Allegato B
Seduta n. 246 del 14/1/2003


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ASCIERTO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Limena (Padova) sta per approvare un piano d'area che prevede la realizzazione di casette a schiera a ridosso di strutture seicentesche, restaurate ed adibite ad uso pubblico e privato;
un comitato civico, spontaneamente costituitosi, contesta con forza questo progetto sia perché le nuove costruzioni deturperanno dal punto estetico una zona di alto valore storico e sia perché la stessa area potrebbe essere destinata ad ospitare una pubblica piazza che valorizzerebbe le antiche strutture adiacenti -:
quali iniziative il Ministro abbia in animo di avviare perché sia evitato il continuo degrado storico-culturale cui il nostro paese è da anni oggetto, al solo scopo di favorire scelte di parte che non tengono in alcun conto delle esigenze della popolazione.
(4-02394)

Risposta. - Interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Venezia rende noto che le strutture seicentesche, oggetto dell'interrogazione parlamentare, riguardano la cosiddetta Barchessa Fini, di proprietà comunale, la quale è parte di un più ampio complesso che include una seconda barchessa gemella, di proprietà privata, un oratorio e un vasto spazio di pertinenza antistante, compreso fra le due costruzioni, e la strada statale Valsugana.
La Soprintendenza riferisce che, secondo una rappresentazione del 1722, sull'asse del complesso, costruito tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo, era situato il fabbricato principale, oggi completamente scomparso, mentre l'oratorio e un secondo corpo simmetrico allo stesso, anch'esso non identificabile, erano raccordati alle arcate delle barchesse con due portici a tenaglia; inoltre, facevano parte delle pertinenze presunte anche alcuni terreni retrostanti, inglobati, allo stato attuale, nell'edilizia residenziale di Limena. È su parte di questi terreni che, secondo le previsioni comunali, è prevista la realizzazione delle casette a schiera.
In coerenza con la variante al piano regolatore generale del 1985, è stato indetto, negli anni successivi, un concorso d'idee per la sistemazione dell'intera area.
Il progetto vincitore prevedeva la costruzione di una piazza commerciale coperta in sostituzione della villa scomparsa, la revisione della viabilità con pedonalizzazione dell'area tra le barchesse e la strada statale Valsugana e accessi carrabili verso i già menzionati terreni retrostanti dove era concentrata la nuova residenza.
Il progetto, attualmente in approvazione al comune di Limena, riprende le linee direttrici del progetto vincitore, facendo proprie però alcune critiche emerse nel frattempo circa l'inopportunità del volume centrale e l'eccesso di cubature assegnato alle abitazioni da realizzare.
La Soprintendenza, nel 1985, con provvedimento di vincolo, ha dichiarato l'interesse della Barchessa Fini, di proprietà


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comunale, dell'oratorio e di alcune pertinenze e, attualmente, ritenendo opportuno completare tale provvedimento mediante l'inserimento della barchessa privata e la fascia ancora integra di aree pertinenti, sta avviando il procedimento per una integrazione del vincolo già esistente.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giuliano Urbani.

AZZOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi gli organi di informazione hanno riportato con crescente frequenza notizie relative a canili pubblici e privati, nonché a rifugi registrati a nome di associazioni protezioniste, in cui il trattamento degli animali si è rivelato a dir poco scandaloso;
dai cani lasciati sbranare fra loro a Palermo, a quelli trovati in totale stato di abbandono a Milano, fino ai numerosi casi verificatisi da tempo ed ancor più di recente in Puglia, la casistica non giustifica ormai di parlare di situazioni isolate né di affrontare la questione esclusivamente a livello locale;
la sensibilità crescente della popolazione italiana nei confronti della sofferenza degli animali non consente di motivare questi episodi con una mancanza di attenzione concentrata in alcune zone, ma è invece da ricondurre a carenze normative e di controllo che è doveroso compensare con urgenza;
è evidente la necessità di un intervento nazionale, sia da parte del Ministero della salute, affinché a partire dal testo innovativo della legge n. 281 del 1991, e dall'esperienza di questi anni si emanino linee guida di inequivocabile interpretazione che possano prevenire il ripetersi di queste scandalose situazioni inaccettabili in un Paese civile; sia da parte del Ministero dell'interno, in un ottica di deciso contrasto dell'interesse che vere e proprie organizzazioni criminali stanno dimostrando per la gestione di canili, solitamente convenzionati con amministrazioni locali, che divengono una interessante fonte di guadagno e un inferno per gli animali. Questo fenomeno, denunciato più volte presso i cittadini e la magistratura dalla LAV, è stato da essa denominato «business randagi» proprio in considerazione di queste caratteristiche diffuse -:
se ritengano opportuno sollecitare alle autorità regionali ed attivare in proprio controlli rigorosi quanto sistematici sulle condizioni degli animali nei rifugi e canili sia pubblici che privati;
se il Ministro della salute ritenga necessario promuovere un gruppo di lavoro che coinvolga le associazioni che hanno denunciato questi eventi, al fine di emanare delle linee-guida interpretative della legge n. 281 del 1991, che ne permettano la piena attuazione, evitando speculazioni dannose per gli animali ed al tempo stesso assurdamente onerose per le casse pubbliche, a cui si attingono fondi senza ottenere miglioramenti della vita dei cani detenuti nelle strutture di accoglienza.
(4-02546)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, dietro delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La stampa quotidiana, in questi ultimi tempi, ha riportato di frequente episodi di cattiva gestione di canili pubblici e privati, nonché di rifugi per randagi, nei quali la mancanza delle più elementari norme di igiene e di benessere, oltre che suscitare reazioni di sdegno da parte dell'opinione pubblica, sempre più sensibile ed attenta alle problematiche riguardanti il benessere animale, ha posto maggiormente in evidenza la necessità di una più mirata e corretta gestione di tutte le strutture di accoglienza per i cani randagi.
Ciò anche per evitare gli episodi di gestione di tali strutture che abbiano malcelate finalità speculative, a discapito dei più nobili intenti per cui esse sono state realizzate.


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La legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo, del 14 agosto 1991, n. 281, ha demandato alle regioni il compito di definire, con propria legge, i criteri per il risanamento dei vecchi canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani ed ha attribuito ai comuni, nonché alle comunità montane, la messa in opera delle strutture in questione, nel rispetto dei criteri individuati dalla legge regionale, avvalendosi dei contributi destinati proprio a tale finalità dalle stesse regioni.
Per quanto riguarda la gestione dei canili e dei rifugi per randagi, la stessa legge quadro n. 281/1991 ha previsto la possibilità di fare gestire tali strutture direttamente da enti ed associazioni protezionistiche, purché il controllo sanitario degli animali ospitati venga garantito dal servizio veterinario delle ASL territorialmente competenti.
È necessario che vengano adottati criteri e procedure adeguati ai fini del riconoscimento di tali associazioni, come, ad esempio, l'iscrizione in appositi albi regionali previa attestazione di comprovata e consolidata operatività nel settore del benessere animale.
Occorre, quindi, la costante vigilanza sull'operato delle associazioni protezionistiche da parte degli enti territorialmente competenti.
La circolare n. 5 del 14 maggio 2001, a firma del Ministro della sanità, concernente «Attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281» ha sottolineato che il criterio dell'economicità non deve essere l'unico a legittimare la scelta della concessione della gestione dei canili da parte dei comuni.
Accanto a questo criterio deve essere considerata, soprattutto, la garanzia del benessere degli animali, che, assieme ad una completa ed attenta attuazione nell'ordinamento regionale dei principi dei criteri già sanciti, è un valido deterrente per evitare dannose speculazioni per gli animali e, nello stesso tempo, per porre un argine allo spreco di denaro pubblico.
L'obiettivo, auspicato nell'atto parlamentare, di costituire un gruppo di lavoro che coinvolga le associazioni che hanno denunciato questi gravi eventi, è stato attuato in altre circostanze dal dicastero interrogato, ma non ha sortito gli effetti sperati, in quanto la materia è totalmente trasferita alla competenza delle regioni.
Si ritiene, pertanto, che tali iniziative possano avere maggiore efficacia laddove vengano poste in essere direttamente dalle autorità regionali e locali, perché più volte si è constatata l'intenzione delle autorità territoriali di effettuare una gestione autonoma ed indipendente di tutte le questioni che rientrano negli ambiti della legge n. 281/1991.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BALLAMAN, RODEGHIERO, VASCON, BRICOLO, DIDONÈ, GUIDO DUSSIN, LUCIANO DUSSIN e FONTANINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il contrasto all'illegalità e l'esercizio della prevenzione del commercio abusivo sono scarsamente esercitati dalle forze dell'ordine;
il coordinamento provinciale tra prefetto, questore, guardia di finanza, carabinieri e magistratura approda a scarsi risultati in termini di prevenzione e/o repressione del fenomeno;
l'amministrazione del comune di Venezia si è mostrata del tutto impreparata, se non, ad avviso degli interroganti, addirittura favorevole (vedi proposte per mercatini etnici), riguardo il problema del commercio abusivo;
nel territorio del centro storico veneziano e nelle località balneari del Veneto e del Friuli, da Rosolina, a Sottomarina, a Cavallino Treporti, a Jesolo, a Eraclea, a Caorle, a Bibione, a Lignano Sabbiadoro, la forza pubblica (carabinieri, polizia e vigili urbani) non è in grado di contrastare l'esercizio abusivo del commercio;
l'esercizio abusivo del commercio, oltre a una palese violazione delle leggi, rappresenta anche un mezzo di «concorrenza» sleale nei confronti di chi ha la


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partita Iva, possiede una licenza commerciale, emette scontrino, è responsabile della qualità della merce venduta, denuncia il proprio reddito e paga regolarmente le tasse -:
se non ritenga opportuno provvedere all'individuazione dei responsabili per l'inadeguatezza evidenziatasi nel prevenire il fenomeno ormai dilagante del commercio abusivo;
se non intenda inoltre intervenire all'intervento presso il comando generale dell'Arma dei carabinieri e della guardia di finanza affinché amplino i loro contingenti nel centro storico di Venezia, nonché nelle località citate in premessa e potenzino con apposite sezioni la lotta al commercio abusivo.
(4-02963)

Risposta. - Si comunica che il fenomeno dell'abusivismo nel commercio ambulante e nella vendita al dettaglio di articoli di vario genere interessa l'intero territorio nazionale, con particolari accentuazioni nelle zone di maggior afflusso turistico, specie rivierasche.
Le attività illecite in questione vengono esercitate per lo più da cittadini extracomunitari in posizione irregolare ma non sono infrequenti i casi di operatori che, pur muniti di autorizzazione per il commercio ambulante, di fatto operano in posti fissi.
Il fenomeno investe ormai tutti gli ambiti merceologici che consentono margini di lucro e, oltre a danneggiare l'erario, è in grado, per dimensioni e volumi di affari raggiunti, di mettere in difficoltà vasti settori produttivi e commerciali, gravati di costi ed oneri ai quali il mercato illegale si sottrae, con danni che si ripercuotono sull'intero sistema economico nazionale.
L'abusivismo commerciale ha particolari riflessi di pubblica sicurezza, poiché spesso si accompagna a diverse attività criminali, quali la ricettazione di merce rubata o rapinata, la contraffazione di marchi industriali, la cosiddetta «pirateria audiovisiva ed informatica», l'illegale riproduzione, commercializzazione ed utilizzazione di opere musicali e cinematografiche, e così via.
In questo contesto assume particolare rilievo il commercio di prodotti contraffatti, che vede attiva la criminalità organizzata, la quale può disporre di ingenti risorse finanziarie per produrre i falsi su scala industriale ed avvalersi, per distribuirli in modo capillare, di manovalanza a basso costo, prevalentemente costituita da extracomunitari in condizione di indigenza e/o clandestini.
Ulteriori aspetti di criticità per l'ordine pubblico derivano dai frequenti contrasti tra gli abusivi, che talora sfociano in risse o altri fatti di sangue per il controllo delle zone più redditizie.
Non può trascurarsi, infine, la circostanza per cui l'attività in questione sia quasi sempre esercitata in piena visibilità su aree pubbliche dei centri urbani, ingenerando nei cittadini l'erronea percezione della sua liceità oppure, al contrario, il convincimento che, pur vietata, sia tollerata dall'Autorità.
Perciò, pur tenendo conto che il contrasto dell'abusivismo commerciale compete in via primaria ai corpi di polizia municipale, sono state reiterate nel tempo specifiche direttive alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, che sono state invitate a predisporre specifici piani coordinati di intervento in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, con il coinvolgimento delle autorità comunali interessate, nonché, nelle zone rivierasche, delle capitanerie di Porto.
Il 18 luglio 2002 è stata diramata una ulteriore circolare ai prefetti, con l'obiettivo di dare nuovo impulso all'azione di contrasto del fenomeno in questione, in presenza di rilevazioni che ne denotavano un incremento in varie realtà territoriali.
La circolare ha ribadito la necessità di pianificare gli interventi anche sotto il profilo della prevenzione, coinvolgendo, nella definizione di una strategia locale, le associazioni di categoria, le camere di commercio ed i servizi ispettivi della SIAE (per lo specifico settore della pirateria audiovisiva ed informatica).
La direttiva ha, inoltre, segnalato la necessità di mettere a punto, in ciascuna provincia, programmi di controllo ad ampio


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raggio, che consentano non solo di sanzionare i singoli commercianti abusivi, adottando anche i provvedimenti previsti dalla legge nei confronti degli extracomunitari irregolari, ma altresì di ricostruire il percorso distributivo delle merci, individuandone i centri di produzione, di deposito ed i luoghi di smistamento.
Si è, poi, sottolineata la necessità di fare ricorso a tutti gli strumenti contemplati dalla normativa di settore, con particolare riferimento al sequestro penale ed a quello cautelare delle merci destinate a confisca amministrativa, individuando preventivamente i depositi ove custodire temporaneamente i beni sequestrati.
A questo fine, tra l'altro, è stato suggerito di utilizzare anche il personale inviato di rinforzo per il periodo estivo nella organizzazione di servizi straordinari di controllo del territorio e di costituire squadre miste di intervento, ottimizzando la sinergia tra le diverse professionalità degli operatori della polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della guardia di finanza e della polizia municipale.
La circolare del 18 luglio 2002, infine, ha affidato al dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno il compito di coordinare le iniziative assunte in ciascuna provincia e di verificarne i risultati, invitando a tal fine i prefetti a riferire periodicamente, secondo scadenze prestabilite.
Si soggiunge che al fine di colmare una lacuna registrata nell'applicazione della disciplina precedente, l'articolo 21 della recente legge n. 189 del 30 luglio 2002, di riforma della normativa in materia di immigrazione, ha previsto la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero a seguito di condanna irrevocabile anche per i reati di produzione, smercio o distribuzione di prodotti falsi, contraffatti o in violazione delle norme di tutela del diritto d'autore.
Quanto all'azione di contrasto dell'abusivismo commerciale nella città di Venezia, occorre premettere che il centro storico di tale città, isola pedonale per eccellenza, si presta particolarmente a tale fenomeno, esercitato, secondo la stima della prefettura, da circa 400 persone, per la quasi totalità extracomunitari.
Non sempre si tratta di clandestini: talora tale attività viene svolta da stranieri muniti di permesso di soggiorno per altre attività oppure di stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo e di licenza comunale per il commercio ambulante; la revoca del permesso di soggiorno richiede, per i primi, la reiterazione dell'abuso e, per i secondi, il ritiro della licenza da parte del sindaco.
Vi è da considerare, poi, l'affinamento, da parte degli abusivi, di tecniche per sottrarsi ai controlli di polizia, con elementi che fungono da «palo» e avvisano tempestivamente i colleghi dell'arrivo delle forze dell'ordine, dando loro il tempo di raccogliere le mercanzie e dileguarsi, per riprendere l'attività dopo lo scampato pericolo.
Pertanto, l'iniziativa di contrasto, per essere efficace, non può che svolgersi nell'ambito di operazioni ben preparate e con l'impiego di un numero adeguato di agenti.
D'altra parte, però, è talora avvenuto che operazioni di tal genere abbiano suscitato proteste e rimostranze da parte di cittadini o di turisti, che hanno preso le parti degli ambulanti, specie allorché le forze dell'ordine hanno proceduto al sequestro delle merci e a fermare gli extracomunitari irregolari.
Il problema era stato già affrontato più volte, nel 2001, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica; nel 2002, anche a seguito del verificarsi di situazioni di particolare tensione tra abusivi ed operatori e cittadini locali, nonché tra gli stessi abusivi, la situazione è stata riesaminata nel corso delle sedute del 24 aprile, del 3 e del 28 maggio, con la presenza di rappresentanti dell'amministrazione comunale e provinciale, nonché, in qualche caso, dell'autorità giudiziaria.
È stato messo a punto un programma di intervento il quale prevede la suddivisione del centro storico in 4 zone omogenee ed il loro controllo in modo concertato e continuativo da parte di tutte le forze di polizia e la polizia municipale, con l'obiettivo anche di prevenire il posizionamento degli


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ambulanti abusivi e di individuare i depositi delle merci contraffatte.
Il piano prevede inoltre il controllo sistematico dei permessi di soggiorno degli ambulanti extracomunitari ed iniziative per sensibilizzare al problema i turisti.
Il problema della lotta all'abusivismo commerciale è stato di recente nuovamente affrontato nelle sedute dello stesso comitato del 5 giugno, alla presenza del Ministro dell'interno, nonché in quelle del 7 e del 10 giugno 2002, nel corso delle quali il piano di controllo dei 4 settori è stato ulteriormente potenziato.
Tra l'altro, nel centro storico veneziano, nel mese di giugno 2002 è stato attivato un presidio di polizia interforze in piazza San Marco, che svolge funzioni di supporto alle pattuglie incaricate di servizi a piedi.
Per quanto attiene all'attività svolta ed ai risultati conseguiti, nel periodo gennaio-agosto 2002, nella provincia di Venezia, sono state eseguite 810 operazioni di contrasto del commercio ambulante abusivo, che hanno condotto alla denuncia di 310 persone, all'adozione di 363 sanzioni amministrative e di 1.279 provvedimenti di sequestro, per un totale di oltre 246 mila oggetti.
Tali dati confermano il sensibile incremento dell'attività delle forze dell'ordine in questo settore, ove si raffrontino con quelli relativi all'intero 2001, nel quale furono complessivamente eseguite nella provincia, da tutte le forze di polizia, solo 276 operazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BIELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 310 del Bidente è stata consegnata all'amministrazione provinciale di Forlì-Cesena per quanto riguarda il territorio romagnolo dal settembre 2001. Sono stati esclusi dalla competenza della Provincia alcuni tratti interessati da lavori in corso finanziati dall'ANAS. Si tratta dei cantieri Tombina e Suasia. Si sono verificati ritardi enormi su questi lavori, causa gravi inadempienze delle imprese esecutrici, tant'è che il cantiere Tombina si è andati alla rescissione del contratto con l'impresa Divina costruzioni s.r.l.;
questa situazione ha determinato un ulteriore allungamento dei tempi in quanto è dovuto ripartire sia il progetto che l'iter per l'appalto;
questi ritardi sono causa di difficoltà nella viabilità su un'arteria che sopporta un transito di grande entità e che riguarda anche veicoli pesanti per la presenza di importanti attività industriali che sono ubicate lungo la SS 310;
in data 19 luglio 2002 il compartimento della viabilità dell'Emilia Romagna dell'Ente Nazionale per le strade ha inviato alla direzione generale dell'ANAS Direzione centrale lavori ufficio intercompartimentale II il progetto esecutivo dei lavori e ha indicato l'importo necessario per eseguire i lavori -:
di quali informazioni sullo stato dei lavori nel cantiere Suasia e sulla situazione del cantiere Tombina disponga il ministro interrogato;
se alla luce dei disagi nella viabilità della SS 310, per accelerare i tempi di realizzazione del progetto Tombina, non ritenga che sia opportuno e necessario attivarsi affinché sia concessa l'autorizzazione ad espletare la procedura di appalto presso la sede compartimentale dell'ente nazionale per le strade dell'Emilia Romagna di Bologna.
(4-03890)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, l'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, ha comunicato quanto segue.
Per quanto riguarda la variante di Suasia, l'ente stradale riferisce che l'ultimazione è prevista per la fine del corrente anno mentre la sua apertura al traffico è prevista entro la primavera del 2003.
Relativamente alla variante di Tombina, l'ANAS fa conoscere che il competente compartimento di Bologna sta ultimando la contabilità finale relativa a tutte le opere


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oggetto della rescissione del contratto con l'impresa Divina costruzioni.
Il progetto dei lavori di completamento della ex statale 310 sarà quindi esaminato dagli organi tecnici centrali dell'ente per poi procedere, in caso di esito favorevole, alla successiva fase di approvazione, finanziamento e nuovo appalto.
L'ANAS rappresenta, infine, che l'apertura al traffico della variante di Tombina è prevista entro la primavera-estate del 2004.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

BRICOLO. - Al ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le aree verdi e i parchi comunali sono beni comuni di tutti i cittadini, nessuno escluso, che dovrebbero poterne usufruire, ovviamente nel rispetto delle regole di civile convivenza e secondo quanto stabilito dalle leggi e dalle disposizioni comunali;
va riconosciuto, che negli ultimi anni, l'amministrazione del comune di Milano ha compiuto grandi sforzi per rendere vivibili e accoglienti i parchi pubblici della città anche quelli siti nelle zone periferiche;
la crescita esponenziale e repentina dell'immigrazione nelle grandi città ha modificato la struttura sociale, imponendo una società multirazziale e multiculturale, dove convivono persone di diverse etnie e culture, che a causa di difficoltà di integrazione, si stringono sempre più in comunità formate da propri connazionali;
alla comunità sudamericana di Milano è stato affidato dal vice Sindaco De Corato il parco Cassinis/Sud Vaiano Valle (ex parco delle rose);
il parco di Cassinis di Milano è divenuto ad appannaggio esclusivo di persone di etnia sud-americana, che con i loro comportamenti spesso creano notevoli disagi alla popolazione residente nei quartieri adiacenti al parco;
a quanto risulta all'interrogante nel parco durante i giorni festivi la comunità sud-americana si ritrova per degustare cibi originari delle loro terre di appartenenza, cucinando, con strumenti rudimentali quali bombole del gas e fornelli da campo, obiettivamente pericolosi, in una zona riservata in particolar modo ai giochi dei bambini e degli adolescenti;
un elevato numero di peruviani ed equadoregni, si riversano nel parco in tutte le ore della giornata, e spesso nelle ore serali, sempre a quanto risulta all'interrogante, diventano protagonisti di furibonde e cruente risse, soprattutto a causa di affari illeciti legati alla microcriminalità;
l'affluenza di migliaia di persone durante i giorni festivi manda completamente in tilt il traffico della zona, creando innumerevoli problemi ai cittadini residenti nella zona attigua al parco;
ad avviso dell'interrogante le comunità straniere che si ritrovano nel parco palesemente violano le norme di ordine pubblico ed il rispetto delle elementari norme igieniche, vendendo senza autorizzazione, distribuendo alcolici e somministrando cibi cucinati sul posto;
durante le ore serali quando la vigilanza viene depotenziata l'intera area diventa zona di prostituzione a cielo aperto;
l'amministrazione comunale di Milano sembra, secondo quanto riportato dai mass media, aver stretto accordi con il Console generale del Perù per destinare questa area alle comunità sud-americane, seguendo in questo modo una logica di sperequazione nei confronti di tutti gli altri cittadini -:
se il ministrosia a conoscenza dei fatti esposti nelle premesse e quali provvedimenti intenda prendere per ristabilire l'ordine pubblico al fine di tutelare la sicurezza dei cittadini e in modo tale da garantire a tutti la possibilità di usufruire della struttura pubblica nel rispetto della legge e delle disposizioni comunali.
(4-03396)


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Risposta. - Si comunica che il Parco Cassinis, comunemente conosciuto come «Parco delle Rose», è divenuto luogo di ritrovo per le numerose comunità straniere, per lo più di etnia sud-americana, presenti nel capoluogo milanese, che lì sono solite riunirsi nei giorni festivi per consumare pasti ed organizzare incontri e competizioni sportive.
L'area in questione, infatti, da quando è stata attrezzata dal comune di Milano con spazi per
barbecue all'aperto, servizi igienici chimici e campi da gioco, risulta un'idonea alternativa per le numerose comunità straniere che, in precedenza, erano solite affollare la centrale piazza Duomo con conseguenti problemi connessi anche al consumo di alcolici.
I problemi che i raduni domenicali di cittadini extracomunitari determinano sono stati esaminati anche nelle riunioni di coordinamento delle forze di polizia, alla presenza degli amministratori locali, ed hanno formato oggetto di specifiche analisi in occasione delle riunioni di coordinamento tecnico-operativo che la questura di Milano tiene settimanalmente per pianificare l'attività delle forze di polizia con il diretto coinvolgimento della polizia municipale.
Il consolato generale del Perù, invitato a parteciparvi - insieme con il comitato delle associazioni peruviane - in ragione della consistenza di quella comunità, nel corso di tali riunioni si è impegnato a sensibilizzare i frequentatori del Parco al rispetto delle comuni regole comportamentali, proponendo una serie di suggerimenti per una migliore e sicura fruizione dell'area verde.
Da parte loro, le forze di polizia hanno intensificato l'attività di prevenzione e controllo nella zona ed in particolare, dopo l'apertura al pubblico del parco attrezzato, avvenuta il 12 maggio 2002, sono stati predisposti, ogni domenica, servizi di vigilanza in ausilio alle operazioni di competenza della polizia municipale.
In occasione dei primi servizi di prevenzione all'interno del parco, si è rilevata la commissione di numerosi illeciti che, unitamente all'incremento della presenza di stranieri anche di altre nazionalità spesso in conflitto tra loro, ha consigliato un ulteriore impegno delle forze dell'ordine. Sono stati così rafforzati i servizi di vigilanza con l'impiego di ulteriori aliquote della forza pubblica, sotto la responsabilità di un funzionario di pubblica sicurezza e di un ufficiale dell'arma dei carabinieri in tre turni di servizio che coprono le ventiquattro ore giornaliere.
Nel corso degli interventi espletati si è proceduto all'accompagnamento in questura di venti cittadini extracomunitari irregolari, all'emanazione di diciassette provvedimenti di sequestro amministrativo ed alla contestazione di cinquantuno infrazioni al codice della strada. Ciò ha favorito una sensibile riduzione dei frequentatori del parco e una più consona fruizione dello stesso.
Per completezza d'informazione, si soggiunge che il comune di Milano ha precisato «che non esiste alcuna concessione del Parco» ai cittadini peruviani.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BUEMI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi anni la presenza stabile ed il proliferare dei piccioni e/o colombi negli agglomerati urbani delle grandi città si è trasformata in una vera e propria emergenza sia sul piano igienico-sanitario, sia sul piano socio-territoriale;
sono infatti divenute allarmanti le richieste dei cittadini agli amministratori locali per fronteggiare questo problema; in modo particolare in molte città del Piemonte, come la provincia di Asti, che si è vista costretta, dopo anni di inutili tentativi tesi a scoraggiare la proliferazione e diffusione sul territorio, ad adottare una delibera il 18 marzo scorso (la n. 15239) con la quale chiede a tutti gli organi governativi istituzionalmente competenti di attivare procedure che annoverino il piccione di città tra le specie faunistiche selvatiche;


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allo stato attuale, non esiste una legislazione in materia di «controllo e tutela della fauna selvatica o in via di inselvatichimento, presente stabilmente nei centri urbani e negli hinterland». Ed infatti la legge n. 157 del febbraio 1992, all'articolo 2, testualmente recita: «fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della presente legge, le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato naturale nel territorio nazionale»;
parallelamente non esiste alcuna disposizione di legge che impedisca e controlli il diffondersi tra gli abitanti degli agglomerati urbani di patologie conseguenti la convivenza forzata con i piccioni; così come non risultano contemplate nei programmi sanitari nazionali, specifiche normative in tema di igiene e profilassi che tutelino i cittadini dalle malattie dei cosiddetti «piccioni di città» o Columba Livia -:
quali iniziative normative intenda adottare il Governo per contrastare il fenomeno a livello nazionale e se non intenda inoltre, anche recependo gli indirizzi espressi dalla provincia di Asti e dagli altri enti locali della regione Piemonte afflitti dallo stesso problema, attivare iniziative idonee ed efficaci le quali, pur nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela degli animali, siano in grado di garantire la salute dei cittadini e la salubrità del territorio urbano nel suo complesso.
(4-04274)

Risposta. - Si rappresenta che la direzione per la conservazione della natura del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha richiesto un parere tecnico all'istituto nazionale per la fauna selvatica.
A giudizio del predetto istituto, la posizione sistematica, ecologica e legale del colombo o piccione di città è quella di entità non appartenente alla fauna selvatica. L'origine di tali popolazioni deve infatti essere ricondotta a soggetti appartenenti a forme domestiche di colombo selvatico
(Colomba livia), da lungo tempo allevate e sottoposte a selezione artificiale che, in tempi più recenti, sono sfuggite al controllo dell'uomo ed hanno eletto a loro dimora i centri storici di diverse città italiane. Dette popolazioni hanno subito e continuano a subire un continuo flusso genico da parte di piccioni viaggiatori, (soggetti allevati per scopi commerciali, colombi ornamentali), che risulta evidenziato dalla persistente e diffusa presenza di caratteri propri delle forme domestiche.
Le popolazioni selvatiche inurbate (piccioni torraioli), che abitavano un tempo gli edifici più elevati di alcuni centri storici, sono state progressivamente soppiantate da soggetti di ceppo domestico, provenienti da rilasci intenzionali e dalla fuga di individui allevati nelle colombaie o utilizzati nei campi di tiro a volo.
L'ampia variabilità morfologica e comportamentale dei piccioni di città fa ritenere congrua la loro collocazione in una posizione intermedia tra il Piccione domestico, dal quale più recentemente discendono, ed il Piccione selvatico, che rappresenta il loro ancestrale progenitore. Per queste loro caratteristiche i piccioni di città sono da considerarsi come animali domestici inselvatichiti (Columbia livia forma domestica) alla stregua dei cani e dei gatti randagi e, pertanto, non rientrano nel campo di applicazione della legge n. 157/92, recante «norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per l'esercizio dell'attività venatoria».
Al contrario, il piccione selvatico (Columbia Livia), si caratterizza per specifici ed univoci tratti morfologici e comportamentali. Questa entità faunistica va considerata a tutti gli effetti come una specie selvatica e rientra a pieno titolo nel campo di applicazione della citata legge n. 157/1992.
È noto che il piccione di città stia conoscendo un incremento localmente anche importante delle presenze e dell'areale di distribuzione, con ripercussioni sotto il profilo della creazione di problemi di possibile veicolazione di zoonosi (patologie trasmissibili all'uomo), di insorgenza di problematiche igienico-sanitarie e di alterazione


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del patrimonio monumentale conseguente all'azione chimica del guano nei centri urbani.
Il quadro legislativo vigente in materia contempla una serie di norme finalizzate alla prevenzione o alla riduzione delle problematiche sopra indicate.
In dettaglio, i riferimenti sono:
a) l'articolo 38 della legge n. 142/1990 in tema di ordinamento delle autonomie locali;
b) l'articolo 32 della legge n. 833/1978 in materia di Servizio sanitario nazionale;
c) il decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (regolamento di polizia veterinaria) e successive modifiche.

Queste disposizioni sono espressamente finalizzate alla tutela dell'igiene e della sanità pubblica in ambito urbano e demandano al sindaco il compito di adottare provvedimenti contingenti ed urgenti a fronteggiare queste situazioni.
Vi sono, inoltre, alcune leggi regionali (Lombardia, Puglia, Marche, Campania, Abruzzo, Lazio, Liguria) attuative della legge n. 157/1992, che prevedono la possibilità di esercitare il controllo numerico di «forme domestiche di specie selvatiche o delle forme inselvatichite di specie domestiche».
Le motivazioni che possono giustificare il ricorso ad interventi anche cruenti sono la tutela sanitaria, eventualmente associata alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico, e la protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti. Nel caso di danneggiamenti a produzioni agricole ed allevamenti, le sopra menzionate norme regionali danno mandato operativo agli uffici caccia provinciali.
Sembra, quindi, di poter riscontrare la presenza di alcuni riferimenti normativi che, sebbene perfettibili sotto diversi punti di vista, offrono la possibilità di condurre azioni tese alla prevenzione e/o alla limitazione dei problemi causati dal piccione di città.
Avendo il piccione di città nel contesto urbano il fulcro del proprio ciclo biologico (la riproduzione, il riposo notturno, e, almeno in parte l'alimentazione), è evidente che un efficace e durevole contenimento numerico andrebbe incentrato nei centri urbani mediante l'attivazione di azioni strutturali, quali la limitazione dell'accesso ai siti riproduttivi e alle risorse trofiche, a cui andrebbero affiancati contenimenti numerici mediante catture selettive. L'abbattimento con arma da fuoco da parte di personale nominalmente autorizzato dalle autorità competenti può contribuire al contenimento dei danni agricoli nei contesti rurali. Azioni di questo genere vengono intraprese in diverse realtà locali attraverso appositi accordi tra i comuni ed i servizi di vigilanza delle amministrazioni provinciali.
Si rappresenta che, pur condividendo il parere INFS, ogni atto diretto all'abbattimento di fauna selvatica esclusa dall'elenco di specie cacciabili, di cui all'articolo 18 della legge n. 157/1992, è perseguito penalmente, come nel caso specifico del colombo terraiolo. Quindi, eventuali azioni di contenimento numerico di questa specie mediante trappole o armi da fuoco, andranno attuati previa autorizzazione delle amministrazioni interessate e sentito l'INFS.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

BULGARELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
con la motivazione che i gabbiani abitualmente stazionanti nell'area del porto di Rimini pregiudicassero, in particolare con le loro deiezioni, l'afflusso turistico e la pulizia delle imbarcazioni ormeggiate nella darsena, la Marina di Rimini spa, gestionaria della darsena stessa, ha affidato ai falconieri della ditta Freedom di Sarsina l'esecuzione di un'operazione tesa all'allontanamento dei gabbiani dalla zona portuale. Nella giornata del 23 luglio 2002 la ditta in oggetto ha liberato in volo degli esemplari di girifalco pellegrino e di falchi dell'Harris che hanno


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ingaggiato la caccia ai gabbiani, senza peraltro riuscire a metterli in fuga;
nel corso di una di queste operazioni un falco ha rischiato di annegare ed è stato recuperato con difficoltà dal personale della ditta incaricata, che è, alla fine, riuscito a trarlo in salvo;
l'operazione intrapresa dalla Marina spa ha tutte le caratteristiche di un'operazione di caccia, condotta verso e con animali appartenenti a specie protette, e che solo per puro caso non ha portato al ferimento o alla morte di qualche volatile;
in seguito alla presa di posizione dell'assessore all'ambiente del comune di Rimini e di numerose associazioni animaliste e ambientaliste, il Corpo forestale dello Stato è intervenuto nella giornata del 24 luglio, impedendo una nuova operazione di caccia e denunciando i titolari della ditta Freedom per esercizio di caccia in periodo di divieto, per caccia a specie protette e violazione della legge regionale sulla caccia -:
se intenda predisporre una accurata attività di monitoraggio affinché in futuro sia garantito il rispetto della normativa vigente sull'esercizio della caccia (legge n. 157 del 1992, articolo 13 e di quella sulla tutela delle specie protette (legge n. 150 del 1992), evitando pratiche che prevedano l'impiego di animali o che provochino ad essi sofferenze e maltrattamenti.
(4-03746)

Risposta. - Sulla scorta di quanto comunicato dall'amministrazione provinciale di Rimini, si rappresenta che tale amministrazione non ha mai rilasciato alcuna autorizzazione al controllo di animali opportunisti mediante l'utilizzo di falchi, né, tanto meno, alcuna autorizzazione in tal senso le è stata mai richiesta.
Sul caso in questione, utilizzo dei falchi da parte della ditta FREDOM per l'allontanamento di gabbiani dall'area della darsena, la provincia di Rimini, in data 25 luglio 2002 riceveva un fax da parte della spa Marina di Rimini con il quale si comunicava che la predetta società aveva appaltato alla società Gest di Riccione il servizio di allontanamento gabbiani.
Il giorno stesso il Corpo Forestale dello Stato è intervenuto per bloccare l'operazione che era già in corso dal giorno prima.
I rapaci utilizzati a tale scopo sembrerebbero tutti provvisti di regolari certificati ai sensi della normativa vigente.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 31 luglio 2002 il signor Massimo Celli e la signora Sandra Piraccini, membri della organizzazione non governativa C.R.I.C. (Centro Regionale di Intervento per l'occupazione), con sede in Reggio Calabria, giungevano a bordo di una nave battente bandiera italiana presso il porto di Ashdod, in Israele, per svolgere in quel paese la loro attività di consulenti nell'ambito di un progetto, finanziato dalla Commissione europea, avente come finalità l'allestimento di attività extrascolastiche per bambini. I due membri del C.R.I.C. avevano con sé copia della lettera di incarico personale corredata da foto, copia del fax inviato dalla Commissione europea, documenti di identità e di viaggio in regola;
alle ore 16.30 agenti della polizia israeliana salivano a bordo della nave, prima che i passeggeri scendessero, per controllare loro i documenti. Ciascuno dei passeggeri veniva sottoposto a un interrogatorio volto ad accertare le motivazioni del viaggio e il tempo di permanenza nel territorio di Israele. I due consulenti del C.R.I.C. venivano sottoposti a un primo interrogatorio, nel corso del quale veniva loro chiesto nel dettaglio le finalità della missione e le modalità logistiche della loro permanenza in Israele senza che l'agente che conduceva l'interrogatorio muovesse obiezioni di sorta. Improvvisamente subentrava nella conduzione dell'interrogatorio un'altra agente che con modi bruschi chiedeva quali fossero i contatti che i due


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cittadini italiani avevano in Israele, perché avessero del denaro contante pur disponendo di carta di credito e se fossero provvisti di visto di ingresso. Alla risposta negativa dei due cittadini italiani, che precisavano di non essere provvisti di visto perché secondo le disposizioni che avevano ricevuto esso non era necessario, l'interrogatorio si interrompeva bruscamente e l'agente tratteneva i passaporti e il fax di presentazione del C.R.I.C.;
dopo una ventina di minuti i nostri concittadini venivano sottoposti ad un secondo interrogatorio, svoltosi sempre a bordo della nave e vertente sostanzialmente sugli stessi temi del precedente, al termine del quale gli agenti di polizia israeliani si riservavano di comunicare se e quando i membri del C.R.I.C. avessero potuto sbarcare sul suolo israeliano. Subito dopo, tuttavia, il comandante della nave comunicava loro che le autorità israeliane gli avevano consegnato un foglio di rifiuto di ingresso di cui erano destinatari proprio il signor Celli e la signora Piraccini i quali, dal quel momento, erano posti sotto la custodia del comandante. Nelle ore successive anche la cabina occupata dai nostri concittadini veniva sottoposta a meticolosa perquisizione, così come la vettura che essi avevano imbarcato sulla nave;
il signor Celli e la signora Piraccini venivano quindi contattati dall'ambasciata italiana, i cui funzionari seguivano l'evolversi della vicenda telefonicamente e solo verso le 16.00 del giorno successivo riuscivano a salire a bordo della nave, giustificando tale ritardo con le forti resistenze che essi stessi avevano incontrato con le autorità israeliane e confermando che ai due cittadini italiani era stato rifiutato l'ingresso in Israele e precisando, comunque, che tale misura non poteva essere interpretata come un provvedimento di espulsione visto che essi non erano scesi dalla nave ed erano rimasti dunque in territorio italiano;
poco prima della partenza della nave agenti di polizia israeliani tornavano a bordo e riconsegnavano al comandante i passaporti del signor Celli e della signora Piraccini timbrati con la dicitura entry denied. Alla richiesta di un funzionario dell'ambasciata italiana di sapere se tale dicitura potesse essere interpretata come provvedimento di espulsione gli agenti rispondevano di non saperlo e di rivolgersi alle autorità israeliane -:
per quali motivi sia stato negato l'ingresso in territorio israeliano a cittadini italiani incaricati di svolgere un'importante opera di carattere umanitario per conto dell'Ufficio per gli Aiuti Umanitari della Commissione europea;
se non ritenga l'apposizione della dicitura entry denied sui passaporti dei nostri concittadini una procedura scorretta, non essendo precisati i termini temporali della sua validità e, qualora le autorità israeliane confermassero che essa vada intesa come provvedimento di espulsione, se non si prefiguri una palese violazione delle norme di diritto internazionale essendo rimasti il signor Celli e la signora Piraccini sempre a bordo della nave e, dunque, mai usciti dal territorio italiano.
(4-03769)

Risposta. - Il caso dei due cooperanti dell'ONG CRIC, è stato il terzo episodio che ha coinvolto la stessa organizzazione, È bene ricordare che la citata organizzazione non governativa opera in Israele per conto dell'Unione europea. La nostra Ambasciata, informata dal direttore della stessa ONG, signor Nicola Gambi, il 31 luglio 2002, ha immediatamente preso contatto tanto con il ministero degli affari esteri israeliano quanto con gli stessi interessati (bloccati al porto di Haifa) al fine di chiarire la reale situazione e le motivazioni del provvedimento israeliano. Peraltro, il giorno successivo, la delegazione dell'UE in Israele è ripetutamente intervenuta, senza successo, presso le competenti autorità dello Stato ebraico per ottenere l'ingresso dei due cooperanti e, nella stessa giornata, un funzionario dell'ambasciata d'Italia ha eseguito una visita consolare per accertare lo stato dei due connazionali, trovandoli in buone condizioni.


