Allegato B
Seduta n. 185 del 3/9/2002


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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 28 luglio 2002 un agente della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Biella ha subito una pericolosa aggressione da parte di un detenuto che, fermato, è stato trovato in possesso di un punteruolo affilato;
il detenuto responsabile dell'episodio, dopo una notte di isolamento, è tornato in sezione a stretto contatto con l'agente aggredito;
questo nuovo episodio di violenza, secondo una nota inviata dal Sinappe (Sindacato nazionale agenti di polizia penitenziaria), conferma la insostenibilità di una situazione che, ormai, va progressivamente degradando creando sconforto e delusione nel corpo degli agenti di polizia penitenziaria, con rischio di una forte demotivazione che a sua volta viene percepita dalla popolazione detenuta come espressione di debolezza;
appare evidente la necessità di por mano ad una situazione che, a Biella (ma non solo a Biella), genera, anche a causa della cronica insufficienza di personale, maggiori pericoli nell'esercizio di un'attività già di per sé rischiosa e certamente non adeguatamente remunerata;
lo spirito di servizio degli agenti di polizia penitenziaria è messo a dura prova tenuto conto, anche dal punto di vista psicologico, che mentre le notizie di presunti pestaggi in danno di detenuti trovano imponente risalto sugli organi di informazione, scarso rilievo viene offerto, quasi fosse una normale componente di rischio professionale, alle aggressioni (non presunte, ma effettive!) dei detenuti in danno degli operatori della polizia penitenziaria -:
quali iniziative intenda assumere per garantire la massima sicurezza agli agenti di polizia penitenziaria, per assicurare un numero adeguato di agenti alla casa circondariale di Biella, per tutelare il prestigio dei medesimi contro l'arroganza e l'aggressività di taluni detenuti che, fra l'altro, possono contare sullo scarso rilievo offerto dal mondo dell'informazione ad episodi di questo genere.
(3-01300)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 252 del 1974, più conosciuta come «legge Mosca», rappresentò un eclatante caso di «conflitto di interesse» atteso che venne proposta dall'onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della CGIL, per favorire partiti e sindacati;
il conflitto di interesse, a quell'epoca, non essendo ancora sceso in campo Silvio Berlusconi, era regola quotidiana che nessuno sentiva l'esigenza di disciplinare con apposita normativa;
la legge Mosca peraltro ha robustamente inciso sulla spesa previdenziale, con un esborso - si dice - aggirantesi intorno alla somma di 20 miliardi di vecchie lire;
alcuni fra i più dotti ed indignati sostenitori della nuova dottrina anti-berlusconiana sul conflitto di interessi figurano fra i votanti prima ed i beneficiari poi della legge Mosca;
secondo informazioni rese dalla stampa (Il Giornale di giovedì 15 agosto 2002 alla pagina 3), un centinaio di procure della Repubblica hanno avviato indagini legate all'utilizzo truffaldino della legge;
appare importante disporre dei dati ufficiali che offrono la dimensione della intrinseca normativa delle legioni di critici del conflitto di interessi del Presidente del Consiglio dei ministri in carica -:
quanti siano i procedimenti penali collegati alle domande di applicazione dei benefici previdenziali della legge Mosca (n. 252 del 1974), quanti siano già esauriti


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e con quale esito, quanti siano in corso e quali reati siano stati ipotizzati.
(3-01309)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Giornale di mercoledì 20 agosto 2002, alla pagina 8, all'interno dell'articolo dal titolo «Bar Mandara, il disco rotto con due giorni di ritardo», si afferma che in data 29 luglio 2002 la dottoressa Ilda Boccassini, pubblico ministero milanese, commentando certificati medici di imputati che, affetti da attacco d'asma e da ematuria macroscopica, avrebbe ironicamente e retoricamente: «Siamo su "Scherzi a parte"»;
il magistrato, a fronte della presentazione di certificati medici, può chiedere che venga disposta visita medica fiscale per accertare le reali condizioni di salute dell'imputato e verificare se vi sia un legittimo impedimento a partecipare all'udienza;
il magistrato, in ogni caso, non ha né la competenza tecnica né il diritto di «giudicare» la certificazione medica, né soprattutto può permettersi di contestare la veridicità di un certificato rilasciato da un libero professionista, la cui dignità è meritevole di tutela almeno quanto quella del magistrato medesimo;
l'episodio, non importantissimo ma certamente non minimale, costituisce una «spia» significativa dell'onnipotenza che sembra caratterizzare gli atteggiamenti di una parte della magistratura in un frangente tanto delicato nei rapporti fra i poteri dello Stato -:
se non ritenga che l'episodio citato non integri gli estremi per la promozione dell'azione disciplinare nei confronti della dottoressa Boccassini anche in considerazione del fatto che spetta al collegio giudicante, e non al pubblico ministero valutare l'attendibilità delle certificazioni.
(3-01334)

