ai titoli universitari, attualmente abilitanti, contenuti nel provvedimento, tutti hanno convenuto sulla circostanza che la sopraggiunta modifica costituzionale del Titolo V ha privato lo Stato della podestà regolamentare in materia di professioni sanitarie, ricadendo la stessa materia fra i casi di legislazione concorrente.
Nel nuovo sistema di legislazione concorrente spetta, invero, allo Stato solo il potere di determinare i tratti della disciplina che richiedono, per gli interessi indivisibili da realizzare, un assetto unitario (i cosiddetti principi fondamentali).
Va riconosciuto, invece, alla legge regionale (legittimata, nel nuovo sistema, ad avvalersi, per i tratti della disciplina di sua spettanza, anche di regolamenti regionali di attuazione) il compito di dare vita a discipline diversificate che si innestino nel tronco unitario espresso a livello di principi fondamentali.
Alla luce delle nuove disposizioni costituzionali rientrano, pertanto, nell'ambito statale i tratti concernenti l'individuazione delle varie professioni, dei loro contenuti (rilevanti per definire la fattispecie dell'esercizio abusivo della professione), i titoli richiesti per l'accesso all'attività professionale.
Di conseguenza il gruppo tecnico ha concordato di esaminare, a breve, la nuova proposta che questo ministero sta già elaborando, adattando il testo normativo al nuovo riparto di competenza fra Stato e regioni.
Si conferma, infine, l'impegno del ministero a risolvere una situazione che vede interessata una vasta categoria di operatori sanitari, i quali attendono l'emanazione di un provvedimento la cui attuazione, purtroppo, è ricaduta in una fase di passaggio tra vecchio e nuovo ordinamento.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

FRAGALÀ. - Al Ministro della salute, al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
gli ottici optometristi sono regolamentati, a tutt'oggi, dal regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334;
tale profilo, di cui al citato regio decreto n. 1334, non è più in linea con l'evoluzione tecnologica, scientifica e formativa della categoria;
gli ottici optometristi, operatori del settore, di fatto svolgono un'attività professionale adeguata ai tempi ed allo sviluppo tecnologico;
in Europa l'ottico optometrista è una figura professionale ormai da tempo consolidata;
l'ottico optometrista, in nessun caso, svolge attività dirette all'accertamento di malattie, all'effettuazione di diagnosi e all'elaborazione ed esecuzione di terapie in caso di condizioni patologiche;


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in questi anni, numerosi sono stati i tentativi di trascinare sul banco degli imputati gli ottici optometristi, la cui attività è stata sempre riconosciuta legittima, mentre dagli stessi giudici è venuta la sollecitazione allo Stato a legiferare in materia -:
quali iniziative intenda assumere il Governo ed il Ministro della salute per ripristinare il regolamento elaborato, a suo tempo, con il contributo di tutte le categorie interessate, inviato, secondo l'iter previsto, al consiglio superiore di sanità, ma da quest'ultimo riscritto completamente.
(4-02230)

Risposta. - La questione sollevata nell'interrogazione parlamentare in esame, incentrata in particolare sul parere tecnico espresso al consiglio superiore di sanità in relazione allo schema di regolamento predisposto da questo ministero per l'istituzione della professione sanitaria dell'ottico optometrista, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, deve ritenersi superata.
Difatti, alla luce del parere n. 1195/02 emesso dalla sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, il provvedimento regolamentare in argomento è, allo stato, sospeso.
Il Consiglio di Stato ha rilevato che «le disposizioni attributive della potestà regolamentare al Ministro della salute, debbono ritenersi venute meno a seguito della emanazione del nuovo Titolo V della Costituzione che, iscrivendo la materia delle professioni e della salute tra quelle di legislazione concorrente, esclude che lo Stato possa disciplinare le materie predette nella loro intera estensione e, per giunta, a livello regolamentare. Nel nuovo sistema di legislazione concorrente spetta, invero, allo Stato solo il potere di determinare i tratti della disciplina che richiedono, per gli interessi indivisibili da realizzare, un assetto unitario (i cosiddetti «principi fondamentali»).
Va riconosciuto, invece, alla legge regionale (legittimata, nel nuovo sistema, ad avvalersi, per i tratti della disciplina di sua pertinenza, anche di regolamenti regionali di attuazione) il compito di dare vita a discipline diversificate che si innestino nel tronco unitario espresso a livello di principi fondamentali. Alla luce delle nuove disposizioni costituzionali rientrano, pertanto, nell'ambito statale i tratti concernenti l'individuazione delle varie professioni, dei loro contenuti (rilevanti per definire la fattispecie dell'esercizio abusivo della professione), i titoli richiesti per l'accesso all'attività professionale.
Il potere statale di intervento, in relazione alle professioni sanitarie, va pertanto, esercitato non più con regolamento, ma in via legislativa, con i principi fondamentali, tale essendo il livello prescritto dall'articolo 117 della Costituzione.
Né possono ritenersi consentiti, fino alla emanazione dei principi fondamentali, interventi nella normazione regionale fondati sul presupposto dell'esistenza di una professione che non è stata ancora istituita dalla legislazione statale.
Pertanto, come delineato nel parere del Consiglio di Stato, in esito alla nuova disciplina normativa introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione», non è più possibile intervenire, nella materia in questione, con decreti o regolamenti delle amministrazioni dello Stato, ma esclusivamente con una proposta di legge che stabilisca i principi fondamentali.
A tal fine, nei giorni scorsi ho firmato una proposta di disegno di legge delega al Governo, che individua i principi fondamentali per l'istituzione e l'esercizio delle professioni sanitarie, prevedendo l'emanazione di uno o più decreti legislativi.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

GAMBALE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con pubblicazione sul B.U.R. Campania n. 18 del 17 aprile 1990, veniva bandito un concorso per l'assegnazione di sedi farmaceutiche per la provincia di Napoli;


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successivamente, intervenuta la legge di riforma n. 362 del 1991, con decreto del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 1992 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 1992, fu stabilito che i molti concorsi per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche già banditi o iniziati prima della riforma fossero portati a termine secondo la vecchia normativa, al fine di evitare eccessivi ritardi nell'assegnazione delle sedi vacanti e i conseguenti gravi disagi per l'assistenza farmaceutica delle popolazioni interessate;
anche il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 298 del 30 marzo 1994 dispone che i concorsi già banditi prima della legge di riforma n. 362 del 1991 restano disciplinati dal decreto del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 1992;
sta di fatto che il concorso bandito con pubblicazione sul B.U.R.C. n. 18 del 17 aprile 1990 non è ancora stato espletato, nonostante l'intento della normativa del 1992 fosse proprio l'accelerazione e il completamento dei cosiddetti «vecchi» concorsi;
nel frattempo è invece stato espletato (manca solo la pubblicazione della graduatoria) il concorso per l'assegnazione di sedi farmaceutiche bandito il 1 settembre 1997 (B.U.R.C. n. 41), ovviamente secondo la nuova disciplina prevista dalla legge n. 362 del 1991 -:
se, prendendo atto dei gravi ritardi e inerzie che hanno sino ad oggi impedito lo svolgimento dei concorsi banditi prima della legge n. 362 del 1991, ritenga di aggiungere al concorso bandito il 17 novembre 1997 le sedi messe a concorso precedentemente, e in particolare nell'aprile 1990, e mai assegnate.
(4-04205)

Risposta. - Per effetto della disciplina contenuta nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», il ministero della salute non ha oggi alcun potere di tipo organizzativo e gestionale nei riguardi dei servizi sanitari regionali.
Pertanto, stante il particolare rilievo locale che assume la problematica legata ai concorsi per l'assegnazione di sedi farmaceutiche nella provincia di Napoli, si risponde ai quesiti posti dall'interrogante sulla base dei dati pervenuti dalle autorità sanitarie della regione Campania.
L'assessore regionale alla sanità, nel precisare la corretta applicazione della normativa di settore, relativamente ai concorsi banditi, rispettivamente, negli anni 1990 e 1997, ha fatto presente quanto segue.
Per quanto concerne il concorso bandito nell'anno 1990, nel rispetto delle disposizioni fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 1992 e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 298/94, le procedure concorsuali si sono svolte in base alla disciplina normativa preesistente alla legge 362/1991 (legge n. 475/1968 e decreto del Presidente della Repubblica 1265/1971), e, allo stato, è in fase di completamento la valutazione dei titoli dei concorrenti, da parte della commissione giudicatrice.
In ordine al concorso bandito nell'anno 1997, espletato secondo la nuova disciplina prevista dalla legge 362/1991, e successive disposizioni, lo stesso assessore ha precisato che la commissione giudicatrice non ha ancora provveduto a formulare la graduatoria degli idonei, essendo gli atti inerenti alla prova concorsuale sottoposti a sequestro giudiziario.
Infine, l'assessore ha inteso sottolineare che non sussiste alcun fondamento giuridico e normativo che consenta di aggiungere, al concorso bandito nel 1997, le sedi farmaceutiche messe a concorso nel 1990, in quanto le relative procedure concorsuali sono distinte per disciplina normativa, per sedi da assegnare e per concorrenti.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.


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GAZZARA, D'ALIA, STAGNO D'ALCONTRES, GERMANÀ e CRIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ormai da troppo tempo la situazione della giustizia in Italia è insostenibile con punte di quasi collasso in alcune realtà importanti anche sotto il profilo strategico;
Messina è tra queste: la Commissione antimafia apre il cosiddetto «Caso Messina»; il procuratore della Repubblica la definisce città «scartata»; l'impressione complessiva è come di abbandono;
in tale stato di cose e mentre nel settore penale si tenta, con pochi risultati, di affrontare la situazione, in quello civile il numero dei magistrati assegnati, notevolmente inferiore a quello, già insufficiente, previsto in organico e nelle direttive del CSM; le continue destinazioni al penale; la mole di lavoro in costante aumento, fanno sì che si attenda come impotenti una dichiarazione di morte della stessa Giustizia;
altrove (ma sempre in Italia), invece, le cause vengono chiamate una alla volta, all'orario fissato e il Giudice ha il tempo di dedicare la propria attenzione alle dichiarazioni rese dalle parti nel processo (che conosce per avere avuto il tempo di leggerne le carte);
Messina fino a qualche anno addietro era sede ambita alla quale si arrivava in forza di domanda di trasferimento per anzianità maturata;
oggi non è scelta tra le prime neppure se messa a concorso ed è lasciata spesso per sedi prima molto meno ambite;
il disagio complessivo è addirittura «ambientale» per una sorta di impossibilità a svolgere compiutamente, e nel tempo rituale, i propri compiti;
ben 32 magistrati in atto impegnati presso il Tribunale di Messina (Sezioni civili, penali, G.I.P. e G.U.P.), di recente (in occasione della visita del Sottosegretario onorevole Vietti), hanno inviato al Ministro della giustizia, al CSM, ai Presidenti della Corte d'appello e del tribunale di Messina, un documento rappresentando - con assoluta dignità e prudenza - la difficoltà di svolgere compiutamente il proprio lavoro e chiedendo l'adozione di misure assolutamente urgenti per evitare un collasso altrimenti sicuro.
Si rileva in particolare che:
a) il collegio del riesame - la cui competenza territoriale si estende su un distretto comprendente ben 4 Tribunali (Messina, Barcellona P.G., Patti e Mistretta) - al quale è assegnato in via esclusiva un solo magistrato che opera con altri destinati normalmente ad incarichi diversi, manca di continuità dell'organizzazione dell'ufficio e della dovuta certezza sull'individuazione del giudice naturale;
b) il collegio che tratta le misure di prevenzione è formato da un solo magistrato assegnato a tale incarico, collaborato, di udienza in udienza, da due magistrati, sottratti, quindi, alle altre funzioni a cui sono, invece, destinati;
c) i collegi delle due sezioni penali operano stabilmente con due soli magistrati togati e vengono completati con giudici onorari chiamati per l'occasione e distratti dagli altri gravosi impegni già loro assegnati (ad esempio quali giudici monocratici) con conseguente creazione di una molteplicità di collegi giudicanti non certo in grado di garantire quella tendenziale stabilità indispensabile per l'uniformità dell'indirizzo interpretativo;
d) l'ufficio monocratico delle due sezioni penali oggi composto solo da 4 magistrati togati suddivisi tra le due sezioni, presto sarà ridotto di due unità per il trasferimento di altrettanti giudici ad altra sede;
e) il settore civile non solo versa da decenni in una situazione di sottodimensionamento delle risorse, ma è ritenuto da tempo serbatoio utile a supplenze interne o incarichi aggiuntivi; i ruoli di nuovo rito contano un numero di pendenze non inferiore a 1.200 cause per ciascuno dei


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giudici addetti, e spesso distaccati al penale con inevitabili rinvii delle udienze, a fronte delle 600 cause indicate come numero massimo per garantire il buon funzionamento del settore; conseguentemente la durata dei giudizi è di molti anni (almeno sei per il I grado) ed a deciderli difficilmente è il giudice - ammesso che sia stato solo uno - che nel tempo ha condotto l'istruttoria;
f) la pianta organica, peraltro del tutto insufficiente, è di 47 magistrati, ma ad oggi ben 8 posti risultano vacanti;
tale documento fa seguito ad altro, di contenuto e toni simili, della ANM di Messina richiamato nella interrogazione parlamentare del 18 luglio 2001 (n. 4-00311);
né si può ignorare che il CSM non ha ancora provveduto relativamente ai posti di Presidente di sezione messi a concorso da parecchi mesi; e che la riforma del giudice unico di I grado, di fatto, non ha avuto alcuna attuazione organizzativa (come accertato nelle più recenti ispezioni ministeriali);
nonostante le forti, consapevoli e responsabili prese di posizione dei Magistrati, tuttavia, ad oggi nulla sembra muoversi;
risulta, invece, che in altre realtà (come d'altronde anche a Messina dove il numero di sostituti procuratori della Repubblica è stato aumentato, in pochi anni ed a più riprese, da 9 a 27) si sia intervenuti con effettivo tempismo operando inserimenti in forza di spostamento di qualche unità da sedi presso le quali in quel determinato momento la diminuzione dell'organico non avrebbe recato danni significativi;
alla luce di uno quanto sopra ad avviso degli interroganti viene il sospetto, peraltro confortato dalla continua smobilitazione di alcuni importanti Uffici Pubblici da Messina, che non dispiacerebbe più di tanto la soppressione della Corte d'Appello e la concentrazione in Palermo e Catania delle maggiori sedi giudiziarie, come già avvenuto in altri settori di rilievo quasi ad attuare un disegno di semplificazione che vedrebbe la Sicilia divisa in due zone (occidentale e orientale) senza però tenere conto delle reali esigenze dei cittadini, delle tradizioni e delle potenzialità di sviluppo complessivo;
chiaramente, ciò non è verosimile, né praticabile, senza ulteriormente pregiudicare la situazione già precaria e senza calpestare la dignità di chi nel tempo ha acquisito meriti ai quali non si può rispondere con mortificazioni;
la coalizione di centrodestra ha fatto del funzionamento della Giustizia un punto cardine del programma denunziando le gravissime disfunzioni esistenti ed imputandole alla cattiva volontà di intervenire efficacemente ed alla incapacità di approntare rimedi adeguati proprie della sinistra -:
se si intenda e come, porre in essere iniziative ed atti concreti utili ad eliminare quanto lamentato e, in particolare, se ed in quali tempi si ritiene di provvedere alla copertura dei posti vacanti in organico; alle applicazioni endo ed extra distrettuali; all'aumento dell'organico del Tribunale per adeguarlo alle effettive ed attuali esigenze dei carichi di lavoro anche al fine di riequilibrare la consolidata sproporzione allo stato esistente tra le risorse umane degli uffici giudicanti e di quelli requirenti.
(4-01202)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in discorso, si rappresenta che in occasione della riforma del giudice unico (decreto ministeriale 1o giugno 1999) e, precedentemente, con i decreti ministeriali 20 gennaio 1994, 6 maggio 1994 e 21 gennaio 1997 la pianta organica del Tribunale di Messina è stata modificata come segue:
decreto ministeriale 20 gennaio 1994: giudici, + 1 (da 20 a 21); decreto ministeriale 6 maggio 1994: Presidente di sezione, + 1 (da 4 a 5); giudici + 4 (da 21 a 25); decreto ministeriale 21 gennaio 1977: Presidente di sezione, + 1 (da 5 a 6); decreto


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ministeriale 1o giugno 1999: giudici, + 16 (da 25 a 41); totale: + 23.

In ordine alla situazione del personale di magistratura del Tribunale di Messina si comunica che presso detto Ufficio, a fronte di una dotazione organica che prevede 48 magistrati, attualmente risulta vacante 1 posto di Presidente di sezione (non pubblicato) e 4 posti di giudice, di cui due pubblicati con fax del 21 febbraio 2002.
Risultano in entrata in detto Ufficio 2 unità di giudici e 1 unità è applicata in detta sede dal 16 ottobre 2002 al 16 aprile 2003.
Per quanto riguarda invece la Procura della Repubblica di Messina, dotata di un organico di 24 magistrati, al momento risultano vacanti 2 posti di sostituto non pubblicati. Altre 2 unità risultano in uscita.
Si segnala, peraltro, che il Governo ha avviato una serie di iniziative, sia legislative che di studio, tese a rendere l'amministrazione della giustizia più efficiente e maggiormente rispondente alle legittime aspettative dei cittadini e ai livelli propri di un moderno Stato di diritto.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GIUDICE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Amministrazione finanziaria nel 1993, dovendo fronteggiare il nuovo assetto organizzativo, sopperì alla carenza di organico di dirigenti attribuendo, ai sensi del decreto legislativo n. 29 del 1993, con formali provvedimenti ministeriali a tempo determinato, le reggenze degli uffici dirigenziali ai funzionari del ruolo ad esaurimento e della IX qualifica funzionale, riconoscendo anche il diritto all'indennità integrativa di posizione e di risultato dei dirigenti;
l'articolo 12, comma 4 del disegno di legge A.C. n. 1456, approvato dai due rami del Parlamento il 10 ottobre 2001 ed in fase di pubblicazione, tende a revocare ingiustamente ed in assenza di una espressa volontà dei diretti interessati, gli incarichi dei funzionari già appartenenti all'Amministrazione finanziaria, i quali si vedrebbero costretti, pur avendo acquisito una rilevante esperienza, a passare ad altro incarico, fermo restando, fino alla scadenza del contratto, il trattamento economico previsto. In particolare, tale disposizione stabilisce:
«Con le modalità previste dal comma 4 dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dai commi 2 e 3 dell'articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dai regolamenti di amministrazione delle agenzie fiscali, nei confronti dei dirigenti e degli altri soggetti appartenenti alle strutture interessate dal riordino previsto dal presente articolo può essere disposto unilateralmente il passaggio ad altro incarico, fermo restando, fino alla scadenza del contratto, il trattamento economico previsto»;
il comma 4 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico dei dirigenti o, in misura non superiore ad un terzo, a dirigenti del medesimo ruolo unico ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone esterne di particolare e comprovata qualificazione professionale, che devono aver svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza di almeno cinque anni in funzioni dirigenziali, o aver conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria;
il comma 2 dell'articolo 67 del decreto legislativo n. 300 del 1999 stabilisce che il direttore è nominato con Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e


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delle finanze per una durata massima di cinque anni, rinnovabile;
il comma 3 dello stesso decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che il comitato direttivo è nominato per la durata di cinque anni con Decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;
il decreto legislativo n. 165 del 2001 richiamato dal comma 4 dell'articolo 12 del disegno di legge, prevede ora per l'accesso alle qualifiche dirigenziali, il superamento di un apposito corso - concorso che non era affatto previsto e disposto in precedenza in quanto, per anni, il conferimento degli incarichi dirigenziali, è avvenuto con Decreto del Direttore Generale del Ministero dell'economia e delle finanze;
la selezione dei funzionari dell'Amministrazione finanziaria avveniva considerando alcuni principi e valori quali la competenza, la professionalità e la meritocrazia;
la previsione del corso - concorso previsto dal decreto legislativo 165 del 2001 per l'inquadramento comporterebbe un aggravio economico a carico del bilancio dello Stato -:
come il Governo intenda sanare la situazione che determinerebbe, peraltro, incomprensibili ed ingiustificabili aspetti sperequativi e discriminatori nei confronti dei funzionari già appartenenti all'Amministrazione finanziaria.
(4-01121)

Risposta. - Il problema sollevato dall'interrogante sembrerebbe fare riferimento alla posizione dei «reggenti» a fronte delle procedure di reclutamento alla qualifica dirigenziale a mezzo del corso-concorso previsto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
In proposito, è opportuno evidenziare come presso le strutture ministeriali centrali e gli uffici finanziari il fenomeno relativo a tali incarichi sia numericamente di scarsa rilevanza.
La richiamata normativa prevede, comunque, che l'accesso alla qualifica dirigenziale debba avvenire attraverso il superamento di un concorso per esami e che il conferimento di incarichi dirigenziali, in titolarità o in reggenza, sia competenza del dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale per i dirigenti assegnati al proprio ufficio.
Dette disposizioni, tuttavia, non innovano rispetto alla precedente normativa di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e, pertanto, non si ritiene che le stesse possano comportare un aggravio economico a carico del bilancio dello Stato né tantomeno la paventata discriminazione nei confronti del personale già appartenente all'Amministrazione finanziaria.
Per quanto riguarda i principi della competenza e della meritocrazia ai quali l'interrogante fa cenno nell'interrogazione in questione, si ritiene che il rispetto dei citati valori venga garantito attraverso la procedura concorsuale prevista dal decreto legislativo n. 165 del 2001, anche in seguito alla recente legge n. 145 del 15 luglio 2002.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Giuseppe Vegas.

