Allegato A
Seduta n. 256 del 30/1/2003


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(Sezione 2 - Risoluzioni)

La Camera,
premesso che:
la Convenzione n. 182 promossa dalla Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del Lavoro, adottata a Ginevra il 17 giugno 1999 ed entrata in vigore il 19 novembre 2000, relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, impegnava i paesi firmatari ad un'azione rapida e complessiva per l'eliminazione del fenomeno, conferendo allo stesso un carattere d'emergenza;
secondo il Rapporto globale sul lavoro minorile pubblicato il 6 maggio 2002 dall'Ufficio Internazionale del Lavoro, 246 milioni di ragazzi tra i cinque e i diciassette anni sono costretti al lavoro, di cui ben 179 milioni esposti alle forme peggiori e dannose per la loro salute fisica, mentale e morale;
circa 111 milioni di bambini sotto i quindici anni sono, infatti, costretti a lavori pericolosi ed oltre 8 milioni di bambini sono sottoposti in schiavitù, schiavitù per debiti e altre forme di lavoro forzato come l'arruolamento in vista della partecipazione a conflitti armati, la prostituzione, la pornografia e altre attività illecite;
il direttore generale dell'Ufficio Internazionale del Lavoro, Juan Somavia, ha dichiarato che «nonostante l'impegno dei governi e dei loro interlocutori per combattere il lavoro minorile in tutto il mondo, il problema è ancora gigantesco» e che «i progressi compiuti sulla via dell'abolizione effettiva sono considerevoli ma la comunità internazionale non deve dar tregua ai suoi sforzi contro la propagazione di una forma di lavoro della quale sono vittime milioni di bambini in tutto il mondo»;
il 60 per cento del totale dei bambini costretti al lavoro è localizzato nella area Asia-Pacifico, seguita dall'Africa subsahariana (23 per cento), l'America latina e i Caraibi (17,4 per cento) il Medio Oriente e l'Africa del Nord (6 per cento);
la tipologia di lavoro in cui questi bambini sono utilizzati riguarda essenzialmente il settore primario, con percentuali rilevanti nell'agricoltura commerciale (cacao, caffè, cotone, eccetera), anche se la maggior parte dei bambini impiegati si trova in settori economici non ufficiali dove non vengono riconosciuti né tutelati;
tra le cause principali elencate nel rapporto figurano: la povertà, le crisi economiche


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e politiche, le discriminazioni etniche, religiose, le migrazioni, lo sfruttamento a carattere criminale, la mancanza di scuole, pratiche culturali tradizionali e la mancanza di protezione sociale, che spingono un numero sempre maggiore di bambini a forme di lavoro pericolose e molto spesso illegali;
il Rapporto è stato discusso dagli organi dell'OIL alla 90o sessione della Conferenza Internazionale del lavoro il 12 giugno scorso a Ginevra ed è stata istituita in quella stessa sede dall'OIL la Giornata internazionale contro il lavoro minorile;