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Le autorità di frontiera israeliane hanno in quell'occasione precisato che la decisione di non ammettere i due cooperanti è stata presa in quanto gli interessati non erano stati in grado di indicare dove di preciso si sarebbero recati, né quali compiti avrebbero dovuto svolgere. È inoltre emerso (e questa circostanza è stata confermata dai responsabili della CRIC) che i due erano privi di biglietto di ritorno, elemento sempre necessario quando si effettuano missioni temporanee.
Vale inoltre la pena di notare che non risulta che la ONG CRIC abbia seguito la prassi di informare previamente della missione l'Ambasciata di Israele in Roma. Una tale procedura, seguita da altre organizzazioni, ha il più delle volte prevenuto l'insorgere di problemi alla frontiera israeliana, dove i controlli sono estremamente minuziosi, soprattutto per il timore di infiltrazioni di cellule terroristiche.
Come noto, l'autorizzazione all'ingresso sul proprio territorio rientra nelle facoltà sovrane di ogni Stato. Nell'operare i respingimenti, le autorità dello Stato ebraico agivano quindi nella piena legalità nazionale ed internazionale, nel rispetto dei diritti e nell'ambito delle proprie facoltà sovrane, tra l'altro previamente fatte conoscere alle autorità italiane.
La dicitura
denied entry apposta sul passaporto dei due cooperanti non si configura come provvedimento di espulsione, ma di respingimento alla frontiera, fattispecie di natura diversa. I limiti della sua validità temporale sono intrinseci nella legislazione israeliana. Secondo informazioni fornite dall'Ambasciata di Israele a Roma, infatti dall'apposizione del timbro discende la proibizione di entrare in Israele per sei anni.
Va sottolineato che, se nel caso specifico non sembra purtroppo utile un nuovo intervento, il nostro Governo ha effettuato passi tanto a Roma (convocando tra l'altro l'Ambasciatore israeliano, Gol), quanto a Tel Aviv al fine di sensibilizzare Israele sulla necessità di contenere il fenomeno entro proporzioni accettabili, evitando eventuali eccessi di zelo da parte delle autorità di frontiera dello Stato ebraico.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BURANI PROCACCINI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
non sembra che si possa riscontrare la vigenza in un quadro giuridico coerente e condiviso in materia di eliminazione definitiva delle unità navali da pesca cancellate dai relativi registri conservati dalle autorità marittime;
determinate organizzazioni di pescatori, tra cui una di Terracina che opera nel Tirreno centrale, lamentano che in seguito a contrastanti disposizioni adottate rispettivamente dal Ministero dell'ambiente e dal Ministero per le politiche agricole e forestali, non possono più procedere alla pratica dell'affondamento dei natanti da pesca, dopo la loro cancellazione dai pubblici registri;
all'interrogante risulterebbe che oggi non sia più possibile affondare le unità navali da pesca ritirate dall'attività. Con una circolare interna del ministero dell'ambiente del 29 dicembre 1993, il servizio per la tutela delle acque, ha imposto alle capitanerie di porto di considerare rifiuti speciali le navi spogliate delle caratteristiche giuridiche derivanti dall'iscrizione nei pubblici registri conservati dalle autorità mercantili marittime. Con ciò s'impedisce l'affondamento ditali manufatti e si ammette la sola rottamazione;
giudicando la citata circolare, da un lato priva di fondamento scientifico in ordine ai rischi ambientali connessi con l'affondamento dei natanti previa opportuna messa in sicurezza, dall'altro in contrasto con le corrispondenti norme principali vigenti in materia di pesca e di ambiente, nonché con le disposizioni in materia di adozione di decreti governativi, la questione è stata fatta oggetto di osservazioni sia dal CNR, sia dal ministero per le risorse agricole e forestali;


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il CNR, tramite l'esposizione di dati e di note delle autorità della ricerca, ha fatto rilevare che la pratica dell'affondamento, condotta in osservanza di scrupolose attività di messa in sicurezza con cui si eliminano le cause di pericolosità dei natanti, è pienamente praticabile, senza che la medesima provochi danni all'ambiente marino. L'affondamento, anzi, sarebbe da auspicare e da incentivare in determinate situazioni in cui s'intenda migliorare la protezione e la qualità di fondali costieri danneggiati dalle attività della pesca. In tale ambito l'affondamento rappresenta il mezzo per creare strutture o barriere artificiali con cui generare zone marine protette;
la Direzione generale della pesca e dell'acquacoltura del ministero delle politiche agricole e forestali, con nota del 2 giugno 1994, fa presente, tra l'altro, che l'affondamento è pienamente legittimo e che il volerlo vietare, imponendo la rottamazione, è in contrasto con le vigenti norme di legge: si tratta della legge n. 41 del 1982, articolo 21 e del decreto ministeriale 7 giugno 1991, n. 226, di attuazione dei regolamenti (CEE) 4028/86 e 3944/90;
in materia vi sono abbondanti documenti di dottrina e di giurisprudenza che legittimano la possibilità di effettuare l'affondamento delle unità navali cancellate dai pubblici registri;
l'imposizione della rottamazione dei natanti da pesca sembrerebbe da un lato ingiustificatamente limitativa alle attività imprenditoriali della pesca, dall'altro restrittiva per lo sviluppo economico delle imprese pescherecce e da ultimo (in generale), di ostacolo agli interessi dei pescatori interessati -:
quale sia l'esatto stato giuridico attualmente vigente in materia di affondamento delle unità navali da pesca cancellate dai pubblici registri;
se non intenda attivarsi con urgenza per fare chiarezza sulla questione e, nel rispetto delle norme comunitarie e nazionali vigenti, emanare un appropriato provvedimento al fine di consentire l'affondamento evitando la rottamazione delle unità della pesca private dei requisiti giuridici derivanti dall'iscrizione nei pubblici registri.
(4-03520)

Risposta. - Si rappresenta che la realizzazione di barriere artificiali in mare rappresenta una delle modalità operative per conseguire obiettivi di tutela della fascia costiera e di ripopolamento di specie alieutiche: tali interventi costituiscono pertanto, nel rispetto delle precipue competenze delle amministrazioni pubbliche, soltanto una delle possibili modalità di realizzazione di zone di tutela biologica.
È necessario rilevare che l'immersione di manufatti artificiali in mare (carcasse di navi, automobili, inerti, eccetera) è oggetto di diverse norme nazionali e internazionali, vincolanti e specifiche.
Il nostro Paese, infatti, nel quadro degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Barcellona, ha firmato e successivamente ratificato, con legge 29 maggio 1999, n. 175, il «Protocollo per la prevenzione e l'eliminazione dell'inquinamento del mare Mediterraneo dall'immersione di rifiuti provenienti da navi e aerei o dall'incenerimento in mare».
Tale normativa, nel fissare il divieto di immersione in mare dei rifiuti e, più specificamente, delle carcasse di navi, stabiliva un regime autorizzativo transitorio, motivato dall'estensione geografica e dal numero di paesi coinvolti, che scadeva il 30 dicembre 2000; oltre tale data è pertanto vietata, a tutti gli effetti, l'immersione di relitti in mare.
Secondo la normativa nazionale, i veicoli a motore e i rimorchi fuori uso e le loro parti, essendo classificati come rifiuti speciali dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 22/1997, devono essere conferiti ad appositi centri di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione e la rottamazione ai sensi dell'articolo 46 dello stesso decreto n. 22/1997 e non possono essere immersi in mare in quanto non rientrano tra i materiali individuati dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 152/1999.


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Tale articolo 35 del decreto legislativo n. 152/1999, nell'individuare i materiali che possono essere immersi in mare, fa infatti riferimento ai soli materiali inerti (come i tetrapodi in calcestruzzo), ai materiali geologici inorganici ed ai manufatti, conformemente a quanto previsto dalle suddette disposizioni internazionali.
In ogni caso, quindi, per la praticabilità di tale metodica finalizzata alla tutela della fascia costiera ed al ripopolamento di specie di interesse alieutico, deve essere effettuata una valutazione, caso per caso, secondo criteri di efficacia e compatibilità ambientale.
Il comma 3 del suddetto articolo 35 stabilisce, infatti, che «l'immersione in mare del materiale di cui al comma 1 lettera
b) è soggetta ad autorizzazione con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale...»; ciò concorda con quanto previsto dall'articolo 5 del già citato «Protocollo per la prevenzione e l'eliminazione dell'inquinamento del mare Mediterraneo dall'immersione di rifiuti provenienti da navi e aerei o dall'incenerimento in mare» della Convenzione di Barcellona, che subordina «l'immersione di rifiuti o altre materie enumerate all'articolo 4.2 (materie inerti non inquinanti, eccetera)... al rilascio preliminare, da parte delle autorità nazionali competenti, di una autorizzazione speciale».
A tale quadro normativo internazionale e nazionale si aggiungono le determinazioni di legge specifiche per la regione Calabria (ordinanze 6 luglio 2000 e 20 febbraio 2001 della Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della protezione civile), recanti disposizioni atte a fronteggiare l'emergenza in materia di rifiuti, bonifiche e tutela delle acque in detta regione, che, nell'attribuire al commissario delegato le competenze in materia di bonifica e ripristino ambientale, ricomprendono le attività di rimozione dei relitti e dei rifiuti spiaggiati, attribuendo pertanto a questi, in sintonia con la normativa precedentemente menzionata, l'inequivocabile carattere di rifiuti speciali.
In conclusione, quindi, l'immersione di scafi di navi, ancorché ricondizionate, risulta in palese contrasto con le norme vigenti e questa amministrazione non può che adoperarsi, per quanto di propria competenza e nell'ambito del quadro normativo testé delineato, per valutare interventi di tipo consentito (barriere artificiali mediante l'uso di materiali inerti) e, più in generale, per concertare con le altre amministrazioni competenti azioni volte alla tutela e ripopolamento della fauna ittica.
Né possono trascurarsi, accanto allo scenario giuridico esistente, le necessarie valutazioni di opportunità ambientale: l'applicazione del principio di approccio precauzionale ai problemi di carattere ambientale, infatti, impone l'esplorazione di vie alternative, secondo criteri certi di ecocompatibilità e valorizzazione delle risorse ambientali esistenti, piuttosto che interventi, come nel caso di affondamento di carcasse di navi, che non offrono la garanzia di riduzione massima possibile del rischio di inquinamento (la bonifica di scafi è, a tutt'oggi, operazione complessa e dagli esiti incerti).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CAPARINI e CÈ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la ex strada statale 345 da Bagolino attraverso il passo di Crocedomini a quota 1.900 metri arriva a Breno collegando i versanti della valle Camonica, Val Sabbia e Val Trompia. È uno dei valichi di montagna più amati e frequentati della provincia di Brescia;
nel corso del 2001 i cartelli di divieto di transito sono stati tolti il 18 giugno dopo una varie segnalazioni e proteste da parte degli abitanti del versante camuno, valtrumpino e sabbino. È da segnalare che il tratto che da Breno sale fino a Bazena è aperto al traffico anche nel periodo invernale. Restano impraticabili soltanto i chilometri che vanno da Bazena alla piana del Gaver;


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è abitudine dei turisti, in particolar modo dei centauri tedeschi ed austriaci, percorrere tale passo al primo risveglio primaverile. Un flusso di utenti che riveste importanza anche dal punto di vista turistico in quanto avviene in un periodo (mesi di aprile e di maggio) solitamente scarso di presenze. I ritardi nell'apertura del passo scoraggiano i potenziali frequentatori della Valcamonica e delle valli vicine danneggiando l'immagine e l'economia della zona;
nella primavera del 2002 sono state raccolte 4.588 firme in calce ad una petizione per l'immediata apertura del tratto indirizzata alla provincia di Brescia, alla regione Lombardia, alla Comunità montana e al Bim di Valcamonica, ai parlamentari comuni, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
se non si intenda attivarsi per consentire l'apertura del tratto in questione.
(4-03375)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, ha comunicato che la strada n. 345 «delle Tre Valli» (intero percorso) è stata trasferita, ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 febbraio 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, al demanio della regione Lombardia con decorrenza 1o ottobre 2001.
Gli eventuali interventi su detta arteria esulano, pertanto, dalle competenze statali in materia di viabilità.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

CARBONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Nuova Sardegna del 10 maggio ha dato notizia in cronaca di Sassari delle minacce rivolte all'indirizzo di uno studente della università di Sassari e militante del gruppo studentesco denominato Collettivo Giorgiana Masi che ha presentato propri candidati alle elezioni studentesche del 21 maggio;
le minacce sono state rivolte al Satta dal gruppo neofascista Forza nuova, da e.mail «franco uda-uda 102\/\@hotmail.com» in data 3 maggio alle ore 19.46 a e.mail «Cristina-SANNA \/ \@hotmail.com»;
il fatto in sé gravissimo poiché contiene esplicite minacce di morte all'indirizzo del Satta, cade in un particolare momento di tensione e di difficoltà del sistema sicurezza in Sardegna testimoniato dagli attentati contro le sedi municipali e contro i beni privati di amministratori comunali, non compiutamente valutato nel corso della recente visita dell'onorevole Ministro dell'interno;
inoltre reca profonda turbativa al regolare svolgimento della competizione elettorale all'interno dell'ateneo sassarese, alterandola irrimediabilmente, poiché le organizzazioni democratiche paventano che possano essere compiuti altri e più gravi atti intimidatori;
uno dei punti qualificanti nelle linee programmatiche del dicastero esposte dall'onorevole Ministro riguardava appunto la sicurezza e la tutela del diritto al confronto democratico che, invece, in diverse realtà municipali del centro Sardegna ed ora anche in Sassari vengono esposti a gravi rischi -:
quali iniziative l'onorevole Ministro intende adottare con urgenza per assicurare il regolare esercizio del diritto al confronto democratico con particolare riferimento all'episodio innanzi segnalato.
(4-02943)

Risposta. - Si comunica che il 9 maggio 2002 un esponente del locale «Collettivo Studentesco - Sezione Giorgiana Masi», associazione dell'area di sinistra e aderente al partito della Rifondazione Comunista, ha denunciato che nella casella di posta elettronica di altra attivista della predetta organizzazione, era pervenuto un messaggio, inviato in data 3 maggio 2002, contenente minacce di morte rivolte ad una non specificata


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persona «alta, con la Kefiah rossa» solita frequentare i locali del «Palazzo Zirolia», ove ha sede la segreteria di presidenza della facoltà di scienze politiche di Sassari.
Il denunciante soggiungeva che il destinatario di tali minacce presumeva fosse egli stesso, essendo solito indossare quel tipo di copricapo rosso e perché presta servizio sostitutivo civile quale obiettore di coscienza presso la citata segreteria di presidenza.
Gli accertamenti esperiti hanno permesso di accertare che l'autore del messaggio ha utilizzato il nominativo del presidente provinciale ARCI di Sassari.
Quest'ultimo, sentito al riguardo, ha dichiarato la propria estraneità in merito ai fatti denunciati e, nel contempo, ha sporto querela contro ignoti per l'arbitrario utilizzo delle proprie generalità e asserendo di conoscere il denunciante in quanto i rispettivi sodalizi di appartenenza hanno aderito, nel luglio del 2001 al «Comitato regionale contro il G8».
Per quanto attiene al movimento politico «Forza Nuova», firmatario del messaggio intimidatorio, nella provincia di Sassari non è presente con sede e referente ufficiale.
Di tutta l'attività investigativa esperita, è stata informata l'autorità giudiziaria.
Tuttavia, allo stato, non sono emersi elementi obiettivi che consentano di ipotizzare forme di collegamento tra l'episodio di cui trattasi e situazioni con riflessi più generali sull'ordine pubblico.
Si soggiunge, infine, che le elezioni universitarie si sono svolte il 21 maggio 2002 senza alcuna turbativa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
una delegazione di pacifisti italiani il 23 giugno 2002 si era recata in Israele per partecipare ad una missione di pace nell'ambito del programma Time for peace, quale testimonianza concreta per la ricerca di un dialogo in un momento tanto drammatico e difficile per l'area mediorientale;
il programma Time for peace era organizzato da Peace Now organizzazione pacifista israeliana che aveva invitato a sostegno della propria iniziativa movimenti europei e internazionali, per dare maggiore sostegno alle loro azioni per la pace in Medio Oriente;
i pacifisti italiani giunti all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv alle ore 15,15 del 23 giugno 2002 furono immediatamente fermati dalle autorità locali di polizia, privati del passaporto e del biglietto aereo e reclusi all'interno di locali nell'aeroporto per oltre 24 ore, dove furono sottoposti a interrogatori per diverse ore;
il luogo di reclusione secondo le testimonianze dei 16 italiani componenti la delegazione era composto di due camerate, senza finestre, con solo 10 letti e servizi igienici insufficienti, considerato che all'interno vi erano già 8 persone fermate per altri motivi (tra cui una donna in stato di gravidanza e un bambino sofferente di asma);
solamente 24 ore dopo al Vice console italiano in Israele, dottor Andrea Ferrari, fu consentito di far pervenire ai sedici pacifisti bevande e panini;
non sono state rese loro note le motivazioni da parte delle locali autorità di polizia in merito alla detenzione protrattasi per oltre 24 ore -:
quali iniziative diplomatiche il Governo italiano abbia attivato o intenda attivare per conoscere le motivazioni in base alle quali i nostri connazionali sono stati detenuti presso l'aeroporto di Tel Aviv, impedendogli di partecipare alla manifestazione pacifista Time for peace nonostante il permesso concesso dall'ambasciata Israeliana in Italia e se sia pertanto da riscontrare nel comportamento delle autorità locali una violazione delle norme di diritto internazionale ai danni dei 16 cittadini italiani.
(4-03502)


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Risposta. - Come noto l'autorizzazione all'ingresso sul proprio territorio rientra nelle facoltà sovrane di ogni Stato, incluso Israele. Nell'operare i respingimenti, le autorità dello Stato ebraico hanno quindi agito nella legalità, nonché nel rispetto dei diritti e nell'ambito delle proprie facoltà sovrane, tra l'altro previamente fatte conoscere alle autorità italiane. Vale altresì la pena notare che il Governo israeliano ha generalmente accolto missioni umanitarie e delegazioni parlamentari italiane ed europee, incluse quelle che intendevano recarsi nei territori occupati. Al tempo stesso, è opportuno rammentare che Israele è estremamente sensibile nei confronti di manifestazioni ed iniziative che vengono percepite come rischi per l'ordine pubblico, come è stato per la manifestazione del 29 giugno 2002 a Gerusalemme.
Per ciò che riguarda, nello specifico, i partecipanti italiani alla manifestazione
Time for Peace, nella percezione israeliana non è stata considerata sufficiente a dissipare tali rischi la dichiarazione degli interessati di essere stati invitati dal movimento Peace Now (il movimento israeliano fra l'altro non ha inviato alcun proprio rappresentante in aeroporto). In seguito si è appreso che, in realtà, l'iniziativa di mobilitare gli ambienti del pacifismo italiano sarebbe stata presa unilateralmente da parte palestinese. Peace Now, preoccupato che forme di pacifismo non simmetrico tra le parti potessero portare a ricadute negative d'immagine presso l'opinione pubblica israeliana, avrebbe quindi adottato una linea improntata a cautela rispetto al problema delle espulsioni in aeroporto.
Le autorità di frontiera hanno quindi ritenuto di procedere, dopo gli interrogatori ed i controlli di rito, ai respingimenti. La decisione è stata presa anche in considerazione degli effettivi, gravi problemi di sicurezza posti dalla manifestazione, che avrebbe dovuto svolgersi in aree più volte colpite da mortiferi attentati terroristici ed interessate da scontri armati. Vale la pena notare che della concreta possibilità di un respingimento in aeroporto, nonché dei problemi di sicurezza connessi con la manifestazione, il Governo italiano aveva peraltro avvertito, già dal 21 giugno 2002, tanto i responsabili di
Action for Pace quanto quelli del «Coordinamento enti locali per la Pace» che avevano comunicato al ministero degli affari esteri la loro intenzione di partecipare alla manifestazione.
Al fine di garantire assistenza consolare ai connazionali in arrivo, l'ambasciata ha assicurato continui turni in aeroporto, tanto di giorno quanto di notte, con i funzionari diplomatici in servizio, per verificare che le condizioni di fermo alla frontiera fossero accettabili, intervenendo costantemente a favore dei connazionali e fornendo, ove necessario, cibo e generi di prima necessità. I funzionari hanno anche chiesto - e ottenuto - l'assistenza delle compagnie aeree interessate per alleviare le condizioni di fermo e facilitare i rientri.
Alla luce di quanto precede e in considerazione del fatto che è stato ormai chiarito che al respingimento si è dato corso per esigenze di sicurezza e di ordine pubblico, non sembrerebbero opportuni ulteriori interventi nei confronti del Governo di Tel Aviv.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con lettera del 2 agosto 2001 prot. n. 9771, il sindaco del comune di San Pietro in Casale in provincia di Bologna, ha avanzato formale richiesta alla prefettura di Bologna di poter procedere alla progettazione e costruzione di una nuova sede da adibire a caserma stazione carabinieri del comune di San Pietro in Casale;
il sindaco ha avanzato tale richiesta e una formale disdetta della convenzione in atto perché, alla scadenza del contratto di locazione cioè il 29 maggio 2004, ha assoluta necessità di rientrare in possesso dell'immobile di proprietà del comune per adibirlo a suoi uffici;
il comune ha individuato una nuova area di proprietà sempre comunale, ove


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poter collocare il nuovo edificio da destinare a caserma stazione carabinieri, ad un prezzo molto limitato che consenta di contenere i costi di costruzione e, di riflesso, rispondere alle norme contenute nella circolare del 13 aprile 2001 dello stesso ministero dell'interno poiché la diversa sistemazione non comporterebbe un aggravio del canone di locazione in atto corrisposto;
si fa presente che la circolare del 13 aprile 2001 del ministero dell'interno vieta nei due anni successivi alla data della circolare qualsiasi trasferimento di sedi della polizia di Stato e/o dell'Arma dei carabinieri perché comporterebbero aggravi di spesa per il bilancio dello Stato. Riguardo a ciò il sindaco del comune in questione precisa che dal 2004, cioè dalla fine dell'attuale contratto di locazione, i canoni di affitto, ora fermi al valore del 1990, subirebbero un adeguamento molto consistente e di conseguenza avanzando un ipotetico rinnovo del contratto, tale nuova spesa graverebbe sul bilancio dello Stato -:
quali provvedimenti intenda intraprendere affinché vengano valutate e accolte nel migliore dei modi le richieste avanzate dal comune di San Pietro in Casale per quanto riguarda una nuova sede da destinare a caserma stazione carabinieri nel comune stesso poiché esse sembrano non aggravare il bilancio dello Stato, ma anzi, favorirlo.
(4-02562)

Risposta. - Si comunica che nel febbraio 2002 effettivamente il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno non ha accolto la proposta, formulata dal comune di San Pietro in Casale, di realizzare uno stabile, su un'area di proprietà comunale, da adibire a nuova sede del comando carabinieri, in considerazione che, a causa delle scarse disponibilità di bilancio per il pagamento dei canoni di locazione relativi agli immobili in uso alle forze di polizia nel 2001 e per un biennio, sono state sospese tutte le iniziative concernenti trasferimenti di sedi delle caserme della polizia di Stato e dell'arma dei carabinieri che comportino un aggravio di spesa dei relativi capitoli di bilancio.
Tuttavia, a seguito a una successiva lettera del 22 aprile 2002, con la quale il sindaco di San Pietro in Casale ha ribadito la disponibilità dell'amministrazione comunale a favorire la realizzazione di una nuova sede della caserma dei carabinieri nonché, alla scadenza del contratto di locazione in corso, la volontà di disdetta, la competente direzione centrale del dipartimento della pubblica sicurezza, ha espresso la propria disponibilità a riesaminare la citata richiesta, corredata dei necessari pareri degli organi tecnici, in considerazione del fatto che l'impegno di spesa per la locazione del nuovo immobile, ancora da edificare, ricadrà, presumibilmente, sull'esercizio finanziario 2004.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CENTO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da anni il comune di Argelato in provincia di Bologna propone la realizzazione di una stazione carabinieri sul proprio territorio, proposta motivata dal fatto che attualmente ad Argelato non esiste alcun presidio dell'Arma e dall'esigenza di aumentare il livello di sorveglianza sul territorio;
a partire dall'anno 2000 il comune, in accordo con i comandi dell'Arma, aveva individuato edifici ed aree dove ubicare la caserma e predisposto preliminari, comunicando che l'Amministrazione stessa si sarebbe fatta carico dei costi per la realizzazione dell'opera, da cedere in locazione conseguentemente al ministero dell'interno;
da allora niente è cambiato e il comune di Argelato non ha ricevuto notizie su come muoversi per la realizzazione della nuova caserma. La situazione attuale è francamente sconcertante poiché la stessa amministrazione non sa più come fronteggiare e garantire un servizio fondamentale


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ai cittadini cioé quello della sicurezza. Infatti la stazione carabinieri di San Giorgio di Piano, competente territorialmente anche per Argelato, è sempre più sguarnita e un territorio di 15.102 abitanti, con più di 2.000 imprese, 15 banche e attraversato da strade provinciali di grande importanza si ritrova a volte presidiato da soli 7 carabinieri -:
se il ministro competente sia a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
quali provvedimenti intenda intraprendere affinché vengano valutate e accolte nel migliore dei modi le richieste avanzate dal comune di Argelato per quanto concerne la realizzazione di una caserma stazione carabinieri sul territorio affinché venga garantita e tutelata la sicurezza, ormai precaria, dei cittadini del comune in oggetto.
(4-03323)

Risposta. - Si comunica che il comando generale dell'arma dei carabinieri, d'intesa con il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno, sulla base di un esame accurato della dislocazione dei presidi di polizia nel bacino territoriale del comune di Argelato, ha ritenuto preferibile rispondere all'esigenza di maggiore sicurezza nell'area in questione attraverso il potenziamento degli organici della stazione dei carabinieri di San Giorgio di Piano, con l'invio di un ispettore, un sovrintendente e quattro carabinieri, oltre all'assegnazione di una ulteriore autovettura.
L'esame ha evidenziato l'impossibilità di superare in tempi rapidi le difficoltà di ordine infrastrutturale e finanziario che si opponevano alla istituzione di una nuova stazione dei carabinieri nel comune di Argelato.
Tra l'altro, nelle condizioni date, la istituzione di una nuova stazione avrebbe finito per indebolire il dispositivo di controllo del territorio, comportando una divisione delle risorse umane disponibili e la necessità di impegnarne una parte negli incarichi di carattere burocratico ed amministrativo necessari al mero funzionamento del nuovo ufficio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CENTO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
molte famiglie italiane che hanno in affidamento minori stranieri sono nella condizione di non potersi recare all'estero perché non possono portare con sé i figli affidati poiché le questure locali italiane possono rilasciare documenti per l'espatrio o equivalenti solo per i cittadini italiani;
attualmente i giudici dei Tribunali dei minori presenti in tutta Italia possono rilasciare dichiarazioni in base alle quali, con l'affido, i genitori si assumono tutti i ruoli appunto genitoriali compresi quelli di portare con sé il minore all'estero -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e se in caso affermativo non ritengano, ognuno per la propria competenza, di adottare le opportune iniziative per prevedere l'iscrizione di questi minori stranieri (o con nazionalità non identificabile), per tutta la durata dell'affidamento, sul passaporto appunto di quei genitori italiani che si sono assunti questa importante incombenza di modo che possano effettuare tutti insieme, come qualsiasi altra famiglia italiana, anche viaggi all'estero siano essi di piacere o di lavoro.
(4-04211)

Risposta. - Si rileva che nell'ordinamento giuridico italiano l'affidamento familiare è un istituto di tutela dei minori che non costituisce un rapporto di famiglia, né attribuisce la cittadinanza italiana.
Il rilascio di un passaporto individuale o l'iscrizione del minore di anni 16 sul passaporto del genitore o del tutore o di altra persona delegata ad accompagnarlo possono essere effettuati solo se il minore è cittadino italiano (articolo 14 della legge n. 1185/1967). I minori stranieri affidati a cittadini italiani non possono pertanto essere iscritti sui passaporti degli affidatari.