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in Italia i magistrati onorari sono circa 6 mila e svolgono una funzione fondamentale nell'ambito dell'ordinamento giudiziario;
in Parlamento sono state presentate quattro proposte di legge per istituire un ruolo di completamento dei magistrati onorari, per risolvere il problema della carenza di giudici, assolvendo così buona parte del carico civile e penale dei tribunali;
il Governo ha nominato una speciale commissione, proprio per formulare una proposta governativa di riorganizzazione di tutto l'ordinamento giudiziario -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere affinché sia stabilita definitivamente la posizione dei magistrati onorari.
(4-03685)

BURLANDO e SINISCALCHI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione e la contabilità della Cassa delle Ammende sono attualmente disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000;
l'ente Cassa delle Ammende è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 4 della legge 9 maggio 1932 n. 547 e, tra le varie attribuzioni, provvede ad attuare finalità di assistenza economica in favore delle famiglie di detenuti ed internati, nonché di programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale di detenuti anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione;
specifiche disposizioni di legge (articoli 122-123 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000) espressamente prevedono che ad assumere le funzioni di presidente della Cassa Ammende


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sia il «Capo del dipartimento della amministrazione penitenziaria o un suo delegato» e che sia chiamato a far parte del consiglio di amministrazione dell'ente un dirigente designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
il comma 3 dell'articolo 129 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica prevede che il consiglio di amministrazione della «Cassa» eroghi fondi patrimoniali per finanziare progetti esterni diretti a consentire il perseguimento delle richiamate finalità;
al finanziamento possono accedere enti pubblici, enti privati o altri organismi impiegati sul territorio nazionale in attività di volontariato e solidarietà sociale che presentino uno specifico piano calibrato sulle finalità di reinserimento dei detenuti e assistenza alle famiglie di questi ultimi;
il centro di servizio sociale di Genova da alcuni anni, in collaborazione con le associazioni locali di volontariato, si occupa anche delle problematiche relative al reinserimento sociale dei cittadini ristretti all'interno di strutture carcerarie nonché della assistenza alle famiglie di detenuti più indigenti e bisognose;
da due anni il centro ha istituito uno «Sportello» informativo e di orientamento riservato specificamente, ai detenuti in attesa di completo reinserimento ed alle loro famiglie;
tale ultima realizzazione ha trovato ampi consensi ed attestazioni di compiacimento per i significativi risultati raggiunti, sia da parte delle istituzioni locali che da parte degli organi del dipartimento della amministrazione penitenziaria;
allo scopo di proseguire l'attività, già positivamente svolta per un biennio, e rilanciarne il progressivo sviluppo, il Centro di servizio sociale genovese ha presentato alla Cassa delle Ammende il proprio progetto e la contestuale richiesta di accesso al finanziamento di cui al richiamato articolo 129 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, per un costo complessivo di 228.368,31 euro;
tale richiesta, ritualmente presentata dal Centro di servizio sociale, protocollata con il n. 2625, è stata presentata in data 8 novembre 2001;
ad oggi, i competenti organi dell'ente Cassa Ammende non hanno dato seguito alcuno alla richiesta, non provvedendo a formalizzare, ad oltre otto mesi di distanza, alcuna comunicazione -:
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle rispettive competenze, non ritengano necessario, in relazione ad ipotesi come quella esposta in premessa, segnalare ai responsabili delle determinazioni da assumere per conto dell'ente Cassa Ammende, la necessità di fare ricorso a «tempi più ragionevoli» nel fornire risposte, ancorché interlocutorie - alla luce di eventuali esigenze di verifica e di istruttoria dell'Ufficio - alle istanze dei cittadini;
se analoghe richieste afferenti i finanziamenti dei progetti indicati in premessa, presentate da altre associazioni ai sensi dell'articolo 129 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, siano state decise (con accoglimento o rigetto) in tempi diversi rispetto a quelli impiegati in relazione all'istanza di provenienza del Centro di servizio sociale di Genova.
(4-03687)