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire, da parte dei paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno, l'adozione di strumenti legislativi efficaci nel campo del divieto del lavoro minorile e la puntuale applicazione dei dettami contenuti nella succitata Convenzione n. 182 e nella raccomandazione sull'età minima per l'ammissione al lavoro del 1973;
a sollecitare nuovi programmi di cooperazione e di assistenza internazionali allo scopo di consentire la formazione scolastica obbligatoria fino ai 14-16 anni per contrastare il lavoro minorile e come opportunità di sviluppo, in particolare, in occasione dell'emanazione del decreto dei flussi migratori, prevedere criteri di preferenza per i cittadini di nazioni con le quali siano stati stabiliti accordi che prevedano precisi impegni di realizzazione di programmi di scolarizzazione;
ad adottare iniziative normative volte a prevedere forme di aiuto economico alle famiglie, dando applicazione alla proposta «20:20» adottata dal Vertice Sociale di Copenaghen (marzo 1995), per la quale il 20 per cento dei fondi spesi dai paesi sviluppati per la cooperazione dovrebbe essere destinato a progetti sociali mentre i paesi in via di sviluppo dovrebbero investire il 20 per cento del loro bilancio nella stessa direzione;
a tenere maggiormente in considerazione le altre iniziative proposte dalle organizzazioni sociali non governative italiane, da tempo impegnate nel trovare valide soluzioni al problema del lavoro minorile;
a promuovere meccanismi di controllo e codici di condotta più rigidi nella fabbricazione dei prodotti italiani e di aziende straniere (soprattutto multinazionali) che commercializzano in Italia, specialmente nella catena del subappalto, e nella loro commercializzazione internazionale per favorire marchi di qualità sociale, stimolando le imprese alla trasparenza riguardo alle condizioni sociali ed ambientali della loro produzione;
ad agire nelle sedi delle organizzazioni internazionali per promuovere il rispetto effettivo dei diritti fondamentali nel lavoro anche attraverso la definizione di regole per la diffusione di trasparenti «marchi di qualità sociale» e di corrette forme di controllo della coerenza con esse dei prodotti e dei loro cicli produttivi;
a favorire la creazione di programmi di riabilitazione dei bambini assoggettati in precedenza a forme di schiavitù, prostituzione e lavori nocivi;
a verificare e riferire in Parlamento sulla situazione attuale in Italia rispetto a tale fenomeno e valutare l'opportunità di mettere in campo nuove iniziative che, d'intesa con le parti sociali e le organizzazioni imprenditoriali, mirino a debellare sul nascere tale rischio.
(6-00047)
«Volontè, Elio Vito, Cè, La Russa, Antonio Leone».

La Camera,
premesso che:
nelle sedi internazionali è stato profuso un vasto impegno per combattere lo sfruttamento del lavoro minorile, in particolare con la Convenzione n. 182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e l'allegata raccomandazione n. 190 sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, entrambe approvate a Ginevra il


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17 maggio 1999 e ratificate dall'Italia con legge 25 maggio 2000, n. 148;
la stessa Convenzione n. 182 indica quali sono le «forme peggiori di lavoro minorile», vietando tutte quelle che possano compromettere la salute, la sicurezza o la moralità dei minori;
la Sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS) svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002 ha dedicato ampio spazio al problema dello sfruttamento del lavoro minorile ed in particolare ha confermato l'impegno di combattere le peggiori forme di lavoro minorile, così come definite dalla Convenzione OIL n. 182;
la Costituzione prevede (articolo 37) una tutela particolare per il lavoro minorile;
la Commissione parlamentare per l'infanzia ha svolto un lavoro di approfondimento, con specifiche audizioni in questa e nella precedente legislatura - in modo particolare con organizzazioni di minori lavoratori (NATs) che hanno evidenziato la necessità sociale nei Paesi in via di sviluppo di forme protette di lavoro minorile che permettano ai minori stessi ed alle loro famiglie di accedere al minimo vitale - ed ha partecipato ai lavori del II Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, svoltosi a Yokohama nel dicembre 2001, e alla sopramenzionata sessione UNGASS;
risulta, in Italia e negli altri Paesi dell'Unione europea, un elevato numero di minori non accompagnati, che spesso sono sprovvisti di qualsiasi documento di identità e quindi facili vittime di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali;
il fenomeno tuttavia continua a persistere, con particolare riguardo ad alcune regioni del mondo;

impegna il Governo:

a prevedere un efficace sistema di monitoraggio sul fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile;
ad adottare iniziative efficaci per contribuire all'adozione, nei Paesi dove il problema è maggiormente presente, di misure che eliminino le peggiori forme di lavoro minorile e tutelino eventuali forme di lavoro che permettano ai minori di avere un'istruzione scolastica e uno spazio per le libere attività creative;
ad avviare contatti con le Organizzazioni di bambini e adolescenti lavoratori presenti in molti Paesi del mondo, per prendere in considerazione le loro esperienze e sostenerne progetti ed iniziative;
a riferire annualmente in Parlamento sulla situazione del lavoro minorile presente in Italia e sulle iniziative assunte in sede europea e internazionale.
(6-00048)
«Burani Procaccini, Bolognesi, Capitelli, Francesca Martini, Mazzuca Poggiolini, Luigi Pepe, Santori, Perrotta, Spina Diana, Licastro Scardino, Carlucci, Lisi, Castellani, Anna Maria Leone».
(Testo così modificato nel corso della seduta)