TONINO LODDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 18 e 19 gennaio 2000 con propri decreti (Gazzetta Ufficiale 11 febbraio 2000, IV serie n. 12) il Direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria bandiva un concorso interno, per esame teorico-pratico, riservato al personale con un'anzianità di servizio non inferiore a quattro anni, per complessivi 445 posti, e una selezione riservata agli assistenti capo con almeno un anno di servizio nella qualifica, per complessivi 1040 posti, per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo dei sovrintendenti al Corpo di polizia penitenziaria;
con propria nota n. 2.9/compl. datata 10 maggio 2002 applicativa del bando di


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concorso, la Direzione generale del personale e della formazione del Dap, predisponeva il piano di mobilità, diramando l'elenco dei posti disponibili e stabilendo che le assegnazioni sarebbero state disposte «sulla base delle posizioni occupate nelle graduatorie finali dei corsi»;
con altra nota (2.9/compl. 26 giugno 2002), la medesima Direzione generale del personale modificava le norme precedenti in materia di assegnazione alle sedi, stabilendo che - poiché «le assegnazioni a sede diversa da quella di provenienza comportano un cospicuo onere per l'amministrazione», e considerato «che trattasi di assegnazioni d'ufficio» che non inciderebbero sulla materia della mobilità -, si riteneva necessario «confermare in sede il personale proveniente da enti in cui l'organico del ruolo risulti carente e procedendo alla mobilità per il restante personale»;
a rendere ancora più complessa la situazione e successivamente intervenuta altra nota della stessa Direzione generale (2.9/compl. del 9 agosto 2002) in cui si stabiliva che «il personale assegnato in sede diversa da quella di provenienza dovrà raggiungere la sede immancabilmente entro il giorno 10 settembre 2002», con la sanzione rivolta a coloro che non vi provvedessero di venir «dichiarati decaduti dalla nomina a vice sovrintendente»;
lo sviluppo della vicenda assume connotazioni di evidente iniquità nei confronti del personale vincitore di concorso, in quanto nell'attribuzione delle sedi si prescinde totalmente dalla graduatoria di merito stilata a fine corso ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del bando di concorso e dell'articolo 11, comma 3, che fa esplicito riferimento all'«ordine di graduatoria risultante dagli esami di fine corso», situazione ribadita anche negli articoli 8 e 9 del bando di selezione;
prevedendo l'assegnazione prioritaria alle sedi di provenienza, infatti, l'amministrazione ha di fatto reso inutile una graduatoria di merito che è stata compilata sulla base di prove scritte e orali e, inoltre, ha svuotato di qualsiasi significato l'impegno individuale profuso nello studio e nella preparazione degli esami;
prevedendo, ancora, l'assegnazione prioritaria di oltre un migliaio di idonei senza tener in alcun conto la graduatoria finale, l'amministrazione sottopone di fatto alcune centinaia di corsisi ad una forma di mobbing ricattandoli con la minaccia della revoca della nomina conquistata tramite esame -:
se ritenga legittimo l'atteggiamento dell'amministrazione che ha modificato in itinere, fino ad annullarne completamente gli effetti, le norme previste dal bando e dalla nota del 10 maggio 2002;
se ritenga legittima la decadenza automatica dalla qualifica in caso di non accettazione del trasferimento d'ufficio;
se ritenga legittimo lo scorporo aprioristico di 832 posti dall'elenco del posti disponibili per trasferimento.
(4-03900)

Risposta. - Il bando di concorso interno per l'accesso alla qualifica iniziale del Ruolo dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria, pubblicato l'11 febbraio 2000, prevedeva che gli aspiranti, sottoscrivendo un'apposita dichiarazione, indicassero la propria disponibilità a raggiungere qualsiasi sede loro assegnata, non potendosi indicare, nel predetto bando, i posti disponibili per singole Regioni o sedi penitenziarie, in quanto, all'epoca, non erano ancora state determinate le piante organiche.
Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto con decreto ministeriale 8 febbraio 2001, regolarmente pubblicato, a determinare gli organici regionali del Corpo.
Con successivi provvedimenti del Capo del dipartimento, anch'essi regolarmente pubblicati, sono stati determinati gli organici dei singoli istituti.
L'interesse dell'Amministrazione penitenziaria di disporre di personale del Ruolo dei sovrintendenti non è, evidentemente, generico, bensì è riferito alle necessità delle singole sedi, confrontando gli organici dei


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singoli istituti come sopra determinati con la forza presente del personale del ruolo in questione.
Il risultato che ne è scaturito è stato poi assestato ricorrendo alla mobilità a domanda attesa la necessità di garantire il cambiamento di sede prioritariamente al personale del Ruolo dei sovrintendenti, utilmente collocato nelle graduatorie nazionali per i trasferimenti a domanda, che, ovviamente, ha più titolo degli allievi Vice Sovrintendenti a vedere soddisfatte le proprie aspirazioni perché in attesa da anni di raggiungere le sedi desiderate.
Occorre peraltro sottolineare che l'Amministrazione penitenziaria era tenuta a coprire le vacanze organiche del ruolo, confermando in primo luogo in sede gli allievi provenienti proprio da quegli istituti che presentavano vacanze d'organico; ciò in virtù del fatto che si trattava di concorso interno e che pertanto non si era di fronte a concorrenti provenienti dall'esterno, per i quali la posizione in graduatoria finale potrebbe costituire criterio unico di scelta per la prima assegnazione fra le sedi disponibili.
Nel caso in esame, invece, l'Amministrazione non poteva non conciliare, nella misura massima possibile, le aspirazioni della gran parte del personale, espresse anche dalle organizzazioni sindacali rappresentative, intese ad ottenere la conferma in sede, con l'interesse pubblico di coprire i posti vacanti, senza rinunciare alle esperienze maturate negli istituti di provenienza e senza vanificare il concorso con rinunce massicce da parte del personale. Ai predetti fini si consideri, ancora, che si verte in materia di assegnazioni di ufficio e non di mobilità a domanda; peraltro, diversamente operando, qualora l'Amministrazione avesse offerto la possibilità di lasciare la sede di provenienza, ancorché sotto organico, in forza della utile posizione in graduatoria, all'atto della presa di possesso nella nuova sede il neo sovrintendente avrebbe percepito il trattamento economico per il trasferimento d'ufficio, con evidenti ripercussioni sul Bilancio dello Stato.
Peraltro, in ordine alla problematica delle assegnazioni di sede ai vincitori di concorso, si richiamano pronunce e precedenti giurisprudenziali, utili a fortiori per i casi di concorso interno, quale quello in esame:
C. Stato, IV Sez., 15 dic. 1970 n. 985; C. Stato V Sez., 18 nov. 1965 n. 1121; Ad. gen., parere 16 ott. 1969 n. 650; V Sez. 16 ott. 1970 n. 730; VI Sez. 9 mag. 1972 n. 206.

Si ribadisce, inoltre, che per ottenere il trasferimento presso la sede gradita, il personale dell'Amministrazione penitenziaria ha a disposizione lo strumento della partecipazione agli interpelli per la ordinaria mobilità a domanda e non già il trasferimento d'ufficio.
È evidente che l'Amministrazione laddove ha dovuto procedere al trasferimento per mancanza di posti o per la saturazione di quelli disponibili per le singole sedi, lo ha fatto sulla base della graduatoria di merito di fine corso, che differisce dalla collocazione in ruolo operata ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 443/1992, così come sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera
b) del decreto legislativo n. 200/1995; infatti, l'utilizzazione di tale criterio di collocazione in ruolo ai fini delle assegnazioni avrebbe configurato una procedura assai poco equa.
Per completezza d'informazione, si precisa che già con la nota datata 25 gennaio 2002, all'atto della convocazione al corso, il personale in argomento era stato informato dell'intendimento dell'Amministrazione di porre in essere, al termine del corso, un piano di assegnazione dei promossi nelle sedi che, comparata la forza presente con l'organico previsto nel ruolo, risultassero carenti, con la precisazione che tali assegnazioni, poiché equiparate a trasferimenti d'ufficio per motivi di servizio, sarebbero state operate compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili.
Con successiva nota datata 28 giugno 2002, dopo aver informato le organizzazioni sindacali nel corso di un apposito incontro, gli allievi sono stati resi edotti che la competente Direzione generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria aveva predisposto un piano generale di


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assegnazione che consentisse di distribuire equamente le risorse disponibili nell'ambito degli organici delle singole sedi.
In tal senso, confrontata la forza presente del personale del ruolo in esame con gli organici previsti, secondo la tabella allegata al decreto ministeriale dell'8 febbraio 2001, si è proceduto alla ripartizione delle risorse disponibili in proporzione alle carenze, per poi correggere il risultato aumentando il numero dei posti disponibili, in funzione della provenienza degli allievi al corso, per ciascuna sede.
In considerazione, poi, del fatto che le assegnazioni a sedi diverse da quelle di provenienza comportano un cospicuo onere per l'Amministrazione e che nel caso di specie si trattava di assegnazioni d'ufficio, si è ritenuto opportuno confermare in sede il personale proveniente da sedi in cui l'organico del ruolo risultasse carente, procedendo alla mobilità per il restante personale.
Il procedimento di assegnazione, infatti, ha seguito i seguenti criteri: 1. conferma del personale effettivo presso sedi carenti, fino alla copertura dei posti in organico; eventuali unità in soprannumero rispetto a tale previsione, sarebbero state assegnate ad altre sedi secondo le aspirazioni espresse dagli interessati nell'ambito dei posti diramati e sulla base della posizione nella graduatoria unica di fine corso (in mancanza di aspirazioni di sede od in presenza di indicazioni per sedi non comprese nella citata previsione di posti, l'Amministrazione ha proceduto d'iniziativa); 2. assegnazione in sedi diverse per il personale effettivo presso sedi già in esubero di personale del Ruolo, con le modalità di cui al punto 1; 3. tutela del personale avente diritto ai benefici di cui alla legge 104/1992, come segue:
a) conferma in sede, con priorità, laddove vi fossero posti disponibili; b) assegnazione con differimento dell'attuazione della mobilità, per coloro che provenissero da sedi in esubero e conseguente permanenza in dette sedi fino a che la necessità fosse perdurata.
Con le stesse modalità di cui al punto n. 3 lettera
b) sono state valutate le posizioni del personale che, agli atti dell'Amministrazione, alla data del termine delle procedure concorsuali (19 dicembre 2001), risultasse essere componente degli Organi Statutari delle Organizzazioni Sindacali, nonché del personale femminile con figli minori a carico.
Si precisa, inoltre, che si è proceduto con le stesse modalità indicate per gli istituti penitenziari a confermare in sede il personale che già prestava servizio presso i Provveditorati Regionali dell'Amministrazione penitenziaria, così come presso gli altri «Uffici e servizi», atteso che presso tali sedi, così come individuate dal citato decreto ministeriale dell'8 febbraio 2001, risultano carenze del personale del ruolo in questione.
La graduatoria unica, utile alle assegnazioni di fine corso, che differisce da quella relativa all'immissione in Ruolo (compilata, questa, secondo i criteri previsti dai bandi di concorso), è stata redatta secondo l'ordine di punteggio complessivo attribuito alle prove d'esame di fine corso; a parità di punteggio, in ordine di qualifica e, a parità di qualifica, tenendo presenti i carichi familiari secondo il disposto di cui all'articolo 9 del P.D.G. del 5 maggio 1999.
Al fine di offrire al personale la possibilità di esercitare la rinuncia solo dopo aver avuto cognizione della sede di assegnazione, l'Amministrazione ha sviluppato il procedimento secondo la seguente successione temporale:
a) esami di fine corso; b) rientro in sede per termine del servizio di missione presso le Scuole; c) compilazione della graduatoria unica utile per le assegnazioni; d) assegnazione degli allievi alle sedi; e) comunicazione agli allievi della sede assegnata; f) acquisizione delle eventuali rinunce alla nuova qualifica, entro 24 ore dalla comunicazione della sede; g) emissione del provvedimento di nomina e del provvedimento di assegnazione o di conferma in sede, con esclusione degli allievi che vi avessero espressamente rinunciato nella fase di cui al punto f).
Inoltre si è stabilito che, per il personale assegnato ad una sede diversa da quella di provenienza che intendesse partecipare a futuri interpelli per trasferimenti a domanda,


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non si terrà conto del prescritto biennio di servizio maturato in sede, necessario per produrre istanza in tal senso.
Si evidenzia, infine, che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha assunto l'impegno di studiare, d'intesa con le Organizzazioni Sindacali, la possibilità di attribuire una maggiorazione di punteggio nella valutazione delle domande di trasferimento che possa qualificare la particolare posizione di questo personale, assegnato d'ufficio ad altra sede, in deroga alle disposizioni di cui al P.D.G. del 5 maggio 1999.
Con nota del 17 luglio 2002, i neo vice sovrintendenti sono stati messi al corrente delle rispettive sedi di assegnazione al fine di acquisire, nel massimo della trasparenza, le eventuali osservazioni o rinunce.
Successivamente, con provvedimento datato 9 agosto 2002, sono stati diramati gli elenchi con le assegnazioni definitive, con l'avvertenza che, in caso di mancato raggiungimento della sede assegnata, si sarebbe proceduto a dichiarare la decadenza dalla nomina degli eventuali interessati.
In conclusione, viste le considerazioni espresse, è evidente come il conseguimento di una nuova qualifica non possa essere disgiunto dal raggiungimento della sede assegnata, pena la decadenza dalla qualifica; infatti l'articolo 76, comma 3 del decreto legislativo 443/1992, prevede le conseguenze derivanti dalla mancata presentazione in servizio rinviando all'articolo 127, comma 1, lett.
c) del Testo Unico degli impiegati civili dello Stato (legge n. 3/1953), in virtù del quale chi non si presenta in servizio presso la sede assegnata decade dalla nomina.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LUCCHESE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a giudizio dell'interrogante le apparecchiature di tutti gli ospedali vadano potenziate, che i laboratori di analisi e di diagnostica debbano rimanere sempre in funzione, anche ventiquattro ore su ventiquattro compresi i festivi;
si debba evitare che un paziente rimanga in ospedale per circa dieci giorni per effettuare delle analisi di laboratorio, radiologia, e visite mediche;
non è accettabile che nelle grandi città nei pronto-soccorso occorre mettersi in fila ed attendere il turno, che spesso è di alcune ore;
gli ospedali debbono funzionare a pieno ritmo, senza alcun fermo, purtroppo nei festivi e prefestivi l'attività si blocca, soprattutto per le analisi e la radiologia, ed i pazienti, pur ricoverati, debbono attendere il lunedì;
tutto ciò non può essere accettato, occorre quindi un potenziamento delle strutture, di tutte le apparecchiature e l'assunzione di nuovi medici, tecnici di laboratorio ed infermieri per avviare una nuova più moderna realtà;
è inaccettabile che bisogna attendere 10 mesi per potere fare una Tac -:
se non ritenga di assumere le adeguate iniziative anche a carattere normativo per riformare a fondo il servizio sanitario riorganizzandolo in modo moderno, per dare risposte concrete alle giuste attese dei cittadini.
(4-02677)

Risposta. - Questo Governo ha adottato misure incisive e mirate sin dall'inizio della sua attività per garantire una tempestiva erogazione delle prestazioni sanitarie ed una corretta gestione delle liste di attesa.
Il problema delle liste di attesa è stato affrontato in seguito all'Accordo Stato-Regioni del 14 febbraio 2002.
Sono state emanate, infatti, le «Linee guida sui criteri di priorità per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa», allo scopo di ridurre le «code» per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, ponendo particolare attenzione a quelle ritenute urgenti e appropriate.
Per favorire il raggiungimento dell'obiettivo, il governo ha già reso operative alcune disposizioni per qualificare, formare, gratificare


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le categorie impegnate nell'erogazione dei servizi ai cittadini.
Così, per far fronte alla cronica carenza del personale infermieristico, con la legge n. 1/2002 si è prevista una migliore e più agile gestione degli infermieri nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, riconoscendo alla categoria in questione una dignità professionale per troppo tempo soffocata.
L'evidente difficoltà di coprire i posti di infermiere e di tecnico sanitario di radiologia medica mediante concorso, può essere ora fronteggiata dalle Aziende sanitarie locali e dalle Aziende ospedaliere, con la possibilità di remunerare prestazioni libero-professionali aggiuntive rispetto a quelle proprie del rapporto di dipendenza o di assumere, con contratto a tempo determinato, quei dipendenti che abbiano, in precedenza, risolto volontariamente il rapporto di lavoro.
A proposito di personale sanitario, l'attivazione di nuove procedure ha poi consentito, nel corso del 2002, l'abbattimento degli arretrati relativi al riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nei Paesi comunitari (157 riconoscimenti per personale laureato e circa 300 per personale non laureato) ed extracomunitari (539 riconoscimenti per personale laureato e oltre 1600 per personale non laureato, di cui in maggioranza infermieri e ostetriche).
In particolare, un forte impulso alla problematica legata alle liste di attesa è stato dato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002, il quale, riportando l'Accordo Stato-Regioni del 14 febbraio 2002, ha riconnesso la soluzione delle liste di attesa a quello dei livelli essenziali di assistenza, nella considerazione che l'accessibilità e la tempestività della erogazione delle prestazioni rappresentano condizioni indispensabili per il concreto godimento del diritto alla salute.
L'Accordo, infatti, stabilisce i criteri di priorità nell'accesso, basati sui criteri di urgenza e di appropriatezza, estende la disciplina anche alle prestazioni di ricovero ospedaliero e riporta ulteriori indirizzi applicativi.
L'11 luglio 2002 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato la proposta di individuazione dei criteri di priorità nell'accesso.
In particolare, tale proposta prevede di dare particolare attenzione e priorità alle prestazioni prescritte a seguito della diagnosi e per le terapie delle malattie oncologiche e di alcune rilevanti patologie cardiovascolari, nonché ad alcune prestazioni di ampia diffusione e/o di rilevante complessità.
Si rammenta che lo stesso schema di Piano sanitario 2002-2004, include tra gli obiettivi strategici l'attuazione dell'accordo sui livelli essenziali ed appropriati di assistenza e la riduzione delle liste di attesa, in relazione alla promozione di protocolli di appropriatezza e alla garanzia di azioni capaci di assicurare ai cittadini tempi appropriati alla loro obiettiva esigenza di salute.
Inoltre, il Ministero della salute ha promosso alcune importanti iniziative di monitoraggio, finalizzate ai seguenti obiettivi:
rilevazione nazionale dei dati sui tempi di attesa, con criteri omogenei tra le diverse Regioni e successiva divulgazione di tali informazioni: tale progetto è in fase avanzata di svolgimento da parte di un apposito gruppo tecnico;
rilevazione nazionale delle iniziative e delle attività poste in essere a livello aziendale in tema di riduzione delle liste e dei tempi di attesa.