PECORARO SCANIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da circa cinquanta giorni il signor Antonio Carbone, nato a Napoli il 29 febbraio 1968, si trova detenuto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), perché è stato riconosciuto colpevole del reato di mancanza alla chiamata alle armi ed è stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione militare;
nella medesima data del 3 maggio 2001 sono stati emessi sia l'ordine di esecuzione di pena detentiva (articolo 656,


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commi 1 e 3 del codice di procedura penale) che il decreto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva notificato al Carbone il 10 agosto 2001;
in data 19 giugno 2001 è stata presentata un'istanza contraria ai sensi della legge n. 354 del 1975 che il tribunale militare di sorveglianza di Roma ha rigettato con ordinanza 289/02 del 10 aprile 2002;
successivamente il tribunale di sorveglianza ha revocato il decreto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva emesso il 3 maggio 2001 ed ha disposto la carcerazione del condannato per l'espiazione della pena in un penitenziario civile;
il signor Antonio Carbone si trova paradossalmente in carcere nonostante risulti essere stato riformato;
il signor Antonio Carbone, orfano di padre, è l'unico componente della famiglia in grado di provvedere all'assistenza e morale e materiale della di lui madre Fappiano Concetta e dei suoi fratelli Angelo e Michele Carbone (portatori di gravi forme di handicap);
il 23 luglio 2002 è stata avanzata, ai sensi dell'articolo 681 del codice di procedura penale, formale istanza per la concessione della grazia in favore del signor Antonio Carbone -:
se non ritenga, valutate le motivazioni espresse nell'istanza presentata in data 23 luglio 2002, di formulare al Presidente della Repubblica la proposta favorevole alla concessione della grazia in favore del signor Antonio Carbone.
(4-03705)

JANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dal 26 Giugno 2001, allorquando il dottor Giorgio Brignoli ha lasciato la carica di capo della procura di Bergamo per assumere l'incarico di procuratore generale a Trieste, non si è, a tutt'oggi, provveduto alla nomina del sostituto;
la situazione venutasi a creare in seno alla medesima procura di Bergamo - dove a capo dell'ufficio inquirente opera il procuratore aggiunto, Tommaso Buonanno - è complessa a causa, non solo della mancata nomina del nuovo procuratore capo, ma anche dell'insufficiente numero di magistrati in servizio;
l'insufficienza di organico della procura di Bergamo si palesa chiaramente dalla semplice constatazione numerica giacché, oltre a quello di procuratore capo, risultano vacanti altri tre nuovi posti, con sottodimensionamento di magistrati pari al 25 per cento della pianta operativa;
con 21 voti a favore, tre contrari e due astenuti il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha nominato, tre settimane or sono, il dottor Adriano Galizzi nuovo capo della procura di Bergamo;
la suddetta nomina, onde divenire effettiva, necessita della ratifica con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Ministro della giustizia, senatore Roberto Castelli;
un'eventuale contrarietà del Guardasigilli alla nomina del nuovo procuratore capo, solleva un possibile «conflitto di attribuzione» -:
quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere per favorire la soluzione della rilevante vacatio di nomine esposta in premessa, attesa la conoscenza del problema da parte dell'autorità preposta e l'annosa carenza di organico della procura di Bergamo, pregiudizievole di un corretto svolgimento degli atti giudiziari.
(4-03707)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario del 1975 prevedeva originariamente che i tre decimi della mercede corrisposta ai detenuti applicati