La Camera,
premesso che:
il 12 giugno 2002 si è celebrata la prima giornata mondiale contro il lavoro minorile promossa dall'Organizzazione internazionale del lavoro, che avrà d'ora in poi cadenza annuale;
l'ultimo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro «A future without child labour» segnala che dalle inchieste realizzate nei Paesi in via di sviluppo emergono dati allarmanti;
questo problematico fenomeno coinvolge nel mondo, con modalità diverse, fino a 250 milioni di bambini in età compresa dai 5 ai 14 anni, di cui il 70 per cento lavora nei settori dell'agricoltura, della pesca e della caccia, l'8 per cento nella produzione manifatturiera e nel commercio, sia all'ingrosso che al dettaglio,


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il 7 per cento in lavori domestici, il 4 per cento nei trasporti e nelle comunicazioni e, infine, il 3 per cento nel settore delle costruzioni e nell'industria estrattiva mineraria;
in particolare, si ricorre allo sfruttamento del lavoro minorile nella coltivazione e trasformazione del cacao, del caffè, del lattice, del cotone e del tè. Infatti, sulla base dei monitoraggi effettuati nei principali mercati mondiali, ovvero in Brasile, Kenya e Messico, lo sfruttamento di bambini al di sotto dei 15 anni è pari al 25-30 per cento del totale della manodopera;
allo sfruttamento del lavoro minorile si accompagnano forme di abuso ancora più gravi e intollerabili, quali condizioni di vera e propria schiavitù collegate alla mancata o non adeguata retribuzione, a condizioni subumane dei luoghi di lavoro, fino all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori che lavorano;
il lavoro durante l'infanzia toglie ai bambini e alle bambine la possibilità di avere condizioni di vita consone alla loro età, nonché un'adeguata formazione scolastica e professionale e, di conseguenza, riduce, nei Paesi in cui è praticato, la possibilità di costruire, in prospettiva per il futuro, una classe dirigente e un corpo sociale a diffuso tasso di scolarizzazione e pienamente consapevole dei propri diritti;
in America Latina, in Africa e in Asia adolescenti e bambini lavoratori sono organizzati in movimenti appoggiati da ONG, che stanno cercando strategie e soluzioni su questo tema, anche per proteggere i minori dallo sfruttamento criminale, dai traffici illeciti e dalla prostituzione;
anche i Paesi industrializzati non sono indenni da questo inquietante fenomeno: in Italia, nonostante il divieto previsto dalla legge n. 977 del 1967, ha dimensioni allarmanti; secondo l'Istat, che ha presentato nel giugno 2002 un rapporto elaborato su impulso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i ragazzi con meno di 15 anni che svolgono attività lavorativa sono oltre 144.000, pari al 3,1 per cento dei bambini di quell'età (dati 2000);
considerando l'insieme delle attività, continuative e non continuative, il numero dei quindicenni «sfruttati» in Italia risulta di 31.500 unità, lo 0,66 per cento della popolazione giovanile tra i 7 e i 14 anni, con un'incidenza maggiore tra i quattordicenni (il 2,74 per cento);
sono circa 83 mila gli adolescenti compresi nella fascia dì età tra i 15 e i 18 anni che dichiarano di aver avuto qualche esperienza lavorativa prima dei 15 anni, di cui 37 mila nel Mezzogiorno, area dove questo fenomeno si lega in maniera simbiotica con la piaga del lavoro nero;
lo sfruttamento minorile appare un fenomeno che interessa tutto il Paese, anche le zone più sviluppate, ed è connesso - nel Nord del paese - con gli alti tassi di occupazione locale, mentre nel Mezzogiorno con gravi condizioni di disagio economico e sociale;
i dati Istat che si riferiscono alla situazione italiana potrebbero essere fortemente sottostimati, anche considerando la presenza di minori extracomunitari non censiti o non ricompresi nell'indagine;
la XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati nel corso della XIII legislatura ha concluso un'indagine conoscitiva sul lavoro nero e sul lavoro minorile, nella quale si sottolineava la necessità di rimuovere le cause indirette (stato di povertà materiale e culturale delle famiglie, dispersione scolastica) dell'offerta di lavoro minorile e di incidere più fortemente sul fenomeno della domanda, da parte delle imprese, di questa grave forma di lavoro illegale;
è molto limitato il numero di aziende italiane, soprattutto produttrici di prodotti per l'infanzia, che ha sottoscritto protocolli con le rappresentanze sindacali per controllare che le aziende italiane ed estere, fornitrici di semilavorati, non impieghino minori nei loro processi produttivi;