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Nel caso di affidamento familiare preadottivo i minori acquistano la cittadinanza, con effetto
ex tunc al momento dell'emanazione del provvedimento straniero di adozione, con la trascrizione ordinata dal tribunale dei minorenni competente sulla base delle verifiche richieste dalla legge n. 476/1998. Solo a partire da quel momento sarà pertanto possibile considerare concluso l'iter del procedimento di adozione ed acquistata da parte dell'adottato la cittadinanza italiana e quindi il diritto di essere iscritto nel passaporto dei genitori.
Pertanto, nella situazione indicata dall'interrogante, qualora il giudice autorizzi l'espatrio, i minori potranno avvalersi del proprio passaporto, o di un documento equivalente, rilasciato dalle competenti autorità dello Stato di cui sono cittadini.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

CIANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
una recente comunicazione inviata alla scuola media statale «Angelucci» di Subiaco, ha informato che per il prossimo anno scolastico saranno solo cinque le prime classi dell'istituto;
il provvedimento, comporterebbe gravi disagi sia per gli alunni che per le loro famiglie, costretti gli uni ad incrementare il fenomeno del pendolarismo e le altre a sopportare considerevoli spese per il loro trasporto con mezzi pubblici, oltre al fatto che avviene in concomitanza con la chiusura della sezione staccata di Jenne, con la conseguente eliminazione di due classi per il prossimo anno scolastico e la soppressione di altre due classi nella sede centrale dell'istituto;
c'è inoltre da tenere presente che nella legge «Nuove disposizioni per le zone montane» sono previste deroghe anche in materia di diritto allo studio a favore dei comuni montani, quali quelli del territorio della Valle dell'Aniene, così come meritano di essere tenuti nella dovuta considerazione i risultati della recente indagine di Confcommercio e Legambiente, secondo cui ventiquattro comuni del comprensorio di questa comunità montana sono a rischio estinzione, anche per la soppressione di strutture scolastiche;
è il caso, ad esempio, di Anticoli Corrado e di Sambuci, due comuni peraltro gravemente danneggiati dal terremoto che l'11 marzo del 2000 ha colpito la valle dell'Aniene e la confinante Valle del Giovenzano. Per la scuola media di Anticoli Corrado è stato deciso un accorpamento di classi, mentre a Sambuci ci sarà la chiusura della prima classe -:
se non si intenda, alla luce di quanto sopra, revocare il provvedimento di ridimensionamento delle classi dell'Istituto Angelucci, onde evitare i danni che quanto provocherebbe alla cittadinanza di Subiaco e dei comuni limitrofi.
(4-02724)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che in fase di adeguamento dell'organico, per l'anno scolastico 2002-2003, il dirigente scolastico della scuola media Angelucci di Subiaco, con provvedimento motivato, ha disposto, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 333 del 2001, l'attivazione di una ulteriore prima classe rispetto alle cinque classi già autorizzate.
La questione, pertanto ha trovato soluzione nel senso auspicato dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

CICALA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della criminalità sui treni, soprattutto notturni, è notevolmente sottovalutato;
i viaggiatori dei treni notturni (in particolare i treni 286/287-830/833 e 1912/1913), soprattutto nella fascia oraria dalle


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2 alle 5 del mattino, nonché il personale viaggiante sono spesso oggetto di furti, scassi e violenze;
sui medesimi treni la presenza della polizia ferroviaria non è assicurata, in quanto di sovente sacrificata verso servizi di ordine pubblico di diversa natura ritenuti più importanti;
diversi presidi della Polfer sono stati soppressi di notte;
in ogni caso, qualora la Polfer sia presente sui treni, essendo in divisa, è facilmente individuabile ed i criminali riescono agevolmente ad eluderla;
non tutto il personale viaggiante di Trenitalia S.p.A. è dotato di cellulari di servizio ed in particolare non lo sono gli accudenti delle vetture cuccette;
il fenomeno criminale in questione reca danni non solo ai passeggeri e al personale in servizio, ma anche alla credibilità del nostro Paese ed all'immagine della società Trenitalia S.p.A., in quanto è diffuso anche su treni che svolgono tratte internazionali come il Napoli-Monaco e ritorno (286/287) -:
quali provvedimenti il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro dell'interno intendano adottare per contrastare tale fenomeno e garantire l'incolumità fisica dei passeggeri e del personale viaggiante, nonché la salvaguardia dei loro beni.
(4-03913)

Risposta. - Si comunica che gli episodi di criminalità perpetrati sui convogli ferroviari, ed in particolare su quelli notturni, sono alla costante attenzione del dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'interno e delle dipendenti articolazioni periferiche.
L'azione di contrasto dell'illegalità e della criminalità diffusa in ambito ferroviario condotta dalla competente specialità della polizia di Stato si è concretizzata, dal 1o gennaio 2002, in 1.494 arresti e 7.436 denunce in stato di libertà; nello stesso periodo sono state elevate 63.502 contravvenzioni, di cui 27.180 per violazioni al regolamento di polizia ferroviaria.
Sono stati effettuati - nel medesimo periodo - 48.515 servizi di controllo a bordo dei treni, sono stati svolti 249.750 servizi di vigilanza degli scali ferroviari, e sono state controllate 669.521 persone (con un incremento del 13,5 per cento rispetto all'analogo periodo del 2001).
A seguito dell'intensificarsi dei controlli vi è stata una conseguente flessione dei delitti registratisi in ambito ferroviario: nel raffronto fra i richiamati periodi, in particolare, le rapine hanno denotato il calo del 14 per cento mentre le aggressioni in danno di viaggiatori sono diminuite del 24,1 per cento.
Sotto il profilo del potenziamento dei mezzi si evidenzia che, nell'ambito di un apposito programma cofinanziato dall'Unione europea, è prevista la costituzione di tredici sale operative della polizia ferroviaria nelle principali stazioni del Mezzogiorno d'Italia, con sistemi di cartografia digitalizzata del tracciato ferroviario, trentuno posizioni di videoconferenza e cento sistemi telematici mobili di ausilio al personale di controllo ai treni, nonché sette sistemi mobili di identificazione delle persone fermate per la verifica e l'acquisizione delle impronte digitali.
Sono inoltre previsti sei sistemi radioscopici portatili per il controllo dei bagagli sospetti e si sta avviando una sperimentazione di ulteriori tecnologie per la ricerca di persone sospette, attraverso il sistema di videosorveglianza delle sale operative.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CIMA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane, nella frazione Jouvenceaux del comune di Sauze d'Oulx (Torino), sono state effettuate perforazioni e prelievi per saggiare il terreno destinato ad ospitare gli impianti con le piste da bob, slittino e skeleton su cui dovranno svolgersi le gare delle Olimpiadi invernali del 2006;


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da tali prelievi è risultata la presenza di tremolite (amianto) non soltanto nel sottosuolo ma anche in superficie;
tra i residenti del comune di Sauze d'Oulx almeno due persone risultano decedute in un passato recente a causa di mesotelioma, la tipica patologia provocata dall'esposizione all'amianto;
entrambe le persone non risultano essere vissute o aver lavorato al di fuori della zona di Sauze d'Oulx e quindi non possono essere state esposte altrove all'amianto;
la pericolosità dell'amianto è nota al di là di ogni ragionevole dubbio -:
quale sia la reale entità del rischio amianto presente nell'area in questione;
quali provvedimenti intenda adottare, di concerto con le amministrazioni locali interessate, perché la salute pubblica sia tutelata al massimo grado possibile attraverso la bonifica e la messa in sicurezza dell'area a rischio e, nel contempo, si evitino allarmismi ingiustificati che potrebbero danneggiare l'economia a vocazione turistica della zona.
(4-02152)

Risposta. - Sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Torino e dal comune di Sauze d'Oulx (Torino), si conferma la presenza di amianto tipo «tremolite» nel terreno tra i comuni di Oulx e Sauze Oulx (Torino), rilevato nel corso della predisposizione degli studi per la valutazione di impatto ambientale propedeutici alla realizzazione dell'impianto per la pista di bob, slittino e skeleton, in vista degli interventi dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006.
Si tratta di un materiale di origine totalmente naturale che si trova comunemente nelle rocce cosiddette «serpentiniti», vastamente rappresentate in tutto l'arco alpino.
Nel mese di marzo 2001, comunque, il Taroc (comitato organizzatore delle Olimpiadi Invernali del 2006) ha comunicato la propria intenzione di realizzare la pista di bob in un sito diverso da quello di Sauze d'Oulx (Torino) per evitare le interferenze con i filoni di minerali contenenti materiali fibrosi.
Secondo una relazione dell'Università degli studi di Torino-dipartimento di scienze mineralogiche e petrologiche, in merito alla presenza di minerali contenenti asbesto nel territorio comunale, a tutt'oggi non esiste alcuna prova scientifica di malattie correlate all'esposizione della popolazione a rocce contenenti amianto e naturalmente presenti nell'ambiente.
La cancerogenità della tremolite è stata evidenziata solo per esposizione definita «intradomestica», conseguente all'utilizzo del materiale naturale.
A tal proposito viene sottolineato che la legislazione vigente non prevede situazioni di questo genere non esistendo, appunto, prove concrete della nocività del materiale naturalmente presente nell'ambiente.
Gli interventi di scavo e di movimentazione di rocce contenenti amianto, inoltre, non sono vietati dalla legge, ma sono regolamentati da una particolare normativa (decreto-legge n. 277 del 1991; legge n. 257 del 1992; decreto ministeriale 14 maggio 1996).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

CORONELLA e LANDOLFI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
con l'avvicinarsi del periodo estivo tornano in evidenza i problemi relativi agli incendi dei boschi e all'inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
questi eventi sono nella stragrande maggioranza dei casi frutto di scellerate azioni dolose;
l'attività di monitoraggio e la lotta contro le azioni umane, che incidono sul territorio e sull'equilibrio ambientale, sono


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spesso limitate dalla necessità di un'ingente quantità di risorse umane e materiali;
un costante aggiornamento delle tecniche operative e degli strumenti utilizzati per la lotta a questi fenomeni è pertanto necessario per progredire nel campo della tutela dell'ambiente -:
quale sia il livello attuale di efficienza delle azioni di monitoraggio del territorio finalizzate alla prevenzione degli incendi dolosi e all'analisi di quelli naturali;
se non ritengano opportuno avviare iniziative di carattere innovativo, quali ad esempio, i rilievi aerofotogrammetrici, per contrastare con maggiore efficacia il fenomeno degli incendi boschivi.
(4-03250)

Risposta. - Si fa presente che il problema degli incendi è di rilevante importanza per la salvaguardia del patrimonio ecologico-forestale italiano, con implicazioni economiche e sociali sia per la morte di decine di vigili del fuoco, volontari e civili, sia per i danni materiali provocati.
Per quanto concerne la superficie forestale attraversata dal fuoco, nel corso degli ultimi trenta anni il fenomeno si sta avviando verso un andamento lentamente decrescente.
Questa tendenza è stata confermata dal Ministro delle politiche agricole e forestali il quale, nell'Indagine conoscitiva sugli incendi boschivi, redatta dal Corpo Forestale dello Stato (gennaio 2002), ha affermato che «rispetto al 2000 il numero degli incendi è diminuito del 21 per cento e la superficie boscata e quella totale del 38 per cento».
Le tabelle allegate (in visione presso il Servizio Assemblea, Ufficio Sindacato Ispettivo) forniscono un quadro globale dell'andamento del fenomeno dal 1970 al 2000.
Finora la lotta agli incendi è stata condotta con azioni difensive, orientate al contrasto dell'evento in atto, inevitabilmente condannate all'insuccesso, sia per il numero rilevante degli eventi sia per le particolari condizioni ambientali, climatiche e vegetazionali in cui essi avvengono e che determinano una ripartizione disomogenea.
Da non trascurare, infine, le cause che determinano il fenomeno: nel nostro paese, infatti, circa il 98 per cento degli incendi è legata all'azione dell'uomo, di cui il 70 per cento di natura dolosa. In altri termini, una cospicua frazione d'incendi appiccata volontariamente sembra legata ad interessi concreti oppure a vantaggi reali o presunti che l'autore spera di trarre. Pertanto la lotta agli incendi deve necessariamente partire da una attenta analisi delle loro molteplici e articolate cause per approdare successivamente a una adeguata attività di prevenzione ed informazione, basata su una capillare presenza sia degli organi responsabili (Corpo forestale dello Stato, eccetera) che delle associazioni di volontari o dei comuni cittadini, al fine di dissuadere gli autori o di intervenire nelle prime fasi dell'evento.
Infatti, per quanto riguarda le aree protette nazionali e regionali, per le quali si dispongono dati relativi ai soli anni 2000 e 2001, si è registrata una forte diminuzione della superficie percorsa dal fuoco: si passa da 19.049 ha nel 2000 a 5.111 ha nell'anno successivo. Una situazione analoga si evidenzia per le Riserve Naturali, che hanno subito incendi su 3.882 ha nel 2000 mentre, nel 2001, gli incendi hanno danneggiato 3.161 ha. Da un'indagine condotta dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in collaborazione con Legambiente sull'applicazione e sugli effetti della legge n. 353 del 2000 emerge che nei parchi nazionali italiani, nel 2001, la media delle superfici percorse dal fuoco ha un valore pari alla metà rispetto alle altre zone d'Italia e, tra il 2000 ed il 2001, è scesa del 59 per cento.
Le azioni preventive di controllo del territorio e di gestione attiva sono, pertanto, utili al fine di intervenire tempestivamente nella lotta agli incendi.
Risultati migliori si potrebbero ottenere utilizzando tutti gli strumenti di segnalazione, comprese le tecniche di osservazione a distanza (da aerei, da satelliti, eccetera) finora sviluppate. Un contributo in questo


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senso può derivare dalle informazioni di Envisat (ENVlronment SATellite), il satellite dell'Agenzia Spaziale Europea, lanciato alla fine del 2001 e dotato di strumenti che sono in grado di fornire informazioni in questo senso, ricollegandole ad altri strumenti tecnologici ed analitici, e finora purtroppo sottovalutati, quali la modellistica di propagazione degli incendi e i Sistemi Informativi Geografici (GIS).
Attraverso il telerilevamento e la modellizzazione degli incendi è, infatti, possibile produrre una mappatura delle classi di uso reale del suolo, con particolare riferimento alle tipologie vegetazionali, e permettere la stima della biomassa vegetazionale che funge da materiale combustibile per la propagazione degli incendi. Con l'utilizzo dei GIS è poi possibile fondere insieme tutti i
layers tematici che servono a tale modellizzazione, per ricavare mappe del rischio di incendi boschivi, cartografie previsionali delle modalità di propagazione degli stessi, dato un punto di innesco, statistiche sugli ettari bruciati per ogni tipologia boschiva e sui tempi impiegati dall'incendio per raggiungere i centri abitati, eccetera.
In altri termini, attraverso la specifica modellistica è possibile intervenire tempestivamente nel luogo con i mezzi e le strategie adeguate per contenere il danno, fino a ridurlo, potenzialmente, ad entità trascurabili. Occorre, però, per fare questo, sviluppare anche nel nostro Paese un approccio innovativo tecnico-scientifico che permetta di utilizzare al meglio le informazioni già presenti in alcuni database disponibili a livello nazionale, aggiungendo una metodologia di lavoro coordinata in grado di utilizzare al meglio le informazioni già acquisite.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

D'AGRÒ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. - Per sapere - premesso che:
da decenni è attesa con ansia, sia dalla popolazione che dal mondo imprenditoriale locale, la costruzione della variante di Montecchio Maggiore alla strada statale 246;
il bando di gara per l'appalto dei lavori, protocollo VE 80-2000, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2000;
all'apertura delle buste, avvenuta oltre un anno dopo, nel gennaio 2002, si sono registrate dieci offerte anomale, per analizzare le quali sono occorsi altri otto mesi;
il compartimento Anas di Venezia ha già rimosso le interferenze legate ai sottoservizi ed è pronto alla consegna dei lavori alla ditta vincitrice della gara, di cui attende urgentemente l'individuazione -:
quali ostacoli ancora si frappongano all'individuazione della ditta vincitrice e al conseguente inizio dei lavori.
(4-03896)

Risposta. - L'ANAS ha fatto conoscere che i lamentati ritardi della gara di appalto dei lavori di costruzione della variante di Montecchio Maggiore sono conseguenti ai mutamenti normativi e giurisprudenziali in materia di lavori pubblici degli ultimi anni che si sono riflettuti sui procedimenti concorsuali in itinere.
Ciò ha determinato rilevanti problematiche in materia di affidamento dei lavori, di verifica delle offerte anomale e di sicurezza dei cantieri.
Attualmente, fa conoscere l'ANAS, il procedimento Ve/80-2000 relativo alla variante di Montecchio Maggiore è nella fase finale di verifica delle offerte rientranti nell'area di anomalia.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

TITTI DE SIMONE, SASSO e CAPITELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università


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e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel liceo Issel di Finale Ligure, nel savonese, una delibera del consiglio di Istituto avrebbe stabilito l'installazione di telecamere nei corridoi della scuola per tenere sotto controllo gli studenti;
in particolare si prevede la messa in bilancio di 6 milioni di lire da utilizzare per l'acquisto e l'installazione di due telecamere di cui una soltanto all'ingresso esterno della scuola;
la motivazione addotta è che le telecamere dovrebbe garantire una vigilanza che i tre bidelli per 300 ragazzi, nella sede centrale, e uno per 170 studenti nella succursale non possono garantire;
gli studenti protestano contro questa decisione - in particolare contro la telecamera in corridoio - che li fa sentire spiati, controllati e seguiti fino al limite del non rispetto dei diritti della persona -:
se non ritenga di dover intervenire in merito all'utilizzo di strumenti di orwelliana memoria che limitano la libertà dei singoli e rappresentano una assoluta mancanza di rispetto dei diritti della persona ed in particolare del diritto alla privacy;
se non ritenga che sarebbe opportuno risolvere problemi di scarsità di personale assumendo persone per gli incarichi con scarsità di organico, intervenendo in questo modo sia a dare lavoro che a garantire che i diritti degli studenti a esprimere le proprie opinioni in libertà e rispetto siano tutelati.
(4-01910)

Risposta. - Al riguardo il dirigente scolastico dell'istituto ha precisato che, a seguito di numerosi episodi di violazione del codice di comportamento adottato dall'istituto quali: furti a danno di beni della scuola, di studenti e del personale della scuola; danneggiamenti alle attrezzature della scuola ed alle strutture edilizie; lanci di oggetti sui passanti dalle finestre dei corridoi, violazione di legge sul fumo, gli organi di governo dell'istituzione scolastica in parola si sono posti il problema di prevenire episodi e comportamenti che, anche se addebitabili a pochi, potrebbero indurre i docenti a rivedere la strategia del confronto che è alla base del Piano dell'offerta formativa del liceo in parola.
Pertanto, al fine di moltiplicare l'efficacia della sorveglianza già esistente in relazione alla complessità edilizia ed agli spazi a disposizione, garantendo comunque a tutti l'esercizio dei propri diritti e dei propri doveri, il consiglio d'istituto ha deliberato, in data 15 gennaio 2002, all'interno del programma Finanziario 2002 «Spese per la vigilanza e sicurezza», l'installazione di un sistema di telecamere e monitor da collocare nella succursale, attuali classi I, per prevenire l'intrusione di estranei, in assenza di porte di accesso al piano, e nella sede centrale per prevenire comportamenti devianti degli allievi favoriti dal dipanarsi dei corridoi.
In merito a tale punto del programma finanziario in giunta esecutiva hanno tutti votato a favore tranne il rappresentante dei genitori; in consiglio d'istituto hanno votato a favore il presidente (rappresentante dei genitori), i rappresentanti dei docenti, il rappresentante del personale ATA, il dirigente scolastico e contro gli altri rappresentanti dei genitori ed i rappresentanti degli studenti i quali hanno precisato che il loro voto contrario non era motivato da personale rifiuto al sistema di controllo, ma dal mandato ricevuto dal comitato studentesco.
Tale delibera ha provocato polemiche che hanno trovato eco anche nella stampa locale.
Il dirigente scolastico ha ripetutamente richiesto all'amministrazione comunale l'installazione di una porta che impedisca l'accesso incontrollato al piano terra della succursale che al momento non ha avuto esito; ha chiesto alla polizia municipale una vigilanza sull'accesso alla succursale, al momento, senza alcun esito, ha promosso incontri con i rappresentanti di classe e la componente genitori del consiglio d'istituto sulle problematiche della vigilanza, le medesime problematiche sono state oggetto degli incontri periodici con i rappresentanti degli studenti.


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Il medesimo dirigente ha anche invitato le varie componenti a formulare proposte alternative alla installazione delle telecamere, che siano praticabili e che conseguano gli scopi di prevenzione stabiliti dal consiglio d'istituto nella sua delibera del 15 gennaio 2002.
In data 12 aprile 2002 il consiglio d'istituto, convocato per decidere l'installazione delle telecamere, al quale sono stati invitati, senza diritto di voto, i rappresentanti di classe dei genitori e degli studenti, con l'intento di realizzare la più ampia partecipazione possibile, tenuto conto del dibattito nel contempo svoltosi sulla questione nel liceo ed al fine di valutare più attentamente le proposte alternative avanzate nel contempo dal comitato dei genitori e dal presidente del consiglio d'istituto e le risultanze dell'assemblea sindacale tenutasi al riguardo alla quale hanno partecipato personale ATA e rappresentanti RSU, ha deliberato la sospensione della delibera sulla installazione delle telecamere in attesa dell'approfondimento della questione sotto tutti gli aspetti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a distanza di nove anni dal decreto legislativo che ne imponeva la costituzione, non è mai stato attivato il servizio di controllo interno, senza il quale non è tecnicamente possibile il monitoraggio e soprattutto la valutazione a consuntivo della spesa per il settore giustizia;
dalla mancata costituzione del servizio di controllo interno discende altresì l'impossibilità di conoscere con certezza le cause che originano la sottostima delle risorse a disposizione e gli errori di programmazione e gestione, nonché l'aumento dei residui;
le inadempienze inescusabili dei governi che si sono succeduti a far data dal decreto legislativo che prevedeva l'istituzione del servizio di controllo interno, non possono indurre il Governo ed il Ministro della giustizia a perpetuare l'inadempienza-:
se non ritenga di dovere senza indugio istituire il servizio di controllo interno non soltanto per adempienze ad un obbligo normativo, ma per poter controllare quantitativamente e qualitativamente la spesa della giustizia.
(4-03546)

Risposta. - Si comunica che il servizio di controllo interno è operante nel ministero della giustizia dal 9 maggio 2002, in attuazione del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 286.
È composto attualmente da undici unità di personale coordinate dal dottor Franco Maria Piantelli.
I settori di intervento nei quali il SECIN sta attualmente operando, articolati e tra loro funzionali, si possono così sintetizzare:
a) gestione per obiettivi e controllo di congruità strategica fra questi, le direttive del Governo e del Ministro e le risorse da utilizzarsi (mezzi, capitali, know how, personale, tempi, missione, eccetera);
b) rilevazione dell'assetto organizzativo con l'individuazione delle funzioni, dei compiti e delle responsabilità di ciascuna unità che compone la complessità ministeriale;
c) budgeting, cioè quantificazione, sulla base dei costi storici degli ultimi tre anni e conferimento alle competenti unità organizzative, delle risorse finanziarie necessarie alla copertura dei costi da sostenersi sia per la gestione ordinaria delle attività sia per il conseguimento degli obiettivi di innovazione;
d) promozione e consolidamento di metodologie operative necessarie ad assicurare un corretto sviluppo organizzativo del «Sistema Ministero», orientandolo verso logiche di servizio sia interno che esterno;


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e) valutazione delle prestazioni e dei comportamenti organizzativi del personale dirigenziale di I e II fascia (quest'ultima tramite la commissione valutazione dei dirigenti, istituita con decreto ministeriale del 2 agosto 1999).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in virtù della riforma di cui alla legge 15 marzo 1997 n. 59, il dirigente scolastico può essere citato in ragione degli atti assunti quali espressione delle funzioni dirigenziali;
accade spesso che i dirigenti provvedano alla loro difesa mediante conferimento di mandato ad avvocati scelti nel libero foro, anche nei casi in cui è obbligatoria la difesa dell'Avvocatura dello Stato;
in base al decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2001 n. 352, compete all'Avvocatura dello Stato la difesa di tutte le istituzioni scolastiche, dinnanzi alle autorità giudiziarie, ai collegi arbitrali, alle giurisdizioni amministrative e speciali;
la doppia difesa, fra l'altro, rischia di determinare la nullità di tutti gli atti compiuti in giudizio dal difensore privato e, soprattutto, rischia di generare una responsabilità erariale, laddove la non consentita difesa privata abbia comportato oneri assunti dall'istituzione scolastica;
l'unica ipotesi in cui è consentita la possibilità di scegliere il difensore privato ricorre nelle vertenze in cui possa profilarsi un conflitto di interesse con l'istituzione per cui l'Avvocatura generale dello Stato neghi l'autorizzazione all'Avvocatura distrettuale ed assumere la difesa del dirigente;
la materia è complessa ed è dunque meritevole di attenta considerazione da parte del Ministero della pubblica istruzione al fine di adeguatamente informare gli organi dell'autonomia -:
se, in punto difesa legale dei dirigenti scolastici, ed in ragione dei principi di autonomia che possano indurre a ritenere inapplicabile il decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2001 n. 352, non ritenga di dover predisporre ed inviare a tutti i dirigenti scolastici una circolare illustrativa al fine di prevenire le ipotesi di doppia (ed inutile) difesa e di chiarire le ipotesi in cui è legittimo l'incarico affidato al legale privato.
(4-03613)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che già in data 29 dicembre l999 il ministero ha diramato una lettera della Presidenza del Consiglio dei ministri sull'argomento, richiamando l'attenzione sulla illegittimità degli incarichi di difesa conferiti ad avvocati del libero foro.
Successivamente, con circolare del 19 febbraio 2002 n. 35, il ministero medesimo ha fatto proprio l'avviso dell'Avvocatura dello Stato circa l'obbligatorietà del Patrocinio della stessa Avvocatura per le istituzioni scolastiche, cui è attribuita la personalità giuridica ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 59 del 1997.
In data 9 novembre 2002 con nota indirizzata a tutti gli uffici scolastici regionali e pubblicata per INTERNET è stato ribadito che ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 2001 recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, «Avvocatura dello Stato continua.., ad assumere la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti alle autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche».
Da ultimo, in data 9 ottobre 2002, con circolare n. 109, il ministero ha inviato ai direttori regionali la circolare dell'Avvocatura dello Stato n. 46 del 2002 con la quale l'Avvocatura medesima conferma l'organicità e l'esclusività del proprio patrocinio e ne precisa le limitate eccezioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'audizione del Ministro delle comunicazioni presso la IX Commissione della Camera dei deputati in ordine alle linee programmatiche del dicastero è stata depositata ed acquisita agli atti una relazione del Ministro stesso che, con riferimento ai problemi connessi alla nuova politica di ristrutturazione degli uffici postali promossa da Poste italiane, alla pagina 14, dopo aver ricordato che l'azienda ha «l'intenzione di non voler seguire la strada della chiusura degli uffici come metodo per risanare il conto economico», ha proseguito formulando una serie di «ipotesi progressive» indicate dall'azienda che prevedono, per i cosiddetti «uffici marginali», dopo la figura dell'operatore unico, le «forme di riduzione del servizio (apertura per un numero di giorni inferiore ai sei giorni lavorativi settimanali» (cfr. pag. 14, lettera b);
la nuova strutturazione, secondo le dichiarazioni del Ministro, «è volta a mantenere il presidio caratterizzato da prestazioni minime, in comuni serviti da più uffici e si concretizza nell'apertura per un numero di giorni, fissato caso per caso, inferiore alle sei giornate lavorative settimanali»;
pur comprendendo la logica aziendale che costituisce la «filosofia» della politica di Poste italiane spa, appare francamente difficile coniugare tale esigenza con i servizi di natura bancaria offerti dall'azienda, che non possono espletarsi con la dovuta efficienza se non mantenendo l'apertura degli uffici, magari con orario ridotto, per l'intera settimana;
Poste italiane, fra l'altro, è convenzionata con comuni per il pagamento dell'Ici o di altri tributi che hanno precise scadenze e che non possono comportare il pagamento anticipato da parte dell'utenza sol per venire incontro alle esigenze dell'azienda -:
se ritenga che Poste italiane spa, nel prevedere come «ipotesi progressiva» la forma di apertura degli uffici postali per un numero di giorni inferiore alle sei giornate lavorative settimanali, abbia tenuto nel debito conto il servizio di natura bancaria svolto dall'azienda medesima, nonché le convenzioni dell'azienda con enti pubblici per il pagamento di imposte e tributi che hanno precise scadenze temporali.
(4-03627)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato relativamente alla gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - infatti, ha, tra i propri compiti, quello di verificare la qualità del servizio universale erogato da Poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare, nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati, idonei strumenti sanzionatori.
Ciò premesso si fa presente che la società Poste - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha precisato che, nell'ambito del processo di riorganizzazione previsto dal piano di impresa 1998-2002, e degli impegni assunti con il contratto di programma, è stato già attuato o è in corso di realizzazione un radicale cambiamento nelle strutture aziendali, finalizzato a realizzare il risanamento ed il rilancio della società.
Nel contesto delle iniziative adottate a tali fini, la società ha proceduto all'analisi e alla valutazione delle proprie realtà operative per individuare quelle più rispondenti agli obiettivi fissati.
È stato, pertanto, adottato un nuovo modello di organizzazione della rete, nonché la revisione e la semplificazione delle attività


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svolte attuando alcuni progetti che hanno determinato positivi risultati nelle modalità di lavorazione a livello nazionale.
In tale ottica va inquadrata la soluzione adottata di ridurre l'orario e/o le giornate di apertura al pubblico di alcuni uffici per i quali, in caso contrario, si sarebbe dovuto procedere alla loro definitiva chiusura.
Ed invero, ha proseguito la società poste, dei circa 4000 uffici postali a livello nazionale che presentano gravi deficit di bilancio, soltanto una minima parte (il 10 per cento circa), è stato oggetto di interventi di chiusura definitiva.
Fermo restando il principio - mai disatteso dalla società - in base al quale in ogni comune almeno un ufficio postale deve garantire l'apertura giornaliera, l'azienda ha individuato alcune sedi la cui chiusura, considerato il contesto territoriale e socio-economico nel quale operavano, non avrebbe comportato particolari disagi per l'utenza, atteso che, pur se costretta a percorrere una distanza superiore, ma sempre ragionevolmente contenuta, la clientela può usufruire dei servizi offerti dalla società stessa in uffici posti in località limitrofe.
Ad avviso di Poste italiane, pertanto, le esigenze aziendali non si dimostrerebbero inconciliabili - come sembra ritenere l'interrogante - con i servizi di natura bancaria espletati dalla medesima società, in quanto la clientela è invitata a coordinare le proprie esigenze con i giorni di apertura al pubblico dell'ufficio nei casi in cui debba usufruire dei servizi erogati dallo specifico ufficio - sottoposto ad intervento di razionalizzazione, mentre negli altri casi (pagamento dell'ICI o altri tributi) il cliente può avvalersi di uffici posti in zone circostanti.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la politica di espropriazione forzata decisa dal Presidente dello Zimbabwe Mugabe per attuare la cosiddetta «riforma agraria» desta serie preoccupazioni in tutto il mondo, atteso che i legittimi proprietari delle aziende agricole che non accettano di consegnare terreni ed immobili ai reduci della «guerra di liberazione» vengono tratti addirittura in arresto;
secondo le informazioni fornite dall'ambasciatore italiano in Zimbabwe dottor Marchini vi sono ben 29 aziende di proprietà di cittadini italiani, ferme ormai da due anni, da quando, cioè, sono state occupate dai «veterans»;
grazie al fruttuoso ed intelligenze lavoro della nostra diplomazia, formalmente non sono contemplate nelle liste dei beni da espropriare le attività dei cittadini italiani presenti ed operanti nello Zimbabwe;
in pratica però, secondo il nostro ambasciatore «il governo centrale decide una cosa, ma poi a livello locale la polizia non interviene con la dovuta fermezza. Di fatto, a causa di questa situazione, per quanto non vengano espropriate, le aziende dei nostri connazionali stanno subendo lo stesso destino delle 2900 che dovevano essere sgombrate entro l'8 agosto scorso» (cfr. Agenzia AGI 20 agosto 2002 alle ore 22,15);
il nostro ambasciatore sta seguendo con prudenza ed oculatezza gli sviluppi della delicata situazione, ma occorre un intervento fermo del governo italiano per tutelare la sicurezza e gli interessi legittimi dei nostri connazionali titolari di aziende agricole e proprietari terrieri -:
quali iniziative abbia assunto il governo italiano, e quali intenda assumere, nei confronti del governo dello Zimbabwe per garantire la sicurezza e gli interessi economici dei cittadini italiani proprietari terrieri e titolari di imprese agricole.
(4-03726)

Risposta. - Il Consiglio Affari Generali del 18 febbraio 2002 ha deciso l'applicazione di una serie di misure sanzionatorie confermate e ampliate dal CAG del 22 luglio 2002.


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Sia sul piano bilaterale che nell'ambito della sua partecipazione all'
iter decisionale dell'unione Europea, l'Italia ha ispirato e continuerà ad ispirare la propria azione alla fermezza sul piano dei principi fondamentali: l'involuzione del regime di Mugabe è un attentato che mina alla base le regole di democrazia, buon governo, rispetto dei diritti umani e legalità, regole che anche per l'Unione Africana e per la NEPAD devono essere il fondamento di ogni comportamento governativo.
Nel formulare tale azione, il Governo italiano ha tenuto conto del dovere di solidarietà verso i partner europei con i quali tale azione politica è stata elaborata, senza omettere di tenere nella dovuta considerazione la presenza nello Zimbabwe di nostri connazionali proprietari di aziende agricole.
Il nostro ambasciatore in loco, Ministro Marchini Camia, si è adoperato in questo quadro per attuare localmente gli indirizzi stabiliti a livello centrale, tanto a Roma che a Bruxelles. Tutti i passi e gli interventi, che hanno portato alla derubricazione delle aziende agricole italiane dalla lista delle proprietà sottoposte ad esproprio, sono stati concordati con il ministero degli affari esteri italiano, il quale, dal canto suo, ha in parallelo esercitato opportune pressioni presso l'ambasciatore dello Zimbabwe a Roma, convocandolo in più occasioni.
Nello Zimbabwe le aziende agricole italiane sono 26 e sono state a due riprese elencate e successivamente derubricate dalla lista delle aziende designate per l'esproprio, ad eccezione di una, sulla quale sono in corso degli accertamenti. Vi è inoltre una riserva di caccia («Game park»), appartenente a cittadini italiani, che è stata ed è tuttora occupata pur non essendo stata inclusa nella lista delle proprietà sottoposte ad esproprio. Nei riguardi delle aziende italiane è stato fatto valere, attraverso l'azione dell'ambasciata italiana ad Harare, l'Accordo sulla protezione e promozione degli investimenti tra l'Italia e lo Zimbabwe, firmato il 16 aprile 1999, anche se non ancora ratificato da parte zimbabweana.
Tutte le aziende agricole italiane sono occupate e la loro cancellazione dalla lista degli espropri, pubblicata sulla locale
Gazzetta Ufficiale, ha consentito di evitare le ingiunzioni e gli arresti che hanno invece subito i proprietari delle aziende che non hanno rispettato le ingiunzioni. Queste ultime, indirizzate a 2900 proprietari, imponevano di abbandonare entro il termine di novanta giorni dalla notifica le aziende designate per l'esproprio (termine indicato nella sezione 8 del «Land Acquisition Act»).
A più riprese l'ambasciata italiana ad Harare è intervenuta, su indicazione del ministero degli affari esteri italiano, richiedendo alle autorità locali, dopo la derubricazione ed in applicazione delle leggi vigenti, l'evacuazione delle proprietà da parte degli occupanti. Ai passi dell'ambasciata i vari interlocutori hanno risposto sottolineando la difficile situazione del Paese e chiedendo di dare loro il tempo di assegnare agli occupanti altre proprietà, non risultando altrimenti possibile allontanarli dalle terre che al momento occupano. Permane oltretutto nel Paese una situazione di confusione che non consente un efficace raccordo tra le decisioni prese a livello politico, giudiziario e di polizia.
Naturalmente, entro il quadro di fermezza delineato insieme ai
partner europei, il Governo italiano continuerà a proteggere gli interessi dei connazionali favorendo, anche attraverso un dialogo costante e costruttivo con i Paesi della regione, in particolare quelli della SADC, un'evoluzione non traumatica della situazione che possa, a termine, vedere riconosciuti nella loro pienezza i diritti dei connazionali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE, GHIGLIA e MEROI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono note, al ministero degli affari esteri, le condizioni di degrado e di deplorevole abbandono in cui versa il cimitero italiano di Tripoli;


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la questione è ancor più grave se si visita il cimitero inglese di Tripoli, la cui manutenzione viene curata con la massima cura;
appare doveroso un intervento risolutivo attesa la modestia dell'impegno finanziario -:
se non ritenga di dover assumere iniziative atte a garantire un livello manutentivo dignitoso del cimitero italiano di Tripoli, visitato spesso da nostri connazionali che, increduli, provano dispiacere ed avvilimento rendendosi conto del disinteresse delle nostre autorità per il cimitero italiano di Tripoli, che non contribuisce certamente al buon nome dell'Italia in terra di Libia.
(4-03821)

Risposta. - Il cimitero italiano di Tripoli (Hammangi) è stato edificato nel 1934 e si è trasformato nel corso degli anni in cimitero per tutti i cristiani. I resti di 20.000 caduti italiani sono stati trasferiti, all'avvento della Rivoluzione, presso il sacrario d'Oltremare di Bari. Nello stesso periodo le salme di alcuni connazionali sono state traslate in Italia a cura dei familiari. Attualmente si stimano in circa 10.000 gli italiani ancora sepolti nell'area cimiteriale, soggetta effettivamente a condizioni di degrado.
Sono stati recentemente acquisiti gli elenchi dei sepolti, presupposto necessario per avviare la risistemazione dell'area per la quale si intende procedere in stretto coordinamento con l'Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia (A.I.R.L), che ha il merito di aver sollevato il problema delle condizioni attuali del cimitero e collaborato fattivamente alla ricerca di una soluzione di ripristino della dignità della struttura. L'individuazione di una fra le diverse ipotesi di ristrutturazione oggi al vaglio, dipende infatti dal numero di salme effettivamente ancora presenti sul posto. S'intenderebbe comunque procedere a ridurre l'ampiezza dell'area, destinata inizialmente ad ospitare un numero più consistente di defunti, e a destinarla in prevalenza a carattere di ossario-sacrario, ubicato nella parte monumentale.
La successiva ristrutturazione, concordata con le autorità libiche in quanto l'area dei cimitero si trova su territorio comunale, richiederà un più consistente stanziamento
ad hoc. La prima fase, di ricognizione quantificativa del numero dei sepolti e quella successiva, di predisposizione del progetto, potrà essere affrontata con fondi resi disponibili presso l'ambasciata d'Italia in Tripoli.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
la recente approvazione della legge che disciplina il regime di caccia in deroga a specie selvatiche espressamente indicate non ha affrontato lo spinoso problema del colombo di città e sembra non consentire alcun intervento nei confronti delle popolazioni di colombi che infestano molti comuni che non dispongono di validi strumenti per affrontare il grave problema;
da parte della provincia di Asti si è attivato da tempo un progetto finalizzato al riconoscimento dello status di animale selvatico per questa specie, oggi considerata ancora domestica in corso di inselvatichimento;
in effetti l'iniziativa della provincia di Asti sembra non collidere con il tenore dell'articolo 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 che testualmente recita: «fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della presente legge, le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato naturale nel territorio nazionale» -:
se, in applicazione del disposto di cui all'articolo 18, terzo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, non ritenga di avviare il procedimento di variazione dell'elenco delle specie cacciabili valutando la possibilità di inserirvi il colombo di città.
(4-04069)


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Risposta. - Si rappresenta che la direzione per la conservazione della natura del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha richiesto un parere tecnico all'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
A giudizio del predetto Istituto, la posizione sistematica, ecologica e legale del colombo o piccione di città è quella di entità non appartenente alla fauna selvatica. L'origine di tali popolazioni deve infatti essere ricondotta a soggetti appartenenti a forme domestiche di colombo selvatico (Colomba livia), da lungo tempo allevate e sottoposte a selezione artificiale che, in tempi più recenti, sono sfuggite al controllo dell'uomo ed hanno eletto a loro dimora i centri storici di diverse città italiane. Dette popolazioni hanno subito e continuano a subire un continuo flusso genico da parte di piccioni viaggiatori, (soggetti allevati per scopi commerciali, colombi ornamentali), che risulta evidenziato dalla persistente e diffusa presenza di caratteri propri delle forme domestiche.
Le popolazioni selvatiche inurbate (piccioni torraioli), che abitavano un tempo gli edifici più elevati di alcuni centri storici, sono state progressivamente soppiantate da soggetti di ceppo domestico, provenienti da rilasci intenzionali e dalla fuga di individui allevati nelle colombaie o utilizzati nei campi di tiro a volo.
L'ampia variabilità morfologica e comportamentale dei piccioni di città fa ritenere congrua la loro collocazione in una posizione intermedia tra il Piccione domestico, dal quale più recentemente discendono, ed il Piccione selvatico, che rappresenta il loro ancestrale progenitore. Per queste loro caratteristiche i piccioni di città sono da considerarsi come animali domestici inselvatichiti (Columbia livia forma domestica) alla stregua dei cani e dei gatti randagi e, pertanto, non rientrano nel campo di applicazione della legge n. 157/1992, recante «norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per l'esercizio dell'attività venatoria».
Al contrario, il piccione selvatico (Columbia Livia), si caratterizza per specifici ed univoci tratti morfologici e comportamentali. Questa entità faunistica va considerata a tutti gli effetti come una specie selvatica e rientra a pieno titolo nel campo di applicazione della citata legge n. 157/1992.
È noto che il piccione di città stia conoscendo un incremento localmente anche importante delle presenze e dell'areale di distribuzione, con ripercussioni sotto il profilo della creazione di problemi di possibile veicolazione di zoonosi (patologie trasmissibili all'uomo), di insorgenza di problematiche igienico-sanitarie e di alterazione del patrimonio monumentale conseguente all'azione chimica del guano nei centri urbani.
Il quadro legislativo vigente in materia contempla una serie di norme finalizzate alla prevenzione o alla riduzione delle problematiche sopra indicate.
In dettaglio, i riferimenti sono:
a) l'articolo 38 della legge n. 142/1990 in tema di ordinamento delle autonomie locali;
b) l'articolo 32 della legge n. 833/1978 in materia di Servizio sanitario nazionale;
c) il decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954 n. 320 (regolamento di polizia veterinaria) e successive modifiche.