Quest'ultima rilevazione ha ottenuto un apprezzabile livello di adesione (oltre il 90 per cento delle aziende presenti in tutte le Regioni ha fornito risposta).
In conclusione, nel mentre si concorda con le preoccupazioni espresse dall'interrogante, si evidenzia che il Ministero della salute ha fornito e continuerà a fornire indirizzi generali sulle principali aree problematiche riguardanti le liste d'attesa, essendo riservata alle Regioni la programmazione


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e la realizzazione di iniziative organizzative idonee e confacenti alle specifiche locali.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

LUCCHESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere:
se corrisponda al vero che il sindaco di Roma si stia facendo parte attiva per organizzare incontri di pace tra israeliani e palestinesi, svolgendo compiti che, ad avviso dall'interrogante, non gli competono;
se tali iniziative rientrino tra i compiti istituzionali di un sindaco e se non si traducano, invece, in un esercizio di competenze istituzionalmente rimesse al Governo.
(4-03428)

Risposta. - Nella seconda metà del 2001, l'ex Ambasciatore israeliano Uri Savir (uomo d'affari che abitualmente risiede in Italia) si è incontrato a Roma in alcune occasioni con lo speaker dell'Assemblea legislativa palestinese, Abu Ala, per discutere della situazione in Medio Oriente e di alcune proposte che lo stesso Abu Ala aveva avanzato, in precedenti colloqui, al Ministro degli Esteri israeliano Peres. Lo stesso Peres, in occasione di una sua visita in Italia, a margine della medesima, ha avuto un colloquio con Abu Ala. Il Governo era informato dei contatti e lo stesso Peres ne aveva fatto menzione al Ministro degli Esteri pro tempore.
Dagli incontri sono scaturite una serie di idee, definite impropriamente dai media italiani «L'Intesa di Roma», ma realmente connotabili quali «intesa Peres - Abu Ala», dato che lunghi e ripetuti colloqui tra gli interessati vi erano stati a Gerusalemme, Parigi, Madrid prima che a Roma. Tali progetti adombravano la creazione di una struttura unitaria delle forze di sicurezza palestinesi, il riconoscimento del principio «due popoli, due Stati» ed il proseguimento di negoziati sulle questioni aperte. Comunque né Peres né Abu Ala avevano un preciso mandato dei rispettivi Capi di Governo a negoziare, e dette idee non hanno poi avuto seguito.
Per quanto riguarda lo specifico quesito posto dall'Onorevole interrogante, non risulta a questo Ministero che ci sia stata una mediazione attiva del Sindaco Veltroni. Una eventuale parte attiva del Sindaco di Roma avrebbe dovuto certamente essere concordata a monte con il Ministero degli affari esteri, che detiene la competenza primaria per la Politica Estera italiana. Eventuali iniziative autonome, infatti, avrebbero potuto ingenerare malintesi sulla posizione e sulla credibilità internazionale dell'azione italiana, danneggiandone le possibilità di successo.
Il Governo sulla complessa vicenda israelo-palestinese tiene una linea di estremo pragmatismo, agendo per obiettivi limitati ma possibili, al fine di stabilizzare la situazione al fine di favorire la ripresa del processo negoziale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni il ministero dell'istruzione ha provveduto alla assegnazione dei posti per la prosecuzioni nelle varie regioni italiane di progetti specifici legati ai bisogni del territorio;
dalle informazioni avute, alla regione Sicilia sono stati attribuiti 90 posti per i progetti di cui sopra;
tale decisione penalizza fortemente l'erogazione di un servizio scolastico efficiente ed efficace nella regione e in particolare nelle zone a rischio dove, peraltro, fino allo scorso anno sono stati attivati progetti specifici per la lotta alla dispersione scolastica (vedi Palermo e provincia dove si lavora da quasi vent'anni con l'impiego di circa 200 docenti, che sono stati formati allo scopo e che oggi sono


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una risorsa indispensabile ed insostituibile se si vuole realmente dare risposte alla domande e ai bisogni dell'utenza);
per la regione Sicilia risulta essere stata fatta una richiesta di 400 posti da destinare alle utilizzazioni su progetti -:
quali siano state le ragioni che hanno indotto il Ministro a tagliare fortemente i posti destinati alle utilizzazioni nelle scuole della regione Sicilia;
se il Ministro non ritenga di aver sacrificato con la decisione assunta il servizio scolastico pubblico in Sicilia vanificando anche gli investimenti e gli sforzi, come nel caso del Servizio contro la dispersione del Csa di Palermo, già posti in essere dall'amministrazione pubblica;
se non ritenga opportuno che debba continuare ad avere vita ciò che nella pubblica amministrazione è consolidato e suffragato da esperienze e da dati che negli anni hanno ribadito la validità e l'efficacia degli interventi attivati, e che, quindi, debba sopravvivere il Servizio psicopedagogico contro la dispersione scolastica della provincia di Palermo;
se non ritenga di rivedere la decisione assunta e di assegnare alla Sicilia il contingente di posti per le utilizzazioni richiesto e necessario a mantenere e a valorizzare le esperienze già... attivate come quella dell'Osservatorio provinciale contro la dispersione scolastica e per il successo formativo del Csa di Palermo.
(4-03471)

Risposta. - Questa Amministrazione dopo aver valutato con la massima considerazione la situazione prospettata dal Direttore Generale per la Regione Sicilia in merito alla richiesta di ulteriori posti per il Servizio psico-pedagogico contro la dispersione scolastica, ha autorizzato in via eccezionale il Direttore suddetto, ad attivare, in sede di adeguamento dell'organico alla situazione di fatto 90 posti di insegnamento.
Tali posti, dopo una conferenza di servizio con i Dirigenti dei Centri servizi amministrativi finalizzata ad individuare le esigenze più rilevanti dell'intero territorio regionale, sono stati ripartiti per la realizzazione di progetti in misura proporzionale a quelli già attivati nell'anno scolastico 2001/2002 e precisamente: Agrigento 5; Caltanissetta 5; Catania 14; Enna 3; Messina 5; Palermo 50; Ragusa 2; Siracusa =; Trapani 6.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MARAN. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la decisione di sostituire il dottor Bruno Forte quale direttore scolastico generale del Friuli-Venezia Giulia è stata assunta - come ha lamentato, stante l'autonomia della regione in materia di istruzione, il Presidente della Giunta Regionale, dottor Renzo Tondo nella lettera inviata al Ministro dell'istruzione il 3 ottobre scorso - senza «una consultazione al riguardo» e «ha generato molto malumore sul territorio»;
nella lettera menzionata il Presidente della regione ha evidenziato il fatto che «il dottor Forte, persona professionalmente preparata e stimata, nell'esercizio del suo mandato ha interpretato correttamente il suo ruolo, agendo con autorevolezza, chiarezza di idee e consapevolezza, rapportandosi positivamente con le istituzioni» e sottolinea che «la sostituzione del dottor Forte, al di là delle legittime decisioni del Ministero, per il modo in cui è avvenuta, rappresenta un elemento di crisi nei rapporti tra la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e il Governo, in un momento in cui la riforma costituzionale pone al centro il tema del Federalismo»;
la missiva del presidente della Regione invita il Ministro a riconsiderare decisioni «che stanno toccando nel vivo la sensibilità della nostra comunità regionale» -:
quali ragioni (ed eventualmente quali pressioni) abbiano indotto il Ministro dell'istruzione


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ad assumere una tale decisione con modalità che il Presidente della Regione ha stigmatizzato;
quale sia il giudizio del Ministro sull'operato del dottor Bruno Forte nell'esercizio del suo mandato;
se non ritenga il Ministro opportuno e anche necessario riconsiderare una decisione che ha colpito nel vivo la comunità del Friuli-Venezia Giulia e determinato un elemento di crisi nei rapporti tra la Regione e il Governo.
(4-04117)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare indicata in oggetto riguardante la sostituzione del dirigente dell'ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia.
Com'è noto all'interrogante l'entrata in vigore della legge 15 luglio 2002, n. 145, recante disposizioni per il riordino della dirigenza statale, ha comportato per tutte le amministrazioni di prendere in esame con tempestività le posizioni di ciascun dirigente con incarico di direzione generale in servizio, al fine di valutare la possibilità di riconferma o di cambiamento dei relativi incarichi, dovendo tali incarichi cessare automaticamente decorsi sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge stessa.
Tale legge è tesa a valorizzare le responsabilità politiche degli organi di vertice delle amministrazioni nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei ad attuare gli obiettivi definiti in sede di programmazione cioè negli atti di indirizzo politico-amministrativo. Al tempo stesso la riforma Frattini persegue lo scopo di accentuare il rilievo del personale pubblico più qualificato, tenendo conto della natura e delle caratteristiche dei compiti assegnati, nonché delle attitudini e capacità professionali dei singoli dirigenti.
A questi criteri si è ispirata l'azione del Ministro nel conferimento degli incarichi ai singoli dirigenti con funzioni di direttore generale del Ministero dell'istruzione, università e ricerca ed anche nel conferimento dell'incarico di direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia al dottor Pier Giorgio Cataldi in sostituzione del dr. Bruno Forte.
Si ricorda anche che il notevole mutamento nel mondo della organizzazione della scuola delineato dal progetto di riforma, contenuto nel disegno di legge delega attualmente all'esame del Parlamento, è tale da richiedere una struttura amministrativa di vertice consapevole dei mutamenti in atto e sostanzialmente in linea con i principi ispiratori di tale riorganizzazione.
Il nuovo direttore dell'Ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia è positivamente consapevole delle riforme e si è certi che attuerà ottimamente gli indirizzi programmati dal Governo nel settore della scuola.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MENIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che l'azienda USL Roma H, presidio ospedaliero Albano Laziale abbia rilasciato un verbale di accoglienza di pronto soccorso alla signora Babudri Maria Luisa, cittadina italiana nata nel 1937 in Istria (territorio italiano ceduto con il trattato di pace del 1947 alla Jugoslavia) attribuendole luogo di nascita «Croazia» e cittadinanza «croata» -:
se sia a conoscenza di altri casi analoghi che configurano una lesione al sentimento ed all'identità di persone che con l'esodo dall'Istria hanno testimoniato la loro volontà di restare italiani;
se non ritenga di dover dare immediate disposizioni agli enti dipendenti dal suo dicastero affinché siano osservate le disposizioni di legge le quali stabiliscono che per i nati in territori non più italiani vada indicato il solo comune di nascita senza altri riferimenti all'attuale sovranità straniera.
(4-02409)


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Risposta. - Per effetto della disciplina normativa contenuta nella Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», il Ministero della Salute non ha oggi alcun potere di tipo organizzativo e gestionale nei riguardi dei servizi sanitari regionali.
Pertanto, si risponde ai quesiti contenuti nell'atto parlamentare in esame, sulla base degli indispensabili elementi a tal fine acquisiti dalle competenti Autorità sanitarie della regione Lazio, per il tramite dell'Ufficio territoriale del Governo di Roma.
Nella nota pervenuta da detto Ufficio, si attesta quanto segue: «L'Azienda USL RM/H utilizza, per la compilazione delle cartelle cliniche di Pronto Soccorso (P.S.) e dei relativi dati di accoglienza, il software GIPSE fornito dall'ASP. Tale programma non prevede che nei campi anagrafici, in presenza di un Comune di nascita attualmente non italiano, possano essere attribuiti stato di nascita e relativa cittadinanza diversi da quelli attuali. L'eventuale imprecisione risulta correggibile solamente se l'operatore che registra i dati anagrafici si rende conto dell'errore commesso dal programma.
Il Direttore Generale della suddetta USL, in conseguenza di quanto sopra, pur auspicando una correzione del programma per non inserire in automatico la cittadinanza, ha provveduto a sensibilizzare gli operatori di Pronto Soccorso al fine di evitare, almeno per la voce «cittadinanza», i disguidi come quello oggetto dell'interrogazione, così da non ferire i sentimenti dei cittadini italiani.
Si è provveduto, altresì, in considerazione della particolare natura tecnica ed operativa del software di cui trattasi ed allo scopo di conoscere eventuali correttivi da apportare allo stesso per prevenire ulteriori nuove lamentele da parte dell'utenza, a richiedere gli opportuni chiarimenti sull'argomento al Direttore Generale dell'ASP, il quale ha evidenziato quanto segue:
Il software GIPSE risulta concepito per consentire una registrazione rapida dei dati anagrafici dei pazienti durante l'attività di Pronto Soccorso, oltre che per la gestione degli stessi servizi di Pronto Soccorso. Pertanto, al fine di facilitare il lavoro degli operatori rendendo così un celere servizio agli utenti, il software risulta predisposto per la generazione in automatico della cittadinanza a partire dal luogo di nascita, ma è pur vero che lo stesso
software consente in tempo reale, analogamente a quanto previsto per il codice fiscale, la possibilità per l'operatore di effettuare le necessarie modifiche, integrazioni e correzioni per assicurare la congruità del dato;
attualmente il Sistema Informativo dell'Emergenza Sanitaria, gestito dall'ASP, non comprende la rilevazione dell'informazione «cittadinanza», ma la sua implementazione è prevista per il 2003, anno in cui verrà effettuato un aggiornamento del tracciato record relativo alle prestazioni di Pronto Soccorso.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

MESSA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è stata rappresentata dai mass-media l'impossibilità di molti utenti di poter usufruire dei cosiddetti farmaci generici in quanto la loro distribuzione nelle farmacie è alquanto di limitata;
questa situazione costringe ad un notevole esborso economico coloro che siano costretti ad acquistare prodotti di marca -:
quali iniziative intenda assumere per assicurare la necessaria disponibilità dei farmaci generici;
quali provvedimenti intenda assumere per non fare gravare sui cittadini la differenza di costo tra le due tipologie di farmaci in attesa della normalizzazione della distribuzione;
quali iniziative intenda porre in atto per accertare le cause delle disfunzioni che hanno determinato il mancato puntuale


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approvvigionamento dei farmaci generici.
(4-02829)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame si fa presente che le attuali difficoltà nel circuito distributivo, concernente in particolare i farmaci generici, sono all'esame della Direzione generale della valutazione dei medicinali e della Farmacovigilanza che sta compiendo accertamenti caso per caso per verificarne le cause.
Inoltre, è in corso di elaborazione un provvedimento che integra il decreto ministeriale 11 maggio 2001 e consente al Ministero della salute di fronteggiare le temporanee carenze di prodotti medicinali sul mercato interno non risolvibili esclusivamente a livello locale.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'insegnamento dell'educazione fisica nella scuola italiana ha puntato, fino ad oggi, alla valorizzazione dell'alunno sotto veri e propri profili quali quello morfologico-costituzionali, intellettivo-cognitivi, affettivo-morali, in modo da garantire lo sviluppo armonico del corpo e l'equilibrio psicofisico;
nella scorsa legislatura sono stati presentati gli orientamenti generali a cui dovranno giungere le istituzioni scolastiche durante il percorso della nuova scuola di base;
nella scuola di base tra le otto aree disciplinari sono stati definiti gli obiettivi per l'area «Corpo e Movimento»: questa la nuova denominazione assunta dall'educazione fisica;
ma l'educazione fisica non ha cambiato solo la denominazione, quello che conta maggiormente è che ne è stato di fatto annullato l'insegnamento;
infatti gli alunni della scuola di base dovrebbero svolgere tradizionali due ore settimanali di educazione fisica, fino ad oggi comunque insufficienti a soddisfare le esigenze motorie degli adolescenti, ma prenderebbero parte a generici laboratori dell'area espressiva, comprendente anche l'educazione musicale e quella artistica, definita oggi «Immagine» e «Arte»;
lo studio di «Corpo e Movimento» verrebbe impartito, peraltro, non da insegnanti specializzati, necessari per una corretta istruzione, fin dagli anni dell'infanzia, in modo da prevenire o correggere difetti comportamentali;
un colpo di spugna netto, quindi, con il quale verrebbe cancellato l'insegnamento dell'educazione fisica;
il tutto mentre negli altri Paesi europei i docenti di educazione fisica sono chiamati a svolgere con maggiore intensità la loro attività di insegnamento di tale disciplina;
quanto predisposto dai nuovi obiettivi programmatici comporterebbe un impatto decisamente negativo, non solo nel settore occupazionale, ma quello che importa per una comunità educante, anche nel piano sociale e nell'ambito prevenzione giovanile-:
non ritenga necessario ed urgente assumere le adeguate iniziative, eventualmente anche di carattere normativo, per riportare l'insegnamento dell'area «Corpo e Movimento», svolto da docenti specializzati, ai livelli europei ed in tutte le classi del nuovo ordinamento scolastico;
se non ritenga di dover restituire dignità all'insegnamento di una disciplina che, in quanto educativa, dovrebbe mantenere la denominazione di educazione fisica nella scuola secondaria e di educazione motoria nella scuola di base.
(4-01349)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
già con atto ispettivo n. 4-01349, presentato il 14 novembre 2001, a tutt'oggi