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iniziative del genere sono state prese da alcune multinazionali straniere, attraverso codici di autoregolamentazione aziendale, anche sotto la pressione di iniziative popolari per l'affermazione dei diritti umani;
il nostro Paese deve essere impegnato nello stesso sforzo sia sul fronte internazionale, sia nella completa eliminazione del lavoro minorile in Italia, secondo quanto previsto dalla legge n. 977 del 1967;
in Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge che riprendono il lavoro svolto nel corso della precedente legislatura, concernenti «Disposizioni in materia di certificazione di conformità sociale delle imprese che non utilizzano lavoro minorile»;

impegna il Governo

a dotarsi in tempi rapidi di adeguati strumenti per la rilevazione quantitativa e qualitativa del fenomeno e ad intensificare l'attività di controllo sul territorio, fornendo annualmente alle competenti Commissioni parlamentari un rapporto sulla situazione del lavoro minorile in Italia;
a promuovere un sistema di certificazione di conformità sociale delle imprese che non utilizzano lavoro minorile;
a promuovere, anche ai sensi della legge n. 285 del 1997, sia a livello di Governo centrale, sia a livello di enti locali, progetti specificatamente mirati all'eliminazione del lavoro minorile nel nostro Paese e alla rimozione delle cause che ne determinano l'offerta, destinando a tali progetti adeguate risorse;
a sviluppare le azioni di intervento e di controllo degli ispettori del lavoro relative a questo fenomeno, adottando nel contempo opportuni strumenti per la prevenzione del lavoro minorile e dello sfruttamento, prevedendo altresì il ricorso ad iniziative legislative volte ad introdurre ed applicare sanzioni severe nei confronti delle imprese italiane che utilizzano lavoro minorile;
a incentivare a livello nazionale le iniziative di accordo tra le parti sociali finalizzate al controllo e all'eliminazione, in Italia e nel mondo, del lavoro dei bambini nei processi produttivi e ad estendere la propria iniziativa in sede internazionale, a partire dall'Unione europea, affinché l'Europa si doti di una carta comune contro lo sfruttamento del lavoro minorile;
a devolvere lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo entro il 2004, destinando congrue risorse a progetti finalizzati ad un'istruzione gratuita e obbligatoria accessibile a tutti i bambini e le bambine;
ad aumentare a livello bilaterale e multilaterale, il sostegno finanziario a progetti nel campo dell'educazione, adeguati alla realtà sociale di ogni Paese e accompagnati da azioni di sensibilizzazione e incentivi alle famiglie più povere;
a cancellare il debito estero dei Paesi più poveri, impegnando i Paesi creditori a convertire il debito condonato in programmi sociali;
a favorire interventi alternativi come il commercio equo e solidale e a promuovere il collegamento diretto tra i produttori dei PVS autorganizzati e i consumatori;
ad incentivare il sistema preferenziale dell'Unione europea che prevede sgravi tariffari per le merci provenienti dai paesi che si impegnano contro il lavoro infantile;
a farsi promotore dell'introduzione di una «clausola sociale» anche all'interno della OMC (Organizzazione mondiale per il commercio) e negli accordi commerciali internazionali che attesti che i prodotti non derivano né dallo sfruttamento del lavoro minorile né dallo sfruttamento del lavoro adulto;
ad assicurare la riabilitazione e l'integrazione sociale delle bambine e dei bambini ridotti in schiavitù o sfruttati sul lavoro;
a promuovere progetti ed iniziative a livello internazionale che garantiscano