Queste disposizioni sono espressamente finalizzate alla tutela dell'igiene e della sanità pubblica in ambito urbano e demandano al Sindaco il compito di adottare provvedimenti contingenti ed urgenti a fronteggiare queste situazioni.
Vi sono, inoltre, alcune leggi regionali (Lombardia, Puglia, Marche, Campania, Abruzzo, Lazio, Liguria) attuative della legge n. 157/1992, che prevedono la possibilità di esercitare il controllo numerico di «forme domestiche di specie selvatiche o delle forme inselvatichite di specie domestiche».
Le motivazioni che possono giustificare il ricorso ad interventi anche cruenti sono la tutela sanitaria, eventualmente associata alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico, e la protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti. Nel caso di danneggiamenti a produzioni agricole ed allevamenti, le sopra menzionate norme regionali danno mandato operativo agli uffici caccia provinciali.


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Sembra, quindi, di poter riscontrare la presenza di alcuni riferimenti normativi che, sebbene perfettibili sotto diversi punti di vista, offrono la possibilità di condurre azioni tese alla prevenzione e/o alla limitazione dei problemi causati dal piccione di città.
Avendo il piccione di città nel contesto urbano il fulcro del proprio ciclo biologico (la riproduzione, il riposo notturno, e, almeno in parte l'alimentazione), è evidente che un efficace e durevole contenimento numerico andrebbe incentrato nei centri urbani mediante l'attivazione di azioni strutturali, quali la limitazione dell'accesso ai siti riproduttivi e alle risorse trofiche, a cui andrebbero affiancati contenimenti numerici mediante catture selettive. L'abbattimento con arma da fuoco da parte di personale nominalmente autorizzato dalle autorità competenti può contribuire al contenimento dei danni agricoli nei contesti rurali. Azioni di questo genere vengono intraprese in diverse realtà locali attraverso appositi accordi tra i comuni ed i servizi di vigilanza delle amministrazioni provinciali.
Si rappresenta che, pur condividendo il parere INFS, ogni atto diretto all'abbattimento di fauna selvatica esclusa dall'elenco di specie cacciabili, di cui all'articolo 18 della legge n. 157/1992, è perseguito penalmente, come nel caso specifico del colombo terraiolo. Quindi, eventuali azioni di contenimento numerico di questa specie mediante trappole o armi da fuoco, andranno attuati previa autorizzazione delle amministrazioni interessate e sentito 1'INFS.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa hanno diffuso la notizia secondo cui il noto cantante Gianni Morandi percepirebbe per la conduzione dello show del sabato sera su Raiuno «Uno di noi» un compenso di 850 milioni di vecchie lire a puntata (cfr. Adnkronos del 7 ottobre 2002);
Gianni Morandi ha smentito in forma estremamente debole dichiarando: «Riguardo al compenso grosso come una casa: magari!»;
è lecito supporre che il cachet di Gianni Morandi sia comunque decisamente cospicuo;
se non ritenga il Ministro interrogato che, ove dovessero essere confermate le notizie circa gli emolumenti percepiti dal cantante Gianni Morandi per la conduzione del programma «Uno di noi», non risulterebbe rispettato il principio di economicità al quale deve attenersi la RAI.
(4-04145)

Risposta. - Al riguardo, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato nell'interrogazione, si è provveduto ad interessare la concessionaria RAI la quale, in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, nel premettere che i compensi relativi agli artisti si devono considerare informazioni strettamente riservate, ha precisato che il compenso pattuito con Gianni Morandi per la conduzione del programma televisivo «Uno di noi» è sensibilmente inferiore a quello indicato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare.
La medesima concessionaria ha comunicato, inoltre, che i compensi del «cast artistico» e delle figure professionali; esterne alla Rai impegnate nella citata produzione, sono stati definiti, a seguito di una lunga e laboriosa trattativa che ha comportato sensibili riduzioni nelle richieste iniziali ed impegnato, a tale scopo, numerosi organi aziendali insieme ad una società di monitoraggio esterna.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

FASANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la galleria del «Mingardo» sulla strada statale n. 562 nel territorio del


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comune di Camerota in provincia di Salerno, continua a non essere illuminata, benché munita di idoneo impianto di illuminazione;
la mancata illuminazione della galleria, in special modo nelle ore diurne costituisce una situazione di gravissimo pericolo per la circolazione, particolarmente intensa, per il gran numero di turisti presenti soprattutto durante il periodo estivo;
tali condizioni, hanno determinato diversi incidenti, anche mortali -:
quali siano i motivi della mancata attivazione dell'impianto di illuminazione, e quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia superata l'attuale situazione.
(4-03441)

Risposta. - L'ANAS - ente nazionale per le strade - interessato al riguardo, fa presente che la strada statale n. 562 «del Golfo di Policastro» sulla quale ricade la galleria del Mingardo, non rientra più tra la viabilità di competenza statale essendo stata trasferita, in data 17 ottobre 2001, alla regione Campania in esecuzione del decentramento stradale di cui al decreto legislativo n. 112/1998.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

FISTAROL. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel 1993 la procura della Repubblica di Belluno sottopose ad ispezione circa sessanta aziende appartenenti al settore «parrucchieri e acconciatori» ed irrogò altrettante sanzioni per l'accertata mancanza, da parte di tali aziende, della prescritta «autorizzazione allo scarico dei reflui»;
la norma che regolamentava lo scarico dei reflui prevedeva - nella sua stesura originaria - l'esclusione dall'obbligo d'ottenere la predetta autorizzazione per tutte quelle attività riconducibili a prestazioni di servizi legate alla persona, poiché soggetti produttori di scarichi del tutto simili a quelli civili (domestici);
nel gennaio del 1994 una sentenza della suprema Corte di Cassazione affermò che l'assimilabilità degli scarichi non poteva avvenire in base al tipo d'attività esercitata, ma solamente in base alla qualità degli scarichi stessi;
nell'aprile del 1998 un'ulteriore sentenza della Corte di Cassazione ha invece ribaltato la precedente interpretazione del 1994, ed anche in sede locale alcuni parrucchieri, chiamati in giudizio, sono stati assolti dal reato contestato di «mancanza di autorizzazione allo scarico». Va rilevato che la motivazione di tali assoluzioni fu l'assimilabilità degli scarichi a quelli civili;
nonostante quanto appena esposto molti comuni della provincia di Belluno continuano a richiedere «l'autorizzazione allo scarico» a corredo della documentazione necessaria per l'inizio dell'attività di parrucchiere;
teoricamente per ottenere la predetta autorizzazione e quindi rientrare nei limiti previsti dalla legge l'unica soluzione è la totale depurazione dei reflui (poiché i limiti di accettabilità degli scarichi sono così restrittivi da non permettere l'immissione anche nelle pubbliche fognature se non previa depurazione), ma tale soluzione appare di difficilissima realizzazione sia sotto il profilo tecnico sia sotto il profilo igienico poiché:
a) tecnicamente comporta elevatissimi costi di gestione in quanto l'abbattimento degli inquinanti può avvenire soltanto con particolari processi individuabili in un sistema a carboni attivi con pre-trattamento chimico-fisico e le attività in questione vengono esercitate in locali di superficie limitata, spesso siti in centri storici o in strutture condominiali che non permettono la costruzione d'impianti di depurazione, la cui volumetria occuperebbe


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spazi rilevanti se confrontata con quella necessaria per lo svolgimento delle attività stesse;
b) igienicamente tali impianti sono portatori di microrganismi potenzialmente dannosi per la salute;
in merito a tale questione l'ufficio ambiente dell'Unione Artigiani di Belluno ha chiesto ed ottenuto un intervento della Confartigianato regionale: l'ente bilaterale artigiano Veneto ha realizzato e pubblicato uno «Studio di impatto ambientale», specificamente relativo ai citati scarichi dei parrucchieri e acconciatori, da cui si evince chiaramente come l'impatto degli scarichi prodotti da queste attività è sine dubio riconducibile a quello prodotto da civili abitazioni;
il decreto legislativo n. 152 del 1999 e successive modificazioni ed integrazioni definisce [articolo 2, comma 1, lettera g)] come acque domestiche - per le quali non è prevista autorizzazione allo scarico in fognatura - anche quelle provenienti da «servizi». Tuttavia all'articolo 20, settimo comma, lo stesso decreto elenca le acque reflue assimilabili a quelle reflue domestiche e quelle da «servizi» vengono «dimenticate» e, probabilmente, sostituite con quanto indicato alla lettera e): «aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate alla norma regionale»;
alla luce di quanto sinora esposto va rilevato che la regione Veneto non si è ancora pronunciata al riguardo ma si teme che, in mancanza di atti d'indirizzo generale emanati dal Governo nazionale, le regioni possano assumere orientamenti contrastanti nella classificazione degli scarichi;
tale problema risulta d'estrema attualità e in tutta la sua gravità considerando che alcuni comuni in questi mesi si stanno attivando per il rilascio delle nuove autorizzazioni allo scarico e per i rinnovi delle stesse, viste le scadenze indicate nel citato decreto legislativo n. 152 del 1999 -:
quale sia l'interpretazione di codesto Ministero sul punto citato del decreto legislativo n. 152 del 1999;
con quale strumento legislativo, e in che tempi, il Governo intenda emanare un provvedimento d'indirizzo atto a chiarificare ogni dubbio in sede regionale al fine di non avere in futuro discrepanze tra la norma ed eventuali provvedimenti regionali e locali;
se non si ritenga utile - alla luce della descritta situazione - emanare un univoco atto di indirizzo, da cui si evinca chiaramente l'assimilabilità degli scarichi derivanti da attività di parrucchiere e acconciatore a quelli domestici, facendone conseguentemente discendere l'esenzione dal dotarsi di autorizzazione per gli scarichi in fognatura.
(4-02799)

Risposta. - Facendo presente che, secondo il decreto legislativo n. 152/1999, risultano sottoposti alla rigorosa disciplina prevista per le «acque reflue industriali» fino al momento in cui le leggi regionali non provvedano ad assimilarle alle «acque reflue domestiche», caratterizzate da un regime meno gravoso sotto il profilo autorizzativi, si rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che le acque reflue domestiche sono definite all'articolo 2 lettera
g) del citato decreto quali «acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche». Trattasi pertanto di acque che devono presentare nel contempo le seguenti componenti:
a) la provenienza: insediamenti residenziali e servizi;
b) le caratteristiche qualitative: metabolismo umano e attività domestica.

Ciò significa che tale scarico dovrà derivare prevalentemente da un metabolismo umano ossia da attività domestiche strutturalmente inserite in una realtà socialmente classificabile come residenziale o al massimo di servizi.


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Tra le due tipologie di «acque reflue domestiche» e «acque reflue industriali» previste dal decreto legislativo sussiste una tipologia intermedia per così dire «residuale» definita dall'articolo 28, comma 7, che provvede ad assimilare per legge le acque reflue.
Il criterio di assimilazione seguito dalla norma è duplice:
a) individuazione puntuale delle tipologie delle attività da cui si origina lo scarico di acque reflue, così come elencate alle lettere a), b), c) e d);
b) individuazione delle caratteristiche qualitative dello scarico di acque reflue, così come dettato dalla lettera e).

Con riferimento a quest'ultima fattispecie, il legislatore ha stabilito che ai fini dell'assimilazione non è rilevante la provenienza bensì la qualità degli scarichi. In altre parole le acque che per definizione non sono riconducibili alle acque reflue domestiche ai sensi della citata lettera g) dell'articolo 2 sono ad esse equivalenti in quanto presentano qualitativamente le stesse caratteristiche di quelle derivanti dal metabolismo umano e alle attività domestiche.
Un ulteriore necessario requisito ai fini dell'assimilazione è rappresentato dalla normativa regionale alla quale è attribuito un potere discrezionale di esplicitare gli scarichi che abbiano le caratteristiche qualitativamente equivalenti a quelle domestiche, con il limite imposto dalla norma al citato articolo 2, lettera
g).
L'attuale normativa, pertanto, risolve i dubbi che avevano portato la magistratura a diverse interpretazioni in materia.
Per quanto attiene poi il rilievo sull'opportunità di un provvedimento di indirizzo in materia, si fa presente che il disegno di legge delega per il riordino della legislazione in materia ambientale consentirà una rivisitazione della normativa sulle acque alla luce delle disposizioni della direttiva 2000/60/CE che dovrà essere recepita entro il 31 dicembre 2002, con l'introduzioni di tutte quelle modifiche che si renderanno necessarie per adeguare la normativa nazionale alle direttive comunitarie.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

FONTANINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'assessorato regionale all'istruzione e cultura ha dato avvio, d'intesa con l'ufficio scolastico del Friuli-Venezia Giulia, ad un programma di collaborazione comprendente una serie di iniziative che la regione e l'organo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, intendono promuovere e realizzare, nell'arco dei prossimi mesi, a supporto delle istituzioni scolastiche autonome del Friuli-Venezia Giulia;
il programma - che trova origine e motivazione nell'impegno della regione di valorizzare, anche nell'ambito dell'attività didattica ed educativa, le diverse componenti linguistiche e socioculturali che concorrono alla costituzione della comunità regionale e la specifica vocazione del Friuli-Venezia Giulia alla cooperazione con le realtà culturali dei paesi vicini - si prefigge di coordinare e sostenere, con appositi finanziamenti, l'attuazione di concreti progetti proposti dalle «autonomie scolastiche», in tema di sviluppo dell'insegnamento delle lingue, di supporto alla diffusione nella scuola delle nuove tecnologie, di diretta collaborazione tra istituzioni scolastiche e istanze rappresentative delle comunità locali, in particolare nelle zone economicamente svantaggiate del territorio montano e di confine;
il programma in questione - i cui contenuti essenziali sono definiti nel testo di un «protocollo d'intesa» che verrà tra breve sottoscritto dalle autorità responsabili, a quanto risulta all'interrogante, della regione e dell'ufficio scolastico regionale - forma oggetto di una specifica norma della legge finanziaria regionale per l'anno 2002 che autorizza a tale fine lo stanziamento di 650.000 euro, somma destinata a integrare le risorse a disposizione delle singole


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istituzioni scolastiche per la realizzazione dei rispettivi piani di offerta formativa;
nello stesso tempo, l'assessorato all'istruzione sta svolgendo in questa fase, sempre in stretta collaborazione con gli organi periferici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un'azione sistematica di sensibilizzazione e di coordinamento degli enti locali, al fine di assicurare il più ampio supporto all'attuazione dei programmi previsti dalla legge 482 del 1999per l'introduzione nelle scuole dell'insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle minoranze linguistiche storicamente presenti nel Friuli-Venezia Giulia: friulani, sloveni e comunità germanofone;
in sintesi si sottolinea che con questa azione complessiva, la regione intende far sì che, nel Friuli-Venezia Giulia, il previsto processo di riordino delle competenze istituzionali in materia di istruzione, con la corrispondente attribuzione alla regione stessa, mediante apposite norme di attuazione del suo Statuto speciale, di più ampie funzioni nel campo della programmazione dell'offerta formativa, venga attuato con il più ampio e consapevole coinvolgimento dei soggetti locali direttamente interessati e in stretta connessione con l'avvio di efficaci iniziative di concreto rafforzamento dell'azione pubblica a supporto del sistema scolastico;
la regione stessa ha provveduto a tenere direttamente aggiornati gli organi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dell'impostazione e dell'avvio del programma di iniziative sopra indicate :
se il Ministro sia stato messo a conoscenza da parte dei suoi uffici circa lo stato del procedimento per la sottoscrizione del protocollo d'intesa citato in premessa;
se il Ministro interrogato non ritenga che sarebbe un segnale importante, anche nella prospettiva del proficuo sviluppo dei rapporti tra istituzioni centrali dello Stato e regioni nel settore dell'istruzione e della formazione, accogliere l'invito che rivoltole dalle stesse autorità regionali di recarsi nel Friuli-Venezia Giulia, per conoscere più da vicino i connotati originali di un sistema scolastico che è parte di una comunità ove la tutela del plurilinguismo, la cultura delle minoranze e lo sviluppo della cooperazione transfrontaliera tra paesi diversi sono altrettanti aspetti di un patrimonio di esperienze comuni dei cittadini e delle istituzioni.
(4-01987)

Risposta. - Innanzi tutto si ringraziano le autorità regionali per il cortese invito a visitare il Friuli-Venezia Giulia; numerosi ed indifferibili impegni istituzionali non hanno purtroppo consentito sinora tale visita, che si conta di poter effettuare nel corso del prossimo anno.
Quanto al protocollo d'intesa tra la regione Friuli-Venezia Giulia e l'ufficio scolastico regionale, concernente un programma di iniziative comuni a sostegno delle istituzioni scolastiche della regione, sottoscritto il 22 febbraio 2002 al quale fa riferimento l'interrogante, si fa presente che l'ufficio di gabinetto del ministero non è stato informato preventivamente dello stesso.
D'altra parte il suddetto protocollo tratta di materia di competenza dell'ufficio scolastico regionale, come risulta espressamente nella premessa dello stesso ove è riportata la disposizione del comma 8 della legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3, in base alla quale «... l'amministrazione regionale promuove la definizione di intese programmatiche con i competenti organi periferici dello Stato...». Il protocollo in argomento è in linea con gli indirizzi stabiliti dalle leggi 15 dicembre 1999, n. 482 (norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche) e 23 febbraio 2001, n. 38 (norme a tutela della minoranza linguistica slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia) ed è finalizzato al sostegno ed alla qualificazione delle istituzioni scolastiche della medesima regione.
Attualmente, invece, sono in corso contatti con la regione Friuli-Venezia Giulia, che ha proposto all'amministrazione centrale una ipotesi di intesa per la sperimentazione


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di nuovi modelli nel sistema di istruzione e di formazione, al fine di pervenire alla definizione dell'intesa medesima.
Quest'ultima iniziativa si inserisce nel quadro delle iniziative sperimentali in materia di istruzione e formazione professionale da realizzare mediante protocolli d'intesa tra regioni e amministrazione centrale dello Stato, su proposta delle regioni medesime. Come è noto, le iniziative di cui trattasi tendono a fare della formazione uno strumento di integrazione delle politiche nazionali in materia per concorrere tutti insieme, Stato e Regioni, all'attuazione del dettato costituzionale che affida allo Stato il compito di dettare le norme generali sull'istruzione e demanda alle Regioni la programmazione e la gestione della formazione e dell'istruzione professionale nel rispetto delle tradizioni e degli interessi locali.
Sempre con riguardo alla regione Friuli-Venezia Giulia, si fa presente che il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo di attuazione dello statuto speciale della regione in argomento per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione; il decreto legislativo di cui trattasi (12 settembre 2002, n. 223) è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica - serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2002.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è indispensabile rimuovere con urgenza una vergogna che perdura oramai da troppo tempo: l'incapacità dello Stato di proteggere i minori;
secondo dati della Criminalpol sono 1.406 i minori spariti tra il 2000 e il 2001 (il 77 per cento stranieri);
l'arresto dei coniugi albanesi Ratis Petralli, 39 anni, e di sua moglie, Xhulieta (33), accusati di avere fatto entrare in Italia 36 minori dei quali si è persa ogni traccia, ripropone interrogativi e sospetti, anche i più orribili;
detti fatti impongono una decisa risposta da parte degli organi preposti, anche in considerazione del fatto che vi è più di una prova della esistenza di un vero e proprio racket dei bambini avviati all'accattonaggio e alla prostituzione, del loro coinvolgimento nel giro dei films a luci rosse o circuiti da pedofili;
il capo della Criminalpol affermava in un'intervista pubblicata su Panorama del 13 agosto 1998, che qualora il fenomeno fosse cresciuto, era già pronto più di un piano per contrastarlo;
i minori meritano ben altra protezione rispetto a quella loro riservata -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere, in merito alla questione prospettata, il Ministro interrogato.
(4-03784)

Risposta. - Si comunica che le problematiche connesse alla scomparsa di minori sono oggetto di particolare attenzione da parte del ministero dell'interno che, nell'ultimo periodo, ha approfondito il fenomeno sia sotto il profilo statistico, che dal punto di vista sociale e di polizia giudiziaria.
Al riguardo, si ritiene utile precisare, preliminarmente, che a seguito di ogni denuncia di scomparsa, gli uffici delle forze di polizia provvedono all'inserimento del nominativo della persona interessata in un apposito schedario della banca dati interforze, per l'immediata attivazione delle ricerche in Italia ed, eventualmente, anche nei Paesi aderenti all'accordo di Schengen.
Nell'ipotesi in cui vi siano elementi per ritenere che il minore da rintracciare possa trovarsi in Paesi esterni all'area Schengen, sono interessati i servizi di polizia di tali Paesi tramite i canali Interpol.
La procedura è ovviamente integrata dall'attività investigativa, per verificare cause e modalità di ciascun episodio.


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Inoltre, la Polizia di Stato italiana ha aderito al
network dell'International Center for Missing and Exploited Children (ICMEC), di cui fanno parte ad oggi l'Argentina, l'Australia, il Belgio, il Brasile, il Canada, il Cile, l'Olanda, il Sudafrica, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, e ciò le consente di fornire ed acquisire informazioni sui bambini scomparsi dal database di tale Istituzione, nel quale sono inseriti circa 3.000 casi di minori scomparsi (28 i casi italiani ad oggi).
L'ICMEC, infatti, è un'organizzazione internazionale
no-profit fondata nel 1999 sul modello del National Center for Missing and Exploited Children degli Stati Uniti, che si occupa dei minori scomparsi o vittime di abusi, raccogliendo e mettendo a disposizione di enti governativi e/o associazioni di volontariato dei Paesi aderenti all'iniziativa le tecnologie e le infrastrutture per la diffusione su Internet delle notizie utili al rintraccio dei minori scomparsi.
I casi di maggior rilievo vengono perciò inseriti anche in questa banca dati, con la fotografia del bambino scomparso ed ogni notizia utile, e possono essere consultati al sito italiano, che risponde agli indirizzi
web www.bambiniscomparsi.it e www.missingkids.it.
Dai dati statistici rilevati dalla banca dati interforze, alla data del 30 giugno 2002, riferiti agli ultimi cinque anni, si evidenzia che ogni anno vengono mediamente attivate 3.000 ricerche per minori scomparsi. A distanza di un anno, in media, il numero dei bambini ancora oggetto di ricerca si abbatte di oltre l'80 per cento.
Tra questi, poi, vi sono non pochi casi nei quali il minore è rientrato in famiglia, ovvero di lui sono state acquisite comunque notizie tranquillizzanti, ma i familiari non ne informano le Forze di polizia.
Le esperienze maturate nel settore testimoniano che il fenomeno dei «minori scomparsi», generalmente vissuto come «problema di polizia», è invece da considerarsi, in molti casi, di natura «sociale».
Infatti, la fascia più consistente dei minori da rintracciare, con riferimento a quelli segnalati complessivamente negli anni 1997, 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002 è rappresentata da adolescenti di età compresa tra i 15 e i 18 anni che, per lo più, si sono allontanati volontariamente.
Molti di essi sono stranieri (160 nel 1997, 226 nel 1998, 360 nel 1999, 518 nel 2000, 805 nel 2001 e 367 nel 2002), in maggioranza di sesso maschile (133 nel 1997, 179 nel 1998, 299 nel 1999, 434 nel 2000, 618 nel 2001 e 250 nel 2002), giunti sul territorio nazionale a seguito dei flussi migratori clandestini. Questi, spesso affidati dai competenti Tribunali ad istituti di accoglienza o di assistenza, frequentemente si allontanano, rendendosi irreperibili.
Quanto ai minori italiani inseriti nella stessa fascia d'età (8 nel 1997, di cui 6 di sesso femminile, 15 nel 1998, di cui 12 di sesso femminile, 31 nel 1999, di cui 21 di sesso femminile, 105 nel 2000, di cui 66 di sesso femminile, 378 nel 2001, di cui 254 di sesso femminile, 154 nel 2002, di cui 107 di sesso femminile), si tratta essenzialmente di giovanissimi, per lo più di sesso femminile, che si allontanano volontariamente dal proprio domicilio per problemi di disadattamento personale o per gravi dissidi con i genitori e che, per evitare il più possibile contatti con l'ambiente familiare, si adoperano, specie nel primo periodo della lontananza, per sfuggire ai controlli e per evitare il rintraccio da parte delle forze dell'ordine.
Analoghe considerazioni valgono anche per la fascia d'età tra gli 11 e i 14 anni: in essa figurano non pochi italiani fuggiti di casa ed una consistente presenza di stranieri nomadi, allontanatisi dagli istituti cui erano stati affidati per ricongiungersi alla famiglia.
La fascia d'età fino a dieci anni è senza dubbio da considerare quella più «a rischio», trattandosi di bambini per i quali anche l'allontanamento volontario rappresenta evidentemente una forte esposizione al pericolo; tra l'altro la scomparsa di bambini di questa età suscita vivo allarme nella società, anche per le possibili implicazioni di carattere criminale.
Al momento, risultano inseriti negli archivi delle forze di polizia 36 nominativi di bambini ditale fascia di età scomparsi nel 1997, 19 dei quali stranieri e 17 italiani;


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per il 1998 i nominativi ancora inseriti sono 40, 30 dei quali stranieri, per il 1999 i nominativi sono 72, 51 dei quali stranieri, per il 2000 i nominativi sono 132, 73 dei quali stranieri, per il 2001 i nominativi sono 209, 121 dei quali stranieri, e 88 italiani, per il 2002 i nominativi sono 77, 52 dei quali stranieri.
Dall'analisi dei dati relativi a ciascun episodio, risulta che le motivazioni alla base delle scomparse si riferiscono prevalentemente a casi di sottrazione del minore da parte di uno dei coniugi, separato o in via di separazione, in pregiudizio di quello affidatario, ovvero a casi in cui entrambi i genitori si sono allontanati con il minore, che il tribunale per i Minorenni aveva affidato ad appositi istituti o ad altri nuclei familiari.
Si aggiunge poi che dai riscontri operativi attuali non emerge l'esistenza di organizzazioni criminali che si siano rese responsabili di sottrazioni di minori italiani sul territorio nazionale per il successivo sfruttamento nel mondo della pedofilia o della prostituzione minorile.
Si può escludere, inoltre, in base alle acquisizioni investigative, che si siano verificati episodi di minori «scomparsi» rimasti vittime di «espianti di organi», come in talune circostanze paventato da qualche organo di informazione.
Per quanto riguarda il diverso problema dell'introduzione illegale di minori stranieri nel territorio nazionale per scopi illeciti, risulta un traffico di bambini extracomunitari, in prevalenza albanesi, gestito da organizzazioni criminali slave.
Nel corso di quest'anno sono stati intercettati a Brindisi cinque bambini di etnia albanese, che la polizia di frontiera, su disposizione dell'autorità giudiziaria competente, ha provveduto ad affidare ai centri di accoglienza di quella città e di Lecce.
Altri casi analoghi sono stati scoperti, lo scorso mese di agosto, a Pescara.
Sugli episodi sono in corso indagini, ma risulta certo che essi sono frutto di una meticolosa organizzazione criminale.
Sono stati scoperti vari sistemi per l'introduzione dei bambini nel territorio nazionale: talora sono stati utilizzati documenti falsi, perfettamente riproducenti gli originali, forniti ad albanesi muniti di regolare permesso di soggiorno in Italia, che si spacciavano per loro genitori; in altri casi i bambini sono stati nascosti in doppi fondi o, comunque, in spazi di difficile ispezione, ricavati all'interno del mezzo (natante e/o automezzo) utilizzato.
In qualche caso, è risultato che i bambini sono stati introdotti nel nostro Paese per raggiungere propri familiari, spesso irregolari; in più occasioni i bambini sono stati introdotti per scopi illeciti, tra i quali l'accattonaggio.
Le indagini per individuare i responsabili delle organizzazioni criminali albanesi ed accertare la destinazione dei minori «vittime del traffico», sono in svolgimento in stretta collaborazione con la polizia albanese.
Al momento non vi sono documentate responsabilità in ordine a questi traffici delle organizzazioni mafiose italiane.
Tuttavia, sono stati accertati contatti tra personaggi legati alla malavita d'oltre-adriatico ed esponenti del crimine organizzato brindisino.
Più in generale, nel quadro delle iniziative a tutela dei bambini e dei ragazzi, sono stati istituiti da qualche anno presso tutte le questure gli uffici minori, con funzioni di monitoraggio e contrasto delle fenomenologie delittuose inerenti ai minori, nonché di raccordo con gli altri enti ed organismi territoriali che si occupano delle problematiche dell'infanzia, quali gli enti locali e i servizi socio-assistenziali, i tribunali dei minori, i centri per la giustizia minorile, le associazioni di volontariato eccetera.
Si tratta di uffici operanti sul territorio in un'ottica globale, comprensiva sia della delinquenza minorile (anche per interventi di recupero e risocializzazione), sia dei reati commessi in pregiudizio di minori, tra cui rilevano, in particolare, quelli connessi alla pedofilia.
A seguito dell'entrata in vigore della legge 3 agosto 1998, n. 269 (recante disposizioni contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove


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forme di riduzioni in schiavitù), sono state riorganizzate le strutture di polizia preposte al contrasto dello sfruttamento, della violenza e del maltrattamento dei bambini.
In particolare, sono state istituite sezioni specializzate per le indagini sui reati di sfruttamento sessuale minorile presso le squadre mobili delle questure, nonché appositi nuclei di polizia giudiziaria, con funzioni di raccolta ed analisi delle informazioni, in raccordo con le sezioni analoghe esistenti negli altri Paesi europei attraverso il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, l'Unità Nazionale Europol e la divisione S.I.RE.N.E.
Le funzionalità degli uffici minori delle questure sono state, perciò, aggiornate.
Le informazioni acquisite in ogni provincia dai nuclei di polizia giudiziaria vengono trasmesse alla direzione centrale della polizia criminale del ministero dell'interno, che svolge il ruolo di raccordo e di supporto nazionale, provvedendo anche a delineare un quadro evolutivo aggiornato delle fenomenologie criminali attinenti ai reati in questione.
Recentemente, allo scopo di realizzare un unico polo di riferimento per i reati concernenti violenze sessuali nei confronti di donne e minori, alle citate sezioni specializzate è stata attribuita la competenza sui reati concernenti gli abusi sessuali in genere.
Le nuove strategie operative per prevenire e contrastare le fenomenologie delittuose in pregiudizio di minori, nonché le modalità di acquisizione ed analisi dei dati sono state anche oggetto di verifica nel corso di recenti incontri tra i responsabili degli uffici investigativi territoriali.
Si sta prestando una particolare attenzione anche al contrasto degli abusi ai danni dei bambini commessi utilizzando le potenzialità della rete Internet.
Opera, a questo fine, uno specifico settore della polizia di Stato, che si avvale di personale particolarmente formato ed aggiornato.
Sono stati organizzati corsi di specializzazione ed aggiornamento professionale del personale delle sezioni specializzate, anche alla luce delle norme citate sullo sfruttamento sessuale di minori, allo scopo di affinare le capacità di relazionarsi con le vittime.
Vi è, inoltre, una specifica attenzione delle autorità di polizia anche all'attività di contrasto della «dispersione scolastica» e dell'impiego di minori in attività illecite.
A tali scopi, sono state emanate direttive per garantire mirati servizi di prevenzione e contrasto di eventuali reati, in prossimità degli istituti scolastici, con il costante impiego di personale qualificato e in grado di rappresentare un sicuro punto di riferimento per gli studenti, i familiari e gli insegnanti.
Sempre in tale contesto, gli uffici minori hanno sviluppato nuove forme di cooperazione con le istituzioni addette alla tutela dell'infanzia operanti sul territorio.
In particolare, d'intesa con i Provveditorati agli studi, sono stati organizzati incontri tra funzionari degli uffici minori e classi di studenti, sia presso le scuole che presso strutture di polizia; nel corso degli incontri sono state illustrate le possibili situazioni di rischio per i bambini, fornendo appropriati suggerimenti per evitarle.
I responsabili di alcuni uffici minori si sono fatti promotori anche di iniziative che hanno portato alla stipula di protocolli d'intesa tra le questure, le province, i comuni, i tribunali per i minorenni, le prefetture, i centri per la giustizia minorile, i Provveditorati agli studi ed alcune associazioni del «privato sociale» per la realizzazione di interventi integrati contro la violenza e i maltrattamenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

FOTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con nota del 28 giugno 2002, prot. n. 1834, il capo dipartimento per i servizi nel territorio del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, autorizzava, in via del tutto eccezionale, l'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna ad attivare, in sede di adeguamento dell'organico


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alla situazione di fatto, 180 posti d'insegnamento per far fronte alle esigenze sia delle altre scuole di ogni ordine e grado, parzialmente accogliendo la richiesta d'integrazione presentata dal Direttore generale del detto ufficio scolastico regionale;
con decreto del 5 luglio 2002, prot. n. 358, il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna ha ripartito i 180 posti assegnati dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i posti d'insegnamento autorizzati per la provincia di Piacenza sono stati 11, da utilizzarsi su qualsiasi ordine e grado, sì da far fronte alle esigenze rappresentate;
l'assegnazione di una sezione di scuola materna al comune di Castell'Arquato (provincia di Piacenza) sarebbe viziato dall'alterazione dei dati di fatto, posto che la lista di attesa sarebbe stata implementata per effetto di una chiusura fittizia della scuola privata «F. Remondini». Non appena, infatti, il comune di Castell'Arquato ha ottenuto l'assegnazione della sezione di cui sopra, ha attivato la stessa nell'immobile che ospita la predetta scuola privata, i responsabili della quale hanno richiesto, subito dopo, di poter riaprire due delle tre sezioni di scuola materna che, invece e per contro, fino a pochi giorni prima, risultavano soppresse;
le richieste dei comuni di San Giorgio e dell'Istituto comprensivo di Podenzano non sono state invece prese in considerazione, con conseguente esclusione della ripartizione in premessa indicata -:
se i fatti siano noti al Ministero interrogato e quali azioni intenda intraprendere in ragione di quanto sopra affermato.
(4-03794)

Risposta. - Si fa presente che il centro servizi amministrativi di Piacenza, per stabilire i criteri atti a valutare le esigenze ritenute indispensabili ha ritenuto opportuno convocare una conferenza di servizi con i dirigenti scolastici, in data 9 luglio 2002; in quella sede, dopo ampia discussione è stato indicato il criterio legato agli allievi in lista di attesa.
Detto criterio, peraltro, era stato già condiviso dagli enti locali nel corso degli incontri che si erano tenuti tra rappresentanti del C.S.A. e delle amministrazioni locali.
Sulla base di tali indicazioni il centro servizi amministrativi di Piacenza, valutate le proposte, in data 11 luglio 2002, provvedeva all'assegnazione dei posti soddisfacendo le esigenze prioritarie segnalate in ordine al maggior numero di alunni presenti in lista di attesa dopo aver effettuato accertamenti sulle situazioni dichiarate dai dirigenti scolastici e dagli enti locali e sulle strutture a disposizione.
Per quanto riguarda, in particolare, le esigenze dell'istituto comprensivo di Castell'Arquato, si fa presente che su apposita richiesta del CSA di Piacenza, avanzata in data 25 luglio 2002, circa l'effettivo numero di allievi iscritti per l'anno scolastico 2002-2003, a fronte dei due posti già assegnati, il dirigente scolastico, alla stessa data, ha dichiarato che con l'attribuzione di una sola nuova sezione potevano essere soddisfatte le richieste di n. 28 allievi sulle n. 62 richieste segnalate.
Dalla documentazione acquisita agli atti del C.S.A. di Piacenza risultava, inoltre, che la scuola materna gestita dall'ordine delle religiose di Santa Dorotea non assicurava il funzionamento per l'anno scolastico 2002-2003.
Il C.S.A. di Piacenza ha privilegiato quindi le esigenze di detto comune rispetto a quelle manifestate dai comuni di San Giorgio e Podenzano che riguardavano rispettivamente di n. 17 e n. 20 allievi in quanto con l'assegnazione di una sezione di scuola materna potevano essere soddisfatte maggiori richieste (n. 28).
Per quanto concerne le determinazioni assunte dal comune di Castell'Arquato, peraltro legate ad esigenze d'erogazione di servizi di sua competenza, esse sono state prese successivamente all'assegnazione dei posti da parte del C.S.A. di Piacenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.