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privo di risposta, l'interrogante aveva provveduto a chiedere di conoscere l'intendimento del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca circa l'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole italiane;
l'insegnamento dell'educazione fisica è sempre stato di notevole importanza poiché è stato finalizzato alla valorizzazione dell'alunno sotto i profili morfologico-costituzionali, intellettivo-cognitivi, affettivo-morali, in modo da garantirne lo sviluppo armonico del corpo e l'equilibrio psico-fisico;
mentre negli altri Paesi europei i docenti di educazione fisica sono stati chiamati a svolgere con maggiore intensità l'attività di insegnamento di tale disciplina, i precedenti ministri dell'istruzione hanno mortificato i docenti annullando, nei fatti, tale insegnamento, anche, ma non solo, modificandone la denominazione;
notizie di stampa hanno riferito della rinnovata convenzione tra il Ministero dell'istruzione ed il Coni per la promozione dello sport nella scuola;
ad avviso dell'interrogante e senza nulla togliere al ruolo civico dello sport, occorre distinguere l'insegnamento dell'educazione fisica da quello dell'educazione sportiva;
la pratica agonistica è certamente necessaria ai giovani ma è ben altra cosa rispetto ai profili motori e comportamentali degli stessi il cui insegnamento può essere affidato solo a docenti specializzati e fin dai primi anni dell'infanzia -:
se non ritenga necessario ed urgente di dover restituire dignità all'insegnamento dell'educazione fisica, valutando la definizione di criteri utili a garantire la continuità a tutti i docenti della disciplina in questione ricordando che buona parte degli stessi ha sempre insegnato su cattedre-orario, formate, quindi, da spezzoni orario ma, anche, da ore di pratica sportiva.
(4-03255)

Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare in discorso l'interrogante chiede iniziative per restituire dignità all'insegnamento dell'educazione fisica.
Al riguardo si premette che questo Ministero è consapevole come le attività motorie e sportive siano fondamentali per la crescita umana, civile e culturale dei giovani ed efficaci, per prevenire fenomeni e patologie fisiche della condizione giovanile.
Già con la direttiva generale sull'azione amministrativa del 2002 si è dato impulso alle iniziative ed agli interventi volti a creare le condizioni più propizie per un approccio ed uno sviluppo sempre più ampio e consapevole delle attività motorie e sportive. Ciò attraverso azioni convergenti, coordinate e sinergiche tra i vari livelli istituzionali, uffici e organismi a vario titolo coinvolti e interessati, con il coinvolgimento fattivo delle famiglie e con l'apporto delle varie professionalità dell'amministrazione e della scuola.
Il disegno di legge (atto Senato n. 1306), recante delega in materia di norme generali sull'istruzione e di livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale, approvato dal Senato il 13 novembre 2002 ed attualmente all'esame della Camera, rafforza la valenza formativa e sociale delle discipline sportive, e pone lo sviluppo dell'attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti tra le finalità del provvedimento stesso, da sostenere con interventi finanziari.
Si fa anche presente che nella proposta di articolazione del curricolo dei licei è prevista l'acquisizione di conoscenze ed abilità motorie e sportive che si pongono tra gli obiettivi specifici di apprendimento, comunque obbligatori in qualsiasi liceo; le scuole sono tenute a sollecitare gli studenti a padroneggiare modulando opportunamente l'impiego dei tre percorsi, obbligatorio, facoltativo, extrascolastico da utilizzare per promuovere sia l'acquisizione di detti obiettivi che il profilo educativo, culturale e professionale di ciascun allievo.
Come peraltro già noto alla interrogante, si fa presente, infine, che questo Ministero in data 23 dicembre 2002 ha firmato un protocollo d'intesa con la federazione medico-sportiva


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italiana al fine di promuovere l'educazione alla salute in ambito scolastico e rispondere, attraverso lo sport, al grande bisogno di attività ludico-motoria e sportiva di tutti i giovani.
L'intesa si propone anche di favorire studi e ricerche nel campo della medicina sportiva e prevenire l'uso di sostanze e metodi che alterano le naturali prestazioni fisiche dei giovani; la medesima intesa ed è inoltre finalizzata alla formazione sul primo soccorso, prioritariamente finalizzata ai docenti di scienze motorie.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

NESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante è a conoscenza che il decreto legislativo del 21 agosto 2000 n. 274 ha introdotto nell'ordinamento giudiziario la competenza penale affidata ai giudici di pace;
l'interrogante è altresì a conoscenza come, diversamente dalle funzioni civili, le funzioni penali del giudice di pace attribuite alla legge sopra citata, comportano l'esplicazione di attività rilevanti quali l'esame dei fascicoli da archiviare rientranti nella funzione del giudice di pace per le quali attività il legislatore non ha previsto alcun compenso;
l'interrogante è a conoscenza che gli uffici dei giudici di pace non erogano a favore di tali attività alcun compenso al giudice nonostante la gravosità e le responsabilità sottostanti a tali attività -:
se i fatti esposti rispondano a verità, se il Ministro ne sia a conoscenza e quali provvedimenti intenda adottare nell'ambito delle proprie competenze.
(4-02824)

Risposta. - Si comunica che con il decreto-legge 11 novembre 2002, n. 251 sono state apportate delle modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni con riguardo ai criteri di corresponsione delle indennità ai giudici di pace in materia penale.
In particolare è stato aggiunto il comma 3-
ter all'articolo 11 della citata legge n. 374 del 1991 con il quale si è previsto che in materia penale al giudice di pace è corrisposta una indennità di euro 10,33 per l'emissione di ognuno dei seguenti provvedimenti: a) decreto di archiviazione, di cui agli articoli 17, comma 4, e 34, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 e successive modificazioni; b) ordinanza che dichiara l'incompetenza, di cui all'articolo 26, commi 3 e 4, di decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; c) provvedimento con il quale il giudice di pace dichiara il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, disponendone la trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento, di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; d) decreto ed ordinanza nel procedimento di esecuzione, di cui all'articolo 4 comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; e) provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, di cui all'articolo 44, comma 1, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; f) decreto di rinvio degli atti al pubblico ministero per ulteriori indagini, di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; g) decreto di sequestro preventivo e conservativo, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni, e provvedimento motivato di rigetto della richiesta di emissione del decreto di sequestro preventivo e conservativo; h) decisione sull'opposizione al decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione delle cose sequestrate o respinge la relativa richiesta, di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni; i) decisione sulla richiesta di riapertura delle indagini, di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni;


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l) autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione di conversazioni telefoniche, di comunicazioni informatiche o telematiche, ovvero altre forme di telecomunicazione, di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 274 del 2000, e successive modificazioni, o rigetto motivato dell'autorizzazione. Alla luce poi dei quesiti posti dagli uffici del giudice di pace relativamente al compenso da riconoscere in ordine ad alcune attività di competenza dei giudici di pace in materia penale, si segnala peraltro che il competente Dipartimento degli affari di giustizia - Direzione generale della giustizia civile già in data 8 luglio 2002 aveva provveduto ad emanare apposita circolare con la quale sono stati indicati i principi e i criteri da seguire nella risoluzione delle singole questioni al riguardo poste.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

NICOLOSI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con parere del Consiglio di Stato n. 1869/81 del 26 novembre 1981 il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è stato qualificato come «entità cavalleresca, religiosa e militare, patrimonio dinastico e familiare della Casa di Borbone-Due Sicilie» ed in quanto tale «Ordine non nazionale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 7 della legge n. 178 del 1951» da cui «deriva la legittimazione dei cittadini italiani insigniti dal legittimo titolare del potere di conferire onorificenze costantiniane a chiedere l'autorizzazione all'uso delle stesse nel territorio della Repubblica»;
nel predetto parere è apoditticamente indicato come capo della ex Casa Reale di Borbone-Due Sicilie un cittadino francese, tale Ferdinando Maria Duca di Castro, senza fornire alcuna motivazione in ordine alla sua pretesa legittimazione;
al contrario di quanto affermato nel predetto parere, il Governo spagnolo e la Casa Reale di Spagna - il primo unico Stato nel cui ambito hanno vigenza legislativa e rilievo pubblicistico le disposizioni in tema di successione dinastica della Casa di Borbone e la seconda unica delle varie dinastie Borbone attualmente regnante - riconoscono come legittimo Capo della Casa di Borbone Due Sicilie e Gran Maestro dell'Ordine Costantiniano S.A.R. Don Carlo di Borbone, Duca di Calabria, Infante di Spagna, cittadino spagnolo e membro della stessa Casa Reale spagnola, in conformità ai pareri, tutti univoci nel senso predetto, del Ministero della Giustizia spagnolo, della Reale Accademia di Giurisprudenza e Legislazione, del Ministero degli Affari esteri spagnolo, dell'Istituto Salazar y Castro del Consiglio Superiore di Investigazioni Scientifiche e dello stesso Consiglio di Stato spagnolo (parere n. 45.823/JR del 2 febbraio 1984);
lo Stesso Gran Maestro ed Infante di Spagna Don Carlo di Borbone è ufficialmente rappresentato, in Italia, per gli affari concernenti l'Ordine Costantiniano, dall'Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede;
in atto vengono autorizzate per l'uso solo le onorificenze concesse dal nominato Ferdinando Maria Duca di Castro, sull'assunto che solo i cavalieri appartenenti alla sua obbedienza si sarebbero costituiti in associazione nazionale in Italia, requisito quest'ultimo non richiesto dalle vigenti disposizioni di legge ed in contrasto con la prassi seguita dal ministero degli affari esteri in riferimento ad altri Ordini non nazionali per la cui autorizzazione all'uso non è mai stata richiesta l'esistenza di una associazione nazionale (si veda la nota n. 022/713 del 13 dicembre 1999, nella quale il ministero degli affari esteri ha individuato alcuni ordini non nazionali per i quali il ministero stesso ritiene concedibile l'autorizzazione all'uso delle relative onorificenze e, tra questi, il Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - ramo napoletano, l'Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, l'Ordine del Merito sotto il Titolo di San Giuseppe, la Decorazione di San Giorgio per il Merito Militare di Lucca, il


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Real Ordine al Merito sotto il Titolo di San Lodovico e l'Ordine dell'Aquila Estense);
lo stesso ministero degli affari esteri, per l'Insigne Real Ordine di San Gennaro, per l'Ordine di San Ferdinando e per il Real Ordine di Francesco I delle Due Sicilie, ha riconosciuto, contraddittoriamente, che l'attuale situazione dinastica non consente di identificare esattamente il titolare dei diritti magistrali (che sono gli stessi dell'Ordine Costantiniano) e ritenuta opportuna l'astensione dalla concessione dell'autorizzazione all'uso delle relative onorificenze, in attesa che sia definito il contrasto dinastico;
tale situazione di ingiustificata disparità nei confronti di un rappresentante della Casa Reale spagnola, riconosciuto legittimo Gran Maestro dell'Ordine Costantiniano dallo stesso Re di Spagna e dal Governo spagnolo, appare non ulteriormente sostenibile e potenzialmente idoneo, laddove dovesse perdurare, di determinare conseguenze negative sugli stessi rapporti tra i governi italiano e spagnolo -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di normalizzare, con la necessaria richiesta sollecitudine, la situazione sopra evidenziata;
se non reputi comunque opportuno disporre, per par condicio ed in attesa che la disputa dinastica trovi l'auspicata composizione (laddove non si ritenesse già risolta in favore del legittimo Gran Magistero spagnolo), l'immediata ammissione all'autorizzazione anche delle onorificenze costantiniane concesse dal Gran Maestro S.A.R. Don Carlo di Borbone, Infante di Spagna e Duca di Calabria o, in subordine, sospendere tutte le autorizzazioni all'uso per quelle già concesse dal signor Ferdinando di Borbone.
(4-04389)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri in merito alla autorizzazione a cittadini italiani a fregiarsi delle onorificenze del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, non può non riferirsi all'insieme di articolate ed approfondite pronunce sulla questione da parte di organi giurisdizionali e consultivi, nonché di commissioni di esperti che si sono occupate ormai da molti anni della problematica. È da tener presente inoltre che con decreto del Presidente della Repubblica n. 337 del 30 marzo 1973 fu autorizzata l'elevazione ad Ente morale in Napoli dell'Associazione dei Cavalieri italiani del predetto Ordine che persegue fini caritatevoli ed assistenziali meritevoli di considerazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

NICOLOSI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'istituto di istruzione secondaria «Don Calogero di Vincenti» di Bisacquino (Palermo) e l'Istituto di agraria «Ballatore», che al primo è stato annesso a seguito degli accorpamenti stabiliti dalle precedenti finanziarie, rappresenta uno dei punti di riferimento della locale collettività e di quelle limitrofe, essendo stato uno degli elementi determinanti nella crescita culturale post bellica e del dopo terremoto (del 1968);
sugli organi di stampa è comparsa la notizia della decisione del Ministro dell'istruzione che in base al nuovo programma di «offerta dell'istruzione scolastica» dovrebbe sopprimere l'Istituto in quanto non rispetterebbe la proporzione alunni-professori, stabilita dallo stesso ministero;
anche la sola soppressione degli organi di direzione rappresenterebbe motivo di mortificazione della stessa istruzione scolastica che, privata della sua locale autonomia organizzativa e finanziaria ed affidata ad organi (con sede possibilmente a Palermo), ignari dei problemi del luogo e dei giovani che frequentano la scuola, perderebbe in breve tempo la capacità di incidere nella realtà sociale sulla quale opera;


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ogni proposta di modifica dell'attuale assetto organizzativo dovrebbe avere quale unico ed assoluto presupposto quello di garantire l'efficacia dell'istituto così come è attualmente;
l'istituto è stato destinatario da parte della provincia di numerosi finanziamenti al fine di farlo divenire centro di eccellenza capace di creare prospettive di lavoro per i giovani della zona;
soppressione o il ridimensionamento dell'istituto costituirebbe un duro colpo alla valorizzazione di quel territorio -:
quali iniziative intenda adottare per evitare la chiusura o il ridimensionamento dell'Istituto scolastico «Don Calogero di Vincenti», con le gravi conseguenze sopra rappresentate.
(4-04615)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare in discorso si fa presente che la disciplina riguardante il dimensionamento delle istituzioni scolastiche della regione Sicilia è contenuta nella legge regionale n. 6 del 2000.
Detta legge demanda ogni competenza al riguardo all'Assessorato della regione Sicilia e alle Province regionali i quali, secondo le notizie acquisite dall'Ufficio scolastico regionale, per il corrente anno non hanno dato avvio ad alcuna procedura in merito.
Pertanto, le preoccupazioni dell'interrogante, circa un dimensionamento dell'istituto d'istruzione secondaria «Don Calogero di Vincenti» di Bisacquino, non hanno ragione d'essere.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

PASETTO, LUSETTI, MOSELLA e PISTELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
considerato che Poste italiane spa rappresenta il concessionario pubblico nella fruizione del servizio universale postale;
considerata l'assenza di regole normative riguardo i giusti correttivi di bilancio da parte dello Stato, in particolare per le agevolazioni all'editoria e gli effetti negativi che tale assenza di regolamentazione ha già determinato sui risultati aziendali di Poste italiane, conseguentemente anche sui suoi livelli occupazionali;
viste le risoluzioni nella IX Commissione n. 7-00004 e n. 7-00013, votate in Commissione rispettivamente il 10 luglio 2001 ed il 23 luglio 2001, riguardo i costi a carico di Poste italiane spa per le agevolazioni tariffarie postali, che impegnano il Governo a prendere visione dell'onere complessivo che tali tariffe determinano e affinché le risorse per coprire le agevolazioni siano a carico del bilancio dello Stato e quindi inserite nei documenti di programmazione finanziaria;
stante le notizie pubblicate dagli organi di stampa riguardo le voci di nuove riduzioni dei finanziamenti statali all'azienda e la vendita degli immobili di proprietà di enti ed imprese pubbliche e le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali riguardo le possibili ripercussioni negative sui già delicati risultati aziendali e sui livelli occupazionali che tali interventi potrebbero determinare -:
se risulti fondata la notizia circa:
a) la decurtazione del 50 per cento della quota a carico dello Stato del finanziamento del servizio universale postale;
b) lo smobilizzo di parte dei beni immobili di Poste italiane.
(4-00831)

Risposta. - Si ritiene opportuno far presente che, come noto, l'articolo 7 del Contratto di programma, stipulato nel mese di settembre 2000 fra il Ministero delle comunicazioni, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e le Poste Italiane s.p.a., prevede che i costi sostenuti da quest'ultima per la fornitura del servizio universale che non trovino idonea copertura nei ricavi dell'area riservata diano luogo a compensazioni a carico del bilancio dello Stato.


