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PRESIDENTE. L'onorevole Rugghia ha facoltà di ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, la mia interpellanza, sottoscritta anche da altri colleghi, contesta la legittimità del provvedimento, assunto dal prefetto di Roma in data 1o ottobre 2002, con il quale è stata decretata la sospensione del consiglio comunale di Montecompatri e ne è stata avviata la procedura di scioglimento. Il decreto di scioglimento, com'è noto, è emanato dal Capo dello Stato su proposta del ministro dell'interno.
del consiglio comunale il giorno 30 settembre, mentre, di solito, anzi sempre, tali provvedimenti vengono assunti contestualmente al fatto che ne determina l'adozione (in questo caso, dimissioni della metà più uno dei consiglieri comunali).
scioglimento del consiglio, perché sul punto c'è, ripeto, abbondante giurisprudenza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, ha facoltà di COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, da quanto riassunto dall'onorevole Rugghia pare che una volontà politica possa essere inficiata da una fotocopia che spesso, invece, è ritenuta sufficiente per mandare in galera un cittadino.
riguardo, il segretario comunale ha dapprima confermato la presentazione e l'assunzione al protocollo dell'ente della lettera in questione in fotocopia e non in originale, trasmettendo successivamente la relazione del responsabile dell'ufficio relazioni con il pubblico del comune, dal quale dipende l'ufficio protocollo, che dimostra, in modo inequivocabile, la contestualità della presentazione delle lettere di dimissione dei nove consiglieri.
PRESIDENTE. L'onorevole Rugghia ha facoltà di ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, non mi ritengo affatto soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario. Innanzitutto, debbo dire che l'affermazione secondo la quale con una fotocopia si potrebbe mandare in galera un cittadino e non si potrebbe, invece, procedere alle dimissioni da consigliere comunale è assolutamente infondata, perché una persona non può essere incarcerata esclusivamente in base ad una fotocopia e con le fotocopie non si può dimettere un consigliere comunale e, quindi, non si può determinare lo scioglimento del consiglio comunale medesimo, perché questo è scritto nelle leggi dello Stato. In questo caso non si tratta di interpretare la volontà politica: in materia di scioglimento di un consiglio comunale la forma è sostanza, per cui non si può partire dal presupposto che vi era comunque una volontà di sciogliere il consiglio comunale per soprassedere sui requisiti degli atti che vengono assunti per determinare lo scioglimento di tale istituzione. La legge, infatti, prevede una procedura rigorosa per
determinare lo scioglimento di un'assise eletta democraticamente dai cittadini, assise rappresentativa della volontà popolare, ed è a tale procedura che bisogna quindi attenersi. Per rendere pertanto valide le dimissioni di un consigliere comunale vi è bisogno che l'atto sia sottoscritto in originale.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.
È per evitare tale eventualità che abbiamo presentato questa interpellanza: a nostro avviso, infatti, la procedura cui è stato dato inizio, non rispettando il dettato della legge che stabilisce le condizioni ricorrendo le quali può essere decretato lo scioglimento di un consiglio comunale (atto di assoluta gravità), è illegittima. A giustificazione di tale opinione, rappresenterò brevemente i fatti verificatisi.
Il giorno 30 settembre 2002 venivano presentati al protocollo del comune di Montecompatri tre documenti in originale contenenti le dimissioni di cinque consiglieri di quel comune. Oltre a tali documenti in originale, ne veniva presentato un altro, in copia fotostatica, contenente le dimissioni di altri quattro consiglieri. Pervenuti tali documenti al protocollo del comune, il segretario comunale ne dava notizia al sindaco ed alla stessa prefettura. Il sindaco, ritenendo valide le dimissioni dei primi cinque consiglieri e invalide quelle degli altri quattro, poiché le stesse, come evidenziato dal segretario comunale, erano state comunicate con atto non in originale ma in fotocopia, convocava il consiglio comunale del comune dei castelli romani per procedere alla surroga dei cinque consiglieri dimissionari.