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GHIGLIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da mesi su alcuni quotidiani nazionali viene pubblicizzata la vendita di uno spray antiaggressione che può essere utilizzato liberamente da tutti i cittadini e distribuito nei supermercati, ipermercati, farmacie e tabaccherie;
alcuni comuni italiani hanno dotato il proprio corpo dei vigili di bombolette spray contenenti una sostanza derivata dal peperoncino che genera fastidio e bruciore tali da immobilizzare l'aggressore;
sul quotidiano La Stampa del 13 aprile 2002 è stata data notizia che alcuni farmacisti sono stati denunciati per aver venduto tale spray, equiparato - secondo un regio decreto del 1931 ed una circolare ministeriale diffusa un paio di anni fa - ad un'arma impropria destinata all'offesa delle persone -:
come si spieghi tale disparità di interpretazione e di intervento in vari comuni della nazione in relazione all'uso delle bombolette;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per evitare arbitrii ed interpretazioni scorrette e diversificate della normativa sul territorio nazionale;
se non intenda emanare una circolare ministeriale tesa a chiarire inequivocabilmente la materia ed eventualmente una proposta di legge finalizzata a legalizzare l'uso della sostanza in oggetto.
(4-02700)

Risposta. - Nel confermare quanto già comunicato in risposta ad altro atto di sindacato ispettivo di contenuto analogo, sempre presentato dall'interrogante, va precisato preliminarmente che la definizione «Spray antiaggressione» necessita di un più puntuale chiarimento rispetto alla varietà di prodotti, riconducibili in tale categoria.
Tra i più conosciuti vi sono le bombolette contenenti sostanze chimiche incapacitanti quali il CS od il CN e quelle che sfruttano le caratteristiche possedute dal Capsicum come principio attivo.
Le bombolette spray caricate con CS o CN contengono sostanze utilizzate per manufatti (esempio lacrimogeni) ricompresi tra i materiali di armamento, di cui al decreto del ministero della difesa del 1o settembre 1995.
In relazione alle bombolette al Capsicum, la commissione consultiva centrale per il controllo delle armi - istituita in base all'articolo 6 della legge 18 aprile 1975, n. 110 - ha esaminato solo due prodotti, quali la penna spray modello «Safeguard S», e il portachiavi spray modello «Key Defender», entrambi di marchio straniero ma fabbricati su licenza da ditte italiane, dichiarandone la «non attitudine a recare offesa alla persona», ed escludendoli, pertanto, dal novero delle armi comuni.
Soltanto questi due strumenti, essendo non classificati come armi, sono sottratti alla normativa sulle armi comuni motivo per cui ne è consentita sia la libera vendita che il porto.
In seguito alla comparsa su alcuni quotidiani a tiratura nazionale, di campagne pubblicitarie di alcuni strumenti - peraltro non ancora esaminati dalla commissione consultiva - dei quali non è certa né la natura, né la corretta definizione giuridica, è emersa la necessità di accertarne, con criteri e parametri appropriati, la capacità lesiva.
La questione è stata, pertanto, posta al vaglio della commissione consultiva centrale, integrata con un rappresentante del ministero della salute esperto in tossicologia, per l'indispensabile avvalimento di un supporto tecnico qualificato. Ad oggi, non sono comunque note le conclusioni della commissione.
Per quanto riguarda, infine, la dotazione agli appartenenti alla polizia municipale di bombolette spray antiaggressione si ritiene opportuno precisare che il decreto ministeriale 4 marzo 1987, n. 145, recante «Norme concernenti l'armamento degli appartenenti alla polizia municipale, ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza», stabilendo in modo tassativo le armi in


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dotazione del suddetto personale, non contempla l'impiego di tali strumenti.
Tuttavia l'eventuale adozione di strumenti classificati «non armi», consente l'intervento della regione sulla base dell'articolo 6 della legge n. 65 del 1986 che riserva a tale ente la possibilità di disciplinare le caratteristiche degli «strumenti operativi in dotazione» ad eccezione delle armi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GHIGLIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i dati rilasciati dal Comitato per l'ordine e la sicurezza a Torino, e pubblicati dal quotidiano La Stampa, evidenziano un considerevole aumento della microdelinquenza (borseggi + 22,06 per cento e scippi + 37,36 per cento) e dei reati legati alla droga ed alla prostituzione;
i reati di cui sopra accrescono sempre più la percezione di insicurezza della popolazione, ormai esasperata da episodi di delinquenza diffusa su tutto il territorio cittadino, compreso il centro, e non solo nelle zone cosiddette «calde» (San Salvario, Murazzi e Porta Palazzo);
una recente classifica apparsa sul settimanale Panorama, collocava Torino tra le città meno sicure in Italia e tra quelle con una peggiore qualità della vita legata all'elevato numero di episodi di microcriminalità -:
se, alla luce di quanto emerso dai dati rilasciati dal Comitato per l'ordine e la sicurezza, non ritenga indispensabile potenziare l'organico delle forze dell'ordine nella città di Torino al fine di migliorare la vivibilità dei quartieri, innalzando in tal modo la qualità della vita dei cittadini.
(4-03538)

Risposta. - Si evidenzia che per contrastare più efficacemente la criminalità diffusa nella città di Torino sono state adottate recentemente alcune importanti misure organizzative.
In primo luogo vi è stata una riorganizzazione degli Uffici di polizia, con la ristrutturazione e la ricollocazione sul territorio dei commissariati nazionali secondo il collaudato modello dei «Poli coordinatori».
In proposito, si è provveduto allo spostamento in piazza Cesare Augusto, adiacente al mercato di Porta Palazzo, della sede del commissariato di zona «Dora Vanchiglia».
Il citato trasferimento è stato disposto proprio per facilitare il controllo di una zona particolarmente critica ed aumentare il senso di sicurezza della popolazione residente, attraverso una presenza più vicina degli uffici della polizia di Stato.
È stato predisposto, inoltre, un servizio di presidi mobili della polizia di Stato e dell'arma dei carabinieri nel centro cittadino, con particolare attenzione a piazza San Carlo, piazza Castello e piazza Carlo Felice, con camper affiancati da pattuglie a piedi.
Sono stati poi potenziati, anche nelle ore notturne, i servizi di controllo del territorio nell'area di Porta Palazzo e San Salvario.
I parchi cittadini vengono vigilati con l'impiego di pattuglie a cavallo; è inoltre prevista la istituzione di un distaccamento del reparto a cavallo della polizia di Stato presso il Parco del Valentino, che probabilmente verrà realizzato nel prossimo anno. Al momento è stata, infatti, individuata la sede in una
ex depositeria comunale e il relativo progetto è già stato finanziato.
Settimanalmente vengono eseguiti, nelle zone più densamente popolate da stranieri immigrati, servizi di controllo anche degli immobili, cui partecipano la polizia municipale nonché rappresentanti dell'ufficio di igiene e dell'ufficio tecnico del comune.
Per contrastare l'immigrazione clandestina vengono organizzati periodicamente ulteriori servizi straordinari di controllo del territorio finalizzati alla individuazione e all'allontanamento degli stranieri irregolari. Nei primi 7 mesi del 2002 sono stati trattenuti presso il centro di permanenza


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temporanea 634 stranieri irregolari e 838 sono stati accompagnati alla frontiera.
In collaborazione con la polizia municipale del capoluogo piemontese, si procede a frequenti verifiche delle licenze degli esercizi pubblici e dei venditori ambulanti.
La sola questura di Torino ha effettuato, dal 1o gennaio al 31 luglio 2002, 109 controlli di esercizi pubblici, a seguito dei quali ha adottato 10 provvedimenti di sospensione della licenza ai sensi dell'articolo 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ed ha rilevato 25 illeciti amministrativi e indagato 53 persone.
Per quanto riguarda gli organici delle forze di polizia, nello scorso mese di febbraio sono state assegnate agli uffici della polizia di Stato operanti nella provincia complessivamente 40 unità di personale, appartenenti al ruolo degli assistenti ed agenti, 16 delle quali sono state assegnate alla questura di Torino. Le disponibilità del momento, tenuto conto delle esigenze di personale dei presidi di altre realtà territoriali, non hanno peraltro, consentito l'invio di maggiori aliquote.
Il ministero dell'interno ha comunque ben presente l'esigenza di un potenziamento degli organici delle forze dell'ordine operanti nel capoluogo e ne terrà conto in occasione delle future immissioni in ruolo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GRILLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha più volte denunciato, anche nella passata legislatura, la grave situazione in Sicilia derivante dalle discariche abusive, il pericolo per la salute pubblica e la grande preoccupazione dell'opinione pubblica, ma è sempre stato confortato con ampie assicurazioni, dal precedente Governo, sulla inesistenza di discariche abusive;
ora però, esplode il caso a seguito delle denunce fatte dai carabinieri della Compagnia di Mazara del Vallo che hanno scoperto e sequestrato diverse cave di tufo, in territorio di Campobello di Mazara, adibite quasi esclusivamente per lo smaltimento illegale di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali;
l'allarme, pertanto, è tornato, e malgrado da un primo esame, escluderebbe la presenza, almeno in superficie, di materiale radioattivo, rimane la denuncia per tutti i predetti rifiuti speciali da sottoporre a specifico esame;
in attesa che i carabinieri, ai quali va l'elogio per il lavoro svolto, e la magistratura, che ne è stata avvertita, facciano maggiore chiarezza, è urgente approfondire il delicato problema e dare più precisa cognizione all'opinione pubblica locale -:
quali notizie siano a conoscenza dei Ministri interrogati su quanto esposto in premessa, affinché sia fatta chiarezza sul delicato problema.
(4-02932)

Risposta. - Sulla scorta delle notizie avute dalla prefettura e dalla provincia di Trapani, dal comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e dal comune di Campobello di Mazara, si riferisce che il problema sull'esistenza di discariche abusive nella provincia di Trapani ha formato oggetto di particolare attenzione da parte degli organi competenti in materia di smaltimento rifiuti, sia sotto l'aspetto della tutela della salute pubblica sia sotto l'aspetto che riguarda le possibili connessioni di tale fenomeno con l'attività di organizzazioni malavitose.
La mancanza di apposite discariche controllate ha dato origine ad una diffusa e cattiva abitudine di abbandono incontrollato nell'ambiente dei rifiuti di natura inerte che, protrattasi per lungo tempo, oltre ad avere provocato un grave effetto impattante per il territorio in generale, può essere stata occasione di smaltimento abusivo di altre tipologie di rifiuti pericolosi per l'ambiente e per la salute dell'uomo.
Rilevata l'insufficienza di discariche per inerti nella provincia in questione, la Prefettura ha più volte invitato le amministrazioni comunali ad accelerare l'
iter istruttorio


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e la trasmissione dei progetti per la realizzazione di nuove discariche.
Per quanto riguarda l'azione di contrasto e repressione del fenomeno delle discariche abusive, il comando provinciale carabinieri di Trapani, di concerto con le procure della Repubblica di Trapani e Marsala, ha avviato da tempo una serie di indagini, utilizzando anche unità del N.A.S. e del N.O.E., che hanno portato al sequestro di diverse aree adibite a discariche abusive di rifiuti speciali, rifiuti speciali pericolosi e solidi urbani ed alla denuncia di 44 persone. Molte tra le aree sequestrate risultano in Campobello di Mazara e trattasi, per la maggior parte, di ex cave di sabbia o ghiaia.
Inoltre, lo stesso comando dei carabinieri, con il supporto di personale specializzato del comando provinciale dei vigili del fuoco, ha svolto accertamenti mirati a verificare l'eventuale esistenza di rifiuti radioattivi nelle aree e cave sequestrate. Gli accertamenti esperiti hanno dato esiti negativi; tuttavia è stata rilevata, in alcune discariche, la presenza di amianto.
Ulteriori indagini sono in corso, volte ad individuare i proprietari di aree sequestrate non ancora identificati, le eventuali responsabilità di amministratori locali e funzionari, altre aree adibite a discariche abusive, l'eventuale presenza di elementi inquinanti nel sottosuolo.
Al fine di prevenire, comunque, ulteriori episodi di inquinamento ambientale legato all'utilizzazione di cave dismesse per il deposito dei rifiuti, il territorio indicato è oggetto di costante monitoraggio sviluppato con il concorso dell'arma territoriale e del Nucleo Elicotteri C.C. di Palermo.
Con la prossima fase di predisposizione dei «piani attuativi di ambito territoriale» previsti dal piano regionale recentemente adottato con ordinanza del commissario delegato per l'emergenza rifiuti del 29 maggio 2002, l'amministrazione provinciale di Trapani avrà cura che tutto il territorio venga opportunamente coperto da impianti di riciclaggio dei materiali inerti e da discariche controllate, dotate anche di un apposito settore destinato alla messa in sicurezza dell'amianto e ciò al fine di favorire la bonifica del territorio.
Il comune di Campobello di Mazara ha manifestato l'intenzione di adottare una serie di iniziative tese a favorire la bonifica dei siti eventualmente contaminati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

LION. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 5 febbraio 2002 la Corte d'appello di Roma ha condannato il signor Ezio Staiti alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione, dichiarandolo colpevole del reato di corruzione;
il signor Ezio Staiti è consigliere regionale presso la regione Abruzzo, dove ricopre la carica di capogruppo di Forza Italia;
la normativa vigente pone una causa assoluta di incompatibilità tra l'aver riportato una condanna penale ed il ricoprire l'incarico di consigliere regionale, prevedendosi in tale ipotesi la immediata sospensione della carica;
il prefetto de L'Aquila, a seguito della pronuncia della sentenza di condanna, ha avviato, a norma dell'articolo 15 della legge 55 del 1990, l'istruttoria per la sospensione dalla carica, ed ha trasmesso gli atti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, competente a formalizzare la sospensione stessa;
la Presidenza del Consiglio ha richiesto, e subito ottenuto, documentazione integrativa, e nel frattempo acquisito il necessario parere da parte del Ministro per gli affari regionali -:
se i soggetti in indirizzo non ritengano di intervenire al fine di evitare il procrastinarsi di una situazione assolutamente insostenibile, sotto il profilo della legalità, anche tenuto conto della delicatezza delle funzioni rivestite dal signor Staiti.
(4-03024)


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Risposta. - Il dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ha avviato l'ordinaria procedura di sospensione dalla carica di consigliere della regione Abruzzo del signor Ezio Stati, che si è conclusa con l'emanazione del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 6 giugno 2002, con decorrenza 5 febbraio 2002.
Pertanto il consigliere Stati è stato sospeso dalla carica elettiva ricoperta a seguito di provvedimento giudiziario a decorrere dal 5 febbraio 2002.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere:
quali iniziative intenda adottare per porre fine alla prostituzione per strada;
se non ritenga opportuno che sia istituita una vigilanza stabile per non permettere che le strade d'Italia si trasformino in «case chiuse all'aperto».
(4-03424)

Risposta. - Si comunica che i dati a livello nazionale relativi alle diverse tipologie delittuose connesse alla prostituzione (reclutamento, induzione, favoreggiamento, sfruttamento) fanno registrare per l'anno 2001, una netta tendenza alla diminuzione del fenomeno, sia per quanto concerne il numero dei reati (3.037 rispetto ai 3.511 delitti registrati nel corso dell'anno 2000), che per quanto concerne il totale delle persone denunciate (4.176 contro le 5.178 rilevate nell'anno 2000).
L'andamento risulta, invece, in aumento nel corso dei primi sette mesi del corrente anno. In tale periodo si registrano, infatti, 2045 delitti e 2970 persone denunciate rispetto ai 1.568 reati (+30,4 per cento) e 2.440 soggetti deferiti nell'analogo periodo del 2001 (+21,7 per cento).
Il Nord Italia si presenta come l'area geografica maggiormente interessata dal fenomeno particolarmente diffuso, nell'ordine, nelle regioni Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana; nel Centro della penisola si evidenza il Lazio ed al Sud e nelle Isole seguono la Campania e la Puglia.
Nel quadro delle attività di contrasto dei reati connessi allo sfruttamento della prostituzione, il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno ha adottato specifiche iniziative finalizzate ad un più incisivo controllo del territorio, anche con il concorso delle polizie municipali di volta in volta interessate.
Al fine di potenziare l'attività investigativa sono stati recentemente costituiti preso le Squadre Mobili appositi nuclei per operare nel settore della lotta alla criminalità extracomunitaria.
Nel contempo, il servizio centrale operativo della polizia di Stato sta sviluppando un'ampia attività di analisi delle informazioni scaturite dalle numerose investigazioni in corso, al fine di raccordare ed indirizzare l'azione degli uffici e dei reparti territoriali verso le organizzazioni criminali di maggiore pericolosità.
Nella stessa prospettiva è stato costituito un apposito «tavolo di incontro» in seno alla conferenza dei servizi centrali di polizia (S.C.O., R.O.S. e S.C.I.C.O.) allo scopo di intensificare ulteriormente lo scambio di informazioni in ambito interforze.
Dalla prima decade dello scorso mese di agosto fino al successivo 25 ottobre, è stata realizzata, in 61 province, l'operazione denominata «Vie libere» al fine del contrasto dei cosiddetti reati di strada, tra i quali sia la prostituzione di matrice extracomunitaria, sia l'abusivismo commerciale.
Tale iniziativa (che segue le due precedenti analoghe operazioni «Ad alto Impatto», svoltesi nei mesi di febbraio e di maggio del corrente anno) ha consentito l'arresto per i reati di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di altre 493 persone, delle quali 433 straniere.
Durante la stessa sono stati espulsi 743 extracomunitari, sono stati notificati 1814 provvedimenti di intimazione a lasciare il territorio dello Stato e, infine, sono stati accompagnati presso i centri di permanenza temporanea 551 extracomunitari.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.


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LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
migliaia di extracomunitari vendono di tutto sulle piazze e sulle strade delle città, senza che alcuno intervenga;
appare particolarmente vistosa l'assenza della guardia di finanza, della polizia e dei vigili urbani, pur causando il fenomeno danni notevoli all'erario;
ad avviso dell'interrogante si è superato ogni ragionevole limite ed è pertanto necessario porre fine al fenomeno del commercio abusivo -:
quali iniziative intendano i Ministri interrogati porre in essere per contrastare efficacemente il commercio abusivo.
(4-03426)

Risposta. - Si comunica che il fenomeno dell'abusivismo nel commercio ambulante e nella vendita al dettaglio di articoli di vario genere interessa l'intero territorio nazionale, con particolari accentuazioni nelle zone di maggior afflusso turistico, specie rivierasche.
Le attività illecite in questione vengono esercitate per lo più da cittadini extracomunitari in posizione irregolare ma non sono infrequenti i casi di operatori che, pur muniti di autorizzazione per il commercio ambulante, di fatto operano in posti fissi.
Il fenomeno investe ormai tutti gli ambiti merceologici che consentono margini di lucro e, oltre a danneggiare l'Erario, è in grado, per dimensioni e volumi di affari raggiunti, di mettere in difficoltà vasti settori produttivi e commerciali, gravati di costi ed oneri ai quali il mercato illegale si sottrae, con danni che si ripercuotono sull'intero sistema economico nazionale.
L'abusivismo commerciale ha particolari riflessi di pubblica sicurezza, poiché spesso si accompagna a diverse attività criminali, quali la ricettazione di merce rubata o rapinata, la contraffazione di marchi industriali, la così detta «pirateria audiovisiva ed informatica», l'illegale riproduzione, commercializzazione ed utilizzazione di opere musicali e cinematografiche, e così via.
In questo contesto assume particolare rilievo il commercio di prodotti contraffatti, che vede attiva la criminalità organizzata, la quale può disporre di ingenti risorse finanziarie per produrre i falsi su scala industriale ed avvalersi, per distribuirli in modo capillare, di manovalanza a basso costo, prevalentemente costituita da extracomunitari in condizione di indigenza e/o clandestini.
Ulteriori aspetti di criticità per l'ordine pubblico derivano dai frequenti contrasti tra gli abusivi, che talora sfociano in risse o altri fatti di sangue per il controllo delle zone più redditizie.
Non può trascurarsi, infine, la circostanza per cui l'attività in questione sia quasi sempre esercitata in piena visibilità su aree pubbliche dei centri urbani, ingenerando nei cittadini l'erronea percezione della sua liceità oppure, al contrario, il convincimento che, pur vietata, sia tollerata dall'autorità.
Perciò, pur tenendo conto che il contrasto dell'abusivismo commerciale compete in via primaria ai corpi di polizia municipale, sono state reiterate nel tempo specifiche direttive alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, che sono state invitate a predisporre specifici piani coordinati di intervento in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, con il coinvolgimento delle autorità comunali interessate, nonché, nelle zone rivierasche, delle Capitanerie di Porto.
Il 18 luglio 2002 è stata diramata una ulteriore circolare ai prefetti, con l'obiettivo di dare nuovo impulso all'azione di contrasto del fenomeno in questione, in presenza di rilevazioni che ne denotavano un incremento in varie realtà territoriali.
La circolare ha ribadito la necessità di pianificare gli interventi anche sotto il profilo della prevenzione, coinvolgendo, nella definizione di una strategia locale, le associazioni di categoria, le camere di commercio ed i servizi ispettivi della SIAE (per lo specifico settore della pirateria audiovisiva ed informatica).


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La direttiva ha, inoltre, segnalato la necessità di mettere a punto, in ciascuna provincia, programmi di controllo ad ampio raggio, che consentano non solo di sanzionare i singoli commercianti abusivi, adottando anche i provvedimenti previsti dalla legge nei confronti degli extracomunitari irregolari, ma altresì di ricostruire il percorso distributivo delle merci, individuandone i centri di produzione, di deposito ed i luoghi di smistamento.
Si è, poi, sottolineata la necessità di fare ricorso a tutti gli strumenti contemplati dalla normativa di settore, con particolare riferimento al sequestro penale ed a quello cautelare delle merci destinate a confisca amministrativa, individuando preventivamente i depositi ove custodire temporaneamente i beni sequestrati.
A questo fine, tra l'altro, è stato suggerito di utilizzare anche il personale inviato di rinforzo per il periodo estivo nella organizzazione di servizi straordinari di controllo del territorio e di costituire squadre miste di intervento, ottimizzando la sinergia tra le diverse professionalità degli operatori della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri, della guardia di finanza e della polizia municipale.
La circolare del 18 luglio 2002, infine, ha affidato al dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno il compito di coordinare le iniziative assunte in ciascuna provincia e di verificarne i risultati, invitando a tal fine i Prefetti a riferire periodicamente, secondo scadenze prestabilite.
Si soggiunge che al fine di colmare una lacuna registrata nell'applicazione della disciplina precedente, l'articolo 21 della recente legge n. 189 del 30 luglio 2002, di riforma della normativa in materia di immigrazione, ha previsto la revoca del permesso di soggiorno e la espulsione dello straniero a seguito di condanna irrevocabile anche per i reati di produzione, smercio o distribuzione di prodotti falsi, contraffatti o in violazione delle norme di tutela del diritto d'autore.
Quanto all'azione di contrasto dell'abusivismo commerciale occorre tenere presente, come cennato, che non sempre i suoi autori sono extracomunitari clandestini: talora tale attività viene svolta da stranieri muniti di permesso di soggiorno per altre attività oppure da stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo e di licenza comunale per il commercio ambulante; la revoca del permesso di soggiorno richiede, per i primi, la reiterazione dell'abuso e, per i secondi, il ritiro della licenza da parte del sindaco.
Vi è da considerare, poi, l'affinamento, da parte degli abusivi, di tecniche per sottrarsi ai controlli di polizia, con elementi che fungono da «palo» e avvisano tempestivamente i colleghi dell'arrivo delle forze dell'ordine, dando loro il tempo di raccogliere le mercanzie e dileguarsi, per riprendere l'attività dopo lo scampato pericolo.
Pertanto, l'iniziativa di contrasto, per essere efficace, non può che svolgersi nell'ambito di operazioni ben preparate e con l'impiego di un numero adeguato di agenti.
D'altra parte, però, è talora avvenuto che operazioni di tal genere abbiano suscitato proteste e rimostranze da parte di cittadini o di turisti, che hanno preso le parti degli ambulanti, specie allorché le forze dell'ordine hanno proceduto al sequestro delle merci e a fermare gli extracomunitari irregolari.
Quanto all'azione di contrasto del commercio ambulante abusivo, i dati statistici testimoniano l'accresciuto impegno delle forze dell'ordine nell'anno in corso ed un incremento ancor più marcato dell'iniziativa nel periodo estivo.
Infatti, nei primi sette mesi del 2002 sono state eseguite complessivamente da tutte le forze di polizia, su base nazionale, 22.797 operazioni, con un incremento del 31,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2001, nel quale erano state 17.277; nello scorso mese di luglio le operazioni eseguite sono State 3.944, pari al 41,3 per cento in più rispetto allo stesso mese del 2001, nel quale erano state 2.790.
Nei primi sette mesi del 2002 sono state inoltre elevate 9.498 sanzioni amministrative, in luogo delle 7.514 dello stesso periodo del 2001 (+26,4 per cento); nello scorso mese di luglio le sanzioni amministrative applicate sono state 1.588, pari al


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67,8 per cento in più rispetto allo stesso mese del 2001, nel quale erano state 946.
È notevolmente aumentato anche il numero dei beni sequestrati: nel raffronto tra i periodi gennaio/luglio il numero di tali provvedimenti è passato da 7.653 nel 2001 a 13.196 dell'anno in corso (+72,4 per cento), mentre gli oggetti sequestrati sono saliti da poco più di 4 milioni nel 2001 ad oltre 17 milioni nel 2002 (oltre il 330 per cento); nello scorso mese di luglio i beni sequestrati sono stati 2.341 (erano stati 1.207), per un totale di circa 580 mila oggetti (erano stati meno della metà nello scorso anno), con un incremento di oltre 93,2 per cento.
Le persone denunciate per reati concernenti il commercio abusivo sono state, da gennaio a luglio 2002, 6.130 (rispetto alle 4.115 dello stesso arco temporale del 2001, con un aumento del 48,96 per cento); le persone denunciate nel solo mese di luglio sono state 1.225, rispetto alle 665 del luglio 2001, con un aumento percentuale dell'84,2 per cento.
Per quanto riguarda i risultati delle operazioni eseguite nel mese di agosto, i dati disponibili, pur provvisori perché relativi ad 89 province, confermano il trend in forte aumento registrato nel mese di luglio; ad esempio, il numero delle persone denunciate è stato di 1.163, mentre era stato di 418 nel mese di agosto dello scorso anno (+178,2 per cento).
Va ricordato, inoltre, che durante i mesi di agosto e settembre sono state eseguite, in tutto il territorio nazionale, tre specifiche operazioni di polizia, denominate «Vie libere», che hanno riguardato anche il fenomeno delle commercio ambulante abusivo e che si sono aggiunte agli interventi «ordinari» definiti localmente dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza.
Tali operazioni hanno permesso di trarre in arresto 35 persone e di denunciarne 287 per reati concernenti il fenomeno in discorso ed inoltre di sequestrare oltre 200 mila oggetti abusivamente in vendita.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MARAN. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella sua recente visita in Friuli-Venezia Giulia, il Ministro per gli affari regionali ha affermato che la riforma che porterà alla scuola regionale può partire dal Friuli-Venezia Giulia con il via libera del Governo nazionale;
secondo il Ministro La Loggia le competenze sull'istruzione saranno infatti trasferite alla regione autonoma che potrà avviare, già a novembre, il laboratorio sperimentale, così come proposto dalla vicepresidente della regione Friuli-Venezia Giulia Alessandra Guerra;
stando alle valutazioni del Ministro La Loggia, la regione Friuli-Venezia Giulia potrà farsi capofila nel processo di devoluzione in materia di istruzione che sta per partire nel Paese, dato che in un disegno di legge a sua firma sulla devolution, in attuazione della riforma del titolo V della Costituzione voluta dall'Ulivo nella scorsa legislatura, è prevista proprio la possibilità di trasferire tutte le competenze in materia di istruzione da Roma a Trieste nel momento in cui l'ente ne facesse richiesta e disponesse delle risorse finanziarie adeguate;
la questione del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali è centrale per il sistema di istruzione e per la sua configurazione;
il rilievo costituzionale ormai attribuito all'autonomia delle istituzioni scolastiche evidenzia la scelta a favore di un sistema di istruzione di tipo orizzontale e il definitivo abbandono di un modello organizzativo burocratico-ministeriale che implica che, nell'elaborazione dell'offerta formativa, in ruolo delle scuole autonome va riaffermato tanto nei confronti della amministrazione statale quanto nei riguardi di quelle regionali e locali -:
in cosa consista questa devoluzione che sembra voler smantellare la presenza di un sistema che assicuri un'offerta formativa


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di una certa qualità su tutto il sistema nazionale, la predisposizione di strumenti di valutazione di tale qualità e dei livelli assicurati, e in ultima analisi, una omogeneità dell'organizzazione (oltre che degli ordinamenti) dello stesso sistema di istruzione, come si evince dalla entusiastica reazione della vicepresidente Guerra che ha dichiarato che in Friuli-Venezia Giulia avrà «la facoltà di superare sia la riforma del titolo V e la Bassanini che la stessa riforma firmata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Letizia Moratti, e di definire le proprie priorità in materia scolastica a partire dal plurilinguismo e dalla presenza del friulano sui banchi già dal prossimo anno» e, quindi, non solo degli aspetti gestionali ma anche del progetto didattico complessivo oltre che dei contenuti dell'insegnamento primario e secondario;
se non ritenga che si tratti di una materia troppo delicata per discuterne in maniera tanto estemporanea, specie se si considera che, anche in un quadro significativamente modificato dall'introduzione del nuovo titolo V della costituzione, l'istruzione costituisce materia di legislazione concorrente e che anche quando «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» fossero attribuite alla regione Friuli-Venezia Giulia la facoltà di configurare l'assetto e l'ordinamento del proprio sistema di istruzione si inserisce in una cornice generale in cui il sistema di istruzione continua ad essere nazionale, tanto che la speciale autonomia delle singole regioni non potrebbe condurre alla realizzazione di un sistema e di un ordinamento regionale fondati su principi e assetti significativamente divergenti da quello generale.
(4-03650)

Risposta. - Si fa presente che non si è a conoscenza delle dichiarazioni del Ministro La Loggia, ne si è a conoscenza delle dichiarazioni dell'Assessore all'Istruzione e vice presidente della regione.
Si è, invece, venuti a conoscenza del protocollo d'intesa tra la regione Friuli-Venezia Giulia e l'ufficio scolastico regionale, concernente un programma di iniziative comuni a sostegno delle istituzioni scolastiche della regione, sottoscritto il 22 febbraio 2002.
Il suddetto protocollo, peraltro, tratta di materia di competenza dell'ufficio scolastico regionale, come risulta espressamente nella premessa dello stesso ove è riportata la disposizione del comma 8 della legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3, in base alla quale «...l'amministrazione regionale promuove la definizione di intese programmatiche con i competenti organi periferici dello Stato...». Il protocollo in argomento è in linea con gli indirizzi stabiliti dalle leggi 15 dicembre 1999, n. 482 (norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche) e 23 febbraio 2001, n. 38 (norme a tutela della minoranza linguistica slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia) ed è finalizzato al sostegno ed alla qualificazione delle istituzioni scolastiche della medesima regione.
Attualmente sono in corso contatti con la regione Friuli-Venezia Giulia, che ha proposto all'Amministrazione centrale una ipotesi di intesa per la sperimentazione di nuovi modelli nel sistema di istruzione e di formazione, al fine di pervenire alla definizione dell'intesa medesima.
Quest'ultima iniziativa si inserisce nel quadro delle iniziative sperimentali in materia di istruzione e formazione professionale da realizzare mediante protocolli d'intesa tra regioni e amministrazione centrale dello Stato, su proposta delle regioni medesime. Come è noto, le iniziative di cui trattasi tendono a fare della formazione uno strumento di integrazione delle politiche nazionali in materia per concorrere tutti insieme, Stato e regioni, all'attuazione del dettato costituzionale che affida allo Stato il compito di dettare le norme generali sull'istruzione e demanda alle regioni la programmazione e la gestione della formazione e dell'istruzione professionale nel rispetto delle tradizioni e degli interessi locali.
Sempre con riguardo alla regione Friuli-Venezia Giulia, si fa presente che il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo di attuazione dello statuto speciale della regione in argomento per il


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trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione; il decreto legislativo di cui trattasi (12 settembre 2002, n. 223) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2002.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MASSIDDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
in data 20 marzo 2002 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (G.U.C.E.) una decisione della Commissione europea che ha giudicato incompatibili con il Trattato Comunitario gli aiuti concessi dalla regione autonoma della Sardegna alla ristrutturazione delle aziende del comparto delle colture protette;
sembrerebbe che i giudizi di incompatibilità possano essere determinati da una non sufficiente conoscenza delle reali condizioni dell'isola che, per le sue peculiarità necessiterebbe di maggiori tutele, e nel contempo dalla stessa complessità delle pratiche da seguire che, a loro volta, richiedono personale altamente specializzato in diritto comunitario;
risulterebbe che la Commissione europea avrebbe emesso numerose decisioni di incompatibilità in merito a leggi della regione Sardegna aventi ad oggetto aiuti a settori dell'economia isolana;
gli operatori del comparto agricolo dell'isola, per la condizione di insularità, le peculiarità climatiche e la particolarità del territorio, si trovano ad operare in netto svantaggio, non solo rispetto agli operatori delle altre regioni dello Stato italiano, ma, soprattutto, alla maggior parte dei concorrenti che operano nelle regioni facenti parte degli altri Stati dell'Unione europea;
sembrerebbe che la maggior parte delle decisioni della Commissione europea in materia di aiuti di Stato, nonostante secondo i tecnici presentassero numerosi profili di illegittimità, non siano state oggetto di impugnazione nel rigoroso termine di due mesi né da parte dello Stato italiano (destinatario diretto di ogni decisioni in materia) né soprattutto da parte delle regioni le quali avevano emanato i provvedimenti relativi; questo verosimilmente per carenza di competenze e per eccesso di burocrazia;
ogni regione italiana ha delle caratteristiche diverse e, dal punto di vista comunitario, per tutelare ogni singola regione è necessario avere una sensibilità particolare risultando insufficiente una tutela generalizzata;
esiste un problema culturale di base ed è quanto mai necessaria una competenza regionale specializzata per districarsi tra le numerose direttive, decisioni e regolamenti aventi spesso differente valenza per ogni settore e per ogni area geografica (statale e regionale);
è previsto, in futuro, l'ingresso dei paesi dell'Est europeo nell'Unione e la modifica delle entità territoriali ricadenti nel cosiddetto Obiettivo 1 -:
quali iniziative intendano adottare per colmare le lacune derivanti da difficoltà di interpretazione delle normative e alla scarsa conoscenza delle caratteristiche delle singole regioni, evitando di penalizzare alcune realtà che necessitano viceversa di maggiori tutele;
se non ritengano opportuno istituire una Task Force di esperti di diritto comunitario al fine di tutelare gli interessi specifici di ogni regione davanti alle istituzioni dell'Unione europea;
se non intendano istituire un tavolo composto da «tecnici» per il coordinamento fra tutte le regioni di tutti gli stati membri rientranti nell'Obiettivo 1.
(4-03071)


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Risposta. - La tematica trattata nell'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto attiene, in premessa, alla decisione negativa emessa dalla Commissione europea nei confronti dell'aiuto rubricato al n.c. 83/988 (aiuti in favore della ristrutturazione di aziende in difficoltà nel comparto delle colture protette) approvato con delibera della giunta regionale sarda n. 48/7 del 2 dicembre 1997.
La questione può essere articolata su una serie di quesiti che vengono di seguito affrontati:
a) se «risulti che la Commissione Europea avrebbe emesso numerose decisioni di incompatibilità in merito a leggi della regione Sardegna aventi ad oggetto aiuti a settori dell'economia isolana».
Dalle ricerche effettuate fra gli atti ufficiali della C.E. (in particolare dallo
State Aid Register pubblicato sul sito internet: http://www.europa.eu.int/comm/competition/ stateaid/register/ risulta che nel periodo 1o gennaio 2000-30 luglio 2002 un solo altro caso di aiuto (fra quelli notificati dopo il 1o gennaio 2000) erogato dalla regione Sardegna sia stato dichiarato incompatibile con il trattato C.E.: si tratta, in particolare dell'aiuto in materia di aiuti rurali ed infrastrutture (rubricato come aiuto C 60/01), deciso negativamente il 7 maggio 2002.
Da ulteriori indagini si è appurato che in data 20 settembre 2000 la Commissione europea ha chiuso negativamente l'esame del dossier riguardante la legge regionale 4 febbraio 1998, articolo 14 (norme per l'accelerazione della spesa delle risorse del FEAOG - Orientamento e interventi urgenti per l'agricoltura) rubricato come aiuto C 24/99.
b) se risulti che la decisione in questione non sia stata «oggetto di impugnazione nel rigoroso termine di due mesi né da parte dello Stato italiano, né soprattutto da parte delle regioni le quali avevano emanato i provvedimenti relativi».
In realtà la giunta regionale della Sardegna con deliberazione in data 30 aprile 2002, per quanto concerne l'aiuto C 83/98, e 7 maggio 2002, per l'aiuto C 60/01, ha deliberato di richiedere al Governo l'impugnativa delle decisioni della commissione e che l'Avvocatura dello Stato ha provveduto ad inoltrare i conseguenti ricorsi.
c) quali iniziative si intendano adottare per colmare le lacune conoscitive del diritto comunitario che rischiano di svantaggiare le regioni più sfavorite, specie nel delicato settore degli aiuti di Stato.