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Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) con la deliberazione del 19 dicembre 2002, nell'invitare, tra l'altro, il Ministero delle comunicazioni «a considerare, nel prossimo Contratto di programma, l'opportunità di determinare ex ante l'onere per il servizio postale universale, al fine di incentivare la società Poste ad una più efficiente utilizzazione delle risorse disponibili», ha espresso parere favorevole sulla modifica dell'articolo 7, comma 2 del citato Contratto di programma prevedendo, quale quota a carico del bilancio dello Stato a titolo di compensazione del servizio universale postale, lo stanziamento di 438,99 milioni di euro per gli anni 2000 e 2001 e 428,66 milioni di euro per l'anno 2002.
Riguardo a procedure di smobilizzo di beni immobili da parte di Poste Italiane s.p.a. si fa presente che la società, nel corso dell'anno 2001, ha dismesso beni non strumentali facenti parte del proprio patrimonio.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

LUIGI PEPE, POTENZA, CUSUMANO, ROTUNDO, MASTELLA e OSTILLIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
1.850 lavoratori a tempo determinato presso il Ministero della giustizia (ex socialmente utili), dopo essere stati reclutati dalla Cassa integrazione, dalla mobilità e dalle liste di lunga disoccupazione, sono stati impiegati, da settembre 1996, per quattro anni, nei lavori socialmente utili;
la formula del LSU è certamente molto favorevole per lo Stato ma non per i lavoratori (nessun contributo, ferie e malattia non retribuite, stipendio ridotto, nessun diritto accessorio, come lavoro straordinario, buoni pasto, eccetera);
da novembre 2000, dopo lunga mobilitazione è stato agli stessi concesso, con la legge n. 242 del 18 agosto 2000, un contratto a tempo determinato di 18 mesi, prorogato per altri 8 e con scadenza 31 dicembre 2002;
nel mese di maggio 2002 il Sottosegretario alla giustizia, onorevole Giuseppe Valentino, riconoscendo l'esperienza professionale acquisita da questi lavoratori, si è impegnato, a nome del Governo, ad individuare una soluzione che porti al loro inserimento stabile all'interno dell'amministrazione della giustizia;
alla luce delle carenze strutturali e di organico dell'amministrazione della giustizia, che non consentono di raggiungere l'auspicabile obiettivo di efficienza ed efficacia, l'apporto di personale già pratico ed esperto, come spesso riconosciuto e certificato da funzionari e magistrati non può essere trascurato;
nella legge finanziaria 2003 è stata proposta una ulteriore prosecuzione del loro impiego fino al 31 dicembre 2003 -:
quali provvedimenti intenda adottare per individuare mezzi e risorse al fine di avviare un percorso legislativo che porti alla stabilizzazione dei 1.850 lavoratori a tempo determinato dell'amministrazione della giustizia e dia serenità e tranquillità alle loro famiglie.
(4-04138)

Risposta. - Si osserva che la legge finanziaria per l'anno 2003 ha autorizzato, all'articolo 34, comma 19, il Ministero della giustizia, unitamente ad altre Amministrazioni, ad avvalersi sino al 31 dicembre 2003 del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato.
Il lasso di tempo costituito dalla proroga di un anno dei contratti a tempo determinato consentirà di studiare tempi e modalità con cui introdurre l'eventuale stabilizzazione di questi lavoratori; prospettiva senz'altro interessante in quanto consentirebbe all'Amministrazione di continuare ad avvalersi di personale con una buona esperienza professionale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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PERETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
recentemente all'ospedale di Faenza ed all'ospedale di Lugo si sono verificate due drammatiche vicende nelle quali una persona ha perso la vita ed un'altra di età più giovane è entrata in coma;
le due persone vittime dell'accaduto dovevano essere sottoposte ad un esame di risonanza magnetica per il quale si deve preventivamente iniettare un liquido di contrasto;
nel primo episodio si è attribuito l'incidente mortale ad uno shock anafilattico e, solo dopo il secondo tragico evento, ci si è accorti che era avvenuto uno scambio di fiale e che quindi si trattava di un avvelenamento da potassio che presenta un quadro clinico decisamente diverso da quello dello shock anafilattico;
non si capisce come si sia potuti incorrere nell'errore della diagnosi;
tutto ciò induce il ragionamento su una gravissima disorganizzazione generale con carenze inimmaginabili di direzione e di gestione, impensabili nell'agire su tecnologie moderne e patologie che riguardano strettamente la vita delle persone -:
quali azioni intenda il Ministro interrogato mettere in atto per conoscere la verità sugli episodi accaduti all'ospedale degli infermi di Faenza e all'ospedale di Lugo, nell'ambito dei poteri ispettivi riconosciuti dal decreto legislativo n. 112 del 1998;
come intenda procedere per arginare lo sdegno e l'insicurezza dei cittadini che dovrebbero potersi affidare con fiducia alle strutture pubbliche sanitarie ed invece si ritrovano a dover mettere in pericolo la propria vita per cause sconosciute.
(4-01972)

Risposta. - Si deve premettere in via generale che il nuovo Titolo V della Costituzione attribuisce alle Regioni competenza legislativa esclusiva sull'assistenza e organizzazione sanitaria.
Gli accertamenti ispettivi connessi alle eventuali carenze e/o inadeguatezze nella erogazione dell'assistenza sanitaria rientrano nella competenza delle Regioni, alle quali sono stati affidati i compiti amministrativi di erogazione dell'assistenza sanitaria e la relativa vigilanza.
Al Ministero della salute resta solo il potere di alta vigilanza, in casi di evidente e grave inerzia delle Istituzioni territoriali, nonché in casi di particolare e inusitata gravità o che interessino più di una regione.
La seguente risposta pertanto è stata redatta sulla base dei dati pervenuti dalle competenti Autorità sanitarie della Regione Emilia-Romagna.
I fatti richiamati nell'interrogazione si riferiscono a tre drammatiche vicende. Due accadute presso l'Ospedale di Faenza, dove è morto un paziente ed un altro è stato ridotto in stato comatoso; la terza all'Ospedale di Lugo, dove è deceduta l'assistita a seguito dell'esecuzione di un esame di Tomografia assiale computerizzata (TAC) con mezzo di contrasto.
Quest'ultimo episodio si è verificato presso il servizio di Radiodiagnostica, in data 8 gennaio 2002, al termine dell'esame TAC richiesto dal medico curante, per una reazione allergica che ha provocato la morte della paziente.
La Commissione Tecnica di indagine, istituita dalla Direzione dell'Azienda USL, nelle sue conclusioni ha confermato l'appropriatezza dei comportamenti adottati e la loro conformità alle vigenti indicazioni delle Società scientifiche italiane di radiologia e anestesia-rianimazione.
Anche sui tragici episodi verificatisi presso l'Ospedale di Faenza nel corso di esecuzione di una Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) con mezzo di contrasto il 15 ed il 16 gennaio 2002, l'Assessore regionale alla sanità ha istituito una Commissione Regionale di indagine.
Secondo la Commissione l'ipotesi più plausibile all'origine dei fatti è quella di un fatale scambio delle fiale di soluzione fisiologica, usata normalmente per migliorare la qualità dell'esame RMN, con quelle, di aspetto apparentemente simile, contenenti


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Cloruro di Potassio, un farmaco pericoloso se iniettato in vena e a dosi elevate.
Al termine delle indagini, l'Assessorato regionale ha ritenuto non sussistere alcuna responsabilità della Direzione generale dell'azienda USL di Ravenna.
Restano fermi gli accertamenti in corso della Procura della Repubblica di Ravenna circa le eventuali responsabilità personali con risvolto penale.
Alla luce di quanto accaduto la Commissione regionale ha anche formulato alcune raccomandazioni, prima fra tutte la richiesta alle Aziende di prevedere, nei capitolati di acquisto di galenici, specifiche che riducano la possibilità di scambio fra prodotti simili nell'aspetto ma diversi nel contenuto e negli effetti.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

PEZZELLA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un'indagine condotta sul territorio napoletano, i cui dati sono stati riportati sul quotidiano «Il Mattino», nell'edizione del 16 gennaio 2002, ha evidenziato il rischio di contrarre la pediculosi, nelle scuole del capoluogo campano;
secondo quanto si evince nel citato articolo, a Napoli, ove le scuole medie ed elementari sono circa 90.000, le farmacie nel solo 2001, hanno venduto 46.000 confezioni di preparati specifici, un dato che fa presumere l'alta incidenza di contagio tra i giovani alunni;
mentre in tutti i grandi paesi occidentali, la pediculosi, è stata quasi debellata, nel napoletano, invece, ove non vengono attuate campagne di prevenzione sanitaria, per affrontare le eventuali epidemie, e per riconoscere i sintomi tempestivamente, prima della diffusione del contagio, l'allarme pidocchi è in continua espansione -:
quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano intraprendere, per circoscrivere le epidemie, e per garantire una maggiore educazione ed assistenza sanitaria nelle scuole napoletane.
(4-01871)

Risposta. - Per effetto della disciplina normativa contenuta nella Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», il Ministero della salute non ha oggi alcun potere di tipo organizzativo e gestionale nei riguardi dei servizi sanitari regionali.
Pertanto, si risponde ai quesiti contenuti nell'atto parlamentare in esame, sulla base degli indispensabili elementi a tal fine acquisiti dalle competenti Autorità sanitarie della Regione Campania, per il tramite dell'Ufflcio territoriale del Governo di Napoli.
Nei dati ricevuti è indicato che «le scuole pubbliche di Napoli sono circa 250 e ad esse accede una popolazione di oltre 200.000 unità, per una fascia di età che va dai 3 ai 20 anni.
Le infestazioni di pediculosi (...), si verificano più spesso nei bambini di età scolare sebbene non ci siano prove di un collegamento con la frequentazione scolastica.
(...) I pidocchi del corpo sono ancora prevalenti tra le persone con igiene personale scarsa e la modalità di trasmissione avviene per contatto diretto con la persona infestata o con gli oggetti da questa usati.
Al riguardo, l'Asl NA 1 ha reso noto che dall'analisi dei dati del Sistema Informativo delle Malattie Infettive (S.I.M.I.), dall'anno 1999 all'anno 2001, non è stato registrato alcun incremento del numero delle notifiche dei casi di pediculosi.
Infatti, nell'anno 1999 sono stati notificati sei focolai epidemici precisamente un focolaio in una scuola, quattro focolai nel carcere di Poggioreale ed uno riguardante un ambulatorio medico; nell'anno 2000 è stato notificato un solo focolaio di origine familiare; nell'anno 2001 sono stati notificati tre focolai di cui due di origine familiare ed uno riguardante detenuti del carcere.


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Per quanto concerne le altre scuole della Provincia di Napoli le competenti Asl hanno assicurato che non esistono particolari preoccupazioni, in quanto c'è stato solo qualche raro caso di pediculosi per cui sono state applicate tutte le procedure ed i provvedimenti del caso.
Viene riferito, inoltre, che in tutte le scuole della Provincia di Napoli «vengono attivate campagne di educazione sanitaria rivolte ai genitori, agli alunni ed al personale docente e non docente, sull'importanza del rispetto delle misure di igiene personale e sulle modalità di individuazione e di distribuzione di uova e pidocchi».
In base al decreto ministeriale 15 dicembre 1990, debbono essere trasmesse al Ministro della salute le notifiche obbligatorie dei focolai epidemici, tra cui quelli di pediculosi.
Tali infestazioni sono ancora frequenti su tutto il territorio nazionale, malgrado le migliorate condizioni igieniche, come avviene anche in tutti i Paesi sviluppati.
Il potenziale rischio di contrarre la pediculosi è presente, in ugual misura, in tutte le collettività scolastiche e diminuisce con la scrupolosa applicazione delle misure preventive da parte del personale scolastico e dei genitori.
Tali misure consistono, essenzialmente, nella scrupolosa ispezione del capo e, al rinvenimento delle uova di pidocchio (lendini), nel trattamento con specifici prodotti farmaceutici, che devono essere idoneamente prescritti dal medico curante e, dopo il trattamento, in una nuova, accurata ispezione per la rimozione manuale delle lendini residue.
La prescrizione di un idoneo trattamento dell'infestazione da parte del medico curante acquista una peculiare importanza, in quanto, troppo spesso, alla notizia di un caso di pediculosi in una comunità scolastica, si ricorre all'uso empirico di prodotti non idonei al trattamento o, comunque, non indicati a scopo di profilassi.
Il Ministero della salute ha approvato delle schede tecnico-informative sulla prevenzione e controllo della pediculosi, rivolte alla popolazione generale, scaricabili dal sito Internet
www.sanità.it/malinf/prevenzio/indice.htm.
Il Ministero, inoltre, risponde, quotidianamente, sia per le vie brevi che per iscritto, ai quesiti che pervengono dagli operatori sanitari e dai cittadini su prevenzione, controllo e trattamento della pediculosi.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

PEZZELLA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 29 settembre 1999 veniva eseguito ai danni della società HQL Italia srl, che svolgeva l'attività di lavorazione pellami con Opificio e 20 unità occupate in Arzano, un'ordinanza di sfratto dall'opificio in Arzano (Napoli) emessa dal G.I. Persico a favore della società Narapel srl in liquidazione; tali società unitamente alla Cartofer srl per il possesso di tale opificio sono in giudizio tra loro ed ancora pendenti ed iscritti al n. 2534/98 e 1466/99;
delegati a tale azione di reintegra erano l'ufficiale giudiziario di Casoria Toller con l'ausilio della forza pubblica e precisamente i carabinieri della locale stazione di Arzano (Napoli) al comando del maresciallo Napolitano;
durante le operazioni l'opificio era occupato da circa 20 lavoratori in assemblea permanente che chiedevano il differimento di tale azione di reintegro;
i lavoratori rappresentati dal sindacato UGL e l'azienda interessata avevano nei giorni precedenti svolto all'Ufficio provinciale del lavoro di Napoli numerose riunioni cercando inutilmente un accordo tra le parti coinvolte nonché un incontro con il prefetto di Napoli -:
se risulti a vero che l'ufficio giudiziario di Casoria Toller durante le operazioni di sgombero non abbia tenuto conto della presenza dei lavoratori in assemblea e della loro opposizione, sospendendo l'esecuzione e demandando l'attuazione


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delle misure cautelari al controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale a norma di legge ne determina anche le modalità d'attuazione ove sorgano difficoltà e contestazioni;
se risulti a vero ed il motivo per cui il prefetto di Napoli, rappresentante del Governo non abbia tenuto conto delle numerose sollecitazioni avute dai lavoratori, dalle parti coinvolte e da esponenti delle istituzioni per aprire un tavolo di consultazione sulla vicenda;
se risulti a vero il motivo per cui le operazioni venivano svolte dalla Forza Pubblica con inaudita violenza e, addirittura come risulta da un filmato andato in onda sulla trasmissione Striscia la Notizia, con l'ausilio di pesanti mezzi meccanici condotti da persone non appartenenti alle Forze dell'Ordine che tentavano di strappare i lavoratori dai cancelli;
se risulti a vero che l'opificio in questione a tutt'oggi è chiuso ed inutilizzato per cui vengono a decadere le motivazioni di somma urgenza di cui all'ordinanza di reintegro nel possesso emessa dal giudice di Casoria Persico;
se l'opificio in questione era stato realizzato nel 1990 dalla società Narapel srl e finanziato con i fondi pubblici della legge 64, per cui la sua funzionalità riveste un pubblico interesse;
se per le rispettive competenze a mezzo del servizio ispettivo svolgano i necessari accertamenti sui fatti esposti presso la sezione di Casoria del Tribunale di Napoli ed il comando carabinieri competente per territorio.
(4-02674)

Risposta. - Si rappresenta che in data 28 settembre 1999 (e non 29 settembre 1999) il dottor Ugo Toller, ufficiale giudiziario in servizio presso il Tribunale di Napoli - Sezione distaccata di Casoria, eseguiva una reintegra in possesso (e non uno sfratto) ad istanza della Narapel s.r.l. presso i locali siti in Arzano, viale delle Industrie km 0,400, occupati sine titulo dalla HQL Italia s.r.l., con la collaborazione del Maresciallo Capo Francesco Napolitano, comandante della Stazione dei Carabinieri di Arzano e di altri nove militari in servizio presso la medesima, nonché con l'intervento di un carro gru, di proprietà di un'adiacente azienda di rottamazione auto, fornito dalla parte istante.
Tale mezzo, che doveva servire a liberare l'ingresso dell'opificio, il cui cancello era chiuso con lucchetti ed ostruito da cumuli di rifiuti, non veniva usato perché una decina di operai (su circa venti complessivamente presenti sul posto) si aggrappavano al cancello arrampicandosi su di esso. Pertanto, il Toller, per non mettere a rischio la loro incolumità, impartiva disposizioni di non farlo avvicinare.
L'ufficiale giudiziario, i carabinieri e la parte istante entravano quindi nel cortile della fabbrica dal lato posteriore, attraverso una rete di recinzione tagliata. Gli operai, invitati a consentire le operazioni di inventario e di reintegra in possesso, liberavano l'immobile spontaneamente e senza ricorso ad azioni di forza nei loro confronti.
Peraltro, nessuna persona è stata denunziata o arrestata.
L'ufficiale giudiziario non ha ritenuto di dover sospendere l'esecuzione chiedendo la determinazione di ulteriori modalità di attuazione del provvedimento del magistrato, in quanto non si era in presenza di «difficoltà o contestazioni», considerato che l'opposizione degli operai alla apertura forzata del cancello era cessata con l'allontanamento del carro-gru, e che le modalità di attuazione contenute nel dispositivo del provvedimento del magistrato erano sufficientemente chiare e definite.
Dalla vicenda descritta non sono emersi profili di carattere disciplinare a carico di magistrati (ed in particolare del dottor Persico) o di altro personale dipendente dall'Amministrazione.
L'edificio, a quanto riferito dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli, è tuttora sede della società HQL Italia s.r.l. e risulta attualmente chiuso ed inutilizzato.
In relazione ai finanziamenti di cui alla legge 1o marzo 1986 n. 64, si rappresenta che la ditta NARAPEL s.r.l. in liquidazione ha presentato due programmi per l'ammodernamento


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dello stabilimento di Arzano, per i quali sono stati concessi i contributi in conto canoni previsti per l'agevolazione della locazione finanziaria di attività industriali, nella misura complessiva di Lire 1.855.178.000 nel 1995, e di Lire 192.242.000 nel 1996. In merito al rispetto dei vincoli di destinazione degli impianti oggetto delle agevolazioni, il Ministero delle attività produttive ha in corso gli accertamenti necessari per le verifiche previste dalla normativa.
Per quanto concerne il tavolo di consultazione sulla situazione occupazionale dei dipendenti della HQL Italia s.r.l., si rappresenta, infine, che la vertenza è stata oggetto di diverse riunioni presso la competente Direzione Provinciale del Lavoro, l'ultima delle quali si è svolta il 2 dicembre 1999 con la partecipazione di un rappresentante del Comune di Arzano, all'epoca retto da un Commissario prefettizio.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PISA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decorrenza 1 ottobre 2002 è stato disposto con ordine di servizio del Comandante provinciale di Roma il trasferimento dalla sede centrale di via Genova del C.S. Sergio Formone e del V.P. Antonio Valenzano;
tale trasferimento è stato giustificato facendo riferimento a generiche esigenze «di rappresentatività e di relazioni esterne», formalizzate in modo altrettanto generico da un precedente ordine di servizio interno promulgato dallo stesso comandante provinciale;
ad avviso dell'interrogante, tutto ciò sembra palesemente contraddire il principio di legittimità amministrativa nel rispetto della gerarchia delle fonti degli atti normativi che sempre deve contraddistinguere gli atti relativi alla gestione del personale, disconoscere i diritti e la dignità della persona e non tenere in alcun conto le leggi, i regolamenti e gli accordi sindacali, in vigore in materia di trasferimento del personale;
le due persone trasferite hanno precedenti di servizio del tutto ottimi per capacità professionali e comportamento, giudicato irreprensibile sotto ogni aspetto dai loro colleghi e degli altri superiori -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire, procedendo ad un accurato esame della situazione e valutando la possibilità di annullare i trasferimenti decisi dal Comando provinciale di Roma.
(4-04129)

PISA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decorrenza 1 ottobre 2002 è stato disposto con ordine di servizio del Comandante provinciale di Roma il trasferimento dalla sede centrale di via Genova del C.S. Sergio Formone e del V.P. Antonio Valenzano;
tale trasferimento è stato giustificato facendo riferimento a generiche esigenze «di rappresentatività e di relazioni esterne», formalizzate in modo altrettanto generico da un precedente ordine di servizio interno promulgato dallo stesso comandante provinciale;
ad avviso dell'interrogante, tutto ciò sembra palesemente contraddire il principio di legittimità amministrativa nel rispetto della gerarchia delle fonti degli atti normativi che sempre deve contraddistinguere gli atti relativi alla gestione del personale, con il risultato - sempre ad avviso dell'interrogante - disconoscere i diritti e la dignità della persona e non tenere in alcun conto le leggi, i regolamenti e gli accordi sindacali, in vigore in materia di trasferimento del personale;
le due persone trasferite hanno precedenti di servizio del tutto ottimi per capacità professionali e comportamento, giudicato irreprensibile sotto ogni aspetto dai loro colleghi e dagli altri superiori -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire procedendo ad un accurato


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esame della situazione e valutando la possibilità di annullare i trasferimenti decisi dal Comando provinciale di Roma.
(4-04273)