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condizioni di vita adeguate alle bambine, ai bambini ed agli adolescenti, tenendo conto di quanto espresso e richiesto dai loro movimenti.
(6-00049)
«Violante, Castagnetti, Boato, Maura Cossutta, Mazzuca Poggiolini, Pisicchio, Duilio, Delbono, De Franciscis, Enzo Bianco, Rusconi, Colasio, Fistarol, Carbonella, Camo, Carra, Cusumano, Giachetti, Fioroni, Bimbi, Bindi, Monaco, Pasetto, Fanfani, Papini, Luigi Pepe, Tonino Loddo, Realacci, Ruta, Burtone, Squeglia, Tuccillo, Lettieri, Morgando, Mosella, Mattarella, Maccanico, Franceschini, Gentiloni, Banti, Vernetti, Mantini, Ladu, Iannuzzi, Molinari, Merlo, Frigato, Lusetti, Santino Adamo Loddo, Pistelli, Meduri, Reduzzi, Ruggeri, Acquarone, Villari, Bottino, Gerardo Bianco, Capitelli, Cordoni, Agostini, Bogi, Calzolaio, Innocenti, Magnolfi, Montecchi, Nicola Rossi, Ruzzante, Giacco, Pisa, Bolognesi, Buffo, Diana, Gasperoni, Motta, Nigra, Sciacca, Trupia, Battaglia, Di Serio D'Antona, Labate, Lucà, Petrella, Turco, Zanotti, Carli, Chiaromonte, Giulietti, Grignaffini, Lolli, Martella, Sasso, Tocci».

La Camera,
premesso che:
nonostante l'impegno profuso in sede internazionale, al fine di combattere in modo efficace il problema dello sfruttamento del lavoro minorile, e l'adozione, in questo ambito, della convenzione n.182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e della raccomandazione n. 190 sulla stessa materia, entrambe approvate a Ginevra il 17 maggio 1999 e autorizzate alla ratifica in Italia dalla legge 25 maggio 2000, n. 148, dati recenti confermano che il fenomeno continua a persistere, in particolare in alcune regioni del mondo;
a tal proposito si segnalano le maggiori concentrazioni di sfruttamento di lavoro minorile in Asia, con percentuali che raggiungono il 61 per cento, in Africa, dove il lavoro minorile raggiunge il 32 per cento e in America Latina dove si attesta al 7 per cento;
la Convenzione n. 182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro definisce, tra l'altro, le cosiddette «forme peggiori di lavoro minorile», individuandole in tutte le forme di schiavitù minorile, comprendendo il lavoro forzato ed il reclutamento armato di minori, lo sfruttamento a fini pornografici e per altri fini illeciti - quali il traffico di stupefacenti - e qualsiasi altro lavoro che mette a repentaglio la salute, la moralità o la sicurezza del minore;
sin dal 1992, il Parlamento europeo, con la risoluzione A3 - 0172/92, relativa ad una Carta europea dei diritti del fanciullo, aveva sollecitato sia gli organismi comunitari sia gli Stati membri ad istituire (ciascuno nel proprio ambito) un difensore dei minori, con il compito di tutelarne i diritti, di vigilare sull'applicazione delle leggi che li tutelano, di raccogliere segnalazioni provenienti dai minori stessi, di diffondere la cultura dell'infanzia e d'individuare le soluzioni giuridiche, da sottoporre ai poteri pubblici ai fini dell'assunzione delle opportune iniziative, per una tutela più efficace;
analogamente, la Risoluzione A4-0393/1996 del Parlamento europeo, in materia di misure per la protezione dei minori nell'Unione europea, «invita gli Stati membri a potenziare la partecipazione sociale dei minori e ciò in particolare attraverso la nomina di responsabili per l'infanzia (...); in tale contesto è importante che esistano istituzioni e organismi che effettuino il controllo, indipendente e imparziale, dell'effettivo rispetto della normativa vigente e dei diritti del fanciullo»;