Da questo punto di vista si intendono segnalare due iniziative già in corso da parte del Dipartimento per le politiche comunitarie:
a) per quanto riguarda l'assistenza tecnica alle regioni delle aree svantaggiate del Paese per questioni connesse a difficoltà operative ed interpretative concernenti il diritto comunitario, si segnala il progetto di assistenza tecnica a titolarità del dipartimento, denominato «Piano di assistenza tecnica per l'informazione, l'orientamento ed il supporto alle regioni Obiettivo 1 sulla normativa comunitaria in materia di mercato unico e politiche di accompagnamento»;
b) per quanto riguarda il coordinamento informativo in materia di aiuti di Stato (nazionali e regionali), si richiama la proposta del DPUE di prevedere nella legge comunitaria del 2002 l'istituzione di un «Registro unico per le notifiche in materia di aiuti di Stato», che consentirebbe al DPUE, in collaborazione con le amministrazioni (nazionali e regionali) interessate e nel pieno rispetto delle rispettive competenze istituzionali, di svolgere in modo coordinato ed efficace le varie fasi che vanno dalla notifica dei regimi alla loro approvazione, fornendo tutto il necessario ausilio eventualmente richiesto.
Il Ministro per le politiche comunitarie: Rocco Buttiglione.

MEDURI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Vice Presidente della Bei (Banca Europea per gli Investimenti) Massimo


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Ponzellini ha affermato testualmente in una intervista che «la Banca finanzierà il Ponte sullo Stretto solo quando ci sarà un piano organico di sviluppo infrastrutturale per Calabria e Sicilia; non si possono investire 6 miliardi di euro per realizzare una cattedrale nel deserto in un territorio dove le ferrovie sono ancora ad un binario e l'autostrada lungi da essere tale»;
per il Vice Presidente della Bei il ponte in qualità di grande opera deve essere inserito nell'ambito di un progetto più ampio di dotazione infrastrutturale che consenta al territorio regionale calabrese di uscire dall'isolamento nonché lo sviluppo del tessuto economico imprenditoriale che trova nel gap logistico la prima variabile negativa all'investimento;
la conditio sine qua non per la realizzazione del Ponte è quella di collegare ad esso la realizzazione di una serie di infrastrutture ferroviarie e viarie correlate che evitino lo sperpero di danaro pubblico;
dalle parole del Vice Presidente della Bei si evince che i privati non procederanno ad investire sul Ponte se non ci saranno una serie di garanzie relative al contesto territoriale sul quale l'opera dovrebbe insistere -:
in quali termini il Governo intende procedere perché si realizzino le condizioni richieste dal vice Presidente della Bei che rappresenta uno dei soggetti protagonisti dell'ambizioso progetto di costruzione del Ponte sullo stretto.
(4-03969)

Risposta. - Si deve evidenziare che nelle intenzioni del Governo, il Ponte sullo Stretto di Messina dovrà costituire l'anello di completamento, non solo di una rete nazionale, ma di un sistema regionale che, unendo il Porto di Gioia Tauro al terzo hub aeroportuale italiano, Catania, porterà ad accelerare lo sviluppo di una area che si estende da Reggio Calabria a Messina, Catania e Palermo.
Difatti, con delibera del CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, la programmazione dell'Alta Velocità/Alta Capacità è stata estesa all'itinerario Salerno-Reggio Calabria-Messina-Catania-Palermo.
Tale opera, tra l'altro considerata «strategica di interesse nazionale», è stata inclusa, con la citata delibera, tra le ventuno opere che rappresentano la «griglia di priorità».
Relativamente alla viabilità stradale, si fa presenta che le autostrade Salerno-Reggio Calabria e Messina-Palermo sono state incluse nel medesimo provvedimento mentre le autostrade Messina-Catania e Catania-Palermo sono già esistenti e non necessitano ancora di potenziamenti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere:
se corrisponda al vero (Leggo - 29 gennaio 2002) che gli agenti della polizia stradale saranno costretti, questa estate, ad indossare le uniformi invernali in quanto non ci sono i fondi per comprare quelle «estive»;
in caso di risposta affermativa, quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire la consegna del vestiario agli agenti della polstrada;
quali provvedimenti intenda assumere nei confronti degli eventuali responsabili di questo stato di cose.
(4-02111)

Risposta. - Si comunica, preliminarmente, che il personale della polizia stradale utilizza, salvo specifiche eccezioni, gli stessi tipi di vestiario previsti per la generalità dei dipendenti della polizia di Stato.
La distribuzione di nuovi capi di vestiario viene effettuata periodicamente sulla base delle esigenze rappresentate dai vari uffici e reparti, tenendo conto sia dell'esigenza di vestizione del personale di nuova nomina, sia della necessità di rinnovo, per il personale già in servizio, degli elementi della divisa divenuti inutilizzabili e da sostituire; ovviamente, pertanto, i nuovi equipaggiamenti


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vanno ad aggiungersi alle dotazioni pregresse ancora in buono stato.
In occasione dell'ultima stagione estiva, ai vari uffici della polizia stradale sono stati assegnati una quota delle 100 mila camice blu a mezze maniche acquistate per il personale della polizia di Stato, nonché 6000 pantaloni da uomo, 2000 pantaloni da donna, 3000 combinazioni impermeabili, 5000 stivali a gambale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
se, dopo la trasformazione dell'Anas in ente pubblico economico, si prospetti per l'ente nazionale per le strade l'ulteriore trasformazione in società per azioni.
(4-02827)

Risposta. - In attuazione delle disposizioni contenute nel capo III della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e per assicurare l'urgente realizzazione degli obiettivi ivi previsti, con decreto legge del 8 luglio 2002, convertito con legge 8 agosto 2002, n. 178 l'Ente nazionale per le strade - Ansa è stato trasformato in società per azioni con la denominazione di «ANAS società per azioni - anche ANAS».
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MILANESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella città di Avellino da vari mesi e in particolare dal periodo della campagna elettorale del maggio 2001 era data per imminente l'inizio dei lavori della terza stazione autostradale;
la nuova stazione si dovrebbe posizionare tra Avellino ovest e Avellino est che distano tra loro solo 8,6 chilometri;
l'Autostradespa avrebbe redatto uno studio di fattibilità che è gelosamente custodito e sconosciuto ai più;
la particolare segretezza che è riservata alla questione consente illazioni varie e dichiarazioni contraddittorie da parte di politici locali con grande perplessità dell'opinione pubblica -:
se l'Autostrade spa abbia redatto il progetto di fattibilità della terza stazione ad Avellino;
se da parte della stessa società sia stato elargito il finanziamento per la costruzione della terza stazione autostradale di Avellino;
se sia stato effettivamente studiato e redatto un adeguato progetto dall'Autostrade spa.
(4-03536)

Risposta. - Le due stazioni attualmente in funzione ad Avellino sono quella ovest e quella est e distano fra loro 8,6 chilometri, mentre la distanza media di rete è di 13 chilometri.
Entrambe le suddette stazioni risultano operativamente confacenti ai livelli di traffico attuali. Le stesse sono interessate da progetti di ampliamento, approvati dall'ANAS, che prevedono in entrambi i casi l'aumento del numero delle porte.
L'Ente stradale riferisce che i lavori di ampliamento della stazione di Avellino est sono in fase avanzata e potranno essere conclusi entro il primo trimestre 2003, mentre per la stazione di Avellino ovest, allo scopo di evitare una sovrapposizione di cantieri, i relativi lavori saranno avviati entro la fine del 2002 con ultimazione prevista entro il 2003.
L'ANAS fa conoscere, altresì, che l'apertura del nuovo svincolo intermedio, ad Avellino centro, era stata già oggetto di richiesta da parte degli enti locali.
A riguardo, la Società Autostrade aveva espresso parere negativo affermando che l'ipotesi di fattibilità, in ogni caso, avrebbe dovuto essere vincolata a due condizioni: soppressione di almeno una delle due stazioni esistenti e costo dell'investimento a carico dell'ANAS e/o degli enti locali.


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L'ANAS rileva, infine, che le motivazioni del parere sfavorevole sono da attribuirsi al fatto che lo svincolo in questione non porterebbe vantaggi al bacino territoriale esistente e, inoltre, non risolverebbe i problemi di inadeguatezza della viabilità ordinaria. Il profilo della sicurezza verrebbe inoltre danneggiato, in quanto lo svincolo ipotizzato andrebbe ad interferire con le rampe di accelerazione e decelerazione dell'area di servizio Irpinia sud e nord, posizionata tra i due attuali svincoli.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MINNITI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
fin dall'aprile 1998 il ministero delle comunicazioni con gli Ispettorati di Calabria e Sicilia ha accertato l'esistenza di segnali di interferenza sul Ch 32-area di Reggio Calabria, diffusi dalla emittenza televisiva Nuhy srl - oggi contraddistinta dal marchio TVT - con sede in Palermo, attraverso i ripetitori di Lentini (Catania) e Castelmola (Messina);
tali interferenze disturbano le trasmissioni irradiate nello anzidetto Ch 32 area di Reggio Calabria dalla emittente televisiva ITM-RTV con sede in Reggio Calabria - Via Veneto;
il Ministero delle comunicazioni, Ispettorato di Sicilia ha disposto il 2 settembre 1998, con un provvedimento specifico la riduzione del segnale televisivo diffuso dalla società Nuhy srl dal ripetitore di Lentini sul Ch 32 - area di Reggio Calabria;
il Ministero delle comunicazioni - Ispettorato di Calabria con ordinanza del 4 marzo 1999, ha ingiunto alla stessa società la disattivazione amministrativa dell'impianto per la radiodiffusione televisiva locale nella direttrice della costa calabra al fine di eliminare l'interferenza causata, nell'area di Reggio Calabria, alla emittente Reggio TV1;
l'emittente Nuhy srl ha continuato e continua a disturbare le trasmissioni irradiate dalla società ITM-RTV sul Ch 32 - area di Reggio Calabria, nonostante un'ordinanza del 27 aprile 1999 emessa dall'Ispettorato territoriale della Calabria con cui si è disposta la disattivazione coattiva dell'impianto dell'emittente Nuhy srl, nella direttrice della costa calabra operante sul Ch 32, con apposizione di sigilli e relativo recupero di spese e la successiva ordinanza n. 296/17/1999 comunicata il 6 luglio 1993, con cui il tribunale di Reggio Calabria ordinava alla suddetta società di ridurre la potenza del segnale televisivo diffuso dall'impianto di Lentini al fine di evitare le lamentate interferenze;
allo stato dei fatti, nonostante le numerose ingiunzioni sopra ricordate l'emittente Nuhy srl ha potenziato ulteriormente il segnale sul Ch 32 nella direttrice della costa calabra provocando l'oscuramento delle trasmissioni irradiate dalla emittente ITM-Reggio TV1 -:
quali interventi o iniziative il Ministro delle comunicazioni intenda adottare per far cessare immediatamente le condotte illegali poste in essere dall'emittente richiamata in premessa in totale disprezzo delle ordinanze impartite dagli organi competenti, al fine di impedire l'arbitraria invasione del Ch 32 - area di Reggio Calabria di fatto impedendo le trasmissioni e causando anche gravissimi danni economici alla locale emittente calabrese.
(4-03151)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che, effettivamente in passato, gli accertamenti eseguiti dal competente ispettorato territoriale della Sicilia avevano evidenziato l'esistenza di interferenze fra l'impianto di Lentini (Catania) dell'emittente TVT e quello dell'emittente Reggio TV, operanti entrambi sul canale 32 UHF.
In conseguenza di numerose contestazioni e controlli succedutisi nel tempo, su proposta dell'ufficio tecnico territoriale predetto, in data 27 aprile 2000, l'emittente TVT veniva autorizzata a sperimentare alcune modifiche che avrebbero dovuto portare


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all'eliminazione delle interferenze sul territorio calabrese e che consistevano nella variazione dell'irradiazione dell'impianto imponendo una potenza massima di 1.000 watt e un off-set di riga del valore 0/12.
Successivamente al 27 aprile 2000 l'ispettorato in parola ha comunicato di non aver ricevuto lamentele da parte di Reggio TV né segnalazioni di una ripresa delle interferenze.
In data 7 giugno 2002 è stata, comunque, effettuata un'ispezione all'impianto TVT che è risultato perfettamente funzionante con i parametri radioelettrici autorizzati, mentre in data 14 giugno sono stati registrati disturbi in alcune zone della città di Reggio Calabria derivanti dalla mancanza dei rapporti di protezione, con valori che, tuttavia, rientravano entro i limiti fissati dalla normativa internazionale.
L'ispettorato territoriale della Calabria ha, pertanto, convocato i legali rappresentanti delle due emittenti imponendo di effettuare la correlazione degli impianti in off-set di precisione: le successive misurazioni, effettuate in contraddittorio in data 2 luglio 2002 dopo l'installazione degli off-set, hanno evidenziato la scomparsa totale delle interferenze.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

MUSSI, FOLENA, MELANDRI, LEONI, DI SERIO D'ANTONA, SCIACCA, SODA e GRILLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie giornalistiche, nella notte tra il 17 e il 18 luglio 2002, sono state devastate e profanate 30 tombe e 5 cappelle del cimitero ebraico, che si trova al Verano (Roma);
allo stato attuale non vi sono state rivendicazioni del macabro gesto;
si tratta di un atto inqualificabile, vergognoso, barbaro che colpisce la coscienza civile di tutti i cittadini italiani;
l'Europa negli ultimi mesi è stata teatro - con una vera e propria escalation - di molteplici profanazioni di cimiteri e centri di culto ebraici;
anche nel nostro paese forme di antisemitismo, manifestazioni riconducibili al neonazismo, e al fanatismo religioso contro il mondo ebraico si sono manifestate negli ultimi tempi -:
se il Governo stia predisponendo tutto ciò che è necessario per impedire che tali manifestazioni di intolleranza e di odio razziale abbiano luogo nel nostro Paese;
se siano state predisposte adeguate forme di prevenzione e di tutela delle comunità ebraiche presenti in Italia;
se il Governo intenda tenere adeguatamente informato il Parlamento.
(4-03569)

Risposta. - Si comunica che le indagini sui danneggiamenti scoperti il 18 luglio 2002 all'interno del cimitero monumentale Verano di Roma hanno consentito di escluderne con certezza la motivazione antisemita, benché l'episodio abbia riguardato esclusivamente il settore ebraico e sia avvenuto in occasione di una importante ricorrenza pure ebraica.
È stato, infatti, accertato che la matrice del gesto era riconducibile agli interessi di un gruppo di persone le quali, con la complicità o la tolleranza di alcuni dipendenti della direzione del cimitero, effettuavano abusivamente lavori di giardinaggio, guardiania e manutenzione delle tombe all'interno della struttura, chiedendo compensi in denaro ai familiari dei defunti.
La devastazione di cui si tratta, preceduta da un crescendo di atti vandalici e piccole ruberie di oggetti funebri, è risultata ascrivibile ad uno degli abusivi, dipendente comunale, che è stato tratto in arresto il 30 luglio 2002, mentre altre cinque persone sono indagate in stato di libertà.
Il gruppo, attraverso questi danneggiamenti nonché altre pressioni e minacce, puntava a costringere la direzione del cimitero a tollerare l'attività degli abusivi.
L'attività investigativa, ancora in corso, è tesa ad individuare tutte le persone coin volte


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nei fatti delittuosi ed a definire le responsabilità di ciascuno.
Per quanto attiene, in generale, alle forme di antisemitismo, di fanatismo religioso o di tipo neonazista, comunque dirette contro il mondo ebraico, cui l'interrogazione fa cenno, si assicura che il Governo non sottovaluta il significato e la gravità di tali manifestazioni, anche quando si traducono in atti di carattere soltanto dimostrativo e simbolico.
Occorre, però, riconoscere la obiettiva impossibilità sia di un'attività di prevenzione capace di impedire in assoluto atti e manifestazioni del genere, che possono rivolgersi verso un numero assai alto di potenziali obiettivi, sia di un'attività di repressione capace di individuare in ogni caso i responsabili di gesti che, per modalità e tempi di esecuzione, non espongono gli autori al rischio di essere scoperti facilmente.
In ogni caso, comunque, la prevenzione di atti violenti diretti verso la comunità ebraica ed i suoi simboli costituisce una delle priorità dei servizi di controllo del territorio svolti dalle forze dell'ordine in ogni regione del Paese, secondo una programmazione definita provincia per provincia.
Inoltre, ogni qual volta si sono verificati episodi sfociati in atti illegali è stata tempestivamente informata l'autorità, giudiziaria e si è profuso il massimo sforzo nelle indagini.
Anche nell'occasione, parallelamente all'attività investigativa, svolta con un impegno che ha consentito di individuare in pochi giorni i responsabili della profanazione, sono stati disposti, fin dal primo momento, specifici servizi di vigilanza su tutti i possibili obiettivi ebraici della capitale, in particolare all'interno dell'altro cimitero romano di Prima Porta, non potendosi escludere atti emulativi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

NAN. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal mese di gennaio 2002 in tutte le macellerie italiane deve essere esposta una «carta d'identità» che consenta di conoscere il «percorso» della carne venduta (luogo di nascita del capo macellato, allevamento di provenienza, luogo di macellazione, certificazione del veterinario sullo stato di salute);
lo stesso non accade per pesci, molluschi e crostacei distribuiti dalle grandi catene di supermercati;
in tal modo viene meno il fondamentale diritto del consumatore di essere garantito circa la provenienza dei prodotti alimentari -:
se non ritenga il ministro interrogato di assumere al riguardo le occorrenti determinazioni e quale sia in proposito l'orientamento del Governo.
(4-03828)

Risposta. - Il regolamento n. 104/2000/CE del Consiglio del 17 dicembre 1999, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, stabilisce, all'articolo 4, che i prodotti della pesca per essere immessi in commercio debbono riportare un'indicazione od un'etichetta che precisi la denominazione commerciale della specie, il metodo di produzione e la zona di cattura.
È demandata ad un successivo atto l'indicazione concernente le modalità per l'informazione ai consumatori.
Infatti, con il regolamento n. 2065/2001 della Commissione del 22 ottobre 2001, vengono dettate le norme che disciplinano l'informazione ai consumatori ed il controllo ufficiale delle citate indicazioni.
Il ministero delle politiche agricole e forestali, competente in materia di disciplina commerciale del settore dei prodotti della pesca e acquacoltura, ha recepito tale regolamento con il decreto ministeriale 27 marzo 2002, riguardante l'etichettatura dei prodotti della pesca ed il sistema di controllo.
Pertanto, anche per i prodotti della pesca e dell'acquacoltura immessi in commercio sussiste l'obbligo di esporre le indicazioni che consentano di conoscere, tra


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l'altro, il metodo di produzione e la zona di cattura degli animali.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'Istituto professionale statale per l'industria e l'artigianato (IPSIA) di Siderno (Reggio Calabria) si sono verificati, tra il maggio 1999 ed i primi mesi del 2000, tre gravissimi episodi di violenza contro il preside Giovanni Giuseppe Familiari e due docenti, tutti nell'atto ed a causa di un adempimento delle loro funzioni;
l'ex Provveditore agli studi, dottor Giuseppe Ferrante, non ha accolto la reiterata richiesta del preside Familiari per l'invio di un commissario ad acta a causa dell'incompatibilità determinatasi con l'allievo Domenico Costa denunziato dallo stesso dirigente scolastico come mandante dell'aggressione selvaggia eseguita dal genitore Antonio;
negli scorsi periodi, anche presso la sede coordinata di Locri, si sono registrati attentati criminosi di varia natura, tutti rimasti impuniti;
nella sede centrale di Siderno si sono verificati incendi appiccati alle finestre degli Istituti e all'auto del collaboratore di presidenza, sparatorie alle finestre degli istituti e alla macchina di un collaboratore scolastico;
il tutto è stato oggetto, nella precedente legislatura, di alcune interrogazioni parlamentari, nonché di ufficializzazione attraverso regolari denunzie ed articoli di stampa;
è stato effettuato anche un danneggiamento subito all'auto di un ispettore inviato per il controllo gestionale e contabile dal Provveditore agli studi di Reggio Calabria;
dopo tali fatti, su decisione del Comitato per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica provinciale, il preside Familiari è stato sottoposto a scorta continua per l'intero anno 2000;
il ritmo assillante e terroristico dei fatti esposti ha pesantemente condizionato la serenità della direzione, dell'attività gestionale, amministrativa e didattica oltre che quella della vita scolastica degli stessi allievi dell'istituto professionale di Siderno;
alla fine del mese di agosto del 2000, il preside Familiari ha presentato, purtroppo, senza alcun esito, agli organi inquirenti, giudiziari, ministeriali e dell'antimafia, alcune circostanziate e documentate denunzie-querele attestanti la gestione, lesiva dell'interesse pubblico, esercitata dal direttore amministrativo dell'Ipsia stesso; denunzia accompagnata dalla richiesta di sequestro, mai effettuato, di alcune strumentazioni ad alta valenza probatoria, al fine di evitare un eventuale inquinamento delle stesse;
in una riunione del 22 dicembre 2000 il preside Familiari, ha subìto pesanti attacchi delegittimanti da parte di un ristretto gruppo di docenti della scuola, ma soprattutto da parte dell'alunno Domenico Costa, anche se lo stesso denunziato presentava caratteri di chiara incompatibilità mai realmente valutata dal Provveditore agli studi del tempo;
dal 23 dicembre 2000 il preside Giovanni Familiari è in congedo per gravi ed irreversibili motivi di salute connessi al massacrante ed ininterrotto orario di servizio, prestato per tutto l'anno 2000, peraltro con costante scorta di Polizia di Stato ed in presenza dei gravi attentati ed intimidazioni;
a causa della forzata assenza del preside Familiari, l'ex Provveditore agli studi di Reggio Calabria ha nominato un dirigente scolastico del luogo, nella qualità di reggente;
in data 21 maggio 2001 il preside Familiari ha chiesto il trasferimento per


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motivi di sicurezza, ma non è riuscito ad avere alcuna considerazione circa le motivazioni della richiesta, né dell'ex provveditore agli studi di Reggio Calabria ne dall'attuale dirigente regionale scolastico;
in data 6 novembre 2001 il preside Familiari, citato come testimone nel procedimento penale contro il suo aggressore imputato Antonio Costa si è presentato presso il tribunale di Siderno, scortato dai carabinieri, si è costituito parte civile, stante l'assenza dell'Avvocatura dello Stato, richiedendo l'integrazione del capo d'imputazione con l'omessa aggravante del reato commesso contro un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, nonché dell'effettiva durata, gravità ed irreversibilità delle lesioni;
nella stessa udienza del 6 novembre 2001, il genitore Costa, aggressore del preside Familiari, è stato prosciolto, poiché non è stato imputato di lesioni a pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni di preside dell'Ipsia di Siderno;
in data 20 novembre 2001 la procura della Repubblica di Locri ha proposto appello contro la succitata sentenza;
i mancati doverosi provvedimenti disciplinari e di incompatibilità, connessi alla cattiva gestione amministrativa, denunziata dal preside e verificata nelle visite ispettive, nonché l'assenza forzata dello stesso dirigente Familiari, hanno consentito la restaurazione silenziosa degli stessi vecchi poteri responsabili di una deleteria ed illegittima gestione particolare e personalistica dell'Ipsia di Siderno;
i bisogni della scuola dovrebbero avere carattere prioritario e, pertanto, i soliti burocratici tempi lunghi diventano pregiudizievoli non solo per la delicata educazione degli allievi in zone a forte rischio per l'altissima concentrazione mafiosa, ma anche soprattutto per la salute e la normale attività professionale degli operatori rispettosi delle leggi dello Stato e del pubblico interesse -:
se non ritenga indispensabile il Ministro dell'istruzione avviare una corretta indagine conoscitiva sul caso dell'Ipsia di Siderno;
se non ritengano di porre in essere tutte le opportune e urgenti iniziative affinché siano ripristinati ordine, legalità e sicurezza all'interno dell'Ipsia di Siderno;
se non ritengano doveroso che lo Stato si costituisca parte civile in un nuovo più adeguato procedimento penale contro Antonio Costa, aggressore prosciolto del preside Familiari, aggredito durante l'esercizio delle sue funzioni, all'interno di un'aula dell'Ipsia di Siderno davanti ad un'intera classe ed al relativo docente.
(4-01687)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza n. 412/02/RGL adottata il 6 marzo 2002 dal giudice del lavoro del tribunale civile di Locri (Reggio Calabria) è stato ordinato alla Pubblica amministrazione di assegnare il professore Giovanni Familiari, Dirigente scolastico dell'IPSIA di Siderno (Reggio Calabria), ad altra sede scolastica;
con decreto n. 6595 del 18 aprile 2002 a firma dottoressa Anna Maria Fonti Dirigente dell'ufficio legale scolastico regionale per la Calabria, il professor Familiari è stato assegnato alla guida dell'Istituto Superiore «Euclide» di Bova (Reggio Calabria) in sostituzione del Dirigente Scolastico incaricato professor Giuseppe Alvaro, trasferito all'IPSIA di Siderno;
in data 30 aprile 2002, con un nuovo decreto prot. n. 7410, a firma della stessa dirigente, Anna Maria Fonti, il professor Familiari è stato spostato presso l'Istituto Comprensivo di Riace (Reggio Calabria) ed il professor Alvaro è stato restituito alla sede dell'Istituto «Euclide» di Bova, sempre in qualità di preside incaricato;


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mentre è stato tutelato un dirigente incaricato, il professor Familiari, dirigente di ruolo, è stato invece inviato ai confini della provincia di Reggio Calabria, nonostante i diritti prioritari di quest'ultimo alla sicurezza;
è bene ricordare che il preside Familiari, nella qualità di dirigente dell'IPSIA di Siderno è stato oggetto di numerose intimidazioni, anche argomenti di diverse interrogazioni parlamentari, che gli hanno procurato danni alla salute e che lo hanno costretto, a tutt'oggi, ad essere posto sotto scorta della Polizia di Stato -:
se non ritenga necessario ed urgente disporre l'annullamento del decreto della direzione scolastica regionale della Calabria n. 7410 del 30 aprile 2002;
se non ritenga, altresì, necessario produrre adeguati interventi utili ad assicurare serenità ed incolumità al dirigente, professor Giovanni Familiari.
(4-02993)

Risposta. - I fatti di cui trattasi, sintetizzati nell'interrogazione sono stati seguiti e continuano ad essere seguiti con particolare attenzione dall'amministrazione.
Si ricorda, infatti, che in merito agli episodi in questione il Provveditore agli studi di Reggio Calabria aveva immediatamente conferito, in data 24 maggio 1999, un incarico ispettivo per verificare l'accaduto ed offrire ogni utile supporto perché le attività didattiche potessero svolgersi nella normalità, con ciò assicurando, come di fatto è stato, piena funzionalità anche ai consigli di classe.
Nella medesima circostanza, l'autorità locale di pubblica sicurezza, prontamente sollecitata, intensificava la sua azione di vigilanza e prevenzione per la salvaguardia dell'incolumità delle persone e per evitare danni alle cose; inoltre assicurava la scorta al preside Familiari (la scorta è stata poi «revocata in data 30 giugno 2001, ritenendo non più attuali i pericoli per la sua incolumità personale», come comunicato dall'ufficio territoriale del governo di Reggio Calabria al ministero dell'interno nella nota prot. n. 2764/2001/Gab del 22 maggio 2002).
Il ministero della pubblica istruzione, da parte sua, assumeva varie iniziative per il superamento della situazione, iniziative che, unitamente a quelle già attivate dal Provveditore agli studi
pro-tempore, miravano a riportare ordine nella gestione interna della scuola e a restituire fiducia, motivazione e credibilità esterna alla comunità scolastica.
Nel contesto di tali iniziative il ministero conferiva ad un proprio ispettore apposito incarico a svolgere un'azione ad ampio raggio in appoggio e a sostegno della gestione nonché ad acquisire ogni utile elemento di conoscenza e di valutazione sul reale stato delle cose e sulle azioni più adeguate da porre in essere.
Successivamente, nel mese di giugno del 2000, nell'intento di dare maggiore incisività e forza all'azione dell'amministrazione e di poter acquisire un quadro completo e dettagliato di tutti i diversi aspetti della vita dell'istituto, il ministero nominava un collegio ispettivo, costituito da un ispettore amministrativo, un ispettore tecnico e un dirigente di ragioneria. Tale organismo veniva incaricato di svolgere, sino alla completa normalizzazione della situazione, attraverso programmate e ricorrenti visite
in loco, compiti di sostegno, vigilanza e verifica, al fine di eliminare gradualmente disfunzioni e carenze; il tutto nell'ambito di un più ampio ed articolato piano di interventi che vedeva impegnate le forze dell'ordine e gli altri livelli istituzionali del territorio, a vario titolo competenti e coinvolti.
Detti interventi hanno contribuito al superamento della situazione che si era determinata presso l'IPSIA di Siderno. Il competente ufficio scolastico periferico ha comunicato, infatti, che non sussistono più particolari problemi né per l'andamento amministrativo né per quello più strettamente didattico-disciplinare.
Per quanto concerne, in particolare, la situazione amministrativo-contabile, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale della Calabria ha comunicato che, a seguito dell'indagine ispettiva promossa dal Provveditore
pro-tempore con incarico conferito in data 29 giugno 2000 alla dottoressa Maria Teresa Racco, sono stati contestati gli addebiti al Direttore dei servizi


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generale e amministrativi, su conforme disposizione della competente direzione generale del ministero. Allo stato il procedimento disciplinare a carico del suddetto direttore dei servizi amministrativi non può essere condotto a termine perché non è stata comunicata, da parte della procura della Repubblica di Locri, la pronuncia definitiva di archiviazione dei procedimenti penali n. 1979/2000 e n. 2074/2000 iscritti a carico del medesimo.
Per quanto riguarda, poi, gli aspetti relativi alla sicurezza, l'ufficio territoriale del governo di Reggio Calabria, nella suddetta nota del 22 maggio 2002, ha comunicato che «la situazione della sicurezza all'interno dell'istituto non sembra destare più particolare preoccupazione».
Nella stessa nota l'ufficio territoriale del governo di Reggio Calabria ha, tra l'altro, fornito notizie in merito alla denuncia presentata il 15 maggio 1999 dal Preside Familiari «contro il padre di uno studente, reo di avergli procurato lesioni guaribili in tre giorni al termine di un'animata discussione. Il relativo procedimento penale instaurato presso il tribunale di Locri - Sezione distaccata di Siderno - si è concluso il 6 novembre 2001 con sentenza di NDP nei confronti dell'aggressore per difetto di procedibilità, non avendo il denunciante manifestato la volontà di ottenere la punizione del colpevole in relazione al capo di imputazione, procedibile a querela di parte. Il 20 novembre successivo il pubblico ministero ha proposto appello avverso la citata sentenza ed, allo stato, il fascicolo processuale è pendente presso la Corte d'appello di Reggio Calabria». Con riguardo, poi, ad altri episodi verificatisi nell'anno 2000, in data 27 gennaio e in data 22 marzo, rispettivamente in danno dell'autovettura di un collaboratore scolastico e di quella di un docente dell'IPSIA, lo stesso ufficio territoriale ha comunicato che «sono ancora in corso indagini da parte dell'A.G., che ha disposto il sequestro di documentazione amministrativa presso l'IPSIA».
Infine, relativamente al trasferimento invocato dal preside Familiari «per motivi di sicurezza», si comunica che, con decreto n. 13325 in data 19 luglio 2002 del competente dirigente dell'ufficio scolastico regionale della Calabria, è stato sospeso il precedente decreto n. 7410 del 30 aprile 2002, citato nell'interrogazione n. 4-02993, e per l'effetto il medesimo dirigente scolastico e stato assegnato, fino al 31 agosto 2002, all'Istituto superiore di Bova Marina, come richiesto dal preside Familiari con nota del 17 luglio 2002; contestualmente il professor Alvaro Giuseppe, preside incaricato presso l'Istituto di Bova Marina, è stato assegnato presso l'Istituto comprensivo di Riace fino al 31 agosto 2002.
Il preside Familiari ha successivamente stipulato con la direzione generale regionale, in data 12 luglio 2002, apposito contratto in base al quale è stato preposto alla direzione dell'Istituto d'istruzione superiore «Ferraris» di Palmi a decorrere dal 1o settembre 2002 e per la durata di tre anni scolastici.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2002 prevede la riduzione di organico del personale della scuola;
il 21 giugno 2002 il Ministro ha reso nota la riduzione dei posti del personale ATA che, per la verità, appare sufficientemente contenuta e pari allo 0,17 per cento del totale esistente;
da un'analisi del quadro citato, però, la riduzione più consistente dei posti ATA è prevista per le regioni meridionali -:
quali siano i motivi che ancora una volta, in termini occupazionali, comportano la penalizzazione delle regioni del Mezzogiorno.
(4-03391)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno precisare che per la quantificazione


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degli organici d'istituto del personale in parola parametro preponderante è costituito dal numero degli allievi.
Ed invero nel corrente anno scolastico nelle regioni del sud si è registrato un maggior decremento del numero di allievi rispetto alle altre regioni d'Italia come dimostrano i sottoelencati dati:
a) Decremento alunni:
Basilicata -2,40 per cento; Calabria -2,08 per cento; Campania -0,55 per cento; Puglia -0,65 per cento;
b) Decremento organici:
Basilicata -1,38 per cento; Calabria -1,20 per cento; Campania -0,86 per cento; Puglia -0,25 per cento.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la sperimentazione scolastica, in atto, non riguarda solo le scuole elementari e materne, ma concerne pure la formazione professionale, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo scolastico, così come concordato dal ministero con alcune regioni (soltanto), sulla base di apposite convenzioni, venendo ciò stesso a costituire motivo di sperequazione;
dette convenzioni consentono ad alunni che abbiano conseguito la licenza media di assolvere l'obbligo scolastico, oggi innalzato a 15 anni, iscrivendosi (dopo la scuola media) ai corsi di formazione professionale, con la conseguente uscita dal sistema dell'istruzione prima del quindicesimo anno di età, in contrasto con quanto previsto dall'attuale ordinamento;
secondo, anche, il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi) ciò potrà, verosimilmente, dare luogo ad un «diffuso contenzioso»;
secondo una larga parte dell'opinione pubblica, la gestione della formazione professionale - del resto - non può essere del tutto estranea alla scuola, intendendo con questo significare che tale tipo di offerta formativa dovrebbe quantomeno ricadere sotto il controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, potendo - peraltro - lo stesso Ministero garantirla e gestirla, tramite i centri territoriali permanenti (CTP), sorti proprio per sostituire gli obsoleti «corsi serali» e dare luogo ad opportunità formative moderne, alternative rispetto all'offerta tradizionale, rendendo disponibili, capillarmente nel territorio, opportunità di qualificazione e riqualificazione culturale e professionale, oltre alla possibilità di acquisire la licenza elementare e/o media agli adulti sprovvisti;
la prosecuzione degli studi, dopo la scuola media, nella formazione professionale, anziché negli istituti superiori (liceo, istituto per geometri, eccetera), ai fini dell'assolvimento dell'obbligo scolastico, non è da ritenere prerogativa degli alunni svogliati, scarsamente attratti dalla scuola o con curriculum di basso profilo, dovendo - invece - la scuola italiana farsi carico della progettazione e gestione di processi e strumenti moderni, strategicamente approntati per contrastare e prevenire la dispersione scolastica, la marginalità sociale e culturale, le carenze di apprendimento, le debolezze dei meno dotati e dei peggio guidati, favorendo quanto più possibile il successo formativo in tutte le fasce sociali e non soltanto in quelle costituite dagli alunni meglio dotati, che non necessitano di particolari sforzi strategici;
siamo convinti che «l'istruzione è il motore dello sviluppo» - come affermato dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, sulla terrazza del Vittoriano, in occasione della giornata «Tutti a scuola», svoltasi mercoledì 18 settembre 2002, alla presenza del ministro Letizia Moratti; che la scuola, come detto dal Presidente Ciampi «deve assicurare processi formativi innovativi, che offrano al