Risposta. - Si osserva preliminarmente che ai sensi dell'articolo 53 del Contratto collettivo nazionale del lavoro del 30 luglio 2002, integrativo del Ccnl del 24 maggio 2002, l'Amministrazione ha piena facoltà di disporre spostamenti del personale tra uffici della medesima sede di servizio.
La distribuzione del personale tra le sedi rientra nella sfera afferente la gestione degli uffici di specifica ed esclusiva competenza del dirigente che ne risponde personalmente e non va confusa con la materia del trasferimento.
Condizioni per la legittimità degli spostamenti sono, in base allo stesso articolo 53, il ricorrere di comprovate esigenze organizzative, il rispetto dei criteri di massima negoziati in sede locale, sempreché risultino già definiti, e la preventiva informazione alle organizzazioni sindacali legittimate sui provvedimenti adottati.
La mobilità ordinaria, invece, è disciplinata dall'articolo 51, comma 6, dello stesso Contratto integrativo, che prevede uno spostamento tra sedi diverse ed è demandata a livello nazionale, e non già periferico, della negoziazione.
Nel caso in esame il Comandante provinciale dei vigili del fuoco di Roma, per esigenze di riorganizzazione dei servizi, ha emesso un provvedimento di assegnazione per il C.S. Sergio Formone e il V.P. Antonio Valenzano, non senza aver preventivamente informato le organizzazioni sindacali che, si sottolinea, non hanno espresso alcuna considerazione circa l'insindacabilità del provvedimento.
I suddetti dipendenti sono comunque stati collocati presso sedi di servizio prossime al loro domicilio ove svolgono le medesime funzioni assegnategli nella sede centrale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

REALACCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il comune di Racalmuto in provincia di Agrigento è un'area notoriamente ad alta densità di mafia, e che all'inizio degli anni novanta si registrarono in detta area ben 20 omicidi, connessi al controllo delle attività economiche della zona, in primo luogo quelle edilizie;
il capo dell'ufficio tecnico del comune di Racalmuto, ingegner Delfino, nell'anno 1998 è stato oggetto di una sparizione, con metodo della cosiddetta «lupara bianca», in un contesto, secondo gli investigatori, di interessi di mafia connessi all'incarico ricoperto nell'edilizia e nell'urbanistica di quel comune;
l'associazione Legambiente ha messo in rilievo nel febbraio 2002 una persistente e gravissima gestione illecita da parte di quel comune del settore urbanistico ed edilizio, gestione illecita consistente nel rilascio di centinaia di concessioni edilizie per residenze in area agricola zona E con i parametri di cubatura dello 0,2 per mille invece dello 0,03 per mille, tassativamente imposto dalle leggi statali e regionali;
dette illecite cubature adottate dal comune - nelle concessioni rilasciate - hanno in sostanza quasi decuplicato il volume delle costruzioni «autorizzate», attivando un circuito affaristico in totale contrasto con la vigente legislazione quantificato dall'associazione Legambiente nell'ordine di decine di miliardi;
le costruzioni realizzate mediante dette concessioni illecite hanno sostanzialmente devastato - di fatto urbanizzandolo senza criterio alcuno - uno dei paesaggi rurali siciliani più preziosi e suggestivi, decantati nelle opere del maestro Leonardo Sciascia, nativo di Racalmuto e che com'è noto ha ambientato i suoi romanzi nella campagna racalmutese ed in particolare in contrada Noce ove viveva;
il sindaco di Racalmuto ha dichiarato agli organi di stampa siciliani La Sicilia e Giornale di Sicilia del 17 febbraio 2002,


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che le osservazioni mosse da Legambiente sono «pura propaganda pre-elettorale e che citerà l'associazione ambientalista in giudizio» in quanto a suo dire «detto indice dello 0,20 in area agricola per l'edilizia residenziale è da ritenersi giusto e lecito» -:
se non ritenga il Ministro dell'interno di avviare attività ispettiva, per tramite della Prefettura di Agrigento, sulla base della normativa antimafia, in ordine alla illecita gestione dell'edilizia testé evidenziata in probabile connessione con il caso di «lupara bianca» che ha colpito nel 1998 il Capo dell'ufficio tecnico del comune, ingegner Delfino. Finalizzando ciò all'eventuale scioglimento degli organi elettivi del comune;
se non ritenga il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di attivare, mediante la direzione generale della repressione dell'abusivismo edilizio ed eventualmente di concerto con l'assessorato al territorio della regione siciliana, una verifica ispettiva in ordine all'applicazione presso detto comune della vigente normativa urbanistica;
se non ritenga il Ministro dell'interno di verificare se anche gli amministratori comunali di Racalmuto, in prima persona e attraverso prossimi congiunti, siano titolari di dette concessioni edilizie in violazione della normativa urbanistica;
quali misure intenda adottare il Governo per impedire che detta illecita attività edilizia che sta devastando per tramite delle concessioni illegali di che trattasi il paesaggio rurale di Racalmuto possa proseguire;
quali misure intenda adottare il Governo per ripristinare la legalità presso il comune di Racalmuto, anche alla luce delle dichiarazioni del sindaco in premessa riportate.
(4-02231)

Risposta. - I fatti evidenziati nel presente atto di sindacato ispettivo hanno avuto riscontro negli atti di Polizia giudiziaria, che ha informato, tramite l'Arma dei Carabinieri, nel corso degli ultimi tre anni, la Procura della Repubblica di Agrigento di possibili irregolarità e violazioni di legge nell'ambito del rilascio delle concessioni edilizie.
L'Amministrazione giudiziaria ha nominato due consulenti tecnici, che stanno esaminando la copiosa documentazione acquisita nel corso delle indagini, sia presso l'Ufficio Tecnico del Comune che presso i competenti Assessorati Regionali, ed, inoltre, stanno procedendo alla verifica sul territorio di alcune opere eseguite e di altre in fase di avanzata progettazione.
Tutti i procedimenti penali instaurati sono ancora in fase di indagini preliminari e, pertanto, sottoposti a segreto istruttorio.
A seguito di tale inchiesta il Dirigente del settore urbanistico del Comune ha disposto la sospensione, in via cautelativa, del rilascio della concessione nelle aree interessate, in attesa dei chiarimenti richiesti all'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente.
Le risultanze investigative sulla scomparsa, in data 30 aprile 1998, del precedente dirigente dell'Ufficio tecnico del comune di Racalmuto, geometra Delfino, sono al vaglio della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
In merito, si rileva che le indagini svolte, sebbene non abbiano consentito di individuare i responsabili, lasciavano ipotizzare un qualche collegamento tra la scomparsa del Delfino e la sua attività professionale.
Per quanto riguarda l'aspetto più propriamente tecnico, il comune di Racalmuto non dispone di un nuovo strumento urbanistico, ed applica ancora il vecchio Piano Regolatore Generale, risalente all'anno 1972, con le relative modifiche apportate dal decreto dell'assessore per il Territorio e l'Ambiente del 28 marzo 1980, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica del successivo 31 maggio.
Da ciò deriva che nelle aree agricole (Zone «E»), si possono rilasciare concessioni edilizie con indice di fabbricabilità dello 0,20 mc/mq, soltanto per fabbricati che abbiano le caratteristiche di residenza stagionale.
Per tali zone, il Comune avrebbe rilasciato in un arco temporale compreso tra il


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28 marzo 1980 ed il mese di marzo 2002, concessioni edilizie con indice di densità fondiaria pari a 0,20 mc/mq. I relativi provvedimenti sarebbero stati approvati in conformità alle previsioni del Piano Regolatore Generale.
Tali previsioni sembrerebbero invero contrastare con le disposizioni della legge Regionale 27 dicembre 1978, n. 71 che, all'articolo 7, prescrive che, nel verde agricolo, per le abitazioni, l'indice di densità fondiaria non può superare 0,03 mc/mq.
Al riguardo si evidenzia che, in base all'articolo 14, lettera
f) del vigente Statuto (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455), la Regione siciliana ha poteri di legislazione esclusiva sulla materia dell'urbanistica nella quale esercita, in virtù di quanto disposto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 luglio 1950, n. 878 («Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di opere pubbliche»), come modificato dall'articolo 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1o luglio 1977, n. 683, tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato.
Conseguentemente la funzione di vigilanza sull'attività urbanistica dei comuni è attribuita alla Regione che può disporre, secondo quanto previsto dall'articolo 2 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, i necessari controlli ispettivi.
Infine, secondo quanto riferito dall'UTG di Agrigento, risulta che, effettivamente, alcuni amministratori comunali di Racalmuto abitino nelle zone menzionate, ma se le licenze di costruzione rilasciate siano conformi allo strumento urbanistico o meno, potrà essere accertata solamente con il prosieguo delle indagini.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RUSSO SPENA, CENTO, MASCIA, DEIANA e FOLENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Persichetti è stato trasferito dal carcere di Rebibbia (nuovo complesso), in Roma, al carcere di Ascoli Piceno;
Persichetti era stato, all'incirca un mese fa, estradato dalla Francia, dove viveva in situazione di non latitanza ed in condizione di non clandestinità, essendo, tra l'altro, titolare di due corsi di insegnamento all'università di Parigi -:
se i motivi del suo trasferimento al carcere di Ascoli Piceno siano da ricollegare ad esigenze di carattere processuale (richiesta, da parte della Magistratura, di ascoltarlo come testimone, di interrogarlo, eccetera), oppure a criteri, decisi dal ministero, di costrizione in un carcere in cui vi sono circuiti di sorveglianza speciale. Il detenuto Persichetti non sembra, peraltro, essere caratterizzato, sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, come fattore di rischi di pericolosità per l'ordinamento penitenziario.
(4-03902)

Risposta. - Si rappresenta che il signor Paolo Persichetti, già appartenuto al movimento eversivo di estrema sinistra denominato «Brigate Rosse U.C.C.», sconta una condanna definitiva con fine pena previsto per il 9 agosto 2020, per i reati di partecipazione e costituzione di banda armata, violazione della legge sulle armi, concorso aggravato in attentato per finalità terroristiche e di eversione.
Nel corso della precedente detenzione (nel 29 maggio 1987 fu sottoposto a custodia cautelare in carcere nell'ambito del procedimento per l'omicidio del generale Giorgieri oltre che per quelli relativi ai reati per i quali si trova attualmente ristretto), assunse un comportamento che lasciava intendere una dissociazione dalla lotta armata.
In considerazione di ciò, nell'agosto del 1987, venne assegnato presso la Casa di Reclusione di Roma Rebibbia ed inserito nella sezione dei detenuti appartenenti alla c.d. «area omogenea» che, ai sensi della legge 18 febbraio 1987, n. 34, avevano scelto la linea della dissociazione dal terrorismo.
La situazione detentiva del Persichetti si modificò nel gennaio del 1988, allorché la competente Autorità giudiziaria evidenziò l'opportunità di trasferire dall'istituto romano


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un gruppo di ristretti (tra i quali il Persichetti) che, presumibilmente, costituivano un punto di riferimento per la riaggregazione nell'ambito penitenziario, di una associazione sovversiva denominata «Unione Comunisti Combattenti».
Peraltro, a conforto di tale tesi relativa al «ripensamento» avuto dal detenuto in parola, furono rinvenuti alcuni documenti dallo stesso inviati ad altri detenuti, nei quali faceva ammenda della posizione inizialmente assunta, a suo dire originata da un momento di sbandamento causato dall'impatto con la condizione detentiva.
Negli stessi scritti, inoltre, il Persichetti rassicurava i compagni della sua ferma adesione agli ideali politici professati.
In considerazione di ciò il detenuto venne trasferito presso la Casa circondariale di Foggia ove è rimasto ristretto fino alla scarcerazione, avvenuta in data 14 dicembre l989 per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
In seguito al recente arresto, avvenuto in Francia, ed alla successiva estradizione, il Persichetti è stato associato, come da prassi, presso la Casa circondariale «Nuovo Complesso» di Roma Rebibbia, in attesa di definitiva assegnazione.
La competente Direzione generale del dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, esaminata la documentazione agli atti e considerata la lunga assenza del detenuto dal territorio italiano, ha ritenuto sconsigliabile il suo inserimento in una sezione ove siano ristretti detenuti appartenenti all'area eversiva.
Pertanto, visto anche il sovraffollamento dell'istituto di Rebibbia e, più in generale di tutti gli istituti romani, si è ritenuto opportuno individuare la Casa circondariale di Ascoli Piceno quale istituto di definitiva assegnazione del Persichetti.
Si evidenzia, infine, che quest'ultimo non è stato mai ristretto in sezioni dei c.d. «circuiti di sorveglianza speciale».
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ANTONIO RUSSO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il Prefetto di Napoli, nella funzione di delegato, ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 1994, con proprio decreto (Protocollo n. P01452/DIS) del 30 dicembre 1994, reiterato con successivo provvedimento (Protocollo n. P/11175/DS) del 16 marzo 1995, nominava il dottor Giacomo Gerlini Commissario del consorzio dei comuni del bacino Napoli 1, per la gestione della discarica sita nel comune di Giugliano - località «Schiavi»;
il consorzio dei comuni è istituito con legge regionale n. 10 del 1993, la quale prevede che, in caso di inottemperanza dei comuni a dotarsi degli organi di gestione, provvede, in via sostitutiva, il presidente della giunta regionale -:
se non si intenda chiarire con vigenza quale normativa abbia autorizzato il Prefetto di Napoli a sostituirsi agli organi deputati alla nomina predetta, anche in considerazione del protrarsi di un'attività posta in essere da un soggetto non titolato alla carica che ad avviso dell'interrogante, si palesa come illegittima.
(4-04436)

Risposta. - Com'è noto in seguito allo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 febbraio 1994, il Commissario di Governo nella Regione Campania era stato delegato con apposita ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 1994 ad attivare gli interventi necessari per fronteggiare la situazione di crisi, adottando - ove necessario - anche provvedimenti in deroga alle leggi richiamate nell'ordinanza stessa.
Le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 marzo 1994 e del 18 marzo 1996 hanno incluso tra le norme derogabili anche la legge regionale 10 febbraio 1993 - richiamata dall'interrogante - che, all'articolo 6 individua i Consorzi dei comuni tra i soggetti attuatori del Piano Regionale dello smaltimento dei rifiuti, stabilendo


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espressamente le modalità per i comuni ai fini della costituzione di organismi consortili per la gestione associata degli impianti di smaltimento.
A causa della mancata costituzione degli organi del consorzio dei comuni del bacino Napoli 1, il Prefetto di Napoli nominava il dottor Gerlini, Commissario del predetto Consorzio, proprio in virtù dei predetti poteri di delega.
Si precisa che tale incarico è stato prorogato fino alla cessazione dello stato di emergenza e, comunque, non oltre la costituzione degli organi consortili, avvenuta nello scorso mese di marzo, con l'elezione alla presidenza del Consorzio del dottor Antonio Castaldo, sindaco del comune di Giugliano.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RUZZANTE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alcune direzioni didattiche statali, tra cui la 4 direzione didattica di Padova, hanno visto una riduzione sensibile dell'organico dei docenti per l'anno scolastico 2002-2003, riferibile principalmente ai tagli operati dalla legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) e all'orientamento del ministero di assicurare, in via prioritaria, il curricolo obbligatorio minimo (ovvero l'organizzazione scolastica che funziona a tempo normale);
questi tagli stanno causando non pochi problemi di funzionamento alle scuole elementari organizzate a tempo lungo (secondo quanto prevede la legge n. 148 del 1990 all'articolo 1 comma 8 in alternativa alle scuole a tempo pieno che non possono più essere istituite), in quanto si trovano a dover operare con un numero di docenti inadeguato;
per l'anno scolastico 2002-2003, per quanto riguarda la 4 direzione didattica di Padova, sono stati assegnati un numero di docenti assolutamente inferiore alle necessità reali, dato un aumento delle classi (secondo quanto prevede la legge n. 148 del 1990 all'articolo 1 comma 8) non accompagnato da un corrispondente aumento degli insegnanti (sono stati tolti addirittura un insegnante di inglese e due di sostegno);
se per il prossimo anno alla 4 direzione didattica di Padova non verranno assegnati 4 insegnanti in più sui posti comuni e ripristinato il posto di lingua inglese e i due di sostegno soppressi, non potranno essere garantiti né l'offerta formativa finora mantenuta né i servizi minimi finora garantiti;
tali carenze di organico e la conseguente riduzione dell'offerta formativa interessano un territorio fortemente abitato e caratterizzato dalla presenza di numerose situazioni problematiche (vi sono infatti numerosi alunni in situazione di disagio socio-familiare) -:
se il Ministro non ritenga di dover rivedere il meccanismo di assegnazione dei docenti, per evitare il ripetersi di situazioni come quella della 4 direzione didattica di Padova;
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che il caso della direzione didattica in questione non è purtroppo un caso isolato nel nostro Paese;
se il Ministro non ritenga opportuno rivedere l'assegnazione dei docenti alla 4 direzione didattica di Padova, in quanto la riduzione dell'offerta formativa in questo ambito territoriale si trasformerebbe in un aggravio delle numerose situazioni di disagio socio-familiari presenti.
(4-03474)

Risposta. - Per effetto delle norme contenute nell'articolo 22 della legge finanziaria 2002 (legge 28 dicembre 2001 n. 488), con l'annuale decreto ministeriale relativo ai contingenti organici delle scuole di ogni ordine e grado, alle scuole elementari della Regione Veneto sono stati assegnati, per l'anno scolastico 2002/2003, 17.923 posti, con una differenza in meno, rispetto allo scorso anno scolastico, di 195 posti, pari all'1,08 per cento in meno e ciò nonostante


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che gli alunni iscritti siano aumentati di circa 1.700 unità.
Dovendo operare nel rispetto della normativa vigente non è stato possibile concedere deroghe né operare compensazioni con le dotazioni organiche degli altri ordini di scuole in quanto, da un lato, anche per la scuola secondaria di primo e secondo grado, pur sempre in presenza di un aumento di iscrizioni, sono stati assegnati posti in numero inferiore rispetto a quelli esistenti nell'anno scolastico 2001/2002 e dall'altro, i diversi tempi di attuazione degli organici hanno impedito di poterne verificare concretamente la reale fattibilità, dal momento che gli organici della scuola elementare sono i primi ad essere definiti.
Si fa, inoltre, presente che il primo comma dell'articolo 8 della legge 5 giugno 1990 n. 148, che prevede il «tempo lungo», non indica per la sua realizzazione alcuna ulteriore risorsa prevedendo l'utilizzazione di quelle disponibili.
Comunque, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, sono stati autorizzati ulteriori 90 posti ed è stato possibile incrementare l'organico del 4o circolo di Padova con 2 posti di scuola comune e 12 ore per l'insegnamento della lingua straniera.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

RUZZANTE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 23 settembre 2002 il consiglio comunale del comune di Abano Terme (Padova) ha approvato all'unanimità un ordine del giorno dal titolo «Disposizioni della legge finanziaria 2003 sulle cure termali» nel quale, in considerazione del fatto che «il Governo si appresta a licenziare una legge finanziaria per l'anno 2003 che contiene disposizioni relative alla erogazione delle cure termali in regime di convenzione esclusivamente per le categorie degli invalidi civili e di guerra», viene chiesto il ritiro del provvedimento;
la copertura da parte del servizio sanitario nazionale delle cure termali è fondamentale per mantenere elevati livelli di qualità dei servizi e per evitare il tracollo del settore termale;
il provvedimento annunciato colpisce direttamente il settore turistico, intimamente connesso a quello termale, che rappresenta una quota rilevante dell'economia della provincia di Padova -:
quali siano le reali intenzioni del Governo e se non ritenga opportuno intervenire urgentemente per scongiurare il tracollo dell'intero settore termale e quali azioni intenda promuovere per sviluppare all'estero e in Italia il settore termale, sia come modello di cura e assistenza sia come forma di sviluppo del turismo.
(4-03983)