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al lavoro venisse trattenuta e versata alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto;
a seguito dell'abrogazione di tale comma ex articolo 29 della legge 10 ottobre 1986 n. 663, si è sviluppata una complessa ed intensa attività giudiziale, messa in atto da un grande numero di detenuti, per il rimborso delle somme trattenute dallo Stato e seguita da un numero elevatissimo di azioni esecutive con pignoramento di fondi destinati dal Ministero ad altri scopi;
il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria sembra non trovare una soluzione al problema che, da una parte, non si riesce neppure a valutare attraverso una precisa quantificazione delle somme dovute, e che, dall'altra, crea seri pericoli dal punto di vista dell'utilizzo delle risorse finanziarie, colpite e «congelate» dai pignoramenti già eseguiti dai legali dei detenuti -:
a quanto ammonta, ad oggi, il debito dello Stato nei confronti dei detenuti che hanno già ottenuto sentenze favorevoli dalla magistratura;
a quanto potrebbe ammontare, in proiezione, il debito complessivo dello Stato qualora tutti i detenuti che hanno svolto attività lavorativa dovessero rivolgersi alla magistratura ed ottenere, com'è lecito attendersi, una pronuncia di condanna nei confronti dello Stato;
quanti siano i pignoramenti, diretti o presso terzi, sin qui eseguiti dai detenuti;
quale iniziativa intenda assumere il Governo per por fine ad un contenzioso che, fra l'altro, comporta un accumulo di inutili spese di giustizia.
(4-03724)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Biella da tempo lamenta, giustificatamente, gravissime carenze dell'organico del personale di segreteria della Procura, assolutamente inadeguato rispetto al carico di lavoro gravante sull'ufficio;
l'organico risulta scoperto di sei unità e, per di più, altri due dipendenti sono assenti (congedo per maternità e malattia) per un periodo di tempo prevedibilmente lungo;
la gravità della situazione è testimoniata dall'intervento del Procuratore Generale di Torino che, infatti, ha disposto dal 9 aprile 2001 l'applicazione da Vercelli di un operatore giudiziario B2 e dalla Procura Generale che ha disposto l'applicazione, dal 29 maggio 2002 al 3 agosto 2002, di un direttore di Cancelleria C3;
la pur lodevole iniziativa del Procuratore Generale di Torino, peraltro, non vale a lenire l'amarezza per l'assoluta mancanza di provvedimenti da parte del ministero che non solo non ha assunto adeguate determinazioni ma, al contrario, ha disposto l'anticipato possesso presso l'Ufficio del Giudice di Pace di Biella di un operatore giudiziario B2, applicato alla Procura di Biella da Vercelli;
la pianta organica già risente, di per sé, di criteri che non tengono nel minimo conto l'effettivo carico di lavoro, sicché, se ad essa si aggiunge la scopertura dei posti e l'ultima iniziativa ministeriale di trasferimento mediante l'anticipato possesso di un operatore giudiziario all'ufficio del Giudice di Pace, appare evidente che si può agevolmente spiegare la ragione, esplicitamente denunciata dal Procuratore della Repubblica, per la quale la registrazione dei procedimenti penali è bloccata da mesi, mentre vi sono migliaia di processi, in fase di deposito ex-articolo 415 bis del codice di procedura penale, di cui occorre curare le notifiche, oltre a migliaia di procedimenti a citazione diretta già fissati per i quali occorre formare il fascicolo del dibattimento e dar corso ai relativi adempimenti;
pochi mesi or sono il Sottosegretario di Stato On. Michele Vietti ebbe la cortesia