Nel frattempo (come gli interessati rappresentano nel ricorso che hanno proposto avverso il predetto atto), già alle 9 di mattina del 30 settembre, prima ancora che le dimissioni fossero materialmente presentate al protocollo dell'ente, un funzionario della prefettura (che dimostrava di possedere doti di preveggenza), si preoccupava di chiedere al comune di Montecompatri se fossero pervenute comunicazioni di dimissioni da parte di consiglieri comunali. Comunque, sulla base delle indicazioni fornite dal segretario comunale, la prefettura non procedeva alla sospensione
La prefettura non fa nulla, quindi essa, in qualche modo, sembra convalidare la tesi espressa dal sindaco del comune di Montecompatri, che ha convocato il consiglio per la surroga dei 5 membri dimissionari e sembra essere d'accordo col segretario comunale di questo stesso comune, nel senso che le quattro dimissioni presentate in fotocopia non sono atti validi a sostenere un atto così importante come le dimissioni da consigliere comunale e conseguente scioglimento dello stesso. Che cosa accade però? Accade che il giorno dopo, il 1o ottobre, viene presentato un altro documento al protocollo del comune, nuovo e diverso da quello precedente con il quale i quattro consiglieri che risultavano dimessi per fotocopia confermano la loro volontà di dimettersi e dichiarano che le loro dimissioni sono state presentate precedentemente in originale. A questo punto, il giorno dopo le dimissioni dei primi cinque consiglieri comunali, il prefetto chiede di nuovo spiegazioni al segretario comunale; il segretario comunale di Montecompatri continua a confermare la sua tesi, cioè che le dimissioni dei quattro consiglieri sono state esclusivamente presentate in fotocopia e che non è stato depositato alcun atto in originale al protocollo del comune di Montecompatri. Inspiegabilmente, il prefetto di Roma, il giorno in cui era convocato il consiglio comunale per la surroga dei consiglieri dimissionari, senza mai chiedere la documentazione originale, avvia la procedura di scioglimento del consiglio comunale con il decreto di sospensione dello stesso, nominando un commissario per la gestione provvisoria.
Noi riteniamo che questo provvedimento sia illegittimo sulla base di quanto dispone la legge (e in una materia come questa bisogna attenersi scrupolosamente a ciò che la legge dice). La legge stabilisce, all'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che sono valide le dimissioni e quindi bisogna procedere allo scioglimento del consiglio comunale quando c'è la contestualità delle dimissioni ovvero la presentazione anche con atto separato, purché contemporaneamente presentato al protocollo dell'ente dalla metà più uno dei membri assegnati. Ciò naturalmente non è avvenuto. Infatti, se queste dimissioni devono essere considerate contestuali, allora bisognerebbe ritenere che una copia fotostatica è sufficiente per procedere alle dimissioni di un consigliere comunale, per convalidare le dimissioni di un consigliere comunale; allo stesso tempo, delle copie fotostatiche sono sufficienti quindi per sciogliere un consesso elettivo e rappresentativo della volontà popolare e per nominare un commissario per la gestione dell'ente. Ma noi sappiamo che con una firma in fotocopia non sì può partecipare ad un pubblico concorso, con una firma in fotocopia non sì può partecipare ad una gara d'appalto; figuriamoci se una firma in fotocopia può essere considerata valida per ottenere l'effetto dissolutorio di un consiglio comunale democraticamente eletto.
Quindi, riteniamo non possa essere accettato il procedimento assunto per lo scioglimento del consiglio comunale di Montecompatri, così com'è stato determinato con il decreto del prefetto di Roma, perché le cose sono due. Se il prefetto di Roma ha inteso come valide le firme per lo scioglimento rispettando ciò che prevede la legge, cioè la contestualità della presentazione delle dimissioni (infatti, la legge e la giurisprudenza dicono che debbono essere presentate contemporaneamente e per «contemporaneamente» si intende simultaneamente, anche se con atti separati, cioè nello stesso momento), ritenendo, quindi, che le dimissioni dei quattro consiglieri siano state presentate contemporaneamente e quindi simultaneamente, fa riferimento a fotocopie; ma una fotocopia non può essere considerata come documento per determinare le dimissioni di un consigliere comunale e lo
Se invece il prefetto di Roma ha inteso come valide e quindi utili allo scioglimento del consiglio comunale di Montecompatri le dimissioni pervenute al protocollo del comune il giorno successivo, si mette in discussione quanto previsto dalla legge perché non ci sarebbe più la contemporaneità delle dimissioni presentate al protocollo mentre si sarebbe dovuto procedere, così come era stato impostato con la convocazione del consiglio comunale da parte del sindaco, alla surroga dei cinque consiglieri comunali che si sono dimessi con atti certi e validi. Quindi è una brutta storia.