Risposta. - In occasione della discussione, avvenuta il 9 ottobre 2002 presso l'aula della Camera dei deputati, di una interrogazione parlamentare a risposta immediata concernente la problematica relativa alle cure termali, ho riaffermato che il Governo ritiene le cure termali importanti non solo per la salute, ma anche sotto il profilo sociale.
Infatti, è in coerenza con tale consapevolezza e con la necessità di dover mantenere, per la loro efficacia, tali prestazioni tra quelle erogate dal Servizio sanitario nazionale, che si è posto il problema di dover decidere di chiedere ai cittadini una maggiore partecipazione al loro costo.
Tale intendimento è dimostrato dall'inclusione delle erogazioni delle cure termali nei Livelli essenziali di assistenza, e confermato dalle numerose iniziative in corso per l'ulteriore verifica di efficacia di queste prestazioni.
Riguardo, poi, alla riduzione della spesa sanitaria derivante dall'incremento del ticket sulle cure termali - 50 euro per ogni ciclo, con l'esclusione di alcune particolari categorie - si fa presente che il risparmio per il Servizio sanitario nazionale è stato stimato in circa 31 milioni di euro.
L'orientamento del Governo, dunque, non è assolutamente quello di liquidare le


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cure termali, ma solo di razionalizzarne e quantificarne l'erogazione.
Le oggettive limitazioni che derivano dalla norma inserita nella legge finanziaria 2003, non sembrano tali da scardinare il sistema erogativo, né intaccare oltre misura l'indotto economico ed occupazionale che il termalismo garantisce e a cui il Governo guarda con la massima attenzione.
Infatti, in base all'articolo 52, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)», dal 1o gennaio 2003, i cittadini che usufruiscono delle cure termali sono tenuti a partecipare alla spesa per un importo di 50 euro.
Sono esclusi dal pagamento del ticket i soggetti individuati dall'articolo 8, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, i soggetti indicati nel regolamento di cui al decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, gli invalidi di guerra titolari di pensione diretta vitalizia, i grandi invalidi per servizio, gli invalidi civili al 100 per cento ed i grandi invalidi del lavoro.
Infine, il comma 3 dello stesso articolo 52 afferma che il Governo, al fine di consentire il pieno ed effettivo rilancio del settore termale ed anche nell'ambito della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome, assicura la compiuta attuazione delle disposizioni contenute nella legge 24 ottobre 2000, n. 323 «Riordino del settore termale».
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

SINISCALCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante, da informazioni assunte, che il signor Aniello Nuvoletta sia detenuto presso la casa circondariale di «Opera» in Milano, affetto da gravi patologie e lontano dai familiari residenti in Campania;
nel luglio scorso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha respinto l'istanza di applicazione della misura della detenzione domiciliare presentata dal Nuvoletta sulla base della asserita incompatibilità dell'istante con il regime carcerario in ragione delle condizioni di salute;
il detenuto certificava di essere affetto da pre-endema polmonare, cardiopatia ischemica diabete mellito e vasculopatia cerebrale;
successivamente al rigetto della istanza, a seguito di un ulteriore aggravamento delle già precarie condizioni salutari del detenuto, è stata rivolta dai familiari del detenuto nuova istanza di visita medica;
nonostante il notevole lasso di tempo trascorso dalla presentazione della suddetta richiesta di visita medica, non risulterebbe essere stata adottata dai competenti organi alcuna decisione a riguardo;
la drammatica situazione in cui versa il detenuto e lo stato di abbandono e di impotenza nel quale si sentono relegati i familiari del Nuvoletta, soprattutto in ragione del ritardo nella decisione in ordine alla richiesta di visita medica urgente, è stato denunciato dalla moglie del detenuto anche all'interno del TG 1-mattina, andato in onda nei giorni scorsi sulla emittente televisiva nazionale -:
se il Ministro, accertati i fatti in premessa, nell'ambito dei poteri di propria competenza non ritenga eventualmente, di disporre un'ispezione per verificare i motivi alla base del grave ritardo nella adozione di un provvedimento così delicato per le condizioni di salute di un detenuto, già in passato tormentato da documentate e gravi patologie.
(4-00645)

Risposta. - Si premette che il detenuto Aniello Nuvoletta, nato a Marano di Napoli (Napoli) il 16 maggio 1940, attualmente ristretto presso la Casa di Reclusione di Milano Opera, con fine pena previsto per il 1o maggio 2004, è stato definitivamente condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di associazione a delinquere


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finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e porto abusivo di arma da fuoco e ricettazione.
Già sottoposto, nel corso di una precedente carcerazione, al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, dell'Ordinamento penitenziario, è ritenuto elemento di spicco della criminalità organizzata di stampo camorristico - clan Nuvoletta. Pertanto, l'istanza di trasferimento in un istituto penitenziario della Campania, formulata dalla moglie del detenuto è stata rigettata poiché si è ritenuto opportuno che la sua detenzione trascorra lontano dalla Campania onde evitare stretti contatti con la criminalità organizzata di stampo camorristico
Neanche i motivi sanitari giustificano un trasferimento, poiché il Nuvoletta presso la Casa di reclusione di Milano Opera riceve l'assistenza sanitaria necessaria attraverso le attrezzature ed i servizi dell'annesso Centro diagnostico terapeutico.
Peraltro, a seguito di istanza di visita medica privata, inoltrata dal legale del detenuto, avvocato Trupiano, al Magistrato di Sorveglianza di Milano in data 11 agosto 2001 e trasmessa, per competenza, alla Direzione del carcere di Opera, seguita da analoga istanza, avanzata dalla consorte del detenuto in data 5 settembre 2001, la visita del medico di fiducia, regolarmente autorizzata dal Direttore dell'istituto, è stata effettuata in data 11 settembre 2001.
Risulta, inoltre, agli atti dell'Ufficio di sorveglianza di Milano, la concessione da parte del Magistrato di quattro autorizzazioni al ricovero esterno
ex articolo 11 dell'Ordinamento Penitenziario: in data 28 e 29 gennaio 2002 per ricovero presso l'Ospedale Sacco di Milano, in data 15 marzo 2002 per ricovero presso l'Ospedale San Paolo di Milano ed in data 21 giugno 2002 presso altro nosocomio per l'effettuazione di un elettrocardiogramma.
Per quanto riguarda le istanze di differimento dell'esecuzione della pena, si comunica che alla ordinanza di rigetto del Tribunale di Sorveglianza di Napoli del 5 luglio 2001 hanno fatto seguito altre due ordinanze di rigetto del Tribunale di Sorveglianza di Milano datate 25 ottobre 2001 e 30 luglio 2002.
Anche l'istanza del 25 luglio 2001, volta a ottenere dal Magistrato di Sorveglianza di Milano il provvedimento interinale di cui all'articolo 684, 2o comma, c.p.p., era stata rigettata poiché le condizioni di salute del detenuto, pur apparendo gravi, non sono state ritenute tali da giustificare la tutela d'urgenza.
In conclusione, non essendo emersi in merito a tale vicenda, fatti idonei a giustificare la disposizione di attività ispettiva e non potendosi sindacare in sede amministrativa i provvedimenti giurisdizionali adottati, non si ritiene di dar luogo a qualsivoglia iniziativa da parte di questo Ministero.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella struttura ospedaliera San Camillo di Roma sarebbero state impiantate in altrettanti pazienti circa un centinaio di valvole cardiache, di un modello successivamente ritirato dal mercato per il grave pericolo per le persone operate;
infatti negli Usa si sarebbero determinati negli operati casi di trombosi e complicazioni gravissime, fino alla morte;
a precisa richiesta del Codici (Centro per i diritti del cittadino) per saper quali provvedimenti siano stati adottati per garantire la salute e la vita dei pazienti il ministero della sanità avrebbe confermato di aver disposto il ritiro dal commercio di tali valvole in data 21 gennaio 2001 e di aver incaricato i Nas di seguire tale operazione;
nessuna risposta sarebbe invece pervenuta dal San Camillo e da parte dell'Assessore alla sanità del Lazio, pur interpellati dal Codici -:
se i fatti esposti corrispondano a verità;


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quali provvedimenti siano stati adottati per garantire la salute e la vita dei pazienti impiantati con tali protesi cardiache;
se tali pazienti siano stati avvisati del pericolo e della necessità di effettuare controlli sanitari e se questi siano stati previsti ed effettuati dalla struttura sanitaria;
se sia stato accertato il nesso di casualità tra impianto delle valvole e due decessi avvenuti al San Camillo;
se risulti che l'Ospedale San Camillo di Roma abbia informato le persone trapiantate con tali valvole dei possibili gravi rischi sulla salute e sulla vita;
come intenda intervenire a tutela dei malati operati;
se non ritenga necessario predisporre un programma di controlli programmati.
(4-01639)

Risposta. - Nei riguardi delle valvole cardiache denominate «Silzone», prodotte dalla Ditta statunitense St. Jude Medical impiantate presso l'Azienda ospedaliera S. Camillo-Forlanini di Roma, il Ministero della salute ha da tempo predisposto un programma di controllo e sta tuttora svolgendo (così come previsto dalla direttiva comunitaria sui dispositivi medici, ed in linea con le azioni condotte dagli altri Paesi della Comunità europea nei quali la valvola è stata venduta ed impiantata), un'azione di sorveglianza della Ditta statunitense St. Jude Medical, produttrice dei dispositivi medici.
In particolare, è stata acquisita tutta la documentazione inviata dalla stessa ditta ai centri utilizzatori, concernente il ritiro dei dispositivi medici «Silzone» dal mercato e comprendente le indicazioni sul «
follow-up» dei pazienti impiantati, nonché i dati di commercializzazione delle protesi in questione.
La ditta
St. Jude Medical comunicava, in data 21 gennaio 2000, il ritiro della valvola cardiaca «Silzone» dal mercato, e questo Ministero, pertanto, ha provveduto a seguire l'andamento del ritiro della valvola dal mercato, chiedendo alla ditta, in data 17 febbraio 2002, la conferma del completamento del ritiro ed i dati sull'andamento del «follow-up» dei pazienti, informando, nel contempo, anche il Comando Carabinieri NAS.
Il 24 febbraio 2000, la ditta
St. Jude Medical ha confermato il completamento del ritiro, inviando al Ministero tutta la documentazione trasmessa ai centri ospedalieri utilizzatori.
Il 21 marzo 2000 anche il NAS ha segnalato l'avvenuto completamento del ritiro della valvola dal commercio.
Relativamente ai dati del
«follow-up» è stato raccomandato ai medici di seguire tutte le normali procedure di controllo e di «follow-up» idonee ad identificare eventuali complicanze.
Questo Dicastero ha ricevuto dalla
St. Jude Medical due note, rispettivamente in data 20 dicembre 1999 e 20 gennaio 2000, sull'andamento del monitoraggio dei pazienti impiantati con valvola «Silzone», nelle quali veniva riportato che «gli utenti nazionali della valvola cardiaca Silzone sono stati informati allo scopo di monitorare con particolare scrupolo i pazienti e fugare, a conclusione del periodo di analisi, ogni dubbio in merito alla validità della protesi con rivestimento in «Silzone».
Successivamente, la ditta
St. Jude Medical comunicava che, per ottemperare alla direttiva 93/42/CEE ed agli accordi intercorsi con il Ministero della sanità, aveva distribuito a tutti i Centri italiani utilizzatori della valvola meccanica cardiaca con rivestimento in «Silzone» una lettera, allegando copia della nota di avviso emessa dal Medical Device Agency («MDA») inglese.
Nella nota del «MDA» sono chiaramente indicate le modalità di effettuazione del
«follow-up» dei pazienti impiantati.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione relativa all'Azienda ospedaliera «San Camillo-Forlanini» di Roma, segnalata nell'atto parlamentare in esame, l'Assessorato alla sanità della Regione Lazio ha comunicato al Ministero, per il tramite dell'Ufficio territoriale del Governo di


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Roma, di aver richiesto, a seguito delle istanze del Centro per i diritti del Cittadino («CODICI»), al Direttore generale dell'Azienda gli opportuni chiarimenti in merito all'impianto delle valvole cardiache artificiali «Silzone».
In data 5 dicembre 2001, con nota trasmessa anche al «CODICI», il Direttore generale dell'Azienda ospedaliera «San Camillo-Forlanini» ha riferito che «durante il periodo in cui le protesi di cui trattasi sono state utilizzate dall'Azienda, non si erano ancora verificate le complicanze notificate dalla stessa Compagnia produttrice che determinarono poi l'immediata sospensione del loro impiego in azienda, come provato dai registri in sala operatoria.
Le protesi in questione vennero, infatti, ritirate dal mercato in quanto, a seguito di uno studio prospettico randomizzato su 807 pazienti impiantati con valvole cardiache con o senza rivestimento di Silzone, condotto in 19 Centri di Cardiochirurgia europei e nord americani, venne riscontrata una più alta incidenza di distacchi peri proteseici negli appartenenti alla prima categoria (3,4 per cento vs 1,3 per cento).
Tra i due gruppi inoltre non venne riscontrata alcuna differenza per quanto riguarda la mortalità ad un anno (6,2 per cento vs 7,8 per cento).
I successivi studi prospettici randomizzati pubblicati non sono concordi sull'argomento, avendo alcuni confermato gli esiti sopra riportati, mentre altri non hanno messo in evidenza alcuna differenza tra le due categorie di pazienti presi come campione.
Relativamente alle misure di vigilanza e di controllo poste in essere a seguito dei gravi episodi verificatisi, si segnala che il Ministero della salute, come già ricordato, ha monitorato l'azione informativa svolta dalla ditta
St. Jude Medical, acquisendo la documentazione inviata dalla stessa ditta e le indicazioni sul «follow-up» dei pazienti e sui dati di commercializzazione delle valvole.
È opportuno precisare, altresì, che dalla data del ritiro della valvola cardiaca denominata «Silzone» alla data della informativa pervenuta dal «CODICI», in cui si riferiva di presunti decessi attribuiti alla valvola, il Ministero della salute non ha effettuato azioni correttive specifiche, in quanto nessuna segnalazione ad esito infausto era pervenuta da alcun ospedale italiano.
Ad oggi, non risultano segnalati incidenti ad esito infausto, attribuibili a malfunzionamento della valvola «Silzone» avvenuti in Italia.
Il Ministero, altresì, stante l'urgenza e la delicatezza della problematica e al fine di tutelare la salute pubblica, ha ritenuto opportuno contattare ed informare direttamente i centri impiantatori (aziende ospedaliere, policlinici universitari e strutture accreditate in tutta Italia), che avevano impiantato la valvola «Silzone» ed ha richiesto direttamente a tali centri i dati sul numero delle valvole impiantate e sul
«follow-up» dei pazienti.
A seguito delle richieste, sono pervenute le risposte da tutti i centri ma, da un primo esame delle risposte, non sembrano emergere particolari problemi derivanti dall'applicazione della valvola in questione.
Il Ministero ha sollecitato ulteriori informazioni dai centri, con particolare riferimento a quelli che avevano riportato eventi fatali nel
«follow-up» dei pazienti.
Per tali eventi, i centri interpellati escludono un malfunzionamento della valvola.
In particolare, occorre rilevare che il chirurgo impiantatore dell'Azienda ospedaliera S. Camillo-Forlanini di Roma ha risposto all'indagine facendo presente di aver impiantato 234 protesi e che nessun paziente è ritornato per un eventuale reintervento, né è mai pervenuta allo stesso chirurgo alcuna segnalazione di problemi.
In merito alla costante tutela della salute dei pazienti impiantati con le valvole cardiache che hanno avuto i problemi ora ricordati, questo Ministero ritiene utile un ulteriore coinvolgimento degli Assessorati regionali alla sanità, sia perché sollecitino la trasmissione dei dati richiesti e notizie e programmi sulle modalità del
«follow-up» eseguito sui pazienti, sia per una specifica informativa agli specialisti in cardiologia ed ai medici di base.


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Si segnala, altresì, che il Ministero della salute sta valutando la possibilità di allestire un registro nazionale delle protesi (comprese le protesi valvolari cardiache), al fine di conseguire la rintracciabilità certa delle protesi impiantate e di poter celermente individuare i pazienti per un idoneo controllo e «follow-up».
Infine, tra i provvedimenti adottati allo scopo di fornire garanzia e sicurezza ai pazienti operati ed ai cittadini che sono in attesa di interventi di impianto valvolare, occorre segnalare che nel testo del disegno di legge concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2003), approvato dalla Camera dei deputati, ed attualmente all'esame del Senato, nel Capo IV - Interventi nel settore sanitario, è stato inserito l'articolo 38, che istituisce, presso il Ministero della salute, la Commissione unica sui dispositivi medici.
Detta Commissione, nominata con decreto del Ministro della salute, sentite le competenti Commissioni parlamentari, è composta da 5 membri nominati dal Ministro della salute, uno dal Ministro dell'economia e delle finanze e 7 dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e province autonome.
Sono componenti di diritto, inoltre, il Direttore generale della valutazione dei medicinali e della farmacovigilanza di questo Ministero, ed il Presidente dell'Istituto superiore di sanità o un suo direttore di laboratorio.
La Commissione, che può invitare a partecipare alle sue riunioni esperti nazionali e stranieri, costituisce un organo consultivo tecnico del Ministero della salute, di elevata competenza, con il compito di definire ed aggiornare il repertorio dei dispositivi medici utilizzati nel nostro Paese, classificando tutti i prodotti in classi e sottoclassi specifiche, con l'indicazione del prezzo di riferimento.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da quasi due anni è in vigore la legge n. 328 del 2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e di servizi sociali»;
l'articolo 25 della legge suddetta stabilisce che «ai fini dell'accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130»;
il decreto legislativo n. 130 del 2000 sancisce che gli enti pubblici, per le prestazioni sociali «erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché ai soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali», debbano prendere in considerazione la situazione economica del solo assistito (e quindi senza chiedere alcun contributo economico ai parenti);
nello stesso decreto legislativo viene precisato che le nuove disposizioni «non modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti ai sensi dell'articolo 433 del codice civile» e che esse «non possono essere interpretate nel senso dell'attribuzione agli enti erogatori della facoltà di cui all'articolo 438, primo comma del codice civile nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata»;
il documento «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» della Presidenza del Consiglio dei ministri, ufficio del Ministro per la solidarietà sociale dell'ottobre 2000, afferma testualmente «nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte delle spese sostenute per la "cura" di un componente affetto da una malattia cronica» -:
se il Ministro conosca i motivi in base ai quali gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali


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continuino a pretendere il versamento di contributi economici da parte di parenti di soggetti maggiorenni assistiti con handicap grave e di ultrasessantacinquenni non autosufficienti, pretesa che comporta oneri spesso insostenibili per le famiglie;
se intenda predisporre apposito atto di indirizzo per il rispetto integrale della legge.
(4-04096)