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inoltre il Consiglio d'Europa raccomanda al Comitato dei Ministri di esortare gli Stati membri, che non abbiano ancora provveduto in tal senso, ad istituire un garante nazionale;
nell'ambito della Sessione straordinaria delle Nazioni unite dedicata all'infanzia, svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002, si è riunita anche l'Unione interparlamentare che ha dedicato un forum ai diritti dei bambini. Tra le azioni raccomandate nella risoluzione finale figura l'istituzione di un Garante per l'infanzia, che sia collegato con il Parlamento e sia dotato di risorse adeguate;
si ricorda che in Europa, la figura del Garante per l'infanzia è piuttosto diffusa, essendo prevista in undici Stati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia);
in Italia, tale figura non esiste a livello nazionale, ma è stato istituito da alcune regioni attraverso l'approvazione di un'apposita legge. Si tratta, in particolare, delle leggi della regione Veneto n. 42 del 1988, della regione Abruzzo n. 15 del 1989, della regione Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1997, della regione Puglia n. 10 del 1999, della regione Lazio n. 38 del 2002 e della regione Marche n. 18 del 2002;

impegna il Governo

ad adottare un'iniziativa normativa volta ad istituire il Garante per l'infanzia e l'adolescenza per garantire l'integrità e la qualità dello sviluppo degli infanti e degli adolescenti sul territorio della Repubblica, in osservanza delle leggi nazionali e delle convenzioni internazionali vigenti;
a dotare il garante per l'infanzia di poteri di vigilanza sulla piena applicazione delle convenzioni internazionali, delle disposizioni e direttive dell'Unione europea e della normativa vigente in Italia sui diritti dei minori, e di coordinamento con amministrazioni, organismi o istituti di tutela dei minori operanti in Italia e in altri Paesi;
a dotare il garante per l'infanzia di poteri di coordinamento, d'impulso e d'istruzione nei confronti degli altri enti pubblici e che possa attivare le procedure, volte a dare assistenza ed aiuto ai minori e alle famiglie in difficoltà, anche attraverso l'incentivazione nel quadro del piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, degli aiuti alle associazioni impegnate nella prevenzione e nella lotta allo sfruttamento.
(6-00050)
«Buontempo, La Russa, Airaghi, Alboni, Amoruso, Anedda, Armani, Arrighi, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bornacin, Briguglio, Butti, Canelli, Cannella, Cardiello, Carrara, Caruso, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cola, Coronella, Giorgio Conte, Cristaldi, Delmastro delle Vedove, Giulio Conti, Fasano, Fatuzzo, Fiori, Foti, Fragalà, Franz, Gallo, Gamba, Garnero Santanché, Geraci, Ghiglia, Alberto Giorgetti, Gironda Veraldi, La Grua, La Starza, Lamorte, Landi di Chiavenna, Landolfi, Leo, Lisi, Lo Presti, Losurdo, Maceratini, Malgieri, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Mazzocchi, Menia, Meroi, Messa, Migliori, Mussolini, Angela Napoli, Nespoli, Onnis, Paolone, Patarino, Antonio Pepe, Pezzella, Porcu, Raisi, Ramponi, Riccio, Ronchi, Rositani, Saglia, Saia, Scalia, Selva, Serena, Strano, Taglialatela, Trantino, Villani Miglietta, Zaccheo, Zacchera».