Su questa materia la giurisprudenza si è già pronunciata. Vi sono precedenti riferiti a casi assolutamente identici valutati dal TAR della Campania per due volte con due sentenze distinte. Le sentenze del TAR affermano che per atti simili la presentazione della lettera di dimissioni si riferisce alla presentazione dell'atto originale contenente la manifestazione di volontà e, come misura particolare di rilevanza pubblicistica, non può certo dipendere da vicende e circostanze estrinseche ed aleatorie quali il riconoscimento o il disconoscimento di una copia fotostatica in una materia che, peraltro, è permeata da interessi indisponibili e di valore di rango costituzionale che, certamente, non possono essere lasciati in balia delle soggettive valutazioni di una parte che decide mediante il disconoscimento dell'atto. Dunque, vi sono due sentenze del TAR della Campania (la n. 1603 del 1999 e la n. 1346 del 2002) pronunciate per questo caso. Noi vorremmo evitare di far pronunciare il TAR, a noi sembra del tutto evidente che la procedura assunta dal prefetto di Roma, dottor Del Mese, per procedere alla sospensione e, quindi, per avviare la procedura di scioglimento del consiglio comunale di Montecompatri, sia una procedura non legittima e non rispondente alla legge perché non è rispettato né il principio, espressamente previsto dalla legge, della contemporaneità delle dimissioni (che devono essere presentate simultaneamente per sommare le dimissioni dei consiglieri fino a far mancare il numero legale dei membri assegnati all'ente), né il principio, che dovrebbe guidare la buona amministrazione, della firma in originale su un documento così impegnativo e così grave (come un atto di dimissioni da consigliere comunale che determina, poi, lo scioglimento del consiglio comunale stesso) quale la presentazione delle dimissioni.
Per questi motivi chiediamo al Governo, al Ministero dell'interno, di non procedere ulteriormente allo scioglimento del consiglio comunale di Montecompatri e di non ritenere valida la procedura adottata dal prefetto di Roma.
Veniamo ai fatti così come assunti dal Ministero. In data 30 settembre scorso il segretario comunale di Montecompatri con nota n. 15365 ha comunicato al prefetto di Roma l'acquisizione al protocollo dell'ente, con i numeri progressivi 15320, 15321, 15322, 15323 e con una annotazione in calce da cui risulta la stessa ora, le 10,30, delle lettere di dimissioni presentate da nove dei sedici consiglieri comunali, rilevando che la lettera di dimissioni protocollata col numero 15320 e presentata congiuntamente dai consiglieri Claudio Quaranta, Roberto Ponzo, Giuseppe Pappacena e Luigi Mattarelli era pervenuta in fotocopia.
Nella stessa giornata del 30 settembre il prefetto di Roma, stante la contemporaneità, ha chiesto al segretario comunale di verificarne la regolarità e l'autenticità. Al
Il giorno successivo, il primo ottobre, è pervenuta direttamente alla prefettura di Roma la nota datata 30 settembre, peraltro registrata nella stessa data al protocollo del comando dei vigili urbani del comune, con la quale gli stessi quattro consiglieri hanno confermato di aver rassegnato, con la lettera in questione, le proprie dimissioni dalla carica. Non sussistendo più alcun dubbio in merito all'autenticità delle dimissioni presentate, ed essendosi pertanto verificate le condizioni previste dall'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000, cessazione dalla carica per dimissioni rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentate al protocollo dell'ente dalla metà più uno dei consiglieri assegnati, il prefetto di Roma ha proceduto, con provvedimento n. 10907/3836/99, in data 1o ottobre 2002, alla sospensione del consiglio comunale, ai sensi del comma 7 del citato articolo 141, nominando contestualmente il commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione dell'ente.
In proposito, desidero precisare che è orientamento costante del Ministero dell'interno ritenere che le dimissioni ultra dimidium rese con atti separati danno luogo all'ipotesi dissolutoria laddove sussiste il requisito della contemporaneità che ha valenza strettamente temporale e va intesa nella sua accezione letterale. Peraltro, la circostanza che uno degli atti sia stato presentato in fotocopia non appare assumere valenza preclusiva dell'effetto dissolutorio in considerazione della successiva nota, prodotta sempre in data 30 settembre dagli stessi quattro consiglieri comunali dimissionari, con la quale, nel confermare di aver presentato al protocollo in originale il documento protocollato al n. 15320 contenente le dimissioni, hanno ribadito la loro volontà di dismettere la carica elettiva.
In ragione di come si sono svolti i fatti, e degli effetti di natura giuridica degli stessi, ritengo che l'operato del prefetto di Roma sia senza alcun dubbio in linea con il dettato normativo, essendosi verificate le condizioni previste dal testo unico degli enti locali per le fattispecie come quelle in questione e, soprattutto, essendosi determinata inevitabilmente l'impossibilità di funzionamento dell'organo.