Risposta. - L'articolo 25 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione e sistema integrato di interventi e servizi sociali) stabilisce che «Ai fini dell'accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109...».
A sua volta, l'articolo 3 comma 2-
ter, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), così come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, prevede che «Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria..., rivolte a persone con handicap permanente grave..., nonché a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità».
«Il suddetto decreto», continua l'articolato, «è adottato..., al fine... di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione...».
Tale provvedimento non è stato ancora emanato.
Allo stato attuale, quindi, non può essere invocata la citata disposizione di cui all'articolo 25 della legge 8 novembre 2000, n. 328, ai fini dell'individuazione della percentuale di partecipazione alla spesa degli assistiti in argomento, posto che detta norma rimanda alle disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, il quale, a sua volta, rimette la propria applicazione all'emanazione di un provvedimento, che, come già evidenziato, non è stato ancora formulato.
Occorre tener conto, altresì, che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie), e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli di assistenza), nell'attribuire ai Comuni il compito di erogare le prestazioni sociali in questione, riconoscono agli stessi la potestà di stabilire la relativa quota di partecipazione a carico dei cittadini.
I comuni, quindi, nell'esercizio delle proprie funzioni, individueranno la percentuale del concorso alla spesa per la quale saranno gravabili i destinatari delle prestazioni sociali erogate.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

ZANELLA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il comitato europeo per le specialità medicinali (Cpmp), organo scientifico dell'agenzia europea per la valutazione dei medicinali (Emea), ha da tempo inviato ai medici di tutta Europa una dear doctor letter, per informarli dei risultati delle ultime indagini scientifiche sui possibili rischi di tromboembolia venosa (Tev) associati alle pillole contraccettive contenenti come progestinico desogestrel o gestodene, denominate anche «pillole di terza generazione»;
il New England Journal of Medicine ha recentemente reso noti i risultati di uno studio eseguito in Olanda, su un campione di circa 1200 donne che facevano uso di contraccettivi orali di terza generazione,


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rilevando che quest'ultime avevano un rischio di infarto del miocardio quasi doppio rispetto alla norma;
la prestigiosa rivista scientifica Lancet già nel 1999 (Lancet 1999; 354:2036-40) riferiva che all'utilizzo di contraccettivi orali della terza generazione è associato un aumento della resistenza all'azione anticoagulante della proteina C attivata e, riportando i risultati di una ricerca condotta dall'università di Maastricht (dott. J. Rosing e coll.), documentava come i preparati della terza generazione contenenti desogestrel provocavano una notevole riduzione dell'attività antitrombinica della proteina C con conseguente significativo aumento del rischio trombotico notoriamente associato alla contraccezione orale;
uno studio condotto nel 2001 dall'università di Otago (Nuova Zelanda) sui decessi di un gruppo di donne tra i 15 e i 49 anni rivelerebbe una relazione tra l'uso dei contraccettivi orali e l'insorgere dell'embolia polmonare. I vari dati raccolti ed analizzati, mostrerebbero che il rischio di embolia polmonare per le donne che fanno uso delle pillole contraccettive di terza generazione sarebbe di 10 volte maggiore rispetto alla media;
in una relazione tenuta al 18 Congresso dell'International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH), Parigi 6-12 luglio 2001, il professor F.R. Rosendaal ha reso noti dati in base ai quali si dimostra che la terapia anticoncezionale a base di preparati contenenti desogestrel, o gestodene è la prima causa di malattia da trombosi nelle giovani donne;
secondo uno studio apparso sul British Medical Journal (BMJ 2001; 323: 119-120) del 21 luglio 2001, il rischio di tromboembolia venosa sarebbe di 1,7 volte maggiore nelle donne che usano la pillola di terza generazione rispetto a coloro che assumono i preparati di seconda generazione ed esso aumenterebbe nelle donne giovani che iniziano un trattamento contraccettivo. Lo studio, messo a punto dal Julius Centre for General Practice Oriented Research di Utrecht, si fonda su un'analisi critica degli studi che dal 1995 a oggi si sono occupati dell'argomento confrontando i progestinici di seconda e terza generazione. Nello stesso numero della rivista il professor Klim McPherson, epidemiologo presso la London School of Tropical Medicine and Hygiene avverte sulla fondatezza del rischio trombotico provocato dalla pillola di terza generazione affermando: «Non c'è dubbio sul fatto che la pillola di terza generazione possa indurre malattie trombotiche anche gravi: questo è infatti l'unico motivo per cui in Gran Bretagna questo tipo di pillola viene prescritto molto di rado»;
nella lista di pillole di terza generazione figurano Fermodene, ED, Triadene, Mercilon, Marvelon, Tri-Minulet e Minulet, farmaci che in molti paesi sono prescritti solo dopo attenta analisi dell'anamnesi della paziente e dopo che ella sia stata messa al corrente dei rischi connessi alla loro assunzione;
l'uso degli anticoncezionali di terza generazione è stato tema di un'interrogazione presentata nel maggio del 2001 dall'europarlamentare Alexander de Roo alla Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, in risposta alla quale il Commissario all'industria Er
i Ljikanen ha riconosciuto che il Comitato per le specialità farmaceutiche (Cpmp) dell'Agenzia Europea di valutazione dei medicinali (Emea) attribuisce alla pillola di terza generazione, contenente gestodene o desogestrel, maggiori rischi di trombosi rispetto a quella di seconda generazione, contenente levonorgestrel, pur ritenendo necessario approfondire ulteriormente gli studi sull'argomento;
alcuni quotidiani del nostro paese hanno riproposto nei giorni scorsi l'allarme sui rischi connessi all'assunzione dei farmaci in oggetto -:
se il ministero della salute, e in particolare le strutture della farmacovigilanza, stiano conducendo studi ed indagini sull'effettiva pericolosità dei preparati a


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base di gestodene e desogestrel e, in caso affermativo, quali siano i risultati cui si sia pervenuti;
se sia stata attivata un'attività di cooperazione scientifica a livello europeo tesa al reperimento statistico di informazioni sull'effettiva incidenza di patologie trombotiche connesse all'assunzione dei medicinali in oggetto;
se non ritenga necessario impartire circolari affinché l'uso di tali medicinali venga prescritto solo dopo attenta analisi dell'anamnesi storica delle pazienti e averle informate dei rischi connessi all'assunzione degli stessi.
(4-02447)

Risposta. - Anzitutto si assicura l'interrogante che al momento non è in corso alcuna attività di ricerca specifica sull'uso e sul profilo di rischio dei contraccettivi orali.
Esperti dell'Istituto superiore di sanità sono presenti all'interno delle Commissioni italiane (CUF e Commissione di farmaco Vigilanza del Ministero della salute) e internazionali (
Pharmacovigilance Working Party) che hanno affrontato la valutazione del profilo beneficio-rischio dei contraccettivi di terza generazione.
Il Ministero della salute ha da tempo reso pubbliche le raccomandazioni del CPMP dell'EMEA (Agenzia europea per la valutazione dei medicinali) datate 28 settembre 2001, relative all'uso dei contraccettivi orali combinati (C.O.C.) ed il rischio di tromboembolia venosa (TEV).
In particolare, sulla base delle raccomandazioni dell'EMEA sono state modificate sia le schede tecniche dei prodotti a base di C.O.C., sia i foglietti illustrativi.
Inoltre il profilo beneficio-rischio dei C.O.C. è costantemente monitorato, in collaborazione con le altre Agenzie europee per il tramite dell'EMEA (in particolare appunto, il
Pharmacovigilance Working Party), attraverso sia il controllo delle segnalazioni degli eventi avversi, sia sulla base della revisione sistematica della letteratura scientifica più aggiornata. Dai dati raccolti si evince che il profilo complessivo di sicurezza dei C.O.C. può essere confermato; in particolare, il rischio di TEV, già di per sé molto basso, si associa in una percentuale ancora più bassa di casi all'embolia polmonare.
Pertanto, in base ai dati suddetti, può affermarsi che non vi sia motivo per le donne che stanno attualmente assumendo un contraccettivo orale di tipo combinato contenente
desogestrel e gestodene di interrompere il trattamento.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

ZANELLA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da molti anni viene prescritta alle donne in menopausa la terapia di sostituzione ormonale (HRT) a base di Premarin, sostanza presente anche in altri farmaci commercializzati con nomi diversi (Prempro, Prempac, Premphase) e prodotta, a livello mondiale, dalla casa farmaceutica Wyeth-Ayerst Pharmaceuticals; nel nostro paese il farmaco viene prodotto con denominazione Premarin dalla Wyeth-Lederle, venduto in confezioni di compresse da 0,3 a 2,5 mg e inserito nel prontuario farmaceutico con codice 002792202. Il farmaco, a base di estrogeni coniugati e appartenente al gruppo terapeutico degli ormoni opoterapici estrogeni, viene classificato come prodotto di classe A concedibile con ricetta medica da rinnovare volta per volta;
il Premarin viene utilizzato per contrastare le patologie connesse al periodo della menopausa, in particolare l'osteoporosi e la riduzione della massa ossea nei soggetti di sesso femminile, nonché come «pillola del giorno dopo», ed è ricavato dall'urina delle cavalle gravide, come indica lo stesso nome (PRegnantMAreurIN). Per produrlo, circa 35 mila fattrici, in diverse fattorie sparse tra il Canada (Alberta, Manitoba e Saskatchewan) e alcuni stati del Midwest degli Stati Uniti (North and South Dakota, Iowa, Minnesota, Nebraska) sono obbligate a restare in piedi in angusti box per sei mesi all'anno, con


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possibilità minime di movimento, con acqua razionata e con attaccate al corpo delle borse per la raccolta dell'urina. I box sono espressamente di dimensioni ridotte, per impedire che le fattrici gravide possano stendersi ed eventualmente danneggiare le borse che raccolgono le urine. Le cavalle vengono così sottoposte a un grave trauma psichico e fisico. Sono soggette a deformazioni degli zoccoli, ulcerazioni dovute allo sfregamento delle borse per la raccolta dell'urina e disfunzioni respiratorie causate da una ventilazione inadeguata;
giunte in età avanzata, le cavalle vengono vendute all'asta per finire al mattatoio. Claude Bouvry, direttore della Bouvry Exports, la maggiore industria canadese di macellazione e di esportazione di carne equina - 12.000 tonnellate spedite ogni anno in Francia, Italia e Giappone - ha recentemente dichiarato che la maggiore fonte di approvvigionamento della sua azienda è costituita dalle fattorie collegate all'industria del Premarin;
da tempo importanti associazioni animaliste, come la People for the Ethical Treatment of Animals (P.E.T.A.), e autorevoli organi di stampa, come il Sunday Times e la Washington Post, denunciano le durissime sofferenze sopportate dalle fattrici e oggi la campagna internazionale contro la produzione del Premarin raccoglie ogni giorno migliaia di adesioni di singoli cittadini;
parallelamente nella comunità scientifica si moltiplicano le prese di posizione autorevoli sulla nocività del Primarin e in letteratura sono documentati numerosi e rilevanti effetti collaterali connessi alla sua assunzione tra i quali: rischio di cancro al seno e all'utero, rischio di infarto, patologie della cistifellea, aumento della pressione sanguigna, eccesso di calcio nel sangue, depressione, patologie gastrointestinali, infezioni vaginali, aumento di peso, cistiti, ritenzione di liquidi, problemi dermatologici. Gli estrogeni prodotti dall'urina delle cavalle, infatti, appartengono a una specie animale diversa da quella umana e nessuno di essi è congenito al corpo della donna, come ha chiarito la dottoressa Christiane Northrupp, dell'American Board of Obstetrics and Gynecology, considerazione ribadita, non senza ironia, dal professor Joel Hargrove, direttore del Centro per la Menopausa Vanderbilt, che ha sintetizzato lo stesso concetto dichiarando: «Il Premarin potrebbe essere considerato un estrogeno naturale per la donna se il suo cibo naturale fosse il fieno.»;
esistono sul mercato numerosi farmaci a base di phytoestrogeni - estrogeni di origine vegetale - che possono essere utilizzati in alternativa al Premarin, commercializzati col nome di Cenestin (prodotto dalla Schering), Estraderm (prodotto dalla Squibb), Ogen (prodotto dalla Upjohn), Estratab (prodotto dalla Solvay), Menest (prodotto dalla Monarch), Estinyl (prodotto dalla Bristol-Myers). Tali farmaci sono stati certificati dalla F.D.A. - Food and drugs Administration - hanno dimostrato di non avere effetti collaterali e di essere una risorsa efficace contro molti disturbi tipici della menopausa e per la prevenzione della osteoporosi -:
se non ritenga opportuno valutare la possibilità di revocare la licenza per la commercializzazione dei farmaci a base di estrogeni di origine animale, in considerazione dei gravi effetti collaterali connessi alla loro assunzione e delle atroci sofferenze a cui sono sottoposti gli equini per la loro produzione;
se non ritenga opportuno, tenendo conto anche della mutata sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti dei prodotti farmacologici di origine vegetale, fare opera di informazione e di sensibilizzazione presso la classe medica affinché siano prescritti farmaci, nella terapia della sindrome postmestruale, sostitutivi del Premarin, non nocivi per la salute delle donne e per la cui produzione non siano cagionate sofferenze ad animali.
(4-03152)

Risposta. - Il Premarin, come altri prodotti medicinali contenenti estrogeni naturali


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coniugati soli o in associazione con progestinici, è autorizzato in quasi tutti i paesi del mondo e viene, normalmente e da molti anni, impiegato nella terapia ormonale sostitutiva (HRT).
In particolare, in Italia, tali principi attivi sono indicati per il controllo dei sintomi vasomotori, da moderati a gravi, associati a deficienza estrogenica; prevenzione e trattamento dell'osteoporosi associata a deficienza estrogenica; vaginite atrofica e uretrite atrofica; iperstrogenismo femminile.
Dal Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto in esame, paragrafo 4.4, recante «Speciali avvertenze e precauzioni d'uso» risulta, peraltro, che «il
Premarin non è un contraccettivo» e, quindi, se ne esclude espressamente l'utilizzo come «pillola del giorno dopo».
Gli effetti collaterali negativi connessi alla sua assunzione ed evidenziati nella interrogazione parlamentare in oggetto, comuni a tutti i farmaci utilizzati nella terapia ormonale sostitutiva, sono già previsti e riportati nel Riassunto medesimo.
Ciò significa che gli studi clinici di efficacia e di sicurezza, sulla base dei quali
il Ministero della salute ha adottato i relativi provvedimenti di autorizzazione all'immissione in commercio, hanno evidenziato che il rapporto beneficio/rischio del medicinale
Premarin è, comunque, favorevole e positivo per la salute umana.
Né risulta, altresì, dalla letteratura scientifica che «nella comunità scientifica si moltiplicano le prese di posizione autorevoli sulla nocività del
Premarin».
Inoltre, la revisione delle schede di segnalazione, operata nell'ambito dell'attività istituzionale di farmacovigilanza, non ha evidenziato una maggiore incidenza di tali effetti per il
Premarin o per altre specialità medicinali a base di estrogeni coniugati naturali rispetto alle specialità contenenti analoghi principi attivi di sintesi.
Risulta inoltre, dalla letteratura scientifica internazionale, che il
Premarin, ricavato dall'urina di cavalle gravide, contiene circa il 55 per cento di estrone ed il 25 per cento di equilina (ovvero dal 79,9 all'88 per cento di estrogeni coniugati), ed è tuttora descritto come uno dei farmaci ad attività estrogena di elezione nei trattati di farmacologia medica, ampiamente usato in prove cliniche controllate multicentriche pubblicate su riviste qualificate, anche in confronto con estrogeni di sintesi.
Ecco, di seguito, un elenco di riferimenti letterari sull'argomento:
Goodman e Gilman's,
The Pharmacological Basis of Therapeutics, X Ed., McGraw-Hill, 2001; Martindale/Micromedex, 2002; Lindsay et al; JAMA, 287, 2668-2676; 2002; Furberg et al.; Circulation, 105, 917-922; 2002; Williams; CMAJ, 151, 1009-1012; 1994; Davis, BMJ, 323, 354-355; 2001; Glazier and Browman, Arch. Intern. Med., 161, 1161-1172; 2001.

Quanto ai principi attivi di origine vegetale, il cui uso è suggerito da alcune associazioni ambientaliste, va reso noto che in Italia non sono in commercio specialità medicinali a base di fitoestrogeni, mentre alcuni fitoestratti si possono ritrovare nella composizione di integratori alimentari.
Quasi tutte le specialità medicinali indicate nell'interrogazione non sono in commercio nel nostro Paese e, diversamente da quanto affermato dall'interrogante, non contengono fitoestrogeni.
In particolare, esse sono:
Ogen: Pharmacia Upjohn; estopipato, ormone semisintetico; Cenestin: Duramed Pharmaceuticals; estrogeni coniugati, semisintetici; Menest: Monarch Pharmaceuticals; estrogeni coniugati, semisintetici; Etinyl: Schering-Plough, etinilestradiolo; Estratab: solvay Pharmaceuticals; estrogeni esterificati.

Sono commercializzate in Italia, ma non contengono fitoestrogeni:
Estraderm TTS: Novartis Farma; estradiolo; Cerotti transdermici da 25, 50 e 100 mg; Estraderm MX: Novartis Farma; estradiolo; cerotti transdermici da 25, 50 e
100 mg.

Si precisa, infine, che con il termine di fitoestrogeni si fa riferimento ad un ampio


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gruppo di molecole di origine vegetale, caratterizzate da una struttura non steroidea.
Fra i fitoestrogeni presenti in natura, i più importanti sono gli isoflavoni contenuti principalmente nella soia, i lignani, presenti nei semi di lino e in altri cereali e i cumestani, che si trovano principalmente nel trifoglio rosso e nei germogli.
Un'altra sorgente di fitoestrogeni è rappresentata da alcune piante officinali come la cimifuga (
actea racemosa) e l'erba medica.
I pochi studi condotti nel controllo dei sintomi della menopausa hanno dimostrato che i fitoestrogeni riducono la frequenza delle vampate (riduzione media del 15 per cento). È tuttavia opportuno evidenziare come i risultati, peraltro modesti, si traducono in un beneficio pratico piuttosto limitato.
Nessun effetto dimostrato, invece, è stato dimostrato su altri sintomi spesso presenti in menopausa come i disturbi dell'umore, ansia, cefalee né sulla qualità della vita in generale, laddove questa è stata valutata.
La sicurezza d'uso dei fitoestrogeni non è ancora stata dimostrata. In particolare, non sono noti gli effetti prodotti in seguito all'assunzione per lunghi periodi o dosaggi elevati. Alcuni studi hanno evidenziato che i fitoestrogeni possono influenzare le concentrazioni di tiroxina, insulina e glucagone.
Particolare attenzione deve essere posta da chi è in trattamento con tamoxifene, poiché i fitoestrogeni sembrano interferire con l'attività di questo farmaco.
Sono, pertanto, necessari ulteriori studi volti a comprendere il profilo di efficacia e di sicurezza di questi composti naturali, quando assunti come integrazione dietetica.
Tutto questo induce a ritenere che, al momento, non si possa affermare con sicurezza che andrebbe vietato l'uso di
Premarin e di prodotti ad esso simili, sostituendoli con altri prodotti, in particolare i fitoestrogeni.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.