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mondo del lavoro le nuove professionalità richieste nella società di oggi. Il sistema scolastico nazionale ha contribuito più di ogni altra istituzione alla costruzione di una patria unita, alla educazione e alla formazione di cittadini consapevoli»;
la formazione professionale, venendo a costituire una modalità istituzionale di prosecuzione del percorso dell'istruzione e formativo dei giovani, oggi più che mai necessita di una forte azione di riqualificazione, affinché sia vieppiù in grado di consentire l'acquisizione di reali competenze, spendibili nella vita lavorativa dei giovani -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare per prevenire il verosimile «diffuso contenzioso», di cui sopra, paventato anche dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi);
se intenda attuare strategie e azioni in grado di garantire una forte riqualificazione dell'istruzione professionale destinata all'assolvimento dell'obbligo scolastico;
se il Governo intenda rafforzare «l'impegno contro l'esclusione sociale», come pronunciato dal presidente Ciampi, nella succitata occasione del 18 settembre 2002, facendo in modo che «il nostro sistema scolastico si interroghi e trovi risposte sull'abbandono del percorso formativo da parte di un numero troppo elevato di ragazze e ragazzi», talché la scuola possa «riconquistarli all'istruzione, alla formazione»;
se il Governo intenda scongiurare in ogni maniera di «disfarsi» di alunni con curriculum di basso profilo e farsi carico della progettazione di processi e strumenti moderni, atti a contrastare e prevenire la dispersione scolastica, la marginalità, l'esclusione sociale, le carenze di apprendimento, le debolezze dei meno dotati e dei peggio guidati, favorendo il successo formativo in tutte le fasce sociali e non soltanto in quelle costituite dagli alunni più dotati, che non necessitano di particolari sforzi strategici;
se, come chiesto dal presidente Ciampi questo Governo intenda proporsi «di avviare in ogni città d'Italia iniziative concrete per ridurre l'esclusione sociale, coinvolgendo soprattutto le scuole dei quartieri disagiati», avendo «un animo e una mente aperti al dialogo, disponibili a comprendere esigenze, aspirazioni, condizioni, stati d'animo degli altri, disponibili ad aprirsi agli altri».
(4-03955)

Risposta. - Si premette che uno dei principi che permea il disegno di legge di riforma del sistema scolastico è il porre la persona umana al centro dello sviluppo educativo e quindi la finalità del disegno di legge medesimo è quella di favorire la crescita della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno, e delle scelte educative delle famiglie.
Compito ed obiettivo della scuola è pertanto quello di promuovere l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, garantendo a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali, assicurando a tutti il diritto all'istruzione per almeno dodici anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica professionale.
Per quanto riguarda, in particolare, l'istruzione professionale il disegno di legge in parola assicura pari dignità e prestigio a detto canale rispetto a quello dell'istruzione tant'è che l'articolo 2 lettera
h) stabilisce che anche dalla formazione professionale, previa frequenza di un corso di studi annuale, si possa accedere all'esame di stato che consente l'iscrizione all'università.
Si ritiene, che solo attraverso tale modello di riforma, che consente di superare una separazione e una marginalizzazione della formazione professionale, si possa sperare di sconfiggere l'abbandono, la dispersione, lo spreco di risorse umane e professionali, che raggiungono livelli non più tollerabili, e perseguire il successo formativo di tutti gli allievi.
Si chiarisce che le sperimentazioni attivate con protocolli di intesa sottoscritti dalle regioni, dal ministero dell'istruzione, università e ricerca e dal ministero del lavoro e delle politiche sociali comportano


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un impegno concreto: porre la formazione al centro dei sistemi educativi e sostenere in via sperimentale un processo finalizzato alla individuazione di soluzioni innovative relative al sistema di istruzione e formazione professionale secondo modalità e tempi atti ad assicurare la necessaria gradualità alle diverse fasi operative.
Sono state predisposte una serie di misure volte a recuperare l'evasione e la dispersione scolastica e creare le condizioni più idonee per realizzate una forte riqualificazione della formazione professionale.
Si precisa che la possibilità di stipulare intese è stata data a tutte le regioni e non solo ad alcune tant'è che alle quattro regioni che hanno sottoscritto inizialmente l'intesa se ne sono aggiunte in prosieguo di tempo altre (ultima è stata la regione Veneto ed è fondato prevedere ulteriori adesioni all'iniziativa.
Non risponde al vero l'assunto secondo cui dette intese hanno consentito ad alunni in possesso della licenza media di assolvere l'obbligo scolastico (elevato a 15 anni) iscrivendosi direttamente ai corsi di formazione professionale, con conseguente uscita dal sistema dell'istruzione prima del 15o anno di età, in contrasto con quanto previsto dal vigente ordinamento.
Proprio in attuazione delle previsioni contenute nel protocollo d'intesa, gli alunni sono rimasti in forza alle rispettive scuole e stanno assolvendo all'obbligo scolastico attraverso la frequenza di percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale. Ciò è stato ribadito in apposite note di chiarimento inviate ai direttori degli uffici scolastici regionali ed ai competenti assessorati delle regioni interessate.
Occorre rilevare, peraltro, che le medesime sperimentazioni intendono proprio anticipare alcuni dei profili del disegno di riforma affermando il diritto all'istruzione ed alla formazione per almeno 12 anni.
Non risultano contenziosi in atto aventi ad oggetto i protocolli d'intesa.
Per assicurare il corretto funzionamento delle attività sperimentali sono stati costituiti appositi gruppi di lavoro comprendenti rappresentanti del ministero dell'istruzione, del ministero del lavoro e degli uffici regionali delle regioni interessate.
Si fa presente, infine, che il percorso sperimentale integrato è assunto in appositi progetti da sottoporre al parere del consiglio nazionale della pubblica istruzione.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

PEZZELLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 27 settembre 2001, un blitz antidroga della Guardia di finanza di Napoli, condotto in un edificio abbandonato sito nella periferia orientale della città ha premesso l'arresto di diciassette extracomunitari, e quel che è peggio, ha portato alla luce una sorta di galleria sotterranea degli orrori;
durante i controlli, infatti, all'interno di un pozzo, sono stati ritrovati un teschio ed alcune ossa umane, forse appartenenti a due persone;
determinanti, ai fini della macabra scoperta sono state le testimonianze di due giovani slavi. Dai loro racconti è emerso un quadro raccapricciante, fatto di droga, prostituzione e morte;
il ritrovamento è avvenuto in un edificio, più volte segnalato come base per traffici illegali, per la presenza di clandestini dediti allo spaccio di stupefacenti;
episodi come questo, testimoniano l'efferatezza di una criminalità, sia essa nazionale o straniera, che non conosce limiti -:
quali provvedimenti intendano adottare per evitare che queste organizzazioni malavitose prendano il sopravvento, fino a divenire padrone di territori difficili come quello napoletano;


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quali iniziative si intendano attuare, con urgenza per disciplinare l'ingresso degli stranieri e per limitare il fenomeno delle immigrazioni clandestine verso l'Italia.
(4-01025)

Risposta. - Si comunica che la problematica sollevata dall'interrogante è alla costante attenzione del Governo che si sta impegnando concretamente su diversi fronti per intervenire in modo incisivo. Lo confermano le imponenti operazioni che hanno portato a risultati operativi di notevole rilievo, dall'intervento nella zona di Porta Palazzo a Torino, alle numerose recenti operazioni in ambito di contrasto allo sfruttamento della prostituzione.
Oltre a questi interventi diretti vanno segnalati gli impegni assunti in tema di miglioramento delle condizioni delle forze di polizia, sia sul piano delle attività di servizio (per esempio le modifiche al codice di procedura penale in tema di notifiche) che su quello del trattamento economico.
In relazione all'immigrazione, l'enorme sforzo per arrivare ad una situazione trasparente nel campo della presenza degli extracomunitari, fatto con la legge n. 189 del 2002, sta dando per ora risultati di estrema positività, con l'emersione e la regolarizzazione di circa 700.000 clandestini, che potranno avere una dimora ed un lavoro alla luce del sole, con le previste tutele assicurative e previdenziali.
Sul fronte internazionale va sottolineata la fruttuosa collaborazione con il governo albanese che ha portato ad una drastica riduzione dell'immigrazione clandestina proveniente da quel paese e sta portando ad incidere anche sul flusso di stupefacenti (è del 12 ottobre la notizia del sequestro, finora senza precedenti, di due tonnellate di hashish e di un chilogrammo di eroina, operato dalla polizia albanese) e quella con il governo egiziano che ha interrotto il flusso di imbarcazioni di clandestini attraverso il canale di Suez.
Si tratta di risultati oggettivi che indicano come valida la direzione intrapresa, anche se molto rimane da fare. Il governo continuerà con pazienza su questa via, impegnativa ma realisticamente orientata ad un miglioramento delle nostre condizioni di vita: nessun colpo di bacchetta magica, ma anche nessuna passività e nessuna negligenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

PEZZELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei mesi scorsi i cittadini di via G. Gigante a Casoria, hanno presentato un regolare esposto alle autorità comunali e per conoscenza, alla procura della Repubblica, in cui veniva denunciata la grave situazione di disagio con cui sono costretti a convivere gli abitanti della predetta zona;
tale stato di fatto si è creato in seguito alla costruzione di strade sopraelevate, confinanti con gli edifici di via Gigante. Data l'impossibilità degli abitanti di accedere agevolmente ai propri fabbricati il commissariato di Governo ha adottato un provvedimento consistente nello spianamento di una rotonda, ubicata all'altezza del passaggio a livello per Volla;
a seguito dell'intervento sopraindicato, la rotonda, priva di illuminazione, è divenuta una discarica per oggetti ingombranti, nonché la meta preferita di coppie e prostitute, tutto ciò con notevole disagio per gli abitanti del luogo;
tenuto conto che nonostante il predetto esposto alcun provvedimento è stato adottato;
la zona ove insisteva la rotonda, si è ulteriormente degradata -:
quali iniziative il signor Ministro intenda promuovere, per tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza degli abitanti di via Gigante.
(4-02095)

Risposta. - I problemi segnalati dall'interrogante relativi alla situazione di disagio venutasi a creare per gli abitanti di via G. Gigante a Casoria a seguito della realizzazione di svincoli e viadotti sulla circonvallazione esterna di Napoli possono ritenersi superati.


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Infatti, lo scorso 10 ottobre 2002, il tratto di strada che impediva il regolare accesso ad alcuni fabbricati è stato consegnato dal consorzio per la ricostruzione n. 3 all'amministrazione provinciale di Napoli. Inoltre, nella stessa data, sono stati aperti al transito gli svincoli ed i raccordi stradali e sono stati consegnati al comune di Casoria i tratti a raso rientranti nella delimitazione di centro abitato dello stesso comune.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RAISI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel 1989 l'azienda A.M.I.U. di Bologna, in seguito fusasi con Acoser per dare vita alla Seabo, conferisce incarico a Tecnici Professionisti qualificati tra ingegneri e geologi docenti universitari per uno Studio Impatto Ambientale (S.I.A.) allo scopo scegliere il sito più idoneo nel territorio del Comune di Galliera ad accogliere una discarica da 1.000.000 di tonnellate di R.S.U.;
da parte di alcuni Consiglieri Comunali della zona vengono sollevati dubbi sia dal punto di vista del grave dissesto idreogolico della zona sia inerenti allo stato della natura del territorio e del sottosuolo nel Comune di Galliera e per la salvaguardia della tutela paesaggistica del territorio, in considerazione che nella stessa zona persiste una zona paesaggistica tra le ultime «zone umide» della Pianura Bolognese;
a tale scopo viene espresso un Parere Popolare totalmente negativo mediante la raccolta di 1500 firme inviate agli Amministratori Provinciali e Comunali insieme ad una nota specifica ed un prospetto sui danni alle colture frutticole specializzate di pregio, tipiche di quella zona, oltre ai problemi di falde prossime alla superficie, possibilità d'esondazioni, impatti ambientali, deturpazione del paesaggio, inquinamento e alterazione naturalistico-ambientale di una delle ultime «zone umide» della Pianura Bolognese;
nel 1998 la Regione E.R. con delibera 1071 del 29 Giugno 1998 «Perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico interessate da eventi alluvionali nella Regione, ai sensi dell'articolo 20 Legge 61/98», inserisce nell'Elenco di tali comuni quello di Galliera;
da rilevare che il Progetto non tiene in considerazione le ulteriori leggi Europee di tutela ambientale -:
se sia a conoscenza della situazione critica della zona in cui si vuole realizzare la discarica, in quanto si tratta di una zona sottoposta a tutela paesaggistica e ambientale essendo una delle ultime aree umide della pianura bolognese;
quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che tale discarica incida sulla tutela paesaggistica e ambientale della zona.
(4-03005)

Risposta. - Sulla base delle informazioni avute dalla provincia di Bologna, si rappresenta che sulla realizzazione della discarica di rifiuti in comune di Galliera (Bologna) il piano infraregionale per lo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali nel territorio della provincia di Bologna, approvato dalla regione Emilia Romagna nel 1995, aveva già individuato con precisione il sito della discarica presso la località Morelli Alto, in comune di Galliera, a seguito di un'articolata analisi comparativa fra tre siti, tutti localizzati nello stesso comune.
Detto sito è stato confermato nell'aggiornamento del piano provinciale rifiuti approvato dalla regione Emilia Romagna nel 1999.
Il progetto della discarica, proposto dalla conferenza prevista dall'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997 nel documento istruttorio, è stato approvato con delibera della giunta provinciale n. 130 del 27 aprile 2000, previo parere favorevole all'unanimità delle amministrazioni partecipanti (provincia di Bologna, comuni di Galliera, Malbergo, San


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Pietro in Casale, AUSL Bologna Nord, ARPA Sez. provinciale di Bologna.
Riguardo gli aspetti connessi alla situazione idrogeologica, si fa presente che il territorio del comune di Galliera (Bologna) è interamente compreso all'interno del bacino idrografico del fiume Reno e che l'autorità di bacino di rilievo interregionale del fiume Reno, istituita ed operante dal 1990 ai sensi della legge 183 del 1989, è territorialmente competente in materia di pianificazione di bacino con finalità di difesa del suolo.
Con delibera del comitato istituzionale n. 2/1 dell'8 giugno 2001, l'autorità di bacino del fiume Reno ha adottato il progetto di piano stralcio per l'assetto idrogeologico, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998 e successive modificazioni e integrazioni; nell'ambito del medesimo sono individuate, perimetrale e soggette a misura di salvaguardia le aree a rischio e/o a pericolosità idrogeologica ed idraulica.
L'area di localizzazione della discarica, così come individuata dalla provincia di Bologna, località Morelli Alto, dalla cartografia del progetto di piano relativa al rischio idraulico ed all'assetto della rete idrografica, non risulta compresa nella delimitazione delle aree ad alta probabilità di inondazione, individuate in destra e sinistra idraulica del fiume Reno.
Per quanto riguarda lo specifico riferimento alle aree a rischio idrogeologico perimetrale dalla regione Emilia Romagna con D.G.R. 1071 nel 1998 a seguito degli eventi alluvionali del 1996, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 61 del 1998, il sito di discarica non rientra tra le aree perimetrate.
Per ciò che concerne l'esposizione al rischio idraulico della discarica, l'assessorato ambiente della provincia di Bologna ha comunicato che al progetto è allegato uno studio idraulico effettuato ipotizzando un'ondata di piena del fiume Reno catastrofica, ovvero dell'ordine delle centinaia di anni. In base ai livelli di sommersione che verrebbero a determinarsi in tale ipotesi, è stata prevista la realizzazione di un'arginatura perimetrale a protezione della discarica; l'eventuale lama d'acqua che verrebbe ad interessare le aree potenzialmente inondabili esterne alla discarica in tale ipotesi risulterebbe compresa tra 1 e 2 cm.
Sempre in base alle informazioni rese dall'assessorato ambiente della provincia di Bologna, il sito di localizzazione della discarica si troverebbe, infine, relativamente meno esposto al fenomeno della subsidenza rispetto ad aree limitrofe e, pertanto, risultando l'area meno depressa, risulta anche a minor rischio di esondazione. Tale situazione potrà essere controllata nel tempo tramite la rete di monitoraggio della subsidenza recentemente predisposta.
In merito agli aspetti inerenti la tutela paesaggistica-ambientale, la provincia di Bologna ha comunicato che la zona interessata dalla realizzazione della discarica non è compresa in aree a vincolo naturalistico paesaggistico ambientale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RIZZO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 51 del 1998 «Norme in materia di istituzione del giudice di primo grado» in attuazione della delega al Governo prevista dall'articolo 1 della legge n. 254 del 1997 per la emanazione di uno o più decreti diretti ad istituire, come lo stesso articolo recita, «in vista di una più razionale distribuzione delle competenze degli uffici giudiziari», il giudice unico di primo grado;
il suddetto decreto legislativo istituisce, inoltre, all'articolo 15, le sezioni distaccate del tribunale ordinario non prevedendo tra queste la tradizionale sede pretorile con competenza sui comuni montani di Borgo San Lorenzo;
la istituzione delle singole sezioni distaccate a mezzo di decreto governativo doveva tener conto di criteri oggettivi, cioè di parametri inerenti la estensione del territorio, il numero degli abitanti, i sistemi


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di mobilità, l'indice del contenzioso «degli ultimi due anni»;
con decreto del Ministro della giustizia, per il 1999 e per il 2000, nella riorganizzazione della geografia degli uffici giudiziari, nel Mugello ed Alto Mugello già sede di pretura, non è stata istituita una sede distaccata del tribunale di Firenze, ma è stato disposto di mantenere i locali della ex Pretura di Borgo San Lorenzo come sede a servizio della sede distaccata del tribunale di Pontassieve;
l'istanza fatta in passato dagli operatori della giustizia (presidente del tribunale di Firenze) e della amministrazioni locali competenti (regione Toscana e Provincia di Firenze), di istituire una sede distaccata del tribunale per il Mugello e l'Alto Mugello era supportata da ragioni oggettive, rinconducibili ai parametri richiesti dalla legge e sopra menzionati, legati alle caratteristiche di un territorio interamente montano (1.200 kmq di superficie montana) distante da Pontassive circa 90-120 minuti in automobile, nonché dalla presenza di una sede giudiziaria già operativa e perfettamente funzionale agli scopi;
come previsto dal decreto legislativo n. 51 del 1998, nel biennio successivo alla entrata in vigore dei decreti, e cioè fin dai prossimi mesi, è previsto dalla legge un riesame da parte del Ministro della giustizia della situazione -:
se non ritenga opportuno riesaminare la istanza di istituire una sede distaccata del tribunale di Firenze per il Mugello e l'Alto Mugello e prevedere così la presenza di Borgo San Lorenzo tra le sedi distaccate di tribunale avendone tutti i requisiti di legge, od in subordine, assicurare un'ulteriore proroga all'utilizzo dei locali dell'ex Pretura di Borgo San Lorenzo.
(4-00132)

Risposta. - Si rappresenta che la problematica nella stessa sollevata verrà esaminata nell'ambito della riforma dell'ordinamento giudiziario (atto Senato 1296), diretta alla razionalizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari e del carico di lavoro tra gli stessi.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ROCCHI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla pensione, come il diritto al lavoro, è un diritto assoluto riguardante la dignità umana;
il sistema pensionistico non solo deve garantire al lavoratore la trasparente ed equa distribuzione di quanto versato, ma anche l'effettività della riscossione dovuta;
questo secondo aspetto è ancora più rilevante se si riflette sull'età di chi va a riscuotere la pensione, di solito unica fonte di reddito;
risulta all'interrogante che in molti uffici postali, tra cui quello n. 93 sito a Roma alla via San Pantaleo Campano 63, qualora i pensionati si rechino a ritirare la pensione in un giorno diverso da quello previsto per il ritiro, vengono invitati a ritornare con la motivazione di mancanza di contante -:
se il Ministro interrogato non intenda, nell'ambito delle proprie facoltà di controllo, disporre indirizzi e iniziative affinché il servizio diretto alla riscossione delle pensioni sia effettivo e tempestivo.
(4-04470)

Risposta. - Si fa presente che la società Poste Italiane - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha precisato che da tempo è stata adottata, presso tutti gli uffici postali, una organizzazione delle operazioni di pagamento delle pensioni basata sulla diversificazione delle giornate di scadenza, in modo da evitare una eccessiva concentrazione di pensionati negli uffici, con i conseguenti disagi legati ai tempi di attesa inevitabilmente lunghi.
Ciò premesso, la medesima società ha significato che ai pensionati che si presentino a riscuotere in un giorno diverso da quello di scadenza viene comunque erogata


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la somma loro spettante purché l'ufficio sia dotato della liquidità necessaria.
È noto, infatti, che per scoraggiare atti criminosi nei confronti degli uffici e per garantire l'indennità dei propri dipendenti e della clientela, le sovvenzioni quotidianamente effettuate presso gli uffici postali sono commisurate ai pagamenti ed ai prevedibili incassi giornalieri.
Pertanto, poiché viene data la precedenza al pagamento dei ratei in scadenza, e solo successivamente si provvede alla corresponsione dei pagamenti non programmati, ai pensionati non compresi nell'elenco del giorno viene solitamente consigliato, al solo scopo di evitare loro disagevoli attese, di ritornare verso la fine dell'orario di apertura quando è prevedibile - e normalmente si verifica - che gli incassi permettano di avere somme sufficienti a soddisfare anche tali ulteriori richieste non calendarizzate.
Il suddetto comportamento, ad avviso della società, lungi dall'essere lesivo della dignità di tale categoria di utenti, appare adeguato ad assicurare l'espletamento del servizio in modo più efficiente e più attento alle esigenze della clientela.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

ROTUNDO, RUGGHIA, ROSSIELLO, LUIGI PEPE, RAVA e SANDI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il sito «Bufalaria» di proprietà ILVA spa, già sfruttato come cava per l'estrazione di calcare, è stato utilizzato come discarica dei rifiuti solidi urbani, della città di Martina Franca dal 1986 sino al marzo 1993;
esso ricade in zona «F2-3» con destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici di tipo agricola-boschiva. L'area è inoltre sottoposta a vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923 n. 3267 ed a vincolo di area boscata ex decreto ministeriale 21 settembre 1984, recepito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 e ricade in ambito territoriale esteso di tipo «B» secondo le indicazione del piano urbanistico approvato con delibera di giunta regionale n. 1478 del 15 dicembre 2000;
l'esigenza di pervenire alla bonifica del sito ex decreto legislativo n. 22 del 1997 ha spinto l'amministrazione di Martina Franca, in quanto soggetto responsabile, a dotarsi di adeguata progettazione, ex decreto ministeriale n. 471 del 1999, e delle risorse economiche necessarie;
a tal fine è stata redatta, da tecnici esterni, la progettazione definitiva di bonifica dell'ex discarica che è stata ammessa al finanziamento POR per l'annualità 2000-2001 per un costo totale di euro 2.065.827,60 (quattro miliardi di lire);
a seguito di detto finanziamento l'amministrazione di Martina Franca ha provveduto a dotarsi anche della progettazione esecutiva nei termini stabiliti dal decreto del commissario delegato per l'emergenza ambientale;
l'amministrazione di Martina Franca ore deve, quanto più rapidamente possibile, solo predisporre le procedure di gara per l'affidamento dei lavori e procedere all'appalto degli stessi pena la decadenza dal finanziamento POR;
inspiegabilmente l'amministrazione comunale non sta procedendo in tal senso ed anzi il procedimento sembra essersi arenato rischiando in tal modo di compromettere il lavoro finora svolto e di perdere l'importante finanziamento;
difatti, sebbene l'amministrazione di Martina Franca abbia approvato sia il progetto definitivo che quello esecutivo, alla base del finanziamento POR risulta all'interrogante che il commissario prefettizio non abbia ancora emanato il prescritto bando per l'assegnazione dell'appalto, in attesa di sapere dal commissario delegato per l'emergenza ambientale se vi sia o meno la possibilità, che per le vie brevi già si conosce essere inesistente, di variare il progetto già approvato senza perdere il finanziamento -:


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quali iniziative intenda adottare il Governo per evitare che l'area su indicata, attesi i vincoli gravanti e l'urgente necessità della sua bonifica e del ripristino ambientale, possa essere utilizzata dall'Ilva per coltivazione a cava.
(4-02302)

Risposta. - Sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Taranto e dal comune di Martina Franca (Taranto), si rappresenta che l'amministrazione comunale predetta ha redatto, ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999, un progetto di bonifica del sito di proprietà della società ILVA Spa, nel passato utilizzato come discarica di R.S.U., ubicato in località «Bufalaria» nel territorio del comune di Martina Franca (Taranto).
Tale progetto è stato approvato da parte del comune di Martina Franca (Taranto) con determina n. 416 del 13 novembre 2001.
In data 31 gennaio 2002, il commissario straordinario del comune di Martina Franca (Taranto) chiedeva al commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Puglia se vi fosse la possibilità di adottare una soluzione progettuale diversa da quella definita con il progetto esecutivo approvato.
Tale richiesta si basava sull'esigenza, espressa dalla società ILVA Spa, di poter disporre, ai fini della continuazione della coltivazione di cava di materiale calcareo, di parte delle aree interessate dal progetto di bonifica approvato.
Avendo il commissario governativo delegato dato riscontro negativo alla richiesta, il responsabile dell'ufficio tecnico comunale ha emesso, in data 14 marzo 2002, decreto n. 79 con il quale è stata disposta, in favore del comune di Martina Franca (Taranto), l'occupazione temporanea e di urgenza degli immobili necessari per l'esecuzione dei lavori di bonifica dell'ex discarica R.S.U., secondo il progetto esecutivo approvato con la suddetta determina dirigenziale n. 416 del 2001.
In data 8 aprile 2002 il comune ha proceduto, in presenza di un rappresentante dell'ufficio immobiliare dell'ILVA Spa, alla redazione dello stato di consistenza delle aree interessate dai lavori ed alla effettiva presa di possesso delle stesse.
A seguito dell'espletamento del pubblico incanto, che ha visto l'impresa AKRON Spa aggiudicataria dei lavori di bonifica dell'area in questione, in data 20 giugno 2002, si è proceduto alla consegna dei lavori medesimi che sono, a tutt'oggi, ancora in corso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RUSCONI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la straordinaria diffusione della specie nutria preoccupa sempre più amministratori locali e istituzioni delle provincie dell'area della Valle del Po;
gli amministratori locali hanno segnalato più volte la necessità di trovare una soluzione idonea al grave problema -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intraprendere le necessarie iniziative affinché la nutria sia considerata specie da eradicare e affinché le carcasse del roditore possano essere smaltite mediante interramento.
(4-04035)

Risposta. - Al momento, la specie Nutria risulta essere annoverata nell'elenco di cui all'articolo 18 della legge 157 del 1992 e, pertanto, ogni azione diretta all'abbattimento di questa specie è punito penalmente.
Per prevenire i danni cagionati dalle nutrie le amministrazioni provinciali e comunali hanno adottato, dapprima, metodi ecologici e, successivamente, nel caso non si fossero raggiunti risultati soddisfacenti, hanno fatto ricorso alle trappole o agli abbattimenti selettivi.
Malgrado gli interventi di contenimento attuati per controllare la specie, il fenomeno è ancora persistente.
Si rappresenta comunque, che su richiesta della direzione conservazione della natura


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di questo ministero, l'istituto nazionale per la fauna selvatica ha prodotto un documento specifico: «Linee guida per il controllo della Nutria» che, al momento, potrebbe essere un valido strumento di gestione in attesa di eventuali provvedimenti legislativi che potrebbero annoverare la nutria tra le specie cacciabili.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che;
lo schieramento di forze dell'ordine (pubblica sicurezza, carabinieri, guardia di finanza), comprendente elicotteri ed altre strutture militari, è apparso spropositato rispetto ad una manifestazione (quella di sabato 8 giugno) contro la fame nel mondo;
la manifestazione era, anche nelle previsioni, oltre che nelle dichiarazioni degli organizzatori, non violenta, democratica, qualitativamente partecipata da moltissime organizzazioni straniere ed importanti personalità della FAO, che sono rimaste, infatti, sconvolte dalle misure militari predisposte, tese a creare panico nella popolazione -:
quante risorse finanziarie siano state impiegate dal ministero dell'interno e dal Governo per tale spropositato ed inutile dispiegamento di forze.
(4-03179)

Risposta. - Si comunica che in occasione del «Vertice Mondiale sull'Alimentazione» della FAO, svoltosi presso la sede di Roma dal 10 al 13 giugno 2002, la questura ha pianificato e realizzato un complesso ed articolato dispositivo di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, reso necessario dalla presenza nella capitale di 80 capi di Stato e di Governo e di 120 delegati di vari paesi stranieri.
Al fine di prevenire ogni illegalità ed assicurare il regolare svolgimento del «summit», è stato attuato un complesso dispositivo di sicurezza, articolato nell'arco delle 24 ore, per il rafforzamento della vigilanza della sede della FAO e di tutti i luoghi ove si sono svolte iniziative collaterali, nonché delle sedi diplomatiche e degli obiettivi ritenuti, per la circostanza, comunque sensibili, quali gli alberghi ospitanti le personalità intervenute ed, infine, gli itinerari percorsi dai cortei delle auto di servizio.
Per quanto riguarda la manifestazione, con corteo, tenutasi il precedente 8 giugno 2002, indetta da diversi movimenti, alcuni riconducibili al "cartello no global", allo scopo di protestare contro le politiche, adottate nelle "sedi istituzionali" e dai "Paesi ricchi", per contrastare la fame nel mondo, è stato disposto l'ulteriore rafforzamento dei servizi di ordine pubblico e di vigilanza presso possibili obiettivi sensibili lungo tutto il percorso del corteo (da piazza della Repubblica a piazza della Bocca della Verità).
La manifestazione in argomento, così come tutto il vertice, si è svolta senza che venissero registrati episodi di rilievo sotto il profilo dell'ordine pubblico.
Complessivamente, il dipartimento della pubblica sicurezza di questo ministero ha sostenuto la spesa di 1.487.090 euro per il pagamento al personale delle forze dell'ordine impiegato in detti servizi di cui 666.190 euro per prestazioni di lavoro straordinario, 782.150 euro per l'indennità di ordine pubblico, e 38.750 euro per missioni. A queste si aggiunge la spesa di 1.831.073 euro, sostenuta per l'impiego dei necessari mezzi di supporto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

RUZZANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 10 e l'11 marzo 2002 la cooperativa So.La.Re., che raccoglie gli indumenti usati per la Caritas di Padova, ha subito un gravissimo attentato incendiario che ha distrutto tre camion;
il 21 maggio 2002 la cooperativa sociale «Amicizia» di Padova è stata oggetto di un attentato incendiario che ha


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distrutto due mezzi e danneggiato altri camion parcheggiati nel piazzale;
nella notte tra il 24 e il 25 maggio è stata lanciata una bottiglia molotov sulla porta della canonica della parrocchia di San Carlo a Padova che ha generato un incendio che solo per poco, non si è trasformato in una tragedia, dato che nell'edificio dormivano sia il parroco che il cappellano;
nella città di Padova questi atti violenti e intimidatori ai danni di organizzazioni impegnate nella società stanno assumendo una frequenza preoccupante, con gravissimi danni all'attività delle stesse che svolgono una insostituibile funzione sociale -:
se il Ministro sia a conoscenza di questi gravi episodi intimidatori che stanno avvenendo nella città e nella provincia di Padova;
cosa il Ministro intenda fare per garantire la sicurezza di chi opera, ogni giorno, per aiutare gli ultimi e combattere l'emarginazione.
(4-03025)

Risposta. - Si comunica che nella notte dell'11 marzo 2002, presso il parcheggio della sede operativa della cooperativa So.La.Re. (Solidarietà, Lavoro, Responsabilità), ubicata a Padova, sono stati incendiati tre camion telonati, tutti recanti la scritta "CARITAS città So.La.Re.". I veicoli in questione venivano utilizzati dall'anzidetta cooperativa per la raccolta di indumenti e beni di consumo da destinare agli indigenti e agli emarginati per conto della CARITAS.
L'episodio non è stato in alcun modo rivendicato, né gli accertamenti della polizia scientifica sono riusciti ad evidenziare elementi utili alle indagini. Gli investigatori stanno approfondendo le dichiarazioni del responsabile della cooperativa che ha, tra l'altro, riferito che un ex dipendente, allontanato nel settembre 2001, si era in più occasioni presentato presso gli uffici della So.La.Re. (l'ultima volta sette giorni prima dell'attentato in questione), minacciando i presenti.
Per quanto riguarda gli altri episodi evocati nell'interrogazione, il 21 maggio 2002 presso il capannone-deposito della cooperativa di trasporto e facchinaggio "Amicizia" di Padova, ignoti, con del liquido infiammabile, hanno dato fuoco ad alcuni automezzi di proprietà della predetta cooperativa, danneggiando due furgoni, due autocarri ed un trattore, nonché l'autovettura del responsabile della stessa.
Nella stessa sede della cooperativa vi è anche uno stabile adibito ad accoglienza di minori stranieri, affidati dal tribunale per i minorenni ad una comunità che fa capo ad un sacerdote molto noto in provincia per le sue attività a favore dei bisognosi e per il recupero e reinserimento di minori coinvolti in episodi criminosi.
Le indagini avviate, pur non trascurando l'ipotesi di una azione posta in essere da ditte concorrenti nel settore del trasporto e del facchinaggio, si sono subito orientate all'interno della stessa comunità.
Per quanto riguarda, infine, l'atto criminoso commesso ai danni della Chiesa di San Carlo il 25 maggio 2002, si comunica che ignoti hanno lanciato una piccola bottiglia in plastica, contenente liquido infiammabile e con un innesco fatto con una striscia di stoffa, contro il portone di accesso ai locali annessi al centro parrocchiale. L'attentato, che ha provocato lievi danni grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, non è stato rivendicato, ma gli inquirenti sono orientati a ritenere che possa avere matrice ritorsiva in relazione alle notizie apparse nei giorni precedenti sulla stampa locale, circa l'impegno di tale comunità parrocchiale contro lo smercio di sostanze stupefacenti nell'ambito del quartiere.
Su tutti gli episodi criminosi, che non appaiono connessi tra loro, è stata informata l'autorità giudiziaria competente.
Il 5 giugno 2002 il prefetto di Padova, ha tenuto un incontro, con il delegato episcopale ed alcune delle principali associazioni di volontariato locali, al fine di impostare strategie congiunte atte ad impedire il ripetersi di analoghe azioni di sabotaggio


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nei confronti delle numerose cooperative di solidarietà sociale operanti nella provincia.
All'incontro erano presenti anche i responsabili delle forze dell'ordine, che hanno assicurato il massimo impegno nelle indagini e nella vigilanza delle strutture.
È stato, tra l'altro, preso in considerazione il potenziamento delle misure di difesa passiva dei capannoni, attivando anche collegamenti tramite combinatore telefonico con le centrali operative della questura e dell'arma dei Carabinieri.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

SAGLIA, CANNELLA e GAMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
domenica 21 aprile 2002 nella città di Venezia si sia svolta una manifestazione non autorizzata ma ampliamente annunciata con affissione di manifesti abusivi da parte degli appartenenti al centro sociale Rivolta;
nel corso di questa manifestazione chiamata «festa della semina», che si è svolta all'interno di una parco pubblico nel quartiere Carpenedo-Bissuola a Mestre, sono stati dispersi nel terreno, da parte di un gruppo di giovani capeggiati da Luca Casarini, semi di canapa indiana con l'obiettivo di creare all'interno del detto parco pubblico una vera e propria coltivazione della suddetta pianta dalla quale derivano l'hascish e la marijuana;
il parco in questione è intitolato ad Alfredo Albanese, un poliziotto barbaramente assassinato a Mestre dalle Brigate Rosse nei primi anni '80 ed è incredibile che la sua memoria possa essere così calpestata;
una simile iniziativa si è ripetuta sia all'interno di un immobile di proprietà del comune di Venezia denominato «ex Paolini e Villani», sede del centro sociale autogestito Rivolta che in una piazza veneziana e precisamente in campo San Bortolomìo; in questo caso la canapa non è stata seminata, ma ne sono stati distribuiti i semi ai passanti affinché possano diventare «coltivatori diretti» della canapa, i cui derivati sono la marijuana e l'hascish, note sostanze stupefacenti;
la coltivazione della canapa, così come lo spaccio di droghe quali i citati derivati della canapa costituiscono reato. La cosiddetta legge Iervolino-Vassalli (legge n. 162 del 26 giugno 1990, inserita nel tasto unico sulle sostanze stupefacenti con decreto n. 309 del 9 ottobre 1990, considera la coltivazione di cannabis (canapa indiana) a qualsiasi titolo un reato penale;
dal quotidiano locale la nuova Venezia si apprende che la Digos della questura di Venezia ha inviato un fascicolo all'autorità giudiziaria -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
per quale ragione le forze dell'ordine non siano intervenute ad impedire questo increscioso spettacolo davanti agli occhi inorriditi di intere famiglie che domenica 21 aprile 2002 popolavano il grande parco di Mestre;
perché le stesse forze politiche si siano limitate attraverso la polizia politica ad inviare un fascicolo alla procura, permettendo di fatto che Venezia sia diventata per un giorno una città in cui le leggi vengono ignorate anche da chi è pagato per vigilare sul loro rispetto.
(4-02790)