In conclusione, poiché l'interpellante sostiene che si sia agito non rispettando le leggi, desidero aggiungere che rimane comunque aperta la possibilità, per chiunque abbia interesse, di affidare la questione alla valutazione degli organi giurisdizionali.
Non esistono dimissioni di consiglieri comunali presentate in fotocopia; figuriamoci poi se questi atti possono determinare lo scioglimento di una assemblea elettiva! Ciò che emerge dalla ricostruzione dei fatti illustrata dal sottosegretario è assolutamente inverosimile: si parla addirittura di un secondo atto presentato al protocollo dei vigili urbani. Tuttavia, la legge prevede che le dimissioni debbano essere presentate direttamente dall'interessato al protocollo del comune e ai consiglieri comunali, i quali sono parti controinteressate sia perché devono procedere alla surroga sia perché le dimissioni stesse potrebbero determinare lo scioglimento dell'assemblea elettiva. La legge prevede che le dimissioni si presentino non ai vigili urbani (questo non l'avevo mai sentito), ma al protocollo del comune che dovrà successivamente comunicarle a tutti i consiglieri comunali. Questa procedura non è stata assolutamente rispettata.
Occorre partire da questo presupposto: le fotocopie non sono un atto valido per determinare le dimissioni di un consigliere comunale e lo scioglimento di un consiglio. Questo è lo stesso presupposto al quale si era attenuto per tutta la giornata del 30 settembre il prefetto di Roma; egli, infatti, avrebbe potuto sciogliere il consiglio comunale e lo ha fatto dopo la comunicazione di una seconda lettera degli interessati pervenuta al protocollo. Se partiamo dal presupposto che le copie fotostatiche non sono sufficienti a determinare le dimissioni dei consiglieri comunali e lo scioglimento del consiglio comunale, quel documento era irricevibile. Non si può con un documento successivo dare validità a un documento irricevibile e non utile ad avviare il procedimento per lo scioglimento del consiglio comunale. Questa è una tesi veramente strana: con un atto assunto a posteriori si dà validità ad un atto non valido, precedentemente presentato al protocollo dell'ente.
Pertanto, se il prefetto si è mosso dopo aver ricevuto la seconda lettera dei quattro consiglieri comunali, lo ha fatto ritenendola una valida lettera di dimissioni. Tuttavia, a quel punto, non si possono considerare contestuali le dimissioni dei nove consiglieri dimissionari, perché la lettera è pervenuta al protocollo del comune il giorno dopo. Anche dalla ricostruzione del sottosegretario si desume che le firme debbano essere presentate in maniera contemporanea ed in assoluta contestualità. A questo principio si sono sempre attenuti il Governo e il Ministero dell'interno per procedere allo scioglimento dei consigli comunali, cosa che tra l'altro ho cercato di spiegare nell'illustrazione della mia interpellanza.
Ritengo che gli interessati potranno naturalmente presentare tutti i ricorsi che vorranno: è un loro diritto. Credo anche che abbiano buone possibilità per far valere presso la magistratura amministrativa le loro ragioni e per ottenere giustizia. Tuttavia, di fronte ad un così evidente stravolgimento del procedimento necessario per determinare lo scioglimento di un consiglio comunale, credo che non si dovrebbe rinviare il tutto alla giustizia e al ricorso degli interessati presso il TAR, con contenziosi che possono durare nel tempo e creare ulteriori problemi alla cittadinanza di quel comune.
È evidente, infatti, che non possono essere accettate dimissioni presentate in fotocopia e che, sulla base di una fotocopia, non si può sciogliere un consiglio comunale. È, altresì, evidente che, se quell'atto non è ritenuto valido (credo che, al riguardo, tutte le persone in buona fede dovrebbero convenire), non si può invocare la simultaneità sulla base di una lettera giunta al protocollo del comune il giorno dopo. Mi sembra una procedura assolutamente sbagliata, assunta in maniera non legittima, che dovrebbe determinare ben altra scelta del Governo, ossia quella di non procedere agli atti successivi per lo scioglimento del consiglio comunale di Montecompatri.
Con riferimento a questa materia non vi è spazio per alcuna interpretazione, né per l'interpretazione della volontà politica né per quella di carattere amministrativo. La legge, infatti, detta rigorosamente le condizioni per l'accettazione delle dimissioni e per procedere allo scioglimento del consiglio comunale. Per questo motivo, non mi ritengo affatto soddisfatto della risposta del Governo.