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e la disponibilità di visitare il Palazzo di Giustizia di Biella, raccogliendo dati significativi ed importanti elementi di valutazione, dopo aver lungamente discusso con il Presidente del Tribunale, con il Procuratore della Repubblica e con i dirigenti degli uffici, rendendosi dunque personalmente conto della insostenibilità della situazione complessiva del Palazzo di Giustizia di Biella;
il Procuratore della Repubblica di Biella ha inviato al Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del personale e dei servizi - Direzione Generale del personale e della formazione - Ufficio IV - Gestione del personale, una comunicazione datata 19 agosto 2002, Prot. N. 778/02, riassuntiva di quanto in premessa evidenziato;
appare francamente insostenibile una situazione nella quale la paralisi è evitata (ma non si sa per quanto tempo ancora) soltanto grazie al senso di responsabilità ed allo spirito di sacrificio di magistrati e del personale amministrativo;
si pone dunque la necessità e l'urgenza di assumere i provvedimenti idonei a scongiurare il pericolo della paralisi dell'attività della Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Biella provvedendo alla completa copertura della pianta organica, in attesa di rivedere la medesima alla luce dell'effettivo carico di lavoro -:
quali urgenti provvedimenti intenda assumere per la copertura dell'organico del personale di segreteria della Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Biella, atteso che l'attuale situazione, pur «tamponata» precariamente dalla Procura Generale di Torino, se non affrontata con determinazione e concretezza, fatalmente condurrà alla completa paralisi dell'attività.
(4-03727)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un servizio dedicato alle operazioni di scrutinio delle schede relative al referendum del 1946 sulla forma istituzionale dello Stato, il quotidiano Il Giornale di martedì 20 agosto 2002, alla pagina 11, ha riportato interessanti dichiarazioni dell'intellettuale Massimo Caprara, in allora segretario di assoluta fiducia di Palmiro Togliatti, ministro della giustizia;
Caprara ha ricordato che «dopo la conclusione delle operazioni di voto, la Corte di Cassazione, che era anche l'ufficio elettorale responsabile del referendum, avrebbe dovuto procedere, il 10 giugno 1946, alla proclamazione dell'esito finale. Ma quella proclamazione non fu fatta. O meglio, venne bloccata da Togliatti che intimò al presidente Giuseppe Pagano di prendere tempo»;
Caprara ricorda con esattezza l'episodio in quanto fu lui personalmente a consegnare la missiva, contenente la disposizione di Togliatti, a Pagano;
Caprara afferma che «Togliatti non era sicuro che la Repubblica avrebbe avuto la meglio e continuava a ripetere ai suoi uomini che bisognava vincere ad ogni costo. Per questo aspettò prima di chiudere la questione. In quelle ore, però, continuavano ad arrivare i ricorsi presentati dall'avvocato Selvaggi per conto del partito nazionale monarchico. E lui li temeva. Sapeva che qualche ricorso sarebbe potuto andare a buon fine rimettendo in discussione una partita che si giocava sul filo dei voti. Erano ore concitate. E qualcosa in quelle ore fu fatto per aggiustare le cose. L'ipotesi che circolava dentro il partito era che Togliatti avesse dato ordine di aggiungere altre schede: quelle di chi non aveva votato. Ma di questo lui non parlò con nessuno»;
è noto che gli ambienti monarchici, da sempre, sostengono la tesi dei brogli nel conteggio dei voti, brogli che sarebbero stati decisivi ai fini del risultato finale del referendum;
è certamente utile, anche per consegnare alla storia la verità sul referendum, tentare


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di verificare, ammesso che sia ancora possibile, quel che in effetti accadde in quelle «ore concitate», per usare una significativa espressione di Massimo Caprara;
è opportuno accertare la verità atteso che la forma repubblicana non è certamente in discussione e che dunque l'accertamento ha semplicemente una valenza di natura storica in ordine agli eventi di quei giorni -:
se e quali documenti esistano ancora, presso l'archivio della Corte di Cassazione, relativi ai risultati del referendum del giugno 1946 che ha dato la forma repubblicana allo Stato;
se, in particolare, vi sia traccia del documento a firma Palmiro Togliatti consegnato da Massimo Caprara al Presidente della Corte di Cassazione Giuseppe Pagano;
se risulti qualche documento che giustifichi formalmente il ritardo nella proclamazione dei risultati del referendum;
se siano stati conservati, se non le schede, quanto meno i verbali dei singoli seggi elettorali o degli Uffici elettorali che raccoglievano i risultati dei singoli seggi;
se siano pervenuti rapporti dalle Prefetture o dalle Questure circa irregolarità nelle operazioni di voto;
quali esiti abbiano avuto i ricorsi presentati dai monarchici avverso i risultati dei singoli seggi e quale fosse l'entità globale delle contestazioni in rapporto alla differenza finale fra i voti repubblicani ed i voti monarchici.
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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il cittadino cileno Jaime Yovanovic Prieto, su cui pende un mandato di cattura internazionale del tribunale militare cileno, ha partecipato, nei primi giorni del mese di agosto 2002, ai lavori del Campo anti-imperialista di Assisi;
lo stesso Prieto, presentatosi già due anni or sono ad Assisi, venne arrestato e quindi accompagnato alla frontiera -:
in ragione di quali norme il signor Jaime Yovanovic Prieto abbia potuto entrare senza problemi nel territorio nazionale e quindi essere ospite del Campo anti-imperialista di Assisi, senza subire la stessa sorte che il medesimo subì due anni or sono.
(4-03760)