Risposta. - Si comunica che nel pomeriggio del 21 aprile 2002, nel parco "Alfredo Albanese" di Mestre, circa quaranta aderenti al locale centro sociale hanno posto in essere una manifestazione, denominata Canapa-day, che è consistita nello spargere platealmente semi, asseritamente di canapa nei prati circostanti.
Nell'occasione, i dimostranti hanno anche allestito un improvvisato banchetto, sul quale hanno posizionato un impianto stereofonico, esponendo striscioni e vessilli raffiguranti una foglia di canapa e la scritta


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"Lega Lizza" e scandendo slogan a favore dell'uso della canapa.
Analoga manifestazione è stata tenuta a Venezia, in campo San Bartolomeo, ove i manifestanti si sono limitati a consegnare ai passanti sacchettini contenenti semi, asseritamente di canapa.
Le iniziative avevano, apparentemente, lo scopo di propagandare l'uso commerciale nel settore tessile del vegetale e dei suoi derivati, ma, in realtà, tendevano ad ottenere consensi per la legalizzazione delle cosiddette droghe leggere, analogamente a quanto avvenuto in precedenti edizioni della "giornata nazionale della semina".
Il personale della digos della questura di Venezia non ha ravvisato nelle condotte dei manifestanti gli estremi per procedere ad un intervento immediato nei loro confronti, anche per evidenti ragioni di ordine pubblico, attesa la presenza di numerose famiglie con bambini.
In particolare, secondo quanto ampiamente accertato in materia di sostanze stupefacenti, i semi di canapa, a differenza delle foglie e delle infiorescenze della pianta, non sono considerati come droga, al punto tale che il loro eventuale rinvenimento non può essere sottoposto a sequestro.
In proposito, la suprema corte di cassazione ha ritenuto, nella sentenza 1o settembre 1998, nel senso che il loro semplice possesso non è di per sé idoneo ad integrare il reato di coltivazione e produzione di sostanza stupefacente, (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309) "neppure nella fattispecie del tentativo, in quanto dal semplice possesso non è possibile dedurre con certezza l'effettiva destinazione del seme".
Non è stato ritenuto configurabile neanche il reato di propaganda pubblicitaria di sostanze stupefacenti, sanzionato dall'articolo 84 del precitato testo unico, in quanto la condotta posta in essere dai manifestanti si è concretizzata nella forma di un pubblico dibattito, durante il quale gli stessi, non citando mai la "marijuana", né il principio attivo in essa contenuto, hanno solo discusso della "canapa", senza mai nominare le sue derivazioni vietate.
Ad ogni modo, attesa la complessità della normativa di settore, si è provveduto ad informare la competente autorità giudiziaria.
Si segnala, infine, che nelle precedenti analoghe iniziative le analisi chimiche sui semi distribuiti hanno dato esito negativo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

SERENI, CALZOLAIO e SPINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Direttiva Europea 486/77 invita gli stati membri a «promuovere, coordinandolo con l'insegnamento normale, un insegnamento della madrelingua e della cultura del paese d'origine» a favore delle famiglie dei lavoratori provenienti da altri stati membri e in cooperazione con i paesi d'origine;
tale Direttiva, per altro mai recepita da paesi di grande interesse per gli emigrati italiani, come il Belgio, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna ed altri, aveva trovato un'importante corrispondenza nella legge 17 giugno 1992 a garanzia dei criteri di qualità nelle scuole del Land dell'Assia, che aveva di conseguenza aperto le porte ad un'esperienza educativa di avanguardia, capace di proporsi come positivo riferimento alle altre realtà regionali tedesche;
il recente programma d'azione presentato dalla Commissione Europea per favorire sia la mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE che la creazione di veri e propri mercati del lavoro europei accentua le problematiche educative legate alle migrazioni di nuclei familiari;
una diversa legge di quest'anno del Land dell'Assia ha sancito la rinuncia alla promozione della lingua d'origine in connessione con il tedesco, mettendo i bambini


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nella condizione di essere giudicati solo dalla mancanza della conoscenza del tedesco;
un orientamento di questo genere non solo priva le istituzioni educative tedesche del modello di integrazione linguistico-culturale più avanzato fin ora realizzato in Germania, ma contribuisce ad accentuare il fenomeno della collocazione dei bambini italiani nelle scuole differenziali, già così diffuso ed intenso;
non sono stati emanati ancora i regolamenti applicativi della legge del Land dell'Assia del 2002 e, quindi, è ancora possibile limitare le negative conseguenze della legge in questione -:
con quali iniziative il Governo intenda sostenere l'orientamento della Commissione Europea sullo sviluppo delle attività di integrazione multiculturale che saranno richieste in relazione alla creazione di nuovi mercati del lavoro a livello europeo;
in quali forme il Governo intenda intervenire sulle autorità dei paesi dove sono presenti le maggiori comunità italiane che non ancora recepiscono la Direttiva 486/77 affinché soddisfino, in linea di diritto e di fatto le esigenze in essa indicate;
quali urgenti contatti il Governo intenda assumere nei confronti delle competenti autorità tedesche affinché tengano conto dell'opportunità di non smantellare un'esperienza educativa preziosa sul piano culturale ed indispensabile per migliaia di famiglie italiane.
(4-02986)

Risposta. - Il processo di integrazione europea in ambito educativo si va progressivamente orientando verso la creazione di uno spazio comune in cui, pur nel rispetto delle diversità culturali e linguistiche, si possa concretamente realizzare una "dimensione europea dell'istruzione".
Gli Stati membri, pur nel rispetto della loro responsabilità per quanto riguarda i contenuti e l'organizzazione dei sistemi di istruzione, sono sollecitati a rimuovere gli ostacoli che impediscano la libera circolazione degli studenti ed il reciproco riconoscimento dei diplomi e dei periodi di studio, nonché a promuovere la cooperazione e i programmi europei di scambio tra istituti di formazione, insegnanti e studenti.
Al fine di favorire la mobilità in uno spazio caratterizzato dalla molteplicità linguistica e dalla diversità delle tradizioni culturali, si ritiene pertanto necessario incrementare la conoscenza delle lingue straniere e gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie affinché entro il 2010 sia possibile offrire a tutti gli studenti l'insegnamento di almeno due lingue straniere.
In questo quadro, la direttiva europea 486 del 1977 costituisce uno strumento per la creazione dei diritti individuali e lascia inalterata la libertà degli Stati membri di strutturare la politica in materia di istruzione "conformemente alle loro situazioni nazionali ed ai loro ordinamenti giuridici". La predetta direttiva impegna infatti gli Stati membri al rispetto di taluni requisiti minimi, senza però limitare il loro margine decisionale per quanto riguarda la politica dell'istruzione. Peraltro, non pone alcuna limitazione circa la varietà dei modelli organizzativi e didattici concepibili per dare applicazione alla direttiva comunitaria.
Tale direttiva, ispirata anche dalla necessità di alleviare le condizioni di minorità sociale in cui si trovavano i lavoratori migranti ed i loro figli, invita gli Stati membri a prendere misure appropriate perché da un lato sia offerta "un'istruzione d'accoglienza gratuita che comporti in particolare l'insegnamento adattato alle esigenze specifiche di queste persone della lingua o di una delle lingue ufficiali dello Stato ospitante", e dall'altro si promuova "coordinandolo con l'insegnamento normale, un insegnamento della madrelingua e della cultura del paese d'origine".
I Länder della Germania, ad esempio, hanno recepito tale ultimo invito secondo diverse modalità, che si riferiscono sostanzialmente a due distinti percorsi:
a) l'assunzione da parte dei Länder di personale idoneo per la promozione ed il mantenimento della cultura di origine: nel


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Nord Reno-Westfalia, Baviera, Bassa Sassonia, Amburgo tale processo è stato appena avviato;
b) il contributo dei Länder alle attività di cui trattasi con l'assegnazione di fondi alle Rappresentanze diplomatico-consolari italiane, oppure agli Enti gestori di attività linguistico-culturali.

La rappresentanza diplomatica in Germania utilizza nei confronti delle autorità tedesche tutti gli strumenti affinché la direttiva comunitaria suddetta venga recepita dai Länder nei modi più incisivi ed efficaci possibili a favore degli scolari di origine italiana. In particolare, l'ambasciata d'Italia a Berlino sta studiando le modalità per riaprire la concertazione a livello federale attraverso la rivitalizzazione delle Commissioni miste locali italo-tedesche. L'agenda prevede tre punti all'ordine del giorno:
a) il mantenimento della lingua e della cultura di origine;
b) il potenziamento della lingua e della cultura del Paese ospitante;
c) la possibilità di avviare una riunione di indagine per individuare le cause recenti che determinano l'alta percentuale di allievi italiani iscritti nelle scuole speciali.

Il primo punto in agenda mira ad ottenere che la lingua italiana non sia appendice rispetto al curricolo, ma diventi piuttosto componente di pari dignità nel corso di studi, opzione, questa, che conferirebbe visibilità alla lingua e alla cultura italiana e consentirebbe agli stessi allievi di non sentirsi collocati in un percorso aggiuntivo e facoltativo che, ai fini della carriera scolastica, rivesta scarso valore.
In generale, le norme prodotte in alcuni Stati o regioni in applicazione della direttiva sopra citata e specialmente nei casi in cui abbiano consentito di realizzare esperienze innovative e soddisfacenti dal punto di vista sociale ed educativo, se da un lato possono apparire rispondenti ad un contesto sociale ormai modificato o in via di modificazione, dall'altro possono e debbono essere integrate nel nuovo contesto di un'Europa intesa come società della conoscenza, plurilinguistica e multiculturale, in linea con il principio che la cittadinanza europea non deve sopprimere, ma anzi tutelare e valorizzare le diversità linguistiche e approfondire l'integrazione multiculturale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

SQUEGLIA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nella città di Marcianise (Caserta), 40.000 abitanti, fortemente industrializzata per la presenza sul territorio del polo di sviluppo più importante del Sud, sede di tribunale, dell'interporto Sud-europa, di facoltà universitaria e di quasi tutti i tipi di istituti di II grado, allo stato ci sono tre uffici postali, uno centrale e due periferici, ancora carenti per le ristrettezze degli spazi, per l'esistenza di barriere architettoniche e privi di indicazioni di «uscita di sicurezza»;
esiste un quarto ufficio postale, ma questo è ubicato nell'area industriale e precisamente all'interno del perimetro del centro orafo «Tarì», e, quindi, praticamente, inutilizzabile dalla cittadinanza sia per la lontananza sia perché il centro è accessibile solo ai clienti del centro stesso;
allo stato, quindi, esistono solo 8 sportelli operativi, e non 16 così come l'amministrazione delle poste afferma di avere;
mediamente i tempi di attesa per gli utenti, si attestano sui sessanta minuti ed in compagnia di molte decine di utenti, accalcati o in fila contenuta in percorso obbligato: a volte lo spazio degli uffici non è sufficiente ad accoglierli, cosicché la calca arriva anche all'esterno dell'ufficio;
anziani e disabili sono costretti a stare in piedi con sofferenza, impossibilitati a sedersi per non perdere il posto;


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le difficoltà e i disagi dei cittadini si sono manifestati, a volte, con malesseri e svenimenti, altre volte hanno dato luogo a escandescenze, conclusesi con interventi delle forze di pubblica sicurezza;
su questo problema nel tempo ci sono state numerose interrogazioni e mozioni in consiglio comunale, pubbliche raccolte di firme e numerosi interventi di denuncia riportati dalla stampa locale;
il disagio complessivo dell'utenza normale è riconducibile anche alla nuova logica delle Poste che si pone principalmente come ente bancario, impegnando per questa finalità buona parte del lavoro degli addetti agli sportelli, di già insufficienti;
per i clienti dei servizi bancoposta sono previsti percorsi privilegiati e questo non solo riduce a solo cinque gli sportelli riservati alle normali e «vecchie» operazioni, i cosiddetti servizi universali, ma finisce con l'esasperare ulteriormente l'utenza «normale» che si sente discriminata e ridotta a categoria B rispetto a cittadini privilegiati e di categoria A -:
se le Poste italiane abbiano vincoli o indirizzi nella gestione del servizio rispetto ai diritti dei cittadini;
quali iniziative il Governo intenda assumere per rendere accettabile l'importante servizio postale, affinché siano eliminati così i quotidiani disagi che una laboriosa comunità è costretta a sopportare.
(4-03449)

Risposta. - Si ritiene opportuno far presente che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato relativamente alla gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Il Ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - infatti, ha, tra i propri compiti, quello di verificare la qualità del servizio universale erogato da Poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare, nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati, idonei strumenti sanzionatori.
Ciò premesso - in linea generale, per quanto riguarda la specifica situazione della località Marcianise la società Poste - interessata al riguardo - ha precisato che nel territorio comunale in parola sono attualmente attivi quattro uffici postali uno dei quali (Marcianise succursale 3) è ubicato all'interno del centro orafo "il tarì", del quale possono usufruire i 450 operatori economici che operano nel consorzio e la clientela del centro.
Quanto al numero degli sportelli a disposizione della clientela la predetta società ha fatto presente che, anche senza tenere conto dell'ufficio posto nell'area commerciale suddetta, gli sportelli operativi delle altre tre sedi sono complessivamente 17 così suddivisi:
a) Marcianise centro è dotato di 6 sportelli riservati alle operazioni di bancoposta e 2 ai servizi postali, cui si aggiungono una sala di consulenza e un cash dispenser esterno attivo ventiquattro ore su ventiquattro per prelievi, ricariche telefoniche e liste movimenti contabili;
b) Marcianise succ. 1 è dotato di 4 sportelli dedicati alle operazioni di bancoposta e 1 riservato ai servizi postali;
c) Marcianise succ. 2 è dotato di 3 sportelli-bancoposta e 1 sportello per i servizi postali.

Considerato che la popolazione locale ammonta a circa 38.350 abitanti la media delle famiglie servite quotidianamente da ogni sportello - sempre senza tenere conto della succursale 3 - è di 459, numero inferiore alla media nazionale ottimale che,


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secondo quanto riferito dalla medesima società, si attesta fra le 500 e le 600 famiglie.
Quanto al lamentato trattamento privilegiato per gli utenti dei servizi bancoposta, Poste italiane ha chiarito che nell'ambito del cosiddetto progetto SPRINT, nell'ufficio di Marcianise centro sono stati attivati ulteriori tre sportelli dedicati principalmente ai clienti titolari di conto corrente postale ma che, ovviamente, sono a disposizione anche di tutta la clientela.
In merito, infine, all'idoneità delle strutture in cui sono ubicati gli uffici la ripetuta società ha significato che la succursale 1 - già in passato sottoposta ad interventi di
lay out - subirà ulteriori interventi migliorativi il prossimo anno, la succursale 2 è stata recentemente trasferita in locali più ampi e funzionali, mentre la succursale 3 risponde pienamente alle esigenze aziendali in quanto priva di barriere architettoniche e dotata di strutture adeguate.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

STUCCHI. - Al Ministro per le attività produttive, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione del comune di Filago in provincia di Bergamo sta affrontando la questione relativa ad un possibile insediamento sul proprio territorio di una centrale termoelettrica a ciclo combinato da 800 MW;
il consiglio comunale di Filago, all'unanimità, con delibera del 14 giugno 2002 - «Parere del consiglio comunale su nuovi insediamenti industriali (centrale a ciclo combinato per la produzione di energia elettrica)», sostenuta da un documento tecnico di accompagnamento - ha ritenuto che questa ipotesi di insediamento debba essere rigettata a causa della natura e delle dimensioni dell'impianto e per non compromettere ulteriormente la situazione del territorio comunale penalizzato già ora dalla presenza di numerose industrie chimiche con notevole impatto ambientale;
l'amministrazione, in particolare, ricorda come, per un discorso di pubblica utilità, il comune abbia già dovuto accettare l'insediamento di un inceneritore di rifiuti speciali pericolosi con una potenzialità annua sino a 70.000 tonnellate;
il già citato polo chimico di Filago, alla luce delle sue rilevanti dimensioni, ha contribuito negli anni a compromettere in modo significativo la qualità dell'ambiente nel territorio comunale e in tutta la zona dell'isola bergamasca;
la ricaduta nella zona delle emissioni di questo eventuale nuovo impianto, sommata con quelle degli esistenti impianti di incenerimento rifiuti di Dalmine di Trezzo sull'Adda e quello di rifiuti speciali di Filago - in un ambito territoriale ristretto, definito sia dalla provincia che dalla regione come «area sensibile» e soggetta a risanamento - non concorrerebbe certamente a garantire la salute dei cittadini e la qualità dell'ambiente -:
se non ritenga opportuno escludere il territorio del comune di Filago, e più generale tutta la zona dell'isola bergamasca, dalle autorizzazioni per la costruzione di nuove centrali termoelettriche.
(4-03824)

Risposta. - La richiesta di energia elettrica è caratterizzata da un sempre crescente andamento del fabbisogno, confermato anche dalle recenti rilevazioni statistiche (incremento dell'energia richiesta sulla rete: 2000 + 4,5 per cento 2001 + 2,6 per cento - dato provvisorio -). A sua volta, la punta massima del fabbisogno in potenza ha evidenziato incrementi di entità ancora maggiore, passando dai 49.000 MW, registrati il 20 dicembre 2000, ai 52.000 MW registrati lo scorso 11 dicembre. Peraltro, nel corso della recente stagione estiva, in concomitanza degli elevati valori di temperatura e di umidità registratisi nella seconda quindicina dello scorso mese di giugno, è stata registrata una punta della


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richiesta di energia elettrica di oltre 51.000 MW, paragonabile, quindi, alla punta invernale.
L'offerta effettiva di potenza stimata dal Gestore della rete di trasmissione nazionale per l'anno 2000 è di 53.400 MW rispetto ai 75.000 MW di potenza installata.
La pur notevole differenza è dovuta a ragioni obiettive quali, in particolare, la fonte energetica primaria, particolarmente incidente nel caso delle fonti idroelettriche ed eoliche, nonché la obsolescenza di alcuni impianti.
Pertanto, ai generali obiettivi di diversificazione delle fonti primarie di energia e di riduzione dei costi nella produzione di energia elettrica, si aggiunge l'immediata necessità del rafforzamento del parco di generazione al fine di evitare crisi ed interruzioni della fornitura di energia elettrica, soprattutto nel prossimo triennio.
Per far fronte a tale emergenza nel medio termine, il Governo ha recentemente adottato il decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge 9 aprile 2002, n. 55, (cosiddetto decreto "sblocca centrali"), che ha permesso di ricondurre in unico procedimento, dai tempi certi e definiti, la valutazione delle varie iniziative energetiche proposte per nuove centrali, ivi comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio dell'impianto medesimo.
Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al pregiudiziale espletamento della procedura di valutazione dell'impatto ambientale e al raggiungimento di un'intesa con la Regione interessata; inoltre, nel corso del procedimento, sono obbligatoriamente acquisiti i pareri motivati del comune e della provincia nel cui territorio ricade l'impianto.
Peraltro, il 5 settembre 2002 è stato sancito un accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane per "l'esercizio dei compiti e delle funzioni di rispettiva competenza in materia di produzione di energia elettrica", in cui sono individuati criteri generali di valutazione dei progetti presentati per l'autorizzazione e definite linee comuni per l'espletamento delle attività amministrative, di rispettiva competenza, in materia di produzione di energia elettrica.
Per quanto riguarda specificatamente l'insediamento di un impianto di produzione di energia elettrica nel territorio del comune di Filago, provincia di Bergamo, per il quale è stata presentata richiesta di autorizzazione da parte della società Entergy, si fa presente che è stato avviato il procedimento amministrativo in base alla citata legge n. 55 e che l'11 luglio 2002 si è tenuta la prima riunione della conferenza di servizi. Il progetto riguarda la realizzazione di una centrale a ciclo combinato, della potenza elettrica di circa 760 MW, da realizzare nel territorio del comune di Filago, unitamente ad un metanodotto della lunghezza di circa 350 m ed un elettrodotto della lunghezza di circa 6 km.
Nel corso della riunione sopra richiamata sono emerse alcune caratteristiche del progetto presentato, quali, ad esempio, la possibilità di utilizzare un sito già destinato per usi industriali, attualmente impegnato parzialmente dalla società UVIGAL, che verrebbe così riqualificato.
Riguardo a tale iniziativa, gli enti locali, ossia i comuni interessati e la provincia di Bergamo, hanno espresso nel corso della conferenza una posizione non favorevole, in considerazione dell'elevato numero di attività industriali operanti sul territorio e della conseguente necessità che la regione effettui una programmazione in materia energetica e territoriale. È stata, inoltre, condivisa dagli stessi enti locali una mozione approvata dalla provincia di Bergamo nella quale si esprime parere negativo in ordine alle proposte di insediamento di impianti di produzione di energia elettrica sul territorio provinciale, in assenza di un "Piano regolatore energetico".
È bene sottolineare che tale posizione esprime una pregiudiziale di carattere generale ed è preliminare alla valutazione tecnica del progetto, appena iniziata.
Il progetto dell'impianto è, infatti, attualmente sottoposto alla valutazione di compatibilità ambientale da parte del ministero dell'ambiente con il concerto del ministero per i beni e le attività culturali; in tale sede saranno tenuti in considerazione


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gli interessi di tutela dell'ambiente e della salute e valutato l'impatto dell'intervento proposto sul territorio, tenendo conto anche delle altre realtà industriali e degli impianti di incenerimento rifiuti già presenti.
In merito alla realizzazione dell'iniziativa in questione, risulta che sono state sollevate anche obiezioni di carattere generale, improntate sul fatto che la Regione Lombardia - che non ha ancora definito il proprio piano energetico regionale - registra un deficit di produzione di energia elettrica dell'ordine del 38 per cento rispetto alla domanda interna, mentre le centrali proposte sul territorio regionale produrrebbero un quantitativo di energia elettrica notevolmente superiore a tale deficit. Al riguardo, si osserva che la mancanza di un piano energetico regionale - strumento di programmazione che peraltro poco si armonizza con la liberalizzazione dell'attività di produzione di energia elettrica, sancita dal decreto legislativo n. 79 del 1999 regolante il mercato interno dell'energia elettrica - non appare ostativa alla valutazione tecnica dell'impianto.
Il recente accordo tra Stato, regioni ed enti locali fornisce, comunque, sufficienti criteri per una corretta valutazione delle proposte presentate, sotto un profilo anche di coerenza con le esigenze del territorio.
Peraltro, ferma restando la possibilità che la regione Lombardia si doti di uno strumento di indirizzo e programmazione di carattere generale non si ritiene di dover rapportare ogni iniziativa esclusivamente al fabbisogno locale o regionale, in quanto ciò sarebbe frutto di una visione impropria del sistema energetico che, in quanto sistema a rete, possiede una dimensione sicuramente sovraregionale se non addirittura europea, nonché causa di sicure inefficienze di sistema, dovendo per paradosso tendere ad un'autosufficienza non di Paese ma di micro-area.
In ogni caso, la richiesta di escludere il comune di Filago e, più in generale, tutta la zona del bergamasco dagli iter di autorizzazione per la costruzione di nuove centrali termoelettriche, non appare compatibile con l'attuazione di una legge appositamente emanata per fronteggiare una situazione di criticità strutturale che i dati ufficiali sul settore elettrico dimostrano ampiamente.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

TUCCI e VOLONTÈ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 dell'8 marzo 1999 ha abrogato, a far data dal 1 settembre 2000, il comma 6 dell'articolo 129 del decreto legislativo n. 297 del 1994 che consentiva alle Direzione Didattiche di articolare lo svolgimento delle attività scolastiche in sei giorni la settimana con orario antimeridiano continuato;
per effetto di tale provvedimento le direzioni didattiche sono obbligate a prevedere almeno un rientro pomeridiano;
tale obbligo, in realtà, produce effetti di grave disagio, sia per le famiglie che sono costrette ad accompagnare ed a prelevare i bambini due volte nello stesso giorno, sia per le Amministrazioni Comunali che, per venire incontro alla famiglia dovrebbero accollarsi ulteriori oneri quali l'istituzione della mensa, lì dove non c'è, ed il potenziamento del trasporto;
il provvedimento contrasta altresì, con quanto previsto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 il quale specifica la natura e gli scopi dell'autonomia scolastica, che «si sostanzia nella progettazione e realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema d'istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo d'insegnamento e di apprendimento»;


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il comma 3 dell'articolo 5 del citato «Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche...», stabilisce che l'orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in maniera flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie;
risulta quindi in contraddizione disporre, ai sensi dell'articolo 129, comma 5 del decreto legislativo n. 297 del 1994, un'articolazione dell'orario di funzionamento dell'attività didattica nella scuola elementare, con un orario antimeridiano e pomeridiano ripartito in cinque o in sei giorni della settimana che prevede un rientro pomeridiano obbligatorio, anche quando tale rientro non viene ritenuto opportuno dal corpo docente e dalle stesse famiglie, i quali sarebbero orientati, invece, verso un prolungamento dell'orario antimeridiano distribuito lungo tutto l'arco della settimana;
esautorando di ogni responsabilità decisionale i docenti e le famiglie, si pongono vincoli che non garantiscono automaticamente il successo formativo degli alunni e nel contempo si ignorano le peculiarità dei contesti sociali e culturali di appartenenza -:
quali determinazioni intenda assumere con urgenza per ridare serenità alle famiglie degli alunni che frequentano le scuole elementari.
(4-04476)

Risposta. - Come già evidenziato dall'interrogante prima dell'abrogazione delle disposizioni contenute nel 6o comma dell'articolo 129 del decreto legislativo n. 297 del 1994, recante il testo unico in materia di istruzione, era consentito nella scuola elementare in via transitoria e straordinaria di poter derogare all'obbligo di svolgere le attività didattiche in orario antimeridiano e pomeridiano, previsto dal comma 5o dello stesso articolo 129 ed adottare quindi l'orario antimeridiano continuato in sei giorni della settimana.
L'abrogazione di detto comma, disposta espressamente dall'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n. 275 recante il regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59, non consente più di poter organizzare le attività didattiche esclusivamente in fascia antimeridiana.
Il processo di riforma del sistema scolastico in atto restituirà totalmente alle istituzioni scolastiche della scuola elementare il potere di autonomia organizzativa anche in questo campo.
Il progetto nazionale di sperimentazione, attivato con decreto 18 settembre 2002, ai sensi dell'articolo 11 del succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999, al fine di accompagnare detto processo di riforma, prevede già che le n. 200 istituzioni scolastiche statali interessate possono organizzare liberamente gli orari delle attività didattiche anche nella sola fascia antimeridiana.
Ad ordinamenti scolastici riformati tutte le istituzioni scolastiche potranno adottare eventualmente in piena autonomia detta modalità di svolgimento delle attività didattiche.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

VALPIANA, ANNA MARIA LEONE e ZANELLA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sullo storico impianto ex Polisportivo del Littorio-O. Verzaro, di Badia Polesine, realizzato nel 1928, potrebbe essere in atto una forma di speculazione edilizia che, oltre a favorire pochi interessati a scapito degli interessi generali della collettività cittadina, vedrebbe in primo luogo, una forte riduzione del già riconosciuto «notevole interesse storico» dello stadio;


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in data 12 marzo 2001 la Soprintendenza di Verona ha emesso una declaratoria finalizzata a vincolare, non tanto quanto presente sull'intera area originaria dell'ex Polisportivo (mappale 120 e 198), ma solamente una porzione dell'impianto, per una estensione di circa 10.000 mq;
in un'area di tali dimensioni non sarebbe affatto praticabile il gioco del calcio fino alla serie «C», contrariamente a quanto fu invece dichiarato dalla stessa Amministrazione Comunale di Badia Polesine;
in data 26 aprile 2001 la Soprintendenza di Verona inviò all'Ufficio centrale del Ministero per i beni e le attività culturali una comunicazione tramite la quale si apprendono gli esiti di un sopralluogo effettuato all'ex Polisportivo e al seguito del quale fu emessa la suddetta declaratoria;
in detta comunicazione viene sminuito l'ormai riconosciuto valore storico e artistico dello stadio e sono contenute anche numerose contraddizioni e inesattezze tese a dimostrare come:
«... l'area originariamente di pertinenza del fabbricato sia stata totalmente modificata rispetto all'impostazione e alle attività sportive per le quali era stata costruita...», (un'affermazione non vera se non si considera che anche le attività sportive, con il passare degli anni cambiano); «... sia stato edificato ...un corpo di fabbrica adibito agli spogliatoi e collocato sul fondo del campo», (assolutamente estraneo all'area dell'ex Polisportivo, essendo collocato sull'area appartenente al mappale 867); la pista podistica, nella comunicazione ritenuta allo stato attuale «...non più riconoscibile», (è invece segnalata da una lunghissima palizzata che la contorna e, tra l'altro, su quella pista, nel mese di maggio 2001 è stata organizzata dal Provveditorato agli studi di Rovigo e regolarmente disputata una gara podistica in occasione dei giochi studenteschi; il campo di calcio «... non è più riconoscibile», (mentre il Polisportivo del Littorio non fu edificato ad uso esclusivo del football, e il campo di rugby presente attualmente sia di dimensioni maggiori del precedente campo di calcio); «un fatiscente campo da tennis di modeste dimensioni... collocato su una porzione marginale di terreno» (impianto riconducibile sin dalle origini al Polisportivo è ancora oggi di dimensioni regolamentari); «... dopo la seconda guerra mondiale lo stesso fabbricato sportivo manifestava... uno stato di abbandono increscioso, al quale si era cercato di porre rimedio con interventi che ne hanno alterato la lettura architettonica originaria...», (tra il 1945 e il 1950 vi hanno giocato due formazioni cittadine una di serie C e una di Prima Divisione con tribune in grado di ospitare, ad ogni singola gara, un pubblico medio di circa 500 spettatori, su una capienza totale di circa 700); il complesso ex Polisportivo fosse «...tutto cinto da muro» (cosa assolutamente confutabile, da fonti di archivio e da fotografie d'epoca; al Polisportivo, detta muratura è all'epoca della costruzione, come ancora oggi, - a parte i tratti abbattuti a causa di insediamenti residenziali - era unicamente sul lato delle tribune, per una lunghezza di circa 200 metri, mentre i rimanenti lati dello stadio erano cintati da una rete metallica) -:
per quale motivo si permetta la distruzione di uno dei primi stadi italiani, autentica testimonianza dell'architettura del Ventennio, non riconoscendogli l'adeguato campo da gioco, facilmente ricostruibile, e addirittura rilevando, in sede di sopralluogo, la presenza di un edificio presente, invece, in un altro mappale;
per quale motivo non si riconosca una pista podistica lunga circa 300 metri nonostante essa sia ben visibile e contornata, per tutta la sua estensione, da una staccionata;
per quale motivo si permetta l'abbattimento di una cinta muraria monumentale, così strettamente connessa all'opera architettonica in argomento, al fine di consentire la realizzazione di due carreggiabili, le quali, una volta realizzate, modificherebbero in modo radicale il paesaggio


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esistente, inserito, tra l'altro (per circa 80 metri), all'interno della fascia di tutela ex legge Galasso;
per quale motivo nella declaratoria si dichiara che lo stadio era tutto cinto di mura, nonostante esse siano presenti, fin dall'origine, solo su un lato;
per quale motivo nella declaratoria su richiamata non si estenda il vincolo di tutela indiretta, ai sensi dell'articolo 49 della legge n. 490 del 1999, all'intero mappale 120, oltre all'edificio di cui al mappale 198, rendendo così lo stadio in grado di assolvere alle sue funzioni originarie.
(4-02333)

Risposta. - La Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza ha reso noto che il provvedimento di dichiarazione d'interesse, emanato il 12 marzo 2001, riguardante l'ex Polisportivo del Littorio "O. Verzaro", è stato motivato dalla volontà di salvaguardare il fabbricato sportivo, quale significativa espressione architettonica di stile littorio.
A tal fine, per non decontestualizzare lo storico edificio e dare adeguata garanzia al rispetto ed al decoro del medesimo, la tutela è stata estesa sia all'originario muro di recinzione prospiciente la strada, che ad un'area ritenuta di pertinenza della struttura, contraddistinta da parte della particella 120.
Tale area, di superficie pari a mq 10.000, secondo le indicazioni fornite dall'ente proprietario, corrisponde alle dimensioni di un regolare campo di calcio per la serie C.
La Soprintendenza, a seguito dell'esame della documentazione esistente e delle verifiche effettuate sul luogo, è pervenuta alla determinazione di non estendere il vincolo di tutela, ai sensi dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 490 del 1999, alla rimanente porzione del suddetto mappale, in quanto l'area in oggetto ha subito delle significative alterazioni a causa di incisivi interventi edificatori.
Per quanto riguarda la presenza di un corpo di fabbrica adibito a spogliatoi in prossimità del campo sportivo, non rappresentato graficamente sugli estratti catastali, il competente ufficio periferico concorda con l'interrogante nell'individuarne la collocazione al limite della particella 867, contigua alla citata particella 120, ma estranea al compendio in argomento. Concorda, altresì, nel rilevare che la recinzione in muratura è presente solo sul lato dello stadio confinante con via Roma.
In merito alla pista podistica, la Soprintendenza informa che tale circuito è privo del fondo in terra battuta e l'attuale fondo erboso si uniforma con quello dell'adiacente campo da
rugby; inoltre, la presenza solamente di alcuni tratti di palizzata in legno non ne consente l'individuazione in modo inequivocabile.
Per quanto attiene al pericolo di abbattimento della cinta muraria ai fini della realizzazione di due carreggiabili, in area inserita per circa 80 metri all'interno della fascia di tutela della ex legge 8 agosto 1985, n. 431, si evidenzia che la competenza in materia è stata sub-delegata dalla regione Veneto ai comuni (legge regionale n. 63 del 1994).
Si rende noto infine che, a tutt'oggi, al ministero interrogato non è pervenuto alcun progetto edificatorio attinente l'area.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giuliano Urbani.

ZANOTTI, GIACCO, GRIGNAFFINI, CAPITELLI e SASSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa gli interroganti hanno appreso della preannunziata e imminente chiusura della rivista Infanzia, edita dalla casa editrice La Nuova Italia;
tale rivista costituisce uno strumento di confronto e di riflessione di grande rilevanza scientifica e culturale su tutti i temi riguardanti l'infanzia e le politiche di intervento e sostegno a favore dei bambini;
la rivista Infanzia, la cui lunga storia, ha raccolto il contributo e la collaborazione di insigni pedagogisti, educatori ed esperti del settore e ha fatto si che il


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nostro Paese sia diventato un punto di riferimento in Europa e nel mondo per l'elaborazione di pensiero pedagogico e di politiche di servizi per l'infanzia;
la chiusura della rivista determinerà un grave impoverimento nella produzione culturale del nostro Paese -:
quali motivazioni abbiano portato il ministero ad interrompere il rapporto con la rivista, sotto forma di abbonamento, provocando un serio nocumento economico della rivista stessa e mettendone a rischio la sopravvivenza.
(4-03050)

Risposta. - Si fa presente che negli anni precedenti l'esercizio finanziario 2001 il ministero interrogato provvedeva con parte delle risorse assegnate alla formazione ed all'aggiornamento del personale alla sottoscrizione di abbinamenti a riviste culturali, pedagogiche, eccetera da destinare alle istituzioni scolastiche; nell'ambito di detti interventi nell'anno 2000 sono stati sottoscritti n. 1350 abbonamenti alla rivista in parola.
Dall'anno 2001, invece, in attuazione della direttiva generale sull'azione amministrativa e dei chiarimenti forniti dal Ministro pro-tempore in data 30 maggio 2001, le risorse da destinare alle spese per l'acquisto di pubblicazioni e riviste sono amministrate dalle direzioni generali regionali alla quali vanno rivolte le richieste di abbonamento.
La suindicata nota del 30 maggio 2001 raccomandava, comunque, ai responsabili degli uffici scolastici regionali di ripartire le risorse tra le scuole perché queste, nell'ambito della propria autonomia, procedessero alla scelta delle riviste di interesse ed all'acquisizione dei relativi abbonamenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.