TESTO AGGIORNATO AL 16 DICEMBRE 2002
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la nuova proprietà della centrale di Monfalcone (Gorizia), la Endesa spa, ha annunciato la volontà di studiare ipotesi alternative alla metanizzazione (la previsione di risanamento è stata inserita, con decreto dell'agosto 1999 detto «D'Alema», all'interno della privatizzazione e vendita degli impianti di produzione termoelettrica dell'ENEL) accampando problemi economici per l'allacciamento alla rete di distribuzione del gas esistente, ha iniziato a sperimentare l'uso di scarti di origine animale ad alto rischio sanitario, senza coinvolgere preventivamente l'amministrazione comunale, e ha chiesto ed ottenuto la deroga al rispetto dei limiti di emissione inquinante per i gruppi attuali, con motivazioni di ordine meramente economico, nonostante la contrarietà dell'amministrazione comunale;
il sindaco di Monfalcone ha chiesto il 13 settembre scorso alla stessa Endesa Italia spa, una copia dell'offerta di acquisto e del conseguente contratto con il quale è stato sottoscritto l'atto di fusione di Elettrogen spa in Endesa Italia Spa, in modo da acquisire informazioni sull'attività svolta nella sede di Monfalcone e fornire così i pareri con cognizione di causa;
a tutt'oggi, la documentazione richiesta non è pervenuta al comune;
il comune di Monfalcone e i comuni limitrofi hanno votato degli ordini del giorno che impegnano i sindaci e le amministrazioni ad individuare tutte le strade possibili atte «a far sospendere o far concludere negativamente per Endesa la procedura di valutazione d'impatto ambientale», «a favorire la massima partecipazione e coinvolgendo dei cittadini nelle azioni necessarie a bloccare il progetto Endesa per una nuova centrale a carbone nel pieno centro cittadino» e «a richiedere a tutti gli enti predisposti l'intensificazione dei controlli sanitari ed ambientali concernenti l'attuale operatività dell'impianto termoelettrico di Monfalcone»;
il presidente della regione Friuli Venezia Giulia rispondendo alle interrogazioni di alcuni, consiglieri regionali ha affermato che «la regione parteciperà alla procedura di VIA, avviata il 5 ottobre 2002 dall'Endesa Italia spa relativa al progetto di conversione a carbone delle sezioni 3 e 4 della centrale termoelettrica di Monfalcone, in base alle norme di cui alla legge n. 349/1986, (richiamate dalla legge n. 55/2002 cosiddetta «sblocca centrali» che si applica nel caso di specie) ed a quelle di cui alla legge regionale n. 43 del 1990»;
la normativa citata prevede che «l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici» sia rilasciata a seguito di un procedimento unico cui partecipano le amministrazioni locali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241 del 1990 (Conferenza dei Servizi coordinata dal ministero delle attività produttive), «di intesa con la regione interessata»;
l'esito positivo della procedura di VIA costituisce «parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio -:
quali siano i vincoli e le condizioni contenute nel contratto firmato dalla Endesa Italia Spa e quali impegni la società abbia assunto nel subentrare alla Elettrogen.
(4-04847)
la società «Filatura e Tessitura di Puglia», del gruppo piemontese MIROGLIO, ha richiesto l'applicazione dell'istituto della cassa integrazione ordinaria a zero ore per 18 lavoratori dello stabilimento di Castellaneta (Taranto), con la motivazione di flessioni di mercato determinate dall'alto costo del lavoro;
tale azienda è stata, ai fini dell'attivazione dei due insediamenti di Castellaneta e di Ginosa, nel 1998 destinataria di ingenti finanziamenti e di incisivi sgravi contributivi da parte dello Stato e di procedure privilegiate in sede di assegnazione del suolo ad opera dell'amministrazione comunale pro-tempore, ad evidente discapito di imprese locali;
gli stipendi erogati dall'azienda Miroglio ai lavoratori della provincia di Taranto sono inferiori di circa il 25 per cento rispetto a quelli di altri stabilimenti dello stesso gruppo;
sia nello stabilimento di Ginosa sia in quello di Castellaneta, la suddetta azienda non ha mai completato gli organici previsti in sede di piano industriale e di intese sindacali;
i sindacati hanno inviato all'INPS una lettera nella quale si invita a respingere la suddetta richiesta di cassa integrazione, non essendo essa finalizzata al rientro dei lavoratori cassintegrati nel loro posto di lavoro;
l'azienda in questione chiese di accedere alla cassa integrazione già nel 1998, a dimostrazione dell'evidente sproporzione tra i piani industriali sui quali aveva conseguito i pubblici finanziamenti e la loro reale applicazione, e che essa intenderebbe destinare alla necessaria riconversione produttiva dei due stabilimenti di Ginosa e Castellaneta la risibile somma di 750 mila euro, che insieme occupano al momento 405 dipendenti, a dimostrazione del suo scarso interesse alla sopravvivenza stessa di tali strutture -:
se non ritengano che un eventuale accoglimento della richiesta di cassa integrazione debba essere subordinato alla considerazione degli impegni assunti dal gruppo Miroglio all'atto del conseguimento dei consistenti incentivi statali finalizzati alla realizzazione degli insediamenti di Ginosa e Castellaneta e se questi siano stati adempiuti, nonché alla garanzia della conservazione in loco dei posti di lavoro per i quali tale impresa ha richiesto la cassa integrazione.
(4-04850)